+ All Categories
Home > Documents > Guida Roma Corretta1 - Rome – The Imperial Fora ... · 2 Un’escursione nel centro di Roma: alla...

Guida Roma Corretta1 - Rome – The Imperial Fora ... · 2 Un’escursione nel centro di Roma: alla...

Date post: 15-Feb-2019
Category:
Upload: duongdiep
View: 227 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
16
2 Un’escursione nel centro di Roma: alla scoperta del ruolo chiave della geologia nella storia e nello sviluppo urbano della città. Molte delle caratteristiche dell’ ambiente nel quale Roma si è sviluppata negli ultimi 3000 anni hanno giocato un ruolo positivo nel favorire l’eccellenza di Roma come potenza politica, economica ed amministrativa: la cosiddetta Caput Mundi del mondo antico. Al di là dei fattori antropologici ed etnologici, il favorevole assetto geologico e geomorfologico del futuro sito di Roma favorì lo sviluppo di diversi villaggi arcaici lungo la riva sinistra del Tevere sin dall’inizio del primo millennio a.C. Questi antichi villaggi, che di fatto costituiscono il primo centro proto-romano, vennero realizzati quasi contemporaneamente e molto vicini tra loro: da Nord a Sud si venivano a trovare i siti arcaici di Crustumerium, Fidene, Antemnae ed infine Roma (figura 1). La posizione di tali siti era strategica, essendo questi situati in prossimità di un fiume ed al di sopra di rilievi tufacei dai quali era possibile dominare la piana alluvionale; inoltre, l’abbondanza di sorgenti e la grande disponibilità di rocce e materiali naturali per l’edilizia garantì alla città nascente un rapido sviluppo tecnologico nel campo delle costruzioni e delle infrastrutture. La posizione rilevata, assieme alle particolari condizioni microclimatiche, permise inoltre di evitare l’influenza negativa che le pianure malariche esercitavano a quel tempo lungo il litorale tirrenico. Nei successivi tredici secoli, uno di questi villaggi prevalse progressivamente sugli altri, estendendo il suo potere oltre l’intera regione laziale, e più tardi anche oltre l’Italia, l’Europa ed il Mediterraneo: Roma. Fig. 1 - Ubicazione dei villaggi arcaici lungo il corso del Tevere allinizio del I millennio a.C. Carta geologica del centro storico di Roma; i numeri indicano le soste lungo l’itinerario GUIDA AD UN ITINERARIO GEOLOGICO ATTRAVERSO LA CITTÀ DI ROMA R. Funiciello, G. Giordano, B. Adanti, C. Giampaolo, M. Parotto, L. Balzerano Dipartimento Scienze Geologiche, Università Roma TRE
Transcript

2

Un’escursione nel centro di Roma: alla scoperta del ruolo chiave della geologia nella storia e nello sviluppo urbano della città.

Molte delle caratteristiche dell’ ambiente nel quale Roma si è sviluppata negli ultimi 3000 anni hanno giocato un ruolo positivo nel favorire l’eccellenza di Roma come potenza politica, economica ed amministrativa: la cosiddetta Caput Mundi del mondo antico.

Al di là dei fattori antropologici ed etnologici, il favorevole assetto geologico e geomorfologico del futuro sito di Roma favorì lo sviluppo di diversi villaggi arcaici lungo la riva sinistra del Tevere sin dall’inizio del primo millennio a.C.

Questi antichi villaggi, che di fatto costituiscono il primo centro proto-romano, vennero realizzati quasi contemporaneamente e molto vicini tra loro: da Nord a Sud si venivano a trovare i siti arcaici di Crustumerium, Fidene, Antemnae ed infine Roma (figura 1).

La posizione di tali siti era strategica, essendo questi situati in prossimità di un fiume ed al di sopra di rilievi tufacei dai quali era possibile dominare la piana alluvionale; inoltre, l’abbondanza di sorgenti e la grande disponibilità di rocce e materiali naturali per l’edilizia garantì alla città nascente un rapido sviluppo tecnologico nel campo delle costruzioni e delle

infrastrutture. La posizione rilevata, assieme alle particolari condizioni microclimatiche, permise inoltre di evitare l’influenza negativa che le pianure malariche esercitavano a quel tempo lungo il litorale tirrenico.

Nei successivi tredici secoli, uno di questi villaggi prevalse progressivamente sugli altri, estendendo il suo potere oltre l’intera regione laziale, e più tardi anche oltre l’Italia, l’Europa ed il Mediterraneo: Roma.

Fig. 1 - Ubicazione dei villaggi arcaici lungo il corso del Tevere all’inizio del I millennio a.C.

Carta geologica del centro storico di Roma; i numeri indicano le soste lungo l’itinerario

GUIDA AD UN ITINERARIO GEOLOGICO ATTRAVERSO LA CITTÀ DI ROMA R. Funiciello, G. Giordano, B. Adanti, C. Giampaolo, M. Parotto, L. Balzerano Dipartimento Scienze Geologiche, Università Roma TRE

3

I principali fattori naturali che giocarono un

ruolo strategico nello sviluppo della lunghissima vita di Roma furono:

- la geomorfologia del plateau vulcanico distale, il reticolo fluviale correlato al Tevere ed i relativi depositi alluvionali

- la geologia di superficie ed i materiali naturali

- l’idrogeologia e le condizioni microclimatiche

Assetto geologico La Campagna Romana è una porzione della

costa occidentale dell’Italia Centrale compresa tra la catena appenninica ed il Mar Tirreno (figura 2). La catena appenninica è costituita da un’ unità strutturale complessa formatasi prevalentemente tra il Miocene superiore ed il Pliocene inferiore con una serie di thrusts vergenti verso E-NE. Il settore interno della catena ha subito un progressivo processo di estensione verso Ovest con la formazione del bacino di retro arco tirrenico, dove, dalla Toscana alla Sicilia, a partire dal Pleistocene inferiore si è sviluppato un complesso sistema di apparati vulcanici generalmente a composizione ricca in potassio.

