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Gli impianti scalari del Foro di Traiano...80 Elisabetta Bianchi, Roberto Meneghini 12 C.M. Amici,...

Date post: 06-Mar-2021
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1 L’argomento di questo saggio è stato presentato da chi scrive in una conferenza dal titolo “Aspetti della tecnica costruttiva in calce- struzzo e laterizio nel Foro di Traiano” nell’ambito del convegno “Lo scavo dei Fori Imperiali 2004-2007” svoltosi il 25 ottobre 2007 presso l’Auditorium dell’Ara Pacis. 2 Bianchi‒Meneghini 2010. 3 M. Jackson, F. Marra, Calcestruzzi delle volte del Foro di Traiano, Appendice i, in Bianchi‒Meneghini 2010, pp. 127- 132. 4 C. Ricci, A.M. Colini, V. Mariani, Via dell’Impero, Roma 1933 (Itinerari dei Musei e Monumenti d’Italia, 24): pianta dei Fori Imperiali; J.E. Packer, The Forum of Trajan in Rome. A study of the monuments, Berkeley-Los Angeles 1997. 5 Amici 1982; Meneghini 2002. 6 V. infra, Appendici ii-iii. 7 Di questa scala si è già trattato in via preliminare in Bianchi 2001a; Meneghini 1993a. 8 Solitamente, l’impronta dei gradini ancora visibile sui muri di gabbia è relativa al solo nucleo cementizio della scala, cui va ag- giunto lo spessore del rivestimento. Nel presente studio si è prestata una partico- lare attenzione alla conformazione degli impian- ti scalari del Foro di Traiano e alla risoluzione di specifiche questioni strutturali, legate all’ar- ticolazione dei percorsi interni, con uno sguar- do rivolto ad altri edifici traianei aventi anch’essi funzione pubblica (fig. 1) 1 avvalendosi, come per un recente riesame delle volte di copertura della Basilica Ulpia 2 , di un’innovativa indagine della composizione dei conglomerati cementizi 3 . Nelle prime ricostruzioni del Foro di Traiano, la presenza di scale sul lato nord del complesso o non era considerata 4 oppure le loro tracce fa- cevano ipotizzare una struttura diversa da quel- la qui presentata, come ad esempio l’impronta di una volta inclinata pertinente a una scala alle spalle del muro nord della c.d. Biblioteca Ovest 5 . Una recente rilettura dei resti di un muro in ope- ra quadrata e di uno in laterizio ad esso contiguo visibili sul lato opposto del complesso, in una delle cripte funerarie della chiesa del SS. Nome di Maria, insieme a uno scavo realizzato sul sito 6 , hanno confermato la presenza di scale disposte lungo il muro perimetrale nord del Foro di Tra- iano come parte di un monumentale accesso ai ‘matronei’ della Basilica Ulpia. Sono stati inoltre riesaminati gli scarsissimi re- sti di altre scale presenti nel foro, alcuni già men- zionate in studi recenti (a/a1-d/d1) 7 , mentre al- tri interpretati soltanto ora come riferibili a scale (e-e1/f-f1). Degli impianti di scale originariamente pre- senti nel Foro di Traiano restano parte dello spiccato del muro di spina o di quello di gabbia, le tracce di incasso dei gradini sui muri di gab- bia delle prime rampe (alzata e pedata) 8 e le im- pronte delle volte di sostegno delle rampe. Sono soltanto ricostruibili, pur non restandone trac- cia, tranne nel caso della scala D1, le dimensioni delle soglie e dei pianerottoli. Nonostante la scarsa consistenza dei resti con- servati, sulla base della combinazione dei dati ri- levabili, è stato possibile ricostruire la larghezza e i numeri delle rampe di ciascuna scala, men- tre l’inclinazione e la misura del dislivello, ovve- ro la differenza di quota tra il punto di partenza e quello di arrivo, finale o intermedio, sono sta- ti ricavati in base alle quote dei piani superio- Gli impianti scalari del Foro di Traiano
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Page 1: Gli impianti scalari del Foro di Traiano...80 Elisabetta Bianchi, Roberto Meneghini 12 C.M. Amici, Il Foro di Cesare, Firenze 1991, fig. 227. 13 I valori medi delle alzate e delle

1 L’argomento di questo saggio è stato presentato da chi scrive in una conferenza dal titolo “Aspetti della tecnica costruttiva in calce-struzzo e laterizio nel Foro di Traiano” nell’ambito del convegno “Lo scavo dei Fori Imperiali 2004-2007” svoltosi il 25 ottobre 2007 presso l’Auditorium dell’Ara Pacis.

2 Bianchi‒Meneghini 2010.3 M. Jackson, F. Marra, Calcestruzzi delle volte del Foro di

Traiano, Appendice i, in Bianchi‒Meneghini 2010, pp. 127-132.

4 C. Ricci, A.M. Colini, V. Mariani, Via dell’Impero, Roma

1933 (Itinerari dei Musei e Monumenti d’Italia, 24): pianta dei Fori Imperiali; J.E. Packer, The Forum of Trajan in Rome. A study of the monuments, Berkeley-Los Angeles 1997.

5 Amici 1982; Meneghini 2002.6 V. infra, Appendici ii-iii.7 Di questa scala si è già trattato in via preliminare in Bianchi

2001a; Meneghini 1993a.8 Solitamente, l’impronta dei gradini ancora visibile sui muri di

gabbia è relativa al solo nucleo cementizio della scala, cui va ag-giunto lo spessore del rivestimento.

Nel presente studio si è prestata una partico-lare attenzione alla conformazione degli impian-ti scalari del Foro di Traiano e alla risoluzione di specifiche questioni strutturali, legate all’ar-ticolazione dei percorsi interni, con uno sguar-do rivolto ad altri edifici traianei aventi anch’essi funzione pubblica (fig. 1)1 avvalendosi, come per un recente riesame delle volte di copertura della Basilica Ulpia2, di un’innovativa indagine della composizione dei conglomerati cementizi3.

Nelle prime ricostruzioni del Foro di Traiano, la presenza di scale sul lato nord del complesso o non era considerata4 oppure le loro tracce fa-cevano ipotizzare una struttura diversa da quel-la qui presentata, come ad esempio l’impronta di una volta inclinata pertinente a una scala alle spalle del muro nord della c.d. Biblioteca Ovest5. Una recente rilettura dei resti di un muro in ope-ra quadrata e di uno in laterizio ad esso contiguo visibili sul lato opposto del complesso, in una delle cripte funerarie della chiesa del SS. Nome di Maria, insieme a uno scavo realizzato sul sito6, hanno confermato la presenza di scale disposte lungo il muro perimetrale nord del Foro di Tra-

iano come parte di un monumentale accesso ai ‘matronei’ della Basilica Ulpia.

Sono stati inoltre riesaminati gli scarsissimi re-sti di altre scale presenti nel foro, alcuni già men-zionate in studi recenti (a/a1-d/d1)7, mentre al-tri interpretati soltanto ora come riferibili a scale (e-e1/f-f1).

Degli impianti di scale originariamente pre-senti nel Foro di Traiano restano parte dello spiccato del muro di spina o di quello di gabbia, le tracce di incasso dei gradini sui muri di gab-bia delle prime rampe (alzata e pedata)8 e le im-pronte delle volte di sostegno delle rampe. Sono soltanto ricostruibili, pur non restandone trac-cia, tranne nel caso della scala D1, le dimensioni delle soglie e dei pianerottoli.

Nonostante la scarsa consistenza dei resti con-servati, sulla base della combinazione dei dati ri-levabili, è stato possibile ricostruire la larghezza e i numeri delle rampe di ciascuna scala, men-tre l’inclinazione e la misura del dislivello, ovve-ro la differenza di quota tra il punto di partenza e quello di arrivo, finale o intermedio, sono sta-ti ricavati in base alle quote dei piani superio-

Gli impianti scalari del Foro di Traiano

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1. Foro di Traiano. Pianta generale. Scale a/a1-f/f1 (E. Bianchi, R. Meneghini).

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9 Nomenclatura degli elementi componenti la struttura dell’im-pianto:

‒ muro/i di gabbia: i muri che contengono la scala (i muri che compongono l’appoggio della girata sono realizzati in laterizio);

‒ muro di appoggio della girata o muro d’anima o di spina: il muro sulle cui due facce corrono due rampe (quasi sempre realiz-zato in laterizio per rispondere a sollecitazioni maggiori – v. Cosimi 1998, p. 69).

Si può trattare di rampa destrogira o sinistrogira: quando la se-conda rampa si trova rispettivamente a destra o a sinistra salendo rispetto alla prima (trattandosi di sistemi replicati quasi certamen-te su entrambi i lati del complesso è possibile che le strutture di ciascuna coppia contenessero rampe specchiate).

Per ciò che concerne la struttura interna della rampa:‒ stacco: si intende la partenza della rampa (ad es. direttamente

dalla strada);‒ alzata: faccia verticale o testa dei gradini o distanza tra due pe-

date successive;‒ pedata: faccia orizzontale dei gradini (le sue dimensioni sono

legate alla funzione dell’intero impianto: pedate più lunghe corri-spondono a rampe più profonde);

‒ pianerottolo di accesso: quella porzione di percorso che va dal-la soglia vera e propria allo stacco di alzata del primo gradino. La variazione di profondità per il p.d.a. permette di interpretare l’in-tero profilo della rampa in rapporto alla profondità totale dell’am-biente o dell’edificio e al dislivello da superare;

‒ lunghezza di una rampa: la distanza tra lo stacco di pedata del primo gradino e lo stacco di alzata d’appoggio al pianerottolo suc-cessivo;

‒ dislivello: la differenza di quota tra lo spiccato della soglia o del pianerottolo di accesso e il pianerottolo successivo;

‒ larghezza: la distanza tra gli specchi di cortina dei due muri di gabbia.

10 G. Calza (G. Calza, La preminenza dell’insula nell’edilizia ro-mana, in MonAntLinc, 23, 1915, p. 544) affermava che “la distri-

buzione delle scale non è affatto capricciosa: esse costituiscono uno dei principali elementi architettonici di un edificio, il cui saggio impiego dà al caseggiato e ai singoli appartamenti un elemento so-stanziale di ordine e di economia distributiva”.

11 Cosimi 1998:i. Singole rampe di scale cui non corrisponde un passaggio pa-

rallelo (a Ostia questo tipo non ha pianerottoli intermedi); ii. Scale nelle quali la seconda rampa è sovrapposta alla prima.

Nella pianta di scale di questo tipo, parallelamente alla prima ram-pa, c’è un passaggio voltato che immette ad altri ambienti del pia-noterra. La gabbia muraria funziona in questo caso indipendente-mente dal resto della costruzione (per scale di questo tipo nella Re-gio v ostiense [v, vi, 1]: E. Bianchi, Il caseggiato del Sole e gli edifici attigui, in BA, 49-50, 1998, pp. 115-130);

iii. Scale di notevole sviluppo in lunghezza a unica rampa. An-che la volta è molto lunga. La lunga struttura voltata che sorregge la lunga teoria di gradini viene spesso aiutata da una serie di setti murari di supporto per la distribuzione del carico sull’edificio;

iv. Scale ‘a forbice’. In organismi di questo tipo le rampe si svi-luppano lungo le due facce del muro d’anima. Le loro lunghezze possono anche essere diversificate, mentre nei casi in cui sono della stessa lunghezza le teste dei gradini risultano allineate. Parallela-mente alla prima rampa corre una volta a profilo inclinato che so-stiene la seconda rampa;

v. Scale consistenti in uno stacco in muratura con tre o cinque gradini di avvio e proseguimento in legno (solo nelle taberne);

vi. Scale ‘a pozzo’ sono quelle costruite intorno a una tromba centrale;

vii. Rampe formate da piani inclinati che seguono una breve se-quenza di gradini iniziale. Si utilizzano per coprire con una gabbia artificiosamente allungata un ambiente molto profondo;

viii. Rampe elicoidali nelle quali il fusto è formato da rocchi so-vrapposti di travertino. Il loro impiego risolve problemi di spazio imposti dalla costruzione o dalla necessità di raggiungere la som-mità dell’edificio senza creare interferenze (edilizia abitativa).

a ridosso degli edifici senza invaderne i volumi interni. Il loro posizionamento agli spigoli e an-goli del complesso, risponde perfettamente alla rigorosa ripartizione progettuale delle superfici da edificare, non interrompendone le volume-trie e allo stesso tempo venendo a costituire i punti di maggior forza dell’intero edificio10. Ciò si verifica anche nel Foro di Traiano, dove i cor-pi scala, ad esempio nel settore nord, non inva-dono minimamente gli spazi destinati alle c.d. ‘biblioteche’ e alla basilica.

Alcuni degli impianti presenti nel Foro di Traia-no corrispondono a tipologie già utilizzate nell’e-dilizia e nell’architettura romana civile e privata. Si riconoscono scale a forbice, elicoidali e rampe inclinate, mentre nel caso della doppia gradinata monumentale posta sulla fronte del complesso si dovette ricorrere a modelli già noti nell’architet-tura repubblicana, quali quelli presenti nei san-tuari laziali o nell’architettura per spettacolo dei centri della Campania del i secolo d.C.

Una classificazione riguardante le scale ostiensi della i Regio (fig. 2)11 individua diversi tipi di sca-le. A questa tipologia si può fare riferimento per la distinzione delle scale ricostruibili all’interno del Foro di Traiano, pur in considerazione della funzione pubblica del complesso di appartenenza.

Pertanto, secondo tale classificazione, le sca-le a, (b) e d possono essere considerate del iv/vi tipo, le c del iii tipo, le rampe del ii e vii tipo, le

ri. Tali elementi sono deducibili grazie a diversi fattori, quali l’altezza dell’ordine architettonico sottostante il piano di arrivo della scala (ad es. scale c-c1) o le impronte del solaio superiore sul-le pareti murarie (ad es. scale d-d1)9.

