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Date post: 23-Mar-2016
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Anno 2 Numero 4 - € Zero Gianmaria Fontana di Sacculmino Guido Maraspin GIORNALE DELL’ECOMUSEO COLLI DEL TEZIO Il Fuseum di Monte Malbe Foto GFdS/Archivio Fondazione Ecomuseo Presidente Fondazione Ecomuseo Colli del Tezio ONLUS Pubblicista Freelance
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Periodico di Informazione e Cultura del Territorio Il Gruspigno, un giornale per il territorio GIORNALE DELL’ECOMUSEO COLLI DEL TEZIO In questo numero Il nostro territorio: Corciano .............................. 2 Le prospettive ......................................... 3 Il personaggio ......................................... 3 Il nostro territorio - archeologia .......................... 4 Il nostro territorio - cultura: spettacolo al Fuseum .......... 5 Il nostro territorio - la natura ............................ 6 Le Scuole e l’Ecomuseo ................................. 7 Spazio Ecomusei ....................................... 7 La ricetta di Cespo ..................................... 8 www.ecomuseo.eu La nuova vita del Fuseum nel segno dell’arte Anno 2 Numero 4 - € Zero Il Fuseum di Monte Malbe Foto GFdS/Archivio Fondazione Ecomuseo L’idea di valorizzare questo nostro territorio e’ venuta ad alcuni di noi parecchi anni orsono, poco meno di una decina. All’inizio, i passi furono “tardi e lenti”, come recita un bel madrigale di Claudio Monteverdi, ma via via le cose ci apparvero sempre più chiare. Si passo’ dal collaborare con la 4° Circoscrizione, allora mirabilmente condotta da Nando Staccini, alla gestione della Pro Loco, riuscendo a costruire un protocollo d’intesa tra i tre Comuni, Perugia, Corciano ed Umbertide, che amministrano questa porzione di territorio. La Pro Loco, essendo limitata territorialmente e legata al solo Comune di Perugia, risulto’ essere poco adeguata e si penso’ ad una nuova formula che offrisse il maggior numero di vantaggi col minor rischio, considerate anche le “pericolosità’” che un’attivita’ territoriale comporta. (segue alla pagina successiva) Gianmaria Fontana di Sacculmino Presidente Fondazione Ecomuseo Colli del Tezio ONLUS Nelle sue memorie, il grande genio della débris art Brajo Fuso, racconta con particolari interessanti (particolori, si potrebbero definire) alcune delle direttrici del sistema creativo e del metodo artistico che gli erano proprie, processi fisici fin quasi magmatici, in cui è immersa la sua vena eccentrica, apparentemente stravagante e inusitatamente ambigua, oscillante con divertita sagacia tra simbolo e materia. Racconta Fuso nella sua autobiografia: “Strizzavo il colore dal tubetto e non con i pennelli ma aiutandomi anche molto con le dita, costruivo strani personaggi e anche delle figure. Un giorno mi capitò tra le mani un barattolo che conteneva vernice gialla... Afferrato il barattolo feci scendere su una tavola di legno rivoli e fili di colore: lo facevo andare in lungo e in largo, a girotondi. Il giorno dopo mi procurai altri barattoli: un rosso, un nero, un verde, un celeste. Perfezionandomi sulla distribuzione del colore lo feci scendere da un bastoncello appuntito buttandolo sopra al giallo del giorno prima; iniziai col rosso, poi ci passai il verde e il nero. Aspettai un’oretta prima di colarci il celeste...”. E’ a questo “giallo” che si potrebbe far risalire l’idea narrativa di Domenico Madera, attore e regista, che ha allestito con la compagnia LE ONDE negli spazi ri-aperti del Fuseum, lo scorso sabato 18 luglio, lo spettacolo “Giallo al Fuseum”, affiancato sulla scena da Daniele Celli e Alessia Rosi. In realtà non è proprio così. Il salto il-logico, per così dire il link metalinguistico tra gli eventi proposti dal programma di “Un Parco… da favola”, rassegna di spettacoli teatrali e laboratori per bambini (tra i 5 e i 12 anni) messa “in campo” è il caso di dire, dall’assessorato alle politiche culturali e giovanili del Comune di Perugia in collaborazione con il Centro per la scienza POST e la Fondazione Ecomuseo Colli del Tezio - per la promozione di una cultura ambientale e scientifica fin dalla giovanissima età - con i personaggi colorati strizzati dal tubetto del giallo di Fuso, appare un po’ forzoso, se non del tutto improbabile. D’altra parte non si può nemmeno negare che in qualche modo, in qualche luogo del mondo (perché non il Fuseum?) deve essersi prodotta la teoria che “Giallo chiama Giallo”, come la piece messa in scena sabato ha sancito in maniera “perfetta”, con una dimostrazione scientificamente riuscita. Di questo “nuovo” giallo (ancora in vitro per il momento) ne parla Madera, che recita la parte di un menestrello, spostando nettamente il punto di vista e perfino l’oggetto: “Cosa può succedere dentro ad un cassonetto o in una discarica? Cosa mai si dicono un pezzo di ferro buttato e un rifiuto organico? (segue a pagina 5) La Fondazione Ecomuseo Cosa, come, perché Guido Maraspin Pubblicista Freelance
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Periodico di Informazione e Cultura del Territorio

Il Gruspigno, un giornale per il territorio

GIORNALE DELL’ECOMUSEO COLLI DEL TEZIO

In questo numeroIl nostro territorio: Corciano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2Le prospettive. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3Il personaggio. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3Il nostro territorio - archeologia. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4Il nostro territorio - cultura: spettacolo al Fuseum. . . . . . . . . . 5Il nostro territorio - la natura. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6Le Scuole e l’Ecomuseo. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7Spazio Ecomusei. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7La ricetta di Cespo. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8

www.ecomuseo.eu

La nuova vita del Fuseum nel segno dell’arte

Anno 2 Numero 4 - € Zero

Il Fuseum di Monte MalbeFoto GFdS/Archivio Fondazione Ecomuseo

L’idea di valorizzare questo nostro territorio e’ venuta ad alcuni di noi parecchi anni orsono, poco meno di una decina. All’inizio, i passi furono “tardi e lenti”, come recita un bel madrigale di Claudio Monteverdi, ma via via le cose ci apparvero sempre più chiare. Si passo’ dal collaborare con la 4° Circoscrizione, allora mirabilmente condotta da Nando Staccini, alla gestione della Pro Loco, riuscendo a costruire un protocollo d’intesa tra i tre Comuni, Perugia, Corciano ed Umbertide, che amministrano questa porzione di territorio. La Pro Loco, essendo limitata territorialmente e legata al solo Comune di Perugia, risulto’ essere poco adeguata e si penso’ ad una nuova formula che offrisse il maggior numero di vantaggi col minor rischio, considerate anche le “pericolosità’” che un’attivita’ territoriale comporta.

(segue alla pagina successiva)

Gianmaria Fontana di Sacculmino Presidente Fondazione

Ecomuseo Colli del Tezio ONLUS

Nelle sue memorie, il grande genio della débris art Brajo Fuso, racconta con particolari interessanti (particolori, si potrebbero definire) alcune delle direttrici del sistema creativo e del metodo artistico che gli erano proprie, processi fisici fin quasi magmatici, in cui è immersa la sua vena eccentrica, apparentemente stravagante e inusitatamente ambigua, oscillante con divertita sagacia tra simbolo e materia.

Racconta Fuso nella sua autobiografia: “Strizzavo il colore dal tubetto e non con i pennelli ma aiutandomi anche molto con le dita, costruivo strani personaggi e anche delle figure. Un giorno mi capitò tra le mani un barattolo che conteneva vernice gialla... Afferrato il barattolo feci scendere su una tavola di legno rivoli e fili di colore: lo facevo andare in lungo e in largo, a girotondi. Il giorno dopo mi procurai altri barattoli: un rosso, un nero, un verde, un celeste. Perfezionandomi sulla distribuzione del colore lo feci scendere da un bastoncello appuntito buttandolo sopra al giallo del giorno prima; iniziai col rosso, poi ci passai il verde e il nero. Aspettai un’oretta prima di colarci il celeste...”. E’ a questo “giallo” che si potrebbe far risalire l’idea narrativa di

Domenico Madera, attore e regista, che ha allestito con la compagnia LE ONDE negli spazi ri-aperti del Fuseum, lo scorso sabato 18 luglio, lo spettacolo “Giallo al Fuseum”, affiancato sulla scena da Daniele Celli e Alessia Rosi. In realtà non è proprio così.