Il paesaggio aperto e pianeggiante della Campagna Romana deve la sua origine principalmente all’evoluzione tettonica e vulcanica quaternaria. Durante il Pleistocene inferiore la costa assunse approssimativamente il suo aspetto attuale, con una regressione da ambiente di mare aperto a continentale. A partire dal Pleistocene medio, sei distretti vulcanici principali eruttarono migliaia di chilometri cubi di magma, con la conseguente messa in posto di un notevole volume di strati ignimbritici che hanno conferito alla regione una morfologia piuttosto dolce.

Il plateau ignimbritico è stato profondamente eroso durante l’ultima era glaciale dal reticolo fluviale del fiume Tevere e dal suo delta. Durante la susseguente risalita del livello marino, tale reticolo fluviale è stato colmato da depositi alluvionali olocenici costituiti da sedimenti sabbioso-limosi non consolidati.

La struttura profonda della Campagna Romana è costituita da alti e bassi strutturali principalmente sovrimposti su thrusts preesistenti con direzione NW-SE, a loro volta responsabili dell’accavallamento delle successioni carbonatiche e terrigene mesozoico-cenozoiche durante l’evento orogenico appenninico.

La successione carbonatica pre-orogenica mesozoico-cenozoica è costituita da calcari e marne deposti nei bacini Toscano e Sabino collocati all’interno della Tetide; al di sopra di tali depositi è presente una copertura terrigena, il flysch Ligure, depostosi per gravità durante le prime fasi dell’orogenesi. Tale successione è strutturalmente

organizzata in una sequenza di ramp e flat, ed è stata intercettata da diversi sondaggi profondi in corrispondenza di alti strutturali a profondità diverse, da un minimo di poche centinaia di metri al di sotto del piano campagna (Via C. Colombo, G.R.A.) ad un massimo di oltre 1300 m al di sotto del piano campagna (Cesano, Circo Massimo).

Lungo il margine tirrenico, la sedimentazione terrigena marina post-orogenica iniziò diacronicamente durante il Messiniano-Pliocene inferiore, al di sopra del basamento meso-cenozoico deformato. Lo sviluppo pre- e sin-deposizionale degli alti e dei bassi strutturali, assieme al rebound isostatico del margine tirrenico che ha accompagnato la transizione dalla fase orogenica a quella post-orogenica, ha dato origine a diversi bacini sedimentari, orientati principalmente NW-SE.

La successione stratigrafica post-orogenica affiora in maniera discontinua lungo il margine della catena appenninica, in corrispondenza di alti strutturali e di corpi magmatici superficiali. Roma è situata lungo uno degli alti strutturali a direzione NW, l’alto di Monte Mario, dove la successione sedimentaria pliocenica di mare aperto è coperta in discordanza dalla successione pleistocenica che mostra la transizione da ambiente di mare aperto (con limi grigi e sabbie gialle) ad facies continentale (conglomerati e sabbie fluvio-deltaiche).

Dopo l’inversione magnetica Brunhes-Matuyama, all’incirca 780000 anni fa, i vulcani dei Monti Sabatini ed il vulcano dei Colli Albani, rispettivamente a NE ed a S di Roma, iniziarono un’attività che perdurò sino al Pleistocene Superiore nel caso del vulcano Sabatino e fino all’Olocene nel caso dei Colli Albani, la cui attività finale ha avuto luogo nel maar eccentrico di Albano. Durante questo intervallo temporale, l’interazione tra vulcanismo, tettonica e variazioni climatiche ha prodotto un’alternanza di fasi erosive e deposizionali, registrate

Fig. 2 – Assetto tettonico del margine tirrenico

4

dalla complessa disposizione dei terrazzi fluviali del Pleistocene Medio-Superiore presenti lungo il corso del Tevere.

La sequenza di blocco-diagrammi della figura 3 mostra i principali eventi paleogeografici nell’evoluzione ambientale e paesaggistica della Campagna Romana durante il Pliocene Superiore.

Pleistocene inferiore (Santerniano-Emiliano): l’area corrispondente alla futura Campagna Romana venne sommersa dal Mar Tirreno a partire dal Pliocene e formò una piattaforma continentale articolata dalla quale emergevano blocchi isolati che formavano vere e proprie isole (Monte Soratte e Monti Cornicolani). L’area fu soggetta ad una trasgressione tra il Pliocene superiore ed il Pleistocene inferiore con una transizione da facies circalitorali a infralitorali che testimonia il progressivo abbassamento del livello marino durante tale periodo.

Pleistocene inferiore (Siciliano/Villafranchiano)-Pleistocene medio p.p.: il dominio marino si estinse progressivamente da Est ad Ovest a causa del sollevamento regionale dell’area e, di conseguenza, il delta del Paleotevere migrò verso SE andando ad occupare l’area romana (Ponte Galeria). Successivamente, la tettonica estensionale produsse un ulteriore sollevamento localizzato lungo la dorsale Monte Mario-Gianicolo ad orientamento NW-SE, con il conseguente spostamento del corso del Tevere ancora più a Sud, parallelamente alla costa.

Pleistocene medio p.p.- Pleistocene superiore: la progressiva strutturazione dei vulcani dei Colli Albani e dei Monti Sabatini, in particolare grazie ad un notevole volume di stati ignimbritici, modificò profondamente il reticolo fluviale. Il corso del Tevere venne ricondotto verso Nord nella posizione attuale, dove, incrociando la dorsale Monte Mario-Gianicolo (probabilmente a causa della cattura da parte di una valle minore collocata lungo il versante occidentale della dorsale stessa) trovò la via verso il mare.

Ultima Era Glaciale: la progressiva riduzione dell’attività vulcanica dei Vulcani Albani e Sabatini, con la conseguente notevole riduzione della produzione dei detriti vulcanici, consentì una forte influenza delle variazione climatiche nell’evoluzione del paesaggio. Durante l’ultima fase di abbassamento del livello marino relativa alla glaciazione Würmiana, la valle del fiume Tevere incise profondamente le successioni vulcaniche e prevulcaniche sino alle unità argillose plioceniche. La Campagna Romana assunse quindi l’aspetto attuale, con la presenza di relitti sospesi del plateau vulcanico tabulare che nell’odierna topografia rappresentano i rilievi di Roma.