All’interno del complesso dovevano essere presenti dodici impianti, sei per lato replica-ti specularmente su quello opposto. Delle scale a-a1 sono visibili le tracce dell’impianto ovest (a); la presenza della scala b (e b1) è presunta per l’evidenza di uno spazio di risulta tra gli im-pianti a e c; di entrambe le scale c-c1 si conser-vano consistenti resti; delle scale d-d1 si conser-vano resti di quella orientale (D1); la scala e sul lato orientale del complesso è anch’essa di re-cente identificazione; le scale e1/f-f1 sono pre-sunte per simmetria. Ciascun impianto scala, nonostante la diversità della tipologia di appar-tenenza, connotante ciascuna coppia una diffe-rente funzione all’interno del complesso, dovet-te essere progettato come un corpo a sé stante rispetto all’edificio che doveva servire, ma non distinguibile dall’esterno perché incluso all’in-terno dei muri perimetrali. Ciò sembra segui-re una regola dell’architettura romana secondo la quale i vani-scala costituiscono un elemento fondamentale dell’intera dell’ossatura muraria, funzionale non soltanto alla sua vera e propria utilizzazione. La disposizione sempre razionale delle scale crea dei corpi a se stanti che vivono

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12 C.M. Amici, Il Foro di Cesare, Firenze 1991, fig. 227.13 I valori medi delle alzate e delle pedate (A = alzata; P = pedata)

dei gradini riscontrabili su impianti ostiensi sono di m 0,21-0,22 per le prime e m 0,30 per le seconde e corrispondono nel primo caso a 1 dodrans (9/12 di p.r.= m 0,222) e nel secondo a 1 pes (m 0,296). Pur considerando che la formula genericamente utilizzata di 2A+P è moderna, il valore numerico ottenuto dalla somma dei valori di due alzate con quello di un’alzata corrisponde nelle scale romane a 2,5 pedes e quindi a 1 gradus (= m 0,74) ed è significati-vo il fatto che il termine può anche significare gradino. Valori di A e P si trovano nei seguenti autori antichi e moderni così espressi; Vitr. (iii, 4, 4) nel prescrivere le misure che devono avere le gra-dinate dei templi: m 0,222-0,246 = 3/4 o 5/6 di p.r.) e m 0,444-

0,592 (1,5-2 p.r.); A. Palladio, I quattro libri dell’architettura di A. Palladio, Venezia 1570, p. 61: m 0,117-0,175 e m 0,352-0,528; G. Colombo, Manuale dell’ingegnere civile e industriale, Milano 1877, p. 247: m 0,14-0,20 (ordinario m 0,15-0,17) e m 0,46; G. Colom-bo, Manuale dell’ingegnere civile e industriale (rist.), Milano 1939, p. 269: m 0,10-0,20 e m 0,25-0,40. Nei trattati di architettura e di tecnica delle costruzioni redatti intorno alla metà del Novecento (C. Roccatelli, Corso di architettura tecnica, Roma 1947, p. 123; AA.VV., Manuale del costruttore edile e del geometra, Roma 1947, p. 378; G.B. Ormea, La teoria e la pratica nelle costruzioni, Milano 1952, p. 254) per ciò che attiene all’indice di riferimento corrispon-dente a 2A+P si trovano valori oscillanti da m 0,62 a m 0,65 con valori medi su m 0,63-0,64 e per A+P intorno a m 0,46-0,48.

Se in base alle osservazioni riguardanti gli im-pianti scalari di edifici privati e di carattere com-merciale, quali quelli ostiensi, risultano notevo-li le accortezze usate nella progettazione e rea-lizzazione di queste strutture, ancor più è lecito aspettarsi un particolare riguardo nella costru-zione delle scale per il percorso fruitivo degli edi-fici adibiti ad uso pubblico e monumentale, per le quali doveva ancor più essere garantita la como-dità nella salita come la sicurezza nella discesa. Sarà stato dunque necessario, come nelle costru-zioni moderne, rispettare alcune precauzioni co-struttive riguardanti il numero totale dei gradini, le eventuali presenze di un pianerottolo interme-dio rompitratta, sul quale fosse possibile ‘tirare

scale e-f dell’viii tipo. Nel primo caso la confor-mazione ‘a forbice’ si combina con la presenza di gradini di raccordo tra due rampe lunghe.

Nei vicini Mercati di Traiano sono perfetta-mente conservati diversi corpi scala, sui lati nord e sud della Grande Aula (= iv/vi tipo), nell’edi-ficio a nord del Piccolo Emiciclo (c.d. magazzini dell’olio) (= i tipo); sui lati nord e sud del Gran-de Emiciclo (= ii/vi tipo) e a collegamento tra via della Torre e la via Biberatica. Anche nel Foro di Cesare, in età traianea, all’interno della taber-na 312 si volle realizzare, a modifica dell’impianto originario, una lunga scala di raccordo con il Cli-vus Argentarius (= i tipo).

2. Tipologia delle scale ostiensi (da Cosimi 1998).

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14 Amici 1982, p. 9 e fig. 14.15 Leone‒Margiotta 2007, p. 394, n. 2.574.

16 I gradini di raccordo con la seconda rampa dovevano trovarsi alla distanza di m 3 dall’ingresso al vano scala.

All’interno della Basilica Ulpia si nota l’asso-luta assenza di corpi scala. Tuttavia, alle spalle del muro di fondo occidentale della c.d. Bibliote-ca Ovest (figg. 3-4) si trovano i resti di un primo impianto di risalita (a)14. L’impianto speculare (a1) doveva trovarsi nell’area oggi prospiciente il lato orientale della chiesa del SS. Nome di Ma-ria, all’incrocio con via di S. Eufemia (fig. 5).

Tali resti furono riportati alla luce durante gli scavi del 1932 e sono oggi coperti dal solaio in cemento armato della c.d. esedra arborea. Qui è possibile rilevare la profondità della soglia (m 0,74) preceduta da un pianerottolo di accesso, le

il fiato’ prima di raggiungere il vero pianerottolo distributivo, la larghezza della rampa, le dimen-sioni dell’alzata e della pedata dei gradini13.

Sulla base dell’esame che qui si propone dei singoli impianti di scale presenti nel foro si potrà tentare di ipotizzare la rispondenza dei diversi progetti a possibili norme pratiche della tecnica costruttiva antica e/o presunte normative vigenti nell’ambito dell’edilizia pubblica e privata.

Scale a-a1

3. Foro di Traiano. La struttura muraria della scala a durante gli scavi del 1932 (Archivio Fotografico del Museo di Roma, neg. AF 21642).

4. Foro di Traiano. Scala a. In evidenza le tracce dei gradini della rampa ovest (foto E. Bianchi).

5. Sezione ricostruttiva delle c.d. ‘biblioteche’ con i corpi scala a (ovest) - a1 (est) (elab. Archeometra s.r.l.).

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17 Leone‒Margiotta 2007, p. 376, n. 2.526.18 All’asportazione dei blocchi posti a sostegno del lato breve del

vano scala va ricondotta la causa della rovina di questa struttura.19 Come si vede dalla tabella che raccoglie i dati dei singoli im-

pianti considerati, i dati stessi sono stati elencati secondo voci che riguardano: il settore di appartenenza dell’impianto (posizione); l’edificio di partenza e quello di arrivo; la tipologia di riferimento; se si tratti di una scala avente funzione primaria o secondaria all’in-terno del complesso. A seguire, tutti i dati numerici riguardanti le misure relative a: dimensioni dei gradini, dei muri di sostegno, dei pianerottoli; inclinazione delle rampe; ove desumibili, informazio-ni relative alle volte di copertura.

impronte sul muro d’anima (spess. m 1,15), le impronte di sei gradini della prima rampa (cfr. figg. 3-4)15 e il nucleo dei gradini di raccordo16 con la seconda rampa della quale, sulla pare-te opposta del muro si conserva l’imposta della volta inclinata di sostegno (fig. 6)17. La struttu-ra in laterizio del sottoscala della rampa di avvio doveva interrompersi in corrispondenza di una fondazione in blocchi di travertino della quale fu rinvenuto soltanto il filare inferiore (fig. 7; cfr. fig. 6) e sulla quale doveva poggiare il muro di chiusura della scala, presumibilmente in opera quadrata di tufo, opposto al lato di ingresso18. La scala doveva avere così un andamento nord/sud con ingresso dal piano terra della navata minore più settentrionale della basilica (fig. 8).

La sua larghezza, ricavabile dalla posizione del muro posteriore della adiacente c.d. ‘biblioteca’ rispetto al muro di spina, doveva essere di m 2,50 (tab. 1)19. Gli ingenti spessori del muro d’anima e di quelli di gabbia lasciano immaginare un no-tevole sviluppo in altezza del corpo scala che in origine doveva essere composto da sei rampe se-parate da rampe intermedie di cinque o sei gra-dini ciascuna in grado di raccordare il piano terra (m 17,40 s.l.m.) sia con un ambiente soprastante

6. Il muro di spina della scala a (parete est) durante gli scavi del 1932 visto da est (Archivio Fotografico del Museo di Roma, neg. AF 21593).

7. Il muro di spina della scala a (parete est) durante gli scavi del 1932 visto da nord (Archivio Fotografico del Museo di Roma, par-ticolare del neg. AF 21639).

8. Ipotesi ricostruttiva della scala a con articolazione del pianerot-tolo (dis. E. Bianchi, elab. V. Casella).

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20 Come mostrano gli alzati delle c.d. ‘biblioteche’, dei vani esterni all’emiciclo ovest del portico messi in luce con il recente scavo per la Metro c e dell’ambiente situato alla terminazione sud del portico orientale, si tratta di cortine caratterizzate da fattura molto regolare sia per la posa in opera dei filari, che per l’omogeneità cromatica dei mattoni, con letti di malta sottili e stilati e con ricorsi di bipedali. I laterizi presenti in queste murature presentano bolli che hanno permesso di ricostruire i lineamenti della produzione destinata alle fabbriche imperia-li e di gettare luce su importanti aspetti relativi al processo di produzione per i progetti imperiali tra il tardo i secolo e l’ini-zio del ii secolo d.C.: Bloch 1947, pp. 49-61; Bianchi 2001b. Tra i bolli laterizi particolarmente significativi rinvenuti nelle murature del complesso: CIL, xv, 811d (Anteros Severianus); 612-613 (Figlinae Tempesinae); 83b, 97b, 97c (Figlinae Caepio-nianae).

La cortina della scala A è formata da tegole fratte di colore rosso bruno e impasto depurato della lunghezza variabile da cm 23 a cm 29, con prevalenza di cm 27 (bolli laterizi CIL, xv, 1,

S.9 e 58). L’impasto è molto depurato e senza inclusi. Lo spes-sore varia da cm 3,5 a cm 4; i letti di malta, rifiniti con un’ac-curata allisciatura, sono spessi cm 0,6-1,1 con prevalenza 0,6-0,8. I giunti verticali sono larghi cm 0,6-0,7 con prevalenza 0,7. La malta, di colore grigio, è molto tenace con numerosissimi inclusi pozzolanacei neri e rossi generalmente di media gran-dezza ma con frequente presenza di inclusi di dimensioni più grandi. Si tratta, come stabilito dai campioni esaminati anche nelle scale A e C, di cenere vulcanica granulare e di frammenti di tufo lionato polverizzato (v. infra, Appendice i). Nella c.d. ‘biblioteca’ orientale fu rinvenuto il timbro CIL, xv, 811d (v. Bloch 1947, p. 58; Bianchi 2001b). Il nucleo di conglomerato del muro (campione 07-FOROTRAI-23) risulta composto da varie tipologie di caementa: principalmente si tratta di fram-menti decimetri di tufo lionato, di tufo giallo della via Tiberina e di mattone, legati insieme da malte pozzolaniche compatte e coerenti.

21 Leone‒Margiotta 2007, p. 395, n. 2.576.22 Meneghini 2002.

l’aula che con un piano posto a + m 14,22, corri-spondente al livello del primo piano interno del-la basilica.

Le caratteristiche del paramento murario in cortina laterizia di questa scala (fig. 9; cfr. fig. 6) corrispondono nei materiali impiegati e nell’ac-curatezza della messa in opera a quelle delle cor-tine della c.d. Biblioteca Ovest e dei resti di quel-la orientale (v. infra, Appendice i)20.

Come risulta da un attento esame di una foto-grafia scattata durante i lavori del 1932 poco di-stante da questa scala, dietro al muro di una delle nicchie della c.d. ‘biblioteca’ occidentale si scor-gono i resti di una piccola scala di servizio (figg. 10-11)21, il cui ingresso dovette essere tamponato nella fase costruttiva successiva a quella origina-ria22. Questa angusta scala, similmente a quanto si vede nelle Terme di Caracalla nel muro di un ambiente con nicchie (fig. 12), doveva consentire inizialmente l’accesso al sottotetto della c.d. ‘bi-

9. Particolare della cortina laterizia del muro di spina della scala a (parete est) (foto E. Bianchi).

10. La biblioteca ovest durante lo scavo del 1932. Sulla sinistra i resti della piccola scala di servizio (Archivio Fotografico del Museo di Roma, neg. AF 21644).

11. La biblioteca ovest durante lo scavo del 1932. Sono evidenziati i resti dei gradini della piccola scala di servizio (Archivio Fotogra-fico del Museo di Roma, particolare del neg. AF 21644).

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Gli impianti scalari del Foro di Traiano 85A

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86 Elisabetta Bianchi, Roberto Meneghini

23 Meneghini 2002, p. 671 e fig. 12. Forse tali modifiche sono da mettere in relazione con una mutata destinazione d’uso dell’edificio.

24 Meneghini 2009, p. 123.25 Meneghini 1993b.

da un sistema di scale molto sviluppato in altez-za e confinante, sul lato meridionale, con il muro nord della basilica.