Il salto il-logico, per così dire il link metalinguistico tra gli eventi proposti dal programma di “Un Parco… da favola”, rassegna di spettacoli teatrali e laboratori per bambini (tra i 5 e i 12 anni) messa “in campo” è il caso di dire, dall’assessorato alle politiche culturali e giovanili del Comune di Perugia in collaborazione con il Centro per la scienza POST e la Fondazione Ecomuseo Colli del Tezio - per la promozione di una cultura ambientale e scientifica fin dalla giovanissima età - con i personaggi colorati strizzati dal tubetto del giallo di Fuso, appare un po’ forzoso, se non del tutto improbabile.

D’altra parte non si può nemmeno negare che in qualche modo, in qualche luogo del mondo (perché non il Fuseum?) deve essersi prodotta la teoria che “Giallo chiama Giallo”, come la piece messa in scena sabato ha sancito in maniera “perfetta”, con una dimostrazione scientificamente riuscita. Di questo “nuovo” giallo (ancora in vitro per il momento) ne parla Madera, che recita la parte di un menestrello, spostando nettamente il punto di vista e perfino l’oggetto:

“Cosa può succedere dentro ad un cassonetto o in una discarica? Cosa mai si dicono un pezzo di ferro buttato e un rifiuto organico? (segue a pagina 5)

La Fondazione EcomuseoCosa, come, perché

Guido MaraspinPubblicista Freelance

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Anno 2 Numero 4

2 Il Gruspigno

Immerso nel verde di monte Malbe, l’eremo di San Salvatore di Monte Malbe, (e non eremo del Sasso che si trova altrove), meglio conosciuto come “Romitorio”, conserva intatti il fascino e l’intimità dell’antico luogo. L’eremo venne costruito sul fianco nord del monte, a circa 520 metri s.l.m., in un luogo, al mattino, toccato dal sole prima della valle sottostante, ma alquanto esposto ai gelidi venti di tramontana.

Un documento conservato nel monastero di Fonte Avellana ricorda come giorno di consacrazione della piccola chiesa il 22 febbraio e la sua dedicazione ai santi Salvatore, Maria, Giacomo, Cristoforo e Nicola; incerto, però, è l’anno. Nel 1139 l’eremo è comunque annoverato tra i beni della congregazione del monastero di Santa Croce di Fonte Avellana, nella Diocesi di Gubbio. Frequentato in seguito dai cosiddetti “fraticelli”, noti anche con l’appellativo di “fraticelli eretici”, e successivamente dai frati francescani di Perugia, nel 1507 tornò in possesso dei monaci di Fonte Avellana. Nel 1523 fu aggregato agli olivetani di Monte Morcino, fino alla metà del XVI secolo quando tornò ancora in mano degli avellaniti. Nel 1569, anno in cui la congregazione venne soppressa, fu declassato da priorato a semplice commenda. Alla fine dell’Ottocento il complesso era ancora annoverato tra le spettanze del Seminario vescovile finché, già al principio del XX secolo come beneficio semplice, viene acquistato da un possidente locale.

Arrivarci è facile: basta affidarsi alla fitta rete di sentieri che attraversa monte Malbe. L’itinerario più agevole è certamente quello che da Corciano sale verso Colle della Trinità: lasciata la via principale ci si immerge all’ombra di querce e “lellaroni”, che ci accompagnano, passo dopo passo, proprio fino al monastero. Raggiungerlo, vederlo comparire a poco a poco tra gli alberi del bosco, è ogni volta una forte emozione; soprattutto per coloro che agli inizi degli anni Settanta del secolo scorso lo videro ridotto ad un cumulo di materiali ricoperti di erbacce. Entrando dall’unico ingresso della struttura, si accede ad una corte nella quale si aprono le stanze del monastero; una quiete quasi innaturale ci riporta indietro nel tempo a quando gli stessi ambienti erano adibiti a refettorio, a salone del capitolo e ad uso conventuale. In fondo al cortile vi è la piccola chiesa a pianta rettangolare, con abside semicircolare e sottostante cripta. Costruita probabilmente già nell’XI secolo, venne completamente ristrutturata tra XIV e XV secolo. L’unica navata fu divisa in due campate da un grande arco di rinforzo e la vecchia copertura a capriate venne sostituita da una volta a botte, nella prima campata, e da una volta a crociera nella seconda.

Stando alle descrizioni riportate nelle visite pastorali, essendo questo un piccolo eremo di montagna, nella chiesa non vi furono mai arredi di elevato valore e pregio artistico. Più volte i vescovi, nei loro rescritti, ordinarono rifacimenti e aggiustamenti o, più semplicemente, invitarono i monaci a tenere la porta chiusa visti i palesi segni di “bivacchi di animali”; oppure di mettere i vetri alla finestra “perché entra ogni sorta di volatile”. Nell’unico altare vi era una tavola con la Madre di Cristo e santi, sostituita poi da una tela con il Salvatore in gloria tra i santi Lorenzo, Francesco, Giuseppe ed Agostino e, lungo la navata, presso la porta, di ingresso un affresco con San Sebastiano di fattura locale della seconda metà del XV secolo

(bottega di Bartolomeo Caporali), oggi appena leggibile. Questa pittura recava nella cornice un’iscrizione della quale, all’inizio del Novecento, si scorgevano solo le ultime sillabe di una parola terminante in “MANO”.

Un’acquasantiera in pietra serena era effigiata con l’arme della comunità di Corciano con ai lati le lettere “D. R.”. Fu grazie alla sensibilità ed alla passione degli attuali proprietari che il complesso, pietra su pietra, con fedeltà e rigore, intorno alla metà degli anni Settanta, venne riportato all’antico splendore.

Il 9 novembre 1977, giorno dedicato al SS. Salvatore, venne celebrata la riconsacrazione della chiesa e l’inaugurazione del Romitorio, che ritornò ad essere, come in passato, punto di riferimento per preghiera e meditazione

Alberto TrombettaUfficio Cultura e Turismo

Comune di Corciano

Periodico dell’Ecomuseo Colli del TezioRedazione: strada Pieve Petroia 20, 06133 PerugiaAnno 2 n° 4 - Luglio/Agosto 2009Registrazione Tribunale di Perugia N. 32/2008 del 31/10/2008 Editore: Assoc. Amici dell’EcomuseoPosta elettronica: [email protected] internet: www.ecomuseo.euDirettore Responsabile: Filippo CostantiniComitato di Redazione: Filippo Costantini, Aruna Fontana di Sacculmino,

Fabio Pippi, Nando Staccini,Renzo Zuccherini, Hanno collaborato a questo numero: Antonio Brunori, Claudio Giacometti, Guido Maraspin, Laura Matacchioni, Maurizio Matteini Chiari, Silvia Mucci, Walter Pilini, Ermanno Polla, Sergio Sacchi, Alberto Trombetta Disegni di: Angelo Speziale, Giovanni TribbianiProgetto Grafico: Agosta&NutiniImpaginazione: F. CostantiniTipografia: Graphic Masters - PerugiaQuesto numero è stato stampato in 5.105 copie

Il Gruspigno

La Fondazione Ecomuseo. Cosa, come, perché

IL TERRITORIO - CORCIANO

(segue dalla prima pagina) Ci vennero in aiuto un famoso legale ed un notaio, entrambi milanesi, che assieme avevano inventato qualche anno prima una formula di particolare importanza che faceva perfettamente al caso nostro: la Fondazione di Partecipazione. Si tratta di un modello di fondazione che alle prerogative della fondazione somma quelle dell’associazione e che consente, specie nel campo dei beni culturali, la positiva collaborazione tra il settore privato (co-fondatori, aderenti e sostenitori) e gli enti pubblici territoriali (Regioni, Comuni, Provincie ecc.) e lo stesso Stato.

