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Giulio Mazzolini (ePub) - Liber Liber, ... · Se questo libro ti è piaciuto, aiutaci a realizzarne...

Date post: 11-Sep-2018
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Page 1: Giulio Mazzolini (ePub) - Liber Liber, ... · Se questo libro ti è piaciuto, aiutaci a realizzarne altri. ... in un'edizione ch'è ormai totalmente esaurita. Questo romanzo non ottenne
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Questo e-book è stato realizzato anche grazie al so-stegno di:

E-textWeb design, Editoria, Multimedia

(pubblica il tuo libro, o crea il tuo sito con E-text!)http://www.e-text.it/

QUESTO E-BOOK:

TITOLO: SenilitàAUTORE: Svevo, Italo (Ettore Schmitz)TRADUTTORE:CURATORE:NOTE:

CODICE ISBN E-BOOK: 9788897313298

DIRITTI D'AUTORE: no

LICENZA: questo testo è distribuito con la licenzaspecificata al seguente indirizzo Internet:http://www.liberliber.it/online/opere/libri/licenze/

COPERTINA: [elaborazione da] "Portrait of John Sin-ger Sargent (circa 1890)" di Giovanni Boldini(1842–1931). - Collezione Privata. - https://com-mons.wikimedia.org/wiki/File:Giovanni_Boldini_(1842-1931)_-_A_Portrait_of_John_Singer_Sargent.jpg - Pub-blico Dominio.

TRATTO DA: Senilità : romanzo / Italo Svevo. - Mila-no : Dall'Oglio, 1971. - 249 p. ; 19 cm. - (I Corvi.Sezione scarlatta ; 9)

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TITOLO: SenilitàAUTORE: Svevo, Italo (Ettore Schmitz)TRADUTTORE:CURATORE:NOTE:

CODICE ISBN E-BOOK: 9788897313298

DIRITTI D'AUTORE: no

LICENZA: questo testo è distribuito con la licenzaspecificata al seguente indirizzo Internet:http://www.liberliber.it/online/opere/libri/licenze/

COPERTINA: [elaborazione da] "Portrait of John Sin-ger Sargent (circa 1890)" di Giovanni Boldini(1842–1931). - Collezione Privata. - https://com-mons.wikimedia.org/wiki/File:Giovanni_Boldini_(1842-1931)_-_A_Portrait_of_John_Singer_Sargent.jpg - Pub-blico Dominio.

TRATTO DA: Senilità : romanzo / Italo Svevo. - Mila-no : Dall'Oglio, 1971. - 249 p. ; 19 cm. - (I Corvi.Sezione scarlatta ; 9)

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CODICE ISBN FONTE: n. d.

1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 18 maggio 19942a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 10 dicembre 19953a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 20 dicembre 20124a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 21 novembre 2017

INDICE DI AFFIDABILITÀ: 10: affidabilità bassa1: affidabilità standard2: affidabilità buona3: affidabilità ottima

SOGGETTO:FIC004000 FICTION / Classici

DIGITALIZZAZIONE:Fabio Ciotti, [email protected]

REVISIONE:Fabio Ciotti, [email protected] Mazzolini, [email protected] Santamaria

IMPAGINAZIONE:Paolo Alberti, [email protected] Mazzolini (ePub)Franco Perini (revisione ePub)

PUBBLICAZIONE:Marco Calvo

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1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 18 maggio 19942a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 10 dicembre 19953a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 20 dicembre 20124a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 21 novembre 2017

INDICE DI AFFIDABILITÀ: 10: affidabilità bassa1: affidabilità standard2: affidabilità buona3: affidabilità ottima

SOGGETTO:FIC004000 FICTION / Classici

DIGITALIZZAZIONE:Fabio Ciotti, [email protected]

REVISIONE:Fabio Ciotti, [email protected] Mazzolini, [email protected] Santamaria

IMPAGINAZIONE:Paolo Alberti, [email protected] Mazzolini (ePub)Franco Perini (revisione ePub)

PUBBLICAZIONE:Marco Calvo

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Liber Liber

Se questo libro ti è piaciuto, aiutaci a realizzarne altri.Fai una donazione: http://www.liberliber.it/online/aiuta/.Scopri sul sito Internet di Liber Liber ciò che stiamorealizzando: migliaia di ebook gratuiti in edizione inte-grale, audiolibri, brani musicali con licenza libera, videoe tanto altro: http://www.liberliber.it/.

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Indice generale

Prefazione alla seconda edizione....................................7Capitolo I......................................................................11Capitolo II.....................................................................25Capitolo III...................................................................38Capitolo IV...................................................................55Capitolo V.....................................................................81Capitolo VI.................................................................102Capitolo VII................................................................118Capitolo VIII...............................................................139Capitolo IX.................................................................154Capitolo X...................................................................176Capitolo XI.................................................................210Capitolo XII................................................................235Capitolo XIII...............................................................277Capitolo XIV..............................................................291

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Indice generale

Prefazione alla seconda edizione....................................7Capitolo I......................................................................11Capitolo II.....................................................................25Capitolo III...................................................................38Capitolo IV...................................................................55Capitolo V.....................................................................81Capitolo VI.................................................................102Capitolo VII................................................................118Capitolo VIII...............................................................139Capitolo IX.................................................................154Capitolo X...................................................................176Capitolo XI.................................................................210Capitolo XII................................................................235Capitolo XIII...............................................................277Capitolo XIV..............................................................291

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SENILITÀ

di

Italo Svevo

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SENILITÀ

di

Italo Svevo

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Prefazione alla seconda edizione

Senilità fu pubblicata dapprima ventinove anni or sononelle appendici del nostro glorioso Indipendente. Poi,nello stesso anno 1898, presso la Libreria Ettore Vram,in un'edizione ch'è ormai totalmente esaurita.Questo romanzo non ottenne una sola parola di lode odi biasimo dalla nostra critica. Forse contribuì al suoinsuccesso la veste alquanto dimessa in cui si presentò.Altrimenti sarebbe difficile di spiegare tanto silenziodopoché il romanzo Una vita, da me pubblicato sei anniprima, e ch'era certamente inquinato da almeno altret-tanti difetti, s'era saputo conquistare l'attenzione di pa-recchi critici, fra i quali Domenico Oliva che la espres-se con parole abbastanza lusinghiere. Anzi fu la lode diun sì autorevole critico che m'incorò alla pubblicazionedi questo secondo romanzo, il quale fu poi ignorato an-che da lui, che pur certamente lo aveva ricevuto.Mi rassegnai al giudizio tanto unanime (non esisteun'unanimità più perfetta di quella del silenzio), e perventicinque anni m'astenni dallo scrivere. Se ci fu erro-re, fu errore mio.Questa seconda edizione di Senilità fu resa possibile dauna parola generosa di James Joyce, che per me, comepoco prima per un vecchio scrittore francese (EdoardoDujardin), seppe rinnovare il miracolo di Lazzaro. Che

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Prefazione alla seconda edizione

Senilità fu pubblicata dapprima ventinove anni or sononelle appendici del nostro glorioso Indipendente. Poi,nello stesso anno 1898, presso la Libreria Ettore Vram,in un'edizione ch'è ormai totalmente esaurita.Questo romanzo non ottenne una sola parola di lode odi biasimo dalla nostra critica. Forse contribuì al suoinsuccesso la veste alquanto dimessa in cui si presentò.Altrimenti sarebbe difficile di spiegare tanto silenziodopoché il romanzo Una vita, da me pubblicato sei anniprima, e ch'era certamente inquinato da almeno altret-tanti difetti, s'era saputo conquistare l'attenzione di pa-recchi critici, fra i quali Domenico Oliva che la espres-se con parole abbastanza lusinghiere. Anzi fu la lode diun sì autorevole critico che m'incorò alla pubblicazionedi questo secondo romanzo, il quale fu poi ignorato an-che da lui, che pur certamente lo aveva ricevuto.Mi rassegnai al giudizio tanto unanime (non esisteun'unanimità più perfetta di quella del silenzio), e perventicinque anni m'astenni dallo scrivere. Se ci fu erro-re, fu errore mio.Questa seconda edizione di Senilità fu resa possibile dauna parola generosa di James Joyce, che per me, comepoco prima per un vecchio scrittore francese (EdoardoDujardin), seppe rinnovare il miracolo di Lazzaro. Che

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uno scrittore, sul quale incombe imperiosa l'opera pro-pria, abbia saputo più volte sprecare il suo tempo pre-zioso per favorire dei fratelli meno fortunati, è tale ge-nerosità che, secondo me, spiega l'inaudito successoch'egli ebbe, poiché ogni altra sua parola, tutte quelleche compongono la sua vasta opera, furono espressedallo stesso grandissimo animo.La mia fortuna non s'arrestò qui: uomini del valore diBeniamino Crémieux e Valery Larbaud mi regalarono illoro tempo e il loro affetto. Cosi poté avvenire che quasimetà del numero del I° Febbraio dell'anno scorso dellarivista Le Navire d'Argent poté essere dedicata a me. IlCrémieux vi pubblicò uno studio sui miei tre romanzi ela traduzione di alcuni capitoli de La Coscienza di Zenoe il Larbaud quella di parte di due capitoli di questavecchia Senilità. La predilezione del Larbaud per que-sto romanzo me lo rese subito caro come nel momentostesso in cui l'avevo vissuto. Lo sentii subito nettato daun disprezzo durato per trent'anni, cui io, per debolez-za, avevo finito con l'associarmi.L'articolo del Crémieux – una pietra miliare nella miavita – suscitò, a sua e anche mia grande sorpresa, qual-che sdegno da noi. Non potevamo non sorprenderceneessendo recenti della commossa prefazione del Larbaudal libro del Dujardin.Invece debbo confessare che nel mio animo non c'è al-cun rancore per la critica nostra perché per tanti anni

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uno scrittore, sul quale incombe imperiosa l'opera pro-pria, abbia saputo più volte sprecare il suo tempo pre-zioso per favorire dei fratelli meno fortunati, è tale ge-nerosità che, secondo me, spiega l'inaudito successoch'egli ebbe, poiché ogni altra sua parola, tutte quelleche compongono la sua vasta opera, furono espressedallo stesso grandissimo animo.La mia fortuna non s'arrestò qui: uomini del valore diBeniamino Crémieux e Valery Larbaud mi regalarono illoro tempo e il loro affetto. Cosi poté avvenire che quasimetà del numero del I° Febbraio dell'anno scorso dellarivista Le Navire d'Argent poté essere dedicata a me. IlCrémieux vi pubblicò uno studio sui miei tre romanzi ela traduzione di alcuni capitoli de La Coscienza di Zenoe il Larbaud quella di parte di due capitoli di questavecchia Senilità. La predilezione del Larbaud per que-sto romanzo me lo rese subito caro come nel momentostesso in cui l'avevo vissuto. Lo sentii subito nettato daun disprezzo durato per trent'anni, cui io, per debolez-za, avevo finito con l'associarmi.L'articolo del Crémieux – una pietra miliare nella miavita – suscitò, a sua e anche mia grande sorpresa, qual-che sdegno da noi. Non potevamo non sorprenderceneessendo recenti della commossa prefazione del Larbaudal libro del Dujardin.Invece debbo confessare che nel mio animo non c'è al-cun rancore per la critica nostra perché per tanti anni

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Page 9: Giulio Mazzolini (ePub) - Liber Liber, ... · Se questo libro ti è piaciuto, aiutaci a realizzarne altri. ... in un'edizione ch'è ormai totalmente esaurita. Questo romanzo non ottenne

m'ignorò. Prima di tutto è vero che vi sono alcune ra-gioni che spiegano tale oblio. Eppoi di rancore non sipuò parlare visto che Silvio Benco e Ferdinando Pasinicontano in tale critica. Il Benco, che mi concesse la suaamicizia fin dalla sua prima giovinezza, dedicò un arti-colo, di cui sempre m'onoro, a La Coscienza di Zeno su-bito dopo la pubblicazione, nel 1923. Ferdinando Pasi-ni, nell'Agosto del 1924, mi sorprese con un articolo neLa Libertà di Trento che alleviò quella dolorosa solitu-dine ch'è la sorte di tanti nostri scrittori quando hannotentato di arrivare al pubblico. La benevolenza del Pa-sini m'incantò perché dovetti considerarla risultata daun puro giudizio critico. Di lui io sapevo solo ch'egli in-segnava a tanti con la parola e con l'esempio, mentre dime, prima di allora, egli non aveva conosciuto neppureil nome. La nostra amicizia s'iniziò col suo articolo.Ma per ritornare a Senilità debbo dire ch'essa da noitrovò un acuto e affettuoso critico in Eugenio Montaleche pubblicò uno studio a me dedicato nell'Esame (No-vembre-Dicembre del 1925). È questo il mio miglior la-voro ed è vantaggioso per me che chi legge di Zeno ab-bia conosciuto il Brentani? Amerei di poterlo credere.Intanto, mio giovine e pensoso amico, grazie per tantostudio e tanto amore.Pensa Valery Larbaud che il titolo di questo romanzonon sia quello che gli competa. Anch'io, che so ormaiche cosa sia una vera senilità, sorrido talvolta di averattribuito ad essa un eccesso in amore. Eppure, per non

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m'ignorò. Prima di tutto è vero che vi sono alcune ra-gioni che spiegano tale oblio. Eppoi di rancore non sipuò parlare visto che Silvio Benco e Ferdinando Pasinicontano in tale critica. Il Benco, che mi concesse la suaamicizia fin dalla sua prima giovinezza, dedicò un arti-colo, di cui sempre m'onoro, a La Coscienza di Zeno su-bito dopo la pubblicazione, nel 1923. Ferdinando Pasi-ni, nell'Agosto del 1924, mi sorprese con un articolo neLa Libertà di Trento che alleviò quella dolorosa solitu-dine ch'è la sorte di tanti nostri scrittori quando hannotentato di arrivare al pubblico. La benevolenza del Pa-sini m'incantò perché dovetti considerarla risultata daun puro giudizio critico. Di lui io sapevo solo ch'egli in-segnava a tanti con la parola e con l'esempio, mentre dime, prima di allora, egli non aveva conosciuto neppureil nome. La nostra amicizia s'iniziò col suo articolo.Ma per ritornare a Senilità debbo dire ch'essa da noitrovò un acuto e affettuoso critico in Eugenio Montaleche pubblicò uno studio a me dedicato nell'Esame (No-vembre-Dicembre del 1925). È questo il mio miglior la-voro ed è vantaggioso per me che chi legge di Zeno ab-bia conosciuto il Brentani? Amerei di poterlo credere.Intanto, mio giovine e pensoso amico, grazie per tantostudio e tanto amore.Pensa Valery Larbaud che il titolo di questo romanzonon sia quello che gli competa. Anch'io, che so ormaiche cosa sia una vera senilità, sorrido talvolta di averattribuito ad essa un eccesso in amore. Eppure, per non

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Page 10: Giulio Mazzolini (ePub) - Liber Liber, ... · Se questo libro ti è piaciuto, aiutaci a realizzarne altri. ... in un'edizione ch'è ormai totalmente esaurita. Questo romanzo non ottenne

conformarmi neppure ad un consiglio del Larbaud ch'ènon solo l'autore che tutti sanno ma anche il lettore piùardente (l'aggettivo s'appropria all'autore di Ce viceimpuni, la lecture) e ch'è perciò colui che sa, per pro-pria genialità e per la pratica del pensiero di tantigrandi, come un libro debba essere presentato, devoavere dei motivi fortissimi. Mi sembrerebbe di mutilareil libro privandolo del suo titolo che a me pare possaspiegare e scusare qualche cosa. Quel titolo mi guidò elo vissi. Rimanga dunque così questo romanzo che ri-presento ai lettori con qualche ritocco meramente for-male.

Trieste, lì 1 Marzo 1927.

ITALO SVEVO

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conformarmi neppure ad un consiglio del Larbaud ch'ènon solo l'autore che tutti sanno ma anche il lettore piùardente (l'aggettivo s'appropria all'autore di Ce viceimpuni, la lecture) e ch'è perciò colui che sa, per pro-pria genialità e per la pratica del pensiero di tantigrandi, come un libro debba essere presentato, devoavere dei motivi fortissimi. Mi sembrerebbe di mutilareil libro privandolo del suo titolo che a me pare possaspiegare e scusare qualche cosa. Quel titolo mi guidò elo vissi. Rimanga dunque così questo romanzo che ri-presento ai lettori con qualche ritocco meramente for-male.

Trieste, lì 1 Marzo 1927.

ITALO SVEVO

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Capitolo I

Subito, con le prime parole che le rivolse, volle avvisar-la che non intendeva compromettersi in una relazionetroppo seria. Parlò cioè a un dipresso così: – T'amo mol-to e per il tuo bene desidero ci si metta d'accordo di an-dare molto cauti. – La parola era tanto prudente ch'eradifficile di crederla detta per amore altrui, e un po' piùfranca avrebbe dovuto suonare così: – Mi piaci molto,ma nella mia vita non potrai essere giammai più impor-tante di un giocattolo. Ho altri doveri io, la mia carriera,la mia famiglia.La sua famiglia? Una sola sorella non ingombrante néfisicamente né moralmente, piccola e pallida, di qualcheanno più giovane di lui, ma più vecchia per carattere oforse per destino. Dei due, era lui l'egoista, il giovane;ella viveva per lui come una madre dimentica di se stes-sa, ma ciò non impediva a lui di parlarne come di un al-tro destino importante legato al suo e che pesava sulsuo, e così, sentendosi le spalle gravate di tanta respon-sabilità, egli traversava la vita cauto, lasciando da partetutti i pericoli ma anche il godimento, la felicità. A tren-tacinque anni si ritrovava nell'anima la brama insoddi-sfatta di piaceri e di amore, e già l'amarezza di non aver-ne goduto, e nel cervello una grande paura di se stesso edella debolezza del proprio carattere, invero piuttosto

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Capitolo I

Subito, con le prime parole che le rivolse, volle avvisar-la che non intendeva compromettersi in una relazionetroppo seria. Parlò cioè a un dipresso così: – T'amo mol-to e per il tuo bene desidero ci si metta d'accordo di an-dare molto cauti. – La parola era tanto prudente ch'eradifficile di crederla detta per amore altrui, e un po' piùfranca avrebbe dovuto suonare così: – Mi piaci molto,ma nella mia vita non potrai essere giammai più impor-tante di un giocattolo. Ho altri doveri io, la mia carriera,la mia famiglia.La sua famiglia? Una sola sorella non ingombrante néfisicamente né moralmente, piccola e pallida, di qualcheanno più giovane di lui, ma più vecchia per carattere oforse per destino. Dei due, era lui l'egoista, il giovane;ella viveva per lui come una madre dimentica di se stes-sa, ma ciò non impediva a lui di parlarne come di un al-tro destino importante legato al suo e che pesava sulsuo, e così, sentendosi le spalle gravate di tanta respon-sabilità, egli traversava la vita cauto, lasciando da partetutti i pericoli ma anche il godimento, la felicità. A tren-tacinque anni si ritrovava nell'anima la brama insoddi-sfatta di piaceri e di amore, e già l'amarezza di non aver-ne goduto, e nel cervello una grande paura di se stesso edella debolezza del proprio carattere, invero piuttosto

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Page 12: Giulio Mazzolini (ePub) - Liber Liber, ... · Se questo libro ti è piaciuto, aiutaci a realizzarne altri. ... in un'edizione ch'è ormai totalmente esaurita. Questo romanzo non ottenne

sospettata che saputa per esperienza.La carriera di Emilio Brentani era più complicata perchéintanto si componeva di due occupazioni e due scopiben distinti. Da un impieguccio di poca importanzapresso una società di assicurazioni, egli traeva giusto ildenaro di cui la famigliuola abbisognava. L'altra carrieraera letteraria e, all'infuori di una riputazioncella, – sod-disfazione di vanità più che d'ambizione – non gli ren-deva nulla, ma lo affaticava ancor meno. Da molti anni,dopo di aver pubblicato un romanzo lodatissimo dallastampa cittadina, egli non aveva fatto nulla, per inerzianon per sfiducia. Il romanzo, stampato su carta cattiva,era ingiallito nei magazzini del libraio, ma mentre allasua pubblicazione Emilio era stato detto soltanto unagrande speranza per l'avvenire, ora veniva consideratocome una specie di rispettabilità letteraria che contavanel piccolo bilancio artistico della città. La prima sen-tenza non era stata riformata, s'era evoluta.Per la chiarissima coscienza ch'egli aveva della nullitàdella propria opera, egli non si gloriava del passato,però, come nella vita così anche nell'arte, egli credeva ditrovarsi ancora sempre nel periodo di preparazione, ri-guardandosi nel suo più segreto interno come una poten-te macchina geniale in costruzione, non ancora in attivi-tà. Viveva sempre in un'aspettativa non paziente, diqualche cosa che doveva venirgli dal cervello, l'arte, diqualche cosa che doveva venirgli di fuori, la fortuna, ilsuccesso, come se l'età delle belle energie per lui non

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sospettata che saputa per esperienza.La carriera di Emilio Brentani era più complicata perchéintanto si componeva di due occupazioni e due scopiben distinti. Da un impieguccio di poca importanzapresso una società di assicurazioni, egli traeva giusto ildenaro di cui la famigliuola abbisognava. L'altra carrieraera letteraria e, all'infuori di una riputazioncella, – sod-disfazione di vanità più che d'ambizione – non gli ren-deva nulla, ma lo affaticava ancor meno. Da molti anni,dopo di aver pubblicato un romanzo lodatissimo dallastampa cittadina, egli non aveva fatto nulla, per inerzianon per sfiducia. Il romanzo, stampato su carta cattiva,era ingiallito nei magazzini del libraio, ma mentre allasua pubblicazione Emilio era stato detto soltanto unagrande speranza per l'avvenire, ora veniva consideratocome una specie di rispettabilità letteraria che contavanel piccolo bilancio artistico della città. La prima sen-tenza non era stata riformata, s'era evoluta.Per la chiarissima coscienza ch'egli aveva della nullitàdella propria opera, egli non si gloriava del passato,però, come nella vita così anche nell'arte, egli credeva ditrovarsi ancora sempre nel periodo di preparazione, ri-guardandosi nel suo più segreto interno come una poten-te macchina geniale in costruzione, non ancora in attivi-tà. Viveva sempre in un'aspettativa non paziente, diqualche cosa che doveva venirgli dal cervello, l'arte, diqualche cosa che doveva venirgli di fuori, la fortuna, ilsuccesso, come se l'età delle belle energie per lui non

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fosse tramontata.Angiolina, una bionda dagli occhi azzurri grandi, alta eforte, ma snella e flessuosa, il volto illuminato dallavita, un color giallo di ambra soffuso di rosa da una bel-la salute, camminava accanto a lui, la testa china da unlato come piegata dal peso del tanto oro che la fasciava,guardando il suolo ch'ella ad ogni passo toccava conl'elegante ombrellino come se avesse voluto farne scatu-rire un commento alle parole che udiva. Quando credet-te di aver compreso disse: – Strano – timidamente guar-dandolo sottecchi. – Nessuno mi ha mai parlato così. –Non aveva compreso e si sentiva lusingata al vederlo as-sumere un ufficio che a lui non spettava, di allontanareda lei il pericolo. L'affetto ch'egli le offriva ne ebbel'aspetto di fraternamente dolce.Fatte quelle premesse, l'altro si sentì tranquillo e ripigliòun tono più adatto alla circostanza. Fece piovere sullabionda testa le dichiarazioni liriche che nei lunghi anniil suo desiderio aveva maturate e affinate, ma, facendo-le, egli stesso le sentiva rinnovellare e ringiovanirecome se fossero nate in quell'istante, al caloredell'occhio azzurro di Angiolina. Ebbe il sentimento cheda tanti anni non aveva provato, di comporre, di trarredal proprio intimo idee e parole: un sollievo che dava aquel momento della sua vita non lieta, un aspetto strano,indimenticabile, di pausa, di pace. La donna vi entrava!Raggiante di gioventù e bellezza ella doveva illuminarlatutta facendogli dimenticare il triste passato di desiderio

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fosse tramontata.Angiolina, una bionda dagli occhi azzurri grandi, alta eforte, ma snella e flessuosa, il volto illuminato dallavita, un color giallo di ambra soffuso di rosa da una bel-la salute, camminava accanto a lui, la testa china da unlato come piegata dal peso del tanto oro che la fasciava,guardando il suolo ch'ella ad ogni passo toccava conl'elegante ombrellino come se avesse voluto farne scatu-rire un commento alle parole che udiva. Quando credet-te di aver compreso disse: – Strano – timidamente guar-dandolo sottecchi. – Nessuno mi ha mai parlato così. –Non aveva compreso e si sentiva lusingata al vederlo as-sumere un ufficio che a lui non spettava, di allontanareda lei il pericolo. L'affetto ch'egli le offriva ne ebbel'aspetto di fraternamente dolce.Fatte quelle premesse, l'altro si sentì tranquillo e ripigliòun tono più adatto alla circostanza. Fece piovere sullabionda testa le dichiarazioni liriche che nei lunghi anniil suo desiderio aveva maturate e affinate, ma, facendo-le, egli stesso le sentiva rinnovellare e ringiovanirecome se fossero nate in quell'istante, al caloredell'occhio azzurro di Angiolina. Ebbe il sentimento cheda tanti anni non aveva provato, di comporre, di trarredal proprio intimo idee e parole: un sollievo che dava aquel momento della sua vita non lieta, un aspetto strano,indimenticabile, di pausa, di pace. La donna vi entrava!Raggiante di gioventù e bellezza ella doveva illuminarlatutta facendogli dimenticare il triste passato di desiderio

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e di solitudine e promettendogli la gioia per l'avvenirech'ella, certo, non avrebbe compromesso.Egli s'era avvicinato a lei con l'idea di trovare un'avven-tura facile e breve, di quelle che egli aveva sentito de-scrivere tanto spesso e che a lui non erano toccate mai omai degne di essere ricordate. Questa s'era annunziataproprio facile e breve. L'ombrellino era caduto in tempoper fornirgli un pretesto di avvicinarsi ed anzi – sembra-va malizia! – impigliatosi nella vita trinata della fanciul-la, non se n'era voluto staccare che dopo spinte visibilis-sime. Ma poi, dinanzi a quel profilo sorprendentementepuro, a quella bella salute – ai rétori corruzione e salutesembrano inconciliabili – aveva allentato il suo slancio,timoroso di sbagliare e infine s'incantò ad ammirare unafaccia misteriosa dalle linee precise e dolci, già soddi-sfatto, già felice.Ella gli aveva raccontato poco di sé e per quella volta,tutto compreso del proprio sentimento, egli non udì nep-pure quel poco. Doveva essere povera, molto povera,ma per il momento – lo aveva dichiarato con una certaquale superbia – non aveva bisogno di lavorare per vi-vere. Ciò rendeva l'avventura anche più gradevole, per-ché la vicinanza della fame turba là dove ci si vuol di-vertire. Le indagini di Emilio non furono dunque moltoprofonde ma egli credette che le sue conclusioni logi-che, anche poggiate su tali basi, dovessero bastare a ras-sicurarlo. Se la fanciulla, come si sarebbe dovuto crede-re dal suo occhio limpido, era onesta, certo non sarebbe

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e di solitudine e promettendogli la gioia per l'avvenirech'ella, certo, non avrebbe compromesso.Egli s'era avvicinato a lei con l'idea di trovare un'avven-tura facile e breve, di quelle che egli aveva sentito de-scrivere tanto spesso e che a lui non erano toccate mai omai degne di essere ricordate. Questa s'era annunziataproprio facile e breve. L'ombrellino era caduto in tempoper fornirgli un pretesto di avvicinarsi ed anzi – sembra-va malizia! – impigliatosi nella vita trinata della fanciul-la, non se n'era voluto staccare che dopo spinte visibilis-sime. Ma poi, dinanzi a quel profilo sorprendentementepuro, a quella bella salute – ai rétori corruzione e salutesembrano inconciliabili – aveva allentato il suo slancio,timoroso di sbagliare e infine s'incantò ad ammirare unafaccia misteriosa dalle linee precise e dolci, già soddi-sfatto, già felice.Ella gli aveva raccontato poco di sé e per quella volta,tutto compreso del proprio sentimento, egli non udì nep-pure quel poco. Doveva essere povera, molto povera,ma per il momento – lo aveva dichiarato con una certaquale superbia – non aveva bisogno di lavorare per vi-vere. Ciò rendeva l'avventura anche più gradevole, per-ché la vicinanza della fame turba là dove ci si vuol di-vertire. Le indagini di Emilio non furono dunque moltoprofonde ma egli credette che le sue conclusioni logi-che, anche poggiate su tali basi, dovessero bastare a ras-sicurarlo. Se la fanciulla, come si sarebbe dovuto crede-re dal suo occhio limpido, era onesta, certo non sarebbe

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stato lui che si sarebbe esposto al pericolo di depravarla;se invece il profilo e l'occhio mentivano, tanto meglio.C'era da divertirsi in ambedue i casi, da pericolare innessuno dei due.Angiolina aveva capito poco delle premesse, ma, visi-bilmente, non le occorrevano commenti per comprende-re il resto; anche le parole più difficili avevano un suonodi carattere non ambiguo. I colori della vita risaltaronosulla bella faccia e la mano di forma pura, quantunquegrande, non si sottrasse a un bacio castissimo d'Emilio.Si fermarono a lungo sul terrazzo di S. Andrea e guarda-rono verso il mare calmo e colorito nella notte stellata,chiara ma senza luna. Nel viale di sotto passò un carroe, nel grande silenzio che li circondava, il rumore delleruote sul terreno ineguale continuò a giungere fino aloro per lunghissimo tempo. Si divertirono a seguirlosempre più tenue finché proprio si fuse nel silenzio uni-versale, e furono lieti che per tutt'e due fosse scomparsonello stesso istante. – Le nostre orecchie vanno moltod'accordo, – disse Emilio sorridendo.Egli aveva detto tutto e non sentiva più alcun bisogno diparlare. Interruppe un lungo silenzio per dire: – Chissàse quest'incontro ci porterà fortuna! – Era sincero. Ave-va sentito il bisogno di dubitare della propria felicità adalta voce.– Chissà? – replicò essa con un tentativo di rendere nel-la propria voce la commozione che aveva sentita nella

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stato lui che si sarebbe esposto al pericolo di depravarla;se invece il profilo e l'occhio mentivano, tanto meglio.C'era da divertirsi in ambedue i casi, da pericolare innessuno dei due.Angiolina aveva capito poco delle premesse, ma, visi-bilmente, non le occorrevano commenti per comprende-re il resto; anche le parole più difficili avevano un suonodi carattere non ambiguo. I colori della vita risaltaronosulla bella faccia e la mano di forma pura, quantunquegrande, non si sottrasse a un bacio castissimo d'Emilio.Si fermarono a lungo sul terrazzo di S. Andrea e guarda-rono verso il mare calmo e colorito nella notte stellata,chiara ma senza luna. Nel viale di sotto passò un carroe, nel grande silenzio che li circondava, il rumore delleruote sul terreno ineguale continuò a giungere fino aloro per lunghissimo tempo. Si divertirono a seguirlosempre più tenue finché proprio si fuse nel silenzio uni-versale, e furono lieti che per tutt'e due fosse scomparsonello stesso istante. – Le nostre orecchie vanno moltod'accordo, – disse Emilio sorridendo.Egli aveva detto tutto e non sentiva più alcun bisogno diparlare. Interruppe un lungo silenzio per dire: – Chissàse quest'incontro ci porterà fortuna! – Era sincero. Ave-va sentito il bisogno di dubitare della propria felicità adalta voce.– Chissà? – replicò essa con un tentativo di rendere nel-la propria voce la commozione che aveva sentita nella

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sua. Emilio sorrise di nuovo ma di un sorriso che credet-te di dover celare. Date le premesse da lui fatte, che raz-za di fortuna poteva risultare ad Angiolina dall'averloconosciuto?Poi si lasciarono. Ella non volle ch'egli l'accompagnassein città ed egli la seguì a qualche distanza non sapendoancora staccarsene del tutto. Oh, la gentile figura! Ellacamminava con la calma del suo forte organismo, sicurasul selciato coperto da una fanghiglia sdrucciolevole;quanta forza e quanta grazia unite in quelle movenze si-cure come quelle di un felino.Volle il caso che subito il giorno dopo egli risapesse sulconto dell'Angiolina ben più di quanto ella gli avessedetto.S'imbatté in lei a mezzodì, nel Corso. La inaspettata for-tuna gli fece fare un saluto giocondo, un grande gestoche portò il cappello a piccola distanza da terra; ella ri-spose con un lieve inchino della testa, ma corretto daun'occhiata brillante, magnifica.Un certo Sorniani, un omino giallo e magro, gran don-naiuolo, a quanto dicevasi, ma certo anche vanesio e lin-guacciuto a scapito del buon nome altrui e del proprio,si appese al braccio di Emilio e gli chiese come mai co-noscesse quella ragazza. Erano amici fin da ragazzi mada parecchi anni non s'erano parlati e doveva passare fradi loro una bella donna perché il Sorniani sentisse il bi-sogno di avvicinarglisi.

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sua. Emilio sorrise di nuovo ma di un sorriso che credet-te di dover celare. Date le premesse da lui fatte, che raz-za di fortuna poteva risultare ad Angiolina dall'averloconosciuto?Poi si lasciarono. Ella non volle ch'egli l'accompagnassein città ed egli la seguì a qualche distanza non sapendoancora staccarsene del tutto. Oh, la gentile figura! Ellacamminava con la calma del suo forte organismo, sicurasul selciato coperto da una fanghiglia sdrucciolevole;quanta forza e quanta grazia unite in quelle movenze si-cure come quelle di un felino.Volle il caso che subito il giorno dopo egli risapesse sulconto dell'Angiolina ben più di quanto ella gli avessedetto.S'imbatté in lei a mezzodì, nel Corso. La inaspettata for-tuna gli fece fare un saluto giocondo, un grande gestoche portò il cappello a piccola distanza da terra; ella ri-spose con un lieve inchino della testa, ma corretto daun'occhiata brillante, magnifica.Un certo Sorniani, un omino giallo e magro, gran don-naiuolo, a quanto dicevasi, ma certo anche vanesio e lin-guacciuto a scapito del buon nome altrui e del proprio,si appese al braccio di Emilio e gli chiese come mai co-noscesse quella ragazza. Erano amici fin da ragazzi mada parecchi anni non s'erano parlati e doveva passare fradi loro una bella donna perché il Sorniani sentisse il bi-sogno di avvicinarglisi.

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– L'ho trovata in casa di conoscenti, – rispose Emilio.– E che cosa fa adesso? – chiese Sorniani facendo capiredi conoscere il passato di Angiolina e d'essere veramen-te indignato di non conoscerne il presente.– Non lo so, io – e aggiunse con indifferenza ben simu-lata: – A me fece l'impressione di una ragazza a modo.– Adagio! – fece il Sorniani risolutamente come seavesse voluto asserire il contrario, e soltanto dopo unabreve pausa si corresse: – Io non ne so nulla e quando laconobbi tutti la credevano onesta quantunque una voltasi fosse trovata in una posizione alquanto equivoca. –Senza che Emilio avesse bisogno di stimolarlo più oltre,raccontò che quella poveretta era passata vicino ad unagrande fortuna convertitasi poscia, per sua o per colpaaltrui, in una sventura non piccola. Nella prima giovi-nezza aveva innamorato profondamente un certo Meri-ghi, bellissimo uomo, – Sorniani lo riconosceva quan-tunque a lui non fosse piaciuto – e agiato commerciante.Costui le si era avvicinato con i propositi più onesti;l'aveva levata dalla famiglia che non gli piaceva troppoe fatta accogliere in casa dalla propria madre. – Dallapropria madre! – esclamava Sorniani – Come se quellosciocco – gli premeva di far apparire sciocco l'uomo edisonesta la donna – non si fosse potuta godere la ragaz-za anche fuori di casa, non sotto gli occhi della madre.Poi, dopo qualche mese, Angiolina ritornò nella casadonde non sarebbe mai dovuta uscire e Merighi con la

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– L'ho trovata in casa di conoscenti, – rispose Emilio.– E che cosa fa adesso? – chiese Sorniani facendo capiredi conoscere il passato di Angiolina e d'essere veramen-te indignato di non conoscerne il presente.– Non lo so, io – e aggiunse con indifferenza ben simu-lata: – A me fece l'impressione di una ragazza a modo.– Adagio! – fece il Sorniani risolutamente come seavesse voluto asserire il contrario, e soltanto dopo unabreve pausa si corresse: – Io non ne so nulla e quando laconobbi tutti la credevano onesta quantunque una voltasi fosse trovata in una posizione alquanto equivoca. –Senza che Emilio avesse bisogno di stimolarlo più oltre,raccontò che quella poveretta era passata vicino ad unagrande fortuna convertitasi poscia, per sua o per colpaaltrui, in una sventura non piccola. Nella prima giovi-nezza aveva innamorato profondamente un certo Meri-ghi, bellissimo uomo, – Sorniani lo riconosceva quan-tunque a lui non fosse piaciuto – e agiato commerciante.Costui le si era avvicinato con i propositi più onesti;l'aveva levata dalla famiglia che non gli piaceva troppoe fatta accogliere in casa dalla propria madre. – Dallapropria madre! – esclamava Sorniani – Come se quellosciocco – gli premeva di far apparire sciocco l'uomo edisonesta la donna – non si fosse potuta godere la ragaz-za anche fuori di casa, non sotto gli occhi della madre.Poi, dopo qualche mese, Angiolina ritornò nella casadonde non sarebbe mai dovuta uscire e Merighi con la

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madre abbandonò la città dando a credere di essere im-poverito in seguito a speculazioni sbagliate. Secondo al-tri la cosa sarebbe proceduta in modo un po' diverso. Lamadre del Merighi, scoperta una tresca vergognosa diAngiolina, avrebbe scacciata di casa la ragazza. – Nonrichiesto fece poi delle altre variazioni sullo stesso tema.Ma era troppo evidente ch'egli si compiaceva di sbizzar-rirsi su quell'argomento eccitante e il Brentani non riten-ne che le parole cui poteva prestare fede intera, i fattiche dovevano essere notorii. Egli aveva conosciuto divista il Merighi e ne ricordava la figura alta d'atleta, ilvero maschio per Angiolina. Rammentava di averlo sen-tito descrivere, anzi biasimare, quale un idealista nelcommercio: un uomo troppo ardito, convinto di poterconquistare il mondo con la sua attività. Infine, dallepersone con le quali aveva da fare giornalmente nel suoimpiego, aveva saputo che quell'arditezza era costatacara al Merighi il quale aveva finito col dover liquidarela sua azienda in condizioni disastrose. Il Sorniani per-ciò parlava al vento perché Emilio ora credeva di poterconoscere con esattezza l'accaduto. Al Merighi impove-rito e sfiduciato era mancato il coraggio di fondare unanuova famiglia e così Angiolina, che doveva diventarela donna borghese ricca e seria, finiva nelle sue mani, ungiocattolo. Ne sentì una profonda compassione.Il Sorniani aveva assistito egli stesso a delle manifesta-zioni d'amore del Merighi. Lo aveva visto, parecchievolte, di domenica, sulla soglia della chiesa di

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madre abbandonò la città dando a credere di essere im-poverito in seguito a speculazioni sbagliate. Secondo al-tri la cosa sarebbe proceduta in modo un po' diverso. Lamadre del Merighi, scoperta una tresca vergognosa diAngiolina, avrebbe scacciata di casa la ragazza. – Nonrichiesto fece poi delle altre variazioni sullo stesso tema.Ma era troppo evidente ch'egli si compiaceva di sbizzar-rirsi su quell'argomento eccitante e il Brentani non riten-ne che le parole cui poteva prestare fede intera, i fattiche dovevano essere notorii. Egli aveva conosciuto divista il Merighi e ne ricordava la figura alta d'atleta, ilvero maschio per Angiolina. Rammentava di averlo sen-tito descrivere, anzi biasimare, quale un idealista nelcommercio: un uomo troppo ardito, convinto di poterconquistare il mondo con la sua attività. Infine, dallepersone con le quali aveva da fare giornalmente nel suoimpiego, aveva saputo che quell'arditezza era costatacara al Merighi il quale aveva finito col dover liquidarela sua azienda in condizioni disastrose. Il Sorniani per-ciò parlava al vento perché Emilio ora credeva di poterconoscere con esattezza l'accaduto. Al Merighi impove-rito e sfiduciato era mancato il coraggio di fondare unanuova famiglia e così Angiolina, che doveva diventarela donna borghese ricca e seria, finiva nelle sue mani, ungiocattolo. Ne sentì una profonda compassione.Il Sorniani aveva assistito egli stesso a delle manifesta-zioni d'amore del Merighi. Lo aveva visto, parecchievolte, di domenica, sulla soglia della chiesa di

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Sant'Antonio Vecchio, attendere lungamente che ellaavesse fatte le sue preghiere inginocchiata pressoall'altare, tutt'assorto a guardare quella testa bionda, lu-cente anche nella penombra.«Due adorazioni», pensò commosso il Brentani cui eragià facile d'intuire la tenerezza dalla quale il Merighi erainchiodato sulla soglia di quella chiesa.– Un imbecille – concluse il Sorniani.L'importanza dell'avventura crebbe agli occhi d'Emilioper le comunicazioni del Sorniani. L'attesa del giovedìin cui doveva rivederla divenne febbrile, e l'impazienzalo rese ciarliero.Il suo più intimo amico, un certo Balli, scultore, seppedell'incontro subito il giorno dopo ch'era avvenuto. –Perché non potrei divertirmi un poco anch'io, quandoposso farlo tanto a buon mercato? – aveva chiesto Emi-lio.Il Balli stette a udirlo con l'aspetto più evidente dellameraviglia. Era l'amico del Brentani da oltre dieci anni,e per la prima volta lo vedeva accalorarsi per una donna.Se ne impensierì scorgendo subito il pericolo da cui ilBrentani era minacciato.L'altro protestò: – Io in pericolo, alla mia età e con lamia esperienza? – Il Brentani parlava spesso della suaesperienza. Ciò ch'egli credeva di poter chiamare cosìera qualche cosa ch'egli aveva succhiato dai libri, una

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Sant'Antonio Vecchio, attendere lungamente che ellaavesse fatte le sue preghiere inginocchiata pressoall'altare, tutt'assorto a guardare quella testa bionda, lu-cente anche nella penombra.«Due adorazioni», pensò commosso il Brentani cui eragià facile d'intuire la tenerezza dalla quale il Merighi erainchiodato sulla soglia di quella chiesa.– Un imbecille – concluse il Sorniani.L'importanza dell'avventura crebbe agli occhi d'Emilioper le comunicazioni del Sorniani. L'attesa del giovedìin cui doveva rivederla divenne febbrile, e l'impazienzalo rese ciarliero.Il suo più intimo amico, un certo Balli, scultore, seppedell'incontro subito il giorno dopo ch'era avvenuto. –Perché non potrei divertirmi un poco anch'io, quandoposso farlo tanto a buon mercato? – aveva chiesto Emi-lio.Il Balli stette a udirlo con l'aspetto più evidente dellameraviglia. Era l'amico del Brentani da oltre dieci anni,e per la prima volta lo vedeva accalorarsi per una donna.Se ne impensierì scorgendo subito il pericolo da cui ilBrentani era minacciato.L'altro protestò: – Io in pericolo, alla mia età e con lamia esperienza? – Il Brentani parlava spesso della suaesperienza. Ciò ch'egli credeva di poter chiamare cosìera qualche cosa ch'egli aveva succhiato dai libri, una

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grande diffidenza e un grande disprezzo dei propri simi-li.Il Balli invece aveva impiegati meglio i suoi qua-rant'anni suonati, e la sua esperienza lo rendeva compe-tente a giudicare di quella dell'amico. Era men colto, maaveva sempre avuto su lui una specie d'autorità paterna,consentita, voluta da Emilio, il quale, ad onta del suodestino poco lieto ma per nulla minaccioso, e della suavita in cui non v'era niente di imprevisto, abbisognava dipuntelli per sentirsi sicuro.Stefano Balli era un uomo alto e forte, l'occhio azzurrogiovanile su una di quelle facce dalla cera bronzina chenon invecchiano: unica traccia della sua età era la briz-zolatura dei capelli castani, la barba appuntata con pre-cisione, tutta la figura corretta e un po' dura. Era talvoltadolce il suo occhio da osservatore quando lo animava lacuriosità o la compassione, ma diveniva durissimo nellalotta e nella discussione più futile.Il successo non era arriso nemmeno a lui. Qualche giu-ria, respingendo i suoi bozzetti, ne aveva lodata questa oquella parte, ma nessun suo lavoro aveva trovato postosu qualcuna delle tante piazze d'Italia. Egli però nonaveva mai sentito l'abbattimento dell'insuccesso.S'accontentava del consenso di qualche singolo artistaritenendo che la propria originalità dovesse impedirgli ilsuccesso largo, l'approvazione delle masse, e aveva con-tinuato a correre la sua via dietro a un certo ideale di

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grande diffidenza e un grande disprezzo dei propri simi-li.Il Balli invece aveva impiegati meglio i suoi qua-rant'anni suonati, e la sua esperienza lo rendeva compe-tente a giudicare di quella dell'amico. Era men colto, maaveva sempre avuto su lui una specie d'autorità paterna,consentita, voluta da Emilio, il quale, ad onta del suodestino poco lieto ma per nulla minaccioso, e della suavita in cui non v'era niente di imprevisto, abbisognava dipuntelli per sentirsi sicuro.Stefano Balli era un uomo alto e forte, l'occhio azzurrogiovanile su una di quelle facce dalla cera bronzina chenon invecchiano: unica traccia della sua età era la briz-zolatura dei capelli castani, la barba appuntata con pre-cisione, tutta la figura corretta e un po' dura. Era talvoltadolce il suo occhio da osservatore quando lo animava lacuriosità o la compassione, ma diveniva durissimo nellalotta e nella discussione più futile.Il successo non era arriso nemmeno a lui. Qualche giu-ria, respingendo i suoi bozzetti, ne aveva lodata questa oquella parte, ma nessun suo lavoro aveva trovato postosu qualcuna delle tante piazze d'Italia. Egli però nonaveva mai sentito l'abbattimento dell'insuccesso.S'accontentava del consenso di qualche singolo artistaritenendo che la propria originalità dovesse impedirgli ilsuccesso largo, l'approvazione delle masse, e aveva con-tinuato a correre la sua via dietro a un certo ideale di

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spontaneità, a una ruvidezza voluta, a una semplicità o,come egli diceva, perspicuità d'idea da cui credeva do-vesse risultare il suo «io» artistico depurato da tutto ciòch'era idea o forma altrui. Non ammetteva che il risulta-to del suo lavoro potesse avvilirlo, ma i ragionamentinon lo avrebbero salvato dallo sconforto, se un successopersonale inaudito non gli avesse date delle soddisfazio-ni ch'egli celava, anzi negava, ma che aiutavano nonpoco a tener eretta la sua bella figura slanciata. L'amoredelle donne era per lui qualcosa di più che una soddisfa-zione di vanità ad onta che, ambizioso, prima di tutto,egli non sapesse amare. Era il successo quello o gli so-migliava di molto; per amore dell'artista le donne ama-vano anche l'arte sua che pure era tanto poco femminea.Così, avendo profondissima la convinzione della propriagenialità, e sentendosi ammirato e amato, egli conserva-va con tutta naturalezza il suo contegno di persona supe-riore. In arte aveva dei giudizi aspri e imprudenti, in so-cietà un contegno poco riguardoso. Gli uomini lo ama-vano poco ed egli non avvicinava che coloro cui avevasaputo imporsi.Circa dieci anni prima, s'era trovato fra' piedi EmilioBrentani, allora giovinetto, un egoista come lui mameno fortunato, e aveva preso a volergli bene. Da prin-cipio lo predilesse soltanto per la ragione che se ne sen-tiva ammirato; molto più tardi l'abitudine glielo resecaro, indispensabile. La loro relazione ebbe l'improntadal Balli. Divenne più intima di quanto Emilio per pru-

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spontaneità, a una ruvidezza voluta, a una semplicità o,come egli diceva, perspicuità d'idea da cui credeva do-vesse risultare il suo «io» artistico depurato da tutto ciòch'era idea o forma altrui. Non ammetteva che il risulta-to del suo lavoro potesse avvilirlo, ma i ragionamentinon lo avrebbero salvato dallo sconforto, se un successopersonale inaudito non gli avesse date delle soddisfazio-ni ch'egli celava, anzi negava, ma che aiutavano nonpoco a tener eretta la sua bella figura slanciata. L'amoredelle donne era per lui qualcosa di più che una soddisfa-zione di vanità ad onta che, ambizioso, prima di tutto,egli non sapesse amare. Era il successo quello o gli so-migliava di molto; per amore dell'artista le donne ama-vano anche l'arte sua che pure era tanto poco femminea.Così, avendo profondissima la convinzione della propriagenialità, e sentendosi ammirato e amato, egli conserva-va con tutta naturalezza il suo contegno di persona supe-riore. In arte aveva dei giudizi aspri e imprudenti, in so-cietà un contegno poco riguardoso. Gli uomini lo ama-vano poco ed egli non avvicinava che coloro cui avevasaputo imporsi.Circa dieci anni prima, s'era trovato fra' piedi EmilioBrentani, allora giovinetto, un egoista come lui mameno fortunato, e aveva preso a volergli bene. Da prin-cipio lo predilesse soltanto per la ragione che se ne sen-tiva ammirato; molto più tardi l'abitudine glielo resecaro, indispensabile. La loro relazione ebbe l'improntadal Balli. Divenne più intima di quanto Emilio per pru-

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denza avrebbe desiderato, intima come tutte le poche re-lazioni dello scultore, e i loro rapporti intellettuali resta-rono ristretti alle arti rappresentative nelle quali andava-no perfettamente d'accordo perché in quelle arti esistevauna sola idea, quella cui s'era votato il Balli, la riconqui-sta della semplicità o ingenuità che i cosiddetti classicici avevano rubate. Accordo facile; il Balli insegnava,l'altro non sapeva neppure apprendere. Fra loro non siparlava mai delle teorie letterarie complesse di Emilio,poiché il Balli detestava tutto ciò che ignorava, ed Emi-lio subì l'influenza dell'amico persino nel modo di cam-minare, parlare, gestire. Uomo nel vero senso della pa-rola, il Balli non riceveva e quando si trovava accanto ilBrentani, poteva avere la sensazione d'essere accompa-gnato da una delle tante femmine a lui soggette.– Infatti – disse dopo di aver uditi da Emilio tutti i parti-colari dell'avventura, – un certo pericolo non dovrebbeesserci. Il carattere dell'avventura è già fissato daquell'ombrellino scivolato tanto opportunamente dimano e dall'appuntamento subito accordato.– È vero, – confermò Emilio il quale però non dissecome a quei due particolari egli avesse dato tanto pocaimportanza che essi, rilevati dal Balli, lo avevano sor-preso come dei fatti nuovi. – Credi dunque che il Sor-niani abbia ragione? – Nel suo giudizio sulle comunica-zioni del Sorniani egli certo non aveva tenuto conto diquei fatti.

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denza avrebbe desiderato, intima come tutte le poche re-lazioni dello scultore, e i loro rapporti intellettuali resta-rono ristretti alle arti rappresentative nelle quali andava-no perfettamente d'accordo perché in quelle arti esistevauna sola idea, quella cui s'era votato il Balli, la riconqui-sta della semplicità o ingenuità che i cosiddetti classicici avevano rubate. Accordo facile; il Balli insegnava,l'altro non sapeva neppure apprendere. Fra loro non siparlava mai delle teorie letterarie complesse di Emilio,poiché il Balli detestava tutto ciò che ignorava, ed Emi-lio subì l'influenza dell'amico persino nel modo di cam-minare, parlare, gestire. Uomo nel vero senso della pa-rola, il Balli non riceveva e quando si trovava accanto ilBrentani, poteva avere la sensazione d'essere accompa-gnato da una delle tante femmine a lui soggette.– Infatti – disse dopo di aver uditi da Emilio tutti i parti-colari dell'avventura, – un certo pericolo non dovrebbeesserci. Il carattere dell'avventura è già fissato daquell'ombrellino scivolato tanto opportunamente dimano e dall'appuntamento subito accordato.– È vero, – confermò Emilio il quale però non dissecome a quei due particolari egli avesse dato tanto pocaimportanza che essi, rilevati dal Balli, lo avevano sor-preso come dei fatti nuovi. – Credi dunque che il Sor-niani abbia ragione? – Nel suo giudizio sulle comunica-zioni del Sorniani egli certo non aveva tenuto conto diquei fatti.

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– Me la presenterai – disse il Balli prudentemente – epoi giudicheremo.Il Brentani non seppe tacere neppure con sua sorella. Lasignorina Amalia non era stata mai bella: lunga, secca,incolore il Balli diceva che era nata grigia – di fanciullanon le erano rimaste che le mani bianche, sottili, tornitemeravigliosamente, alle quali ella dedicava tutte le suecure.Era la prima volta ch'egli le parlava di una donna, eAmalia stette ad ascoltare, sorpresa e con la cera subitomutata, quelle parole ch'egli credeva oneste, caste, mache in bocca sua erano pregne di desiderio e di amore.Egli non aveva raccontato nulla, ed ella, già spaventata,aveva mormorata l'ammonizione del Balli: – Bada dinon fare delle sciocchezze.Ma poi volle ch'egli le raccontasse tutto, ed Emilio cre-dette di poter confidare la sua ammirazione e la felicitàprovata quella prima sera, tacendo dei suoi propositi edelle sue speranze. Non s'accorgeva che quella che dice-va era la parte più pericolosa. Ella stette ad ascoltarlo,servendolo muta e pronta a tavola acciocché egli nonavesse da interrompersi per chiedere una cosa o l'altra.Certo, col medesimo aspetto, ella aveva letto quel mez-zo migliaio di romanzi che facevano bella mostra di sé,nel vecchio armadio adattato a biblioteca, ma il fascinoche veniva ora esercitato su lei – ella, sorpresa, già losapeva – era del tutto differente. Ella non era passiva

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– Me la presenterai – disse il Balli prudentemente – epoi giudicheremo.Il Brentani non seppe tacere neppure con sua sorella. Lasignorina Amalia non era stata mai bella: lunga, secca,incolore il Balli diceva che era nata grigia – di fanciullanon le erano rimaste che le mani bianche, sottili, tornitemeravigliosamente, alle quali ella dedicava tutte le suecure.Era la prima volta ch'egli le parlava di una donna, eAmalia stette ad ascoltare, sorpresa e con la cera subitomutata, quelle parole ch'egli credeva oneste, caste, mache in bocca sua erano pregne di desiderio e di amore.Egli non aveva raccontato nulla, ed ella, già spaventata,aveva mormorata l'ammonizione del Balli: – Bada dinon fare delle sciocchezze.Ma poi volle ch'egli le raccontasse tutto, ed Emilio cre-dette di poter confidare la sua ammirazione e la felicitàprovata quella prima sera, tacendo dei suoi propositi edelle sue speranze. Non s'accorgeva che quella che dice-va era la parte più pericolosa. Ella stette ad ascoltarlo,servendolo muta e pronta a tavola acciocché egli nonavesse da interrompersi per chiedere una cosa o l'altra.Certo, col medesimo aspetto, ella aveva letto quel mez-zo migliaio di romanzi che facevano bella mostra di sé,nel vecchio armadio adattato a biblioteca, ma il fascinoche veniva ora esercitato su lei – ella, sorpresa, già losapeva – era del tutto differente. Ella non era passiva

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ascoltatrice, non era il fato altrui che l'appassionasse; ilproprio destino intensamente si ravvivava. L'amore eraentrato in casa e le viveva accanto, inquieto, laborioso.Con un solo soffio aveva dissipata l'atmosfera stagnantein cui ella, inconscia, aveva passati i suoi giorni ed ellaguardava dentro di sé sorpresa ch'essendo fatta così, nonavesse desiderato di godere e di soffrire.Fratello e sorella entravano nella medesima avventura.

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ascoltatrice, non era il fato altrui che l'appassionasse; ilproprio destino intensamente si ravvivava. L'amore eraentrato in casa e le viveva accanto, inquieto, laborioso.Con un solo soffio aveva dissipata l'atmosfera stagnantein cui ella, inconscia, aveva passati i suoi giorni ed ellaguardava dentro di sé sorpresa ch'essendo fatta così, nonavesse desiderato di godere e di soffrire.Fratello e sorella entravano nella medesima avventura.

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Capitolo II

Ad onta dell'oscurità, la riconobbe subito alla svolta delCampo Marzio. Per riconoscerla gli sarebbe bastato ora-mai di vederne procedere l'ombra con quel movimentosenza ritmo perché senza scosse, il procedere di un cor-po portato da mano sicura, affettuosamente. Le corse in-contro e dinanzi al colore sorprendente di quella faccia,strano colore, intenso, eguale, senza macchia, sentì sa-lirsi dal petto un inno di gioia. Ella era venuta e quandosi poggiò al suo braccio, a lui parve gli si desse tutta.La condusse verso il mare, lontano dal viale ove si muo-vevano ancora alcuni passanti, e, alla spiaggia, si senti-ron ben soli. Avrebbe voluto baciarla subito ma non osòad onta ch'ella, che non aveva detto parola, gli sorrides-se incoraggiante. Già l'idea che osando avrebbe potutoposarle le labbra sugli occhi o sulla bocca, lo commosseprofondamente, gli tolse il fiato.– Oh, perché ha tardato tanto? Temevo ch'ella non ve-nisse. – Parlava così, ma il suo risentimento era dimenti-cato; come certi animali, in amore sentiva il bisogno dilagnarsi. Tant'è vero che poi gli parve d'aver spiegato ilsuo malcontento con le parole gioconde: – Mi pare im-possibile d'averla qui accanto a me. – La riflessione glidiede intero il sentimento della sua felicità. – Ed io cre-deva non ci potesse essere una serata più bella di quella

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Capitolo II

Ad onta dell'oscurità, la riconobbe subito alla svolta delCampo Marzio. Per riconoscerla gli sarebbe bastato ora-mai di vederne procedere l'ombra con quel movimentosenza ritmo perché senza scosse, il procedere di un cor-po portato da mano sicura, affettuosamente. Le corse in-contro e dinanzi al colore sorprendente di quella faccia,strano colore, intenso, eguale, senza macchia, sentì sa-lirsi dal petto un inno di gioia. Ella era venuta e quandosi poggiò al suo braccio, a lui parve gli si desse tutta.La condusse verso il mare, lontano dal viale ove si muo-vevano ancora alcuni passanti, e, alla spiaggia, si senti-ron ben soli. Avrebbe voluto baciarla subito ma non osòad onta ch'ella, che non aveva detto parola, gli sorrides-se incoraggiante. Già l'idea che osando avrebbe potutoposarle le labbra sugli occhi o sulla bocca, lo commosseprofondamente, gli tolse il fiato.– Oh, perché ha tardato tanto? Temevo ch'ella non ve-nisse. – Parlava così, ma il suo risentimento era dimenti-cato; come certi animali, in amore sentiva il bisogno dilagnarsi. Tant'è vero che poi gli parve d'aver spiegato ilsuo malcontento con le parole gioconde: – Mi pare im-possibile d'averla qui accanto a me. – La riflessione glidiede intero il sentimento della sua felicità. – Ed io cre-deva non ci potesse essere una serata più bella di quella

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della settimana scorsa. – Oh, era tanto più lieto ora chepoteva gioire della conquista già fatta.Troppo presto s'arrivò al bacio, visto che dopo quel pri-mo impulso di stringerla subito fra le braccia, egli ora sisarebbe accontentato di guardare e di sognare. Ma ellacapiva ancora meno i sentimenti d'Emilio di quanto eglicomprendesse i suoi. Egli aveva osato una carezza timi-da sui capelli: tanto oro. Ma oro anche la pelle, avevasoggiunto, e tutta la persona. Credeva così d'aver dettotutto mentre ad Angiolina non parve. Ella stette unistante pensierosa e parlò di un dente che le doleva. –Qui, – disse e fece vedere la sua bocca purissima, legengive rosse, i denti solidi e bianchi, uno scrigno dipietre preziose legate e distribuite da un artefice inimita-bile, la salute. Egli non rise e baciò la bocca che gli siera offerta.Quella sterminata vanità non l'inquietò poiché tanto gligiovava: anzi non se ne avvide. Egli, che come tutti co-loro che non vivono, s'era creduto più forte dello spiritopiù alto, più indifferente del pessimista più convinto,guardò intorno a sé le cose che avevano assistito algrande fatto.Non c'era male. La luna non era sorta ancora, ma là,fuori, nel mare, c'era uno scintillìo iridescente che pare-va il sole fosse passato da poco e tutto brillasse ancoradella luce ricevuta. Alle due parti, invece, l'azzurro deipromontorii lontani era offuscato dalla notte più tetra.

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della settimana scorsa. – Oh, era tanto più lieto ora chepoteva gioire della conquista già fatta.Troppo presto s'arrivò al bacio, visto che dopo quel pri-mo impulso di stringerla subito fra le braccia, egli ora sisarebbe accontentato di guardare e di sognare. Ma ellacapiva ancora meno i sentimenti d'Emilio di quanto eglicomprendesse i suoi. Egli aveva osato una carezza timi-da sui capelli: tanto oro. Ma oro anche la pelle, avevasoggiunto, e tutta la persona. Credeva così d'aver dettotutto mentre ad Angiolina non parve. Ella stette unistante pensierosa e parlò di un dente che le doleva. –Qui, – disse e fece vedere la sua bocca purissima, legengive rosse, i denti solidi e bianchi, uno scrigno dipietre preziose legate e distribuite da un artefice inimita-bile, la salute. Egli non rise e baciò la bocca che gli siera offerta.Quella sterminata vanità non l'inquietò poiché tanto gligiovava: anzi non se ne avvide. Egli, che come tutti co-loro che non vivono, s'era creduto più forte dello spiritopiù alto, più indifferente del pessimista più convinto,guardò intorno a sé le cose che avevano assistito algrande fatto.Non c'era male. La luna non era sorta ancora, ma là,fuori, nel mare, c'era uno scintillìo iridescente che pare-va il sole fosse passato da poco e tutto brillasse ancoradella luce ricevuta. Alle due parti, invece, l'azzurro deipromontorii lontani era offuscato dalla notte più tetra.

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Tutto era enorme, sconfinato e in tutte quelle cose l'uni-co moto era il colore del mare. Egli ebbe il sentimentoche nell'immensa natura, in quell'istante, egli solo agissee amasse.Le parlò di quanto a lui era stato raccontato dal Sornia-ni, interrogandola finalmente sul suo passato. Ella sifece molto seria e parlò in tono drammatico della suaavventura col Merighi. Abbandonata? Non era la veraespressione perché era stata lei a pronunziare la paroladecisiva che aveva sciolto i Merighi dal loro impegno.Vero è che l'avevano seccata in tutti i modi, lasciandointendere che la consideravano quale un peso nella fa-miglia. La madre del Merighi (oh, quella vecchia bron-tolona, cattiva, malata di troppa bile) glielo aveva spiat-tellato chiaro e tondo: – Tu sei la disgrazia nostra perchésenza di te mio figlio potrebbe trovare chissà che dote. –Allora di propria volontà, ella abbandonò quella casa, ri-tornò dalla madre – disse dolcemente questa dolce paro-la – e, dal dolore, poco appresso, ammalò. La malattiafu un sollievo perché nella febbre si dimenticano tuttigli affanni.Poi ella volle sapere da chi egli avesse appreso quel fat-to. – Dal Sorniani.Non ricordò subito quel nome, ma poi esclamò ridendo:– Quel brutto coso giallo che va sempre in compagniadel Leardi.Anche il Leardi ella conosceva, un giovinotto che inco-

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Tutto era enorme, sconfinato e in tutte quelle cose l'uni-co moto era il colore del mare. Egli ebbe il sentimentoche nell'immensa natura, in quell'istante, egli solo agissee amasse.Le parlò di quanto a lui era stato raccontato dal Sornia-ni, interrogandola finalmente sul suo passato. Ella sifece molto seria e parlò in tono drammatico della suaavventura col Merighi. Abbandonata? Non era la veraespressione perché era stata lei a pronunziare la paroladecisiva che aveva sciolto i Merighi dal loro impegno.Vero è che l'avevano seccata in tutti i modi, lasciandointendere che la consideravano quale un peso nella fa-miglia. La madre del Merighi (oh, quella vecchia bron-tolona, cattiva, malata di troppa bile) glielo aveva spiat-tellato chiaro e tondo: – Tu sei la disgrazia nostra perchésenza di te mio figlio potrebbe trovare chissà che dote. –Allora di propria volontà, ella abbandonò quella casa, ri-tornò dalla madre – disse dolcemente questa dolce paro-la – e, dal dolore, poco appresso, ammalò. La malattiafu un sollievo perché nella febbre si dimenticano tuttigli affanni.Poi ella volle sapere da chi egli avesse appreso quel fat-to. – Dal Sorniani.Non ricordò subito quel nome, ma poi esclamò ridendo:– Quel brutto coso giallo che va sempre in compagniadel Leardi.Anche il Leardi ella conosceva, un giovinotto che inco-

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minciava allora allora a vivere, ma con una foga che loaveva posto subito in prima linea fra i gaudenti della cit-tà. Il Merighi gliel'aveva presentato molti anni prima,quando tutt'e tre erano quasi bambini; avevano giocatoassieme. – Gli voglio molto bene – conchiuse essa conuna franchezza che faceva credere nella sincerità di tuttele altre sue parole. E anche il Brentani il quale incomin-ciava a inquietarsi per quel giovine, temibile Leardi chegli si cacciava accanto, a quelle ultime parole si tran-quillò: – Povera fanciulla! Onesta e non astuta.Non sarebbe stato meglio di renderla meno onesta e piùastuta? Fattasi questa domanda, gli venne la magnificaidea d'educare quella fanciulla. In compenso dell'amoreche ne riceveva, egli non poteva darle che una cosa sol-tanto: la conoscenza della vita, l'arte di approfittarne.Anche il suo era un dono preziosissimo, perché conquella bellezza e quella grazia, diretta da persona abilecome era lui, avrebbe potuto essere vittoriosa nella lottaper la vita. Così, per merito suo, ella si sarebbe conqui-stata da sé la fortuna ch'egli non poteva darle. Subito levolle dire una parte delle idee che gli passavano per ilcapo. Cessò di baciarla e d'adularla e, per insegnarle ilvizio, assunse l'aspetto austero di un maestro di virtù.Con un'ironia di se stesso in cui spesso si compiaceva, simise a compiangerla d'essere caduta fra le mani di unuomo come lui, povero di denaro e anche di qualchecosa d'altro, energia e coraggio. Perché se egli avesseavuto del coraggio, – e facendole per la prima volta una

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minciava allora allora a vivere, ma con una foga che loaveva posto subito in prima linea fra i gaudenti della cit-tà. Il Merighi gliel'aveva presentato molti anni prima,quando tutt'e tre erano quasi bambini; avevano giocatoassieme. – Gli voglio molto bene – conchiuse essa conuna franchezza che faceva credere nella sincerità di tuttele altre sue parole. E anche il Brentani il quale incomin-ciava a inquietarsi per quel giovine, temibile Leardi chegli si cacciava accanto, a quelle ultime parole si tran-quillò: – Povera fanciulla! Onesta e non astuta.Non sarebbe stato meglio di renderla meno onesta e piùastuta? Fattasi questa domanda, gli venne la magnificaidea d'educare quella fanciulla. In compenso dell'amoreche ne riceveva, egli non poteva darle che una cosa sol-tanto: la conoscenza della vita, l'arte di approfittarne.Anche il suo era un dono preziosissimo, perché conquella bellezza e quella grazia, diretta da persona abilecome era lui, avrebbe potuto essere vittoriosa nella lottaper la vita. Così, per merito suo, ella si sarebbe conqui-stata da sé la fortuna ch'egli non poteva darle. Subito levolle dire una parte delle idee che gli passavano per ilcapo. Cessò di baciarla e d'adularla e, per insegnarle ilvizio, assunse l'aspetto austero di un maestro di virtù.Con un'ironia di se stesso in cui spesso si compiaceva, simise a compiangerla d'essere caduta fra le mani di unuomo come lui, povero di denaro e anche di qualchecosa d'altro, energia e coraggio. Perché se egli avesseavuto del coraggio, – e facendole per la prima volta una

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dichiarazione d'amore più seria di tutte le precedenti, lasua voce si alterò in una grande commozione, – egli sisarebbe presa la sua bionda fra le braccia, se la sarebbestretta al petto e l'avrebbe portata attraverso alla vita.Ma invece egli non si sentiva da tanto. Oh, la miseria indue era una cosa orribile; era la schiavitù, la più doloro-sa di tutte. La temeva per sé e per lei.Ella qui lo interruppe: – Io non avrei paura – a lui parvech'ella volesse prenderlo per il collo e gettarlo in quellacondizione che tanto temeva – io vivrei accantoall'uomo cui volessi bene, povera e rassegnata.– Ma non io – disse egli dopo una breve pausa e fingen-do d'aver esitato per un istante. – Io mi conosco. Nellestrettezze non saprei neppure amare. – E, dopo altra bre-ve pausa, aggiunse con voce grave e profonda: – Mai! –mentre ella lo guardava seria, il mento appoggiato almanico dell'ombrellino. Rimesse così le cose a posto,osservò – e quest'era l'avviamento all'educazione chevoleva darle – che per lei sarebbe stato preferibile che lesi fosse avvicinato un altro di quei cinque o sei giova-notti che quel giorno l'avevano ammirata con lui: Carliniricco, Bardi che sprecava spensieratamente gli ultimi re-sti della sua gioventù e della sua grossa fortuna, Nelliaffarista che guadagnava molto. Ciascuno di loro, per unverso o per l'altro, valeva più di lui.Ella, per un momento, trovò la nota giusta. Si offese!Era però troppo visibile che il suo risentimento era volu-

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dichiarazione d'amore più seria di tutte le precedenti, lasua voce si alterò in una grande commozione, – egli sisarebbe presa la sua bionda fra le braccia, se la sarebbestretta al petto e l'avrebbe portata attraverso alla vita.Ma invece egli non si sentiva da tanto. Oh, la miseria indue era una cosa orribile; era la schiavitù, la più doloro-sa di tutte. La temeva per sé e per lei.Ella qui lo interruppe: – Io non avrei paura – a lui parvech'ella volesse prenderlo per il collo e gettarlo in quellacondizione che tanto temeva – io vivrei accantoall'uomo cui volessi bene, povera e rassegnata.– Ma non io – disse egli dopo una breve pausa e fingen-do d'aver esitato per un istante. – Io mi conosco. Nellestrettezze non saprei neppure amare. – E, dopo altra bre-ve pausa, aggiunse con voce grave e profonda: – Mai! –mentre ella lo guardava seria, il mento appoggiato almanico dell'ombrellino. Rimesse così le cose a posto,osservò – e quest'era l'avviamento all'educazione chevoleva darle – che per lei sarebbe stato preferibile che lesi fosse avvicinato un altro di quei cinque o sei giova-notti che quel giorno l'avevano ammirata con lui: Carliniricco, Bardi che sprecava spensieratamente gli ultimi re-sti della sua gioventù e della sua grossa fortuna, Nelliaffarista che guadagnava molto. Ciascuno di loro, per unverso o per l'altro, valeva più di lui.Ella, per un momento, trovò la nota giusta. Si offese!Era però troppo visibile che il suo risentimento era volu-

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to, esagerato, ed Emilio dovette accorgersene; ma non leimputò a colpa tale finzione. Dimenandosi con tutto ilcorpo, ella simulava uno sforzo per svincolarsi da lui,per andar via, ma la violenza di questo sforzo non arri-vava fino alle braccia per le quali egli la tratteneva.Quelle subivano la sua stretta quasi inerti e finì che eglile accarezzò, le baciò e non le strinse più.Le chiese scusa; non s'era spiegato bene e, coraggiosa-mente ripeté con altre parole quello che già aveva detto.Ella non rilevò la nuova offesa, ma conservò per qual-che tempo un tono risentito: – Non voglio ch'ella credache per me sarebbe stato lo stesso di venir avvicinata dauno o l'altro di quei due signori. A loro non avrei per-messo di parlarmi. – Al loro primo incontro, vagamenteavevano ricordato d'essersi visti sulla via un anno prima;egli, dunque – diceva Angiolina – non era per lei il pri-mo venuto. – Io – dichiarò Emilio solennemente, – nonvolli dire altro se non che io non la meritavo.Soltanto allora egli arrivò a comunicarle gl'insegnamentiche dovevano esserle tanto utili. La trovava troppo di-sinteressata e la compianse. Una ragazza della sua con-dizione doveva badare al proprio interesse. Che cosa eral'onestà a questo mondo? L'interesse! Le donne onesteerano quelle che sapevano trovare l'acquirente al prezzopiù alto, erano quelle che non consentivano all'amoreche quando ci trovavano il loro tornaconto. Dicendoqueste parole egli si sentì l'uomo immorale superioreche vede e vuole le cose come sono. La potente macchi-

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to, esagerato, ed Emilio dovette accorgersene; ma non leimputò a colpa tale finzione. Dimenandosi con tutto ilcorpo, ella simulava uno sforzo per svincolarsi da lui,per andar via, ma la violenza di questo sforzo non arri-vava fino alle braccia per le quali egli la tratteneva.Quelle subivano la sua stretta quasi inerti e finì che eglile accarezzò, le baciò e non le strinse più.Le chiese scusa; non s'era spiegato bene e, coraggiosa-mente ripeté con altre parole quello che già aveva detto.Ella non rilevò la nuova offesa, ma conservò per qual-che tempo un tono risentito: – Non voglio ch'ella credache per me sarebbe stato lo stesso di venir avvicinata dauno o l'altro di quei due signori. A loro non avrei per-messo di parlarmi. – Al loro primo incontro, vagamenteavevano ricordato d'essersi visti sulla via un anno prima;egli, dunque – diceva Angiolina – non era per lei il pri-mo venuto. – Io – dichiarò Emilio solennemente, – nonvolli dire altro se non che io non la meritavo.Soltanto allora egli arrivò a comunicarle gl'insegnamentiche dovevano esserle tanto utili. La trovava troppo di-sinteressata e la compianse. Una ragazza della sua con-dizione doveva badare al proprio interesse. Che cosa eral'onestà a questo mondo? L'interesse! Le donne onesteerano quelle che sapevano trovare l'acquirente al prezzopiù alto, erano quelle che non consentivano all'amoreche quando ci trovavano il loro tornaconto. Dicendoqueste parole egli si sentì l'uomo immorale superioreche vede e vuole le cose come sono. La potente macchi-

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na da pensiero ch'egli si riteneva, era uscita dalla suainerzia. Un'onda d'orgoglio gli gonfiò il petto.Essa poi pendeva sorpresa e attenta dalle sue labbra.Parve ella credesse che donna onesta e donna ricca fos-sero la stessa cosa. – Ah! le superbe signore son dunquefatte così? – Poi, vedendolo sorpreso, negò d'aver volutodire questo, ma se egli fosse stato l'osservatore che cre-deva, si sarebbe accorto che ella non capiva più il ragio-namento che poco prima l'aveva tanto sorpresa.Egli ripeté e commentò le idee già espresse: la donnaonesta sa valere molto; è quello il suo segreto. Bisognaessere onesta o almeno parere. Era già male che il Sor-niani potesse parlare leggermente di lei, malissimoch'ella dichiarasse di voler bene al Leardi, – e qui sfogòla sua gelosia, – quel donnaiuolo compromettentequant'altri mai. Era meglio fare del male che aver l'ariadi farlo.Subito ella dimenticò le idee generali che egli avevaesposte per difendersi vigorosamente da quegli attacchi.Il Sorniani non poteva sparlare di lei, e il Leardi, poi,era un ragazzo non compromettente affatto.Per quella sera l'istruzione finì lì, perché egli pensò chequella medicina così potente dovesse venir propinata apiccole dosi. A lui pareva inoltre d'aver portato già ungrande sacrificio rinunziando per qualche istanteall'amore.Per una sentimentalità da letterato il nome di Angiolina

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na da pensiero ch'egli si riteneva, era uscita dalla suainerzia. Un'onda d'orgoglio gli gonfiò il petto.Essa poi pendeva sorpresa e attenta dalle sue labbra.Parve ella credesse che donna onesta e donna ricca fos-sero la stessa cosa. – Ah! le superbe signore son dunquefatte così? – Poi, vedendolo sorpreso, negò d'aver volutodire questo, ma se egli fosse stato l'osservatore che cre-deva, si sarebbe accorto che ella non capiva più il ragio-namento che poco prima l'aveva tanto sorpresa.Egli ripeté e commentò le idee già espresse: la donnaonesta sa valere molto; è quello il suo segreto. Bisognaessere onesta o almeno parere. Era già male che il Sor-niani potesse parlare leggermente di lei, malissimoch'ella dichiarasse di voler bene al Leardi, – e qui sfogòla sua gelosia, – quel donnaiuolo compromettentequant'altri mai. Era meglio fare del male che aver l'ariadi farlo.Subito ella dimenticò le idee generali che egli avevaesposte per difendersi vigorosamente da quegli attacchi.Il Sorniani non poteva sparlare di lei, e il Leardi, poi,era un ragazzo non compromettente affatto.Per quella sera l'istruzione finì lì, perché egli pensò chequella medicina così potente dovesse venir propinata apiccole dosi. A lui pareva inoltre d'aver portato già ungrande sacrificio rinunziando per qualche istanteall'amore.Per una sentimentalità da letterato il nome di Angiolina

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non gli piaceva. La chiamò Lina; poi, non bastandogliquesto vezzeggiativo, le appioppò il nome francese, An-gèle e molto spesso lo ingentilì e lo abbreviò in Ange.Le insegnò a dirgli in francese che lo amava. Saputo ilsenso di quelle parole, ella non volle ridirle, ma al pros-simo appuntamento le disse senz'essere invitata: Sce tèmbocù.Egli non si meravigliava affatto d'esser giunto tanto ol-tre così presto. Corrispondeva proprio al suo desiderio.Certo ella lo aveva trovato tanto ragionevole che le sem-brava di poter fidarsi di lui, e infatti per lungo tempo,ella non ebbe neppur l'occasione di rifiutargli qualchecosa.Si trovavano sempre all'aperto. Amarono in tutte le viesuburbane di Trieste. Dopo i primi appuntamenti, ab-bandonarono Sant'Andrea ch'era troppo frequentato, eper qualche tempo preferirono la strada d'Opicina fian-cheggiata da ippocastani folti, larga, solitaria, una salitalenta quasi insensibile. Si fermavano a un pezzo di mu-ricciuolo che divenne la meta delle loro passeggiate sol-tanto perché la prima volta vi si erano assisi. Si baciava-no lungamente, la città ai loro piedi, muta, morta, comeil mare, di lassù niente altro che una grande estensionedi colore misterioso, indistinto: e nell'immobilità e nelsilenzio, città, mare e colli apparivano di un solo pezzo,la stessa materia foggiata e colorita da qualche artistabizzarro, divisa, tagliata da linee segnate da punti gialli,i fanali delle vie.

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non gli piaceva. La chiamò Lina; poi, non bastandogliquesto vezzeggiativo, le appioppò il nome francese, An-gèle e molto spesso lo ingentilì e lo abbreviò in Ange.Le insegnò a dirgli in francese che lo amava. Saputo ilsenso di quelle parole, ella non volle ridirle, ma al pros-simo appuntamento le disse senz'essere invitata: Sce tèmbocù.Egli non si meravigliava affatto d'esser giunto tanto ol-tre così presto. Corrispondeva proprio al suo desiderio.Certo ella lo aveva trovato tanto ragionevole che le sem-brava di poter fidarsi di lui, e infatti per lungo tempo,ella non ebbe neppur l'occasione di rifiutargli qualchecosa.Si trovavano sempre all'aperto. Amarono in tutte le viesuburbane di Trieste. Dopo i primi appuntamenti, ab-bandonarono Sant'Andrea ch'era troppo frequentato, eper qualche tempo preferirono la strada d'Opicina fian-cheggiata da ippocastani folti, larga, solitaria, una salitalenta quasi insensibile. Si fermavano a un pezzo di mu-ricciuolo che divenne la meta delle loro passeggiate sol-tanto perché la prima volta vi si erano assisi. Si baciava-no lungamente, la città ai loro piedi, muta, morta, comeil mare, di lassù niente altro che una grande estensionedi colore misterioso, indistinto: e nell'immobilità e nelsilenzio, città, mare e colli apparivano di un solo pezzo,la stessa materia foggiata e colorita da qualche artistabizzarro, divisa, tagliata da linee segnate da punti gialli,i fanali delle vie.

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La luce lunare non ne mutava il colore. Gli oggetti daicontorni più precisi non s'illuminavano, si velavano diluce. Vi si stendeva un candore immoto, ma di sotto, ilcolore dormiva intorpidito, fosco, e persino nel mareche ora lasciava intravvedere il suo eterno movimento,baloccandosi con l'argento alla sua superficie, il coloretaceva, dormiva. Il verde dei colli, i colori tutti dellecase rimanevano abbrunati e la luce di fuori, inaccolta,distinta, un effluvio che saturava l'aria, era bianca, in-corruttibile, perché nulla in lei si fondeva.Nella vicina faccia della fanciulla, la luce lunare s'incar-nava, sostituiva quel colore di bambino roseo senz'atte-nuare il giallo diffuso ch'Emilio credeva di percepirecon le labbra; tutta la faccia diveniva austera e, bacian-dola, Emilio si sentiva più corruttore che mai. Baciavala bianca, casta luce.Poi preferirono i boschetti del colle al Cacciatore; senti-vano sempre più il bisogno di segregarsi. Sedevano ac-canto a qualche albero e mangiavano, bevevano e si ba-ciavano. I fiori erano presto scomparsi dalla loro rela-zione, e avevano ceduto il posto ai dolci che poi ella nonvolle più per non guastarsi i denti. Subentrarono i for-maggi, le mortadelle, le bottiglie di vino e di liquori,roba già molto costosa per la scarsa borsa d'Emilio.Ma egli era dispostissimo a sacrificare ad Angiolina tut-te le poche economie fatte nei lunghi anni della sua vitaregolata; si sarebbe ristretto nelle spese non appena

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La luce lunare non ne mutava il colore. Gli oggetti daicontorni più precisi non s'illuminavano, si velavano diluce. Vi si stendeva un candore immoto, ma di sotto, ilcolore dormiva intorpidito, fosco, e persino nel mareche ora lasciava intravvedere il suo eterno movimento,baloccandosi con l'argento alla sua superficie, il coloretaceva, dormiva. Il verde dei colli, i colori tutti dellecase rimanevano abbrunati e la luce di fuori, inaccolta,distinta, un effluvio che saturava l'aria, era bianca, in-corruttibile, perché nulla in lei si fondeva.Nella vicina faccia della fanciulla, la luce lunare s'incar-nava, sostituiva quel colore di bambino roseo senz'atte-nuare il giallo diffuso ch'Emilio credeva di percepirecon le labbra; tutta la faccia diveniva austera e, bacian-dola, Emilio si sentiva più corruttore che mai. Baciavala bianca, casta luce.Poi preferirono i boschetti del colle al Cacciatore; senti-vano sempre più il bisogno di segregarsi. Sedevano ac-canto a qualche albero e mangiavano, bevevano e si ba-ciavano. I fiori erano presto scomparsi dalla loro rela-zione, e avevano ceduto il posto ai dolci che poi ella nonvolle più per non guastarsi i denti. Subentrarono i for-maggi, le mortadelle, le bottiglie di vino e di liquori,roba già molto costosa per la scarsa borsa d'Emilio.Ma egli era dispostissimo a sacrificare ad Angiolina tut-te le poche economie fatte nei lunghi anni della sua vitaregolata; si sarebbe ristretto nelle spese non appena

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esaurita la sua piccola riserva. Altri pensieri lo preoccu-pavano di più: chi aveva insegnato ad Angiolina a ba-ciare? Egli non rammentava più i primi baci ricevuti; al-lora, tutto occupato del bacio che dava, non aveva senti-to, in quello che riceveva, altro che un dolce necessariocomplemento al suo, ma gli pareva che se quella boccafosse stata tanto animata, egli ne avrebbe provata qual-che sorpresa. Le aveva dunque insegnata lui quell'arte incui egli stesso era novellino?Ella confessò! Il Merighi l'aveva baciata molto. Riseparlandone. Certo, Emilio le appariva buffo quando mo-strava di credere che il Merighi non avesse approfittatodella sua posizione di fidanzato almeno per baciarla asazietà.Il Brentani non sentiva alcuna gelosia per il ricordo delMerighi che aveva avuto tanti diritti più di lui. Gli dole-va anzi ch'ella ne parlasse leggermente. Non avrebbedovuto piangere ogni qualvolta lo nominava? Quandoegli manifestava il proprio rammarico di non vederla piùinfelice, ella, per secondarlo, atteggiava la bella faccia atristezza e, per difendersi dal rimprovero che sentiva es-serle fatto, ricordava ch'ella s'era ammalata per l'abban-dono del Merighi: – Oh! se fossi morta allora, certo nonmi sarebbe dispiaciuto. – Pochi istanti dopo, ella ridevarumorosamente fra le braccia di lui che s'erano aperteper consolarla.Ella nulla rimpiangeva ed egli se ne sorprendeva altret-

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esaurita la sua piccola riserva. Altri pensieri lo preoccu-pavano di più: chi aveva insegnato ad Angiolina a ba-ciare? Egli non rammentava più i primi baci ricevuti; al-lora, tutto occupato del bacio che dava, non aveva senti-to, in quello che riceveva, altro che un dolce necessariocomplemento al suo, ma gli pareva che se quella boccafosse stata tanto animata, egli ne avrebbe provata qual-che sorpresa. Le aveva dunque insegnata lui quell'arte incui egli stesso era novellino?Ella confessò! Il Merighi l'aveva baciata molto. Riseparlandone. Certo, Emilio le appariva buffo quando mo-strava di credere che il Merighi non avesse approfittatodella sua posizione di fidanzato almeno per baciarla asazietà.Il Brentani non sentiva alcuna gelosia per il ricordo delMerighi che aveva avuto tanti diritti più di lui. Gli dole-va anzi ch'ella ne parlasse leggermente. Non avrebbedovuto piangere ogni qualvolta lo nominava? Quandoegli manifestava il proprio rammarico di non vederla piùinfelice, ella, per secondarlo, atteggiava la bella faccia atristezza e, per difendersi dal rimprovero che sentiva es-serle fatto, ricordava ch'ella s'era ammalata per l'abban-dono del Merighi: – Oh! se fossi morta allora, certo nonmi sarebbe dispiaciuto. – Pochi istanti dopo, ella ridevarumorosamente fra le braccia di lui che s'erano aperteper consolarla.Ella nulla rimpiangeva ed egli se ne sorprendeva altret-

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tanto quanto della propria dolorosa compassione. Comele voleva bene! Era veramente sola gratitudine per quel-la dolce creatura che si comportava come se proprio perlui fosse stata creata, amante compiacente senz'esigen-ze?Quando la sera sul tardi tornava a casa e la pallida sorel-la lasciava il lavoro per fargli compagnia a cena, egli an-cora vibrante di commozione, non soltanto non sapevaparlare d'altre cose ma neppure gli riusciva di fingere uninteressamento per le piccole faccende di casa che for-mavano la vita d'Amalia e delle quali ella soleva parlar-gli. Finiva ch'ella accanto a lui riprendeva il lavoro e re-stavano nella stessa stanza ognuno solo coi propri pen-sieri.Una sera ella lo guardò a lungo senza ch'egli se ne avve-desse; poi, sorridendo con isforzo, gli chiese: – Sei statofinora con lei?– Chi lei? – chiese egli subito ridendo. Poi si confessòperché aveva bisogno di parlare. Oh, era stata una serataindimenticabile. Aveva amato nella luce lunare, nell'ariatiepida, dinanzi a un paesaggio sconfinato, sorridente,creato per essi, per il loro amore. Ma egli non sapevaspiegarsi. Come poteva dare un'idea di quella serata allasorella non parlandole dei baci d'Angiolina?Ma mentre egli ripeteva: – Quale luce, quale aria! – ellaindovinava sulle sue labbra le tracce dei baci ai qualiegli pensava. Odiava quella donna che non conosceva e

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tanto quanto della propria dolorosa compassione. Comele voleva bene! Era veramente sola gratitudine per quel-la dolce creatura che si comportava come se proprio perlui fosse stata creata, amante compiacente senz'esigen-ze?Quando la sera sul tardi tornava a casa e la pallida sorel-la lasciava il lavoro per fargli compagnia a cena, egli an-cora vibrante di commozione, non soltanto non sapevaparlare d'altre cose ma neppure gli riusciva di fingere uninteressamento per le piccole faccende di casa che for-mavano la vita d'Amalia e delle quali ella soleva parlar-gli. Finiva ch'ella accanto a lui riprendeva il lavoro e re-stavano nella stessa stanza ognuno solo coi propri pen-sieri.Una sera ella lo guardò a lungo senza ch'egli se ne avve-desse; poi, sorridendo con isforzo, gli chiese: – Sei statofinora con lei?– Chi lei? – chiese egli subito ridendo. Poi si confessòperché aveva bisogno di parlare. Oh, era stata una serataindimenticabile. Aveva amato nella luce lunare, nell'ariatiepida, dinanzi a un paesaggio sconfinato, sorridente,creato per essi, per il loro amore. Ma egli non sapevaspiegarsi. Come poteva dare un'idea di quella serata allasorella non parlandole dei baci d'Angiolina?Ma mentre egli ripeteva: – Quale luce, quale aria! – ellaindovinava sulle sue labbra le tracce dei baci ai qualiegli pensava. Odiava quella donna che non conosceva e

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che le aveva rubata la sua compagnia e il suo conforto.Ora ch'ella lo vedeva amare come tutti gli altri, le man-cava l'unico esempio di volontaria rassegnazione allostesso proprio triste destino. Tanto triste! Si mise a pian-gere, da prima con delle lagrime silenziose che cercavadi celare sul lavoro, poi, quando egli di quelle lagrimes'accorse, con singhiozzi impetuosi che invano tentò direprimere.Cercò di spiegare quelle lagrime: era stata indispostatutto il giorno, non aveva dormito la notte precedente,non aveva mangiato, si sentiva molto debole.Egli senz'altro le credette: – Domani se tu non stessi me-glio, chiameremo il dottore.Allora al dolore d'Amalia s'aggiunse l'ira che egli cosìleggermente si lasciasse ingannare sulla causa delle suelagrime; quella era la prova della più completa indiffe-renza. Non ebbe più ritegno, e gli disse che lasciassestare il dottore perché per quella vita ch'ella faceva nonvaleva la pena di curarsi. Per chi viveva e perché? Vistoch'egli non voleva ancora comprendere e la guardavaestatico, ella disse tutto il proprio dolore: – Neppur tuhai più bisogno di me.Egli, certo, non capì, perché invece di commuoversis'adirò: egli aveva passata la sua gioventù solitario e tri-ste; era troppo giusto che di tempo in tempo s'accordas-se qualche svago. Angiolina non aveva importanza nellasua vita: era un'avventura che sarebbe durata qualche

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che le aveva rubata la sua compagnia e il suo conforto.Ora ch'ella lo vedeva amare come tutti gli altri, le man-cava l'unico esempio di volontaria rassegnazione allostesso proprio triste destino. Tanto triste! Si mise a pian-gere, da prima con delle lagrime silenziose che cercavadi celare sul lavoro, poi, quando egli di quelle lagrimes'accorse, con singhiozzi impetuosi che invano tentò direprimere.Cercò di spiegare quelle lagrime: era stata indispostatutto il giorno, non aveva dormito la notte precedente,non aveva mangiato, si sentiva molto debole.Egli senz'altro le credette: – Domani se tu non stessi me-glio, chiameremo il dottore.Allora al dolore d'Amalia s'aggiunse l'ira che egli cosìleggermente si lasciasse ingannare sulla causa delle suelagrime; quella era la prova della più completa indiffe-renza. Non ebbe più ritegno, e gli disse che lasciassestare il dottore perché per quella vita ch'ella faceva nonvaleva la pena di curarsi. Per chi viveva e perché? Vistoch'egli non voleva ancora comprendere e la guardavaestatico, ella disse tutto il proprio dolore: – Neppur tuhai più bisogno di me.Egli, certo, non capì, perché invece di commuoversis'adirò: egli aveva passata la sua gioventù solitario e tri-ste; era troppo giusto che di tempo in tempo s'accordas-se qualche svago. Angiolina non aveva importanza nellasua vita: era un'avventura che sarebbe durata qualche

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mese e non più. – Sei veramente cattiva di farmene unrimprovero. – Si commosse soltanto nel vederla conti-nuare a piangere, senza parole, in un'inerzia sconsolata.Per confortarla le promise che sarebbe venuto più spes-so a tenerle compagnia; avrebbero letto e studiato insie-me come in passato, ma ella doveva procurare d'esserepiù allegra perché egli non amava le persone tristi. Ilsuo pensiero volò ad Ange! Come sapeva ridere a lungo,lei, con risate prolungate e contagiose, e sorrise eglistesso pensando che quelle risate avrebbero echeggiatoin modo ben strano nella sua triste casa.

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mese e non più. – Sei veramente cattiva di farmene unrimprovero. – Si commosse soltanto nel vederla conti-nuare a piangere, senza parole, in un'inerzia sconsolata.Per confortarla le promise che sarebbe venuto più spes-so a tenerle compagnia; avrebbero letto e studiato insie-me come in passato, ma ella doveva procurare d'esserepiù allegra perché egli non amava le persone tristi. Ilsuo pensiero volò ad Ange! Come sapeva ridere a lungo,lei, con risate prolungate e contagiose, e sorrise eglistesso pensando che quelle risate avrebbero echeggiatoin modo ben strano nella sua triste casa.

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Capitolo III

Una sera egli doveva trovarsi con lei alle venti precise,ma mezz'ora prima, il Balli mandò ad avvisarlo che loattendeva al Chiozza, giusto a quell'ora, per fargli dellecomunicazioni importantissime. Egli s'era già schermitoda altri simili inviti che avevano soltanto lo scopo distrapparlo qualche volta ad Angiolina, ma quel giornocolse il pretesto di rimandare l'appuntamento per pene-trare nella casa della fanciulla. Avrebbe studiata quellapersona già tanto importante nella sua vita, nelle cose enelle persone che l'attorniavano. Già cieco, egli conser-vava tuttavia il contegno delle persone che vedono bene.La casa d'Angiolina era situata a pochi metri fuori dellavia Fabio Severo. Grande e alta, in mezzo alla campa-gna, aveva tutto l'aspetto di una caserma. La portineriaera chiusa ed Emilio, invero con un po' d'esitazione nonsapendo come sarebbe stato accolto, salì al secondo pia-no. – Non è certo l'aspetto della ricchezza, – mormoròper registrare i suoi rilievi a viva voce. La scala dovevaessere stata fatta molto in fretta, le pietre mal squadrate,la ringhiera di ferro grezzo, i muri bianchi di calce,niente di sudicio ma tutto povero.Venne ad aprirgli una ragazzina, decenne forse, con unragnatelo di vestito goffo e lungo, bionda come Angioli-na, ma gli occhi smorti, la faccia giallastra, anemica.

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Capitolo III

Una sera egli doveva trovarsi con lei alle venti precise,ma mezz'ora prima, il Balli mandò ad avvisarlo che loattendeva al Chiozza, giusto a quell'ora, per fargli dellecomunicazioni importantissime. Egli s'era già schermitoda altri simili inviti che avevano soltanto lo scopo distrapparlo qualche volta ad Angiolina, ma quel giornocolse il pretesto di rimandare l'appuntamento per pene-trare nella casa della fanciulla. Avrebbe studiata quellapersona già tanto importante nella sua vita, nelle cose enelle persone che l'attorniavano. Già cieco, egli conser-vava tuttavia il contegno delle persone che vedono bene.La casa d'Angiolina era situata a pochi metri fuori dellavia Fabio Severo. Grande e alta, in mezzo alla campa-gna, aveva tutto l'aspetto di una caserma. La portineriaera chiusa ed Emilio, invero con un po' d'esitazione nonsapendo come sarebbe stato accolto, salì al secondo pia-no. – Non è certo l'aspetto della ricchezza, – mormoròper registrare i suoi rilievi a viva voce. La scala dovevaessere stata fatta molto in fretta, le pietre mal squadrate,la ringhiera di ferro grezzo, i muri bianchi di calce,niente di sudicio ma tutto povero.Venne ad aprirgli una ragazzina, decenne forse, con unragnatelo di vestito goffo e lungo, bionda come Angioli-na, ma gli occhi smorti, la faccia giallastra, anemica.