Scale d-d1

Sul lato breve meridionale del portico orienta-le del foro e addossate alla c.d. ‘terrazza domizia-nea’ si trovavano due coppie di ambienti voltati: due al piano terra e due sovrapposti. Immedia-tamente a ovest di questi ambienti e adiacente a essi si trovava un corpo scala, accessibile an-che dall’interno della c.d. sala trisegmentata (a m 16,30 s.l.m.), che doveva consentire il raccordo con i piani superiori voltati di quegli ambienti e aperti su un’ipotetica galleria percorribile del portico24 (fig. 14). I resti della scala furono ripor-tati in luce nel 1932 e ripuliti e rilevati durante una campagna di scavo realizzata nel 199125 (fig. 15). La fossa di fondazione sul lato est mostra la

blioteca’ e forse anche allo stretto ballatoio pro-babilmente posto sopra la cornice del secondo ordine di nicchie disposte lungo le pareti dell’au-la. In una seconda fase costruttiva dell’edificio, l’accesso a questa scala, delle stesse dimensioni delle sei nicchie che si trovano a destra sulla stes-sa parete, dovette essere tamponato23 e la piccola scala messa fuori uso.

Nella ricostruzione della pianta dei due corpi scala a-a1, tra questi e lo spazio occupato dalle scale denominate c-c1, è possibile considerare, in via del tutto ipotetica, la presenza di altri due corpi scala (b-b1) la cui posizione poteva essere specchiata rispetto ad a-a1, avendo in comune il muro di fondo delle rampe, e l’accesso da un piano adiacente a quello di ingresso delle scale c-c1 (fig. 13).

Si configura così una dimensione dello spazio architettonico ove ciascuna c.d. ‘biblioteca’, non più isolata ed emergente ai lati della Colonna Traiana, sarebbe ‘foderata’ su due lati contigui

12. Settore nordovest del Foro di Traiano e strutture perimetrali del recinto delle Terme di Caracalla. Si noti l’identico rapporto planimetri-co tra la biblioteca e la retrostante ampia scala. Anche nel doppio muro che separa i due vani delle Terme di Caracalla è ricavata una piccola scala di servizio.

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Gli impianti scalari del Foro di Traiano 87

ni della rampa mentre sull’altro lato si conserva la base dello spesso muro di sostegno della ter-minazione della seconda rampa, al di sotto della quale doveva trovarsi un piccolo ambiente di ri-sulta/sottoscala.

La scala era dotata di incassi per l’alloggiamen-to di discendenti in laterizio per lo smaltimento delle acque pluviali provenienti dalle terrazze

platea di blocchi di travertino sui quali doveva poggiare sia la parete occidentale dell’ambiente di testata del portico che uno dei muri di gabbia della scala, entrambi formati da blocchi di tufo. Al centro tra le due fosse di fondazione si con-servano i resti del muro di spina poggiato su una platea di calcestruzzo (fi g. 16). Sulla parete est del muro d’anima resta il nucleo dei primi gradi-

13. Planimetria del settore settentrionale del Foro di Traiano. In evidenza gli accessi ai diversi corpi scala (elab. E. Bianchi, R. Meneghini).

14. La terrazza domizianea. In basso e al centro le strutture murarie degli ambienti situati sul lato breve del portico orientale. In evidenza le tracce del livello superiore.

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88 Elisabetta Bianchi, Roberto Meneghini

15. Planimetria delle strutture del settore sud-orientale del foro al termine dello scavo del 1991. Nel riquadro la scala d1 e in grigio gli am-bienti di testata del portico orientale (elab. da Meneghini 1993b).

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Gli impianti scalari del Foro di Traiano 89

26 Sui resti dei gradini sono visibili i bolli laterizi CIL, xv, 97b, 811d, 811e-f. Cfr. Bianchi 2001b, p. 94.

27 Il dislivello che intercorre tra l’imposta della volta e lo spiccato

della cortina sopra il pavimento dell’ambiente è comprensivo della misura della saetta dell’arco e della sua chiave.

28 Meneghini‒Santangeli Valenzani 2007, p. 93.

aveva carattere monumentale ma costituiva una via di accesso per così dire ‘riservata’. La sca-la doveva essere dunque utilizzata da un nume-ro non elevato di frequentatori, rivelando così la natura quasi esclusiva degli ambienti superiori

superiori e comunicanti con il sistema fognante posto lungo il margine esterno del lato posteriore della c.d. sala trisegmentata.

Della prima rampa, larga m 1,50 e posta dopo una breve soglia di ingresso profonda m 0,43, si conservano due gradini distanti tra loro m 2,86 e separati da un dislivello di m 1,94. Tra il pri-mo (a = m 0,25-0,26; p = m 0,30)26 e quello più in alto è possibile ricostruirne altri sette (fig. 17). La distanza tra il punto di intersezione del pri-mo con il secondo gradino e dell’ottavo con il nono è di m 2,90. Nella distanza rimanente tra questo punto e lo stipite nord del vano sottosca-la, corrispondente alla verticale della termina-zione del muro di spina superiore è possibile in-serire altri 7 gradini per un totale di quindici fino a una quota di + m 3,18 dalla soglia di ingresso. Il vano sottoscala doveva essere probabilmente raggiungibile dall’ambiente di testata del porti-co (c) (cfr. fig. 15), come del resto sembra con-fermare la quota pavimentale dello stesso sotto-scala. La scala doveva svilupparsi su tre rampe successive separate da pianerottoli, sostenuti da piccole volte a crociera e separati da tre gradi-ni disposti sul prolungamento del muro di spina (spess. m 0,60). Essa doveva mettere in comuni-cazione il piano dell’ambiente c e della sala tri-segmentata con i piani alti soprastanti (fig. 18). La quota di arrivo della terza rampa lunga, così ricostruita, m 28,33 s.l.m., corrisponde al piano di calpestio degli ambienti superiori del portico orientale del foro indicato dalle tracce conservate sulla facciata della terrazza domizianea. Un’im-pronta sulla parete in laterizio della muratura di rinfianco della volta a botte27 che doveva soste-nere il piano superiore dell’ambiente (cfr. fig. 14) va identificata con la quota di arrivo della ter-za rampa. Un’ulteriore rampa doveva consentire poi l’accesso alla terrazza posta al di sopra del-la sala trisegmentata (m 29,41 s.l.m.)28. Questo corpo scala, così come quello presumibilmente situato alla terminazione del portico occidenta-le, doveva risultare piuttosto buio perché, presu-mibilmente, i muri di gabbia, visti i loro ingenti spessori (m 1,20-1,40), non potevano accogliere altre aperture se non delle semplici feritoie e il lato di fondo si appoggiava al lungo muro in ce-mentizio addossato a quella del Foro di Augusto. Solo il lato di ingresso poteva fruire di una lu-minosità proveniente dall’interno della sala tri-segmentata, con eventuali finestrature poste al di sopra della soglia di ingresso. Questo impianto, data anche la larghezza delle rampe, soltanto di m 1,60, molto inferiore a quella della scala a, non

16. Settore sud-orientale del foro al termine dello scavo del 1991. Scala d1. I resti del muro di spina e le fosse di fondazione dei muri d’ambito (foto R. Meneghini).

17. Ipotesi ricostruttiva dello sviluppo verticale della scala d1 vista da est (dis. E. Bianchi, elab. V. Casella).

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90 Elisabetta Bianchi, Roberto Meneghini

29 Il Lugli (G. Lugli, Roma Antica. Il centro monumentale, Roma 1946, pp. 299-309) collocava l’abitazione di questo funzionario all’interno dei Mercati di Traiano (Meneghini 2009, pp. 165-192).

30 Campione 07-FOROTRAI-C2 (v. infra, Appendice ii).

31 Per l’analisi della malta del nucleo di questa scala (Campione 07-FOROTRAI-C3) v. infra, Appendice ii.

32 H. Bauer, in LTUR, i, Roma, 1993, p. •••, fig. 102, s.v. Basi-lica Paul(l)i.

estremità della fila di taberne disposte dietro al portico. La prima rampa misurava in larghezza ca. m 2,5 per una lunghezza di ca. m 4,5032 (fig.

che potrebbero essere identificati con una abita-zione destinata forse al procurator responsabile dell’intero complesso forense29.

La cortina muraria di questa scala si presen-ta molto simile a quella dei muri traianei dei vi-cini ambienti di testata del portico, realizzata con frammenti di tegole disposti in filari regolari e con letti di malta sottili (5 filari di laterizi + 5 letti di malta: cm 23-24; fig. 19). L’analisi del conglome-rato cementizio interno della scala, confrontata con quella degli ambienti di testata del portico30 ha rivelato una differente composizione, caratterizza-ta da scarsa compattazione e da selezione e pre-parazione dell’aggregato messe in opera con poca cura31, a dimostrazione di una sua minore impor-tanza dal punto di vista della meccanica struttura-le e a ulteriore conferma della funzione ‘seconda-ria’ di questo impianto all’interno del complesso.

Tra i molteplici confronti di scale ‘a forbi-ce’ presenti nell’architettura romana si vedano quelle della Basilica Emilia, dislocate alle due

18. Sezione delle strutture del Foro di Traiano addossate alla c.d. ‘terrazza domizianea’ (ambienti a-b-c e vano scala d1) secondo l’andamento e il punto di vista indicati a fig. 15 (dis. E. Bianchi, R. Meneghini).

19. Scala d1. Particolare della cortina muraria della parete est del muro di spina (foto E. Bianchi).

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Gli impianti scalari del Foro di Traiano 91

33 R. Amy, Temples a escaliers, in Syria, 27, 1-2, 1950, pp. 82-136, spec. pp. 94-95, figg. 11-12.

34 M. Bianchini, M. Vitti, La fronte della Grande Aula e il suo sistema scalare, in BCom, civ, 2003, pp. 298-306, spec. figg. 20-22.

35 L.C. Lancaster, Building Trajan’s Markets, in AJA, 102, 2, 1998, pp. 283-308, fig. 6.

36 Questa scala larga m 2,05 supera un dislivello di m 2,54 e si compone di due rampe, la prima lunga m 3,05 e la seconda m 4,50.

quest’ultimo non su due volte a botte gravanti su un muro di spina, impostato su un arco ram-pante e su quelli di gabbia, ma soltanto su que-

20); dei numerosi esempi visibili nei caseggia-ti ostiensi si osservi la scala di via della Fonta-na (fig. 21); in Siria, a Canatha, nella seconda metà del ii secolo fu costruito un tempio con una torre scalare che conteneva rampe ‘a forbi-ce’ per l’accesso alla terrazza posta sulla som-mità del pronao33 (fig. 22); nelle Terme di Ca-racalla le scale presenti negli apodytheria (fig. 23). Ma gli esempi più indicativi sono quelli presenti nei Mercati di Traiano, nei quali la necessità di collegare i diversi livelli del com-plesso previde l’adozione una coppia di scale della tipologia ‘a forbice’ (tab. 1) nella Gran-de Aula34 e di una coppia nel Grande Emici-clo35 ma anche di tipologie più semplici, come la scala ‘a L’ di collegamento tra la via Bibera-tica e la c.d. via della Torre36. Si osservi che nel caso della scala nordovest della Grande Aula nei Mercati di Traiano il notevole dislivello che la rampa doveva raccordare, tra il piano terra e il primo pianerottolo, fu motivato dalla necessità di far poggiare la volta di sostegno di

20. Le scale della Basilica Emilia (da Bauer 1993).

21. Ostia. Scale a forbice in un edificio di via della Fontana (foto E. Bianchi).

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92 Elisabetta Bianchi, Roberto Meneghini

sti ultimi, ciò che portò necessariamente a un notevole rialzamento del profilo della copertu-ra. La maggiore inclinazione della scala fu però risolta costruendo gradini con alzata maggiore del normale (cm 24).

Nel Foro di Traiano, visto il carattere di uffi-cialità e monumentalità degli edifici ai quali le scale appartengono, non dovette essere necessa-rio ricorrere a tali espedienti utilizzando, come si è visto già nei corpi scala a e d1, misure canoni-che. I diversi livelli furono collegati con rampe lunghe raccordate da pianerottoli, generalmente divisi in due piani, sfalsati da un basso numero di gradini disposti lungo l’asse del muro di spina e sostenuti da piccole volte a crociera affiancate (come per la scala d1), poste sul prolungamento di quelle inclinate delle rampe.

La scala nordovest della Grande Aula si pre-senta come una fusione dei tipi ii e iv della ti-pologia ostiense, mentre quella nord del Grande Emiciclo come la fusione di addirittura tre tipi di scale: ii, iii e vi. Ciò dimostra un’estrema libertà da parte dell’architetto all’adattamento dei mo-delli. Nel Foro di Traiano questa varietà è più contenuta, ma vi si trova una maggiore predi-sposizione all’applicazione di forme monumen-tali.

22. Tempio di Zeus a Kanawat. Pianta e sezione (da Amy 1950).

23. Terme di Caracalla. Scale a forbice nel settore degli apodytheria (foto E. Bianchi).

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Gli impianti scalari del Foro di Traiano 93

37 Amici 1982, p. 68 s. e fig. 109.38 Meneghini 1993a, pp. 13-21, fig. 5; Meneghini 1996, pp. 47-

88, figg. 27, 35.39 V. nota 4; Bianchi 2001a.40 Eseguito dalla soc. Parsifal.

41 Eseguiti da SGM S.r.l. – Ingegneria Sperimentale.42 Lo spessore di questi blocchi, alti ciascuno circa m 0,70, è

stato verificato da un’indagine endoscopica (v. infra, Appendice iii).

43 V. infra, Appendice iii, videoendoscopie e1, e3.

Nel 2008 nell’ambito di una vasta campagna diagnostico-conoscitiva finalizzata alla valuta-zione dell’interazione tra la nuova Linea c della Metropolitana di Roma e alcuni monumenti in-teressati dal tracciato dell’opera, grazie al con-tributo di Roma Metropolitane, è stato possibile approfondire l’indagine su questi resti del set-tore orientale del foro. Le indagini, delle qua-li si dà conto nelle Appendici ii e iii di questo contributo, sono consistite in un saggio strati-grafico40 e in rilievi e indagini sperimentali41. L’indagine stratigrafica condotta nella cappella sepolcrale ha permesso di esaminare con mag-gior precisione i resti della scala, dall’andamento speculare rispetto a quella riportata in luce negli anni Trenta sull’altro lato del complesso. Di essa erano già visibili le impronte dei gradini più alti (fig. 27) della rampa, presumibilmente la prima, e la parte superiore del primo dei muri in opera quadrata (fig. 28) di appoggio della scala stessa.