Non è una nuova tipologia ma nasce dall’inter-pretazione degli articoli 12 e 1332 del Codice Civile combinati con l’art. 45 della Costituzione che riconosce e promuove la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. L’art. 12 CC, oltre alle associazioni e fondazioni, fa riferimento ad “altre istituzioni di carattere privato” ed offre così la possibilità di costituire delle entità diverse dalle associazioni e dalle fondazioni aventi comunque il diritto ad ottenere la personalità giuridica privata purché in possesso dei requisiti necessari. L’art. 1332 CC fa invece riferimento ai “contratti aperti”, che sono quei contratti in cui agli originari contraenti se ne possono aggiungere altri anche dopo la conclusione del contratto.

Lo Stato, le Regioni, gli Enti Pubblici ed i privati possono quindi partecipare all’iniziativa come fon-datori o aderirvi successivamente, senza bisogno di

modificare lo statuto ed hanno facoltà di nominare i loro rappresentanti nel Consiglio di Amministrazione secondo le indicazioni dello Statuto. I soci sono ripartiti in tre categorie: fondatori, aderenti e sostenitori.

I fondatori sono privati, aziende o Enti finanziatori che contribuiscono in modo significativo a dotare la fondazione dei mezzi necessari per raggiungere i propri scopi. Gli aderenti ed i sostenitori versano somme di denaro una tantum o annuali o, ancora, donano beni materiali od immateriali contribuendo in modo determinante alla sopravvivenza dell’ente; aderenti e sostenitori si riuniscono nell’Assemblea di partecipazione che fornisce parere consultivo sui bilanci oltre a proposte per la programmazione dell’attività. L’assetto patrimoniale è composto da un Fondo Patrimoniale in senso stretto ed un Fondo di Gestione, utilizzabile per l’attività corrente e la gestione della fondazione. Per fare un esempio con questo strumento si può dar vita ad un museo con il contributo di enti pubblici proprietari di collezioni, di privati proprietari di beni d’interesse artistico che desiderassero devolverli a fini filantropici o che fossero disposti a sostenere l’iniziativa con contributi anche di modesta entità e con un gruppo di volontari che fossero disposti a prestare la loro opera. Ecco quindi, come questo modello giuridico è in grado, pur conservando un irrinunciabile elemento di autotutela, di coinvolgere le parti della comunita’ pubbliche e private che abbiano un attivo interesse alla finalità di valorizzare questo territorio

L’Eremo di San Salvatore di Monte Malbe

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Il Gruspigno 3Luglio/Agosto 2009

“So partito per la guerra il 3 de gennaio del ‘41, so stato mandato ad Ancona al 93 fanteria. Lì semo arrivati a Chiara-valle con gli anziani, poi gli anziani sono andati in Jugoslavia e noi a fa l’campo a Fabriano, dove ce n’segnavano a tirà. L’27 agosto semo arrivati a Bari, semo m’barcati e semo sbarcati a le bocche de Cattaro chiamate così perché è n’pezzo de mare ristretto, è come na fortezza. Anche nella prima guerra mondiale era tenuto come un riparo, un posto de sicurezza. Sem partiti da Cattaro, semo andati a Gracovo e lì em trovato da fa. Semo arrivati e semo subito stati accerchiati.

Siccome la mì compagnia era de rinfor-zo e andava dove c’era bisogno e sicché venivon gli apparecchi a portà l’sale, toc-cava gillo a pijà: c’eran quattro carri ar-mati piccoli e semo passati n’mezzo a due de questi che tiravon per andà a prende stì sacchetti de sale. L’2 de dicembre n’vece, dovevamo arrivà su un forte che era de la prima guerra mondiale, dovevamo andà lassù a vedè se c’erano i ribelli (ndr gli slavi) e n’vece l’em trovati prima.

E lì è stato n’giorno brutto. Rignicoli che era stato n’licenza, ch’era n’ragazzo tanto bravo tanto bono, ha preso na fucilata, gli hanno aperto la pancia ma non gli hanno toccato i budelli. L’portaferiti che era uno de Perugia, un certo Sperandio e uno de Modena Monari l’han preso ma pel portallo via han ferito Monari. A Monari na pallottola de rim-balzo gli ha preso ta l’elmetto, gli ha fatto n’buco ta la fronte. Allora Sperandio ha carcato Monari e ha lasciato gì Regni-coli e Regnicoli è rimast t’lì. Sarà morto.

Dopo l’primo attacco l’capitano ha chia-mato la prima squadra avanti e Capriotti era de la prima squadra. Non ha fatto manco dieci metri e Capriotti è morto. L’capitano doveva pensà ad artornà, no a gì avanti che nn’era caso. Questa è n’opinione mia: se tiravon da tutte le parti dove dovevamo gì? A la sera semo arrivati giù coi feriti ma l’peggio era sto Monari che gli evon abozzato la testa. Lì ce semo stati dal 2 al 26 dicembre. L’26 so arrivati i rinforzi e semo arpartiti ma eravamo affamati. A me m’era venuto a trovà n’paesano ma più che paesano semo arrivati n’sieme, em fatto i birichini n’sieme. Lui era calzolaio. M’è venuto a trovà, m’ha portato i fichi secchi, m’ha portato n’po’ de biscotti e poi me so ad-dormentato ch’ero morto. L’giorno de Natale gli ufficiali han fatto le pagnotte de granturco e ce ne hanno date una per una e poi un pezzetto de carne de mucca, ma piccolo, nn’era niente. Allora io me so fatto dà l’pastrano (ndr cappotto) da

Fiorenzoni so gito a macinà l’granturco coi sassi e poi ne ho fatte due saccocciate e l’giorno de Natale l’em fatto bollì. Em cavato la fame n’quel modo”.

Luigi Pippi torna dal fronte nel ‘44 e viene assunto come dipendente ad Antognolla, in qualità di muratore. Lì Gigino conoscerà anche la Sandra con cui non molto tempo dopo conv-olerà a nozze. La fine della seconda guerra mondiale farà chiudere i bat-tenti alla società mezzadrile e spingerà i contadini a cercare lavoro come operai all’interno delle fabbriche. I ricordi della guerra rimarranno im-pressi nel cuore e nella mente di Lu-igi che, nonostante l’età, ancora non dimentica le vite spezzate, le fughe rocambolesche, i luoghi attraversati, la paura, il dolore per la perdita un amico, gli scampoli di gioia strappati all’atrocità dei bombardamenti, la solidarietà che si respirava tra i suoi compagni al fronte

Silvia Mucci Antropologa

IL PERSONAGGIO - IL RACCONTO DEL SIGNOR LUIGI PIPPI DI ANTOGNOLLA

Nella cronaca dal fronte i drammi della guerra

Si è giunti a sostenere, nel precedente numero de “il gruspigno” che tanto una effettiva coscienza del luogo in cui si vive, quanto il costruire collet-tivamente un modello appropriato (coerente) e sos-tenibile di sviluppo quanto, infine, la definizione consensuale di uno statuto del luogo stesso devono essere considerati come i terminali di tre fasi pre-cise e specifiche con cui arriva a maturazione un autentico “progetto locale”. A che serve mettere insieme consapevolezze, azioni condivise e codici valoriali “a futura memoria” e nell’interesse di tutti e di nessuno allo stesso tempo? Serve a porre delle basi meno fragili di quelle attuali al perseguimento di una convivenza civile. Aiuta, cioè, a comporre e fors’anche a rimuovere del tutto molti di quei con-flitti e di quelle contraddizioni che appesantiscono l’agire della istituzioni e allontanano le persone dalla politica vissuta nel senso pieno e bello del termine.

Si noti che, oggi, parte dei conflitti e delle contradd-izioni derivano sempre più spesso anche da istinti di conservazione e comportamenti di autolegittimazi-one, ancorché involontari e inconsapevoli, da parte proprio delle istituzioni politiche e amministrative locali: la preoccupazione primaria di queste ultime, infatti, appare sempre più quella di frenare o con-trastare la domanda sociale di innovazione e il fabbi-sogno di strumenti di confronto all’altezza dei tempi (nell’età di Internet e di Facebook). Consideriamo, ad esempio, il caso delle circoscrizioni municipali.

Queste erano state intese e proposte anche come ambito di pre-selezione di tematiche di interesse per l’intera comunità cittadina: quando bloccare una strada per la festa del quartiere comporta interrom-pere il transito intraurbano; o quando un aumentato carico di residenti richiede il reperimento di aree di sosta e parcheggio, spazi ludici e altri luoghi attr-ezzati per impedire un effetto a catena di sovracca-rico nei quartieri vicini. Col tempo sono sembrate diventare più istituzioni di presidio politico e di ammorbidimento di rivendicazioni suscettibili di trasformarsi in proteste elettorali e abbandonare così un ruolo di palestre di sperimentazione, in am-biti più delimitati, di nuovi “giochi” partecipativi.

