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GM rinuncia, Ferrari ringrazia · 2020. 4. 26. · A.J. Foyt, Dick Thompson, Jim Hall (futuro...

Date post: 27-Jan-2021
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24 - N. 4 - 2019 La sconcertante storia della Corvette Grand Sport, realizzata nel 1963 per ‘annientare’ la GTO di Maranello e la rivale Cobra-Ford. Nelle poche corse disputate, ha dimostrato doti eccezionali, sulla spinta di un motore 6.2, ma la Casa ha bocciato l’operazione. I sistemi multimediali e le ‘piatta- forme’ che hanno generato per- mettono di scoprire realtà poco note e talvolta sorprendenti. Se è infatti risaputo che la Ferrari GTO ha trovato nella Shelby Cobra Ford la spina nel fianco che dopo tre anni di battaglie le ha ‘sfilato’ il Campionato Internazionale Co- struttori GT (1965), è infinitamen- te meno conosciuto il rischio cor- so dalla Casa di Maranello, nel ca- so la Chevrolet avesse insistito con lo sviluppo della Corvette Grand Sport, derivata dal modello ‘Sting Ray’, ampiamente elaborato. Il filmato della 12 Ore di Sebring del 1964 dà la misura della poten- zialità della nuova coupé, comun- que schierata da una scuderia pri- vata e in versione meno prestazio- nale rispetto al progetto che, co- me vedremo, a quel punto era sta- to bloccato. Nelle prove il miglior tempo tra le GT è stato ottenuto dalla Cobra Coupé ‘Daytona’ (4727 cc) di Bob Holbert e Dave McDo- nald (3’12”800) ma la Corvette Grand Sport di Roger Penske e Jim Hall (ancora ‘prototipo’, seppure in configurazione del tutto GT) è sta- ta più lenta appena per un secon- do. Lontanissima invece la Ferrari GTO ‘ufficiale’ dei fortissimi Carlo Mario Abate e Jean Guichet (3’21”400), superata anche dalla migliore delle Ferrari 250 Le Mans (3’18” netti), vettura che avrebbe dovuto prendere il posto della GTO tra le GT e che invece non è stato possibile omologare. Quello che impressiona del filma- to, è l’inizio del secondo giro di ga- ra, quando si nota un ‘mostro’ dall’inquietante rombo, tipico dei motori V8, che supera in accelera- zione e velocità – con apparente facilità - la Ferrari 330 P di Lodovi- co Scarfiotti, il ‘proto’ che nello stesso anno avrebbe portato a Maranello l’ennesimo ‘Challenge Mondiale di Velocità e Durata’. Quella dimostrazione è stata inve- ce il canto del cigno della Grand Sport, progettata dal celebre in- gegnere di origine belga, Zora Arkus-Duntov (1909-1996), coor- dinatore dello sviluppo tecnico della Corvette e direttore del set- tore ‘High Performance’. La grinto- sa coupé della GM era stata svilup- pata a partire dall’estate del 1962, con l’ambizioso programma di re- alizzare i 100 esemplari necessari per l’omologazione nella catego- ria Gran Turismo Internazionale (dove appunto svettava la Ferrari GTO) oltre che per essere schiera- ta nell’importante campionato in- detto dallo Sport Car Club of Ame- rica (SCCA). Zora Arkus-Duntov era un appas- sionato di corse e aveva immedia- tamente capito che la nuova road- ster Cobra, realizzata dall’ex-pilota Carrol Shelby, abbinando un mo- tore V8 di 4267 cc (le targhette ‘Po- wered by Ford’ sui fianchi della vettura confermavano il diretto interessamento della Casa ameri- cana) allo chassis della inglese AC, era un’idea geniale e vincente. Senza alcun dubbio, la Chevrolet avrebbe quindi perso il dominio dei campionati SCCA. In realtà, la Corvette Grand Sport era già pronta all’inizio del 1963 e GM rinuncia, Ferrari ringrazia di Daniele Buzzonetti Alla 12 Ore di Sebring del 1964 la Corvette Grand Sport #005 di Roger Penske e Jim Hall ha avuto un inizio folgorante, davanti alle Ferrari 330P. Il motore V8 della Grand Sport: 6178 cc e 485 Cv a 6400 giri/m, con alimentazione tramite i Weber 58; con l’iniezione Rochester Ramjet la potenza saliva a 550 Cv.
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    La sconcertante storia della Corvette Grand Sport, realizzata nel 1963 per ‘annientare’ la GTO di Maranello e la rivale Cobra-Ford. Nelle poche corse disputate, ha dimostrato doti eccezionali, sulla spinta di un motore 6.2, ma la Casa ha bocciato l’operazione.