Entrambi i corpi scala dovevano essere quindi sostenuti da setti paralleli in opera quadrata di blocchi bugnati di peperino42, che separavano i quattro vani (in origine probabilmente comuni-canti) e dovevano essere in grado di assicurare il giusto sostegno a una serie di volte alternata-mente orizzontali e inclinate. Ciascuno di que-sti poderosi muri doveva poggiare su una fonda-zione in conglomerato di malta pozzolanica con frammenti di tufo e laterizio, così come dimo-strato dai sondaggi effettuati43 e come rivelato da

Scale c-c1

Alle spalle del muro perimetrale nord del-la c.d. ‘biblioteca’ occidentale, in una stretta galleria realizzata durante gli scavi del 1932, è visibile la porzione di intradosso di una vol-ta inclinata, dalla direttrice parallela al muro stesso. Inoltre, su tutta la lunghezza del muro stesso, caratterizzato da una cortina laterizia ancora parzialmente rivestita di cocciopesto, a distanze regolari (m 4,60) si conservano i re-sti dell’attacco di tre muri in opera quadrata (spessi m 1,20), che delimitano i tre vani posti al pianoterra alle spalle della superficie coperta dalla volta inclinata. I resti della volta furono interpretati da C. Amici come pertinenti a una scala medievale e le tracce dei muri come resti di ‹‹due speroni ortogonali, probabilmente dei rompitratta›› 37. In realtà, come si è detto, sono visibili le tracce di tre setti murari (fig. 24, a), e a questi doveva aggiungersene originariamente un quarto posto in linea con il muro di faccia-ta della c.d. ‘biblioteca’, oggi scomparso. Una foto scattata in questo settore negli anni Trenta prima dei lavori per la realizzazione della so-prastante esedra arborea (fig. 25) mostra come allora fossero ancora leggibili le tracce di gra-dini al di sopra della volta, la cui porzione di muratura corrisponde all’attacco tra la volta di sostegno della prima rampa e quella di un pia-nerottolo (le due volte coprono un ambiente lungo m 3,76). Dalla stessa fotografia si evince ancora la presenza di un arco di scarico in bi-pedali costruito contro il muro in blocchi oggi scomparso, necessario per scaricare il peso del-la volta gravante sul muro di gabbia della scala in punti prestabiliti.

In posizione speculare, su una parete in lateri-zio conservata al livello di una delle cripte sepol-crali della chiesa del SS. Nome di Maria, furono successivamente individuate impronte di gradini (fig. 26) e la parte superiore di un muro in opera quadrata che si immagina fosse identico a quel-li dei quali sul lato ovest del complesso si con-servano solo le tracce degli attacchi nella parete perimetrale della c.d. ‘biblioteca’38. Questi resti sono stati inizialmente identificati con due torri scalari dotate di rampe a forbice poste alle estre-mità della facciata settentrionale del complesso e come tali inserite in tutte le planimetrie rico-struttive del foro39.

24. Foro di Traiano. Il corridoio sotto la prima rampa della scala c: (a) impronte dei blocchi di tufo originariamente posti a sostegno del pianerottolo superiore; (b) il muro d’ambito della scala paralle-lo alla parete esterna della c.d. Biblioteca Ovest (foto E. Bianchi).

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94 Elisabetta Bianchi, Roberto Meneghini

44 Per la c.d. Biblioteca Ovest: CIL, xv, 58; S.9 (vedi Bianchi 2001b, p. •••)

45 Campione 07-FOROTRAI-C25.

sta della volta e un arco di scarico in bipedali alla quota di spiccato (v. infra, Appendice ii, fig. 43), analogamente a quanto riscontrato per la scala speculare (cfr. fig. 25). Dalle analisi condotte da M. Jackson (v. infra, Appendice i, tab. 1) i calce-struzzi delle scale monumentali c-c145 e di quelle contigue a-a1 risultano costituiti da malte molto ben compattate e coerenti, piuttosto simili per composizione e tessuto petrografico alle malte dei nuclei in conglomerato cementizio dei muri.

La presenza nella malta di selezionate miscele di pozzolane rosse e piccole quantità di tufo liona-to finemente granulato garantiva loro una elevata resistenza alla compressione.

Ancora più importanti, ai fini della ricostru-zione del corpo scala, sono i resti della muratu-ra di rinfianco della volta di sostegno di un pia-nerottolo (lunga su entrambi i lati m 2-2,10; cfr. figg. 27-28), della quale è possibile ipotizzare una luce di circa m 5,60, corrispondente all’origina-

un piccolo saggio esplorativo del quale resta me-moria in una foto dei lavori degli anni Trenta sulle strutture del lato opposto (fig. 29).

Nel procedimento costruttivo dei due corpi scala, ai setti in opera quadrata (realizzati per primi) furono addossati i muri perimetrali ester-ni delle due c.d. ‘biblioteche’ (cfr. fig. 24, b) e quindi la costruzione delle scale deve essere con-siderata contestuale a quella delle biblioteche stesse.

La cortina del sottoscala, particolarmente ben visibile, è formata da tegole di colore bruno e pre-senta caratteristiche del tutto analoghe a quelle delle c.d. ‘biblioteche’ (modulo 5/5: cm 25) (fig. 30). Si tratta probabilmente dei laterizi di elevata qualità prodotti dalle figline Brutianae, gli stessi con i quali furono realizzate le c.d. ‘biblioteche’ e sui quali è stata riscontrata la presenza di bolli laterizi di M. Rutilius Lupus44. La parete presen-ta un marcapiano di bipedali a m 0,88 dall’impo-

25. Il muro d’ambito della scala c (parete sud) durante gli scavi del 1932 visto da nord. Si noti l’impronta dei blocchi di sostegno della pri-ma rampa e l’attacco della volta a botte inclinata sottostante i primi gradini (Archivio Fotografico del Museo di Roma, particolare del neg. AF 21639).

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Gli impianti scalari del Foro di Traiano 95

46 Amici 1982, p. 63, fig. 99.

sezione di volta a botte sostiene ciò che resta del-la vera volta semicilindrica centrale. Nel punto di innesto si riscontra la presenza di laterizi dispo-sti normalmente alla generatrice d’imposta. Tale particolare conformazione dovette essere utiliz-zata, in alternativa all’impiego di una volta ribas-sata, per ridurre la freccia della volta di sostegno del pianerottolo che, se fosse stata gettata diret-tamente sui muri di gabbia, data la luce di oltre 5 m, sarebbe risultata di spessore tale da richiedere una sopraelevazione maggiore della rampa sopra-stante. È possibile che questa particolare confor-mazione sia stata utilizzata anche per le volte di copertura delle rampe.

L’intero sistema strutturale può essere dunque interpretato come sostegno di due corpi scala mo-numentali, disposti tra i muri settentrionali delle c.d. ‘biblioteche’ e il muro perimetrale precedu-

ria larghezza delle scale, il cui muro di gabbia nord doveva essere il prolungamento dello stesso muro perimetrale (spess. m 1,60), poggiante sulla fondazione (m 14,40 s.l.m.) ancora oggi visibile nell’area a nord della Colonna Traiana46. Il muro in blocchi di tufo, del quale il saggio ha riportato alla luce il livello di spiccato (v. infra, fig. 46 b), corrispondente alla quota del pavimento dell’am-biente sottostante la prima rampa (alt. tot. m 2,07), non può che essere interpretato come uno degli elementi di appoggio delle volte di sostegno di pianerottoli rompitratta tra rampe poggiate su volte inclinate. Tali volte dovevano essere pro-babilmente conformate ‘a carena di nave’, come sembrano dimostrare i resti della muratura ap-poggiata al muro in blocchi (v. infra, fig. 46 a), dove all’imposta, analogamente a quando doveva trovarsi sul muro d’imposta opposto, una breve

26. La cripta al piano interrato della chiesa del SS. Nome di Maria sovrapposta alla planimetria ricostruttiva del settore nordest del Foro di Traiano e localizzazione delle tracce dei gradini della scala c1 (elab. E. Bianchi, R. Meneghini).

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47 Amici 1982, p. 9, tav. i, c5.48 V. infra, Appendice ii.49 Non può essere considerata valida la quota riferita da C. Amici

(Amici 1982, p. 68) a un presunto lacerto di pavimento ‘intonacato’ del sottoscala, in quanto, come si è visto sulla base della fotografia di archivio, il piano di calpestio del sottoscala deve trovarsi note-volmente al di sotto dell’attuale.

50 Amici 1982, p. 86, fig. 145.

51 È necessario precisare che la quota del piano terra della Basili-ca doveva essere più alta di circa m 0,35 rispetto a quella del cortile della Colonna. Amici 1982, p. 54, n. 2.

52 E. Bianchi, Ph. Brune, M. Jackson, F. Marra, R. Menegh-ini, Archaeological, structural and compositional observations of the concrete architecture of the Basilica Ulpia and Trajan’s Forum, in Comm. Hum. Lutt. ••sciogliere••, 128, 2011, pp. 72-95; Bianchi‒Meneghini 2010, spec. fig. 7.

sul lato ovest del complesso. È altresì probabile che esse dovessero avere ingressi posti all’incirca alla stessa quota, come sembrano dimostrare le quote rilevate sullo spiccato dei sottoscala delle prime rampe di ciascuna di esse. Come eviden-ziato dal saggio effettuato sotto la chiesa del SS. Nome di Maria48, qui la quota di partenza della prima rampa doveva corrispondere a + m 17,0749; sul lato opposto, a + m 16.26. Nella ricostruzione precedentemente proposta da C. Amici50 la quota delle terrazze di copertura dei portici che circon-dano la Colonna, poste a + m 11,70 dal piano del cortile della Colonna (m 17,07 s.l.m.51) non coin-cideva con il primo livello interno della basilica, tanto da dover supporre la presenza di circa die-ci gradini di raccordo. Un nuovo recente studio delle volte di copertura delle navate laterali con-sente di fissare con maggior precisione la quota pavimentale del primo livello della basilica a m 31,62 s.l.m., con un dislivello di + m 14,22 dal piano terra (m 17,40 s.l.m.)52. In tal modo, tra la

to dal propileo, con ingresso dagli angoli esterni, che permettevano di salire al piano superiore del cortile della Colonna Traiana (+ m 31,62) e che costituivano certamente gli accessi dall’esterno ai ‘matronei’ della Basilica Ulpia (figg. 31-32), evi-dentemente raggiungibili solo da questo lato dal momento che dal fianco sud della Basilica non si poteva salire in nessun modo al piano superiore. Ciascuno dei due corpi scala monumentali si ar-ticola in quattro rampe per lato di sedici gradi-ni ciascuna, separate da tre pianerottoli interme-di profondi circa m 3,30 e sostenute da tre setti murari e dal muro di fondo del portico del cortile della Colonna. Durante gli scavi degli anni Tren-ta dello scorso secolo, dietro ai resti di fondazione dell’emiciclo occidentale della basilica fu messo in luce un tratto di basolato della strada che do-veva correre all’esterno del complesso. Tuttavia, la quota di questo basolato (m 17,63 s.l.m.)47 (cfr. fig. 31) non necessariamente doveva corrisponde-re a quella di accesso delle scale monumentali (c)

27. Piano interrato della chiesa del SS. Nome di Maria. Le tracce dei gradini della prima rampa della scala c1 (foto E. Bianchi).

28. Piano interrato della chiesa del SS. Nome di Maria. A sinistra in basso il muro in laterizio di gabbia della scala c1; a destra il muro in blocchi di peperino identificato come terminazione del primo segmento di volta inclinata che sosteneva la lunga scala; in alto una porzione conservata della volta stessa avente funzione di sostegno del pianerottolo (foto E. Bianchi).

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29. Il corridoio sottostante la scala c durante gli scavi del 1932 e il saggio di verifica della presenza di uno dei setti murari in blocchi di pepe-rino (Archivio Fotografico del Museo di Roma, particolare del neg. AF 21640 ).

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53 Archivio fotografico del Museo di Roma (af 21640).54 Per un esempio analogo di condotto fognante presente al di

sotto della spalla della scala centrale del santuario della Fortuna Primigenia vedi Fasolo‒Gullini 1953, p. 124.

quota di ingresso di entrambi i corpi scala e quel-la di arrivo della loro quarta ed ultima rampa è possibile calcolare un dislivello di circa m 15. È ulteriormente ipotizzabile che proprio tramite le due terrazze poste a metà circa della facciata del-le c.d. ‘biblioteche’ si potesse entrare nel ‘matro-neo’ della basilica attraverso altrettante porte.

Risulta così probabile che con le doppie coppie di scale (a-a1 e b-b1), di minor ampiezza ma di maggior sviluppo verticale, poste alle spalle delle c.d. ‘biblioteche’, si potesse giungere o sulle ter-razze che coprivano il ii ordine della basilica (a-a1) o al piano superiore delle biblioteche (b-b1).

In una delle fotografie scattate nel 1932 si nota la presenza di un fognolo passante sotto la sca-la C (cfr. fig. 29)53 a poca distanza dal muro di sostegno meridionale e probabilmente funziona-le alla raccolta o delle acque che cadevano sulla scala se questa era a cielo aperto o degli scarichi provenienti da discendenti che dovevano trovar-si all’interno dei muri di gabbia, se la scala si tro-vava all’interno della struttura di facciata di que-sto lato del foro54. Questi condotti, probabilmen-te presenti internamente e a ridosso di entrambi i muri di spalla della scala, non dovevano avere una pendenza continua ma, correndo nelle vol-

30. La cortina laterizia del muro di gabbia della scala c1 nel punto di aggancio con il muro in opera quadrata di peperino sottostante la rampa (foto E. Bianchi).

