1
ISTITUTO OMNICOMPRENSIVO “Raffaele Capriglione”
SANTA CROCE DI MAGLIANO
SCUOLA PRIMARIA “A. Moro”
BONEFRO
“GLI OGGETTI RACCONTA NO ”
anno scolastico 2015/2016
2
“GLI OGGETTI RACCONTANO…”
“GIOCHI E GIOCATTOLI …”
“GLI UTENSILI DA CUCINA …”
“OGGETTI E MESTIERI …”
La stampa della presente ricerca socio-storica
è stata realizzata
con il patrocinio dell‟Amministrazione Comunale di Bonefro
in occasione della visita
dell‟Associazione “AMICI Bbun‟frane” della Francia.
Grazie per la sensibilità.
3
“GLI OGGETTI RACCONTANO…”
Si ringraziano:
L’Amministrazione Comunale di Bonefro
Gli alunni delle classi
della Scuola Primaria “Aldo Moro”
di Bonefro
Introduzione
Le docenti del plesso
Prefazione
Prof.ssa Angela Maria Tosto – Dirigente Scolastico
Presentazione
Avv. Nicola Giovanni Montagano – Sindaco del Comune di Bonefro
4
Angulus ridet
(Orazio, Odi, II, 6, 13)
5
INTRODUZIONE
Gli alunni della pluriclasse 1^/2^, delle classi 3^, 4^ e 5^ sono stati impegnati nel progetto
“Gli oggetti raccontano…” ricercando giochi e giocattoli, utensili da cucina, mestieri e attrezzi
appartenuti e utilizzati dai nonni.
Guidati all‟analisi storica, hanno preso spunto dalla consultazione di varie fonti e
dall‟osservazione diretta di oggetti e attrezzi esposti nel Museo Etnografico sito nei locali del
Convento Santa Maria delle Grazie di Bonefro per ricostruire uno spaccato di vita bonefrana che va
dal gioco dei più piccoli alla vita della massaia, al duro lavoro dei contadini e degli artigiani.
Hanno consultato documenti, fotografato quanto reperito da loro stessi, osservato resti,
apprezzato immagini, letto testi di autori locali (“Vita Tradizionale di Bonefro”, “Dizionario
Illustrato Bonefrano - Italiano” entrambi di Michele Colabella), imparato termini in dialetto
bonefrano, ampliato il lessico, raccolto testimonianze, memorizzato canti popolari e filastrocche,
approfondito ricerche, effettuate uscite didattiche.
Nel percorso la scuola è diventata ora un “centro di ricerca”, ora un “laboratorio” dove
l‟apprendimento è risultato facilitato dal “fare”: “Se ascolto dimentico, se vedo ricordo, se faccio
capisco” diceva Confucio.
Gli alunni hanno compreso l‟importanza dei ricordi dei nonni, del filo della memoria che
lega il presente al passato; hanno conosciuto tradizioni locali significative e attivato modalità
relazionali positive, rinforzando il rapporto intergenerazionale. Ma soprattutto hanno conosciuto e
valorizzato il proprio paese e alcuni aspetti della sua antica cultura popolare che sicuramente non
dimenticheranno più.
Le insegnanti della Scuola Primaria “Aldo Moro” di Bonefro
6
PRESENTAZIONE
Il progetto “Gli oggetti raccontano” realizzato dagli alunni della Scuola Primaria “Aldo
Moro” di Bonefro con la guida delle maestre dà voce al filo della memoria che ci lega al passato.
Non è facile trasmettere ai ragazzi di oggi lo scenario che si presentava anni fa nelle case, nelle
stradine, nei vicoletti, nelle campagne del nostro piccolo paese. Attraverso la ricerca e la
ricostruzione di giochi e giocattoli di una volta, delle attività casalinghe svolte dalle massaie, del
duro e faticoso lavoro dei campi e della vita artigianale di un tempo si è cercato di creare scene
rappresentative che ancora sono sveglie nella mente di chi le ha vissute. Poter entrare in contatto
con gli oggetti del passato permette, alle nuove generazioni, di conoscere consapevolmente la nostra
identità e le nostre tradizioni, attraverso gli strumenti del lavoro e della vita quotidiana. Nelle stanze
del Museo, che gli alunni hanno visitato con gli occhi spalancati dalla meraviglia, sono raccolti gli
strumenti di un tempo, fondamentali per produrre tutto ciò che era necessario a soddisfare i bisogni
dei singoli e migliorare le condizioni sociali dei nuclei familiari di Bonefro.
Il Museo Etnografico di Bonefro è nato dalla necessità di fornire piena testimonianza della
nostra storia e delle nostre radici, ben radicate nella civiltà contadina.
Il Comune di Bonefro crede fortemente nel ruolo centrale della Scuola nell'ambito degli
aspetti formativi ed educativi del Museo. L'Istituto Scolastico di Bonefro ha sempre manifestato la
propria sensibilità verso tali forme di testimonianza storica.
Il lavoro svolto è prezioso, permette di dar vita al lavoro certosino, ai "tesori" raccolti in
tanti anni dalle persone del luogo e in particolare, dallo storico locale, il Professor Michele
Colabella.
Recentemente, peraltro, è stata siglata una convenzione tra l‟Amministrazione Comunale di
Bonefro e l‟Istituto Tecnico Commerciale “G.Boccardi” di Termoli, fondata sul progetto dal titolo
"I giovani raccontano i musei", che si propone di formare gli alunni dell‟indirizzo Turistico e RIM,
con le modalità di apprendimento in alternanza scuola-lavoro.