    I sistemi multimediali e le ‘piatta-forme’ che hanno generato per-mettono di scoprire realtà poco note e talvolta sorprendenti. Se è infatti risaputo che la Ferrari GTO ha trovato nella Shelby Cobra Ford la spina nel � anco che dopo tre anni di battaglie le ha ‘s� lato’ il Campionato Internazionale Co-struttori GT (1965), è in� nitamen-te meno conosciuto il rischio cor-so dalla Casa di Maranello, nel ca-so la Chevrolet avesse insistito con lo sviluppo della Corvette Grand Sport, derivata dal modello ‘Sting Ray’, ampiamente elaborato. Il � lmato della 12 Ore di Sebring del 1964 dà la misura della poten-zialità della nuova coupé, comun-que schierata da una scuderia pri-vata e in versione meno prestazio-nale rispetto al progetto che, co-me vedremo, a quel punto era sta-to bloccato. Nelle prove il miglior tempo tra le GT è stato ottenuto dalla Cobra Coupé ‘Daytona’ (4727 cc) di Bob Holbert e Dave McDo-nald (3’12”800) ma la Corvette Grand Sport di Roger Penske e Jim

    Hall (ancora ‘prototipo’, seppure in con� gurazione del tutto GT) è sta-ta più lenta appena per un secon-do. Lontanissima invece la Ferrari GTO ‘u� ciale’ dei fortissimi Carlo Mario Abate e Jean Guichet (3’21”400), superata anche dalla migliore delle Ferrari 250 Le Mans (3’18” netti), vettura che avrebbe dovuto prendere il posto della GTO tra le GT e che invece non è stato possibile omologare.Quello che impressiona del � lma-to, è l’inizio del secondo giro di ga-ra, quando si nota un ‘mostro’ dall’inquietante rombo, tipico dei motori V8, che supera in accelera-zione e velocità – con apparente facilità - la Ferrari 330 P di Lodovi-co Scar� otti, il ‘proto’ che nello stesso anno avrebbe portato a Maranello l’ennesimo ‘Challenge Mondiale di Velocità e Durata’. Quella dimostrazione è stata inve-ce il canto del cigno della Grand Sport, progettata dal celebre in-gegnere di origine belga, Zora Arkus-Duntov (1909-1996), coor-dinatore dello sviluppo tecnico

    della Corvette e direttore del set-tore ‘High Performance’. La grinto-sa coupé della GM era stata svilup-pata a partire dall’estate del 1962, con l’ambizioso programma di re-alizzare i 100 esemplari necessari per l’omologazione nella catego-ria Gran Turismo Internazionale (dove appunto svettava la Ferrari GTO) oltre che per essere schiera-ta nell’importante campionato in-detto dallo Sport Car Club of Ame-rica (SCCA). Zora Arkus-Duntov era un appas-sionato di corse e aveva immedia-tamente capito che la nuova road-ster Cobra, realizzata dall’ex-pilota Carrol Shelby, abbinando un mo-tore V8 di 4267 cc (le targhette ‘Po-wered by Ford’ sui � anchi della vettura confermavano il diretto interessamento della Casa ameri-cana) allo chassis della inglese AC, era un’idea geniale e vincente. Senza alcun dubbio, la Chevrolet avrebbe quindi perso il dominio dei campionati SCCA. In realtà, la Corvette Grand Sport era già pronta all’inizio del 1963 e

    GM rinuncia,Ferrari ringraziadi Daniele Buzzonetti

    Alla 12 Ore di Sebring del 1964 la Corvette Grand Sport #005 di Roger Penske e Jim Hall ha avuto un inizio folgorante, davanti alle Ferrari 330P.

    Il motore V8 della Grand Sport: 6178 cc e 485 Cv a 6400 giri/m, con alimentazione tramite i Weber 58; con l’iniezione Rochester Ramjet la potenza saliva a 550 Cv.

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    Dall'alto. Il dettaglio della sospensione posteriore della Corvette Grand Sport, a ruote indipendenti, con semiassi oscillanti. L’abitacolo della Corvette Grand Sport #004 come appare oggi, dopo un completo restauro. Spicca la cura dei dettagli, non abituale sulle auto da corsa dello stesso periodo.Sempre suggestivi i carburatori Weber da 58 mm previsti per l’alimentazione del V8 di 6178 cc della Corvette Grand Sport.