31. Ipotesi ricostruttiva dell’articolazione completa della scala c (dis. E. Bianchi, R. Meneghini; elab. V. Casella).

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55 Fasolo‒Gullini1953, spec. tav. xiii.56 F. Di Matteo, Via Anagnina, vocabolo “Centroni Grotte”. Sag-

gi di scavo nella Villa dei Centroni, in NSc, 2002-2003, pp. 257-330, spec. fig. 1.

57 J.C. Golvin, L’amphithéâtre romain. Essai sur la théorisation de sa forme et de ses fonction, Paris 1988, pp. 318-324; G. Tosi, Gli edifici per spettacoli nell’Italia romana, Roma 2003, pp. 150-151.

sempre più elevate per seguire la pendenza della scalinata. Un simile sistema costruttivo fu utiliz-zato nel i secolo a.C. anche nella villa dei Cen-troni sulla via Latina dove ambienti voltati a dif-ferenti altezze sostenevano la lunga rampa di ac-cesso alla terrazza superiore56.

Altri confronti possono essere considerati le scalinate dell’area sacra di Ercolano (fig. 34) o quelle esterne dell’anfiteatro di Pompei57. Le stesse gradinate delle cavee degli anfiteatri di Ve-rona, di Pola, di Arles erano sostruite da alti am-bienti dotati di volte a botte. Una scala struttu-ralmente analoga a quella monumentale del Foro di Traiano, pur tenendo conto che dal punto di vista tipologico rientra tra le scale c.d. ‘a forbi-ce’ (tab. 1), è quella presente sul lato nord del Grande Emiciclo dei Mercati di Traiano. Questa scala è in realtà una combinazione dei tipi ii, iii e vi, ma anche qui il problema del dislivello tra il piano dell’emiciclo e quello del primo livello (m 5,90) fu risolto con rampe separate da pianerot-toli rompitratta. Tale dislivello, seppur notevole, risulta contenuto se confrontato con quello della scale monumentali del foro (m 15 circa). Si os-servi inoltre che nel caso della scala dei Merca-ti di Traiano presa in esame la struttura poteva poggiare parzialmente sul terreno naturale sban-cato ‘a gradoni’ per la costruzione dell’emiciclo, mentre le scale monumentali del foro furono re-alizzate interamente in muratura.

Solitamente, in altri casi di complessi traianei circostanti il foro per raccordare notevoli disli-velli si costruirono lunghe scale a unica rampa,

te dei vani di sostruzione delle rampe, doveva-no compiere un salto verticale in corrispondenza dei muri divisori.

La presenza di una doppia scala monumen-tale di accesso alla Basilica Ulpia, oggi del tut-to scomparsa, non deve stupire considerando esempi analoghi già noti nell’architettura ro-mana a partire dalla tarda repubblica (tab. 2). Si pensi innanzitutto al santuario della Fortuna Primigenia a Palestrina (fig. 33) dove sulla fronte del complesso si trovano due lunghe rampe af-frontate e la partenza di una lunga scala ortogo-nale a queste sostenuta da volte poggiate su setti murari. Delle grandi scale di questo complesso quelle del Foro Traiano sembrano rappresen-tare una sintesi strutturale55. Nel santuario pre-nestino la scala centrale presenta caratteristiche pressoché identiche alle due scale monumentali del Foro di Traiano che sembrano prenderla a modello duplicandone le forme sulla base dello schema costruttivo delle rampe con piani incli-nati dello stesso complesso laziale. Anche le mi-sure generali sono simili, questa scala larga m 6, che seguiva il profilo naturale del terreno e su-perava un dislivello di poco più di m 14, ave-va una lunghezza complessiva di circa m 27, era suddivisa in due lunghe rampe di 30 e 22 gradini da un pianerottolo intermedio profondo m 2,30. Anche qui le rampe erano sostenute da podero-si setti murari paralleli, formanti ambienti so-struttivi, distanti tra loro circa m 4, e funzionali all’appoggio delle volte di sostegno delle stesse rampe, aventi imposte a quote progressivamente

32. Veduta ricostruttiva tridimensionale del settore settentrionale del Foro di Traiano con l’articolazione delle rampe monumentali di accesso alla Basilica Ulpia (E. Bianchi, R. Meneghini; elab. B. Casieri, V. Casella).

33. Palestrina. Santuario della Fortuna Primigenia. Scalinata che conduce alla terrazza superiore (da Fasolo‒Gullini 1953).

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100 Elisabetta Bianchi, Roberto Meneghini

58 V. supra, nota 12.59 V. supra, nota 10.

60 Vedi supra, p. •••.

Le basiliche romane munite di piani superio-ri dovevano essere fornite di accessi esterni a questi ultimi motivati dalla necessità di inibire o di meglio distribuire la presenza del pubblico al pianterreno, a diretto contatto con i tribunali che amministravano la giustizia, durante proces-si nei quali la cittadinanza poteva essere coinvol-ta in maniera troppo emotiva o con un numero eccessivo di spettatori.

Così accadeva, ancora una volta, a Pompei nella basilica del Foro e a Roma, nella Basilica Emilia, dove era possibile salire ai ‘matronei’ rispettiva-mente da una scala a due rampe posta in un vicolo a fianco dell’edificio e mediante due torri scalari alle quali si accedeva direttamente dal portico60.

Come risulta dunque evidente le due costruzio-ni gemelle nelle quali si trovavano inserite le c.d. ‘biblioteche’ erano contraddistinte da una elevata omogeneità strutturale e, contemporaneamente, dalla articolata funzione dei diversi corpi di fab-brica che le componevano (scaloni, torri scalarie e aule monumentali) in uno spirito di razionalità estrema nell’utilizzazione dello spazio disponibi-le, tipico della grande architettura romana.

In accordo con la recente ipotesi di datazione del completamento del settore nord del comples-so ‒ formulata a seguito del ritrovamento di bolli laterizi del 123 e del 125 d.C. nelle strutture di pavimentazione del portico del cortile della Co-

come nei Mercati, a nord del c.d. Piccolo Emici-clo (cfr. tab. 2), dove un’unica rampa che occu-pava un intero ambiente collegava una sorta di via tecta con il livello della via Biberatica o come nel Foro di Cesare dove all’interno di uno degli ambienti del portico (m 5 × 12) fu costruita una lunga scala per raccordare il livello del portico con quello del clivo Argentario (+ m 7,20)58.

Tra gli esempi di scale di notevoli dimensioni posteriori a quelle del Foro di Traiano possia-mo pensare a quelle del recinto nord occidentale delle Terme di Caracalla, replicate su entram-bi i lati del complesso: una posta a ridosso della grande esedra occupa un vano di m 12,60 × 5 e un’altra, peraltro adiacente a un’aula del tutto si-mile nella pianta a quella delle c.d. ‘biblioteche’, delle dimensioni in pianta di m 13,50 × 10,80 (cfr. fig. 12).

Facendo un salto di molti secoli si può perfino suggerire il confronto con la scala scenografica del castello Ruspoli a Vignanello, presso Roma (fig. 35).

Nel Foro di Traiano il posizionamento delle scale di maggiore o minore importanza funzio-nale lungo il perimetro del complesso risponde dunque perfettamente alla regola di una razio-nale disposizione all’interno di corpi a sé stanti, posti a ridosso e non dentro agli edifici princi-pali59.

34. Ercolano. Area sacra (da •••).

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Gli impianti scalari del Foro di Traiano 101

61 Meneghini 2002; Bianchi 2001b, pp. 117-119. 62 V. supra, nota 13.

vertibili in multipli e sottomultipli del piede ro-mano, tuttavia non si ha la certezza che anche nell’antichità si sia tenuto conto di un indice/co-efficiente di riferimento (2A+P)62.

Ciò nonostante, i dati riassunti nelle tabelle ri-guardo alle dimensioni delle alzate e delle pedate

lonna Traiana61 ‒, anche le scale monumentali devono probabilmente essere attribuite all’inter-vento di Adriano.

Le misure più comuni di alzata e pedata nel-le scale romane possono essere facilmente con-

Tabella 2. Tabella comparativa delle scale del tipo a rampa unica (i/iii). Santuario della Fortuna Primigenia, Foro di Traiano, Mercati di Traiano.

(Le misure si intendono espresse in metri)

Santuario della Fortuna Primigenia

Foro di TraianoSistema scalare

C-C1/

Mercati di Traiano Edificio a nord del Piccolo Emiciclo

Posizione

Partenza/Destinazione Collegamento tra le terrazze

Via tecta/ via Biberatica

Dimensioni interne corpo scala 5,10 × 27 5,60 × 25 4,66 × 9,90

Funzione(primaria/secondaria)

primaria primaria secondaria

Spessore muri di gabbia 1,60 1,20 (destro)

Lunghezza 15,60 (i); 11,40 (ii) 4,00/ 5,40 (i e ultima rampa) 5,96

Larghezza 6 5,60 2,06

Dislivello 14,50 11,47 4,53

Copertura no Volte a botte Volta a botte inclinata

Muratura di sostegno della rampa(prof. dalla soglia alla parte più bassa del sottoscala)

n.c. 3,60

Ambiente sottoscala (prof.) 3,75 5,67

Volta di sostegno(= copertura del sottoscala)Inizio e spessore in parete

1,60 Da 2,40 (12° gradino)a 1,50 (21°)

Altezza soglia - 0,15

Dimensione soglia(largh. × lungh.)

- 0,34 × 2,06

Pianerottolo di accesso(largh. × lungh.)

- no

Alzata (A) 0,23 0,23-24 0,23

Pedata (P) 0,39 0,30 0,29

Rapporto 2A+P(indice base: 0,62-0,64)

0,72 0,75

Paramento laterizio laterizio

N° dei gradini/O = originaliAC = attualm. cons.RC = ricostruibiliR = restauro

32-33 (i rampa)22 (ii rampa)

11/13 per rampa 24

Dimensione pianerottolo(largh. × lungh.)

5,60 × 3,30 circa 4,66? × 2,65

MaterialeRivest. superf: bip., op. spic., cementizio di R.

N. Rampe ricostruibili 1

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102 Elisabetta Bianchi, Roberto Meneghini

35. Vignanello (VT). Prospetto di Palazzo Ruspali (foto E. Bianchi).

dei gradini nei corpi scala del foro indicano va-lori che vanno da m 0,20-0,36 per le scale a-a1 (2A+P = 0,76), 0,25-0,30 (2A+P = 0,80) per la scala D, a m 0,23-0,30 (2A+P = 0,72) per le sca-le c-c1, dimostrando che il ‘valore tipo’ resta compreso tra 0,72 e 0,7663, così come il modulo utilizzato per le scale principali dei Mercati di Traiano risponde a un valore costante di m 0,74, intermedio rispetto alle scale A e C del foro, adeguato alla grande frequentazione che questi

corpi scala dovevano avere all’interno dei due complessi. Tali valori non si discostano da quel-li rilevati negli edifici di Ostia64 i quali, tuttavia, nella maggioranza dei casi non avevano funzione pubblica. In questo quadro un valore superiore per 2A+P di m 0,80 riscontrato per la scalinata del vano nordovest della Grande Aula dei Mer-cati così come per quello della scala D1 del Foro, alla quale è stata attribuita una funzione secon-daria nel percorso del complesso forense e la cui

63 Certamente, dove l’impianto è formato da più rampe il valore del rapporto 2A+P deve aver subito lievi oscillazioni a ragione della pos-

sibile diversità di dimensioni delle alzate relative alle rampe superiori.64 Cosimi 1998.

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Gli impianti scalari del Foro di Traiano 103

65 Ostia i, viii, 1.66 Ringraziamo Evelyne Buckowiecki per averci mostrato alcuni

degli ambienti portuali in corso di scavo nel 2010.67 R. Meneghini, Siti Archeologici 1-2 / Siti Numismatici A-B-D-

E, in R. Meneghini, C. Mocchegiani Carpano, L. Travaini, Sag-gio di pianta archeologica del Tevere, BNumRoma, 5, 1985, pp. 15-45.

68 K. De Fine Licht, Untersuchungen an den Trajansthermen zu Rom, in AnalRom, vii, 1974, p. 38, fig. 44.

tere funzionale o commerciale, come nel Piccolo Mercato a Ostia65 (fig. 36), in alcuni ambienti dei magazzini di Portus (fig. 37)66 o nell’edificio por-tuale del lungotevere Testaccio67, quasi sempre all’interno di lunghi ambienti e dove era neces-sario raccordare dislivelli tali da non consenti-re l’inserimento del volume di una scala. Qui, al contrario, l’impianto di risalita doveva essere ri-cavato in uno spazio di risulta e la soluzione pre-scelta fu quella di appoggiare sul muro di fondo, più lungo, due rampe sovrapposte, raccordate da una scalinata incassata sulla parete adiacen-te. Un esempio analogo è costituito dal vano sca-la di una delle esedre delle Terme di Traiano68, anch’esso di forma triangolare nel quale però le cinque gradinate, raccordandosi secondo una di-sposizione che seguiva la pianta triangolare del vano compreso tra il muro esterno curvo dell’e-sedra e il muro perimetrale che la conteneva,

notevole inclinazione fu dettata dalla particolare posizione dello stesso corpo scala, a ridosso di un edificio preesistente, con il quale i livelli supe-riori del portico dovevano raccordarsi, denuncia una grande adattabilità dei modelli normativi da parte dei costruttori.

Rampe

Un piccolo vano triangolare (a) posto al lato dei due ambienti di testata del portico orientale conteneva anch’esso una scala. Questo impian-to doveva essere però composto da una serie di rampe inclinate, delle quali restano impronte nella porzione sommitale della parete della ter-razza domizianea (cfr. fig. 14), probabilmente al-ternate a una rampa a gradini. Esempi di rampe analoghe si ritrovano spesso in strutture di carat-

36. Ostia. Rampa del Piccolo Mercato (foto E. Bianchi).

38. Foro di Traiano. Esterno dell’esedra del portico orientale. Blocchi di travertino destinati a sostenere la scala elicoidale di ser-vizio (e1) (foto E. Bianchi).

