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Guida via delle risorgive 2015

Date post: 24-Jul-2016
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La Via delle Risorgive di Valle Agredo: un nuovo strumento per la promozione turistica del territorio. Un itinerario "dal sapore di altri tempi" che offre l'occasione di visitare alcune emergenze sul territorio, di scoprirne e gustarne la bellezza, instaurando un rapporto diverso con la "viabilità leggera" e sopratutto con il paesaggio: la campagna ordinatamente coltivata, i fiumi e i corsi d'acqua che la solcano ricamandola, le abitudini rurali immerse nel verde.
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La Via delle Risorgive di Valle Agredo Valle Agredo www.valleagredo.it Tra natura e arte, alla ricerca del tempo perduto Villa Querini Via Cordenons, 17 35012 Camposampiero (PD) www.valleagredo.it La Via delle Risorgive è un nuovo sentiero, facile e distensivo, lungo una ventina di chilometri che, utlizzando in alcuni tratti l’Ostiglia, gli argini del Tergola e del Draganziolo, oltre a strade secondarie e piste ciclabili, crea un collegamento tra due importanti aree umide, palude di Onara e sorgenti del Sile, attraversando ed a volte seguendo numerosi fiumi di risorgiva, quali il Tergola, il Vandura, il Muson Vecchio, il Draganziolo, il Marzenego. L’itinerario offre l’occasione per visitare alcune emergenze del territorio, scoprirne e gustarne la bellezza, instaurando un rapporto diverso con la “viabilità leggera” e soprattutto con il paesaggio: la campagna ordinatamente coltivata, i fiumi e corsi d’acqua che la solcano ricamandola, le abitazioni rurali immerse nel verde. Percorrendo la Via delle Risorgive, a piedi o anche in bici, purché ogni pedalata sia lenta e meditata, si arriva in luoghi in cui si può ancora immaginare il paesaggio com’era un tempo. Curiosità, informazioni, notizie utili per approfondire la storia e le bellezze di un territorio da visitare con occhi nuovi. Una guida utile per un modo diverso di fare turismo, da sfogliare con calma lungo i tragitti. Soste, deviazioni, partenze e ritorni, luoghi dell’arte, della natura, dello spirito: un mondo da scoprire… a piedi o in bici. Valle Agredo La Via delle Risorgive di Valle Agredo
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La Viadelle Risorgivedi Valle Agredo

Valle Agredo

www.valleagredo.it

Tra natura e arte,alla ricercadel tempo perduto

Villa QueriniVia Cordenons, 1735012 Camposampiero (PD)www.valleagredo.it

La Via delle Risorgiveè un nuovo sentiero, facilee distensivo, lungo una ventinadi chilometri che, utlizzando in alcuni tratti l’Ostiglia, gli argini del Tergola e del Draganziolo, oltre a strade secondarie e piste ciclabili, crea un collegamento tra due importanti aree umide, palude di Onara e sorgenti del Sile, attraversando ed a volte seguendo numerosi fiumi di risorgiva, qualiil Tergola, il Vandura, il Muson Vecchio, il Draganziolo,il Marzenego.

L’itinerario offre l’occasioneper visitare alcune emergenzedel territorio, scoprirne e gustarne la bellezza, instaurando un rapportodiverso con la “viabilità leggera”e soprattutto con il paesaggio:la campagna ordinatamentecoltivata, i fiumi e corsi d’acquache la solcano ricamandola,le abitazioni rurali immerse nel verde.

Percorrendo la Via delle Risorgive, a piedi o anchein bici, purché ogni pedalata sia lenta e meditata, si arriva in luoghi in cui si può ancora immaginare il paesaggio com’era un tempo.

Curiosità, informazioni,notizie utiliper approfondirela storia e le bellezzedi un territorio da visitarecon occhi nuovi.

Una guida utileper un modo diversodi fare turismo, da sfogliare con calmalungo i tragitti.Soste, deviazioni,partenze e ritorni,luoghi dell’arte,della natura, dello spirito:un mondo da scoprire…a piedi o in bici.

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Stanchi della giornata,ci stendiamo in riva al Tergolatra lunghe file di alberi,ad aspettare l’acqua nelle rogge.