Ben venga dunque la collaborazione tra le due scuole, tra questi compagni di viaggio –
grandi e piccoli – che sapranno senz‟altro trasmettere la lingua e la cultura dei nostri padri.
Un plauso ai protagonisti di questo progetto: ai nonni e ai genitori che hanno saputo far
rivivere esperienze passate, ai docenti tutti, agli alunni dell‟IIS di Termoli e ai “remigini” della
Scuola Primaria di Bonefro.
Il Sindaco
Avv. Nicola Giovanni Montagano
7
PREFAZIONE
Ci sono segni che raccontano storie perché appartengono a un vissuto personale e collettivo, non è,
perciò, soltanto il ritorno nostalgico del ricordo seppure addolcito dal fluire del tempo. Piuttosto
riaffiora, viva e potente, l‟umanità della vita con tutte le sue implicazioni, gioiose e dolenti, sublimi
e semplici, esaltanti e amare. Insomma, spesso, i segni rivelano la vicenda umana più delle parole
poiché appartengono alla categoria dell‟immaginario che ognuno plasma sulle proprie esperienze.
Ecco perché il lavoro svolto dalla scuola primaria di Bonefro rappresenta un valore aggiunto.
L‟affidare a degli oggetti la storia di Bonefro, in una sorta di flash-back delle origini, origini di
passione e di amore per la terra, per il lavoro, per le cose fatte per bene, crea quella consapevolezza
di essere parte di una identità individuale e sociale: maturazione del senso di appartenenza ad un
determinato contesto familiare, territoriale e culturale. Il recupero delle tradizioni diventa, così,
l‟ineludibile punto di partenza per l‟inizio di una nuova storia nella quale gli ingredienti originari si
fondono felicemente con l‟innovazione e la tecnologia.
L‟iniziativa del progetto didattico prevede come filo conduttore di tutto il lavoro la memoria e il
ricordo, veicoli di conoscenza e di comprensione del proprio passato e, quindi, della propria
identità. Il tema del ricordo e della memoria degli eventi riportati dagli anziani ha aiutato,
senz‟altro, gli alunni a comprendere l‟importanza di stabilire la propria identità e il contatto con le
proprie radici. Da questa relazione di ascolto reciproco, dalle domande poste ai nonni, dai ricordi
scritti consultando fonti, dall‟osservazione degli oggetti ed attrezzi del passato, sono nate delle
immagini che poi sono state tradotte e raccolte, in maniera magistrale, in questo opuscolo. L‟aver
promosso la comprensione intergenerazionale tra anziani e bambini ha fatto riscoprire l‟importanza
e il valore della trasmissione orale dei ricordi e delle tradizioni, ma, la reminiscenza attiva ha avuto,
anche, un duplice scopo: forma di memoria storica della comunità e forma di terapia per
un‟inclusione sociale capace di migliorare la qualità di vita delle persone. Promuovendo incontri e
stimolando il confronto, i promotori del progetto, hanno favorito l‟abbattimento, anche, di quei
pregiudizi che spesso portano le persone anziane ai margini della società e hanno stimolato nei
bambini riflessioni capaci di trasformarsi in buone prassi e azioni di cittadinanza attiva:
riconoscimento delle reciproche risorse e la messa in comunione delle stesse, stabilire buoni
rapporti basati sul rispetto. L‟esperienza ha arricchito tutti i componenti, e sicuramente per gli
anziani gli incontri con i bambini hanno rappresentato sempre momenti vissuti positivamente e
attivamente. Per gli anziani sono stati iniezioni di vita, mentre per i bambini sono state esperienze
concrete di crescita. Questo lavoro, realizzato dai bambini guidati dalle loro insegnanti, intende
essere un modo diverso di guardare a quegli oggetti spesso definiti “cianfrusaglie”- termine che ha
un valore pedagogico per il metodo agazziano che considera sussidio didattico il cosiddetto “museo
delle cianfrusaglie”- Non la nostalgia o la sola curiosità, bensì l‟interesse per il mondo, il paesaggio
e la natura che vi girava intorno oltre al modo con il quale il mondo si evolve per i bambini e i
ragazzi di oggi. La cultura non rappresenta dunque un costo tutto sommato superfluo e scaricabile,
ma un fattore basilare per la vita e lo sviluppo di una società, il collante fondamentale nel rapporto
tra singolo e comunità.
Il Dirigente Scolastico
Prof.ssa Angela Maria Tosto
8
GIOCHI
E
GIOCATTOLI
9
Un gioco dopo l‟altro. Con o senza giocattoli. Da soli o con gli amici. Liberamente.
All‟aperto, in spazi ristretti, tra cortili, piazzette e giardinetti. Per ore e ore. Interi pomeriggi ad
aspettare il compagno preferito. Fino al tramonto. Fino a quando la mamma non richiamava i figli
per la cena.
Il gioco, instancabile compagno, ci ha accompagnati ogni giorno della vita: da piccoli e da
grandi diversificandosi a seconda dell‟età, sviluppando la creatività e la manualità; favorendo la
crescita armonica del corpo e la socializzazione; creando la coscienza del rispetto delle regole
stabilite; riciclando materiali poveri e riutilizzando anche oggetti e sostanze di scarto.