37. Porto. Rampa dei magazzini traianei (foto E. Bianchi).

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104 Elisabetta Bianchi, Roberto Meneghini

69 M. Wilson Jones, One hundred fee and a spiral stair: the prob-lem of designing Trajan’s Column, in JRA, 6, 1993, pp. 23-38.

70 Meneghini 2009, p. 124.

raggiungevano la notevole altezza di circa m 17. La funzione di tale impianto, similmente a quel-la svolta dal nostro, posto a ridosso della terrazza domizianea, era di consentire la manutenzione della copertura dell’ambiente che serviva.

Un’ultima osservazione riguarda gli ingressi a questi corpi scala. Nei Mercati di Traiano le aperture dei vani scala dovevano presentarsi con portali gemelli in travertino ai quali era sovraim-posto un arco di scarico in bipedali.

Scale elicoidali

Un ulteriore tipo di scale presente nel foro è quello rappresentato dalla chiocciola presente all’interno della Colonna Traiana che deve il so-prannome di ‘Coclide’ proprio a coclea, chioccio-la/lumaca69. Lo stesso modello fu impiegato per realizzare, non in marmo ma in travertino e con scopo certamente non monumentale, le due cop-pie di torri scalari cilindriche (e-e1/f-f1), di una delle quali sono stati recentemente individuati i resti lungo la strada basolata che corre all’ester-no dell’edificio, in corrispondenza dell’innesto tra l’emiciclo del portico orientale e il portico stesso70. La limitatissima larghezza interna dei vani-scala di queste torri, tra m 0,9 e 0,6, per-mette di interpretarle come accessi ai sottotetti dei portici e dell’emiciclo per il personale addet-to alla manutenzione.

Di una di queste torri restano, all’esterno del muro perimetrale del portico orientale del Foro, nel punto meridionale di innesto con l’emiciclo, su un lastricato di travertini che costituiva il suo

39. Foro di Traiano. Planimetria dei blocchi di travertino destinati a sostenere la scala elicoidale di servizio e ipotesi ricostruttiva della pianta della scala sulla base delle impronte delle grappe di fissaggio dei blocchi (elab. E. Bianchi, R. Meneghini).

40. Ostia. Scala elicoidale nel c.d. Tempio di Romolo (foto E. Bianchi).

41. Roma. Scala a torre della chiesa di S. Martino ai Monti (foto E. Bianchi).

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Appendice I - Calcestruzzi dei muri e delle scale del Foro di Traiano 105

71 In Amici 1982, pp. 12-13, 17, le due strutture vengono inter-pretate come piloni di rinforzo posti a contrasto negli angoli dell’e-dificio.

72 K. Rieger, Les sanctuaires publics à Ostie de la République ju-squ’au Haut Empire, in J.P. Descoeudres (ed.), Ostie - port et porte de la Rome antique, Geneve 2001, pp. 247-261 (spec. pp. 254-259).

73 H. Seyrig, R. Amy, E. Will, Le temple de Bel à Palmyre, Paris 1975, pp. 118, 239-243.

74 Ringrazio sinceramente E. Bianchi e R. Meneghini, che mi hanno offerto la straordinaria opportunità di analizzare i calce-struzzi del Foro di Traiano. C. Cawood e D. Deocampo hanno for-nito assistenza alla ricerca e supporto tecnico.

75 M. Jackson, F. Marra, D. Deocampo, A. Vella, C. Kosso, R. Hay, Geological observations of excavated sand (harenae fossici-ae) used as fine aggregate in Roman pozzolanic mortars, in JRA, 20, 2007, pp. 25-52; Jackson et al. 2010.

trova molti confronti, come nel tempio di Bel a Palmira73 oppure nella stessa forma a torre du-plicata all’esterno di murature curvilinee, nel-le Terme di Diocleziano. Nella tarda antichità e nel medioevo questo tipo di scale-torri si ri-trovano nel mausoleo di Galerio a Salonicco (iv secolo), più tardi a S. Vitale a Ravenna (vi seco-lo), nella Cappella Palatina ad Aquisgrana (viii secolo), in S. Martino ai Monti a Roma (fig. 41) e in S. Lorenzo a Verona (entrambe del xii seco-lo), nella basilica di S. Francesco ad Assisi (xiii secolo).

Elisabetta BianchiRoberto Meneghini

piano di appoggio e lungo un’impronta circola-re, le tracce delle ingrappature per l’elevato del-la struttura, formata da blocchi di travertino sa-gomati a conci radiali (fig. 39). Al suo interno lo spazio risulta sufficiente per alloggiare altri bloc-chi per i gradini, disposti a chiocciola intorno a un elemento centrale. La presenza di questa sca-la elicoidale è ipotizzabile specularmente anche all’altra estremità dell’emiciclo dove rimane pur-troppo la sola fossa di alloggiamento del lastricato di travertini svuotata71 e altre due dovevano tro-varsi specularmente collocate in corrispondenza dell’emiciclo del portico occidentale del foro.

Un esempio di questo tipo di scala è conserva-to a Ostia, nel c.d. Tempio Rotondo72 (fig. 40) e

Abstract

Le malte pozzolaniche dei conglomerati ce-mentizi dei muri e delle scale del Foro di Tra-iano presentano, in genere, un tessuto petrogra-fico molto compatto e coeso e una composizione di aggregati vulcanici omogenea. Il peso unitario delle malte nei muri e nelle scale A e c-c1, circa 1.810 kg/m3, evidenzia un buon livello di consi-stenza. La composizione chimica della matrice cementizia è tipica delle malte di alta qualità di epoca imperiale con una miscela di harenae fos-siciae costituita da pozzolane rosse e polvere di tufo lionato. Al contrario, la scala D1, una scala secondaria più piccola, presenta una miscela di-somogenea di aggregati che risulta essere scar-samente compattata. I costruttori del foro ebbe-ro, evidentemente, un approccio pratico nell’ap-plicazione dei criteri di qualità, selezionando gli aggregati destinati ai muri portanti e alle scale monumentali e compattandone con molta cura i

Appendice ICalcestruzzi dei muri e delle scale del Foro di Traiano

calcestruzzi, mentre per la scala secondaria D si evince una realizzazione più rapida e meno ac-curata74.

HaRenae fossiciae delle malte dei muri e delle scale

Lo studio in sezione sottile delle malte pozzo-laniche dei muri e delle scale monumentali ori-ginali del foro ha rivelato che, ad eccezione del-la scala secondaria D, l’aggregato fine è costitui-to principalmente da cenere vulcanica granulare (scorie), di colore rossastro o grigio scuro, deri-vante dalle pozzolane rosse, e da una percentuale attorno al 5% di polvere di tufo lionato (tab. 3). Questa particolare miscela di harenae fossiciae è tipica delle malte di migliore qualità di età impe-riale75, ed è caratterizzata da una forte reattività pozzolanica con la calce idrata, dando origine a un gel cementizio di calcio e silice idrata, arric-

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106 Marie D. Jackson

è costituito per circa il 45-55% da scorie alterate, con granulometria variabile dalla sabbia fine alla ghiaia; per il 5-10% da cristalli, principalmente leucite, spesso trasformato in analcime, e clino-pirosseno; per circa il 5% da frammenti di rocce

chito di elementi alcalini e alluminati, che forma una matrice cementizia altamente resistente alla degradazione chimica (tab. 4)76. Il deposito piro-clastico delle pozzolane rosse, eruttato 456.000 anni fa dal distretto vulcanico dei Colli Albani77,

76 R. Sersale, P.G. Orsini, Hydrated phases after reaction of lime with ‘pozzolanic’ materials or with blastfurnace slags, in Fifth International Symposium on the Chemistry of Cement (•••luogo e data•••), •••luogo••• 1969, pp. 114-121; R. Sersale, Occurrences and uses of zeolites in Italy, in D.W. Ming, F.A. Mumpton (eds.), Natural Zeolites, Brockport, NY, 2005, pp. 285-300; D.M. Roy, C.A. Langton, Studies of ancient concrete as analogs of cementi-

tious sealing materials for a repository in tuff, Report LA-11527-MS, UC-721, Materials Research Laboratory, Pennsylvania State University, per Los Alamos National Laboratory, Los Alamos, NM, 1989; F. Massazza, Pozzolana and pozzolanic cements, in P. Hewlett (ed.), Lea’s Chemistry of Cement and Concrete, Londres 19984, pp. 471-632.

77 Karner et al. 2001; Marra et al. 2009.

Tabella 3. Caratteri petrografici delle malte pozzolaniche dei muri e delle scale del Foro di Traiano.

Materiale Campione Caementa Harenae Fossiciae Interpretazione

abbondanze relative dello studio petrographico1

Malte

Muro, cortina in laterizio, portico orientale

07-FOROTRAI-C2 Laterizi; nel nucleo del muro, caementa di tufo lionato e laterizi

Pozzolane rosse, delle facies marrone rossastra (10R 4/6)2, ~30%, e rosso cupo (10R 2/2), ~10%; polvere di tufo lionato, marrone fulvo (5YR 6/6), ~2-3%; vuoti, 2-3% (figura 1a, b)

Aggregati pozzolaniciselezionati

Muro, nucleo,Biblioteca Est

07-FOROTRAI-23 Laterizi, lapis albanus, tufo lionato

Pozzolane rosse, delle facies rosso scuro (5R 3/4), rosso cupo (10R 2/2), ~25%, e grigio scuro (N3), ~15%; polvere di tufo lionato, marrone fulvo (5YR 6/6), ~2-3%; vuoti, ~2-3%peso unitario3: 1.820 kg/m3

Aggregatipozzolanici selezionati

Muro, cortina, corridorio della scala C

07-FOROTRAI-C25 Lapis albanus, laterizi, tufo lionato

Pozzolane rosse, delle facies rosso nerastro (5R 2/2), ~25%, e rosso scuro (5R 3/4), ~10%; frammenti di lapis albanus, grigio oliva (5Y 4/1), e laterizi, ~5%; polvere di tufo lionato, marrone fulvo (5YR 6/6), ~2-3%; vuoti, ~2-3% peso unitario: 1830 kg/m3

Aggregatipozzolanici selezionati

Nucleo della scala D

07-FOROTRAI-C3 Tufo lionato, laterizi, tufo giallo della via Tiberina, lave

Pozzolane rosse, delle facies marrone rossastro (10R 4/6), ~25%, e rosso scuro (5R 3/4), ~5%; frammenti di laterizi, ~3-5%; tufo lionato (5YR 4/6), ~2-3%; lapis albanus, grigio oliva (5Y 4/1), ~2%; pozzolane nere, marrone chiaro (5YR 4/4), ~2%; malta “di riciclo”, ~2%; marmo, ~2%; vuoti ~10-15% (figura 1c, d)

Aggregati non selezionati

1 valutazione visiva secondo il metodo di Williams et al. 1982, pp. 594-597.2 scala colorimetrica di Munsell, Geological Society of America Rock Color Chart, 1995.

Tabella 4. Composizione chimica in elementi maggiori della matrice cementizia di due malte di alta qualità della Basilica Ulpia.

SiO2 TiO2 Al2O3 Fe2O3 MnO MgO CaO Na2O K2O P2O5 H2O Tot. Zr Rb Sr Ca/Si Si/Al

(peso percentuale) (mg/kg)

Campioni*

Muro nord della biblioteca ovest, angolo della nicchia

07-FT-C14 34.19 0.66 11.74 7.35 0.14 3.32 19.71 0.48 4.19 0.6 17.62 100 336 231 854 0.58 2.91

Nucleo della parete ovest della scala A

07-FT-C16 34.77 0.64 11.48 7.09 0.14 3.06 18.13 1.16 4.35 1.28 17.9 100 346 274 1273 0.52 3.02

* matrice della malta, frazione di granulometria <2 mm.

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Appendice I - Calcestruzzi dei muri e delle scale del Foro di Traiano 107

Albani79, è un tufo litoide ricco in cementi zeo-litici, che sembrano contribuire a rendere la mi-scela altamente reattiva.

Strutture murarie

I nuclei conglomerati dei muri sono composti da varie tipologie di caementa: principalmente si tratta di frammenti decimetrici di tufo lionato, di tufo giallo della via Tiberina e di laterizi, le-gati da malte pozzolaniche compatte e coeren-ti. La malta pozzolanica della cortina laterizia del muro situato nell’estremità sud del portico

laviche e per circa il 20-30% da prodotti di alte-razione secondaria. La matrice vetrosa delle sco-rie è completamente argillificata e trasformata in minerali zeolitici, principalmente in halloysite78. Le scorie presentano patine di copertura costi-tuite da minerali argillosi scarsamente cristallini, silice opalina, e/o zeolite, principalmente phil-lipsite e chabasite. Queste scorie alterate, spe-cialmente le microscorie presenti al bordo del-le scorie più ampie (fig. 42, a) oppure all’inter-no di aggregati di scorie (fig. 42, b), giocano un ruolo fondamentale nelle reazioni pozzolaniche con la calce idrata. Il tufo lionato, eruttato circa 366.000 anni fa dal distretto vulcanico dei Colli

78 M. Fornaseri, A. Scherillo, U. Ventriglia, La Regione Vul-canica dei Colli Albani, Roma 1963.

79 Karner et al. 2001; Marra et al. 2009.

42. Sezioni sottili delle malte.Cortina del muro del Portico Orientale (07-FOROTRAI-C2): (a) scoria della facies meno alterata delle pozzolane rosse; (b) microstruttura tipica della facies di alterazione intermedia delle pozzolane rosse, con cristalli di analcime, prodotti dall’alterazione della leucite.Nucleo conglomerato della Scala d (07-FOROTRAI-C3): (c) frammento di malta riciclata contenente pozzolane rosse e frammenti di tufo lionato; (d) la presenza di cavità indica un eccesso di acqua o scarsa compattazione nella preparazione della malta.