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Non parve per nulla sorpresa al vedere un volto nuovo;soltanto sollevò e fermò con la mano al petto i lembi delgiacchettino privo di bottoni. – Buon giorno! Ella desi-dera? – Aveva una cortesia cerimoniosa fuori di postonella personcina puerile.– C'è la signorina Angiolina?– Angiolina! – chiamò una donna che nel frattempos'era avanzata dal fondo del corridoio. – Un signore do-manda di te. – Quella probabilmente era la dolce madrecui Angiolina aveva anelato di ritornare allorché era sta-ta abbandonata dal Merighi. La vecchia vestiva da ser-va, in colori vivaci per quanto un po' stinti, il grandegrembiale turchino, e turchino il fazzoletto che portavain testa alla friulana. Del resto il volto conservava qual-che traccia di bellezza passata; anzi il profilo ricordavaquello d'Angiolina, ma la faccia ossuta e immobile condegli occhietti neri pieni d'inquietudine aveva qualchecosa della bestia attenta per sfuggire alle legnate. – An-giolina! chiamò ancora una volta. – Viene subito – av-vertì con grande cortesia. Poi, senza guardarlo mai infaccia, disse più volte: – S'accomodi intanto. – La suavoce nasale non sapeva essere gradevole. Ella esitavacome un balbuziente al principio di un discorso; poi tut-ta la frase le usciva di bocca ininterrotta, un solo soffioprivo di qualunque calore.Ma, dall'altra parte del corridoio, correndo, venne An-giolina. Era già vestita per uscire. Vedendolo si mise a

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Non parve per nulla sorpresa al vedere un volto nuovo;soltanto sollevò e fermò con la mano al petto i lembi delgiacchettino privo di bottoni. – Buon giorno! Ella desi-dera? – Aveva una cortesia cerimoniosa fuori di postonella personcina puerile.– C'è la signorina Angiolina?– Angiolina! – chiamò una donna che nel frattempos'era avanzata dal fondo del corridoio. – Un signore do-manda di te. – Quella probabilmente era la dolce madrecui Angiolina aveva anelato di ritornare allorché era sta-ta abbandonata dal Merighi. La vecchia vestiva da ser-va, in colori vivaci per quanto un po' stinti, il grandegrembiale turchino, e turchino il fazzoletto che portavain testa alla friulana. Del resto il volto conservava qual-che traccia di bellezza passata; anzi il profilo ricordavaquello d'Angiolina, ma la faccia ossuta e immobile condegli occhietti neri pieni d'inquietudine aveva qualchecosa della bestia attenta per sfuggire alle legnate. – An-giolina! chiamò ancora una volta. – Viene subito – av-vertì con grande cortesia. Poi, senza guardarlo mai infaccia, disse più volte: – S'accomodi intanto. – La suavoce nasale non sapeva essere gradevole. Ella esitavacome un balbuziente al principio di un discorso; poi tut-ta la frase le usciva di bocca ininterrotta, un solo soffioprivo di qualunque calore.Ma, dall'altra parte del corridoio, correndo, venne An-giolina. Era già vestita per uscire. Vedendolo si mise a

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ridere, e lo salutò cordialmente: – Oh, signor Brentani.Che bella sorpresa! – Presentò disinvolta: – Mia madre,mia sorella.Era proprio quella la dolce madre cui però Emilio, lietod'essere stato accolto così bene, porse la mano, mentrela vecchia, non essendosi attesa tanta degnazione, diedela propria con un po' di ritardo; non aveva capito checosa egli volesse e quegli occhi inquieti di volpe l'ave-vano fissato per un istante con un'immediata, evidentediffidenza. La ragazzina, dopo la madre, gli porseanch'essa la mano tenendo la sinistra sempre al petto.Ottenuto quell'onore disse con calma: – Grazie.– S'accomodi qui – disse Angiolina; corse ad una portain fondo al corridoio e la aperse. Beato, il Brentani sitrovò solo con Angiolina; perché la vecchia e la ragazzi-na, fatto un ultimo complimento, erano rimaste fuoridella porta. E, chiusa quella porta, egli dimenticò tutti isuoi propositi d'osservatore. L'attirò a sé.– No – pregò essa – qui accanto dorme mio padre ch'èindisposto.– So baciare senza far rumore, – dichiarò lui e le pre-mette lungamente le labbra sulla bocca mentre essa con-tinuava a protestare, ne risultò così un bacio frazionatoin mille, adagiato in un alito tiepido.Stanca, ella si svincolò e corse ad aprire la porta. – Oras'accomodi qui e sia saggio perché dalla cucina ci vedo-no. – Sempre ancora rideva ed egli, poi, la rammentò

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ridere, e lo salutò cordialmente: – Oh, signor Brentani.Che bella sorpresa! – Presentò disinvolta: – Mia madre,mia sorella.Era proprio quella la dolce madre cui però Emilio, lietod'essere stato accolto così bene, porse la mano, mentrela vecchia, non essendosi attesa tanta degnazione, diedela propria con un po' di ritardo; non aveva capito checosa egli volesse e quegli occhi inquieti di volpe l'ave-vano fissato per un istante con un'immediata, evidentediffidenza. La ragazzina, dopo la madre, gli porseanch'essa la mano tenendo la sinistra sempre al petto.Ottenuto quell'onore disse con calma: – Grazie.– S'accomodi qui – disse Angiolina; corse ad una portain fondo al corridoio e la aperse. Beato, il Brentani sitrovò solo con Angiolina; perché la vecchia e la ragazzi-na, fatto un ultimo complimento, erano rimaste fuoridella porta. E, chiusa quella porta, egli dimenticò tutti isuoi propositi d'osservatore. L'attirò a sé.– No – pregò essa – qui accanto dorme mio padre ch'èindisposto.– So baciare senza far rumore, – dichiarò lui e le pre-mette lungamente le labbra sulla bocca mentre essa con-tinuava a protestare, ne risultò così un bacio frazionatoin mille, adagiato in un alito tiepido.Stanca, ella si svincolò e corse ad aprire la porta. – Oras'accomodi qui e sia saggio perché dalla cucina ci vedo-no. – Sempre ancora rideva ed egli, poi, la rammentò

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spesso così lieta d'avergli giuocato quel tiro da bambinamaliziosa che fa dispetti a chi la ama. Sulle tempie i ca-pelli le erano stati arruffati dal suo braccio, ch'egli,come sempre, aveva posto intorno alla bionda testa; conl'occhio egli accarezzò le tracce della propria carezza.Appena più tardi vide la stanza in cui si trovavano. Latappezzeria non era troppo nuova, ma i mobili, datequelle scale, quel corridoio e i vestiti della madre e dellasorella, sorprendentemente ricchi, tutti dello stesso le-gno, noce, il letto coperto di un drappo con larga fran-gia, in un canto un vaso enorme con alti fiori artificiali edi sopra, sulla parete, aggruppate con grande accuratez-za, molte fotografie. Del lusso insomma.Egli guardò le fotografie. Un vecchio che s'era fatto fo-tografare in posa di grand'uomo, appoggiato a un fasciodi carte. Emilio sorrise. – Il mio santolo – presentò An-giolina. Un giovanotto vestito bene ma come un operaioin festa, una faccia energica, uno sguardo ardito. – Ilsantolo di mia sorella, – disse Angiolina, – e questo è ilsantolo del più giovane dei miei fratelli, – e fece vedereil ritratto di un altro giovanotto più mite e più finedell'altro.– Ce ne sono degli altri? – domandò Emilio, ma loscherzo gli morì sulle labbra perché tra le fotografie neaveva scoperte due unite, di uomini ch'egli conosceva:Leardi e Sorniani! Il Sorniani, giallo anche in fotografia,lo sguardo torvo, pareva continuasse anche di là a dir

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spesso così lieta d'avergli giuocato quel tiro da bambinamaliziosa che fa dispetti a chi la ama. Sulle tempie i ca-pelli le erano stati arruffati dal suo braccio, ch'egli,come sempre, aveva posto intorno alla bionda testa; conl'occhio egli accarezzò le tracce della propria carezza.Appena più tardi vide la stanza in cui si trovavano. Latappezzeria non era troppo nuova, ma i mobili, datequelle scale, quel corridoio e i vestiti della madre e dellasorella, sorprendentemente ricchi, tutti dello stesso le-gno, noce, il letto coperto di un drappo con larga fran-gia, in un canto un vaso enorme con alti fiori artificiali edi sopra, sulla parete, aggruppate con grande accuratez-za, molte fotografie. Del lusso insomma.Egli guardò le fotografie. Un vecchio che s'era fatto fo-tografare in posa di grand'uomo, appoggiato a un fasciodi carte. Emilio sorrise. – Il mio santolo – presentò An-giolina. Un giovanotto vestito bene ma come un operaioin festa, una faccia energica, uno sguardo ardito. – Ilsantolo di mia sorella, – disse Angiolina, – e questo è ilsantolo del più giovane dei miei fratelli, – e fece vedereil ritratto di un altro giovanotto più mite e più finedell'altro.– Ce ne sono degli altri? – domandò Emilio, ma loscherzo gli morì sulle labbra perché tra le fotografie neaveva scoperte due unite, di uomini ch'egli conosceva:Leardi e Sorniani! Il Sorniani, giallo anche in fotografia,lo sguardo torvo, pareva continuasse anche di là a dir

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male d'Angiolina. La fotografia del Leardi era la piùbella: la macchina aveva fatto questa volta il proprio do-vere riproducendo tutte le gradazioni del chiaroscuro, eil bel Leardi pareva ritratto a colori. Stava là, disinvolto,non appoggiato a tavoli, libere le mani inguantate, pro-prio in atto di presentarsi in un salotto ove forse lo at-tendeva una donna sola. Guardava Emilio con unacert'aria di protezione, naturale alla sua bella facciad'adolescente, ed Emilio dovette torcere lo sguardo, pie-no di rancore e d'invidia.Angiolina non comprese subito perché la fronte di Emi-lio si fosse tanto oscurata. Per la prima volta, brutalmen-te, egli tradì la sua gelosia: – Non mi piace mica di tro-vare tanti uomini in questa stanza da letto. – Poi, veden-do ch'ella si sentiva tanto innocente da essere stupefattadel rimprovero, addolcì la frase: – È quello che io ti di-ceva sere or sono; non è bello di vederti circondata dacotesti figuri e può danneggiarti. Già il fatto che li cono-sci è compromettente.Improvvisamente ella ebbe dipinta sulla faccia unagrande ilarità, e dichiarò ch'era ben lieta di vederlo gelo-so. – Geloso di questa gente! – disse poi rifacendosi se-ria e con aria di rimprovero, – ma quale stima hai dun-que di me? – Ma quando egli stava già per chetarsi, ellacommise un errore. – A te, vedi, darò non una ma duedelle mie fotografie – e corse all'armadio a prenderle.Dunque tutti gli altri possedevano una fotografia di An-giolina; ella glielo aveva raccontato, però con un'inge-

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male d'Angiolina. La fotografia del Leardi era la piùbella: la macchina aveva fatto questa volta il proprio do-vere riproducendo tutte le gradazioni del chiaroscuro, eil bel Leardi pareva ritratto a colori. Stava là, disinvolto,non appoggiato a tavoli, libere le mani inguantate, pro-prio in atto di presentarsi in un salotto ove forse lo at-tendeva una donna sola. Guardava Emilio con unacert'aria di protezione, naturale alla sua bella facciad'adolescente, ed Emilio dovette torcere lo sguardo, pie-no di rancore e d'invidia.Angiolina non comprese subito perché la fronte di Emi-lio si fosse tanto oscurata. Per la prima volta, brutalmen-te, egli tradì la sua gelosia: – Non mi piace mica di tro-vare tanti uomini in questa stanza da letto. – Poi, veden-do ch'ella si sentiva tanto innocente da essere stupefattadel rimprovero, addolcì la frase: – È quello che io ti di-ceva sere or sono; non è bello di vederti circondata dacotesti figuri e può danneggiarti. Già il fatto che li cono-sci è compromettente.Improvvisamente ella ebbe dipinta sulla faccia unagrande ilarità, e dichiarò ch'era ben lieta di vederlo gelo-so. – Geloso di questa gente! – disse poi rifacendosi se-ria e con aria di rimprovero, – ma quale stima hai dun-que di me? – Ma quando egli stava già per chetarsi, ellacommise un errore. – A te, vedi, darò non una ma duedelle mie fotografie – e corse all'armadio a prenderle.Dunque tutti gli altri possedevano una fotografia di An-giolina; ella glielo aveva raccontato, però con un'inge-

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nuità tale che egli non osò di fargliene un rimprovero.Ma venne ancora di peggio.Costringendosi ad un sorriso, egli guardava le due foto-grafie ch'ella gli aveva consegnate con un inchino scher-zoso. Una, in profilo, era fatta da uno dei migliori foto-grafi della città; l'altra era un'istantanea bellissima mapiù per il vestito elegante, trinato, ch'ella aveva portatola prima volta in cui egli le aveva parlato, che per la fac-cia sfigurata dallo sforzo di tener aperti gli occhi ai rag-gi del sole. – Chi ha fatto questa poi? – domandò Emi-lio. – Il Leardi forse? – Egli ricordava d'aver visto ilLeardi sulla via, con una macchina fotografica sotto ilbraccio.– Ma no! – disse essa. – Geloso! Me l'ha fatta un uomoserio, sposato: il pittore Datti.Sposato sì, ma serio? – Non geloso, – disse il Brentani,con voce profonda, – triste, molto triste. – Ed ora videfra le fotografie anche quella del Datti, il grande barbo-ne rosso, ritratto con predilezione da tutti i pittori dellacittà e, vedendolo, Emilio ebbe un dolore acuto al ricor-dare una sua frase «Le donne con cui ho a fare, nonsono degne di costituire un torto a mia moglie».Egli non aveva più bisogno di cercare dei documenti, glicascavano addosso, l'opprimevano, ed Angiolina, mal-destra faceva del suo meglio per illustrarli, metterli in ri-lievo. Umiliata e offesa, mormorò: – Merighi m'ha fattoconoscere tutta questa gente. – Ella mentiva perché non

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nuità tale che egli non osò di fargliene un rimprovero.Ma venne ancora di peggio.Costringendosi ad un sorriso, egli guardava le due foto-grafie ch'ella gli aveva consegnate con un inchino scher-zoso. Una, in profilo, era fatta da uno dei migliori foto-grafi della città; l'altra era un'istantanea bellissima mapiù per il vestito elegante, trinato, ch'ella aveva portatola prima volta in cui egli le aveva parlato, che per la fac-cia sfigurata dallo sforzo di tener aperti gli occhi ai rag-gi del sole. – Chi ha fatto questa poi? – domandò Emi-lio. – Il Leardi forse? – Egli ricordava d'aver visto ilLeardi sulla via, con una macchina fotografica sotto ilbraccio.– Ma no! – disse essa. – Geloso! Me l'ha fatta un uomoserio, sposato: il pittore Datti.Sposato sì, ma serio? – Non geloso, – disse il Brentani,con voce profonda, – triste, molto triste. – Ed ora videfra le fotografie anche quella del Datti, il grande barbo-ne rosso, ritratto con predilezione da tutti i pittori dellacittà e, vedendolo, Emilio ebbe un dolore acuto al ricor-dare una sua frase «Le donne con cui ho a fare, nonsono degne di costituire un torto a mia moglie».Egli non aveva più bisogno di cercare dei documenti, glicascavano addosso, l'opprimevano, ed Angiolina, mal-destra faceva del suo meglio per illustrarli, metterli in ri-lievo. Umiliata e offesa, mormorò: – Merighi m'ha fattoconoscere tutta questa gente. – Ella mentiva perché non

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era credibile che il Merighi, un commerciante laborioso,avesse conosciuto quei giovinastri e quegli artisti o, purconoscendoli, fosse andato a sceglierli per presentarlialla sua sposa.Egli la guardò a lungo con uno sguardo inquisitorecome se fosse stata la prima volta che la vedesse ed ellacomprese la serietà di quell'occhiata; un po' pallidaguardava in terra e attendeva. Ma subito il Brentani ri-cordò quanto poco egli avesse il diritto di essere geloso.– No! né umiliarla né farla soffrire mai! – Dolcemente,per dimostrarle ch'egli l'amava ancora sempre, – eglisentiva che le aveva già manifestato un sentimento mol-to differente, – volle baciarla.Subito ella apparve rabbonita ma s'allontanò e lo scon-giurò non la baciasse più. Egli si sorprese ch'ella rifiu-tasse un bacio tanto significante e finì coll'adirarsene piùche per quanto era successo prima. – Ho già tanti pecca-ti sulla coscienza – disse ella seria, seria, – che oggi misarà ben difficile di ottenere l'assoluzione. Per colpa tuami presento al confessore con l'animo mal preparato.In Emilio rinacque la speranza. Oh, la dolce cosa ch'erala religione. Di casa sua e dal cuore d'Amalia egli l'ave-va scacciata, – era stata l'opera più importante della suavita, – ma ritrovandola presso Angiolina, la salutò congioia ineffabile. Accanto alla religione delle donne one-ste, gli uomini sul muro parvero meno aggressivi e, an-dandosene, egli baciò con rispetto la mano ad Angiolina

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era credibile che il Merighi, un commerciante laborioso,avesse conosciuto quei giovinastri e quegli artisti o, purconoscendoli, fosse andato a sceglierli per presentarlialla sua sposa.Egli la guardò a lungo con uno sguardo inquisitorecome se fosse stata la prima volta che la vedesse ed ellacomprese la serietà di quell'occhiata; un po' pallidaguardava in terra e attendeva. Ma subito il Brentani ri-cordò quanto poco egli avesse il diritto di essere geloso.– No! né umiliarla né farla soffrire mai! – Dolcemente,per dimostrarle ch'egli l'amava ancora sempre, – eglisentiva che le aveva già manifestato un sentimento mol-to differente, – volle baciarla.Subito ella apparve rabbonita ma s'allontanò e lo scon-giurò non la baciasse più. Egli si sorprese ch'ella rifiu-tasse un bacio tanto significante e finì coll'adirarsene piùche per quanto era successo prima. – Ho già tanti pecca-ti sulla coscienza – disse ella seria, seria, – che oggi misarà ben difficile di ottenere l'assoluzione. Per colpa tuami presento al confessore con l'animo mal preparato.In Emilio rinacque la speranza. Oh, la dolce cosa ch'erala religione. Di casa sua e dal cuore d'Amalia egli l'ave-va scacciata, – era stata l'opera più importante della suavita, – ma ritrovandola presso Angiolina, la salutò congioia ineffabile. Accanto alla religione delle donne one-ste, gli uomini sul muro parvero meno aggressivi e, an-dandosene, egli baciò con rispetto la mano ad Angiolina

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che accettò l'omaggio come un tributo alla sua virtù.Tutti i documenti raccolti erano inceneriti alla fiamma diun cero sacro.Perciò, l'unica conseguenza della sua visita fu che egliaveva trovata la via a quella casa. Prese l'abitudine diportarle la mattina i dolci pel caffè. Era una gran bell'oraanche quella. Si stringeva al seno il magnifico corpouscito allora dal letto, e ne sentiva il tepore, che passavail leggero vestito da mattina e gli dava il sentimento diun contatto immediato con la nudità. L'incanto della re-ligione era presto svanito perché quella di Angiolinanon era tale da proteggere o difendere chi non fosse di-feso altrimenti, ma pure ad Emilio i sospetti non venne-ro mai così fieri come la prima volta. In quella stanzaegli non aveva il tempo di guardarsi d'intorno.Angiolina tentò di simulare quella religione che le avevagiovato tanto una volta, ma non le riuscì e presto ne risespudoratamente. Quando ne aveva assai dei suoi baci, lorespingeva dicendogli: Ite missa est, insudiciandoun'idea mistica ch'Emilio serio, serio, aveva espressa piùvolte al momento di separarsi. Domandava un Deo gra-tias quando chiedeva un piccolo favore, gridava meamaxima culpa quando egli diventava troppo esigente, li-bera nos Domine quando non voleva sentir parlare diqualche cosa.Eppure egli aveva una soddisfazione completa dal pos-sesso incompleto di quella donna, e tentò di procedere

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che accettò l'omaggio come un tributo alla sua virtù.Tutti i documenti raccolti erano inceneriti alla fiamma diun cero sacro.Perciò, l'unica conseguenza della sua visita fu che egliaveva trovata la via a quella casa. Prese l'abitudine diportarle la mattina i dolci pel caffè. Era una gran bell'oraanche quella. Si stringeva al seno il magnifico corpouscito allora dal letto, e ne sentiva il tepore, che passavail leggero vestito da mattina e gli dava il sentimento diun contatto immediato con la nudità. L'incanto della re-ligione era presto svanito perché quella di Angiolinanon era tale da proteggere o difendere chi non fosse di-feso altrimenti, ma pure ad Emilio i sospetti non venne-ro mai così fieri come la prima volta. In quella stanzaegli non aveva il tempo di guardarsi d'intorno.Angiolina tentò di simulare quella religione che le avevagiovato tanto una volta, ma non le riuscì e presto ne risespudoratamente. Quando ne aveva assai dei suoi baci, lorespingeva dicendogli: Ite missa est, insudiciandoun'idea mistica ch'Emilio serio, serio, aveva espressa piùvolte al momento di separarsi. Domandava un Deo gra-tias quando chiedeva un piccolo favore, gridava meamaxima culpa quando egli diventava troppo esigente, li-bera nos Domine quando non voleva sentir parlare diqualche cosa.Eppure egli aveva una soddisfazione completa dal pos-sesso incompleto di quella donna, e tentò di procedere

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oltre solo per diffidenza, per timore di venir deriso datutti quegli uomini che lo guardavano. Ella si difeseenergicamente: i suoi fratelli l'avrebbero ammazzata.Pianse una volta in cui egli fu più aggressivo. Non levoleva bene se voleva renderla infelice. Allora egli ri-nunziò a quelle aggressioni, racchetato, lieto. Ella nonera appartenuta a nessuno ed egli poteva essere certo dinon venir deriso.Però ella gli promise formalmente che sarebbe stata suaquando si fosse potuta dare senza espor lui a fastidi nése stessa a danni. Ne parlava come della cosa più natu-rale di questo mondo. Anzi ebbe una trovata: bisognavacercare un terzo su cui scaricare questo disturbo, questodanno e non poche beffe. Egli stava ad ascoltare estaticoqueste che non gli parevano altro che dichiarazionid'amore. C'era poca speranza di trovare quel terzo comelo voleva Angiolina, ma dopo queste parole egli credevadi poter adagiarsi tranquillo nel proprio sentimento. Ellaera in verità come egli l'aveva voluta, e gli dava l'amoresenza legami, senza pericolo.Certo, per il momento tutta la sua vita apparteneva aquell'amore; non sapeva pensare altro, non sapeva lavo-rare, neppure adempiere per bene ai suoi doveri d'uffi-cio. Ma tanto meglio. Per qualche tempo la sua vita as-sumeva tutta un aspetto nuovo, e in seguito sarebbe sta-to altrettanto divertente di ritornare alla calma di prima.Amante delle immagini, egli vedeva la propria vita qua-le una via diritta, uniforme, traverso una quieta valle;

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oltre solo per diffidenza, per timore di venir deriso datutti quegli uomini che lo guardavano. Ella si difeseenergicamente: i suoi fratelli l'avrebbero ammazzata.Pianse una volta in cui egli fu più aggressivo. Non levoleva bene se voleva renderla infelice. Allora egli ri-nunziò a quelle aggressioni, racchetato, lieto. Ella nonera appartenuta a nessuno ed egli poteva essere certo dinon venir deriso.Però ella gli promise formalmente che sarebbe stata suaquando si fosse potuta dare senza espor lui a fastidi nése stessa a danni. Ne parlava come della cosa più natu-rale di questo mondo. Anzi ebbe una trovata: bisognavacercare un terzo su cui scaricare questo disturbo, questodanno e non poche beffe. Egli stava ad ascoltare estaticoqueste che non gli parevano altro che dichiarazionid'amore. C'era poca speranza di trovare quel terzo comelo voleva Angiolina, ma dopo queste parole egli credevadi poter adagiarsi tranquillo nel proprio sentimento. Ellaera in verità come egli l'aveva voluta, e gli dava l'amoresenza legami, senza pericolo.Certo, per il momento tutta la sua vita apparteneva aquell'amore; non sapeva pensare altro, non sapeva lavo-rare, neppure adempiere per bene ai suoi doveri d'uffi-cio. Ma tanto meglio. Per qualche tempo la sua vita as-sumeva tutta un aspetto nuovo, e in seguito sarebbe sta-to altrettanto divertente di ritornare alla calma di prima.Amante delle immagini, egli vedeva la propria vita qua-le una via diritta, uniforme, traverso una quieta valle;

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dal punto in cui egli aveva avvicinata Angiolina la stra-da si torceva, deviava per un paese vario d'alberi, di fio-ri, di colli. Era un piccolo tratto e si ridiscendeva poi avalle, alla facile via piana e sicura, resa meno tediosadal ricordo di quell'intervallo incantevole, colorito,fors'anche faticoso.Un giorno ella lo avvisò che doveva andare a lavorarepresso una famiglia di conoscenti, certi Deluigi. La si-gnora Deluigi era una buona donna; aveva una figliach'era amica d'Angiolina, un vecchio marito, e in casanon c'erano giovanotti; tutti volevano un gran bene adAngiolina in quella casa. – Ci vado molto volentieri,perché là passo le giornate meglio che non in casa mia.– Emilio non ebbe niente da ridirci, e si rassegnò anchea vederla, di sera, meno spesso. Ella ritornava tardi dallavoro e non valeva più la pena di trovarsi.Perciò egli ebbe ora delle sere che poté dedicare all'ami-co e alla sorella. Ancora sempre egli tentava d'ingannar-li – come ingannava se stesso – sull'importanza dellasua avventura, ed era persino capace di voler far credereal Balli d'essere lieto che Angiolina qualche sera fosseoccupata per non averla, dopo tutto, vicina ogni giorno.Il Balli lo faceva arrossire guardandolo con occhio scru-tatore, ed Emilio, non sapendo dove celare la sua pas-sione, derideva Angiolina, riferiva certe osservazioniesatte che andava facendo su lei e che veramente non at-tenuavano affatto la sua tenerezza. Ne rideva con suffi-ciente disinvoltura, ma il Balli, che lo conosceva e che

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dal punto in cui egli aveva avvicinata Angiolina la stra-da si torceva, deviava per un paese vario d'alberi, di fio-ri, di colli. Era un piccolo tratto e si ridiscendeva poi avalle, alla facile via piana e sicura, resa meno tediosadal ricordo di quell'intervallo incantevole, colorito,fors'anche faticoso.Un giorno ella lo avvisò che doveva andare a lavorarepresso una famiglia di conoscenti, certi Deluigi. La si-gnora Deluigi era una buona donna; aveva una figliach'era amica d'Angiolina, un vecchio marito, e in casanon c'erano giovanotti; tutti volevano un gran bene adAngiolina in quella casa. – Ci vado molto volentieri,perché là passo le giornate meglio che non in casa mia.– Emilio non ebbe niente da ridirci, e si rassegnò anchea vederla, di sera, meno spesso. Ella ritornava tardi dallavoro e non valeva più la pena di trovarsi.Perciò egli ebbe ora delle sere che poté dedicare all'ami-co e alla sorella. Ancora sempre egli tentava d'ingannar-li – come ingannava se stesso – sull'importanza dellasua avventura, ed era persino capace di voler far credereal Balli d'essere lieto che Angiolina qualche sera fosseoccupata per non averla, dopo tutto, vicina ogni giorno.Il Balli lo faceva arrossire guardandolo con occhio scru-tatore, ed Emilio, non sapendo dove celare la sua pas-sione, derideva Angiolina, riferiva certe osservazioniesatte che andava facendo su lei e che veramente non at-tenuavano affatto la sua tenerezza. Ne rideva con suffi-ciente disinvoltura, ma il Balli, che lo conosceva e che

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nelle sue parole sentiva un suono falso, lo lasciava ride-re solo.Ella toscaneggiava con affettazione e ne risultava un ac-cento piuttosto inglese che toscano. – Prima o poi – di-ceva Emilio, – le leverò tale difetto che m'infastidisce. –Ella portava la testina eternamente inclinata sulla spalladestra. – Segno di vanità, secondo il Gall – osservavaEmilio, e con la serietà di uno scienziato che fa degliesperimenti, aggiungeva: – Chissà che le osservazionidel Gall non sieno meno errate di quanto generalmentesi creda? – Era golosa, amava di mangiare molto e bene;poveretto colui che se la sarebbe addossata! Qui poimentiva sfacciatamente perché egli amava altrettanto divederla mangiare che di vederla ridere. Derideva tutte ledebolezze ch'egli specialmente amava in lei. S'era moltocommosso un giorno in cui Angiolina, parlando d'unadonna molto brutta e molto ricca, era uscita nell'escla-mazione: – Ricca? Allora non brutta. – Ci teneva tantoalla bellezza e l'abbassava dinanzi a quell'altra potenza.– Donna volgare – rideva ora col Balli.Così, fra il suo modo di parlare col Balli e quello da luiusato con Angiolina, nel Brentani s'erano andati forman-do addirittura due individui che vivevano tranquilli l'unoaccanto all'altro, e ch'egli non si curava di mettered'accordo. In fondo egli non mentiva né al Balli né adAngiolina. Non confessando il proprio amore a parole,si sentiva sicuro come lo struzzo che crede d'eludere ilcacciatore non guardandolo. Quando invece si trovava

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nelle sue parole sentiva un suono falso, lo lasciava ride-re solo.Ella toscaneggiava con affettazione e ne risultava un ac-cento piuttosto inglese che toscano. – Prima o poi – di-ceva Emilio, – le leverò tale difetto che m'infastidisce. –Ella portava la testina eternamente inclinata sulla spalladestra. – Segno di vanità, secondo il Gall – osservavaEmilio, e con la serietà di uno scienziato che fa degliesperimenti, aggiungeva: – Chissà che le osservazionidel Gall non sieno meno errate di quanto generalmentesi creda? – Era golosa, amava di mangiare molto e bene;poveretto colui che se la sarebbe addossata! Qui poimentiva sfacciatamente perché egli amava altrettanto divederla mangiare che di vederla ridere. Derideva tutte ledebolezze ch'egli specialmente amava in lei. S'era moltocommosso un giorno in cui Angiolina, parlando d'unadonna molto brutta e molto ricca, era uscita nell'escla-mazione: – Ricca? Allora non brutta. – Ci teneva tantoalla bellezza e l'abbassava dinanzi a quell'altra potenza.– Donna volgare – rideva ora col Balli.Così, fra il suo modo di parlare col Balli e quello da luiusato con Angiolina, nel Brentani s'erano andati forman-do addirittura due individui che vivevano tranquilli l'unoaccanto all'altro, e ch'egli non si curava di mettered'accordo. In fondo egli non mentiva né al Balli né adAngiolina. Non confessando il proprio amore a parole,si sentiva sicuro come lo struzzo che crede d'eludere ilcacciatore non guardandolo. Quando invece si trovava

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con Angiolina, egli si abbandonava tutto al proprio sen-timento. Perché avrebbe dovuto diminuirne la forza e lagioia con una resistenza che non aveva alcuna ragioned'essere dove non c era alcun pericolo? Egli amava, nonsolo desiderava! Sentiva muoversi nell'animo anchequalche cosa che somigliava a un affetto paterno, al ve-derla così inerme come per loro stessa natura certi di-sgraziati animali. La mancanza d'intelligenza era unadebolezza di più, che chiedeva carezze e protezione.S'incontrarono al Campo Marzio proprio allorché ella,adirata di non averlo trovato al posto, stava per andarse-ne. Era la prima volta ch'egli l'avesse fatta attendere, macon l'orologio alla mano egli le provò di non aver tarda-to. Raddolcita l'ira, ella confessò che quella sera avevaavuto una speciale premura di vederlo, per cui era statadessa ad anticipare; aveva da raccontargli delle cose tan-to strane che le accadevano. Si appese affettuosamenteal suo braccio: – Ho pianto tanto ieri – e si asciugò le la-grime che nell'oscurità egli non poté vedere. Non volledirgli niente finché non fossero giunti sulla terrazza, e visalirono a braccetto pel lungo viale oscuro. Egli nonaveva alcuna premura d'arrivarci. La notizia che avevada sentire non poteva essere cattiva visto che Angiolinane veniva resa più affettuosa. Si fermò più volte per ba-ciarla sulla veletta.La fece sedere sul muricciolo, si appoggiò lievementecon un braccio sulle sue ginocchia e, per difenderla dal-la pioggerella penetrante che continuava a cadere da pa-

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con Angiolina, egli si abbandonava tutto al proprio sen-timento. Perché avrebbe dovuto diminuirne la forza e lagioia con una resistenza che non aveva alcuna ragioned'essere dove non c era alcun pericolo? Egli amava, nonsolo desiderava! Sentiva muoversi nell'animo anchequalche cosa che somigliava a un affetto paterno, al ve-derla così inerme come per loro stessa natura certi di-sgraziati animali. La mancanza d'intelligenza era unadebolezza di più, che chiedeva carezze e protezione.S'incontrarono al Campo Marzio proprio allorché ella,adirata di non averlo trovato al posto, stava per andarse-ne. Era la prima volta ch'egli l'avesse fatta attendere, macon l'orologio alla mano egli le provò di non aver tarda-to. Raddolcita l'ira, ella confessò che quella sera avevaavuto una speciale premura di vederlo, per cui era statadessa ad anticipare; aveva da raccontargli delle cose tan-to strane che le accadevano. Si appese affettuosamenteal suo braccio: – Ho pianto tanto ieri – e si asciugò le la-grime che nell'oscurità egli non poté vedere. Non volledirgli niente finché non fossero giunti sulla terrazza, e visalirono a braccetto pel lungo viale oscuro. Egli nonaveva alcuna premura d'arrivarci. La notizia che avevada sentire non poteva essere cattiva visto che Angiolinane veniva resa più affettuosa. Si fermò più volte per ba-ciarla sulla veletta.La fece sedere sul muricciolo, si appoggiò lievementecon un braccio sulle sue ginocchia e, per difenderla dal-la pioggerella penetrante che continuava a cadere da pa-

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recchie ore, la coperse col proprio ombrello.– Sono fidanzata – disse essa, nella voce un tentativo dinota sentimentale, rotta subito da una grande voglia diridere.– Fidanzata! – mormorò Emilio per un istante incredulotanto che subito si rivolse a indagare la ragione per cuiella gli diceva quella bugia. La guardò in faccia e, adonta dell'oscurità, vide nell'atteggiamento la sentimenta-lità che dalla voce era scomparsa. Doveva essere vero.A quale scopo gli avrebbe raccontato una bugia? Aveva-no dunque trovato il terzo di cui abbisognavano! – Saraicontento ora? – domandò ella carezzevole.Ella era ben lontana dal sospettare quello che avvenivanell'anima sua ed egli, per pudore, non disse le paroleche gli bruciavano le labbra. Ma come avrebbe potutosimulare la gioia cui ella s'attendeva! Era stato tantoviolento il suo dolore che gli era occorso di sentirsi ri-cordare da lei che altre volte egli aveva amato di udirlaparlare di quel progetto. Ma quel progetto in boccad'Angiolina gli era sembrato una carezza. Di più egli siera baloccato con quel piano, ne aveva sognata l'attua-lizzazione e la conseguente felicità. Ma quanti piani nonerano passati per il suo cervello senza lasciar traccia?Aveva sognato in sua vita persino il furto, l'omicidio elo stupro. Del delinquente aveva sentito il coraggio e laforza e la perversità, e dei delitti aveva sognati i risulta-ti, l'impunità prima di tutto. Ma poi, soddisfatto del so-

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recchie ore, la coperse col proprio ombrello.– Sono fidanzata – disse essa, nella voce un tentativo dinota sentimentale, rotta subito da una grande voglia diridere.– Fidanzata! – mormorò Emilio per un istante incredulotanto che subito si rivolse a indagare la ragione per cuiella gli diceva quella bugia. La guardò in faccia e, adonta dell'oscurità, vide nell'atteggiamento la sentimenta-lità che dalla voce era scomparsa. Doveva essere vero.A quale scopo gli avrebbe raccontato una bugia? Aveva-no dunque trovato il terzo di cui abbisognavano! – Saraicontento ora? – domandò ella carezzevole.Ella era ben lontana dal sospettare quello che avvenivanell'anima sua ed egli, per pudore, non disse le paroleche gli bruciavano le labbra. Ma come avrebbe potutosimulare la gioia cui ella s'attendeva! Era stato tantoviolento il suo dolore che gli era occorso di sentirsi ri-cordare da lei che altre volte egli aveva amato di udirlaparlare di quel progetto. Ma quel progetto in boccad'Angiolina gli era sembrato una carezza. Di più egli siera baloccato con quel piano, ne aveva sognata l'attua-lizzazione e la conseguente felicità. Ma quanti piani nonerano passati per il suo cervello senza lasciar traccia?Aveva sognato in sua vita persino il furto, l'omicidio elo stupro. Del delinquente aveva sentito il coraggio e laforza e la perversità, e dei delitti aveva sognati i risulta-ti, l'impunità prima di tutto. Ma poi, soddisfatto del so-

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gno, egli aveva ritrovati immutati gli oggetti che avevavoluto distruggere, e s'era chetato, la coscienza tranquil-la. Aveva commesso il delitto ma non v'era danno. Orainvece il sogno s'era fatto realtà ed egli, che pur l'avevavoluto, se ne sorprendeva, non ravvisava il suo sognoperché prima aveva avuto tutt'altro aspetto.– E non mi domandi chi sia lo sposo?Con improvvisa risoluzione egli si rizzò:– Lo ami tu?– Come puoi farmi una simile domanda! – esclamò ellaveramente stupefatta. Per unica risposta baciò la manocon la quale egli teneva alto l'ombrello.– Allora non sposarlo! – impose lui. Spiegò le proprieparole a se stesso. Egli la possedeva già; non la deside-rava più. Perché per possederla altrimenti avrebbe dovu-to concederla ad altri? Vedendola sempre più sorpresa,cercò di convincerla: – Con un uomo che non ami, nonpotresti essere felice.Ma ella non conosceva le sue esitazioni. Per la primavolta si lagnò della propria famiglia. I fratelli non lavo-ravano, il padre era malato; come si faceva ad andareavanti? E non era lieta casa sua, ch'egli aveva vista allaluce del sole quando non c'erano gli uomini. Non appe-na venuti si bisticciavano fra di loro e con la madre e lesorelle. Certo, il sarto Volpini, quarantenne, non era ilmarito che s'era augurato, ma era a modo, buono, dolce,

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gno, egli aveva ritrovati immutati gli oggetti che avevavoluto distruggere, e s'era chetato, la coscienza tranquil-la. Aveva commesso il delitto ma non v'era danno. Orainvece il sogno s'era fatto realtà ed egli, che pur l'avevavoluto, se ne sorprendeva, non ravvisava il suo sognoperché prima aveva avuto tutt'altro aspetto.– E non mi domandi chi sia lo sposo?Con improvvisa risoluzione egli si rizzò:– Lo ami tu?– Come puoi farmi una simile domanda! – esclamò ellaveramente stupefatta. Per unica risposta baciò la manocon la quale egli teneva alto l'ombrello.– Allora non sposarlo! – impose lui. Spiegò le proprieparole a se stesso. Egli la possedeva già; non la deside-rava più. Perché per possederla altrimenti avrebbe dovu-to concederla ad altri? Vedendola sempre più sorpresa,cercò di convincerla: – Con un uomo che non ami, nonpotresti essere felice.Ma ella non conosceva le sue esitazioni. Per la primavolta si lagnò della propria famiglia. I fratelli non lavo-ravano, il padre era malato; come si faceva ad andareavanti? E non era lieta casa sua, ch'egli aveva vista allaluce del sole quando non c'erano gli uomini. Non appe-na venuti si bisticciavano fra di loro e con la madre e lesorelle. Certo, il sarto Volpini, quarantenne, non era ilmarito che s'era augurato, ma era a modo, buono, dolce,

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ed ella, col tempo, forse gli avrebbe voluto bene. Di me-glio non avrebbe potuto trovare: – Tu, certo, mi vuoibene, nevvero? Eppure non ammetti la possibilità disposarmi. – Egli si commosse al sentirla parlaresenz'alcun risentimento del suo egoismo.Infatti. Forse ella faceva un buon affare. Con la consuetadebolezza, non potendo convincere lei, per andared'accordo egli procurò di convincere se stesso.Ella raccontò. Aveva conosciuto il Volpini dalla signoraDeluigi. Era un omino. – Mi arriva qui, – e accennò ri-dendo alla spalla. – Uomo allegro. Dice d'essere piccoloma pieno di un grande amore. – Forse sospettando – oh,quale torto gli faceva, – ch'Emilio potesse venir morsodalla gelosia, s'affrettò ad aggiungere: – Brutto assai. Hala faccia piena di peli del colore della paglia secca. Labarba gli arriva agli occhi, anzi agli occhiali. – La sarto-ria del Volpini si trovava a Fiume, ma egli aveva dettoche, dopo il matrimonio, le avrebbe permesso di venir apassare ogni settimana un giorno a Trieste e intanto, poi-ché la maggior parte del tempo egli era assente, essiavrebbero potuto continuare a vedersi tranquillamente.– Saremo però molto prudenti – pregò lui. – Molto, mol-to prudenti! – ripeté. Se quella era una fortuna per lei,non sarebbe stato meglio di rinunciare addirittura a ve-dersi, per non comprometterla? Per tranquillare la pro-pria coscienza inquieta, egli sarebbe stato capace di qua-lunque sacrificio. Prese una mano d'Angiolina, vi ap-

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ed ella, col tempo, forse gli avrebbe voluto bene. Di me-glio non avrebbe potuto trovare: – Tu, certo, mi vuoibene, nevvero? Eppure non ammetti la possibilità disposarmi. – Egli si commosse al sentirla parlaresenz'alcun risentimento del suo egoismo.Infatti. Forse ella faceva un buon affare. Con la consuetadebolezza, non potendo convincere lei, per andared'accordo egli procurò di convincere se stesso.Ella raccontò. Aveva conosciuto il Volpini dalla signoraDeluigi. Era un omino. – Mi arriva qui, – e accennò ri-dendo alla spalla. – Uomo allegro. Dice d'essere piccoloma pieno di un grande amore. – Forse sospettando – oh,quale torto gli faceva, – ch'Emilio potesse venir morsodalla gelosia, s'affrettò ad aggiungere: – Brutto assai. Hala faccia piena di peli del colore della paglia secca. Labarba gli arriva agli occhi, anzi agli occhiali. – La sarto-ria del Volpini si trovava a Fiume, ma egli aveva dettoche, dopo il matrimonio, le avrebbe permesso di venir apassare ogni settimana un giorno a Trieste e intanto, poi-ché la maggior parte del tempo egli era assente, essiavrebbero potuto continuare a vedersi tranquillamente.– Saremo però molto prudenti – pregò lui. – Molto, mol-to prudenti! – ripeté. Se quella era una fortuna per lei,non sarebbe stato meglio di rinunciare addirittura a ve-dersi, per non comprometterla? Per tranquillare la pro-pria coscienza inquieta, egli sarebbe stato capace di qua-lunque sacrificio. Prese una mano d'Angiolina, vi ap-

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poggiò la fronte e in quella posa d'adoratore disse tuttoil suo pensiero: – Per non farti del male saprei rinunzia-re a te.Forse essa comprese: non fece più allusioni al tradimen-to ch'essi avevano concertato e, per questo solo fatto, fuquella la serata in cui si fossero amati più dolcemente.Per un momento, per una sola volta, apparì portataall'altezza del sentimento d'Emilio. Non ebbe nessunanota stonata; non gli disse neppure d'amarlo. Egli anda-va accarezzando il proprio dolore. La donna ch'egliamava non era soltanto dolce e inerme; era perduta. Sivendeva da una parte, si donava dall'altra. Oh, egli nonpoteva dimenticare la voglia di ridere ch'ella aveva ma-nifestata al principio del loro colloquio. Se faceva a quelmodo il passo più importante della sua vita, come si sa-rebbe comportata accanto ad un uomo che non amava?Era perduta! Abbracciatala stretta stretta col braccio si-nistro, poggiò il capo nel suo grembo e, pieno di com-passione più che di amore, mormorò: – Poveretta! – Re-starono così lungamente; poi ella si chinò su lui e, certocon l'intenzione ch'egli non se ne accorgesse, legger-mente lo baciò sui capelli. Fu l'atto più gentile ch'ellaavesse avuto durante la loro relazione.Poi tutto divenne brusco, orribile. La pioggerella mono-tona, triste, che aveva accompagnato il dolore d'Emiliocon una nota mite che gli era sembrata ora compianto edora indifferenza, si mutò improvvisamente in uno scro-

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poggiò la fronte e in quella posa d'adoratore disse tuttoil suo pensiero: – Per non farti del male saprei rinunzia-re a te.Forse essa comprese: non fece più allusioni al tradimen-to ch'essi avevano concertato e, per questo solo fatto, fuquella la serata in cui si fossero amati più dolcemente.Per un momento, per una sola volta, apparì portataall'altezza del sentimento d'Emilio. Non ebbe nessunanota stonata; non gli disse neppure d'amarlo. Egli anda-va accarezzando il proprio dolore. La donna ch'egliamava non era soltanto dolce e inerme; era perduta. Sivendeva da una parte, si donava dall'altra. Oh, egli nonpoteva dimenticare la voglia di ridere ch'ella aveva ma-nifestata al principio del loro colloquio. Se faceva a quelmodo il passo più importante della sua vita, come si sa-rebbe comportata accanto ad un uomo che non amava?Era perduta! Abbracciatala stretta stretta col braccio si-nistro, poggiò il capo nel suo grembo e, pieno di com-passione più che di amore, mormorò: – Poveretta! – Re-starono così lungamente; poi ella si chinò su lui e, certocon l'intenzione ch'egli non se ne accorgesse, legger-mente lo baciò sui capelli. Fu l'atto più gentile ch'ellaavesse avuto durante la loro relazione.Poi tutto divenne brusco, orribile. La pioggerella mono-tona, triste, che aveva accompagnato il dolore d'Emiliocon una nota mite che gli era sembrata ora compianto edora indifferenza, si mutò improvvisamente in uno scro-

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scio violento. Un soffio di vento freddo, dal mare, avevasconvolta l'atmosfera pregna di acqua e venne ora ascuoterli, a toglierli dal sogno che un istante felice ave-va loro concesso. Ella fu presa da una grande paura dibagnarsi il vestito, e si mise a correre dopo di aver rifiu-tato il braccio di Emilio; aveva bisogno di ambe le maniper tener l'ombrello contro il vento. Nella lotta col ventoe con la pioggia, ella s'adirò e non volle neppur precisa-re quando si sarebbero rivisti: – Adesso intanto badiamod'arrivare a casa.La vide salire in un carrozzone della tramvia e,dall'oscurità dove rimase, scorse nella luce gialla la bel-la faccia imbronciata, i dolci occhi intenti a verificare iguasti fatti dall'acqua al suo vestito.

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scio violento. Un soffio di vento freddo, dal mare, avevasconvolta l'atmosfera pregna di acqua e venne ora ascuoterli, a toglierli dal sogno che un istante felice ave-va loro concesso. Ella fu presa da una grande paura dibagnarsi il vestito, e si mise a correre dopo di aver rifiu-tato il braccio di Emilio; aveva bisogno di ambe le maniper tener l'ombrello contro il vento. Nella lotta col ventoe con la pioggia, ella s'adirò e non volle neppur precisa-re quando si sarebbero rivisti: – Adesso intanto badiamod'arrivare a casa.La vide salire in un carrozzone della tramvia e,dall'oscurità dove rimase, scorse nella luce gialla la bel-la faccia imbronciata, i dolci occhi intenti a verificare iguasti fatti dall'acqua al suo vestito.

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Capitolo IV

Spesso, nella loro relazione, si ripeterono quegli scroscidi pioggia che lo strappavano all'incanto cui egli contanta voluttà si abbandonava.Di buon'ora, il giorno appresso, andò da Angiolina. Nonsapeva neppur lui se ci andava a vendicarsi con qualchefrase pungente del modo con cui ella l'aveva lasciato lasera innanzi, oppure a riavere intero, al colore di quelviso, il sentimento che nella notte era stato minato in luida una dolorosa riflessione e del quale, – lo apprendevaall'ansietà che lo faceva correre fin lassù, – egli avevaoramai bisogno.Venne ad aprirgli la porta la madre di Angiolina, la qua-le l'accolse con le solite parole gentili, la fisionomia im-mobile di cartapecora, la voce brutalmente sonora. An-giolina stava vestendosi e sarebbe venuta subito.– Che gliene sembra? – domandò la vecchia tutto ad untratto. Gli parlò del Volpini. Sorpreso che anche la ma-dre volesse la sua approvazione al matrimonio di Angio-lina, egli esitò ed ella, ingannandosi sulla natura deldubbio che gli vedeva scritto in faccia, cercò di convin-cerlo. – Capirà. È una fortuna per Angiolina. Se anchenon gli vorrà tanto bene, avrà una vita tranquilla, lieta,perché egli è molto innamorato. Bisogna vederlo! –Ebbe un risolino breve e rumoroso ma che le contrasse

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Capitolo IV

Spesso, nella loro relazione, si ripeterono quegli scroscidi pioggia che lo strappavano all'incanto cui egli contanta voluttà si abbandonava.Di buon'ora, il giorno appresso, andò da Angiolina. Nonsapeva neppur lui se ci andava a vendicarsi con qualchefrase pungente del modo con cui ella l'aveva lasciato lasera innanzi, oppure a riavere intero, al colore di quelviso, il sentimento che nella notte era stato minato in luida una dolorosa riflessione e del quale, – lo apprendevaall'ansietà che lo faceva correre fin lassù, – egli avevaoramai bisogno.Venne ad aprirgli la porta la madre di Angiolina, la qua-le l'accolse con le solite parole gentili, la fisionomia im-mobile di cartapecora, la voce brutalmente sonora. An-giolina stava vestendosi e sarebbe venuta subito.– Che gliene sembra? – domandò la vecchia tutto ad untratto. Gli parlò del Volpini. Sorpreso che anche la ma-dre volesse la sua approvazione al matrimonio di Angio-lina, egli esitò ed ella, ingannandosi sulla natura deldubbio che gli vedeva scritto in faccia, cercò di convin-cerlo. – Capirà. È una fortuna per Angiolina. Se anchenon gli vorrà tanto bene, avrà una vita tranquilla, lieta,perché egli è molto innamorato. Bisogna vederlo! –Ebbe un risolino breve e rumoroso ma che le contrasse

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le sole labbra. Si capiva ch'era soddisfatta.Finì di compiacersi di vedere come Angiolina avessefatto comprendere alla madre quanto ci tenesse al suoconsenso; lo diede con parole generose. Gli doleva cheAngiolina ne sposasse un altro, ma visto ch'era per suobene... L'altra ebbe un altro risolino, ma questo più sullafaccia che nella voce e a lui parve ironico. Che la madresapesse anche dei suoi patti con la figlia? Neppure que-sto non gli sarebbe dispiaciuto tanto. Perché avrebbe do-vuto dolersi di quelle risatine destinate all'onesto Volpi-ni? Certo era che qui non poteva essere lui il deriso.Angiolina venne vestita di tutto punto per uscire, avevafretta perché alle nove doveva trovarsi dalla signora De-luigi. Egli non volle lasciarla subito perciò, per la primavolta, camminarono insieme per la via, alla luce delsole.– Mi pare che siamo una bella coppia – disse ella sorri-dendo vedendo che ogni passante aveva un'occhiata perloro. Era impossibile passarle accanto e non guardarla.Anche Emilio la guardò. Il vestito bianco, che esageravail figurino d'allora, la vita strettissima, le maniche allar-gate, quasi palloni rigonfi, domandava l'occhiata, erastato fatto per conquistarla. La testa usciva da tutto quelbianco, non oscurata da esso, ma rilevata nella sua lucegialla e sfacciatamente rosea, alle labbra una sottile stri-scia di sangue rosso che gridava sui denti, scoperti dalsorriso lieto e dolce gettato all'aria e che i passanti rac-

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le sole labbra. Si capiva ch'era soddisfatta.Finì di compiacersi di vedere come Angiolina avessefatto comprendere alla madre quanto ci tenesse al suoconsenso; lo diede con parole generose. Gli doleva cheAngiolina ne sposasse un altro, ma visto ch'era per suobene... L'altra ebbe un altro risolino, ma questo più sullafaccia che nella voce e a lui parve ironico. Che la madresapesse anche dei suoi patti con la figlia? Neppure que-sto non gli sarebbe dispiaciuto tanto. Perché avrebbe do-vuto dolersi di quelle risatine destinate all'onesto Volpi-ni? Certo era che qui non poteva essere lui il deriso.Angiolina venne vestita di tutto punto per uscire, avevafretta perché alle nove doveva trovarsi dalla signora De-luigi. Egli non volle lasciarla subito perciò, per la primavolta, camminarono insieme per la via, alla luce delsole.– Mi pare che siamo una bella coppia – disse ella sorri-dendo vedendo che ogni passante aveva un'occhiata perloro. Era impossibile passarle accanto e non guardarla.Anche Emilio la guardò. Il vestito bianco, che esageravail figurino d'allora, la vita strettissima, le maniche allar-gate, quasi palloni rigonfi, domandava l'occhiata, erastato fatto per conquistarla. La testa usciva da tutto quelbianco, non oscurata da esso, ma rilevata nella sua lucegialla e sfacciatamente rosea, alle labbra una sottile stri-scia di sangue rosso che gridava sui denti, scoperti dalsorriso lieto e dolce gettato all'aria e che i passanti rac-

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coglievano. Il sole le scherzava nei riccioli biondi, li in-dorava e incipriava.Emilio arrossì. Gli parve di poter leggere negli occhi diogni passante un giudizio ingiurioso. La guardò ancora.Evidentemente ella aveva nell'occhio per ogni uomoelegante che passava, una specie di saluto; l'occhio nonguardava, ma vi brillava un lampo di luce. Nella pupillaqualche cosa si moveva e modificava continuamentel'intensità e la direzione della luce. Quell'occhio crepita-va! Emilio si attaccò a questo verbo che gli parve carat-terizzasse tanto bene l'attività in quell'occhio. Nei picco-li movimenti rapidi, imprevedibili della luce, pareva disentire un lieve rumore.– Perché civetti? – chiese egli costringendosi ad un sor-riso. Senz'arrossire e ridendo, ella rispose: – Io? Ho gliocchi per guardare, io. – Ella era dunque consapevoledel movimento del suo occhio; s'ingannava soltanto di-cendolo «guardare». Poco dopo passò un impiegatuccio,certo Giustini, bel giovinetto che Emilio conosceva divista. L'occhio di Angiolina si ravvivò ed Emilio si vol-se a guardare il fortunato mortale ch'era già passato.L'impiegatuccio s'era fermato a guardarli. – S'è fermatoa guardarmi, eh? – chiese essa sorridendo lieta.– Perché te ne compiaci? – chiese egli con tristezza. Ellanon lo comprese neppure. Poi, con astuzia, volle farglicredere ch'ella di proposito cercasse di renderlo geloso,e, infine, per quietarlo, spudoratamente, alla luce del

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coglievano. Il sole le scherzava nei riccioli biondi, li in-dorava e incipriava.Emilio arrossì. Gli parve di poter leggere negli occhi diogni passante un giudizio ingiurioso. La guardò ancora.Evidentemente ella aveva nell'occhio per ogni uomoelegante che passava, una specie di saluto; l'occhio nonguardava, ma vi brillava un lampo di luce. Nella pupillaqualche cosa si moveva e modificava continuamentel'intensità e la direzione della luce. Quell'occhio crepita-va! Emilio si attaccò a questo verbo che gli parve carat-terizzasse tanto bene l'attività in quell'occhio. Nei picco-li movimenti rapidi, imprevedibili della luce, pareva disentire un lieve rumore.– Perché civetti? – chiese egli costringendosi ad un sor-riso. Senz'arrossire e ridendo, ella rispose: – Io? Ho gliocchi per guardare, io. – Ella era dunque consapevoledel movimento del suo occhio; s'ingannava soltanto di-cendolo «guardare». Poco dopo passò un impiegatuccio,certo Giustini, bel giovinetto che Emilio conosceva divista. L'occhio di Angiolina si ravvivò ed Emilio si vol-se a guardare il fortunato mortale ch'era già passato.L'impiegatuccio s'era fermato a guardarli. – S'è fermatoa guardarmi, eh? – chiese essa sorridendo lieta.– Perché te ne compiaci? – chiese egli con tristezza. Ellanon lo comprese neppure. Poi, con astuzia, volle farglicredere ch'ella di proposito cercasse di renderlo geloso,e, infine, per quietarlo, spudoratamente, alla luce del

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sole fece con le labbra rosse una smorfia che voleva rap-presentare un bacio. Oh, ella non sapeva fingere. Ladonna ch'egli amava, Ange, era sua invenzione, se l'eracreata lui con uno sforzo voluto; essa non aveva colla-borato a questa creazione, non l'aveva neppure lasciatofare perché aveva resistito. Alla luce del giorno il sognoscompariva.– Troppa luce! – mormorò egli abbacinato. – Andiamoall'ombra.Essa lo guardò con curiosità vedendogli il viso sconvol-to: – Il sole a te fa male? Mi dicono infatti che ci sonodelle persone che non lo possono sopportare. – Comeella aveva torto d'amare il sole.Al momento di separarsi, egli le chiese: – E se Volpinirisapesse di questa nostra passeggiata traverso la città?– Chi gliel'avrebbe a dire? – disse essa con grande cal-ma. Gli direi che tu sei un fratello o un cugino della De-luigi. Egli non conosce nessuno a Trieste, ed è quindi fa-cile fargli credere ciò che si vuole.Quando si separarono, egli volle ancora analizzare leproprie impressioni e camminò solo, senza direzione.Un lampo d'energia rese il suo pensiero rapido e intenso.S'era imposto un problema e subito lo risolse. Avrebbefatto bene a lasciarla immediatamente e non rivederlapiù. Non poteva più ingannarsi sulla natura dei proprisentimenti, perché il dolore che poco prima aveva pro-vato era troppo caratteristico con quella vergogna per lei

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sole fece con le labbra rosse una smorfia che voleva rap-presentare un bacio. Oh, ella non sapeva fingere. Ladonna ch'egli amava, Ange, era sua invenzione, se l'eracreata lui con uno sforzo voluto; essa non aveva colla-borato a questa creazione, non l'aveva neppure lasciatofare perché aveva resistito. Alla luce del giorno il sognoscompariva.– Troppa luce! – mormorò egli abbacinato. – Andiamoall'ombra.Essa lo guardò con curiosità vedendogli il viso sconvol-to: – Il sole a te fa male? Mi dicono infatti che ci sonodelle persone che non lo possono sopportare. – Comeella aveva torto d'amare il sole.Al momento di separarsi, egli le chiese: – E se Volpinirisapesse di questa nostra passeggiata traverso la città?– Chi gliel'avrebbe a dire? – disse essa con grande cal-ma. Gli direi che tu sei un fratello o un cugino della De-luigi. Egli non conosce nessuno a Trieste, ed è quindi fa-cile fargli credere ciò che si vuole.Quando si separarono, egli volle ancora analizzare leproprie impressioni e camminò solo, senza direzione.Un lampo d'energia rese il suo pensiero rapido e intenso.S'era imposto un problema e subito lo risolse. Avrebbefatto bene a lasciarla immediatamente e non rivederlapiù. Non poteva più ingannarsi sulla natura dei proprisentimenti, perché il dolore che poco prima aveva pro-vato era troppo caratteristico con quella vergogna per lei

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e per se stesso.S'avvicinò a Stefano Balli col proposito di fargli unapromessa per cui la sua risoluzione fosse resa irrevoca-bile. Invece la vista dell'amico bastò a fargliela abban-donare. Perché non si sarebbe potuto divertire anche luicon le donne come faceva Stefano? Ricordò quale sa-rebbe stata la sua vita senz'amore. Da una parte la sog-gezione al Balli, dall'altra la tristezza d'Amalia, enull'altro. E non gli parve d'essere meno energico orache poco prima; anzi, ora voleva vivere, godere anche acosto di soffrire. Avrebbe dimostrato energia nel modocon cui avrebbe trattato Angiolina, non nel fuggirla vi-gliaccamente.Lo scultore lo accolse con una bestemmia brutale: – Seivivo ancora? Bada che se, come sembrerebbe dalla tuafaccia contrita, ti avvicini per chiedermi un favore, spre-chi fatica e fiato. Bastardo!Gli gridava nelle orecchie comicamente minaccioso, maEmilio fu liberato da ogni dubbio. L'amico, parlandoglid'appoggio, gli aveva dato un buon consiglio; e chi me-glio del Balli avrebbe potuto soccorrerlo in quei fran-genti? – Te ne prego supplicò, – avrei un consiglio dachiederti.L'altro si mise a ridere. – Si tratta d'Angiolina, nevvero?Non voglio saperne di cose che la concernono. E capita-ta fra noi a dividerci e ci stia, ma non mi secchi altri-menti.

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e per se stesso.S'avvicinò a Stefano Balli col proposito di fargli unapromessa per cui la sua risoluzione fosse resa irrevoca-bile. Invece la vista dell'amico bastò a fargliela abban-donare. Perché non si sarebbe potuto divertire anche luicon le donne come faceva Stefano? Ricordò quale sa-rebbe stata la sua vita senz'amore. Da una parte la sog-gezione al Balli, dall'altra la tristezza d'Amalia, enull'altro. E non gli parve d'essere meno energico orache poco prima; anzi, ora voleva vivere, godere anche acosto di soffrire. Avrebbe dimostrato energia nel modocon cui avrebbe trattato Angiolina, non nel fuggirla vi-gliaccamente.Lo scultore lo accolse con una bestemmia brutale: – Seivivo ancora? Bada che se, come sembrerebbe dalla tuafaccia contrita, ti avvicini per chiedermi un favore, spre-chi fatica e fiato. Bastardo!Gli gridava nelle orecchie comicamente minaccioso, maEmilio fu liberato da ogni dubbio. L'amico, parlandoglid'appoggio, gli aveva dato un buon consiglio; e chi me-glio del Balli avrebbe potuto soccorrerlo in quei fran-genti? – Te ne prego supplicò, – avrei un consiglio dachiederti.L'altro si mise a ridere. – Si tratta d'Angiolina, nevvero?Non voglio saperne di cose che la concernono. E capita-ta fra noi a dividerci e ci stia, ma non mi secchi altri-menti.

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Avrebbe potuto essere più brusco ancora che Emilio cio-nondimeno non avrebbe rinunziato ad averne il consi-glio. Da quello doveva risultare la salvezza; Stefano,che tanto bene se ne intendeva, gli avrebbe indicata luila via da seguirsi per continuare a godere senza più sof-frire. In un solo istante giunse così dall'altezza di quelsuo primo virile proposito alla più bassa abiezione: lacoscienza della propria debolezza e la perfetta rassegna-zione alla stessa. Chiamava aiuto! Avrebbe voluto con-servare almeno l'aspetto della persona che domanda unsemplice consiglio tanto per udire un parere altrui. Perun effetto meccanico, invece, quei gridi nelle orecchielo resero supplichevole. Avrebbe avuto grande bisognodi venir accarezzato.Stefano ne ebbe compassione. Lo prese ruvidamente pelbraccio e lo trascinò seco verso la Piazza della Legnaove aveva lo studio. – Sentiamo. Se c'è aiuto possibile,sai bene ch'io te lo darò.Commosso, Emilio si confessò. Sì. Ora lo sentiva chia-ramente. La cosa era divenuta per lui molto seria, e de-scrisse il proprio amore, l'ansietà di vederla, di parlarle,la gelosia, il dubbio, il cruccio incessante e l'oblio per-fetto d'ogni cosa che non avesse avuto attinenza a lei oal proprio sentimento. Poi parlò d'Angiolina come ora lagiudicava in seguito al contegno ch'ella teneva sulla via,alle fotografie appese al muro della sua stanza e alla suadedizione al sarto e ai loro patti. Parlandone sorrise piùvolte. L'aveva evocata alla mente, la vedeva lieta, inge-

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Avrebbe potuto essere più brusco ancora che Emilio cio-nondimeno non avrebbe rinunziato ad averne il consi-glio. Da quello doveva risultare la salvezza; Stefano,che tanto bene se ne intendeva, gli avrebbe indicata luila via da seguirsi per continuare a godere senza più sof-frire. In un solo istante giunse così dall'altezza di quelsuo primo virile proposito alla più bassa abiezione: lacoscienza della propria debolezza e la perfetta rassegna-zione alla stessa. Chiamava aiuto! Avrebbe voluto con-servare almeno l'aspetto della persona che domanda unsemplice consiglio tanto per udire un parere altrui. Perun effetto meccanico, invece, quei gridi nelle orecchielo resero supplichevole. Avrebbe avuto grande bisognodi venir accarezzato.Stefano ne ebbe compassione. Lo prese ruvidamente pelbraccio e lo trascinò seco verso la Piazza della Legnaove aveva lo studio. – Sentiamo. Se c'è aiuto possibile,sai bene ch'io te lo darò.Commosso, Emilio si confessò. Sì. Ora lo sentiva chia-ramente. La cosa era divenuta per lui molto seria, e de-scrisse il proprio amore, l'ansietà di vederla, di parlarle,la gelosia, il dubbio, il cruccio incessante e l'oblio per-fetto d'ogni cosa che non avesse avuto attinenza a lei oal proprio sentimento. Poi parlò d'Angiolina come ora lagiudicava in seguito al contegno ch'ella teneva sulla via,alle fotografie appese al muro della sua stanza e alla suadedizione al sarto e ai loro patti. Parlandone sorrise piùvolte. L'aveva evocata alla mente, la vedeva lieta, inge-

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nuamente perversa e le sorrideva senz'ira. Povera fan-ciulla! Ella ci teneva tanto a quelle fotografie da tenerlein parata sul muro, amava tanto di venir ammirata per lavia da volere ch'egli stesso tenesse il registro delle oc-chiate lanciatele. Parlandone sentì che in tutto ciò nonv'era offesa per chi aveva dichiarato di non cercare in leiche un giocattolo. Vero è che nel racconto non erano en-trate tutte le sue osservazioni ed esperienze, ma quelleche ne erano rimaste fuori per il momento non esistette-ro più. Guardò il Balli con timidezza perché temeva divederlo scoppiare in una risata, e fu soltanto la logicache lo costrinse a proseguire. Aveva dichiarato di volereun consiglio e doveva chiederlo. Il suono delle proprieparole echeggiava ancora nel suo orecchio ed egli netrasse una conclusione come da parole altrui. Con gran-de calma, quasi avesse voluto far dimenticare il calorecon cui aveva parlato fino a quel punto, chiese: – Non tipare che visto che non so comportarmi come dovrei, fa-rei bene a cessare da questa relazione? – Dissimulò dinuovo un sorriso. Sarebbe stato comico che il Balli, inbuona fede, gli avesse dato il consiglio di lasciare An-giolina.Ma Stefano diede subito prova della sua intelligenza su-periore e non volle consigliare. – Capisci che io nonposso mica consigliarti d'essere fatto altrimenti, – disseaffettuosamente – Lo sapevo io che questa specie di av-venture non era fatta per te. – Emilio pensò che, poichéBalli ne parlava a quel modo, i sentimenti di cui egli

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nuamente perversa e le sorrideva senz'ira. Povera fan-ciulla! Ella ci teneva tanto a quelle fotografie da tenerlein parata sul muro, amava tanto di venir ammirata per lavia da volere ch'egli stesso tenesse il registro delle oc-chiate lanciatele. Parlandone sentì che in tutto ciò nonv'era offesa per chi aveva dichiarato di non cercare in leiche un giocattolo. Vero è che nel racconto non erano en-trate tutte le sue osservazioni ed esperienze, ma quelleche ne erano rimaste fuori per il momento non esistette-ro più. Guardò il Balli con timidezza perché temeva divederlo scoppiare in una risata, e fu soltanto la logicache lo costrinse a proseguire. Aveva dichiarato di volereun consiglio e doveva chiederlo. Il suono delle proprieparole echeggiava ancora nel suo orecchio ed egli netrasse una conclusione come da parole altrui. Con gran-de calma, quasi avesse voluto far dimenticare il calorecon cui aveva parlato fino a quel punto, chiese: – Non tipare che visto che non so comportarmi come dovrei, fa-rei bene a cessare da questa relazione? – Dissimulò dinuovo un sorriso. Sarebbe stato comico che il Balli, inbuona fede, gli avesse dato il consiglio di lasciare An-giolina.Ma Stefano diede subito prova della sua intelligenza su-periore e non volle consigliare. – Capisci che io nonposso mica consigliarti d'essere fatto altrimenti, – disseaffettuosamente – Lo sapevo io che questa specie di av-venture non era fatta per te. – Emilio pensò che, poichéBalli ne parlava a quel modo, i sentimenti di cui egli

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poco prima s'era tanto spaventato dovessero essere unacosa comune, e ne trasse un nuovo argomento di tran-quillità.S'avvicinò Michele, il servo del Balli, un uomo in età,antico soldato. In posizione di attenti disse al padronequalche parola a mezza voce e s'allontanò dopo d'essersilevato il cappello con un gesto largo ma il corpo sempreimmobile.– Sono atteso nello studio, – disse il Balli con un sorri-so. – È una donna ed è peccato che tu non possa assiste-re al nostro colloquio. Sarebbe molto istruttivo per te. –Poi ebbe una idea: – Vuoi che ci troviamo una sera inquattro? – Credette d'aver trovata la via per dare aiutoall'amico ed Emilio accettò con entusiasmo. Natural-mente! L'unico mezzo per poter imitare il Balli era divederlo all'opera.La sera Emilio aveva convegno con Angiolina al CampoMarzio. Nella giornata egli aveva meditati dei rimprove-ri. Ma ella venne per essere per qualche ora tutta sua; aSant'Andrea, a quell'ora, non v'erano dei passanti chegliene rubassero l'attenzione. Perché avrebbe dovuto di-minuire la felicità con dei litigi? Gli parve d'imitare me-glio il Balli amando dolcemente e godendo diquell'amore, cui, la mattina, in un istante di follia, perpoco non aveva rinunziato. Del suo risentimento nontrapelò che una eccitazione che andò a dar anima allesue parole, a tutta la serata che fu nel principio dolcissi-

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poco prima s'era tanto spaventato dovessero essere unacosa comune, e ne trasse un nuovo argomento di tran-quillità.S'avvicinò Michele, il servo del Balli, un uomo in età,antico soldato. In posizione di attenti disse al padronequalche parola a mezza voce e s'allontanò dopo d'essersilevato il cappello con un gesto largo ma il corpo sempreimmobile.– Sono atteso nello studio, – disse il Balli con un sorri-so. – È una donna ed è peccato che tu non possa assiste-re al nostro colloquio. Sarebbe molto istruttivo per te. –Poi ebbe una idea: – Vuoi che ci troviamo una sera inquattro? – Credette d'aver trovata la via per dare aiutoall'amico ed Emilio accettò con entusiasmo. Natural-mente! L'unico mezzo per poter imitare il Balli era divederlo all'opera.La sera Emilio aveva convegno con Angiolina al CampoMarzio. Nella giornata egli aveva meditati dei rimprove-ri. Ma ella venne per essere per qualche ora tutta sua; aSant'Andrea, a quell'ora, non v'erano dei passanti chegliene rubassero l'attenzione. Perché avrebbe dovuto di-minuire la felicità con dei litigi? Gli parve d'imitare me-glio il Balli amando dolcemente e godendo diquell'amore, cui, la mattina, in un istante di follia, perpoco non aveva rinunziato. Del suo risentimento nontrapelò che una eccitazione che andò a dar anima allesue parole, a tutta la serata che fu nel principio dolcissi-

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ma. Stabilirono di dedicare una delle due ore che pote-vano passare insieme ad allontanarsi dalla città, l'altra arientrare. Fu lui che fece la proposta volendo tranquil-larsi camminando accanto a lei. Ci misero circa un'oraad arrivare all'Arsenale, un'ora di felicità perfetta, nellanotte chiara, in quell'aria limpida, rinfrescata da un au-tunno anticipato.Ella sedette sul muricciuolo che fiancheggiava la via edegli rimase in piedi dominandola tutta. Vedeva proiettar-si quella testa, illuminata da una parte dalla luce di unfanale, sul fondo oscuro: l'Arsenale che giaceva sullariva, tutta una città, in quell'ora morta. – La città del la-voro! – disse egli sorpreso d'esser venuto là ad amare.Il mare, chiuso dalla penisola di faccia, nascosto dallecase, nella notte era sparito dal panorama. Restavano lecase sparse alla riva come su una scacchiera, poi, più inlà, un vascello in costruzione. La città del lavoro parevaanche maggiore che non fosse. Alla sinistra, dei fanalilontani parevano segnarne la continuazione. Egli ram-mentò che quei fanali appartenevano ad un altro grandestabilimento situato sulla sponda opposta del vallone diMuggia. Il lavoro continuava anche là; era giusto chealla vista apparisse come la continuazione di questo.Anch'ella guardava e, per un istante, Emilio si trovò colpensiero ben lungi dal suo amore. In passato egli avevavagheggiato delle idee socialiste, naturalmente senzamai muover dito per attuarle. Come erano lontane da lui

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ma. Stabilirono di dedicare una delle due ore che pote-vano passare insieme ad allontanarsi dalla città, l'altra arientrare. Fu lui che fece la proposta volendo tranquil-larsi camminando accanto a lei. Ci misero circa un'oraad arrivare all'Arsenale, un'ora di felicità perfetta, nellanotte chiara, in quell'aria limpida, rinfrescata da un au-tunno anticipato.Ella sedette sul muricciuolo che fiancheggiava la via edegli rimase in piedi dominandola tutta. Vedeva proiettar-si quella testa, illuminata da una parte dalla luce di unfanale, sul fondo oscuro: l'Arsenale che giaceva sullariva, tutta una città, in quell'ora morta. – La città del la-voro! – disse egli sorpreso d'esser venuto là ad amare.Il mare, chiuso dalla penisola di faccia, nascosto dallecase, nella notte era sparito dal panorama. Restavano lecase sparse alla riva come su una scacchiera, poi, più inlà, un vascello in costruzione. La città del lavoro parevaanche maggiore che non fosse. Alla sinistra, dei fanalilontani parevano segnarne la continuazione. Egli ram-mentò che quei fanali appartenevano ad un altro grandestabilimento situato sulla sponda opposta del vallone diMuggia. Il lavoro continuava anche là; era giusto chealla vista apparisse come la continuazione di questo.Anch'ella guardava e, per un istante, Emilio si trovò colpensiero ben lungi dal suo amore. In passato egli avevavagheggiato delle idee socialiste, naturalmente senzamai muover dito per attuarle. Come erano lontane da lui

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quelle idee! Ne ebbe rimorso come di un tradimento,perché egli sentiva le cessazioni da desideri e da idee, lesole sue azioni, come apostasìe.Il piccolo malessere presto sparì. Ella chiedeva parec-chie cose, specialmente intorno a quel colosso sospesonell'aria ed egli le descrisse un varo. Nella sua vita dipedante solitario egli non aveva saputo conformaregiammai il pensiero e le parole alle orecchie cui eranodirette e, invano, parecchi anni prima, aveva tentatod'uscire dal suo guscio e comunicare con la folla; s'eradovuto ritirare indispettito e sprezzante. Ora, invece,come era dolce evitare la parola o magari il concetto dif-ficile, e farsi intendere. Come parlava era capace dispezzettare il proprio concetto liberandolo dalla parolacon cui era nato, pur di veder passare un lampo d'intelli-genza in quegli occhi azzurri.Ma una grave stonatura anche allora venne ad interrom-pere tutta quella musica. Giorni prima egli aveva sentitoraccontare un fatto che l'aveva assai commosso. Unastronomo tedesco, da una diecina di anni, viveva nelsuo osservatorio, su una delle punte più alte delle Alpi,fra le nevi eterne. Il più vicino villaggio era situato unmigliaio di metri sotto ai suoi piedi, e di là gli venivaportato giornalmente il cibo da una fanciulla dodicenne.Nei dieci anni, a mille metri il giorno di salita e di disce-sa, la fanciulla era divenuta grande e forte e bella, e loscienziato ne fece sua moglie. Il matrimonio s'era cele-brato poco prima nel villaggio, e, per viaggio di nozze,

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quelle idee! Ne ebbe rimorso come di un tradimento,perché egli sentiva le cessazioni da desideri e da idee, lesole sue azioni, come apostasìe.Il piccolo malessere presto sparì. Ella chiedeva parec-chie cose, specialmente intorno a quel colosso sospesonell'aria ed egli le descrisse un varo. Nella sua vita dipedante solitario egli non aveva saputo conformaregiammai il pensiero e le parole alle orecchie cui eranodirette e, invano, parecchi anni prima, aveva tentatod'uscire dal suo guscio e comunicare con la folla; s'eradovuto ritirare indispettito e sprezzante. Ora, invece,come era dolce evitare la parola o magari il concetto dif-ficile, e farsi intendere. Come parlava era capace dispezzettare il proprio concetto liberandolo dalla parolacon cui era nato, pur di veder passare un lampo d'intelli-genza in quegli occhi azzurri.Ma una grave stonatura anche allora venne ad interrom-pere tutta quella musica. Giorni prima egli aveva sentitoraccontare un fatto che l'aveva assai commosso. Unastronomo tedesco, da una diecina di anni, viveva nelsuo osservatorio, su una delle punte più alte delle Alpi,fra le nevi eterne. Il più vicino villaggio era situato unmigliaio di metri sotto ai suoi piedi, e di là gli venivaportato giornalmente il cibo da una fanciulla dodicenne.Nei dieci anni, a mille metri il giorno di salita e di disce-sa, la fanciulla era divenuta grande e forte e bella, e loscienziato ne fece sua moglie. Il matrimonio s'era cele-brato poco prima nel villaggio, e, per viaggio di nozze,

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gli sposi erano saliti insieme alla loro abitazione. Fra lebraccia di Angiolina egli vi ripensò; così avrebbe volutopossederla, a mille metri di distanza da qualunque altrouomo; così – dato che gli fosse stato possibile comeall'astronomo, di continuare a dedicare la vita ai medesi-mi scopi – sarebbe stato capace di legarsi definitivamen-te a lei, senza riserve. – E a te – domandò con impazien-za visto ch'ella non capiva ancora perché le venisse rac-contata quella storiella, – e a te piacerebbe di venir astare lassù, con me?Ella esitò. Evidentemente ella esitò. Una parte della sto-riella, la montagna cioè, era stata capita subito da lei.Egli non vi scorgeva che amore, mentre ella, subito, visentì la noia e il freddo. Lo guardò, comprese quale ri-sposta egli esigesse, e, proprio per compiacergli, dissesenz'alcun entusiasmo: – Oh, sarebbe magnifico.Ma egli era già profondamente offeso. Aveva semprecreduto che quando si fosse deciso a farla sua, ellaavrebbe accettato con entusiasmo qualunque condizionech'egli le avesse imposta. Invece, no! Tanto in alto ellanon si sarebbe trovata bene neppure con lui e, nell'oscu-rità, egli vide dipinta su quel volto la meraviglia che sipotesse proporle di andar a passare la gioventù fra laneve, nella solitudine; la sua bella gioventù, dunque icapelli, i colori della faccia, i denti, tutte le cose ch'ellaamava tanto di veder ammirate dalla gente.Le parti erano invertite. Egli aveva proposto, sebbene

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gli sposi erano saliti insieme alla loro abitazione. Fra lebraccia di Angiolina egli vi ripensò; così avrebbe volutopossederla, a mille metri di distanza da qualunque altrouomo; così – dato che gli fosse stato possibile comeall'astronomo, di continuare a dedicare la vita ai medesi-mi scopi – sarebbe stato capace di legarsi definitivamen-te a lei, senza riserve. – E a te – domandò con impazien-za visto ch'ella non capiva ancora perché le venisse rac-contata quella storiella, – e a te piacerebbe di venir astare lassù, con me?Ella esitò. Evidentemente ella esitò. Una parte della sto-riella, la montagna cioè, era stata capita subito da lei.Egli non vi scorgeva che amore, mentre ella, subito, visentì la noia e il freddo. Lo guardò, comprese quale ri-sposta egli esigesse, e, proprio per compiacergli, dissesenz'alcun entusiasmo: – Oh, sarebbe magnifico.Ma egli era già profondamente offeso. Aveva semprecreduto che quando si fosse deciso a farla sua, ellaavrebbe accettato con entusiasmo qualunque condizionech'egli le avesse imposta. Invece, no! Tanto in alto ellanon si sarebbe trovata bene neppure con lui e, nell'oscu-rità, egli vide dipinta su quel volto la meraviglia che sipotesse proporle di andar a passare la gioventù fra laneve, nella solitudine; la sua bella gioventù, dunque icapelli, i colori della faccia, i denti, tutte le cose ch'ellaamava tanto di veder ammirate dalla gente.Le parti erano invertite. Egli aveva proposto, sebbene

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per figura retorica, di farla sua ed ella non aveva accet-tato; ne rimase veramente costernato! – Naturalmente –disse con ironia amara – lassù non ci sarebbe nessunoche potrebbe regalarti delle fotografie, né troveresti sul-la via della gente fermata a guardarti.Ella sentì l'amarezza, ma non si offese dell'ironia perchéle sembrava di aver ragione e si mise a discutere. Lassùfaceva freddo ed ella non amava il freddo; d'inverno sisentiva infelice persino in città. Poi, a questo mondo,non si vive che una volta sola, e lassù si correva il peri-colo di vivere più brevemente dopo d'esser vissuto peg-gio, perché non le si darebbe ad intendere che possa es-sere molto divertente di vedersi passare le nubi anchesotto ai piedi.Ella aveva ragione infatti, ma come era fredda e pocointelligente! Non discusse più perché come avrebbe po-tuto convincerla? Guardò altrove cercando. Le avrebbepotuto dire un'insolenza che lo vendicasse e quietasse.Ma restò zitto, indeciso a guardare intorno a sé la notte,le luci sparse sulla fosca penisola di faccia, poi la torreche s'ergeva all'ingresso dell'Arsenale, al di sopra deglialberi, di una lividezza turchina, un'ombra immota chepareva una combinazione casuale di colore campata inaria.– Io non dico di no, – disse Angiolina per rabbonirlo, –sarebbe magnifico, ma... – S'interruppe; pensò che poi-ché egli tanto desiderava di vederla entusiasmata di

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per figura retorica, di farla sua ed ella non aveva accet-tato; ne rimase veramente costernato! – Naturalmente –disse con ironia amara – lassù non ci sarebbe nessunoche potrebbe regalarti delle fotografie, né troveresti sul-la via della gente fermata a guardarti.Ella sentì l'amarezza, ma non si offese dell'ironia perchéle sembrava di aver ragione e si mise a discutere. Lassùfaceva freddo ed ella non amava il freddo; d'inverno sisentiva infelice persino in città. Poi, a questo mondo,non si vive che una volta sola, e lassù si correva il peri-colo di vivere più brevemente dopo d'esser vissuto peg-gio, perché non le si darebbe ad intendere che possa es-sere molto divertente di vedersi passare le nubi anchesotto ai piedi.Ella aveva ragione infatti, ma come era fredda e pocointelligente! Non discusse più perché come avrebbe po-tuto convincerla? Guardò altrove cercando. Le avrebbepotuto dire un'insolenza che lo vendicasse e quietasse.Ma restò zitto, indeciso a guardare intorno a sé la notte,le luci sparse sulla fosca penisola di faccia, poi la torreche s'ergeva all'ingresso dell'Arsenale, al di sopra deglialberi, di una lividezza turchina, un'ombra immota chepareva una combinazione casuale di colore campata inaria.– Io non dico di no, – disse Angiolina per rabbonirlo, –sarebbe magnifico, ma... – S'interruppe; pensò che poi-ché egli tanto desiderava di vederla entusiasmata di

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quella montagna che essi, certo, non avrebbero mai vi-sta, sarebbe stata una sciocchezza di non compiacerlo: –Sarebbe molto bello – e ripeté la frase con un crescendod'entusiasmo. Ma egli non distolse gli occhi dalla lividu-ra dell'aria, offeso anche più da quella finzione tanto tra-sparente da sembrare uno scherzo, finché ella non lo at-tirò a sé. – Se vuoi una prova, domani, subito, partiamoe vivo sola con te per sempre.In uno stato d'animo identico a quello della mattina, egliripensò al Balli: – Lo scultore Balli vuole fare la tua co-noscenza.– Davvero? – chiese essa giocondamente. – Anch'io! – epareva volesse correre subito in cerca del Balli. – Me neè stato parlato tanto da una signorina che gli volevabene, che da lungo tempo ho il desiderio di conoscerlo.Dove mi ha vista da desiderare di conoscermi?Non era cosa nuova ch'ella, in faccia a lui, dimostrassedell'interessamento per altri uomini, ma come era dolo-roso! – Non sapeva nemmeno che tu esistessi! – disseegli bruscamente. – Ne sa quanto io gliene dissi. – Spe-rava di averle fatto dispiacere mentre invece ella gli fumolto grata d'aver parlato di lei. – Chissà, però – dissecon accento comicissimo di diffidenza – che cosa tu gliavrai detto di me.– Gli dissi che sei una traditrice, – disse egli ridendo. Laparola li fece ridere di cuore e furono immediatamentedi buon umore e in buona armonia. Si lasciò abbracciare

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quella montagna che essi, certo, non avrebbero mai vi-sta, sarebbe stata una sciocchezza di non compiacerlo: –Sarebbe molto bello – e ripeté la frase con un crescendod'entusiasmo. Ma egli non distolse gli occhi dalla lividu-ra dell'aria, offeso anche più da quella finzione tanto tra-sparente da sembrare uno scherzo, finché ella non lo at-tirò a sé. – Se vuoi una prova, domani, subito, partiamoe vivo sola con te per sempre.In uno stato d'animo identico a quello della mattina, egliripensò al Balli: – Lo scultore Balli vuole fare la tua co-noscenza.– Davvero? – chiese essa giocondamente. – Anch'io! – epareva volesse correre subito in cerca del Balli. – Me neè stato parlato tanto da una signorina che gli volevabene, che da lungo tempo ho il desiderio di conoscerlo.Dove mi ha vista da desiderare di conoscermi?Non era cosa nuova ch'ella, in faccia a lui, dimostrassedell'interessamento per altri uomini, ma come era dolo-roso! – Non sapeva nemmeno che tu esistessi! – disseegli bruscamente. – Ne sa quanto io gliene dissi. – Spe-rava di averle fatto dispiacere mentre invece ella gli fumolto grata d'aver parlato di lei. – Chissà, però – dissecon accento comicissimo di diffidenza – che cosa tu gliavrai detto di me.– Gli dissi che sei una traditrice, – disse egli ridendo. Laparola li fece ridere di cuore e furono immediatamentedi buon umore e in buona armonia. Si lasciò abbracciare

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lungamente e, tutt'ad un tratto molto commossa, glimormorò nell'orecchio: – Sce tèm bocù. – Egli ripetéquesta volta con tristezza: – Traditrice. – Ella rise dinuovo fragorosamente, ma poi trovò qualche cosa dimeglio. Baciandolo, gli parlò sulla bocca, e, con unagrazia ch'egli non dimenticò più, una voce dolce suppli-chevole, che mutava timbro, gli chiese più volte: – Nonè vero che non è vero ch'io sia quella tal cosa? – Perciòanche la chiusa della serata fu deliziosa. Bastava un ge-sto indovinato d'Angiolina per annullare ogni dubbio,ogni dolore.Al ritorno egli si rammentò che il Balli aveva da portarcon sé una donna e s'affrettò di parlarne. Non parvech'ella ne provasse dispiacere; poi però si informò conun aspetto d'indifferenza che non poteva essere simula-to, se quella donna fosse molto amata dal Balli. – Noncredo, – disse egli sinceramente, lieto di quell'indiffe-renza. – Il Balli ha un modo strano d'amare le donne; leama molto ma tutte egualmente quando gli piacciono.– Deve averne avute molte? – chiese essa pensierosa. Equi egli credette di dover mentire. – Non lo credo.La sera appresso dovevano trovarsi al Giardino Pubbli-co in quattro. I primi sul posto furono Angiolina edEmilio. Non era troppo gradevole d'attendere all'aperto,perché, senza che fosse piovuto, il terreno era umido perlo scirocco. Angiolina volle celare la sua impazienzasotto un aspetto di malumore, ma non le riuscì d'ingan-

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lungamente e, tutt'ad un tratto molto commossa, glimormorò nell'orecchio: – Sce tèm bocù. – Egli ripetéquesta volta con tristezza: – Traditrice. – Ella rise dinuovo fragorosamente, ma poi trovò qualche cosa dimeglio. Baciandolo, gli parlò sulla bocca, e, con unagrazia ch'egli non dimenticò più, una voce dolce suppli-chevole, che mutava timbro, gli chiese più volte: – Nonè vero che non è vero ch'io sia quella tal cosa? – Perciòanche la chiusa della serata fu deliziosa. Bastava un ge-sto indovinato d'Angiolina per annullare ogni dubbio,ogni dolore.Al ritorno egli si rammentò che il Balli aveva da portarcon sé una donna e s'affrettò di parlarne. Non parvech'ella ne provasse dispiacere; poi però si informò conun aspetto d'indifferenza che non poteva essere simula-to, se quella donna fosse molto amata dal Balli. – Noncredo, – disse egli sinceramente, lieto di quell'indiffe-renza. – Il Balli ha un modo strano d'amare le donne; leama molto ma tutte egualmente quando gli piacciono.– Deve averne avute molte? – chiese essa pensierosa. Equi egli credette di dover mentire. – Non lo credo.La sera appresso dovevano trovarsi al Giardino Pubbli-co in quattro. I primi sul posto furono Angiolina edEmilio. Non era troppo gradevole d'attendere all'aperto,perché, senza che fosse piovuto, il terreno era umido perlo scirocco. Angiolina volle celare la sua impazienzasotto un aspetto di malumore, ma non le riuscì d'ingan-

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nare Emilio il quale fu preso da un intenso desiderio diconquistare quella donna ch'egli non sentiva più sua. Funoioso invece, lo sentì ed ella non mancò di farglielosentire anche meglio. Stringendole il braccio, egli leaveva chiesto: – Mi vuoi bene almeno quanto iersera? –Sì! – disse lei bruscamente – ma non sono mica coseche si dicano ad ogni istante.Il Balli capitò dall'Acquedotto al braccio di una donnagrande come lui. – Com'è lunga! – disse Angiolinaemettendo subito su quella donna l'unico giudizio che aquella distanza se ne poteva fare.Avvicinatosi, il Balli presentò: – Margherita! Ange! –Tentò nell'oscurità di vedere Angiolina e s'avvicinò conla faccia tanto che allungando le labbra avrebbe potutobaciarla. – Veramente Ange? – Non ancora soddisfatto,accese un cerino e illuminò con esso la rosea faccia che,seria, seria, si prestò all'operazione. Illuminata, essaaveva nell'oscurità delle trasparenze adorabili; gli occhichiari, in cui il giallo della fiamma penetrava comenell'acqua più limpida, brillavano dolci, lieti, grandi.Senza scomporsi, il Balli illuminò col cerino la faccia diMargherita, una faccia pallida, pura, due occhioni tur-chini, grandi e vivaci, che toglievano la possibilità diguardare altrove, un naso aquilino e, sulla piccola testa,una grande quantità di capelli castagni. Strideva su quel-la faccia la contraddizione fra quegli occhi arditi di mo-nella e la serietà dei tratti di madonna sofferente. Oltreche per farsi vedere, ella approfittò della luce del cerino

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nare Emilio il quale fu preso da un intenso desiderio diconquistare quella donna ch'egli non sentiva più sua. Funoioso invece, lo sentì ed ella non mancò di farglielosentire anche meglio. Stringendole il braccio, egli leaveva chiesto: – Mi vuoi bene almeno quanto iersera? –Sì! – disse lei bruscamente – ma non sono mica coseche si dicano ad ogni istante.Il Balli capitò dall'Acquedotto al braccio di una donnagrande come lui. – Com'è lunga! – disse Angiolinaemettendo subito su quella donna l'unico giudizio che aquella distanza se ne poteva fare.Avvicinatosi, il Balli presentò: – Margherita! Ange! –Tentò nell'oscurità di vedere Angiolina e s'avvicinò conla faccia tanto che allungando le labbra avrebbe potutobaciarla. – Veramente Ange? – Non ancora soddisfatto,accese un cerino e illuminò con esso la rosea faccia che,seria, seria, si prestò all'operazione. Illuminata, essaaveva nell'oscurità delle trasparenze adorabili; gli occhichiari, in cui il giallo della fiamma penetrava comenell'acqua più limpida, brillavano dolci, lieti, grandi.Senza scomporsi, il Balli illuminò col cerino la faccia diMargherita, una faccia pallida, pura, due occhioni tur-chini, grandi e vivaci, che toglievano la possibilità diguardare altrove, un naso aquilino e, sulla piccola testa,una grande quantità di capelli castagni. Strideva su quel-la faccia la contraddizione fra quegli occhi arditi di mo-nella e la serietà dei tratti di madonna sofferente. Oltreche per farsi vedere, ella approfittò della luce del cerino

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per guardare con curiosità Emilio; poi, visto che la fiam-mella non voleva ancora spegnersi, vi soffiò sopra.– Adesso vi conoscete tutti. Quel coso lì – disse il Balliaccennando ad Emilio – lo vedrai al chiaro. – Precedettela compagnia con Margherita che già s'era attaccata alsuo braccio. La figura di Margherita così alta e magra,non doveva esser bella; s'accompagnava ad entrambe leespressioni della faccia di vivacità e di sofferenza. Il suopasso era malsicuro, piccolo in proporzione alla figura.Portava una giacchetta di un color rosso fiammante, masul suo dosso modesto, povero, un po' curvo, perdevaogni arditezza; pareva una uniforme vestita da un fan-ciullo; mentre addosso ad Angiolina il colore più smortos'avvivava. – Peccato, – mormorò Angiolina con pro-fondo rammarico, – quella bella testa infilzata su quellastanga.Emilio volle dire qualche cosa. S'avvicinò al Balli e glidisse: – Soddisfattissimo degli occhi della tua signorina,vorrei sapere come ti sieno piaciuti quelli della mia.– Gli occhi non son brutti – dichiarò il Balli – il nasoperò non è modellato perfettamente; la linea inferiore èpoco fatta. Bisognerebbe darci ancora qualche colpo dipollice.– Davvero! – esclamò Angiolina interdetta.– Forse potrei ingannarmi – disse il Balli serio, serio. –È cosa che si vedrà subito, al chiaro.

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per guardare con curiosità Emilio; poi, visto che la fiam-mella non voleva ancora spegnersi, vi soffiò sopra.– Adesso vi conoscete tutti. Quel coso lì – disse il Balliaccennando ad Emilio – lo vedrai al chiaro. – Precedettela compagnia con Margherita che già s'era attaccata alsuo braccio. La figura di Margherita così alta e magra,non doveva esser bella; s'accompagnava ad entrambe leespressioni della faccia di vivacità e di sofferenza. Il suopasso era malsicuro, piccolo in proporzione alla figura.Portava una giacchetta di un color rosso fiammante, masul suo dosso modesto, povero, un po' curvo, perdevaogni arditezza; pareva una uniforme vestita da un fan-ciullo; mentre addosso ad Angiolina il colore più smortos'avvivava. – Peccato, – mormorò Angiolina con pro-fondo rammarico, – quella bella testa infilzata su quellastanga.Emilio volle dire qualche cosa. S'avvicinò al Balli e glidisse: – Soddisfattissimo degli occhi della tua signorina,vorrei sapere come ti sieno piaciuti quelli della mia.– Gli occhi non son brutti – dichiarò il Balli – il nasoperò non è modellato perfettamente; la linea inferiore èpoco fatta. Bisognerebbe darci ancora qualche colpo dipollice.– Davvero! – esclamò Angiolina interdetta.– Forse potrei ingannarmi – disse il Balli serio, serio. –È cosa che si vedrà subito, al chiaro.

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Quando Angiolina si sentì abbastanza lontana dal suoterribile critico, disse con voce cattiva: – Come se la suazoppa fosse perfetta.Al «Mondo Nuovo» entrarono in una stanza oblungachiusa da una parte da un tramezzo, dall'altra, verso ilvasto giardino della birreria, da una vetrata. Al loro arri-vo accorse il cameriere, un giovanotto dal vestito e dalfare contadineschi. Montò in piedi su una seggiola e ac-cese due fiammelle del gas, che rischiararono scarsa-mente la vasta stanza; restò poi lassù a stropicciarsi gliocchi assonnati, finché Stefano non accorse a trarlo giùgridando che non gli permetteva d'addormentarsi tantoin alto. Il contadinotto, appoggiatosi allo scultore, disce-se dalla sedia e s'allontanò desto del tutto e di buonissi-mo umore.A Margherita doleva un piede e s'era subito seduta. IlBalli le si fece d'intorno abbastanza premuroso, e volevanon facesse complimenti, si levasse lo stivale. Ma ellanon volle dichiarando: – Già qualche male ci dev'esseresempre. Questa sera lo sento appena, appena.Come era differente da Angiolina quella donna. Facevadelle dichiarazioni d'amore senza dirle, senza tradirne ilproposito, affettuosa e casta, mentre l'altra, quando vole-va significare la sua sensibilità, si inarcava tutta, si cari-cava come una macchina che per mettersi in movimentoha bisogno di una preparazione.Ma al Balli non bastava. Aveva detto ch'ella doveva le-

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Quando Angiolina si sentì abbastanza lontana dal suoterribile critico, disse con voce cattiva: – Come se la suazoppa fosse perfetta.Al «Mondo Nuovo» entrarono in una stanza oblungachiusa da una parte da un tramezzo, dall'altra, verso ilvasto giardino della birreria, da una vetrata. Al loro arri-vo accorse il cameriere, un giovanotto dal vestito e dalfare contadineschi. Montò in piedi su una seggiola e ac-cese due fiammelle del gas, che rischiararono scarsa-mente la vasta stanza; restò poi lassù a stropicciarsi gliocchi assonnati, finché Stefano non accorse a trarlo giùgridando che non gli permetteva d'addormentarsi tantoin alto. Il contadinotto, appoggiatosi allo scultore, disce-se dalla sedia e s'allontanò desto del tutto e di buonissi-mo umore.A Margherita doleva un piede e s'era subito seduta. IlBalli le si fece d'intorno abbastanza premuroso, e volevanon facesse complimenti, si levasse lo stivale. Ma ellanon volle dichiarando: – Già qualche male ci dev'esseresempre. Questa sera lo sento appena, appena.Come era differente da Angiolina quella donna. Facevadelle dichiarazioni d'amore senza dirle, senza tradirne ilproposito, affettuosa e casta, mentre l'altra, quando vole-va significare la sua sensibilità, si inarcava tutta, si cari-cava come una macchina che per mettersi in movimentoha bisogno di una preparazione.Ma al Balli non bastava. Aveva detto ch'ella doveva le-

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varsi lo stivale e insistette per essere ubbidito finché ellanon dichiarò che sarebbe stata pronta a levarsi anchetutt'e due gli stivali se egli avesse ordinato, ma che nonle sarebbe servito a nulla non essendo quella la causadel male. Durante la serata ella fu obbligata parecchievolte a dare dei segni di sommissione perché il Balli vo-leva esporre il sistema che seguiva con le donne. Mar-gherita si prestava magnificamente a quella parte; ridevamolto, ma ubbidiva. Si sentiva nella sua parola una certaattitudine a pensare; ciò rendeva la sua soggezione ap-propriatissima quale esempio.In principio ella cercò d'annodare il discorso con Angio-lina che si provava di stare sulle punte dei piedi per ve-dersi in uno specchio lontano e correggersi i ricci. Leaveva raccontato dei mali che l'affliggevano al petto edalle gambe; non si rammentava di un'epoca in cui nonavesse sentito dei dolori. Sempre con gli occhi rivoltiallo specchio, Angiolina disse: – Davvero? Poveretta! –Poi subito, con grande semplicità: – Io sto sempre bene.– Emilio che la conosceva, trattenne un sorriso avendosentito in quelle parole l'indifferenza più piena per lemalattie di Margherita e, immediata, intera, la soddisfa-zione della propria salute. La sventura altrui le facevasentir meglio la propria fortuna.Margherita si pose fra Stefano e Emilio; Angiolina se-dette l'ultima in faccia a lei e, ancora in piedi, rivolseun'occhiata strana al Balli. Ad Emilio parve di sfida, malo scultore l'interpretò meglio: – Cara Angiolina, – le

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varsi lo stivale e insistette per essere ubbidito finché ellanon dichiarò che sarebbe stata pronta a levarsi anchetutt'e due gli stivali se egli avesse ordinato, ma che nonle sarebbe servito a nulla non essendo quella la causadel male. Durante la serata ella fu obbligata parecchievolte a dare dei segni di sommissione perché il Balli vo-leva esporre il sistema che seguiva con le donne. Mar-gherita si prestava magnificamente a quella parte; ridevamolto, ma ubbidiva. Si sentiva nella sua parola una certaattitudine a pensare; ciò rendeva la sua soggezione ap-propriatissima quale esempio.In principio ella cercò d'annodare il discorso con Angio-lina che si provava di stare sulle punte dei piedi per ve-dersi in uno specchio lontano e correggersi i ricci. Leaveva raccontato dei mali che l'affliggevano al petto edalle gambe; non si rammentava di un'epoca in cui nonavesse sentito dei dolori. Sempre con gli occhi rivoltiallo specchio, Angiolina disse: – Davvero? Poveretta! –Poi subito, con grande semplicità: – Io sto sempre bene.– Emilio che la conosceva, trattenne un sorriso avendosentito in quelle parole l'indifferenza più piena per lemalattie di Margherita e, immediata, intera, la soddisfa-zione della propria salute. La sventura altrui le facevasentir meglio la propria fortuna.Margherita si pose fra Stefano e Emilio; Angiolina se-dette l'ultima in faccia a lei e, ancora in piedi, rivolseun'occhiata strana al Balli. Ad Emilio parve di sfida, malo scultore l'interpretò meglio: – Cara Angiolina, – le

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disse senza complimenti, – ella mi guarda così sperandoch'io trovi bello anche il suo naso, ma non serve. Il suonaso dovrebbe essere fatto così. – Segnò sul tavolo, coldito bagnato nella birra, la curva che egli voleva, una li-nea grossa che sarebbe stato difficile figurarsi su unnaso.Angiolina guardò quella linea come se avesse voluto ap-prenderla, e si toccò il naso: – Sta meglio così – disse amezza voce come se non le fosse più importato di con-vincere nessuno.– Che cattivo gusto! – esclamò il Balli non potendo peròtenersi dal ridere. Si capì che da quel momento Angioli-na lo divertì molto. Continuò a dirle delle cose sgrade-voli ma pareva lo facesse per provocarla a difendersi.Ella stessa ci si divertiva. Nel suo occhio c'era per loscultore la medesima benevolenza che brillava in quellodi Margherita; una donna copiava l'altra, ed Emilio,dopo aver cercato invano di cacciare qualche parola nel-la conversazione generale, era ora intento a domandarsiperché avesse organizzata quella adunanza.Ma il Balli non lo aveva dimenticato. Seguì il suo siste-ma, che pareva dovesse essere la brutalità, persino colcameriere. Lo sgridò perché non gli offriva di cena altroche vitello in tutte le salse; rassegnatosi a prenderne, glidiede i suoi ordini e quando il cameriere stava già peruscire dalla stanza, gli gridò dietro in un nuovo comicoaccesso d'ira ingiustificata: – Bastardo, cane! – Il came-

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disse senza complimenti, – ella mi guarda così sperandoch'io trovi bello anche il suo naso, ma non serve. Il suonaso dovrebbe essere fatto così. – Segnò sul tavolo, coldito bagnato nella birra, la curva che egli voleva, una li-nea grossa che sarebbe stato difficile figurarsi su unnaso.Angiolina guardò quella linea come se avesse voluto ap-prenderla, e si toccò il naso: – Sta meglio così – disse amezza voce come se non le fosse più importato di con-vincere nessuno.– Che cattivo gusto! – esclamò il Balli non potendo peròtenersi dal ridere. Si capì che da quel momento Angioli-na lo divertì molto. Continuò a dirle delle cose sgrade-voli ma pareva lo facesse per provocarla a difendersi.Ella stessa ci si divertiva. Nel suo occhio c'era per loscultore la medesima benevolenza che brillava in quellodi Margherita; una donna copiava l'altra, ed Emilio,dopo aver cercato invano di cacciare qualche parola nel-la conversazione generale, era ora intento a domandarsiperché avesse organizzata quella adunanza.Ma il Balli non lo aveva dimenticato. Seguì il suo siste-ma, che pareva dovesse essere la brutalità, persino colcameriere. Lo sgridò perché non gli offriva di cena altroche vitello in tutte le salse; rassegnatosi a prenderne, glidiede i suoi ordini e quando il cameriere stava già peruscire dalla stanza, gli gridò dietro in un nuovo comicoaccesso d'ira ingiustificata: – Bastardo, cane! – Il came-

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riere si divertì a esser sgridato da lui ed eseguì tutti isuoi ordini con una premura straordinaria. Così, avendodomato tutti intorno a sé, al Balli parve d'aver dato adEmilio una lezione in piena regola.Ma a costui non riuscì d'applicare quei sistemi neppurenelle cose più piccole. Margherita non voleva mangiare:– Bada, disse il Balli, – è l'ultima sera che passiamo in-sieme; non posso soffrire le smorfie io! – Ella acconsen-tì che si facesse da cena anche per lei; tanto presto levenne l'appetito che ad Emilio sembrò di non avere avu-to giammai da Angiolina un tale segno di affetto. Intan-to anche questa, dopo lunga esitazione, aveva dichiaratodi non volerne sapere di vitello.– Hai inteso, – le disse Emilio, – Stefano non può soffri-re le smorfie. – Ella si strinse nelle spalle; non le impor-tava di piacere a nessuno, e ad Emilio parve che il di-sprezzo fosse diretto piuttosto a lui che al Balli.– Questa cena di vitelli – disse il Balli con la bocca pie-na guardando in faccia gli altri tre – non è precisamenteuna cosa molto armonica. Voi due stonate insieme; tunero come il carbone, ella bionda come una spiga allafine di Giugno, sembrate messi insieme da un pittore ac-cademico. Noi due poi si potrebbe metterci sulla tela coltitolo: Granatiere con moglie ferita.Con sentimento molto giusto, Margherita disse: – Non siva mica insieme per farsi vedere dagli altri. – Il Balli,serio e brusco anche in quell'atto affettuoso, le diede in

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riere si divertì a esser sgridato da lui ed eseguì tutti isuoi ordini con una premura straordinaria. Così, avendodomato tutti intorno a sé, al Balli parve d'aver dato adEmilio una lezione in piena regola.Ma a costui non riuscì d'applicare quei sistemi neppurenelle cose più piccole. Margherita non voleva mangiare:– Bada, disse il Balli, – è l'ultima sera che passiamo in-sieme; non posso soffrire le smorfie io! – Ella acconsen-tì che si facesse da cena anche per lei; tanto presto levenne l'appetito che ad Emilio sembrò di non avere avu-to giammai da Angiolina un tale segno di affetto. Intan-to anche questa, dopo lunga esitazione, aveva dichiaratodi non volerne sapere di vitello.– Hai inteso, – le disse Emilio, – Stefano non può soffri-re le smorfie. – Ella si strinse nelle spalle; non le impor-tava di piacere a nessuno, e ad Emilio parve che il di-sprezzo fosse diretto piuttosto a lui che al Balli.– Questa cena di vitelli – disse il Balli con la bocca pie-na guardando in faccia gli altri tre – non è precisamenteuna cosa molto armonica. Voi due stonate insieme; tunero come il carbone, ella bionda come una spiga allafine di Giugno, sembrate messi insieme da un pittore ac-cademico. Noi due poi si potrebbe metterci sulla tela coltitolo: Granatiere con moglie ferita.Con sentimento molto giusto, Margherita disse: – Non siva mica insieme per farsi vedere dagli altri. – Il Balli,serio e brusco anche in quell'atto affettuoso, le diede in

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premio un bacio sulla fronte.Angiolina, con un pudore nuovo, s'era messa a contem-plare il soffitto. – Non faccia la schizzinosa, – le disse ilBalli corrucciato. – Come se voi due non faceste di peg-gio.– Chi lo dice? – chiese Angiolina subito minacciosa ver-so Emilio.– Io no – protestò poco felicemente il Brentani.– E che cosa fate insieme tutte le sere? Io non lo vedomai dunque è con lei ch'egli passa le sue serate. Ha dacapitargli anche l'amore, in quella verde età! Addio bi-gliardo, addio passeggiate. Io resto lì solo ad aspettarloo bisogna m'accontenti del primo imbecille che mi vieneper i versi. Ci eravamo trovati tanto bene insieme! Io, lapersona più intelligente della città e lui la quinta, perchédopo di me vi sono tre posti vuoti e subito al prossimoc'è lui.Margherita, che in seguito a quel bacio aveva riacquista-ta tutta la sua serenità, ebbe per Emilio un'occhiata af-fettuosa – Davvero! Mi parla continuamente di lei. Levuole molto bene.Invece ad Angiolina parve che la quinta intelligenza del-la città fosse poca cosa, e conservò tutta la sua ammira-zione per chi ne era la prima. – Emilio mi ha raccontatoch'ella canta tanto bene. Canti un po'. L'udrei tanto vo-lentieri.

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premio un bacio sulla fronte.Angiolina, con un pudore nuovo, s'era messa a contem-plare il soffitto. – Non faccia la schizzinosa, – le disse ilBalli corrucciato. – Come se voi due non faceste di peg-gio.– Chi lo dice? – chiese Angiolina subito minacciosa ver-so Emilio.– Io no – protestò poco felicemente il Brentani.– E che cosa fate insieme tutte le sere? Io non lo vedomai dunque è con lei ch'egli passa le sue serate. Ha dacapitargli anche l'amore, in quella verde età! Addio bi-gliardo, addio passeggiate. Io resto lì solo ad aspettarloo bisogna m'accontenti del primo imbecille che mi vieneper i versi. Ci eravamo trovati tanto bene insieme! Io, lapersona più intelligente della città e lui la quinta, perchédopo di me vi sono tre posti vuoti e subito al prossimoc'è lui.Margherita, che in seguito a quel bacio aveva riacquista-ta tutta la sua serenità, ebbe per Emilio un'occhiata af-fettuosa – Davvero! Mi parla continuamente di lei. Levuole molto bene.Invece ad Angiolina parve che la quinta intelligenza del-la città fosse poca cosa, e conservò tutta la sua ammira-zione per chi ne era la prima. – Emilio mi ha raccontatoch'ella canta tanto bene. Canti un po'. L'udrei tanto vo-lentieri.

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– Non mi mancherebbe altro. Dopo di cena io riposo.Ho la digestione difficile come quella di un serpente.Margherita sola intuì lo stato d'animo di Emilio. I suoiocchi, posandosi su Angiolina, divennero serii; poi si ri-volse ad Emilio, si dedicò a lui, ma per parlargli di Ste-fano: – Talvolta è brusco, certo, ma non sempre, e anchequando lo è non incute spavento. Si fa quello che vuolelui, perché gli si vuol bene. Poi, sempre a voce bassa,modulata dolcemente, ella disse: Un uomo che pensa ètutt'altra cosa di quelli che non pensano. – Si capiva cheparlando di quegli altri, pensava a gente in cui s'era im-battuta ed egli, distratto per un istante dal suo dolorosoimbarazzo, la guardò con compassione. Ella aveva ra-gione d'amare negli altri le qualità che le giovavano; dasola, così dolce e debole, non si sarebbe potuta difende-re.Ma il Balli si ricordò di nuovo di lui: – Come sei ammu-tolito! – Poi, rivolto ad Angiolina, chiese: – E semprecosì nelle lunghe sere che passate insieme?Ella che pareva dimentica dei suoi inni d'amore, dissecon malumore: – È un uomo serio.Il Balli ebbe la buona intenzione di risollevarlo: ne tesséla biografia caricandola: – Come bontà è lui il primo edio il quinto. È il solo maschio col quale io abbia saputoandar d'accordo. È il mio alter ego, il mio altro io, pensacome me, e... è sempre del mio parere quando io subitonon so essere del suo. – All'ultima frase aveva dimenti-

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– Non mi mancherebbe altro. Dopo di cena io riposo.Ho la digestione difficile come quella di un serpente.Margherita sola intuì lo stato d'animo di Emilio. I suoiocchi, posandosi su Angiolina, divennero serii; poi si ri-volse ad Emilio, si dedicò a lui, ma per parlargli di Ste-fano: – Talvolta è brusco, certo, ma non sempre, e anchequando lo è non incute spavento. Si fa quello che vuolelui, perché gli si vuol bene. Poi, sempre a voce bassa,modulata dolcemente, ella disse: Un uomo che pensa ètutt'altra cosa di quelli che non pensano. – Si capiva cheparlando di quegli altri, pensava a gente in cui s'era im-battuta ed egli, distratto per un istante dal suo dolorosoimbarazzo, la guardò con compassione. Ella aveva ra-gione d'amare negli altri le qualità che le giovavano; dasola, così dolce e debole, non si sarebbe potuta difende-re.Ma il Balli si ricordò di nuovo di lui: – Come sei ammu-tolito! – Poi, rivolto ad Angiolina, chiese: – E semprecosì nelle lunghe sere che passate insieme?Ella che pareva dimentica dei suoi inni d'amore, dissecon malumore: – È un uomo serio.Il Balli ebbe la buona intenzione di risollevarlo: ne tesséla biografia caricandola: – Come bontà è lui il primo edio il quinto. È il solo maschio col quale io abbia saputoandar d'accordo. È il mio alter ego, il mio altro io, pensacome me, e... è sempre del mio parere quando io subitonon so essere del suo. – All'ultima frase aveva dimenti-

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cato il proposito col quale aveva cominciato a parlare e,di buon umore, schiacciava Emilio sotto il peso dellapropria superiorità. Quest'ultimo non seppe far altro checomporre la bocca ad un sorriso.Poi sentì che sotto quel sorriso doveva essere ben faciled'indovinare uno sforzo e, per simulare meglio disinvol-tura, volle parlare. S'era discorso, – egli non sapeva nep-pure da chi, – di far posare Angiolina per una figura cheil Balli ideava. Egli era d'accordo: – Si tratta già di co-piare la sola testa – disse ad Angiolina come se nonavesse saputo che ella avrebbe accordato anche di più.Ma ella, senza interpellarlo, mentre egli era stato distrat-to dai discorsi di Margherita, aveva già accettato, e, bru-scamente, interruppe le parole di Emilio, che, per nullaspontanee, s'erano disposte in una perorazione fuori diluogo, esclamando: – Ma se ho già accettato.Il Balli ringraziò e disse che ne avrebbe sicuramente ap-profittato, ma soltanto di là a qualche mese, perché, peril momento, era troppo occupato con altri lavori. Laguardò lungamente sognando la posa in cui l'avrebbe ri-tratta e Angiolina divenne rossa dal piacere. AlmenoEmilio avesse avuto un compagno di sofferenza. Ma no!Margherita non era affatto gelosa, e guardava Angiolinaanche lei con l'occhio d'artista. Stefano ne avrebbe fattauna cosa bella, disse, e parlò con entusiasmo delle sor-prese che le aveva date l'arte, quando dall'argilla docileusciva una faccia, un'espressione, la vita.

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cato il proposito col quale aveva cominciato a parlare e,di buon umore, schiacciava Emilio sotto il peso dellapropria superiorità. Quest'ultimo non seppe far altro checomporre la bocca ad un sorriso.Poi sentì che sotto quel sorriso doveva essere ben faciled'indovinare uno sforzo e, per simulare meglio disinvol-tura, volle parlare. S'era discorso, – egli non sapeva nep-pure da chi, – di far posare Angiolina per una figura cheil Balli ideava. Egli era d'accordo: – Si tratta già di co-piare la sola testa – disse ad Angiolina come se nonavesse saputo che ella avrebbe accordato anche di più.Ma ella, senza interpellarlo, mentre egli era stato distrat-to dai discorsi di Margherita, aveva già accettato, e, bru-scamente, interruppe le parole di Emilio, che, per nullaspontanee, s'erano disposte in una perorazione fuori diluogo, esclamando: – Ma se ho già accettato.Il Balli ringraziò e disse che ne avrebbe sicuramente ap-profittato, ma soltanto di là a qualche mese, perché, peril momento, era troppo occupato con altri lavori. Laguardò lungamente sognando la posa in cui l'avrebbe ri-tratta e Angiolina divenne rossa dal piacere. AlmenoEmilio avesse avuto un compagno di sofferenza. Ma no!Margherita non era affatto gelosa, e guardava Angiolinaanche lei con l'occhio d'artista. Stefano ne avrebbe fattauna cosa bella, disse, e parlò con entusiasmo delle sor-prese che le aveva date l'arte, quando dall'argilla docileusciva una faccia, un'espressione, la vita.