I tradizionali giochi hanno fatto divertire generazioni
di bambini che si costruivano da soli i loro giocattoli con i
materiali che c‟erano a disposizione, mentre la fantasia
diventava la materia prima. Il più delle volte erano i nonni,
‟a mammenònne e ‟u tetúcce, a raccontare, a proporre i loro
passatempi, a costruire semplici giocattoli. Ed ecco venir
fuori ‟a muṧélle, ‟a bbàmb‟le fatta con fazzoletti di stoffa; o
palloni realizzate con stracci; ‟a cunn‟lélle con un pezzo di
spago o un elastico vecchio; ‟u carrarmate costruito con ‟u
rucchélle quando il filo era terminato; ‟a frézze, ‟u fucíle p‟e
spérà ‟i mósche. Giovani dalle mani
sapienti e laboriose si improvvisavano
geometri ed ecco, come per magia,
venir fuori ‟a zichinette (o campana a
seconda delle località). Semplici strisce
di carta di qualunque tipo, piegate in
forme geometriche suggerite dagli
origami, davano vita ora ‟a
‟bbarch‟telle, ora al cappellino, ora
all‟aeroplano. E che gioia vederli l‟uno
planare e l‟altra seguire il rigagnolo
della pioggia che la trasportava!
I bambini più piccoli,
ovviamente, si aggregavano ai fratelli
più grandi, li seguivano imparando a
loro volta. Le femminucce di solito venivano scacciate dai maschietti e preferivano giochi di
gruppo: recitazione di strofette, spesso legate al girotondo, filastrocche per memorizzare i giorni
della settimana, o imitazioni, come ad esempio “mamme e figghie”, dove ‟a figghie era sempre una
bambola, il più delle volte di pezza.
Ora i “pollicini” cambiano gioco facilmente e si isolano. Il loro primo pensiero è quello di
accendere il cellulare, il videogiochi, il tablet o il computer per connettersi. Che bellezza vedersi
apparire sullo schermo! I bambini sono pronti per un pomeriggio di divertimento e di giochi:
attraverso il computer si mandano decine di foto buffe, disegni pazzi, film divertenti. È fantastico!
Si sfidano ai giochi più difficili e si scambiano messaggi segreti o da ridere. Internet li aiuta molto,
soprattutto se a guidarli è presente un adulto. Ma si divertono veramente? E se si incontrassero, non
si divertirebbero meglio insieme?
Ins. Nicolina Montagano
10
I GIOCATTOLI ESPOSTI NEL MUSEO ETNOGRAFICO
11
Alcuni giocattoli usati dai nostri nonni (circa 60 anni fa)
‟u carrarmate ‟u fucile p‟e sperà ‟i mosche ‟a bamb‟le ‟u macchetore p‟a hatte ceche
12
I GIOCATTOLI COSTRUITI DAI NONNI
NEI DISEGNI DEI LORO NIPOTINI
‟u strumm‟le ‟u carrarmate ‟u fucile p‟e sperà ‟i mosche
„a bamb‟le Pinocchie
13
Uegliù, m‟nite e‟ pazz‟jà? Ve l‟ate fatte ‟i cose d‟a scole?
Sì, veniamo subito. Vi voglio far vedere una cosa. Guardate cosa mi ha riportato nonna dal
pellegrinaggio a San Michele, ‟i vainelle!
Si mangiano, sono buone e dentro ci sono i semi, ‟i l‟vine; con questi possiamo fare un bel gioco.
TOPÌ TOPÀ FONDÀ
Si scava in terra una piccola buca: ‟a calefosse, nella quale i concorrenti, in numero
variabile, gettano a turno, dalla stessa distanza, un seme ciascuno. I giocatori effettueranno ciascuno
i propri tiri in base alla vicinanza del proprio seme alla buca. Chi si avvicina di più alla buca con il
proprio seme ha il diritto di giocare per primo. Ch‟a z‟ccarde, cioè facendo scattare il pollice e
l‟indice, il giocatore deve far entrare il seme dentro la buca con tre tentativi al massimo recitando
topì…topà… fondà. Se riesce nell‟impresa, si prende tutti semi; in caso contrario entrano in gioco
gli altri concorrenti, nell‟ordine stabilito dalla vicinanza dei semi lanciati precedentemente.
Facciamo un altro gioco?
Sì, facciamo questo che mi ha insegnato nonno.
’U PATRE CUCUZZARE
I bambini si dispongono in circolo seduti a terra; dopo che ognuno ha avuto assegnato un
numero, ‟u patre cucúzzare, scelto precedentemente, inizia il gioco dicendo: “Un giorno andai
nell‟orto e ho trovato mancante … cocozze”. Il giocatore nominato, cioè quello avente il numero
citato, deve prontamente rispondere: “Perché …?”. Il capo riprende: “E allora quante se no?”. Il
giocatore pronuncia un altro numero tra quelli assegnati. Chi ha il numero nominato deve
rispondere: “Perché …?”. E così via. Chi si distrae, non risponde immediatamente o sbaglia nelle
risposte paga un pegno che potrà riprendere alla fine eseguendo una penitenza stabilita da ‟u patre
cucuzzare.
Io so anche un altro gioco, ancora più bello di questo: si gioca con una palla di pezza.
Ho capito quale dici tu, si può fare anche con una palla di gomma o di spugna.
’U CHEVALLE D’U CIUNGIUNARE
I ragazzi tirano a sorte per stabilire la
squadra dei cavalli e quella dei cavalieri. I
cavalieri si scambiano la palla (una palla di
stoffa o di gomma) fino a quando non cade a
terra allorché il cavaliere più lesto la raccoglie e
inseguendo i cavalli gliela lancia contro. Se ne
colpisce uno di essi il gioco si inverte.