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108 Marie D. Jackson

di tufo lionato, sono infatti presenti abbondan-ti inclusi grossolani di tufo lionato, laterizio, la-pis albanus, pozzolane nere, marmo, e frammenti di malte più vecchie, contenenti pozzolane ros-se (fig. 42, c). I caementa sono costituiti da tufo lionato, laterizio, tufo giallo della via Tiberina e frammenti di lava (tab. 3). Sono presenti vuoti dal diametro di cm 2-3 (fig. 42, d) che potrebbe-ro essere il risultato di una scarsa compattazione, oppure di una presenza eccessiva di acqua nella miscela di calce idrata e harenae fossiciae. I co-struttori del foro sembra abbiano messo insieme gli aggregati della scala d utilizzando qualsiasi materiale immediatamente disponibile in cantie-re. Gli aggregati eterogenei rappresentano infatti un campionario pressoché completo di materiali lapidei impiegati nella costruzione del foro82. La relativa mancanza di cura con cui è stata realiz-zata la scala d sembra confermare che essa fosse di importanza secondaria, sia per quanto riguar-da la sua meccanica strutturale che per la stabili-tà della costruzione.

Caratteristiche fisiche delle malte

Il peso unitario e la composizione chimica del-le malte forniscono un criterio di valutazione per quantificare la resistenza meccanica dei calce-struzzi. Il peso specifico (g) 83 delle quattro malte murarie analizzate per questo studio (tab. 3) mo-stra variazioni minime, che vanno da 1,78 a 1,83, con una media di g = 1,81, corrispondente a un peso unitario medio di 1.810 kg/m3. Questo sta ad indicare malte compatte, con una buona capa-cità di resistenza alla compressione84. I caementa di laterizio, con peso unitario medio di 1.600 kg/m3, il tufo lionato, con peso unitario medio di 1.730 kg/m3 e il tufo giallo della via Tiberina con peso unitario da 1.270 a 1.730 kg/m3 85 contri-buiscono al peso unitario complessivo del calce-struzzo, stimato pari a circa 1.490 kg/m3 sui cal-cestruzzi dei muri della Grande Aula dei Mer-cati di Traiano, che presentano composizioni analoghe86. I nuclei delle pareti delle scale A e C, così come quelle delle c.d. ‘biblioteche’, presen-

orientale (cfr. fig. 15, c), è costituita da scorie ar-rossate della facies di alterazione intermedia di pozzolane rosse e da scorie grigio scuro della fa-cies di alterazione minore80 (campione 07-FT-C2; cfr. fig. 42, a-b), e da circa il 5% di polvere di tufo lionato.

Scale

La larga scala, denominata scala c, recente-mente individuata sul lato nord delle biblioteche e della Colonna Traiana (cfr. fig. 24), costitui-va l’accesso monumentale alle gallerie superio-ri della Basilica Ulpia81. I calcestruzzi delle due scale, la scala a e la monumentale scala c, sono costituiti da malte molto ben compattate e coe-renti, che sono piuttosto simili per composizio-ne e struttura alle malte dei nuclei conglomerati dei muri (tab. 3). La malta del nucleo della volta presente nel sottoscala della scala c e quella del-la cortina del muro del corridoio sotto la scala c (campione 07-FT-C25) risultano ottimamen-te compattate e contengono una predominanza di pozzolane rosse della facies di minore altera-zione, assieme a frammenti di tufo lionato pol-verizzato (tab. 3). Sono presenti, inoltre, scarsi frammenti angolari di laterizio e di lapis albanus (peperino di Marino), perlopiù di diametro infe-riore a mm 0,5. La malta del nucleo della parete ovest della scala a contiene una quantità maggio-re di tufo lionato, all’incirca il 10% del volume complessivo della malta. Sono presenti comuni vuoti sferici, che potrebbero essere indicativi di un eccesso d’acqua nella miscela di cenere vulca-nica e calce idrata. Tutte le malte descritte sono caratterizzate da una forte presenza di cementi pozzolanici che penetrano nelle strutture vesci-colari delle scorie delle pozzolane rosse.

Nell’area meridionale della piazza, si è conser-vata un’unica rampa di scala alla fine del porti-co orientale (d1). La malta pozzolanica di questa scala (campione 07-FT-C3; fig. 42, c-d) ha una composizione alquanto diversa rispetto a quella delle malte precedentemente descritte. Accanto alla tipica miscela di pozzolane rosse e polvere

80 Jackson et al. 2010.81 V. p. •••.82 E. Bianchi, R. Meneghini, Il cantiere costruttivo del Foro di

Traiano, in RM, 109, 2002, pp. 395-417.83 ASTM, Absorption and bulk specific gravity of dimension stone

(C 97-96), in ASTM 2000. Annual Book of ASTM Standards, Section 4, v. 04.07, 1-3, Dimension Stone, Philadelphia, American Society for Testing and Materials, C96-97.

84 A. Samuelli Ferretti, Proposte per lo studio teorico-sperimen-tale della statica dei monumenti in opus caementicium, in Materiali e Strutture, 7, 1997, pp. 63-83.

85 G. Nappi, G. De Casa, G. Volponi, Geologica e caratteristi-che tecniche del “Tufo Giallo della Via Tiberina”, in Bullettino della

Società Geologica Italiana, 98, 1979, pp. 431-445; G. De Casa, G. Lombardi, C. Meucci, R. Galloni, P. Vitali, Il tufo lionato dei monumenti romani: caratteri petrografici, geomeccanici e trattamenti conservativi, in Geologica Romana, 35, 1999, pp. 1-25; M. Jackson, F. Marra, R. Hay, C. Cawood, E. Winkler, The judicious selection and preservation of tuff and travertine building stone in ancient Rome, in Archaeometry, 47, 2005, pp. 485-510; G. De Casa, G. Lombar-di, Caratteri fisico-meccanici del tufo giallo della via Tiberina, in RendLinc, 18, 2007, pp. 5-25.

86 M. Jackson, J. Logan, B. Scheetz, D. Deocampo, C. Cawo-od, F. Marra, M. Vitti, M.L. Ungaro, Assessment of material characteristics of ancient concretes, Grande Aula, Markets of Tra-jan, Rome, in Journal of Archaeological Science, 36, 2009, pp. 2481-

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Appendice II - Saggio strutturale nei sotteranei della chiesa del SS. Nome di Maria 109

(K2O + Na2O = 4,7-5,5) (tab. 4). L’elevata re-sistenza della matrice legante altamente potassi-ca delle malte potrebbe essere collegata ad alcu-ne qualità specifiche delle pozzolane rosse, la cui reazione con la calce idrata stimola la produzio-ne dei cementi pozzolanici idrati di calcio-allu-minio-silicio, con un rapporto Ca/Si molto bas-so, che favorisce l’assorbimento e il legame degli ioni alcalini87.

Marie D. JacksonNorthern Arizona University

Department of [email protected]

tano un peso unitario leggermente più elevato, a causa della presenza di caementa di lapis albanus, avente peso unitario medio di 1.870 kg/m3.

Le matrici cementizie della malta del muro nord della c.d. Biblioteca Ovest, all’angolo di una delle nicchie (campione 07-FT-C14), e di quella del nucleo della parete ovest della scala A (campione 07-FT-C16; cfr. figg. 3-4) presentano una composizione chimica molto simile a quella delle malte delle murature dei Mercati di Traia-no, caratterizzate da un rapporto molto basso del peso percentuale di calcio e silicio (0,5-0,6), un elevato rapporto di silicio e alluminio (2,9-3,0), e un’elevata concentrazione di potassio e sodio

2492; M. Jackson, J. Logan, B. Scheetz, D. Deocampo, F. Mar-ra, C. Cawood, Composizione e caratteristiche meccaniche dei cal-cestruzzi della Grande Aula, in Ungaro et al. 2010, pp. 145-153.

87 S.-Y. Hong, F.P. Glasser, Alkali sorption by C-S-H and C-A-S-H gels. Part ii. Role of Alumina, in Cement and Concrete Re-search, 32, 2002, pp. 1101-1111; Jackson et al. 2010.

88L. Billi, S. Colletti Dati archeologici dall’archivio dell’arci-confraterinita del SS. Nome di Maria, Appendice i, in Meneghini 1996, pp. 78-80.

89 G. Valadier realizzò insieme a P. Bianchi il progetto per met-

tere in luce la Basilica Ulpia nel 1812-1814, mentre alla Restaura-zione risale la parziale liberazione dell’esedra dei Mercati di Traia-no (1828). Solo nel 1857 venne redatto un progetto che prefigurava l’attuale sistemazione. Cfr. N. Ossanna Cavadini, Il contributo di Pietro Bianchi all’operato della Commissione degli abbellimenti del Comune di Roma, in N. Ossanna Cavadini (a cura di) Pietro Bian-chi 1787-1849 – Architetto e Archeologo, Milano1995, pp. 57-64; bibliografia relativa in Amici 1982, p. 3, nota 2.

90 M. Armellini, Le chiese di Roma dalle loro origini al secolo xiv, Roma 1887, p. 166.

La campagna diagnostica per lo studio della interazione tra la realizzazione della linea c della Metropolitana di Roma-T3 e gli edifici monu-mentali posti lungo il tracciato della linea e nelle sue adiacenze, ha previsto l’esecuzione di una se-rie di indagini ‒ prove sulle strutture in elevato e indagini in fondazione – sulle murature del com-plesso costituito dal Palazzo Valentini, sede della Provincia di Roma, e dalla chiesa del SS. Nome di Maria, al fine di approfondire la conoscenza strutturale del sistema manufatto-fondazioni-strati sottostanti.

Nell’ambito di queste indagini, nell’area sot-terranea sudest dell’edificio di culto è stato rea-lizzato un piccolo saggio con finalità di esplora-zione delle strutture fondali, al fine di definire la consistenza dei resti della scala pertinente al lato nord del Foro di Traiano e di chiarirne l’inter-pretazione. I risultati hanno inoltre fornito nuo-

vi dati per l’approfondimento della conoscen-za delle preesistenze archeologiche nell’area del Foro di Traiano e delle sue pertinenze.

Le indagini: nuove scoperte

La chiesa del SS. Nome di Maria88 situata nelle immediate adiacenze dell’area archeologica del foro di Traiano, a nordovest dell’esedra ottocen-tesca progettata dagli architetti G. Valadier e P. Bianchi89, fu costruita fra il 1736 e il 1751 pres-so una più antica chiesa consacrata a S. Bernar-do della Compagnia di fondazione quattrocente-sca90. Il corpo di fabbrica della chiesa è collegato a quello del retrostante Palazzo Valentini: i due edifici costituiscono infatti l’isolato compreso tra via di S. Eufemia a est, via dei Fornari e vicolo di S. Bernardo a ovest, via iv Novembre a nord e la

Appendice IISaggio strutturale nei sotterranei della chiesa

del SS. Nome di Maria

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110 Antonella Lumacone

risarcita nella parte superiore da un intervento di età moderna e da una sezione di muro in opera quadrata di blocchi di tufo peperino, entrambe di età romana93.

Il muro in opera laterizia (usm 13) presenta andamento est/ovest ed è visibile all’interno del-la stanza per una lunghezza massima di m 3,50 circa; la cortina è formata da mattoni di colore rosso-arancio, di lunghezza variabile tra m 0,19 e m 0,29, legati con malta grigio scura, i cui letti alti cm 1-1,50 presentano un’accurata stilatura, e mostra un modulo costante di cm 24 per cinque file di mattoni (fig. 44).

Il muro in opera quadrata (usm 14) di anda-mento nord/sud presenta blocchi di peperino di dimensioni monumentali lavorati a bugnato ed è possibile vederlo per una lunghezza massima

Colonna Traiana a sud. La chiesa settecentesca si fonda su un impianto ottagonale ben eviden-te nella pianta del piano interrato, caratterizzato dalla presenza di una serie di cappelle funerarie dallo svolgimento radiale rispetto ad un pilastro centrale91.

Il saggio esplorativo delle strutture fonda-li della chiesa è stato realizzato all’interno di un piccolo ambiente della cripta adibito a cappella funeraria fino alla seconda metà del xix secolo92 (fig. 43).

Il saggio è stato ubicato nell’angolo sudovest di questo ambiente, i cui muri perimetrali nord ed est sono costituiti da pareti divisorie in mat-toni moderni, mentre i muri sud e ovest tra loro ortogonali sono costituiti rispettivamente da una porzione di muro in opera laterizia, parzialmente

91 In alcune di queste cappelle si sono svolte le indagini diagno-stiche particolarmente concentrate nella zona sudest dei sotterranei e delle quali si dà conto infra, Appendice iii.

92 Nella cappella è presente una cassa sepolcrale lignea deposta alla fine dell’800.

93 Cfr. Meneghini 1996, pp. 47-88, spec. pp. 66-68: in questa sezione dell’articolo si fa riferimento ai resti inglobati all’inter-no dei muri sotterranei della chiesa settecentesca come a strut-ture facenti parte del complesso della c.d. ‘biblioteca’ occiden-tale.

43. Planimetria del piano interrato della chiesa su base catastale e localizzazione del saggio di scavo.

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Appendice II - Saggio strutturale nei sotteranei della chiesa del SS. Nome di Maria 111

44. Saggio strutturale. Prospetto del muro in opera laterizia, scala 1:20.

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calpestio dei sotterranei della chiesa realizzato in concomitanza con i lavori di trasformazione della cripta della chiesa suddivisa in ambienti destinati a cappelle funerarie private. Proprio al fine di ampliare le dimensioni di questi ambienti destinati a cappella, venne probabilmente scal-pellata la volta in conglomerato cementizio, i cui resti sono stati rinvenuti all’interno della fossa (us 3). Al di sotto del primo strato di accumulo, a m 17,50 s.l.m., è stato individuato uno stra-to a matrice sabbiosa con sporadici frammenti di materiale ceramico, genericamente databili al periodo medievale, che copriva un altro strato di riporto presente fino al fondo dello scavo e databile al xiii secolo sulla base degli sporadici frammenti di materiale ceramico rinvenuto, tut-ti di piccole dimensioni.

Lo scavo di questo saggio ha permesso di iden-tificare un più ampio tratto del prospetto di cia-scuno dei due muri antichi. Il muro in blocchi di tufo lavorati a bugnato mostra, oltre alla pre-senza di diversi fori e scassi piuttosto irregolari, presumibilmente dovuti in parte al recupero di grappe metalliche in epoca post-classica, due at-taccaglie per lo stazionamento degli animali, al-lineate alla stessa altezza, simili per forma e di-mensioni94.