Il loro ruolo si è isterilito in attività di regolamen-tazione in un contesto formale consolidato e non hanno raccolto la sfida di fungere da strumenti di regolazione in uno scenario da ricostruire anche con la partecipazione diretta dei protagonisti locali. Peraltro, il molto che pure è stato fatto è dipeso più dal protagonismo di pochi che da un soddisfacente funzionamento “medio” delle stesse. D’altra parte, proprio il dibattito sul numero ideale di circoscriz-ioni e problematiche connesse non ha suscitato nella cittadinanza particolari emozioni e convinte atten-zioni: disinformazione? Chiusura nei recinti dei pro-pri particolari interessi? O diffidenza nei confronti di una discussione pilotata dall’alto e incanalata in canali obbligati e fuorvianti: quante circoscrizioni per ridurre i costi senza perdere in (bassa) qualità di vita civica? O non piuttosto un sintomo della necessità di far affluire nuova linfa vitale, in nuo-vi spazi e con nuove regole e meglio se dal basso.

E’ questa la sfida che attenderà, tra le altre, anche la ex 4.a Circoscrizione e soprattutto i suoi quasi 15 mila abitanti. Che si rinnovino le circoscrizioni o si introducano i comitati le scelta sarà più radi-cale che mai: rinunciare a dare veste autonoma, per quanto possibile, alla elaborazione programmatica del lavoro oppure rispondere in modo moderno ad

una domanda latente di coinvolgimento anche se in forme ancora troppo individualiste e contingenti.

In effetti, nell’epoca delle crisi delle appartenenze, dell’appannamento delle identità e dell’insofferenza per le forme più appassite della politica un progetto lo-cale che valorizzi, per quello che sono effettivamente, le forme di lavoro autonomo, i lavori artigiani, i nuclei di piccola impresa e tutto ciò che può rientrare nella più generale nozione di “tessuto produttivo moleco-lare” può anche suscitare diffidenza e perplessità sia in autorità di governo assuefatte a modalità di esercit-are quel governo in forme tradizionali e inadeguate sia nelle popolazioni avvezze a delegare o comu-nque sfiduciate per cumulo di esperienze pregresse.

Ma diffidenza e perplessità devono essere supe-rati come pre-condizione per avviare quel percorso - che costituisce il filo conduttore di queste rifles-sioni a misura di “gruspigno” - finalizzato alla elaborazione di statuti propri, al consolidamento di canali di conoscenza e di legami fiduciari tra le imprese e all’esercizio di spazi di autogestione “in-digena” per dare respiro, dignità e prospettive di sostenibilità al proprio progetto di sviluppo: uno sviluppo del quale fanno pienamente parte, col loro carico di memorie e di valori, le esperienze di mercati a chilometri zero, le cene delle nonne, gli spazi di convivialità “glocale”, in cui le risorse ali-mentari del luogo mostrano la loro flessibilità nel permettere il confezionamento di cibi del mondo, il recupero di un rapporto con le cose e con gli stru-menti e il rinnovarsi di una memoria degli oggetti.

Per questa via, nella società locale, si recuper-erebbe persino il senso del lavoro: accorciando le distanze, ove possibile, tra lo spazio del produt-tore e quello del consumatore, tra la dimensione del raccontare e quella dello sperimentare, in un contesto di conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro, di liberazione dalle regole dei valori di scambio e di scoperta di una rinnovata ca-pacità di governo dei valori d’uso delle cose

Superare diffidenze e perplessità per uno sviluppo di ampio respiro del nostro territorio

Sergio SacchiDocente di Economia

Università degli Studi di Perugia

IL TERRITORIO - LE PROSPETTIVE

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Il Gruspigno Anno 2 Numero 44

L’orizzonte lontano di Perugia culmina nella rassicu-rante dorsale delle cime gemelle di monte Tezio. Quasi ritagliate nel cielo. Un segno, un riconoscibile perno ter-ritoriale, un limite visivo, ma anche il simbolo della città estesa. Un sicuro confine politico. Di qui e da una serie documentale di indizi topografici, già noti e comunque facilmente rilevabili sul terreno, si è concepita, anni fa, l’idea di uno scavo della sommità del monte. Interessa-va coglierne concretamente, in superficie e più ancora in profondità (l’unico modo possibile), la storia prolungata, delineare possibili configurazioni occupazionali e riscon-trare tracce di frequentazione, insomma interessava la scoperta del vissuto quotidiano di genti che, generazione dopo generazione, erano riuscite nell’intento di mutare l’aspetto originario della cima riconducendolo pressoché alla forma attuale. Quasi plasmandone l’assetto, certo rapportando quest’ultimo alle proprie mutevoli (e diffici-li) situazioni di vita, alla propria sicurezza e continuità.

Quello che oggi visivamente e volumetricamente abbia-mo di fronte è, però, con evidenza, l’assetto residuale di un impegno costruttivo di recinzione della cima che si è gradualmente usurato misurandosi con l’abbandono e con l’involontaria azione combinata degli elementi e dell’uomo. Ne risulta un orizzonte innaturalmente piatto per depositi di terra, che sono andati a colmare gli ampi fossati perimetrali esterni, e per rasature e rovina dei mar-gini di ciglio, in origine verosimilmente rialzati e disposti a protezione dell’area racchiusa all’interno.

Questa la percezione, molto tattile ma anche molto si-cura, di chi professa archeologia sul campo. E poi inte-ressava un’esperienza di scavo in quota, a suo modo di limite, ripagante soprattutto per l’ardua novità dell’im-presa. Ma anche per la sua stessa prevista ciclicità. Volta, quest’ultima, ad ottenere risultati certi, confortati da una sistematica e prolungata attività esplorativa quanto an-

che da riscontri documentali interdisciplinari”.L’antefatto (che replica parole già in un recente passato

pronunciate e scritte) mantiene del tutto inalterato il pro-prio messaggio di attualità. Una attualità che, tuttavia, a chi scrive pare sempre meno percepita e sempre più oggettivamente documentata. Come è nelle aspettative e come deve essere nella strategia di conduzione di un intervento di scavo. Qualsiasi. Qui come altrove.

In particolare, la campagna 2009 si è sviluppata ancora all’interno e a cavallo della recinzione perimetrale ellit-tica che racchiude l’area sommitale di Monte Tezio in-

teressando un tratto sempre più allungato (e allargato) del settore occidentale della cima per una estensione di superficie superiore ormai ai 450 metri quadrati.

Lo scavo ha consentito una sostanziale verifica di quanto già ampiamente acclarato nel corso delle campa-gne 2007 e 2008 ovvero ha ribadito una fase di presenza e di occupazione prolungata, ancorché verosimilmente ricollegabile a cicli stagionali, della cima del monte da parte di un nucleo consistente di popolazione. Tuttavia almeno una differenza pare essersi riscontrata nel corso della campagna 2009. E tutt’altro che marginale. L’oriz-zonte culturale e cronologico, che la compatta generalità dei materiali ceramici rinvenuti nei primi due anni di sca-vo valeva ad assegnare con qualche puntuale attendibilità entro una fase finale dell’Età del Bronzo, fra II e I millen-nio a.C., sembra, sulla scorta di nuovi rinvenimenti, pro-trarsi fino alla prima Età del Ferro. Se così fosse, come peraltro pare probabile (sempre in attesa delle risultanze degli interventi di restauro e di prima documentazione programmati per i prossimi mesi estivi e autunnali), ne scaturirebbe una storia della situazione insediamentale di cima certamente più complessa e articolata. Per quan-to ancora scarsamente documentata. E, dunque, proprio per questo, non ancora circostanziatamente meglio de-finibile. Materiali e cinta, quest’ultima finalmente, oggi, soprattutto evidenziata dal ricorrere di una sorta di pa-ramento esterno ottenuto mediante infissione a terra di grandi lastre di calcare disposte di taglio e destinate al contenimento della spessa muratura retrostante realizza-ta a secco e in terrapieno rilevato, appaiono sempre più come perfettamente coerenti.