Nu seme femm‟ne non possiamo giocare con i maschi. Feceme ‟a zichinette?.
14
’A ZICHINETTE
Percorso formato da varie caselle (in genere nove) disegnate a terra. Il disegno può variare,
ma il percorso di solito è composto con nove caselle numerate progressivamente che si susseguono;
l‟ultima casella del tracciato, di solito a semicerchio, è la base nella quale il giocatore deve girarsi
per completare il percorso a ritroso.
Il primo giocatore (in numero variabile) lancia una pietra piatta sulla prima casella, la raggiunge
saltellando su un solo piede e, dopo aver raccolto la pietra, saltella sulle caselle rimanenti. Lancia
quindi la pietra sulla seconda casella e ripete tutto il giro e così via con tutte le caselle.
Se nel percorrere il tracciato il giocatore pesta una linea, salta una casella o perde l‟equilibrio, il
turno passa al giocatore successivo.
Vince chi per prima visita tutte le caselle completando ogni volta il percorso.
La regola può prevedere che si saltelli su una gamba sola, che nelle caselle contigue si debba entrare
a gambe divaricate, oppure si salta tenendo il sasso sul dorso della mano, o nell‟incavo del gomito
semi steso o della gamba semi flessa, ad occhi chiusi, con la pietra sulla testa…
Noi siamo più piccole, facciamo un altro gioco. Cuscì impariamo a contare…
UN DUE TRE STELLA
Si fa la conta per scegliere il capo e segnare a terra la linea di partenza per allineare i
giocatori. Il capo-gioco si piazza a circa dieci metri e con le spalle girate attende qualche secondo
prima di gridare “un … due … tre … stella” e si gira di scatto per notare chi è fermo e chi in
movimento. Di nascosto i giocatori avanzano di alcuni passi
Chi viene sorpreso in movimento viene ricacciato in fondo.
Noi conosciamo giochi di abilità e di coordinazione occhi-mani-piedi che voi non sapete proprio
fare!
GIOCO CON LA PALLA
Si tratta di un gioco di abilità individuale, che si svolge all‟aperto, con il quale si divertono i
giocatori, quasi sempre di sesso femminile. Ze mene ‟u tocche per stabilire l‟ordine con cui dare
inizio al gioco. Si lancia la palla contro il muro e contemporaneamente, tra un lancio e l‟altro si
declinano a voce le varie modalità di lancio:
15
Muovermi
Senza muovermi
Con un piede
Con una mano
Batti batti
Zigo zago
Un bacino
Tocco terra
Tocco cuore
Batti mano
Giravolta
Un‟altra volta
Sono l‟angelo
Del mio Signore.
La palla non deve cadere, pena la retrocessione all‟ultimo posto della graduatoria. Vince chi per
prima esegue tutti i lanci in modo perfetto; paga il pegno l‟ultima.
Vediamo chi è più svelto, forza, corri, n‟n ffa ‟u musc‟lone!
I QUATTRO CANTONI
Gioco che si svolge all‟aperto su un quadrato disegnato a terra ed è eseguito da cinque
giocatori. Uno, scelto con la conta, si pone al centro mentre gli altri quattro si dispongono agli
angoli. I giocatori a due a due si scambiano velocemente posto mentre colui che sta al centro deve
cercare di occupare uno dei cantoni liberi. Se ci riesce si posiziona nel cantone; se non fa in tempo
resta al centro ed aspetta una seconda occasione.
Chi vuole cantare con me e ripetere i giorni della settimana?
LA SETTIMANA Questa divertente filastrocca della settimana, che solitamente è recitata senza una precisa
intonazione, era proposta per imparare i giorni della settimana:
Era lu… lu… lu…, era dì… dì… dì…, era lu…, era dì…, era lunedì.
Era ma… ma… ma…, era dì… dì… dì…, era ma…, era dì…, era martedì.
Era me… me… me…, era dì… dì… dì…, era me…, era dì…, era mercoledì.
Era gio… gio… gio…, era dì… dì… dì…, era gio…, era dì…, era giovedì.
Era ve… ve… ve…, era dì… dì… dì…, era ve…, era dì…, era venerdì.
Era sa… sa… sa…, era to… to… to…, era sa…, era to…, era sabato.
Era do… do… do…, era ca… ca… ca…, era do…, era ca…, era domenica.
16
Attaccatevi tutti alle mie spalle, facciamo un bel serpente lungo lungo!
IL SERPENTE GIRA GIRA
Questa è la storia del serpente
che viene giù dal monte
per ritrovare la sua coda
che aveva perso un dì.
Ma guarda un po‟ sei proprio tu
quel pezzettin del mio codin?
Sì
No
Per cantare questa canzone, i bambini si mettono tutti in cerchio. Uno al centro fa' la parte
del serpente e, cantando la prima parte del testo, gira pian piano passando davanti agli altri bambini.
Poi si ferma di fronte ad uno e canta la seconda parte del testo.
A questo punto il bambino prescelto può rispondere SÌ oppure NO. Nel primo caso si mette dietro al
bambino serpente, con le mani sulle sue spalle e il gioco riprende. Se dice NO, il serpente
ricomincia da capo a cercare la sua coda.
Basta, siamo proprio stanche. Torniamo a casa dalla mamma che è ora de fa ‟a ‟mbrenne!