Ci conforta vedere gli amici della nostra contrada, parlare un poco insieme,sentirci uguali e d’una stessa terra. Versi tratti da:Contadini in riva al Tergola. Bino Rebellato,Da una profonda immagine, Rusconi 1980.

Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale: l’Europa investe nelle zone rurali

ValleAgredo

La Viadelle Risorgivedi Valle Agredo

Tra natura e artealla ricercadel tempo perduto

Federazione dei Comunidel Camposampierese

Questa terra è il Camposampierese, agro centuriatoin epoca romana, podesteria nel Medioevo,oggi Valle Agredo, un nome più che un marchio, scommessa per il futuro, idea che diviene forma.Periferica rispetto alle rotte tradizionali del turismo,Valle Agredo è in realtà lo snodo naturaledi un nuovo turismo sostenibile nel Veneto centrale.

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RedazioneFederazione dei Comuni del Camposampierese

CoordinamentoFrancesco Cassandro

TestiCarlo Toniato

FotoBruno CaonFrancesco CassandroAdriano SbrissaCarlo ToniatoVilliGruppo Fotografico Decumano VIArchivi Fotografici ComunaliArchivio Fotografico Federazione dei Comuni del CamposampiereseArchivio Fotografico Santuari Antoniani

Ha collaboratoValeria Martellozzo

Progetto grafico e stampaVillaggio Grafica

In copertinaSorgenti del Tergola

Finito di stampare ottobre 2015

Introduzione

Nessuno di noi è stato educato a guardarsi intorno, a considerare il rapporto con il paesaggio ed il territorio come un fatto quotidiano. Per farlo bisogna costruire e condividere un modello di rapporto con il contesto che abitiamo. Potremmo ad esempio camminare un paio d’ore nella nostra campagna, nel nostro paese, accorgendoci finalmente di ciò che ci circonda: un albero secolare, le file regolari delle rive, un capitello isolato, una fontanella sopravvissuta, un mulino che ha resistito all’ingiuria del tempo: semplici ma significativi frammenti del passato inseriti nel tessuto moderno. Potremmo iniziare a percorrere il tessuto artistico, storico, naturalistico della nostra terra: ricominciare a leggere la bellezza, anche quando è nascosta sotto alle stratificazioni dei secoli.Si tratta di una presa di coscienza, non facile da attuarsi, che dovrebbe cominciare a scuola: dove invece poco si insegna ai ragazzi sulla loro identità culturale, sul patrimonio culturale e ambientale di cui sono eredi e custodi. Se i ragazzi fossero messi in grado di prendere coscienza del luogo che dà forma alla loro vita, se avessero il desiderio e gli strumenti per farlo, per conoscere da dove vengono e dove sono, sarebbe un successo strepitoso.Una passeggiata in mezzo alla campagna, lungo un sentiero che unisce arte, cultura e paesaggio, non lontano dai nostri itinerari quotidiani può aiutarci ad aprire gli occhi ed è un piccolo passo per trasformarci da consumatori in visitatori, da clienti in cittadini.Purtroppo, invece, siamo talmente abituati ad andare di fretta, al lavoro, sulle tangenziali, lungo le strade trafficate delle nostre vite che non smettiamo di farlo neanche nel tempo libero.Capita così di vedere sfrecciare sulle ciclopedonali ciclisti a tutta velocità, quasi l’Ostiglia, il Muson, il Tergola, percorsi evidentemente pensati e realizzati per un’andatura lenta e riflessiva fossero invece dei velodromi, delle piste da allenamento da utilizzare per “fare il tempo”: questo atteggiamento, chiaramente sbagliato, oltre ad avere importanti ripercussioni sul piano della sicurezza, ha inoltre il torto di far

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passare il paesaggio in secondo piano: uno sfondo sfumato che sfila veloce e non dice niente del territorio attraversato, che invece avrebbe molto da raccontare.