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Il Balli presto si rifece brusco. – Lei si chiama Angioli-na? Un vezzeggiativo con codesta statura da granatiere?Angiolona la chiamerò io, anzi Giolona. – E da allora lachiamò sempre così con quelle vocali larghe, larghe, ildisprezzo stesso fatto suono. Emilio si sorprese che ilnome non dispiacesse ad Angiolina; ella non se ne adiròmai e quando il Balli glielo urlava nelle orecchie, ridevacome se qualcuno le avesse fatto il solletico.Al ritorno il Balli cantò. Aveva una voce uguale, di granvolume, ch'egli mitigava modulandola con ottimo gusto,immeritato dalle canzoncine volgari ch'egli prediligeva.Quella sera ne cantò una di cui, per la presenza delledue donne, non poteva pronunziare tutte le parole, maseppe farle intendere lo stesso con la malizia e la sen-sualità della voce e dell'occhio. Angiolina ne fu incanta-ta.Quando si divisero, Emilio ed Angiolina stettero per unistante fermi a guardare l'altra coppia che s'allontanava.– Cieco! – disse ella. – Come fa ad amare una trave af-fumicata che si regge a stento?La sera appresso ella non lasciò ad Emilio il tempo difarle i rimproveri ch'egli aveva meditati nella giornata.Aveva di nuovo da raccontargli delle cose sorprendenti.Il sarto Volpini le scriveva – ella aveva dimenticato diportar seco la lettera, – che egli non avrebbe potuto spo-sarla che di là ad un anno. Un suo socio glielo impedivacon la minaccia di disdire la società e di lasciarlo senza

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Il Balli presto si rifece brusco. – Lei si chiama Angioli-na? Un vezzeggiativo con codesta statura da granatiere?Angiolona la chiamerò io, anzi Giolona. – E da allora lachiamò sempre così con quelle vocali larghe, larghe, ildisprezzo stesso fatto suono. Emilio si sorprese che ilnome non dispiacesse ad Angiolina; ella non se ne adiròmai e quando il Balli glielo urlava nelle orecchie, ridevacome se qualcuno le avesse fatto il solletico.Al ritorno il Balli cantò. Aveva una voce uguale, di granvolume, ch'egli mitigava modulandola con ottimo gusto,immeritato dalle canzoncine volgari ch'egli prediligeva.Quella sera ne cantò una di cui, per la presenza delledue donne, non poteva pronunziare tutte le parole, maseppe farle intendere lo stesso con la malizia e la sen-sualità della voce e dell'occhio. Angiolina ne fu incanta-ta.Quando si divisero, Emilio ed Angiolina stettero per unistante fermi a guardare l'altra coppia che s'allontanava.– Cieco! – disse ella. – Come fa ad amare una trave af-fumicata che si regge a stento?La sera appresso ella non lasciò ad Emilio il tempo difarle i rimproveri ch'egli aveva meditati nella giornata.Aveva di nuovo da raccontargli delle cose sorprendenti.Il sarto Volpini le scriveva – ella aveva dimenticato diportar seco la lettera, – che egli non avrebbe potuto spo-sarla che di là ad un anno. Un suo socio glielo impedivacon la minaccia di disdire la società e di lasciarlo senza

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capitali. – Pare che il socio voglia dargli in moglie unapropria figliuola, una gobbetta che starebbe veramentebene accanto al mio futuro. Però il Volpini assicura cheentro un anno egli potrà far senza del socio e del suo de-naro e allora sposerà me. Capisci? – Egli non aveva ca-pito. – C'è dell'altro – disse ella dolcemente e confusa. –Il Volpini non vuole vivere con quel desiderio per tuttoun anno.Ora egli capì. Protestò. Come si poteva sperare d'ottene-re da lui un simile consenso? E d'altronde che cosa pote-va obiettare? – Quali garanzie avrai della sua onestà?– Quelle che vorrò. Egli è pronto a fare un contratto daun notaio.Dopo una breve pausa egli chiese: – Quando?Ella rise: – La prossima domenica non può venire. Vuo-le disporre tutto per il contratto che si farà di qui a quin-dici giorni e poi... – S'interruppe ridendo e lo abbracciò.Sarebbe stata sua! Non era così ch'egli aveva sognato ilpossesso, ma l'abbracciò anche lui con effusione e volleconvincersi d'essere perfettamente felice. Senza dubbio,doveva esserle grato! Ella gli voleva bene, o meglio vo-leva bene anche a lui. Di che si sarebbe potuto lagnare?D'altronde era forse quella la guarigione ch'egli sperava.Insozzata dal sarto, posseduta da lui, Ange sarebbe mor-ta, e si sarebbe divertito anche lui con Giolona, lietocom'ella voleva tutti gli uomini, indifferente e sprezzan-

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capitali. – Pare che il socio voglia dargli in moglie unapropria figliuola, una gobbetta che starebbe veramentebene accanto al mio futuro. Però il Volpini assicura cheentro un anno egli potrà far senza del socio e del suo de-naro e allora sposerà me. Capisci? – Egli non aveva ca-pito. – C'è dell'altro – disse ella dolcemente e confusa. –Il Volpini non vuole vivere con quel desiderio per tuttoun anno.Ora egli capì. Protestò. Come si poteva sperare d'ottene-re da lui un simile consenso? E d'altronde che cosa pote-va obiettare? – Quali garanzie avrai della sua onestà?– Quelle che vorrò. Egli è pronto a fare un contratto daun notaio.Dopo una breve pausa egli chiese: – Quando?Ella rise: – La prossima domenica non può venire. Vuo-le disporre tutto per il contratto che si farà di qui a quin-dici giorni e poi... – S'interruppe ridendo e lo abbracciò.Sarebbe stata sua! Non era così ch'egli aveva sognato ilpossesso, ma l'abbracciò anche lui con effusione e volleconvincersi d'essere perfettamente felice. Senza dubbio,doveva esserle grato! Ella gli voleva bene, o meglio vo-leva bene anche a lui. Di che si sarebbe potuto lagnare?D'altronde era forse quella la guarigione ch'egli sperava.Insozzata dal sarto, posseduta da lui, Ange sarebbe mor-ta, e si sarebbe divertito anche lui con Giolona, lietocom'ella voleva tutti gli uomini, indifferente e sprezzan-

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te come il Balli.

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Capitolo V

Come l'aveva detto il Balli, in causa d'Angiolina, fino aquella cena, i rapporti fra i due amici erano stati moltofreddi. Di rado Emilio aveva cercato l'amico e non s'eraaccorto neppure di trascurarlo; l'altro poi se ne era offe-so e aveva cessato di corrergli dietro, per quantoquell'amicizia gli fosse stata ancora sempre cara cometutte le altre sue abitudini. La cena tolse l'ostinazione aStefano e gli diede invece il dubbio di aver offeso luil'amico. Non gli erano sfuggite le sofferenze di Emilio,e quando si dileguò in lui il piacere di sentirsi amato datutte e due le donne, piacere intenso, ma che durava unafrazione d'ora, la coscienza lo rimorse. Per farla tacere, amezzodì del giorno appresso corse da Emilio per tener-gli un predicozzo. Un buon ragionamento avrebbe potu-to curare Emilio meglio dell'esempio e se anche nonfosse servito affatto, sarebbe valso almeno a fargli riac-quistare la veste di amico e consigliere e toglierglil'aspetto di rivale da lui assunto per una debolezzach'egli diceva una distrazione.Venne ad aprirgli la signorina Amalia. Quella ragazzaispirava al Balli un sentimento poco gradevole di com-passione. Egli credeva fosse permesso di vivere soltantoper godere della fama, della bellezza o della forza o al-meno della ricchezza, ma altrimenti no, perché si dive-

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Capitolo V

Come l'aveva detto il Balli, in causa d'Angiolina, fino aquella cena, i rapporti fra i due amici erano stati moltofreddi. Di rado Emilio aveva cercato l'amico e non s'eraaccorto neppure di trascurarlo; l'altro poi se ne era offe-so e aveva cessato di corrergli dietro, per quantoquell'amicizia gli fosse stata ancora sempre cara cometutte le altre sue abitudini. La cena tolse l'ostinazione aStefano e gli diede invece il dubbio di aver offeso luil'amico. Non gli erano sfuggite le sofferenze di Emilio,e quando si dileguò in lui il piacere di sentirsi amato datutte e due le donne, piacere intenso, ma che durava unafrazione d'ora, la coscienza lo rimorse. Per farla tacere, amezzodì del giorno appresso corse da Emilio per tener-gli un predicozzo. Un buon ragionamento avrebbe potu-to curare Emilio meglio dell'esempio e se anche nonfosse servito affatto, sarebbe valso almeno a fargli riac-quistare la veste di amico e consigliere e toglierglil'aspetto di rivale da lui assunto per una debolezzach'egli diceva una distrazione.Venne ad aprirgli la signorina Amalia. Quella ragazzaispirava al Balli un sentimento poco gradevole di com-passione. Egli credeva fosse permesso di vivere soltantoper godere della fama, della bellezza o della forza o al-meno della ricchezza, ma altrimenti no, perché si dive-

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niva un ingombro odioso alla vita altrui. Perché dunqueviveva quella povera fanciulla? Era un errore evidentedi madre natura. Talvolta, quando veniva in quella casae non ci trovava l'amico, adduceva qualche pretesto perandarsene subito subito perché quella faccia pallida equella voce fioca lo rattristavano profondamente. Ella,invece, che aveva voluto vivere la vita di Emilio, s'eraconsiderata amica del Balli.– È in casa Emilio? – chiese il Balli impensierito.– S'accomodi, signor Stefano – disse Amalia lieta. –Emilio! – gridò. – C'è il signor Stefano. – Poi fece alBalli un rimprovero: – Da tanto tempo non si aveva ilpiacere di vederla! Anche lei ci dimentica?Stefano si mise a ridere: – Non sono mica io che abban-dono Emilio; è lui che non vuole più saperne di me.Accompagnandolo verso la porta del tinello, ella mor-morò sorridendo: – Eh, già, intendo. – Così avevano giàparlato di Angiolina.Il quartierino si componeva di tre sole stanze alle quali,dal corridoio, si accedeva per quell'unica porta. Perciò,quando capitava qualche visita nella stanza di Emilio, lasorella si trovava prigioniera nella propria ch'era l'ulti-ma. Non era facile ch'ella si presentasse spontaneamen-te; era più selvaggia con gli uomini che non Emilio conle donne. Ma il Balli, dal primo giorno in cui era venutoin casa, aveva fatta eccezione alla regola. Dopo averlosentito spesso descrivere come un uomo rude, ella lo

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niva un ingombro odioso alla vita altrui. Perché dunqueviveva quella povera fanciulla? Era un errore evidentedi madre natura. Talvolta, quando veniva in quella casae non ci trovava l'amico, adduceva qualche pretesto perandarsene subito subito perché quella faccia pallida equella voce fioca lo rattristavano profondamente. Ella,invece, che aveva voluto vivere la vita di Emilio, s'eraconsiderata amica del Balli.– È in casa Emilio? – chiese il Balli impensierito.– S'accomodi, signor Stefano – disse Amalia lieta. –Emilio! – gridò. – C'è il signor Stefano. – Poi fece alBalli un rimprovero: – Da tanto tempo non si aveva ilpiacere di vederla! Anche lei ci dimentica?Stefano si mise a ridere: – Non sono mica io che abban-dono Emilio; è lui che non vuole più saperne di me.Accompagnandolo verso la porta del tinello, ella mor-morò sorridendo: – Eh, già, intendo. – Così avevano giàparlato di Angiolina.Il quartierino si componeva di tre sole stanze alle quali,dal corridoio, si accedeva per quell'unica porta. Perciò,quando capitava qualche visita nella stanza di Emilio, lasorella si trovava prigioniera nella propria ch'era l'ulti-ma. Non era facile ch'ella si presentasse spontaneamen-te; era più selvaggia con gli uomini che non Emilio conle donne. Ma il Balli, dal primo giorno in cui era venutoin casa, aveva fatta eccezione alla regola. Dopo averlosentito spesso descrivere come un uomo rude, ella lo

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vide per la prima volta alla morte del padre; subito si fa-miliarizzò con lui, meravigliato della sua mitezza. Egliera un confortatore squisito. Aveva saputo tacere e par-lare a tempo. Con discrezione, qua e là aveva saputo di-scutere e regolare l'enorme dolore della fanciulla; talvol-ta l'aveva aiutata, suggerendole l'espressione più preci-sa, più soddisfacente. Ella s'era abituata a piangere insua compagnia, ed egli era venuto di frequente, compia-cendosi di quella parte di confortatore da lui tanto beneintuita. Cessato quello stimolo, egli s'era ritirato. La vitadi famiglia non gli si confaceva e poi, a lui che amavasoltanto le cose belle e disoneste, l'affetto fraterno offer-togli da quella brutta fanciulla doveva dar noia. Era delresto la prima volta ch'ella gli avesse mosso un rimpro-vero perché trovava naturale che egli si divertisse me-glio altrove.Il piccolo tinello, oltre al tavolo bellissimo di legno bru-no intarsiato, l'unico mobile della casa dimostrante chein passato la famiglia era stata ricca, conteneva un sofàalquanto frusto, quattro sedie di forma simile ma nonidentica, una seggiola grande a braccioli ed un vecchioarmadio. L'impressione di povertà che faceva la stanzaera aumentata dall'accuratezza con cui quelle poverecose erano tenute.Entrando in quel quartiere, il Balli ripensò all'ufficio diconsolatore nel quale s'era trovato tanto bene; gli parevadi passare per un luogo ove avesse sofferto lui stesso,ma sofferto dolcemente assai. Gustava il ricordo della

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vide per la prima volta alla morte del padre; subito si fa-miliarizzò con lui, meravigliato della sua mitezza. Egliera un confortatore squisito. Aveva saputo tacere e par-lare a tempo. Con discrezione, qua e là aveva saputo di-scutere e regolare l'enorme dolore della fanciulla; talvol-ta l'aveva aiutata, suggerendole l'espressione più preci-sa, più soddisfacente. Ella s'era abituata a piangere insua compagnia, ed egli era venuto di frequente, compia-cendosi di quella parte di confortatore da lui tanto beneintuita. Cessato quello stimolo, egli s'era ritirato. La vitadi famiglia non gli si confaceva e poi, a lui che amavasoltanto le cose belle e disoneste, l'affetto fraterno offer-togli da quella brutta fanciulla doveva dar noia. Era delresto la prima volta ch'ella gli avesse mosso un rimpro-vero perché trovava naturale che egli si divertisse me-glio altrove.Il piccolo tinello, oltre al tavolo bellissimo di legno bru-no intarsiato, l'unico mobile della casa dimostrante chein passato la famiglia era stata ricca, conteneva un sofàalquanto frusto, quattro sedie di forma simile ma nonidentica, una seggiola grande a braccioli ed un vecchioarmadio. L'impressione di povertà che faceva la stanzaera aumentata dall'accuratezza con cui quelle poverecose erano tenute.Entrando in quel quartiere, il Balli ripensò all'ufficio diconsolatore nel quale s'era trovato tanto bene; gli parevadi passare per un luogo ove avesse sofferto lui stesso,ma sofferto dolcemente assai. Gustava il ricordo della

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propria bontà, e pensò di aver avuto torto d'evitare pertanto tempo quel luogo ove si sentiva più che mai uomosuperiore.Emilio lo accolse con accurata gentilezza precisamenteper celare il rancore che gli covava in fondo all'anima;non voleva che il Balli potesse avvedersi del male chegli aveva fatto, lo avrebbe sì, rimproverato e aspramen-te, ma studiando il modo di celare la propria ferita. Lotrattava proprio come un nemico. – Qual buon vento ticonduce?– Son passato di qua e ho voluto salutare la signorinache non vedevo da tanto tempo. La trovo d'aspetto mi-gliorato di molto – disse il Balli guardando Amalia cheaveva le guance rosse, i buoni occhi grigi animatissimi.Emilio la guardò e non vide nulla. Il suo rancore diven-ne subito violento accorgendosi che Stefano non ricor-dava affatto gli avvenimenti della sera prima e potevaperciò contenersi con lui con tale disinvoltura: – Ti seidivertito molto, tu, iersera, e un po' anche alle mie spal-le.L'altro fu stupito del risentimento manifestatosi evidentea lui più che per altro perché quelle parole erano fuori diproposito, in presenza di Amalia. Se ne sorprese. Eglinon aveva fatto nulla che avesse potuto offendere Emi-lio; le sue intenzioni, anzi, erano state tali che avrebbecreduto di meritare un inno di ringraziamento. Per reagi-re meglio all'attacco perdette subito la coscienza del

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propria bontà, e pensò di aver avuto torto d'evitare pertanto tempo quel luogo ove si sentiva più che mai uomosuperiore.Emilio lo accolse con accurata gentilezza precisamenteper celare il rancore che gli covava in fondo all'anima;non voleva che il Balli potesse avvedersi del male chegli aveva fatto, lo avrebbe sì, rimproverato e aspramen-te, ma studiando il modo di celare la propria ferita. Lotrattava proprio come un nemico. – Qual buon vento ticonduce?– Son passato di qua e ho voluto salutare la signorinache non vedevo da tanto tempo. La trovo d'aspetto mi-gliorato di molto – disse il Balli guardando Amalia cheaveva le guance rosse, i buoni occhi grigi animatissimi.Emilio la guardò e non vide nulla. Il suo rancore diven-ne subito violento accorgendosi che Stefano non ricor-dava affatto gli avvenimenti della sera prima e potevaperciò contenersi con lui con tale disinvoltura: – Ti seidivertito molto, tu, iersera, e un po' anche alle mie spal-le.L'altro fu stupito del risentimento manifestatosi evidentea lui più che per altro perché quelle parole erano fuori diproposito, in presenza di Amalia. Se ne sorprese. Eglinon aveva fatto nulla che avesse potuto offendere Emi-lio; le sue intenzioni, anzi, erano state tali che avrebbecreduto di meritare un inno di ringraziamento. Per reagi-re meglio all'attacco perdette subito la coscienza del

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proprio torto e si sentì puro di ogni macchia. Ne parlere-mo poi – disse per riguardo ad Amalia. Costei se neandò ad onta che il Balli, il quale non aveva alcuna pre-mura di spiegarsi con Emilio, volesse trattenerla.– Non capisco che cosa tu mi possa rimproverare.– Oh, nulla – disse Emilio che, preso di fronte, non tro-vò niente di meglio di quest'ironia.Il Balli, in seguito alla convinzione della propria inno-cenza, fu più esplicito. Disse ch'egli era stato quale s'eraproposto di essere allorché s'era offerto di dargli degliinsegnamenti. Se si fosse messo anche lui a belared'amore, allora sì che la cura sarebbe riuscita bene. Gio-lona doveva essere trattata come aveva fatto lui, ed eglisperava che col tempo Emilio avrebbe saputo imitarlo.Non credeva, non poteva credere che una simile donnafosse presa sul serio, e la descrisse circa con le parolestesse con cui giorni prima gliel'aveva descritta Emilio.L'aveva trovata tanto simile al ritratto che gliene era sta-to fatto, che gli era stato facile d'indovinarla subito, tut-ta.Ma l'altro che sentiva ripetere le proprie parole non nerimase affatto convinto. Rispose ch'egli faceva all'amorea quel modo e che non avrebbe saputo contenersi altri-menti perché gli pareva che la dolcezza fosse la condi-zione essenziale per poter godere. Ciò non significavamica ch'egli volesse prendere quella donna troppo sulserio. Le aveva forse promesso di sposarla?

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proprio torto e si sentì puro di ogni macchia. Ne parlere-mo poi – disse per riguardo ad Amalia. Costei se neandò ad onta che il Balli, il quale non aveva alcuna pre-mura di spiegarsi con Emilio, volesse trattenerla.– Non capisco che cosa tu mi possa rimproverare.– Oh, nulla – disse Emilio che, preso di fronte, non tro-vò niente di meglio di quest'ironia.Il Balli, in seguito alla convinzione della propria inno-cenza, fu più esplicito. Disse ch'egli era stato quale s'eraproposto di essere allorché s'era offerto di dargli degliinsegnamenti. Se si fosse messo anche lui a belared'amore, allora sì che la cura sarebbe riuscita bene. Gio-lona doveva essere trattata come aveva fatto lui, ed eglisperava che col tempo Emilio avrebbe saputo imitarlo.Non credeva, non poteva credere che una simile donnafosse presa sul serio, e la descrisse circa con le parolestesse con cui giorni prima gliel'aveva descritta Emilio.L'aveva trovata tanto simile al ritratto che gliene era sta-to fatto, che gli era stato facile d'indovinarla subito, tut-ta.Ma l'altro che sentiva ripetere le proprie parole non nerimase affatto convinto. Rispose ch'egli faceva all'amorea quel modo e che non avrebbe saputo contenersi altri-menti perché gli pareva che la dolcezza fosse la condi-zione essenziale per poter godere. Ciò non significavamica ch'egli volesse prendere quella donna troppo sulserio. Le aveva forse promesso di sposarla?

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Stefano rise di cuore. Emilio aveva mutato straordina-riamente nelle ultime ore. Pochi giorni prima – non sene ricordava più? – appariva talmente impensierito delproprio stato da chiedere aiuto ai passanti. – Non honulla in contrario che tu ti diverta, ma non mi pare chetu abbia la cera di divertirti assai. Emilio aveva infatti lacera stanca. La sua vita era stata sempre poco lieta, ma,dalla morte del padre in poi, molto tranquilla, e il suoorganismo soffriva del nuovo regime.Discreta come un'ombra, Amalia volle passare per lastanza. Emilio la fermò per far tacere Stefano, ma poi idue uomini non seppero subito abbandonare il discorsoincominciato. Scherzosamente il Balli disse che la sce-glieva per arbitra in una questione ch'ella non dovevaconoscere. Fra loro due, vecchi amici, sorgeva una di-sputa. Il meglio che si potesse fare era di risolverla allacieca, fidandosi in un giudizio di Dio che per quei casidoveva essere stato inventato.Ma il giudizio di Dio non poteva più essere cieco perchéAmalia aveva già capito di che si trattasse. Ebbeun'occhiata di riconoscenza per il Balli, un'espressioneintensa che non si sarebbe creduta possibile in quei pic-coli occhi grigi. Ella trovava finalmente un alleato, el'amarezza che da tanto tempo le pesava sul cuore, si ri-solse in una grande speranza. Fu sincera: – Ho già capi-to di che cosa si tratti. Ella ha tanto ragione – il suonodella voce invece che dare ragione chiedeva soccorso –basta vederlo sempre distratto e triste, stampata in faccia

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Stefano rise di cuore. Emilio aveva mutato straordina-riamente nelle ultime ore. Pochi giorni prima – non sene ricordava più? – appariva talmente impensierito delproprio stato da chiedere aiuto ai passanti. – Non honulla in contrario che tu ti diverta, ma non mi pare chetu abbia la cera di divertirti assai. Emilio aveva infatti lacera stanca. La sua vita era stata sempre poco lieta, ma,dalla morte del padre in poi, molto tranquilla, e il suoorganismo soffriva del nuovo regime.Discreta come un'ombra, Amalia volle passare per lastanza. Emilio la fermò per far tacere Stefano, ma poi idue uomini non seppero subito abbandonare il discorsoincominciato. Scherzosamente il Balli disse che la sce-glieva per arbitra in una questione ch'ella non dovevaconoscere. Fra loro due, vecchi amici, sorgeva una di-sputa. Il meglio che si potesse fare era di risolverla allacieca, fidandosi in un giudizio di Dio che per quei casidoveva essere stato inventato.Ma il giudizio di Dio non poteva più essere cieco perchéAmalia aveva già capito di che si trattasse. Ebbeun'occhiata di riconoscenza per il Balli, un'espressioneintensa che non si sarebbe creduta possibile in quei pic-coli occhi grigi. Ella trovava finalmente un alleato, el'amarezza che da tanto tempo le pesava sul cuore, si ri-solse in una grande speranza. Fu sincera: – Ho già capi-to di che cosa si tratti. Ella ha tanto ragione – il suonodella voce invece che dare ragione chiedeva soccorso –basta vederlo sempre distratto e triste, stampata in faccia

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la fretta di abbandonare questa casa in cui mi lascia tan-to sola.Emilio l'ascoltava inquieto temendo che quelle lagnanzenon degenerassero, come sempre, in pianti e singhiozzi.Invece, parlando al Balli del proprio grande dolore, ellarestò calma e sorridente.Il Balli, che nel dolore di Amalia non scorgeva altro cheun alleato nel suo litigio con Emilio, ne accompagnavale parole con gesti di rimprovero rivolti all'amico. Ma leparole d'Amalia non s'accompagnarono più a quei gesti.Ridendo lieta, ella raccontò: giorni prima era stata alpasseggio con Emilio e aveva potuto osservare ch'egli sifaceva inquieto quando vedeva in lontananza delle figu-re femminili di una certa statura e di un certo colore,alte alte, bionde bionde. – Ho visto bene? – e rise, lietache il Balli assentisse. – Tanto lunga, tanto bionda? –Non v'era niente di offensivo per Emilio in questa deri-sione. Ella era andata ad appoggiarsi a lui e gli teneva labianca mano sulla testa, fraternamente.Il Balli confermò: – Lunga come un soldato del re diPrussia, bionda tanto che può dirsi incolore.Emilio rise, ma era ancora sempre col pensiero alla suagelosia: – Basterebbe esser sicuro che non piaccia a te.– È geloso di me, capisce, del suo miglior amico! – urlòil Balli indignato.– Si può capire – disse Amalia mitemente e quasi pre-

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la fretta di abbandonare questa casa in cui mi lascia tan-to sola.Emilio l'ascoltava inquieto temendo che quelle lagnanzenon degenerassero, come sempre, in pianti e singhiozzi.Invece, parlando al Balli del proprio grande dolore, ellarestò calma e sorridente.Il Balli, che nel dolore di Amalia non scorgeva altro cheun alleato nel suo litigio con Emilio, ne accompagnavale parole con gesti di rimprovero rivolti all'amico. Ma leparole d'Amalia non s'accompagnarono più a quei gesti.Ridendo lieta, ella raccontò: giorni prima era stata alpasseggio con Emilio e aveva potuto osservare ch'egli sifaceva inquieto quando vedeva in lontananza delle figu-re femminili di una certa statura e di un certo colore,alte alte, bionde bionde. – Ho visto bene? – e rise, lietache il Balli assentisse. – Tanto lunga, tanto bionda? –Non v'era niente di offensivo per Emilio in questa deri-sione. Ella era andata ad appoggiarsi a lui e gli teneva labianca mano sulla testa, fraternamente.Il Balli confermò: – Lunga come un soldato del re diPrussia, bionda tanto che può dirsi incolore.Emilio rise, ma era ancora sempre col pensiero alla suagelosia: – Basterebbe esser sicuro che non piaccia a te.– È geloso di me, capisce, del suo miglior amico! – urlòil Balli indignato.– Si può capire – disse Amalia mitemente e quasi pre-

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gando il Balli di usar indulgenza con l'amico.– Non si capisce! – disse Stefano protestando. – Comepuò dire che si capisca una simile infamia?Ella non rispose, ma restò della propria opinione conl'aspetto sicuro della persona che sa quello che si dice.Credeva di aver pensato intensamente, e perciò di averintuito lo stato d'animo del disgraziato fratello; lo avevapercepito invece nel proprio sentimento. Ella era rossa,rossa. Certi accenti di quel colloquio echeggiarononell'anima sua come il suono delle campane nel deserto;lungi, lungi, percorsero spazi vuoti enormi, li misuraro-no, riempiendoli improvvisamente tutti, rendendoli sen-sibili, distribuendovi abbondantemente gioia e dolore.Lungamente ella tacque. Dimenticò che s'era parlato delfratello e pensò a se stessa. Oh, cosa strana, meraviglio-sa! Ella aveva parlato altre volte d'amore, ma altrimenti,senz'indulgenza, perché non si doveva. Come aveva pre-so sul serio quell'imperativo che le era stato gridato nel-le orecchie sin dall'infanzia. Aveva odiato, disprezzatocoloro che non avevano obbedito e in se stessa avevasoffocato qualunque tentativo di ribellione. Era statatruffata! Il Balli era la virtù e la forza, il Balli chedell'amore parlava tanto serenamente, dell'amore cheper lui non era stato mai un peccato. Quanto dovevaaver amato! Con la voce dolce e con quegli occhi azzur-ri, sorridenti, egli amava sempre tutto e tutti, anche lei.Stefano restò a pranzo. Un po' turbata, Amalia aveva an-

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gando il Balli di usar indulgenza con l'amico.– Non si capisce! – disse Stefano protestando. – Comepuò dire che si capisca una simile infamia?Ella non rispose, ma restò della propria opinione conl'aspetto sicuro della persona che sa quello che si dice.Credeva di aver pensato intensamente, e perciò di averintuito lo stato d'animo del disgraziato fratello; lo avevapercepito invece nel proprio sentimento. Ella era rossa,rossa. Certi accenti di quel colloquio echeggiarononell'anima sua come il suono delle campane nel deserto;lungi, lungi, percorsero spazi vuoti enormi, li misuraro-no, riempiendoli improvvisamente tutti, rendendoli sen-sibili, distribuendovi abbondantemente gioia e dolore.Lungamente ella tacque. Dimenticò che s'era parlato delfratello e pensò a se stessa. Oh, cosa strana, meraviglio-sa! Ella aveva parlato altre volte d'amore, ma altrimenti,senz'indulgenza, perché non si doveva. Come aveva pre-so sul serio quell'imperativo che le era stato gridato nel-le orecchie sin dall'infanzia. Aveva odiato, disprezzatocoloro che non avevano obbedito e in se stessa avevasoffocato qualunque tentativo di ribellione. Era statatruffata! Il Balli era la virtù e la forza, il Balli chedell'amore parlava tanto serenamente, dell'amore cheper lui non era stato mai un peccato. Quanto dovevaaver amato! Con la voce dolce e con quegli occhi azzur-ri, sorridenti, egli amava sempre tutto e tutti, anche lei.Stefano restò a pranzo. Un po' turbata, Amalia aveva an-

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nunziato che ci sarebbe stato poco da mangiare, ma ilBalli ebbe anzi la sorpresa di trovare che in quella casasi mangiava molto bene. Da anni Amalia passava unabuona parte della sua giornata al focolare e s'era fattauna buona cuciniera quale occorreva al palato delicatod'Emilio.Stefano era rimasto volentieri. Gli pareva d'essere statosoccombente nella discussione con Emilio e gli restavaaccanto in attesa della rivincita, soddisfatto che Amaliagli desse ragione, lo scusasse e appoggiasse, tutta sua.Per lui e per Amalia quel pranzo fu lietissimo. Egli fuciarliero. Raccontò della sua prima gioventù ricca di av-venture sorprendenti. Quando la penuria che lo costrin-geva ad aiutarsi con espedienti più o meno delicati, masempre allegri, minacciava di farsi miseria, era capitatosempre il soccorso. Raccontò in tutt'i dettagli un'avven-tura che lo aveva salvato dalla fame facendogli guada-gnare una mancia per un cane trovato.E sempre così: terminati gli studi, girovagava per Mila-no in procinto d'accettare il posto d'ispettore offertogliin un'azienda commerciale. Come scultore era difficiled'incominciare la carriera; subito, agli esordii, sarebbemorto di fame. Passando un giorno dinanzi ad un palaz-zo nel quale erano esposte le opere di un artista mortoda poco, egli vi andò per dare l'ultimo addio alla scultu-ra. Vi trovò un amico e in due si misero a demolire sen-za pietà le opere esposte. Con l'amarezza che gli deriva-

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nunziato che ci sarebbe stato poco da mangiare, ma ilBalli ebbe anzi la sorpresa di trovare che in quella casasi mangiava molto bene. Da anni Amalia passava unabuona parte della sua giornata al focolare e s'era fattauna buona cuciniera quale occorreva al palato delicatod'Emilio.Stefano era rimasto volentieri. Gli pareva d'essere statosoccombente nella discussione con Emilio e gli restavaaccanto in attesa della rivincita, soddisfatto che Amaliagli desse ragione, lo scusasse e appoggiasse, tutta sua.Per lui e per Amalia quel pranzo fu lietissimo. Egli fuciarliero. Raccontò della sua prima gioventù ricca di av-venture sorprendenti. Quando la penuria che lo costrin-geva ad aiutarsi con espedienti più o meno delicati, masempre allegri, minacciava di farsi miseria, era capitatosempre il soccorso. Raccontò in tutt'i dettagli un'avven-tura che lo aveva salvato dalla fame facendogli guada-gnare una mancia per un cane trovato.E sempre così: terminati gli studi, girovagava per Mila-no in procinto d'accettare il posto d'ispettore offertogliin un'azienda commerciale. Come scultore era difficiled'incominciare la carriera; subito, agli esordii, sarebbemorto di fame. Passando un giorno dinanzi ad un palaz-zo nel quale erano esposte le opere di un artista mortoda poco, egli vi andò per dare l'ultimo addio alla scultu-ra. Vi trovò un amico e in due si misero a demolire sen-za pietà le opere esposte. Con l'amarezza che gli deriva-

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va dalla sua posizione disperata, il Balli trovava tuttomediocre, insignificante. Parlava ad alta voce, con gran-de calore; quella critica doveva essere l'ultima sua operadi artista. Nell'ultima stanza, dinanzi al lavoro che il de-funto maestro non aveva potuto finire per la malattia dacui era stato colto, il Balli si fermò meravigliato di nonpoter finire la sua critica sul tono su cui l'aveva tenutasino allora. Quel gesso rappresentava una testa di donnadal profilo energico, dalle linee decise rudemente sboz-zate, eppure significanti fortemente dolore e pensiero. IlBalli si commosse rumorosamente. Scopriva che nel de-funto scultore l'artista era esistito fino all'abbozzo e chel'accademico era sempre intervenuto a distruggere l'arti-sta, dimenticando le prime impressioni, il primo senti-mento per non ricordare che dei dogmi impersonali: ipregiudizi dell'arte. – Sì, è vero! – disse un vecchiettoocchialuto che gli stava accanto, e poggiò quasi la puntadel naso sul bozzetto. Il Balli sempre più s'accanì nellasua ammirazione ed ebbe delle parole commoventi perquell'artista ch'era morto vecchio portando il proprio se-greto nella tomba, meno una volta sola in cui precisa-mente la morte non gli aveva concesso di celarlo.Il vecchio lasciò guardare il gesso e si volse a considera-re il critico. Fu un caso che Stefano si presentò qualescultore e non quale ispettore commerciale. Il vecchio,un originale ricco come un personaggio di fiaba, glicommise il proprio busto da prima, poi un monumentofunebre e infine lo ricordò nel testamento. Il Balli ebbe

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va dalla sua posizione disperata, il Balli trovava tuttomediocre, insignificante. Parlava ad alta voce, con gran-de calore; quella critica doveva essere l'ultima sua operadi artista. Nell'ultima stanza, dinanzi al lavoro che il de-funto maestro non aveva potuto finire per la malattia dacui era stato colto, il Balli si fermò meravigliato di nonpoter finire la sua critica sul tono su cui l'aveva tenutasino allora. Quel gesso rappresentava una testa di donnadal profilo energico, dalle linee decise rudemente sboz-zate, eppure significanti fortemente dolore e pensiero. IlBalli si commosse rumorosamente. Scopriva che nel de-funto scultore l'artista era esistito fino all'abbozzo e chel'accademico era sempre intervenuto a distruggere l'arti-sta, dimenticando le prime impressioni, il primo senti-mento per non ricordare che dei dogmi impersonali: ipregiudizi dell'arte. – Sì, è vero! – disse un vecchiettoocchialuto che gli stava accanto, e poggiò quasi la puntadel naso sul bozzetto. Il Balli sempre più s'accanì nellasua ammirazione ed ebbe delle parole commoventi perquell'artista ch'era morto vecchio portando il proprio se-greto nella tomba, meno una volta sola in cui precisa-mente la morte non gli aveva concesso di celarlo.Il vecchio lasciò guardare il gesso e si volse a considera-re il critico. Fu un caso che Stefano si presentò qualescultore e non quale ispettore commerciale. Il vecchio,un originale ricco come un personaggio di fiaba, glicommise il proprio busto da prima, poi un monumentofunebre e infine lo ricordò nel testamento. Il Balli ebbe

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perciò del lavoro per due anni e del denaro per dieci.Amalia disse: – Come dev'essere bello di conoscere del-le persone tanto intelligenti e tanto buone.Il Balli protestò. Descrisse il vecchio con sentita antipa-tia. Quel mecenate pretensioso gli era stato eternamenteaccanto imponendogli di fornire ogni giorno quella dataquantità di lavoro. Vero borghese privo di un gusto pro-prio, non aveva amato dell'arte che quanto gli venivaspiegato, dimostrato. Ogni sera il Balli era stanco di la-vorare e di parlare, e gli era parso talvolta d'essere capi-tato in quel posto d'ispettore commerciale cui era sfug-gito solo per un caso. Aveva preso il lutto quando il vec-chio era morto, ma, per piangerlo più allegramente, nonaveva toccato argilla per molti mesi.Come era bello il destino del Balli: non era neppure ob-bligato a riconoscenza per i benefici che gli piovevanodal cielo. La ricchezza e la felicità erano i portati del suodestino; perché avrebbe dovuto sorprendersene o esser-ne grato a chi era inviato dalla provvidenza a portargli isuoi doni? Amalia, incantata, stava a sentire quel rac-conto che le confermava la vita essere ben differente diquella che aveva conosciuta. Era naturale che a lei e alfratello fosse stata tanto dura e naturalissimo che al Bal-li fosse toccata tanto lieta. Ella ammirò la felicità delBalli e amò in lui la forza e la serenità che erano le sueprime grandi fortune.Invece il Brentani stava ad udire con amarezza e invidia.

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perciò del lavoro per due anni e del denaro per dieci.Amalia disse: – Come dev'essere bello di conoscere del-le persone tanto intelligenti e tanto buone.Il Balli protestò. Descrisse il vecchio con sentita antipa-tia. Quel mecenate pretensioso gli era stato eternamenteaccanto imponendogli di fornire ogni giorno quella dataquantità di lavoro. Vero borghese privo di un gusto pro-prio, non aveva amato dell'arte che quanto gli venivaspiegato, dimostrato. Ogni sera il Balli era stanco di la-vorare e di parlare, e gli era parso talvolta d'essere capi-tato in quel posto d'ispettore commerciale cui era sfug-gito solo per un caso. Aveva preso il lutto quando il vec-chio era morto, ma, per piangerlo più allegramente, nonaveva toccato argilla per molti mesi.Come era bello il destino del Balli: non era neppure ob-bligato a riconoscenza per i benefici che gli piovevanodal cielo. La ricchezza e la felicità erano i portati del suodestino; perché avrebbe dovuto sorprendersene o esser-ne grato a chi era inviato dalla provvidenza a portargli isuoi doni? Amalia, incantata, stava a sentire quel rac-conto che le confermava la vita essere ben differente diquella che aveva conosciuta. Era naturale che a lei e alfratello fosse stata tanto dura e naturalissimo che al Bal-li fosse toccata tanto lieta. Ella ammirò la felicità delBalli e amò in lui la forza e la serenità che erano le sueprime grandi fortune.Invece il Brentani stava ad udire con amarezza e invidia.

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Pareva che il Balli si vantasse della fortuna come di pro-pria virtù. A Emilio non era toccato mai niente di lietoanzi neppure niente d'inaspettato. Anche la sventura glisi era annunziata da lontano, si era delineata avvicinan-dosi; egli aveva avuto il tempo di guardarla lungamentein faccia, e quando ne era stato colpito – la morte deisuoi più cari o la povertà – egli vi era già preparato. Per-ciò aveva sofferto più a lungo ma con meno intensità ele tante sventure non lo avevano mai scosso dalla suatriste inerzia ch'egli attribuiva a quel destino disperante-mente incolore e uniforme. Ed egli non aveva mai ispi-rato niente di forte, né amore, né odio; il vecchio tantoingiustamente odiato dal Balli non era intervenuto nellasua vita. La gelosia, nel suo animo, crebbe in modoch'egli ne provò persino per l'ammirazione che al Ballidedicava Amalia. Il pranzo divenne molto animato per-ché anche lui vi collaborò. Lottò per conquistarsi l'atten-zione di Amalia.Ma non vi riuscì. Che cosa avrebbe potuto dire che stes-se degnamente accanto alla bizzarra autobiografia delBalli? Nient'altro che la sua passione presente, e non po-tendo parlare di quella, immediatamente egli fu confina-to alla seconda parte ch'era sua per destino. Lo sforzofatto da Emilio non produsse altro che qualche idea cheandò ad ornare il racconto dell'amico. Il quale poi,senz'esserne consapevole, sentì la lotta e divenne sem-pre più vario, colorito, animato. Mai Amalia era statal'oggetto di tante attenzioni. Ella stava ad ascoltare le

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Pareva che il Balli si vantasse della fortuna come di pro-pria virtù. A Emilio non era toccato mai niente di lietoanzi neppure niente d'inaspettato. Anche la sventura glisi era annunziata da lontano, si era delineata avvicinan-dosi; egli aveva avuto il tempo di guardarla lungamentein faccia, e quando ne era stato colpito – la morte deisuoi più cari o la povertà – egli vi era già preparato. Per-ciò aveva sofferto più a lungo ma con meno intensità ele tante sventure non lo avevano mai scosso dalla suatriste inerzia ch'egli attribuiva a quel destino disperante-mente incolore e uniforme. Ed egli non aveva mai ispi-rato niente di forte, né amore, né odio; il vecchio tantoingiustamente odiato dal Balli non era intervenuto nellasua vita. La gelosia, nel suo animo, crebbe in modoch'egli ne provò persino per l'ammirazione che al Ballidedicava Amalia. Il pranzo divenne molto animato per-ché anche lui vi collaborò. Lottò per conquistarsi l'atten-zione di Amalia.Ma non vi riuscì. Che cosa avrebbe potuto dire che stes-se degnamente accanto alla bizzarra autobiografia delBalli? Nient'altro che la sua passione presente, e non po-tendo parlare di quella, immediatamente egli fu confina-to alla seconda parte ch'era sua per destino. Lo sforzofatto da Emilio non produsse altro che qualche idea cheandò ad ornare il racconto dell'amico. Il quale poi,senz'esserne consapevole, sentì la lotta e divenne sem-pre più vario, colorito, animato. Mai Amalia era statal'oggetto di tante attenzioni. Ella stava ad ascoltare le

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confidenze che le faceva lo scultore, e non s'ingannava:le erano fatte proprio per conquistarla ed ella infatti sisentiva tutta sua. Per la mente della grigia fanciulla nonpassarono speranze per l'avvenire. Era proprio del pre-sente che ella gioiva, di quell'ora in cui ella si sentivadesiderata, importante.Uscirono insieme. Emilio avrebbe voluto andarsene colBalli, ma ella gli ricordò la promessa fattale il giorno in-nanzi di condurla con sé. Quella festa non doveva anco-ra terminare. Stefano la spalleggiò. A lui pareva chel'attaccamento per Amalia avrebbe potuto combatterenel Brentani l'influenza di Angiolina, e non ricordavapiù che pochi minuti prima aveva lottato per porsi trafratello e sorella.Ella fu pronta in un batter d'occhio, e aveva trovato an-che il tempo di rassettare sulla fronte i ricci dei capellifini ma piuttosto variamente macchiati che coloriti.Quando, infilando i guanti, invitò il Balli ad uscire, ebbeper lui un sorriso col quale pregava di piacergli.Sulla via ella era più insignificante che mai, vestita tuttadi nero, una piccola piuma bianca nel cappellino. Il Bal-li scherzò sulla piuma. Disse però che gli piaceva e sep-pe celare il malumore che lo colse all'idea di dover attra-versare la città accanto a quella donnetta di un gustotanto perverso da porre un segnale bianco a sì piccoladistanza da terra.L'aria era tepida ma, coperto di una fitta bianca nebbia,

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confidenze che le faceva lo scultore, e non s'ingannava:le erano fatte proprio per conquistarla ed ella infatti sisentiva tutta sua. Per la mente della grigia fanciulla nonpassarono speranze per l'avvenire. Era proprio del pre-sente che ella gioiva, di quell'ora in cui ella si sentivadesiderata, importante.Uscirono insieme. Emilio avrebbe voluto andarsene colBalli, ma ella gli ricordò la promessa fattale il giorno in-nanzi di condurla con sé. Quella festa non doveva anco-ra terminare. Stefano la spalleggiò. A lui pareva chel'attaccamento per Amalia avrebbe potuto combatterenel Brentani l'influenza di Angiolina, e non ricordavapiù che pochi minuti prima aveva lottato per porsi trafratello e sorella.Ella fu pronta in un batter d'occhio, e aveva trovato an-che il tempo di rassettare sulla fronte i ricci dei capellifini ma piuttosto variamente macchiati che coloriti.Quando, infilando i guanti, invitò il Balli ad uscire, ebbeper lui un sorriso col quale pregava di piacergli.Sulla via ella era più insignificante che mai, vestita tuttadi nero, una piccola piuma bianca nel cappellino. Il Bal-li scherzò sulla piuma. Disse però che gli piaceva e sep-pe celare il malumore che lo colse all'idea di dover attra-versare la città accanto a quella donnetta di un gustotanto perverso da porre un segnale bianco a sì piccoladistanza da terra.L'aria era tepida ma, coperto di una fitta bianca nebbia,

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tutta una cappa dello stesso colore, il cielo era veramen-te invernale e Sant'Andrea con quegli alberi dai lunghirami nudi, secchi, non ancora tagliati, e il suolo biancoper la luce impedita e diffusa, sembrava un paesaggio dineve. Riproducendolo e non potendo ridare la mitezzadell'aria, un pittore avrebbe stampata quell'erronea illu-sione.– Fra noi tre conosciamo tutta la città – mormorò il Bal-li. Sul passeggio avevano dovuto rallentare il passo.Così festiva e romorosa e ufficiale, nel grande triste pae-saggio e accanto al vasto mare bianco, quella folla erapoco seria; aveva del formicaio.– È lei che conosce tutti, non noi, – disse Amalia che ri-cordava d'essere venuta spesso a quel passeggiosenz'aver avuto per ciò da stancarsi troppo nei saluti.Tutte le persone che passavano avevano il saluto ami-chevole o rispettoso per il Balli, e i saluti gli venivanoanche dagli equipaggi. Ella si sentiva bene accanto a luie gioiva di quella passeggiata trionfale come se una par-te della riverenza che veniva dimostrata allo scultorefosse stata destinata a lei.– Guai se non fossi venuto! – disse il Balli rispondendocon un bel saluto misurato ad una vecchia signora ches'era sporta dalla carrozza per vederlo. – La gente sareb-be ritornata a casa delusa. – Si era sicuri di trovarlo alpasseggio della domenica ch'egli festeggiava come unoperaio col Brentani il quale gli altri giorni era chiuso in

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tutta una cappa dello stesso colore, il cielo era veramen-te invernale e Sant'Andrea con quegli alberi dai lunghirami nudi, secchi, non ancora tagliati, e il suolo biancoper la luce impedita e diffusa, sembrava un paesaggio dineve. Riproducendolo e non potendo ridare la mitezzadell'aria, un pittore avrebbe stampata quell'erronea illu-sione.– Fra noi tre conosciamo tutta la città – mormorò il Bal-li. Sul passeggio avevano dovuto rallentare il passo.Così festiva e romorosa e ufficiale, nel grande triste pae-saggio e accanto al vasto mare bianco, quella folla erapoco seria; aveva del formicaio.– È lei che conosce tutti, non noi, – disse Amalia che ri-cordava d'essere venuta spesso a quel passeggiosenz'aver avuto per ciò da stancarsi troppo nei saluti.Tutte le persone che passavano avevano il saluto ami-chevole o rispettoso per il Balli, e i saluti gli venivanoanche dagli equipaggi. Ella si sentiva bene accanto a luie gioiva di quella passeggiata trionfale come se una par-te della riverenza che veniva dimostrata allo scultorefosse stata destinata a lei.– Guai se non fossi venuto! – disse il Balli rispondendocon un bel saluto misurato ad una vecchia signora ches'era sporta dalla carrozza per vederlo. – La gente sareb-be ritornata a casa delusa. – Si era sicuri di trovarlo alpasseggio della domenica ch'egli festeggiava come unoperaio col Brentani il quale gli altri giorni era chiuso in

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ufficio.– Ange! – mormorò Amalia ridendo con discrezione.L'aveva riconosciuta alla descrizione che gliene era statafatta e al turbamento di Emilio.– Non ridere! – pregò Emilio con calore e confermandola scoperta di Amalia. Anche lui vedeva qualche cosa dinuovo: il sarto Volpini, un esile omino più insignificanteancora per colpa della splendida figura femminile ac-canto alla quale marciava con un suo passo allungatocon isforzo e vanto. I due uomini salutarono ed il Volpi-ni rispose con esagerata gentilezza. – Ha il colore di An-giolina, – rise il Balli. Emilio protestò: come si potevaconfrontare la paglia del Volpini con l'oro di Angiolina?Si volse e vide che l'Angiolina china, parlava al suocompagno il quale guardava in alto, finalmente nongobbo. Parlavano certo di loro.Soltanto più tardi, quando si trovarono di nuovo in cittàe in procinto di dividersi, Amalia che improvvisamenteera ammutolita sentendosi di nuovo vicina alla sua abi-tuale solitudine, per dire qualche cosa e rompere il silen-zio che già incombeva su lei, domandò chi fosse l'uomoche accompagnava Angiolina. – Suo zio – disse il Bren-tani, serio serio, dopo una lieve esitazione, mentre Ste-fano lo guardava con occhio ironico vedendolo arrossi-re. L'occhio innocente della sorella lo faceva vergogna-re. Come Amalia sarebbe stata sorpresa che il grandeamore del fratello, quell'amore pel quale ella già tanto

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ufficio.– Ange! – mormorò Amalia ridendo con discrezione.L'aveva riconosciuta alla descrizione che gliene era statafatta e al turbamento di Emilio.– Non ridere! – pregò Emilio con calore e confermandola scoperta di Amalia. Anche lui vedeva qualche cosa dinuovo: il sarto Volpini, un esile omino più insignificanteancora per colpa della splendida figura femminile ac-canto alla quale marciava con un suo passo allungatocon isforzo e vanto. I due uomini salutarono ed il Volpi-ni rispose con esagerata gentilezza. – Ha il colore di An-giolina, – rise il Balli. Emilio protestò: come si potevaconfrontare la paglia del Volpini con l'oro di Angiolina?Si volse e vide che l'Angiolina china, parlava al suocompagno il quale guardava in alto, finalmente nongobbo. Parlavano certo di loro.Soltanto più tardi, quando si trovarono di nuovo in cittàe in procinto di dividersi, Amalia che improvvisamenteera ammutolita sentendosi di nuovo vicina alla sua abi-tuale solitudine, per dire qualche cosa e rompere il silen-zio che già incombeva su lei, domandò chi fosse l'uomoche accompagnava Angiolina. – Suo zio – disse il Bren-tani, serio serio, dopo una lieve esitazione, mentre Ste-fano lo guardava con occhio ironico vedendolo arrossi-re. L'occhio innocente della sorella lo faceva vergogna-re. Come Amalia sarebbe stata sorpresa che il grandeamore del fratello, quell'amore pel quale ella già tanto

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aveva sofferto, fosse fatto a quel modo.– Grazie! – disse Amalia congedandosi da Stefano. Oh,quale ricordo dolce di quelle ore le sarebbe rimasto se,per disgrazia, non si fosse accorta che in quel momentoil Balli non poteva parlare perché in lotta con uno sbadi-glio che gli paralizzava la bocca. – Ella s'è annoiato.Tanto più la ringrazio. Umile e buona tanto, commosseStefano il quale si sentì subito di volerle bene. Spiegòche lo sbadiglio in lui era affare di nervi. Le avrebbeprovato ch'egli non s'annoiava in loro compagnia, se losarebbero trovato molto spesso fra' piedi.Infatti mantenne la parola. Sarebbe stato difficile direperché egli ogni giorno facesse quelle scale per andare aprendere il caffè dai Brentani. Era gelosia, probabilmen-te; egli lottava per conservarsi l'amicizia d'Emilio. MaAmalia non poteva indovinare tutto ciò. Ella ritenevach'egli venisse più spesso da loro per il più semplice af-fetto per il fratello, affetto di cui ella stessa godeva per-ché una parte riverberava su di lei.Tra fratello e sorella non vi furono più diverbi. Emilio –e cieco com'era non ne ebbe alcuna sorpresa, – sentì chela sorella lo sopportava, lo comprendeva meglio; anzisentì che la novella benevolenza si estendeva persino alsuo amore. Quando egli le parlava di questo, il volto diAmalia si rischiarava, luceva. Ella cercava di farlo par-lare d'amore, e non gli diceva mai ch'egli si guardasse oche dovesse lasciare Angiolina. Perché avrebbe dovuto

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aveva sofferto, fosse fatto a quel modo.– Grazie! – disse Amalia congedandosi da Stefano. Oh,quale ricordo dolce di quelle ore le sarebbe rimasto se,per disgrazia, non si fosse accorta che in quel momentoil Balli non poteva parlare perché in lotta con uno sbadi-glio che gli paralizzava la bocca. – Ella s'è annoiato.Tanto più la ringrazio. Umile e buona tanto, commosseStefano il quale si sentì subito di volerle bene. Spiegòche lo sbadiglio in lui era affare di nervi. Le avrebbeprovato ch'egli non s'annoiava in loro compagnia, se losarebbero trovato molto spesso fra' piedi.Infatti mantenne la parola. Sarebbe stato difficile direperché egli ogni giorno facesse quelle scale per andare aprendere il caffè dai Brentani. Era gelosia, probabilmen-te; egli lottava per conservarsi l'amicizia d'Emilio. MaAmalia non poteva indovinare tutto ciò. Ella ritenevach'egli venisse più spesso da loro per il più semplice af-fetto per il fratello, affetto di cui ella stessa godeva per-ché una parte riverberava su di lei.Tra fratello e sorella non vi furono più diverbi. Emilio –e cieco com'era non ne ebbe alcuna sorpresa, – sentì chela sorella lo sopportava, lo comprendeva meglio; anzisentì che la novella benevolenza si estendeva persino alsuo amore. Quando egli le parlava di questo, il volto diAmalia si rischiarava, luceva. Ella cercava di farlo par-lare d'amore, e non gli diceva mai ch'egli si guardasse oche dovesse lasciare Angiolina. Perché avrebbe dovuto

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lasciare Angiolina visto ch'ella era la felicità? Un giornodomandò di conoscerla, e più volte ne espresse poi il de-siderio; ma Emilio si guardò bene dal compiacerla. Ellanon sapeva di quella donna se non ch'era un essere mol-to differente da lei, più forte, più vitale, e ad Emiliopiacque di aver creata nella sua mente un'Angiolina bendiversa dalla reale. Quando si trovava con la sorella,amava quell'immagine, l'abbelliva, vi aggiungeva tuttele qualità che gli sarebbe piaciuto di trovare in Angioli-na, e quando capì che anche Amalia collaborava a quel-la costruzione artificiale, ne gioì vivamente.Sentendo parlare di una donna che, per appartenere adun uomo che amava, aveva vinti tutti gli ostacoli, pre-giudizi di casta e d'interessi, ella disse in un orecchio adEmilio: – Somiglia ad Angiolina.«Oh, le somigliasse!», pensò Emilio mentre atteggiavala faccia a consenso. Poi si convinse che le somigliavadi fatto o almeno, che, cresciuta in altro ambiente, le sa-rebbe somigliata, e finì col sorridere. Perché avrebbedovuto supporre che Angiolina si sarebbe lasciata fer-mare da pregiudizi? Attraverso al pensiero nobilitante diAmalia, il suo amore per Angiolina s'adornò in qualchemomento di tutte le illusioni.Invece quella donna che abbatteva tutti gli ostacoli so-migliava ad Amalia stessa. Nelle sue mani lunghe ebianche essa sentiva una forza enorme, tale da spezzarele più forti catene. Nella sua vita non c'erano però cate-

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lasciare Angiolina visto ch'ella era la felicità? Un giornodomandò di conoscerla, e più volte ne espresse poi il de-siderio; ma Emilio si guardò bene dal compiacerla. Ellanon sapeva di quella donna se non ch'era un essere mol-to differente da lei, più forte, più vitale, e ad Emiliopiacque di aver creata nella sua mente un'Angiolina bendiversa dalla reale. Quando si trovava con la sorella,amava quell'immagine, l'abbelliva, vi aggiungeva tuttele qualità che gli sarebbe piaciuto di trovare in Angioli-na, e quando capì che anche Amalia collaborava a quel-la costruzione artificiale, ne gioì vivamente.Sentendo parlare di una donna che, per appartenere adun uomo che amava, aveva vinti tutti gli ostacoli, pre-giudizi di casta e d'interessi, ella disse in un orecchio adEmilio: – Somiglia ad Angiolina.«Oh, le somigliasse!», pensò Emilio mentre atteggiavala faccia a consenso. Poi si convinse che le somigliavadi fatto o almeno, che, cresciuta in altro ambiente, le sa-rebbe somigliata, e finì col sorridere. Perché avrebbedovuto supporre che Angiolina si sarebbe lasciata fer-mare da pregiudizi? Attraverso al pensiero nobilitante diAmalia, il suo amore per Angiolina s'adornò in qualchemomento di tutte le illusioni.Invece quella donna che abbatteva tutti gli ostacoli so-migliava ad Amalia stessa. Nelle sue mani lunghe ebianche essa sentiva una forza enorme, tale da spezzarele più forti catene. Nella sua vita non c'erano però cate-

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ne; ella era del tutto libera, e nessuno le chiedeva né ri-soluzione, né forza, né amore. Come avrebbe finitocoll'espandersi quella grande forza chiusa in quel deboleorganismo?Intanto il Balli centellinava il caffè, sdraiato nel vecchioseggiolone, in un grande benessere, ricordando che inquell'ora egli aveva avuta la mala abitudine di discuterecon gli artisti al caffè. Come si stava meglio là, fra quel-le persone miti che lo ammiravano e amavano!Altrettanto disgraziato fu l'intervento del Balli fra i dueamanti. Nella sua breve relazione con Angiolina, eglis'era conquistato il diritto di dirle un mondo d'insolenzech'ella subiva sorridente, nient'affatto offesa. Dapprimas'era accontentato di dirgliele in toscano, aspirando e ad-dolcendo, e a lei erano sembrate carezze; ma anchequando le capitarono addosso in buon triestino, dure esboccate, ella non se ne adontò. Ella sentiva – ancheEmilio lo sentiva – ch'erano dette senza fiele di sorta, unmodo qualunque d'atteggiare la bocca, un'abitudine in-nocua di muoverla. E quest'era il peggio. Una sera, Emi-lio, non potendone più, pregò il Balli finalmente di nonaccompagnarsi a loro. – Soffro troppo di vederla vili-pendere a quel modo.– Davvero? – chiese il Balli facendo tanto d'occhi. Egli,come sempre dimentico, di nuovo aveva creduto di do-ver comportarsi così per curare Emilio. Si lasciò convin-cere e per qualche tempo non andò a turbare i loro amo-

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ne; ella era del tutto libera, e nessuno le chiedeva né ri-soluzione, né forza, né amore. Come avrebbe finitocoll'espandersi quella grande forza chiusa in quel deboleorganismo?Intanto il Balli centellinava il caffè, sdraiato nel vecchioseggiolone, in un grande benessere, ricordando che inquell'ora egli aveva avuta la mala abitudine di discuterecon gli artisti al caffè. Come si stava meglio là, fra quel-le persone miti che lo ammiravano e amavano!Altrettanto disgraziato fu l'intervento del Balli fra i dueamanti. Nella sua breve relazione con Angiolina, eglis'era conquistato il diritto di dirle un mondo d'insolenzech'ella subiva sorridente, nient'affatto offesa. Dapprimas'era accontentato di dirgliele in toscano, aspirando e ad-dolcendo, e a lei erano sembrate carezze; ma anchequando le capitarono addosso in buon triestino, dure esboccate, ella non se ne adontò. Ella sentiva – ancheEmilio lo sentiva – ch'erano dette senza fiele di sorta, unmodo qualunque d'atteggiare la bocca, un'abitudine in-nocua di muoverla. E quest'era il peggio. Una sera, Emi-lio, non potendone più, pregò il Balli finalmente di nonaccompagnarsi a loro. – Soffro troppo di vederla vili-pendere a quel modo.– Davvero? – chiese il Balli facendo tanto d'occhi. Egli,come sempre dimentico, di nuovo aveva creduto di do-ver comportarsi così per curare Emilio. Si lasciò convin-cere e per qualche tempo non andò a turbare i loro amo-

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ri. – Io non so comportarmi altrimenti con una donna si-mile. – Ma allora Emilio si vergognò e piuttosto checonfessarsi tanto debole, si rassegnò a sopportare il con-tegno dell'amico.– Vieni talvolta con Margherita.La cosiddetta cena dei vitelli si ripeté di frequente, negliepisodi molto simile alla prima, Emilio condannato alsilenzio, Margherita e Angiolina in ginocchio dinanzi alBalli.Una sera però il Balli non gridò, non comandò, non sifece adorare e fu per la prima volta il compagno ch'Emi-lio avrebbe potuto sopportare. – Come devi sentirti ama-to da Margherita! – gli disse quest'ultimo al ritorno perdirgli qualche cosa di gradito. Le due donne cammina-vano a pochi passi da loro.– Disgraziatamente – disse il Balli con pacatezza, – cre-do ch'ella ami anche molti altri come ama me. È un ani-mo gentilissimo. – Emilio cadeva dalle nuvole. – Stazitto adesso! – disse il Balli vedendo che le due donnes'erano fermate per attenderli.Il giorno appresso, in un istante in cui Amalia aveva do-vuto andare in cucina, il Balli raccontò che per un caso,l'errore di un fattorino, egli aveva scoperto che Marghe-rita dava degli appuntamenti ad un altro – precisamenteun artista – disse egli con rabbia. – Ciò mi rattristò pro-fondamente. È un'infamia d'esser trattato così. Mi posi afare delle indagini e quando credetti di aver scoperto il

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ri. – Io non so comportarmi altrimenti con una donna si-mile. – Ma allora Emilio si vergognò e piuttosto checonfessarsi tanto debole, si rassegnò a sopportare il con-tegno dell'amico.– Vieni talvolta con Margherita.La cosiddetta cena dei vitelli si ripeté di frequente, negliepisodi molto simile alla prima, Emilio condannato alsilenzio, Margherita e Angiolina in ginocchio dinanzi alBalli.Una sera però il Balli non gridò, non comandò, non sifece adorare e fu per la prima volta il compagno ch'Emi-lio avrebbe potuto sopportare. – Come devi sentirti ama-to da Margherita! – gli disse quest'ultimo al ritorno perdirgli qualche cosa di gradito. Le due donne cammina-vano a pochi passi da loro.– Disgraziatamente – disse il Balli con pacatezza, – cre-do ch'ella ami anche molti altri come ama me. È un ani-mo gentilissimo. – Emilio cadeva dalle nuvole. – Stazitto adesso! – disse il Balli vedendo che le due donnes'erano fermate per attenderli.Il giorno appresso, in un istante in cui Amalia aveva do-vuto andare in cucina, il Balli raccontò che per un caso,l'errore di un fattorino, egli aveva scoperto che Marghe-rita dava degli appuntamenti ad un altro – precisamenteun artista – disse egli con rabbia. – Ciò mi rattristò pro-fondamente. È un'infamia d'esser trattato così. Mi posi afare delle indagini e quando credetti di aver scoperto il

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mio rivale, trovai che nel frattempo erano divenuti due.La cosa diventava molto più innocente. Allora per laprima volta mi degnai di fare delle indagini sulla fami-glia di Margherita e trovai ch'era composta della madree di una caterva di sorelle giovanissime. Capisci? Elladeve provvedere all'educazione di tutte quelle ragazze. –Poi il Balli, con voce profonda dalla commozione, con-cluse: – Figurati che da me ella non ha voluto accettareun centesimo. Voglio che confessi, mi racconti tutto. Labacerò un'ultima volta, le dirò di non serbarle alcun ran-core, e la lascerò conservando di essa il più dolce ricor-do. – Poi, subito, fumando egli si rasserenò e quandoAmalia rientrò, egli canterellava a mezza voce:

Pria confessi il delitto e poscia muoia!

La stessa sera Emilio raccontò la storia di Margherita adAngiolina. Ella ebbe un impeto di gioia che le fu impos-sibile di celare. Poi capì essa stessa che doveva farsiperdonare da Emilio un tale movimento. Ma fu difficile.Come era doloroso per lui di veder lo scultore conqui-starsi giuocando e ridendo quello ch'egli non poteva ot-tenere a prezzo di tanti dolori!Del resto egli passava allora un periodo di strana illusio-ne con Angiolina. Un sogno, di quelli cui egli era tantoesposto in piena veglia, gli faceva credere d'essere statolui il corruttore della fanciulla. Infatti, subito, le primesere in cui l'aveva avvicinata, egli le aveva tenuti queimagnifici discorsi sulle donne oneste e sull'interesse.

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mio rivale, trovai che nel frattempo erano divenuti due.La cosa diventava molto più innocente. Allora per laprima volta mi degnai di fare delle indagini sulla fami-glia di Margherita e trovai ch'era composta della madree di una caterva di sorelle giovanissime. Capisci? Elladeve provvedere all'educazione di tutte quelle ragazze. –Poi il Balli, con voce profonda dalla commozione, con-cluse: – Figurati che da me ella non ha voluto accettareun centesimo. Voglio che confessi, mi racconti tutto. Labacerò un'ultima volta, le dirò di non serbarle alcun ran-core, e la lascerò conservando di essa il più dolce ricor-do. – Poi, subito, fumando egli si rasserenò e quandoAmalia rientrò, egli canterellava a mezza voce:

Pria confessi il delitto e poscia muoia!

La stessa sera Emilio raccontò la storia di Margherita adAngiolina. Ella ebbe un impeto di gioia che le fu impos-sibile di celare. Poi capì essa stessa che doveva farsiperdonare da Emilio un tale movimento. Ma fu difficile.Come era doloroso per lui di veder lo scultore conqui-starsi giuocando e ridendo quello ch'egli non poteva ot-tenere a prezzo di tanti dolori!Del resto egli passava allora un periodo di strana illusio-ne con Angiolina. Un sogno, di quelli cui egli era tantoesposto in piena veglia, gli faceva credere d'essere statolui il corruttore della fanciulla. Infatti, subito, le primesere in cui l'aveva avvicinata, egli le aveva tenuti queimagnifici discorsi sulle donne oneste e sull'interesse.

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Egli non poteva sapere come ella fosse stata prima divenire alla sua scuola. Come non aveva capito che An-giolina onesta significava Angiolina sua? Ricominciò ilsermone che aveva interrotto, ma su tutt'altro tono. Benpresto s'accorse che le teorie fredde e complesse non fa-cevano per Angiolina. Lungamente pensò il metodo daseguire per rieducarla. Nel sogno egli l'accarezzavacome se già l'avesse resa degna di lui. Tentò di fare al-trettanto nella realtà. Infatti il miglior metodo dovevaconsistere nel farle sentire che dolcezza sia il rispettoper darle il desiderio di conquistarselo. Perciò egli sitrovava allora eternamente in ginocchio dinanzi a leiproprio nella posizione in cui sarebbe stato più facil-mente abbattuto il giorno in cui Angiolina avesse credu-to opportuno di dargli un calcio.

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Egli non poteva sapere come ella fosse stata prima divenire alla sua scuola. Come non aveva capito che An-giolina onesta significava Angiolina sua? Ricominciò ilsermone che aveva interrotto, ma su tutt'altro tono. Benpresto s'accorse che le teorie fredde e complesse non fa-cevano per Angiolina. Lungamente pensò il metodo daseguire per rieducarla. Nel sogno egli l'accarezzavacome se già l'avesse resa degna di lui. Tentò di fare al-trettanto nella realtà. Infatti il miglior metodo dovevaconsistere nel farle sentire che dolcezza sia il rispettoper darle il desiderio di conquistarselo. Perciò egli sitrovava allora eternamente in ginocchio dinanzi a leiproprio nella posizione in cui sarebbe stato più facil-mente abbattuto il giorno in cui Angiolina avesse credu-to opportuno di dargli un calcio.

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Capitolo VI

Una sera, al principio di Gennaio, il Balli, con un infini-to malumore, camminava soletto l'Acquedotto. Gli man-cava la compagnia d'Emilio il quale aveva accompagna-ta la sorella ad una visita, e Margherita ancora non erastata rimpiazzata.Il cielo era chiaro ad onta dello scirocco che incombevagià dalla mattina sulla città. Pareva impossibile che aquella temperatura fredda e umida resistesse il tisicocarnevale iniziatosi quella sera con un primo ballo ma-scherato. – Oh, avere qui un cane per far addentare queipolpacci! – pensò il Balli vedendo passare due pierret-tes con le gambe nude. Quel carnevale, perché meschi-no, gli dava un'ira da moralista; più tardi, molto più tar-di, anche lui vi avrebbe partecipato, dimentico del tuttodi quell'ira, innamorato del lusso e dei colori. Ma intan-to ricordava d'assistere al preludio di una triste comme-dia. Incominciava a formarsi il vortice che per un istanteavrebbe sottratto l'operaio, la sartina, il povero borghesealla noia della vita volgare per condurli poi al dolore.Ammaccati, sperduti, alcuni sarebbero ritornati all'anti-ca vita divenuta però più greve; gli altri non avrebberotrovato mai più la quaresima.Sbadigliò di nuovo; anche il proprio pensiero l'annoiava.– Sa di scirocco – pensò e guardò di nuovo la luna lumi-

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Capitolo VI

Una sera, al principio di Gennaio, il Balli, con un infini-to malumore, camminava soletto l'Acquedotto. Gli man-cava la compagnia d'Emilio il quale aveva accompagna-ta la sorella ad una visita, e Margherita ancora non erastata rimpiazzata.Il cielo era chiaro ad onta dello scirocco che incombevagià dalla mattina sulla città. Pareva impossibile che aquella temperatura fredda e umida resistesse il tisicocarnevale iniziatosi quella sera con un primo ballo ma-scherato. – Oh, avere qui un cane per far addentare queipolpacci! – pensò il Balli vedendo passare due pierret-tes con le gambe nude. Quel carnevale, perché meschi-no, gli dava un'ira da moralista; più tardi, molto più tar-di, anche lui vi avrebbe partecipato, dimentico del tuttodi quell'ira, innamorato del lusso e dei colori. Ma intan-to ricordava d'assistere al preludio di una triste comme-dia. Incominciava a formarsi il vortice che per un istanteavrebbe sottratto l'operaio, la sartina, il povero borghesealla noia della vita volgare per condurli poi al dolore.Ammaccati, sperduti, alcuni sarebbero ritornati all'anti-ca vita divenuta però più greve; gli altri non avrebberotrovato mai più la quaresima.Sbadigliò di nuovo; anche il proprio pensiero l'annoiava.– Sa di scirocco – pensò e guardò di nuovo la luna lumi-

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nosa che poggiava sul monte come su un piedestallo.Ma il suo occhio si fermò su tre figure che scendevanol'Acquedotto. Lo colpirono perché subito s'accorse chetutt'e tre si tenevano per mano. Un uomo tozzo e piccoloin mezzo, due donne, due figure slanciate, ai lati; parevaun'ironia ch'egli si propose di scolpire. Avrebbe vestitele due donne alla greca, l'uomo in una giubba moderna;avrebbe dato alle donne il riso forte delle baccanti,all'uomo avrebbe stampato in faccia la fatica e la noia.Ma avvicinatesi le figure, egli dimenticò del tutto quellavisione. Una delle donne era Angiolina, l'altra certa Giu-lia, una ragazza non bella che Angiolina aveva fatta co-noscere al Balli e ad Emilio. Non conosceva l'uomo chepassò a pochi passi da lui, la testa alta e sorridente, ve-neranda per una grande barba bruna. Non era il Volpinich'era fulvo.Giolona rideva di cuore col suo riso sonoro e dolce; cer-to l'uomo era là per lei, e a Giulia veniva premuta lamano soltanto in grazia sua. Il Balli lo credette ferma-mente senza però saperne dire il perché, la propria forzad'osservazione lo divertì tanto che dimenticò la noia ditutta la serata. – Ecco un'occupazione originale; farò laspia! – Li seguì tenendosi nell'ombra sotto gli alberi.Giolona rideva assai, quasi ininterrottamente, mentreGiulia, per prendere parte alla conversazione, si proten-deva perché i due alla sua destra troppo spesso si dimen-ticavano di lei.

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nosa che poggiava sul monte come su un piedestallo.Ma il suo occhio si fermò su tre figure che scendevanol'Acquedotto. Lo colpirono perché subito s'accorse chetutt'e tre si tenevano per mano. Un uomo tozzo e piccoloin mezzo, due donne, due figure slanciate, ai lati; parevaun'ironia ch'egli si propose di scolpire. Avrebbe vestitele due donne alla greca, l'uomo in una giubba moderna;avrebbe dato alle donne il riso forte delle baccanti,all'uomo avrebbe stampato in faccia la fatica e la noia.Ma avvicinatesi le figure, egli dimenticò del tutto quellavisione. Una delle donne era Angiolina, l'altra certa Giu-lia, una ragazza non bella che Angiolina aveva fatta co-noscere al Balli e ad Emilio. Non conosceva l'uomo chepassò a pochi passi da lui, la testa alta e sorridente, ve-neranda per una grande barba bruna. Non era il Volpinich'era fulvo.Giolona rideva di cuore col suo riso sonoro e dolce; cer-to l'uomo era là per lei, e a Giulia veniva premuta lamano soltanto in grazia sua. Il Balli lo credette ferma-mente senza però saperne dire il perché, la propria forzad'osservazione lo divertì tanto che dimenticò la noia ditutta la serata. – Ecco un'occupazione originale; farò laspia! – Li seguì tenendosi nell'ombra sotto gli alberi.Giolona rideva assai, quasi ininterrottamente, mentreGiulia, per prendere parte alla conversazione, si proten-deva perché i due alla sua destra troppo spesso si dimen-ticavano di lei.

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Presto non ci fu più bisogno di grande forza d'osserva-zione. A pochi passi dal caffè all'Acquedotto s'erano fer-mati. L'uomo lasciò la mano di Giulia, che discretamen-te si trasse in disparte e prese nelle sue gambe le mani diAngiolina. Cercava di ottenere qualche cosa da lei, e adogni tratto portava la sua ispida barba accanto alla fac-cia di Angiolina; da lungi parevano baci. Poscia i tre siriunirono ed entrarono nel caffè.S'erano seduti nella prima stanza accanto alla portad'ingresso, ma in modo che il Balli non vedeva che la te-sta dell'uomo. Quella però in piena luce. Una faccia neranera incorniciata dalla barba abbondante che gli arriva-va fin sotto agli occhi, ma la testa calva e lucente e gial-la. – L'ombrellaio di via Barriera! – rise il Balli. Un om-brellaio rivale di Emilio Brentani. Ma tanto meglio per-ché quel mestiere avrebbe guarito Emilio. Il Balli pensoche gli avrebbe saputo rendere l'avventura tanto ridicolache Emilio ne avrebbe riso e non sofferto. Il Balli nondubitava affatto del proprio spirito.L'ombrellaio guardava solo da una parte e, con la suacoscienza di spia onesta, il Balli volle accertarsi che daquella parte si trovasse Angiolina; perciò entrò. Era pro-prio dessa che sedeva addossata alla parete; Giulia, se-duta in faccia, perfettamente isolata, centellinava da unbicchierino un liquor trasparente e denso. Ma, tuttavia,ad onta della grande attenzione che ci metteva, ella erameno distratta degli altri due. Fu lei ad accorgersi delBalli e a dar l'allarme. Troppo tardi. Egli s'era potuto ac-

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Presto non ci fu più bisogno di grande forza d'osserva-zione. A pochi passi dal caffè all'Acquedotto s'erano fer-mati. L'uomo lasciò la mano di Giulia, che discretamen-te si trasse in disparte e prese nelle sue gambe le mani diAngiolina. Cercava di ottenere qualche cosa da lei, e adogni tratto portava la sua ispida barba accanto alla fac-cia di Angiolina; da lungi parevano baci. Poscia i tre siriunirono ed entrarono nel caffè.S'erano seduti nella prima stanza accanto alla portad'ingresso, ma in modo che il Balli non vedeva che la te-sta dell'uomo. Quella però in piena luce. Una faccia neranera incorniciata dalla barba abbondante che gli arriva-va fin sotto agli occhi, ma la testa calva e lucente e gial-la. – L'ombrellaio di via Barriera! – rise il Balli. Un om-brellaio rivale di Emilio Brentani. Ma tanto meglio per-ché quel mestiere avrebbe guarito Emilio. Il Balli pensoche gli avrebbe saputo rendere l'avventura tanto ridicolache Emilio ne avrebbe riso e non sofferto. Il Balli nondubitava affatto del proprio spirito.L'ombrellaio guardava solo da una parte e, con la suacoscienza di spia onesta, il Balli volle accertarsi che daquella parte si trovasse Angiolina; perciò entrò. Era pro-prio dessa che sedeva addossata alla parete; Giulia, se-duta in faccia, perfettamente isolata, centellinava da unbicchierino un liquor trasparente e denso. Ma, tuttavia,ad onta della grande attenzione che ci metteva, ella erameno distratta degli altri due. Fu lei ad accorgersi delBalli e a dar l'allarme. Troppo tardi. Egli s'era potuto ac-

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corgere che le due mani s'erano unite di nuovo sotto iltavolo ed era stato colpito dall'espressione affettuosacon cui Angiolina guardava l'ombrellaio. Emilio avevaragione; quegli occhi crepitavano come se nella lorofiamma qualche cosa bruciasse. Il Balli invidiò l'ombrel-laio. Come egli si sarebbe trovato meglio a quel postoche non al proprio!Giulia lo salutò: – Buona sera! – Egli fu indignatoall'accorgersi ch'ella si aspettava di essere avvicinata dalui. Per poter stare con Emilio e con Angiolina eglil'aveva sopportata per una sera. Lentamente uscì, salu-tando Angiolina con un breve cenno del capo. Ella s'eraquasi rannicchiata al suo posto per sembrare lontana dalsuo compagno e guardava il Balli con grandi occhiespressivi, pronta a sorridergli solo ch'egli gliene avessedato l'esempio. Ma egli non sorrise e, guardando altro-ve, senza rispondere ad un saluto dell'ombrellaio, passòoltre. «Come siamo stati espressivi!», pensò. «Ella m'hapregato di non parlare ad Emilio di quest'incontro ed iole ho risposto che gliene avrei parlato non appena loavessi veduto.»Guardò di nuovo l'ombrellaio, in mezzo a quella calvi-zie e a quel pelo una faccia di cuor contento. – Oh, seEmilio l'avesse vista!– Buona sera signor Balli – sentì dietro di sé un salutoriverente. Si volse. Era Michele. Capitava in buon pun-to.

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corgere che le due mani s'erano unite di nuovo sotto iltavolo ed era stato colpito dall'espressione affettuosacon cui Angiolina guardava l'ombrellaio. Emilio avevaragione; quegli occhi crepitavano come se nella lorofiamma qualche cosa bruciasse. Il Balli invidiò l'ombrel-laio. Come egli si sarebbe trovato meglio a quel postoche non al proprio!Giulia lo salutò: – Buona sera! – Egli fu indignatoall'accorgersi ch'ella si aspettava di essere avvicinata dalui. Per poter stare con Emilio e con Angiolina eglil'aveva sopportata per una sera. Lentamente uscì, salu-tando Angiolina con un breve cenno del capo. Ella s'eraquasi rannicchiata al suo posto per sembrare lontana dalsuo compagno e guardava il Balli con grandi occhiespressivi, pronta a sorridergli solo ch'egli gliene avessedato l'esempio. Ma egli non sorrise e, guardando altro-ve, senza rispondere ad un saluto dell'ombrellaio, passòoltre. «Come siamo stati espressivi!», pensò. «Ella m'hapregato di non parlare ad Emilio di quest'incontro ed iole ho risposto che gliene avrei parlato non appena loavessi veduto.»Guardò di nuovo l'ombrellaio, in mezzo a quella calvi-zie e a quel pelo una faccia di cuor contento. – Oh, seEmilio l'avesse vista!– Buona sera signor Balli – sentì dietro di sé un salutoriverente. Si volse. Era Michele. Capitava in buon pun-to.

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Con sùbita decisione, il Balli lo pregò di andare da Emi-lio Brentani; se era in casa di condurlo subito con sé, ese non c'era di attenderlo finché non fosse venuto. Mi-chele si prese appena il tempo di ascoltare l'ordine e simise a correre.Impaziente, il Balli s'appoggiò ad un albero di faccia alcaffè. Avrebbe saputo impedire lui che Emilio se laprendesse con l'ombrellaio o con Angiolina. Sperava disaper renderlo calmo e libero per sempre da quel lega-me.Giulia era venuta alla porta e guardò attentamente a séd'intorno; ma, trovandosi in piena luce e il Ballinell'ombra, non lo scorse. Il Balli stette immobile nonimportandogli di celarsi. Giulia rientrò e uscì poi ac-compagnata da Angiolina e dall'ombrellaio che ora nonosava più tenere per mano la sua amata. Si diressero conpasso più celere verso il caffè Chiozza. Fuggivano! Finoal Chiozza il compito del Balli restò facile perché Emi-lio doveva venire per quella via; ma quando piegarono adestra, verso la stazione, allora il Balli si trovò in grandeimbarazzo. L'impazienza lo rese iroso. – Se Emilio nonviene in tempo, congedo Michele.Fino a un certo punto fu aiutato dalla sua ottima vista. –Ah, canaglie! – mormorò irritato accorgendosi chel'ombrellaio si sentiva di nuovo sicuro tanto da riafferra-re la mano d'Angiolina. Poco dopo li perdette di vistanell'ombra proiettata dalle alte case, e quando capitò fi-

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Con sùbita decisione, il Balli lo pregò di andare da Emi-lio Brentani; se era in casa di condurlo subito con sé, ese non c'era di attenderlo finché non fosse venuto. Mi-chele si prese appena il tempo di ascoltare l'ordine e simise a correre.Impaziente, il Balli s'appoggiò ad un albero di faccia alcaffè. Avrebbe saputo impedire lui che Emilio se laprendesse con l'ombrellaio o con Angiolina. Sperava disaper renderlo calmo e libero per sempre da quel lega-me.Giulia era venuta alla porta e guardò attentamente a séd'intorno; ma, trovandosi in piena luce e il Ballinell'ombra, non lo scorse. Il Balli stette immobile nonimportandogli di celarsi. Giulia rientrò e uscì poi ac-compagnata da Angiolina e dall'ombrellaio che ora nonosava più tenere per mano la sua amata. Si diressero conpasso più celere verso il caffè Chiozza. Fuggivano! Finoal Chiozza il compito del Balli restò facile perché Emi-lio doveva venire per quella via; ma quando piegarono adestra, verso la stazione, allora il Balli si trovò in grandeimbarazzo. L'impazienza lo rese iroso. – Se Emilio nonviene in tempo, congedo Michele.Fino a un certo punto fu aiutato dalla sua ottima vista. –Ah, canaglie! – mormorò irritato accorgendosi chel'ombrellaio si sentiva di nuovo sicuro tanto da riafferra-re la mano d'Angiolina. Poco dopo li perdette di vistanell'ombra proiettata dalle alte case, e quando capitò fi-

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nalmente Emilio, sapendo di non poter più raggiungerli,lo accolse con le parole: – Peccato! Hai perduto unospettacolo che sarebbe stato salutifero per te. Poi si misea canticchiare. – Sì, vendetta, tremenda vendetta... e,forse sperando ch'essi si sarebbero fermati ad aspettarli,trascinò seco Emilio verso la stazione.Emilio aveva capito che si trattava di Angiolina. Accon-sentì a camminare accanto al Balli facendo delle doman-de come se non avesse avuto il più lontano sospetto del-la verità. Poi comprese: il nodo che gli serrava la golaera prodotto dal duro ridicolo che lo colpiva. Oh, primadi tutto liberarsi da quello! Si fermò ostinato. Voleva sa-pere di che cosa si trattasse altrimenti non si sarebbemosso di là. Gli dicesse tutto con franchezza. Si trattavadi Angiolina nevvero? – Tutto quanto me ne puoi dire tunon arriva certo a quanto ne so io – e rise. – Cessa dun-que da questa commedia.Fu soddisfatto di se stesso specialmente quando si ac-corse d'aver subito ottenuto dal Balli quello che voleva.Divenuto serio, costui gli raccontò del caso per cui s'eraimbattuto in Angiolina e l'aveva colta in flagrante. Inun'alcova la cosa non sarebbe potuta essere più chiara. –Quell'uomo era là per Angiolina e non per Giulia, anziAngiolina era là per lui. Come gli accarezzava le mani ecome la guardava! Non era mica il Volpini, sai. –S'interruppe per guardare Emilio ed esaminare se forsela calma che gli scorgeva non fosse derivata dalla pre-sunzione che l'uomo col quale lo si tradiva fosse il Vol-

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nalmente Emilio, sapendo di non poter più raggiungerli,lo accolse con le parole: – Peccato! Hai perduto unospettacolo che sarebbe stato salutifero per te. Poi si misea canticchiare. – Sì, vendetta, tremenda vendetta... e,forse sperando ch'essi si sarebbero fermati ad aspettarli,trascinò seco Emilio verso la stazione.Emilio aveva capito che si trattava di Angiolina. Accon-sentì a camminare accanto al Balli facendo delle doman-de come se non avesse avuto il più lontano sospetto del-la verità. Poi comprese: il nodo che gli serrava la golaera prodotto dal duro ridicolo che lo colpiva. Oh, primadi tutto liberarsi da quello! Si fermò ostinato. Voleva sa-pere di che cosa si trattasse altrimenti non si sarebbemosso di là. Gli dicesse tutto con franchezza. Si trattavadi Angiolina nevvero? – Tutto quanto me ne puoi dire tunon arriva certo a quanto ne so io – e rise. – Cessa dun-que da questa commedia.Fu soddisfatto di se stesso specialmente quando si ac-corse d'aver subito ottenuto dal Balli quello che voleva.Divenuto serio, costui gli raccontò del caso per cui s'eraimbattuto in Angiolina e l'aveva colta in flagrante. Inun'alcova la cosa non sarebbe potuta essere più chiara. –Quell'uomo era là per Angiolina e non per Giulia, anziAngiolina era là per lui. Come gli accarezzava le mani ecome la guardava! Non era mica il Volpini, sai. –S'interruppe per guardare Emilio ed esaminare se forsela calma che gli scorgeva non fosse derivata dalla pre-sunzione che l'uomo col quale lo si tradiva fosse il Vol-

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pini.Emilio continuava a prestar orecchio fingendo di esseresorpreso da tale notizia. – Ne sei poi sicuro? – chiesecoscienziosamente. Sapeva che il Volpini non si trovavaa Trieste, e perciò non aveva neppure pensato a lui.– Oh, bella! Conosco il Volpini e poi conosco anchequest'altro. L'ombrellaio di Barriera Vecchia. Quellodelle ombrelle ordinarie, colorite. – Qui venne una de-scrizione particolareggiata dell'ombrellaio alla doppialuce gialla del gas e degli occhi di Angiolina. Calvo epur tanto nero! – È un mostro in natura perché restanero in qualunque luce lo si vegga. – Il Balli terminò ilsuo racconto: – Giacché non v'è ragione di aver compas-sione di te, ne provo unicamente per quella povera Giu-lia. L'ombrellaio non ha un amico come me cui addossa-re le brutte appendici delle sue belle avventure. Fu lei lamaltrattata! Dovette contentarsi di un bicchierino di ro-solio, mentre Angiolina con grande apparato si fece dareun cioccolatte e una grande quantità di focacce.Ed Emilio sembrava prendere interesse a tutte le spirito-se osservazioni dell'amico. Non aveva più neppur biso-gno di sforzo per simulare indifferenza; si era quasi cri-stallizzato nel primo sforzo e avrebbe potuto dormireconservando stereotipato quel sorriso e quella calma.Era tale quella simulazione da penetrare molto più in làdell'epidermide. Invano egli cercava in se qualche cosad'altro fuori di essa, e non trovava che una grande stan-

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pini.Emilio continuava a prestar orecchio fingendo di esseresorpreso da tale notizia. – Ne sei poi sicuro? – chiesecoscienziosamente. Sapeva che il Volpini non si trovavaa Trieste, e perciò non aveva neppure pensato a lui.– Oh, bella! Conosco il Volpini e poi conosco anchequest'altro. L'ombrellaio di Barriera Vecchia. Quellodelle ombrelle ordinarie, colorite. – Qui venne una de-scrizione particolareggiata dell'ombrellaio alla doppialuce gialla del gas e degli occhi di Angiolina. Calvo epur tanto nero! – È un mostro in natura perché restanero in qualunque luce lo si vegga. – Il Balli terminò ilsuo racconto: – Giacché non v'è ragione di aver compas-sione di te, ne provo unicamente per quella povera Giu-lia. L'ombrellaio non ha un amico come me cui addossa-re le brutte appendici delle sue belle avventure. Fu lei lamaltrattata! Dovette contentarsi di un bicchierino di ro-solio, mentre Angiolina con grande apparato si fece dareun cioccolatte e una grande quantità di focacce.Ed Emilio sembrava prendere interesse a tutte le spirito-se osservazioni dell'amico. Non aveva più neppur biso-gno di sforzo per simulare indifferenza; si era quasi cri-stallizzato nel primo sforzo e avrebbe potuto dormireconservando stereotipato quel sorriso e quella calma.Era tale quella simulazione da penetrare molto più in làdell'epidermide. Invano egli cercava in se qualche cosad'altro fuori di essa, e non trovava che una grande stan-

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chezza. Nient'altro! Forse la noia di sé, del Balli ed'Angiolina. E pensò: «Quando sarò solo starò certo me-glio di così».Il Balli disse: – Adesso andiamo a dormire. Tu sai giàdove potrai trovare Angiolina domani. Le dirai pocheparole d'addio e poi la sia finita come tra me e Marghe-rita.Il suggerimento era buono; tuttavia forse non ci sarebbestato bisogno di darlo. – Sì, farò così – disse Emilio.Con sincerità aggiunse: – Forse non domani però. –Avrebbe voluto dormire lungamente indomani.– Va là che sei degno mio amico – disse il Balli con pro-fonda ammirazione. – In una sola sera hai riconquistatatutta la stima che avevi perduta con le sciocchezze com-messe nel corso di più mesi. Mi accompagni verso casamia?– Un piccolo tratto – disse Emilio sbadigliando. – È tar-di ed io ero là là per coricarmi allorché fui chiamato daMichele. Evidentemente deplorava quella chiamata in-tempestiva.Non si ritrovò neppure quando fu solo. Che cosa gli re-stava da fare per quella sera? Si diresse verso casa perandare a coricarsi.Ma, giunto al Chiozza, si fermò a guardare verso la sta-zione, la parte della città ove Angiolina faceva all'amorecon l'ombrellaio. – Eppure – pensò e pensò l'idea e le

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chezza. Nient'altro! Forse la noia di sé, del Balli ed'Angiolina. E pensò: «Quando sarò solo starò certo me-glio di così».Il Balli disse: – Adesso andiamo a dormire. Tu sai giàdove potrai trovare Angiolina domani. Le dirai pocheparole d'addio e poi la sia finita come tra me e Marghe-rita.Il suggerimento era buono; tuttavia forse non ci sarebbestato bisogno di darlo. – Sì, farò così – disse Emilio.Con sincerità aggiunse: – Forse non domani però. –Avrebbe voluto dormire lungamente indomani.– Va là che sei degno mio amico – disse il Balli con pro-fonda ammirazione. – In una sola sera hai riconquistatatutta la stima che avevi perduta con le sciocchezze com-messe nel corso di più mesi. Mi accompagni verso casamia?– Un piccolo tratto – disse Emilio sbadigliando. – È tar-di ed io ero là là per coricarmi allorché fui chiamato daMichele. Evidentemente deplorava quella chiamata in-tempestiva.Non si ritrovò neppure quando fu solo. Che cosa gli re-stava da fare per quella sera? Si diresse verso casa perandare a coricarsi.Ma, giunto al Chiozza, si fermò a guardare verso la sta-zione, la parte della città ove Angiolina faceva all'amorecon l'ombrellaio. – Eppure – pensò e pensò l'idea e le

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parole – sarebbe bello ch'ella passasse per di qua ed iopotessi subito dirle che fra di noi tutto è finito. Allora sìche tutto sarebbe finito ed io potrei andare a dormire ve-ramente calmo. Per di qua deve passare!S'appoggiò ad un paracarro e quanto più attendeva, tan-to più forte si faceva la sua speranza di vederla quellastessa notte.Per essere pronto pensò anche le parole che le avrebbedirette. Dolci. Perché no? – Addio Angiolina. Io volevosalvarti e tu mi hai deriso. – Deriso da lei, deriso dalBalli! Una rabbia impotente gli gonfiò il petto. Final-mente egli si destava e tutta la rabbia e la commozionenon lo addoloravano tanto come l'indifferenza di pocoprima, una prigionia del proprio essere impostagli dalBalli. Dolci parole ad Angiolina? Ma no! Poche e duris-sime e fredde. – Io sapevo già ch'eri fatta così. Non misorprese affatto. Domandalo al Balli. Addio.Camminò per calmarsi perché al pensare quelle freddeparole s'era sentito bruciare. Non offendevano abbastan-za! Con quelle parole non offendeva che se stesso; sisentiva venire le vertigini. – Così si uccide – pensò –non si parla. – Una grande paura di se stesso lo calmò.Sarebbe stato ugualmente ridicolo anche uccidendola, sidisse, come se egli avesse avuto un'idea da assassino.Non la aveva avuta; ma, rassicuratosi, si divertì a figu-rarsi vendicato con la morte di Angiolina. Quella sareb-be stata la vendetta che avrebbe fatto obliare tutto il

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parole – sarebbe bello ch'ella passasse per di qua ed iopotessi subito dirle che fra di noi tutto è finito. Allora sìche tutto sarebbe finito ed io potrei andare a dormire ve-ramente calmo. Per di qua deve passare!S'appoggiò ad un paracarro e quanto più attendeva, tan-to più forte si faceva la sua speranza di vederla quellastessa notte.Per essere pronto pensò anche le parole che le avrebbedirette. Dolci. Perché no? – Addio Angiolina. Io volevosalvarti e tu mi hai deriso. – Deriso da lei, deriso dalBalli! Una rabbia impotente gli gonfiò il petto. Final-mente egli si destava e tutta la rabbia e la commozionenon lo addoloravano tanto come l'indifferenza di pocoprima, una prigionia del proprio essere impostagli dalBalli. Dolci parole ad Angiolina? Ma no! Poche e duris-sime e fredde. – Io sapevo già ch'eri fatta così. Non misorprese affatto. Domandalo al Balli. Addio.Camminò per calmarsi perché al pensare quelle freddeparole s'era sentito bruciare. Non offendevano abbastan-za! Con quelle parole non offendeva che se stesso; sisentiva venire le vertigini. – Così si uccide – pensò –non si parla. – Una grande paura di se stesso lo calmò.Sarebbe stato ugualmente ridicolo anche uccidendola, sidisse, come se egli avesse avuto un'idea da assassino.Non la aveva avuta; ma, rassicuratosi, si divertì a figu-rarsi vendicato con la morte di Angiolina. Quella sareb-be stata la vendetta che avrebbe fatto obliare tutto il

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male di cui ella era stata l'origine. Dopo, egli avrebbepotuto rimpiangerla, e lo pervase una commozione chegli cacciò le lagrime agli occhi.Pensò che con Angiolina egli avrebbe dovuto seguire lostesso sistema adottato col Balli. Quei due suoi nemicidovevano essere trattati nello stesso modo. A lei egliavrebbe detto che non l'abbandonava causa il tradimentoch'egli s'era atteso, ma per il sozzo individuo ch'ellaaveva scelto a suo rivale. Egli non voleva più baciaredove aveva baciato l'ombrellaio. Finché s'era trattato delBalli, del Leardi e magari del Sorniani, aveva chiuso unocchio, ma l'ombrellaio! Nell'oscurità studiò la smorfiadi schifo con cui avrebbe detta questa parola.Qualunque parola egli immaginasse di dirigerle, sempreveniva colto da un convulso riso. Avrebbe continuato aparlarle così tutta la notte? Era dunque necessario diparlarle subito. Ricordò ch'era probabile che Angiolinarincasasse dalla parte di via Romagna. Col suo passo ra-pido egli avrebbe ancora potuto raggiungerla. Non ave-va finito di pensare tutto questo e, già, lieto di poterprendere una decisione che tagliasse il dubbio che gliannebbiava la mente, si mise a correre. Il movimentodapprima gli diede un po' di sollievo. Poi rallentò il pas-so reso esitante da una nuova idea. Se essi rincasavanoda quella parte, non sarebbe stato più sicuro, per ritro-varli, di salire alla via Fabio Severo dalla parte del Giar-dino Pubblico e discenderne andando loro incontro pervia di Romagna? La corsa non gli faceva paura e avreb-

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male di cui ella era stata l'origine. Dopo, egli avrebbepotuto rimpiangerla, e lo pervase una commozione chegli cacciò le lagrime agli occhi.Pensò che con Angiolina egli avrebbe dovuto seguire lostesso sistema adottato col Balli. Quei due suoi nemicidovevano essere trattati nello stesso modo. A lei egliavrebbe detto che non l'abbandonava causa il tradimentoch'egli s'era atteso, ma per il sozzo individuo ch'ellaaveva scelto a suo rivale. Egli non voleva più baciaredove aveva baciato l'ombrellaio. Finché s'era trattato delBalli, del Leardi e magari del Sorniani, aveva chiuso unocchio, ma l'ombrellaio! Nell'oscurità studiò la smorfiadi schifo con cui avrebbe detta questa parola.Qualunque parola egli immaginasse di dirigerle, sempreveniva colto da un convulso riso. Avrebbe continuato aparlarle così tutta la notte? Era dunque necessario diparlarle subito. Ricordò ch'era probabile che Angiolinarincasasse dalla parte di via Romagna. Col suo passo ra-pido egli avrebbe ancora potuto raggiungerla. Non ave-va finito di pensare tutto questo e, già, lieto di poterprendere una decisione che tagliasse il dubbio che gliannebbiava la mente, si mise a correre. Il movimentodapprima gli diede un po' di sollievo. Poi rallentò il pas-so reso esitante da una nuova idea. Se essi rincasavanoda quella parte, non sarebbe stato più sicuro, per ritro-varli, di salire alla via Fabio Severo dalla parte del Giar-dino Pubblico e discenderne andando loro incontro pervia di Romagna? La corsa non gli faceva paura e avreb-

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be impreso quel giro enorme; ma in quella gli parve diveder passare dinanzi al caffè Fabris Angiolina accom-pagnata da Giulia e da un uomo che doveva esserel'ombrellaio. A tanta distanza riconobbe la fanciulla sal-tellante graziosamente come quando voleva piacere alui. Cessò di correre perché aveva tutto il tempo per rag-giungerli. Poté anche pensare senza esasperarsi le paroleche le avrebbe dirette subito. Perché circondarequell'avventura di tanti particolari e pensieri strani? Eraun'avventura solita, e di là a pochi minuti sarebbe stataliquidata nel modo più semplice.Giunto sotto all'erta di via Romagna, non vide più lepersone che dovevano averla già passata. Camminò piùpresto colto da un dubbio che l'affannò quanto la salita.E se non fosse stata Angiolina? Come avrebbe potutolottare contro la propria agitazione, sempre rinascente,per tutta una notte?Quantunque ora si trovassero a pochi passi da lui,nell'oscurità egli continuò a credere che quelle tre perso-ne fossero quelle che egli cercava. Perciò ebbe un mo-mento di calma. Era tanto facile di calmarsi quando po-teva procedere subito ad un'azione!Quel gruppo ricordava quell'altro di cui il Balli gli ave-va fatta la descrizione. In mezzo a due donne cammina-va un uomo grosso e tarchiato che dava il braccio aquella ch'egli aveva creduta Angiolina, e che ora perònon aveva niente di caratteristico nel suo modo di muo-

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be impreso quel giro enorme; ma in quella gli parve diveder passare dinanzi al caffè Fabris Angiolina accom-pagnata da Giulia e da un uomo che doveva esserel'ombrellaio. A tanta distanza riconobbe la fanciulla sal-tellante graziosamente come quando voleva piacere alui. Cessò di correre perché aveva tutto il tempo per rag-giungerli. Poté anche pensare senza esasperarsi le paroleche le avrebbe dirette subito. Perché circondarequell'avventura di tanti particolari e pensieri strani? Eraun'avventura solita, e di là a pochi minuti sarebbe stataliquidata nel modo più semplice.Giunto sotto all'erta di via Romagna, non vide più lepersone che dovevano averla già passata. Camminò piùpresto colto da un dubbio che l'affannò quanto la salita.E se non fosse stata Angiolina? Come avrebbe potutolottare contro la propria agitazione, sempre rinascente,per tutta una notte?Quantunque ora si trovassero a pochi passi da lui,nell'oscurità egli continuò a credere che quelle tre perso-ne fossero quelle che egli cercava. Perciò ebbe un mo-mento di calma. Era tanto facile di calmarsi quando po-teva procedere subito ad un'azione!Quel gruppo ricordava quell'altro di cui il Balli gli ave-va fatta la descrizione. In mezzo a due donne cammina-va un uomo grosso e tarchiato che dava il braccio aquella ch'egli aveva creduta Angiolina, e che ora perònon aveva niente di caratteristico nel suo modo di muo-

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versi. La guardò in faccia con lo sguardo calmo e ironi-co preparato con tanta fatica. Ebbe una grande sorpresavedendo una faccia ignota, di vecchia, asciutta asciutta.Una delusione dolorosa. Nel desiderio di non lasciarecosì quel gruppo cui l'aveva attaccato tanta speranza,ebbe l'idea di chiedere a quella gente se forse non aves-sero visto Angiolina, e pensava già il modo con cuil'avrebbe descritta. Si vergognò! Una sola parola cheavesse detta, e tutti avrebbero indovinato tutto. Conti-nuò a camminare con passo celere che presto degeneròin corsa. Vedeva dinanzi a sé un lungo tratto di stradabianca e ricordò che, quando avrebbe girato, ne avrebbevisto un altro altrettanto lungo e poi un altro. Intermina-bile! Ma bisognava uscire dal dubbio e per il momentoil dubbio era se Angiolina si trovasse su quella strada oaltrove.Un'altra volta pensò le frasi ch'egli le avrebbe direttequella notte stessa o la mattina appresso. Dignitosamen-te (quanto più aumentava la sua agitazione, tanto piùcalmo egli si sognava) dignitosamente le avrebbe dettoche per liberarsi di lui le sarebbe bastato di dirgli unaparola, una sola parola. Non sarebbe occorso deriderlo.– Io mi sarei ritirato subito. Non mi occorreva di essercacciato dal mio posto da un ombrellaio. Ripeté più vol-te questa frase, modificandone qualche parola e cercan-do di perfezionare anche il suono della voce che diveni-va sempre più ironico e tagliente. Cessò quando s'accor-se che, per lo sforzo di trovare l'espressione, urlava.

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versi. La guardò in faccia con lo sguardo calmo e ironi-co preparato con tanta fatica. Ebbe una grande sorpresavedendo una faccia ignota, di vecchia, asciutta asciutta.Una delusione dolorosa. Nel desiderio di non lasciarecosì quel gruppo cui l'aveva attaccato tanta speranza,ebbe l'idea di chiedere a quella gente se forse non aves-sero visto Angiolina, e pensava già il modo con cuil'avrebbe descritta. Si vergognò! Una sola parola cheavesse detta, e tutti avrebbero indovinato tutto. Conti-nuò a camminare con passo celere che presto degeneròin corsa. Vedeva dinanzi a sé un lungo tratto di stradabianca e ricordò che, quando avrebbe girato, ne avrebbevisto un altro altrettanto lungo e poi un altro. Intermina-bile! Ma bisognava uscire dal dubbio e per il momentoil dubbio era se Angiolina si trovasse su quella strada oaltrove.Un'altra volta pensò le frasi ch'egli le avrebbe direttequella notte stessa o la mattina appresso. Dignitosamen-te (quanto più aumentava la sua agitazione, tanto piùcalmo egli si sognava) dignitosamente le avrebbe dettoche per liberarsi di lui le sarebbe bastato di dirgli unaparola, una sola parola. Non sarebbe occorso deriderlo.– Io mi sarei ritirato subito. Non mi occorreva di essercacciato dal mio posto da un ombrellaio. Ripeté più vol-te questa frase, modificandone qualche parola e cercan-do di perfezionare anche il suono della voce che diveni-va sempre più ironico e tagliente. Cessò quando s'accor-se che, per lo sforzo di trovare l'espressione, urlava.

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Per evitare la densa fanghiglia nel centro della via, sitrasse da parte, sulla ghiaia, ma sul suolo poco livellatofece un passo falso, e per salvarsi dalla caduta si contusele mani sulla grezza muraglia. Il dolore fisico lo agitò,aumentò il suo desiderio di vendetta. Si sentiva più deri-so che mai, come se quella sua caduta fosse stata unanuova colpa di Angiolina. In lontananza, di nuovo, gliparve di vederla muoversi. Un riflesso, un'ombra, unmovimento, tutto assumeva la forma, l'espressione delfantasma che lo fuggiva. Egli si mise a correre per rag-giungerla, non calmo e preparato all'ironia comesull'erta di via Romagna, ma con la ferma intenzione ditrattarla brutalmente. Per fortuna non era dessa e allosciagurato parve che tutta la violenza cui era stato inprocinto di abbandonarsi, fosse ora diretta contro sestesso, gli chiudesse il respiro e gli togliesse ogni possi-bilità di pensare e di frenarsi. Si morse una mano comeun forsennato.Si trovò alla mèta della lunga corsa. La casa di Angioli-na grande e solitaria, una caserma, la facciata bianca il-luminata dalla luna, era tutta chiusa, avvolta nel silen-zio; sembrava abbandonata.Egli sedette su un muricciuolo e cercò di proposito degliargomenti per calmarsi. A vederlo in quello stato si sa-rebbe potuto credere che quella sera egli fosse stato av-visato del tradimento di una donna fedele. Guardò leproprie mani ferite: – Queste ferite non c'erano prima –pensò. In quel modo ella non l'aveva ancora trattato.

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Per evitare la densa fanghiglia nel centro della via, sitrasse da parte, sulla ghiaia, ma sul suolo poco livellatofece un passo falso, e per salvarsi dalla caduta si contusele mani sulla grezza muraglia. Il dolore fisico lo agitò,aumentò il suo desiderio di vendetta. Si sentiva più deri-so che mai, come se quella sua caduta fosse stata unanuova colpa di Angiolina. In lontananza, di nuovo, gliparve di vederla muoversi. Un riflesso, un'ombra, unmovimento, tutto assumeva la forma, l'espressione delfantasma che lo fuggiva. Egli si mise a correre per rag-giungerla, non calmo e preparato all'ironia comesull'erta di via Romagna, ma con la ferma intenzione ditrattarla brutalmente. Per fortuna non era dessa e allosciagurato parve che tutta la violenza cui era stato inprocinto di abbandonarsi, fosse ora diretta contro sestesso, gli chiudesse il respiro e gli togliesse ogni possi-bilità di pensare e di frenarsi. Si morse una mano comeun forsennato.Si trovò alla mèta della lunga corsa. La casa di Angioli-na grande e solitaria, una caserma, la facciata bianca il-luminata dalla luna, era tutta chiusa, avvolta nel silen-zio; sembrava abbandonata.Egli sedette su un muricciuolo e cercò di proposito degliargomenti per calmarsi. A vederlo in quello stato si sa-rebbe potuto credere che quella sera egli fosse stato av-visato del tradimento di una donna fedele. Guardò leproprie mani ferite: – Queste ferite non c'erano prima –pensò. In quel modo ella non l'aveva ancora trattato.

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Forse tutto quell'affanno e quel dolore preludiavano allaguarigione. Ma pensò con dolore: – Se l'avessi possedu-ta non soffrirei tanto. – Se egli avesse voluto, volutoenergicamente, sarebbe stata sua. Invece era stato solointento a mettere in quella relazione un'idealità che ave-va finito col renderlo ridicolo anche ai propri occhi.S'alzò da quel muricciuolo più quieto ma più affranto diquando vi si era seduto. Tutta la colpa era sua. Era luil'individuo strano, l'ammalato, non Angiolina. E questaconclusione avvilente lo accompagnò fino a casa.Dopo di aver atteso ancora una volta per esaminare unadonna che aveva la figura di Angiolina, ebbe l'energia dichiudere dietro di sé la porta di casa. Era finita per quel-la sera. Il caso, in cui egli fino ad allora aveva sperato,non poteva più avverarsi colà.Accese la candela, lento nei movimenti per ritardarequanto più poteva il momento in cui si sarebbe trovatosdraiato in quel letto senz'aver più nulla a fare e senzapoter dormire.Gli parve che nella stanza di Amalia si parlasse. Da pri-ma credette fosse un'allucinazione. Non erano grida ec-citate; parevano delle calme parole di conversazione.Socchiuse con prudenza la porta della stanza e non ebbepiù dubbi. Amalia parlava con qualcuno: – Sì, sì, è pro-prio quello ch'io voglio aveva detto con voce chiarissi-ma e calma.Egli corse a prendere la candela e ritornò. Amalia era

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Forse tutto quell'affanno e quel dolore preludiavano allaguarigione. Ma pensò con dolore: – Se l'avessi possedu-ta non soffrirei tanto. – Se egli avesse voluto, volutoenergicamente, sarebbe stata sua. Invece era stato solointento a mettere in quella relazione un'idealità che ave-va finito col renderlo ridicolo anche ai propri occhi.S'alzò da quel muricciuolo più quieto ma più affranto diquando vi si era seduto. Tutta la colpa era sua. Era luil'individuo strano, l'ammalato, non Angiolina. E questaconclusione avvilente lo accompagnò fino a casa.Dopo di aver atteso ancora una volta per esaminare unadonna che aveva la figura di Angiolina, ebbe l'energia dichiudere dietro di sé la porta di casa. Era finita per quel-la sera. Il caso, in cui egli fino ad allora aveva sperato,non poteva più avverarsi colà.Accese la candela, lento nei movimenti per ritardarequanto più poteva il momento in cui si sarebbe trovatosdraiato in quel letto senz'aver più nulla a fare e senzapoter dormire.Gli parve che nella stanza di Amalia si parlasse. Da pri-ma credette fosse un'allucinazione. Non erano grida ec-citate; parevano delle calme parole di conversazione.Socchiuse con prudenza la porta della stanza e non ebbepiù dubbi. Amalia parlava con qualcuno: – Sì, sì, è pro-prio quello ch'io voglio aveva detto con voce chiarissi-ma e calma.Egli corse a prendere la candela e ritornò. Amalia era

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sola. Sognava. Giaceva supina, uno dei bracci esili de-nudato piegato sotto il capo, l'altro steso sulla copertagrigia lungo il corpo. La mano cerea era incantevole sul-la coperta grigia. Non appena la sua faccia fu tocca dallaluce, ella tacque, il suo respiro divenne più affannoso;fece più volte il tentativo di lasciare quella posizione di-venutale incresciosa.Egli riportò il lume nella propria stanza e s'accinse a co-ricarsi. I suoi pensieri avevano presa finalmente unanuova direzione. Povera Amalia! Neppure per lei la vitadoveva essere troppo lieta. Il sogno che, a quanto pote-vasi arguire dalla voce, doveva essere lieto, non era altroche la naturale reazione alla triste realtà.Poco dopo, quelle stesse parole, calme, quasi sillabate,echeggiarono di nuovo nella stanza vicina. Seminudotornò alla porta. Un certo nesso non v'era fra le singoleparole, ma (come dubitarne?) ella parlava con personache amava molto. Nel suono e nel senso v'era una gran-de dolcezza, una grande condiscendenza. Per la secondavolta ella disse che l'altra persona – quella cui ella im-maginava di parlare – aveva indovinati i suoi desideri: –E proprio così che faremo? Non lo speravo! – Poi un in-tervallo, interrotto però da suoni indistinti, per cui si ca-piva che il sogno continuava sempre, e di nuovo altreparole ch'esprimevano sempre lo stesso concetto. Lun-gamente egli stette là ad origliare. Quando stava per riti-rarsi una frase completa lo fermò: – In viaggio di nozzetutto è permesso.