Pinocchio costruito da un nonno e Pinocchio comperato
‟i bamb‟le de pezze
17
‟a cunn‟lelle
18
GLI ALUNNI DELLA PLURICLASSE
CLASSE PRIMA
BUSCIO Francesco
DI BIASE Francesca
DI BIASE Gennaro
FRATTINI Alessandra
KAUR Simran
CLASSE SECONDA
COLOMBO Eleonora
COLOMBO Giada Pia
COLOMBO Giampaolo
KAUR Harman
LALLI Alessia
MONTAGANO Giuseppe
PERROTTA Francesca
PORRAZZO Roberta
SANTOIANNI Antonio
ZICCARDI Vincenzo
“Vieni a giocare con me?” propose il piccolo principe alla volpe “ sono così triste…”
“Il piccolo principe” – Antoine de Saint-Exupéry
I giocattoli di quando i nostri genitori erano bambini
19
GLI UTENSILI
DA CUCINA
20
Ha ancora senso nel nostro mondo supertecnologico parlare di oggetti antichi? Certo che ha
senso. Certo che è utile.
Far rivivere gli oggetti, ridare loro l‟alito, la vita a quel mondo ormai lontano, ci porta a
capire che in un‟epoca passata le “cose” avevano un valore diverso. Questi oggetti hanno costruito
il mondo dei nostri nonni e dei bisnonni, ci hanno permesso di essere ciò che siamo.
I piccoli oggetti narrando di sé, delle proprie origini, delle vicende che hanno vissuto e che
li hanno trasformati, delle persone che hanno incontrato nella loro vita, hanno fatto scoprire ai nostri
alunni un intero mondo nascosto.
Gli alunni, infatti, hanno compreso che essi rappresentano una ricchezza, un patrimonio
della nostra cultura contadina, hanno lasciato in noi tutti una traccia indelebile.
I piccoli oggetti hanno gettato nei loro cuori il “seme” dei ricordi come cita un famoso
adagio “Senza la conoscenza del passato non c‟è possibilità del futuro”.
Ins. Clementina Vaccaro
21
Durante una visita al nostro Museo Etnografico, con la guida delle insegnanti e di qualche
nonna, scopriamo oggetti che ci parlano di un tempo passato, cose che non si usano più. Entusiasti
siamo andati alla loro ricerca. Tante sono state le scoperte: molti di noi possiedono questi oggetti e
li guardiamo ogni giorno ma senza vederli davvero. Ora vi invitiamo con questi piccoli sketch a
riscoprirli.
“Chi i‟ penze? De quiste tutte ze so‟ scurdate,
n‟n so s‟rvute ecchiù e l‟anne lessate,
senze nu d‟spiecere e c‟a ‟nd‟fferenze,
cumme se fussere state cose de niende.
Senze de quiste, prime n‟n ze puteve sta,
p‟i secule dendi ‟i case maie emmengà.
Sti cose ve vulesse tutte ennum‟nà.
Ne so troppe. P‟i dice maje l‟m‟tà.
Ce steve ‟u cr‟velle e ‟u stacce,
‟a quertare, „u c‟c‟nate, ‟a burracce,
‟a ‟ggiarre, ‟a tine,
‟u man‟j‟ere, ‟a serole, ‟a chendrelle .
Ce steve „u m‟zzette e „u stuppielle,
a conghe, a fiaschette e „u mac‟nine,
lugghierole, „u p‟setore cu murtale,
a coppe, „u puz‟nette e „u v‟cale;
„u vrecere, a pelelle: chi cchiù ti dà?
Di verile, du tragne chi ze po‟ scurdà?
Ah! Questu progresse! Queste mudern‟tà
Che m‟lanno tote, ecchiù n‟n g‟ sta che fa!
Però, c‟ stà cacchedune chi sa ‟ppr‟zzà
Né p‟ usarle, ma si trove lai pehà.
Ce sta chi i‟ tè solo pe ‟bb‟llezze
Dendi i case pì fa ev‟dè aggende.
Chi itè cumme oggette du museje,
s‟st‟mate bbone c‟na sante pazienze,
Me checcose du pessate c‟ stà engore,
ogne femiglie zi tè che tande emore.”
22
’A tine e ’u man j’re”
Insegnante: “Ecco alunni, inizia l‟avventura. Eccoci nel locale cucina dove vediamo oggetti
misteriosi. Se gli oggetti potessero parlare, ci racconterebbero delle storie molto, molto interessanti.
S…S…S…! Facciamo un gioco. Chiudete gli occhi. Sentite bisbigliare? Ascoltate bene e con molta
attenzione. Ecco, la voce arriva più nitida. Scolpita quasi. Ha voglia di raccontarci il suo passato.
Prestiamo attenzione!
Tina: “Ciao, bambini! Mi chiamo Tina. Come potete osservare ho un colore ramato, una forma
sinuosa. Vedete ho un vitino da modella, una bocca larga, una base ampia e solida, due manici
affusolati e resistenti. Io ho un passato interessante alle spalle che cercherò di raccontarvi. Un
tempo ero sempre lucida e facevo bella mostra nelle cucine di tutte le case. A volte, ero pesante,
piena di acqua limpida e fresca; altre volte leggera perché…l‟acqua si finiva. Volete sapere chi mi
svuotava?”.
Maniere: “Ero io! Mi chiamo ‟u man‟jere”.
Tina: “Sì, proprio lui. Ogni tanto attingeva acqua da me”.