Niente, tuttavia, al momento, induce ancora a pensare a mutamenti di destinazione del sito da perno strategico di controllo territoriale, da presidio comunitario e da luogo di stagionale aggregazione di armenti a centro di culto, secondo schemi di continuità occupazionale e di discon-tinuità di ruolo spesso, a congrua distanza di tempo, ri-scontrati in analoghe situazioni d’altura.

Gli unici rinvenimenti non in fase risultano, ancora una volta, imputabili alla frequentazione moderna e attuale della sommità. Non rimane che ribadire, anche in con-clusione come già in apertura, quanto affermato in un recente passato (al solito, da chi scrive). I risultati con-seguiti nel corso della campagna 2009, anche se appa-

iono per molti versi ancora interlocutori (lo scavo è così: comporta procedure e tempi di esecuzione lenti e fasi di docu-mentazione e di studio altrettanto lente), “confermano l’importanza e la peculia-rità del sito consentendo opportunità di ricerca e di documentazione scientifica nuove e di rilevante importanza. Soprat-tutto perché la situazione riscontrata a Monte Tezio sembra proporsi sempre più come una testimonianza archeolo-gicamente non manomessa e non obli-terata nel corso del tempo. Proprio per questo il sito sembra, dunque, sempre più configurarsi come un qualificante ed esemplare modello di struttura insedia-tiva territoriale regionale fra protostoria

e storia”. Lo scavo, da ultimo, proprio perché intende sempre

più proporsi come contributo conoscitivo concreto e non marginale nel quadro dell’importante dibattito scientifi-co che da qualche tempo investe, con il Tezio ed oltre il Tezio, l’intero comparto territoriale a Nord di Perugia, è divenuto ormai coinvolgente oggetto di studio e soggetto di tesi di laurea molteplici (si veda riquadro a fianco).

L’appuntamento, prima dello svolgersi della quarta campagna di scavo, la cui esecuzione è prevista nell’arco del 2010, è per una pubblica presentazione dei risultati. A

più voci. E per contributi interdisciplinari che valgano ad associare e ad incrociare, in corretta sinergia, competen-ze diversificate e documentazione acquisita. Fra Inverno 2009 e Primavera 2010

Monte Tezio 2009. La terza campagna di scavoIL NOSTRO TERRITORIO - ARCHEOLOGIA

[email protected]

Maurizio Matteini Chiari Docente di Urbanistica del Mondo Classico,

Università degli Studi di PerugiaDirettore della campagna di scavo

Lo scavo, eseguito su concessione rilasciata dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali alla Fondazione Ecomuseo Colli del Tezio, con il supporto logistico della Comunità Montana dei Monti del Trasimeno e sotto la direzione scientifica dell’Università degli Studi di Perugia, ha preso avvio nel 2007. Alla campagna 2009, diretta dal Prof. Maurizio Matteini Chiari del Dipartimento di Scienze Storiche, Sezione di Scienze Storiche dell’Antichità, dell’Università degli Studi di Perugia e coordinata sul campo e nelle attività di laboratorio e di documentazione dalla Dott.ssa Laura Matacchioni della 1a Scuola di Specializzazione in Archeologia, Università “La Sapienza” di Roma, hanno partecipato laureati e studenti dell’Università degli Studi di Perugia: Anna Bitetti, Luana Di Santo, Chiara Forti, Simone Bonvecchio, Simone Cerquiglini, Claudia Ciammetti, Martina Ciliani, Monica De Luca, Emanuel Di Pietro, Marzia Fares, Silvia Formica, Emanuele Gallo, Marco Ghirga, David Giglio, Valentina Lanzone, Carmela Manganiello, Stefano Marotta, Filippo Marsili, Giulia Pelli, Antonella Pizzolla, Eleonora Ponzi, Tatiana Rafficoni, Giammarco Volpi. Hanno in corso tesi di Laurea sullo scavo le studentesse Claudia Ciammetti e Tatiana Rafficoni. La campagna 2009 è stata preceduta e affiancata da una serie di rilevazioni mediante strumentazione GPS e da una serie di azioni di rilievo mediante stazione totale. La generalità di questi interventi è stata realizzata dal Prof. Otello Grassi e dai suoi tirocinanti del Centro “Nicola e Giovanni Pisano” di Perugia, coadiuvati sul campo dalla Dott.ssa Laura Matacchioni. La documentazione finale di scavo è stata curata mediante prese in Laser Scanning dall’Ing. Silvia Grassi. Il programma di Inventariazione informatizzata si deve a Stefano Venturini. Alla Prof.ssa Paola Comodi e alla Dott.ssa Alessia Mignani del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università degli Studi di Perugia è demandato lo studio chimico mineralogico e petrografico dei materiali volto a verificare l’età, le tecnologie produttive, i siti di approvvigionamento delle materie prime e gli eventuali contatti e rapporti con le realtà culturali limitrofe. Infine al Prof. Piero Ceccarelli del Dipartimento di Scienze Biopatologiche Veterinarie dell’Università degli Studi di Perugia e al Prof. Francesco Parillo del Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università degli Studi di Camerino e rispettivi collaboratori (unitamente a Tatiana Rafficoni), è demandato lo studio delle ossa animali. Il restauro dei materiali è curato da Fiorentina Cirelli, San Giuliano del Sannio, Campobasso, e da Laura Ciani, Perugia. Un ringraziamento, sentito e particolare, va a Stefano Carlini, Fabio Pippi, Giovanna Petrini e Stefano Zerbini.

Laura MatacchioniPrima Scuola di Specializzazione in Archeologia, Università

“La Sapienza” di Roma, coordinatrice della campagna di scavo

Riscoprendo la storia sul Tezio: chi, come e quando

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Il Gruspigno 5Luglio/Agosto 2009

IL NOSTRO TERRITORIO - CULTURA

www.ecomuseo.eu

Lavoriamo insieme per tutelare e valorizzare il nostro territorio!Per il lavoro svolto la Fondazione fa affidamento solamente su risorse private; aiutare la Fondazione con donazioni di ogni tipo significa aiutare il proprio territorio in quanto ogni risorsa viene utilizzata unicamente per le attività di tutela e di valorizzazione. La Fondazione non percepisce alcun utile e svolge la propria opera in modo completamente volontario e gratuito; ciò vuol dire che i fondatori non percepiscono neppure i classici rimborsi per spese come benzina, telefono etc. La Fondazione può ricevere donazioni di qualsiasi natura e valore, da piccoli versamenti in conto corrente postale, a bonifici, donazioni di immobili o eredità. La Fondazione accetta sponsorizzazioni per gli eventi culturali, editoriali che promuove.

Il Codice Fiscale per devolvere il 5 per mille dell’IRPEF alla Fondazione Ecomuseo Colli del Tezio ONLUS è: 941Ø845Ø548

Codice IBAN IT55 O Ø612Ø Ø3Ø88 ØØØØØØØØØ 7Ø9

La nuova vita del Fuseum nel segno dell’arteIn uno spettacolo teatrale il “grido di aiuto” dei rifiuti riempie di “giallo” il tempio dei rottami a Monte Malbe

(segue dalla prima pagina) Questo è il compito dei menestrelli: svelare questo giallo. Dei menestrelli venuti da chissà dove, piuttosto buffi, sbadati ma anche molto speciali, narrano strane vicende avvenute non molto tempo fa all'interno di un cassonetto di rifiuti. Le loro parole prendono forma ed ecco che il pubblico diventa spettatore di una rivolta che nasce dall'impossibilità dei rifiuti di stare tutti in un unico luogo e terminare la loro vita troppo presto. Come può una raffinata bottiglia di champagne finire i suoi giorni vicino ad una buccia di banana in via di decomposizione, ad una fredda lattina o magari ad un tagliente e spigoloso vetro rotto? Come può un foglio di carta scarabocchiato da un bambino e subito

gettato accettare di terminare così presto la sua vita, mentre sente in cuor suo di avere ancora tante energie?