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sola. Sognava. Giaceva supina, uno dei bracci esili de-nudato piegato sotto il capo, l'altro steso sulla copertagrigia lungo il corpo. La mano cerea era incantevole sul-la coperta grigia. Non appena la sua faccia fu tocca dallaluce, ella tacque, il suo respiro divenne più affannoso;fece più volte il tentativo di lasciare quella posizione di-venutale incresciosa.Egli riportò il lume nella propria stanza e s'accinse a co-ricarsi. I suoi pensieri avevano presa finalmente unanuova direzione. Povera Amalia! Neppure per lei la vitadoveva essere troppo lieta. Il sogno che, a quanto pote-vasi arguire dalla voce, doveva essere lieto, non era altroche la naturale reazione alla triste realtà.Poco dopo, quelle stesse parole, calme, quasi sillabate,echeggiarono di nuovo nella stanza vicina. Seminudotornò alla porta. Un certo nesso non v'era fra le singoleparole, ma (come dubitarne?) ella parlava con personache amava molto. Nel suono e nel senso v'era una gran-de dolcezza, una grande condiscendenza. Per la secondavolta ella disse che l'altra persona – quella cui ella im-maginava di parlare – aveva indovinati i suoi desideri: –E proprio così che faremo? Non lo speravo! – Poi un in-tervallo, interrotto però da suoni indistinti, per cui si ca-piva che il sogno continuava sempre, e di nuovo altreparole ch'esprimevano sempre lo stesso concetto. Lun-gamente egli stette là ad origliare. Quando stava per riti-rarsi una frase completa lo fermò: – In viaggio di nozzetutto è permesso.

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Disgraziata! Ella sognava nozze. Egli si vergognò disorprendere a quel modo i segreti della sorella e chiusela porta Avrebbe dimenticato di aver udite quelle parole.Mai la sorella avrebbe dovuto sospettare ch'egli sapessequalche cosa di quei suoi sogni.Coricatosi non tornò col pensiero ad Angiolina. Lunga-mente stette a sentire le parole che gli pervenivano attu-tite, calme e dolci dall'altra stanza. Stanco, la mentechiusa a qualunque emozione, egli si sentì quasi felice.Rotta la relazione con Angiolina egli si sarebbe potutodedicare interamente alla sorella. Sarebbe vissuto al do-vere.

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Disgraziata! Ella sognava nozze. Egli si vergognò disorprendere a quel modo i segreti della sorella e chiusela porta Avrebbe dimenticato di aver udite quelle parole.Mai la sorella avrebbe dovuto sospettare ch'egli sapessequalche cosa di quei suoi sogni.Coricatosi non tornò col pensiero ad Angiolina. Lunga-mente stette a sentire le parole che gli pervenivano attu-tite, calme e dolci dall'altra stanza. Stanco, la mentechiusa a qualunque emozione, egli si sentì quasi felice.Rotta la relazione con Angiolina egli si sarebbe potutodedicare interamente alla sorella. Sarebbe vissuto al do-vere.

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Capitolo VII

Si svegliò dopo poche ore, in pieno giorno, ed ebbe im-mediata coscienza degli avvenimenti della sera prima.Ma non di tutto il dolore, ed egli si lusingò gli avessedato tanto affanno l'impossibilità di poter vendicarsi su-bito, non il tradimento stesso di quella donna. Presto,presto ella avrebbe conosciuta la sua ira e poi il suo ab-bandono. Sfogato il suo rancore sarebbe scomparsoquello ch'era ormai il maggior legame.Uscì senza salutare la sorella. Fra poco egli sarebbe ri-tornato a lei per guarirla dei sogni che aveva spiati.Soffiava un po' di vento e, accanto al Giardino Pubblico,egli faticò contro il vento e nella salita; ma quella faticanon aveva nulla a vedere con quella affannosa e doloro-sa della notte. Nella chiara, fresca mattina, egli parevalieto di fare dell'esercizio muscolare all'aria aperta.Non pensava alle parole che avrebbe dirette ad Angioli-na. Era troppo sicuro del fatto suo per aver bisogno dipreparazione, troppo sicuro di saperla ferire e abbando-nare.Venne ad aprirgli la madre di Angiolina. Lo condussenella stanza della figlia che stava vestendosi in quellaaccanto, e poi, come al solito, si offerse di fargli compa-gnia.

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Capitolo VII

Si svegliò dopo poche ore, in pieno giorno, ed ebbe im-mediata coscienza degli avvenimenti della sera prima.Ma non di tutto il dolore, ed egli si lusingò gli avessedato tanto affanno l'impossibilità di poter vendicarsi su-bito, non il tradimento stesso di quella donna. Presto,presto ella avrebbe conosciuta la sua ira e poi il suo ab-bandono. Sfogato il suo rancore sarebbe scomparsoquello ch'era ormai il maggior legame.Uscì senza salutare la sorella. Fra poco egli sarebbe ri-tornato a lei per guarirla dei sogni che aveva spiati.Soffiava un po' di vento e, accanto al Giardino Pubblico,egli faticò contro il vento e nella salita; ma quella faticanon aveva nulla a vedere con quella affannosa e doloro-sa della notte. Nella chiara, fresca mattina, egli parevalieto di fare dell'esercizio muscolare all'aria aperta.Non pensava alle parole che avrebbe dirette ad Angioli-na. Era troppo sicuro del fatto suo per aver bisogno dipreparazione, troppo sicuro di saperla ferire e abbando-nare.Venne ad aprirgli la madre di Angiolina. Lo condussenella stanza della figlia che stava vestendosi in quellaaccanto, e poi, come al solito, si offerse di fargli compa-gnia.

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Questa nuova dilazione, sia pure di pochi minuti, lo fecesoffrire. – Angiolina è venuta tardi a casa questa notte?– chiese con un vago proposito di fare delle indagini.– È stata col Volpini in caffè fino alla mezzanotte – ri-spose la vecchia d'un fiato e la frase parve conglutinatain quella voce nasale.– Ma Volpini non è partito ieri? – chiese Emilio sorpre-so dell'accordo fra madre e figlia.– Aveva da partire, ma perdette il treno e dovrebb'esserepartito adesso adesso.Egli non volle far capire alla vecchia di non crederle, estette zitto. La cosa era divenuta molto chiara e nonc'era la possibilità d'ingannarlo o di renderlo dubbioso.La menzogna che avevano inventata era stata previstadal Balli.Dinanzi alla madre gli fu anche facile di accogliere An-giolina con la faccia dell'amante soddisfatto. Provavauna vera soddisfazione. L'aveva finalmente afferrata, edora non voleva cedere al suo impeto solito di chiarire esemplificar subito le cose. Era lei che doveva parlare.L'avrebbe lasciata sciorinare le sue bugie per poterla co-gliere proprio in flagrante.Rimasti soli, ella si mise dinanzi allo specchio a com-porsi i ricci e, senza guardarlo, gli raccontò della seratapassata in caffè e dello spionaggio del Balli. Ne ridevaallegramente ed era così rosea e fresca ch'Emilio se ne

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Questa nuova dilazione, sia pure di pochi minuti, lo fecesoffrire. – Angiolina è venuta tardi a casa questa notte?– chiese con un vago proposito di fare delle indagini.– È stata col Volpini in caffè fino alla mezzanotte – ri-spose la vecchia d'un fiato e la frase parve conglutinatain quella voce nasale.– Ma Volpini non è partito ieri? – chiese Emilio sorpre-so dell'accordo fra madre e figlia.– Aveva da partire, ma perdette il treno e dovrebb'esserepartito adesso adesso.Egli non volle far capire alla vecchia di non crederle, estette zitto. La cosa era divenuta molto chiara e nonc'era la possibilità d'ingannarlo o di renderlo dubbioso.La menzogna che avevano inventata era stata previstadal Balli.Dinanzi alla madre gli fu anche facile di accogliere An-giolina con la faccia dell'amante soddisfatto. Provavauna vera soddisfazione. L'aveva finalmente afferrata, edora non voleva cedere al suo impeto solito di chiarire esemplificar subito le cose. Era lei che doveva parlare.L'avrebbe lasciata sciorinare le sue bugie per poterla co-gliere proprio in flagrante.Rimasti soli, ella si mise dinanzi allo specchio a com-porsi i ricci e, senza guardarlo, gli raccontò della seratapassata in caffè e dello spionaggio del Balli. Ne ridevaallegramente ed era così rosea e fresca ch'Emilio se ne

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indignò più che per le bugie.Gli raccontò che l'improvviso ritorno del Volpini le ave-va fatto un grande dispetto. La frase con cui l'aveva sa-lutato rivedendolo, sarebbe stata formulata così: – Nonsei dunque ancora stanco di seccarmi?Ella parlava così per fargli molto piacere. Invece eglisentiva che fra lui e il Volpini era lui il più deriso. Peringannare lui doveva esserci stato maggior sforzo: fur-berie e inganni ch'egli probabilmente solo in parte avevascoperti. L'altro s'era lasciato ingannare bonariamente, ec'era voluto poco a truffarlo. Se i fasti di Angiolina,come pareva, servivano a divertire anche la madre, eramolto probabile che lui fosse l'oggetto di risa, mentre ilVolpini tuttavia doveva essere temuto.Lo prese una di quelle violenti crisi che lo facevanosbiancare e tremare. Ma ella parlava, parlava, quasiavesse voluto stordirlo, e gli diede il tempo di rimettersi.Perché disperarsi, perché indignarsi di leggi di natura?Angiolina era stata perduta già nel ventre della madre.L'accordo con la madre era in lei la cosa più odiosa. Per-ciò essa non meritava rimbrotti, vittima essa stessa diuna legge universale. Rinasceva finalmente in lui l'anti-co naturalista convinto. Non seppe però rinunziare allavendetta.Angiolina s'era dovuta finalmente accorgere del suostrano contegno. Si volse a lui: – Non m'hai dato neppu-re un bacio disse con aria di rimprovero.

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indignò più che per le bugie.Gli raccontò che l'improvviso ritorno del Volpini le ave-va fatto un grande dispetto. La frase con cui l'aveva sa-lutato rivedendolo, sarebbe stata formulata così: – Nonsei dunque ancora stanco di seccarmi?Ella parlava così per fargli molto piacere. Invece eglisentiva che fra lui e il Volpini era lui il più deriso. Peringannare lui doveva esserci stato maggior sforzo: fur-berie e inganni ch'egli probabilmente solo in parte avevascoperti. L'altro s'era lasciato ingannare bonariamente, ec'era voluto poco a truffarlo. Se i fasti di Angiolina,come pareva, servivano a divertire anche la madre, eramolto probabile che lui fosse l'oggetto di risa, mentre ilVolpini tuttavia doveva essere temuto.Lo prese una di quelle violenti crisi che lo facevanosbiancare e tremare. Ma ella parlava, parlava, quasiavesse voluto stordirlo, e gli diede il tempo di rimettersi.Perché disperarsi, perché indignarsi di leggi di natura?Angiolina era stata perduta già nel ventre della madre.L'accordo con la madre era in lei la cosa più odiosa. Per-ciò essa non meritava rimbrotti, vittima essa stessa diuna legge universale. Rinasceva finalmente in lui l'anti-co naturalista convinto. Non seppe però rinunziare allavendetta.Angiolina s'era dovuta finalmente accorgere del suostrano contegno. Si volse a lui: – Non m'hai dato neppu-re un bacio disse con aria di rimprovero.

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– Io non ti bacerò mai più! – rispose egli calmo, guar-dando quelle labbra rosse, cui rinunziava. Non trovavaaltro e si alzò. Non aveva neppur lontanamente l'idea diandarsene perché quella breve frase non poteva essertutto, non era ancora un giusto compenso a tante soffe-renze. Voleva però far credere che con quella frase eglivolesse abbandonarla. Infatti sarebbe stato un atto digni-tosissimo che avrebbe chiusa quella bassa relazione.Ella indovinò tutto e, credendo ch'egli non volesse darletempo alla difesa, soggiunse seccamente: – Infatti hofatto male a dirti che quell'uomo fosse Volpini. Non eralui! Fu Giulia che mi pregò si dicesse così. Quell'uomoera in nostra compagnia per lei. Ella fece compagnia anoi, ed era perciò giusto che per una volta non le rifiu-tassi di accompagnarla io. Non si crederebbe. Egli è tan-to innamorato! Più ancora che non tu di me.S'interruppe. Aveva capito dall'espressione della suafaccia quanto egli fosse lontano dal crederle e tacquemortificata di aver detto due patenti bugie. Poggiò lemani sullo schienale di una sedia vicina e vi esercitòuno sforzo violento. Aveva sulla faccia una mancanzaassoluta di espressione, e guardava con ostinazione unamacchia grigia sulla parete. Doveva essere quello il suoaspetto quando soffriva.Allora egli provò una strana compiacenza a provarle chesapeva proprio tutto e che ai suoi occhi ella era definiti-vamente perduta. Poco prima si sarebbe quasi acconten-

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– Io non ti bacerò mai più! – rispose egli calmo, guar-dando quelle labbra rosse, cui rinunziava. Non trovavaaltro e si alzò. Non aveva neppur lontanamente l'idea diandarsene perché quella breve frase non poteva essertutto, non era ancora un giusto compenso a tante soffe-renze. Voleva però far credere che con quella frase eglivolesse abbandonarla. Infatti sarebbe stato un atto digni-tosissimo che avrebbe chiusa quella bassa relazione.Ella indovinò tutto e, credendo ch'egli non volesse darletempo alla difesa, soggiunse seccamente: – Infatti hofatto male a dirti che quell'uomo fosse Volpini. Non eralui! Fu Giulia che mi pregò si dicesse così. Quell'uomoera in nostra compagnia per lei. Ella fece compagnia anoi, ed era perciò giusto che per una volta non le rifiu-tassi di accompagnarla io. Non si crederebbe. Egli è tan-to innamorato! Più ancora che non tu di me.S'interruppe. Aveva capito dall'espressione della suafaccia quanto egli fosse lontano dal crederle e tacquemortificata di aver detto due patenti bugie. Poggiò lemani sullo schienale di una sedia vicina e vi esercitòuno sforzo violento. Aveva sulla faccia una mancanzaassoluta di espressione, e guardava con ostinazione unamacchia grigia sulla parete. Doveva essere quello il suoaspetto quando soffriva.Allora egli provò una strana compiacenza a provarle chesapeva proprio tutto e che ai suoi occhi ella era definiti-vamente perduta. Poco prima si sarebbe quasi acconten-

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tato di poche parole: il triste imbarazzo di Angiolina lorese ciarliero. Ebbe la piena coscienza di un grande go-dimento. Dal lato sentimentale era la prima volta cheAngiolina lo soddisfacesse perfettamente. Così, senzaparole, ella era proprio una donna amante convinta ditradimento.Poco dopo ci fu però un istante in cui la conversazioneminacciò di divenire allegra, allegra. Per ferirla, egli ri-cordò le cose ch'ella aveva prese al caffè a spesedell'ombrellaio. – Giulia un bicchierino di un liquoretrasparente, tu una tazza di cioccolata con una batteria difocacce.Allora – oh, dolore! – ella si difese energicamente, e ilsuo volto si colorò per qualche cosa che doveva somi-gliare la virtù calunniata. Finalmente le era attribuitauna colpa che non aveva, ed Emilio capì che il Balli do-veva essersi ingannato su quel punto.– Cioccolata! Io che non la posso soffrire! Cioccolataio! Presi un bicchierino di non so che cosa e neanche lobevetti. Ella metteva in questa dichiarazione tale energiache non avrebbe potuto impiegarne di più per asserire lapropria perfetta innocenza. Era però visibile un certosuo tono di rammarico, quasi avesse deplorato di nonaver mangiato di più giacché quella rinunzia non era ba-stata a salvarla agli occhi di Emilio. Era proprio a luich'ella aveva fatto quel sacrificio.Egli fece un violento sforzo per annullare quella nota

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tato di poche parole: il triste imbarazzo di Angiolina lorese ciarliero. Ebbe la piena coscienza di un grande go-dimento. Dal lato sentimentale era la prima volta cheAngiolina lo soddisfacesse perfettamente. Così, senzaparole, ella era proprio una donna amante convinta ditradimento.Poco dopo ci fu però un istante in cui la conversazioneminacciò di divenire allegra, allegra. Per ferirla, egli ri-cordò le cose ch'ella aveva prese al caffè a spesedell'ombrellaio. – Giulia un bicchierino di un liquoretrasparente, tu una tazza di cioccolata con una batteria difocacce.Allora – oh, dolore! – ella si difese energicamente, e ilsuo volto si colorò per qualche cosa che doveva somi-gliare la virtù calunniata. Finalmente le era attribuitauna colpa che non aveva, ed Emilio capì che il Balli do-veva essersi ingannato su quel punto.– Cioccolata! Io che non la posso soffrire! Cioccolataio! Presi un bicchierino di non so che cosa e neanche lobevetti. Ella metteva in questa dichiarazione tale energiache non avrebbe potuto impiegarne di più per asserire lapropria perfetta innocenza. Era però visibile un certosuo tono di rammarico, quasi avesse deplorato di nonaver mangiato di più giacché quella rinunzia non era ba-stata a salvarla agli occhi di Emilio. Era proprio a luich'ella aveva fatto quel sacrificio.Egli fece un violento sforzo per annullare quella nota

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falsa che gli guastava gli ultimi addii. – Basta! Basta! –disse con disprezzo. – Io non le dirò altro che questo: –le dava del lei per aggiungere solennità a quel momento– io le ho voluto bene e per questo solo fatto avevo il di-ritto di essere trattato altrimenti. Quando una ragazzapermette ad un giovine di dirle d'amarla, ella è già sua enon più libera. – Questa frase era alquanto debole mamolto esatta, in un rimprovero amoroso anche troppo.Infatti egli non aveva altro diritto al quale appellarsi cheil fatto di averle detto d'amarla.Sentendo che la parola, causa il proprio spirito analitico,in quella situazione lo tradiva, ricorse immediatamente aquello ch'egli sapeva essere la sua forza principale:l'abbandono. Fino a poco prima, godendo della tristezzadi Angiolina, aveva pensato di non lasciarla che moltopiù tardi. Aveva sperato in una scena ben diversa. Orasentiva una minaccia. Egli stesso aveva alluso alla pro-pria mancanza di diritti, ed era possibilissimo ch'ella, es-sendo a corto d'argomenti, accettasse il suggerimento egli chiedesse: – E tu che cosa hai fatto per me per esige-re ch'io mi conformi al tuo volere? – Fuggì questo peri-colo: – Io la saluto – disse gravemente. – Quando avròriacquistata la mia calma potremo anche rivederci. Maper lungo tempo è meglio che restiamo divisi.Uscì, ma non senza averla ammirata per un'ultima voltapallida com'era, gli occhi sbarrati quasi per spavento, eforse indecisa se dirgli ancora qualche bugia per tentaredi fermarlo. Lo slancio con cui uscì da quella casa lo

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falsa che gli guastava gli ultimi addii. – Basta! Basta! –disse con disprezzo. – Io non le dirò altro che questo: –le dava del lei per aggiungere solennità a quel momento– io le ho voluto bene e per questo solo fatto avevo il di-ritto di essere trattato altrimenti. Quando una ragazzapermette ad un giovine di dirle d'amarla, ella è già sua enon più libera. – Questa frase era alquanto debole mamolto esatta, in un rimprovero amoroso anche troppo.Infatti egli non aveva altro diritto al quale appellarsi cheil fatto di averle detto d'amarla.Sentendo che la parola, causa il proprio spirito analitico,in quella situazione lo tradiva, ricorse immediatamente aquello ch'egli sapeva essere la sua forza principale:l'abbandono. Fino a poco prima, godendo della tristezzadi Angiolina, aveva pensato di non lasciarla che moltopiù tardi. Aveva sperato in una scena ben diversa. Orasentiva una minaccia. Egli stesso aveva alluso alla pro-pria mancanza di diritti, ed era possibilissimo ch'ella, es-sendo a corto d'argomenti, accettasse il suggerimento egli chiedesse: – E tu che cosa hai fatto per me per esige-re ch'io mi conformi al tuo volere? – Fuggì questo peri-colo: – Io la saluto – disse gravemente. – Quando avròriacquistata la mia calma potremo anche rivederci. Maper lungo tempo è meglio che restiamo divisi.Uscì, ma non senza averla ammirata per un'ultima voltapallida com'era, gli occhi sbarrati quasi per spavento, eforse indecisa se dirgli ancora qualche bugia per tentaredi fermarlo. Lo slancio con cui uscì da quella casa lo

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portò lontano. Ma, sempre camminando con lo stessoaspetto di risolutezza, egli rimpiangeva amaramente dinon poter vederla più a lungo nel dolore. Nelle orecchiegli si ripercoteva il suono d'angoscia ch'ella aveva emes-so al vederlo allontanarsi, ed egli l'ascoltava per impri-merselo sempre meglio nella memoria. Bisognava con-servarlo. Era stato il maggior dono ch'ella gli avesse fat-to.Il ridicolo non poteva più colpirlo. Non di fronte ad An-giolina stessa, almeno. Ella poteva essere quale si vole-va, ma per lunghi anni si sarebbe ricordata di un uomoche l'aveva amata non col solo scopo di baciarla, bensìcon tutta l'anima, tanto che una prima offesa fatta al suoamore l'aveva ferito in modo da rinunziare a lei. Chissà?Sarebbe bastato forse un ricordo simile per nobilitarla.L'angoscia nella voce d'Angiolina gli aveva fatto dimen-ticare di bel nuovo qualunque conclusione scientifica.Oh, gli era difficile di andare a chiudere in ufficio l'agi-tazione che si sentiva addosso. Ritornò a casa con inten-zione di coricarsi. Nel riposo del letto e nel silenzio del-la sua stanza, avrebbe potuto continuare a godere dellascena avuta con Angiolina come se fosse continuata.Forse nell'eccitazione di quel giorno si sarebbe confida-to con la sorella; ma ricordò quanto aveva scopertoquella notte e sentendola lontana da lui, tutta occupatadai propri desideri, non le disse nulla. Certo sarebbe ve-nuto il tempo in cui egli avrebbe di nuovo circondato dicure la sorella, però ancora qualche giorno di vita vole-

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portò lontano. Ma, sempre camminando con lo stessoaspetto di risolutezza, egli rimpiangeva amaramente dinon poter vederla più a lungo nel dolore. Nelle orecchiegli si ripercoteva il suono d'angoscia ch'ella aveva emes-so al vederlo allontanarsi, ed egli l'ascoltava per impri-merselo sempre meglio nella memoria. Bisognava con-servarlo. Era stato il maggior dono ch'ella gli avesse fat-to.Il ridicolo non poteva più colpirlo. Non di fronte ad An-giolina stessa, almeno. Ella poteva essere quale si vole-va, ma per lunghi anni si sarebbe ricordata di un uomoche l'aveva amata non col solo scopo di baciarla, bensìcon tutta l'anima, tanto che una prima offesa fatta al suoamore l'aveva ferito in modo da rinunziare a lei. Chissà?Sarebbe bastato forse un ricordo simile per nobilitarla.L'angoscia nella voce d'Angiolina gli aveva fatto dimen-ticare di bel nuovo qualunque conclusione scientifica.Oh, gli era difficile di andare a chiudere in ufficio l'agi-tazione che si sentiva addosso. Ritornò a casa con inten-zione di coricarsi. Nel riposo del letto e nel silenzio del-la sua stanza, avrebbe potuto continuare a godere dellascena avuta con Angiolina come se fosse continuata.Forse nell'eccitazione di quel giorno si sarebbe confida-to con la sorella; ma ricordò quanto aveva scopertoquella notte e sentendola lontana da lui, tutta occupatadai propri desideri, non le disse nulla. Certo sarebbe ve-nuto il tempo in cui egli avrebbe di nuovo circondato dicure la sorella, però ancora qualche giorno di vita vole-

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va riservare a sé, alla propria passione. Chiudersi incasa, esporsi alle domande di Amalia gli parve intollera-bile. Mutò proposito.Era indisposto, disse alla sorella, ma sarebbe andato acercar giovamento all'aria aperta.Ella non credette ai mali ch'egli si attribuì. Fino alloraaveva sempre indovinate le fasi per le quali passavanogli amori d'Emilio; quel giorno, per la prima volta, erròe credette si fosse liberato dall'ufficio per passare tuttaintera la giornata con Angiolina. Perché egli aveva sullafaccia seria un'aria di soddisfazione ch'ella non vi avevavista da lungo tempo. Non chiese nulla. Spesse volteaveva tentato d'ottenere da lui delle confidenze e oramaigli serbava rancore unicamente perché egli le aveva ri-fiutate.Quando Emilio si trovò di nuovo sulla via, solo,nell'orecchio ancora sempre il gemito d'angoscia di An-giolina, egli fu in procinto di andare immediatamente dalei. Che cosa avrebbe fatto tutto il giorno, ozioso, conquell'agitazione che per quanto non fosse dolorosa, nonera altro che un desiderio acuto, un'aspettativa impa-ziente come se ogni istante avesse dovuto apportare del-le novità, una speranza nuova quale Angiolina non liaveva mai data prima?Gli sarebbe stato impossibile di andare dal Balli e desi-derava di non imbattersi in lui. Lo temeva, anzi l'unicasensazione dolorosa in lui era quel timore. Si disse che

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va riservare a sé, alla propria passione. Chiudersi incasa, esporsi alle domande di Amalia gli parve intollera-bile. Mutò proposito.Era indisposto, disse alla sorella, ma sarebbe andato acercar giovamento all'aria aperta.Ella non credette ai mali ch'egli si attribuì. Fino alloraaveva sempre indovinate le fasi per le quali passavanogli amori d'Emilio; quel giorno, per la prima volta, erròe credette si fosse liberato dall'ufficio per passare tuttaintera la giornata con Angiolina. Perché egli aveva sullafaccia seria un'aria di soddisfazione ch'ella non vi avevavista da lungo tempo. Non chiese nulla. Spesse volteaveva tentato d'ottenere da lui delle confidenze e oramaigli serbava rancore unicamente perché egli le aveva ri-fiutate.Quando Emilio si trovò di nuovo sulla via, solo,nell'orecchio ancora sempre il gemito d'angoscia di An-giolina, egli fu in procinto di andare immediatamente dalei. Che cosa avrebbe fatto tutto il giorno, ozioso, conquell'agitazione che per quanto non fosse dolorosa, nonera altro che un desiderio acuto, un'aspettativa impa-ziente come se ogni istante avesse dovuto apportare del-le novità, una speranza nuova quale Angiolina non liaveva mai data prima?Gli sarebbe stato impossibile di andare dal Balli e desi-derava di non imbattersi in lui. Lo temeva, anzi l'unicasensazione dolorosa in lui era quel timore. Si disse che

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tale timore derivava dal sapere ch'egli non avrebbe sa-puto imitare la calma del Balli allorché costui aveva do-vuto lasciare Margherita.Si avviò verso il Corso. Era possibile che Angiolina pas-sasse di là per andare al lavoro dai Deluigi. Egli nonaveva avuto il tempo di chiederle ove si recasse; ma,certo, non era restata a casa. Sulla via le avrebbe fattoun saluto misurato ma gentile. Non le aveva detto che,calmatosi, sarebbe voluto divenire il suo buon amico?Oh, venisse presto presto questa calma e il tempo in cuiegli avrebbe potuto avvicinarla di nuovo! Guardava in-torno a sé per vederla in tempo se si fosse imbattuto inlei.– Addio Brentani! Come va? Sei ancora vivo e non ti sivede mai! – Era il Sorniani, arzillo come sempre, masempre giallo, la faccia da malato meno gli occhi pienidi vita, non si sapeva bene se per vivacità o per irrequie-tezza.Quando il Brentani si volse a lui, il Sorniani lo guardòlungamente alquanto sorpreso. – Sei indisposto? Haiuna cera curiosa – Non era la prima volta che il Sornianigli avesse detto di trovargli l'aspetto di malato; certo ve-deva riverberarsi sulle facce altrui un po' del propriogiallo.Emilio fu lieto di apparire malato; poteva lagnarsi diqua che cosa che non fosse la sua sventura giacché diquesta non poteva parlare. – Pare ch'io sia malato di sto-

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tale timore derivava dal sapere ch'egli non avrebbe sa-puto imitare la calma del Balli allorché costui aveva do-vuto lasciare Margherita.Si avviò verso il Corso. Era possibile che Angiolina pas-sasse di là per andare al lavoro dai Deluigi. Egli nonaveva avuto il tempo di chiederle ove si recasse; ma,certo, non era restata a casa. Sulla via le avrebbe fattoun saluto misurato ma gentile. Non le aveva detto che,calmatosi, sarebbe voluto divenire il suo buon amico?Oh, venisse presto presto questa calma e il tempo in cuiegli avrebbe potuto avvicinarla di nuovo! Guardava in-torno a sé per vederla in tempo se si fosse imbattuto inlei.– Addio Brentani! Come va? Sei ancora vivo e non ti sivede mai! – Era il Sorniani, arzillo come sempre, masempre giallo, la faccia da malato meno gli occhi pienidi vita, non si sapeva bene se per vivacità o per irrequie-tezza.Quando il Brentani si volse a lui, il Sorniani lo guardòlungamente alquanto sorpreso. – Sei indisposto? Haiuna cera curiosa – Non era la prima volta che il Sornianigli avesse detto di trovargli l'aspetto di malato; certo ve-deva riverberarsi sulle facce altrui un po' del propriogiallo.Emilio fu lieto di apparire malato; poteva lagnarsi diqua che cosa che non fosse la sua sventura giacché diquesta non poteva parlare. – Pare ch'io sia malato di sto-

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maco – disse accorato. – Non di questo mi lagno, madella tristezza che me ne deriva. – Ricordava d'aver udi-to dire che il male di stomaco produceva tristezza. Poi sicompiacque di descrivere tale tristezza perché ad altavoce l'analizzava meglio. – Strano! Non potevo mai im-maginare che un'indisposizione fisica si tramutasse, sen-za che io ne potessi avere la coscienza, in una sensazio-ne morale. L'indifferenza che provo per tutto mi rattri-sta. Credo che se anche tutte queste case sul Corso simettessero a ballare, io non le guarderei neppure. E seminacciassero di cadermi addosso, lascerei fare. –S'interruppe, vedendo avvicinarsi una donna che somi-gliava un po' ad Angiolina. – Oggi fa bel tempo, nevve-ro? Il cielo dovrebb'essere azzurro, aria dolce, il solesplendido. Io lo capisco ma non lo sento. Vedo grigio esento grigio.– Io non sono mai stato tanto ammalato, – disse il Sor-niani con una soddisfazione che non riuscì a celare –credo anzi d'essere guarito definitivamente, ora. – Parlòpoi di vari medicinali da cui eran da ripromettersi mira-bilia.Emilio ebbe improvvisamente un grande desiderio di li-berarsi da quell'importuno che non sapeva neppure starad ascoltare. Gli tese la mano senza dirgli nulla e facen-do già il primo passo per allontanarsi. Anche l'altro losalutava, ma, tendendogli la mano, gli chiese: – Comevanno i tuoi amori?

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maco – disse accorato. – Non di questo mi lagno, madella tristezza che me ne deriva. – Ricordava d'aver udi-to dire che il male di stomaco produceva tristezza. Poi sicompiacque di descrivere tale tristezza perché ad altavoce l'analizzava meglio. – Strano! Non potevo mai im-maginare che un'indisposizione fisica si tramutasse, sen-za che io ne potessi avere la coscienza, in una sensazio-ne morale. L'indifferenza che provo per tutto mi rattri-sta. Credo che se anche tutte queste case sul Corso simettessero a ballare, io non le guarderei neppure. E seminacciassero di cadermi addosso, lascerei fare. –S'interruppe, vedendo avvicinarsi una donna che somi-gliava un po' ad Angiolina. – Oggi fa bel tempo, nevve-ro? Il cielo dovrebb'essere azzurro, aria dolce, il solesplendido. Io lo capisco ma non lo sento. Vedo grigio esento grigio.– Io non sono mai stato tanto ammalato, – disse il Sor-niani con una soddisfazione che non riuscì a celare –credo anzi d'essere guarito definitivamente, ora. – Parlòpoi di vari medicinali da cui eran da ripromettersi mira-bilia.Emilio ebbe improvvisamente un grande desiderio di li-berarsi da quell'importuno che non sapeva neppure starad ascoltare. Gli tese la mano senza dirgli nulla e facen-do già il primo passo per allontanarsi. Anche l'altro losalutava, ma, tendendogli la mano, gli chiese: – Comevanno i tuoi amori?

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Emilio finse di non capire: – Quali amori?– Quella tizia. La bionda. Angiolina.– Ah, sì – fece Emilio con aspetto d'indifferente. – Nonl'ho più vista.– Hai fatto benissimo, – esclamò il Sorniani con grandecalore e subito ravvicinandosi. – Non è donna quella pergiovani come te e che, per di più, non abbiano una salu-te più solida. Ha fatto impazzire il Merighi e poi, certo,s'è fatta sbaciucchiare da mezza città.Il verbo sbaciucchiare ferì il Brentani. Se con essol'omino giallo non avesse colto nel segno, qualificandol'espansività amorosa di Angiolina, egli non avrebbe ba-dato alle sue chiacchiere, ma così, tutto ebbe subitol'aspetto di grande verità. Protestò, disse che per quantopoco la conoscesse la riteneva molto seria, e riuscì nelloscopo d'attizzare il Sorniani il quale, fattosi più pallido –lo stomaco doveva pur averci la sua parte, ne fece senti-re di belle all'imprudente che l'aveva provocato. Angio-lina seria? Anche prima dell'entrata in scena del Meri-ghi, ella doveva aver cominciato a far le sue esperienzesui maschi. Già da giovinetta la si vedeva trottare per levie di città vecchia in compagnia di ragazzi – le piace-vano gl'imberbi – ad ore non permesse. Il Merighi capi-tò in tempo per portarla in città nuova che, dopo, restò ilcampo della sua attività. Ella si fece vedere a braccettodi tutti i giovani più ricchi, sempre col medesimo dolceabbandono di sposa novella. E giù l'elenco dei nomi che

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Emilio finse di non capire: – Quali amori?– Quella tizia. La bionda. Angiolina.– Ah, sì – fece Emilio con aspetto d'indifferente. – Nonl'ho più vista.– Hai fatto benissimo, – esclamò il Sorniani con grandecalore e subito ravvicinandosi. – Non è donna quella pergiovani come te e che, per di più, non abbiano una salu-te più solida. Ha fatto impazzire il Merighi e poi, certo,s'è fatta sbaciucchiare da mezza città.Il verbo sbaciucchiare ferì il Brentani. Se con essol'omino giallo non avesse colto nel segno, qualificandol'espansività amorosa di Angiolina, egli non avrebbe ba-dato alle sue chiacchiere, ma così, tutto ebbe subitol'aspetto di grande verità. Protestò, disse che per quantopoco la conoscesse la riteneva molto seria, e riuscì nelloscopo d'attizzare il Sorniani il quale, fattosi più pallido –lo stomaco doveva pur averci la sua parte, ne fece senti-re di belle all'imprudente che l'aveva provocato. Angio-lina seria? Anche prima dell'entrata in scena del Meri-ghi, ella doveva aver cominciato a far le sue esperienzesui maschi. Già da giovinetta la si vedeva trottare per levie di città vecchia in compagnia di ragazzi – le piace-vano gl'imberbi – ad ore non permesse. Il Merighi capi-tò in tempo per portarla in città nuova che, dopo, restò ilcampo della sua attività. Ella si fece vedere a braccettodi tutti i giovani più ricchi, sempre col medesimo dolceabbandono di sposa novella. E giù l'elenco dei nomi che

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il Brentani già conosceva, dal Giustini al Leardi, tutti ifotografati che facevano bella mostra sulla parete dellastanza da letto di Angiolina.Non un nome nuovo. Era impossibile che il Sorniani in-ventasse con tanta esattezza. Un dubbio angoscioso glispinse il sangue alle gote; continuando a parlare contanto calore, il Sorniani avrebbe forse nominato anchese stesso? Continuò ad ascoltarlo con grande ansietàmentre la sua destra si stringeva a pugno pronta a pic-chiare.Ma l'altro s'interruppe per chiedergli: – Ti senti pocobene?– No – disse Emilio – io sto benissimo. – Si fermò epensò se gli convenisse di farlo ciarlare ancora.– Ma è evidente che devi sentirti poco bene. Hai cam-biato di cera due o tre volte.Emilio riaperse il pugno. Non era il caso di picchiare. –Sì, infatti non sto bene. – Picchiare il Sorniani! Bellavendetta! Avrebbe dovuto picchiare se stesso. Oh, comel'amava! Se lo confessò con un'angoscia che non avevamai provata. Vigliaccamente, egli si disse che sarebberitornato da lei. Al più presto. Quella mattina egli s'eramosso risoluto ed energico alla vendetta. L'aveva rim-proverata e poi lasciata. Oh, quale azione intelligente!Aveva punito se stesso. Tutti l'avevano posseduta menolui. Perciò il deriso fra tutti quegli uomini non era chelui. Ricordò che fra giorni il Volpini sarebbe venuto a

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il Brentani già conosceva, dal Giustini al Leardi, tutti ifotografati che facevano bella mostra sulla parete dellastanza da letto di Angiolina.Non un nome nuovo. Era impossibile che il Sorniani in-ventasse con tanta esattezza. Un dubbio angoscioso glispinse il sangue alle gote; continuando a parlare contanto calore, il Sorniani avrebbe forse nominato anchese stesso? Continuò ad ascoltarlo con grande ansietàmentre la sua destra si stringeva a pugno pronta a pic-chiare.Ma l'altro s'interruppe per chiedergli: – Ti senti pocobene?– No – disse Emilio – io sto benissimo. – Si fermò epensò se gli convenisse di farlo ciarlare ancora.– Ma è evidente che devi sentirti poco bene. Hai cam-biato di cera due o tre volte.Emilio riaperse il pugno. Non era il caso di picchiare. –Sì, infatti non sto bene. – Picchiare il Sorniani! Bellavendetta! Avrebbe dovuto picchiare se stesso. Oh, comel'amava! Se lo confessò con un'angoscia che non avevamai provata. Vigliaccamente, egli si disse che sarebberitornato da lei. Al più presto. Quella mattina egli s'eramosso risoluto ed energico alla vendetta. L'aveva rim-proverata e poi lasciata. Oh, quale azione intelligente!Aveva punito se stesso. Tutti l'avevano posseduta menolui. Perciò il deriso fra tutti quegli uomini non era chelui. Ricordò che fra giorni il Volpini sarebbe venuto a

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prendersi l'anticipazione pattuita; proprio a tempo eglis'era pensato d'adirarsi di cose che aveva sempre sospet-tate. Che cosa avrebbe fatto Angiolina dopo di essersidata al sarto? Era troppo naturale ch'essendosi data a co-stui per tradirlo più facilmente, ella l'avrebbe tradito conaltri visto ch'Emilio giusto allora l'aveva abbandonata.Per lui era perduta. Vedeva tutto il futuro dinanzi agliocchi come se stesse succedendo a pochi passi da lui,sul Corso. La vedeva uscire dalle braccia del Volpininauseata di costui e cercare immediatamente un posto dirifarsi altrove di tanta infamia. Ella lo avrebbe tradito equesta volta con ragione.E non era il solo mancato possesso che formava la suadisperazione. Fino allora egli s'era beato al ricordo diquel suono d'angoscia ch'egli aveva tratto da lei. Ma checosa poteva significare quello, nella vita di una donnache fra le braccia d'altri avrebbe ben altrimenti goduto esofferto? Non c'era la possibilità di ritornare sui propripassi. Gli bastava, per respingere questa tentazione, diricordare quello che ne avrebbe detto il Balli.Pensò che se non avesse avuto accanto quel giudice se-vero, egli non si sarebbe curato della dignità ora checomprendeva che con quel tentativo di risollevarla, ave-va legato più abiettamente che mai ogni suo pensiero,ogni desiderio ad Angiolina. Era già scorso parecchiotempo dacché egli aveva parlato col Sorniani, e il tumul-to che le parole di costui avevano suscitato nel suo pettonon s'era ancora quietato.

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prendersi l'anticipazione pattuita; proprio a tempo eglis'era pensato d'adirarsi di cose che aveva sempre sospet-tate. Che cosa avrebbe fatto Angiolina dopo di essersidata al sarto? Era troppo naturale ch'essendosi data a co-stui per tradirlo più facilmente, ella l'avrebbe tradito conaltri visto ch'Emilio giusto allora l'aveva abbandonata.Per lui era perduta. Vedeva tutto il futuro dinanzi agliocchi come se stesse succedendo a pochi passi da lui,sul Corso. La vedeva uscire dalle braccia del Volpininauseata di costui e cercare immediatamente un posto dirifarsi altrove di tanta infamia. Ella lo avrebbe tradito equesta volta con ragione.E non era il solo mancato possesso che formava la suadisperazione. Fino allora egli s'era beato al ricordo diquel suono d'angoscia ch'egli aveva tratto da lei. Ma checosa poteva significare quello, nella vita di una donnache fra le braccia d'altri avrebbe ben altrimenti goduto esofferto? Non c'era la possibilità di ritornare sui propripassi. Gli bastava, per respingere questa tentazione, diricordare quello che ne avrebbe detto il Balli.Pensò che se non avesse avuto accanto quel giudice se-vero, egli non si sarebbe curato della dignità ora checomprendeva che con quel tentativo di risollevarla, ave-va legato più abiettamente che mai ogni suo pensiero,ogni desiderio ad Angiolina. Era già scorso parecchiotempo dacché egli aveva parlato col Sorniani, e il tumul-to che le parole di costui avevano suscitato nel suo pettonon s'era ancora quietato.

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Forse ella avrebbe fatto qualche tentativo per riavvici-narsi a lui. La dignità non gli avrebbe impedito allorad'accoglierla a braccia aperte. Ma non come una volta.Sarebbe corso immediatamente alla verità, cioè al pos-sesso. Giù la finzione! – Io so che tu fosti l'amante ditutti costoro, – le avrebbe gridato – e ti amo lo stesso.Sii mia e dimmi la verità acciocché io non abbia altridubbi. – La verità? Anche sognando la più rude fran-chezza egli idealizzava Angiolina. La verità? Potevaessa dirla, sapeva dirla? Se il Sorniani aveva detto anchesoltanto una parte del vero, la menzogna doveva esseretanto connaturata in quella donna, ch'ella non se ne sa-rebbe liberata mai. Egli dimenticava quanto in altri mo-menti aveva percepito tanto chiaramente, cioè il fattoch'egli aveva stranamente collaborato a vedere in An-giolina ciò ch'ella non era, ch'era stato lui a creare lamenzogna.– Come non ho riconosciuto – andava dicendosi – chel'unica ragione di ridicolo era la menzogna! Sapendotutto, dicendoglielo in faccia, spariva il ridicolo. Ognu-no può amare chi gli pare e piace. – Gli pareva di diretutto questo al Balli.Il vento era cessato del tutto, e la giornata aveva assuntoun vero aspetto primaverile. In altro stato d'animo unagiornata simile di libertà sarebbe stata una gioia per lui;ma era libertà quella per cui non gli era concesso di an-dare da Angiolina?

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Forse ella avrebbe fatto qualche tentativo per riavvici-narsi a lui. La dignità non gli avrebbe impedito allorad'accoglierla a braccia aperte. Ma non come una volta.Sarebbe corso immediatamente alla verità, cioè al pos-sesso. Giù la finzione! – Io so che tu fosti l'amante ditutti costoro, – le avrebbe gridato – e ti amo lo stesso.Sii mia e dimmi la verità acciocché io non abbia altridubbi. – La verità? Anche sognando la più rude fran-chezza egli idealizzava Angiolina. La verità? Potevaessa dirla, sapeva dirla? Se il Sorniani aveva detto anchesoltanto una parte del vero, la menzogna doveva esseretanto connaturata in quella donna, ch'ella non se ne sa-rebbe liberata mai. Egli dimenticava quanto in altri mo-menti aveva percepito tanto chiaramente, cioè il fattoch'egli aveva stranamente collaborato a vedere in An-giolina ciò ch'ella non era, ch'era stato lui a creare lamenzogna.– Come non ho riconosciuto – andava dicendosi – chel'unica ragione di ridicolo era la menzogna! Sapendotutto, dicendoglielo in faccia, spariva il ridicolo. Ognu-no può amare chi gli pare e piace. – Gli pareva di diretutto questo al Balli.Il vento era cessato del tutto, e la giornata aveva assuntoun vero aspetto primaverile. In altro stato d'animo unagiornata simile di libertà sarebbe stata una gioia per lui;ma era libertà quella per cui non gli era concesso di an-dare da Angiolina?

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Eppure ci sarebbero stati dei pretesti per andarci subito.Se non altro, egli poteva avvicinarla per farle dei nuo-vissimi rimproveri. Infatti egli non aveva mai sospettatal'esistenza di quegli imberbi che avevano preceduto ilMerighi e di cui gli aveva parlato quel giorno il Sornia-ni. – No! – disse ad alta voce – Una debolezza simile migetterebbe in sua balìa. Pazienza; Dieci o quindici gior-ni. Ella s'avvicinerà per la prima. – Ma in tanto che cosaavrebbe fatto quella prima mattina?Leardi! Il bel giovane, biondo e robusto, dal colorito digiovinetta su un organismo virile, passava il Corso, se-rio come sempre, vestito di un soprabito chiaro che fa-ceva proprio per quella tepida giornata d'inverno. IlBrentani ed il Leardi appena appena si salutavano, tutt'edue molto superbi quantunque per ragioni molto diffe-renti. Emilio di fronte a quel giovanotto elegante ricor-dava d'essere il letterato di una certa riputazione; l'altroinvece credeva di poter trattarlo dall'alto al basso perchélo vedeva vestito meno accuratamente e non l'aveva maitrovato in nessuna delle grandi case della città ove egliinvece era accolto a braccia aperte. Avrebbe però amatoche tale sua superiorità fosse riconosciuta anche dalBrentani, e rispose cortesemente al saluto che gli fu fat-to. Lo accolse poi con maggior gentilezza che sorpresaquando lo vide avvicinarglisi con la mano stesa.Il Brentani aveva ceduto ad un istinto imperioso. Vistoche non gli era permesso di cercare Angiolina, il meglioche gli restava da fare era d'attaccarsi a chi nel suo pen-

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Eppure ci sarebbero stati dei pretesti per andarci subito.Se non altro, egli poteva avvicinarla per farle dei nuo-vissimi rimproveri. Infatti egli non aveva mai sospettatal'esistenza di quegli imberbi che avevano preceduto ilMerighi e di cui gli aveva parlato quel giorno il Sornia-ni. – No! – disse ad alta voce – Una debolezza simile migetterebbe in sua balìa. Pazienza; Dieci o quindici gior-ni. Ella s'avvicinerà per la prima. – Ma in tanto che cosaavrebbe fatto quella prima mattina?Leardi! Il bel giovane, biondo e robusto, dal colorito digiovinetta su un organismo virile, passava il Corso, se-rio come sempre, vestito di un soprabito chiaro che fa-ceva proprio per quella tepida giornata d'inverno. IlBrentani ed il Leardi appena appena si salutavano, tutt'edue molto superbi quantunque per ragioni molto diffe-renti. Emilio di fronte a quel giovanotto elegante ricor-dava d'essere il letterato di una certa riputazione; l'altroinvece credeva di poter trattarlo dall'alto al basso perchélo vedeva vestito meno accuratamente e non l'aveva maitrovato in nessuna delle grandi case della città ove egliinvece era accolto a braccia aperte. Avrebbe però amatoche tale sua superiorità fosse riconosciuta anche dalBrentani, e rispose cortesemente al saluto che gli fu fat-to. Lo accolse poi con maggior gentilezza che sorpresaquando lo vide avvicinarglisi con la mano stesa.Il Brentani aveva ceduto ad un istinto imperioso. Vistoche non gli era permesso di cercare Angiolina, il meglioche gli restava da fare era d'attaccarsi a chi nel suo pen-

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siero era perennemente legato a lei. – Anche ella appro-fitta del bel tempo per fare una passeggiata?– Faccio due passi prima di colazione – disse il Leardiaccettando così la compagnia del Brentani.Emilio parlò poi del bel tempo, di una propria indisposi-zione, e della malattia del Sorniani. Disse poi ch'eglinon amava quest'ultimo perché gli pareva si vantassetroppo di aver delle buone fortune con le donne. Parlavacon abbondanza di parole. Egli aveva lo strano presenti-mento d'essere accanto a persona che molto importassenella sua vita, ed ogni sua parola avrebbe desiderato an-dasse a conquistargliene l'amicizia. Lo guardò con an-sietà allorché si trovò d'aver parlato delle buone fortunedel Sorniani. Il Leardi non mosse ciglio mentre Emilios'era atteso ad un sorriso di superiorità. Per lui un similesorriso a quel proposito sarebbe equivalso alla confes-sione di un legame con Angiolina.Ma anche il Leardi fu discorsivo. Certo voleva dimo-strare al Brentani la propria coltura. Si lagnò che sulCorso si vedessero sempre le stesse facce e a questoproposito trovò anche deplorevole che la vita di Triestefosse poco vivace e poco artistica. Non gli si confacevaquella città.Il Brentani intanto fu preso da un violento desiderio difarlo ciarlare di Angiolina. Di quanto l'altro gli diceva,egli non sentiva che le singole parole, quasi meccanica-mente per cercarvi un suono che ricordasse il nome

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siero era perennemente legato a lei. – Anche ella appro-fitta del bel tempo per fare una passeggiata?– Faccio due passi prima di colazione – disse il Leardiaccettando così la compagnia del Brentani.Emilio parlò poi del bel tempo, di una propria indisposi-zione, e della malattia del Sorniani. Disse poi ch'eglinon amava quest'ultimo perché gli pareva si vantassetroppo di aver delle buone fortune con le donne. Parlavacon abbondanza di parole. Egli aveva lo strano presenti-mento d'essere accanto a persona che molto importassenella sua vita, ed ogni sua parola avrebbe desiderato an-dasse a conquistargliene l'amicizia. Lo guardò con an-sietà allorché si trovò d'aver parlato delle buone fortunedel Sorniani. Il Leardi non mosse ciglio mentre Emilios'era atteso ad un sorriso di superiorità. Per lui un similesorriso a quel proposito sarebbe equivalso alla confes-sione di un legame con Angiolina.Ma anche il Leardi fu discorsivo. Certo voleva dimo-strare al Brentani la propria coltura. Si lagnò che sulCorso si vedessero sempre le stesse facce e a questoproposito trovò anche deplorevole che la vita di Triestefosse poco vivace e poco artistica. Non gli si confacevaquella città.Il Brentani intanto fu preso da un violento desiderio difarlo ciarlare di Angiolina. Di quanto l'altro gli diceva,egli non sentiva che le singole parole, quasi meccanica-mente per cercarvi un suono che ricordasse il nome

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d'Angiolina, e gli desse l'opportunità di attaccarvisi perparlare di lei. Per sua fortuna non lo trovò, ma tutt'ad untratto, indignato di dover star a sentire tante sciocchezzeche l'altro snocciolava lentamente per farle gustare me-glio, ruvidamente l'interruppe: – Guarda, guarda, dissecon aria di sorpresa seguendo con l'occhio un'elegantefigura di donna che non somigliava affatto ad Angiolina– la signorina Angiolina Zarri.– Ma che! – protestò il Leardi seccato di essere stato in-terrotto – l'ho vista in faccia, non è lei.Ricominciava già a parlare di teatri poco frequentati e didonne di società poco spiritose, ma il Brentani aveva giàdeciso di non subire più quegl'insegnamenti: – Conoscela signorina Zarri?– Anche lei la conosce? – chiese l'altro con una sorpresasincera.Per il Brentani fu un momento di dubbio angoscioso.Non era certo con l'astuzia ch'egli poteva sperare di farparlare un uomo come il Leardi. Visto che gl'importavatanto di dissipare ogni menzogna che gl'impedisse discorgere Angiolina quale era, non si sarebbe potuto ri-volgere con tutta sincerità al Leardi e supplicarlo di dir-gli tutta la verità? Fu indotto alla riserva unicamentedall'antipatia che provava per il Leardi. – Sì, un amicome l'ha presentata giorni or sono.– Io ero amico del Merighi. Anni addietro la conoscevomolto bene.

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d'Angiolina, e gli desse l'opportunità di attaccarvisi perparlare di lei. Per sua fortuna non lo trovò, ma tutt'ad untratto, indignato di dover star a sentire tante sciocchezzeche l'altro snocciolava lentamente per farle gustare me-glio, ruvidamente l'interruppe: – Guarda, guarda, dissecon aria di sorpresa seguendo con l'occhio un'elegantefigura di donna che non somigliava affatto ad Angiolina– la signorina Angiolina Zarri.– Ma che! – protestò il Leardi seccato di essere stato in-terrotto – l'ho vista in faccia, non è lei.Ricominciava già a parlare di teatri poco frequentati e didonne di società poco spiritose, ma il Brentani aveva giàdeciso di non subire più quegl'insegnamenti: – Conoscela signorina Zarri?– Anche lei la conosce? – chiese l'altro con una sorpresasincera.Per il Brentani fu un momento di dubbio angoscioso.Non era certo con l'astuzia ch'egli poteva sperare di farparlare un uomo come il Leardi. Visto che gl'importavatanto di dissipare ogni menzogna che gl'impedisse discorgere Angiolina quale era, non si sarebbe potuto ri-volgere con tutta sincerità al Leardi e supplicarlo di dir-gli tutta la verità? Fu indotto alla riserva unicamentedall'antipatia che provava per il Leardi. – Sì, un amicome l'ha presentata giorni or sono.– Io ero amico del Merighi. Anni addietro la conoscevomolto bene.

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Subito calmo e padrone dell'espressione della propriafaccia, il Brentani ammiccò – Molto bene, eh?– Oh, no – fece il Leardi con grande serietà. – Comepuò credere una cosa simile? – Fece molto bene la suaparte, contentandosi di quest'espressione di sorpresa.Il Brentani capì quale fosse il partito preso dal Leardi, enon insistette. Si comportò come se avesse dimenticatala domanda indiscreta fatta poco prima e, serio serio,disse: – Mi racconti un po' quella storia del Merighi.Perché l'abbandonò?– In seguito ad imbarazzi finanziari. Mi scrisse di averdovuto ridonare la parola ad Angiolina. Del resto pochigiorni or sono ho udito dire ch'ella sia fidanzata di nuo-vo, ad un sarto mi pare.Gli pareva? Oh, non si poteva fare la commedia megliodi così. Ma per farla così, per costringersi ad una finzio-ne tanto accuratamente calcolata e che doveva costarglifatica e dispiacere (perché avrebbe parlato di Angiolinasolo quando v'era obbligato?) egli doveva avere ancoradei buoni motivi, dei recentissimi legami con quelladonna.Il Leardi parlava già d'altro argomento, e poco dopoEmilio lo lasciò. Per allontanarsi addusse di nuovo apretesto un'improvvisa indisposizione, e il Leardi lovide tanto sconvolto che gli credette ed anzi gli dimo-strò una partecipazione amichevole che costrinse ilBrentani a dirgli una parola di riconoscenza. Invece

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Subito calmo e padrone dell'espressione della propriafaccia, il Brentani ammiccò – Molto bene, eh?– Oh, no – fece il Leardi con grande serietà. – Comepuò credere una cosa simile? – Fece molto bene la suaparte, contentandosi di quest'espressione di sorpresa.Il Brentani capì quale fosse il partito preso dal Leardi, enon insistette. Si comportò come se avesse dimenticatala domanda indiscreta fatta poco prima e, serio serio,disse: – Mi racconti un po' quella storia del Merighi.Perché l'abbandonò?– In seguito ad imbarazzi finanziari. Mi scrisse di averdovuto ridonare la parola ad Angiolina. Del resto pochigiorni or sono ho udito dire ch'ella sia fidanzata di nuo-vo, ad un sarto mi pare.Gli pareva? Oh, non si poteva fare la commedia megliodi così. Ma per farla così, per costringersi ad una finzio-ne tanto accuratamente calcolata e che doveva costarglifatica e dispiacere (perché avrebbe parlato di Angiolinasolo quando v'era obbligato?) egli doveva avere ancoradei buoni motivi, dei recentissimi legami con quelladonna.Il Leardi parlava già d'altro argomento, e poco dopoEmilio lo lasciò. Per allontanarsi addusse di nuovo apretesto un'improvvisa indisposizione, e il Leardi lovide tanto sconvolto che gli credette ed anzi gli dimo-strò una partecipazione amichevole che costrinse ilBrentani a dirgli una parola di riconoscenza. Invece

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come sentiva d'odiarlo! Avrebbe voluto poter spiarlo al-meno per quella giornata; certo sarebbe finito con loscoprirlo accanto ad Angiolina. Un'ira insensata gli fecedigrignare i denti e subito dopo si rimproverò quell'iracon amarezza e ironia. Chissà con chi Angiolina loavrebbe tradito quel giorno, forse con delle personech'egli non conosceva neppure. Come era superiore a luiil Leardi, quell'imbecille privo di idee! Quella calma erala vera scienza della vita. – Sì, – pensò il Brentani, e gliparve di dire una parola che avrebbe dovuto far vergo-gnare insieme a lui l'umanità più eletta – l'abbondanzad'immagini nel mio cervello forma la mia inferiorità. –Infatti se il Leardi avesse pensato che Angiolina lo tra-diva, non se la sarebbe saputa rappresentare in un'imma-gine così piena di rilievo, di colore e di movimentocome faceva lui figurandosela accanto al Leardi. Alloraappena si scopriva la nudità ch'egli aveva soltanto in-travvista e il più comune facchino vi trovava immediatala soddisfazione e la pace. Un atto breve, brutale, la de-risione di tutti i sogni, di tutti i desideri. Quando al so-gnatore l'ira ottenebrò la vista, la visione scomparve la-sciandogli nell'orecchio l'eco lunga di una sonora risata.A pranzo Amalia dovette accorgersi che la novità cheagitava Emilio non era lieta. Egli la sgridò con violenzaperché il pranzo non era pronto: aveva fame e fretta.Ebbe poscia la tortura di dover mangiare essendosi com-promesso con tale dichiarazione. Ma, dopo mangiato,restò fermo, indeciso dinanzi al piatto vuoto. Aveva de-

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come sentiva d'odiarlo! Avrebbe voluto poter spiarlo al-meno per quella giornata; certo sarebbe finito con loscoprirlo accanto ad Angiolina. Un'ira insensata gli fecedigrignare i denti e subito dopo si rimproverò quell'iracon amarezza e ironia. Chissà con chi Angiolina loavrebbe tradito quel giorno, forse con delle personech'egli non conosceva neppure. Come era superiore a luiil Leardi, quell'imbecille privo di idee! Quella calma erala vera scienza della vita. – Sì, – pensò il Brentani, e gliparve di dire una parola che avrebbe dovuto far vergo-gnare insieme a lui l'umanità più eletta – l'abbondanzad'immagini nel mio cervello forma la mia inferiorità. –Infatti se il Leardi avesse pensato che Angiolina lo tra-diva, non se la sarebbe saputa rappresentare in un'imma-gine così piena di rilievo, di colore e di movimentocome faceva lui figurandosela accanto al Leardi. Alloraappena si scopriva la nudità ch'egli aveva soltanto in-travvista e il più comune facchino vi trovava immediatala soddisfazione e la pace. Un atto breve, brutale, la de-risione di tutti i sogni, di tutti i desideri. Quando al so-gnatore l'ira ottenebrò la vista, la visione scomparve la-sciandogli nell'orecchio l'eco lunga di una sonora risata.A pranzo Amalia dovette accorgersi che la novità cheagitava Emilio non era lieta. Egli la sgridò con violenzaperché il pranzo non era pronto: aveva fame e fretta.Ebbe poscia la tortura di dover mangiare essendosi com-promesso con tale dichiarazione. Ma, dopo mangiato,restò fermo, indeciso dinanzi al piatto vuoto. Aveva de-

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ciso; quel giorno non sarebbe andato da Angiolina, anzinon le si sarebbe avvicinato mai più. Il più forte doloreche allora provasse era di aver offesa la sorella. La ve-deva triste e pallida. Avrebbe voluto chiederle scusa. Manon osò. Sentiva che, se avesse pronunziate delle paroledolci, avrebbe pianto come un bambino. Finì col dirleruvidamente ma con l'evidente intento di rabbonirla: –Dovresti uscire, fa un tempo bellissimo. – Ella non ri-spose e lasciò la stanza. Allora egli si adirò: – Non sonoabbastanza disgraziato? Ella deve aver già compreso inquale stato d'animo io mi trovi. Quel mio invito amore-vole sarebbe dovuto bastarle per ridivenire gentile e nonturbarmi col suo rancore.Si sentiva stanco. Si coricò vestito e subito cadde in untorpore che non gli toglieva di ricordare la propria sven-tura. Una volta alzò la testa per asciugarsi gli occhi pie-ni di lagrime, e pensò con amarezza che quelle lagrimegli venivano spremute da Amalia. Poi dimenticò tutto.Quando si svegliò, trovò che calava la notte, uno di queitristi tramonti di bella giornata invernale. Restò di nuo-vo indeciso, seduto sul letto. Altre volte, in quelle ore,egli aveva studiato. I suoi libri dallo scaffale gli si offri-vano invano. Tutti quei titoli annunziavano della robamorta, non bastevole a far dimenticare neppure per unistante la vita, il dolore ch'egli sentiva muoversi nelseno.Guardò nel tinello vicino, – e vide Amalia seduta accan-

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ciso; quel giorno non sarebbe andato da Angiolina, anzinon le si sarebbe avvicinato mai più. Il più forte doloreche allora provasse era di aver offesa la sorella. La ve-deva triste e pallida. Avrebbe voluto chiederle scusa. Manon osò. Sentiva che, se avesse pronunziate delle paroledolci, avrebbe pianto come un bambino. Finì col dirleruvidamente ma con l'evidente intento di rabbonirla: –Dovresti uscire, fa un tempo bellissimo. – Ella non ri-spose e lasciò la stanza. Allora egli si adirò: – Non sonoabbastanza disgraziato? Ella deve aver già compreso inquale stato d'animo io mi trovi. Quel mio invito amore-vole sarebbe dovuto bastarle per ridivenire gentile e nonturbarmi col suo rancore.Si sentiva stanco. Si coricò vestito e subito cadde in untorpore che non gli toglieva di ricordare la propria sven-tura. Una volta alzò la testa per asciugarsi gli occhi pie-ni di lagrime, e pensò con amarezza che quelle lagrimegli venivano spremute da Amalia. Poi dimenticò tutto.Quando si svegliò, trovò che calava la notte, uno di queitristi tramonti di bella giornata invernale. Restò di nuo-vo indeciso, seduto sul letto. Altre volte, in quelle ore,egli aveva studiato. I suoi libri dallo scaffale gli si offri-vano invano. Tutti quei titoli annunziavano della robamorta, non bastevole a far dimenticare neppure per unistante la vita, il dolore ch'egli sentiva muoversi nelseno.Guardò nel tinello vicino, – e vide Amalia seduta accan-

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to alla finestra, china al telaio. Si finse allegro e le disseaffettuosamente: – Mi hai perdonato le mie escande-scenze di oggi?Ella alzò per un solo istante gli occhi: – Non se ne parlipiù disse con dolcezza, e continuò a lavorare.Egli era preparato a subire dei rimproveri, e fu disillusoal vederla tanto calma. Tutto dunque intorno a lui eracalmo meno lui stesso? Sedette accanto a lei e ammiròlungamente come la seta si adagiasse esattamente sul di-segno. Cercava invano altre parole.Ma ella nulla chiedeva. Ella non soffriva più affatto diquell'amore che le aveva sconvolta l'esistenza e di cui daprincipio s'era tanto lagnata. Emilio ancora una volta sidomandò: – Perché veramente ho abbandonata Angioli-na?

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to alla finestra, china al telaio. Si finse allegro e le disseaffettuosamente: – Mi hai perdonato le mie escande-scenze di oggi?Ella alzò per un solo istante gli occhi: – Non se ne parlipiù disse con dolcezza, e continuò a lavorare.Egli era preparato a subire dei rimproveri, e fu disillusoal vederla tanto calma. Tutto dunque intorno a lui eracalmo meno lui stesso? Sedette accanto a lei e ammiròlungamente come la seta si adagiasse esattamente sul di-segno. Cercava invano altre parole.Ma ella nulla chiedeva. Ella non soffriva più affatto diquell'amore che le aveva sconvolta l'esistenza e di cui daprincipio s'era tanto lagnata. Emilio ancora una volta sidomandò: – Perché veramente ho abbandonata Angioli-na?

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Capitolo VIII

Il Balli s'era proposto di curare definitivamente l'amico.La sera stessa venne ad assistere alla cena di Emilio. In-cominciò col non mostrare alcuna fretta di conoscerel'avvenuto e soltanto una volta che Amalia s'allontanò,chiese, continuando a fumare e guardando il soffitto: –Le hai fatto capire con chi aveva a fare?Emilio disse di sì con qualche vanteria, ma poi sarebbestato imbarazzato di dire anche una sola altra parola suquel tono.Amalia ritornò molto presto. Raccontò della disputa cheaveva avuta col fratello a mezzodì. Disse ch'era un gra-ve torto di dar colpa ad una donna che il pranzo non fos-se pronto. Dipendeva dalla forza del fuoco, e nelle cuci-ne il termometro non era stato ancora introdotto. – Delresto – aggiunse sorridendo affettuosamente al fratello –non c'è da fargliene carico. Era venuto a casa di taleumore che se non avesse trovato uno sfogo gli avrebbefatto male.Non parve che il Balli volesse mettere in relazione ilmalumore di cui gli si parlava, con gli avvenimenti dellasera prima. – Anch'io oggi ero di pessimo umore – disseper tenere la conversazione su un tono leggero.Emilio protestò d'essere stato d'umore ottimo. – Non ri-

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Capitolo VIII

Il Balli s'era proposto di curare definitivamente l'amico.La sera stessa venne ad assistere alla cena di Emilio. In-cominciò col non mostrare alcuna fretta di conoscerel'avvenuto e soltanto una volta che Amalia s'allontanò,chiese, continuando a fumare e guardando il soffitto: –Le hai fatto capire con chi aveva a fare?Emilio disse di sì con qualche vanteria, ma poi sarebbestato imbarazzato di dire anche una sola altra parola suquel tono.Amalia ritornò molto presto. Raccontò della disputa cheaveva avuta col fratello a mezzodì. Disse ch'era un gra-ve torto di dar colpa ad una donna che il pranzo non fos-se pronto. Dipendeva dalla forza del fuoco, e nelle cuci-ne il termometro non era stato ancora introdotto. – Delresto – aggiunse sorridendo affettuosamente al fratello –non c'è da fargliene carico. Era venuto a casa di taleumore che se non avesse trovato uno sfogo gli avrebbefatto male.Non parve che il Balli volesse mettere in relazione ilmalumore di cui gli si parlava, con gli avvenimenti dellasera prima. – Anch'io oggi ero di pessimo umore – disseper tenere la conversazione su un tono leggero.Emilio protestò d'essere stato d'umore ottimo. – Non ri-

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cordi l'allegria che avevo questa mane?Amalia aveva raccontata la storia della loro disputa conmolta grazia; si capiva che parlandone aveva voluto sol-tanto divertire il Balli. Aveva dimenticato ogni risenti-mento, e non ricordava neppure ch'egli le avesse do-mandato scusa. Egli se ne sentiva profondamente offeso.Quando i due uomini si trovarono soli sulla via, il Ballidisse – Guarda come siamo liberi ora tutt'e due, non èmeglio così – e s'appoggiò affettuosamente al bracciodell'amico.Ma l'altro non l'intendeva così. Comprese ch'era suo do-vere di mostrarsi altrettanto affettuoso e disse: – Certo.È meglio così, ma io saprò apprezzare questo novellostato soltanto di qui a molto tempo. Per il momento misento molto solo anche accanto a te. – Senz'esserne statorichiesto, raccontò della visita fatta la mattina in via Fa-bio Severo. Non disse d'esserci stato anche la notte. Par-lò del suono d'angoscia percepito nella voce d'Angioli-na. – E stato solo quello che m'ha commosso. Era durodi lasciarla proprio nel momento in cui me ne sentivoamato.– Conserva quel ricordo – gli disse il Balli insolitamenteserio – e non vederla mai più. Accanto a quel suonod'angoscia ricorda sempre anche lo stato in cui veniviposto dalla tua gelosia e ti passerà ogni desiderio di av-vicinarla più.– Eppure– confessò Emilio sinceramente commosso

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cordi l'allegria che avevo questa mane?Amalia aveva raccontata la storia della loro disputa conmolta grazia; si capiva che parlandone aveva voluto sol-tanto divertire il Balli. Aveva dimenticato ogni risenti-mento, e non ricordava neppure ch'egli le avesse do-mandato scusa. Egli se ne sentiva profondamente offeso.Quando i due uomini si trovarono soli sulla via, il Ballidisse – Guarda come siamo liberi ora tutt'e due, non èmeglio così – e s'appoggiò affettuosamente al bracciodell'amico.Ma l'altro non l'intendeva così. Comprese ch'era suo do-vere di mostrarsi altrettanto affettuoso e disse: – Certo.È meglio così, ma io saprò apprezzare questo novellostato soltanto di qui a molto tempo. Per il momento misento molto solo anche accanto a te. – Senz'esserne statorichiesto, raccontò della visita fatta la mattina in via Fa-bio Severo. Non disse d'esserci stato anche la notte. Par-lò del suono d'angoscia percepito nella voce d'Angioli-na. – E stato solo quello che m'ha commosso. Era durodi lasciarla proprio nel momento in cui me ne sentivoamato.– Conserva quel ricordo – gli disse il Balli insolitamenteserio – e non vederla mai più. Accanto a quel suonod'angoscia ricorda sempre anche lo stato in cui veniviposto dalla tua gelosia e ti passerà ogni desiderio di av-vicinarla più.– Eppure– confessò Emilio sinceramente commosso

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dall'affetto del Balli – non ho mai sofferto tanto di gelo-sia quanto ora. – Fermandosi in faccia a Stefano, gli dis-se con voce profonda: – Promettimi che tu mi racconte-rai sempre quanto sul conto suo apprenderai; ma tu nonl'avvicinerai mai, mai e se la vedessi sulla via me lo rac-conteresti subito. Promettimelo formalmente.Il Balli esitò solo perché gli pareva strano di dover dareuna promessa di quella specie.– Io sono ammalato di gelosia, solo di gelosia. Sono ge-loso anche di altri, ma prima di tutto di te. All'ombrella-io mi sono abituato, a te non mi abituerei mai. – Nellasua voce non c'era nessun tono scherzoso; cercava di de-star compassione per ottenere più facilmente quella pro-messa. Se il Balli gliel'avesse rifiutata, egli era già deci-so a correre immediatamente da Angiolina. Non volevache l'amico potesse approfittare di quello stato di coseche era in gran parte opera sua. Guardò Stefano con unlampo di minaccia negli occhi.Il Balli indovinò facilmente quanto passava per la mentedi Emilio, e ne provò una forte compassione. Gli feceperciò solennemente la promessa domandata. Poi rac-contò – al solo scopo di distrarre il Brentani – che gli di-spiaceva di non poter più avvicinare Angiolina. – Cre-dendo di farti piacere, avevo lungamente sognato di ri-cavare da lei un bozzetto. – Ebbe per un istante l'occhioda sognatore come se gli si delineasse in mente la figurapensata.

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dall'affetto del Balli – non ho mai sofferto tanto di gelo-sia quanto ora. – Fermandosi in faccia a Stefano, gli dis-se con voce profonda: – Promettimi che tu mi racconte-rai sempre quanto sul conto suo apprenderai; ma tu nonl'avvicinerai mai, mai e se la vedessi sulla via me lo rac-conteresti subito. Promettimelo formalmente.Il Balli esitò solo perché gli pareva strano di dover dareuna promessa di quella specie.– Io sono ammalato di gelosia, solo di gelosia. Sono ge-loso anche di altri, ma prima di tutto di te. All'ombrella-io mi sono abituato, a te non mi abituerei mai. – Nellasua voce non c'era nessun tono scherzoso; cercava di de-star compassione per ottenere più facilmente quella pro-messa. Se il Balli gliel'avesse rifiutata, egli era già deci-so a correre immediatamente da Angiolina. Non volevache l'amico potesse approfittare di quello stato di coseche era in gran parte opera sua. Guardò Stefano con unlampo di minaccia negli occhi.Il Balli indovinò facilmente quanto passava per la mentedi Emilio, e ne provò una forte compassione. Gli feceperciò solennemente la promessa domandata. Poi rac-contò – al solo scopo di distrarre il Brentani – che gli di-spiaceva di non poter più avvicinare Angiolina. – Cre-dendo di farti piacere, avevo lungamente sognato di ri-cavare da lei un bozzetto. – Ebbe per un istante l'occhioda sognatore come se gli si delineasse in mente la figurapensata.

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Emilio s'impaurì. Puerilmente ricordò al Balli la pro-messa fatta pochi minuti prima: – La promessa l'hai giàfatta. Procura ora d'ispirarti altrove.Il Balli rise di cuore. Ma poi, commosso – aveva avutoun'altra prova della violenza della passione in Emilio –disse: – Chi avrebbe potuto prevedere che un'avventurasimile potesse acquistare tale importanza nella tua vita!Se non fosse tanto doloroso, sarebbe ridicolo.Allora Emilio si lagnò del proprio triste destino conun'ironia di se stesso che toglieva ogni ridicolo da lui.Disse che tutti coloro che lo conoscevano dovevano sa-pere che cosa pensasse della vita. In teoria la vedevapriva di qualsiasi contenuto serio, ed infatti egli nonaveva creduto in nessuna delle felicità che gli erano sta-te offerte; non ci aveva creduto e veramente non avevamai cercato la felicità. Ma come era più difficile di sot-trarsi al dolore! Nella vita priva di qualsiasi contenutoserio, diveniva seria e importante anche Angiolina.In quella prima sera l'amicizia del Balli fu utilissima adEmilio. La compassione che il Brentani sentiva nell'ami-co lo tranquillava molto. Prima di tutto egli poteva esse-re sicuro che, per il momento, Stefano ed anche Angio-lina non si sarebbero trovati; poi egli aveva una naturamansueta che abbisognava di carezze. Dalla sera primaaveva cercato invano dove puntellarsi. Era stata forse lamancanza di appoggio la causa per cui l'agitazione loaveva tanto spesso padroneggiato dispoticamente.

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Emilio s'impaurì. Puerilmente ricordò al Balli la pro-messa fatta pochi minuti prima: – La promessa l'hai giàfatta. Procura ora d'ispirarti altrove.Il Balli rise di cuore. Ma poi, commosso – aveva avutoun'altra prova della violenza della passione in Emilio –disse: – Chi avrebbe potuto prevedere che un'avventurasimile potesse acquistare tale importanza nella tua vita!Se non fosse tanto doloroso, sarebbe ridicolo.Allora Emilio si lagnò del proprio triste destino conun'ironia di se stesso che toglieva ogni ridicolo da lui.Disse che tutti coloro che lo conoscevano dovevano sa-pere che cosa pensasse della vita. In teoria la vedevapriva di qualsiasi contenuto serio, ed infatti egli nonaveva creduto in nessuna delle felicità che gli erano sta-te offerte; non ci aveva creduto e veramente non avevamai cercato la felicità. Ma come era più difficile di sot-trarsi al dolore! Nella vita priva di qualsiasi contenutoserio, diveniva seria e importante anche Angiolina.In quella prima sera l'amicizia del Balli fu utilissima adEmilio. La compassione che il Brentani sentiva nell'ami-co lo tranquillava molto. Prima di tutto egli poteva esse-re sicuro che, per il momento, Stefano ed anche Angio-lina non si sarebbero trovati; poi egli aveva una naturamansueta che abbisognava di carezze. Dalla sera primaaveva cercato invano dove puntellarsi. Era stata forse lamancanza di appoggio la causa per cui l'agitazione loaveva tanto spesso padroneggiato dispoticamente.

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Avrebbe potuto resistere se gli fosse stata data l'opportu-nità di spiegare e ragionare, e se fosse stato obbligato adascoltare.Ritornò a casa molto più tranquillo di quando ne erauscito. Era sorta in lui l'ostinazione di cui egli era dispo-sto di vantarsi come di una forza. Non avrebbe avvicina-ta Angiolina che nel caso in cui ella ne lo avesse prega-to. Egli poteva attendere, e quella relazione non potevae non doveva essere ripresa da lui con un atto di som-missione.Ma il sonno non voleva venire. Nei vani tentativi diconquistarlo, la sua agitazione crebbe come nella corsadella sera innanzi. La sua fantasia agitata architettò inte-ro il sogno di un tradimento del Balli. Sì, il Balli lo tra-diva. Stefano aveva poco prima confessato di aver so-gnato di far posare Angiolina per un bozzetto. Ora, sor-preso nel suo studio da Emilio, con essa, mentre la co-piava seminuda, si scusava, ricordando quella confessio-ne. Ed Emilio, per punirlo, trovava delle frasi roventid'odio e di disprezzo. Erano ben diverse da quellech'egli aveva dirette ad Angiolina perché qui egli avevatutti i diritti: la lunga amicizia prima di tutto, e poi laformale promessa. E come erano complesse quelle frasi!Erano finalmente dirette a persona che le poteva com-prendere come chi le diceva.Fu strappato a questi sogni dalla voce di Amaliach'echeggiava tranquilla e sonora nella stanza vicina.

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Avrebbe potuto resistere se gli fosse stata data l'opportu-nità di spiegare e ragionare, e se fosse stato obbligato adascoltare.Ritornò a casa molto più tranquillo di quando ne erauscito. Era sorta in lui l'ostinazione di cui egli era dispo-sto di vantarsi come di una forza. Non avrebbe avvicina-ta Angiolina che nel caso in cui ella ne lo avesse prega-to. Egli poteva attendere, e quella relazione non potevae non doveva essere ripresa da lui con un atto di som-missione.Ma il sonno non voleva venire. Nei vani tentativi diconquistarlo, la sua agitazione crebbe come nella corsadella sera innanzi. La sua fantasia agitata architettò inte-ro il sogno di un tradimento del Balli. Sì, il Balli lo tra-diva. Stefano aveva poco prima confessato di aver so-gnato di far posare Angiolina per un bozzetto. Ora, sor-preso nel suo studio da Emilio, con essa, mentre la co-piava seminuda, si scusava, ricordando quella confessio-ne. Ed Emilio, per punirlo, trovava delle frasi roventid'odio e di disprezzo. Erano ben diverse da quellech'egli aveva dirette ad Angiolina perché qui egli avevatutti i diritti: la lunga amicizia prima di tutto, e poi laformale promessa. E come erano complesse quelle frasi!Erano finalmente dirette a persona che le poteva com-prendere come chi le diceva.Fu strappato a questi sogni dalla voce di Amaliach'echeggiava tranquilla e sonora nella stanza vicina.

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Egli provò un sollievo ad esser stato tratto dal suo incu-bo e saltò dal letto. Si appostò ad origliare. Udì per lun-go tempo delle parole in cui non scopriva altro nessoche una grande dolcezza; nient'altro! La sognatrice vole-va di nuovo qualche cosa che altri voleva; ad Emilioparve di scoprire ch'ella volesse anche di più di quantole si chiedesse: voleva che altri esigesse. Era proprio unsogno di sommissione. Forse il medesimo della notteprima? Quella disgraziata s'era costruita una secondavita; la notte le concedeva quel po' di felicità che il gior-no le rifiutava.Stefano! Ella aveva pronunziato il nome di battesimodel Balli. – Anche costei! – pensò Emilio con amarezza.Come non se ne era accorto prima? Amalia non si ani-mava che quando veniva il Balli. Anzi ora s'accorgevach'ella aveva sempre per lo scultore quella stessa som-missione che ora gli tributava in sogno. Nel suo occhiogrigio brillava una nuova luce quando lo posava sulloscultore. Non v'era alcun dubbio. Anche Amalia amavail Balli.Fu una sventura ch'Emilio, ricoricatosi, non pigliassesonno. Ricordava con amarezza come il Balli si vantas-se degli amori ch'egli destava e come, con un sorriso dipersona soddisfatta, dicesse che l'unico successo che glimancasse nella vita era il successo artistico. Poi, nellungo dormiveglia in cui piombò, fece dei sogni assurdi.Il Balli abusava della sommissione d'Amalia, e rifiutavaridendo qualsiasi riparazione. Il sognatore, ritornato in

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Egli provò un sollievo ad esser stato tratto dal suo incu-bo e saltò dal letto. Si appostò ad origliare. Udì per lun-go tempo delle parole in cui non scopriva altro nessoche una grande dolcezza; nient'altro! La sognatrice vole-va di nuovo qualche cosa che altri voleva; ad Emilioparve di scoprire ch'ella volesse anche di più di quantole si chiedesse: voleva che altri esigesse. Era proprio unsogno di sommissione. Forse il medesimo della notteprima? Quella disgraziata s'era costruita una secondavita; la notte le concedeva quel po' di felicità che il gior-no le rifiutava.Stefano! Ella aveva pronunziato il nome di battesimodel Balli. – Anche costei! – pensò Emilio con amarezza.Come non se ne era accorto prima? Amalia non si ani-mava che quando veniva il Balli. Anzi ora s'accorgevach'ella aveva sempre per lo scultore quella stessa som-missione che ora gli tributava in sogno. Nel suo occhiogrigio brillava una nuova luce quando lo posava sulloscultore. Non v'era alcun dubbio. Anche Amalia amavail Balli.Fu una sventura ch'Emilio, ricoricatosi, non pigliassesonno. Ricordava con amarezza come il Balli si vantas-se degli amori ch'egli destava e come, con un sorriso dipersona soddisfatta, dicesse che l'unico successo che glimancasse nella vita era il successo artistico. Poi, nellungo dormiveglia in cui piombò, fece dei sogni assurdi.Il Balli abusava della sommissione d'Amalia, e rifiutavaridendo qualsiasi riparazione. Il sognatore, ritornato in

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sé, non derise se stesso per quei sogni. Fra un uomo tan-to corrotto come il Balli e una donna tanto ingenuacome Amalia, tutto era possibile. Risolse d'imprenderela guarigione d'Amalia. Avrebbe incominciatocoll'allontanare di casa lo scultore, il quale, da qualchetempo, benché senza sua colpa, era divenuto apportatoredi sventura. Se non ci fosse stato lui, la relazione conAngiolina sarebbe stata più dolce, non complicata datanta amara gelosia. Anche la separazione sarebbe stataora più facile.La vita di Emilio in ufficio era dolorosissima. Gli costa-va un grande sforzo dedicare la propria attenzione al la-voro. Ogni pretesto gli era buono per lasciare il suo ta-volo, e dedicare ancora qualche istante ad accarezzare,cullare il proprio dolore. La sua mente sembrava desti-nata a questo e quando poteva cessare dallo sforzo di at-tendere ad altre cose, essa ritornava da sé alle idee pre-dilette, se ne riempiva come un vaso vuoto, ed egli pro-vava proprio il sentimento di chi s'è potuto togliere dallespalle un peso insopportabile. I muscoli si riànno, sistendono, ritornano alla loro posizione naturale. Quandofinalmente batteva l'ora in cui egli poteva lasciare l'uffi-cio, si sentiva addirittura felice, sebbene per pochissimotempo. Dapprima s'ingolfava con voluttà nei suoi rim-pianti e desideri che divenivano sempre più evidenti eragionati; ne godeva finché non s'imbatteva in qualchepensiero di gelosia che lo faceva fremere dolorosamen-te.

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sé, non derise se stesso per quei sogni. Fra un uomo tan-to corrotto come il Balli e una donna tanto ingenuacome Amalia, tutto era possibile. Risolse d'imprenderela guarigione d'Amalia. Avrebbe incominciatocoll'allontanare di casa lo scultore, il quale, da qualchetempo, benché senza sua colpa, era divenuto apportatoredi sventura. Se non ci fosse stato lui, la relazione conAngiolina sarebbe stata più dolce, non complicata datanta amara gelosia. Anche la separazione sarebbe stataora più facile.La vita di Emilio in ufficio era dolorosissima. Gli costa-va un grande sforzo dedicare la propria attenzione al la-voro. Ogni pretesto gli era buono per lasciare il suo ta-volo, e dedicare ancora qualche istante ad accarezzare,cullare il proprio dolore. La sua mente sembrava desti-nata a questo e quando poteva cessare dallo sforzo di at-tendere ad altre cose, essa ritornava da sé alle idee pre-dilette, se ne riempiva come un vaso vuoto, ed egli pro-vava proprio il sentimento di chi s'è potuto togliere dallespalle un peso insopportabile. I muscoli si riànno, sistendono, ritornano alla loro posizione naturale. Quandofinalmente batteva l'ora in cui egli poteva lasciare l'uffi-cio, si sentiva addirittura felice, sebbene per pochissimotempo. Dapprima s'ingolfava con voluttà nei suoi rim-pianti e desideri che divenivano sempre più evidenti eragionati; ne godeva finché non s'imbatteva in qualchepensiero di gelosia che lo faceva fremere dolorosamen-te.

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Il Balli lo attendeva sulla via. – Ebbene, come va?– Così così – rispose Emilio stringendosi nelle spalle. –Ho passato una mattina atrocemente noiosa.Stefano lo vide pallido e abbattuto e credette di capireche sorta di noia avesse provato Emilio. Aveva preso ilpartito di essere molto dolce con l'amico. Gli si proposea compagno per il pranzo; nel pomeriggio sarebbero an-dati insieme a passeggio.Con un'esitazione che al Balli sfuggì, Emilio accettò.Per un istante aveva pesata la possibilità di respingere laproposta del Balli, e di dirgli subito quello ch'egli ora-mai sentiva di dover dirgli. Sarebbe stata infatti una vi-gliaccheria non salvare la sorella per la paura di perderel'amico; nell'azione ch'egli meditava non vedeva più cheun esperimento di coraggio. Non lo fece, solo per il dub-bio di poter ancora essersi ingannato sui sentimenti diAmalia. – Sì, sì, vieni! – ripeté al Balli e mentre Stefanoattribuiva la ripetizione dell'invito a gratitudine, Emilioera conscio di averla fatta per il piacere che gli fossedata immediatamente l'occasione di dissipare ogni dub-bio.Durante il pranzo, infatti, poté acquistare tutta la certez-za di cui abbisognava. Come gli somigliava Amalia! Alui parve di veder se stesso a cena con Angiolina. Il de-siderio di piacere la metteva in un imbarazzo che le to-glieva ogni naturalezza. La vide persino aprire la boccaper parlare e poi pentirsi e tacere. Come pendeva dalle

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Il Balli lo attendeva sulla via. – Ebbene, come va?– Così così – rispose Emilio stringendosi nelle spalle. –Ho passato una mattina atrocemente noiosa.Stefano lo vide pallido e abbattuto e credette di capireche sorta di noia avesse provato Emilio. Aveva preso ilpartito di essere molto dolce con l'amico. Gli si proposea compagno per il pranzo; nel pomeriggio sarebbero an-dati insieme a passeggio.Con un'esitazione che al Balli sfuggì, Emilio accettò.Per un istante aveva pesata la possibilità di respingere laproposta del Balli, e di dirgli subito quello ch'egli ora-mai sentiva di dover dirgli. Sarebbe stata infatti una vi-gliaccheria non salvare la sorella per la paura di perderel'amico; nell'azione ch'egli meditava non vedeva più cheun esperimento di coraggio. Non lo fece, solo per il dub-bio di poter ancora essersi ingannato sui sentimenti diAmalia. – Sì, sì, vieni! – ripeté al Balli e mentre Stefanoattribuiva la ripetizione dell'invito a gratitudine, Emilioera conscio di averla fatta per il piacere che gli fossedata immediatamente l'occasione di dissipare ogni dub-bio.Durante il pranzo, infatti, poté acquistare tutta la certez-za di cui abbisognava. Come gli somigliava Amalia! Alui parve di veder se stesso a cena con Angiolina. Il de-siderio di piacere la metteva in un imbarazzo che le to-glieva ogni naturalezza. La vide persino aprire la boccaper parlare e poi pentirsi e tacere. Come pendeva dalle

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labbra del Balli! Forse neppure udiva quello ch'egli di-ceva. Rideva e stava seria per un'involontaria soggezio-ne.Emilio cercò di distrarla; ma non fu ascoltato. Non loudì neppure il Balli il quale, per quanto non si fosse ac-corto del sentimento ispirato alla fanciulla, ne subivauna specie di fascino che si tradiva nell'eccitamento ce-rebrale in cui cadeva sempre quando si sentiva assolutopadrone di qualcuno. Con una grande freddezza Emiliostudiava e misurava l'amico. Il Balli aveva dimenticatoperfettamente lo scopo per cui era venuto. Raccontavadelle storie ch'Emilio già conosceva; si capiva che parla-va per la sola Amalia. Erano storie di un genere che giàaveva provato sulla disgraziata. Raccontava di quellatriste e lieta bohème della quale Amalia amava tanto lagioia disordinata e la spensieratezza.Quando Stefano ed Emilio uscirono insieme, nell'animodi quest'ultimo era cresciuto enorme l'amaro rancore perl'amico, che in seno gli dormiva da tanto tempo; una fra-se incauta del Balli, lo fece traboccare: – Vedi che ab-biamo passata un'ora gradevolissima.Emilio avrebbe voluto potergli dire delle insolenze.Un'ora gradevole? Per lui certo no. Egli avrebbe ricor-data quell'ora col medesimo ribrezzo che provava perquelle passate col Balli e con Angiolina. Aveva provatainfatti a quel pranzo la stessa nota, dolorosa gelosia.Rimproverava all'amico prima di tutto di non essersi ac-

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labbra del Balli! Forse neppure udiva quello ch'egli di-ceva. Rideva e stava seria per un'involontaria soggezio-ne.Emilio cercò di distrarla; ma non fu ascoltato. Non loudì neppure il Balli il quale, per quanto non si fosse ac-corto del sentimento ispirato alla fanciulla, ne subivauna specie di fascino che si tradiva nell'eccitamento ce-rebrale in cui cadeva sempre quando si sentiva assolutopadrone di qualcuno. Con una grande freddezza Emiliostudiava e misurava l'amico. Il Balli aveva dimenticatoperfettamente lo scopo per cui era venuto. Raccontavadelle storie ch'Emilio già conosceva; si capiva che parla-va per la sola Amalia. Erano storie di un genere che giàaveva provato sulla disgraziata. Raccontava di quellatriste e lieta bohème della quale Amalia amava tanto lagioia disordinata e la spensieratezza.Quando Stefano ed Emilio uscirono insieme, nell'animodi quest'ultimo era cresciuto enorme l'amaro rancore perl'amico, che in seno gli dormiva da tanto tempo; una fra-se incauta del Balli, lo fece traboccare: – Vedi che ab-biamo passata un'ora gradevolissima.Emilio avrebbe voluto potergli dire delle insolenze.Un'ora gradevole? Per lui certo no. Egli avrebbe ricor-data quell'ora col medesimo ribrezzo che provava perquelle passate col Balli e con Angiolina. Aveva provatainfatti a quel pranzo la stessa nota, dolorosa gelosia.Rimproverava all'amico prima di tutto di non essersi ac-

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corto del suo mutismo, d'averlo ignorato tanto da crede-re ch'egli si fosse divertito. Ma poi: come non s'accorge-va che Amalia in sua presenza era colta addirittura dauna morbosa confusione e da un'agitazione che, a volte,la facevano balbettare? Egli era però tanto in chiaro inquel momento sui propri sentimenti, che temette che an-che il Balli non s'accorgesse che gli si parlava di Amaliaper vendicarsi del contegno da lui avuto con Angiolina.Bisognava prima di tutto evitare di tradire un risenti-mento; egli doveva apparire un buon padre di famigliach'è mosso ad agire dal solo scopo di proteggere i suoicari.Incominciò col raccontare una bugia, e con l'aria di direuna cosa indifferente. Disse che, quella mattina, unavecchia parente lo aveva fermato per chiedergli se fossevero che il Balli era promesso sposo di Amalia. Non eratutto, ma Emilio provò un sollievo per aver detto un tan-to. Era avviato diritto diritto, a spiegare al Balli che nonera né la persona superiore né l'ottimo fra gli amicich'egli si credeva.– Ah, davvero? – esclamò il Balli molto sorpreso e ri-dendo con tutt'ingenuità.– Infatti – disse Emilio facendo una smorfia che volevaessere un sorriso – la gente è tanto maligna che fa persi-no da ridere. – Aveva detto così che l'ilarità del Balli eraoffensiva. – Capirai però che bisognerà avere un po' diriguardo, perché a noi non può garbare che si dica que-

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corto del suo mutismo, d'averlo ignorato tanto da crede-re ch'egli si fosse divertito. Ma poi: come non s'accorge-va che Amalia in sua presenza era colta addirittura dauna morbosa confusione e da un'agitazione che, a volte,la facevano balbettare? Egli era però tanto in chiaro inquel momento sui propri sentimenti, che temette che an-che il Balli non s'accorgesse che gli si parlava di Amaliaper vendicarsi del contegno da lui avuto con Angiolina.Bisognava prima di tutto evitare di tradire un risenti-mento; egli doveva apparire un buon padre di famigliach'è mosso ad agire dal solo scopo di proteggere i suoicari.Incominciò col raccontare una bugia, e con l'aria di direuna cosa indifferente. Disse che, quella mattina, unavecchia parente lo aveva fermato per chiedergli se fossevero che il Balli era promesso sposo di Amalia. Non eratutto, ma Emilio provò un sollievo per aver detto un tan-to. Era avviato diritto diritto, a spiegare al Balli che nonera né la persona superiore né l'ottimo fra gli amicich'egli si credeva.– Ah, davvero? – esclamò il Balli molto sorpreso e ri-dendo con tutt'ingenuità.– Infatti – disse Emilio facendo una smorfia che volevaessere un sorriso – la gente è tanto maligna che fa persi-no da ridere. – Aveva detto così che l'ilarità del Balli eraoffensiva. – Capirai però che bisognerà avere un po' diriguardo, perché a noi non può garbare che si dica que-

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sto della povera Amalia. Quel plurale noi, rappresentavaun tentativo di diminuire la propria responsabilità per leparole ch'egli diceva. Contemporaneamente però avevaalzato la voce con grande calore: non poteva permettereche il Balli prendesse tanto alla leggera quell'argomentoche a lui bruciava le labbra.Stefano non seppe più quale contegno tenere. Non dove-va essergli accaduto molto spesso nella sua vita di veniraccusato a torto. Si sentiva innocente come un neonato.Il rispetto ch'egli portava e aveva sempre dimostrato allafamiglia Brentani, e la bruttezza di Amalia, avrebberodovuto salvarlo da ogni sospetto. Conosceva molto beneEmilio e non lo credeva capace d'indispettirsi per qual-che parola dettagli da una vecchia parente; ma avevasentito nella voce di Emilio una violenza e forse di più,dell'odio, un tono che lo aveva fatto trasalire. Corse su-bito col pensiero alla verità. Ricordò come da tanto tem-po tutti i pensieri, anzi tutta la vita di Emilio si fosseconcentrata intorno ad Angiolina. Che quella violenza equell'odio nella voce di Emilio fossero da attribuirsi allasua gelosia per Angiolina per quanto egli non parlasseche di Amalia? – Non credevo che alla nostra età, la miacioè e quella della signorina, si potesse essere creduticapaci di commettere delle sciocchezze. – Parlava conimbarazzo. L'argomento scottava anche a lui.– Che vuoi? È il mondo...Ma il Balli, che a quel mondo non credeva, gridò irosa-

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sto della povera Amalia. Quel plurale noi, rappresentavaun tentativo di diminuire la propria responsabilità per leparole ch'egli diceva. Contemporaneamente però avevaalzato la voce con grande calore: non poteva permettereche il Balli prendesse tanto alla leggera quell'argomentoche a lui bruciava le labbra.Stefano non seppe più quale contegno tenere. Non dove-va essergli accaduto molto spesso nella sua vita di veniraccusato a torto. Si sentiva innocente come un neonato.Il rispetto ch'egli portava e aveva sempre dimostrato allafamiglia Brentani, e la bruttezza di Amalia, avrebberodovuto salvarlo da ogni sospetto. Conosceva molto beneEmilio e non lo credeva capace d'indispettirsi per qual-che parola dettagli da una vecchia parente; ma avevasentito nella voce di Emilio una violenza e forse di più,dell'odio, un tono che lo aveva fatto trasalire. Corse su-bito col pensiero alla verità. Ricordò come da tanto tem-po tutti i pensieri, anzi tutta la vita di Emilio si fosseconcentrata intorno ad Angiolina. Che quella violenza equell'odio nella voce di Emilio fossero da attribuirsi allasua gelosia per Angiolina per quanto egli non parlasseche di Amalia? – Non credevo che alla nostra età, la miacioè e quella della signorina, si potesse essere creduticapaci di commettere delle sciocchezze. – Parlava conimbarazzo. L'argomento scottava anche a lui.– Che vuoi? È il mondo...Ma il Balli, che a quel mondo non credeva, gridò irosa-

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mente: – Lascia stare; ho già capito di che si tratti. Par-liamo d'altro.Tacquero per un pezzo. Emilio esitava a parlare, proprioper paura di compromettersi. Che cosa aveva già capitoil Balli? Il segreto suo, cioè il suo risentimento, oppureil segreto d'Amalia? Guardò l'amico e lo vide ancora piùeccitato di quanto le sue parole avessero potuto far sup-porre. Era molto rosso, e i suoi occhi azzurri guardava-no torbidi nel vuoto. Pareva che improvvisamente sifosse accaldato, perché aveva provato il bisogno di de-nudare l'alta fronte spingendo il cappello verso la nuca.Evidentemente l'aveva con lui; le arti impiegate per ce-lare il proprio rancore dietro supreme ragioni di famiglianon erano bastate.Allora egli fu preso da una puerile paura di perderel'amico. Separatosi da Angiolina e dal Balli, egli nonavrebbe più potuto sorvegliarli, ed essi, certo, si sareb-bero prima o poi ritrovati. Risoluto, si attaccò affettuo-samente al braccio del Balli: – Senti, Stefano. Capiraiche, se io ti ho parlato a questo modo, debbo esservi sta-to spinto da ragioni fortissime. Per me è un grande sa-crificio di rinunciare a vederti più spesso in casa mia. –Si commosse al timore di non riuscire a commuoverel'amico.Il Balli si mitigò subito: – Ti credo – gli disse – ma tiprego di non nominarmi mai più quella tua vecchia pa-rente. Strano che avendo a parlarmi di cose tanto serie,

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mente: – Lascia stare; ho già capito di che si tratti. Par-liamo d'altro.Tacquero per un pezzo. Emilio esitava a parlare, proprioper paura di compromettersi. Che cosa aveva già capitoil Balli? Il segreto suo, cioè il suo risentimento, oppureil segreto d'Amalia? Guardò l'amico e lo vide ancora piùeccitato di quanto le sue parole avessero potuto far sup-porre. Era molto rosso, e i suoi occhi azzurri guardava-no torbidi nel vuoto. Pareva che improvvisamente sifosse accaldato, perché aveva provato il bisogno di de-nudare l'alta fronte spingendo il cappello verso la nuca.Evidentemente l'aveva con lui; le arti impiegate per ce-lare il proprio rancore dietro supreme ragioni di famiglianon erano bastate.Allora egli fu preso da una puerile paura di perderel'amico. Separatosi da Angiolina e dal Balli, egli nonavrebbe più potuto sorvegliarli, ed essi, certo, si sareb-bero prima o poi ritrovati. Risoluto, si attaccò affettuo-samente al braccio del Balli: – Senti, Stefano. Capiraiche, se io ti ho parlato a questo modo, debbo esservi sta-to spinto da ragioni fortissime. Per me è un grande sa-crificio di rinunciare a vederti più spesso in casa mia. –Si commosse al timore di non riuscire a commuoverel'amico.Il Balli si mitigò subito: – Ti credo – gli disse – ma tiprego di non nominarmi mai più quella tua vecchia pa-rente. Strano che avendo a parlarmi di cose tanto serie,

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tu abbia provato il bisogno di dirmi delle bugie. Parlaadesso con franchezza. – Riacquistata la sua calma, ri-trovò intero l'interesse amichevole che aveva portatosempre agli affari di Emilio. Che cosa succedeva di nuo-vo a quel disgraziato?Come sentiva l'amicizia il Balli! Emilio ne arrossì. Erastato ingiusto a dubitare. Volle cancellare qualunqueombra avessero potuto gettare le sue parole nell'animodell'amico, e per il segreto di Amalia non ci fu più sal-vezza. – Sono molto disgraziato – dichiarò compiangen-dosi per aumentare la compassione che aveva già perce-pita nelle parole del Balli. Non raccontò di avere scoper-ta la sorella mentre sognava ad alta voce di Stefano, maparlò soltanto dei mutamenti che avvenivano in Amaliaquando il Balli varcava la soglia della loro casa. Quandoegli non c'era, ella appariva ammalata, stanca, distratta.Bisognava prendere una risoluzione che la guarisse.Al Balli bastò di udire dalla bocca di Emilio una confes-sione simile per crederci assolutamente. Egli sospettòpersino che Amalia si fosse confidata col fratello. Nonl'aveva mai vista tanto brutta come in quell'istante. Spa-riva l'incanto ch'era messo sulla grigia faccia di Amaliadalla supposta sua mitezza. Ora la vedeva aggressiva,dimentica del suo aspetto e della sua età. Come dovevastonare l'amore su quella faccia! Era una seconda An-giolina che lo veniva a turbare nelle sue abitudini, maun'Angiolina che gli faceva ribrezzo. L'affettuosa com-passione che egli provava per Emilio aumentò come

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tu abbia provato il bisogno di dirmi delle bugie. Parlaadesso con franchezza. – Riacquistata la sua calma, ri-trovò intero l'interesse amichevole che aveva portatosempre agli affari di Emilio. Che cosa succedeva di nuo-vo a quel disgraziato?Come sentiva l'amicizia il Balli! Emilio ne arrossì. Erastato ingiusto a dubitare. Volle cancellare qualunqueombra avessero potuto gettare le sue parole nell'animodell'amico, e per il segreto di Amalia non ci fu più sal-vezza. – Sono molto disgraziato – dichiarò compiangen-dosi per aumentare la compassione che aveva già perce-pita nelle parole del Balli. Non raccontò di avere scoper-ta la sorella mentre sognava ad alta voce di Stefano, maparlò soltanto dei mutamenti che avvenivano in Amaliaquando il Balli varcava la soglia della loro casa. Quandoegli non c'era, ella appariva ammalata, stanca, distratta.Bisognava prendere una risoluzione che la guarisse.Al Balli bastò di udire dalla bocca di Emilio una confes-sione simile per crederci assolutamente. Egli sospettòpersino che Amalia si fosse confidata col fratello. Nonl'aveva mai vista tanto brutta come in quell'istante. Spa-riva l'incanto ch'era messo sulla grigia faccia di Amaliadalla supposta sua mitezza. Ora la vedeva aggressiva,dimentica del suo aspetto e della sua età. Come dovevastonare l'amore su quella faccia! Era una seconda An-giolina che lo veniva a turbare nelle sue abitudini, maun'Angiolina che gli faceva ribrezzo. L'affettuosa com-passione che egli provava per Emilio aumentò come

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quest'ultimo aveva voluto. Disgraziato! Aveva anche dasorvegliare una sorella isterica.Fu lui a chiedere scusa del movimento d'ira che avevaavuto. Fu sincero come sempre: – Se non ci fosse statauna novità tale, quale io non potevo supporre, questa sa-rebbe stata l'ultima volta che ci saremmo visti. Figurati:credevo che nella tua pazzia per Angiolina, tu non misapessi perdonare la simpatia ch'io le avevo ispirata, ecercassi un pretesto per aver lite con me.Emilio fu colto da un profondo malessere. Il Balli gliaveva spiegati gl'intimi moventi della sua mala azione.Protestò energicamente, tanto che il Balli dovette chie-dergli scusa di quel sospetto, ma verso se stessoquell'energia mancò d'efficacia. Per un istante fu tuttocol pensiero ad Amalia: – Strano! Angiolina aveva partenel destino della sorella. – Si quietò dicendosi che coltempo avrebbe saputo riparare, facendo prima di tuttocapire al Balli quale essere stimabile fosse Amalia, e de-dicando poi a quest'ultima tutto il proprio affetto.Ma come darle una prova di tale affetto nello stato in cuiegli si trovava? Anche quella sera stette parecchio tem-po fermo dinanzi al tavolo su cui aveva sperato di trova-re una lettera di Angiolina. Guardava quel tavolo comese avesse voluto farne scaturire una carta. Il desiderio diAngiolina era aumentato in lui. Perché veramente? An-cora più che il giorno prima sentiva quanto fosse vano etriste il gioco di tenersi lontano da lei. Oh, gioconda An-

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quest'ultimo aveva voluto. Disgraziato! Aveva anche dasorvegliare una sorella isterica.Fu lui a chiedere scusa del movimento d'ira che avevaavuto. Fu sincero come sempre: – Se non ci fosse statauna novità tale, quale io non potevo supporre, questa sa-rebbe stata l'ultima volta che ci saremmo visti. Figurati:credevo che nella tua pazzia per Angiolina, tu non misapessi perdonare la simpatia ch'io le avevo ispirata, ecercassi un pretesto per aver lite con me.Emilio fu colto da un profondo malessere. Il Balli gliaveva spiegati gl'intimi moventi della sua mala azione.Protestò energicamente, tanto che il Balli dovette chie-dergli scusa di quel sospetto, ma verso se stessoquell'energia mancò d'efficacia. Per un istante fu tuttocol pensiero ad Amalia: – Strano! Angiolina aveva partenel destino della sorella. – Si quietò dicendosi che coltempo avrebbe saputo riparare, facendo prima di tuttocapire al Balli quale essere stimabile fosse Amalia, e de-dicando poi a quest'ultima tutto il proprio affetto.Ma come darle una prova di tale affetto nello stato in cuiegli si trovava? Anche quella sera stette parecchio tem-po fermo dinanzi al tavolo su cui aveva sperato di trova-re una lettera di Angiolina. Guardava quel tavolo comese avesse voluto farne scaturire una carta. Il desiderio diAngiolina era aumentato in lui. Perché veramente? An-cora più che il giorno prima sentiva quanto fosse vano etriste il gioco di tenersi lontano da lei. Oh, gioconda An-

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giolina! Ella non dava a nessuno dei rimorsi.Poi, quando nella stanza vicina percepì chiara e sonorala voce di quell'altra sognatrice, il suo rimorso fu cocen-tissimo. Che male ci sarebbe stato a lasciar continuarequei sogni innocenti nei quali si concentrava tutta la vitad'Amalia? Vero è che quel rimorso finì col mutarsi inuna grande compassione di se stesso che lo fece piange-re e trovare un grande sollievo in quello sfogo. Quellanotte dunque il rimorso gli fece trovare il sonno.

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giolina! Ella non dava a nessuno dei rimorsi.Poi, quando nella stanza vicina percepì chiara e sonorala voce di quell'altra sognatrice, il suo rimorso fu cocen-tissimo. Che male ci sarebbe stato a lasciar continuarequei sogni innocenti nei quali si concentrava tutta la vitad'Amalia? Vero è che quel rimorso finì col mutarsi inuna grande compassione di se stesso che lo fece piange-re e trovare un grande sollievo in quello sfogo. Quellanotte dunque il rimorso gli fece trovare il sonno.