Olocene: la risalita del livello marino alla quota attuale ha indotto il progressivo colmamento della valle del Tevere con depositi alluvionali, dando origine alla piana alluvionale limitata ad Ovest dalla dorsale Monte Mario-Gianicolo e ad Est da ciò che resta del margine del plateau vulcanico, i famosi Sette Colli di Roma.

PLEISTOCENE INFERIORE PLEISTOCENE INFERIORE-MEDIO PLEISTOCENE MEDIO-SUPERIORE

ULTIMA ERA GLACIALE OLOCENE

Fig. 3 – Evoluzione dell’area romana a partire dal Plesitocene inferiore (Santerniano - Emiliano)

5

Risorse idriche

Le acque superficiali giocano, ora come nell’antichità di Roma, un ruolo fondamentale sia come risorsa essenziale, sia come fattore di rischio, a causa delle frequenti inondazioni e dei poco salubri impaludamenti ad esse connessi.

La disponibilità di acqua superficiale, chiaramente visibile nella figura 4, è connessa all’assetto idrogeologico di Roma e delle zone limitrofe.

Oltre al Tevere, che rappresenta il livello di base locale, gli acquiferi locali, caratterizzati da portate modeste, sono collocati per lo più nelle formazioni

Fig. 4 – Idrografia di Roma antica e distribuzione delle principali risorse idriche (da Corazza e Lombardi, 1995)

Fig. 5 – Elaborazione digitale della morfologia dell’area romana. a) centro storico; b) campagna romana e vulcano dei Colli Albani

a b

6

vulcaniche e nelle sottostanti successioni clastiche continentali medio-pleistoceniche, per le quali le aree di ricarica idrica sono costituite dagli edifici vulcanici Albani e Sabatini.

Il maggior aquiclude è rappresentato dall’estensione delle argille marine ascrivibili al Pliocene-Pleistocene Inferiore. Ad Est di Roma, la catena appenninica fornisce diverse sorgenti di grande portata associate ai calcari meso-cenozoici permeabili accavallati al di sopra del flysch terrigeno miocenico.

L’importanza che le acque superficiali rivestono per Roma si rileva anche nelle leggende relative alla fondazione della città, secondo le quali Romolo e Remo approdarono presso la futura Roma in una cesta trasportata dal Tevere.

Tali leggende riflettono le relazioni esistenti tra gli insediamenti umani e l’acqua. Il modello digitale dell’area, visibile nella figura 5, mostra un plateau caratterizzato da una lieve pendenza che si estende tra la sommità del vulcano dei Colli Albani ed il corso del Tevere; su tale struttura, l’elemento principale e più recente nella formazione di valli pianure e rilievi è stato senz’altro l’acqua superficiale.

I rilievi sono stati solitamente utilizzati per gli insediamenti, per la costruzione di edifici (grazie anche alle qualità geotecniche delle rocce costituenti i rilievi stessi) data la possibilità per questi di essere difesi, mentre le valli hanno a lungo ospitato soltanto piccole costruzioni non adibite a scopi abitativi a causa della scarsa qualità dei terreni alluvionali nonché

dell’ambiente poco salubre ed inospitale che tali luoghi offrivano.

Studi recenti hanno rivelato che l’ampia piana che si estende in direzione NW dal Lago di Albano verso Roma, la piana di Ciampino, deve la sua origine alla deposizione durante l’Olocene di depositi freatomagmatici e di lahar prodotti dall’attività più recente del maar di Albano.

L’ultimo episodio leggendario di straripamento del lago risale al IV secolo a.C., e di indusse i Romani a scavare un tunnel per drenare le acque del lago; tale realizzazione regola ancora oggi il livello dell’acqua del lago a 70 m al di sotto del bordo del cratere. Successivamente, la piana di Ciampino è stata utilizzata come base per la realizzazione dei grandi acquedotti romani, mutando per sempre la concezione sociale di tale area che si trasformò da fonte di disastrose inondazioni a via principale per l’approvvigionamento idrico della città.

L’espansione dell’antica Roma e la progressiva integrazione tra le cultura romana e quella delle popolazioni conquistate determinò un incremento nella capacità di gestione delle risorse idriche superficiali e sotterranee dapprima su tutto il territorio della Repubblica e successivamente sull’intero Impero, fattore questo che risultò fondamentale per il successo di Roma.

Fig. 6 – Portata complessiva delle fonti idriche e numero di abitanti di Roma durante la sua storia. Si noti il brusco decremento conseguente alla caduta dell’Impero Romano (da uno studio di L. Lombardi).

7

Rischio idrologico La piana alluvionale tiberina e le relative valli

tributarie sono state intensamente urbanizzate soprattutto negli ultimi 150 anni, poiché in tale periodo di tempo si è preferito sfruttare i vantaggi delle morfologie pianeggianti nonostante i ben noti rischi

naturali che avevano tenuto lontano gli insediamenti abitativi umani da questi luoghi per millenni.

Durante l’epoca imperiale, i cittadini di Roma disponevano di una quantità di acqua potabile pro capite pari a quella delle più efficienti (e fortunate) città moderne (figura 6). Tutte le maggiori sorgenti di acqua dell’Appennino venivano captate e condotte verso le case, le terme e le fontane di Roma, tramite la

Fig. 7 – a) frequenza delle inondazioni; b) variazione del trasporto solido del fiume Tevere. Entrambe le serie di dati si riferiscono all’ultimo secolo

a b

Fig. 8 – Evoluzione del delta del Tevere (da Belotti et al., 1995)

~12000 anni fa ~8000 anni fa ~5000 anni fa

Epoca Romana pre-imperiale Epoca imperiale Romana ~1800 anni fa

~400 anni fa

Paludi e lagune Linee di costa e corso del Tevere attuali a) ed antichi b)

Piene del Tevere dal 1900

Live

llo id

rom

etric

o de

lla s

tazi

one

di R

ipet

ta (m

)

Trasporto solido registrato alla stazione di Ripetta (Margaritora, 1993)

Milio

ni d

i ton

nella

te

Por

tata

(m3 /s

)

Anno Anno

Porto di Claudio

Porto di Traiano

8

costruzione di centinaia di chilometri di acquedotti sospesi, che costituivano probabilmente la più spettacolare opera di ingegneria dell’epoca. Dopo la caduta dell’impero, Roma conobbe un rapido declino e la perdita delle conoscenze tecniche necessarie al mantenimento della funzionalità della rete idrica, che venne riabilitata soltanto mille anni più tardi.