Sta per succedere il peggio (una guerra tra vetri, plastiche, lattine...) quando un saggio rifiuto illumina il pensiero di tutti: la guerra fra i rifiuti, come tutte le guerre, è inutile; molto meglio unire le proprie forze e cercare il modo per parlare con gli uomini e farli ragionare sull'importanza del riciclaggio. Già, ma come fare?!” Fortunatamente – ricorda Madera – i menestrelli hanno una grande qualità: riescono a capire le parole non solo delle persone, ma anche di oggetti e animali ed ecco che si fanno portavoce dei loro amici rifiuti ed insieme convincono il pubblico di presenti a differenziare. Lo spettacolo

Un Parco da Favola 2009, spettacoli teatrali e laboratori per bambini: dal 18 luglio al 16 agosto 2009 Ingresso libero e senza prenotazioneInformazioni: http://turismo.comune.perugia.it/news.asp?id=375

Viaggio sonoro attraverso le immagini che sbocciano nell’ausetra e astratta ispirazione che diventa musica, il disco “Paesaggio Umbro: I Colli del Tezio” nasce dal felicissimo incontro tra la nostra Fondazione Ecomuseo ed un gruppo di formidabili musicisti, figli di questo stesso territorio. E’ possibile ascoltare alcuni brani del cd nel sito www.ecomuseo.eu. Il disco è in vendita da Tarpani, in piazza Matteotti, a Perugia, e online, nel sito http://www.musicamusicaperugia.it

Ad Umbertide - Settembre Umbertidese - 15-30 settembre 2009 Dall'incontro tra un giovane artista-insegnante ed un allievo molto speciale nasce il progetto:CONVERSazIONI - Diversamente Artista/Ugualmente AbileAlessio Biagiotti - Perugia 1974Federico Fontana di Sacculmino - Hainburg 1996Mostra - dibattito Una collaborazione tra il Comune di Umbertide, Sistema Museo e la Fondazione Ecomuseo

Concerto per la presentazione del disco "Paesaggio Umbro - I Colli del Tezio" prodotto dalla Fondazione Ecomuseo Colli del Tezio.Al pianoforte l'autore, Antonio Rossi, al Violoncello Marco Becchetti, all'organetto Giuseppe Fioroni; quartetto d'archi Linea d'Aria, Ensemble vocale Libercantus diretto da Vladimiro Vagnetti, voce solista Valeria Puletti.Luoghi e date sono in fase di definizione ma sarà data ampia notizia.

Due eventi della Fondazione Ecomuseo Colli del Tezioè ricco di trovate sceniche e prevede vari momenti di interazione con gli spettatori che vengono guidati a riflettere su un tema attuale così importante in modo giocoso e divertente. Un “giallo”

educativo assai godibile, adatto ai più giovani ma anche di più ai loro genitori, che in questo genere di cose dimostrano un preoccupante ritardo culturale rispetto ai loro “bambini”!

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Anno 2 Numero 4

6 Il Gruspigno

Il paesaggio della zona dell’Ecomuseo Colli del Tezio e il paesaggio rurale um-bro altro non sono che il risultato di una lunga serie di interazioni tra fattori uma-ni e naturali e il frutto di una serie di at-tività antropiche succedutesi negli ultimi secoli. Negli ultimi decenni il progressi-vo abbandono delle zone meno produt-tive da una parte o la specializzazione agricola (con la scomparsa delle forme di conduzione tradizionali come la mez-zadria), hanno agito sul paesaggio, in diversa misura e per ciascun ambito spa-ziale, trasformandolo profondamente e in maniera rapida e irreversibile.

Già negli anni sessanta Henri Desplan-ques, parlando delle campagne umbre, notava che “Il crollo del sistema mezza-drile rispecchia e materializza il rinnova-mento sociale e culturale della nuova Ita-lia, dove niente è più come prima”, tanto che gli aspetti rivoluzionari di questo mutamento sono stati tali da scuotere e modificare “le persone, le società, i qua-dri naturali e i rapporti sociali e produtti-vi”. Se da un lato l’affermarsi della mez-zadria aveva sapientemente costruito il paesaggio della coltura promiscua “con i filari e gli alberi da frutto in mezzo ai se-minativi”, dove un’agricoltura intensiva

e di sussisten-za non lasciava spazi all’incol-to e stratificava la produzione su livelli so-vrapposti, la specializzazio-ne agricola (af-fermatasi suc-cessivamente grazie allo svi-

luppo della tecnologia e in conseguenza delle nuove regole di mercato), la mec-canizzazione e l’agricoltura estensiva, il mutare quindi degli ordinamenti col-turali ne hanno determinato la disgre-gazione: sono così progressivamente scomparse scarpate e ciglioni, sono state abbattute le grandi querce e ovunque si è diffusa la monocoltura cerealicola.

E’ questo il nesso di causa ed effetto tra il paesaggio e i cambiamenti verifi-catisi all’interno del sistema produttivo agricolo italiano e della struttura sociale del lavoro nelle campagne: abbandono, specializzazione, contoterzismo sono gli elementi caratterizzanti un settore pri-mario fondato sulla logica del profitto e all’interno del quale sembra irrimediabil-mente venuta meno la preoccupazione per “la conservazione e miglioramento di un patrimonio lasciato dalle genera-zioni precedenti”. Con logica opposta ma convergente, il paesaggio agrario subisce anche l’impatto di estesi feno-meni di abbandono dell’attività agricola delle aree marginali (a favore di quelle più fertili e redditizie) e di conseguente rinaturalizzazione da parte del bosco, fenomeni legati al forte spopolamento che ha caratterizzato l’area collinare ne-gli ultimi cinquant’anni, alla debolezza del sistema socio-economico, alle muta-te condizioni di operatività e redditività delle aziende agricole.

In Umbria, d’altro canto, la grande va-rietà di “paesaggi” sembra sopravvivere anche in relazione ai differenziati ambiti subregionali (i bacini quaternari con il loro mosaico di terreni agrari, l’alta col-lina flyscioide, la montagna calcarea). Il territorio è ancora caratterizzato da una molteplicità di aspetti naturali e umani che si integrano mirabilmente tra loro, disegnando un paesaggio di particolare pregio ambientale, ma anche ricco di storia. Piccoli villaggi e ruderi di castelli, arroccati sui fianchi dei monti, scrutano la vallata sottostante solcata da filari di salici e pioppi cipressini che si sviluppa-no lungo un torrente. I diversi appezza-menti dei campi coltivati, dei pascoli e

seminativi sono talvolta an-cora delimitati da stradine di campagna, da siepi naturali e da antichi muretti a secco; al loro interno ogni tanto tro-viamo ancora le querce “cam-porili”, cioè alberi isolati, generalmente querce, lasciati storicamente per il riparo dei pastori e degli animali dal ca-lore estivo. Senza dimenticare la rete di case coloniche distri-buite nel territorio.

Nel territorio dell’Ecomuseo Colli del Tezio, con visione a grande scala, la compresenza di forme vecchie e nuove sem-bra appena percettibile; in par-ticolare la collina rappresenta l’ambito spaziale a più alto tasso di conservazione nella irregolare alternanza di lembi di bosco, oliveti e vigneti, terrazzamenti con muri a secco e campi nudi con querce camporili. Ma per quanto tempo ancora?

Si è qui descritta una serie di aspetti fon-damentali del paesaggio regionale, quelli che ne delineano la sua identità, sia quel-li storico-architettonici che naturalistico-ambientali. Valori “diffusi”, come le querce camporili, le siepi e i filari, esito di specifiche modalità di organizzazione dello spazio rurale e del lavoro umano, sono sempre più minacciate: è in atto una lenta e progressiva scomparsa della rete di muretti a secco presenti in collina e una progressiva rarefazione degli ele-menti “camporili” che formavano il tes-suto diffuso al centro dei poderi, cioè la componente arborea in pianura (querce camporili, viti maritate, alberi di confi-ne), contribuendo alla scomparsa di al-cuni degli elementi principali di varietà del paesaggio rurale.

La qualità del paesaggio agrario rap-presenta una ricchezza per le nostre aree rurali. Le trasformazioni del paesaggio possono incidere sulla capacità di attrat-tiva del territorio e sulle sue possibilità di valorizzazione. Per tale motivo è im-portante essere coscienti di questo patri-

monio, conoscerlo per difenderlo e farlo apprezzare da chi verrà dopo di noi.