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Capitolo IX

Quanto era superiore a lui Amalia! Ella rivelò sorpresail giorno appresso di non veder comparire il Balli, macon tale indifferenza che sarebbe stato difficile di sco-prirvi il minimo dispiacere. – È forse indisposto? – chie-se ad Emilio, e costui ricordò che ella aveva avuto sem-pre una grande disinvoltura parlando con lui di Stefano.Egli però non ebbe alcun dubbio di essersi ingannato. –No rispose e non ebbe il coraggio di dire altro. Un'inten-sa compassione lo prese al pensare che a quella debolepersoncina sovrastava, tanto imminente e senza ch'ellane dubitasse, un dolore simile a quello che pativa lui.Era lui stesso che stava per picchiarla. Il colpo era giàpartito dalla sua mano, ma stava ancora sospeso in aria efra poco si sarebbe abbattuto su quella testina grigia apiegarla, e la faccia mite avrebbe perduta quella serenitàdimostrata chissà con quale eroico sforzo. Egli avrebbevoluto prendere la sorella fra le braccia e incominciare aconsolarla prima che fosse arrivato a lei il dolore. Manon poteva. Senza arrossire non poteva dire in presenzasua neppure il nome dell'amico. Tra fratello e sorellac'era oramai una barriera: la colpa di Emilio. Egli non sene accorgeva, e si riprometteva di poter arrivare alla so-rella quando, certo, ella avrebbe cercato intorno a séqualche appoggio. Allora egli non avrebbe avuto da far

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Capitolo IX

Quanto era superiore a lui Amalia! Ella rivelò sorpresail giorno appresso di non veder comparire il Balli, macon tale indifferenza che sarebbe stato difficile di sco-prirvi il minimo dispiacere. – È forse indisposto? – chie-se ad Emilio, e costui ricordò che ella aveva avuto sem-pre una grande disinvoltura parlando con lui di Stefano.Egli però non ebbe alcun dubbio di essersi ingannato. –No rispose e non ebbe il coraggio di dire altro. Un'inten-sa compassione lo prese al pensare che a quella debolepersoncina sovrastava, tanto imminente e senza ch'ellane dubitasse, un dolore simile a quello che pativa lui.Era lui stesso che stava per picchiarla. Il colpo era giàpartito dalla sua mano, ma stava ancora sospeso in aria efra poco si sarebbe abbattuto su quella testina grigia apiegarla, e la faccia mite avrebbe perduta quella serenitàdimostrata chissà con quale eroico sforzo. Egli avrebbevoluto prendere la sorella fra le braccia e incominciare aconsolarla prima che fosse arrivato a lei il dolore. Manon poteva. Senza arrossire non poteva dire in presenzasua neppure il nome dell'amico. Tra fratello e sorellac'era oramai una barriera: la colpa di Emilio. Egli non sene accorgeva, e si riprometteva di poter arrivare alla so-rella quando, certo, ella avrebbe cercato intorno a séqualche appoggio. Allora egli non avrebbe avuto da far

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altro che aprire le proprie braccia. Ne era sicuro. Amaliaera fatta come lui che quando soffriva s'appoggiava sututte le persone che gli stavano accanto. Perciò egli la-sciava ch'ella aspettasse il Balli.Doveva essere un'aspettativa che Emilio non avrebbesopportata; ci volle certo un grande eroismo per nonchiedere nulla, all'infuori della solita domanda: – Il Ballinon verrà? – C'era un bicchiere di più sulla tavola, pre-parato pel Balli; veniva riposto lentamente in un cantuc-cio dell'armadio che ad Amalia serviva di dispensa.Quel bicchiere veniva poi seguito dalla tazzina destinataal Balli pel caffè e, riposta anche questa, Amalia chiude-va l'armadio a chiave. Era calma, calma, ma molto lenta.Quando ella gli volgeva le spalle, egli osava guardarlafisso, e allora la sua fantasia gli faceva vedere dei segnidi sofferenza in ogni singolo segno di debolezza fisica.Quelle spalle cadenti erano state sempre così? Quel col-lo magro non s'era dimagrito vieppiù negli ultimi gior-ni?Ella ritornava a tavola a sedersi accanto a lui, ed eglipensava: – Ecco! Con quell'aspetto calmo, ella ha decisodi aspettare altre ventiquattr'ore. – Ammirava! Egli nonaveva saputo aspettare neppure una notte.– Perché non viene più il signor Balli? – chiese essa ilgiorno appresso riponendo il bicchiere. – Io credo checon noi non si diverta abbastanza, – disse Emilio dopouna breve esitazione, deciso di dire qualche cosa che fa-

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altro che aprire le proprie braccia. Ne era sicuro. Amaliaera fatta come lui che quando soffriva s'appoggiava sututte le persone che gli stavano accanto. Perciò egli la-sciava ch'ella aspettasse il Balli.Doveva essere un'aspettativa che Emilio non avrebbesopportata; ci volle certo un grande eroismo per nonchiedere nulla, all'infuori della solita domanda: – Il Ballinon verrà? – C'era un bicchiere di più sulla tavola, pre-parato pel Balli; veniva riposto lentamente in un cantuc-cio dell'armadio che ad Amalia serviva di dispensa.Quel bicchiere veniva poi seguito dalla tazzina destinataal Balli pel caffè e, riposta anche questa, Amalia chiude-va l'armadio a chiave. Era calma, calma, ma molto lenta.Quando ella gli volgeva le spalle, egli osava guardarlafisso, e allora la sua fantasia gli faceva vedere dei segnidi sofferenza in ogni singolo segno di debolezza fisica.Quelle spalle cadenti erano state sempre così? Quel col-lo magro non s'era dimagrito vieppiù negli ultimi gior-ni?Ella ritornava a tavola a sedersi accanto a lui, ed eglipensava: – Ecco! Con quell'aspetto calmo, ella ha decisodi aspettare altre ventiquattr'ore. – Ammirava! Egli nonaveva saputo aspettare neppure una notte.– Perché non viene più il signor Balli? – chiese essa ilgiorno appresso riponendo il bicchiere. – Io credo checon noi non si diverta abbastanza, – disse Emilio dopouna breve esitazione, deciso di dire qualche cosa che fa-

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cesse capire ad Amalia lo stato d'animo del Balli. Nonparve ch'ella desse molta importanza a tale osservazio-ne, e pose il bicchiere con grande attenzione nel solitocantuccio.Egli intanto aveva risolto di non lasciarla più in queidubbi. Quando vide sul vassoio tre tazze in luogo didue, le disse: – Potresti risparmiarti la fatica di preparareil caffè per Stefano. È probabile che per lungo tempoegli non venga più.– Perché? – chiese essa con la tazza in mano, pallidissi-ma.A lui mancò il coraggio di dire le parole già preparate: –Perché non vuole. – Non era meglio aiutarla nella suafinzione, e permetterle di domare lentamente il suo do-lore senza trascinarla a tradirsi, con una rivelazione cuiella non era ancora preparata? Le disse che non credevache il Balli potesse venire più a quell'ora perché s'eramesso a lavorare accanitamente.– Accanitamente? – ripeté essa volgendosi all'armadio.La tazza le scivolò di mano, ma non si ruppe. Ella larialzò, la pulì accuratamente e la pose al suo posto. Se-dette poi accanto ad Emilio. «Altre ventiquattr'ore» pen-sò egli.Il giorno appresso Emilio non seppe impedire al Balli diaccompagnarlo fino alla porta di casa. Stefano guardòun momento per distrazione le finestre del primo piano,ma riabbassò prontamente gli occhi. Certo su una delle

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cesse capire ad Amalia lo stato d'animo del Balli. Nonparve ch'ella desse molta importanza a tale osservazio-ne, e pose il bicchiere con grande attenzione nel solitocantuccio.Egli intanto aveva risolto di non lasciarla più in queidubbi. Quando vide sul vassoio tre tazze in luogo didue, le disse: – Potresti risparmiarti la fatica di preparareil caffè per Stefano. È probabile che per lungo tempoegli non venga più.– Perché? – chiese essa con la tazza in mano, pallidissi-ma.A lui mancò il coraggio di dire le parole già preparate: –Perché non vuole. – Non era meglio aiutarla nella suafinzione, e permetterle di domare lentamente il suo do-lore senza trascinarla a tradirsi, con una rivelazione cuiella non era ancora preparata? Le disse che non credevache il Balli potesse venire più a quell'ora perché s'eramesso a lavorare accanitamente.– Accanitamente? – ripeté essa volgendosi all'armadio.La tazza le scivolò di mano, ma non si ruppe. Ella larialzò, la pulì accuratamente e la pose al suo posto. Se-dette poi accanto ad Emilio. «Altre ventiquattr'ore» pen-sò egli.Il giorno appresso Emilio non seppe impedire al Balli diaccompagnarlo fino alla porta di casa. Stefano guardòun momento per distrazione le finestre del primo piano,ma riabbassò prontamente gli occhi. Certo su una delle

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finestre doveva aver scorta Amalia e non l'aveva saluta-ta! Poco dopo Emilio osò guardare anche lui, ma, sec'era stata, ella doveva essersi già ritirata. Avrebbe volu-to fare un rimprovero a Stefano di non aver salutato, manon gli era più possibile di verificare il fatto.Molto oppresso, salì da Amalia. Ella doveva aver com-preso.Non la trovò nel tinello. Poco dopo ella venne, con pas-so rapido; si fermò dandosi da fare intorno alla porta chenon voleva chiudersi. Doveva aver pianto. Aveva gli zi-gomi rossi e i capelli bagnati; certo, s'era bagnata la fac-cia per cancellare ogni traccia di lagrime. Ella non chie-se nulla quantunque durante il pranzo egli si sentissecontinuamente minacciato da una domanda. Evidente-mente agitata, non trovava il coraggio di parlare. Vollespiegare la propria agitazione, e raccontò di aver dormi-to poco. Il bicchiere e la tazza del Balli non comparveroin tavola. Amalia non aspettava più.Ma Emilio aspettava. Sarebbe stato un grande sollievoper lui vederla piangere, udirne qualche suono di dolore.Ma per molto tempo non ebbe tale soddisfazione. Rin-casava ogni giorno preparato al dolore di vederla pian-gere, confessare la sua disperazione, e invece la trovavatranquilla, abbattuta, sempre gli stessi movimenti lentidi persona stanca. Ella attendeva con la solita apparentecura ai lavori di casa, e ne parlava di nuovo ad Emiliocome altre volte quando i due giovani, trovatisi soli,

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finestre doveva aver scorta Amalia e non l'aveva saluta-ta! Poco dopo Emilio osò guardare anche lui, ma, sec'era stata, ella doveva essersi già ritirata. Avrebbe volu-to fare un rimprovero a Stefano di non aver salutato, manon gli era più possibile di verificare il fatto.Molto oppresso, salì da Amalia. Ella doveva aver com-preso.Non la trovò nel tinello. Poco dopo ella venne, con pas-so rapido; si fermò dandosi da fare intorno alla porta chenon voleva chiudersi. Doveva aver pianto. Aveva gli zi-gomi rossi e i capelli bagnati; certo, s'era bagnata la fac-cia per cancellare ogni traccia di lagrime. Ella non chie-se nulla quantunque durante il pranzo egli si sentissecontinuamente minacciato da una domanda. Evidente-mente agitata, non trovava il coraggio di parlare. Vollespiegare la propria agitazione, e raccontò di aver dormi-to poco. Il bicchiere e la tazza del Balli non comparveroin tavola. Amalia non aspettava più.Ma Emilio aspettava. Sarebbe stato un grande sollievoper lui vederla piangere, udirne qualche suono di dolore.Ma per molto tempo non ebbe tale soddisfazione. Rin-casava ogni giorno preparato al dolore di vederla pian-gere, confessare la sua disperazione, e invece la trovavatranquilla, abbattuta, sempre gli stessi movimenti lentidi persona stanca. Ella attendeva con la solita apparentecura ai lavori di casa, e ne parlava di nuovo ad Emiliocome altre volte quando i due giovani, trovatisi soli,

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avevano cercato di abbellire la piccola loro dimora.Era un incubo di sentirsi accanto tanta tristezza senzaparole. E come doveva essere forte quel dolore certorincrudito dai dubbi più diversi. Ad Emilio sembravapersino ch'ella potesse dubitare della verità, e si sentivain pericolo di dover spiegare l'azione da lui commessa,la quale a lui stesso pareva già incredibile. Talvolta ellaposava su lui gli occhi grigi, sospettosi, indagatori. Oh,quegli occhi là non crepitavano. Guardavano le cose,gravi e fisi, a cercarvi la causa di tanti dolori. Egli nonne poteva più.Una sera in cui il Balli era impegnato – con qualchedonna probabilmente – egli risolse di restare con la so-rella. Ma poi gli fu penoso di starle accanto nel silenzioche regnava fra loro tanto di frequente, condannaticom'erano a tacere di quello ch'era il loro pensiero do-minante. Prese il cappello per uscire.– Dove vai? – chiese ella che si divertiva a picchiare sulpiatto con la forchetta, la testa abbandonata su un brac-cio. Bastò perché egli perdesse il coraggio di andarsene.Veniva chiamato. Se in due quelle ore erano tanto dolo-rose, che cosa sarebbero state per Amalia sola?Gettò via il cappello, e disse: – Volevo portare a spassola mia disperazione. – L'incubo sparì. Era stata una tro-vata. Se non poteva parlare dei suoi dolori poteva alme-no distrarla col racconto dei proprii. Ella aveva cessatoimmediatamente di picchiare e s'era tutta rivolta a lui

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avevano cercato di abbellire la piccola loro dimora.Era un incubo di sentirsi accanto tanta tristezza senzaparole. E come doveva essere forte quel dolore certorincrudito dai dubbi più diversi. Ad Emilio sembravapersino ch'ella potesse dubitare della verità, e si sentivain pericolo di dover spiegare l'azione da lui commessa,la quale a lui stesso pareva già incredibile. Talvolta ellaposava su lui gli occhi grigi, sospettosi, indagatori. Oh,quegli occhi là non crepitavano. Guardavano le cose,gravi e fisi, a cercarvi la causa di tanti dolori. Egli nonne poteva più.Una sera in cui il Balli era impegnato – con qualchedonna probabilmente – egli risolse di restare con la so-rella. Ma poi gli fu penoso di starle accanto nel silenzioche regnava fra loro tanto di frequente, condannaticom'erano a tacere di quello ch'era il loro pensiero do-minante. Prese il cappello per uscire.– Dove vai? – chiese ella che si divertiva a picchiare sulpiatto con la forchetta, la testa abbandonata su un brac-cio. Bastò perché egli perdesse il coraggio di andarsene.Veniva chiamato. Se in due quelle ore erano tanto dolo-rose, che cosa sarebbero state per Amalia sola?Gettò via il cappello, e disse: – Volevo portare a spassola mia disperazione. – L'incubo sparì. Era stata una tro-vata. Se non poteva parlare dei suoi dolori poteva alme-no distrarla col racconto dei proprii. Ella aveva cessatoimmediatamente di picchiare e s'era tutta rivolta a lui

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per guardarlo bene in faccia, e vedere quale aspettoavesse in altri il proprio dolore.– Poveretto – mormorò scoprendolo pallido, sofferente,inquieto anche per le ragioni ch'ella non poteva sapere.Poi volle delle confidenze: – Da quel giorno non l'haipiù riveduta?Con un'espansione quasi gioconda egli raccontò. Mainon l'aveva vista. Quand'era all'aperto, senza voler sem-brare, cioè senza fermarsi nei luoghi ove sapeva ch'ellaa date ore doveva passare, non faceva altro che aspettar-la. Ma non l'aveva vista mai. Sembrava proprio che,dacché era stata lasciata da lui, ella evitasse di farsi ve-dere per le vie.– Potrebbe anche essere così – disse Amalia ch'era tutta,devotamente, intenta a studiare la sciagura del fratello.Emilio rise di cuore. Disse che Amalia non poteva figu-rarsi di quale pasta fosse fatta Angiolina. Erano trascorsiotto giorni dacché l'aveva lasciata, ed egli doveva asso-lutamente ritenere d'essere stato già del tutto dimentica-to. – Ti prego, non deridermi – pregò quantunques'accorgesse ch'ella fosse ben lontana dal ridere di lui. –Ella è fatta proprio così. – E qui capitò una biografia diAngiolina. Parlò della sua leggerezza, della sua vanità,di tutto ciò che costituiva la propria sventura, ed Amaliastette a sentirlo silenziosa e senza tradire la minima me-raviglia. Emilio pensò ch'ella studiasse il suo amore perscoprirvi delle analogie col proprio.

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per guardarlo bene in faccia, e vedere quale aspettoavesse in altri il proprio dolore.– Poveretto – mormorò scoprendolo pallido, sofferente,inquieto anche per le ragioni ch'ella non poteva sapere.Poi volle delle confidenze: – Da quel giorno non l'haipiù riveduta?Con un'espansione quasi gioconda egli raccontò. Mainon l'aveva vista. Quand'era all'aperto, senza voler sem-brare, cioè senza fermarsi nei luoghi ove sapeva ch'ellaa date ore doveva passare, non faceva altro che aspettar-la. Ma non l'aveva vista mai. Sembrava proprio che,dacché era stata lasciata da lui, ella evitasse di farsi ve-dere per le vie.– Potrebbe anche essere così – disse Amalia ch'era tutta,devotamente, intenta a studiare la sciagura del fratello.Emilio rise di cuore. Disse che Amalia non poteva figu-rarsi di quale pasta fosse fatta Angiolina. Erano trascorsiotto giorni dacché l'aveva lasciata, ed egli doveva asso-lutamente ritenere d'essere stato già del tutto dimentica-to. – Ti prego, non deridermi – pregò quantunques'accorgesse ch'ella fosse ben lontana dal ridere di lui. –Ella è fatta proprio così. – E qui capitò una biografia diAngiolina. Parlò della sua leggerezza, della sua vanità,di tutto ciò che costituiva la propria sventura, ed Amaliastette a sentirlo silenziosa e senza tradire la minima me-raviglia. Emilio pensò ch'ella studiasse il suo amore perscoprirvi delle analogie col proprio.

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Avevano passato in tal modo un quarto d'ora delizioso.Pareva che tutto quanto li aveva divisi fosse sparito oanzi venisse ad unirli, tant'è vero ch'egli aveva parlatod'Angiolina non per il bisogno di sollevarsi dal pesod'amore e di desiderio che fino a quell'ora lo aveva fattociarlare tanto, ma unicamente per far piacere alla sorel-la. Per Amalia provava una grande tenerezza; gli parevache, ascoltandolo, ella gli avesse dato formalmente ilsuo perdono.Fu questa tenerezza che lo condusse a dire delle paroleche fecero terminare in tutt'altro modo quella serata.Aveva finito di raccontare e, senza alcuna esitazione,chiese: – E tu? – Non aveva esitato e non aveva neppureriflettuto. Dopo aver resistito per tanti giorni al deside-rio di chiedere alla sorella delle confidenze, in quell'orad'abbandono vi cedette. Avendo provato un tale sollievodi fare lui delle confidenze, gli pareva troppo naturaled'indurre anche Amalia a confidarsi nello stesso modo.Ma Amalia non l'intendeva così. Lo guardò con gli oc-chi sbarrati da un grande terrore: – Io? Non ti capisco! –Se anche veramente non avesse capito, avrebbe potutoindovinare tutto dall'imbarazzo in cui egli fu gettato alvederla tanto sconvolta. – Tu sei pazzo, mi pare. – Ave-va capito, ma evidentemente non sapeva ancora spiegar-si come Emilio fosse riuscito a indovinare il segreto tan-to gelosamente custodito.– Chiedevo se tu... – balbettò Emilio egualmente scon-

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Avevano passato in tal modo un quarto d'ora delizioso.Pareva che tutto quanto li aveva divisi fosse sparito oanzi venisse ad unirli, tant'è vero ch'egli aveva parlatod'Angiolina non per il bisogno di sollevarsi dal pesod'amore e di desiderio che fino a quell'ora lo aveva fattociarlare tanto, ma unicamente per far piacere alla sorel-la. Per Amalia provava una grande tenerezza; gli parevache, ascoltandolo, ella gli avesse dato formalmente ilsuo perdono.Fu questa tenerezza che lo condusse a dire delle paroleche fecero terminare in tutt'altro modo quella serata.Aveva finito di raccontare e, senza alcuna esitazione,chiese: – E tu? – Non aveva esitato e non aveva neppureriflettuto. Dopo aver resistito per tanti giorni al deside-rio di chiedere alla sorella delle confidenze, in quell'orad'abbandono vi cedette. Avendo provato un tale sollievodi fare lui delle confidenze, gli pareva troppo naturaled'indurre anche Amalia a confidarsi nello stesso modo.Ma Amalia non l'intendeva così. Lo guardò con gli oc-chi sbarrati da un grande terrore: – Io? Non ti capisco! –Se anche veramente non avesse capito, avrebbe potutoindovinare tutto dall'imbarazzo in cui egli fu gettato alvederla tanto sconvolta. – Tu sei pazzo, mi pare. – Ave-va capito, ma evidentemente non sapeva ancora spiegar-si come Emilio fosse riuscito a indovinare il segreto tan-to gelosamente custodito.– Chiedevo se tu... – balbettò Emilio egualmente scon-

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volto. Cercava una bugia, ma intanto Amalia s'era trova-ta la spiegazione più ovvia e la disse a tanto di lettere: –Il signor Balli ti ha parlato di me. – Ella gridava. Il suodolore aveva trovata la parola. La sua faccia era coloritadal sangue sferzato da un violento disdegno, e le suelabbra si arcuarono. Ella ridiveniva forte per un istante.In questo ella somigliava perfettamente ad Emilio. Sicapiva ch'ella riviveva potendo convertire il suo dolorein un'ira. Non era più abbandonata senza parole; era vili-pesa. Ma la forza non era fatta per lei, e durò poco. Emi-lio giurò: il Balli non gli aveva mai parlato di Amalia inmodo da far capire che credesse d'esserne amato. Ellanon gli credette, ma il debolissimo dubbio ch'egli le ave-va messo nell'animo le tolse la forza, e si mise a piange-re: – Perché non viene più in casa nostra?– È un caso, – disse Emilio. – Fra giorni certo verrà.– Non verrà! – gridò Amalia e riacquistò la violenzanella discussione. – Non mi saluta neppure. – I sin-ghiozzi le impedivano di pronunziare delle frasi più lun-ghe. Emilio corse ad abbracciarla ma la compassione lefece male. Ella si alzò violentemente, si svincolò e corsenella sua stanza a calmarsi. I singhiozzi erano divenutigridi. Poco dopo cessarono del tutto, ed ella ritornò epoté parlare interrotta solo da qualche sussulto represso.S'era fermata alla porta: – Non so neppure io stessa per-ché pianga così. Un'inezia qualunque mi getta in tale or-gasmo. È certo che sono malata. Io non ho fatto nullache potesse dare a quel signore il diritto di contenersi

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volto. Cercava una bugia, ma intanto Amalia s'era trova-ta la spiegazione più ovvia e la disse a tanto di lettere: –Il signor Balli ti ha parlato di me. – Ella gridava. Il suodolore aveva trovata la parola. La sua faccia era coloritadal sangue sferzato da un violento disdegno, e le suelabbra si arcuarono. Ella ridiveniva forte per un istante.In questo ella somigliava perfettamente ad Emilio. Sicapiva ch'ella riviveva potendo convertire il suo dolorein un'ira. Non era più abbandonata senza parole; era vili-pesa. Ma la forza non era fatta per lei, e durò poco. Emi-lio giurò: il Balli non gli aveva mai parlato di Amalia inmodo da far capire che credesse d'esserne amato. Ellanon gli credette, ma il debolissimo dubbio ch'egli le ave-va messo nell'animo le tolse la forza, e si mise a piange-re: – Perché non viene più in casa nostra?– È un caso, – disse Emilio. – Fra giorni certo verrà.– Non verrà! – gridò Amalia e riacquistò la violenzanella discussione. – Non mi saluta neppure. – I sin-ghiozzi le impedivano di pronunziare delle frasi più lun-ghe. Emilio corse ad abbracciarla ma la compassione lefece male. Ella si alzò violentemente, si svincolò e corsenella sua stanza a calmarsi. I singhiozzi erano divenutigridi. Poco dopo cessarono del tutto, ed ella ritornò epoté parlare interrotta solo da qualche sussulto represso.S'era fermata alla porta: – Non so neppure io stessa per-ché pianga così. Un'inezia qualunque mi getta in tale or-gasmo. È certo che sono malata. Io non ho fatto nullache potesse dare a quel signore il diritto di contenersi

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così. Tu ne sei convinto, nevvero? Ebbene, mi basta! Edel resto che cosa potevo dire o fare? – Andò a sedere esi rimise a piangere più dolcemente.Era evidente che Emilio doveva prima di tutto scolparel'amico e lo fece, ma non era possibile di riuscirvi.L'opposizione non fece altro che agitare di più Amalia.– Ch'egli venga! – ella gridò. – Se lo desidera non mivedrà neppure, non mi lascerò vedere da lui.Ad Emilio parve d'aver trovata una buona idea:– Sai la ragione del mutamento nel contegno del Balli?Dinanzi a me gli fu chiesto se stesse per fidanzarsi conte. Ella lo guardava indagando se potesse fidarsi di lui;non comprendeva neppur bene, e per analizzare più fa-cilmente quelle parole, le ripeté: – Altri gli ha dettoch'egli stia per fidanzarsi con me? – Rise forte, ma conla sola voce. Egli aveva dunque paura di essere compro-messo e di doverla sposare? Ma chi gli aveva messaun'idea simile in quella testa che pure di solito non ap-pariva una delle più stolide? E lei, era forse una ragazzi-na da innamorarsi perdutamente per due parole ed unaocchiata? – Certo – la sua ammirabile forza di volontà lepermise perfino di trovare un tono di vera indifferenza –certo, la compagnia del Balli non le era stata discara, manon l'aveva saputa tanto pericolosa. – Volle di nuovo ri-dere, ma questa volta la sua voce si ruppe nel pianto.– Non vedo dunque che ci sia una ragione di piangere –disse Emilio timidamente. Avrebbe ora voluto far cessa-

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così. Tu ne sei convinto, nevvero? Ebbene, mi basta! Edel resto che cosa potevo dire o fare? – Andò a sedere esi rimise a piangere più dolcemente.Era evidente che Emilio doveva prima di tutto scolparel'amico e lo fece, ma non era possibile di riuscirvi.L'opposizione non fece altro che agitare di più Amalia.– Ch'egli venga! – ella gridò. – Se lo desidera non mivedrà neppure, non mi lascerò vedere da lui.Ad Emilio parve d'aver trovata una buona idea:– Sai la ragione del mutamento nel contegno del Balli?Dinanzi a me gli fu chiesto se stesse per fidanzarsi conte. Ella lo guardava indagando se potesse fidarsi di lui;non comprendeva neppur bene, e per analizzare più fa-cilmente quelle parole, le ripeté: – Altri gli ha dettoch'egli stia per fidanzarsi con me? – Rise forte, ma conla sola voce. Egli aveva dunque paura di essere compro-messo e di doverla sposare? Ma chi gli aveva messaun'idea simile in quella testa che pure di solito non ap-pariva una delle più stolide? E lei, era forse una ragazzi-na da innamorarsi perdutamente per due parole ed unaocchiata? – Certo – la sua ammirabile forza di volontà lepermise perfino di trovare un tono di vera indifferenza –certo, la compagnia del Balli non le era stata discara, manon l'aveva saputa tanto pericolosa. – Volle di nuovo ri-dere, ma questa volta la sua voce si ruppe nel pianto.– Non vedo dunque che ci sia una ragione di piangere –disse Emilio timidamente. Avrebbe ora voluto far cessa-

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re quelle confidenze che con tanta leggerezza aveva pro-vocate. La parola non guariva Amalia; ne inaspriva ildolore. In questo ella non gli somigliava.– Non ho ragione di piangere quando vengo trattata inquesto modo? Egli fugge come se io gli fossi corsa die-tro. – Di nuovo aveva gridato, ma, dallo sforzo, fu subi-to spossata. Le parole di Emilio erano capitate proprioinaspettate perché, dopo tanto tempo, ella ancora nonaveva trovato un contegno. Un'altra volta ella cercò diattenuare l'impressione che tutta la scena doveva averprodotta su Emilio. – La mia debolezza è la causa primadella mia agitazione – disse poggiando la testa sulle duemani. – Non m'hai già vista piangere per cose moltomeno importanti?Senza dirselo, ambedue corsero col pensiero a quellasera in cui ella era scoppiata in pianto solo perchéquell'Angiolina le portava via il fratello. Si guardaronomolto serii. Allora, ella pensò, aveva davvero pianto pernulla, e proprio perché ancora non aveva conosciuto loscoramento senza rimedio in cui ora si trovava. Egli, in-vece, ricordò quanto quella scena fosse somigliata aquesta, e sentì un nuovo peso piombare sulla propria co-scienza. Questa scena era evidentemente la continuazio-ne dell'altra.Ma Amalia aveva deciso. – Credo che tocca a te difen-dermi, nevvero? Ora non mi pare che tu possa continua-re ad essere l'amico di chi m'offende senza alcun moti-

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re quelle confidenze che con tanta leggerezza aveva pro-vocate. La parola non guariva Amalia; ne inaspriva ildolore. In questo ella non gli somigliava.– Non ho ragione di piangere quando vengo trattata inquesto modo? Egli fugge come se io gli fossi corsa die-tro. – Di nuovo aveva gridato, ma, dallo sforzo, fu subi-to spossata. Le parole di Emilio erano capitate proprioinaspettate perché, dopo tanto tempo, ella ancora nonaveva trovato un contegno. Un'altra volta ella cercò diattenuare l'impressione che tutta la scena doveva averprodotta su Emilio. – La mia debolezza è la causa primadella mia agitazione – disse poggiando la testa sulle duemani. – Non m'hai già vista piangere per cose moltomeno importanti?Senza dirselo, ambedue corsero col pensiero a quellasera in cui ella era scoppiata in pianto solo perchéquell'Angiolina le portava via il fratello. Si guardaronomolto serii. Allora, ella pensò, aveva davvero pianto pernulla, e proprio perché ancora non aveva conosciuto loscoramento senza rimedio in cui ora si trovava. Egli, in-vece, ricordò quanto quella scena fosse somigliata aquesta, e sentì un nuovo peso piombare sulla propria co-scienza. Questa scena era evidentemente la continuazio-ne dell'altra.Ma Amalia aveva deciso. – Credo che tocca a te difen-dermi, nevvero? Ora non mi pare che tu possa continua-re ad essere l'amico di chi m'offende senza alcun moti-

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vo.– Egli non t'offende – protestò Emilio.– Pensa come vuoi! Ma egli deve ritornare in questacasa o tu saresti obbligato a voltargli le spalle. Da partemia poi, ti prometto ch'egli non troverà niente di mutatonel mio contegno; farò uno sforzo e lo tratterò diversa-mente da quello che si merita.Emilio dovette riconoscere ch'ella aveva ragione e disseche, pur non annettendo alla cosa tanta importanza daindurlo a rompere i rapporti col Balli, gli avrebbe fattocapire che intendeva vederlo frequentare di nuovo casasua.Neppure questa promessa bastò alla mite Amalia. – A tedunque pare un'inezia l'insulto fatto a tua sorella? Com-portati allora come ti pare e piace, ma anch'io farò amodo mio. – Minacciava fredda e sdegnosa. – Domanimi raccomanderò all'agenzia qui di faccia per un postoda governante o da serva. C'era tanta freddezza nelle sueparole da far credere nella serietà della sua intenzione.– Ho forse detto di non voler fare quello che tu desideri?disse Emilio spaventato. – Domani parlerò col Balli, ese domani stesso non viene da noi, io saprò allentare imiei rapporti con lui.Quell'allentare suonò male ad Amalia. – Allentare? Fa-rai quello che vorrai. – S'alzò e, senza salutarlo, andònella sua stanza ove ancora ardeva la candela ch'ella ci

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vo.– Egli non t'offende – protestò Emilio.– Pensa come vuoi! Ma egli deve ritornare in questacasa o tu saresti obbligato a voltargli le spalle. Da partemia poi, ti prometto ch'egli non troverà niente di mutatonel mio contegno; farò uno sforzo e lo tratterò diversa-mente da quello che si merita.Emilio dovette riconoscere ch'ella aveva ragione e disseche, pur non annettendo alla cosa tanta importanza daindurlo a rompere i rapporti col Balli, gli avrebbe fattocapire che intendeva vederlo frequentare di nuovo casasua.Neppure questa promessa bastò alla mite Amalia. – A tedunque pare un'inezia l'insulto fatto a tua sorella? Com-portati allora come ti pare e piace, ma anch'io farò amodo mio. – Minacciava fredda e sdegnosa. – Domanimi raccomanderò all'agenzia qui di faccia per un postoda governante o da serva. C'era tanta freddezza nelle sueparole da far credere nella serietà della sua intenzione.– Ho forse detto di non voler fare quello che tu desideri?disse Emilio spaventato. – Domani parlerò col Balli, ese domani stesso non viene da noi, io saprò allentare imiei rapporti con lui.Quell'allentare suonò male ad Amalia. – Allentare? Fa-rai quello che vorrai. – S'alzò e, senza salutarlo, andònella sua stanza ove ancora ardeva la candela ch'ella ci

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aveva portata la prima volta che vi si era rifugiata.Emilio pensò ch'ella continuava a dimostrarsi risentitaperché le era più facile di padroneggiarsi: il momentostesso in cui si fosse mitigata fino a dire una parola diringraziamento od anche soltanto di consenso, sarebbestata vinta di nuovo dalla commozione. Volle seguirla,ma capì ch'ella stava svestendosi e, dal di fuori, le augu-rò la buona notte. Ella rispose a mezza voce e con unadura indifferenza.Del resto Amalia aveva ragione. Il Balli doveva almenoqualche volta venire in casa sua. Quella cessazione im-provvisa delle visite era offensiva e si capiva che perpoter guarire Amalia fosse necessario prima di tutto ditoglier l'offesa. Uscì nella speranza di trovare il Balli.Fuori, alla porta stessa di casa, trovò la più potente delledistrazioni. Per un caso strano s'imbatté faccia a facciacon Angiolina. Come dimenticò subito la sorella, il Ballie i propri rimorsi! Fu una sorpresa per lui. In quei pochigiorni egli aveva dimenticato il colore di quei capelliche rendevano tanto bionda tutta la figura, gli occhi az-zurri che ora veramente guardavano per indagare. Eglile fece un saluto breve che per voler essere freddo fuviolento. Nello stesso tempo le aveva sgranati addossogli occhi sì che, se ella stessa non fosse stata sorpresa eagitata, ella avrebbe potuto averne paura.Sì! Ella era agitata. Aveva risposto al suo saluto confusae arrossendo. Era accompagnata dalla madre e, fatti po-

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aveva portata la prima volta che vi si era rifugiata.Emilio pensò ch'ella continuava a dimostrarsi risentitaperché le era più facile di padroneggiarsi: il momentostesso in cui si fosse mitigata fino a dire una parola diringraziamento od anche soltanto di consenso, sarebbestata vinta di nuovo dalla commozione. Volle seguirla,ma capì ch'ella stava svestendosi e, dal di fuori, le augu-rò la buona notte. Ella rispose a mezza voce e con unadura indifferenza.Del resto Amalia aveva ragione. Il Balli doveva almenoqualche volta venire in casa sua. Quella cessazione im-provvisa delle visite era offensiva e si capiva che perpoter guarire Amalia fosse necessario prima di tutto ditoglier l'offesa. Uscì nella speranza di trovare il Balli.Fuori, alla porta stessa di casa, trovò la più potente delledistrazioni. Per un caso strano s'imbatté faccia a facciacon Angiolina. Come dimenticò subito la sorella, il Ballie i propri rimorsi! Fu una sorpresa per lui. In quei pochigiorni egli aveva dimenticato il colore di quei capelliche rendevano tanto bionda tutta la figura, gli occhi az-zurri che ora veramente guardavano per indagare. Eglile fece un saluto breve che per voler essere freddo fuviolento. Nello stesso tempo le aveva sgranati addossogli occhi sì che, se ella stessa non fosse stata sorpresa eagitata, ella avrebbe potuto averne paura.Sì! Ella era agitata. Aveva risposto al suo saluto confusae arrossendo. Era accompagnata dalla madre e, fatti po-

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chi passi, s'era voltata tanto verso la propria compagnada poter vedere anche dietro di sé. A lui parve di com-prendere dagli occhi di lei ch'ella s'attendeva di veniravvicinata, e fu precisamente questo che gli diede la for-za di passare oltre accelerando il passo.Camminò per parecchio tempo senza meta, per tranquil-larsi. Forse Amalia aveva veduto bene e il suo abbando-no era stato per Angiolina la più energica delle educa-zioni. Forse ella lo amava ora! Camminando fece un so-gno delizioso. Ella lo amava, lo seguiva, s'attaccava alui, ed egli continuava a fuggirla, a respingerla. Qualesoddisfazione sentimentale!Quando ritornò in sé, il ricordo della sorella gli aggravòdi nuovo il cuore. In quei pochi giorni il suo destino eradivenuto più doloroso, tant'è vero che il pensierod'Angiolina, che fino allora era stato tanto doloroso perlui, gli appariva un rifugio, per quanto non tutto piace-vole, dal pensiero di aver inasprita la sorte della sorella.Per quella sera non trovò il Balli. Sul tardi venne ferma-to dal Sorniani il quale ritornava dal teatro. Dopo il sa-luto, subito, costui raccontò di aver vista a teatro, in pri-ma galleria, Angiolina colla madre; bellissima davverocon una vita di seta gialla e un cappellino di cui non sivedevano che due o tre grandi rose nell'oro dei capelli.Si dava per la prima volta la Valchiria e il Sorniani simeravigliava che Emilio, conosciuto in altra epoca peraver fatto della critica musicale avvenirista – che cosa

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chi passi, s'era voltata tanto verso la propria compagnada poter vedere anche dietro di sé. A lui parve di com-prendere dagli occhi di lei ch'ella s'attendeva di veniravvicinata, e fu precisamente questo che gli diede la for-za di passare oltre accelerando il passo.Camminò per parecchio tempo senza meta, per tranquil-larsi. Forse Amalia aveva veduto bene e il suo abbando-no era stato per Angiolina la più energica delle educa-zioni. Forse ella lo amava ora! Camminando fece un so-gno delizioso. Ella lo amava, lo seguiva, s'attaccava alui, ed egli continuava a fuggirla, a respingerla. Qualesoddisfazione sentimentale!Quando ritornò in sé, il ricordo della sorella gli aggravòdi nuovo il cuore. In quei pochi giorni il suo destino eradivenuto più doloroso, tant'è vero che il pensierod'Angiolina, che fino allora era stato tanto doloroso perlui, gli appariva un rifugio, per quanto non tutto piace-vole, dal pensiero di aver inasprita la sorte della sorella.Per quella sera non trovò il Balli. Sul tardi venne ferma-to dal Sorniani il quale ritornava dal teatro. Dopo il sa-luto, subito, costui raccontò di aver vista a teatro, in pri-ma galleria, Angiolina colla madre; bellissima davverocon una vita di seta gialla e un cappellino di cui non sivedevano che due o tre grandi rose nell'oro dei capelli.Si dava per la prima volta la Valchiria e il Sorniani simeravigliava che Emilio, conosciuto in altra epoca peraver fatto della critica musicale avvenirista – che cosa

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non aveva fatto in sua vita? – non fosse stato a teatro.Confusa ed agitata come egli l'aveva vista, ella era anda-ta poi a teatro e in un posto di un prezzo piuttosto eleva-to. Chissà chi glielo aveva pagato! Egli aveva fatto dun-que un altro vanissimo sogno.Disse al Sorniani che la sera appresso sarebbe andatoanche lui al Comunale; ma non ne aveva l'intenzione.Aveva perduta l'unica serata in cui il teatro gli sarebbepotuto piacere. La sera seguente Angiolina non ci sareb-be andata neppure se le fosse stato pagato di nuovo ilposto. Wagner e Angiolina! Era già molto che si fosseroincontrati una volta sola.Passò una notte insonne. Era inquieto, e non trovava nelletto una posizione comoda abbastanza per starci fermo.S'alzò per calmarsi e ricordò che forse dalla stanza dellasorella poteva venirgli una distrazione. Ma Amalia nonsognava più; ella aveva perduti anche i suoi lieti sogni.La sentì voltarsi più volte nel letto che neppure a leisembrava molle.Verso la mattina ella lo sentì alla porta e gli chiese checosa volesse.Egli era ritornato là nella speranza di udirla parlare, diapprendere ch'ella godesse almeno una volta nelle venti-quattr'ore.– Niente – rispose lui profondamente accorato di sentir-la desta – mi pareva che ti movessi, e volevo vedere se

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non aveva fatto in sua vita? – non fosse stato a teatro.Confusa ed agitata come egli l'aveva vista, ella era anda-ta poi a teatro e in un posto di un prezzo piuttosto eleva-to. Chissà chi glielo aveva pagato! Egli aveva fatto dun-que un altro vanissimo sogno.Disse al Sorniani che la sera appresso sarebbe andatoanche lui al Comunale; ma non ne aveva l'intenzione.Aveva perduta l'unica serata in cui il teatro gli sarebbepotuto piacere. La sera seguente Angiolina non ci sareb-be andata neppure se le fosse stato pagato di nuovo ilposto. Wagner e Angiolina! Era già molto che si fosseroincontrati una volta sola.Passò una notte insonne. Era inquieto, e non trovava nelletto una posizione comoda abbastanza per starci fermo.S'alzò per calmarsi e ricordò che forse dalla stanza dellasorella poteva venirgli una distrazione. Ma Amalia nonsognava più; ella aveva perduti anche i suoi lieti sogni.La sentì voltarsi più volte nel letto che neppure a leisembrava molle.Verso la mattina ella lo sentì alla porta e gli chiese checosa volesse.Egli era ritornato là nella speranza di udirla parlare, diapprendere ch'ella godesse almeno una volta nelle venti-quattr'ore.– Niente – rispose lui profondamente accorato di sentir-la desta – mi pareva che ti movessi, e volevo vedere se

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ti occorresse qualche cosa.– Non mi occorre niente – rispose ella mitemente. –Grazie, Emilio.Egli senti d'essere stato perdonato e ne provò una soddi-sfazione vivissima e dolce tanto che gli si inumidironogli occhi. – Ma perché non dormi? – L'istante era tantofelice ch'egli voleva gustarlo; lo prolungava e lo rendevapiù intenso facendo sentire alla sorella il proprio affettocommosso.– Mi sono destata or ora; ma tu?– Io dormo pochissimo da parecchio tempo – risposelui: credeva sempre che ad Amalia dovesse derivare unsollievo dal sapere quali dolori patisse anche lui. Poi, ri-cordando le parole scambiate col Sorniani, le annunziòche aveva deciso di andare a distrarsi alla Valchiria. –Ci vieni anche tu?– Ben volentieri – rispose essa. – Basta che non ti costitroppo.Emilio protestò. – Per una volta tanto. – Batteva i dentidal freddo, ma su quel posto aveva trovato tanta dolcecommozione ch'esitava ad abbandonarlo.– Sei in camicia? – domandò lei e udito che sì, gli ordi-nò di andarsi a coricare.Egli andò a letto malvolentieri ma, quando vi fu, trovòsubito la posizione che aveva cercata invano tutta la not-te, e dormì ininterrotte un paio d'ore.

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ti occorresse qualche cosa.– Non mi occorre niente – rispose ella mitemente. –Grazie, Emilio.Egli senti d'essere stato perdonato e ne provò una soddi-sfazione vivissima e dolce tanto che gli si inumidironogli occhi. – Ma perché non dormi? – L'istante era tantofelice ch'egli voleva gustarlo; lo prolungava e lo rendevapiù intenso facendo sentire alla sorella il proprio affettocommosso.– Mi sono destata or ora; ma tu?– Io dormo pochissimo da parecchio tempo – risposelui: credeva sempre che ad Amalia dovesse derivare unsollievo dal sapere quali dolori patisse anche lui. Poi, ri-cordando le parole scambiate col Sorniani, le annunziòche aveva deciso di andare a distrarsi alla Valchiria. –Ci vieni anche tu?– Ben volentieri – rispose essa. – Basta che non ti costitroppo.Emilio protestò. – Per una volta tanto. – Batteva i dentidal freddo, ma su quel posto aveva trovato tanta dolcecommozione ch'esitava ad abbandonarlo.– Sei in camicia? – domandò lei e udito che sì, gli ordi-nò di andarsi a coricare.Egli andò a letto malvolentieri ma, quando vi fu, trovòsubito la posizione che aveva cercata invano tutta la not-te, e dormì ininterrotte un paio d'ore.

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Col Balli non fu punto difficile d'intendersi. Alla matti-na lo trovò mentre marciava dietro al carro del canicida,tutto commosso della sorte di tante povere bestie. Ne eraafflitto, ma ricercava quella commozione per sentirsi,diceva lui, più artista nell'affetto agli animali. Alle paro-le di Emilio diede poco ascolto, avendo le orecchie in-tronate dai guaiti dei cani, il suono più doloroso ch'esi-sta in natura quando è provocato da un dolore così inat-teso come quello dell'improvvisa stretta violenta al col-lo. – C'è dentro la paura della morte – diceva il Balli – enello stesso tempo un'enorme, impotente indignazione.Il Brentani ricordò con amarezza che anche nel lamentodi Amalia si era sentita una sorpresa ed un'enorme, im-potente indignazione. La presenza del canicida gli facili-tò però il suo compito. Il Balli lo ascoltò distrattamente,e dichiarò di non aver niente in contrario a venire da luiquel giorno stesso.Ebbe qualche leggero dubbio soltanto a mezzodì quandovenne a prendere Emilio all'ufficio. S'era già convintoche Amalia, innamorata di lui, si fosse confidata col fra-tello e che costui avesse creduto opportuno allontanarlodalla sua casa; ora invece Emilio voleva vi ritornasseperché Amalia non capiva per quale ragione egli non sifacesse più vedere. – Lo vorranno per convenienza –pensò il Balli con la sua consueta facilità di spiegare tut-to.Erano già avviati verso casa allorché a Stefano venne un

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Col Balli non fu punto difficile d'intendersi. Alla matti-na lo trovò mentre marciava dietro al carro del canicida,tutto commosso della sorte di tante povere bestie. Ne eraafflitto, ma ricercava quella commozione per sentirsi,diceva lui, più artista nell'affetto agli animali. Alle paro-le di Emilio diede poco ascolto, avendo le orecchie in-tronate dai guaiti dei cani, il suono più doloroso ch'esi-sta in natura quando è provocato da un dolore così inat-teso come quello dell'improvvisa stretta violenta al col-lo. – C'è dentro la paura della morte – diceva il Balli – enello stesso tempo un'enorme, impotente indignazione.Il Brentani ricordò con amarezza che anche nel lamentodi Amalia si era sentita una sorpresa ed un'enorme, im-potente indignazione. La presenza del canicida gli facili-tò però il suo compito. Il Balli lo ascoltò distrattamente,e dichiarò di non aver niente in contrario a venire da luiquel giorno stesso.Ebbe qualche leggero dubbio soltanto a mezzodì quandovenne a prendere Emilio all'ufficio. S'era già convintoche Amalia, innamorata di lui, si fosse confidata col fra-tello e che costui avesse creduto opportuno allontanarlodalla sua casa; ora invece Emilio voleva vi ritornasseperché Amalia non capiva per quale ragione egli non sifacesse più vedere. – Lo vorranno per convenienza –pensò il Balli con la sua consueta facilità di spiegare tut-to.Erano già avviati verso casa allorché a Stefano venne un

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altro dubbio: – Basta che la signorina non mi serbi ran-core.Emilio, forte dell'assicurazione avuta dalla sorella, lotranquillò. – Sarai accolto come in passato.Il Balli tacque. Ci avrebbe pensato lui ad apparire diver-so da quello di una volta, per non lusingarla e non essereassalito una seconda volta da quell'amore poco desidera-bile.Amalia era preparata a tutto fuorché a questo. Si eraproposta di trattarlo gentilmente ma con freddezza, edecco ch'era lui a dare tale intonazione ai loro rapporti. Alei non restò altro che d'accettare e seguire passivamenteil modo imposto da lui, e non poté neppure tradire un ri-sentimento. Egli la trattava proprio come una signorinadi cui avesse fatto da poco la conoscenza, con tutti i ri-guardi e il più indifferente rispetto. Non erano più lechiacchiere allegre in cui il Balli si abbandonava tutto,svelando quanto più alto si tenesse di tutte le personeche lo contornavano, con un'immodestia tanto spudoratada non potersi mostrare che accanto a persone devotissi-me, perché un'ironia qualunque in quei momenti gliavrebbe tolta la voce e il fiato. Quel giorno non parlò af-fatto di sé, ma, invece, e brevemente, di cose che Ama-lia non stava neppure a udire, stupefatta di tanta indiffe-renza. Raccontò che s'era annoiato molto alla Valchiria,dove una metà del pubblico era occupata a dare ad in-tendere all'altra di divertirsi; poi parlò anche di un'altra

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altro dubbio: – Basta che la signorina non mi serbi ran-core.Emilio, forte dell'assicurazione avuta dalla sorella, lotranquillò. – Sarai accolto come in passato.Il Balli tacque. Ci avrebbe pensato lui ad apparire diver-so da quello di una volta, per non lusingarla e non essereassalito una seconda volta da quell'amore poco desidera-bile.Amalia era preparata a tutto fuorché a questo. Si eraproposta di trattarlo gentilmente ma con freddezza, edecco ch'era lui a dare tale intonazione ai loro rapporti. Alei non restò altro che d'accettare e seguire passivamenteil modo imposto da lui, e non poté neppure tradire un ri-sentimento. Egli la trattava proprio come una signorinadi cui avesse fatto da poco la conoscenza, con tutti i ri-guardi e il più indifferente rispetto. Non erano più lechiacchiere allegre in cui il Balli si abbandonava tutto,svelando quanto più alto si tenesse di tutte le personeche lo contornavano, con un'immodestia tanto spudoratada non potersi mostrare che accanto a persone devotissi-me, perché un'ironia qualunque in quei momenti gliavrebbe tolta la voce e il fiato. Quel giorno non parlò af-fatto di sé, ma, invece, e brevemente, di cose che Ama-lia non stava neppure a udire, stupefatta di tanta indiffe-renza. Raccontò che s'era annoiato molto alla Valchiria,dove una metà del pubblico era occupata a dare ad in-tendere all'altra di divertirsi; poi parlò anche di un'altra

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noia, quella del lungo carnevale che aveva ancora unmese d'agonia. Da tanta noia egli fu indotto a sbadiglia-re lungamente. Oh, così mutato era noioso anche lui.Dove se n'era andata quella bella vivacità che Amaliaaveva amata tanto perché le sembrava nata per piacere alei?Emilio sentì che la sorella doveva soffrire, e cercò diprovocare qualche segno di maggiore interessamento daparte di Stefano. Parlò della cattiva cera di Amalia e mi-nacciò la sorella di chiamare il dottor Carini se ella nonsi fosse migliorata d'aspetto. Il dottor Carini, amico delBalli, era stato nominato proprio per indurre quest'ulti-mo a parlare anche lui della salute di Amalia. Ma Stefa-no, con ostinazione puerile, badò di non prender parte aun simile discorso, e Amalia rispose alle parole affettuo-se del fratello con una frase ruvida. Voleva essere bruscacon qualcuno, né poteva esserlo col Balli. Del restopoco dopo si ritirò nella sua stanza, e li lasciò soli.Per via Emilio ritornò su quelle sue disgraziate parole etentò di spiegarle e di togliere da Amalia qualunqueaspetto di colpa. Confessò di essere stato leggero. Dove-va essersi ingannato sul sentimento di Amalia, la quale(ne fece solenne giuramento) non gli aveva mai dettouna parola in proposito. Il Balli finse di credergli. Di-chiarò ch'era tuttavia inutile di riparlare di quella fac-cenda che egli, da lungo tempo, aveva dimenticata.Come sempre, egli era molto contento di se stesso. S'eracomportato come doveva per ridare la quiete ad Amalia,

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noia, quella del lungo carnevale che aveva ancora unmese d'agonia. Da tanta noia egli fu indotto a sbadiglia-re lungamente. Oh, così mutato era noioso anche lui.Dove se n'era andata quella bella vivacità che Amaliaaveva amata tanto perché le sembrava nata per piacere alei?Emilio sentì che la sorella doveva soffrire, e cercò diprovocare qualche segno di maggiore interessamento daparte di Stefano. Parlò della cattiva cera di Amalia e mi-nacciò la sorella di chiamare il dottor Carini se ella nonsi fosse migliorata d'aspetto. Il dottor Carini, amico delBalli, era stato nominato proprio per indurre quest'ulti-mo a parlare anche lui della salute di Amalia. Ma Stefa-no, con ostinazione puerile, badò di non prender parte aun simile discorso, e Amalia rispose alle parole affettuo-se del fratello con una frase ruvida. Voleva essere bruscacon qualcuno, né poteva esserlo col Balli. Del restopoco dopo si ritirò nella sua stanza, e li lasciò soli.Per via Emilio ritornò su quelle sue disgraziate parole etentò di spiegarle e di togliere da Amalia qualunqueaspetto di colpa. Confessò di essere stato leggero. Dove-va essersi ingannato sul sentimento di Amalia, la quale(ne fece solenne giuramento) non gli aveva mai dettouna parola in proposito. Il Balli finse di credergli. Di-chiarò ch'era tuttavia inutile di riparlare di quella fac-cenda che egli, da lungo tempo, aveva dimenticata.Come sempre, egli era molto contento di se stesso. S'eracomportato come doveva per ridare la quiete ad Amalia,

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ed evitare fastidi all'amico. L'altro tacque comprenden-do di gettare il fiato al vento.La stessa sera fratello e sorella andarono a teatro, edEmilio sperava che lo svago insolito fosse perciò mag-giore per la sorella.Ma no! Nella serata il divertimento non le animò gli oc-chi neppure una sola volta. Appena appena vide il pub-blico. Il pensiero sempre rivolto all'ingiustizia che le erastata fatta, ella non poteva neppure occuparsi di quelletante donne più felici ed eleganti di lei che altre volteella aveva seguite con tanto interessamento da trovarpiacere già nel parlare di loro. Quando ne aveva avutol'opportunità, s'era fatte descrivere quelle fogge, ed oranon le vedeva neppure.Una certa Birlini, una ricca signora ch'era stata amicadella madre dei Brentani, dal suo palchetto vicinissimo,scorse Amalia e la salutò. In passato Amalia era statasuperba dell'affetto di alcune ricche signore. Invece orafu con isforzo che trovò un sorriso per rispondere allagentilezza usatale, e presto non vide più la bionda ebuona signora che evidentemente s'era compiaciuta ditrovare anche Amalia in quel teatro.Ma Amalia veramente non c'era. Ella si lasciava cullarenei suoi pensieri da quella strana musica di cui non per-cepiva i particolari, ma l'insieme ardito e granitico chele sembrava una minaccia. Emilio la strappò per unistante ai suoi pensieri per domandarle come le piacesse

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ed evitare fastidi all'amico. L'altro tacque comprenden-do di gettare il fiato al vento.La stessa sera fratello e sorella andarono a teatro, edEmilio sperava che lo svago insolito fosse perciò mag-giore per la sorella.Ma no! Nella serata il divertimento non le animò gli oc-chi neppure una sola volta. Appena appena vide il pub-blico. Il pensiero sempre rivolto all'ingiustizia che le erastata fatta, ella non poteva neppure occuparsi di quelletante donne più felici ed eleganti di lei che altre volteella aveva seguite con tanto interessamento da trovarpiacere già nel parlare di loro. Quando ne aveva avutol'opportunità, s'era fatte descrivere quelle fogge, ed oranon le vedeva neppure.Una certa Birlini, una ricca signora ch'era stata amicadella madre dei Brentani, dal suo palchetto vicinissimo,scorse Amalia e la salutò. In passato Amalia era statasuperba dell'affetto di alcune ricche signore. Invece orafu con isforzo che trovò un sorriso per rispondere allagentilezza usatale, e presto non vide più la bionda ebuona signora che evidentemente s'era compiaciuta ditrovare anche Amalia in quel teatro.Ma Amalia veramente non c'era. Ella si lasciava cullarenei suoi pensieri da quella strana musica di cui non per-cepiva i particolari, ma l'insieme ardito e granitico chele sembrava una minaccia. Emilio la strappò per unistante ai suoi pensieri per domandarle come le piacesse

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un motivo che continuava a risuonare nell'orchestra. –Non capisco – ella rispose. Infatti ella non lo aveva sen-tito. Ma, assorbito da quella musica, il suo grande dolo-re si coloriva, diveniva ancora più importante, pur fa-cendosi semplice, puro, perché mondato d'ogni avvili-mento. Piccola e debole, ella era stata abbattuta; chiavrebbe potuto pretendere ch'ella reagisse? Mai nons'era sentita tanto mite, liberata da ogni ira, e disposta apiangere lungamente, senza singhiozzi. Non poteva far-lo e questo mancava al sollievo. Ella aveva avuto tortoasserendo di non comprendere quella musica. La magni-fica onda sonora rappresentava il destino di tutti. La ve-deva correre giù per una china guidata dall'ineguale con-formazione del suolo. Ora una sola cascata, ora divisa inmille più piccole, colorite tutte dalla più varia luce e dalriflesso delle cose. Un accordo di colori e di suoni in cuigiaceva l'epico destino di Sieglinda, ma anche, perquanto misero, il suo, la fine di una parte di vita, l'inari-dirsi di un virgulto. E il suo non domandava più lagrimedi quello degli altri, ma le stesse, e il ridicolo che l'ave-va oppressa non trovava posto in quell'espressione chepure era tanto completa.L'altro conosceva intimamente la genesi di quei suoni,ma non riusciva ad avvicinarvisi tanto quanto Amalia.Egli credeva che il suo amore e il suo dolore si sarebbe-ro presto trasvestiti nel pensiero del genio. No. Per lui simovevano sulla scena eroi e dei, e lo trascinavano consé lontano dal mondo ove aveva sofferto. Negl'intervalli

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un motivo che continuava a risuonare nell'orchestra. –Non capisco – ella rispose. Infatti ella non lo aveva sen-tito. Ma, assorbito da quella musica, il suo grande dolo-re si coloriva, diveniva ancora più importante, pur fa-cendosi semplice, puro, perché mondato d'ogni avvili-mento. Piccola e debole, ella era stata abbattuta; chiavrebbe potuto pretendere ch'ella reagisse? Mai nons'era sentita tanto mite, liberata da ogni ira, e disposta apiangere lungamente, senza singhiozzi. Non poteva far-lo e questo mancava al sollievo. Ella aveva avuto tortoasserendo di non comprendere quella musica. La magni-fica onda sonora rappresentava il destino di tutti. La ve-deva correre giù per una china guidata dall'ineguale con-formazione del suolo. Ora una sola cascata, ora divisa inmille più piccole, colorite tutte dalla più varia luce e dalriflesso delle cose. Un accordo di colori e di suoni in cuigiaceva l'epico destino di Sieglinda, ma anche, perquanto misero, il suo, la fine di una parte di vita, l'inari-dirsi di un virgulto. E il suo non domandava più lagrimedi quello degli altri, ma le stesse, e il ridicolo che l'ave-va oppressa non trovava posto in quell'espressione chepure era tanto completa.L'altro conosceva intimamente la genesi di quei suoni,ma non riusciva ad avvicinarvisi tanto quanto Amalia.Egli credeva che il suo amore e il suo dolore si sarebbe-ro presto trasvestiti nel pensiero del genio. No. Per lui simovevano sulla scena eroi e dei, e lo trascinavano consé lontano dal mondo ove aveva sofferto. Negl'intervalli

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egli cercava invano nel ricordo qualche accento cheavesse meritato un travestimento simile. L'arte forse loguariva?Quando, a spettacolo finito, abbandonò il teatro, era tan-to animato da quella speranza che non vide che la sorel-la era più abbattuta del solito. Respirando a pieni pol-moni la fredda aria notturna, disse che quella serata gliaveva fatto molto bene. Ma, mentre, verboso chiacchie-rone come sempre, andava raccontando di quale stranacalma si fosse sentito pervaso, una grande tristezza glisalì al cuore. L'arte non gli aveva dato che un intervallodi pace, e non glielo avrebbe potuto ridare, perché oracerti ricordi mozzi della musica s'attagliavano benissimoa certe proprie sensazioni, se non altro alla compassionedi se stesso, d'Angiolina e di Amalia.Nell'eccitazione in cui si trovava, si sarebbe voluto cal-mare, provocando da Amalia nuove confidenze. Dovettecapire che s'erano spiegati invano. Ella continuò a sof-frire muta, non ammettendo neppure d'avergli mai fattointendere niente. Certamente il loro dolore d'origine tan-to simile non li aveva avvicinati.Un giorno la sorprese sul Corso mentre ella camminavalentamente in pieno meriggio, a passeggio. Portava unvestito che da lungo tempo non doveva aver indossatoperché Emilio non l'aveva mai visto. Dei colori azzurri,chiari, su una stoffa grezza che le vestiva goffamente ilpovero corpo dimagrito.

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egli cercava invano nel ricordo qualche accento cheavesse meritato un travestimento simile. L'arte forse loguariva?Quando, a spettacolo finito, abbandonò il teatro, era tan-to animato da quella speranza che non vide che la sorel-la era più abbattuta del solito. Respirando a pieni pol-moni la fredda aria notturna, disse che quella serata gliaveva fatto molto bene. Ma, mentre, verboso chiacchie-rone come sempre, andava raccontando di quale stranacalma si fosse sentito pervaso, una grande tristezza glisalì al cuore. L'arte non gli aveva dato che un intervallodi pace, e non glielo avrebbe potuto ridare, perché oracerti ricordi mozzi della musica s'attagliavano benissimoa certe proprie sensazioni, se non altro alla compassionedi se stesso, d'Angiolina e di Amalia.Nell'eccitazione in cui si trovava, si sarebbe voluto cal-mare, provocando da Amalia nuove confidenze. Dovettecapire che s'erano spiegati invano. Ella continuò a sof-frire muta, non ammettendo neppure d'avergli mai fattointendere niente. Certamente il loro dolore d'origine tan-to simile non li aveva avvicinati.Un giorno la sorprese sul Corso mentre ella camminavalentamente in pieno meriggio, a passeggio. Portava unvestito che da lungo tempo non doveva aver indossatoperché Emilio non l'aveva mai visto. Dei colori azzurri,chiari, su una stoffa grezza che le vestiva goffamente ilpovero corpo dimagrito.

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Essa si confuse vedendolo, e fu subito disposta a seguir-lo a casa. Chissà quale tristezza l'aveva spinta a quellapasseggiata in cerca di svago! Egli poteva capirlo facil-mente ricordando quanto spesso i suoi desideri caccias-sero di casa anche lui. Ma quale pazza speranza le avevafatto indossare quei vestiti? Fermamente egli credetteche, vestita così, avesse sperato di piacere al Balli. Oh,una cosa sorprendente in Amalia, un pensiero simile.Del resto, se realmente ella lo aveva avuto, fu per la pri-ma e l'ultima volta, perché ella ritornò al suo vestito abi-tuale, grigio come la sua figura e il suo destino.

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Essa si confuse vedendolo, e fu subito disposta a seguir-lo a casa. Chissà quale tristezza l'aveva spinta a quellapasseggiata in cerca di svago! Egli poteva capirlo facil-mente ricordando quanto spesso i suoi desideri caccias-sero di casa anche lui. Ma quale pazza speranza le avevafatto indossare quei vestiti? Fermamente egli credetteche, vestita così, avesse sperato di piacere al Balli. Oh,una cosa sorprendente in Amalia, un pensiero simile.Del resto, se realmente ella lo aveva avuto, fu per la pri-ma e l'ultima volta, perché ella ritornò al suo vestito abi-tuale, grigio come la sua figura e il suo destino.

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Capitolo X

Tanto il suo dolore quanto il suo rimorso divennero miti,miti. Gli elementi di cui si componeva la sua vita eranogli stessi, ma s'erano attenuati quasi visti attraverso unalente fosca che li privasse di luce e di violenza. Unagrande calma e una grande noia incombevano su lui.Aveva percepito con piena chiarezza quanto strana fossestata in lui l'esagerazione sentimentale, e al Balli che lostudiava con qualche ansietà, disse, credendo d'esseresincero: – Sono guarito.Poteva crederlo perché non si poteva pretendere ch'egliricordasse esattamente lo stato d'animo in cui s'era tro-vato prima di aver conosciuta Angiolina. La differenzaera tanto piccola! Aveva sbadigliato meno, e non avevaconosciuto l'impaccio doloroso che lo coglieva quandosi trovava accanto ad Amalia.Anche la stagione era molto fosca. Da settimane nons'era visto raggio di sole, e perciò, quando egli pensavaad Angiolina, associava nel suo pensiero la dolce faccia,il caldo color dei capelli biondi, all'azzurro del cielo,alla luce del sole, tutte cose ch'erano scomparse insiemedalla sua vita. Egli era però giunto alla convinzione chel'abbandono di Angiolina fosse stato molto salutare perlui. – È preferibile d'essere liberi – diceva con convin-zione.

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Capitolo X

Tanto il suo dolore quanto il suo rimorso divennero miti,miti. Gli elementi di cui si componeva la sua vita eranogli stessi, ma s'erano attenuati quasi visti attraverso unalente fosca che li privasse di luce e di violenza. Unagrande calma e una grande noia incombevano su lui.Aveva percepito con piena chiarezza quanto strana fossestata in lui l'esagerazione sentimentale, e al Balli che lostudiava con qualche ansietà, disse, credendo d'esseresincero: – Sono guarito.Poteva crederlo perché non si poteva pretendere ch'egliricordasse esattamente lo stato d'animo in cui s'era tro-vato prima di aver conosciuta Angiolina. La differenzaera tanto piccola! Aveva sbadigliato meno, e non avevaconosciuto l'impaccio doloroso che lo coglieva quandosi trovava accanto ad Amalia.Anche la stagione era molto fosca. Da settimane nons'era visto raggio di sole, e perciò, quando egli pensavaad Angiolina, associava nel suo pensiero la dolce faccia,il caldo color dei capelli biondi, all'azzurro del cielo,alla luce del sole, tutte cose ch'erano scomparse insiemedalla sua vita. Egli era però giunto alla convinzione chel'abbandono di Angiolina fosse stato molto salutare perlui. – È preferibile d'essere liberi – diceva con convin-zione.

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Page 177: Giulio Mazzolini (ePub) - Liber Liber, ... · Se questo libro ti è piaciuto, aiutaci a realizzarne altri. ... in un'edizione ch'è ormai totalmente esaurita. Questo romanzo non ottenne

Tentò anche di approfittare della riconquistata libertà.Sentiva e si doleva d'essere inerte, e ricordava che, anniprima, l'arte gli aveva colorita la vita sottraendoloall'inerzia in cui era caduto dopo la morte del padre.Aveva scritto il suo romanzo, la storia di un giovane ar-tista il quale da una donna veniva rovinato nell'intelli-genza e nella salute. Nel giovane aveva rappresentato sestesso, la propria ingenuità e la propria dolcezza. Avevaimmaginato la sua eroina secondo la moda di allora: unmisto di donna e di tigre. Del felino aveva le movenze,gli occhi, il carattere sanguinario. Non aveva mai cono-sciuta una donna e l'aveva sognata così, un animalech'era veramente difficile fosse mai potuto nascere eprosperare. Ma con quale convinzione l'aveva descritta!Aveva sofferto e goduto con essa sentendo a volte vive-re anche in sé quell'ibrido miscuglio di tigre e di donna.Riprese ora la penna e scrisse in una sola sera il primocapitolo di un romanzo. Trovava un nuovo indirizzod'arte al quale volle conformarsi, e scrisse la verità. Rac-contò il suo incontro con Angiolina, descrisse i proprisentimenti, – subito però quelli degli ultimi giorni – vio-lenti e irosi, l'aspetto di Angiolina ch'egli vide al primoincontro guastato dall'animo basso e perverso, e infine ilmagnifico paesaggio che aveva contornato agli esordii illoro idillio. Stanco e annoiato, abbandonò il lavoro, con-tento di aver steso in una sola sera tutto un capitolo.La sera appresso si rimise al lavoro avendo nella mentedue o tre idee che dovevano bastare per una sequela di

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Tentò anche di approfittare della riconquistata libertà.Sentiva e si doleva d'essere inerte, e ricordava che, anniprima, l'arte gli aveva colorita la vita sottraendoloall'inerzia in cui era caduto dopo la morte del padre.Aveva scritto il suo romanzo, la storia di un giovane ar-tista il quale da una donna veniva rovinato nell'intelli-genza e nella salute. Nel giovane aveva rappresentato sestesso, la propria ingenuità e la propria dolcezza. Avevaimmaginato la sua eroina secondo la moda di allora: unmisto di donna e di tigre. Del felino aveva le movenze,gli occhi, il carattere sanguinario. Non aveva mai cono-sciuta una donna e l'aveva sognata così, un animalech'era veramente difficile fosse mai potuto nascere eprosperare. Ma con quale convinzione l'aveva descritta!Aveva sofferto e goduto con essa sentendo a volte vive-re anche in sé quell'ibrido miscuglio di tigre e di donna.Riprese ora la penna e scrisse in una sola sera il primocapitolo di un romanzo. Trovava un nuovo indirizzod'arte al quale volle conformarsi, e scrisse la verità. Rac-contò il suo incontro con Angiolina, descrisse i proprisentimenti, – subito però quelli degli ultimi giorni – vio-lenti e irosi, l'aspetto di Angiolina ch'egli vide al primoincontro guastato dall'animo basso e perverso, e infine ilmagnifico paesaggio che aveva contornato agli esordii illoro idillio. Stanco e annoiato, abbandonò il lavoro, con-tento di aver steso in una sola sera tutto un capitolo.La sera appresso si rimise al lavoro avendo nella mentedue o tre idee che dovevano bastare per una sequela di

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pagine. Prima però rilesse il lavoro fatto: – Incredibile!– mormorò. L'uomo non somigliava affatto a lui, la don-na poi conservava qualche cosa della donna-tigre delprimo romanzo, ma non ne aveva la vita, il sangue. Pen-sò che quella verità che aveva voluto raccontare erameno credibile dei sogni che anni prima aveva saputigabellare per veri. In quell'istante si sentì sconsolata-mente inerte, e ne provò un'angoscia dolorosa. Deposela penna, richiuse tutto in un cassetto, e si disse chel'avrebbe ripreso più tardi, forse già il giorno appresso.Questo proposito bastò a tranquillarlo; ma non ritornòpiù al lavoro. Voleva risparmiarsi ogni dolore e non sisentiva forte abbastanza per studiare la propria inettitu-dine e vincerla. Non sapeva più pensare con la penna inmano. Quando voleva scrivere, si sentiva arrugginire ilcervello, e rimaneva estatico dinanzi alla carta bianca,mentre l'inchiostro s'asciugava sulla penna.Gli venne il desiderio di rivedere Angiolina. Non presela decisione di andarla a cercare; s'era detto soltanto cheora veramente non ci sarebbe stato alcun pericolo a rive-derla. Anzi, se si fosse voluto attenere esattamente alleparole che aveva dette lasciandola, sarebbe dovuto an-dare subito da lei. Non era forse calmo abbastanza perstringerle la mano da amico?Comunicò questo suo proposito al Balli, e in questa for-ma: – Vorrei soltanto vedere se, riavvicinandola, sapreicontenermi da persona più accorta.

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pagine. Prima però rilesse il lavoro fatto: – Incredibile!– mormorò. L'uomo non somigliava affatto a lui, la don-na poi conservava qualche cosa della donna-tigre delprimo romanzo, ma non ne aveva la vita, il sangue. Pen-sò che quella verità che aveva voluto raccontare erameno credibile dei sogni che anni prima aveva saputigabellare per veri. In quell'istante si sentì sconsolata-mente inerte, e ne provò un'angoscia dolorosa. Deposela penna, richiuse tutto in un cassetto, e si disse chel'avrebbe ripreso più tardi, forse già il giorno appresso.Questo proposito bastò a tranquillarlo; ma non ritornòpiù al lavoro. Voleva risparmiarsi ogni dolore e non sisentiva forte abbastanza per studiare la propria inettitu-dine e vincerla. Non sapeva più pensare con la penna inmano. Quando voleva scrivere, si sentiva arrugginire ilcervello, e rimaneva estatico dinanzi alla carta bianca,mentre l'inchiostro s'asciugava sulla penna.Gli venne il desiderio di rivedere Angiolina. Non presela decisione di andarla a cercare; s'era detto soltanto cheora veramente non ci sarebbe stato alcun pericolo a rive-derla. Anzi, se si fosse voluto attenere esattamente alleparole che aveva dette lasciandola, sarebbe dovuto an-dare subito da lei. Non era forse calmo abbastanza perstringerle la mano da amico?Comunicò questo suo proposito al Balli, e in questa for-ma: – Vorrei soltanto vedere se, riavvicinandola, sapreicontenermi da persona più accorta.

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Il Balli aveva riso troppo spesso dell'amore di Emilioper non credere ora nella sua perfetta guarigione. Per dipiù, da qualche giorno, egli stesso aveva il più vivo de-siderio di rivedere Angiolina. Aveva immaginato una fi-gura su quei tratti e con quei vestiti. Lo raccontò adEmilio il quale gli promise che con le prime parole cheavrebbe rivolte alla fanciulla, l'avrebbe pregata di posareper il Balli. Non v'era da dubitare della sua guarigione.Ormai egli non era neppur geloso del Balli.Parve poi che il Balli pensasse ad Angiolina non menodi Emilio stesso. Aveva dovuto distruggere un bozzettosu cui aveva spesi sei mesi di lavoro. Anch'egli era in unperiodo d'esaurimento e non ritrovava in sé altra ideache quella nata la prima sera in cui Emilio gli aveva fat-to conoscere Angiolina. Una sera, lasciando Emilio, glichiese: – Tu non ti sei ancora riavvicinato? – Non vole-va essere lui a riunirli, ma voleva sapere se Emilio nonsi fosse rappattumato con Angiolina a sua insaputa. Sa-rebbe stato un tradimento!La calma d'Emilio era aumentata ancora. Tutti gli per-mettevano di fare quello ch'egli voleva ed egli in fondonon voleva niente. Proprio niente. Avrebbe cercato di ri-vedere Angiolina perché voleva provarsi a parlare epensare con calore. Doveva venirgli dal di fuori il calorech'egli non aveva trovato in sé, e sperava di vivere il ro-manzo che non sapeva scrivere.La sola inerzia gl'impedì d'andare a cercare la fanciulla.

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Il Balli aveva riso troppo spesso dell'amore di Emilioper non credere ora nella sua perfetta guarigione. Per dipiù, da qualche giorno, egli stesso aveva il più vivo de-siderio di rivedere Angiolina. Aveva immaginato una fi-gura su quei tratti e con quei vestiti. Lo raccontò adEmilio il quale gli promise che con le prime parole cheavrebbe rivolte alla fanciulla, l'avrebbe pregata di posareper il Balli. Non v'era da dubitare della sua guarigione.Ormai egli non era neppur geloso del Balli.Parve poi che il Balli pensasse ad Angiolina non menodi Emilio stesso. Aveva dovuto distruggere un bozzettosu cui aveva spesi sei mesi di lavoro. Anch'egli era in unperiodo d'esaurimento e non ritrovava in sé altra ideache quella nata la prima sera in cui Emilio gli aveva fat-to conoscere Angiolina. Una sera, lasciando Emilio, glichiese: – Tu non ti sei ancora riavvicinato? – Non vole-va essere lui a riunirli, ma voleva sapere se Emilio nonsi fosse rappattumato con Angiolina a sua insaputa. Sa-rebbe stato un tradimento!La calma d'Emilio era aumentata ancora. Tutti gli per-mettevano di fare quello ch'egli voleva ed egli in fondonon voleva niente. Proprio niente. Avrebbe cercato di ri-vedere Angiolina perché voleva provarsi a parlare epensare con calore. Doveva venirgli dal di fuori il calorech'egli non aveva trovato in sé, e sperava di vivere il ro-manzo che non sapeva scrivere.La sola inerzia gl'impedì d'andare a cercare la fanciulla.

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Gli sarebbe piaciuto che altri si fosse incaricato di riu-nirli, e pensò perfino che avrebbe potuto invitare il Ballia farlo. Tutto infatti sarebbe stato più facile e più sem-plice se il Balli si fosse procurato da solo la modella, egliel'avesse poi consegnata quale amante. Ci avrebbepensato. Esitava soltanto perché non voleva concedereal Balli una parte importante nel proprio destino.Importante? Oh, Angiolina rimaneva sempre una perso-na molto importante per lui. In proporzione al resto senon altro. Tutto era tanto insignificante, ch'ella tutto do-minava. Ci pensava continuamente come un vecchioalla propria giovinezza Come era stato giovane quellanotte in cui avrebbe dovuto uccidere per tranquillarsi!Se avesse scritto invece di arrovellarsi prima sulla via epoi altrettanto affannosamente nel letto solitario, avreb-be certo trovata la via all'arte che più tardi aveva cercatainvano. Ma tutto era passato per sempre. Angiolina vi-veva, ma non poteva più dargli la giovinezza.Una sera, accanto al Giardino Pubblico, la vide cammi-nare dinanzi a sé. La riconobbe al noto passo. Ella tene-va sollevate le gonne per preservarle dalla fanghiglia, e,alla luce di un gramo fanale, egli vide rilucere le scarpenere di Angiolina. Ne fu subito turbato. Ricordò che alculmine della sua angoscia amorosa, egli aveva pensatoche il possesso di quella donna gli avrebbe data la guari-gione. Ora invece pensò: – Mi animerebbe!– Buona sera, signorina – disse con quanta calma poté

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Gli sarebbe piaciuto che altri si fosse incaricato di riu-nirli, e pensò perfino che avrebbe potuto invitare il Ballia farlo. Tutto infatti sarebbe stato più facile e più sem-plice se il Balli si fosse procurato da solo la modella, egliel'avesse poi consegnata quale amante. Ci avrebbepensato. Esitava soltanto perché non voleva concedereal Balli una parte importante nel proprio destino.Importante? Oh, Angiolina rimaneva sempre una perso-na molto importante per lui. In proporzione al resto senon altro. Tutto era tanto insignificante, ch'ella tutto do-minava. Ci pensava continuamente come un vecchioalla propria giovinezza Come era stato giovane quellanotte in cui avrebbe dovuto uccidere per tranquillarsi!Se avesse scritto invece di arrovellarsi prima sulla via epoi altrettanto affannosamente nel letto solitario, avreb-be certo trovata la via all'arte che più tardi aveva cercatainvano. Ma tutto era passato per sempre. Angiolina vi-veva, ma non poteva più dargli la giovinezza.Una sera, accanto al Giardino Pubblico, la vide cammi-nare dinanzi a sé. La riconobbe al noto passo. Ella tene-va sollevate le gonne per preservarle dalla fanghiglia, e,alla luce di un gramo fanale, egli vide rilucere le scarpenere di Angiolina. Ne fu subito turbato. Ricordò che alculmine della sua angoscia amorosa, egli aveva pensatoche il possesso di quella donna gli avrebbe data la guari-gione. Ora invece pensò: – Mi animerebbe!– Buona sera, signorina – disse con quanta calma poté

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trovare nell'affanno del desiderio che lo colse dinanzi aquella faccia da bambino roseo, con gli occhi grandi daicontorni precisi, che parevano tagliati allora allora.Ella si fermò, afferrò la mano che le era stata offerta erispose lieta e serena al saluto: – Come sta? È tanto chenon ci vediamo.Egli rispose, ma era distratto dal proprio desiderio. Ave-va forse fatto male a dimostrare tanta serenità, e, peggio,a non aver pensato al contegno da seguire per arrivaresubito dove voleva, alla verità, al possesso. Le camminòaccanto tenendola per mano, ma, dopo scambiate quelleprime frasi da persone che sono liete di ritrovarsi, eglitacque esitante. Il tono elegiaco usato altre volte conpiena sincerità, sarebbe stato fuori di posto, ma ancheun'indifferenza troppo grande non l'avrebbe portato alloscopo.– Mi ha perdonato, signor Emilio? – disse lei fermando-si e gli porse da stringere anche l'altra mano. L'intenzio-ne era stata ottima e il gesto sorprendentemente origina-le per Angiolina.Egli trovò: – Sa che cosa io non le perdonerò mai? Dinon aver fatto alcun tentativo per riavvicinarsi a me.Tanto poco le importava di me? – Era sincero e s'accor-se ch'egli cercava inutilmente di far la commedia. Forsela sincerità gli sarebbe servita meglio di qualunque fin-zione.Ella si confuse un poco e, balbettando, assicurò che se

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trovare nell'affanno del desiderio che lo colse dinanzi aquella faccia da bambino roseo, con gli occhi grandi daicontorni precisi, che parevano tagliati allora allora.Ella si fermò, afferrò la mano che le era stata offerta erispose lieta e serena al saluto: – Come sta? È tanto chenon ci vediamo.Egli rispose, ma era distratto dal proprio desiderio. Ave-va forse fatto male a dimostrare tanta serenità, e, peggio,a non aver pensato al contegno da seguire per arrivaresubito dove voleva, alla verità, al possesso. Le camminòaccanto tenendola per mano, ma, dopo scambiate quelleprime frasi da persone che sono liete di ritrovarsi, eglitacque esitante. Il tono elegiaco usato altre volte conpiena sincerità, sarebbe stato fuori di posto, ma ancheun'indifferenza troppo grande non l'avrebbe portato alloscopo.– Mi ha perdonato, signor Emilio? – disse lei fermando-si e gli porse da stringere anche l'altra mano. L'intenzio-ne era stata ottima e il gesto sorprendentemente origina-le per Angiolina.Egli trovò: – Sa che cosa io non le perdonerò mai? Dinon aver fatto alcun tentativo per riavvicinarsi a me.Tanto poco le importava di me? – Era sincero e s'accor-se ch'egli cercava inutilmente di far la commedia. Forsela sincerità gli sarebbe servita meglio di qualunque fin-zione.Ella si confuse un poco e, balbettando, assicurò che se

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egli non si fosse avvicinato, l'indomani ella gli avrebbescritto. – Già, in fondo che cosa ho fatto? – e non ricor-dava d'aver chiesto scusa poco prima.Emilio credette opportuno mostrarsi dubbioso. – Debbocrederle? – Disse poi un rimprovero: – Con un ombrel-laio!La parola li fece ridere di gusto entrambi. – Geloso! –esclamò lei stringendo la mano che continuava a tenere– geloso di quel sudicio uomo! – Infatti se egli avevafatto bene a rompere la relazione con Angiolina, certoaveva avuto torto di cogliere a pretesto quella stupidastoria con l'ombrellaio. L'ombrellaio non era il più temi-bile dei suoi rivali. E perciò ebbe lo strano sentimentoche doveva imputare a se stesso tutti i mali che lo ave-vano colpito dacché aveva abbandonata Angiolina.Ella tacque lungamente. Non poteva essere di proposito,perché per Angiolina sarebbe stata un'arte troppo fine.Ella taceva probabilmente perché non trovava altre pa-role per scolparsi, e camminarono in silenzio uno accan-to all'altra nella notte strana e fosca, il cielo tutto coper-to di nubi sbiancate in un solo punto dalla luce lunare.Arrivarono dinanzi alla casa d'Angiolina ed ella si fer-mò, forse per prendere congedo. Ma egli la costrinse aprocedere: Camminiamo ancora, ancora, così muti! –Allora, naturalmente, ella lo compiacque e continuò acamminare tacendo a lui da canto. Ed egli l'amò di nuo-vo, da quell'istante, o da quell'istante ne fu consapevole.

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egli non si fosse avvicinato, l'indomani ella gli avrebbescritto. – Già, in fondo che cosa ho fatto? – e non ricor-dava d'aver chiesto scusa poco prima.Emilio credette opportuno mostrarsi dubbioso. – Debbocrederle? – Disse poi un rimprovero: – Con un ombrel-laio!La parola li fece ridere di gusto entrambi. – Geloso! –esclamò lei stringendo la mano che continuava a tenere– geloso di quel sudicio uomo! – Infatti se egli avevafatto bene a rompere la relazione con Angiolina, certoaveva avuto torto di cogliere a pretesto quella stupidastoria con l'ombrellaio. L'ombrellaio non era il più temi-bile dei suoi rivali. E perciò ebbe lo strano sentimentoche doveva imputare a se stesso tutti i mali che lo ave-vano colpito dacché aveva abbandonata Angiolina.Ella tacque lungamente. Non poteva essere di proposito,perché per Angiolina sarebbe stata un'arte troppo fine.Ella taceva probabilmente perché non trovava altre pa-role per scolparsi, e camminarono in silenzio uno accan-to all'altra nella notte strana e fosca, il cielo tutto coper-to di nubi sbiancate in un solo punto dalla luce lunare.Arrivarono dinanzi alla casa d'Angiolina ed ella si fer-mò, forse per prendere congedo. Ma egli la costrinse aprocedere: Camminiamo ancora, ancora, così muti! –Allora, naturalmente, ella lo compiacque e continuò acamminare tacendo a lui da canto. Ed egli l'amò di nuo-vo, da quell'istante, o da quell'istante ne fu consapevole.

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Gli camminava accanto la donna nobilitata dal suo so-gno ininterrotto, da quell'ultimo grido d'angoscia ch'eglile aveva strappato lasciandola, e che per lungo tempol'aveva personificata tutta; persino dall'arte, perché or-mai il desiderio fece sentire ad Emilio d'aver accanto ladea capace di qualunque nobiltà di suono o di parola.Oltrepassata la casa d'Angiolina, essi si trovarono sullavia deserta e oscura chiusa dalla collina da una parte,dall'altra da un muricciuolo che la separava dai campi.Ella vi sedette ed egli s'appoggiò a lei cercando la posi-zione che aveva preferita in passato, durante i primitempi del loro amore. Gli mancava il mare. Nel paesag-gio umido e grigio imperò la biondezza d'Angiolina,l'unica nota calda, luminosa.Era tanto tempo ch'egli non sentiva quelle labbra sullesue che n'ebbe una commozione violenta. – Oh, cara edolce! mormorò baciandole gli occhi, il collo e poi lamano e le vesti. Ella lo lasciò fare dolcemente, e tantadolcezza era talmente inaspettata ch'egli si commosse epianse prima con sole lagrime, poi con singhiozzi. Glipareva che non fosse dipeso che da lui di continuare pertutta la vita quella felicità. Tutto si scioglieva, tutto sispiegava. La sua vita non poteva più consistere che diquel solo desiderio.– Tanto bene mi vuoi? – mormorò essa commossa e me-ravigliata. Anche lei aveva delle lagrime agli occhi. Gliraccontò che l'aveva visto sulla via, pallido e smunto,

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Gli camminava accanto la donna nobilitata dal suo so-gno ininterrotto, da quell'ultimo grido d'angoscia ch'eglile aveva strappato lasciandola, e che per lungo tempol'aveva personificata tutta; persino dall'arte, perché or-mai il desiderio fece sentire ad Emilio d'aver accanto ladea capace di qualunque nobiltà di suono o di parola.Oltrepassata la casa d'Angiolina, essi si trovarono sullavia deserta e oscura chiusa dalla collina da una parte,dall'altra da un muricciuolo che la separava dai campi.Ella vi sedette ed egli s'appoggiò a lei cercando la posi-zione che aveva preferita in passato, durante i primitempi del loro amore. Gli mancava il mare. Nel paesag-gio umido e grigio imperò la biondezza d'Angiolina,l'unica nota calda, luminosa.Era tanto tempo ch'egli non sentiva quelle labbra sullesue che n'ebbe una commozione violenta. – Oh, cara edolce! mormorò baciandole gli occhi, il collo e poi lamano e le vesti. Ella lo lasciò fare dolcemente, e tantadolcezza era talmente inaspettata ch'egli si commosse epianse prima con sole lagrime, poi con singhiozzi. Glipareva che non fosse dipeso che da lui di continuare pertutta la vita quella felicità. Tutto si scioglieva, tutto sispiegava. La sua vita non poteva più consistere che diquel solo desiderio.– Tanto bene mi vuoi? – mormorò essa commossa e me-ravigliata. Anche lei aveva delle lagrime agli occhi. Gliraccontò che l'aveva visto sulla via, pallido e smunto,

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sul volto i segni evidenti della sua sofferenza, e le si erastretto il cuore dalla compassione. – Perché non sei ve-nuto prima? – gli chiese rimproverandolo.S'appoggiò a lui per discendere dal muricciuolo. Eglinon capiva perché ella troncasse quella dolce spiegazio-ne ch'egli avrebbe voluto continuare in eterno. – Andia-mo a casa mia disse ella, risoluta.Egli ebbe le vertigini e l'abbracciò e baciò non sapendocome dimostrarle la propria riconoscenza. Ma la casad'Angiolina era lontana e, camminando, Emilio si ritro-vò intero con i suoi dubbi e la sua diffidenza. Sequell'istante l'avesse legato per sempre a quella donna?Fece le scale lentamente e tutt'ad un tratto le domandò:– E Volpini?Ella esitò e si fermò: – Volpini? – Poi, risoluta, superò ipochi scalini che la dividevano da Emilio. Si appoggiò alui, nascose la faccia sulla sua spalla con un'affettazionedi pudore che gli ricordò l'antica Angiolina e la sua se-rietà da melodramma, e gli disse: – Nessuno lo sa, nep-pure mia madre. – Un po' alla volta ricompariva tutto ilvecchio bagaglio, anche la dolce madre. Ella s'era dataal Volpini; costui l'aveva voluto, l'aveva anzi posto acondizione per continuare i loro rapporti. – Sentiva chenon era amato – bisbigliava Angiolina – e volle una pro-va d'amore. – Essa non aveva ottenuto in compenso altragaranzia all'infuori di una promessa di matrimonio.Fece, con la solita sconsideratezza, il nome di un giova-

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sul volto i segni evidenti della sua sofferenza, e le si erastretto il cuore dalla compassione. – Perché non sei ve-nuto prima? – gli chiese rimproverandolo.S'appoggiò a lui per discendere dal muricciuolo. Eglinon capiva perché ella troncasse quella dolce spiegazio-ne ch'egli avrebbe voluto continuare in eterno. – Andia-mo a casa mia disse ella, risoluta.Egli ebbe le vertigini e l'abbracciò e baciò non sapendocome dimostrarle la propria riconoscenza. Ma la casad'Angiolina era lontana e, camminando, Emilio si ritro-vò intero con i suoi dubbi e la sua diffidenza. Sequell'istante l'avesse legato per sempre a quella donna?Fece le scale lentamente e tutt'ad un tratto le domandò:– E Volpini?Ella esitò e si fermò: – Volpini? – Poi, risoluta, superò ipochi scalini che la dividevano da Emilio. Si appoggiò alui, nascose la faccia sulla sua spalla con un'affettazionedi pudore che gli ricordò l'antica Angiolina e la sua se-rietà da melodramma, e gli disse: – Nessuno lo sa, nep-pure mia madre. – Un po' alla volta ricompariva tutto ilvecchio bagaglio, anche la dolce madre. Ella s'era dataal Volpini; costui l'aveva voluto, l'aveva anzi posto acondizione per continuare i loro rapporti. – Sentiva chenon era amato – bisbigliava Angiolina – e volle una pro-va d'amore. – Essa non aveva ottenuto in compenso altragaranzia all'infuori di una promessa di matrimonio.Fece, con la solita sconsideratezza, il nome di un giova-

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ne avvocato il quale le aveva dato il consiglio d'accon-tentarsi di quella promessa perché la legge puniva la se-duzione in quelle forme.Così allacciati, quelle scale non terminavano più. Ogniscalino rendeva Angiolina più simile alla donna ch'egliaveva fuggita. Perché ora ciarlava, incominciando giàad abbandonarsi. Ora poteva essere finalmente sua per-ché – questo era detto e ridetto – era per lui ch'ella s'eradata al sarto. A quella responsabilità non si sfuggiva piùneppure rinunziando a lei.Ella aperse la porta e, per il corridoio oscuro, lo diressealla propria stanza. Da un'altra s'udì la voce nasale dellamadre: – Angiolina! sei tu?– Sì – rispose Angiolina trattenendo una risata. – Mi co-rico subito. Addio, mamma.Accese una candela e si levò il mantello e il cappello.Poi gli si abbandonò o, meglio, lo prese.Emilio poté esperimentare quanto importante sia il pos-sesso di una donna lungamente desiderata. In quella me-morabile sera egli poteva credere d'essersi mutato bendue volte nell'intima sua natura. Era sparita la sconsola-ta inerzia che l'aveva spinto a ricercare Angiolina, maerasi anche annullato l'entusiasmo che lo aveva fattosinghiozzare di felicità e di tristezza. Il maschio era ora-mai soddisfatto ma, all'infuori di quella soddisfazione,egli veramente non ne aveva sentita altra. Aveva posse-duto la donna che odiava, non quella ch'egli amava. Oh,

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ne avvocato il quale le aveva dato il consiglio d'accon-tentarsi di quella promessa perché la legge puniva la se-duzione in quelle forme.Così allacciati, quelle scale non terminavano più. Ogniscalino rendeva Angiolina più simile alla donna ch'egliaveva fuggita. Perché ora ciarlava, incominciando giàad abbandonarsi. Ora poteva essere finalmente sua per-ché – questo era detto e ridetto – era per lui ch'ella s'eradata al sarto. A quella responsabilità non si sfuggiva piùneppure rinunziando a lei.Ella aperse la porta e, per il corridoio oscuro, lo diressealla propria stanza. Da un'altra s'udì la voce nasale dellamadre: – Angiolina! sei tu?– Sì – rispose Angiolina trattenendo una risata. – Mi co-rico subito. Addio, mamma.Accese una candela e si levò il mantello e il cappello.Poi gli si abbandonò o, meglio, lo prese.Emilio poté esperimentare quanto importante sia il pos-sesso di una donna lungamente desiderata. In quella me-morabile sera egli poteva credere d'essersi mutato bendue volte nell'intima sua natura. Era sparita la sconsola-ta inerzia che l'aveva spinto a ricercare Angiolina, maerasi anche annullato l'entusiasmo che lo aveva fattosinghiozzare di felicità e di tristezza. Il maschio era ora-mai soddisfatto ma, all'infuori di quella soddisfazione,egli veramente non ne aveva sentita altra. Aveva posse-duto la donna che odiava, non quella ch'egli amava. Oh,

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ingannatrice! Non era né la prima, né – come volevadargli ad intendere – la seconda volta ch'ella passava perun letto d'amore. Non valeva la pena di adirarsene per-ché l'aveva saputo da lungo tempo. Ma il possesso gliaveva data una grande libertà di giudizio sulla donnache gli si era sottomessa. – Non sognerò mai più – pen-sò uscendo da quella casa. E poco dopo, guardandola, il-luminata da pallidi riflessi lunari: – Forse non ci ritorne-rò mai più. – Non era una decisione. Perché l'avrebbedovuta prendere? Il tutto mancava d'importanza.Ella l'aveva accompagnato sino alla porta di casa. Nons'era accorta di alcuna sua freddezza perché egli si sa-rebbe vergognato di mostrarne. Anzi, premurosamenteegli aveva chiesto per la sera appresso un altro appunta-mento ch'ella aveva dovuto rifiutargli essendo occupatatutta la giornata fino a tarda notte dalla signora Deluigi,che le aveva commesso un vestito da ballo. S'accordaro-no di vedersi due giorni dopo: – Ma non in questa casa –disse Angiolina subito arrossata dall'ira. – Come puoiimmaginare una cosa simile? Non voglio mica espormial pericolo di farmi ammazzare da mio padre. – Emilioassicurò che avrebbe provveduto lui alla stanza pel pros-simo ritrovo. Gliel'avrebbe indicata domani con un bi-glietto.Il possesso, la verità? La bugia continuava spudoratacome prima, ed egli non scorgeva alcun modo per libe-rarsene. Nell'ultimo bacio, dolcemente, ella gli racco-mandò discrezione, col Balli specialmente. Ella ci tene-

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ingannatrice! Non era né la prima, né – come volevadargli ad intendere – la seconda volta ch'ella passava perun letto d'amore. Non valeva la pena di adirarsene per-ché l'aveva saputo da lungo tempo. Ma il possesso gliaveva data una grande libertà di giudizio sulla donnache gli si era sottomessa. – Non sognerò mai più – pen-sò uscendo da quella casa. E poco dopo, guardandola, il-luminata da pallidi riflessi lunari: – Forse non ci ritorne-rò mai più. – Non era una decisione. Perché l'avrebbedovuta prendere? Il tutto mancava d'importanza.Ella l'aveva accompagnato sino alla porta di casa. Nons'era accorta di alcuna sua freddezza perché egli si sa-rebbe vergognato di mostrarne. Anzi, premurosamenteegli aveva chiesto per la sera appresso un altro appunta-mento ch'ella aveva dovuto rifiutargli essendo occupatatutta la giornata fino a tarda notte dalla signora Deluigi,che le aveva commesso un vestito da ballo. S'accordaro-no di vedersi due giorni dopo: – Ma non in questa casa –disse Angiolina subito arrossata dall'ira. – Come puoiimmaginare una cosa simile? Non voglio mica espormial pericolo di farmi ammazzare da mio padre. – Emilioassicurò che avrebbe provveduto lui alla stanza pel pros-simo ritrovo. Gliel'avrebbe indicata domani con un bi-glietto.Il possesso, la verità? La bugia continuava spudoratacome prima, ed egli non scorgeva alcun modo per libe-rarsene. Nell'ultimo bacio, dolcemente, ella gli racco-mandò discrezione, col Balli specialmente. Ella ci tene-

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va alla propria fama.Col Balli Emilio fu indiscreto subito, la stessa sera. Par-lò di proposito, con l'intenzione di reagire alle menzo-gne d'Angiolina, senza tener conto delle raccomandazio-ni di lei, intese certamente a ingannare lui e non a tenerall'oscuro gli altri. Ma poi sentì una grande soddisfazio-ne di poter raccontare al Balli d'aver posseduto quelladonna. Fu una soddisfazione intensa, importante, che glilevò qualunque nube dalla fronte.Il Balli lo stette a sentire da medico che vuol fare unadiagnosi: – Mi pare proprio di poter essere sicuro chesei guarito.Allora però Emilio sentì il bisogno di confidarsi, e rac-contò dell'indignazione che provocava in lui il contegnodi Angiolina, la quale ancora sempre voleva fargli cre-dere di essersi data al Volpini per poter appartenere alui. Subito la sua parola fu troppo vivace: – Ancoraadesso vuole truffarmi. Il dolore che mi fa di vederlasempre uguale a se stessa è tale che mi toglie persino ildesiderio di rivederla.Il Balli lo indovinò tutto e gli disse: – Anche tu restiuguale a te stesso. Non una tua parola denota indifferen-za. – Emilio protestò con calore, ma il Balli non si la-sciò convincere. – Hai fatto male, male assai di riavvici-narti a lei.Durante la notte Emilio poté convincersi che il Balliaveva ragione. L'indignazione, un'ira inquieta che

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va alla propria fama.Col Balli Emilio fu indiscreto subito, la stessa sera. Par-lò di proposito, con l'intenzione di reagire alle menzo-gne d'Angiolina, senza tener conto delle raccomandazio-ni di lei, intese certamente a ingannare lui e non a tenerall'oscuro gli altri. Ma poi sentì una grande soddisfazio-ne di poter raccontare al Balli d'aver posseduto quelladonna. Fu una soddisfazione intensa, importante, che glilevò qualunque nube dalla fronte.Il Balli lo stette a sentire da medico che vuol fare unadiagnosi: – Mi pare proprio di poter essere sicuro chesei guarito.Allora però Emilio sentì il bisogno di confidarsi, e rac-contò dell'indignazione che provocava in lui il contegnodi Angiolina, la quale ancora sempre voleva fargli cre-dere di essersi data al Volpini per poter appartenere alui. Subito la sua parola fu troppo vivace: – Ancoraadesso vuole truffarmi. Il dolore che mi fa di vederlasempre uguale a se stessa è tale che mi toglie persino ildesiderio di rivederla.Il Balli lo indovinò tutto e gli disse: – Anche tu restiuguale a te stesso. Non una tua parola denota indifferen-za. – Emilio protestò con calore, ma il Balli non si la-sciò convincere. – Hai fatto male, male assai di riavvici-narti a lei.Durante la notte Emilio poté convincersi che il Balliaveva ragione. L'indignazione, un'ira inquieta che

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avrebbe domandato un pronto sfogo, lo teneva desto.Non poteva più illudersi che quella fosse l'indignazionedell'uomo onesto ferito da un'oscenità. Egli conoscevatroppo bene quello stato d'animo. Ci era ricaduto ed eramolto simile a quello provato prima dell'incidentedell'ombrellaio e prima del possesso. La gioventù ritor-nava! Egli non anelava più di uccidere ma si sarebbe vo-luto annientare dalla vergogna e dal dolore.All'antico dolore s'era aggiunto un peso sulla coscienza,il rimorso d'essersi legato di più a quella donna, e lapaura di vederne compromessa vieppiù la propria vita.Infatti, come avrebbe potuto spiegare la tenacità con cuiella addossava a lui la colpa della relazione col Volpini,se non col proposito d'attaccarglisi, comprometterlo,succhiargli lo scarso sangue che aveva nelle vene? Egliera legato per sempre ad Angiolina da una strana ano-malia del proprio cuore, dai sensi – nel letto solitario ildesiderio era rinato – e dalla stessa indignazione ch'egliattribuiva all'odio.Quell'indignazione era la madre dei più dolci sogni. Ver-so mattina il suo profondo turbamento s'era mitigatonella commozione per il proprio destino. Non s'addor-mentò, ma cadde in uno stato singolare d'abbattimentoche gli tolse la nozione del tempo e del luogo. Gli parved'essere ammalato, gravemente, senza rimedio, e cheAngiolina fosse accorsa a curarlo. Le vedeva la compo-stezza e la serietà della buona infermiera dolce e disinte-ressata. La sentiva muoversi nella camera, ed ogni qual-

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avrebbe domandato un pronto sfogo, lo teneva desto.Non poteva più illudersi che quella fosse l'indignazionedell'uomo onesto ferito da un'oscenità. Egli conoscevatroppo bene quello stato d'animo. Ci era ricaduto ed eramolto simile a quello provato prima dell'incidentedell'ombrellaio e prima del possesso. La gioventù ritor-nava! Egli non anelava più di uccidere ma si sarebbe vo-luto annientare dalla vergogna e dal dolore.All'antico dolore s'era aggiunto un peso sulla coscienza,il rimorso d'essersi legato di più a quella donna, e lapaura di vederne compromessa vieppiù la propria vita.Infatti, come avrebbe potuto spiegare la tenacità con cuiella addossava a lui la colpa della relazione col Volpini,se non col proposito d'attaccarglisi, comprometterlo,succhiargli lo scarso sangue che aveva nelle vene? Egliera legato per sempre ad Angiolina da una strana ano-malia del proprio cuore, dai sensi – nel letto solitario ildesiderio era rinato – e dalla stessa indignazione ch'egliattribuiva all'odio.Quell'indignazione era la madre dei più dolci sogni. Ver-so mattina il suo profondo turbamento s'era mitigatonella commozione per il proprio destino. Non s'addor-mentò, ma cadde in uno stato singolare d'abbattimentoche gli tolse la nozione del tempo e del luogo. Gli parved'essere ammalato, gravemente, senza rimedio, e cheAngiolina fosse accorsa a curarlo. Le vedeva la compo-stezza e la serietà della buona infermiera dolce e disinte-ressata. La sentiva muoversi nella camera, ed ogni qual-

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volta ella gli si avvicinava, gli apportava refrigerio, toc-candogli con la mano fresca la fronte scottante, oppurebaciandolo, con lievi baci che non volevano essere per-cepiti, sugli occhi o sulla fronte. Angiolina sapeva ba-ciare così? Egli si rivoltò pesantemente nel letto e tornòin sé. L'effettuazione di quel sogno sarebbe stato il veropossesso. E dire che poche ore prima egli aveva pensatodi aver perduto la capacità di sognare. Oh, la gioventùera ritornata. Correva le sue vene prepotente come maiprima, e annullava qualunque risoluzione la mente seni-le avesse fatta.Di buon'ora s'alzò e uscì. Non poteva attendere; volevarivedere Angiolina subito. Correva nell'impazienza diriabbracciarla ma si proponeva di non ciarlare troppo.Non voleva abbassarsi con dichiarazioni che avrebberofalsato i loro rapporti. Il possesso non dava la verità, maesso stesso, non abbellito da sogni e neppure da parole,era la verità propria e pura e bestiale.Invece, con un'ostinazione ammirabile, Angiolina nonne volle sapere. Era già vestita per uscire e poi l'avevagià avvisato che ella non intendeva disonorare la propriacasa.Egli, nel frattempo, aveva fatta un'osservazione per laquale credette di dover deviare dai suoi proponimenti.S'accorse ch'ella lo esaminava con curiosità per capirese in lui l'amore fosse diminuito o aumentato dal posses-so. Ella si tradiva con un'ingenuità commovente; doveva

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volta ella gli si avvicinava, gli apportava refrigerio, toc-candogli con la mano fresca la fronte scottante, oppurebaciandolo, con lievi baci che non volevano essere per-cepiti, sugli occhi o sulla fronte. Angiolina sapeva ba-ciare così? Egli si rivoltò pesantemente nel letto e tornòin sé. L'effettuazione di quel sogno sarebbe stato il veropossesso. E dire che poche ore prima egli aveva pensatodi aver perduto la capacità di sognare. Oh, la gioventùera ritornata. Correva le sue vene prepotente come maiprima, e annullava qualunque risoluzione la mente seni-le avesse fatta.Di buon'ora s'alzò e uscì. Non poteva attendere; volevarivedere Angiolina subito. Correva nell'impazienza diriabbracciarla ma si proponeva di non ciarlare troppo.Non voleva abbassarsi con dichiarazioni che avrebberofalsato i loro rapporti. Il possesso non dava la verità, maesso stesso, non abbellito da sogni e neppure da parole,era la verità propria e pura e bestiale.Invece, con un'ostinazione ammirabile, Angiolina nonne volle sapere. Era già vestita per uscire e poi l'avevagià avvisato che ella non intendeva disonorare la propriacasa.Egli, nel frattempo, aveva fatta un'osservazione per laquale credette di dover deviare dai suoi proponimenti.S'accorse ch'ella lo esaminava con curiosità per capirese in lui l'amore fosse diminuito o aumentato dal posses-so. Ella si tradiva con un'ingenuità commovente; doveva

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aver conosciuti degli uomini che provavano ripugnanzaper la donna avuta. A lui fu molto facile di provarlech'egli non era di quelli. Rassegnatosi al digiuno ch'ellagli imponeva, si accontentò di quei baci di cui era vissu-to per tanto tempo. Ma presto i baci soli non bastaronopiù, ed egli si ritrovò a mormorarle nelle orecchie tuttele dolci parole apprese nel lungo amore: – Ange! Ange!Il Balli gli aveva fornito l'indirizzo di una casa ove da-vano a fitto delle stanze. Egli gliela indicò. A lungo, pernon sbagliare, ella si fece descrivere quella casa e la po-sizione della stanza, ciò che imbarazzò non poco Emilioil quale non l'aveva vista. Aveva baciato troppo per sa-per osservare, ma quando fu solo sulla via s'accorse, consua grande meraviglia, che soltanto allora sapeva esatta-mente dove bisognava andare a cercare quella stanza.Non v'era dubbio! Era stato diretto da Angiolina.Vi andò subito. La proprietaria della camera si chiamavaParacci, ed era una vecchierella nauseante dalle vesti su-cide sotto alle quali s'indovinavano le forme del pettoabbondante, un resto di giovinezza in mezzo ad una viz-za vecchiaia, la testa con pochi capelli ricci sotto ai qua-li luceva la pelle porosa e rossa. Lo accolse con grandegentilezza e, subito d'accordo, gli disse ch'ella non affit-tava che a chi conosceva molto bene dunque a lui sì.Egli volle vedere la stanza e vi entrò, seguito dalla vec-chia, per la porta sulle scale. Un'altra porta – semprechiusa – disse la Paracci con l'accento di chi giura, lacongiungeva al resto del quartiere. Più che ammobiliata,

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aver conosciuti degli uomini che provavano ripugnanzaper la donna avuta. A lui fu molto facile di provarlech'egli non era di quelli. Rassegnatosi al digiuno ch'ellagli imponeva, si accontentò di quei baci di cui era vissu-to per tanto tempo. Ma presto i baci soli non bastaronopiù, ed egli si ritrovò a mormorarle nelle orecchie tuttele dolci parole apprese nel lungo amore: – Ange! Ange!Il Balli gli aveva fornito l'indirizzo di una casa ove da-vano a fitto delle stanze. Egli gliela indicò. A lungo, pernon sbagliare, ella si fece descrivere quella casa e la po-sizione della stanza, ciò che imbarazzò non poco Emilioil quale non l'aveva vista. Aveva baciato troppo per sa-per osservare, ma quando fu solo sulla via s'accorse, consua grande meraviglia, che soltanto allora sapeva esatta-mente dove bisognava andare a cercare quella stanza.Non v'era dubbio! Era stato diretto da Angiolina.Vi andò subito. La proprietaria della camera si chiamavaParacci, ed era una vecchierella nauseante dalle vesti su-cide sotto alle quali s'indovinavano le forme del pettoabbondante, un resto di giovinezza in mezzo ad una viz-za vecchiaia, la testa con pochi capelli ricci sotto ai qua-li luceva la pelle porosa e rossa. Lo accolse con grandegentilezza e, subito d'accordo, gli disse ch'ella non affit-tava che a chi conosceva molto bene dunque a lui sì.Egli volle vedere la stanza e vi entrò, seguito dalla vec-chia, per la porta sulle scale. Un'altra porta – semprechiusa – disse la Paracci con l'accento di chi giura, lacongiungeva al resto del quartiere. Più che ammobiliata,

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era ingombrata da un enorme letto dall'apparenza pulitae da due grandi armadi; c'era un tavolo nel mezzo, unsofà e quattro sedie. Non ci sarebbe stato posto neppureper un solo altro mobile.La vedova Paracci stava a guardarlo, le mani sui grossifianchi sporgenti, con l'aspetto sorridente – una bruttasmorfia che metteva in mostra la bocca sdentata – di chisi attende una parola di soddisfazione. Infatti nella stan-za c'era anche qualche tentativo d'abbellimento. In capoal letto stava piantato un ombrello chinese e sulla parete,anche qui, erano appese varie fotografie.Gli sfuggì un grido di sorpresa vedendo accanto alla fo-tografia di una donna seminuda, quella di una giovanet-ta ch'egli aveva conosciuta, un'amica di Amalia, mortaqualche anno prima. Chiese alla vecchia donde le fosse-ro venute quelle fotografie, ed ella rispose che le avevacomperate per adornare quella parete. Egli guardò lun-gamente la faccia buona di quella povera ragazza cheaveva posato tutta impettita dinanzi alla macchina delfotografo, forse l'unica volta in sua vita, per servire daornamento a quella stanzaccia.Eppure in quella stanzaccia, in presenza della sozza vec-chia che stava a guardarlo lieta d'aver conquistato unnuovo cliente, egli sognò d'amore. Precisamente in quel-le condizioni era eccitantissimo figurarsi Angiolina cheveniva a portargli l'amore desiato. Con un fremito difebbre, egli pensò: domani avrò la donna amata!