Per la protezione della piana alluvionale dalle inondazioni, la cui frequenza è evidenziata nella figura 7a, sono stati costruiti diversi argini; inoltre, il Tevere è stato progressivamente regimato tramite la costruzione di dighe che, fin dagli anni ’50, hanno ridotto il numero e l’intensità delle inondazioni.

Il più importante effetto collaterale indotto dalla costruzione delle dighe consiste nella drastica riduzione della quantità di sedimento trasportata dal Tevere (figura 7b), che ha come conseguenza un evidente arretramento della linea di costa ed un danno economico per il litorale romano, un evento simile alla progradazione e regressione che ha interessato diverse volte il delta del Tevere durante l’Olocene (figura 8) sia a causa delle variazioni climatiche che degli incrementi di sedimentazione prodotti dall’attività vulcanica del maar di Albano.

Rischio idrogeologico La costruzione degli argini ed il riempimento

di molti dei corsi tributari all’interno dell’area urbana hanno cambiato drasticamente l’idrogeologia locale di Roma. Nel centro della città la presenza degli argini, ostacolando il drenaggio naturale del Tevere, ha provocato la risalita della di diversi metri, interferendo

con la presenza delle fondazioni di alcuni edifici nonché il peggioramento delle caratteristiche geotecniche dei terreni inconsolidati. Le numerose perdite degli acquedotti sotterranei e delle sorgenti contribuiscono inoltre ad alterare il bilancio idrico locale.

Nella periferia della città, al contrario, il forte incremento dello sfruttamento idrico ha provocato un abbassamento della falda di diverse decine di metri (in alcuni casi fino a 60 m), con una comprovata subsidenza delle aree più esposte a tale problema.

Inoltre, parametri come l’infiltrazione effettiva si sono drasticamente ridotti a causa sia della copertura impermeabile costituita dagli insediamenti urbani che della progressiva riduzione della permeabilità dei terreni non consolidati indotta dalla compattazione dovuta al carico sovrastante.

Tutti i fattori sopra menzionati contribuiscono ad alterare rapidamente l’idrogeologia locale, influendo ad esempio sui bilanci idrici e le direzioni di flusso come sui volumi di roccia interessati dalla presenza di un falda. Tali cambiamenti sono responsabili di molti dei fenomeni franosi o di subsidenza (sia lenti che rapidi) che si verificano a Roma lungo la riva destra del Tevere (Monte Mario, Gianicolo, Portuense), lungo la riva sinistra (in particolare nella valle dell’Aniene), nel centro cittadino e nell’area Ostiense.

Rischio geotecnico Nel centro di Roma i depositi alluvionali

olocenici raggiungono uno spessore di 60 m e vanno a colmare le valli würmiane che incidono profondamente

Fig. 9 – Stratigrafia dei depositi alluvionali olocenici del Tevere (da Corazza et al., 1999)

mslm mslm

FIUME TEVERE

Livello piezometrico delle falde indifferenziate (libere o in pressione) nei depositi sabbiosi (S, SLG, SLV) delle unità alluvionali

Livello piezometrico della falda in pressione nei depositi ghiaiosi (G)

Livello piezometrico della falda in pressione nei riporti antropici (Romani)

Direzione di flusso della falda Argille Plioceniche (Unità di Monte Vaticano)

Depositi marini e continentali pleistocenici

Depositi continentali pleistocenici

T.A. – Riporti antropici A, S, L, V – Argille, sabbie e limi G - Ghiaie

9

le argille di base plioceniche. La stratigrafia di tali depositi, mostrata nella figura 9 relativamente alla valle del Tevere, è piuttosto complessa, e risulta influenzata localmente dalla morfologia del paleoalveo nonché dalla presenza di tributari e dalle loro dimensioni. In generale, la sequenza stratigrafica è caratterizzata da una riduzione della granulometria verso l’alto, con la presenza di un conglomerato basale sovrastato sa sabbie, limi e argille con livelli torbosi. La porzione superiore della successione è costituita da un orizzonte di riporti antropici il cui spessore varia tra 1 e 10 m. I terreni alluvionali olocenici sono inconsolidati, e negli ultimi 20 metri di sedimento possono verificarsi fenomeni di compattazione dovuti alla granulometria fine ed alla presenza di torba.

I dati interferometrici raccolti durante dieci anni di telerilevameno hanno rivelato che gli edifici periferici ubicati lungo la piana del Tevere sono soggetti ad una generale subsidenza. Ciò accade poiché, mentre nel centro cittadino gli edifici antichi ed i grandi complessi monumentali hanno sottoposto i terreni sottostanti a più di 2000 anni di compattazione, nelle aree periferiche il processo di carico e compattazione dei terreni sui quali sono stati realizzati i moderni agglomerati urbani è ancora in corso. Tale fenomeno è dimostrato dagli elevati valori di resistenza alla penetrazione che mostrano i campioni di sedimento prelevati nel centro di Roma.

Tuttavia, al di là della compattazione dei sedimenti alluvionali indotta dal carico degli edifici, i dati geotecnici raccolti nel centro storico mettono in evidenza le caratteristiche delle diverse unità riconosciute all’interno dei sedimenti alluvionali olocenici. La figura 10 mostra l’andamento del valore di resistenza alla penetrazione (Pocket Penetrometer) relativamente ad 8 sondaggi realizzati nell’area dei Fori Imperiali, al di sopra quindi dei depositi alluvionali del Velabro Minore. In particolare, si nota un brusco decremento della resistenza alla penetrazione nella parte centrale dei sondaggi: ciò è dovuto alla presenza dell’orizzonte limoso-sabbioso assimilabile all’analogo orizzonte osservato nella figura 9 e denominato AG1. Nel tratto inferiore dei sondaggi si osservano invece valori elevati dovuti alla presenza dell’Unità di Monte Vaticano (il grafico celeste fa eccezione poiché si riferisce ad un sondaggio che prosegue all’interno delle alluvioni).