Maniere: “Cara Tina, io sono il tuo affezionato amico da una vita. La padrona prendeva l‟acqua da
te e si dissetava. Io provavo un leggero solletico”.
Tina: “Ti divertivi, birbantello!”
Maniere: “Devi sapere che ero a disposizione di chi aveva sete ma anche di chi doveva lavarsi e
cucinare”.
Tina: “Io ti aspettavo sempre più spesso così mi svuotavi e la mia padrona mi portava a fare una
passeggiata per le strade del paese…fino alla fontana di bronzo. Sapessi che bello ritrovarmi con
tante amiche! Quante storie belle o brutte ho ascoltato! A volte ho riso, a volte mi sono commossa.
Risento ancora con nostalgia i canti delle belle fanciulle innamorate che con voce soave
cantavano…Belle se vu‟ m‟nì pe‟ d‟acque „n‟a fundenella, belle se vu‟ m‟nì pe‟ d‟acque „n‟a
fundanella, ce stanne tre ggiuv‟ne bbelle, ce stanne tre ggiuv‟ne bbelle chi lav‟ne; ce stanne tre
ggiuv‟ne bbelle , ce stanne tre ggiuv‟ne bbelle che ze lavan‟ „a suttenelle. Quanti ricordi! Che anni
beati!”.
Maniere: “Io, invece, solo soletto a casa ad attendere il tuo ritorno.”
Tina: “Però, pensando ai bei tempi andati, mi sta venendo una certa tristezza. Perciò bambini, vi
saluto con la promessa che ogni tanto mi venite a trovare così vi racconto altre storie”.
Maniere: “Anch‟io vi aspetto, perché io e Tina siamo legatissimi. Ci troverete sempre qui assieme,
oppure in qualche vecchia soffitta dei vostri nonni”.
23
24
’U tav’lere e ’u lahenare
Nonna: “Bambini, visitando il museo, riaffiorano nella mia mente ricordi lontani. Fra tutti gli
oggetti i più cari sono per me „u tav‟lere‟ e „u laenare‟. E‟ trascorso molto tempo da quando ero
piccola, tanto piccola che dovevo salire ‟ngoppe ‟u „bbanghetelle per arrivare al piano che avevamo
in cucina. Ogni giorno non vedevo l‟ora che mia madre o mia nonna mettesse „u tavelere‟ sul
tavolo”.
„U tav‟lere‟: “Chi mi ha chiamato? Oh, quanti bambini! Che confusione!”
Nonna: “Ascolta, vecchio tagliere! Prova a raccontare la tua storia e vedrai che questi bambini
staranno ad ascoltare in silenzio.”
„U tav‟lere‟: “ Bambini, come vedete sono un piano di legno. Certo sono un po‟ malandato! Ho gli
orli ammaccati e il piano consumato. Odoro vagamente di farina e di pasta. Sopra di me le vostre
bisnonne e nonne hanno impastato chili e chili di farina per preparare „ciuf‟le, lahenelle, teccozze e
tagghierelle‟. Quanta forza! Quanti impastati!. ..ma anche tanta compagnia”.
„U laenare”: “E di me ti sei dimenticato? Ero io stendere la sfoglia sottile e doppia secondo il
bisogno”.
„ U tav‟lere”: “Certo, che mi ricordo di te! Ricordo benissimo la forza che le nonne mettevano per
„elaenià‟ „a paste. Per loro eri d‟oro, ma …per i bambini una minaccia quando gli adulti ti alzavano
p‟i „suc‟tà.”Io, invece, amavo le dita dei bambini che imparavano a impastare. Come ero felice!
Come era bello quando ero pieno di pasta! Quando tornavano gli uomini dalla campagna dicevano
con voce squillante ‟n‟do „t‟vute „so tagghierelle”
„U lahenare”: “Adesso ci riposiamo. Il progresso è arrivato „pure „n‟du Bbunifre‟, in tutte le case.
Oggi siamo stati sostituiti dai mac‟nette‟ elettriche che impastano, fanno la sfoglia e con una
velocità incredibile sfornando tutti i tipi di
pasta.”
Nonna: “Certo si risparmia tempo con le
nuove macchine ma io, bambini, sento
ancora prudermi le mani davanti a questi
attrezzi. Risento le voci di mia nonna che
diceva „u laenare e „u tav‟lere ludate
pozz‟ne pe devvere‟ e di mio nonno
„M‟n‟gucce che diceva agli amici che
voleva tornare subito a casa da nonna
Cungetta perchè aveva una fame da lupo.
Quando mangiava con gusto i tagghierelle
esclamava ” cumme sete bbone, che Die v‟
b‟n‟diche.”
25
’A fiasche
Nonno Domenico: “‟Uegliù a v‟dete questa bottiglia curiosa? E‟ „a fiaschette. Quanto vino ho
bevuto vicino ad essa. La mettevo vicino alla bocca e „m sculave „nu quarte di vino alla volta. Non
si vedeva il danno. Ogni tanto andavo in cantina e la riempivo vicino alla botte. La mettevo nel
secchio pieno d‟acqua per far raffreddare il vino. Ogni tanto smettevo di lavorare e andavo a bere
vicino ad essa. Io non ho mai bevuto acqua nella mia vita, solo vino vicino alla mia amata,
inseparabile compagna”.
Nonna‟ndunietta: “M‟gucce, ti ricordi quando in una festa di matrimonio, traballando, p‟chè ere
„m‟briache , ho preso il bicchiere in mano e impastando un po‟ le parole ho fatto un brindisi agli
sposi. Lo vuoi sentire? Me lo ricordo benissimo. Questu vine è bbone e ffine „a selute d‟i sposini!”