La Via delle Risorgive, ultimo nato tra i percorsi dell’alta padovana, offre una nuova opportunità per instaurare un approccio ed un rapporto diverso con la “viabilità leggera” e soprattutto con il paesaggio: la campagna ordinatamente coltivata, i fiumi e corsi d’acqua che la solcano ricamandola, le abitazioni rurali immerse in un’atmosfera senza tempo.Percorrendo la Via delle Risorgive, a piedi o anche in bici, purché ogni pedalata sia lenta e meditata, si arriva in luoghi in cui si può immaginare il paesaggio com’era un tempo. Un paesaggio in molti casi violentato, non si può negarlo, sacrificato al progresso e al profitto. Ma vedere il bicchiere mezzo pieno anche in questo caso è l’atteggiamento giusto: molto è andato rovinato, certo, ma, a saperli scovare, sopravvivono scorci ancora intatti che vanno preservati. Non è vero, come si potrebbe cinicamente e semplicisticamente dire, che “il recinto è stato chiuso quando i buoi erano già scappati”: ciò che resta, i pochi rustici intatti, le rare rive ancora curate con sapienza antica, i fiumi di risorgiva dall’andamento dolce che pure sanno diventare impetuosi, i grandi alberi, i prati da cui sgorga acqua sorgiva, i capitelli e le chiesette campestri, le ormai rare fontanelle, gli ancor più rari mulini, sono un’eredità preziosa da curare, salvaguardare, valorizzare.Per ogni cosa c’è una stagione: c’è stato un tempo per gettare le fondamenta, uno per crescere e costruire, uno per consolidare. Oggi è arrivato il momento in cui si deve pensare a valorizzare: limitando, conservando, recuperando.È la fase della sostenibilità, il salto di qualità, la svolta culturale che rimette in primo piano la bellezza: un obiettivo realizzabile perché l’equilibrio tra benessere e ambiente non solo è possibile, ma è già stato realizzato con successo, gli esempi non mancano, sia in Italia che all’estero.

Una bellezza che si può assaporare più facilmente camminando: camminare, infatti, può essere una semplice azione o assumere significati che vanno al di là del gesto meccanico a seconda del nostro approccio con lo spostarsi; un cammino, parafrasando il motto che ha reso famoso quello di Santiago, si fa cammino solo percorrendolo.È il viaggiatore a determinare il viaggio con il suo sguardo. È la sua sensibilità a trasformarlo in un’esperienza di conoscenza. Non importa quanto lungo è il percorso, perché la dimensione del viaggio ha questo di straordinario, non è necessariamente legata al tempo ed allo spazio, quanto piuttosto al luogo: un luogo fisico, il territorio che visitiamo, un luogo interiore, lo spirito con cui lo visitiamo. Il viaggio, come diceva Guy De Maupassant: “è una porta attraverso la quale si esce dalla realtà per penetrare nel sogno”; non è il sacrificio del partire, del muoversi, ma è l’orizzonte che si apre il protagonista del viaggio.Andar per campi, seguire gli argini dei fiumi, spostarsi lentamente...un tempo era normale, così com’era normale navigare i fiumi del territorio utilizzando le pantane, caratteristiche imbarcazioni dal fondo piatto. I fiumi, oltre ad essere elementi fondamentali per l’economia, venendo utilizzati per i mulini, l’irrigazione, la pesca, erano anche delle vie di comunicazione. I fiumi, infine, venivano utilizzati anche come protezione, basti pensare al sistema difensivo del castello dei Camposampiero, o come abbellimento, ne sono un esempio evidente il laghetto e i canali del parco di Villa Wollemborg a Loreggia o la peschiera di Villa Cornaro a Piombino Dese.Ecco che allora la Via delle Risorgive, mettendo in primo piano l’idrografia del territorio, ridà valore ai fiumi, elementi imprescindibili del paesaggio, ma anche vie di collegamento, luoghi di incontro, di scoperta e riscoperta, da percorrere lentamente lungo gli argini, in bici o, meglio ancora a piedi e, perché no, da navigare con kayak e canoe osservando il loro placido corso da un’angolatura diversa e sorprendente.

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Premessa

Fontanili e risorgive sono luoghi di straordinaria valenza ambientale, in quanto sede di habitat unici per la flora e la fauna, con funzione di rifugio per varie specie.Le risorgive costituiscono un elemento caratterizzante del paesaggio di alcune zone della pianura veneta. Le acque che ne sgorgano sono un’importante fonte idrica e danno origine ad una serie di corsi d’acqua che scorrono nel territorio caratterizzandone il paesaggio.