La presenza di orizzonti analoghi sia nella valle del Tevere che nei fossi tributari suggerisce una forte influenza dell’attività di esondazione del Tevere sulla deposizione dei sedimenti olocenici all’interno dell’intero reticolo idrografico del centro storico: di conseguenza, le considerazioni fatte relativamente al rischio di subsidenza degli edifici periferici costruiti nella piana del Tevere vanno estese alle nuove costruzioni realizzate al di sopra dell’intero reticolo idrografico, ove naturalmente questo sia caratterizzato da valli di una certa importanza.

0 1 2 3 4 5 6 7

-40

-30

-20

-10

0

10

20

30

Rp (kg/cm2)

Quo

ta (m

.s.l.

m.)

Rp (kg/cm2)

Fig. 10 – Andamento della resistenza alla penetrazione in funzione della profondità per alcuni sondaggi realizzati nell’area dei Fori Imperiali.

10

Itinerario dell’escursione

- Spostamenti: bus o a piedi (le soste sono visibili sulla carta geologica a pag. 2) - Tempo previsto: 10 ore circa - Equipaggiamento raccomandato: cappello, protezione solare, occhiali da sole, abbigliamento leggero, acqua, scarpe comode adatte a lunghe camminate.

La partenza del tragitto può essere raggiunta facilmente dalla fermata Colosseo della Metro B

Stop 1 - Basilica di S. Clemente: la stratigrafia della città

L’escursione inizia lungo il talweg del Fosso Labicano, un piccolo corso d’acqua tributario del Tevere, lungo il quale è stato costruito il Colosseo. La Basilica di San Clemente è un eccellente esempio di come la città sia stratificata. Durante il I secolo d.C. il sito faceva parte della Domus Auraea neroniana, successivamente distrutta dagli imperatori della gens Flavia che utilizzarono il sito per l’edificazione della Banca di Roma (La Moneta) durante il II secolo d.C. L’edificio, con annesso il Mitreo, venne poi adibito ad uso residenziale nel III secolo d.C. , divenendo infine, nel secolo successivo, la basilica paleocristiana di San Clemente. La chiesa venne incendiata dai Normanni nel 1084; successivamente, sotto il pontificato di Pasquale II, venne restaurata con la realizzazione del secondo piano. Il restauro definitivo venne realizzato da Carlo Fontana tra il 1713 ed il 1719.

La Basilica è realizzata con l’impiego di splendide rocce ornamentali come l’ ”Africano” o Marmo Luculleum per il pavimento ed alcune colonne, il “Granito del Foro” o Marmo Claudianum per le 5° colonne, il “Granito di Aswan” o il “Porfido Rosso Antico”, rispettivamente una sienite ed un andesite provenienti dall’Egitto, ed il “Portasanta”, impiegato per le colonne dell’altare.

Le mura perimetrali della Basilica risultano danneggiate ed il pavimento appare ondulato. Tali danneggiamenti vanno messi in relazione con le caratteristiche di scarsa consolidazione del suolo sottostante, che induce una subsidenza differenziale e causa l’amplificazione delle onde sismiche. Tale

0

2

4

6

8

10

12

14

16

18

ALLUVIONIOLOCENICHE

SUBSTRATO

DISTRUBUZIONE DEI DANNI SISMICI IN FUNZIONE DELLE LITOLOGIE

NU

MER

O D

I EVE

NTI

SIS

MIC

I CH

E H

AN

NO

INTE

RES

SATO

RO

MA

a b

Fig. 11 – a) distribuzione degli edifici nel centro storico di Roma in funzione dei caratteri geologici di superficie (da Colozza e Dolce, 1995); b) ripartizione dei danni sismici tra i terreni alluvionali ed il substrato plio-pleistocenico

COLOSSEO

STAZIONE TERMINI

VALLE DEL TEVERE

11

problematica è comune a quasi tutte le costruzioni del centro storico realizzate al di sopra dei depositi alluvionali olocenici. Dalla figura 11.a si nota che tali edifici costituiscono oltre un terzo del tessuto urbano compreso nel centro storico. In particolare, nel settore orientale del centro storico, ossia dove è ubicata la Basilica di S. Clemente, gli edifici a rischio sismico e di subsidenza si trovano lungo il corso dei fossi tributari del Tevere. La figura 11.b mostra a tal proposito l’elevato numero di risentimenti sismici storici registrati in corrispondenza delle valli dei Fossi Tributari.

Stop 2 – Il Colosseo ed il rischio sismico

L’anfiteatro possiede un solido basamento ellittico dello spessore di 13 m, composto da 4 settori unificati che si aprono ad Ovest verso Porta Triumphalis e ad Est verso Porta Libitina. Il monumento è realizzato con blocchi di scorie saldate provenienti dai Colli Albani (dal nome locale di Sperone) e con travertino di Tivoli fissato tramite supporti metallici, un tempo ricoperto da lastre di marmo. Il marmo delle colonne della Summa Cavea proviene invece dall’isola di Marmara in Turchia.

Il sito del Colosseo era in principio uno specchio d’acqua artificiale circondato dalle abitazioni della nobiltà romana, da giardini e parchi. Tale sito venne ottimizzato per l’impiego come zona residenziale durante l’epoca neroniana. Il monumento venne infine realizzato dagli imperatori Tito e Domiziano, appartenenti alla gens Flavia.

La zona esterna dell’antica Roma era progettata per ospitare grandi edifici pubblici dedicati alle attività ricreative: bagni pubblici (le terme di Diocleziano, Traiano, Tito e Caracalla), grandi stadi (Circo Massimo e Variano) ed anfiteatri (Colosseo e

Castrense) erano collocato lontano dal centro politico e commerciale della città.