Tutti poi ti hanno applaudito e gli sposini erano felici”.
Nonno Metteje: “Cumbà , ti ricordi il brindisi che faceva tetucce “ B‟cchere de cr‟ristalle bianghe
e ben guarnite,pe‟ ddindre e pe‟ ffore sta bbene lavurate. Quelle p‟rzone che me l‟à‟bite „u tenghe
sembre per bon‟amiche, Bevende del vine e mangiande de frutte, ecche i‟, s‟gnore, selute e ttutte.
Tutte l‟alb‟re sone d‟ritte, la vite è storte; chi dice male del vine mer‟te la morte!”.
Nonno Peppe: “E adesso un brindisi augurale a tutti voi, con l‟augurio di buona vacanza e buona
salute a tutti. Questu vine è bbelle e bbone „a salute d‟u petrone. Qustu vine è bbelle e gelande „a
selete de tutte quande”.
Nonno M‟chele: Adesso, però, vi voglio far riflettere e vi voglio dare dei consigli semplici su come
rimediare ad alcuni inconvenienti del progresso.
Te limende? Che t‟è successe?
Vate sepè edettà, cari uegliune.
A currende ze né iute? Che fa?
U lume r‟tulle, n‟d‟lam‟ndà,
e s‟nnò „u c‟rogg‟ne eppicce,
ce vide lu stesse, e t‟ live „umbicce.
A bomb‟le z‟eff‟nite?
Ecche, t‟r‟solve a pertite:
eppicce „u foche sotte „a ciumm‟nire
ce vò cchiù fetij,queste è vere
e t‟ vè a m‟nestre seprite
che megnà t‟ fa ecchiù epp‟tite.
L‟aque lanne luate? Che ze fa?
A tine tulle e na fundane va.
N‟n d‟ legnà che si sudate,
mo l‟acque a ti‟‟t‟si edettate!
Z‟è rotte a lavepanne? Zade e‟gghiustà‟
R‟tulle „u tragnee mitt‟te e levà.
Io so vecchie v‟ diche:
n‟ lessate i „mbicce vicchie
26
che c‟ quiste v‟ putete edettà,
e tutte z‟ po‟ r‟m‟dià.
Ah! Che ce fatte ste mudern‟tà!
Ogni tande, n‟z sa che vije ame tolle.
27
GLI ALUNNI
CLASSE TERZA
BACCARI Alessia
D‟ADDARIO Melissa
DI GIOVANNI Carmen
D‟ONOFRIO Alessandro
IAROCCI Antonio
IAROCCI Nicola
LALLI Michele Stefano
LOMMANO Mariangela
PERROTTA Antonio
ROSA Antonio Pio
SILVESTRI Isabella
TOTOLICI Andrei
28
OGGETTI
E
MESTIERI
29
Il lavoro, gli oggetti che si usano per eseguire i più svariati mestieri, il rapporto che oggi si
ha con la tecnologia, le macchine, gli attrezzi meccanici, insomma tutto ciò che ci circonda, ci fa
pensare alla vita frenetica, al via vai di automobili, all'uso incondizionato di telefonini per
comunicare e per conoscere ogni cosa. Se proviamo a pensare come sarebbe la nostra vita se tutto
ciò non ci fosse, ci rendiamo conto che per noi sarebbe un problema. Ma non è così: per questo
abbiamo fatto un tuffo nel passato e, attraverso l‟analisi storica e l‟osservazione di alcuni attrezzi
antichi, usati per eseguire lavori di vario genere, abbiamo riscoperto mestieri sconosciuti, talvolta
lontanissimi dal nostro mondo che fanno riaffiorare curiosità e desiderio di immedesimazione.
Il mietitore, il contadino, il barbiere, il
fabbro, il falegname, il fornaio, la lavandaia, il
postino e tutti gli altri mestieri una volta erano
molto diversi da oggi: si lavorava con attrezzi
manuali, si camminava sempre a piedi o con i
muli; il lavoro e la fatica delle braccia non
spaventava mai; si viveva con poco e ci si
accontentava; la felicità e la serenità veniva
dalle piccole cose e regnava nelle case; il
divertimento diventava collettivo quando in
piazza si festeggiava e si ballava; tutte le azioni
erano guidate dalla semplicità e dalla
collaborazione.
Guidati dai ricordi, dall'entusiasmo,
pieni di orgoglio per le nostre origini, siamo
riusciti ad interpretare alcuni mestieri cercando
di alleggerire la fatica e le difficoltà attraverso
una rima che ha permesso a tutti di lavorare
divertendosi.
Da questa attività è scaturita un'intensa e
positiva collaborazione, indispensabile a far sì
che possa rimanere un ricordo positivo nella
nostra mente e nel cuore dei grandi che,
sicuramente, cercheranno di seguire con
attenzione se non altro per ricordare ciò che
non c‟è più.
Ins. Lucia Palladino
30
.... Io sono il fiaschetto del vino
ah che bello, sveglio già di buon mattino,
.....
.... alla sera s‟intende, instancabili faticatori
ora stiamo lavorando non sentite i rumori?
31
La falce che strappa il grano
è il mietitore veloce con la mano.
.... grida, grida forte
fai sentire la tua voce
banditore della sorte,
che il giorno scappa, sai, va veloce.