Il muro in opera laterizia mostra anch’esso fori di ponteggi relativi alla fase di cantiere ed un ul-teriore foro non passante relativo ad una fase di frequentazione dell’area successiva a quella ro-mana. Nella parte bassa del muro, in prossimità dell’ammorsatura con il muro a blocchi, è visibi-le parte della ghiera in bipedali di un arco di sca-rico piuttosto danneggiata.

Entrambi i muri antichi sono stati visti fino alla quota di fondo raggiunta per lo scavo del saggio a ca. m 16,50 s.l.m. In corrispondenza di questa quota è stato intercettato uno strato di malta che si addossa a entrambi i muri perimetrali e che potrebbe essere messo in relazione con la presen-za di un piano di calpestio di età romana, che tuttavia non è stato riportato alla luce.

Lo scavo del saggio nei sotterranei della chie-sa, in corrispondenza di resti di strutture monu-mentali già note95 ha reso disponibili nuovi dati che forniscono un ulteriore contributo alla cono-scenza archeologica dell’area.

In particolare, per quanto riguarda l’età roma-na, la possibilità di scoprire un più ampio tratto delle murature in opera laterizia e in blocchi di tufo e di precisare le quote di attestazione delle

di m 2,30 circa. Esso è caratterizzato da un’al-ternanza irregolare dei blocchi posti di testa e di taglio, la cui altezza media è di m 0,60 (fig. 45). Sui due muri si appoggia parzialmente un siste-ma di due volte a botte, l’una sovrapposta all’al-tra, in opera cementizia di malta pozzolanica di colore grigio chiaro con inerti di tufo di Grot-ta Oscura di dimensioni decimetriche ad elevata concentrazione e sporadici frammenti di lateri-zi di dimensioni centimetriche. L’ammorsatura tra le due volte è visibile solo per un breve tratto sul prospetto est del muro in blocchi, quasi in corrispondenza dell’angolo formato da quest’ul-timo con il muro in opera laterizia. Interventi re-alizzati sull’intradosso delle volte per ridimen-sionarne l’ingombro, le cui tracce sono eviden-ti dalle numerose scalpellature e picconature sul conglomerato antico, rendono meno leggibile il sistema creato dalle due volte (fig. 46, a-b). A ri-dosso del muro sud in laterizi e sull’estradosso delle due volte, sono visibili le impronte di alme-no cinque gradini di andamento est/ovest, le cui tracce al negativo mostrano alzate che sembrano presentare altezze leggermente diverse compre-se tra m 0,22 e m 0,28, per cui è possibile ipo-tizzare una altezza media di m 0,24. Anche per le pedate, di cui è visibile solo l’impronta al ne-gativo, sono state misurate lunghezze diverse, in media m 0,24 (si pensa ad una lunghezza origi-naria di m 0,30 circa per ciascun gradino), ad ec-cezione di una sola della lunghezza di m 0,64 cir-ca, riferibile probabilmente a una porzione del pianerottolo.

Lo scavo del saggio, delle dimensioni di m 1,90 di lunghezza (N/S) e di m 1,50 di larghezza (E/O), ha raggiunto la profondità di m 2,70 ri-spetto all’attuale quota di calpestio dei sotterra-nei posta a m 18,83 s.l.m.

In seguito alla pulizia dell’area destinata allo scavo del saggio sono stati evidenziati i limi-ti di una fossa di andamento nord/sud, di for-ma piuttosto irregolare (us 3), il cui riempimen-to era costituito esclusivamente da grossi grumi di malta, frammenti di tufo e resti ossei (us 2). La fossa risulta essere stata tagliata all’interno di un grosso strato di interro (us 1) costituito da terra mista prevalentemente a frammenti di laterizi moderni e grumi di malta di dimensioni decimetriche e sporadici resti osteologici di ori-gine umana e frammenti di materiale ceramico antico di dimensioni centimetriche. Tale stra-to d’accumulo deve essere sicuramente messo in relazione con un rialzamento della quota di

94 Cfr. R. Santangeli Valenzani, Domus solaratae altomedie-vali: i dati archeologici, in Roma nell’alto medioevo. Topografia e urbanistica della città dal v al x secolo, Roma 2004, pp. 34-40, p. 37, spec. fig. 14; S. Antonetti, Lo stanziamento degli animali: le

attaccaglie, in R. Rea (a cura di), Rota Colisei. La valle del Colosseo attraverso i secoli, Roma 2002, pp. 186-215.

95 Meneghini 2002, pp. 655-692.

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Appendice II - Saggio strutturale nei sotteranei della chiesa del SS. Nome di Maria 113

45. Saggio strutturale. Prospetto del muro in blocchi di tufo, scala 1:20.

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96 Amici 1982, pp.18-24.97 Santangeli Valenzani 2007, pp. 151-158. Viene presentato

lo studio complessivo del nuovo paesaggio urbano in seguito alla destrutturazione degli edifici monumentali di età romana a partire dalla tarda antichità in riferimento a tutta l’area del Foro di Traiano.

98 Santangeli Valenzani 2007, spec. p. 155. Sulla base degli studi archeologici dei resti murari, il xiii secolo è identificato come il momento in cui la zona del foro assume l’aspetto tipico dei quar-tieri residenziali del basso Medioevo.

precisazione dell’assetto topografico dell’area nel corso del ii secolo.

D’altra parte, i dati di scavo desunti dall’inter-pretazione della stratigrafia anche muraria con-sentono di seguire, sia pure per grandi linee e con numerose lacune, dovute in parte alle dimensio-ni piuttosto ridotte del saggio, il cambiamento di destinazione d’uso delle strutture monumen-tali a partire dalla tarda antichità97. La presenza delle attaccaglie sulle murature sembra sugge-rire la defunzionalizzazione dell’edificio monu-mentale attribuibile ad una fase post-classica. Il dato sarebbe confermato dalla presenza di tracce di scasso forse finalizzato al recupero di elemen-ti metallici, sia sul muro in opera laterizia che su quello in blocchi di peperino.

Lo strato di terra con sporadici frammenti di materiale ceramico di piccole dimensioni data-bili al xiii secolo visibile fino alla quota di fon-do del saggio98 si riferisce presumibilmente alla fase precedente all’impianto della prima chiesa intitolata a S. Bernardo della prima metà del xv secolo, la cui ubicazione è tradizionalmente posta presso l’area dell’attuale edificio di culto settecentesco. La presenza al di sopra di esso di uno strato con numerosi frammenti di matto-ni moderni sembra testimoniare un interven-to di trasformazione sulla struttura successiva all’impianto settecentesco. Contemporaneo a quest’ultimo o di poco successivo sembra es-sere l’intervento di scalpellatura sulle struttu-re preesistenti inglobate nelle fondazioni della chiesa verosimilmente finalizzato ad ampliare le dimensioni della camera sepolcrale.

Antonella LumaconeParsifal Cooperativa di Archeologia

stesse, messa in relazione con lo studio dell’area del foro di Traiano e di strutture analoghe viste nell’area a nordovest della Colonna Traiana, tra-dizionalmente collegate al complesso delle c.d. ‘biblioteche’96, fornisce ulteriori elementi per la

46. a. Particolare dell’innesto della volta fra i due muri. b. Saggio archeologico nell’area fra i due muri a fine scavo.

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Appendice III - Indagini sperimentali su materiali e strutture del settore nord del Foro di Traiano sotto la chiesa del SS. Nome di Maria 115

99 V. supra, Appendice ii. 100 V. infra, p. •••.

La SGM s.r.l. – Ingegneria Sperimentale è stata incaricata dalla società Metro c s.p.a., per richiesta e sotto la supervisione della Sovrain-tendenza BB.CC. di Roma Capitale dell’esecu-zione di rilievi e indagini sperimentali presso i locali al piano interrato della chiesa del SS. Nome di Maria, nell’ambito di una vasta cam-pagna diagnostico-conoscitiva finalizzata alla valutazione dell’interazione tra la nuova Linea c della Metropolitana di Roma e una serie di strutture di importanza storico-monumentale interessate dal tracciato dell’opera. Contestual-mente allo scavo eseguito in una delle cripte sepolcrali della chiesa99, in corrispondenza del punto di intersezione tra un setto murario re-alizzato in blocchi di peperino e uno in mura-tura di laterizi, entrambi riferibili al Foro di Traiano. Lo scavo ha raggiunto una profondità di circa m 2,70 dalla quota attuale di calpestio dei sotterranei, dove è stata rilevata la presenza di un basamento compatto in conglomerato di malta pozzolanica e inclusi frammenti eteroge-nei, principalmente di natura tufacea e laterizi. Inoltre, il paramento in blocchi di peperino è stato oggetto di indagini particolari aventi ca-rattere di minima invasività, per verificarne lo spessore e la stratigrafia della sezione orizzon-tale; in particolare sono state eseguite indagini videoendoscopiche e georadar.

L’ingresso ai sotterranei e tutte le attività di in-dagine sono state eseguite su indicazione e sotto la supervisione dei tecnici della Sovraintendenza BB.CC. di Roma Capitale.

Le indagini videoendoscopiche (in totale n. 3) sono state eseguite nell’ambiente oggetto del saggio di scavo (e3) e in quello contiguo a sud (endoscopie e1-e2) allo scopo di determinare sia lo spessore del muro in blocchi di peperino, originariamente facente parte delle strutture di sostegno di uno scalone monumentale del Foro di Traiano100, che la natura e i materiali del pia-no di fondazione messo in luce dallo scavo (fig. 47, pianta con indicazioni e1-e3). Tali indagini sono state eseguite all’interno di fori di piccolo diametro (mm 20) realizzati in zone opportuna-

mente individuate dagli archeologi E. Bianchi e R. Meneghini in modo da limitare al minimo l’invasività. La tecnica consiste nel praticare dei fori, di piccolo diametro, a rotazione con trapa-ni a basso numero di giri (per non indurre vi-brazioni eccessive al paramento murario in esa-me) e introdurvi un videoendoscopio. L’appa-recchiatura utilizzata è costituita nelle sue parti essenziali da un cavo flessibile di lunghezza di circa m 3,5, in fibra ottica con installata nella parte terminale una microtelecamera digitale per la documentazione dell’indagine. Per ogni indagine endoscopica sono stati memorizzati alcune immagini fotografiche e un video all’in-terno del foro.

Risultati:L’endoscopia e1 (orizzontale; alt. m 1,20 dal

pavimento della cripta; lungh. del foro m 1,75; fig. 2, a) realizzata nel muro in blocchi di peperi-no della scala c1 del Foro di Traiano e della fon-dazione che doveva sostenere sia lo stesso muro che quello in cortina laterizia normale ad esso ha rivelato che la muratura in blocchi di peperino è spessa fino a circa m 1,20 dall’inizio del foro e che dietro ad essa si trova un conglomerato com-patto di malta pozzolanica rossastra con fram-menti di tufo e laterizi fino a fine foro.

L’endoscopia e2 (orizzontale; alt. m 1,80 dal pavimento della cripta; lungh. del foro m 1,15; fig. 2, b) realizzata nel muro in cortina laterizia che costituisce il muro di gabbia della scala c1 ha mostrato che il nucleo cementizio è composto da un conglomerato di malta pozzolanica con fram-menti di tufo e laterizi.

L’endoscopia e3 (verticale; posizione del son-daggio: m 0,50 dal muro in cortina laterizia e m 0,30 dal muro in blocchi di peperino; quota di inizio del foro: + m 16,50; profondità del foro: m 1,20) realizzata nella stessa fondazione indivi-duata con il sondaggio e1 ha rivelato la presenza di un conglomerato compatto di malta pozzolani-ca con frammenti di tufo e laterizi fino a fine foro.

Le prospezioni georadar sono state realizzate sul profilo del paramento in blocchi di peperi-

Appendice IIIIndagini sperimentali su materiali e strutture del settore nord

del Foro di Traiano sotto la chiesa del SS. Nome di Maria

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zioni della riflettività dielettrica lungo la direzio-ne seguita e in esse si percepiscono le anomalie associate alle strutture o ai bersagli cercati.

Risultati: L’indagine georadar (g1) riferita al setto mu-

rario in blocchi di peperino è stata eseguita a m 0,50 di distanza dal muro in cortina laterizia a partire dalla stessa quota del sondaggio e3.

Dall’acquisizione eseguita sul muro in blocchi (fig. 48, d) si nota una netta riflessione alla pro-fondità di circa m 1,10-1,20 che indica lo stacco tra il materiale più addensato(muro in blocchi di peperino) e la zona retrostante costituita da ma-teriale di densità minore (probabile presenza di vuoti).

Roberto SerafiniGianluca Primi

SGM s.r.l. – Ingegneria Sperimentale

no in modo da rilevarne lo spessore e l’eventuale presenza nel nucleo di vuoti o cavità.

L’attrezzatura utilizzata è stata un’antenna di 600MHz che invia impulsi multifrequenza op-portunamente calibrati in funzione della profon-dità presunta di indagine. Quando le onde elet-tromagnetiche incontrano una discontinuità fisi-ca parte dell’energia incidente ritorna all’antenna e genera un impulso di forma simile a quello tra-smesso, ma deformato in frequenza. Il risultato è una traccia contenente una serie di impulsi che rappresentano la successione degli orizzonti at-traversati. La posizione (di cosa?) dipende dalla velocità di propagazione delle onde nei materiali e dalla profondità del bersaglio riflettente cui si riferiscono.

La strumentazione preleva questi segnali lun-go la direzione prefissata in modo da raccogliere una vera e propria sezione del sottosuolo: radar-gramma. Queste sezioni rappresentano le varia-

47. Piano interrato della chiesa del SS. Nome di Maria. Localizzazione sondaggi endoscopici (e1-e3) e georadar (g1).

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Appendice III - Indagini sperimentali su materiali e strutture del settore nord del Foro di Traiano sotto la chiesa del SS. Nome di Maria 117

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