Il piccolo specchio d’acqua artificiale sul quale è stato realizzato il Colosseo era collocato lungo il corso del Fosso Labicano (il cui andamento è mostrato in pianta nella foto aerea della figura 12.a), creato probabilmente tramite l’utilizzo una diga artificiale. Il Colosseo venne costruito per metà sul bedrock, in questo caso costituito da conglomerati e sabbie pre-vulcaniche, e per l’altra metà sul talweg del Fosso Labicano, come illustrato nel blocco-diagramma della figura 12.b. Il contrasto di impedenza sismica tra il bedrock ed i sedimenti non consolidati del Fosso Labicano hanno prodotto nel tempo danni considerevoli ed in particolare un collasso parziale delle mura esterne del monumento quando nel 1349 un forte terremoto appenninicob danneggiò molti monumenti di Roma. La notevole localizzazione del

N S

Substrato pliocenico

alluvioni oloceniche

Unità continentali pleistoceniche

Fig. 13 – Modello numerico del movimento del suolo in corrispondenza del Colosseo. La grandezza espressa lungo l’asse verticale del diagramma è il tempo (da Funiciello e Rovelli , 1998).

SUBSTRATO PLIOCENICO

Fig. 12 – a) antico corso del Fosso Labicano; b) schema geologico a 3 dimensioni del sito del Colosseo (da Funiciello e Rovelli , 1998).

b a Probabile paleoalveo del Fosso Labicano

Direzione di flusso

12

danno sismico può essere meglio compresa se si osserva la figura 13, dove viene mostrata una simulazione numerica dell’effetto di un terremoto sul sito del Colosseo. Si nota che sia la durata delle oscillazioni che la loro ampiezza risultano sensibilmente maggiori in corrispondenza dei sedimento alluvionali in contatto con il substrato pliocenico.

Stop 3 – La Via Sacra: l’ingresso al Foro Romano; sorgenti, edifici e rocce ornamentali

Appena fuori del Colosseo, la Via Sacra

attraversa l’Arco di Tito e procede all’interno del Foro. In prossimità dell’ingresso orientale è possibile osservare il sito della fontana della Meta Sudans, demolita 70 anni fa ed attualmente in restauro. La fontana drena un piccolo acquifero collocato all’interno delle sabbie e dei conglomerati pre-vulcanici, che affiorano per contatto laterale con i sedimenti fini del Fosso Labicano. Piccole sorgenti come questa hanno costituito la fonte di acqua principale di Roma

all’inizio della sua storia. Procedendo all’interno del Foro Romano è

possibile osservare le tracce dello sviluppo di Roma dai villaggi Villanoviani alle residenze imperiali, percorrendo migliaia di anni di insediamenti sul Colle Palatino.

Le rocce più comuni all’interno del Foro sono di provenienza locale, come il Lapis Albanus, un’igimbrite freatomagmatica eruttata dal maar di Albano, ed il travertino di Tivoli. Sono inoltre comuni rocce esotiche (alcune delle quali sono visibili nella figura 14) come il “Marmo Misio” e l’”Africano”, rispettivamente un granito ed un marmo provenienti dalla Turchia, il “Cipollino dell’ Eubea”, un cloritoscisto della Grecia utilizzato per la Basilica Emilia, il “Paonazzetto”, una breccia proveniente da Dokimeion in Turchia, la “Breccia Verde d’Egitto”, una breccia proveniente dal Monte Besanites in Egitto ed utilizzata per le colonne dell’Antiquarium, il “Giallo Antico”, un marmo di Djebel Chemtou in Tunisia; le tessere bianche e nere dell’Opus Sectile sono realizzate con il “Granito del Foro”, una quarzodiorite del Monte Claudianus in Egitto, e con il “Granito della Colonna”, una gabbrodiorite del Monte Porphyrites in Egitto.

Tutte queste rocce sono state asportate

Fig. 14 – Esempi di rocce ornamentali presenti all’interno del Foro Romano

13

dall’architetto Carlo Fontana tra il 1690 ed il 1698 per la costruzione del Fontanone dell’Acqua Paola sul Gianicolo.

Stop 4 – Via della Consolazione: una sezione geologica naturale del colle Capitolino.

Dopo aver attraversato la valle del Velabro

Minore, si giunge presso l’uscita occidentale del Foro, che porta a Via della Consolazione, alla base del colle Capitolino, di fronte alla famosa Rupe Tarpea. Qui si può apprezzare una sezione geologica naturale dello spessore di 15 m, visibile nella figura 15.

La base della successione affiora lungo la strada, ed è costituita da sabbie e conglomerati relativi alla sedimentazione del Fiume Tevere prima dell’inizio dell’attività vulcanica (circa 700000 anni fa). I depositi fluviali sono sovrastati da un’ignimbrite grigio scura, massiva e caotica, spessa circa 2m, che mostra la presenza di ciottoli strappati dal substrato e di resti di rami d’albero allineati secondo la direzione di flusso. Tale unità è nota come Unità del Palatino, eruttata circa 500000 anni fa dal vulcano dei Colli Albani. L’Unità del Palatino è sovrastata da una successione fittamente stratificata composta da depositi di ricaduta e depositi rielaborati provenienti in parte dai Colli Albani ed in parte dal vulcano Sabatino (Successione di Sacrofano). Un’evidente discordanza inclinata verso SW (in direzione del Tevere) taglia la successione e risulta riempita da un’ignimbrite giallo-rossastra, il Tufo Lionato, che costituisce la parete verticale della Rupe Tarpea, tristemente famosa in quanto utilizzata dai Romani per gettare nel vuoto i figli non desiderati. Il Tufo Lionato venne messo in posto 350000 anni fa dalla più grande eruzione dei Colli Albani che diede

peraltro luogo alla formazione della caldera dello stesso vulcano. Si tratta della roccia maggiormente utilizzata per le costruzioni nell’area romana in quanto fortemente litoide e piuttosto leggera. La successione si chiude con dei depositi fluviali sedimentari messi in posto durante la fase di innalzamento del livello marino susseguente all’eruzione del Tufo Lionato (Unità Aurelia, stadio isotopico 9).