In colaborazione con Luana Ilarioni, dottoranda in Arboricoltura,

Università di Perugia

SEGNALACI IL PATRIMONIO RURALE ACCANTO A TE

Invitiamo tutti i lettori de “Il Gruspigno” di mandarci foto, descrizioni e indicazioni su dove trovare alberi monumentali, filari e siepi campestri, muretti a secco, piante da frutto abbandonate, piante di confine, ecc. cioè tut-ti quegli elementi che potrebbero essere valo-rizzate attraverso una semplice ma efficiente manutenzione. Se arriverà un numero adeguato di segnala-zioni, potremo iniziare un’opera di monito-raggio e di salvaguardia del nostro patrimo-nio rurale.

Antonio BrunoriDottore Forestale e Docente a contratto di

“Selvicoltura e Assestamento forestale”Università degli Studi di Perugia

Il quiz ed i risultati sono rimandati al prossimo numero per motivi tecnico-turistici (l’incaricato è in ferie).

QUIZ SUL TERRITORIO

La VignettaG.Tribbiani

IL NOSTRO TERRITORIO - LA NATURA

Querce camporili, muretti a secco, viti maritate: conosciamo il patrimonio del nostro territorio!

“Il giovane cammina più veloce dell’anziano, ma l’anziano conosce la strada”

(antico proverbio sudanese)

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Il Gruspigno 7Luglio/Agosto 2009

Il progetto di “Ecomuseo del Tevere”, nel tratto di territorio del Comune di Perugia (da Solfagnano a San Martino in Campo e Colle; da Civitella d’Arna, Ripa, Pianello, Fratticiola Selvatica, a Ponte Rio, - Monteluce, Porta Pesa -PG), per gli abitanti delle frazioni lungo il fiume Tevere e del paesaggio collinare circostante, può rappresentare una proposta e uno strumento di riappropriazione culturale del territorio in cui si vive e di recupero di un’identità , che rischia sempre più di perdere i suoi connotati più autentici.

L’Associazione “Ecomuseo del Fiume e della Torre”, nata nel marzo 2004, è oggi animata da un centinaio di soci e simpatizzanti, quasi tutti residenti nel territorio del Comune di Perugia (destinato ad Ecomuseo), dopo svariate iniziative tese a valorizzare il Patrimonio Culturale e Naturale del nostro territorio, ha delineato i “contenuti e le linee guida” per la redazione di un “Progetto di Fattibilità dell’Ecomuseo del Tevere”. I “contenuti e le linee guida del progetto” saranno sottoposti alla Comunità (partecipazione - discussione - contributo di idee - schede progetto), con tutti i suoi attori (Istituzioni, Enti di sviluppo, Associazioni, Operatori economici, mondo della cultura e della didattica, singoli cittadini, ecc…).

Il nostro territorio è percorso dal fiume e caratterizzato da un paesaggio ad alto pregio ambientale, è ricco di storia, di tradizioni, di memorie legate strettamente alla storia del Tevere e del paesaggio collinare che lo circonda, che vogliamo recuperare, salvaguardare, ma soprattutto valorizzare, pro-ponendone, con appositi progetti, una gestione a fini turistici e socioculturali: un Paesaggio, una Storia e Memorie che vogliamo trasmettere alle future generazioni, recuperando un rapporto più stretto tra il fiume e la sua città: il Tevere e Perugia. La finalità del progetto, in riferimento alla carta internazionaledegli ecomusei sarà quella di censire e tracciare, come una carta d’identità, il Patrimonio Culturale e Naturale del paesaggio del Tevere sia da un punto di vista storico, che naturale, evidenziando le trasformazioni avvenute nel tempo nei modi d’uso del territorio. L' obiettivo culturale principale è rivolto alla valorizzazione ambientale e socio-economica delle aree mediante la puntualizzazione degli ambiti della memoria storica e la loro identificazione territoriale. Punti programmatici saranno:

- tutela dell’ambiente naturale e culturale storico, conservare, valorizzare le testimonianze più significative del patrimonio culturale ed ambientale del territorio;

- rafforzare l'identità culturale locale, per ridurre il rischio di appiattimento e standardizzazione culturale, creando sistemi di territorio identificabili e definiti;

- accrescere il grado di consapevolezza degli abitanti sul valore del loro territorio;

- contribuire a migliorare la qualità di vita dei residenti entro pratiche sostenibili;

- coinvolgere la comunità locale nei processi progettuali e nella costituzione-gestione dell'ecomuseo;

- promuovere lo sviluppo socio-economico con la partecipazione della popolazione locale, delle categorie economiche e dei vari soggetti produttivi, ricettivi e turistici;

- creare un ambiente culturale attivo e positivo;- attivare un turismo sostenibile ed

integrato con l'insieme delle attività economiche e con gli equilibri della natura;

- internazionalizzare il nostro territo-rio, attraverso azioni di promozione, scambio e comunicazione;

- la didattica: l’ecomuseo, in colla-borazione con le scuole del territorio, dovrà sviluppare un programma di-dattico autonomo;

- la ricerca: la buona conservazione dei singoli reperti (manutenzione) o del patrimonio in generale, si basa su

buone conoscenze tecniche,che il più delle volte sono da riscoprire;- promuovere tesi di laurea e borse di studio presso l’Università di Perugia relative

al territorio dell’Ecomuseo;- mettere in rete e a sistema (gestendo e valorizzando) il ricco patrimonio culturale

ed ambientale, con una visione unitaria altrimenti gestito separatamente.L’Ecomuseo è da intendere dunque come Mappa Culturale (Parish Maps) di un

territorio e della memoria della gente del luogo,delle esperienze vissute nel paesaggio e attraverso le sue trasformazioni.che come le “lettere e i diari”, raccontano le storie umane. Protagonista e costruttore della “Mappa”, sarà la Comunità del territorio dell’Ecomuseo. Per mappa si intende la ricerca, l’individuazione e il censimento di tutte le risorse esistenti: ambientali, paesaggistiche, storiche, architettoniche, archeologiche, artistiche, antropologiche, economiche

Per maggiori informazioni:Associazione “Ecomuseo del Fiume e della Torre”Via Tagliamento, 50 – 06134 - PRETOLA (Pg)

SPAZIO ECOMUSEI

“Ecomuseo del Tevere”Un Territorio, una Popolazione, un Patrimonio

In visita al FuseumUna lezione entusiasmante tra arte e natura

Walter PiliniInsegnante della classe III A della

scuola Primaria di Chiugiana (Corciano-PG)

LE SCUOLE E L’ECOMUSEO

Durante il passato anno scolastico, nella classe III A della Scuola Primaria di Chiugiana (Corciano-PG), è nato quasi casualmente un progetto, nell’ambito delle discipline linguistico-espressive, che ha visto la sua conclusione al Fuseum di Monte Malbe.

Già il titolo, “Incontro con i linguaggi dell’arte”, è orientativo del percorso fatto. Si è trattato di una serie di incontri in classe, quattro per la precisione, con altrettanti amici artisti di ambiti diversi: la poetessa Ombretta Ciurnelli, l’attore teatrale Giacomo Paris, la pittrice Serena Cavallini, il musicista (nonché organologo ed etnomusicologo) Giancarlo Palombini, il quale ultimo ci ha tra l’altro fatto sentire dal vivo la musica delle ciaramelle.

Così bambini e bambine hanno avuto modo di confrontarsi e scambiare idee ed esperienze con artisti “veri”, in carne ed ossa, che si sono materializzati per loro in classe. Ciò ha permesso loro di operare in maniera proficua la sintesi tra l’essere essi stessi produttori e fruitori in presa diretta del fatto artistico. A conclusione dell’interessante percorso, le cui prime ricadute positive sul piano pedagogico-didattico si sono immediatamente rilevate, occorreva trovare un epilogo altrettanto stimolante. Mi è venuta in proposito in aiuto la notizia della (parziale) riapertura al pubblico del Fuseum. Ecco dunque che, dopo una laboriosa serie di contatti telefonici, ho potuto fissare la nostra visita, avvenuta martedì 26 maggio scorso. Bambini e bambine erano stati preventivamente informati sul luogo dove saremmo andati, sull’opera di Brajo Fuso e sulle cose che avremmo trovato. Chi scrive peraltro poteva contare sia su una precedente visita a Monte Malbe, fatta alcuni anni fa (ancora vivente Bettina Fuso, la vedova di Brajo), sempre con una classe di Chiugiana, sia su uno spettacolo cui aveva assistito nello spazio teatrale all’aperto del Fuseum (Per la cronaca si trattava del saggio finale di un laboratorio teatrale estivo in cui recitavano adulti e ragazzi, “Alice nel paese delle meraviglie”, per la regia, se non ricordo

male, di Roberto Biselli, in cui tra gli attori figurava lo stesso Giacomo Paris più sopra menzionato!). C’era da parte mia la preoccupazione che lo stato di degrado delle opere dislocate nel bosco avesse compromesso in parte ai bambini ed alle bambine di apprezzare appieno tutta la capacità artistica e creativa di Brajo Fuso, pur con la certezza che i quadri e gli allestimenti interni avrebbero comunque restituito al Nostro quella dimensione che occupa e che mi aveva convinto della bontà del nostro sopralluogo.