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era ingombrata da un enorme letto dall'apparenza pulitae da due grandi armadi; c'era un tavolo nel mezzo, unsofà e quattro sedie. Non ci sarebbe stato posto neppureper un solo altro mobile.La vedova Paracci stava a guardarlo, le mani sui grossifianchi sporgenti, con l'aspetto sorridente – una bruttasmorfia che metteva in mostra la bocca sdentata – di chisi attende una parola di soddisfazione. Infatti nella stan-za c'era anche qualche tentativo d'abbellimento. In capoal letto stava piantato un ombrello chinese e sulla parete,anche qui, erano appese varie fotografie.Gli sfuggì un grido di sorpresa vedendo accanto alla fo-tografia di una donna seminuda, quella di una giovanet-ta ch'egli aveva conosciuta, un'amica di Amalia, mortaqualche anno prima. Chiese alla vecchia donde le fosse-ro venute quelle fotografie, ed ella rispose che le avevacomperate per adornare quella parete. Egli guardò lun-gamente la faccia buona di quella povera ragazza cheaveva posato tutta impettita dinanzi alla macchina delfotografo, forse l'unica volta in sua vita, per servire daornamento a quella stanzaccia.Eppure in quella stanzaccia, in presenza della sozza vec-chia che stava a guardarlo lieta d'aver conquistato unnuovo cliente, egli sognò d'amore. Precisamente in quel-le condizioni era eccitantissimo figurarsi Angiolina cheveniva a portargli l'amore desiato. Con un fremito difebbre, egli pensò: domani avrò la donna amata!

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La ebbe quantunque mai l'avesse amata meno di quelgiorno. L'attesa l'aveva reso infelice; gli pareva d'esserenell'impossibilità di godere. Circa un'ora prima di anda-re all'appuntamento pensò che se non vi avesse trovatala gioia attesa, avrebbe dichiarato ad Angiolina di nonvolerla vedere più, e precisamente con le parole: – Seitanto disonesta che mi ripugni. – Aveva pensate questeparole accanto ad Amalia, invidiandola perché la vedevadisfatta ma tranquilla. E aveva pensato che l'amore, perAmalia, restava il puro grande desiderio divino: eranell'effettuazione che la piccola natura umana si trovavabruttata, avvilita.Ma quella sera godette. Angiolina lo fece attendere oltremezz'ora, un secolo. Gli parve di sentire sola ira, un'iraimpotente che aumentava l'odio ch'egli diceva di sentireper lei. Pensava di picchiarla quando sarebbe venuta.Non v'erano scuse possibili perché ella stessa aveva det-to che quel giorno non andava a lavorare e che perciòpoteva essere puntuale. Non era anzi per la certezza dinon dover ritardare, ch'ella non aveva voluto accettarel'impegno per la sera prima? Ed ora lo aveva fatto aspet-tare prima un giorno intero e poi tanto, tanto tempo.Ma quando ella arrivò, egli, che già aveva disperato divederla, fu sorpreso della propria fortuna. Le mormoròsulle labbra e nel collo delle parole di rimprovero a cuiella neppure rispose perché avevano il suono di una pre-ghiera, di una adorazione. Nella penombra la stanza del-la vedova Paracci divenne un tempio. Per lungo tempo

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La ebbe quantunque mai l'avesse amata meno di quelgiorno. L'attesa l'aveva reso infelice; gli pareva d'esserenell'impossibilità di godere. Circa un'ora prima di anda-re all'appuntamento pensò che se non vi avesse trovatala gioia attesa, avrebbe dichiarato ad Angiolina di nonvolerla vedere più, e precisamente con le parole: – Seitanto disonesta che mi ripugni. – Aveva pensate questeparole accanto ad Amalia, invidiandola perché la vedevadisfatta ma tranquilla. E aveva pensato che l'amore, perAmalia, restava il puro grande desiderio divino: eranell'effettuazione che la piccola natura umana si trovavabruttata, avvilita.Ma quella sera godette. Angiolina lo fece attendere oltremezz'ora, un secolo. Gli parve di sentire sola ira, un'iraimpotente che aumentava l'odio ch'egli diceva di sentireper lei. Pensava di picchiarla quando sarebbe venuta.Non v'erano scuse possibili perché ella stessa aveva det-to che quel giorno non andava a lavorare e che perciòpoteva essere puntuale. Non era anzi per la certezza dinon dover ritardare, ch'ella non aveva voluto accettarel'impegno per la sera prima? Ed ora lo aveva fatto aspet-tare prima un giorno intero e poi tanto, tanto tempo.Ma quando ella arrivò, egli, che già aveva disperato divederla, fu sorpreso della propria fortuna. Le mormoròsulle labbra e nel collo delle parole di rimprovero a cuiella neppure rispose perché avevano il suono di una pre-ghiera, di una adorazione. Nella penombra la stanza del-la vedova Paracci divenne un tempio. Per lungo tempo

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nessuna parola turbò il sogno. Angiolina dava certo piùdi quanto aveva promesso. Ella aveva disciolti gli ab-bondanti capelli, ed egli si ritrovò con la testa appoggia-ta su un guanciale d'oro. Come un bambino egli vi ap-poggiò il volto per fiutarne il colore. Ella era un'amantecompiacente e – in quel letto egli non sapeva lagnarsene– indovinava con un'intelligenza affinatissima i suoi de-siderî. Là tutto diveniva soddisfazione e godimento.Appena più tardi il ricordo di quella scena gli fece digri-gnare i denti dall'ira. La passione l'aveva liberato per unistante dal doloroso abito dell'osservatore, ma non gliaveva impedito d'imprimersi nella memoria ogni singoloparticolare di quella scena. Ora appena poteva dire diconoscere Angiolina. La passione gli aveva dati dei ri-cordi indelebili, e su questi riusciva a ricostruire dei sen-timenti che Angiolina non aveva espressi, che avevaanzi accuratamente celati. A mente fredda egli non sa-rebbe riuscito a tanto. Così, invece, egli sapeva, sapevacon certezza apodittica come se ella glielo avesse di-chiarato a chiare note, ch'ella aveva conosciuto dei ma-schi che l'avevano soddisfatta meglio. Aveva detto piùvolte: – Ma adesso basterà Non ne posso più. – Avevacercato un accento di ammirazione che non aveva trova-to. Egli avrebbe potuto dividere la serata in due parti.Nella prima ella lo aveva amato; nella seconda s'era fat-ta forza per non respingerlo. Quando abbandonò il letto,tradì d'essere stanca di starvi. Allora, naturalmente, perindovinarla tutta, non occorse grande forza d'osservazio-

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nessuna parola turbò il sogno. Angiolina dava certo piùdi quanto aveva promesso. Ella aveva disciolti gli ab-bondanti capelli, ed egli si ritrovò con la testa appoggia-ta su un guanciale d'oro. Come un bambino egli vi ap-poggiò il volto per fiutarne il colore. Ella era un'amantecompiacente e – in quel letto egli non sapeva lagnarsene– indovinava con un'intelligenza affinatissima i suoi de-siderî. Là tutto diveniva soddisfazione e godimento.Appena più tardi il ricordo di quella scena gli fece digri-gnare i denti dall'ira. La passione l'aveva liberato per unistante dal doloroso abito dell'osservatore, ma non gliaveva impedito d'imprimersi nella memoria ogni singoloparticolare di quella scena. Ora appena poteva dire diconoscere Angiolina. La passione gli aveva dati dei ri-cordi indelebili, e su questi riusciva a ricostruire dei sen-timenti che Angiolina non aveva espressi, che avevaanzi accuratamente celati. A mente fredda egli non sa-rebbe riuscito a tanto. Così, invece, egli sapeva, sapevacon certezza apodittica come se ella glielo avesse di-chiarato a chiare note, ch'ella aveva conosciuto dei ma-schi che l'avevano soddisfatta meglio. Aveva detto piùvolte: – Ma adesso basterà Non ne posso più. – Avevacercato un accento di ammirazione che non aveva trova-to. Egli avrebbe potuto dividere la serata in due parti.Nella prima ella lo aveva amato; nella seconda s'era fat-ta forza per non respingerlo. Quando abbandonò il letto,tradì d'essere stanca di starvi. Allora, naturalmente, perindovinarla tutta, non occorse grande forza d'osservazio-

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ne, perché, vedendolo esitante, ella lo spinse fuori dalletto dicendogli scherzosamente: – Andiamo, bell'uomo.– Bell'uomo! La parola ironica doveva essere stata pen-sata da una mezz'ora circa. Egli l'aveva letta sulla suafaccia.Come sempre, egli avrebbe avuto bisogno di restaresolo per avere il tempo d'ordinare le proprie osservazio-ni. Per il momento percepì confusamente ch'ella non gliapparteneva più, la medesima sensazione che avevaavuta quella sera, in cui s'era trovato con Angiolina alGiardino Pubblico per aspettarvi il Balli e Margherita.Era un dolore atroce di amor proprio ferito e d'amarissi-ma gelosia. Volle liberarsene, e non poté lasciarla senzaaver tentato di riconquistarla.L'accompagnò sulla via, poi, quantunque ella dichiaras-se di aver fretta, l'indusse a rincasare per la via ch'egliaveva percorsa quella sera in cui ella era stata vista conl'ombrellaio. La via di Romagna era proprio quella dellaserata memoranda, con i suoi alberi nudi, che si proiet-tavano sul cielo chiaro, e il suolo ineguale coperto difanghiglia densa. Una grande differenza era quellad'aver accanto Angiolina. Ma tanto lontana! Per la se-conda volta, su quella stessa via, egli la cercò.Le descrisse la corsa fatta allora. Le raccontò come ildesiderio di vederla gliel'avesse fatta scorgere più voltedinanzi a sé, poi come una leggera ferita prodotta da unacaduta l'avesse fatto piangere, perché era stata la goccia

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ne, perché, vedendolo esitante, ella lo spinse fuori dalletto dicendogli scherzosamente: – Andiamo, bell'uomo.– Bell'uomo! La parola ironica doveva essere stata pen-sata da una mezz'ora circa. Egli l'aveva letta sulla suafaccia.Come sempre, egli avrebbe avuto bisogno di restaresolo per avere il tempo d'ordinare le proprie osservazio-ni. Per il momento percepì confusamente ch'ella non gliapparteneva più, la medesima sensazione che avevaavuta quella sera, in cui s'era trovato con Angiolina alGiardino Pubblico per aspettarvi il Balli e Margherita.Era un dolore atroce di amor proprio ferito e d'amarissi-ma gelosia. Volle liberarsene, e non poté lasciarla senzaaver tentato di riconquistarla.L'accompagnò sulla via, poi, quantunque ella dichiaras-se di aver fretta, l'indusse a rincasare per la via ch'egliaveva percorsa quella sera in cui ella era stata vista conl'ombrellaio. La via di Romagna era proprio quella dellaserata memoranda, con i suoi alberi nudi, che si proiet-tavano sul cielo chiaro, e il suolo ineguale coperto difanghiglia densa. Una grande differenza era quellad'aver accanto Angiolina. Ma tanto lontana! Per la se-conda volta, su quella stessa via, egli la cercò.Le descrisse la corsa fatta allora. Le raccontò come ildesiderio di vederla gliel'avesse fatta scorgere più voltedinanzi a sé, poi come una leggera ferita prodotta da unacaduta l'avesse fatto piangere, perché era stata la goccia

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che aveva fatto traboccare il vaso. Ella lo stette adascoltare lusingata di avere ispirato un tale amore equand'egli si commosse lagnandosi che tanto soffrirenon gli avesse conquistato tutto l'amore cui credeva diaver diritto, ella protestò con energia: – Come puoi direuna cosa simile? – Lo baciò per protestare con efficacia.Poi però commise l'errore, come al solito dopo averciben pensato: – Non mi sono data al Volpini per esseretua? – Ed Emilio piegò la testa convinto.Quel Volpini, senza saperlo, gli avvelenava le gioie che,secondo Angiolina, gli aveva procurate. Invece di soffri-re per l'indifferenza di Angiolina, dopo di aver uditomenzionare il Volpini, Emilio temette di lei e dei pianiche in lei sospettava. Nel convegno seguente, con le pri-me parole egli chiese quali garanzie avesse avute dalVolpini per abbandonarglisi. – Oh, Volpini non può piùfare a meno di me – disse ella sorridendo. Per il momen-to anche Emilio si tranquillò e gli parve che quella ga-ranzia fosse sufficiente. Egli stesso, tanto più giovanedel Volpini, non poteva fare a meno di Angiolina.Durante il secondo appuntamento l'osservatore nons'assopì in lui un solo instante. N'ebbe il premio in unascoperta dolorosissima: nel tempo in cui egli con tantosforzo s'era tenuto lontano da Angiolina, qualcuno dove-va aver occupato il suo posto. Un altro, che non dovevasomigliare ad alcuno degli uomini che egli conosceva etemeva. Non Leardi, non Giustini, non Datti. Dovevaessere stato costui a prestarle degli accenti nuovi, bru-

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che aveva fatto traboccare il vaso. Ella lo stette adascoltare lusingata di avere ispirato un tale amore equand'egli si commosse lagnandosi che tanto soffrirenon gli avesse conquistato tutto l'amore cui credeva diaver diritto, ella protestò con energia: – Come puoi direuna cosa simile? – Lo baciò per protestare con efficacia.Poi però commise l'errore, come al solito dopo averciben pensato: – Non mi sono data al Volpini per esseretua? – Ed Emilio piegò la testa convinto.Quel Volpini, senza saperlo, gli avvelenava le gioie che,secondo Angiolina, gli aveva procurate. Invece di soffri-re per l'indifferenza di Angiolina, dopo di aver uditomenzionare il Volpini, Emilio temette di lei e dei pianiche in lei sospettava. Nel convegno seguente, con le pri-me parole egli chiese quali garanzie avesse avute dalVolpini per abbandonarglisi. – Oh, Volpini non può piùfare a meno di me – disse ella sorridendo. Per il momen-to anche Emilio si tranquillò e gli parve che quella ga-ranzia fosse sufficiente. Egli stesso, tanto più giovanedel Volpini, non poteva fare a meno di Angiolina.Durante il secondo appuntamento l'osservatore nons'assopì in lui un solo instante. N'ebbe il premio in unascoperta dolorosissima: nel tempo in cui egli con tantosforzo s'era tenuto lontano da Angiolina, qualcuno dove-va aver occupato il suo posto. Un altro, che non dovevasomigliare ad alcuno degli uomini che egli conosceva etemeva. Non Leardi, non Giustini, non Datti. Dovevaessere stato costui a prestarle degli accenti nuovi, bru-

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schi, non manchevoli di spirito, e dei giuochi di parolagrossolani. Doveva essere uno studente, perché ella ma-neggiava con grande disinvoltura alcune parole latinevolte a senso turpe. Rispuntò quel disgraziato Merighi,il quale certamente non poteva sospettare che si conti-nuasse ad abusare di lui; era stato lui ad insegnarle an-che quelle parole latine. Come se ella fosse stata capacedi sapere di latino senza farne pompa per tanto tempo!Invece chi le aveva insegnato il latino doveva essere ilmedesimo che le aveva apprese anche delle canzonetteveneziane liberissime. Cantandole ella stonava, ma an-che per saperle così doveva averle udite parecchie volte,tant'è vero che non avrebbe saputo rifare una sola notadelle canzonette udite più volte dal Balli. Doveva essereun veneziano perché ella si compiaceva spesso d'imitarela pronunzia veneziana che prima, probabilmente, avevaignorata. Emilio lo sentiva accanto a sé, beffardo gau-dente; arrivava a ricostruirlo fino a un certo punto, mapoi gli sfuggiva e non arrivò mai a conoscerne il nome.Nella raccolta di fotografie d'Angiolina non v'era alcunafaccia nuova. Il nuovo rivale non doveva avere il vezzodi regalare la propria fotografia, o forse ad Angiolinasembrava miglior politica di non esporre più le fotogra-fie, alla cui raccolta ella aveva dedicata la propria vita.Tant'è vero che sulla parete mancava anche quella diEmilio.Egli non ebbe alcun dubbio che se si fosse imbattuto inquell'individuo, l'avrebbe riconosciuto a certi gesti

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schi, non manchevoli di spirito, e dei giuochi di parolagrossolani. Doveva essere uno studente, perché ella ma-neggiava con grande disinvoltura alcune parole latinevolte a senso turpe. Rispuntò quel disgraziato Merighi,il quale certamente non poteva sospettare che si conti-nuasse ad abusare di lui; era stato lui ad insegnarle an-che quelle parole latine. Come se ella fosse stata capacedi sapere di latino senza farne pompa per tanto tempo!Invece chi le aveva insegnato il latino doveva essere ilmedesimo che le aveva apprese anche delle canzonetteveneziane liberissime. Cantandole ella stonava, ma an-che per saperle così doveva averle udite parecchie volte,tant'è vero che non avrebbe saputo rifare una sola notadelle canzonette udite più volte dal Balli. Doveva essereun veneziano perché ella si compiaceva spesso d'imitarela pronunzia veneziana che prima, probabilmente, avevaignorata. Emilio lo sentiva accanto a sé, beffardo gau-dente; arrivava a ricostruirlo fino a un certo punto, mapoi gli sfuggiva e non arrivò mai a conoscerne il nome.Nella raccolta di fotografie d'Angiolina non v'era alcunafaccia nuova. Il nuovo rivale non doveva avere il vezzodi regalare la propria fotografia, o forse ad Angiolinasembrava miglior politica di non esporre più le fotogra-fie, alla cui raccolta ella aveva dedicata la propria vita.Tant'è vero che sulla parete mancava anche quella diEmilio.Egli non ebbe alcun dubbio che se si fosse imbattuto inquell'individuo, l'avrebbe riconosciuto a certi gesti

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ch'ella doveva aver imitati da lui. Il peggio era che dallasola ripetuta domanda da chi ella avesse appreso quelgesto o quella parola, ella indovinò la sua gelosia: – Ge-loso! – disse con un'intuizione sorprendente vedendoloserio e mesto. Sì; egli era geloso. Soffriva quando perun'esitazione ella si cacciava con gesto maschile le maninei capelli, o per sorpresa gridava; – Oh, la balena! – o,quando scorgendolo triste, gli chiedeva: – Sei invelenàoggi? – Soffriva come se si fosse trovato a faccia a fac-cia col suo inafferrabile rivale. Per di più, con la fantasiaeccitata dell'innamorato, egli credette di scoprire neisuoni della voce d'Angiolina delle copie di quelli serii eun po' imperiosi del Leardi. Anche il Sorniani le dovevaaver insegnato qualche cosa, e persino il Balli aveva la-sciato traccia di sé, essendo stato copiato accuratamentein una certa sua affettazione d'intontita sorpresa o ammi-razione. Emilio stesso non si riconosceva in alcuna pa-rola o gesto di lei. Con amara ironia una volta pensò:Forse per me non c'è più posto.Il più odiato rivale restava per lui quell'ignoto. Era stra-no com'ella avesse saputo non nominare quell'uomo chedoveva essere passato di recente nella sua vita, mentrele piaceva tanto di vantarsi dei suoi trionfi, persinodell'ammirazione spiata negli occhi degli uomini neiquali s'imbattesse una sola volta sulla via. Tutti eranopazzamente innamorati di lei. – Tanto più merito hoavuto– ella asseriva – di essere rimasta sempre a casadurante la tua assenza, e ciò dopo essere stata trattata a

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ch'ella doveva aver imitati da lui. Il peggio era che dallasola ripetuta domanda da chi ella avesse appreso quelgesto o quella parola, ella indovinò la sua gelosia: – Ge-loso! – disse con un'intuizione sorprendente vedendoloserio e mesto. Sì; egli era geloso. Soffriva quando perun'esitazione ella si cacciava con gesto maschile le maninei capelli, o per sorpresa gridava; – Oh, la balena! – o,quando scorgendolo triste, gli chiedeva: – Sei invelenàoggi? – Soffriva come se si fosse trovato a faccia a fac-cia col suo inafferrabile rivale. Per di più, con la fantasiaeccitata dell'innamorato, egli credette di scoprire neisuoni della voce d'Angiolina delle copie di quelli serii eun po' imperiosi del Leardi. Anche il Sorniani le dovevaaver insegnato qualche cosa, e persino il Balli aveva la-sciato traccia di sé, essendo stato copiato accuratamentein una certa sua affettazione d'intontita sorpresa o ammi-razione. Emilio stesso non si riconosceva in alcuna pa-rola o gesto di lei. Con amara ironia una volta pensò:Forse per me non c'è più posto.Il più odiato rivale restava per lui quell'ignoto. Era stra-no com'ella avesse saputo non nominare quell'uomo chedoveva essere passato di recente nella sua vita, mentrele piaceva tanto di vantarsi dei suoi trionfi, persinodell'ammirazione spiata negli occhi degli uomini neiquali s'imbattesse una sola volta sulla via. Tutti eranopazzamente innamorati di lei. – Tanto più merito hoavuto– ella asseriva – di essere rimasta sempre a casadurante la tua assenza, e ciò dopo essere stata trattata a

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quel modo da te. – Sì! Ella voleva fargli credere che du-rante la sua lontananza ella non avesse fatto altro chepensare a lui. Ogni sera, in famiglia, avevano ventilatala questione se ella dovesse scrivergli o no. Suo padrecui stava molto a cuore la dignità della famiglia nonaveva voluto saperne. Visto che all'idea di quel consi-glio di famiglia Emilio s'era messo a ridere, ella gridò: –Domandalo a mamma se non è vero.Era una mentitrice ostinata benché, in verità, non cono-scesse l'arte di mentire. Era facile farla cadere in con-traddizione. Ma quando tale contraddizione le era stataprovata, ella tornava con fronte serena ai suoi primi as-serti, perché, in fondo, ella alla logica non ci credeva. Eforse bastava tale sua semplicità a salvarla agli occhid'Emilio.Non si poteva dire ch'ella fosse molto raffinata nel male,e poi a lui sembrava che ogni qualvolta lo ingannava,avesse cura di avvisarnelo.Non v'era però la possibilità di rintracciare i motivi percui egli era tanto indissolubilmente legato ad Angiolina.Qualunque altro piccolo dolore che gli fosse toccato nel-la sua vita insignificante, divisa fra casa e ufficio,s'annullava facilmente accanto a lei. Di tutti i dolorich'ella gli dava, il maggiore era quello di non farsi tro-vare, quando egli aveva bisogno di starle accanto. Spes-so, cacciato fuori della propria casa dalla triste facciadella sorella, correva dagli Zarri quantunque sapesse che

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quel modo da te. – Sì! Ella voleva fargli credere che du-rante la sua lontananza ella non avesse fatto altro chepensare a lui. Ogni sera, in famiglia, avevano ventilatala questione se ella dovesse scrivergli o no. Suo padrecui stava molto a cuore la dignità della famiglia nonaveva voluto saperne. Visto che all'idea di quel consi-glio di famiglia Emilio s'era messo a ridere, ella gridò: –Domandalo a mamma se non è vero.Era una mentitrice ostinata benché, in verità, non cono-scesse l'arte di mentire. Era facile farla cadere in con-traddizione. Ma quando tale contraddizione le era stataprovata, ella tornava con fronte serena ai suoi primi as-serti, perché, in fondo, ella alla logica non ci credeva. Eforse bastava tale sua semplicità a salvarla agli occhid'Emilio.Non si poteva dire ch'ella fosse molto raffinata nel male,e poi a lui sembrava che ogni qualvolta lo ingannava,avesse cura di avvisarnelo.Non v'era però la possibilità di rintracciare i motivi percui egli era tanto indissolubilmente legato ad Angiolina.Qualunque altro piccolo dolore che gli fosse toccato nel-la sua vita insignificante, divisa fra casa e ufficio,s'annullava facilmente accanto a lei. Di tutti i dolorich'ella gli dava, il maggiore era quello di non farsi tro-vare, quando egli aveva bisogno di starle accanto. Spes-so, cacciato fuori della propria casa dalla triste facciadella sorella, correva dagli Zarri quantunque sapesse che

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Angiolina non amava di vederlo tanto spesso in quellacasa ch'ella tanto energicamente difendeva dal disonore.Ben di rado ve la trovava, e la madre con grande genti-lezza lo invitava ad attenderla perché Angiolina dovevavenir subito. Era stata chiamata cinque minuti prima dacerte signore che abitavano lì accanto – un gesto vagoaccennava a levante o a ponente – per provare un vesti-to.L'attesa gli era indicibilmente dolorosa, ma rimaneva in-cantato per delle ore a scrutare la dura faccia della vec-chia, perché sapeva che rincasando senza aver vistal'amante, non si sarebbe quietato più. Una sera, spazien-tito, sebbene la madre, cortese come sempre, volessetrattenerlo, finì coll'andarsene. Sulle scale gli passò ac-canto una donna, apparentemente una fantesca, la testacoperta da una pezzuola con la quale si celava ancheparte della faccia. Egli le diede il passo, ma, quando ellavolle sgattaiolare oltre, la riconobbe, insospettito primadall'intenzione ch'ella manifestava di sfuggirgli, poi dal-le movenze e alla statura. Era Angiolina. Al ritrovarlaegli si sentì subito meglio e non badò al fatto ch'ella par-lando di quelle vicine che l'avevano chiamata, segnassetutt'altra direzione di quella indicata dalla madre, e nep-pure a quello, sorprendente, ch'ella non gli tenesse ran-core perché una volta di più egli fosse venuto in casasua a comprometterla. Quella sera fu dolce, buona,come se avesse avuto da farsi perdonare qualche colpa,ma lui, in quella dolcezza di cui si beava, non seppe so-

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Angiolina non amava di vederlo tanto spesso in quellacasa ch'ella tanto energicamente difendeva dal disonore.Ben di rado ve la trovava, e la madre con grande genti-lezza lo invitava ad attenderla perché Angiolina dovevavenir subito. Era stata chiamata cinque minuti prima dacerte signore che abitavano lì accanto – un gesto vagoaccennava a levante o a ponente – per provare un vesti-to.L'attesa gli era indicibilmente dolorosa, ma rimaneva in-cantato per delle ore a scrutare la dura faccia della vec-chia, perché sapeva che rincasando senza aver vistal'amante, non si sarebbe quietato più. Una sera, spazien-tito, sebbene la madre, cortese come sempre, volessetrattenerlo, finì coll'andarsene. Sulle scale gli passò ac-canto una donna, apparentemente una fantesca, la testacoperta da una pezzuola con la quale si celava ancheparte della faccia. Egli le diede il passo, ma, quando ellavolle sgattaiolare oltre, la riconobbe, insospettito primadall'intenzione ch'ella manifestava di sfuggirgli, poi dal-le movenze e alla statura. Era Angiolina. Al ritrovarlaegli si sentì subito meglio e non badò al fatto ch'ella par-lando di quelle vicine che l'avevano chiamata, segnassetutt'altra direzione di quella indicata dalla madre, e nep-pure a quello, sorprendente, ch'ella non gli tenesse ran-core perché una volta di più egli fosse venuto in casasua a comprometterla. Quella sera fu dolce, buona,come se avesse avuto da farsi perdonare qualche colpa,ma lui, in quella dolcezza di cui si beava, non seppe so-

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spettare una colpa.La sospettò soltanto allorché ella venne vestita a quelmodo anche agli appuntamenti con lui. Ella dichiarò cherincasando sul tardi dopo essere stata con lui, era statavista da conoscenti e aveva paura d'essere colta proprionell'istante in cui usciva da quella casa, che non godevadella migliore fama; perciò si mascherava a quel modo.Oh, ingenuità! Ella non s'accorgeva di confessargli conquella chiacchierata che anche quella sera in cui eglil'aveva trovata sulle scale di casa sua, aveva avuti deibuoni motivi per travestirsi.Una sera ella arrivò al loro ritrovo con più di un'ora diritardo. Acciocché ella non avesse bisogno di bussare ri-schiando l'attenzione degli altri inquilini, egli soleva at-tenderla sulle scale, tortuose e sucide, poggiato alla rin-ghiera e persino piegato per scorgere il punto più lonta-no ove ella doveva apparire. Quando vedeva venirequalche estraneo, si rifugiava nella stanza e per talemoto continuo la sua agitazione aumentava enormemen-te. Del resto gli sarebbe stato impossibile di rimaner fer-mo. Quella sera, quando doveva tenersi chiuso nellastanza per lasciar passare la gente sulle scale, si gettòpiù volte sul letto per rialzarsi subito e perdere del tem-po nel movimento ch'egli complicava ad arte. Più tardi,ripensando allo stato in cui s'era trovato in quell'attesa,gli parve incredibile. Doveva persino aver gridatodall'ambascia.

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spettare una colpa.La sospettò soltanto allorché ella venne vestita a quelmodo anche agli appuntamenti con lui. Ella dichiarò cherincasando sul tardi dopo essere stata con lui, era statavista da conoscenti e aveva paura d'essere colta proprionell'istante in cui usciva da quella casa, che non godevadella migliore fama; perciò si mascherava a quel modo.Oh, ingenuità! Ella non s'accorgeva di confessargli conquella chiacchierata che anche quella sera in cui eglil'aveva trovata sulle scale di casa sua, aveva avuti deibuoni motivi per travestirsi.Una sera ella arrivò al loro ritrovo con più di un'ora diritardo. Acciocché ella non avesse bisogno di bussare ri-schiando l'attenzione degli altri inquilini, egli soleva at-tenderla sulle scale, tortuose e sucide, poggiato alla rin-ghiera e persino piegato per scorgere il punto più lonta-no ove ella doveva apparire. Quando vedeva venirequalche estraneo, si rifugiava nella stanza e per talemoto continuo la sua agitazione aumentava enormemen-te. Del resto gli sarebbe stato impossibile di rimaner fer-mo. Quella sera, quando doveva tenersi chiuso nellastanza per lasciar passare la gente sulle scale, si gettòpiù volte sul letto per rialzarsi subito e perdere del tem-po nel movimento ch'egli complicava ad arte. Più tardi,ripensando allo stato in cui s'era trovato in quell'attesa,gli parve incredibile. Doveva persino aver gridatodall'ambascia.

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Quando ella alfine venne, non bastò la sua vista per cal-marlo, e le fece dei violenti rimproveri. Ella non ci ab-badò e credette di poterlo calmare con qualche carezza.Gettò via la pezzola e gli pose le braccia al collo; le ma-niche larghe le lasciavano del tutto nude ed egli le sentìscottanti di febbre. La guardò meglio. Ella aveva gli oc-chi lucenti e le guance arrossate. Un sospetto orribile glipassò per la mente: –Tu sei stata or ora con un altro –urlò. Ella lo lasciò con una protesta relativamente debo-le: – Sei matto! – disse, e non molto offesa, si mise aspiegargli le ragioni del suo ritardo. La signora Deluiginon l'aveva lasciata andar via, ella aveva dovuto correrea casa per vestirsi a quel modo, e là le era stato impostodalla madre di fare un lavoro prima di uscire. Erano ra-gioni sufficienti a spiegare dieci ore di ritardo.Ma Emilio non aveva più alcun dubbio: ella usciva dallebraccia di un altro e a lui balenò alla mente – unica viaper salvarsi da tanta immondizia – un atto d'energia so-vrumana. Non doveva entrare in quel letto; doveva re-spingerla subito e non rivederla mai più. Ma egli ora sa-peva che cosa significasse mai più: un dolore, un rim-pianto continuo, delle ore interminabili d'agitazione, al-tre di sogni dolorosi e poi d'inerzia, il vuoto, la mortedella fantasia e del desiderio, uno stato più doloroso diqualunque altro. Ne ebbe paura. L'attirò a sé e, per unicavendetta, le disse: – Io non valgo mica molto più di te.Fu lei allora a ribellarsi e, svincolandosi, disse decisa: –Non ho mai permesso a nessuno di trattarmi così. Io me

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Quando ella alfine venne, non bastò la sua vista per cal-marlo, e le fece dei violenti rimproveri. Ella non ci ab-badò e credette di poterlo calmare con qualche carezza.Gettò via la pezzola e gli pose le braccia al collo; le ma-niche larghe le lasciavano del tutto nude ed egli le sentìscottanti di febbre. La guardò meglio. Ella aveva gli oc-chi lucenti e le guance arrossate. Un sospetto orribile glipassò per la mente: –Tu sei stata or ora con un altro –urlò. Ella lo lasciò con una protesta relativamente debo-le: – Sei matto! – disse, e non molto offesa, si mise aspiegargli le ragioni del suo ritardo. La signora Deluiginon l'aveva lasciata andar via, ella aveva dovuto correrea casa per vestirsi a quel modo, e là le era stato impostodalla madre di fare un lavoro prima di uscire. Erano ra-gioni sufficienti a spiegare dieci ore di ritardo.Ma Emilio non aveva più alcun dubbio: ella usciva dallebraccia di un altro e a lui balenò alla mente – unica viaper salvarsi da tanta immondizia – un atto d'energia so-vrumana. Non doveva entrare in quel letto; doveva re-spingerla subito e non rivederla mai più. Ma egli ora sa-peva che cosa significasse mai più: un dolore, un rim-pianto continuo, delle ore interminabili d'agitazione, al-tre di sogni dolorosi e poi d'inerzia, il vuoto, la mortedella fantasia e del desiderio, uno stato più doloroso diqualunque altro. Ne ebbe paura. L'attirò a sé e, per unicavendetta, le disse: – Io non valgo mica molto più di te.Fu lei allora a ribellarsi e, svincolandosi, disse decisa: –Non ho mai permesso a nessuno di trattarmi così. Io me

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ne vado. Volle riprendere la pezzuola ma egli glielo im-pedì. La baciò e l'abbracciò pregandola di restare; nonebbe la vigliaccheria di rinnegare le sue parole con unadichiarazione, ma vedendola tanto decisa, egli, ch'eraancora sconvolto solo per aver pensata quella risoluzio-ne, l'ammirò. Sentendosi perfettamente riabilitata ellacedette. Per gradi però. Restò dichiarando che sarebbestata l'ultima volta che si sarebbero visti e, soltanto almomento di dividersi, acconsentì a stabilire come al so-lito il giorno e l'ora del prossimo appuntamento. Senten-dosi appieno vittoriosa ella non aveva ricordato più l'ori-gine della disputa e non aveva tentato di farlo ricredere.Egli sperava ancora sempre che il possesso così pienoavrebbe finito col togliere violenza al suo sentimento.Invece egli andava ai ritrovi sempre con la medesimaviolenza di desiderio e nella sua mente non s'acquietavala tendenza a ricostruire l'Ange che veniva distrutto ognigiorno. Il malcontento lo spingeva a rifugiarsi nei sognipiù dolci. Angiolina quindi gli dava tutto: il possessodella sua carne e – essendone essa l'origine – anche ilsogno del poeta.Tanto di frequente la sognò infermiera che tentò di con-tinuare il sogno anche accanto a lei. Stringendosela frale braccia col violento desiderio del sognatore, le disse,– Vorrei ammalarmi per essere curato da te. – Oh, sareb-be bellissimo! – disse ella che in certe ore si sarebbeprestata a tutti i suoi desiderî. Naturalmente bastò quellafrase per annullare qualunque sogno.

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ne vado. Volle riprendere la pezzuola ma egli glielo im-pedì. La baciò e l'abbracciò pregandola di restare; nonebbe la vigliaccheria di rinnegare le sue parole con unadichiarazione, ma vedendola tanto decisa, egli, ch'eraancora sconvolto solo per aver pensata quella risoluzio-ne, l'ammirò. Sentendosi perfettamente riabilitata ellacedette. Per gradi però. Restò dichiarando che sarebbestata l'ultima volta che si sarebbero visti e, soltanto almomento di dividersi, acconsentì a stabilire come al so-lito il giorno e l'ora del prossimo appuntamento. Senten-dosi appieno vittoriosa ella non aveva ricordato più l'ori-gine della disputa e non aveva tentato di farlo ricredere.Egli sperava ancora sempre che il possesso così pienoavrebbe finito col togliere violenza al suo sentimento.Invece egli andava ai ritrovi sempre con la medesimaviolenza di desiderio e nella sua mente non s'acquietavala tendenza a ricostruire l'Ange che veniva distrutto ognigiorno. Il malcontento lo spingeva a rifugiarsi nei sognipiù dolci. Angiolina quindi gli dava tutto: il possessodella sua carne e – essendone essa l'origine – anche ilsogno del poeta.Tanto di frequente la sognò infermiera che tentò di con-tinuare il sogno anche accanto a lei. Stringendosela frale braccia col violento desiderio del sognatore, le disse,– Vorrei ammalarmi per essere curato da te. – Oh, sareb-be bellissimo! – disse ella che in certe ore si sarebbeprestata a tutti i suoi desiderî. Naturalmente bastò quellafrase per annullare qualunque sogno.

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Una sera, trovandosi con Angiolina, egli ebbe un'ideache per quella sera alleviò potentemente il suo statod'animo. Fu un sogno ch'egli ebbe e sviluppò accanto adAngiolina e ad onta di questa vicinanza. Essi erano tantoinfelici causa il turpe stato sociale vigente. Egli ne eratanto convinto che poté pensare di essere persino capacedi un'azione eroica pel trionfo del socialismo. Tutta laloro sventura era originata dalla loro povertà. Il suo di-scorso presupponeva ch'ella si vendesse e ch'era spinta afarlo dalla povertà della sua famiglia. Ma essa non se neaccorse e le sue parole le sembravano una carezza eppoipareva egli volesse biasimare solo se stesso.In una società differente egli avrebbe potuto farla sua,pubblicamente, subito, senza imporle prima di darsi alsarto. Faceva proprie anche le menzogne di Angiolina,pur di renderla dolce e indurla a entrare in quelle idee,per sognare in due. Ella volle delle spiegazioni ed egligliele diede beato di poter dar voce al sogno. Le raccon-tò quale lotta immane fosse scoppiata fra poveri e ricchi,i più e i meno. Non v'era da dubitare dell'esito della lottail quale avrebbe apportato la libertà a tutti, anche a loro.Le parlò dell'annientamento del capitale e del mite brevelavoro che sarebbe stato l'obbligo d'ognuno. La donnauguale all'uomo e l'amore un dono reciproco.Ella chiese delle altre spiegazioni che già turbarono ilsogno, e poi concluse: – Se tutto venisse diviso, non cisarebbe niente per nessuno. Gli operai sono degl'invi-diosi, dei fannulloni, e non riusciranno a niente. – Egli

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Una sera, trovandosi con Angiolina, egli ebbe un'ideache per quella sera alleviò potentemente il suo statod'animo. Fu un sogno ch'egli ebbe e sviluppò accanto adAngiolina e ad onta di questa vicinanza. Essi erano tantoinfelici causa il turpe stato sociale vigente. Egli ne eratanto convinto che poté pensare di essere persino capacedi un'azione eroica pel trionfo del socialismo. Tutta laloro sventura era originata dalla loro povertà. Il suo di-scorso presupponeva ch'ella si vendesse e ch'era spinta afarlo dalla povertà della sua famiglia. Ma essa non se neaccorse e le sue parole le sembravano una carezza eppoipareva egli volesse biasimare solo se stesso.In una società differente egli avrebbe potuto farla sua,pubblicamente, subito, senza imporle prima di darsi alsarto. Faceva proprie anche le menzogne di Angiolina,pur di renderla dolce e indurla a entrare in quelle idee,per sognare in due. Ella volle delle spiegazioni ed egligliele diede beato di poter dar voce al sogno. Le raccon-tò quale lotta immane fosse scoppiata fra poveri e ricchi,i più e i meno. Non v'era da dubitare dell'esito della lottail quale avrebbe apportato la libertà a tutti, anche a loro.Le parlò dell'annientamento del capitale e del mite brevelavoro che sarebbe stato l'obbligo d'ognuno. La donnauguale all'uomo e l'amore un dono reciproco.Ella chiese delle altre spiegazioni che già turbarono ilsogno, e poi concluse: – Se tutto venisse diviso, non cisarebbe niente per nessuno. Gli operai sono degl'invi-diosi, dei fannulloni, e non riusciranno a niente. – Egli

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tentò di discutere ma poi vi rinunziò. La figlia del popo-lo teneva dalla parte dei ricchi.A lui parve ch'ella non gli avesse mai chiesto del dena-ro. Quello ch'egli non poté negare neppure a se stessoera che, quando, consapevole dei suoi bisogni, egli l'abi-tuò a ricevere del denaro in luogo di oggetti o di dolciu-mi, ella se ne dimostrò riconoscentissima, pur affettandosempre una grande vergogna. E questa riconoscenza sirinnovava egualmente vivace ad ogni dono ch'egli le fa-ceva; perciò, quando egli sentiva il bisogno di trovarladolce e amorosa, sapeva molto bene come avesse dacomportarsi. Tale bisogno era sentito da lui tanto spessoche la sua borsa ne fu presto esausta. Accettando, ellanon dimenticò mai di protestare e visto che l'accettazio-ne non importava mai più di un semplice atto, quello distendere la mano, mentre la protesta era fatta con molteparole, a lui rimasero impresse più queste che quello, econtinuò a ritenere che anche senza di quei doni la lororelazione sarebbe rimasta la stessa.La penuria nella famiglia d'Angiolina doveva esseregrande. Ella aveva fatto ogni sforzo per impedirgli divenire a sorprenderla nella sua casa. Quelle visite ina-spettate non le garbavano punto. Ma le minacce di nonfarsi trovare, di farlo gettare giù dalle scale dalla madre,dai fratelli o dal padre, non approdarono a nulla. Eracerto che quando egli aveva tempo, di sera, sul tardi, ca-pitava a trovarla, e ciò sebbene molto spesso venisse atenere compagnia alla vecchia Zarri. Erano i sogni che

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tentò di discutere ma poi vi rinunziò. La figlia del popo-lo teneva dalla parte dei ricchi.A lui parve ch'ella non gli avesse mai chiesto del dena-ro. Quello ch'egli non poté negare neppure a se stessoera che, quando, consapevole dei suoi bisogni, egli l'abi-tuò a ricevere del denaro in luogo di oggetti o di dolciu-mi, ella se ne dimostrò riconoscentissima, pur affettandosempre una grande vergogna. E questa riconoscenza sirinnovava egualmente vivace ad ogni dono ch'egli le fa-ceva; perciò, quando egli sentiva il bisogno di trovarladolce e amorosa, sapeva molto bene come avesse dacomportarsi. Tale bisogno era sentito da lui tanto spessoche la sua borsa ne fu presto esausta. Accettando, ellanon dimenticò mai di protestare e visto che l'accettazio-ne non importava mai più di un semplice atto, quello distendere la mano, mentre la protesta era fatta con molteparole, a lui rimasero impresse più queste che quello, econtinuò a ritenere che anche senza di quei doni la lororelazione sarebbe rimasta la stessa.La penuria nella famiglia d'Angiolina doveva esseregrande. Ella aveva fatto ogni sforzo per impedirgli divenire a sorprenderla nella sua casa. Quelle visite ina-spettate non le garbavano punto. Ma le minacce di nonfarsi trovare, di farlo gettare giù dalle scale dalla madre,dai fratelli o dal padre, non approdarono a nulla. Eracerto che quando egli aveva tempo, di sera, sul tardi, ca-pitava a trovarla, e ciò sebbene molto spesso venisse atenere compagnia alla vecchia Zarri. Erano i sogni che

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lo trascinavano lassù. Egli sperava sempre di trovareAngiolina mutata e veniva frettoloso a cancellarel'impressione – sempre triste – dell'ultimo ritrovo.Allora fece un ultimo tentativo. Gli raccontò che il pa-dre non le dava pace e che le era riuscito con grande fa-tica di trattenerlo dal fargli una scenataccia Tutto quelloche aveva potuto ottenere era la promessa che si sarebbeastenuto dall'usare violenze, ma le sue ragioni il vecchiovoleva dirgliele. Cinque minuti dopo entrò il vecchioZarri. Ad Emilio parve che il vecchio, un uomo lungo,magro, tentennante, che appena entrato provò il bisognodi sedere, sapesse che il suo ingresso era stato annunzia-to. Le sue prime parole parvero preparate per imporre.Parlava lento e impacciato, ma imperioso. Disse checredeva di poter dirigere e proteggere quella sua figliuo-la che ne aveva bisogno, perché se non avesse avuto luinon avrebbe avuto nessuno, visto che i fratelli – egli nonvoleva dirne male – degli affari di famiglia non si occu-pavano. Angiolina parve si compiacesse grandementedel lungo esordio; tutt'ad un tratto disse che andava avestirsi nella stanza accanto e uscì.Il vecchio perdette subito ogni imponenza. Guardò die-tro alla figliuola portando al naso una presa di tabacco;fece una lunga pausa durante la quale Emilio pensava leparole con cui avrebbe risposto alle accuse che gli sa-rebbero mosse. Il padre di Angiolina guardò poi dinanzia sé, e, lungamente, le proprie scarpe. Fu proprio percaso che alzò gli occhi e rivide Emilio. Ah, sì – fece

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lo trascinavano lassù. Egli sperava sempre di trovareAngiolina mutata e veniva frettoloso a cancellarel'impressione – sempre triste – dell'ultimo ritrovo.Allora fece un ultimo tentativo. Gli raccontò che il pa-dre non le dava pace e che le era riuscito con grande fa-tica di trattenerlo dal fargli una scenataccia Tutto quelloche aveva potuto ottenere era la promessa che si sarebbeastenuto dall'usare violenze, ma le sue ragioni il vecchiovoleva dirgliele. Cinque minuti dopo entrò il vecchioZarri. Ad Emilio parve che il vecchio, un uomo lungo,magro, tentennante, che appena entrato provò il bisognodi sedere, sapesse che il suo ingresso era stato annunzia-to. Le sue prime parole parvero preparate per imporre.Parlava lento e impacciato, ma imperioso. Disse checredeva di poter dirigere e proteggere quella sua figliuo-la che ne aveva bisogno, perché se non avesse avuto luinon avrebbe avuto nessuno, visto che i fratelli – egli nonvoleva dirne male – degli affari di famiglia non si occu-pavano. Angiolina parve si compiacesse grandementedel lungo esordio; tutt'ad un tratto disse che andava avestirsi nella stanza accanto e uscì.Il vecchio perdette subito ogni imponenza. Guardò die-tro alla figliuola portando al naso una presa di tabacco;fece una lunga pausa durante la quale Emilio pensava leparole con cui avrebbe risposto alle accuse che gli sa-rebbero mosse. Il padre di Angiolina guardò poi dinanzia sé, e, lungamente, le proprie scarpe. Fu proprio percaso che alzò gli occhi e rivide Emilio. Ah, sì – fece

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come persona sorpresa di ritrovare un oggetto smarrito.Ripeté l'esordio ma con meno forza; era molto distratto.Poi si concentrò, con uno sforzo evidente, per continua-re. Guardò Emilio a più riprese sempre evitandod'incontrarne lo sguardo e non parlò che quando si risol-se a guardare la tabacchiera consunta che teneva fra lemani.C'era della gente cattiva che perseguitava la famigliaZarri. Angiolina non glielo aveva detto? Aveva fattomale. C'era dunque della gente che stava sempresull'attenti per cogliere in fallo la famiglia Zarri. Biso-gnava guardarsi! Il signor Brentani non conosceva Tic?Se lo avesse conosciuto non sarebbe venuto tanto spessoin quella casa.Qui la predica degenerò in un'ammonizione ad Emilio, anon esporsi – così giovine – a tanti pericoli. Quando ilvecchio alzò gli occhi per guardare di nuovo Emilio,questi indovinò. In quegli occhi stranamente azzurri sot-to a una canizie argentea, brillava la follia.Questa volta il pazzo seppe sostenere lo sguardo d'Emi-lio. Sta bene che Tic abita lassù ad Opicina ma di lassùmanda le percosse alle gambe e alle schiene dei suoi ne-mici. Foscamente aggiunse: – Qui in casa bastona persi-no la piccola. – La famiglia aveva un altro nemico: Toc.Quello abitava in mezzo alla città. Non bastonava, mafaceva di peggio. Aveva portato via alla famiglia tutti imestieri, tutto il denaro, tutto il pane.

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come persona sorpresa di ritrovare un oggetto smarrito.Ripeté l'esordio ma con meno forza; era molto distratto.Poi si concentrò, con uno sforzo evidente, per continua-re. Guardò Emilio a più riprese sempre evitandod'incontrarne lo sguardo e non parlò che quando si risol-se a guardare la tabacchiera consunta che teneva fra lemani.C'era della gente cattiva che perseguitava la famigliaZarri. Angiolina non glielo aveva detto? Aveva fattomale. C'era dunque della gente che stava sempresull'attenti per cogliere in fallo la famiglia Zarri. Biso-gnava guardarsi! Il signor Brentani non conosceva Tic?Se lo avesse conosciuto non sarebbe venuto tanto spessoin quella casa.Qui la predica degenerò in un'ammonizione ad Emilio, anon esporsi – così giovine – a tanti pericoli. Quando ilvecchio alzò gli occhi per guardare di nuovo Emilio,questi indovinò. In quegli occhi stranamente azzurri sot-to a una canizie argentea, brillava la follia.Questa volta il pazzo seppe sostenere lo sguardo d'Emi-lio. Sta bene che Tic abita lassù ad Opicina ma di lassùmanda le percosse alle gambe e alle schiene dei suoi ne-mici. Foscamente aggiunse: – Qui in casa bastona persi-no la piccola. – La famiglia aveva un altro nemico: Toc.Quello abitava in mezzo alla città. Non bastonava, mafaceva di peggio. Aveva portato via alla famiglia tutti imestieri, tutto il denaro, tutto il pane.

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Al colmo del furore, il vecchio gridava. Venne Angioli-na la quale indovinò subito di che cosa si trattasse. –Vattene – disse al padre con grande malumore e lo spin-se fuori.Il vecchio Zarri si fermò sulla soglia, esitante: – Egli –disse accennando ad Emilio – non sapeva nulla né di Ticné di Toc.– Glielo racconterò io – disse Angiolina, ridendo ora dicuore. Poi gridò: – Mamma vieni a prendere papà. –Chiuse la porta.Emilio, terrorizzato dagli occhi pazzi che lo avevanoguardato sì a lungo: – È ammalato? – domandò.– Oh – fece Angiolina con disdegno – è un poltrone chenon vuole lavorare. Da una parte c'è Tic, dall'altra Toc ecosì egli non esce di casa e fa sgobbare noialtre donne. –Tutt'ad un tratto rise sgangheratamente, e gli raccontòche tutta la famiglia per compiacere al vecchio, fingevadi sentire le legnate che pervenivano alla casa da partedi Tic. Anni prima, quando la fissazione del vecchio eraappena nata, essi stavano in un quinto piano al Lazzaret-to Vecchio, e Tic stava al Campo Marzio e Toc in Corso.Cambiarono di casa sperando che in tutt'altra regionedella città il vecchio avrebbe di nuovo osato di andaresulla via, ma ecco che subito Tic va a stare a Opicina eToc in via Stadion.Lasciandosi baciare ella disse: – L'hai scampata bella.Guai a te se egli, giusto in quel momento, non si fosse

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Al colmo del furore, il vecchio gridava. Venne Angioli-na la quale indovinò subito di che cosa si trattasse. –Vattene – disse al padre con grande malumore e lo spin-se fuori.Il vecchio Zarri si fermò sulla soglia, esitante: – Egli –disse accennando ad Emilio – non sapeva nulla né di Ticné di Toc.– Glielo racconterò io – disse Angiolina, ridendo ora dicuore. Poi gridò: – Mamma vieni a prendere papà. –Chiuse la porta.Emilio, terrorizzato dagli occhi pazzi che lo avevanoguardato sì a lungo: – È ammalato? – domandò.– Oh – fece Angiolina con disdegno – è un poltrone chenon vuole lavorare. Da una parte c'è Tic, dall'altra Toc ecosì egli non esce di casa e fa sgobbare noialtre donne. –Tutt'ad un tratto rise sgangheratamente, e gli raccontòche tutta la famiglia per compiacere al vecchio, fingevadi sentire le legnate che pervenivano alla casa da partedi Tic. Anni prima, quando la fissazione del vecchio eraappena nata, essi stavano in un quinto piano al Lazzaret-to Vecchio, e Tic stava al Campo Marzio e Toc in Corso.Cambiarono di casa sperando che in tutt'altra regionedella città il vecchio avrebbe di nuovo osato di andaresulla via, ma ecco che subito Tic va a stare a Opicina eToc in via Stadion.Lasciandosi baciare ella disse: – L'hai scampata bella.Guai a te se egli, giusto in quel momento, non si fosse

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ricordato dei suoi nemici.Così divenivano sempre più intimi. Egli aveva oramaiscoperto tutti i misteri di quella casa. Anch'ella sentivache nulla in lei poteva più ripugnare ad Emilio ed unavolta ebbe una bellissima espressione: – A te raccontotutto come a un fratello. – Lo sentiva ben suo, e se an-che non ne abusava, perché non era del suo carattere digioire della forza, di usarne per provarla, ma bensì digoderne per vivere meglio e più lieta, abbandonò ogniriguardo. Giungeva in ritardo agli appuntamenti quan-tunque lo trovasse ogni volta con gli occhi fuori dalla te-sta, febbricitante, violento. Divenne sempre più rozza.Quando era stanca delle sue carezze lo respingeva conviolenza tanto ch'egli, ridendo, le disse di temere cheprima o poi ella l'avrebbe bastonato.Non poté accertarsene, ma gli parve che Angiolina e laParacci, la donna che gli dava a fitto quella stanza, siconoscessero. La vecchia guardava Angiolina con unacerta aria materna, ne ammirava i capelli biondi e i begliocchi. Angiolina poi diceva bensì che l'aveva conosciutain quei giorni, ma tradì di conoscerne la casa, ogni piùrecondito suo angolo. Una sera, in cui ella arrivò più tar-di del solito, la Paracci li sentì litigare e intervenne riso-lutamente a favore di Angiolina. – Come si fa a rimbrot-tare a quel modo quest'angelo? – Angiolina che non ri-fiutava omaggi da qualunque parte venissero, stette audirla, subito sorridente: – Senti? Dovresti imparare.Egli stava a udire infatti, stupefatto dalla volgarità della

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ricordato dei suoi nemici.Così divenivano sempre più intimi. Egli aveva oramaiscoperto tutti i misteri di quella casa. Anch'ella sentivache nulla in lei poteva più ripugnare ad Emilio ed unavolta ebbe una bellissima espressione: – A te raccontotutto come a un fratello. – Lo sentiva ben suo, e se an-che non ne abusava, perché non era del suo carattere digioire della forza, di usarne per provarla, ma bensì digoderne per vivere meglio e più lieta, abbandonò ogniriguardo. Giungeva in ritardo agli appuntamenti quan-tunque lo trovasse ogni volta con gli occhi fuori dalla te-sta, febbricitante, violento. Divenne sempre più rozza.Quando era stanca delle sue carezze lo respingeva conviolenza tanto ch'egli, ridendo, le disse di temere cheprima o poi ella l'avrebbe bastonato.Non poté accertarsene, ma gli parve che Angiolina e laParacci, la donna che gli dava a fitto quella stanza, siconoscessero. La vecchia guardava Angiolina con unacerta aria materna, ne ammirava i capelli biondi e i begliocchi. Angiolina poi diceva bensì che l'aveva conosciutain quei giorni, ma tradì di conoscerne la casa, ogni piùrecondito suo angolo. Una sera, in cui ella arrivò più tar-di del solito, la Paracci li sentì litigare e intervenne riso-lutamente a favore di Angiolina. – Come si fa a rimbrot-tare a quel modo quest'angelo? – Angiolina che non ri-fiutava omaggi da qualunque parte venissero, stette audirla, subito sorridente: – Senti? Dovresti imparare.Egli stava a udire infatti, stupefatto dalla volgarità della

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donna amata.Convinto oramai di non poterla elevare in alcun modo,sentiva talvolta, violentissimo, il bisogno di scendere alei, al di sotto di lei. Una sera ella lo respingeva. S'eraconfessata e per quel giorno non voleva peccare. Egliebbe meno vivo il desiderio di possederla che di essere,almeno una volta, più rozzo di lei. La costrinse violente-mente, lottando fino all'ultimo. Quando, senza fiato, co-minciava a pentirsi di tanta brutalità, ebbe il conforto diun'occhiata d'ammirazione d'Angiolina. Per tutta quellasera ella fu ben sua, la femmina conquistata che ama ilpadrone. Egli si propose di procurarsi, nel modo stesso,delle altre serate simili, ma non seppe farlo. Era difficiletrovare una seconda volta l'occasione d'apparire brutalee violento ad Angiolina.

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donna amata.Convinto oramai di non poterla elevare in alcun modo,sentiva talvolta, violentissimo, il bisogno di scendere alei, al di sotto di lei. Una sera ella lo respingeva. S'eraconfessata e per quel giorno non voleva peccare. Egliebbe meno vivo il desiderio di possederla che di essere,almeno una volta, più rozzo di lei. La costrinse violente-mente, lottando fino all'ultimo. Quando, senza fiato, co-minciava a pentirsi di tanta brutalità, ebbe il conforto diun'occhiata d'ammirazione d'Angiolina. Per tutta quellasera ella fu ben sua, la femmina conquistata che ama ilpadrone. Egli si propose di procurarsi, nel modo stesso,delle altre serate simili, ma non seppe farlo. Era difficiletrovare una seconda volta l'occasione d'apparire brutalee violento ad Angiolina.

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Capitolo XI

Era proprio stabilito dal destino che il Balli dovessesempre intervenire a rendere più dolorosa la situazionedi Emilio in faccia ad Angiolina. Erano da lungo tempod'accordo che l'amante di Emilio avrebbe dovuto posareallo scultore. Per incominciare il lavoro mancava soloche una buona volta Emilio si ricordasse d'avvisarneAngiolina.Poiché era facile capire il motivo di tanta smemoratez-za, Stefano si propose di non parlarne più. Per il mo-mento gli sembrava di non poter fare altro, tranne la fi-gura immaginata con Angiolina e, solo per passare iltempo, compiacendosi unicamente di quell'idea, impian-tò i puntelli e li coperse d'argilla segnando la figuranuda. Avvolse il tutto in stracci bagnati, e pensò: – Unlenzuolo mortuario. – Ogni giorno guardava quel nudo,lo sognava vestito, lo ricopriva poi dei suoi stracci e lobagnava con cura.I due amici non si spiegarono in proposito. Tentandod'arrivare al suo scopo senza fare una domanda formale,una sera il Balli disse ad Emilio: – Non so più lavorare.Dispererei, se non avessi nella mente quella figura.– Mi sono dimenticato di nuovo di parlarne ad Angioli-na, disse Emilio senza però curarsi di fingere la sorpresadi chi s'accorge di un'involontaria mancanza. – Sai che

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Capitolo XI

Era proprio stabilito dal destino che il Balli dovessesempre intervenire a rendere più dolorosa la situazionedi Emilio in faccia ad Angiolina. Erano da lungo tempod'accordo che l'amante di Emilio avrebbe dovuto posareallo scultore. Per incominciare il lavoro mancava soloche una buona volta Emilio si ricordasse d'avvisarneAngiolina.Poiché era facile capire il motivo di tanta smemoratez-za, Stefano si propose di non parlarne più. Per il mo-mento gli sembrava di non poter fare altro, tranne la fi-gura immaginata con Angiolina e, solo per passare iltempo, compiacendosi unicamente di quell'idea, impian-tò i puntelli e li coperse d'argilla segnando la figuranuda. Avvolse il tutto in stracci bagnati, e pensò: – Unlenzuolo mortuario. – Ogni giorno guardava quel nudo,lo sognava vestito, lo ricopriva poi dei suoi stracci e lobagnava con cura.I due amici non si spiegarono in proposito. Tentandod'arrivare al suo scopo senza fare una domanda formale,una sera il Balli disse ad Emilio: – Non so più lavorare.Dispererei, se non avessi nella mente quella figura.– Mi sono dimenticato di nuovo di parlarne ad Angioli-na, disse Emilio senza però curarsi di fingere la sorpresadi chi s'accorge di un'involontaria mancanza. – Sai che

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fare? Quando la vedi, parlagliene tu; vedrai comes'affretterà a compiacerti.C'era tanta amarezza in quest'ultima frase che al Ballifece compassione, e per allora non ne parlò più. Eglistesso sapeva che il suo intervento fra i due amanti nonera stato molto felice e non voleva più ingerirsi nelleloro faccende. Non poteva cacciarsi fra di loro comeaveva fatto ingenuamente alcuni mesi prima per il benedell'amico, e la guarigione d'Emilio doveva essere operadel tempo. La sua bella immagine sognata tanto, l'unicache per il momento avrebbe potuto spingerlo al lavoro,veniva ammazzata dall'incurabile bestialità d'Emilio.Tentò di compiere l'opera con un'altra modella, ma dopoalcune sedute, disgustatosene, lasciò il lavoro in asso.Veramente questi abbandoni bruschi d'idee vagheggiatea lungo s'erano verificati spesso nella sua carriera. Que-sta volta, e nessuno avrebbe potuto dire se a torto o a ra-gione, egli ne dava la colpa ad Emilio. Non v'era alcundubbio che se avesse avuta la modella sognata, avrebbepotuto riprendere con tutta lena il lavoro fosse pure perdistruggerlo qualche settimana dopo.Si trattenne dal raccontare tutto ciò all'amico e fu l'ulti-mo riguardo che gli usò. Non bisognava far capire adEmilio quanto importante fosse divenuta anche per luiAngiolina; sarebbe equivalso ad inasprire la malattia deldisgraziato. Chi avrebbe potuto far capire ad Emilio chela fantasia dell'artista s'era fermata su quell'oggetto, pro-

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fare? Quando la vedi, parlagliene tu; vedrai comes'affretterà a compiacerti.C'era tanta amarezza in quest'ultima frase che al Ballifece compassione, e per allora non ne parlò più. Eglistesso sapeva che il suo intervento fra i due amanti nonera stato molto felice e non voleva più ingerirsi nelleloro faccende. Non poteva cacciarsi fra di loro comeaveva fatto ingenuamente alcuni mesi prima per il benedell'amico, e la guarigione d'Emilio doveva essere operadel tempo. La sua bella immagine sognata tanto, l'unicache per il momento avrebbe potuto spingerlo al lavoro,veniva ammazzata dall'incurabile bestialità d'Emilio.Tentò di compiere l'opera con un'altra modella, ma dopoalcune sedute, disgustatosene, lasciò il lavoro in asso.Veramente questi abbandoni bruschi d'idee vagheggiatea lungo s'erano verificati spesso nella sua carriera. Que-sta volta, e nessuno avrebbe potuto dire se a torto o a ra-gione, egli ne dava la colpa ad Emilio. Non v'era alcundubbio che se avesse avuta la modella sognata, avrebbepotuto riprendere con tutta lena il lavoro fosse pure perdistruggerlo qualche settimana dopo.Si trattenne dal raccontare tutto ciò all'amico e fu l'ulti-mo riguardo che gli usò. Non bisognava far capire adEmilio quanto importante fosse divenuta anche per luiAngiolina; sarebbe equivalso ad inasprire la malattia deldisgraziato. Chi avrebbe potuto far capire ad Emilio chela fantasia dell'artista s'era fermata su quell'oggetto, pro-

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prio perché in tanta purezza di linee ci aveva scopertaun'espressione indefinibile, non creata da quelle linee,qualche cosa di volgare e di goffo, che un Raffaelloavrebbe soppresso e ch'egli tanto volentieri avrebbe co-piato, rilevato?Quando camminavano insieme per le vie egli non parla-va del proprio desiderio, ma Emilio non aveva alcunvantaggio del riguardo usatogli perché quel desiderio,che l'amico non osava esprimere, gli pareva anche piùgrande di quanto fosse e ne era geloso, dolorosamente.Oramai il Balli desiderava Angiolina quanto egli stesso.Come si sarebbe difeso da un nemico simile?Non poté difendersene! Aveva già rivelato la propria ge-losia, ma non voleva parlarne; sarebbe stato tropposciocco mostrarsi geloso del Balli dopo di aver soppor-tata la concorrenza dell'ombrellaio. Questo pudore lorese inerme. Un giorno Stefano andò a prenderlo in uffi-cio, come faceva di spesso, per accompagnarlo a casa.Camminavano lungo la riva del mare, quando videroavanzarsi verso di loro Angiolina tutta illuminata dalsole meridiano che le giocava nei riccioli biondi, e sullafaccia un po' contratta dallo sforzo di tener aperti gli oc-chi in tanta luce. Così il Balli si trovava a faccia a facciacol suo capolavoro ch'egli, dimenticando il contorno,vide in tutti i dettagli. Ella s'avanzava con quel suo pas-so fermo che non toglieva niente della sua grazia alla fi-gura eretta. La gioventù incarnata e vestita si sarebbemossa così alla luce del sole.

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prio perché in tanta purezza di linee ci aveva scopertaun'espressione indefinibile, non creata da quelle linee,qualche cosa di volgare e di goffo, che un Raffaelloavrebbe soppresso e ch'egli tanto volentieri avrebbe co-piato, rilevato?Quando camminavano insieme per le vie egli non parla-va del proprio desiderio, ma Emilio non aveva alcunvantaggio del riguardo usatogli perché quel desiderio,che l'amico non osava esprimere, gli pareva anche piùgrande di quanto fosse e ne era geloso, dolorosamente.Oramai il Balli desiderava Angiolina quanto egli stesso.Come si sarebbe difeso da un nemico simile?Non poté difendersene! Aveva già rivelato la propria ge-losia, ma non voleva parlarne; sarebbe stato tropposciocco mostrarsi geloso del Balli dopo di aver soppor-tata la concorrenza dell'ombrellaio. Questo pudore lorese inerme. Un giorno Stefano andò a prenderlo in uffi-cio, come faceva di spesso, per accompagnarlo a casa.Camminavano lungo la riva del mare, quando videroavanzarsi verso di loro Angiolina tutta illuminata dalsole meridiano che le giocava nei riccioli biondi, e sullafaccia un po' contratta dallo sforzo di tener aperti gli oc-chi in tanta luce. Così il Balli si trovava a faccia a facciacol suo capolavoro ch'egli, dimenticando il contorno,vide in tutti i dettagli. Ella s'avanzava con quel suo pas-so fermo che non toglieva niente della sua grazia alla fi-gura eretta. La gioventù incarnata e vestita si sarebbemossa così alla luce del sole.

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– Oh, senti! – esclamò Stefano deciso. – Per una tua in-sulsa gelosia non impedirmi di fare un capolavoro. –Angiolina rispose al loro saluto, come da qualche tempousava, molto seria; tutta la sua serietà si concentrava nelsaluto e anche quella manifestazione di serietà dovevaesserle stata insegnata da poco. Il Balli s'era fermato easpettava un segno di consenso dall'altro. – Sia pure –disse Emilio, macchinalmente, esitante e sempre speran-do che Stefano s'accorgesse con quanto dolore egli ac-consentiva. Ma il Balli non vedeva altro che il suo mo-dello il quale stava sfuggendogli; lo rincorse subito nonappena Emilio ebbe detto la parola di consenso.Così il Balli e Angiolina si ritrovarono. Quando Emilioli raggiunse li trovò già perfettamente d'accordo. Il Ballinon aveva fatto complimenti e Angiolina, rossa dal pia-cere, aveva subito chiesto quando dovesse venire.L'indomani alle nove. Ella assentì con l'osservazioneche, per fortuna, il giorno appresso non aveva da andaredai Deluigi. – Sarò puntuale – promise congedandosi.Ella aveva l'abitudine di dire molte parole, quelle cheprima le venivano alle labbra, e non pensò che quellapromessa d'essere puntuale, poteva dispiacere ad Emilioperché con essa contrapponeva gli appuntamenti colBalli a quelli con Emilio.Commessa la colpa, il Balli tornò col pensiero all'amico.Fu subito conscio di avergli fatto torto, e ne domandòaffettuosamente scusa ad Emilio: – Non potevo farne ameno, quantunque sapessi di farti dispiacere. Io non vo-

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– Oh, senti! – esclamò Stefano deciso. – Per una tua in-sulsa gelosia non impedirmi di fare un capolavoro. –Angiolina rispose al loro saluto, come da qualche tempousava, molto seria; tutta la sua serietà si concentrava nelsaluto e anche quella manifestazione di serietà dovevaesserle stata insegnata da poco. Il Balli s'era fermato easpettava un segno di consenso dall'altro. – Sia pure –disse Emilio, macchinalmente, esitante e sempre speran-do che Stefano s'accorgesse con quanto dolore egli ac-consentiva. Ma il Balli non vedeva altro che il suo mo-dello il quale stava sfuggendogli; lo rincorse subito nonappena Emilio ebbe detto la parola di consenso.Così il Balli e Angiolina si ritrovarono. Quando Emilioli raggiunse li trovò già perfettamente d'accordo. Il Ballinon aveva fatto complimenti e Angiolina, rossa dal pia-cere, aveva subito chiesto quando dovesse venire.L'indomani alle nove. Ella assentì con l'osservazioneche, per fortuna, il giorno appresso non aveva da andaredai Deluigi. – Sarò puntuale – promise congedandosi.Ella aveva l'abitudine di dire molte parole, quelle cheprima le venivano alle labbra, e non pensò che quellapromessa d'essere puntuale, poteva dispiacere ad Emilioperché con essa contrapponeva gli appuntamenti colBalli a quelli con Emilio.Commessa la colpa, il Balli tornò col pensiero all'amico.Fu subito conscio di avergli fatto torto, e ne domandòaffettuosamente scusa ad Emilio: – Non potevo farne ameno, quantunque sapessi di farti dispiacere. Io non vo-

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glio approfittare del fatto che tu fingi indifferenza. Soche soffri. Hai torto, torto, ma so che neppure io non hoavuto ragione.Con un sorriso forzato Emilio rispose: – Allora non hoproprio niente da dirti.Il Balli trovò ch'Emilio era con lui anche più duro diquanto egli sapesse di meritare: – Così per farmi scusareda te non mi resta altro che avvertire Angiolina di nonvenire? Ebbene, se lo desideri faccio anche questo.La proposta non era da accettare perché quella poveradonna – Emilio la conosceva come se l'avesse fatta lui –amava molto chi la respingeva ed egli non voleva le fos-sero date nuove ragioni d'amare il Balli. – No – dichiaròpiù mitemente. – Lasciamo le cose come stanno. Iom'affido in te, anzi – aggiunse ridendo – soltanto in te.Con grande calore Stefano assicurò che egli meritavaquella fiducia. Promise, giurò che il giorno in cui si fos-se accorto d'aver dimenticata, nelle sedute con Angioli-na, anche per un solo istante, l'arte, avrebbe messa lafanciulla alla porta. Emilio ebbe la debolezza di accetta-re la promessa, anzi di farsela ripetere.Il giorno appresso il Balli venne da Emilio a fargli ilrapporto della prima seduta. Aveva lavorato da indemo-niato e non poteva lagnarsi d'Angiolina, la quale nellasua posa non troppo comoda, aveva resistito quanto ave-va potuto. Le mancava ancora di comprendere la posa,ma il Balli non disperava di riuscirci. Era più innamora-

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glio approfittare del fatto che tu fingi indifferenza. Soche soffri. Hai torto, torto, ma so che neppure io non hoavuto ragione.Con un sorriso forzato Emilio rispose: – Allora non hoproprio niente da dirti.Il Balli trovò ch'Emilio era con lui anche più duro diquanto egli sapesse di meritare: – Così per farmi scusareda te non mi resta altro che avvertire Angiolina di nonvenire? Ebbene, se lo desideri faccio anche questo.La proposta non era da accettare perché quella poveradonna – Emilio la conosceva come se l'avesse fatta lui –amava molto chi la respingeva ed egli non voleva le fos-sero date nuove ragioni d'amare il Balli. – No – dichiaròpiù mitemente. – Lasciamo le cose come stanno. Iom'affido in te, anzi – aggiunse ridendo – soltanto in te.Con grande calore Stefano assicurò che egli meritavaquella fiducia. Promise, giurò che il giorno in cui si fos-se accorto d'aver dimenticata, nelle sedute con Angioli-na, anche per un solo istante, l'arte, avrebbe messa lafanciulla alla porta. Emilio ebbe la debolezza di accetta-re la promessa, anzi di farsela ripetere.Il giorno appresso il Balli venne da Emilio a fargli ilrapporto della prima seduta. Aveva lavorato da indemo-niato e non poteva lagnarsi d'Angiolina, la quale nellasua posa non troppo comoda, aveva resistito quanto ave-va potuto. Le mancava ancora di comprendere la posa,ma il Balli non disperava di riuscirci. Era più innamora-

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to che mai del proprio concetto. Per otto o nove sedutenon avrebbe avuto neppure il tempo di scambiare unaparola con Angiolina. – Quando avrò delle esitazioniper cui mi toccherà arrestarmi, ti prometto che non siciarlerà che di te; scommetto che finirà coll'amarti dicuore.– Tutt'al più, e non sarà male, parlandole di me l'annoie-rai tanto, che non amerà neppur te.Per quei due giorni egli non poté vedere Angiolina eperciò si trovò con lei soltanto il pomeriggio della do-menica, nello studio del Balli. Li trovò in pieno lavoro.Lo studio non era altro che un vasto magazzino Gli erastata lasciata tutta la ruvidezza della sua antica destina-zione perché il Balli non lo voleva elegante. Il pavimen-to lastricato era rimasto sconnesso come quando ci veni-vano deposte le balle di merci; soltanto nel mezzo,d'inverno, un grande tappeto salvava i piedi dello sculto-re dal contatto del suolo. Le pareti erano rozzamente im-biancate e qua e là, su dei sostegni, riposavano delle fi-gurine di argilla o di gesso, non certo per esservi ammi-rate, ché erano accatastate piuttosto che aggruppate. Lecomodità non v'erano però trascurate. La temperaturav'era resa mite da una stufa piramidale. Una grandequantità di sedie e poltrone di varia forma e grandezzatoglievano allo studio, con le loro forme eleganti, il suocarattere di magazzino. Erano differenti l'una dall'altraperché il Balli diceva di aver sempre bisogno di riposare

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to che mai del proprio concetto. Per otto o nove sedutenon avrebbe avuto neppure il tempo di scambiare unaparola con Angiolina. – Quando avrò delle esitazioniper cui mi toccherà arrestarmi, ti prometto che non siciarlerà che di te; scommetto che finirà coll'amarti dicuore.– Tutt'al più, e non sarà male, parlandole di me l'annoie-rai tanto, che non amerà neppur te.Per quei due giorni egli non poté vedere Angiolina eperciò si trovò con lei soltanto il pomeriggio della do-menica, nello studio del Balli. Li trovò in pieno lavoro.Lo studio non era altro che un vasto magazzino Gli erastata lasciata tutta la ruvidezza della sua antica destina-zione perché il Balli non lo voleva elegante. Il pavimen-to lastricato era rimasto sconnesso come quando ci veni-vano deposte le balle di merci; soltanto nel mezzo,d'inverno, un grande tappeto salvava i piedi dello sculto-re dal contatto del suolo. Le pareti erano rozzamente im-biancate e qua e là, su dei sostegni, riposavano delle fi-gurine di argilla o di gesso, non certo per esservi ammi-rate, ché erano accatastate piuttosto che aggruppate. Lecomodità non v'erano però trascurate. La temperaturav'era resa mite da una stufa piramidale. Una grandequantità di sedie e poltrone di varia forma e grandezzatoglievano allo studio, con le loro forme eleganti, il suocarattere di magazzino. Erano differenti l'una dall'altraperché il Balli diceva di aver sempre bisogno di riposare

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in conformità al sogno che gli occupava la mente. Anzitrovava sempre che gli mancavano ancora delle forme disedie di cui sentiva talvolta d'aver bisogno. Angiolinaposava su un trespolo munito di soffici cuscini bianchi;in piedi, su una sedia accanto ad un altro trespolo gire-vole, il Balli lavorava alla sua figura appena abbozzata.Vedendo Emilio saltò giù per salutarlo vivacemente.Anche Angiolina abbandonò la posa e sedette sui cusci-ni candidi; pareva riposasse in un nido. Salutò Emiliocon grande gentilezza. Da tanto tempo non si vedevano.Lo trovava un po' pallido. Era forse indisposto? Il Bren-tani non seppe esserle grato di tante manifestazionid'affetto. Ella voleva probabilmente dimostrargli gratitu-dine perché la lasciava tanto sola col Balli.Stefano s'era soffermato dinanzi al proprio lavoro. – Tipiace? – Emilio guardò. Su una base informe poggiavainginocchiata una figura quasi umana, le due spalle ve-stite, evidentemente quelle di Angiolina nella forma enell'atteggiamento. Fatta fino a quel punto la figura ave-va qualche cosa di tragico. Pareva fosse sepoltanell'argilla, facesse degli sforzi immani per liberarsene.Anche la testa su cui qualche colpo di pollice aveva in-cavate le tempie e lisciata la fronte, appariva come unteschio coperto accuratamente di terra acciocché nongridasse. – Vedi come la cosa sorge – disse lo scultore,gettando un'occhiata, una carezza su tutto il lavoro. –L'idea c'è già tutta; è la forma che manca. – Ma l'ideanon la vedeva che lui. Qualche cosa di fine, quasi inaf-

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in conformità al sogno che gli occupava la mente. Anzitrovava sempre che gli mancavano ancora delle forme disedie di cui sentiva talvolta d'aver bisogno. Angiolinaposava su un trespolo munito di soffici cuscini bianchi;in piedi, su una sedia accanto ad un altro trespolo gire-vole, il Balli lavorava alla sua figura appena abbozzata.Vedendo Emilio saltò giù per salutarlo vivacemente.Anche Angiolina abbandonò la posa e sedette sui cusci-ni candidi; pareva riposasse in un nido. Salutò Emiliocon grande gentilezza. Da tanto tempo non si vedevano.Lo trovava un po' pallido. Era forse indisposto? Il Bren-tani non seppe esserle grato di tante manifestazionid'affetto. Ella voleva probabilmente dimostrargli gratitu-dine perché la lasciava tanto sola col Balli.Stefano s'era soffermato dinanzi al proprio lavoro. – Tipiace? – Emilio guardò. Su una base informe poggiavainginocchiata una figura quasi umana, le due spalle ve-stite, evidentemente quelle di Angiolina nella forma enell'atteggiamento. Fatta fino a quel punto la figura ave-va qualche cosa di tragico. Pareva fosse sepoltanell'argilla, facesse degli sforzi immani per liberarsene.Anche la testa su cui qualche colpo di pollice aveva in-cavate le tempie e lisciata la fronte, appariva come unteschio coperto accuratamente di terra acciocché nongridasse. – Vedi come la cosa sorge – disse lo scultore,gettando un'occhiata, una carezza su tutto il lavoro. –L'idea c'è già tutta; è la forma che manca. – Ma l'ideanon la vedeva che lui. Qualche cosa di fine, quasi inaf-

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ferrabile. Doveva sorgere da quell'argilla una prece, laprece di una persona che per un istante crede e che forsenon avrebbe creduto mai più. Il Balli spiegò anche laforma che voleva. La base sarebbe rimasta grezza e lafigura sarebbe andata affinandosi in su fino ai capelli,che dovevano essere disposti con la civetteria del par-rucchiere più modernamente raffinato. I capelli eranodestinati a negare la preghiera che la faccia avrebbeespressa.Angiolina ritornò alla posa e il Balli al lavoro. Per unamezz'ora ella posò con tutta coscienziosità, figurandosidi pregare, come le aveva ordinato lo scultore, per avereun'espressione di supplice nella faccia. A Stefanoquell'espressione non piaceva, e non visto che da Emi-lio, ebbe un gesto di esecrazione. Quella beghina nonsapeva pregare. Piuttosto che rivolgerli piamente, ellalanciava con impertinenza gli occhi in alto. Civettavacol Signor Iddio.La stanchezza d'Angiolina cominciò a tradirsi nel respi-ro affannoso. Il Balli non se ne accorgeva affatto, essen-do giunto a un punto importante del suo lavoro: piegavaquella povera testa sulla spalla destra, senza pietà. –Molto stanca? – chiese Emilio ad Angiolina e, poiché ilBalli non lo vedeva, le accarezzò e sorresse il mento.Ella mosse le labbra per baciare quella mano, ma nonmutò di posizione. – Posso resistere ancora per un poco.– Oh, come era ammirabile, sacrificandosi a quel modoper un'opera d'arte. Se egli fosse stato l'artista, avrebbe

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ferrabile. Doveva sorgere da quell'argilla una prece, laprece di una persona che per un istante crede e che forsenon avrebbe creduto mai più. Il Balli spiegò anche laforma che voleva. La base sarebbe rimasta grezza e lafigura sarebbe andata affinandosi in su fino ai capelli,che dovevano essere disposti con la civetteria del par-rucchiere più modernamente raffinato. I capelli eranodestinati a negare la preghiera che la faccia avrebbeespressa.Angiolina ritornò alla posa e il Balli al lavoro. Per unamezz'ora ella posò con tutta coscienziosità, figurandosidi pregare, come le aveva ordinato lo scultore, per avereun'espressione di supplice nella faccia. A Stefanoquell'espressione non piaceva, e non visto che da Emi-lio, ebbe un gesto di esecrazione. Quella beghina nonsapeva pregare. Piuttosto che rivolgerli piamente, ellalanciava con impertinenza gli occhi in alto. Civettavacol Signor Iddio.La stanchezza d'Angiolina cominciò a tradirsi nel respi-ro affannoso. Il Balli non se ne accorgeva affatto, essen-do giunto a un punto importante del suo lavoro: piegavaquella povera testa sulla spalla destra, senza pietà. –Molto stanca? – chiese Emilio ad Angiolina e, poiché ilBalli non lo vedeva, le accarezzò e sorresse il mento.Ella mosse le labbra per baciare quella mano, ma nonmutò di posizione. – Posso resistere ancora per un poco.– Oh, come era ammirabile, sacrificandosi a quel modoper un'opera d'arte. Se egli fosse stato l'artista, avrebbe

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considerato quel sacrificio come una prova d'amore.Poco dopo, il Balli concesse un breve riposo. Egli stessonon ne sentiva certo il bisogno e nel frattempo si diededa fare intorno alla base. Nel suo lungo mantello di telaegli aveva un aspetto sacerdotale. Angiolina, seduta ac-canto ad Emilio, guardava lo scultore con malcontenutaammirazione. Era un bell'uomo, con quella sua barbaelegante, brizzolata, ma dai riflessi d'oro; agile e fortesaltava dal bilico e vi risaliva senza che la statua siscuotesse, ed era la personificazione del lavoro intelli-gente, in quella sua rude veste da cui sporgeva l'elegantesolino. Anche Emilio lo ammirava, soffrendone.Si ritornò presto al lavoro. Lo scultore schiacciò ancoraun poco la testa, senza curarsi se così le faceva perderequel po' di forma che aveva avuta. Aggiunse dell'argillada una parte, ne tolse dall'altra. Si doveva supporre checopiasse, visto che guardava spesso il modello, ma adEmilio non parve che l'argilla riproducesse alcun trattodella faccia d'Angiolina. Quando Stefano finì di lavora-re, glielo disse, e lo scultore gl'insegnò a guardare. Per ilmomento la somiglianza non esisteva, che quando siguardava quella testa da un solo punto. Angiolina non siriconobbe e le dispiacque anzi che il Balli credesse diaver ritratta la sua faccia in quella cosa informe. Emiliovide quella somiglianza evidentissima. La faccia parevaaddormentata, immobilizzata da una fasciatura aderente,gli occhi, non fatti, sembravano chiusi, ma si capiva chel'alito vitale stava per animare quel loto.

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considerato quel sacrificio come una prova d'amore.Poco dopo, il Balli concesse un breve riposo. Egli stessonon ne sentiva certo il bisogno e nel frattempo si diededa fare intorno alla base. Nel suo lungo mantello di telaegli aveva un aspetto sacerdotale. Angiolina, seduta ac-canto ad Emilio, guardava lo scultore con malcontenutaammirazione. Era un bell'uomo, con quella sua barbaelegante, brizzolata, ma dai riflessi d'oro; agile e fortesaltava dal bilico e vi risaliva senza che la statua siscuotesse, ed era la personificazione del lavoro intelli-gente, in quella sua rude veste da cui sporgeva l'elegantesolino. Anche Emilio lo ammirava, soffrendone.Si ritornò presto al lavoro. Lo scultore schiacciò ancoraun poco la testa, senza curarsi se così le faceva perderequel po' di forma che aveva avuta. Aggiunse dell'argillada una parte, ne tolse dall'altra. Si doveva supporre checopiasse, visto che guardava spesso il modello, ma adEmilio non parve che l'argilla riproducesse alcun trattodella faccia d'Angiolina. Quando Stefano finì di lavora-re, glielo disse, e lo scultore gl'insegnò a guardare. Per ilmomento la somiglianza non esisteva, che quando siguardava quella testa da un solo punto. Angiolina non siriconobbe e le dispiacque anzi che il Balli credesse diaver ritratta la sua faccia in quella cosa informe. Emiliovide quella somiglianza evidentissima. La faccia parevaaddormentata, immobilizzata da una fasciatura aderente,gli occhi, non fatti, sembravano chiusi, ma si capiva chel'alito vitale stava per animare quel loto.

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Il Balli avvolse la figura con un lenzuolo bagnato. Erasoddisfatto del proprio lavoro, e ne era agitato.Uscirono insieme. L'arte del Balli era veramente l'unicopunto di contatto fra i due amici; parlando dell'idea del-lo scultore, si sentirono riavvicinati e, per quel pomerig-gio, i loro rapporti ebbero una dolcezza, quale non ave-vano avuta da gran tempo. Perciò chi fra i tre si divertìmeno fu Angiolina, la quale si sentiva quasi il terzo in-comodo. Il Balli, cui non piaceva di farsi vedere in quel-la compagnia nelle vie ancora chiare, volle ch'ella li pre-cedesse, ciò ch'ella fece, ritta sdegnosamente, il nasinoall'aria. Il Balli parlò sempre della statua, mentre Emilioseguiva con gli occhi i movimenti della fanciulla. In tut-te quelle ore non ci fu posto per la gelosia. Il Balli so-gnava, e quando s'occupava d'Angiolina, era solo per te-nersela lontana senza scherzare e senza maltrattarla.Faceva freddo e lo scultore propose di entrare inun'osteria a bere del vino caldo. Visto che nel localev'era molta gente e un acre sentore di cibo e di tabacco,decisero di restare nel cortile. Dapprima Angiolina, spa-ventata dal freddo, protestava ma poi, quando il Ballidisse che la cosa era molto originale, ella s'avvolse nelmantiglione e si divertì a vedersi ammirata dalla genteche usciva dalla stanza calda e dal servitore che li servi-va correndo. Il Balli non s'accorgeva del freddo e guar-dava nel bicchiere come se ci avesse scoperta la propriaidea; Emilio era occupato a scaldare le mani che Angio-lina gli abbandonava. Era la prima volta ch'ella gli per-

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Il Balli avvolse la figura con un lenzuolo bagnato. Erasoddisfatto del proprio lavoro, e ne era agitato.Uscirono insieme. L'arte del Balli era veramente l'unicopunto di contatto fra i due amici; parlando dell'idea del-lo scultore, si sentirono riavvicinati e, per quel pomerig-gio, i loro rapporti ebbero una dolcezza, quale non ave-vano avuta da gran tempo. Perciò chi fra i tre si divertìmeno fu Angiolina, la quale si sentiva quasi il terzo in-comodo. Il Balli, cui non piaceva di farsi vedere in quel-la compagnia nelle vie ancora chiare, volle ch'ella li pre-cedesse, ciò ch'ella fece, ritta sdegnosamente, il nasinoall'aria. Il Balli parlò sempre della statua, mentre Emilioseguiva con gli occhi i movimenti della fanciulla. In tut-te quelle ore non ci fu posto per la gelosia. Il Balli so-gnava, e quando s'occupava d'Angiolina, era solo per te-nersela lontana senza scherzare e senza maltrattarla.Faceva freddo e lo scultore propose di entrare inun'osteria a bere del vino caldo. Visto che nel localev'era molta gente e un acre sentore di cibo e di tabacco,decisero di restare nel cortile. Dapprima Angiolina, spa-ventata dal freddo, protestava ma poi, quando il Ballidisse che la cosa era molto originale, ella s'avvolse nelmantiglione e si divertì a vedersi ammirata dalla genteche usciva dalla stanza calda e dal servitore che li servi-va correndo. Il Balli non s'accorgeva del freddo e guar-dava nel bicchiere come se ci avesse scoperta la propriaidea; Emilio era occupato a scaldare le mani che Angio-lina gli abbandonava. Era la prima volta ch'ella gli per-

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mettesse di accarezzarla in presenza del Balli ed egli negodeva intensamente. – Dolce creatura! – mormorò egiunse fino a baciarla sulla guancia ch'ella premette con-tro le sue labbra.Era una serata chiara, azzurra; il vento sibilava sopral'alta casa da cui essi ne erano difesi. Aiutati dalla be-vanda calda, aromatica, ch'essi ingoiarono in copia, resi-stettero per quasi un'ora a quella rigida temperatura. Fuper Emilio un altro episodio indimenticabile del suoamore. Quel cortile fosco, azzurro, e il loro gruppo adun'estremità del lungo tavolo di legno Angiolina abban-donata definitivamente a lui dal Balli, e più che docile,amante.Al ritorno il Balli raccontò che quella sera doveva anda-re al veglione; ne era seccatissimo, ma ne aveva presoimpegno con un amico, un dottore in medicina, che perdivertirsi al veglione diceva d'aver bisogno della compa-gnia rispettabile di un uomo come lo scultore, acciocchéi suoi clienti scusassero più facilmente la sua presenzain quel luogo.Stefano avrebbe preferito di coricarsi di buon'ora per ri-tornare il giorno appresso al lavoro con la mente fresca.Gli venivano brividi al pensiero di dover passare tuttequelle ore in mezzo al baccanale.Angiolina chiese se egli avesse il palco per tutta la sta-gione e volle poi sapere esattamente in quale posizione.– Spero bene disse il Balli ridendo – che se ti mascheri

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mettesse di accarezzarla in presenza del Balli ed egli negodeva intensamente. – Dolce creatura! – mormorò egiunse fino a baciarla sulla guancia ch'ella premette con-tro le sue labbra.Era una serata chiara, azzurra; il vento sibilava sopral'alta casa da cui essi ne erano difesi. Aiutati dalla be-vanda calda, aromatica, ch'essi ingoiarono in copia, resi-stettero per quasi un'ora a quella rigida temperatura. Fuper Emilio un altro episodio indimenticabile del suoamore. Quel cortile fosco, azzurro, e il loro gruppo adun'estremità del lungo tavolo di legno Angiolina abban-donata definitivamente a lui dal Balli, e più che docile,amante.Al ritorno il Balli raccontò che quella sera doveva anda-re al veglione; ne era seccatissimo, ma ne aveva presoimpegno con un amico, un dottore in medicina, che perdivertirsi al veglione diceva d'aver bisogno della compa-gnia rispettabile di un uomo come lo scultore, acciocchéi suoi clienti scusassero più facilmente la sua presenzain quel luogo.Stefano avrebbe preferito di coricarsi di buon'ora per ri-tornare il giorno appresso al lavoro con la mente fresca.Gli venivano brividi al pensiero di dover passare tuttequelle ore in mezzo al baccanale.Angiolina chiese se egli avesse il palco per tutta la sta-gione e volle poi sapere esattamente in quale posizione.– Spero bene disse il Balli ridendo – che se ti mascheri

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mi verrai a trovare.– Non sono mai stata ad un veglione – assicurò Angioli-na con grande vigore. Poi aggiunse, dopo averci pensatocome se avesse scoperto allora che c'erano dei veglioni:– Mi piacerebbe tanto di andarci. – Fu stabilito subito,subito: sarebbero andati al veglione che si dava la setti-mana ventura a scopo di beneficenza. Angiolina spicca-va dei salti dalla gioia, e parve tanto sincera che persinoil Balli le sorrise con affabilità, come a un bambino cuisi è lieti di aver dato con piccolo sforzo un grande pia-cere.Allorché i due uomini rimasero soli, Emilio riconobbeche la seduta non gli era dispiaciuta. Il Balli, congedan-dosi, convertì in fiele la dolcezza goduta quel giorno, di-cendogli: – Sei stato contento di noi? Riconoscerai cheho fatto del mio meglio per soddisfarti.Egli doveva dunque l'affabilità di Angiolina alle racco-mandazioni del Balli, e ciò lo umiliò. Era una nuova,forte ragione di gelosia. Si propose di far capire al Ballich'egli non amava di dover l'affetto di Angiolinaall'ascendente altrui. Con quest'ultima, poi, alla primaoccasione, si sarebbe dimostrato meno grato di quellemanifestazioni d'affetto che l'avevano beato poco prima.Era dunque chiaro perché si fosse lasciata tanto docil-mente accarezzare in presenza del Balli. Come era sot-tomessa allo scultore! Per lui sapeva rinunziare alle sueaffettazioni d'onestà e a tutte quelle menzogne da cui

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mi verrai a trovare.– Non sono mai stata ad un veglione – assicurò Angioli-na con grande vigore. Poi aggiunse, dopo averci pensatocome se avesse scoperto allora che c'erano dei veglioni:– Mi piacerebbe tanto di andarci. – Fu stabilito subito,subito: sarebbero andati al veglione che si dava la setti-mana ventura a scopo di beneficenza. Angiolina spicca-va dei salti dalla gioia, e parve tanto sincera che persinoil Balli le sorrise con affabilità, come a un bambino cuisi è lieti di aver dato con piccolo sforzo un grande pia-cere.Allorché i due uomini rimasero soli, Emilio riconobbeche la seduta non gli era dispiaciuta. Il Balli, congedan-dosi, convertì in fiele la dolcezza goduta quel giorno, di-cendogli: – Sei stato contento di noi? Riconoscerai cheho fatto del mio meglio per soddisfarti.Egli doveva dunque l'affabilità di Angiolina alle racco-mandazioni del Balli, e ciò lo umiliò. Era una nuova,forte ragione di gelosia. Si propose di far capire al Ballich'egli non amava di dover l'affetto di Angiolinaall'ascendente altrui. Con quest'ultima, poi, alla primaoccasione, si sarebbe dimostrato meno grato di quellemanifestazioni d'affetto che l'avevano beato poco prima.Era dunque chiaro perché si fosse lasciata tanto docil-mente accarezzare in presenza del Balli. Come era sot-tomessa allo scultore! Per lui sapeva rinunziare alle sueaffettazioni d'onestà e a tutte quelle menzogne da cui

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Emilio non sapeva liberarsi. Col Balli ella era tutt'altra.Col Balli che non la possedeva, ella si smascherava, conlui no!La mattina di buon'ora egli corse da Angiolina, ansiosodi vedere come sarebbe stato trattato quando Stefanonon c'era. Ottimamente! Ella stessa, dopo essersi accer-tata ch'era lui, gli aperse la porta. Di mattina era più bel-la. Il riposo di una sola notte bastava a darle l'aspetto se-reno di vergine sana. La vestaglia bianca di lana, rigatadi turchino, un po' consunta, secondava docile le formeprecise del suo corpo e le lasciava nudo il bianco collo.– Disturbo? – chiese lui, fosco, trattenendosi dal baciar-la per non togliersi la possibilità di trovare uno sfogo nellitigio che meditava.Ella neppure s'accorse di tutta quella musoneria. Lo feceentrare nella sua stanza: – Vado a vestirmi perché allenove debbo trovarmi dalla signora Deluigi. Tu intantoleggi questa lettera – e nervosamente levò una carta daun canestro – leggila attentamente e poi mi consiglierai.– Si rattristò e le si empirono gli occhi di lagrime: – Ve-drai cosa avviene. A te racconterò tutto. Sei il solo chemi possa consigliare. Ho raccontato tutto anche a mam-ma, ma essa, poveretta, non ha che gli occhi per piange-re. – Uscì, ma rientrò subito: – Bada per il caso chemamma venga qui e ti parli, ch'ella sa tutto tranne che iomi sia data al Volpini. – Gli gettò un bacio colla mano ese ne andò.

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Emilio non sapeva liberarsi. Col Balli ella era tutt'altra.Col Balli che non la possedeva, ella si smascherava, conlui no!La mattina di buon'ora egli corse da Angiolina, ansiosodi vedere come sarebbe stato trattato quando Stefanonon c'era. Ottimamente! Ella stessa, dopo essersi accer-tata ch'era lui, gli aperse la porta. Di mattina era più bel-la. Il riposo di una sola notte bastava a darle l'aspetto se-reno di vergine sana. La vestaglia bianca di lana, rigatadi turchino, un po' consunta, secondava docile le formeprecise del suo corpo e le lasciava nudo il bianco collo.– Disturbo? – chiese lui, fosco, trattenendosi dal baciar-la per non togliersi la possibilità di trovare uno sfogo nellitigio che meditava.Ella neppure s'accorse di tutta quella musoneria. Lo feceentrare nella sua stanza: – Vado a vestirmi perché allenove debbo trovarmi dalla signora Deluigi. Tu intantoleggi questa lettera – e nervosamente levò una carta daun canestro – leggila attentamente e poi mi consiglierai.– Si rattristò e le si empirono gli occhi di lagrime: – Ve-drai cosa avviene. A te racconterò tutto. Sei il solo chemi possa consigliare. Ho raccontato tutto anche a mam-ma, ma essa, poveretta, non ha che gli occhi per piange-re. – Uscì, ma rientrò subito: – Bada per il caso chemamma venga qui e ti parli, ch'ella sa tutto tranne che iomi sia data al Volpini. – Gli gettò un bacio colla mano ese ne andò.