32
Taglia e raspa tutto il giorno
fra i progetti e le misure
e un rilievo da contorno
da mezz‟ora penso pure;
Sto tagliando con perizia
una stoffa; per la sciantosa
che mi disse con malizia
“Non sia mai! La più graziosa!”
33
Che mestiere mi è toccato
con la giacca o scamiciato
son comunque condannato,
fra un capello ed un pelino
mi presento e son bellino:
il barbiere col codino.
Metto i panni nella cesta
ed aggiungo anche il sapone
non credete sia una festa,
per me ogni giorno; è un acquazzone!
..... mi diverto con il ferro
sono il fabbro del paese
oh che festa quando serro
quello zoccolo a maggese;
34
Vengo presto al mattino
per vederli sparpagliati
avanzare dal paesino
saltellanti e indiavolati,
Non ci piacerà studiare
ma ci piace disegnare
siamo forti nel giocare
e più forti nel cantare,
35
Mi diverto e son contenta
contadina e principessa
questa vita non spaventa
se nel cuor c‟è una promessa.
.....questa zappa è la mia amica
più del pane che ora mangio
come il grano e la formica
sotto questo grande faggio.
36
Cesti addobbo e cesti faccio
con le mani piego i giunchi
e fin dentro li ricaccio
con gli arnesi tutti adunchi;
... m‟infarino a piene mani
mentre batto sulla pasta
sento odor di fuoco e pani
vedo in fondo una catasta ...
... mi chiamano mietitore di Giugno
veloce fra gli steli, la falce nel mio pugno,
37
... musicante e menestrello
porto spesso l‟allegria
fra una nota e uno stornello
ecco un soffio di poesia,
... son postino d‟altri tempi
il paese giro in tondo
qualche volta anche i campi
se nel ciel c‟è il sol rotondo; ...
38
... son fanciulla delle stoppie
spigolatrice che si inchina
con le mani sempre a coppie,
nella vita birichina.
... sono l‟uomo dai mille errori
sono l‟uomo dai pochi colori
la mia mano che scrive tesori
e tante volte fa tanti favori
sono io; lo scrivano che legge gli amori
lo scrivano che sussulta i dolori.
39
Questa sera si dà un ballo
da Nicola il boscaiolo
faccio presto e tolgo un callo
dal mio piede pien di dolo,
Qui c‟è festa e siamo tanti,
ci burliamo e sorridiamo
e ballando tutti quanti
alla vita noi brindiamo.
40
Di mestieri ne son tanti
che mi stanco già a pensarli
quanti sono questi fanti
affamati come tarli,
... ah che gioco assai grazioso,
questa è un‟onda che ci assale
è un passato capriccioso
che regala un po‟ di sale.
41
GLI ALUNNI
CLASSE QUARTA
COLOMBO Luca
COLOMBO Pierpaolo
DI BIASE Luigi
DI TOMMASO Vincenzo
MARCIELLO Lucia
MASCIA Alessio
MASSARELLI Marta
PUCACCO Mirko
ROSA Cristina
SANTOIANNI Anna Chiara
SANTOIANNI Sofia
CLASSE QUINTA
BACCARI Maria Assunta
BACCARI Tonia
DI FIORE Antonio
DI GIOVANNI Denise
DI MARZO Rachele
IAROCCI Francesco
LOMMANO Nicola
LOMMANO Samanta
MARRONE Giovanni
MONTAGANO Nicola
PORRAZZO Francesco
SANTOIANNI Angelo Pio
SANTOIANNI Arianna
SANTOIANNI Diego Antonio
SANTOIANNI Emiliano
SAVASTANO Gaia
42
CONCLUSIONE
Gli alunni della pluriclasse 1^/2^, delle classi 3^, 4^, 5^
le insegnanti Coccia Angela, Colombo D‟Amico Grazia Maria, Di Stefano Clementina,
Mastrangelo Maria, Montagano Nicolina, Nasillo Chiara Candida, Palladino Lucia, Santoianni
Maria Carmela, Spina Michelina, Vaccaro Clementina
della Scuola Primaria “Aldo Moro”
RINGRAZIANO
il Dirigente Scolastico, Prof.ssa Angela Maria Tosto;
il Sindaco, Avv. Nicola Giovanni Montagano;
i responsabili del Museo Etnografico sito nel Convento di Santa Maria delle Grazie;
il Dirigente, i docenti e gli alunni dell‟Istituto “Boccardi” di Termoli;
i componenti dell‟Associazione “AMICI Bbun‟frane”;
i genitori e i nonni per le interviste, per l‟accompagnamento musicale e la guida nell‟esecuzione dei canti popolari, e per la ricerca degli oggetti a loro appartenuti in passato;
quanti hanno contribuito direttamente e indirettamente fornendo materiali e notizie per la stesura della presente ricerca socio-storica.
Io non voglio cancellare il mio passato
perché nel bene e nel male
mi ha reso quello che sono oggi.
(Oscar Wilde)
Bonefro, 8 maggio 2016.
43
INDICE
INTRODUZIONE……………………………………………………………………… pag. 5
PRESENTAZIONE……………………………………………………………………. pag. 6
PREFAZIONE…………………………………………………………………………. pag. 7
GIOCHI E GIOCATTOLI ………………….…………………………………………. pag. 8
GLI UTENSILI DA CUCINA …………………..…………………………………… pag. 19
OGGETTI E MESTIERI …………………………………………………………….. pag. 28
CONCLUSIONE……………………………………………………………………… pag. 42