Stop 5 – Panoramica dal monumento a Vittorio Emanuele II

Il monumento venne costruito all’inizio del XX secolo per celebrare il re d’Italia Vittorio Emanuele II, devastando letteralmente parte del Foro Romano. E’ realizzato principalmente con “Botticino Classico”, un calcare proveniente dalle prealpi vicino Milano.

Le colonne sono fatte di “Calcare di Mazzano”, una varietà del “Botticino Classico”, mentre per le quattro colonne frontali è stato utilizzato il “Portasanta”, una breccia proveniente da Gavorrano (Toscana).

La geomorfologia di Roma può essere apprezzata guardando dalla terrazza verso Nord (figura 15). La piana alluvionale del Tevere, che ospita il centro della Città, è fiancheggiata ad Est da rilievi dolci formatisi all’interno del plateau ignimbritico dei Colli Albani: si tratta dei colli Vicinale e Quirinale. Alle spalle del Quirinale, il bordo sinistro della piana alluvionale del Tevere prosegue con il rilievo del Pincio, appena sopra Piazza di Spagna.

Ad Ovest, la valle del Tevere è bordata dalla dorsale Granicolo-Monte Mario, una sequenza di rilievi continua con un’altezza variabile tra 60 e 144,5 mslm. La dorsale permette la visione della successione pre-vulcanica. La base, approssimativamente tra i 40 e i 60 mslm, è composta dalle argille grigie di ambiente

Fig. 15 – Affioramento in Via della Consolazione: la base del Colle Capitolino mostra la stratigrafia vulcanica che caratterizza molti dei sette colli di Roma.

14

batiale superiore dell’Unità di Monte Vaticano (Pliocene), che risultano dislocate ed inclinate.

Una discordanza planare angolare livella la sommità dell’Unità di Monte Vaticano che è sovrastata dall’Unità del Farneto (Pleistocene inferiore) composta da argille, limi e sabbie di ambiente circa-infralitorale , la quale a sua volta passa gradualmente all’Unità di Monte Mario, costituita alla base da sabbie grigie con Artica Islandica di ambiente infralitorale e nella parte superiore da sabbie gialle. L’Unità di Monte Mario costituisce gran parte del rilievo di Monte Mario, fino alla sommità posta a 144,5 m s.l.m., e testimonia il progressivo abbassamento del livello marino durante il Pleistocene inferiore. I depositi fluvio-deltaici del Pleistocene medio-inferiore sovrastano la successione marina e danno luogo ad un cuneo sedimentario che di ispessisce verso W-SW, noto come Unità di Ponte Galeria e sovrastato da un sottile livello di sedimenti vulcanici. Il sollevamento di Monte Mario è avvenuto in diverse fasi, ma l’episodio più importante si è

probabilmente verificato prima dell’inizio dell’attività vulcanica, traslando il corso del Paleotevere verso SE.

Stop 6 – Il Foro di Traiano, la Colonna Traiana e la Torre dei Conti

Si scende ora dal monumento a Vittorio Emanuele II verso Piazza Venezia, ad Est della quale è collocata in maniera molto visibile la splendida

Fig. 16 – Visuale dal Monumento a Vittorio Emanuele II; a) verso Nord: si osservano la valle del Tevere ed i rilievi di Monte Mario e del Pincio; b) verso Sud: alle spalle del Colosseo si osserva l’edificio vulcanico dei Colli Albani.

a

b

Fig. 17 – a) la Torre dei Conti prima dei crolli del XVII secolo mostra ancora il secondo “piano” mentre del terzo sono visibili soltanto i resti (da Cusanno, 1991); b) aspetto attuale della Torre dei Conti: l’elevata vulnerabilità sismica della struttura ha reso necessaria la costruzione dei contrafforti ben visibili lungo tutta la torre.

a

b

15

colonna Traiana, posta al limite del Foro omonimo (visibile nella figura 18.a). La colonna è composta di 18 “rocchi” di “Marmo Bianco di Luni”, simile al marmo di Carrara. L’importanza di tale monumento

verrà illustrata durante la prossima sosta, dove la perfetta integrità della Colonna Traiana, costruita sul bedrock sedimentario, verrà confrontata con lo stato

Fig. 18 – a) geologia dell’area dei Fori Imperiali; legenda: 1. riporti recenti ed attuali; 2. riporti storici; 3. depositi alluvionali olocenici 4. Unità Aurelia e di Vitinia; 5. Tufo lionato; 6. successione di Sacrofano; 7. Unità Piroclastica del Palatino; 8. Unita di S. Cecilia; 9. Unità di Monte Vaticano 10. limite geologico; 11. traccia di sezione; b) sezione attraverso la valle dei Fori.

BASILICA EMILIA FORO DI NERVA

TORRE DEI CONTI

TEMPIO DELLA PACE

m

500 0

0

10

20

-10

-20

-30

mslm

m

50 0

NW SE

2

4

6

5

8

7

3

1

LEGENDA

9

10

11

a

b

16

della colonna gemella di Marco Aurelio costruita sui sedimenti alluvionali inconsolidati del Tevere.

Nel centro del Foro di Traiano si apre un’ampia piazza il cui pavimento era in origine costituito da “Marmo Bianco di Luni”, successivamente asportato durante il Medioevo. Il Foro è costeggiato da arcate costruite con “Paonazzetto” e granito.

Verso il lato SE del Foro è possibile osservare la Torre dei Conti, costruita sui sedimenti inconsolidati del Velabro Minore (figura 18.a), un fosso nel cui letto è attualmente collocata Via Cavour. La torre, come è possibile vedere nella figura 17.a , era un edificio a tre piani costruito nel XIII secolo su una delle esedre del Tempio della Pace, distrutto da un terremoto nel II secolo d.C. Nel 1349, Roma venne colpita da uno dei più forti terremoti Appenninici che si ricordino. La parte superiore della torre crollò. La parte restante dell’edificio subì danni considerevoli, che nel XVII secolo portarono al crollo del piano intermedio, dando alla torre l’aspetto attuale, visibile nella figura 17.b.