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La lettera era del Volpini, una formale lettera di conge-do. Incominciava col dirle che egli s'era comportatosempre onestamente, mentre ella – ora lo sapeva – l'ave-va tradita fin dal principio. Emilio si mise a leggere conmaggior premura quella scrittura quasi illeggibile, te-mendo di trovar motivato quell'abbandono col suonome. In quella lettera non si parlava di lui. Al Volpiniera stato assicurato ch'ella non era stata la fidanzata mal'amante del Merighi. Egli non aveva voluto crederci,ma, alcuni giorni prima, aveva risaputo con piena sicu-rezza ch'ella era stata a parecchi veglioni in compagniadi vari zerbinotti. Seguivano poi delle grosse frasi che,malamente connesse, davano l'impressione della perfettasincerità del buon uomo e facevano ridere solo per qual-che parolona, che doveva essere stata presa di peso daun vocabolario.Entrò la vecchia Zarri. Le mani al solito posto sotto algrembiale, s'appoggiò al letto e aspettò pazientementech'egli avesse terminato di leggere quella lettera. – Cosale sembra? – chiese con la sua voce nasale. – Angiolinadice di no, ma a me sembra che la sia finita col Volpini.Emilio era stato meravigliato da una sola delle asserzio-ni del Volpini. – E vero – chiese – che Angiolina sia sta-ta tanto spesso a veglioni? – Tutto il resto, ch'ella cioèfosse stata l'amante del Merighi e di molti altri, era perlui assolutamente vero e gli pareva anzi che per il fattoche un altro era stato ingannato come e meglio di lui,egli dovesse risentirsi meno di quelle menzogne che gli

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La lettera era del Volpini, una formale lettera di conge-do. Incominciava col dirle che egli s'era comportatosempre onestamente, mentre ella – ora lo sapeva – l'ave-va tradita fin dal principio. Emilio si mise a leggere conmaggior premura quella scrittura quasi illeggibile, te-mendo di trovar motivato quell'abbandono col suonome. In quella lettera non si parlava di lui. Al Volpiniera stato assicurato ch'ella non era stata la fidanzata mal'amante del Merighi. Egli non aveva voluto crederci,ma, alcuni giorni prima, aveva risaputo con piena sicu-rezza ch'ella era stata a parecchi veglioni in compagniadi vari zerbinotti. Seguivano poi delle grosse frasi che,malamente connesse, davano l'impressione della perfettasincerità del buon uomo e facevano ridere solo per qual-che parolona, che doveva essere stata presa di peso daun vocabolario.Entrò la vecchia Zarri. Le mani al solito posto sotto algrembiale, s'appoggiò al letto e aspettò pazientementech'egli avesse terminato di leggere quella lettera. – Cosale sembra? – chiese con la sua voce nasale. – Angiolinadice di no, ma a me sembra che la sia finita col Volpini.Emilio era stato meravigliato da una sola delle asserzio-ni del Volpini. – E vero – chiese – che Angiolina sia sta-ta tanto spesso a veglioni? – Tutto il resto, ch'ella cioèfosse stata l'amante del Merighi e di molti altri, era perlui assolutamente vero e gli pareva anzi che per il fattoche un altro era stato ingannato come e meglio di lui,egli dovesse risentirsi meno di quelle menzogne che gli

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erano apparse sempre offensive. Ma la lettera apprende-va anche a lui qualche cosa di nuovo. Ella sapeva finge-re meglio di quanto egli avesse sospettato. Il giorno pri-ma ella aveva ingannato persino il Balli con l'espressio-ne di gioia che aveva avuto al pensiero di andare per laprima volta ad un veglione.– Son tutte bugie – disse la vecchia Zarri con la calmacon cui si dice cosa che si suppone già creduta da chi laode. – Angiolina viene ogni sera a casa direttamente dallavoro, e si corica subito. La vedo io andare a letto. –L'abile vecchia! Ella certo non era stata ingannata e nonammetteva si credesse ch'ella ingannasse.La madre uscì non appena entrò la figlia. – Hai letto? –chiese Angiolina sedendoglisi accanto. – Che te ne sem-bra?Con tanto di muso, Emilio disse rudemente che il Volpi-ni aveva ragione, perché ad una promessa sposa non erapermesso di andare ai veglioni.Angiolina protestò. Lei ai veglioni? Non aveva visto lagioia ch'ella aveva provato la sera prima, all'idea di an-dare ad un veglione, il primo in vita sua?Citato in quel modo, l'argomento perdeva ogni vigore.Quella gioia, ricordata come una prova, doveva esserlecostata una grande fatica se poi s'era impressa tantobene nella memoria. Ella portò anche molte altre prove:era stata con lui tutte le sere che non aveva dovuto anda-re dalla Deluigi; non possedeva un solo straccio che po-

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erano apparse sempre offensive. Ma la lettera apprende-va anche a lui qualche cosa di nuovo. Ella sapeva finge-re meglio di quanto egli avesse sospettato. Il giorno pri-ma ella aveva ingannato persino il Balli con l'espressio-ne di gioia che aveva avuto al pensiero di andare per laprima volta ad un veglione.– Son tutte bugie – disse la vecchia Zarri con la calmacon cui si dice cosa che si suppone già creduta da chi laode. – Angiolina viene ogni sera a casa direttamente dallavoro, e si corica subito. La vedo io andare a letto. –L'abile vecchia! Ella certo non era stata ingannata e nonammetteva si credesse ch'ella ingannasse.La madre uscì non appena entrò la figlia. – Hai letto? –chiese Angiolina sedendoglisi accanto. – Che te ne sem-bra?Con tanto di muso, Emilio disse rudemente che il Volpi-ni aveva ragione, perché ad una promessa sposa non erapermesso di andare ai veglioni.Angiolina protestò. Lei ai veglioni? Non aveva visto lagioia ch'ella aveva provato la sera prima, all'idea di an-dare ad un veglione, il primo in vita sua?Citato in quel modo, l'argomento perdeva ogni vigore.Quella gioia, ricordata come una prova, doveva esserlecostata una grande fatica se poi s'era impressa tantobene nella memoria. Ella portò anche molte altre prove:era stata con lui tutte le sere che non aveva dovuto anda-re dalla Deluigi; non possedeva un solo straccio che po-

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tesse servire a mascherarsi, ed anzi contava sul suo aiutoper provvedersi del necessario per la mascherata cheavevano progettata. Non convinse Emilio, ormai sicuroch'ella era stata tutto quel carnevale frequentatrice assi-dua dei veglioni, ma dalle tante prove portate con un ca-lore seducente, egli fu rabbonito. Ella non s'offendevadell'offesa fattale d'aver dubitato di lei. Ella s'attaccava alui, cercava di convincerlo e di commuoverlo, e il Ballinon c'era!Poi capì ch'ella aveva bisogno di lui. Ella non volevaancora lasciar libero il Volpini e, per tenerlo, contava suiconsigli d'Emilio, nel quale aveva l'enorme fiducia chehanno gli incolti per i letterati. Quest'osservazione nontolse ad Emilio la soddisfazione per l'affetto che gli eraofferto, perché era sempre meglio che doverlo al Balli.Volle anche meritarsi quelle espansioni e si mise a stu-diare con tutta serietà la questione che gli era sottoposta.Dovette subito accorgersi ch'ella la comprendeva megliodi lui. Con grande accortezza ella osservò che per saperecome si dovesse comportarsi, bisognava prima di tuttosapere se il Volpini credesse nelle notizie ch'egli davaper sicure o se avesse scritta quella lettera tentando conessa di appurare vaghe voci raccolte; e poi, l'aveva scrit-ta con la ferma intenzione di prendere congedo, oppureper minaccia e pronto a cedere al primo passo che An-giolina avrebbe fatto verso di lui? Emilio dovette rileg-gere quello scritto e gli fu forza ammettere che il Volpi-ni affastellava troppi argomenti per averne uno solo di

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tesse servire a mascherarsi, ed anzi contava sul suo aiutoper provvedersi del necessario per la mascherata cheavevano progettata. Non convinse Emilio, ormai sicuroch'ella era stata tutto quel carnevale frequentatrice assi-dua dei veglioni, ma dalle tante prove portate con un ca-lore seducente, egli fu rabbonito. Ella non s'offendevadell'offesa fattale d'aver dubitato di lei. Ella s'attaccava alui, cercava di convincerlo e di commuoverlo, e il Ballinon c'era!Poi capì ch'ella aveva bisogno di lui. Ella non volevaancora lasciar libero il Volpini e, per tenerlo, contava suiconsigli d'Emilio, nel quale aveva l'enorme fiducia chehanno gli incolti per i letterati. Quest'osservazione nontolse ad Emilio la soddisfazione per l'affetto che gli eraofferto, perché era sempre meglio che doverlo al Balli.Volle anche meritarsi quelle espansioni e si mise a stu-diare con tutta serietà la questione che gli era sottoposta.Dovette subito accorgersi ch'ella la comprendeva megliodi lui. Con grande accortezza ella osservò che per saperecome si dovesse comportarsi, bisognava prima di tuttosapere se il Volpini credesse nelle notizie ch'egli davaper sicure o se avesse scritta quella lettera tentando conessa di appurare vaghe voci raccolte; e poi, l'aveva scrit-ta con la ferma intenzione di prendere congedo, oppureper minaccia e pronto a cedere al primo passo che An-giolina avrebbe fatto verso di lui? Emilio dovette rileg-gere quello scritto e gli fu forza ammettere che il Volpi-ni affastellava troppi argomenti per averne uno solo di

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assolutamente buono. Di nomi non citava che quello delMerighi. – Quanto a questo so ben io come rispondere,– disse Angiolina con grande ira. – Egli dovrà pur rico-noscere d'avermi posseduta per primo.Messo su quella via, Emilio fece un'osservazione checorroborò il modo di vedere di Angiolina. Nella chiusamagniloquente, il Volpini dichiarava che la lasciava, pri-ma di tutto perché lo tradiva, e poi perché la trovavafreddissima con lui e sentiva ch'ella non lo amava. Eraquello il momento di lagnarsi di un difetto, ch'era forseil solo di carattere, se gli altri rimproveri avevano quellaserietà che lo scrivente aveva voluto far credere? Ellagli fu gratissima di quell'appunto che confermavaall'evidenza la giustezza della propria interpretazione enon ricordò ch'era stata lei ad avviarlo a quella ricerca.Oh, ella non era una letterata né ci teneva ad essere lo-data. Si trovava nella lotta e impugnava con la stessaenergia ogni arme che le sembrasse efficace, senza cu-rarsi di vedere chi l'avesse costruita.Ella non volle scrivere subito al Volpini perché aveva dacorrere via essendo attesa dalla signora Deluigi; ma amezzodì si sarebbe trovata in casa e pregava Emilio divenirci anche lui. Lo aspettava, e fino a quell'ora, tantolui quanto lei dovevano pensare unicamente aquell'oggetto. Anzi egli doveva portare con sé in ufficioquella lettera per studiarla con comodità.Uscirono insieme, ma ella lo prevenne che si dovevano

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assolutamente buono. Di nomi non citava che quello delMerighi. – Quanto a questo so ben io come rispondere,– disse Angiolina con grande ira. – Egli dovrà pur rico-noscere d'avermi posseduta per primo.Messo su quella via, Emilio fece un'osservazione checorroborò il modo di vedere di Angiolina. Nella chiusamagniloquente, il Volpini dichiarava che la lasciava, pri-ma di tutto perché lo tradiva, e poi perché la trovavafreddissima con lui e sentiva ch'ella non lo amava. Eraquello il momento di lagnarsi di un difetto, ch'era forseil solo di carattere, se gli altri rimproveri avevano quellaserietà che lo scrivente aveva voluto far credere? Ellagli fu gratissima di quell'appunto che confermavaall'evidenza la giustezza della propria interpretazione enon ricordò ch'era stata lei ad avviarlo a quella ricerca.Oh, ella non era una letterata né ci teneva ad essere lo-data. Si trovava nella lotta e impugnava con la stessaenergia ogni arme che le sembrasse efficace, senza cu-rarsi di vedere chi l'avesse costruita.Ella non volle scrivere subito al Volpini perché aveva dacorrere via essendo attesa dalla signora Deluigi; ma amezzodì si sarebbe trovata in casa e pregava Emilio divenirci anche lui. Lo aspettava, e fino a quell'ora, tantolui quanto lei dovevano pensare unicamente aquell'oggetto. Anzi egli doveva portare con sé in ufficioquella lettera per studiarla con comodità.Uscirono insieme, ma ella lo prevenne che si dovevano

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dividere prima d'entrare in città. Ella non aveva più al-cun dubbio che a Trieste vi fossero delle persone incari-cate di spiarla per conto del Volpini: – Infame! – escla-mò con enfasi. – M'ha rovinata! – Odiava il suo anticopromesso, come se fosse stato veramente lui a rovinarla.– Ora naturalmente, egli sarebbe lieto di liberarsi delsuo impegno, ma avrà da fare con me. – Confessòch'ella l'odiava profondamente. Le faceva fastidio comeuna sucida bestia. – Sei stato tu la colpa che mi sonodata a lui – Vedendolo sorpreso di quell'incolpazione,fatta per la prima volta con violenza, ella si corresse: –Se non per tua colpa, certo per amor tuo.Con queste dolci parole lo lasciò ed egli restò convintoche l'incolpazione non era stata fatta per altro motivoche per indurlo ad appoggiarla con tutte le forze in quel-la lotta ch'ella stava per imprendere contro il Volpini.Egli la seguì per un pezzo e vedendola in mezzo allavia, offrirsi sfacciatamente con l'occhio ad ogni passan-te, fu ripreso dalla sua malattia che dominò ogni altrosuo sentimento. Dimenticando la paura che ellas'aggrappasse a lui, egli ebbe una gioia intensa dell'acca-duto. L'abbandono del Volpini le faceva sentire bisognodi lui e a mezzodì, per un'altra ora intera egli avrebbepotuto tenerla tutta per sé e sentirla intimamente sua.Nella città laboriosa, in cui a quell'ora nessuno cammi-nava per diporto, la figura di Angiolina, morbida e colo-rita, con quel passo calmo e quell'occhio attento a

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dividere prima d'entrare in città. Ella non aveva più al-cun dubbio che a Trieste vi fossero delle persone incari-cate di spiarla per conto del Volpini: – Infame! – escla-mò con enfasi. – M'ha rovinata! – Odiava il suo anticopromesso, come se fosse stato veramente lui a rovinarla.– Ora naturalmente, egli sarebbe lieto di liberarsi delsuo impegno, ma avrà da fare con me. – Confessòch'ella l'odiava profondamente. Le faceva fastidio comeuna sucida bestia. – Sei stato tu la colpa che mi sonodata a lui – Vedendolo sorpreso di quell'incolpazione,fatta per la prima volta con violenza, ella si corresse: –Se non per tua colpa, certo per amor tuo.Con queste dolci parole lo lasciò ed egli restò convintoche l'incolpazione non era stata fatta per altro motivoche per indurlo ad appoggiarla con tutte le forze in quel-la lotta ch'ella stava per imprendere contro il Volpini.Egli la seguì per un pezzo e vedendola in mezzo allavia, offrirsi sfacciatamente con l'occhio ad ogni passan-te, fu ripreso dalla sua malattia che dominò ogni altrosuo sentimento. Dimenticando la paura che ellas'aggrappasse a lui, egli ebbe una gioia intensa dell'acca-duto. L'abbandono del Volpini le faceva sentire bisognodi lui e a mezzodì, per un'altra ora intera egli avrebbepotuto tenerla tutta per sé e sentirla intimamente sua.Nella città laboriosa, in cui a quell'ora nessuno cammi-nava per diporto, la figura di Angiolina, morbida e colo-rita, con quel passo calmo e quell'occhio attento a

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tutt'altra cosa che alla propria strada, attirava l'attenzio-ne di tutti. Ed egli sentì che, vedendola, si doveva im-mediatamente pensare all'alcova per cui ella era fatta.Non uscì per tutta la mattina dall'eccitazione che avevaprodotta in lui quell'immagine.Si propose di far sentire a mezzodì ad Angiolina il valo-re del proprio aiuto, e di fruire di tutti i vantaggi chequella posizione eccezionale gli offriva. Fu ricevuto dal-la vecchia Zarri, che con grande gentilezza lo invitò adaccomodarsi in stanza della figlia. Egli, stanco della sa-lita che aveva fatta rapidamente, si assise, sicuro di ve-der comparire Angiolina. – Non c'è ancora disse la vec-chia guardando verso il corridoio come se anche lei sifosse attesa di veder capitare la figlia.– Non c'è? – chiese Emilio provando una delusione tan-to dolorosa da indurlo persino a non credere alle proprieorecchie.– Non capisco perché ritardi – continuò la vecchia, sem-pre guardando fuori della porta. – Sarà stata trattenutadalla signora Deluigi.– Fino a che ora potrebbe tardare? – domandò egli.– Non so, – rispose l'altra con una grande ingenuità. –Potrebbe essere qui subito, ma se ha pranzato dalla si-gnora Deluigi, allora potrebbe tardare anche fino a que-sta sera. – Stette zitta per un istante, molto pensierosa epoi, più sicura, soggiunse: – Non credo però che resti apranzo fuori di casa, perché il suo pranzo è pronto di là.

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tutt'altra cosa che alla propria strada, attirava l'attenzio-ne di tutti. Ed egli sentì che, vedendola, si doveva im-mediatamente pensare all'alcova per cui ella era fatta.Non uscì per tutta la mattina dall'eccitazione che avevaprodotta in lui quell'immagine.Si propose di far sentire a mezzodì ad Angiolina il valo-re del proprio aiuto, e di fruire di tutti i vantaggi chequella posizione eccezionale gli offriva. Fu ricevuto dal-la vecchia Zarri, che con grande gentilezza lo invitò adaccomodarsi in stanza della figlia. Egli, stanco della sa-lita che aveva fatta rapidamente, si assise, sicuro di ve-der comparire Angiolina. – Non c'è ancora disse la vec-chia guardando verso il corridoio come se anche lei sifosse attesa di veder capitare la figlia.– Non c'è? – chiese Emilio provando una delusione tan-to dolorosa da indurlo persino a non credere alle proprieorecchie.– Non capisco perché ritardi – continuò la vecchia, sem-pre guardando fuori della porta. – Sarà stata trattenutadalla signora Deluigi.– Fino a che ora potrebbe tardare? – domandò egli.– Non so, – rispose l'altra con una grande ingenuità. –Potrebbe essere qui subito, ma se ha pranzato dalla si-gnora Deluigi, allora potrebbe tardare anche fino a que-sta sera. – Stette zitta per un istante, molto pensierosa epoi, più sicura, soggiunse: – Non credo però che resti apranzo fuori di casa, perché il suo pranzo è pronto di là.

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Acuto osservatore, Emilio s'accorse benissimo che tuttiquei dubbi erano finti, e che la vecchia doveva sapereche Angiolina non sarebbe venuta tanto presto. Ma,come sempre, la sua forza d'osservazione gli fu di picco-la utilità. Trattenuto dal desiderio, attese lungamente,mentre la madre di Angiolina gli faceva compagnia, si-lenziosa, seria tanto, che poi nel ricordo Emilio la sco-perse ironica. La più piccola delle figlie era venuta aporsi accanto alla madre e si soffregava sul fianco di co-stei come un gattino sullo stipite di una porta.Egli se ne andò sconfortato, congedato dai saluti genti-lissimi della vecchia e della fanciulla. Egli accarezzò icapelli di quest'ultima, che avevano il colore di quellidell'Angiolina. In genere, salvo la rosea salute, ella an-dava somigliando alla sorella.Pensò che forse sarebbe stato saggio partito vendicarsidi quel tiro d'Angiolina, non andando da lei finché ellanon l'avesse chiamato. Ora che ne aveva bisogno sareb-be venuta ben presto in cerca di lui. Ma la sera, subitodopo l'ufficio, egli rifece la strada proponendosi intantod'indagare la causa di quell'inesplicabile assenza. Erapossibilissimo che si fosse trattato di un caso di forzamaggiore.Trovò Angiolina ancora vestita come quando l'aveva ac-compagnata la mattina. Era rientrata in quell'istante.Ella si lasciò baciare ed abbracciare con la dolcezza cheusava quando aveva bisogno di ottenere un perdono. Le

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Acuto osservatore, Emilio s'accorse benissimo che tuttiquei dubbi erano finti, e che la vecchia doveva sapereche Angiolina non sarebbe venuta tanto presto. Ma,come sempre, la sua forza d'osservazione gli fu di picco-la utilità. Trattenuto dal desiderio, attese lungamente,mentre la madre di Angiolina gli faceva compagnia, si-lenziosa, seria tanto, che poi nel ricordo Emilio la sco-perse ironica. La più piccola delle figlie era venuta aporsi accanto alla madre e si soffregava sul fianco di co-stei come un gattino sullo stipite di una porta.Egli se ne andò sconfortato, congedato dai saluti genti-lissimi della vecchia e della fanciulla. Egli accarezzò icapelli di quest'ultima, che avevano il colore di quellidell'Angiolina. In genere, salvo la rosea salute, ella an-dava somigliando alla sorella.Pensò che forse sarebbe stato saggio partito vendicarsidi quel tiro d'Angiolina, non andando da lei finché ellanon l'avesse chiamato. Ora che ne aveva bisogno sareb-be venuta ben presto in cerca di lui. Ma la sera, subitodopo l'ufficio, egli rifece la strada proponendosi intantod'indagare la causa di quell'inesplicabile assenza. Erapossibilissimo che si fosse trattato di un caso di forzamaggiore.Trovò Angiolina ancora vestita come quando l'aveva ac-compagnata la mattina. Era rientrata in quell'istante.Ella si lasciò baciare ed abbracciare con la dolcezza cheusava quando aveva bisogno di ottenere un perdono. Le

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sue guance erano in fiamme e la sua bocca puzzava divino.– Infatti ho bevuto molto – disse ella subito ridendo.– Il signor Deluigi, un vecchio cinquantenne, s'era pro-posto di farmi prendere una sbornia; ma non c'è riuscitomica, veh! – Eppure doveva esserci riuscito meglio diquanto ella credesse, e ne faceva fede la sua smodata al-legria. Si contorceva dalle risa. Era bellissima, conquell'insolito rossore alle guance e gli occhi lucenti. Eglila baciò nella bocca spalancata, sulle gengive rosse, edella lo lasciò fare, passiva come se il caso non fosse suo.Continuava a ridere, e raccontava, a frasi smozzicate,che non soltanto il vecchio, ma tutta la famiglia avevapreso l'impegno di farle perdere la testa e che sebbenefossero in tanti, non c'erano riusciti. Egli tentò di render-la ragionevole parlandole del Volpini. – Lasciami inpace con quella roba! gridò Angiolina e, visto ch'egli in-sisteva, ella senza rispondere, lo baciò e abbracciò comeegli aveva fatto sino allora con lei nella bocca e sul col-lo, aggressiva come non era stata mai e finirono sul let-to, ella col cappellino ancora in testa e col soprabito in-dosso La porta era rimasta spalancata, ed era difficileche i suoni di quella battaglia non fossero arrivati sinoalla cucina ove si trovavano il padre, la madre e la sorel-la d'Angiolina.L'avevano ubriacata davvero. Strana casa quella di queisignori Deluigi. Egli non portò con sé alcun rancore

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sue guance erano in fiamme e la sua bocca puzzava divino.– Infatti ho bevuto molto – disse ella subito ridendo.– Il signor Deluigi, un vecchio cinquantenne, s'era pro-posto di farmi prendere una sbornia; ma non c'è riuscitomica, veh! – Eppure doveva esserci riuscito meglio diquanto ella credesse, e ne faceva fede la sua smodata al-legria. Si contorceva dalle risa. Era bellissima, conquell'insolito rossore alle guance e gli occhi lucenti. Eglila baciò nella bocca spalancata, sulle gengive rosse, edella lo lasciò fare, passiva come se il caso non fosse suo.Continuava a ridere, e raccontava, a frasi smozzicate,che non soltanto il vecchio, ma tutta la famiglia avevapreso l'impegno di farle perdere la testa e che sebbenefossero in tanti, non c'erano riusciti. Egli tentò di render-la ragionevole parlandole del Volpini. – Lasciami inpace con quella roba! gridò Angiolina e, visto ch'egli in-sisteva, ella senza rispondere, lo baciò e abbracciò comeegli aveva fatto sino allora con lei nella bocca e sul col-lo, aggressiva come non era stata mai e finirono sul let-to, ella col cappellino ancora in testa e col soprabito in-dosso La porta era rimasta spalancata, ed era difficileche i suoni di quella battaglia non fossero arrivati sinoalla cucina ove si trovavano il padre, la madre e la sorel-la d'Angiolina.L'avevano ubriacata davvero. Strana casa quella di queisignori Deluigi. Egli non portò con sé alcun rancore

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contro Angiolina perché la sua soddisfazione, quellasera, era stata proprio perfetta.Il giorno dopo si ritrovarono a mezzodì ambedue diumore eccellente. Angiolina assicurò che la madre nons'era accorta di nulla. Poi disse che deplorava d'essersilasciata cogliere in quello stato. La colpa non era sua: –Quel maledetto vecchio Deluigi!Egli la tranquillò, assicurandola che se fosse dipeso dalui ella si sarebbe ubriacata una volta al giorno. Poicomposero la lettera al Volpini con un'accuratezza di cuinon sarebbero sembrati capaci nello stato d'animo in cuisi trovavano.Angiolina era potuta sembrare superiore nell'interpreta-zione della lettera del Volpini; la risposta colò intera dal-la penna esperta di Emilio.Ella avrebbe voluto scrivere una lettera d'insolenze; vo-leva sfogare in essa soltanto l'indignazione di una ragaz-za onesta, sospettata a torto. – Anzi – osservò con un'iramagnanima – se il Volpini fosse qui, gli darei unoschiaffo, senz'addurre alcuna giustificazione. Sarebbesubito convinto d'aver avuto torto.Non c'era male, ma Emilio voleva procedere con mag-gior cautela. Con grande ingenuità e senza che ella pen-sasse d'offendersene, le raccontò ch'egli, per studiarecon più facilità il problema, s'era posta la domanda: neipanni d'Angiolina come si sarebbe comportata una ra-gazza onesta? Non raccontò che aveva concretata la

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contro Angiolina perché la sua soddisfazione, quellasera, era stata proprio perfetta.Il giorno dopo si ritrovarono a mezzodì ambedue diumore eccellente. Angiolina assicurò che la madre nons'era accorta di nulla. Poi disse che deplorava d'essersilasciata cogliere in quello stato. La colpa non era sua: –Quel maledetto vecchio Deluigi!Egli la tranquillò, assicurandola che se fosse dipeso dalui ella si sarebbe ubriacata una volta al giorno. Poicomposero la lettera al Volpini con un'accuratezza di cuinon sarebbero sembrati capaci nello stato d'animo in cuisi trovavano.Angiolina era potuta sembrare superiore nell'interpreta-zione della lettera del Volpini; la risposta colò intera dal-la penna esperta di Emilio.Ella avrebbe voluto scrivere una lettera d'insolenze; vo-leva sfogare in essa soltanto l'indignazione di una ragaz-za onesta, sospettata a torto. – Anzi – osservò con un'iramagnanima – se il Volpini fosse qui, gli darei unoschiaffo, senz'addurre alcuna giustificazione. Sarebbesubito convinto d'aver avuto torto.Non c'era male, ma Emilio voleva procedere con mag-gior cautela. Con grande ingenuità e senza che ella pen-sasse d'offendersene, le raccontò ch'egli, per studiarecon più facilità il problema, s'era posta la domanda: neipanni d'Angiolina come si sarebbe comportata una ra-gazza onesta? Non raccontò che aveva concretata la

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donna onesta in Amalia e s'era chiesto come la sorella sisarebbe comportata nel caso in cui avesse avuto da ri-spondere alla lettera del Volpini; le comunicò i risultatiottenuti. La donna onesta avrebbe provato da prima unagrande, enorme sorpresa; poi il dubbio che si trattasse diun malinteso e in fine, ma appena in fine, il sospetto or-ribile che tutta la lettera fosse da attribuirsi al desideriodell'amante di sottrarsi ai suoi impegni. Angiolina fu in-cantata di tutta quella ricostruzione di un processo psi-cologico, ed egli si mise subito al lavoro.Ella gli sedette accanto zitta zitta. Si lavorava per lei e,appoggiata con una mano sul suo ginocchio, la testa vi-cinissima alla sua per poter leggere subito quello ch'eglivia via scriveva, gli si faceva sentire senza incomodarlopunto nello scrivere. Quella vicinanza tolse alla letteral'aspetto di rigida preparazione e – se non fosse stata de-stinata ad un uomo come il Volpini – anche l'efficacia,perché perdette la misura dignitosa ch'egli aveva pensa-to di dover darle. Perciò penetrò in quelle frasi qualchecosa di Angiolina. Gli venivano alla penna dei grossiparoloni ed egli li lasciava correre beato di vederla esta-tica dall'ammirazione, con la stessa espressione con laquale giorni prima aveva guardato, nello studio, il Balli.Poi, senza rileggerla, ella si mise a copiare quella prosa,soddisfattissima di potervi apporre la propria firma. Ellaera apparsa ben più intelligente quando aveva ragionatosul modo di comportarsi, che non ora nella sua incondi-zionata approvazione. Copiando non seppe dare alla let-

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donna onesta in Amalia e s'era chiesto come la sorella sisarebbe comportata nel caso in cui avesse avuto da ri-spondere alla lettera del Volpini; le comunicò i risultatiottenuti. La donna onesta avrebbe provato da prima unagrande, enorme sorpresa; poi il dubbio che si trattasse diun malinteso e in fine, ma appena in fine, il sospetto or-ribile che tutta la lettera fosse da attribuirsi al desideriodell'amante di sottrarsi ai suoi impegni. Angiolina fu in-cantata di tutta quella ricostruzione di un processo psi-cologico, ed egli si mise subito al lavoro.Ella gli sedette accanto zitta zitta. Si lavorava per lei e,appoggiata con una mano sul suo ginocchio, la testa vi-cinissima alla sua per poter leggere subito quello ch'eglivia via scriveva, gli si faceva sentire senza incomodarlopunto nello scrivere. Quella vicinanza tolse alla letteral'aspetto di rigida preparazione e – se non fosse stata de-stinata ad un uomo come il Volpini – anche l'efficacia,perché perdette la misura dignitosa ch'egli aveva pensa-to di dover darle. Perciò penetrò in quelle frasi qualchecosa di Angiolina. Gli venivano alla penna dei grossiparoloni ed egli li lasciava correre beato di vederla esta-tica dall'ammirazione, con la stessa espressione con laquale giorni prima aveva guardato, nello studio, il Balli.Poi, senza rileggerla, ella si mise a copiare quella prosa,soddisfattissima di potervi apporre la propria firma. Ellaera apparsa ben più intelligente quando aveva ragionatosul modo di comportarsi, che non ora nella sua incondi-zionata approvazione. Copiando non seppe dare alla let-

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tera la sua attenzione, perché la calligrafia le dava moltoda fare.Guardando l'esterno della busta chiusa, ella chiese im-provvisamente se il Balli non avesse più parlato del ve-glione cui aveva promesso di condurla. Il moralista chesonnecchiava in Emilio non si destò, ma egli sconsigliòdi andare a quel veglione per la paura che il Volpini lorisapesse. Ella però aveva delle risposte che toglievanoqualunque dubbio. – Adesso poi ci vado al veglione. Fi-nora, per rispetto a quell'infame, non ci ero andata, maadesso! Magari lo risapesse.Emilio insistette per vederla quella sera. Nel pomeriggioella doveva posare al Balli, poi doveva correre un istan-te dalla signora Deluigi; perciò non potevano trovarsiche tardi. Ella accordò l'appuntamento visto che – comedichiarò – per il momento, non sapeva negargli nulla;ma non nella stanza della Paracci, perché voleva esserea casa di buon'ora. Come nei tempi migliori del loroamore, avrebbero passeggiato insieme a Sant'Andrea, epoi egli l'avrebbe accompagnata a casa. Ella era ancoraabbattuta – aveva bevuto tanto vino il giorno prima – eaveva bisogno di riposo. A lui la proposta non dispiac-que affatto. Era una delle sue caratteristiche essenzialiquella di compiacersi nella rievocazione sentimentaledel passato. Quella sera avrebbe analizzato di nuovo ilcolore del mare e del cielo e dei capelli d'Angiolina.Ella lo congedò e, per ultimo saluto, lo pregò di imbuca-

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tera la sua attenzione, perché la calligrafia le dava moltoda fare.Guardando l'esterno della busta chiusa, ella chiese im-provvisamente se il Balli non avesse più parlato del ve-glione cui aveva promesso di condurla. Il moralista chesonnecchiava in Emilio non si destò, ma egli sconsigliòdi andare a quel veglione per la paura che il Volpini lorisapesse. Ella però aveva delle risposte che toglievanoqualunque dubbio. – Adesso poi ci vado al veglione. Fi-nora, per rispetto a quell'infame, non ci ero andata, maadesso! Magari lo risapesse.Emilio insistette per vederla quella sera. Nel pomeriggioella doveva posare al Balli, poi doveva correre un istan-te dalla signora Deluigi; perciò non potevano trovarsiche tardi. Ella accordò l'appuntamento visto che – comedichiarò – per il momento, non sapeva negargli nulla;ma non nella stanza della Paracci, perché voleva esserea casa di buon'ora. Come nei tempi migliori del loroamore, avrebbero passeggiato insieme a Sant'Andrea, epoi egli l'avrebbe accompagnata a casa. Ella era ancoraabbattuta – aveva bevuto tanto vino il giorno prima – eaveva bisogno di riposo. A lui la proposta non dispiac-que affatto. Era una delle sue caratteristiche essenzialiquella di compiacersi nella rievocazione sentimentaledel passato. Quella sera avrebbe analizzato di nuovo ilcolore del mare e del cielo e dei capelli d'Angiolina.Ella lo congedò e, per ultimo saluto, lo pregò di imbuca-

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re la lettera al Volpini. Così egli si trovò in mezzo allavia con quella lettera in mano, segno palpabile dell'azio-ne più bassa ch'egli avesse compiuto in vita sua, ma dicui aveva coscienza soltanto allora che Angiolina nonera più seduta accanto a lui.

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re la lettera al Volpini. Così egli si trovò in mezzo allavia con quella lettera in mano, segno palpabile dell'azio-ne più bassa ch'egli avesse compiuto in vita sua, ma dicui aveva coscienza soltanto allora che Angiolina nonera più seduta accanto a lui.

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Capitolo XII

Era già entrato in casa, e nel tinello, col cappello inmano, stava titubante, dubbioso se sfuggire alla noia dirimanere un'ora a faccia a faccia con la muta sorella. Inquella sentì dalla stanza di Amalia il suono di due o treparole confuse, poi una frase intera: – Via di qua, bruttabestiaccia. – Trasalì! La voce era alteratissima dalla fati-ca o dall'emozione, tale che somigliava a quella dellasorella soltanto come un urlo uscito involontariamentedalla gola può somigliare alla voce modulata di chi dice.Ella ora dormiva e sognava di giorno?Aperse la porta evitando di far rumore e gli si presentòagli occhi uno spettacolo del cui ricordo non seppe maipiù liberarsi. Durante tutta la sua vita bastò che i suoisensi fossero colpiti dall'uno o dall'altro dei particolaridi quella scena, per ricordarla immediatamente tutta, perfargliene sentire lo spavento, l'orrore. Alcuni villici pas-savano cantando per una via vicina e il loro canto mono-tono chiamò poi sempre le lagrime agli occhi d'Emilio.Tutti i suoni che gli giungevano erano monotoni, senzacalore e senza senso. In un appartamento vicino, un di-lettante maldestro stonava sul pianoforte un valzer vol-gare. Quel valzer sonato così – e lo riudì spesso – gliparve una marcia funebre. Anche l'ora, lieta, divenne tri-ste per lui. Il meriggio era trascorso da poco e dalle fine-

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Capitolo XII

Era già entrato in casa, e nel tinello, col cappello inmano, stava titubante, dubbioso se sfuggire alla noia dirimanere un'ora a faccia a faccia con la muta sorella. Inquella sentì dalla stanza di Amalia il suono di due o treparole confuse, poi una frase intera: – Via di qua, bruttabestiaccia. – Trasalì! La voce era alteratissima dalla fati-ca o dall'emozione, tale che somigliava a quella dellasorella soltanto come un urlo uscito involontariamentedalla gola può somigliare alla voce modulata di chi dice.Ella ora dormiva e sognava di giorno?Aperse la porta evitando di far rumore e gli si presentòagli occhi uno spettacolo del cui ricordo non seppe maipiù liberarsi. Durante tutta la sua vita bastò che i suoisensi fossero colpiti dall'uno o dall'altro dei particolaridi quella scena, per ricordarla immediatamente tutta, perfargliene sentire lo spavento, l'orrore. Alcuni villici pas-savano cantando per una via vicina e il loro canto mono-tono chiamò poi sempre le lagrime agli occhi d'Emilio.Tutti i suoni che gli giungevano erano monotoni, senzacalore e senza senso. In un appartamento vicino, un di-lettante maldestro stonava sul pianoforte un valzer vol-gare. Quel valzer sonato così – e lo riudì spesso – gliparve una marcia funebre. Anche l'ora, lieta, divenne tri-ste per lui. Il meriggio era trascorso da poco e dalle fine-

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stre di faccia veniva riflesso nella stanza solitaria tantosole da abbacinare. Eppure il ricordo di quel momentoandò sempre congiunto ad una sensazione di oscurità edi freddo raccapricciante.Le vesti di Amalia giacevano sparse al suolo ed unagonna aveva impedito alla porta d'aprirsi tutta; alcunipanni giacevano sotto il letto, la camicetta era chiusa frale due vetriate della finestra e i due stivali, con evidenteaccuratezza, erano posti proprio nel centro del tavolo.Amalia seduta sulla sponda del letto, coperta della solacorta camicia, non s'era avvista della venuta del fratelloe continuava a fregare con le mani le gambe sottili comefuscelli. Dinanzi a quella nudità Emilio ebbe la sorpresaed il fastidio di trovarla somigliante a quella di un ra-gazzo malnutrito.Non comprese subito di trovarsi dinanzi ad una deliran-te. Non s'accorse dell'affanno; attribuì la respirazione ro-morosa e congiunta a tanta fatica da moverle persino ifianchi, alla posizione affaticante. Il primo suo senti-mento fu d'ira: lasciato libero da Angiolina, trovavapronta quell'altra per dargli noie e dolori. – Amalia! chefai? – le chiese rimproverando.Ella non lo udì mentre doveva percepire i suoni del val-zer, perché ne segnava il ritmo nel lavorìo a cui era in-tenta sulla propria gamba.– Amalia! – ripeté debolmente, sbigottito dall'evidenzadi quel delirio. Le toccò con la mano la spalla. Allora

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stre di faccia veniva riflesso nella stanza solitaria tantosole da abbacinare. Eppure il ricordo di quel momentoandò sempre congiunto ad una sensazione di oscurità edi freddo raccapricciante.Le vesti di Amalia giacevano sparse al suolo ed unagonna aveva impedito alla porta d'aprirsi tutta; alcunipanni giacevano sotto il letto, la camicetta era chiusa frale due vetriate della finestra e i due stivali, con evidenteaccuratezza, erano posti proprio nel centro del tavolo.Amalia seduta sulla sponda del letto, coperta della solacorta camicia, non s'era avvista della venuta del fratelloe continuava a fregare con le mani le gambe sottili comefuscelli. Dinanzi a quella nudità Emilio ebbe la sorpresaed il fastidio di trovarla somigliante a quella di un ra-gazzo malnutrito.Non comprese subito di trovarsi dinanzi ad una deliran-te. Non s'accorse dell'affanno; attribuì la respirazione ro-morosa e congiunta a tanta fatica da moverle persino ifianchi, alla posizione affaticante. Il primo suo senti-mento fu d'ira: lasciato libero da Angiolina, trovavapronta quell'altra per dargli noie e dolori. – Amalia! chefai? – le chiese rimproverando.Ella non lo udì mentre doveva percepire i suoni del val-zer, perché ne segnava il ritmo nel lavorìo a cui era in-tenta sulla propria gamba.– Amalia! – ripeté debolmente, sbigottito dall'evidenzadi quel delirio. Le toccò con la mano la spalla. Allora

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ella si volse. Da prima guardò la mano di cui aveva sen-tito il contatto, poi lui in faccia; nell'occhio ravvivatodalla febbre null'altro che lo sforzo di vedere, le guanceinfiammate, le labbra violacee, asciutte, informi comeuna ferita vecchia che non sa più rimarginare. Poil'occhio corse alla finestra inondata di sole e subito, for-se ferito da tanta luce, ritornò alle gambe nude ove sifermò con attenta curiosità.– Oh, Amalia! – gridò egli lasciando che il suo spaventosi manifestasse in quel grido, che forse avrebbe potutorichiamarla in sé. L'uomo debole teme il delirio e la paz-zia come malattie contagiose; il ribrezzo che ne provòEmilio fu tale che gli toccò di farsi forza per non abban-donare quella stanza. Vincendo la propria violenta ripul-sione, toccò di nuovo la spalla della sorella: – Amalia!Amalia! – gridò. Chiamava aiuto.Si sentì un po' sollevato, accorgendosi ch'ella lo avevaudito. Lo aveva guardato una seconda volta, pensierosa,come se avesse cercato di comprendere la ragione diquei gridi e di quella replicata pressione sulla sua spalla.Si toccò il petto, come se in quell'istante si fosse accortadell'affanno che la tormentava. Poi ridimenticò Emilio el'affanno: – Oh, sempre bestie! – e la voce alterata pare-va annunziasse prossimo il pianto. Stropicciò con ambele mani le gambe; con brusco movimento si chinò comese avesse voluto sorprendere un animale pronto a fuggi-re. Si trovò nella destra un dito del proprio piede; lo co-perse con la mano che poi sollevò chiusa come se aves-

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ella si volse. Da prima guardò la mano di cui aveva sen-tito il contatto, poi lui in faccia; nell'occhio ravvivatodalla febbre null'altro che lo sforzo di vedere, le guanceinfiammate, le labbra violacee, asciutte, informi comeuna ferita vecchia che non sa più rimarginare. Poil'occhio corse alla finestra inondata di sole e subito, for-se ferito da tanta luce, ritornò alle gambe nude ove sifermò con attenta curiosità.– Oh, Amalia! – gridò egli lasciando che il suo spaventosi manifestasse in quel grido, che forse avrebbe potutorichiamarla in sé. L'uomo debole teme il delirio e la paz-zia come malattie contagiose; il ribrezzo che ne provòEmilio fu tale che gli toccò di farsi forza per non abban-donare quella stanza. Vincendo la propria violenta ripul-sione, toccò di nuovo la spalla della sorella: – Amalia!Amalia! – gridò. Chiamava aiuto.Si sentì un po' sollevato, accorgendosi ch'ella lo avevaudito. Lo aveva guardato una seconda volta, pensierosa,come se avesse cercato di comprendere la ragione diquei gridi e di quella replicata pressione sulla sua spalla.Si toccò il petto, come se in quell'istante si fosse accortadell'affanno che la tormentava. Poi ridimenticò Emilio el'affanno: – Oh, sempre bestie! – e la voce alterata pare-va annunziasse prossimo il pianto. Stropicciò con ambele mani le gambe; con brusco movimento si chinò comese avesse voluto sorprendere un animale pronto a fuggi-re. Si trovò nella destra un dito del proprio piede; lo co-perse con la mano che poi sollevò chiusa come se aves-

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se afferrato qualche cosa. Era vuota però ed ella la guar-dò più volte; poi ritornò al piede pronta a curvarsi dinuovo per ritornare a quella strana caccia.Un nuovo brivido di freddo che la colse ricordò ad Emi-lio ch'egli doveva indurla a ripararsi nel letto. Vi si ac-cinse con un fremito doloroso al pensiero di dover forseusare la forza. Gli riuscì invece facilissimo perché ellaobbedì alla prima pressione imperiosa della sua mano;portò senza pudore una gamba dopo l'altra sul letto e silasciò ricoprire. Ma per un'inesplicabile esitazione sipuntellò con un braccio sul letto quasi non volesse ada-giarvisi tutta. Ben presto non poté resistere in quella po-sizione e s'abbandonò sul guanciale emettendo per laprima volta un suono intelligente di dolore: – Oh! Diomio! Dio mio!– Ma che cosa ti è accaduto? – domandò Emilio, che,per quel solo suono assennato, credette di poterle parla-re come a persona che disponga dei suoi sensi.Ella non rispose, di nuovo occupata ad indagare quelloche la inquietava anche sotto alle coltri. Si rannicchiòtutta, portò le mani alle gambe, e parve che, per far riu-scire il tranello che meditava contro le cose o gli animaliche la torturavano, sapesse perfino rendere meno romo-roso il respiro. Trasse poi a sé le mani che con una sor-presa incredula trovò di nuovo vuote. Per qualche tem-po, di sotto alle coperte, le venne un'angoscia che le fa-ceva dimenticare quell'altra tanto violenta dell'affanno.

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se afferrato qualche cosa. Era vuota però ed ella la guar-dò più volte; poi ritornò al piede pronta a curvarsi dinuovo per ritornare a quella strana caccia.Un nuovo brivido di freddo che la colse ricordò ad Emi-lio ch'egli doveva indurla a ripararsi nel letto. Vi si ac-cinse con un fremito doloroso al pensiero di dover forseusare la forza. Gli riuscì invece facilissimo perché ellaobbedì alla prima pressione imperiosa della sua mano;portò senza pudore una gamba dopo l'altra sul letto e silasciò ricoprire. Ma per un'inesplicabile esitazione sipuntellò con un braccio sul letto quasi non volesse ada-giarvisi tutta. Ben presto non poté resistere in quella po-sizione e s'abbandonò sul guanciale emettendo per laprima volta un suono intelligente di dolore: – Oh! Diomio! Dio mio!– Ma che cosa ti è accaduto? – domandò Emilio, che,per quel solo suono assennato, credette di poterle parla-re come a persona che disponga dei suoi sensi.Ella non rispose, di nuovo occupata ad indagare quelloche la inquietava anche sotto alle coltri. Si rannicchiòtutta, portò le mani alle gambe, e parve che, per far riu-scire il tranello che meditava contro le cose o gli animaliche la torturavano, sapesse perfino rendere meno romo-roso il respiro. Trasse poi a sé le mani che con una sor-presa incredula trovò di nuovo vuote. Per qualche tem-po, di sotto alle coperte, le venne un'angoscia che le fa-ceva dimenticare quell'altra tanto violenta dell'affanno.

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– Stai meglio? – le chiese Emilio, pregando. Volevaconsolarsi al suono della propria voce, che modulò dol-cemente, cercando di dimenticare la minaccia di violen-za che aveva pesato su di lui. Si piegò a lei per farsi in-tendere meglio.Ella lo guardò lungamente esalandogli in faccia il soffiofrequente e debole del suo respiro. Lo riconobbe. Il ca-lore del letto doveva pur averle aperti i sensi. Per quantopoi ella delirasse, egli non dimenticò d'essere stato rico-nosciuto.Evidentemente ella andava migliorando. – Adesso an-diamo via da questa casa – ella aveva detto facendocomprendere ogni sillaba. Aveva stesa anche una gambaper uscire dal letto, ma, avendola egli trattenuta controppa più violenza di quanta fosse occorsa, si rassegnòsubito e dimenticò il proposito che l'aveva spinta aquell'atto.Lo ripeté poco dopo, ma non più con la stessa energia, epareva rammentasse che le fosse stato imposto di cori-carsi e vietato di uscire dal letto. Parlava ora. Le parevache avessero cambiato di casa e che ci fosse molto dafare, affannosamente da fare per mettere tante cose inordine. – Dio mio! Tutto è sucido qui. Io me n'ero accor-ta ma tu ci sei voluto venire. Ed ora? Non andiamo?Egli cercò di calmarla secondandola. L'accarezzò, di-cendole che non vedeva che tutto fosse tanto sucido, eche ora che si trovavano in quella casa sarebbe stato me-

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– Stai meglio? – le chiese Emilio, pregando. Volevaconsolarsi al suono della propria voce, che modulò dol-cemente, cercando di dimenticare la minaccia di violen-za che aveva pesato su di lui. Si piegò a lei per farsi in-tendere meglio.Ella lo guardò lungamente esalandogli in faccia il soffiofrequente e debole del suo respiro. Lo riconobbe. Il ca-lore del letto doveva pur averle aperti i sensi. Per quantopoi ella delirasse, egli non dimenticò d'essere stato rico-nosciuto.Evidentemente ella andava migliorando. – Adesso an-diamo via da questa casa – ella aveva detto facendocomprendere ogni sillaba. Aveva stesa anche una gambaper uscire dal letto, ma, avendola egli trattenuta controppa più violenza di quanta fosse occorsa, si rassegnòsubito e dimenticò il proposito che l'aveva spinta aquell'atto.Lo ripeté poco dopo, ma non più con la stessa energia, epareva rammentasse che le fosse stato imposto di cori-carsi e vietato di uscire dal letto. Parlava ora. Le parevache avessero cambiato di casa e che ci fosse molto dafare, affannosamente da fare per mettere tante cose inordine. – Dio mio! Tutto è sucido qui. Io me n'ero accor-ta ma tu ci sei voluto venire. Ed ora? Non andiamo?Egli cercò di calmarla secondandola. L'accarezzò, di-cendole che non vedeva che tutto fosse tanto sucido, eche ora che si trovavano in quella casa sarebbe stato me-

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glio di rimanerci.Amalia udì quello che egli disse ma udì anche delle pa-role ch'egli non aveva dette; poi disse: – Se tu vuoi, iodevo far così. Restiamo, ma... tanto sudiciume... – Lecolarono due sole lagrime dagli occhi fino allora asciut-ti; rotolarono come due perle sulle guance infocate.Poco dopo dimenticò quel dolore ma il delirio glie necreò di nuovi. Era stata in pescheria e non vi aveva tro-vato pesce: – Non capisco! Perché tengono la pescheriase non ci hanno del pesce? Fanno camminare tanto, tan-to, con questo freddo. L'avevano spedito via tutto e nonc'era più del pesce per loro. Tutto quel dolore e l'affannoparevano provocati da tale fatto. Le sue parole fievoli erese ritmiche dall'affanno erano sempre interrotte daqualche suono d'angoscia.Egli non l'ascoltava più: bisognava uscire in qualchemodo da quella situazione, bisognava trovare la manieradi chiamare un medico. Tutte le idee suggeritegli dalladisperazione furono da lui esaminate come se fosse statopossibile di metterle in atto. Guardò intorno a sé per tro-vare una corda onde legare l'ammalata al letto e poter la-sciarla sola; fece un passo verso la finestra, per chiama-re di là soccorso, e infine, dimenticando che non erapossibile di farsi comprendere da Amalia, si mise a par-larle per ottenerne la promessa che sarebbe stata tran-quilla durante la sua assenza. Premendole dolcemente lecoperte sulle spalle per significarle che doveva rimanere

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glio di rimanerci.Amalia udì quello che egli disse ma udì anche delle pa-role ch'egli non aveva dette; poi disse: – Se tu vuoi, iodevo far così. Restiamo, ma... tanto sudiciume... – Lecolarono due sole lagrime dagli occhi fino allora asciut-ti; rotolarono come due perle sulle guance infocate.Poco dopo dimenticò quel dolore ma il delirio glie necreò di nuovi. Era stata in pescheria e non vi aveva tro-vato pesce: – Non capisco! Perché tengono la pescheriase non ci hanno del pesce? Fanno camminare tanto, tan-to, con questo freddo. L'avevano spedito via tutto e nonc'era più del pesce per loro. Tutto quel dolore e l'affannoparevano provocati da tale fatto. Le sue parole fievoli erese ritmiche dall'affanno erano sempre interrotte daqualche suono d'angoscia.Egli non l'ascoltava più: bisognava uscire in qualchemodo da quella situazione, bisognava trovare la manieradi chiamare un medico. Tutte le idee suggeritegli dalladisperazione furono da lui esaminate come se fosse statopossibile di metterle in atto. Guardò intorno a sé per tro-vare una corda onde legare l'ammalata al letto e poter la-sciarla sola; fece un passo verso la finestra, per chiama-re di là soccorso, e infine, dimenticando che non erapossibile di farsi comprendere da Amalia, si mise a par-larle per ottenerne la promessa che sarebbe stata tran-quilla durante la sua assenza. Premendole dolcemente lecoperte sulle spalle per significarle che doveva rimanere

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coricata, le disse: – Starai così, Amalia? Me lo promet-ti?Ella oramai parlava di vestiti. Ne avevano per un anno eperciò non c'era da far spese per un anno intero. – Nonsiamo ricchi ma abbiamo tutto, tutto. – La signora Birli-ni però poteva guardarli dall'alto in basso perché avevadi più. Ma Amalia era contenta che quella signora neavesse di più, perché le voleva bene. Il balbettìo conti-nuava puerile e buono ed era straziante di udirla dichia-rarsi tanto lieta in mezzo a tante sofferenze.Urgeva di prendere una risoluzione. Il delirio di Amalianon le aveva dato né un gesto né una parola violenta e,toltosi allo stupore da cui era stato colto sin dal momen-to in cui l'aveva trovata in quello stato, Emilio uscì dallastanza e corse alla porta di casa. Avrebbe chiamato ilportinaio, poi sarebbe corso da un dottore oppure dalBalli a prendere consiglio. Non sapeva ancora quelloche avrebbe fatto, ma bisognava correre per salvarequella disgraziata. Oh, quale dolore ricordarne la com-passionevole nudità!Sul pianerottolo si fermò esitante. Sarebbe voluto ritor-nare ad Amalia per vedere se ella non avesse approfitta-to della sua assenza per commettere qualche atto da de-lirante. Si poggiò col petto sulla ringhiera per vedere sequalcuno salisse. Si curvò per vedere più lontano e perun istante, un attimo, il suo pensiero si pervertì; dimen-ticò la sorella che, forse, agonizzava lì accanto, e ricor-

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coricata, le disse: – Starai così, Amalia? Me lo promet-ti?Ella oramai parlava di vestiti. Ne avevano per un anno eperciò non c'era da far spese per un anno intero. – Nonsiamo ricchi ma abbiamo tutto, tutto. – La signora Birli-ni però poteva guardarli dall'alto in basso perché avevadi più. Ma Amalia era contenta che quella signora neavesse di più, perché le voleva bene. Il balbettìo conti-nuava puerile e buono ed era straziante di udirla dichia-rarsi tanto lieta in mezzo a tante sofferenze.Urgeva di prendere una risoluzione. Il delirio di Amalianon le aveva dato né un gesto né una parola violenta e,toltosi allo stupore da cui era stato colto sin dal momen-to in cui l'aveva trovata in quello stato, Emilio uscì dallastanza e corse alla porta di casa. Avrebbe chiamato ilportinaio, poi sarebbe corso da un dottore oppure dalBalli a prendere consiglio. Non sapeva ancora quelloche avrebbe fatto, ma bisognava correre per salvarequella disgraziata. Oh, quale dolore ricordarne la com-passionevole nudità!Sul pianerottolo si fermò esitante. Sarebbe voluto ritor-nare ad Amalia per vedere se ella non avesse approfitta-to della sua assenza per commettere qualche atto da de-lirante. Si poggiò col petto sulla ringhiera per vedere sequalcuno salisse. Si curvò per vedere più lontano e perun istante, un attimo, il suo pensiero si pervertì; dimen-ticò la sorella che, forse, agonizzava lì accanto, e ricor-

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dò che, proprio in quella posizione, egli usava aspettareAngiolina. Questo pensiero in quel breve istante fu tantopotente che egli, sforzandosi di veder lontano, cercò divedere, anziché il soccorso invocato, la figura coloritadell'amante. Si rizzò nauseato.Una porta al piano superiore s'aperse e si richiuse. Qual-cuno – il soccorso – scendeva a lui. Egli salì d'un soloslancio una rampa e si trovò di fronte ad un'alta e fortefigura femminile. Alta e forte e bruna; altro non vide,ma trovò subito le parole opportune: – Oh, signora! –pregò. – M'aiuti! lo farei per qualunque mio simile quel-lo che domando a lei.– Ella è il signor Brentani? – domandò con voce dolce ela bruna figura che veramente aveva fatto già atto difuggire si fermò.Egli raccontò che ritornato a casa poco prima, aveva tro-vato la sorella in preda a un delirio tale che non osava dilasciarla sola come avrebbe dovuto per chiamare un me-dico.La signora discese: – La signorina Amalia? Poverina!Vengo con lei, subito, ben volentieri. – Ella era vestita alutto. Emilio pensò ch'ella dovesse essere religiosa e,dopo una lieve esitazione, disse: – Dio ne la rimeriti.La signora lo seguì nella stanza d'Amalia. Emilio fecequei pochi passi con un'angoscia indicibile. Chissà qualenuovo spettacolo lo attendeva. Nella stanza vicina nonsi sentiva alcun rumore, mentre a lui era sembrato che il

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dò che, proprio in quella posizione, egli usava aspettareAngiolina. Questo pensiero in quel breve istante fu tantopotente che egli, sforzandosi di veder lontano, cercò divedere, anziché il soccorso invocato, la figura coloritadell'amante. Si rizzò nauseato.Una porta al piano superiore s'aperse e si richiuse. Qual-cuno – il soccorso – scendeva a lui. Egli salì d'un soloslancio una rampa e si trovò di fronte ad un'alta e fortefigura femminile. Alta e forte e bruna; altro non vide,ma trovò subito le parole opportune: – Oh, signora! –pregò. – M'aiuti! lo farei per qualunque mio simile quel-lo che domando a lei.– Ella è il signor Brentani? – domandò con voce dolce ela bruna figura che veramente aveva fatto già atto difuggire si fermò.Egli raccontò che ritornato a casa poco prima, aveva tro-vato la sorella in preda a un delirio tale che non osava dilasciarla sola come avrebbe dovuto per chiamare un me-dico.La signora discese: – La signorina Amalia? Poverina!Vengo con lei, subito, ben volentieri. – Ella era vestita alutto. Emilio pensò ch'ella dovesse essere religiosa e,dopo una lieve esitazione, disse: – Dio ne la rimeriti.La signora lo seguì nella stanza d'Amalia. Emilio fecequei pochi passi con un'angoscia indicibile. Chissà qualenuovo spettacolo lo attendeva. Nella stanza vicina nonsi sentiva alcun rumore, mentre a lui era sembrato che il

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respiro d'Amalia dovesse essere udito in tutta la casa.La trovò voltata contro il muro. Parlava ora di un incen-dio; vedeva fiamme che non potevano farle altro maleche mandarle un calore terribile. Egli si chinò a lei e perrichiamare la sua attenzione la baciò sulle gote infiam-mate. Quando ella si volse a lui, egli volle assistere, pri-ma d'andarsene, all'impressione che avrebbe fatta sullafanciulla la vista della compagna che le lasciava. Ama-lia guardò la nuova venuta per un solo istante, con pienaindifferenza.– Io gliel'affido – disse Emilio alla signora. Poteva farlo.La signora aveva una faccia dolce di madre; i suoi pic-coli occhi si posavano su Amalia pieni di pietà. – La si-gnorina mi conosce – disse ella e sedette accanto al let-to. – Sono Elena Chierici e sto qui al terzo piano. Ricor-da quel giorno in cui ella mi prestò il termometro permisurare la febbre a mio figlio?Amalia la guardò: – Sì, ma brucia e brucerà sempre.– Non brucerà sempre – disse la signora Elena chinan-dosi a lei con un buon sorriso d'incoraggiamento e gliocchi umidi dalla compassione. Pregò Emilio di darle,prima di uscire, una boccia d'acqua e un bicchiere. PerEmilio fu un affar serio trovare quelle cose in una casach'egli aveva abitata con l'incuria di chi sta in un alber-go.Non subito Amalia comprese che in quel bicchiere leera offerto un refrigerio; poi bevve a piccoli sorsi, avi-

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respiro d'Amalia dovesse essere udito in tutta la casa.La trovò voltata contro il muro. Parlava ora di un incen-dio; vedeva fiamme che non potevano farle altro maleche mandarle un calore terribile. Egli si chinò a lei e perrichiamare la sua attenzione la baciò sulle gote infiam-mate. Quando ella si volse a lui, egli volle assistere, pri-ma d'andarsene, all'impressione che avrebbe fatta sullafanciulla la vista della compagna che le lasciava. Ama-lia guardò la nuova venuta per un solo istante, con pienaindifferenza.– Io gliel'affido – disse Emilio alla signora. Poteva farlo.La signora aveva una faccia dolce di madre; i suoi pic-coli occhi si posavano su Amalia pieni di pietà. – La si-gnorina mi conosce – disse ella e sedette accanto al let-to. – Sono Elena Chierici e sto qui al terzo piano. Ricor-da quel giorno in cui ella mi prestò il termometro permisurare la febbre a mio figlio?Amalia la guardò: – Sì, ma brucia e brucerà sempre.– Non brucerà sempre – disse la signora Elena chinan-dosi a lei con un buon sorriso d'incoraggiamento e gliocchi umidi dalla compassione. Pregò Emilio di darle,prima di uscire, una boccia d'acqua e un bicchiere. PerEmilio fu un affar serio trovare quelle cose in una casach'egli aveva abitata con l'incuria di chi sta in un alber-go.Non subito Amalia comprese che in quel bicchiere leera offerto un refrigerio; poi bevve a piccoli sorsi, avi-

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damente. Quando si lasciò ricadere sul guanciale trovòun nuovo sollievo: il morbido braccio di Elena vi si erasteso e la sua testina riposava ora sorretta con pietà.Un'onda di riconoscenza gonfiò il petto ad Emilio e, pri-ma d'uscire, egli la tradusse in una stretta di mano adElena.Corse allo studio del Balli e s'imbatté nell'amico che neusciva. Pensò che forse vi avrebbe trovata Angiolina;respirò trovando il Balli solo. Sul proprio contegno du-rante la breve parte di quella giornata in cui egli avevaimmaginato si potesse ancora intraprendere qualchecosa per Amalia, egli non ebbe mai rimorsi. In quelleore egli non pensò che alla sorella, e se si fosse imbattu-to in Angiolina, avrebbe trasalito dolorosamente, soloperché quella vista gli avrebbe ricordata la propria col-pa.– Oh, Stefano! M'accadono delle cose tanto gravi! – En-trò nello studio, s'assise sulla sedia più vicina alla portae, celandosi il volto nelle mani, scoppiò in singhiozzi di-sperati. Non avrebbe saputo dire perché proprio allora sifosse sciolto in lagrime. Incominciava a riaversi del fie-ro colpo ricevuto e otteneva dal dolore riflesso lo sfogonecessario, oppure era la vicinanza del Balli – il quale cidoveva aver la sua parte nella malattia d'Amalia, – lacausa di quell'emozione tanto acuta? Certo è ch'eglistesso poi s'accorse di compiacersi d'aver dato al propriodolore un'espressione violenta; per se stesso e pel Balli.Tutto si mitigava e addolciva nel pianto; egli si sentiva

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damente. Quando si lasciò ricadere sul guanciale trovòun nuovo sollievo: il morbido braccio di Elena vi si erasteso e la sua testina riposava ora sorretta con pietà.Un'onda di riconoscenza gonfiò il petto ad Emilio e, pri-ma d'uscire, egli la tradusse in una stretta di mano adElena.Corse allo studio del Balli e s'imbatté nell'amico che neusciva. Pensò che forse vi avrebbe trovata Angiolina;respirò trovando il Balli solo. Sul proprio contegno du-rante la breve parte di quella giornata in cui egli avevaimmaginato si potesse ancora intraprendere qualchecosa per Amalia, egli non ebbe mai rimorsi. In quelleore egli non pensò che alla sorella, e se si fosse imbattu-to in Angiolina, avrebbe trasalito dolorosamente, soloperché quella vista gli avrebbe ricordata la propria col-pa.– Oh, Stefano! M'accadono delle cose tanto gravi! – En-trò nello studio, s'assise sulla sedia più vicina alla portae, celandosi il volto nelle mani, scoppiò in singhiozzi di-sperati. Non avrebbe saputo dire perché proprio allora sifosse sciolto in lagrime. Incominciava a riaversi del fie-ro colpo ricevuto e otteneva dal dolore riflesso lo sfogonecessario, oppure era la vicinanza del Balli – il quale cidoveva aver la sua parte nella malattia d'Amalia, – lacausa di quell'emozione tanto acuta? Certo è ch'eglistesso poi s'accorse di compiacersi d'aver dato al propriodolore un'espressione violenta; per se stesso e pel Balli.Tutto si mitigava e addolciva nel pianto; egli si sentiva

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sollevato e migliorato. Avrebbe dedicato il resto dellavita ad Amalia. Anche se – come egli credeva – ella fos-se stata pazza, l'avrebbe tenuta presso di sé non piùcome sorella ma come figlia. E in quel pianto si com-piacque tanto da dimenticare quale urgenza ci fosse dichiamare un medico. Era proprio là il suo posto, era làch'egli doveva agire a vantaggio di Amalia. Nell'eccita-zione in cui si trovava, qualunque impresa gli parve fa-cile e, colla sola manifestazione del proprio dolore, pen-sò che avrebbe fatto dimenticare tutto il passato anche alBalli. Gli avrebbe finalmente fatto conoscere Amalia,mite, buona e sventurata com'era.Raccontò in tutti i particolari la scena di poco prima: ildelirio, l'affanno di Amalia e il lungo tempo in cui egli,trovandosi solo, non s'era potuto allontanare da quellastanza fino all'intervento provvidenziale della signoraChierici.Il Balli prese l'aspetto di persona sorpresa da una malanuova – non certo l'aspetto sperato da Emilio – e conl'energia che in quello stato d'animo doveva essergli fa-cile, consigliò di correre a chiamare il dottor Carini. Gliera stato descritto quale un buon medico; per di più erasuo intimo ed egli l'avrebbe saputo interessare alla sortedi Amalia.Emilio piangeva e non accennava a muoversi dal posto.Gli pareva di non aver ancora terminato; non si dava pervinto, e cercava una frase per commuovere l'amico. Ne

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sollevato e migliorato. Avrebbe dedicato il resto dellavita ad Amalia. Anche se – come egli credeva – ella fos-se stata pazza, l'avrebbe tenuta presso di sé non piùcome sorella ma come figlia. E in quel pianto si com-piacque tanto da dimenticare quale urgenza ci fosse dichiamare un medico. Era proprio là il suo posto, era làch'egli doveva agire a vantaggio di Amalia. Nell'eccita-zione in cui si trovava, qualunque impresa gli parve fa-cile e, colla sola manifestazione del proprio dolore, pen-sò che avrebbe fatto dimenticare tutto il passato anche alBalli. Gli avrebbe finalmente fatto conoscere Amalia,mite, buona e sventurata com'era.Raccontò in tutti i particolari la scena di poco prima: ildelirio, l'affanno di Amalia e il lungo tempo in cui egli,trovandosi solo, non s'era potuto allontanare da quellastanza fino all'intervento provvidenziale della signoraChierici.Il Balli prese l'aspetto di persona sorpresa da una malanuova – non certo l'aspetto sperato da Emilio – e conl'energia che in quello stato d'animo doveva essergli fa-cile, consigliò di correre a chiamare il dottor Carini. Gliera stato descritto quale un buon medico; per di più erasuo intimo ed egli l'avrebbe saputo interessare alla sortedi Amalia.Emilio piangeva e non accennava a muoversi dal posto.Gli pareva di non aver ancora terminato; non si dava pervinto, e cercava una frase per commuovere l'amico. Ne

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trovò una che fece rabbrividire lui stesso: – Pazza o mo-ribonda! – Oh, la morte! Era la prima volta ch'egli im-maginava Amalia morta, scomparsa ed egli che alloraallora aveva appreso di non amare più Angiolina, si ve-deva solo, desolato dal rimpianto di non aver saputo ap-profittare della felicità, che fino a quel giorno era stata asua disposizione, di dedicare la propria vita a qualcunoche aveva bisogno di tutela e di sacrificio. Con Amaliaspariva dalla sua vita ogni speranza di dolcezza. Dissecon voce profonda: – Non so se provo maggior dolore orimorso.Guardò il Balli per vedere se fosse stato compreso. Sullafaccia di Stefano s'impresse una meraviglia sincera: –Rimorso? – Aveva sempre creduto che Emilio fosse ilmodello dei fratelli, e lo disse. Ricordò però che Amaliaera stata un po' trascurata in causa d'Angiolina e aggiun-se: – Certo è che non valeva la pena che tu ti occupassitanto di una donna quale è Angiolina; ma sono sventureche capitano... – Il Balli aveva capito Emilio tanto pocoche dichiarò di non comprendere perché perdessero tan-to tempo. Bisognava correre dal Carini e non disperareprima di sapere quello che avrebbe detto lui dello statodi Amalia. Poteva essere anche che i sintomi che spa-ventavano i profani impressionassero poco il medico.Era la speranza, ed Emilio vi si abbandonò tutto. Sullavia si divisero. Al Balli sembrò consigliabile di non la-sciare Amalia più a lungo sola con una straniera; Emilioritornasse a casa: sarebbe andato lui a cercare il medico.

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trovò una che fece rabbrividire lui stesso: – Pazza o mo-ribonda! – Oh, la morte! Era la prima volta ch'egli im-maginava Amalia morta, scomparsa ed egli che alloraallora aveva appreso di non amare più Angiolina, si ve-deva solo, desolato dal rimpianto di non aver saputo ap-profittare della felicità, che fino a quel giorno era stata asua disposizione, di dedicare la propria vita a qualcunoche aveva bisogno di tutela e di sacrificio. Con Amaliaspariva dalla sua vita ogni speranza di dolcezza. Dissecon voce profonda: – Non so se provo maggior dolore orimorso.Guardò il Balli per vedere se fosse stato compreso. Sullafaccia di Stefano s'impresse una meraviglia sincera: –Rimorso? – Aveva sempre creduto che Emilio fosse ilmodello dei fratelli, e lo disse. Ricordò però che Amaliaera stata un po' trascurata in causa d'Angiolina e aggiun-se: – Certo è che non valeva la pena che tu ti occupassitanto di una donna quale è Angiolina; ma sono sventureche capitano... – Il Balli aveva capito Emilio tanto pocoche dichiarò di non comprendere perché perdessero tan-to tempo. Bisognava correre dal Carini e non disperareprima di sapere quello che avrebbe detto lui dello statodi Amalia. Poteva essere anche che i sintomi che spa-ventavano i profani impressionassero poco il medico.Era la speranza, ed Emilio vi si abbandonò tutto. Sullavia si divisero. Al Balli sembrò consigliabile di non la-sciare Amalia più a lungo sola con una straniera; Emilioritornasse a casa: sarebbe andato lui a cercare il medico.

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Ambedue si misero a correre. La fretta d'Emilio era cau-sata dalla grande speranza che s'era insinuata poco pri-ma nel suo animo. Non era affatto escluso che, a casa,egli potesse trovare Amalia, tornata in sé, a salutarlograta dell'affetto che gli avrebbe letto in viso. Il suo pas-so rapido accompagnava e spingeva il sogno ardito.Giammai Angiolina gli aveva dato un sogno simile det-tato da un desiderio sì intenso.Non sofferse dell'aria rigida spirante da poco, tale da fardimenticare la tiepida giornata quasi primaverile che alui era sembrata stridente contraddizione al suo dolore.Le vie s'andavano oscurando rapidamente: il cielo eracoperto di grossi nuvoloni, trascinati da una corrented'aria, che a terra non si percepiva che nell'improvvisoabbassamento della temperatura. In lontananza Emiliovide sul cielo fosco la cima di un'altura gialla di lucemorente.Amalia delirava come prima. Riudendone la stancavoce, dall'identico suono dolce, la stessa modulazionepuerile interrotta dall'affanno, egli comprese che mentrefuori egli aveva sperato pazzamente, in quel lettol'ammalata non aveva trovato un istante di tregua.La signora Elena era legata al letto perché la testadell'ammalata riposava sul suo braccio. Raccontò peròche poco dopo la sua uscita, Amalia aveva respinto quelguanciale divenutole increscioso; ora l'aveva riaccettato.Veramente l'ufficio della buona signora sarebbe stato fi-

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Ambedue si misero a correre. La fretta d'Emilio era cau-sata dalla grande speranza che s'era insinuata poco pri-ma nel suo animo. Non era affatto escluso che, a casa,egli potesse trovare Amalia, tornata in sé, a salutarlograta dell'affetto che gli avrebbe letto in viso. Il suo pas-so rapido accompagnava e spingeva il sogno ardito.Giammai Angiolina gli aveva dato un sogno simile det-tato da un desiderio sì intenso.Non sofferse dell'aria rigida spirante da poco, tale da fardimenticare la tiepida giornata quasi primaverile che alui era sembrata stridente contraddizione al suo dolore.Le vie s'andavano oscurando rapidamente: il cielo eracoperto di grossi nuvoloni, trascinati da una corrented'aria, che a terra non si percepiva che nell'improvvisoabbassamento della temperatura. In lontananza Emiliovide sul cielo fosco la cima di un'altura gialla di lucemorente.Amalia delirava come prima. Riudendone la stancavoce, dall'identico suono dolce, la stessa modulazionepuerile interrotta dall'affanno, egli comprese che mentrefuori egli aveva sperato pazzamente, in quel lettol'ammalata non aveva trovato un istante di tregua.La signora Elena era legata al letto perché la testadell'ammalata riposava sul suo braccio. Raccontò peròche poco dopo la sua uscita, Amalia aveva respinto quelguanciale divenutole increscioso; ora l'aveva riaccettato.Veramente l'ufficio della buona signora sarebbe stato fi-

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nito, ed egli lo disse esprimendole un'infinita ricono-scenza.Ella lo guardò coi suoi buoni piccoli occhi e non mosseil braccio su cui la testina di Amalia si muoveva inquie-ta.Domandò: – E chi mi sostituirà? – Udito ch'egli aveval'intenzione di rivolgersi al dottore per un'infermiera apagamento, ella pregò con calore: – Allora permetta ame di restare qui. – E ringraziò quando egli, commosso,le dichiarò che non aveva mai pensato di mandarla via,ma che aveva temuto di disturbarla trattenendola. Le do-mandò poi se le occorresse di avvisare qualcuno dellaragione della sua assenza. Con semplicità ella rispose: –Non ho nessuno in casa che possa essere sorpreso dellamia assenza. Si figuri che la fantesca è entrata in servi-zio in casa mia quest'oggi.Poco dopo Amalia portò la testa sul guanciale e il brac-cio della signora fu libero. Allora finalmente poté levar-si il cappellino di lutto e, riponendolo, Emilio ringraziòdi nuovo, perché gli sembrava che quell'atto confermas-se la determinazione da lei presa di rimanere accanto aquel letto. Ella lo guardò sorpresa senza comprenderlo.Non si sarebbe potuta comportare più semplicemente dicosì.Amalia riprese a parlare, senza scuotersi, senza chiama-re, come se avesse creduto di aver sempre detto ad altavoce tutto il suo sogno. Di certe frasi diceva il principio,

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nito, ed egli lo disse esprimendole un'infinita ricono-scenza.Ella lo guardò coi suoi buoni piccoli occhi e non mosseil braccio su cui la testina di Amalia si muoveva inquie-ta.Domandò: – E chi mi sostituirà? – Udito ch'egli aveval'intenzione di rivolgersi al dottore per un'infermiera apagamento, ella pregò con calore: – Allora permetta ame di restare qui. – E ringraziò quando egli, commosso,le dichiarò che non aveva mai pensato di mandarla via,ma che aveva temuto di disturbarla trattenendola. Le do-mandò poi se le occorresse di avvisare qualcuno dellaragione della sua assenza. Con semplicità ella rispose: –Non ho nessuno in casa che possa essere sorpreso dellamia assenza. Si figuri che la fantesca è entrata in servi-zio in casa mia quest'oggi.Poco dopo Amalia portò la testa sul guanciale e il brac-cio della signora fu libero. Allora finalmente poté levar-si il cappellino di lutto e, riponendolo, Emilio ringraziòdi nuovo, perché gli sembrava che quell'atto confermas-se la determinazione da lei presa di rimanere accanto aquel letto. Ella lo guardò sorpresa senza comprenderlo.Non si sarebbe potuta comportare più semplicemente dicosì.Amalia riprese a parlare, senza scuotersi, senza chiama-re, come se avesse creduto di aver sempre detto ad altavoce tutto il suo sogno. Di certe frasi diceva il principio,

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di altre la fine; borbottava delle parole incomprensibili,altre le sillabava chiare. Esclamava e domandava. Do-mandava con ansietà, mai soddisfatta della risposta, cheforse non intendeva a pieno. Alla signora Elena, ches'era piegata su lei, per indovinare meglio un desiderioche pareva volesse manifestare: – Ma tu non sei Vitto-ria? – chiese. – Io, no – disse la signora sorpresa. Questarisposta fu compresa e bastò per qualche tempo a quie-tare l'ammalata.Poco dopo tossì. Lottò per non tossire più e la sua facciaprese un aspetto di desolazione puerile; doveva aversentito un forte dolore. La signora Elena fece osservaread Emilio quell'espressione che durante la sua assenzas'era già prodotta. – Bisognerà parlarne al dottore; si ca-pisce da quella tosse che la signorina deve essere amma-lata di petto. – Amalia ebbe più scoppi di tosse fievole,soffocata. – Non ne posso più – gemette e pianse.Ma il pianto le bagnava ancora le guance ed ella avevagià dimenticato il dolore. Affannosamente riparlò dellasua casa. C'era un nuovo ritrovato per fare a buon prez-zo il caffè. – Fanno di tutto oramai. Presto si potrà vive-re senza denaro. Mi dia un po' di quel caffè, per provare.Io glielo restituirò. A me piace la giustizia. L'ho dettoanche ad Emilio...– Sì, me ne rammento – disse Emilio per darle riposo. –Tu hai amata sempre la giustizia. – Si chinò su di lei perbaciarla in fronte.

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di altre la fine; borbottava delle parole incomprensibili,altre le sillabava chiare. Esclamava e domandava. Do-mandava con ansietà, mai soddisfatta della risposta, cheforse non intendeva a pieno. Alla signora Elena, ches'era piegata su lei, per indovinare meglio un desiderioche pareva volesse manifestare: – Ma tu non sei Vitto-ria? – chiese. – Io, no – disse la signora sorpresa. Questarisposta fu compresa e bastò per qualche tempo a quie-tare l'ammalata.Poco dopo tossì. Lottò per non tossire più e la sua facciaprese un aspetto di desolazione puerile; doveva aversentito un forte dolore. La signora Elena fece osservaread Emilio quell'espressione che durante la sua assenzas'era già prodotta. – Bisognerà parlarne al dottore; si ca-pisce da quella tosse che la signorina deve essere amma-lata di petto. – Amalia ebbe più scoppi di tosse fievole,soffocata. – Non ne posso più – gemette e pianse.Ma il pianto le bagnava ancora le guance ed ella avevagià dimenticato il dolore. Affannosamente riparlò dellasua casa. C'era un nuovo ritrovato per fare a buon prez-zo il caffè. – Fanno di tutto oramai. Presto si potrà vive-re senza denaro. Mi dia un po' di quel caffè, per provare.Io glielo restituirò. A me piace la giustizia. L'ho dettoanche ad Emilio...– Sì, me ne rammento – disse Emilio per darle riposo. –Tu hai amata sempre la giustizia. – Si chinò su di lei perbaciarla in fronte.

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Un istante di quel delirio non fu più dimenticato daEmilio. – Sì, noi due – fece ella, guardandolo con queltono dei deliranti, che non si sa se esclami o domandi. –Noi due, qui, tranquilli, uniti, noi due soli. – La serietàansiosa della faccia accompagnava la serietà della paro-la e l'affanno pareva l'espressione di un dolore cocente.Poco dopo però, ella parlava di loro due soli nella casa abuon mercato.Suonò. Erano il Balli e il dottor Carini. Emilio conosce-va già quest'ultimo, un uomo sulla quarantina, bruno,alto, magro. Si diceva che i suoi anni d'università fosse-ro stati più ricchi di divertimenti che non di studi, men-tre ora, essendo benestante, non cercava clienti es'accontentava di una posizione subalterna all'ospedaleper potervi continuare gli studi non fatti prima. Amavala medicina col fervore del dilettante; ma ne alternava lostudio con passatempi d'ogni natura, tant'è vero che con-tava maggior numero d'amici fra gli artisti che non fra imedici.Si fermò nella stanza da pranzo e, osservato che sullamalattia d'Amalia il Balli non gli aveva saputo dire altrose non che doveva trattarsi di un forte accesso di febbre,pregò Emilio di dirgliene lui qualche cosa di più.Emilio prese a raccontare dello stato in cui aveva trova-ta la sorella un paio d'ore prima, nella casa solitaria, oveella doveva aver commesse delle stranezze già dallamattina. Descrisse con esattezza di particolari il delirio,

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Un istante di quel delirio non fu più dimenticato daEmilio. – Sì, noi due – fece ella, guardandolo con queltono dei deliranti, che non si sa se esclami o domandi. –Noi due, qui, tranquilli, uniti, noi due soli. – La serietàansiosa della faccia accompagnava la serietà della paro-la e l'affanno pareva l'espressione di un dolore cocente.Poco dopo però, ella parlava di loro due soli nella casa abuon mercato.Suonò. Erano il Balli e il dottor Carini. Emilio conosce-va già quest'ultimo, un uomo sulla quarantina, bruno,alto, magro. Si diceva che i suoi anni d'università fosse-ro stati più ricchi di divertimenti che non di studi, men-tre ora, essendo benestante, non cercava clienti es'accontentava di una posizione subalterna all'ospedaleper potervi continuare gli studi non fatti prima. Amavala medicina col fervore del dilettante; ma ne alternava lostudio con passatempi d'ogni natura, tant'è vero che con-tava maggior numero d'amici fra gli artisti che non fra imedici.Si fermò nella stanza da pranzo e, osservato che sullamalattia d'Amalia il Balli non gli aveva saputo dire altrose non che doveva trattarsi di un forte accesso di febbre,pregò Emilio di dirgliene lui qualche cosa di più.Emilio prese a raccontare dello stato in cui aveva trova-ta la sorella un paio d'ore prima, nella casa solitaria, oveella doveva aver commesse delle stranezze già dallamattina. Descrisse con esattezza di particolari il delirio,

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manifestatosi prima in quell'inquietudine che la spinge-va a cercare degli insetti sulle gambe, poi in quel chiac-chierio incessante. Commosso nel ricordare e analizzaretutta l'angoscia di quella giornata, parlò, piangendo,dell'affanno, poi della tosse, quel suono esile e falso chepareva prodotto da un vaso fesso, e del dolore intensoche ogni colpo di tosse produceva all'ammalata.Il dottore cercò d'incorarlo con qualche parola amiche-vole, ma poi, ritornando all'argomento, fece una doman-da che cagionò ad Emilio non poca angoscia: – E primadi questa mattina?– Mia sorella è stata sempre debole, ma sempre sana. –S'era compromesso con questa frase e soltanto dopoaverla detta fu colto da dubbi. Non erano stati certodegl'indizi di salute quei sogni ad alta voce ch'egli avevasorpresi. Non avrebbe dovuto parlarne? Ma come farlodinanzi al Balli?– Prima d'oggi la signorina si sentiva sempre bene? –chiese il Carini con aria incredula. – Anche ieri stesso?Emilio si confuse e non seppe rispondere. Egli non ri-cordava neppur d'aver vista la sorella nei giorni prece-denti. Veramente quando l'aveva vista l'ultima volta?Forse mesi prima, quel giorno in cui l'aveva scorta sullavia vestita in modo tanto strano. – Io non credo ch'ellasia stata ammalata prima. Me lo avrebbe detto.Il dottore ed Emilio entrarono nella stanza dell'ammala-ta, mentre il Balli, dopo una breve esitazione, si fermò

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manifestatosi prima in quell'inquietudine che la spinge-va a cercare degli insetti sulle gambe, poi in quel chiac-chierio incessante. Commosso nel ricordare e analizzaretutta l'angoscia di quella giornata, parlò, piangendo,dell'affanno, poi della tosse, quel suono esile e falso chepareva prodotto da un vaso fesso, e del dolore intensoche ogni colpo di tosse produceva all'ammalata.Il dottore cercò d'incorarlo con qualche parola amiche-vole, ma poi, ritornando all'argomento, fece una doman-da che cagionò ad Emilio non poca angoscia: – E primadi questa mattina?– Mia sorella è stata sempre debole, ma sempre sana. –S'era compromesso con questa frase e soltanto dopoaverla detta fu colto da dubbi. Non erano stati certodegl'indizi di salute quei sogni ad alta voce ch'egli avevasorpresi. Non avrebbe dovuto parlarne? Ma come farlodinanzi al Balli?– Prima d'oggi la signorina si sentiva sempre bene? –chiese il Carini con aria incredula. – Anche ieri stesso?Emilio si confuse e non seppe rispondere. Egli non ri-cordava neppur d'aver vista la sorella nei giorni prece-denti. Veramente quando l'aveva vista l'ultima volta?Forse mesi prima, quel giorno in cui l'aveva scorta sullavia vestita in modo tanto strano. – Io non credo ch'ellasia stata ammalata prima. Me lo avrebbe detto.Il dottore ed Emilio entrarono nella stanza dell'ammala-ta, mentre il Balli, dopo una breve esitazione, si fermò

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nel tinello.La signora Chierici, ch'era seduta al capezzale, si levò eandò ai piedi del letto. L'ammalata pareva assopita ma,come al solito, parlò quasi fosse sempre in una conver-sazione e avesse avuto da rispondere a domande o daaggiungere delle parole ad osservazioni fatte prima: –Di qui a mezz'ora. Sì, ma non prima. – Spalancò gli oc-chi e riconobbe il Carini; disse qualche cosa che dovevaessere un saluto.– Buon giorno, signorina – rispose il dottore ad altavoce con l'evidente intenzione d'adattarsi al suo delirio.– Volevo venire a trovarla prima, ma m'è stato impossi-bile. – Il Carini era stato in casa una sola volta ed Emi-lio fu lieto ch'ella l'avesse riconosciuto. Ella doveva es-ser migliorata di molto in quelle brevi ore, perché amezzodì ella non aveva ravvisato neppure lui. Comuni-cò tale osservazione a bassa voce al dottore.Questi era tutto intento a studiare il polso dell'ammalata.Poi ne denudò il petto e vi appoggiò l'orecchio in diversipunti. Amalia taceva con gli occhi rivolti al soffitto. Poiil dottore si fece aiutare dalla signora Elena per rizzarel'ammalata e sottoporre alla medesima disamina anchela schiena. Amalia oppose resistenza per un istante maquando capì che cosa si volesse da lei cercò anche di so-stenersi da sola.Ella guardava ora la finestra, che s'era rapidamenteoscurata. La porta era aperta e il Balli, che s'era soffer-

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nel tinello.La signora Chierici, ch'era seduta al capezzale, si levò eandò ai piedi del letto. L'ammalata pareva assopita ma,come al solito, parlò quasi fosse sempre in una conver-sazione e avesse avuto da rispondere a domande o daaggiungere delle parole ad osservazioni fatte prima: –Di qui a mezz'ora. Sì, ma non prima. – Spalancò gli oc-chi e riconobbe il Carini; disse qualche cosa che dovevaessere un saluto.– Buon giorno, signorina – rispose il dottore ad altavoce con l'evidente intenzione d'adattarsi al suo delirio.– Volevo venire a trovarla prima, ma m'è stato impossi-bile. – Il Carini era stato in casa una sola volta ed Emi-lio fu lieto ch'ella l'avesse riconosciuto. Ella doveva es-ser migliorata di molto in quelle brevi ore, perché amezzodì ella non aveva ravvisato neppure lui. Comuni-cò tale osservazione a bassa voce al dottore.Questi era tutto intento a studiare il polso dell'ammalata.Poi ne denudò il petto e vi appoggiò l'orecchio in diversipunti. Amalia taceva con gli occhi rivolti al soffitto. Poiil dottore si fece aiutare dalla signora Elena per rizzarel'ammalata e sottoporre alla medesima disamina anchela schiena. Amalia oppose resistenza per un istante maquando capì che cosa si volesse da lei cercò anche di so-stenersi da sola.Ella guardava ora la finestra, che s'era rapidamenteoscurata. La porta era aperta e il Balli, che s'era soffer-

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mato sulla soglia, fu visto dall'ammalata. – Il signor Ste-fano – disse ella senz'alcuna sorpresa e senza muoversiperché aveva capito che si voleva ch'ella stesse ferma.Emilio che aveva temuta una scena, fece al Balli un cen-no imperioso di ritirarsi, e soltanto il suo gesto sottoli-neò l'importante incontro.Il Balli però non poteva più ritirarsi e si avanzò, mentreella con cenni ripetuti del capo lo incoraggiava e chia-mava. – Tanto tempo – borbottò, certo volendo signifi-care ch'era molto tempo che non si vedevano.Quando le permisero di riadagiarsi, ella continuò a guar-dare il Balli ch'ella, anche nel delirio, continuava a con-siderare quale la persona più importante per lei in quellastanza. L'affanno era aumentato per la fatica che le ave-vano data costringendola a muoversi, un lieve assalto ditosse le fece contrarre la faccia dal dolore, ma ella conti-nuò a guardare il Balli. Anche bevendo con voluttàl'acqua che le era stata offerta dal dottore, ella tenne gliocchi fissi sul Balli. Chiuse gli occhi e parve volessedormire. – Così tutto è bene – disse ad alta voce e perqualche istante si quietò.I tre uomini uscirono dalla stanza di Amalia e si ferma-rono nella vicina. Emilio impaziente domandò: – Ebbe-ne, dottore?Il Carini, che aveva poca pratica di trattare con clienti,espresse con semplicità la sua opinione: una polmonite.Trovava lo stato dell'ammalata gravissimo.

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mato sulla soglia, fu visto dall'ammalata. – Il signor Ste-fano – disse ella senz'alcuna sorpresa e senza muoversiperché aveva capito che si voleva ch'ella stesse ferma.Emilio che aveva temuta una scena, fece al Balli un cen-no imperioso di ritirarsi, e soltanto il suo gesto sottoli-neò l'importante incontro.Il Balli però non poteva più ritirarsi e si avanzò, mentreella con cenni ripetuti del capo lo incoraggiava e chia-mava. – Tanto tempo – borbottò, certo volendo signifi-care ch'era molto tempo che non si vedevano.Quando le permisero di riadagiarsi, ella continuò a guar-dare il Balli ch'ella, anche nel delirio, continuava a con-siderare quale la persona più importante per lei in quellastanza. L'affanno era aumentato per la fatica che le ave-vano data costringendola a muoversi, un lieve assalto ditosse le fece contrarre la faccia dal dolore, ma ella conti-nuò a guardare il Balli. Anche bevendo con voluttàl'acqua che le era stata offerta dal dottore, ella tenne gliocchi fissi sul Balli. Chiuse gli occhi e parve volessedormire. – Così tutto è bene – disse ad alta voce e perqualche istante si quietò.I tre uomini uscirono dalla stanza di Amalia e si ferma-rono nella vicina. Emilio impaziente domandò: – Ebbe-ne, dottore?Il Carini, che aveva poca pratica di trattare con clienti,espresse con semplicità la sua opinione: una polmonite.Trovava lo stato dell'ammalata gravissimo.

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– Senza speranza? – domandò Emilio, e attese con an-sietà la risposta.Il Carini gli lanciò un'occhiata di compassione. Disseche c'era sempre speranza e ch'egli aveva già visti deicasi simili risolversi improvvisamente addirittura nellapiena salute: un fenomeno che sorprendeva anche il me-dico più provetto.Allora Emilio si commosse. Oh, perché non si sarebbeavverato anche in questo caso quel fenomeno sorpren-dente? Sarebbe bastato a dargli il sentimento della feli-cità per tutta la vita. Non era la gioia inaspettata, il donogeneroso della provvidenza quale egli s'era augurato?La speranza per un istante fu piena; se avesse vistoAmalia camminare, se l'avesse udita parlare assennata-mente, non ne avrebbe potuto provare una maggiore.Ma il Carini non aveva detto tutto. Egli non ammettevache la malattia fosse scoppiata quel giorno. Già violentadoveva essersi manifestata uno o forse anche due giorniprima.Di nuovo Emilio doveva scolparsi di quel passato chegiaceva tanto lontano da lui. – Potrebbe essere – ammise– ma mi pare difficile. Se è scoppiata ieri, deve esserestato in modo sì lieve ch'io non me ne sia potuto accor-gere. – Poi, offeso da una occhiata di rimprovero delBalli, aggiunse: – Non mi pare possibile.Ruvidamente, col tono che tutti da lui tolleravano, ilBalli disse al dottore: – Sai, noi di medicina non ne sap-

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– Senza speranza? – domandò Emilio, e attese con an-sietà la risposta.Il Carini gli lanciò un'occhiata di compassione. Disseche c'era sempre speranza e ch'egli aveva già visti deicasi simili risolversi improvvisamente addirittura nellapiena salute: un fenomeno che sorprendeva anche il me-dico più provetto.Allora Emilio si commosse. Oh, perché non si sarebbeavverato anche in questo caso quel fenomeno sorpren-dente? Sarebbe bastato a dargli il sentimento della feli-cità per tutta la vita. Non era la gioia inaspettata, il donogeneroso della provvidenza quale egli s'era augurato?La speranza per un istante fu piena; se avesse vistoAmalia camminare, se l'avesse udita parlare assennata-mente, non ne avrebbe potuto provare una maggiore.Ma il Carini non aveva detto tutto. Egli non ammettevache la malattia fosse scoppiata quel giorno. Già violentadoveva essersi manifestata uno o forse anche due giorniprima.Di nuovo Emilio doveva scolparsi di quel passato chegiaceva tanto lontano da lui. – Potrebbe essere – ammise– ma mi pare difficile. Se è scoppiata ieri, deve esserestato in modo sì lieve ch'io non me ne sia potuto accor-gere. – Poi, offeso da una occhiata di rimprovero delBalli, aggiunse: – Non mi pare possibile.Ruvidamente, col tono che tutti da lui tolleravano, ilBalli disse al dottore: – Sai, noi di medicina non ne sap-

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piamo niente. Questa febbre durerà sempre, finché noncessi la malattia? Non vi saranno delle soste?Il Carini rispose che sul decorso della malattia egli nonpoteva dir nulla. – Mi trovo dinanzi ad un'incognita, auna malattia di cui non conosco che il momento presen-te. Ci sarà crisi? E quando? Domani, questa sera, di quia tre o quattro giorni, che ne so io?Emilio pensò che tutto ciò autorizzava le più ardite spe-ranze e lasciò il Balli a continuare l'interrogatorio delmedico. Egli si vedeva accanto Amalia guarita, assenna-ta, ridivenuta capace di sentire il suo affetto.Il peggior sintomo che il Carini osservasse in Amalia,non era la febbre né la tosse; era la forma del delirio,quel chiacchierio agitato e continuo. Aggiunse a bassavoce: – Non sembra un organismo adatto a sopportaredelle temperature elevate.Si fece dare l'occorrente per scrivere, ma, prima di farela ricetta, disse: – Per combattere la sete le darei delvino con dell'acqua di selz. Ogni due o tre ore le permet-terei di prendere un bicchiere di vino generoso. Già –fece esitante – la signorina dev'essere abituata al vino. –Con due tratti risoluti di penna scrisse la ricetta.– Amalia non è abituata al vino – protestò Emilio. –Anzi non lo può soffrire; non sono stato mai capaced'indurla ad abituarvisi.Il dottore fece un gesto di sorpresa e guardò Emilio

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piamo niente. Questa febbre durerà sempre, finché noncessi la malattia? Non vi saranno delle soste?Il Carini rispose che sul decorso della malattia egli nonpoteva dir nulla. – Mi trovo dinanzi ad un'incognita, auna malattia di cui non conosco che il momento presen-te. Ci sarà crisi? E quando? Domani, questa sera, di quia tre o quattro giorni, che ne so io?Emilio pensò che tutto ciò autorizzava le più ardite spe-ranze e lasciò il Balli a continuare l'interrogatorio delmedico. Egli si vedeva accanto Amalia guarita, assenna-ta, ridivenuta capace di sentire il suo affetto.Il peggior sintomo che il Carini osservasse in Amalia,non era la febbre né la tosse; era la forma del delirio,quel chiacchierio agitato e continuo. Aggiunse a bassavoce: – Non sembra un organismo adatto a sopportaredelle temperature elevate.Si fece dare l'occorrente per scrivere, ma, prima di farela ricetta, disse: – Per combattere la sete le darei delvino con dell'acqua di selz. Ogni due o tre ore le permet-terei di prendere un bicchiere di vino generoso. Già –fece esitante – la signorina dev'essere abituata al vino. –Con due tratti risoluti di penna scrisse la ricetta.– Amalia non è abituata al vino – protestò Emilio. –Anzi non lo può soffrire; non sono stato mai capaced'indurla ad abituarvisi.Il dottore fece un gesto di sorpresa e guardò Emilio

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come se non avesse potuto credere che gli fosse detta laverità. Anche il Balli guardò Emilio con occhio scruta-tore. Egli aveva già capito che il dottore aveva conclusodai sintomi presentati dalla malattia di Amalia di aver afare con un'alcoolizzata, e ricordava d'aver osservatoch'Emilio era capace dei pudori più falsi. Voleva indurloa dire la verità che il dottore doveva conoscere.Emilio indovinò il significato di quell'occhiata. – Comepuoi credere una cosa simile? Ella, bere! Non sa neppu-re bere dell'acqua in abbondanza. Ci mette un'ora per unbicchiere d'acqua.– Se ella me lo assicura – disse il dottore – tanto meglio,perché un organismo, per quanto debole, può resisterealle temperature elevate, quando non è fiaccatodall'alcool. – Guardò la ricetta un po' esitante, ma poi lalasciò intatta, ed Emilio comprese di non essere statocreduto. – In farmacia le daranno un liquido di cui vorràfar prendere all'ammalata un cucchiaio ogni ora. Anzivorrei parlare con la signora che l'assiste.Emilio ed il Balli seguirono il dottore e lo presentaronoalla signora Elena. Il Carini spiegò che desiderava sitentasse di far sopportare all'ammalata delle compresseghiacciate al petto, e disse che ciò sarebbe stato vantag-giosissimo per la cura.– Oh, le sopporterà! – disse Elena con un fervore chesorprese i tre uomini.– Adagio – fece il dottore sorridendo lieto di veder

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come se non avesse potuto credere che gli fosse detta laverità. Anche il Balli guardò Emilio con occhio scruta-tore. Egli aveva già capito che il dottore aveva conclusodai sintomi presentati dalla malattia di Amalia di aver afare con un'alcoolizzata, e ricordava d'aver osservatoch'Emilio era capace dei pudori più falsi. Voleva indurloa dire la verità che il dottore doveva conoscere.Emilio indovinò il significato di quell'occhiata. – Comepuoi credere una cosa simile? Ella, bere! Non sa neppu-re bere dell'acqua in abbondanza. Ci mette un'ora per unbicchiere d'acqua.– Se ella me lo assicura – disse il dottore – tanto meglio,perché un organismo, per quanto debole, può resisterealle temperature elevate, quando non è fiaccatodall'alcool. – Guardò la ricetta un po' esitante, ma poi lalasciò intatta, ed Emilio comprese di non essere statocreduto. – In farmacia le daranno un liquido di cui vorràfar prendere all'ammalata un cucchiaio ogni ora. Anzivorrei parlare con la signora che l'assiste.Emilio ed il Balli seguirono il dottore e lo presentaronoalla signora Elena. Il Carini spiegò che desiderava sitentasse di far sopportare all'ammalata delle compresseghiacciate al petto, e disse che ciò sarebbe stato vantag-giosissimo per la cura.– Oh, le sopporterà! – disse Elena con un fervore chesorprese i tre uomini.– Adagio – fece il dottore sorridendo lieto di veder

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l'ammalata in mani sì pietose. – Non desidero la si co-stringa, e se dimostrasse una ripulsione troppo forte pelfreddo, bisognerebbe rinunziare a tale tentativo.Il Carini se ne andò promettendo di ritornare il giornoappresso di buon'ora. – Ebbene, dottore? – domandò an-cora una volta Emilio con voce supplichevole. Invece diuna risposta il dottore disse qualche parola di conforto edi voler rimandare il suo giudizio al giorno appresso. IlBalli uscì col Carini promettendo di ritornare subito; vo-leva prendere il dottore a quattr'occhi e sentire se avesseparlato ad Emilio con piena sincerità.Emilio s'aggrappava con tutte le forze alla sua speranza.Il dottore s'era ingannato quando aveva creduto cheAmalia fosse una beona; tutta la sua prognosi potevaperciò essere errata. Non conoscendo limiti ai sogni,Emilio pensò persino che la salute di Amalia potesse an-cora dipendere da lui. Ella era ammalata prima di tutto,perché egli aveva mancato al dovere di proteggerla; orainvece egli era là per procurarle tutte le soddisfazioni,tutti i conforti, e questo il dottore l'ignorava. Andò alletto d'Amalia come se avesse voluto portarle soddisfa-zioni e conforti, ma là si sentì subito inerme. La baciò infronte, e stette lungamente a guardarla affannarsi perconquistare un po' d'aria ai suoi poveri polmoni.Il Balli, ritornato, sedette in un cantuccio quanto piùlontano poté dal letto di Amalia. Il dottore non avevapotuto che ripetergli quanto già aveva detto ad Emilio.

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l'ammalata in mani sì pietose. – Non desidero la si co-stringa, e se dimostrasse una ripulsione troppo forte pelfreddo, bisognerebbe rinunziare a tale tentativo.Il Carini se ne andò promettendo di ritornare il giornoappresso di buon'ora. – Ebbene, dottore? – domandò an-cora una volta Emilio con voce supplichevole. Invece diuna risposta il dottore disse qualche parola di conforto edi voler rimandare il suo giudizio al giorno appresso. IlBalli uscì col Carini promettendo di ritornare subito; vo-leva prendere il dottore a quattr'occhi e sentire se avesseparlato ad Emilio con piena sincerità.Emilio s'aggrappava con tutte le forze alla sua speranza.Il dottore s'era ingannato quando aveva creduto cheAmalia fosse una beona; tutta la sua prognosi potevaperciò essere errata. Non conoscendo limiti ai sogni,Emilio pensò persino che la salute di Amalia potesse an-cora dipendere da lui. Ella era ammalata prima di tutto,perché egli aveva mancato al dovere di proteggerla; orainvece egli era là per procurarle tutte le soddisfazioni,tutti i conforti, e questo il dottore l'ignorava. Andò alletto d'Amalia come se avesse voluto portarle soddisfa-zioni e conforti, ma là si sentì subito inerme. La baciò infronte, e stette lungamente a guardarla affannarsi perconquistare un po' d'aria ai suoi poveri polmoni.Il Balli, ritornato, sedette in un cantuccio quanto piùlontano poté dal letto di Amalia. Il dottore non avevapotuto che ripetergli quanto già aveva detto ad Emilio.