    CORVETTE GRAND SPORTDATI ESSENZIALI

    Motore: V8, 6178 ccDistribuzione: 2 valvole per cilin-dro, aste e bilancieriPotenza: 485 Cv a 6400 giri/m (550 con alimentazione a iniezione)Cambio: Borg Warner manuale a 4 rapportiImpianto frenante: Girling con pinze a tre pistonciniSospensioni: ant. e post. a ruote indipendentiPeso: 950 kgVelocità max dichiarata: 290 km/hEsemplari costruiti: cinque

    le sue caratteristiche, tra le quali svettavano il nuovo motore V8 di 6178 cc (tradizionale distribuzio-ne ad aste e bilancieri ma blocco e testate in alluminio, due candele per cilindro e 550 Cv a 6400 giri/m) e il peso di appena 950 kg, faceva-no chiaramente capire che sareb-be stata una protagonista assolu-ta. Purtroppo il progetto era abor-tito all’origine: dopo un’iniziale approvazione, la dirigenza della General Motors si è infatti ‘ricorda-ta’ che � n dal 1957 le Case ameri-cane legate all’AMA (Auto Manu-facturers’ Association) avevano stretto un patto che vietava la par-tecipazione alle corse. Un accordo piuttosto simbolico, tanto che la Ford non ne ha a� atto tenuto con-to (lo stesso la Chrysler) e proprio all’inizio degli Anni ’60 ha iniziato a investire una vera fortuna nello sport, con i risultati ben noti, tra cui le vittorie alla 24 Ore di Le Mans e titoli a ripetizione in F.1 con il motore Cosworth.A volte la passione per le corse ge-nera però dei miracoli (famosi i ri-sultati ottenuti in modo quasi ‘clandestino’ dalla Lancia negli An-ni ’60 e dalla Ducati negli ’80) e l’ir-rigidimento dei piani alti del pa-lazzo al 3044 di West Gran Boule-vard, a Detroit, è stato aggirato dall’illuminato manager della divi-sione Chevrolet, Semon ‘Bunkie’ Knudsen. Quest’ultimo ha appog-giato il progetto ‘Grand Sport’, al punto da � nanziarlo con un bud-get in pratica non u� ciale, che ha consentito la realizzazione (in gran segreto) di cinque prototipi, tutti in versione coupé. In seguito, due vetture sono state trasforma-te in roadster; in ogni caso, tutte sono arrivate ai giorni nostri.La linea della Corvette Grand Sport è pressoché identica a quel-

    La Corvette Grand Sport #004 dopo il meticoloso restauro. I colori, sono quelli del Team Mecom.La vista posteriore permette di notare i famosi otto "fori" sulla carrozzeria, studiati per l’evacuazione dell’aria calda. La stessa vettura in una foto dell'epoca in gara alla 12 Ore di Sebring del 1964 con l’equipaggio Johnson-Morgan e nelle attuali condizioni

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    la della versione stradale ‘Sting Ray’, con dimensioni leggermente ridotte (a parte i ‘passaruota’ po-steriori più larghi) rispetto a quest’ultima, che è lunga 433 cm, larga 174 cm e alta 124,5 cm. Sot-to la sottile carrozzeria realizzata in plexiglass, non è stato conser-vato molto del modello di serie: un più razionale telaio in tubi in acciaio da 6”, con rinforzi laterali, ha preso il posto della convenzio-nale struttura stampata con lon-gheroni e traverse. Al contrario, si-mili a quelle di serie le sospensioni (a ruote indipendenti anche die-tro), realizzate in modo artigiana-le, con elementi più leggeri. All’a-vantreno si notano i doppi bracci a trapezio, corredati da gruppi molla-ammortizzatore. Posterior-mente, il sistema a semiassi oscil-lanti prevede una balestra trasver-sale, braccetti inferiori e bracci di spinta longitudinali. L’impianto frenante si basa invece su quattro dischi Girling con pinze in allumi-nio a tre pistoncini, mentre il cam-bio, di tipo manuale a 4 marce, è un normale Borg-Warner T10, adattato all’utilizzo agonistico. Un serbatoio del carburante da 138 li-tri, vari particolari realizzati in allu-minio (tra cui, campana del cam-bio, fodero della trasmissione, scatola del di� erenziale) e i cerchi in magnesio della Hallibrand con � ssaggio a ‘gallettone’, corredano la Corvette Grand Sport, per la quale Zora Arkus-Duntov e il suo braccio destro Walt Zeyte, annun-ciavano una velocità massima di 290 km/h. Nemmeno esagerata, tenendo conto della possibilità di adottare il motore 6.2 litri da 550 Cv con alimentazione a iniezione continua Rochester Ramjet o la più contenuta versione da 485 Cv, caratterizzata dal blocco in ghisa, teste in alluminio e alimentazione con quattro carburatori Weber a doppio corpo da 58 mm. In realtà, la necessità di mantenere lo stile della Sting Ray di serie per ovvi motivi commerciali, evidenziava che la Grand Sport non era amica del Cx e delle ‘Gallerie del vento’.