Debbo dire che l’entusiasmo e lo stupore di tutti i piccoli visitatori è stato altissimo, sia per la visita “interna”, sia per quella “esterna”: quest’ultima per di più in breve trasformatasi in una piacevole caccia-scoperta all’opera d’arte nascosta tra la vegetazione. Altrove avremo occasione di rileggere criticamente tutta l’esperienza, anche in vista di stimolanti nuovi percorsi di lavoro; ma l’occasione fornitaci dalla visita ci permette qualche riflessione sul possibile (ed auspicabile) uso didattico del Fuseum. Oltre alla normale funzione museale primaria, ovvero alla possibilità di accesso ai visitatori, credo che le potenzialià per una utilizzazione didattica di questi spazi sia enorme, e non solo legata ad attività laboratoriali di tipo artistico-pittorico.

Il teatro all’aperto, e non solo, può ben diventare il contenitore di eventi estivi. Nelle restanti stagioni gli spazi interni possono essere un ottimo punto di incontro per vari eventi culturali e per tutte quelle attività che un’auspicabile ed incoraggiabile fruizione scolastica di questo luogo delizioso possano suggerire ad insegnanti motivati e creativi

Invito alle associazioniIl Gruspigno, la Fondazione Ecomuseo e gli Amici dell’Ecomuseo rivolgono un caldo invito a tutte le associazioni che come noi credono nella tutela e nella valorizzazione del territorio, a mettersi in contatto con noi per progettare azioni comuni, sinergie in collaborazione, insomma per lavorare assieme nel comune interesse. Scriveteci.

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Riceviamo dalla nostra lettrice e collaboratrice Ida Trotta una ricetta per preparare una gustosa crostata di gruspigni...

La Ricetta di Cespo

La mentuccia è stata considerata da sem-pre un “accessorio” in cucina, un aroma per profumare altri ingredienti. Noi la faremo diventare la “protagonista” preparando con essa un pasto completo, fresco e gustoso. Dopo aver raccolto la mentuccia, lavatela in acqua corrente e mettetela a scolare. Separate le foglio-line dai gambi e pestate parte di esse in un mortaio con mezzo spicchio di aglio, un pizzico di sale ed abbondante olio ex-travergine. Questo pesto sara’ la base per preparare tutte le nostre portate.

Fusilli ricotta e mentucciaCinque minuti prima di scolare la pasta (bella al dente!), sciogliere in una padella larga e antiaderente un poco ricotta fre-sca e due cucchiai di pesto a fuoco lento mescolando lentamente con un cucchiaio di legno. Amalgamare il tutto. Spegnere il fuoco sotto la padella e aggiungere la pasta scolata, una manciata di pepe nero, mezzo mestolo di acqua di cottura e qual-

che fogliolina di mentuccia rimanente

Pomodori alla mentucciaTagliate a metà i pomodori, disponeteli in una teglia, conditeli con sale, olio e abbondante pesto di mentuccia. Unite uno spicchio d’aglio e fateli cuocere per 45 minuti circa a forno moderato. Bru-scate il pane e adagiatevi pomodori con il loro sugo di cottura.

Frittata di mentucciaLa particolarità del piatto è che deve ri-sultare una frittata alta. Unire pesto alle uova sbattute, pepe e sale. Si cuoce, sul fuoco, in padella possibilmente di ferro e di diametro non ampio in modo da far-la rimanere alta; il risultato sarà sorta di torta verde profumatissima. Un piccolo trucco è quello di separare gli albumi, montarli a neve ed incorporarli agli altri ingredienti; possiamo chiamarla frittata soufflè.Cespo augura ai lettori buon appetito!

La mentuccia protagonista in cucina

Anno 2 Numero 4 - Luglio/Agosto2009

La posta dei lettori

Invito ai lettori: dite la vostraL’invito che vi facciamo è quello di seguirci in questo percorso ma soprattutto di farci sapere come la pensate; per noi è molto importante e ne faremo tesoro per migliorare il nostro lavoro; partecipate con noi al Gruspigno e mandateci i vostri suggerimenti, le critiche, le segnalazioni, gli argomenti che vorreste leggere etc.Leggete il Gruspigno online sul sito www.ecomuseo.eu dove lo potete anche scricare in formato PDF.Chi desidera ricevere numeri arretrati del Gruspigno, può richiederli contattandoci via email.

Scriveteci: [email protected] oppure a: Ecomuseo Colli del Tezio Casella Postale 6, 06133 Colle Umberto (PG)

Ingredienti:Per la brisè alle erbe:300 g di farina 00, 100 g di burro freddo a pezzetti, 1 uovo, un pizzico di sale, 60 ml di acqua ghiacciata, un rametto di rosmarino, qualche foglia di salvia Per il ripieno:200 g di bietola, 150 g di gruspigni, 250 g di ricotta, 2 uova, un cucchiaio di par-migiano, una cipollina, un rametto di rosmarino, olio evo, sale e pepe, un uovo per spennellare

Procedimento:Tritate salvia e rosmarino finemente. Impastate rapidamente la farina, sale, le erbe aromatiche, burro, l’uovo aggiungendo man mano l’acqua. Formate un pa-netto e mettetelo a riposare in frigo per un’oretta. Preparate il ripieno, facendo rosolare leggermente la cipollina tritata in poco olio, aggiungete la bietola spez-zetata, fate insaporire e poi aggiungete poca acqua, i gruspigni spezzettati e il rosmarino. Salate, pepate e fate cuocere fino a che la bietola non è completamen-

te spappolata, fate raffreddare dopo aver tolto il rametto di rosmarino. Lavorate la ricotta con le uova e il parmigiano, aggiungete le erbette amalgamando bene. Stendete la pasta e foderate con essa uno stampo per crostate imburrato ed infa-rinato, lasciando un po’ di pasta per la decorazione. Versare sulla pasta il ripieno di zucca, decorate con strisce di pasta come una crostata, spennellate con l’uovo sbattuto e cuocete in forno preriscaldato a 180° per 40 minuti

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Sono nato per ringraziare il soleper avere fremiti dal ventoper essere colp1to dalla pioggiae per ospitare la rugiadaper additare agli uccelli la viaper essere cibo d'insettiper offrirmi saporoso all'apeper essere sradicato dalla tempesta per esserecalpestato dalla corsa del toro per sorprendere l'erba intorno a mecoi miei colori.per sbocciare silenzioso nel teporinoper ritirarmi quando la luce se ne vaper essere'calpestato dall'uomoper offrire i miei petali alla madre terraper cambiare la mia veste e marcire con altre vite a me d'intorno...Sono nato per vivere tutto questo,sono nato per la vita, per non fermarmie invece ho tanto freddomi hanno tolto il solenon ho mai vibrato al ventonon ho mai ospitato la rugiadane' mi ha colpito la pioggia

non mi sono offerto all' apegli uccelli non sanno che esistonon sono pasto d'insettinon conosco la tempesta non sono calpestato dalla corsa degli animaline' dell'uomonon ho erba intorno a me da sorprenderenon posso offrire i miei petali alla terra non ho compagni naturali coi quali marcireho tanto freddo...Sono nato per vivere, sono nato per pulsare,per non fermarmie invece ho tanto freddo...E'sempre buio, sono schiacciato da altri come me... attendo senza rumori di vedere un po' di luceCon il frigorifero hanno fermato il mio cuore.

L’architetto Ermanno Polla ci ha gentilmente inviato una sua poesia che volentieri pubblichiamo Il fiore ibernato

di Ermanno Polla


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