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La signora Elena chiese di poter andare per un istantenel suo quartierino, ove doveva dare qualche disposizio-ne; avrebbe mandata lei la sua fantesca in farmacia.Uscì accompagnata da un'occhiata d'ammirazione delBalli. Non occorreva consegnarle dei denari, perché, peruna vecchia abitudine, i Brentani avevano conto apertoin farmacia.Il Balli mormorò: – La bontà così semplice mi commuo-ve più che non la genialità più alta.Emilio aveva preso il posto lasciato libero da Elena. Daparecchio tempo l'ammalata non diceva alcuna parolacomprensibile; borbottava indistintamente quasi si fossevoluta esercitare a pronunciare delle parole difficili.Emilio poggiò la testa sulla mano e stette ad ascoltarequell'affanno sempre uguale, vertiginoso. Era dalla mat-tina che lo udiva, e gli pareva divenuto una qualità delproprio orecchio, un suono da cui non avrebbe saputopiù liberarsi. Ricordò, che una sera, ad onta del freddo,s'era alzato in camicia dal letto per usare una gentilezzaalla povera sorella, che egli aveva sentito soffrire accan-to a lui: le aveva offerto di accompagnarla la sera ap-presso a teatro. Aveva sentita una grande consolazionepercependo della riconoscenza nella voce di Amalia. Poiaveva dimenticato quell'istante, e non aveva più cercatodi ripeterlo. Oh, se egli avesse saputo che nella sua vitac'era una missione tanto grave come quella di tutelareuna vita affidata unicamente a lui, egli non avrebbe piùsentito il bisogno di avvicinarsi ad Angiolina. Ora, trop-

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La signora Elena chiese di poter andare per un istantenel suo quartierino, ove doveva dare qualche disposizio-ne; avrebbe mandata lei la sua fantesca in farmacia.Uscì accompagnata da un'occhiata d'ammirazione delBalli. Non occorreva consegnarle dei denari, perché, peruna vecchia abitudine, i Brentani avevano conto apertoin farmacia.Il Balli mormorò: – La bontà così semplice mi commuo-ve più che non la genialità più alta.Emilio aveva preso il posto lasciato libero da Elena. Daparecchio tempo l'ammalata non diceva alcuna parolacomprensibile; borbottava indistintamente quasi si fossevoluta esercitare a pronunciare delle parole difficili.Emilio poggiò la testa sulla mano e stette ad ascoltarequell'affanno sempre uguale, vertiginoso. Era dalla mat-tina che lo udiva, e gli pareva divenuto una qualità delproprio orecchio, un suono da cui non avrebbe saputopiù liberarsi. Ricordò, che una sera, ad onta del freddo,s'era alzato in camicia dal letto per usare una gentilezzaalla povera sorella, che egli aveva sentito soffrire accan-to a lui: le aveva offerto di accompagnarla la sera ap-presso a teatro. Aveva sentita una grande consolazionepercependo della riconoscenza nella voce di Amalia. Poiaveva dimenticato quell'istante, e non aveva più cercatodi ripeterlo. Oh, se egli avesse saputo che nella sua vitac'era una missione tanto grave come quella di tutelareuna vita affidata unicamente a lui, egli non avrebbe piùsentito il bisogno di avvicinarsi ad Angiolina. Ora, trop-

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po tardi forse, era guarito di quell'amore. Pianse in si-lenzio, nell'ombra, amaramente.– Stefano – chiamò l'ammalata a bassa voce. Emilio tra-salì e guardò il Balli che si trovava nella parte dellastanza ancora scarsamente illuminata dalla luce della fi-nestra. Stefano non doveva aver udito perché non s'eramosso.– Se tu lo vuoi, voglio anch'io – disse Amalia. Rinasce-vano con le identiche parole gli antichi sogni, che il bru-sco abbandono del Balli aveva soffocati. L'ammalataaveva ora aperti gli occhi e guardava la parete di faccia:– Io sono d'accordo – disse – fa tu, ma presto. – Un col-po di tosse le fece contrarre la faccia dal dolore, ma su-bito dopo disse: – Oh, la bella giornata! Tanto attesa! –Richiuse gli occhi.Emilio pensò che avrebbe dovuto allontanare il Balli daquella stanza, ma non ebbe il coraggio. Aveva fatto giàtanto male una volta in cui s'era interposto fra il Balli eAmalia. Il balbettìo dell'ammalata ridivenne, per qual-che tempo, incomprensibile, ma, quando Emilio inco-minciava a tranquillarsi, dopo un nuovo accesso di tos-se, ella disse chiaramente: – Oh, Stefano, io sto male.– Chiamò me? – domandò il Balli alzandosi e venendosino al letto.– Non ho udito – disse Emilio confuso.– Io non capisco, dottore, – disse l'ammalata, rivolta al

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po tardi forse, era guarito di quell'amore. Pianse in si-lenzio, nell'ombra, amaramente.– Stefano – chiamò l'ammalata a bassa voce. Emilio tra-salì e guardò il Balli che si trovava nella parte dellastanza ancora scarsamente illuminata dalla luce della fi-nestra. Stefano non doveva aver udito perché non s'eramosso.– Se tu lo vuoi, voglio anch'io – disse Amalia. Rinasce-vano con le identiche parole gli antichi sogni, che il bru-sco abbandono del Balli aveva soffocati. L'ammalataaveva ora aperti gli occhi e guardava la parete di faccia:– Io sono d'accordo – disse – fa tu, ma presto. – Un col-po di tosse le fece contrarre la faccia dal dolore, ma su-bito dopo disse: – Oh, la bella giornata! Tanto attesa! –Richiuse gli occhi.Emilio pensò che avrebbe dovuto allontanare il Balli daquella stanza, ma non ebbe il coraggio. Aveva fatto giàtanto male una volta in cui s'era interposto fra il Balli eAmalia. Il balbettìo dell'ammalata ridivenne, per qual-che tempo, incomprensibile, ma, quando Emilio inco-minciava a tranquillarsi, dopo un nuovo accesso di tos-se, ella disse chiaramente: – Oh, Stefano, io sto male.– Chiamò me? – domandò il Balli alzandosi e venendosino al letto.– Non ho udito – disse Emilio confuso.– Io non capisco, dottore, – disse l'ammalata, rivolta al

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Balli – io sto quieta, mi curo e sto sempre male.Meravigliato di non essere riconosciuto dopo di esserestato chiamato, il Balli parlò come se fosse stato lui ildottore; le raccomandò di continuare ad essere buona eche fra poco sarebbe stata bene.Ella continuava: – Che bisogno avevo io di tutto que-sto... questo... – e si toccò il petto e il fianco – di que-sto... – L'affanno si sentiva intero solo nelle pause, maqueste erano prodotte da esitazioni, non dalla mancanzadi respiro.– Di questo male – soggiunse il Balli suggerendole laparola ch'ella invano cercava.– Di questo male – ripeté lei riconoscente. Ma pocodopo le ritornò il dubbio di essersi espressa male e af-fannosamente riprese: – Che bisogno avevo io di que-sto... Oggi! Come faremo con questo... questo... in unagiornata simile?Il solo Emilio comprese. Ella si sognava a nozze.Amalia però non espresse tale pensiero. Ripeté ch'ellanon aveva avuto bisogno del male, che credeva nessunol'avesse voluto e proprio adesso... proprio adesso.L'avverbio però non era mai precisato altrimenti e ilBalli non lo poteva intendere Quando ella si adagiavasul guanciale e guardava dinanzi a sé o chiudeva gli oc-chi, si rivolgeva con assoluta familiarità all'oggetto deisuoi sogni; quando li riapriva, non s'avvedeva che

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Balli – io sto quieta, mi curo e sto sempre male.Meravigliato di non essere riconosciuto dopo di esserestato chiamato, il Balli parlò come se fosse stato lui ildottore; le raccomandò di continuare ad essere buona eche fra poco sarebbe stata bene.Ella continuava: – Che bisogno avevo io di tutto que-sto... questo... – e si toccò il petto e il fianco – di que-sto... – L'affanno si sentiva intero solo nelle pause, maqueste erano prodotte da esitazioni, non dalla mancanzadi respiro.– Di questo male – soggiunse il Balli suggerendole laparola ch'ella invano cercava.– Di questo male – ripeté lei riconoscente. Ma pocodopo le ritornò il dubbio di essersi espressa male e af-fannosamente riprese: – Che bisogno avevo io di que-sto... Oggi! Come faremo con questo... questo... in unagiornata simile?Il solo Emilio comprese. Ella si sognava a nozze.Amalia però non espresse tale pensiero. Ripeté ch'ellanon aveva avuto bisogno del male, che credeva nessunol'avesse voluto e proprio adesso... proprio adesso.L'avverbio però non era mai precisato altrimenti e ilBalli non lo poteva intendere Quando ella si adagiavasul guanciale e guardava dinanzi a sé o chiudeva gli oc-chi, si rivolgeva con assoluta familiarità all'oggetto deisuoi sogni; quando li riapriva, non s'avvedeva che

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quell'oggetto si trovava in carne ed ossa accanto al suoletto. L'unico che potesse comprendere il sogno eraEmilio, che conosceva tutti i fatti reali e tutti i sogni pre-cedenti a questo delirio. Si sentì più che mai inutile aquel letto. Amalia non gli apparteneva nel delirio; eraancora meno sua che quando si trovava nel possesso deisuoi sensi.La signora Elena ritornò, portando seco le pezze bagna-te già preparate, e tutto il necessario per isolarle e impe-dire che bagnassero il letto. Denudò il petto di Amalia elo protesse agli occhi dei due uomini ponendovisi dinan-zi.Amalia emise un lieve grido di spavento a quella im-provvisa sensazione di freddo. – Le farà bene – disse lasignora Elena curva su lei.Amalia comprese, ma dimandò dubbiosa ed ansimante –Fa bene? – Volle però liberarsi da quella sensazione pe-nosa dicendo: – Non oggi, però, non oggi.– Te ne prego, sorella mia – pregò Emilio calorosamentetrovando finalmente qualche cosa da fare – sforzati ditenere sul petto quelle pezze. Ti guariranno.L'affanno di Amalia parve aumentato; di nuovo gli oc-chi le si empirono di lagrime. – È buio – disse – assaibuio. – Era infatti buio, ma quando la signora Elenas'affrettò ad accendere una candela, l'ammalata non sene avvide neppure e continuò a lagnarsi dell'oscurità.Cercava d'esprimere così tutt'altra sensazione opprimen-

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quell'oggetto si trovava in carne ed ossa accanto al suoletto. L'unico che potesse comprendere il sogno eraEmilio, che conosceva tutti i fatti reali e tutti i sogni pre-cedenti a questo delirio. Si sentì più che mai inutile aquel letto. Amalia non gli apparteneva nel delirio; eraancora meno sua che quando si trovava nel possesso deisuoi sensi.La signora Elena ritornò, portando seco le pezze bagna-te già preparate, e tutto il necessario per isolarle e impe-dire che bagnassero il letto. Denudò il petto di Amalia elo protesse agli occhi dei due uomini ponendovisi dinan-zi.Amalia emise un lieve grido di spavento a quella im-provvisa sensazione di freddo. – Le farà bene – disse lasignora Elena curva su lei.Amalia comprese, ma dimandò dubbiosa ed ansimante –Fa bene? – Volle però liberarsi da quella sensazione pe-nosa dicendo: – Non oggi, però, non oggi.– Te ne prego, sorella mia – pregò Emilio calorosamentetrovando finalmente qualche cosa da fare – sforzati ditenere sul petto quelle pezze. Ti guariranno.L'affanno di Amalia parve aumentato; di nuovo gli oc-chi le si empirono di lagrime. – È buio – disse – assaibuio. – Era infatti buio, ma quando la signora Elenas'affrettò ad accendere una candela, l'ammalata non sene avvide neppure e continuò a lagnarsi dell'oscurità.Cercava d'esprimere così tutt'altra sensazione opprimen-

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te.Al chiarore della candela, la signora Elena si accorseche la faccia d'Amalia era irrorata di sudore; anche lacamicia ne era intrisa fino alle spalle. – Che sia un buonsegno? – esclamò giocondamente.Intanto però Amalia, che nel delirio era l'umiltà in per-sona, per liberarsi dal peso al petto e non contravvenireall'ordine che aveva sentito echeggiare nel suo orecchio,spinse le pezze verso la schiena. Ma anche di là le man-darono una sensazione incresciosa e, allora, con sor-prendente abilità, le cacciò sotto al guanciale, lietad'aver trovato un posto, ove poteva tenerle senz'averne asoffrire. Poi esaminò con l'occhio inquieto le facce deisuoi infermieri, di cui sentiva d'aver bisogno. Quando lasignora Elena allontanò le pezze dal letto, ella ebbeun'impressione e un suono indistinto di sorpresa. Duran-te la notte fu questo l'intervallo in cui dimostrò maggiorconsapevolezza, e anche allora non ebbe che l'intelligen-za di una buona bestia mite e obbediente.Il Balli aveva fatto venire, per mezzo di Michele, variebottiglie di vini bianchi e neri. Volle il caso che la primabottiglia che si ponesse a mano fosse di vino spumante;il turacciolo saltò con una forte detonazione, toccò ilsoffitto e ricadde sul letto di Amalia. Ella non se ne ac-corse neppure, mentre gli altri, spaventati, seguironocon gli occhi il volo del proiettile.Poi l'ammalata bevve il vino offertole dalla signora Ele-

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te.Al chiarore della candela, la signora Elena si accorseche la faccia d'Amalia era irrorata di sudore; anche lacamicia ne era intrisa fino alle spalle. – Che sia un buonsegno? – esclamò giocondamente.Intanto però Amalia, che nel delirio era l'umiltà in per-sona, per liberarsi dal peso al petto e non contravvenireall'ordine che aveva sentito echeggiare nel suo orecchio,spinse le pezze verso la schiena. Ma anche di là le man-darono una sensazione incresciosa e, allora, con sor-prendente abilità, le cacciò sotto al guanciale, lietad'aver trovato un posto, ove poteva tenerle senz'averne asoffrire. Poi esaminò con l'occhio inquieto le facce deisuoi infermieri, di cui sentiva d'aver bisogno. Quando lasignora Elena allontanò le pezze dal letto, ella ebbeun'impressione e un suono indistinto di sorpresa. Duran-te la notte fu questo l'intervallo in cui dimostrò maggiorconsapevolezza, e anche allora non ebbe che l'intelligen-za di una buona bestia mite e obbediente.Il Balli aveva fatto venire, per mezzo di Michele, variebottiglie di vini bianchi e neri. Volle il caso che la primabottiglia che si ponesse a mano fosse di vino spumante;il turacciolo saltò con una forte detonazione, toccò ilsoffitto e ricadde sul letto di Amalia. Ella non se ne ac-corse neppure, mentre gli altri, spaventati, seguironocon gli occhi il volo del proiettile.Poi l'ammalata bevve il vino offertole dalla signora Ele-

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na, facendo però dei segni di disgusto. Emilio osservòquei segni con profonda soddisfazione.Il Balli offerse un bicchiere alla signora Elena la qualeaccettò a patto che lui ed Emilio bevessero con lei. IlBalli bevette augurando prima con voce profonda la sa-lute ad Amalia.Ma la salute era ben lontana dalla poveretta: – Oh, oh,chi vedo! – fece ella poco dopo, con voce chiara guar-dando dinanzi a sé. – Vittoria con lui! Non può essere,perché me l'avrebbe detto. – Era la seconda volta chenominava quella Vittoria, ma ora Emilio comprese, per-ché aveva indovinato chi l'ammalata designasse conquel lui accentuato. Ella stava facendo un sogno di gelo-sia. Continuò a parlare, ma meno chiaramente. Dal solobalbettio Emilio poté seguire il sogno che durò più diquelli che lo avevano preceduto. Le due persone createdal delirio s'erano avvicinate, e la povera Amalia dicevache aveva piacere di vederle e di vederle unite. – Chidice che a me dispiaccia? A me fa piacere. – Poi seguìun periodo più lungo, in cui borbottò soltanto delle pa-role indistinte. Forse il sogno era già morto da tempo edEmilio cercava ancora in quei suoni affannosi il doloredella gelosia.La signora Elena s'era seduta di nuovo al suo solito po-sto al capezzale. Emilio andò a raggiungere il Balli che,appoggiato al davanzale, guardava sulla via. L'uraganoche da qualche ora minacciava, continuava ad addensar-

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na, facendo però dei segni di disgusto. Emilio osservòquei segni con profonda soddisfazione.Il Balli offerse un bicchiere alla signora Elena la qualeaccettò a patto che lui ed Emilio bevessero con lei. IlBalli bevette augurando prima con voce profonda la sa-lute ad Amalia.Ma la salute era ben lontana dalla poveretta: – Oh, oh,chi vedo! – fece ella poco dopo, con voce chiara guar-dando dinanzi a sé. – Vittoria con lui! Non può essere,perché me l'avrebbe detto. – Era la seconda volta chenominava quella Vittoria, ma ora Emilio comprese, per-ché aveva indovinato chi l'ammalata designasse conquel lui accentuato. Ella stava facendo un sogno di gelo-sia. Continuò a parlare, ma meno chiaramente. Dal solobalbettio Emilio poté seguire il sogno che durò più diquelli che lo avevano preceduto. Le due persone createdal delirio s'erano avvicinate, e la povera Amalia dicevache aveva piacere di vederle e di vederle unite. – Chidice che a me dispiaccia? A me fa piacere. – Poi seguìun periodo più lungo, in cui borbottò soltanto delle pa-role indistinte. Forse il sogno era già morto da tempo edEmilio cercava ancora in quei suoni affannosi il doloredella gelosia.La signora Elena s'era seduta di nuovo al suo solito po-sto al capezzale. Emilio andò a raggiungere il Balli che,appoggiato al davanzale, guardava sulla via. L'uraganoche da qualche ora minacciava, continuava ad addensar-

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si. Sulla via non era caduta ancora una goccia d'acqua.Gli ultimi riflessi del tramonto ingialliti dall'aria torbida,mandavano al selciato e alle case dei riverberi che pare-vano d'incendio. Il Balli con gli occhi socchiusi guarda-va e gustava lo strano colore.Di nuovo Emilio tentò d'attaccarsi ad Amalia, proteg-gendola, difendendola ad onta che persino nel delirioella lo respingesse da sé. Chiese al Balli: – Hai osserva-to con quale smorfia di disgusto ha bevuto quel vino?Era quella forse la faccia di chi è abituato a bere?Il Balli gli diede ragione, ma desideroso di difendere ilCarini, disse col solito ingenuo modo di espressione: –Può essere però che la malattia le abbia alterato il pala-to.Emilio, dall'ira, si sentì un nodo alla gola: – Tu credi an-cora nelle parole di quell'imbecille.Accorgendosi di tanta commozione, il Balli si scusò: –Io non capisco niente; la sicurezza con la quale ne parlòil Carini mi mise dei dubbi.Emilio pianse di nuovo. Disse che non era la malattia ola morte d'Amalia che lo portava alla disperazione ma ilpensiero che essa era vissuta sempre misconosciuta e vi-lipesa. Ora il destino implacabile si compiaceva di sna-turarne la mite, dolce, virtuosa fisonomia con l'agoniadei viziosi. Il Balli cercò di calmarlo: pensandoci benetrovava anche lui impossibile che Amalia avesse avutoquel vizio. Del resto egli non aveva voluto fare un af-

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si. Sulla via non era caduta ancora una goccia d'acqua.Gli ultimi riflessi del tramonto ingialliti dall'aria torbida,mandavano al selciato e alle case dei riverberi che pare-vano d'incendio. Il Balli con gli occhi socchiusi guarda-va e gustava lo strano colore.Di nuovo Emilio tentò d'attaccarsi ad Amalia, proteg-gendola, difendendola ad onta che persino nel delirioella lo respingesse da sé. Chiese al Balli: – Hai osserva-to con quale smorfia di disgusto ha bevuto quel vino?Era quella forse la faccia di chi è abituato a bere?Il Balli gli diede ragione, ma desideroso di difendere ilCarini, disse col solito ingenuo modo di espressione: –Può essere però che la malattia le abbia alterato il pala-to.Emilio, dall'ira, si sentì un nodo alla gola: – Tu credi an-cora nelle parole di quell'imbecille.Accorgendosi di tanta commozione, il Balli si scusò: –Io non capisco niente; la sicurezza con la quale ne parlòil Carini mi mise dei dubbi.Emilio pianse di nuovo. Disse che non era la malattia ola morte d'Amalia che lo portava alla disperazione ma ilpensiero che essa era vissuta sempre misconosciuta e vi-lipesa. Ora il destino implacabile si compiaceva di sna-turarne la mite, dolce, virtuosa fisonomia con l'agoniadei viziosi. Il Balli cercò di calmarlo: pensandoci benetrovava anche lui impossibile che Amalia avesse avutoquel vizio. Del resto egli non aveva voluto fare un af-

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fronto alla povera fanciulla. Con profonda commisera-zione, guardando verso il letto, disse: – Se anche la sup-posizione del Carini fosse stata giusta, io non avrei micadisprezzato tua sorella.Stettero lungamente in silenzio alla finestra. Il giallosulla via veniva cancellato dalla notte che si avanzavarapidamente. Il solo cielo, ove le nubi continuavano adaccavallarsi, rimaneva chiaro e giallo.Emilio pensò che forse neppure Angiolina sarebbe an-data all'appuntamento. Ma, di botto, dimenticando da unmomento all'altro quello che, fin dalla mattina, avevadeciso, disse: – Io adesso andrò all'ultimo appuntamentocon Angiolina. Infatti, perché no? Viva o morta, Amalialo avrebbe diviso per sempre dall'amante, ma perchénon sarebbe andato a dire ad Angiolina che voleva rom-pere definitivamente ogni relazione con lei? Gli si aper-se il cuore alla gioia di quell'ultimo abboccamento. Lasua presenza in quella stanza non giovava a nessuno,mentre andando da Angiolina egli portava subito un olo-causto ad Amalia. Al Balli che, meravigliato di quelleparole, cercava di distoglierlo dal suo proposito, eglidisse che andava all'appuntamento perché voleva appro-fittare di quel suo stato d'animo per liberarsi per sempreda Angiolina.Stefano non gli credette; gli pareva di sentir parlare ilsolito debole Emilio e gli parve di renderlo più forte rac-contandogli che quel giorno stesso egli era stato obbli-

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fronto alla povera fanciulla. Con profonda commisera-zione, guardando verso il letto, disse: – Se anche la sup-posizione del Carini fosse stata giusta, io non avrei micadisprezzato tua sorella.Stettero lungamente in silenzio alla finestra. Il giallosulla via veniva cancellato dalla notte che si avanzavarapidamente. Il solo cielo, ove le nubi continuavano adaccavallarsi, rimaneva chiaro e giallo.Emilio pensò che forse neppure Angiolina sarebbe an-data all'appuntamento. Ma, di botto, dimenticando da unmomento all'altro quello che, fin dalla mattina, avevadeciso, disse: – Io adesso andrò all'ultimo appuntamentocon Angiolina. Infatti, perché no? Viva o morta, Amalialo avrebbe diviso per sempre dall'amante, ma perchénon sarebbe andato a dire ad Angiolina che voleva rom-pere definitivamente ogni relazione con lei? Gli si aper-se il cuore alla gioia di quell'ultimo abboccamento. Lasua presenza in quella stanza non giovava a nessuno,mentre andando da Angiolina egli portava subito un olo-causto ad Amalia. Al Balli che, meravigliato di quelleparole, cercava di distoglierlo dal suo proposito, eglidisse che andava all'appuntamento perché voleva appro-fittare di quel suo stato d'animo per liberarsi per sempreda Angiolina.Stefano non gli credette; gli pareva di sentir parlare ilsolito debole Emilio e gli parve di renderlo più forte rac-contandogli che quel giorno stesso egli era stato obbli-

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gato di scacciare Angiolina dallo studio. Lo disse conparole che non potevano lasciare dubbio sul motivo.Emilio impallidì. Oh, la sua avventura non era ancoramorta. Rinasceva proprio là, al letto della sorella. An-giolina lo tradiva un'altra volta in modo inaudito. Gliparve di essere preso dallo stesso affanno di cui soffrivaAmalia; proprio nell'istante in cui s'accorgeva che perAngiolina egli aveva dimenticato tutti i suoi doveri, ellalo tradiva col Balli. L'unica differenza fra le ire che loavevano colto altre volte e quella che gli toglieva ora ilrespiro, era ch'egli non poteva pensare di vendicarsi diquella donna altrimenti che con l'abbandono. Nella suamente abbattuta non capiva più l'idea della vendetta. Gliavvenimenti si sarebbero svolti esattamente come se ilBalli non gli avesse detto niente. Non gli era riuscito dicelare la sua sorpresa dolorosa. – Te ne prego – dissecon un calore che non tentò di mitigare – raccontamiquello che è avvenuto.Il Balli protestò: – Oltre alla vergogna di aver dovutofare una volta in mia vita da casto Giuseppe, non vogliomica avere anche quella di consegnare alla storia tutti iparticolari della mia avventura. Tu però sei definitiva-mente perduto, se in una giornata simile vai ancora colpensiero a quella donna.Emilio si difese. Disse che già dalla mattina aveva deci-so di abbandonare Angiolina, e che perciò le parole delBalli avevano potuto addolorarlo solo per il rimpianto di

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gato di scacciare Angiolina dallo studio. Lo disse conparole che non potevano lasciare dubbio sul motivo.Emilio impallidì. Oh, la sua avventura non era ancoramorta. Rinasceva proprio là, al letto della sorella. An-giolina lo tradiva un'altra volta in modo inaudito. Gliparve di essere preso dallo stesso affanno di cui soffrivaAmalia; proprio nell'istante in cui s'accorgeva che perAngiolina egli aveva dimenticato tutti i suoi doveri, ellalo tradiva col Balli. L'unica differenza fra le ire che loavevano colto altre volte e quella che gli toglieva ora ilrespiro, era ch'egli non poteva pensare di vendicarsi diquella donna altrimenti che con l'abbandono. Nella suamente abbattuta non capiva più l'idea della vendetta. Gliavvenimenti si sarebbero svolti esattamente come se ilBalli non gli avesse detto niente. Non gli era riuscito dicelare la sua sorpresa dolorosa. – Te ne prego – dissecon un calore che non tentò di mitigare – raccontamiquello che è avvenuto.Il Balli protestò: – Oltre alla vergogna di aver dovutofare una volta in mia vita da casto Giuseppe, non vogliomica avere anche quella di consegnare alla storia tutti iparticolari della mia avventura. Tu però sei definitiva-mente perduto, se in una giornata simile vai ancora colpensiero a quella donna.Emilio si difese. Disse che già dalla mattina aveva deci-so di abbandonare Angiolina, e che perciò le parole delBalli avevano potuto addolorarlo solo per il rimpianto di

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aver dedicato ad una simile donna tanta parte della pro-pria vita. Stefano non doveva credere ch'egli sarebbe an-dato a quell'appuntamento con l'intenzione di fare unascena ad Angiolina. Sorrise debolmente. Oh, ne era tan-to lontano! Anzi le parole del Balli avevano avuta tantopoca efficacia su di lui ch'egli non credeva di essere piùrisoluto di prima a troncare quella relazione. – Son tuttecose che mi commovono perché mi riconducono colpensiero al passato.Egli mentiva. Era il presente che s'era accalorato mera-vigliosamente. Dov'era lo sconforto che lo aveva presodurante la lunga, vana assistenza che aveva prestata adAmalia? Quell'eccitazione non costituiva un sentimentosgradevole. Avrebbe voluto correre via per giungere piùpresto a quel momento in cui avrebbe detto ad Angioli-na di non volerla rivedere più. Sentiva però il bisogno diottenere prima il consenso del Balli. Non gli fu difficile,perché Stefano sentiva quel giorno sì viva compassioneper lui, da non avere il coraggio d'opporsi ad un suo de-siderio.Emilio, dopo una lieve esitazione, pregò il Balli di resta-re a far compagnia alla signora Elena. Già, egli contavad'essere di ritorno tra poco. Perciò un'altra volta Angio-lina aveva accostato Stefano ed Amalia.Il Balli raccomandò ad Emilio di non degnarsi di fardelle scene ad Angiolina. Il Brentani ebbe un sorrisocalmo di persona superiore. Se anche il Balli non la do-

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aver dedicato ad una simile donna tanta parte della pro-pria vita. Stefano non doveva credere ch'egli sarebbe an-dato a quell'appuntamento con l'intenzione di fare unascena ad Angiolina. Sorrise debolmente. Oh, ne era tan-to lontano! Anzi le parole del Balli avevano avuta tantopoca efficacia su di lui ch'egli non credeva di essere piùrisoluto di prima a troncare quella relazione. – Son tuttecose che mi commovono perché mi riconducono colpensiero al passato.Egli mentiva. Era il presente che s'era accalorato mera-vigliosamente. Dov'era lo sconforto che lo aveva presodurante la lunga, vana assistenza che aveva prestata adAmalia? Quell'eccitazione non costituiva un sentimentosgradevole. Avrebbe voluto correre via per giungere piùpresto a quel momento in cui avrebbe detto ad Angioli-na di non volerla rivedere più. Sentiva però il bisogno diottenere prima il consenso del Balli. Non gli fu difficile,perché Stefano sentiva quel giorno sì viva compassioneper lui, da non avere il coraggio d'opporsi ad un suo de-siderio.Emilio, dopo una lieve esitazione, pregò il Balli di resta-re a far compagnia alla signora Elena. Già, egli contavad'essere di ritorno tra poco. Perciò un'altra volta Angio-lina aveva accostato Stefano ed Amalia.Il Balli raccomandò ad Emilio di non degnarsi di fardelle scene ad Angiolina. Il Brentani ebbe un sorrisocalmo di persona superiore. Se anche il Balli non la do-

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mandava, gli dava l'assicurazione ch'egli ad Angiolinanon avrebbe neppure parlato di quell'ultimo tradimentoappreso allora. E questa era sinceramente la sua inten-zione. Egli si figurava l'ultimo colloquio con Angiolina,mite, forse affettuoso. Aveva bisogno che fosse così. Leavrebbe raccontato che Amalia moriva e ch'egli rinun-ziava a lei senza rimproveri. Non l'amava più, ma nonamava nient'altro a questo mondo.Col cappello in mano andò al letto d'Amalia. Ella loguardò lungamente: – Vieni a pranzo? – gli chiese. Poicercò di guardare dietro di lui e gli chiese di nuovo: –Siete venuti a pranzo? – Ella cercava sempre il Balli.Salutò la signora Elena. Ebbe un'ultima esitazione. Il de-stino s'era sempre compiaciuto di mettere bizzarramentela sventura d'Amalia accanto al suo amore per Angioli-na; non poteva perciò succedere che la sorella morisseproprio quando egli si trovava per l'ultima volta conl'amante? Ritornò a quel letto e nella poveretta trovòl'immagine stessa dell'angoscia. S'era abbattuta su unfianco e teneva la testa fuori del guanciale, fuori del let-to. Invano quella testa, dai pochi capelli umidi e arruffa-ti, cercava un punto dove posare. Era evidente che quel-lo stato poteva precorrere immediatamente l'agonia; tut-tavia Emilio la lasciò ed uscì.Aveva risposto alle nuove raccomandazioni del Ballicon un nuovo sorriso. L'aria rigida della sera lo scosse,lo refrigerò fino in fondo all'anima. Lui usare delle vio-

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mandava, gli dava l'assicurazione ch'egli ad Angiolinanon avrebbe neppure parlato di quell'ultimo tradimentoappreso allora. E questa era sinceramente la sua inten-zione. Egli si figurava l'ultimo colloquio con Angiolina,mite, forse affettuoso. Aveva bisogno che fosse così. Leavrebbe raccontato che Amalia moriva e ch'egli rinun-ziava a lei senza rimproveri. Non l'amava più, ma nonamava nient'altro a questo mondo.Col cappello in mano andò al letto d'Amalia. Ella loguardò lungamente: – Vieni a pranzo? – gli chiese. Poicercò di guardare dietro di lui e gli chiese di nuovo: –Siete venuti a pranzo? – Ella cercava sempre il Balli.Salutò la signora Elena. Ebbe un'ultima esitazione. Il de-stino s'era sempre compiaciuto di mettere bizzarramentela sventura d'Amalia accanto al suo amore per Angioli-na; non poteva perciò succedere che la sorella morisseproprio quando egli si trovava per l'ultima volta conl'amante? Ritornò a quel letto e nella poveretta trovòl'immagine stessa dell'angoscia. S'era abbattuta su unfianco e teneva la testa fuori del guanciale, fuori del let-to. Invano quella testa, dai pochi capelli umidi e arruffa-ti, cercava un punto dove posare. Era evidente che quel-lo stato poteva precorrere immediatamente l'agonia; tut-tavia Emilio la lasciò ed uscì.Aveva risposto alle nuove raccomandazioni del Ballicon un nuovo sorriso. L'aria rigida della sera lo scosse,lo refrigerò fino in fondo all'anima. Lui usare delle vio-

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lenze ad Angiolina! Perché era lei la causa della morted'Amalia? Ma quella colpa non poteva esserle rimprove-rata. Oh, il male avveniva, non veniva commesso. Unessere intelligente non poteva essere violento perchénon v'era posto a odii. Per l'antica abitudine di ripiegarsisu se stesso e analizzarsi, gli venne il sospetto che forseil suo stato d'animo era risultato dal bisogno di scusarsie di assolversi. Ne sorrise come di cosa comicissima.Come erano stati colpevoli lui e Amalia di prendere lavita tanto sul serio! Alla riva, dopo di aver guardatol'orologio, si fermò. Qui il tempo appariva peggiore chenon in città. Al sibilare del vento si univa imponente ilclamore del mare, un urlo enorme composto dall'unionedi varie voci più piccole. La notte era fonda; del marenon si vedeva che qua e là biancheggiare qualche ondache il caos aveva voluto infranta prima di giungere a ter-ra. Sui battelli, alla riva, si era sull'attenti e si vedevaqualche figura di marinaio, in alto, su quegli alberi chefacevano la solita varia danza nelle quattro direzioni, la-vorare nella notte e nel pericolo.Ad Emilio parve che quel tramestìo si confacesse al suodolore. Vi attingeva ancora maggiore calma. L'abito let-terario gli fece pensare il paragone fra quello spettacoloe quello della propria vita. Anche là, nel turbine, nelleonde di cui una trasmetteva all'altra il movimento cheaveva tratto lei stessa dall'inerzia, un tentativo di solle-varsi che finiva in uno spostamento orizzontale, egli ve-deva l'impassibilità del destino. Non v'era colpa, per

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lenze ad Angiolina! Perché era lei la causa della morted'Amalia? Ma quella colpa non poteva esserle rimprove-rata. Oh, il male avveniva, non veniva commesso. Unessere intelligente non poteva essere violento perchénon v'era posto a odii. Per l'antica abitudine di ripiegarsisu se stesso e analizzarsi, gli venne il sospetto che forseil suo stato d'animo era risultato dal bisogno di scusarsie di assolversi. Ne sorrise come di cosa comicissima.Come erano stati colpevoli lui e Amalia di prendere lavita tanto sul serio! Alla riva, dopo di aver guardatol'orologio, si fermò. Qui il tempo appariva peggiore chenon in città. Al sibilare del vento si univa imponente ilclamore del mare, un urlo enorme composto dall'unionedi varie voci più piccole. La notte era fonda; del marenon si vedeva che qua e là biancheggiare qualche ondache il caos aveva voluto infranta prima di giungere a ter-ra. Sui battelli, alla riva, si era sull'attenti e si vedevaqualche figura di marinaio, in alto, su quegli alberi chefacevano la solita varia danza nelle quattro direzioni, la-vorare nella notte e nel pericolo.Ad Emilio parve che quel tramestìo si confacesse al suodolore. Vi attingeva ancora maggiore calma. L'abito let-terario gli fece pensare il paragone fra quello spettacoloe quello della propria vita. Anche là, nel turbine, nelleonde di cui una trasmetteva all'altra il movimento cheaveva tratto lei stessa dall'inerzia, un tentativo di solle-varsi che finiva in uno spostamento orizzontale, egli ve-deva l'impassibilità del destino. Non v'era colpa, per

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quanto ci fosse tanto danno.Accanto a lui un grosso marinaio piantato solidamentesulle gambe coperte di stivaloni, urlò verso il mare unnome. Poco dopo gli rispose un altro grido; egli allora sigettò su una colonna vicina, ne slegò una gomena chev'era attortigliata, l'allentò e la saldò di nuovo. Lenta-mente, quasi impercettibilmente, uno dei maggiori bra-gozzi si allontanò dalla riva ed Emilio comprese ch'erastato attaccato ad una boa vicina per salvarlo dalla terra.Il grosso marinaio prese ora tutt'altra attitudine; s'era ap-poggiato alla colonna, aveva accesa la pipa e in queldiavoleto si godeva il suo riposo.Emilio pensò che la sua sventura era formata dall'inerziadel proprio destino. Se, una volta sola nella sua vita, egliavesse avuto da slegare e riannodare in tempo una cor-da; se il destino di un bragozzo, per quanto piccolo, fos-se stato affidato a lui, alla sua attenzione, alla sua ener-gia; se gli fosse stato imposto di forzare con la propriavoce i clamori del vento e del mare, egli sarebbe statomeno debole e meno infelice.Andò all'appuntamento. Il dolore sarebbe ritornato subi-to dopo; per il momento egli amava ad onta di Amalia.Non c'era dolore in quell'ora in cui egli poteva fare pro-prio quello che la sua natura esigeva. Assaporava convoluttà quel sentimento calmo di rassegnazione e di per-dono. Non pensò nessuna frase per comunicare il suostato d'animo ad Angiolina; anzi il loro ultimo abbocca-

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quanto ci fosse tanto danno.Accanto a lui un grosso marinaio piantato solidamentesulle gambe coperte di stivaloni, urlò verso il mare unnome. Poco dopo gli rispose un altro grido; egli allora sigettò su una colonna vicina, ne slegò una gomena chev'era attortigliata, l'allentò e la saldò di nuovo. Lenta-mente, quasi impercettibilmente, uno dei maggiori bra-gozzi si allontanò dalla riva ed Emilio comprese ch'erastato attaccato ad una boa vicina per salvarlo dalla terra.Il grosso marinaio prese ora tutt'altra attitudine; s'era ap-poggiato alla colonna, aveva accesa la pipa e in queldiavoleto si godeva il suo riposo.Emilio pensò che la sua sventura era formata dall'inerziadel proprio destino. Se, una volta sola nella sua vita, egliavesse avuto da slegare e riannodare in tempo una cor-da; se il destino di un bragozzo, per quanto piccolo, fos-se stato affidato a lui, alla sua attenzione, alla sua ener-gia; se gli fosse stato imposto di forzare con la propriavoce i clamori del vento e del mare, egli sarebbe statomeno debole e meno infelice.Andò all'appuntamento. Il dolore sarebbe ritornato subi-to dopo; per il momento egli amava ad onta di Amalia.Non c'era dolore in quell'ora in cui egli poteva fare pro-prio quello che la sua natura esigeva. Assaporava convoluttà quel sentimento calmo di rassegnazione e di per-dono. Non pensò nessuna frase per comunicare il suostato d'animo ad Angiolina; anzi il loro ultimo abbocca-

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mento doveva esserle assolutamente inesplicabile, maegli avrebbe agito come se qualche essere più intelligen-te fosse stato presente a giudicare lui e lei.Il tempo s'era risolto in un vento freddo e violento, macontinuo, uguale; nell'aria non c'era più alcuna lotta.Angiolina gli venne incontro dal viale di Sant'Andrea.Vedendolo esclamò con grande stizza – una stonaturadolorosa nello stato d'animo di Emilio: – Son qui damezz'ora. Ero in procinto di andarmene.Egli, dolcemente, la trasse accanto ad un fanale e le fecevedere l'oriuolo che segnava precisamente l'ora stabilitaper l'appuntamento.– Allora mi sono ingannata – disse ella, non molto piùdolcemente. Mentre egli andava studiando il modo concui dirle che quello sarebbe stato l'ultimo loro incontro,ella si fermò e gli disse: – Per questa sera dovresti la-sciarmi andare. Ci vedremo domani; fa freddo e poi...Egli fu strappato all'indagine che sempre continuava suse stesso e la guardò, la osservò; comprese subito chenon era il freddo che le faceva desiderare d'andarsene.Lo colpì inoltre di trovarla vestita con maggior accura-tezza del solito. Un vestito bruno che non le aveva maivisto, elegantissimo, sembrava tirato fuori per qualchegrande occasione; anche il cappello gli sembrò nuovo, eosservò persino delle scarpettine poco adatte per cam-minare a Sant'Andrea con quel tempo. – E poi? – ripetéegli fermandosele accanto e guardandola negli occhi.

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mento doveva esserle assolutamente inesplicabile, maegli avrebbe agito come se qualche essere più intelligen-te fosse stato presente a giudicare lui e lei.Il tempo s'era risolto in un vento freddo e violento, macontinuo, uguale; nell'aria non c'era più alcuna lotta.Angiolina gli venne incontro dal viale di Sant'Andrea.Vedendolo esclamò con grande stizza – una stonaturadolorosa nello stato d'animo di Emilio: – Son qui damezz'ora. Ero in procinto di andarmene.Egli, dolcemente, la trasse accanto ad un fanale e le fecevedere l'oriuolo che segnava precisamente l'ora stabilitaper l'appuntamento.– Allora mi sono ingannata – disse ella, non molto piùdolcemente. Mentre egli andava studiando il modo concui dirle che quello sarebbe stato l'ultimo loro incontro,ella si fermò e gli disse: – Per questa sera dovresti la-sciarmi andare. Ci vedremo domani; fa freddo e poi...Egli fu strappato all'indagine che sempre continuava suse stesso e la guardò, la osservò; comprese subito chenon era il freddo che le faceva desiderare d'andarsene.Lo colpì inoltre di trovarla vestita con maggior accura-tezza del solito. Un vestito bruno che non le aveva maivisto, elegantissimo, sembrava tirato fuori per qualchegrande occasione; anche il cappello gli sembrò nuovo, eosservò persino delle scarpettine poco adatte per cam-minare a Sant'Andrea con quel tempo. – E poi? – ripetéegli fermandosele accanto e guardandola negli occhi.

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– Senti, voglio dirti tutto – disse lei assumendo unaspetto di confidenza risoluta, assolutamente fuori diposto e continuò imperterrita, senz'accorgersi che losguardo di Emilio si faceva sempre più torvo: – Ho rice-vuto un dispaccio dal Volpini con cui m'annunzia il suoarrivo. Non so che cosa egli voglia da me; ma aquest'ora, certo, si trova già a casa mia.Ella mentiva, non v'era alcun dubbio. Il Volpini cui, nel-la mattina, egli aveva scritto quella lettera, eccolo che,prima di riceverla, arrivava, contrito, a chiedere scusa.Sconvolto, rise triste: – Come? Colui che ieri ti scrissequella lettera, oggi capita a ritirarla in persona ed anzi tiavvisa la sua venuta telegraficamente. Grandi affari!Grandi affari! Da dover ricorrere al telegrafo! E se tu tiingannassi e in luogo del Volpini fosse un altro?Ella sorrise ancora sicura di sé: – Ah, a te è stato rac-contato dal Sorniani, che due sere fa mi ha visto a oratarda sulla via, accompagnata da un signore? Avevo la-sciata la casa dei Deluigi in quel momento, e avendopaura di camminar sola di notte, quella compagnia miriuscì comoda. – Egli non l'udiva, ma l'ultima frase diquella ch'ella credeva fosse una giustificazione, la udì e,per la sua stranezza, la ritenne: – Quello era un Deogratias qualunque. – Poi continuò: – Peccato che ho di-menticato a casa il dispaccio. Ma se non mi vuoi crede-re, tanto peggio. Non vengo forse sempre puntuale a tut-ti gli appuntamenti? Perché oggi avrei da inventare dellefrottole per mancarvi?

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– Senti, voglio dirti tutto – disse lei assumendo unaspetto di confidenza risoluta, assolutamente fuori diposto e continuò imperterrita, senz'accorgersi che losguardo di Emilio si faceva sempre più torvo: – Ho rice-vuto un dispaccio dal Volpini con cui m'annunzia il suoarrivo. Non so che cosa egli voglia da me; ma aquest'ora, certo, si trova già a casa mia.Ella mentiva, non v'era alcun dubbio. Il Volpini cui, nel-la mattina, egli aveva scritto quella lettera, eccolo che,prima di riceverla, arrivava, contrito, a chiedere scusa.Sconvolto, rise triste: – Come? Colui che ieri ti scrissequella lettera, oggi capita a ritirarla in persona ed anzi tiavvisa la sua venuta telegraficamente. Grandi affari!Grandi affari! Da dover ricorrere al telegrafo! E se tu tiingannassi e in luogo del Volpini fosse un altro?Ella sorrise ancora sicura di sé: – Ah, a te è stato rac-contato dal Sorniani, che due sere fa mi ha visto a oratarda sulla via, accompagnata da un signore? Avevo la-sciata la casa dei Deluigi in quel momento, e avendopaura di camminar sola di notte, quella compagnia miriuscì comoda. – Egli non l'udiva, ma l'ultima frase diquella ch'ella credeva fosse una giustificazione, la udì e,per la sua stranezza, la ritenne: – Quello era un Deogratias qualunque. – Poi continuò: – Peccato che ho di-menticato a casa il dispaccio. Ma se non mi vuoi crede-re, tanto peggio. Non vengo forse sempre puntuale a tut-ti gli appuntamenti? Perché oggi avrei da inventare dellefrottole per mancarvi?

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– È facile capirlo! – disse Emilio ridendo rabbiosamen-te.– Oggi tu hai un altro appuntamento. Vattene presto! C'èqualcuno che t'attende.– Ebbene, se credi di me questa cosa, è meglio ch'io mene vada! – Parlava risoluta, ma non si mosse.Le parole fecero a lui lo stesso effetto come se fosserostate accompagnate dall'atto immediato. Ella voleva la-sciarlo! – Aspetta prima un istante, che ci spieghiamo! –Anche nell'ira enorme che lo pervadeva tutto, egli pensòun momento se non fosse tuttavia possibile di ritornareallo stato di calma rassegnata in cui s'era trovato pocoprima. Ma non sarebbe stato giusto di atterrarla e calpe-starla? L'afferrò per le braccia per impedirle di andare,s'appoggiò al fanale che aveva dietro di sé e avvicinò lapropria faccia sconvolta a quella di lei rosea e tranquilla.– È l'ultima volta che ci vediamo! – urlò.– Sta bene, sta bene – disse ella occupata soltanto a libe-rarsi di quella stretta che le faceva male.– E sai perché? Perché tu sei una... – Esitò un istante,poi urlò quella parola che persino alla sua ira era sem-brata eccessiva, la urlò vittorioso, vittorioso del suostesso dubbio.– Lasciami – gridò ella sconvolta dalla rabbia e dallapaura – lasciami o chiamo aiuto.– Tu sei una... – replicò egli che finalmente, vedendola

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– È facile capirlo! – disse Emilio ridendo rabbiosamen-te.– Oggi tu hai un altro appuntamento. Vattene presto! C'èqualcuno che t'attende.– Ebbene, se credi di me questa cosa, è meglio ch'io mene vada! – Parlava risoluta, ma non si mosse.Le parole fecero a lui lo stesso effetto come se fosserostate accompagnate dall'atto immediato. Ella voleva la-sciarlo! – Aspetta prima un istante, che ci spieghiamo! –Anche nell'ira enorme che lo pervadeva tutto, egli pensòun momento se non fosse tuttavia possibile di ritornareallo stato di calma rassegnata in cui s'era trovato pocoprima. Ma non sarebbe stato giusto di atterrarla e calpe-starla? L'afferrò per le braccia per impedirle di andare,s'appoggiò al fanale che aveva dietro di sé e avvicinò lapropria faccia sconvolta a quella di lei rosea e tranquilla.– È l'ultima volta che ci vediamo! – urlò.– Sta bene, sta bene – disse ella occupata soltanto a libe-rarsi di quella stretta che le faceva male.– E sai perché? Perché tu sei una... – Esitò un istante,poi urlò quella parola che persino alla sua ira era sem-brata eccessiva, la urlò vittorioso, vittorioso del suostesso dubbio.– Lasciami – gridò ella sconvolta dalla rabbia e dallapaura – lasciami o chiamo aiuto.– Tu sei una... – replicò egli che finalmente, vedendola

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irritata, poteva rinunziare a percuoterla. – Ma credi dun-que che io da lungo tempo non mi sia accorto con chiabbia avuto da fare Quando ti trovavo vestita da serva,sulle scale di casa tua rammentò quella sera in tutti iparticolari – con quello scialle grezzamente colorito sul-la testa, le braccia calde di alcova, pensai subito la paro-la che ora t'ho detta. Non volli dirtela e giuocherellaicon te come facevano tutti gli altri, Leardi, Giustini,Sorniani e... e... il Balli.– Il Balli! – rise ella urlando per farsi udire attraverso alrumore del vento e della voce d'Emilio. – Il Balli si van-ta; non è vero niente.– Perché lui non volle, quello sciocco, per riguardo a mecome se a me potesse importare che t'abbia possedutaun uomo di meno, te... – e per la terza volta le dissequella parola. Ella raddoppiò gli sforzi per svincolarsi,ma lo sforzo di trattenerla era ora per Emilio lo sfogomigliore; le cacciava con voluttà le dita nelle bracciamorbide.Egli sapeva che il momento in cui l'avrebbe lasciata li-bera, ella se ne sarebbe andata e tutto sarebbe stato fini-to, tutto e in modo tanto differente da quello ch'egli ave-va sognato. – Ed io ti ho voluto bene – disse, forse ten-tando di mitigarsi, ma aggiunse subito: – Sempre peròsapevo quello che tu sei. Sai quello che sei? – Oh, avevatrovata infine una soddisfazione bisognava obbligarla aconfessare quello ch'ella era: – Di' su. Che cosa sei?

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irritata, poteva rinunziare a percuoterla. – Ma credi dun-que che io da lungo tempo non mi sia accorto con chiabbia avuto da fare Quando ti trovavo vestita da serva,sulle scale di casa tua rammentò quella sera in tutti iparticolari – con quello scialle grezzamente colorito sul-la testa, le braccia calde di alcova, pensai subito la paro-la che ora t'ho detta. Non volli dirtela e giuocherellaicon te come facevano tutti gli altri, Leardi, Giustini,Sorniani e... e... il Balli.– Il Balli! – rise ella urlando per farsi udire attraverso alrumore del vento e della voce d'Emilio. – Il Balli si van-ta; non è vero niente.– Perché lui non volle, quello sciocco, per riguardo a mecome se a me potesse importare che t'abbia possedutaun uomo di meno, te... – e per la terza volta le dissequella parola. Ella raddoppiò gli sforzi per svincolarsi,ma lo sforzo di trattenerla era ora per Emilio lo sfogomigliore; le cacciava con voluttà le dita nelle bracciamorbide.Egli sapeva che il momento in cui l'avrebbe lasciata li-bera, ella se ne sarebbe andata e tutto sarebbe stato fini-to, tutto e in modo tanto differente da quello ch'egli ave-va sognato. – Ed io ti ho voluto bene – disse, forse ten-tando di mitigarsi, ma aggiunse subito: – Sempre peròsapevo quello che tu sei. Sai quello che sei? – Oh, avevatrovata infine una soddisfazione bisognava obbligarla aconfessare quello ch'ella era: – Di' su. Che cosa sei?

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Ella ora, apparentemente estenuata, aveva paura; la fac-cia sbiancata, lo fissava con uno sguardo che chiedevacompassione. Si lasciava scuotere senza resistenza e alui parve ch'ella stesse per cadere. Allentò la stretta e lasostenne. Tutt'ad un tratto ella si svincolò e si mise acorrere disperatamente. Ella dunque aveva mentito an-cora! Egli non avrebbe saputo raggiungerla; si chino,cercò un sasso, e non trovandone raccolse delle pietruz-ze che le scagliò dietro. Il vento le portò e qualcuna do-vette colpirla perché ella gettò un grido di spavento; al-tre furono arrestate dai rami secchi degli alberi e pro-dussero un rumore sproporzionatissimo all'ira che leaveva lanciate.Che fare ora? L'ultima soddisfazione cui aveva anelato,gli era stata negata. Ad onta di tanta sua rassegnazionetutto intorno a lui rimaneva rude, senza dolcezza; eglistesso era brutale! Le arterie gli battevano dalla sovraec-citazione; in quel freddo egli ardeva d'ira, di febbre, im-mobile sulle gambe paralitiche e già era rinato in luil'osservatore calmo che lo rimproverava.– Non la rivedrò mai più – disse come per rispondere adun rimprovero. – Mai! Mai! – E quando poté cammina-re, questa parola gli risuonò nel rumore dei propri passie nel sibilo del vento sul paesaggio sconsolato. Sorriseda solo ripassando per i luoghi per cui era venuto e ri-cordando le idee che lo avevano accompagnato aquell'appuntamento. Come rimaneva sorprendente larealtà!

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Ella ora, apparentemente estenuata, aveva paura; la fac-cia sbiancata, lo fissava con uno sguardo che chiedevacompassione. Si lasciava scuotere senza resistenza e alui parve ch'ella stesse per cadere. Allentò la stretta e lasostenne. Tutt'ad un tratto ella si svincolò e si mise acorrere disperatamente. Ella dunque aveva mentito an-cora! Egli non avrebbe saputo raggiungerla; si chino,cercò un sasso, e non trovandone raccolse delle pietruz-ze che le scagliò dietro. Il vento le portò e qualcuna do-vette colpirla perché ella gettò un grido di spavento; al-tre furono arrestate dai rami secchi degli alberi e pro-dussero un rumore sproporzionatissimo all'ira che leaveva lanciate.Che fare ora? L'ultima soddisfazione cui aveva anelato,gli era stata negata. Ad onta di tanta sua rassegnazionetutto intorno a lui rimaneva rude, senza dolcezza; eglistesso era brutale! Le arterie gli battevano dalla sovraec-citazione; in quel freddo egli ardeva d'ira, di febbre, im-mobile sulle gambe paralitiche e già era rinato in luil'osservatore calmo che lo rimproverava.– Non la rivedrò mai più – disse come per rispondere adun rimprovero. – Mai! Mai! – E quando poté cammina-re, questa parola gli risuonò nel rumore dei propri passie nel sibilo del vento sul paesaggio sconsolato. Sorriseda solo ripassando per i luoghi per cui era venuto e ri-cordando le idee che lo avevano accompagnato aquell'appuntamento. Come rimaneva sorprendente larealtà!

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Non andò subito a casa. Gli sarebbe stato impossibiled'atteggiarsi ad infermiere in quello stato d'animo. Il so-gno lo possedeva intero, tanto che non avrebbe saputodire per quali vie fosse poi rincasato. Oh! Se l'abbocca-mento con Angiolina fosse stato quale egli l'aveva volu-to, avrebbe potuto andare diritto al letto d'Amaliasenz'alterare neppure l'espressione della propria faccia.Scoperse una nuova analogia fra la sua relazione conAngiolina e quella con Amalia. Da entrambe egli si di-staccava senza poter dire l'ultima parola che avrebbe ad-dolcito almeno il ricordo delle due donne. Amalia nonpoteva udirla; ad Angiolina egli non aveva saputo dirla.

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Non andò subito a casa. Gli sarebbe stato impossibiled'atteggiarsi ad infermiere in quello stato d'animo. Il so-gno lo possedeva intero, tanto che non avrebbe saputodire per quali vie fosse poi rincasato. Oh! Se l'abbocca-mento con Angiolina fosse stato quale egli l'aveva volu-to, avrebbe potuto andare diritto al letto d'Amaliasenz'alterare neppure l'espressione della propria faccia.Scoperse una nuova analogia fra la sua relazione conAngiolina e quella con Amalia. Da entrambe egli si di-staccava senza poter dire l'ultima parola che avrebbe ad-dolcito almeno il ricordo delle due donne. Amalia nonpoteva udirla; ad Angiolina egli non aveva saputo dirla.

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Capitolo XIII

Egli passò quella notte intera al letto di Amalia in un so-gno ininterrotto. Non che avesse pensato continuamentead Angiolina, ma fra lui e il suo contorno v'era un veloche gli toglieva di veder chiaro. Una grande stanchezzagl'impediva tanto le speranze ardite, che di tratto in trat-to aveva pur avute durante il pomeriggio, quanto le di-sperazioni violente che gli avevano dato il sollievo delpianto.A casa gli era parso di trovare tutto nello stato di prima.Soltanto il Balli aveva abbandonato il suo cantuccio edera andato a sedere ai piedi del letto, accanto alla signo-ra Elena. Guardò a lungo Amalia sperando di poter nuo-vamente piangere. L'analizzò, la scrutò, per sentire tuttoil suo male e soffrire con lei. Poi guardo altrove vergo-gnandosi; s'era accorto che nella ricerca di commozioneera andato alla ricerca di immagini e di traslati. Gli capi-tò di nuovo il desiderio di fare qualche cosa e disse alBalli che lo lasciava libero, ringraziandolo per l'assisten-za che gli aveva prestata.Ma il Balli, che non s'era neppure pensato di chiederglicome fosse andato il congedo da Angiolina, lo trasse indisparte per dirgli ch'egli non voleva andarsene. Parevaimbarazzato e triste. Aveva da dire ancora qualche cosa,e gli pareva tanto delicata che non osò senza un esordio

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Capitolo XIII

Egli passò quella notte intera al letto di Amalia in un so-gno ininterrotto. Non che avesse pensato continuamentead Angiolina, ma fra lui e il suo contorno v'era un veloche gli toglieva di veder chiaro. Una grande stanchezzagl'impediva tanto le speranze ardite, che di tratto in trat-to aveva pur avute durante il pomeriggio, quanto le di-sperazioni violente che gli avevano dato il sollievo delpianto.A casa gli era parso di trovare tutto nello stato di prima.Soltanto il Balli aveva abbandonato il suo cantuccio edera andato a sedere ai piedi del letto, accanto alla signo-ra Elena. Guardò a lungo Amalia sperando di poter nuo-vamente piangere. L'analizzò, la scrutò, per sentire tuttoil suo male e soffrire con lei. Poi guardo altrove vergo-gnandosi; s'era accorto che nella ricerca di commozioneera andato alla ricerca di immagini e di traslati. Gli capi-tò di nuovo il desiderio di fare qualche cosa e disse alBalli che lo lasciava libero, ringraziandolo per l'assisten-za che gli aveva prestata.Ma il Balli, che non s'era neppure pensato di chiederglicome fosse andato il congedo da Angiolina, lo trasse indisparte per dirgli ch'egli non voleva andarsene. Parevaimbarazzato e triste. Aveva da dire ancora qualche cosa,e gli pareva tanto delicata che non osò senza un esordio

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di preparazione. Essi erano amici da molti anni e tutto ilmale che poteva toccare ad Emilio, egli lo sentiva comeproprio. Poi, deciso, disse: – Quella poveretta mi nomi-na molto spesso; io resto. – Emilio gli strinse la manosenza provare una grande riconoscenza; già ora – egli neera tanto certo da attingervi una grande tranquillità – perAmalia non v'era più alcun rimedio.Gli raccontarono che da qualche minuto Amalia parlavacontinuamente della sua malattia. Non poteva questo es-sere un indizio che la febbre fosse diminuita? Egli stettea udire, ben convinto che s'ingannavano. Infatti ella de-lirò: – Mia colpa se sto male? Torni domani, dottore, estarò bene. – Non sembrava ch'ella soffrisse; aveva lafaccia piccola, misera, oramai proprio la faccia appro-priata a quel corpo. Sempre guardandola egli pensò: –Ella morrà! – Se la figurò morta, quietata, priva d'affan-no e di delirio. Ebbe dolore di aver avuta quell'idea pocoaffettuosa. S'allontanò un poco dal letto e s'assise al ta-volo, ove s'era posto anche il Balli.Elena rimase al letto. Alla scarsa luce della candelaEmilio s'avvide ch'ella piangeva. – Mi pare di essere alletto di mio figlio – disse ella accorgendosi che le suelagrime erano state viste.Amalia improvvisamente disse di sentirsi molto mamolto bene e domandò di mangiare. Il tempo non corre-va normalmente a quel letto per chi seguiva, viveva queldelirio. Ella accusava ad ogni istante un altro stato d'ani-

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di preparazione. Essi erano amici da molti anni e tutto ilmale che poteva toccare ad Emilio, egli lo sentiva comeproprio. Poi, deciso, disse: – Quella poveretta mi nomi-na molto spesso; io resto. – Emilio gli strinse la manosenza provare una grande riconoscenza; già ora – egli neera tanto certo da attingervi una grande tranquillità – perAmalia non v'era più alcun rimedio.Gli raccontarono che da qualche minuto Amalia parlavacontinuamente della sua malattia. Non poteva questo es-sere un indizio che la febbre fosse diminuita? Egli stettea udire, ben convinto che s'ingannavano. Infatti ella de-lirò: – Mia colpa se sto male? Torni domani, dottore, estarò bene. – Non sembrava ch'ella soffrisse; aveva lafaccia piccola, misera, oramai proprio la faccia appro-priata a quel corpo. Sempre guardandola egli pensò: –Ella morrà! – Se la figurò morta, quietata, priva d'affan-no e di delirio. Ebbe dolore di aver avuta quell'idea pocoaffettuosa. S'allontanò un poco dal letto e s'assise al ta-volo, ove s'era posto anche il Balli.Elena rimase al letto. Alla scarsa luce della candelaEmilio s'avvide ch'ella piangeva. – Mi pare di essere alletto di mio figlio – disse ella accorgendosi che le suelagrime erano state viste.Amalia improvvisamente disse di sentirsi molto mamolto bene e domandò di mangiare. Il tempo non corre-va normalmente a quel letto per chi seguiva, viveva queldelirio. Ella accusava ad ogni istante un altro stato d'ani-

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mo, o nuove avventure, e faceva passare con lei i suoiinfermieri per delle fasi di cui lo svolgimento nella vitasolita dura giorni e mesi.La signora Elena – ricordando una prescrizione del me-dico – le preparò e offerse del caffè, che fu preso convoluttà. Subito il delirio la ricondusse al Balli. Soltantoper un osservatore superficiale quel delirio mancava dinesso. Le idee si mescolavano, una si sommergevanell'altra, ma quando riappariva risultava esser proprioquella ch'era stata abbandonata. Ella aveva inventataquella sua rivale, Vittoria; l'aveva accolta con paroledolci, poi – come il Balli raccontò – fra le due donnes'era svolto un battibecco che al Balli aveva rivelato es-sere lui il pensiero dominante dell'ammalata. Ora Vitto-ria ritornava, Amalia la vedeva avvicinarsi e ne avevaorrore. – Io non le dirò nulla! Starò qui zitta, come seella non ci fosse. Io non voglio niente, dunque mi lasciin pace. – Poi chiamò Emilio ad alta voce. – Tu che seisuo amico, digli tu ch'essa inventa tutto. Io non le fecinulla.Il Balli credette di poterla calmare: – Senta, Amalia! Iosono qui e non crederei niente se mi fosse detto del malesul conto suo.Ella lo udì e lo considerò lungamente: – Tu Stefano? –Non lo riconobbe: – Glielo dica allora! – Spossata lasciòricadere la testa sul guanciale e, per l'esperienza fattane,tutti sapevano che, per allora, l'episodio era chiuso.

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mo, o nuove avventure, e faceva passare con lei i suoiinfermieri per delle fasi di cui lo svolgimento nella vitasolita dura giorni e mesi.La signora Elena – ricordando una prescrizione del me-dico – le preparò e offerse del caffè, che fu preso convoluttà. Subito il delirio la ricondusse al Balli. Soltantoper un osservatore superficiale quel delirio mancava dinesso. Le idee si mescolavano, una si sommergevanell'altra, ma quando riappariva risultava esser proprioquella ch'era stata abbandonata. Ella aveva inventataquella sua rivale, Vittoria; l'aveva accolta con paroledolci, poi – come il Balli raccontò – fra le due donnes'era svolto un battibecco che al Balli aveva rivelato es-sere lui il pensiero dominante dell'ammalata. Ora Vitto-ria ritornava, Amalia la vedeva avvicinarsi e ne avevaorrore. – Io non le dirò nulla! Starò qui zitta, come seella non ci fosse. Io non voglio niente, dunque mi lasciin pace. – Poi chiamò Emilio ad alta voce. – Tu che seisuo amico, digli tu ch'essa inventa tutto. Io non le fecinulla.Il Balli credette di poterla calmare: – Senta, Amalia! Iosono qui e non crederei niente se mi fosse detto del malesul conto suo.Ella lo udì e lo considerò lungamente: – Tu Stefano? –Non lo riconobbe: – Glielo dica allora! – Spossata lasciòricadere la testa sul guanciale e, per l'esperienza fattane,tutti sapevano che, per allora, l'episodio era chiuso.

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La signora Elena, durante quella sosta, spinse la propriasedia verso il tavolo al quale sedevano i due uomini epregò Emilio, ch'ella vedeva affranto, di andare a cori-carsi. Egli rifiutò, ma queste parole avviarono fra i treinfermieri una conversazione che riuscì, per qualcheistante, a distrarli.La signora Chierici, cui il Balli con la sua indiscreta cu-riosità aveva fatte delle domande, raccontò che quandoEmilio s'era imbattuto in lei, ella stava andando a messa.Ora – disse – le pareva d'essere in chiesa dalla mattina eprovava il medesimo alleggerimento di coscienza di chiha pregato con fervore. Lo disse senz'esitazione col tonodel credente che non teme i dubbi altrui.Poi raccontò una storia strana, la propria: fino all'età diquarant'anni ella era vissuta senz'affetti avendo perduti,giovanissima, i genitori; senza affetti le erano trascorsi igiorni solitari e sereni. A quell'età s'era imbattuta in unvedovo, che la sposò per dare una madre al figlio e allafiglia che aveva di primo letto. Da bel principio i duefanciulli le fecero cipiglio ma ella nondimeno sentiva divoler loro tanto bene ch'era sicura di finire col farseneamare. Si ingannò. Essi la considerarono e l'odiaronosempre quale madrigna. V'erano i parenti della primamoglie che si frammettevano fra i fanciulli e la loronuova madre e la facevano odiare loro con menzogne, efacendo loro credere che l'ombra della prima madre sisarebbe ingelosita del nuovo affetto. – Io invece m'affe-zionavo sempre più, tanto da amare la rivale che me li

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La signora Elena, durante quella sosta, spinse la propriasedia verso il tavolo al quale sedevano i due uomini epregò Emilio, ch'ella vedeva affranto, di andare a cori-carsi. Egli rifiutò, ma queste parole avviarono fra i treinfermieri una conversazione che riuscì, per qualcheistante, a distrarli.La signora Chierici, cui il Balli con la sua indiscreta cu-riosità aveva fatte delle domande, raccontò che quandoEmilio s'era imbattuto in lei, ella stava andando a messa.Ora – disse – le pareva d'essere in chiesa dalla mattina eprovava il medesimo alleggerimento di coscienza di chiha pregato con fervore. Lo disse senz'esitazione col tonodel credente che non teme i dubbi altrui.Poi raccontò una storia strana, la propria: fino all'età diquarant'anni ella era vissuta senz'affetti avendo perduti,giovanissima, i genitori; senza affetti le erano trascorsi igiorni solitari e sereni. A quell'età s'era imbattuta in unvedovo, che la sposò per dare una madre al figlio e allafiglia che aveva di primo letto. Da bel principio i duefanciulli le fecero cipiglio ma ella nondimeno sentiva divoler loro tanto bene ch'era sicura di finire col farseneamare. Si ingannò. Essi la considerarono e l'odiaronosempre quale madrigna. V'erano i parenti della primamoglie che si frammettevano fra i fanciulli e la loronuova madre e la facevano odiare loro con menzogne, efacendo loro credere che l'ombra della prima madre sisarebbe ingelosita del nuovo affetto. – Io invece m'affe-zionavo sempre più, tanto da amare la rivale che me li

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aveva dati. Forse – aggiunse con un'osservazione d'ana-lista oggettiva – il disdegno che vestiva tanto bene i lorobei visini rosei me ne faceva innamorare maggiormente.– La fanciulla le fu tolta, poco dopo la morte del padre,da un parente che si ostinava a crederla maltrattata.Il fanciullo restò tutto per lei, ma anche quando i parentinon ci furono più per suggerirgli l'odio, egli, con un'osti-nazione sorprendente nella mente giovanile, continuò aconservare per lei la stessa sdegnosa malevolenza che sipalesava in dispetti e sgarbatezze. Ammalò di scarlattinamaligna, ma anche nella febbre le resistette finché, este-nuato, poche ore prima di morire, le gettò le braccia alcollo, chiamandola mamma e pregandola di salvarlo.Poi la signora Elena si compiacque a lungo a descriverequel fanciullo che l'aveva fatta soffrir tanto. Ardito, vi-vace, intelligente; tutto comprendeva, meno l'affetto chegli era offerto. Adesso la vita della signora Elena sicompendiava fra la sua casa vuota, la chiesa ove ellapregava per chi le aveva voluto bene un solo istante, equella tomba ove c'era sempre molto da fare. Sì! L'indo-mani, senza fallo, ella doveva recarvisi per vedere comefosse riuscito il tentativo fatto di puntellare un alberelloche non voleva crescere diritto.– Allora vado io via, se c'è Vittoria – gridò Amalia e sirizzò a sedere. Emilio, spaventato, alzò la candela perveder meglio. Amalia era livida; la sua faccia aveva ilcolore del guanciale su cui si proiettava. Il Balli la guar-dò con evidente ammirazione. La luce gialla della can-

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aveva dati. Forse – aggiunse con un'osservazione d'ana-lista oggettiva – il disdegno che vestiva tanto bene i lorobei visini rosei me ne faceva innamorare maggiormente.– La fanciulla le fu tolta, poco dopo la morte del padre,da un parente che si ostinava a crederla maltrattata.Il fanciullo restò tutto per lei, ma anche quando i parentinon ci furono più per suggerirgli l'odio, egli, con un'osti-nazione sorprendente nella mente giovanile, continuò aconservare per lei la stessa sdegnosa malevolenza che sipalesava in dispetti e sgarbatezze. Ammalò di scarlattinamaligna, ma anche nella febbre le resistette finché, este-nuato, poche ore prima di morire, le gettò le braccia alcollo, chiamandola mamma e pregandola di salvarlo.Poi la signora Elena si compiacque a lungo a descriverequel fanciullo che l'aveva fatta soffrir tanto. Ardito, vi-vace, intelligente; tutto comprendeva, meno l'affetto chegli era offerto. Adesso la vita della signora Elena sicompendiava fra la sua casa vuota, la chiesa ove ellapregava per chi le aveva voluto bene un solo istante, equella tomba ove c'era sempre molto da fare. Sì! L'indo-mani, senza fallo, ella doveva recarvisi per vedere comefosse riuscito il tentativo fatto di puntellare un alberelloche non voleva crescere diritto.– Allora vado io via, se c'è Vittoria – gridò Amalia e sirizzò a sedere. Emilio, spaventato, alzò la candela perveder meglio. Amalia era livida; la sua faccia aveva ilcolore del guanciale su cui si proiettava. Il Balli la guar-dò con evidente ammirazione. La luce gialla della can-

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dela si rifletteva luminosissima sulla faccia umidad'Amalia, tanto che pareva luminosità sua; il nudo cosìbrillante e sofferente gridava. Pareva la rappresentazio-ne plastica di un grido violento di dolore. La faccina, sucui per un istante s'era stampata una risoluzione ferma,minacciava imperiosamente. Fu un lampo: ella ricaddesubito, quetata da parole che non comprese. Riprese poia borbottare mitemente da sola, accompagnando conqualche parola la corsa vertiginosa dei suoi sogni.Il Balli disse: – Pareva una buona dolce furia. Non homai visto qualche cosa di simile. – S'era seduto e guar-dava in aria con quell'occhio da sognatore con cui cerca-va le idee. Era evidente, ed Emilio ne provò soddisfa-zione: Amalia moriva amata dell'amore più nobile che ilBalli potesse offrire.La signora Elena riprese la conversazione al punto ovel'aveva lasciata. Forse quetando Amalia ella non s'erastaccata neppure per un istante dal pensiero suo piùcaro. Anche il rancore verso i parenti del marito era unelemento della sua vita. Raccontò che essi l'avevano di-sprezzata, perché era figlia di un commerciante di ferra-reccia. – Ad ogni modo – aggiunse – il nome dei Delui-gi è un nome onorato.Emilio si meravigliò della sorte che faceva capitare incasa un membro di quella famiglia nominata tanto spes-so da Angiolina. Interrogò subito Elena se avesse altriparenti. Ella disse di no e negò anche che in città vi po-

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dela si rifletteva luminosissima sulla faccia umidad'Amalia, tanto che pareva luminosità sua; il nudo cosìbrillante e sofferente gridava. Pareva la rappresentazio-ne plastica di un grido violento di dolore. La faccina, sucui per un istante s'era stampata una risoluzione ferma,minacciava imperiosamente. Fu un lampo: ella ricaddesubito, quetata da parole che non comprese. Riprese poia borbottare mitemente da sola, accompagnando conqualche parola la corsa vertiginosa dei suoi sogni.Il Balli disse: – Pareva una buona dolce furia. Non homai visto qualche cosa di simile. – S'era seduto e guar-dava in aria con quell'occhio da sognatore con cui cerca-va le idee. Era evidente, ed Emilio ne provò soddisfa-zione: Amalia moriva amata dell'amore più nobile che ilBalli potesse offrire.La signora Elena riprese la conversazione al punto ovel'aveva lasciata. Forse quetando Amalia ella non s'erastaccata neppure per un istante dal pensiero suo piùcaro. Anche il rancore verso i parenti del marito era unelemento della sua vita. Raccontò che essi l'avevano di-sprezzata, perché era figlia di un commerciante di ferra-reccia. – Ad ogni modo – aggiunse – il nome dei Delui-gi è un nome onorato.Emilio si meravigliò della sorte che faceva capitare incasa un membro di quella famiglia nominata tanto spes-so da Angiolina. Interrogò subito Elena se avesse altriparenti. Ella disse di no e negò anche che in città vi po-

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tesse essere un'altra famiglia di quel nome. Lo negò tan-to risolutamente, ch'egli dovette crederle.Perciò anche durante quella notte il suo pensiero fu at-tratto da Angiolina. Come nell'epoca che gli pareva tan-to lontana in cui Amalia sana non era per lui altro cheuna persona inquietante, di cui si doveva evitare la vici-nanza, egli fu invaso da un desiderio cocente di correreda Angiolina per rimproverarla di tanto tradimento, ilmaggiore ch'ella avesse ordito. Quei Deluigi erano salta-ti fuori al principio della loro relazione ed erano staticreati i singoli membri della famiglia a seconda del bi-sogno. Prima era stata la vecchia signora Deluigi, cheamava Angiolina come una madre, poi la figlia che lateneva per amica, e infine il vecchio che aveva tentatod'ubbriacarla. Una menzogna ch'era stata ripetuta adogni loro colloquio, e per essa scompariva ogni dolcez-za dal ricordo di Angiolina. Anche quei rari tratti d'amo-re ch'ella aveva saputo simulare si rivelavano con limpi-da evidenza per quello che erano, delle menzogne. Ep-pure anche quel nuovo tradimento egli lo sentì ben pre-sto quale un nuovo legame. Amalia si moveva invano,affannosamente, nel suo letto di dolore; per lungo tempoegli non la vide. Quando riconquistò un po' di calma,ebbe il dolore di dover riconoscere che quando fossescomparsa la malattia di Amalia o Amalia stessa, eglisarebbe corso di nuovo da Angiolina. Lungamente, peresercitare su se stesso una pressione si irrigidì al suo po-sto e giurò di non ricadere mai più in quei lacci: – Mai

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tesse essere un'altra famiglia di quel nome. Lo negò tan-to risolutamente, ch'egli dovette crederle.Perciò anche durante quella notte il suo pensiero fu at-tratto da Angiolina. Come nell'epoca che gli pareva tan-to lontana in cui Amalia sana non era per lui altro cheuna persona inquietante, di cui si doveva evitare la vici-nanza, egli fu invaso da un desiderio cocente di correreda Angiolina per rimproverarla di tanto tradimento, ilmaggiore ch'ella avesse ordito. Quei Deluigi erano salta-ti fuori al principio della loro relazione ed erano staticreati i singoli membri della famiglia a seconda del bi-sogno. Prima era stata la vecchia signora Deluigi, cheamava Angiolina come una madre, poi la figlia che lateneva per amica, e infine il vecchio che aveva tentatod'ubbriacarla. Una menzogna ch'era stata ripetuta adogni loro colloquio, e per essa scompariva ogni dolcez-za dal ricordo di Angiolina. Anche quei rari tratti d'amo-re ch'ella aveva saputo simulare si rivelavano con limpi-da evidenza per quello che erano, delle menzogne. Ep-pure anche quel nuovo tradimento egli lo sentì ben pre-sto quale un nuovo legame. Amalia si moveva invano,affannosamente, nel suo letto di dolore; per lungo tempoegli non la vide. Quando riconquistò un po' di calma,ebbe il dolore di dover riconoscere che quando fossescomparsa la malattia di Amalia o Amalia stessa, eglisarebbe corso di nuovo da Angiolina. Lungamente, peresercitare su se stesso una pressione si irrigidì al suo po-sto e giurò di non ricadere mai più in quei lacci: – Mai

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più, mai più.Anche quell'interminabile notte, la più penosa che eglimai avesse vegliata e che pure poteva divenire oggettodi rimpianto, fuggiva. Un orologio batté le due.La signora Elena pregò Emilio di procurarle una pez-zuola per asciugare la faccia di Amalia. Per non doverlasciare quella stanza, egli – trovate le chiavi – apersel'armadio della sorella. Fu subito colpito da uno stranoodore di medicinali profumati. La poca biancheria eradistribuita nei grandi cassetti ch'erano poi riempiti diboccette di varia grandezza. Egli non comprese subito eper vedere meglio prese la candela. Qualche cassetto erapieno fino all'orlo di boccette brillanti lietamente condei bagliori gialli misteriosi di tesoro rinchiuso; in altricassetti c'era ancora posto, e la distribuzione era fatta inmodo che s'indovinava i proposito di completare ordina-tamente la strana collezione. Una sola boccetta era fuoridi posto, e in quella c'era ancora un resto di liquido tra-sparente. L'odore del liquido non lascio luogo a dubbi;doveva essere dell'etere profumato. Il dottor Carini ave-va avuto ragione: Amalia aveva cercato l'oblionell'ebrietà. Non ebbe del rancore verso la sorella nep-pure per un attimo perché la conclusione a cui corse su-bito la sua mente fu una sola: Amalia era perduta. Quel-la scoperta valse perciò a ricondurlo finalmente a lei.Richiuse accuratamente l'armadio. Non aveva saputo tu-telare la vita della sorella; avrebbe ora tentato di conser-

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più, mai più.Anche quell'interminabile notte, la più penosa che eglimai avesse vegliata e che pure poteva divenire oggettodi rimpianto, fuggiva. Un orologio batté le due.La signora Elena pregò Emilio di procurarle una pez-zuola per asciugare la faccia di Amalia. Per non doverlasciare quella stanza, egli – trovate le chiavi – apersel'armadio della sorella. Fu subito colpito da uno stranoodore di medicinali profumati. La poca biancheria eradistribuita nei grandi cassetti ch'erano poi riempiti diboccette di varia grandezza. Egli non comprese subito eper vedere meglio prese la candela. Qualche cassetto erapieno fino all'orlo di boccette brillanti lietamente condei bagliori gialli misteriosi di tesoro rinchiuso; in altricassetti c'era ancora posto, e la distribuzione era fatta inmodo che s'indovinava i proposito di completare ordina-tamente la strana collezione. Una sola boccetta era fuoridi posto, e in quella c'era ancora un resto di liquido tra-sparente. L'odore del liquido non lascio luogo a dubbi;doveva essere dell'etere profumato. Il dottor Carini ave-va avuto ragione: Amalia aveva cercato l'oblionell'ebrietà. Non ebbe del rancore verso la sorella nep-pure per un attimo perché la conclusione a cui corse su-bito la sua mente fu una sola: Amalia era perduta. Quel-la scoperta valse perciò a ricondurlo finalmente a lei.Richiuse accuratamente l'armadio. Non aveva saputo tu-telare la vita della sorella; avrebbe ora tentato di conser-

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varne intatta la riputazione.L'aurora s'avanzava fosca, esitante, triste. Sbiancava lafinestra ma lasciava intatta la notte nell'interno dellastanza. Parve che un raggio solo vi penetrasse, perchésui cristalli sul tavolo, la luce del giorno si franse colo-randovisi, azzurrina e verde, fine e mite. Sulla via sof-fiava ancora il vento, cogli stessi suoni regolari, trionfa-li, che aveva avuti quando Emilio aveva abbandonatoAngiolina.Nella stanza invece v'era una grande quiete. Da parec-chie ore il delirio di Amalia non si traduceva che in pa-role mozze. S'era quietata sul fianco destro, la faccia vi-cinissima alla parete, gli occhi sempre aperti.Il Balli andò a riposare nella stanza di Emilio. Avevapregato di non lasciarlo dormire più di un'ora.Emilio s'assise di nuovo al tavolo. Si scosse terrorizzato:Amalia non respirava più. Anche la signora Elena sen'era accorta e si era rizzata. L'ammalata guardava sem-pre con gli occhi spalancati la parete, e qualche istanteappresso riprese a respirare. I primi quattro o cinque re-spiri parvero di persona sana, e Emilio ed Elena si guar-darono sorridendo e pieni di speranza. Ma ben prestoquel sorriso morì sulle labbra, perché il respiro di Ama-lia andò accelerandosi, per appesantirsi poi e quindi ces-sare di nuovo. La sosta questa volta durò tanto ch'Emiliodallo spavento gridò. Il respiro riprese come prima, cal-mo per breve tempo, e poi subito affannoso vertiginosa-

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varne intatta la riputazione.L'aurora s'avanzava fosca, esitante, triste. Sbiancava lafinestra ma lasciava intatta la notte nell'interno dellastanza. Parve che un raggio solo vi penetrasse, perchésui cristalli sul tavolo, la luce del giorno si franse colo-randovisi, azzurrina e verde, fine e mite. Sulla via sof-fiava ancora il vento, cogli stessi suoni regolari, trionfa-li, che aveva avuti quando Emilio aveva abbandonatoAngiolina.Nella stanza invece v'era una grande quiete. Da parec-chie ore il delirio di Amalia non si traduceva che in pa-role mozze. S'era quietata sul fianco destro, la faccia vi-cinissima alla parete, gli occhi sempre aperti.Il Balli andò a riposare nella stanza di Emilio. Avevapregato di non lasciarlo dormire più di un'ora.Emilio s'assise di nuovo al tavolo. Si scosse terrorizzato:Amalia non respirava più. Anche la signora Elena sen'era accorta e si era rizzata. L'ammalata guardava sem-pre con gli occhi spalancati la parete, e qualche istanteappresso riprese a respirare. I primi quattro o cinque re-spiri parvero di persona sana, e Emilio ed Elena si guar-darono sorridendo e pieni di speranza. Ma ben prestoquel sorriso morì sulle labbra, perché il respiro di Ama-lia andò accelerandosi, per appesantirsi poi e quindi ces-sare di nuovo. La sosta questa volta durò tanto ch'Emiliodallo spavento gridò. Il respiro riprese come prima, cal-mo per breve tempo, e poi subito affannoso vertiginosa-

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mente. Fu uno stadio dolorosissimo per Emilio. Perquanto, dopo un'ora d'intensa attenzione, egli si fossepotuto accertare che quella momentanea cessazione direspiro non era la morte e che la respirazione regolareche seguiva non preludiava alla salute, egli, dall'ansia,tratteneva anche lui il respiro quando cessava quello diAmalia, si abbandonava a sperare pazzamente quandosentiva riprendere quel respiro calmo e ritmico, e soffri-va fino alle lagrime al disinganno di vederla ritornareall'affanno.L'alba illuminava oramai anche il letto. La nuca grigiadella signora Elena che, accontentandosi di un ripososuperficiale da buona infermiera, teneva reclinata la te-sta sul petto, appariva tutta d'argento. Per Amalia la not-te non sarebbe cessata più. La testa spiccava ora coicontorni precisi sul guanciale. I capelli neri non avevanomai avuta tanta importanza su quella testa come durantela malattia. Pareva un profilo di persona energica, congli zigomi sporgenti e il mento aguzzo.Emilio puntellò le braccia sul tavolo e poggiò la frontesulle mani. L'ora in cui egli aveva maltrattata Angiolinagli pareva lontana lontana, perché di nuovo egli non siriteneva capace di un'azione simile; non trovava in sél'energia né la brutalità che c'erano volute a compierla.Chiuse gli occhi e s'addormentò. Gli parve poi d'aversempre percepito anche nel sonno il respiro di Amalia edi aver continuato a risentirne come prima spavento,speranza e disinganno.

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mente. Fu uno stadio dolorosissimo per Emilio. Perquanto, dopo un'ora d'intensa attenzione, egli si fossepotuto accertare che quella momentanea cessazione direspiro non era la morte e che la respirazione regolareche seguiva non preludiava alla salute, egli, dall'ansia,tratteneva anche lui il respiro quando cessava quello diAmalia, si abbandonava a sperare pazzamente quandosentiva riprendere quel respiro calmo e ritmico, e soffri-va fino alle lagrime al disinganno di vederla ritornareall'affanno.L'alba illuminava oramai anche il letto. La nuca grigiadella signora Elena che, accontentandosi di un ripososuperficiale da buona infermiera, teneva reclinata la te-sta sul petto, appariva tutta d'argento. Per Amalia la not-te non sarebbe cessata più. La testa spiccava ora coicontorni precisi sul guanciale. I capelli neri non avevanomai avuta tanta importanza su quella testa come durantela malattia. Pareva un profilo di persona energica, congli zigomi sporgenti e il mento aguzzo.Emilio puntellò le braccia sul tavolo e poggiò la frontesulle mani. L'ora in cui egli aveva maltrattata Angiolinagli pareva lontana lontana, perché di nuovo egli non siriteneva capace di un'azione simile; non trovava in sél'energia né la brutalità che c'erano volute a compierla.Chiuse gli occhi e s'addormentò. Gli parve poi d'aversempre percepito anche nel sonno il respiro di Amalia edi aver continuato a risentirne come prima spavento,speranza e disinganno.

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Quando si destò era giorno fatto. Amalia con gli occhispalancati guardava la finestra. Egli s'alzò e, sentendolomuoversi, ella lo guardò. Quale sguardo! Non più difebbre, ma di persona stanca a morte, che dell'occhioproprio non interamente disponga e le occorra sforzo ericerca per guidarlo. – Ma che cosa ho, Emilio? Io muo-io!L'intelligenza era ritornata ed egli, dimenticata l'osser-vazione fatta su quell'occhio, riebbe intera la speranza.Le disse ch'ella era stata molto male, ma che adesso – sicapiva – risanava. L'affetto che si sentiva in cuore tra-boccò e si mise a piangere dalla consolazione. Bacian-dola gridò che da allora sarebbero vissuti insieme uniti,uno per l'altro. Gli pareva che tutta quella notte tormen-tosa non ci fosse stata che per prepararlo a tale inaspet-tata felice soluzione. Poi ricordò tale scena con vergo-gna. Pareva a lui stesso di aver voluto approfittare diquel solo lampo di intelligenza in Amalia per quetare lapropria coscienza.La signora Elena accorse per calmarlo e ammonirlo dinon agitare l'ammalata. Disgraziatamente Amalia noncapiva. Pareva tanto fissa in un'idea unica da averne oc-cupati tutti i sensi: – Dimmi – pregò – che cosa è acca-duto? Ho tanta paura! Ho visto te e Vittoria e... – Il so-gno s'era mescolato alla realtà; e la sua povera mentefiaccata non sapeva sciogliere la complicata matassa.– Cerca di capire! – pregò Emilio con calore. – Hai so-

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Quando si destò era giorno fatto. Amalia con gli occhispalancati guardava la finestra. Egli s'alzò e, sentendolomuoversi, ella lo guardò. Quale sguardo! Non più difebbre, ma di persona stanca a morte, che dell'occhioproprio non interamente disponga e le occorra sforzo ericerca per guidarlo. – Ma che cosa ho, Emilio? Io muo-io!L'intelligenza era ritornata ed egli, dimenticata l'osser-vazione fatta su quell'occhio, riebbe intera la speranza.Le disse ch'ella era stata molto male, ma che adesso – sicapiva – risanava. L'affetto che si sentiva in cuore tra-boccò e si mise a piangere dalla consolazione. Bacian-dola gridò che da allora sarebbero vissuti insieme uniti,uno per l'altro. Gli pareva che tutta quella notte tormen-tosa non ci fosse stata che per prepararlo a tale inaspet-tata felice soluzione. Poi ricordò tale scena con vergo-gna. Pareva a lui stesso di aver voluto approfittare diquel solo lampo di intelligenza in Amalia per quetare lapropria coscienza.La signora Elena accorse per calmarlo e ammonirlo dinon agitare l'ammalata. Disgraziatamente Amalia noncapiva. Pareva tanto fissa in un'idea unica da averne oc-cupati tutti i sensi: – Dimmi – pregò – che cosa è acca-duto? Ho tanta paura! Ho visto te e Vittoria e... – Il so-gno s'era mescolato alla realtà; e la sua povera mentefiaccata non sapeva sciogliere la complicata matassa.– Cerca di capire! – pregò Emilio con calore. – Hai so-

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gnato ininterrottamente da ieri. Riposa adesso, e poipenserai. – L'ultima frase era stata detta in seguito a unnuovo gesto della signora Elena la quale perciò attirò asé l'attenzione di Amalia – Non è Vittoria – disse la po-verina evidentemente tranquillata. Oh, quella non eral'intelligenza che poteva essere considerata quale il nun-zio della salute; si manifestava con soli lampi che mi-nacciavano d'illuminare e rendere sensibile il dolore.Emilio ne ebbe altrettanta paura come prima del delirio.Entrò il Balli. Aveva udita la voce d'Amalia e veniva an-che lui, sorpreso dell'insperato miglioramento. – Comesta, Amalia? – le domandò affettuosamente.Ella lo guardò con un'espressione di sorpresa incredula:– Ma dunque non era un sogno? – Considerò lungamen-te Stefano; guardò poi il fratello e di nuovo il Ballicome se avesse voluto confrontare i due corpi e cercarese a uno dei due fosse mancato l'aspetto della realtà. –Ma Emilio – esclamò, – io non capisco!– Sapendoti ammalata – spiegò Emilio – ha voluto farmicompagnia questa notte. E sempre il vecchio amico dicasa nostra.Ella non udiva bene: – E Vittoria? – domandò.– Non è mai stata qui questa donna – disse Emilio.– Egli ha diritto di far così. E tu resta pure con loro –borbottò ella ed ebbe negli occhi un lampo di rancore.Poi dimenticò tutto e tutti guardando la luce alla fine-

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gnato ininterrottamente da ieri. Riposa adesso, e poipenserai. – L'ultima frase era stata detta in seguito a unnuovo gesto della signora Elena la quale perciò attirò asé l'attenzione di Amalia – Non è Vittoria – disse la po-verina evidentemente tranquillata. Oh, quella non eral'intelligenza che poteva essere considerata quale il nun-zio della salute; si manifestava con soli lampi che mi-nacciavano d'illuminare e rendere sensibile il dolore.Emilio ne ebbe altrettanta paura come prima del delirio.Entrò il Balli. Aveva udita la voce d'Amalia e veniva an-che lui, sorpreso dell'insperato miglioramento. – Comesta, Amalia? – le domandò affettuosamente.Ella lo guardò con un'espressione di sorpresa incredula:– Ma dunque non era un sogno? – Considerò lungamen-te Stefano; guardò poi il fratello e di nuovo il Ballicome se avesse voluto confrontare i due corpi e cercarese a uno dei due fosse mancato l'aspetto della realtà. –Ma Emilio – esclamò, – io non capisco!– Sapendoti ammalata – spiegò Emilio – ha voluto farmicompagnia questa notte. E sempre il vecchio amico dicasa nostra.Ella non udiva bene: – E Vittoria? – domandò.– Non è mai stata qui questa donna – disse Emilio.– Egli ha diritto di far così. E tu resta pure con loro –borbottò ella ed ebbe negli occhi un lampo di rancore.Poi dimenticò tutto e tutti guardando la luce alla fine-

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stra.Stefano le disse: – Mi ascolti, Amalia! Io non ho maiconosciuta quella Vittoria di cui ella parla. Sono il suodevoto amico e sono rimasto qui per assisterla.Ella non ascoltava. Guardava la luce alla finestra con unevidente sforzo per acuire l'occhio semispento. Guarda-va estatica, ammirando. Ebbe una brutta smorfia chepure rassomigliò a un sorriso.– Oh – disse – quanti bei fanciulli. – Ammirò lunga-mente. Il delirio era ritornato. Ci fu però una sosta fra isogni della notte e le immagini luminose ch'erano vesti-te del colore dell'aurora. Vedeva bimbi rosei ballare alsole. Un delirio di poche parole. Designava l'oggetto chevedeva e null'altro. La propria vita era dimenticata. Nonnominò il Balli, né Vittoria, né Emilio. – Quanta luce –disse affascinata. Anch'ella s'illuminò. Sotto alla pellediafana si vide salire il sangue rosso e colorarle le gote ela fronte. Ella mutava ma non sentiva se stessa. Guarda-va le cose che sempre più s'allontanavano da lei.Il Balli propose di chiamare il medico. – È inutile – dis-se la signora Elena che da quel rossore aveva capito aqual punto si fosse.– Inutile? – domandò Emilio spaventato di sentir ripetu-to da altri il proprio pensiero.Infatti, poco dopo, la bocca d'Amalia si contrasse inquello strano sforzo in cui pare che da ultimo anche i

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stra.Stefano le disse: – Mi ascolti, Amalia! Io non ho maiconosciuta quella Vittoria di cui ella parla. Sono il suodevoto amico e sono rimasto qui per assisterla.Ella non ascoltava. Guardava la luce alla finestra con unevidente sforzo per acuire l'occhio semispento. Guarda-va estatica, ammirando. Ebbe una brutta smorfia chepure rassomigliò a un sorriso.– Oh – disse – quanti bei fanciulli. – Ammirò lunga-mente. Il delirio era ritornato. Ci fu però una sosta fra isogni della notte e le immagini luminose ch'erano vesti-te del colore dell'aurora. Vedeva bimbi rosei ballare alsole. Un delirio di poche parole. Designava l'oggetto chevedeva e null'altro. La propria vita era dimenticata. Nonnominò il Balli, né Vittoria, né Emilio. – Quanta luce –disse affascinata. Anch'ella s'illuminò. Sotto alla pellediafana si vide salire il sangue rosso e colorarle le gote ela fronte. Ella mutava ma non sentiva se stessa. Guarda-va le cose che sempre più s'allontanavano da lei.Il Balli propose di chiamare il medico. – È inutile – dis-se la signora Elena che da quel rossore aveva capito aqual punto si fosse.– Inutile? – domandò Emilio spaventato di sentir ripetu-to da altri il proprio pensiero.Infatti, poco dopo, la bocca d'Amalia si contrasse inquello strano sforzo in cui pare che da ultimo anche i

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muscoli, inetti a ciò, vengano costretti a lavorare per larespirazione. L'occhio guardava ancora. Ella non dissepiù alcuna parola. Ben presto al respiro s'unì il rantolo,un suono che pareva un lamento, proprio il lamento diquella persona dolce che moriva. Pareva risultato da unadesolazione mite; pareva voluto, un'umile protesta. Erainfatti il lamento della materia che, già abbandonata di-sorganizzandosi, emette i suoni appresi nel lungo dolorecosciente.

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muscoli, inetti a ciò, vengano costretti a lavorare per larespirazione. L'occhio guardava ancora. Ella non dissepiù alcuna parola. Ben presto al respiro s'unì il rantolo,un suono che pareva un lamento, proprio il lamento diquella persona dolce che moriva. Pareva risultato da unadesolazione mite; pareva voluto, un'umile protesta. Erainfatti il lamento della materia che, già abbandonata di-sorganizzandosi, emette i suoni appresi nel lungo dolorecosciente.

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Capitolo XIV

L'immagine della morte è bastevole ad occupare tutto unintelletto. Gli sforzi per trattenerla o per respingerlasono titanici, perché ogni nostra fibra terrorizzata la ri-corda dopo averla sentita vicina, ogni nostra molecola larespinge nell'atto stesso di conservare e produrre la vita.Il pensiero di lei è come una qualità, una malattiadell'organismo. La volontà non lo chiama né lo respin-ge.Di questo pensiero Emilio lungamente visse. La prima-vera era passata, ed egli non se n'era accorto che peraverla vista fiorire sulla tomba della sorella. Era un pen-siero cui non andava congiunto alcun rimorso. La morteera la morte; non più terribile per le circostanze chel'avevano accompagnata. Era passata la morte, il grandemisfatto, ed egli sentiva che i propri errori e misfattierano stati del tutto dimenticati.In quel periodo, per quanto poté, visse solitario. Evitòanche il Balli, il quale dopo di essersi contenuto tantobene al letto di Amalia, aveva già perfettamente dimen-ticato il breve entusiasmo ch'ella aveva saputo inspirar-gli. Emilio non gli sapeva perdonare di non essergli piùsimile in questo. Era oramai la sola cosa che gli rimpro-verasse.Quando la sua commozione s'affievolì, gli sembrò di

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Capitolo XIV

L'immagine della morte è bastevole ad occupare tutto unintelletto. Gli sforzi per trattenerla o per respingerlasono titanici, perché ogni nostra fibra terrorizzata la ri-corda dopo averla sentita vicina, ogni nostra molecola larespinge nell'atto stesso di conservare e produrre la vita.Il pensiero di lei è come una qualità, una malattiadell'organismo. La volontà non lo chiama né lo respin-ge.Di questo pensiero Emilio lungamente visse. La prima-vera era passata, ed egli non se n'era accorto che peraverla vista fiorire sulla tomba della sorella. Era un pen-siero cui non andava congiunto alcun rimorso. La morteera la morte; non più terribile per le circostanze chel'avevano accompagnata. Era passata la morte, il grandemisfatto, ed egli sentiva che i propri errori e misfattierano stati del tutto dimenticati.In quel periodo, per quanto poté, visse solitario. Evitòanche il Balli, il quale dopo di essersi contenuto tantobene al letto di Amalia, aveva già perfettamente dimen-ticato il breve entusiasmo ch'ella aveva saputo inspirar-gli. Emilio non gli sapeva perdonare di non essergli piùsimile in questo. Era oramai la sola cosa che gli rimpro-verasse.Quando la sua commozione s'affievolì, gli sembrò di

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perdere equilibrio. Corse al cimitero. La strada polvero-sa lo fece soffrire, e indicibilmente, il caldo. Sulla tom-ba prese la posa del contemplatore, ma non seppe con-templare. La sua sensazione più forte era il bruciore del-la cute irritata dal sole, dalla polvere e dal sudore. Acasa si lavò e, rinfrescata la faccia, perdette ogni ricordodi quella gita. Si sentì solo, solo. Uscì col vago proposi-to d'attaccarsi a qualcuno, ma sul pianerottolo dove ungiorno aveva trovato il soccorso invocato, ricordò chepoco distante poteva trovare una persona che gli avreb-be insegnato a ricordare, la signora Elena. Egli – se lodisse salendo le scale egli non aveva dimenticata Ama-lia, la ricordava anche troppo, ma aveva dimenticata lacommozione della sua morte. Invece che vederla ranto-lare nell'ultima lotta, la ricordava quando triste, spossa-ta, con gli occhi grigi lo rimproverava del suo abbando-no, oppure quando, sconfortata, riponeva la tazza prepa-rata per il Balli o, infine, ricordava il suo gesto, la suaparola, il suo pianto d'ira e di disperazione. Erano tuttiricordi della propria colpa. Bisognava coprire il tuttocon la morte d'Amalia; la signora Elena gliel'avrebberievocata. Amalia stessa era stata insignificante nellasua vita. Non ricordava neppure ch'ella avesse dimostra-to il desiderio di riavvicinarsi a lui quando egli, per sal-varsi da Angiolina, aveva tentato di rendere più affettuo-sa la loro relazione. La sua morte sola era stata impor-tante per lui; quella almeno l'aveva liberato dalla suavergognosa passione.

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perdere equilibrio. Corse al cimitero. La strada polvero-sa lo fece soffrire, e indicibilmente, il caldo. Sulla tom-ba prese la posa del contemplatore, ma non seppe con-templare. La sua sensazione più forte era il bruciore del-la cute irritata dal sole, dalla polvere e dal sudore. Acasa si lavò e, rinfrescata la faccia, perdette ogni ricordodi quella gita. Si sentì solo, solo. Uscì col vago proposi-to d'attaccarsi a qualcuno, ma sul pianerottolo dove ungiorno aveva trovato il soccorso invocato, ricordò chepoco distante poteva trovare una persona che gli avreb-be insegnato a ricordare, la signora Elena. Egli – se lodisse salendo le scale egli non aveva dimenticata Ama-lia, la ricordava anche troppo, ma aveva dimenticata lacommozione della sua morte. Invece che vederla ranto-lare nell'ultima lotta, la ricordava quando triste, spossa-ta, con gli occhi grigi lo rimproverava del suo abbando-no, oppure quando, sconfortata, riponeva la tazza prepa-rata per il Balli o, infine, ricordava il suo gesto, la suaparola, il suo pianto d'ira e di disperazione. Erano tuttiricordi della propria colpa. Bisognava coprire il tuttocon la morte d'Amalia; la signora Elena gliel'avrebberievocata. Amalia stessa era stata insignificante nellasua vita. Non ricordava neppure ch'ella avesse dimostra-to il desiderio di riavvicinarsi a lui quando egli, per sal-varsi da Angiolina, aveva tentato di rendere più affettuo-sa la loro relazione. La sua morte sola era stata impor-tante per lui; quella almeno l'aveva liberato dalla suavergognosa passione.

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– La signora Elena è in casa? – domandò alla servach'era venuta ad aprire. In quella casa non si doveva es-sere abituati a ricevere molte visite. La serva – unabiondina gentile – gli impedì il passo e si mise a chia-mare ad alta voce la signora Elena. Questa venne nelcorridoio oscuro da una porta laterale e si fermò nellaluce che usciva dalla stanza.«Come ho fatto bene a venire!», pensò Emilio giocon-damente, sentendosi commosso al vedere la testa grigiadi Elena, illuminata debolmente, mandare proprio queiriflessi che lo avevano colpito la mattina della morte diAmalia.La signora Elena lo accolse con grande affetto. – È tantotempo ch'io speravo di vederla. Mi fa proprio piacere.– Lo sapevo – disse Emilio con le lagrime nella voce.L'amicizia offertagli da quella donna al letto di morted'Amalia lo commoveva. – Ci conosciamo da poco, maabbiamo passata insieme tale una giornata da sentircenelegati più che non da anni d'intimità.La signora Elena lo fece entrare nella stanza da cui erauscita, della forma del tinello del Brentani, sul quale erasituata. L'arredo ne era semplice, anzi scarso, ma tuttoera tenuto con grande accuratezza, e non vi si sentiva ilbisogno di altri mobili. La semplicità appariva un po' ec-cessiva sulle pareti lasciate nude del tutto.La serva portò una lampada a petrolio accesa, auguran-do ad alta voce la buona sera. Quindi uscì.

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– La signora Elena è in casa? – domandò alla servach'era venuta ad aprire. In quella casa non si doveva es-sere abituati a ricevere molte visite. La serva – unabiondina gentile – gli impedì il passo e si mise a chia-mare ad alta voce la signora Elena. Questa venne nelcorridoio oscuro da una porta laterale e si fermò nellaluce che usciva dalla stanza.«Come ho fatto bene a venire!», pensò Emilio giocon-damente, sentendosi commosso al vedere la testa grigiadi Elena, illuminata debolmente, mandare proprio queiriflessi che lo avevano colpito la mattina della morte diAmalia.La signora Elena lo accolse con grande affetto. – È tantotempo ch'io speravo di vederla. Mi fa proprio piacere.– Lo sapevo – disse Emilio con le lagrime nella voce.L'amicizia offertagli da quella donna al letto di morted'Amalia lo commoveva. – Ci conosciamo da poco, maabbiamo passata insieme tale una giornata da sentircenelegati più che non da anni d'intimità.La signora Elena lo fece entrare nella stanza da cui erauscita, della forma del tinello del Brentani, sul quale erasituata. L'arredo ne era semplice, anzi scarso, ma tuttoera tenuto con grande accuratezza, e non vi si sentiva ilbisogno di altri mobili. La semplicità appariva un po' ec-cessiva sulle pareti lasciate nude del tutto.La serva portò una lampada a petrolio accesa, auguran-do ad alta voce la buona sera. Quindi uscì.

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La signora le guardò dietro con un buon sorriso: – Nonposso levarle l'abitudine un po' campagnuola d'augurarela buona sera quando porta il lume. Del resto è un usoche non dispiace. Giovanna è tanto buona. Troppo inge-nua. È strano di trovare ai nostri tempi una persona in-genua. Viene voglia di guarirla da una malattia tantoadorabile. Quando le racconto qualche cosa dei costumimoderni, fa tanto d'occhi. – Ella rise di cuore. Imitava lapersona di cui parlava spalancando i buoni piccoli oc-chi; pareva la studiasse per goderne di più.La biografia della serva aveva interrotta la commozionedi Emilio. Per chiarire un dubbio che gli venne, raccon-tò d'essere stato quel giorno al cimitero. Infatti il suodubbio fu subito risolto, perché, senz'alcuna esitazione,la signora disse – Io al cimitero non vado mai. Non cisono stata dal giorno della morte di sua sorella. – Di-chiarò poi ch'ella sapeva oramai che con la morte non silotta. – Chi è morto è morto e il conforto non può venireche dai vivi. – Aggiunse senz'alcuna amarezza: – Pur-troppo, ma è così. – Disse poi ch'era stata tolta all'incan-to dei ricordi dalla breve assistenza prestata ad Amalia.La tomba del figliuolo non le dava più quella commo-zione che sconvolge e rinnova. Parlava veramente i pen-sieri d'Emilio; certo non più, quando concluse con unassioma morale. – Vi sono i vivi che hanno bisogno dinoi.Riparlò di Giovanna. Costei, per sua fortuna, era statacolta da una malattia ed Elena l'aveva assistita e salvata.

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La signora le guardò dietro con un buon sorriso: – Nonposso levarle l'abitudine un po' campagnuola d'augurarela buona sera quando porta il lume. Del resto è un usoche non dispiace. Giovanna è tanto buona. Troppo inge-nua. È strano di trovare ai nostri tempi una persona in-genua. Viene voglia di guarirla da una malattia tantoadorabile. Quando le racconto qualche cosa dei costumimoderni, fa tanto d'occhi. – Ella rise di cuore. Imitava lapersona di cui parlava spalancando i buoni piccoli oc-chi; pareva la studiasse per goderne di più.La biografia della serva aveva interrotta la commozionedi Emilio. Per chiarire un dubbio che gli venne, raccon-tò d'essere stato quel giorno al cimitero. Infatti il suodubbio fu subito risolto, perché, senz'alcuna esitazione,la signora disse – Io al cimitero non vado mai. Non cisono stata dal giorno della morte di sua sorella. – Di-chiarò poi ch'ella sapeva oramai che con la morte non silotta. – Chi è morto è morto e il conforto non può venireche dai vivi. – Aggiunse senz'alcuna amarezza: – Pur-troppo, ma è così. – Disse poi ch'era stata tolta all'incan-to dei ricordi dalla breve assistenza prestata ad Amalia.La tomba del figliuolo non le dava più quella commo-zione che sconvolge e rinnova. Parlava veramente i pen-sieri d'Emilio; certo non più, quando concluse con unassioma morale. – Vi sono i vivi che hanno bisogno dinoi.Riparlò di Giovanna. Costei, per sua fortuna, era statacolta da una malattia ed Elena l'aveva assistita e salvata.

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Si erano trovate durante quella malattia. Quando la fan-ciulla risanò, la signora comprese che suo figlio rivivevain lei. – Più mite, più buono, più riconoscente, oh, tantoriconoscente – Anche il suo nuovo affetto le dava pen-sieri e dolori: – Giovanna era innamorata...Emilio non l'udiva più. Era occupato tutto dalla soluzio-ne di un grave problema. Andandosene salutò con ri-spetto sulla porta la serva, quella che aveva trovato ilmodo di salvare dalla disperazione un suo simile. – Stra-no – pensò, – sembrerebbe che metà dell'umanità esistaper vivere e l'altra per essere vissuta. – Ritornò subitocol pensiero al proprio caso concreto: – Angiolina esisteforse solo acciocché io viva.Camminò tranquillo, rinato, nella notte fresca che eraseguita alla giornata afosa. L'esempio della signora Ele-na gli aveva provato che anche lui poteva trovare ancoranella vita il suo pane quotidiano, la ragione d'essere.Questa speranza l'accompagnò per parecchio tempo;aveva dimenticato tutti gli elementi di cui si componevala sua misera vita, e credeva che il giorno in cui avessevoluto, avrebbe potuto rinnovarla.Le prime prove che fece fallirono. Aveva tentato di nuo-vo l'arte e non gliene era risultata alcuna commozione.Avvicinò delle donne e le trovò poco importanti. – Ioamo Angiolina! pensò.Un giorno il Sorniani gli raccontò che Angiolina erafuggita col cassiere infedele di una Banca. Il fatto aveva

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Si erano trovate durante quella malattia. Quando la fan-ciulla risanò, la signora comprese che suo figlio rivivevain lei. – Più mite, più buono, più riconoscente, oh, tantoriconoscente – Anche il suo nuovo affetto le dava pen-sieri e dolori: – Giovanna era innamorata...Emilio non l'udiva più. Era occupato tutto dalla soluzio-ne di un grave problema. Andandosene salutò con ri-spetto sulla porta la serva, quella che aveva trovato ilmodo di salvare dalla disperazione un suo simile. – Stra-no – pensò, – sembrerebbe che metà dell'umanità esistaper vivere e l'altra per essere vissuta. – Ritornò subitocol pensiero al proprio caso concreto: – Angiolina esisteforse solo acciocché io viva.Camminò tranquillo, rinato, nella notte fresca che eraseguita alla giornata afosa. L'esempio della signora Ele-na gli aveva provato che anche lui poteva trovare ancoranella vita il suo pane quotidiano, la ragione d'essere.Questa speranza l'accompagnò per parecchio tempo;aveva dimenticato tutti gli elementi di cui si componevala sua misera vita, e credeva che il giorno in cui avessevoluto, avrebbe potuto rinnovarla.Le prime prove che fece fallirono. Aveva tentato di nuo-vo l'arte e non gliene era risultata alcuna commozione.Avvicinò delle donne e le trovò poco importanti. – Ioamo Angiolina! pensò.Un giorno il Sorniani gli raccontò che Angiolina erafuggita col cassiere infedele di una Banca. Il fatto aveva

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destato scandalo in città.Fu una sorpresa dolorosissima per lui. Si disse: – M'èfuggita la vita. – Invece, per qualche tempo, la fugad'Angiolina lo ripose in piena vita, nel più vivace deidolori e dei risentimenti. Sognò vendette e amore, comela prima volta in cui l'aveva abbandonata.Andò dalla madre d'Angiolina, quando già questo risen-timento s'era affievolito, come era andato da Elenaquando il ricordo d'Amalia aveva minacciato d'attenuar-si. Anche questa visita gli fu imposta da un suo precisostato d'animo che domandava in quel dato momento unnuovo impulso, tant'è vero che la fece in ore d'ufficio,incapace di ritardarla neppure di minuti.La vecchia l'accolse con l'antica gentilezza. La stanzad'Angiolina aveva cambiato un po' d'aspetto, denudatadi tutte le cianfrusaglie che l'Angiolina aveva raccoltenella sua lunga carriera. Anche le fotografie eranoscomparse e dovevano oramai adornare la parete diqualche stanza in altro paese.– È dunque fuggita? – domandò Emilio con amarezza eironia. Gustava quell'istante come se avesse parlato adAngiolina stessa.La Zarri negò che Angiolina fosse fuggita. Era andata astare in casa di parenti che abitavano a Vienna. Emilionon protestò, ma poco dopo, cedendo al suo imperiosodesiderio, riprese il tono d'accusatore che si era tentatodi togliergli. Disse ch'egli aveva previsto tutto. Aveva

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destato scandalo in città.Fu una sorpresa dolorosissima per lui. Si disse: – M'èfuggita la vita. – Invece, per qualche tempo, la fugad'Angiolina lo ripose in piena vita, nel più vivace deidolori e dei risentimenti. Sognò vendette e amore, comela prima volta in cui l'aveva abbandonata.Andò dalla madre d'Angiolina, quando già questo risen-timento s'era affievolito, come era andato da Elenaquando il ricordo d'Amalia aveva minacciato d'attenuar-si. Anche questa visita gli fu imposta da un suo precisostato d'animo che domandava in quel dato momento unnuovo impulso, tant'è vero che la fece in ore d'ufficio,incapace di ritardarla neppure di minuti.La vecchia l'accolse con l'antica gentilezza. La stanzad'Angiolina aveva cambiato un po' d'aspetto, denudatadi tutte le cianfrusaglie che l'Angiolina aveva raccoltenella sua lunga carriera. Anche le fotografie eranoscomparse e dovevano oramai adornare la parete diqualche stanza in altro paese.– È dunque fuggita? – domandò Emilio con amarezza eironia. Gustava quell'istante come se avesse parlato adAngiolina stessa.La Zarri negò che Angiolina fosse fuggita. Era andata astare in casa di parenti che abitavano a Vienna. Emilionon protestò, ma poco dopo, cedendo al suo imperiosodesiderio, riprese il tono d'accusatore che si era tentatodi togliergli. Disse ch'egli aveva previsto tutto. Aveva

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tentato di correggere Angiolina e di segnarle la via retta.Non vi era riuscito e ne rimaneva scorato; ma era benpeggio per Angiolina, ch'egli non avrebbe lasciata mai,se ella l'avesse trattato altrimenti.Non avrebbe poi saputo ripetere le parole ch'egli pro-nunziò in quel momento tanto importante, ma dovetteroessere efficacissime, perché la signora Zarri si mise asinghiozzare con certi singhiozzi strani, secchi; gli volsele spalle e se ne andò. Egli la seguì con lo sguardo unpo' sorpreso dell'effetto prodotto. I singhiozzi erano cer-to sinceri; la scuotevano tutta fino ad impedirle il passo.– Buon giorno, signor Brentani – gli disse, entrando conun bell'inchino e offrendogli la mano, la sorellad'Angiolina. – Mamma è andata di là perché sta pocobene. Se ella vuole ritorni un altro giorno.– No! – disse Emilio solennemente come se stesse perabbandonare Angiolina. – Io non ritornerò mai più. –Accarezzò i capelli della fanciulla, più scarsi, ma del co-lore identico di quelli di Angiolina – Mai più! – ripeté, econ intensa compassione bacio la fanciulla sulla fronte.– Perché? – domandò lei gettandogli le braccia al collo.Stupefatto egli si lasciò coprire la faccia di baci tutt'altroche infantili.Quando riuscì a togliersi da quell'abbraccio, la nauseaaveva distrutta in lui qualsiasi commozione. Non sentìalcun bisogno di continuare la predica incominciata e sene andò dopo di aver fatta una carezza paterna, indul-

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tentato di correggere Angiolina e di segnarle la via retta.Non vi era riuscito e ne rimaneva scorato; ma era benpeggio per Angiolina, ch'egli non avrebbe lasciata mai,se ella l'avesse trattato altrimenti.Non avrebbe poi saputo ripetere le parole ch'egli pro-nunziò in quel momento tanto importante, ma dovetteroessere efficacissime, perché la signora Zarri si mise asinghiozzare con certi singhiozzi strani, secchi; gli volsele spalle e se ne andò. Egli la seguì con lo sguardo unpo' sorpreso dell'effetto prodotto. I singhiozzi erano cer-to sinceri; la scuotevano tutta fino ad impedirle il passo.– Buon giorno, signor Brentani – gli disse, entrando conun bell'inchino e offrendogli la mano, la sorellad'Angiolina. – Mamma è andata di là perché sta pocobene. Se ella vuole ritorni un altro giorno.– No! – disse Emilio solennemente come se stesse perabbandonare Angiolina. – Io non ritornerò mai più. –Accarezzò i capelli della fanciulla, più scarsi, ma del co-lore identico di quelli di Angiolina – Mai più! – ripeté, econ intensa compassione bacio la fanciulla sulla fronte.– Perché? – domandò lei gettandogli le braccia al collo.Stupefatto egli si lasciò coprire la faccia di baci tutt'altroche infantili.Quando riuscì a togliersi da quell'abbraccio, la nauseaaveva distrutta in lui qualsiasi commozione. Non sentìalcun bisogno di continuare la predica incominciata e sene andò dopo di aver fatta una carezza paterna, indul-

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gente alla fanciulla, ch'egli non voleva lasciare afflitta.Una grande tristezza lo colse quando si trovò solo sullavia. Sentiva che la carezza fatta per compiacenza a quel-la fanciulla segnava proprio la fine della sua avventura.Egli stesso non sapeva quale periodo importante dellasua vita si fosse chiuso con quella carezza.Lungamente la sua avventura lo lasciò squilibrato, mal-contento. Erano passati per la sua vita l'amore e il doloree, privato di questi elementi, si trovava ora col senti-mento di colui cui è stata amputata una parte importantedel corpo. Il vuoto però finì coll'essere colmato. Rinac-que in lui l'affetto alla tranquillità, alla sicurezza, e lacura di se stesso gli tolse ogni altro desiderio.Anni dopo egli s'incantò ad ammirare quel periodo dellasua vita, il più importante, il più luminoso. Ne vissecome un vecchio del ricordo della gioventù. Nella suamente di letterato ozioso, Angiolina subì una metamor-fosi strana. Conservò inalterata la sua bellezza, ma ac-quistò anche tutte le qualità d'Amalia che morì in lei unaseconda volta. Divenne triste, sconsolantemente inerte,ed ebbe l'occhio limpido ed intellettuale. Egli la vide di-nanzi a sé come su un altare, la personificazione delpensiero e del dolore e l'amò sempre, se amore è ammi-razione e desiderio. Ella rappresentava tutto quello dinobile ch'egli in quel periodo avesse pensato od osserva-to.Quella figura divenne persino un simbolo. Ella guardava

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gente alla fanciulla, ch'egli non voleva lasciare afflitta.Una grande tristezza lo colse quando si trovò solo sullavia. Sentiva che la carezza fatta per compiacenza a quel-la fanciulla segnava proprio la fine della sua avventura.Egli stesso non sapeva quale periodo importante dellasua vita si fosse chiuso con quella carezza.Lungamente la sua avventura lo lasciò squilibrato, mal-contento. Erano passati per la sua vita l'amore e il doloree, privato di questi elementi, si trovava ora col senti-mento di colui cui è stata amputata una parte importantedel corpo. Il vuoto però finì coll'essere colmato. Rinac-que in lui l'affetto alla tranquillità, alla sicurezza, e lacura di se stesso gli tolse ogni altro desiderio.Anni dopo egli s'incantò ad ammirare quel periodo dellasua vita, il più importante, il più luminoso. Ne vissecome un vecchio del ricordo della gioventù. Nella suamente di letterato ozioso, Angiolina subì una metamor-fosi strana. Conservò inalterata la sua bellezza, ma ac-quistò anche tutte le qualità d'Amalia che morì in lei unaseconda volta. Divenne triste, sconsolantemente inerte,ed ebbe l'occhio limpido ed intellettuale. Egli la vide di-nanzi a sé come su un altare, la personificazione delpensiero e del dolore e l'amò sempre, se amore è ammi-razione e desiderio. Ella rappresentava tutto quello dinobile ch'egli in quel periodo avesse pensato od osserva-to.Quella figura divenne persino un simbolo. Ella guardava

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sempre dalla stessa parte, l'orizzonte, l'avvenire da cuipartivano i bagliori rossi che si riverberavano sulla suafaccia rosea, gialla e bianca. Ella aspettava! L'immagineconcretava il sogno ch'egli una volta aveva fatto accantoad Angiolina e che la figlia del popolo non aveva com-preso.Quel simbolo alto, magnifico, si rianimava talvolta perridivenire donna amante, sempre però donna triste epensierosa. Sì! Angiolina pensa e piange! Pensa comese le fosse stato spiegato il segreto dell'universo e dellapropria esistenza; piange come se nel vasto mondo nonavesse più trovato neppure un Deo gratias qualunque.

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sempre dalla stessa parte, l'orizzonte, l'avvenire da cuipartivano i bagliori rossi che si riverberavano sulla suafaccia rosea, gialla e bianca. Ella aspettava! L'immagineconcretava il sogno ch'egli una volta aveva fatto accantoad Angiolina e che la figlia del popolo non aveva com-preso.Quel simbolo alto, magnifico, si rianimava talvolta perridivenire donna amante, sempre però donna triste epensierosa. Sì! Angiolina pensa e piange! Pensa comese le fosse stato spiegato il segreto dell'universo e dellapropria esistenza; piange come se nel vasto mondo nonavesse più trovato neppure un Deo gratias qualunque.

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