Dal punto di vista del rischio sismico, la Torre dei Conti possiede diversi aspetti in comune con il Colosseo. In particolare, se si osserva la sezione attraverso la valle del Foro mostrata nella figura 18.b, si nota come le caratteristiche geologiche del sottosuolo sul quale è collocata la torre siano del tutto simili a quelle riscontrate al di sotto del Colosseo (figura 13). Da ciò scaturisce ovviamente che la stessa situazione di rischio sismico coinvolge, oltre alla Torre dei Conti, gran parte dei monumenti realizzati al di sopra dei depositi alluvionali olocenici del Velabro

Minore (si veda ancora la figura 18b). Tale ipotesi è confermata dai dati relativi a terremoti storici che hanno danneggiato gravemente una fondazione cementizia del Foro di Nerva nell’ 85 d.C. e provocato il crollo di un portico della Basilica Emilia intorno all’VIII secolo d.C.

Stop 7 – La colonna di Marco Aurelio: un

termine di paragone per lo scuotimento sismico delle colonne imperiali

Si procede ora dal Foro di Traiano lungo

Piazza Venezia e Via del Corso sino a Piazza Colonna, dove è collocata la colonna di Marco Aurelio. La colonna risulta identica a quella Traiana osservata nella sosta precedente. Tuttavia, lo stato di conservazione è totalmente differente. Le parti che compongono la colonna appaiono dislocate e ruotate (figura 19); tale movimenti hanno danneggiato in maniera evidente i bassorilievi. In origine, i rocchi della colonna erano interconnessi tramite giunti di piombo successivamente rimossi durante il medioevo. Senza i giunti, i rocchi erano liberi di muoversi l’uno sull’altro in occasione dei terremoti. Il diverso stadio di conservazione delle due colonne può essere spiegato dalla diversa impedenza sismica dei differenti substrati sui quali le colonne sono costruite. Esperimenti analogici e modelli numerici (quello mostrato nella figura 19 è del tutto simile a quello realizzato per il Colosseo) hanno mostrato che le frequenze di risonanza di entrambe le

Fig. 19 – Modello numerico del movimento del suolo in corrispondenza delle due colonne imperiali. (da Funiciello e Rovelli, 1998)

Fig. 20 – Distribuzione delle zone inondate durante la piena del 1870 (da Bencivenga et al., 1995).

17

colonne e dei sedimenti alluvionali della valle del Tevere si attestano sul valore di 2 Hz. Tale coincidenza spiega perché lo scuotimento del terreno nel sito della colonna di Marco Aurelio produce un’amplificazione delle oscillazioni della colonna ed i danneggiamenti che ne conseguono, mentre le stesse condizioni non si verificano nel sito della colonna Traiana che giace sul bedrock.

Stop 8 – I ponti di Roma, Castel Sant’Angelo e le mura che proteggono Roma dalle inondazioni, un progetto storico inedito.

Ponte S. Angelo collega il centro della città

con la riva destra del Tevere, ed è collocato di fronte Castel S. Angelo, l’unico castello medievale circolare costruito sulle rovine del mausoleo dell’imperatore Adriano. Le tre arcate del ponte sono ancora quelle del ponte romano noto come Ponte Elio. Dal ponte è possibile vedere gli argini di travertino che contengono il corso del fiume, costruiti dopo l’ultima piena che inondò il centro di Roma nel 1870 (figura 20). Papa Pio IX interpretò l’inondazione come un segno dell’”ira divina” che condannava la caduta di Roma; il Regno d’Italia rispose pragmaticamente inviando ingegneri per la costruzione degli argini. Da allora, il Tevere ha progressivamente perso la sua connessione con la vita della città, anche se attualmente è in corso un tentativo di recupero.

Ad Ovest, si può osservare la cupola della Basilica di S. Pietro, che può essere raggiunta tramite un breve percorso a piedi (facoltativo).

S. Pietro è un altro eccellente esempio di come la geologia del substrato sul quale i monumenti sono costruiti abbia giocato un ruolo nella loro storia e nel loro stato di conservazione. Il sito è quello della basilica paleocristiana di Costantino, danneggiata durante il terremoto del 1349 in quanto costruita a cavallo del limite tra le argille consolidate del substrato pliocenico ed i sedimenti alluvionali in consolidati (figura 21). Il progetto originale della nuova Basilica di S. Pietro venne quindi interamente pianificato al di sopra del substrato dal Bramante, e soltanto più tardi Maderno e Bernini progettarono la navata centrale e la piazza con le arcate che si estendono al di sopra dei sedimenti alluvionali.

Bibliografia essenziale BOZZANO F., FUNICIELLO R., MARRA F., ROVELLI

A., VALENTINI G. (1995), “Il sottosuolo dell’ area dell’ Anfiteatro Flavio a Roma”, in “Geologia Applicata e Idrogeologia, 30, 417-436”.

CAPELLI G, MAZZA R, GIORDANO G, CECILI A, DE

RITA D, SALVATI R, (2000), “Il vulcano dei Colli Albani,. un’unità idrogeologica al limite dell’equilibrio (Roma, Italia)”. Hydrgeologie, 4, 63-70.

CAVARRETTA G, GIOIA P, MUSSI M, PALOMBO MR, (2001), “La Terra degli Elefanti – The World of Elephants” Atti del I Congresso Internazionale, CNR, Roma.

DIPARTIMENTO SCIENZE GEOLOGICHE UNIVERSITÀ ROMA TRE, Carta Geologica del Comune di Roma alla scala 1:10.000, Volume 1. Comune di Roma – X Ripartizione, 17 fogli con note esplicative.

FUNICIELLO R (ed), (1995), La Geologia di Roma – Il

Centro Storico. Mem. Soc. Geol. It, L, 550 p. Funiciello R, Giordano G, de Rita D, (2003), “Il lago del maar di Albano (Vulcano dei Colli Albani, Roma-Italia): attività recente e testimonianze di attività pre-romana”

Fig. 21 – Geologia della Citta del Vaticano. Si nota che gran parte colonnato della basilica sorge al di sopra dei depositi alluvionali olocenici (da Funiciello e Rovelli, 1998)

SUBSTRATO PLIOCENICO

UNITA’ PLEISTOCENICHE

ALLUVIONI OLOCENICHE


Recommended