    Ad elevata velocità, la vettura ten-deva a sollevare l’avantreno per una evidente mancanza di carico aerodinamico ma la potenza e al-tre doti positive, alla � ne pareg-giavano il conto. Purtroppo, come abbiamo antici-pato, non è stato possibile svilup-pare in modo razionale la vettura e tanto meno schierarla in gara in forma u� ciale. Il 21 gennaio 1963, quando cinque vetture erano sta-te completate e un mese prima era stato organizzato un test a Se-bring per la scelta dei piloti, è in-tervenuto personalmente il presi-dente e amministratore delegato della GM, il severo Frederic Don-ner, ordinando a Knudsen e ad Arkus-Duntov di bloccare il pro-gramma e di distruggere le GS re-alizzate. Per fortuna, in una com-pany che si apprestava a superare la quota dei sei milioni di auto co-struite annualmente, non è stato di� cile fare � nta di non aver com-preso l’ordine e a cedere le cinque Grand Sport a scuderie private, garantendo l’assistenza. Tra i te-am, si è distinto quello gestito dall’appassionato Grady Davis, di-rigente della Gulf Oil, che nel Campionato SCCA ha a� dato la #004 al ‘dentista volante’ Dick Thompson, che ha sempre otte-nuto prestazioni superiori rispet-to alle Cobra, anche se la s� da non poteva essere diretta. Priva di omologazione, la vettura ha infat-ti corso nella Classe C Modi� ed, quella che accoglieva le ‘grosse’ Sport, vale a dire Chaparral, Sca-rab, Cooper Monaco-Buick e Ma-serati Tipo 64, abituali protagoni-ste delle gare USA dell’epoca. Un confronto totalmente impari, ep-pure Thompson ha sempre occu-pato le posizioni appena fuori dal podio, con un 3° posto a Road America e addirittura una vittoria a Watkins Glen. Prestazioni eccel-lenti, pur nell’impossibilità di uti-lizzare il nuovo motore di 6178 cc, perché Arkus-Duntov voleva evi-tare ulteriori complicazioni con la dirigenza. La Grand Sport è stata schierata con il più convenzionale

    5358 cc, da 370 Cv circa, a parte – secondo il parere di alcuni storici – la gara del Watkins Glen. Il che spiegherebbe non solo la vittoria ma anche l’assenza ‘strategica’ della vettura nell’ultima gara del Campionato. Nel frattempo, le Grand Sport con telai #003, #004 e #005 erano pas-sate sotto le gestione del Mecom Racing Team, creato dal 23enne John W. Mecom Jr. con l’appoggio del padre, un potentissimo e in-� uente ’petroliere’ texano. Il Me-com Racing Team è stato per anni colonna portante delle corse USA ad alto livello e già all’epoca era in grado di gestire alcuni tra i più va-lidi piloti americani: Roger Penske, A.J. Foyt, Dick Thompson, Jim Hall (futuro animatore della Chapar-ral), Augie Pabst e John Cannon. Con le spalle protette, Arkus-Dun-tov non ha esitato a continuare ad occuparsi in pieno delle tre Cor-vette Grand Sport, utilizzando un settore del Technical Center della GM, a Warren, nello Stato del Mi-chigan. Le auto erano destinate a prendere parte al ‘Nassau Speed Weeks’, gara di chiusura della sta-

    gione americana, che si svolgeva ai primi di dicembre su un veloce circuito stradale di 7,2 km nelle vi-cinanze di Nassau, e considerata una sorta di resa dei conti tra tutte le più importanti scuderie USA. Equipaggiate con il motore 6.2 a carburatori, le Grand Sport hanno dominato due delle tre gare alle quali erano state iscritte e soprat-tutto sono apparse nettamente più veloci delle Shelby Cobra Ford, con un vantaggio di circa 10” al gi-ro. Insomma, successo totale di un progetto nato in clandestinità, mentre per Zora Arkus-Duntov nessun ringraziamento ma… l’or-dine (questa volta perentorio) di troncare i rapporti con il Team Me-com!Le Grand Sport hanno continuato a calcare le scene americane in forma totalmente privata, com-prese le #001 e #002 che erano state trasformate in roadster, e an-che a vincere, nonostante l’assen-za di sviluppo. Per la General Mo-tors e la Chevrolet una incredibile occasione persa, per la Ferrari ma anche per la Cobra Ford, la � ne di un incubo.

    Il responsabile del progetto ‘Corvette Grand Sport’, l’ingegnere Zora Arkus-Duntov assieme ai piloti Augie Pabst (alla sua destra) e Roger Penske. Dicembre 1963, Circuito di Nassau (Bahama): due delle tre Corvette Grand Sport del

    Mecom Racing Team per le tre gare previste: la n. 80 (#005) per Thompson e la n. 50 ancora per Thompson e Penske; in tuta bianca, il pilota Pabst.

    Non era rivoluzionario, il telaio della Corvette Grand Sport, con tubi di grandi dimensioni, ma era e� cace e razionale. Il progetto prevedeva la costruzione di almeno 100 vetture per l’omologazione: ovvio quindi ipotizzare anche un utilizzo stradale del modello.


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