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La fascia delle Risorgive:un habitat unicoda conoscere e conservare

La fascia (o linea) delle risorgive, tipica dei terreni di piana alluvionale, come gran parte delle pianure italiane, tra cui la Pianura Padano-Veneta, è una striscia di territorio di larghezza variabile, anche se generalmente limitata (dai 2 ai 30 km) che separa i terrazzi ciotolosi e permeabili dell’alta pianura dai banchi sedimentari ed impermeabili (e quindi più fertili) della bassa pianura.Nella fascia delle risorgive confluiscono le acque sotterranee della falda alimentate dalle cospicue infiltrazioni proprie dei grandi alvei ghiaiosi il cui percorso viene interrotto dalle argille della bassa pianura, formando così delle olle e sgorgando quindi in superficie.Si parla di risorgiva quando l’affioramento è spontaneo. Quando tale affioramento è invece procurato dall’uomo è più corretto usare il termine fontanile. Fontanili e risorgive sono luoghi di straordinaria valenza ambientale, in quanto sede di habitat unici per la flora e la fauna, con funzione di rifugio per varie specie.Le risorgive costituiscono un elemento caratterizzante del paesaggio di alcune zone della pianura veneta. Le acque che ne sgorgano sono un’importante fonte idrica e danno origine ad una serie di corsi d’acqua che scorrono nel territorio caratterizzandone il paesaggio.L’acqua di risorgiva mantiene una temperatura sostanzialmente costante: per questo motivo nella stagione fredda la vegetazione lungo le rive mantiene un colore verde intenso; in estate, invece, la vegetazione che circonda le risorgive crea delle vere e proprie oasi nell’arsura della campagna.

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Dal punto di vista storico ed economico, va ricordato che le acque pulite, limpide e in continuo movimento dei fiumi di risorgiva hanno favorito i collegamenti nautici, ma anche l’insediamento e lo sviluppo di industrie manifatturiere e di trasformazione ecocompatibili, di cui i mulini sono forse l’esempio più eclatante. La fascia delle risorgive si estende in maniera pressoché continua ai piedi delle Alpi, dal Piemonte al Friuli. In Veneto essa attraversa con andamento ondivago le province di Verona, Vicenza, Padova, Treviso. Valle Agredo è interessata dalla presenza, nella parte settentrionale, del limite inferiore delle linea delle risorgive da cui sgorga la maggior parte dei fiumi che l’attraversano.

Un sentiero nel paesaggio e nella storiaLa Via delle Risorgive, lungo cui vi accompagneremo attraverso le pagine della guida, è un nuovo sentiero che, utilizzando in alcuni tratti il percorso ciclopedonale Ostiglia, gli argini del Tergola, quelli del Draganziolo e strade secondarie crea un collegamento tra importanti aree umide dell’alta padovana, quali le sorgenti del Sile (a pochi chilometri dal tracciato) e di altri fiumi di risorgiva, quali il Draganziolo e il Muson vecchio, arrivando a lambire, nel suo limite occidentale, la palude di Onara, nei pressi della quale prende origine il fiume Tergola. Gli interventi più significativi per la realizzazione del percorso sono stati effettuati a Villa del Conte, Piombino Dese, Trebaseleghe, ma il tracciato comprende un territorio più ampio attraversando da ovest a est Villa del Conte, Santa Giustina in Colle, Camposampiero, Loreggia, Piombino Dese, Trebaseleghe.Non si può fare a meno di notare che la Via delle Risorgive, attraverso gli snodi con l’Ostiglia, il Muson dei Sassi ed il Tergola, costituisce l’anello mancante di un importante sistema di viabilità leggera e la potenziale porta di accesso ad un territorio più ampio: infatti, all’incrocio tra Ostiglia e Muson dei Sassi, a Loreggia, proseguendo sull’Ostiglia in direzione est è possibile raggiungere rapidamente l’oasi di Santa Cristina ed arrivare fino alle porte di Treviso, oppure, uscendo a Piombino Dese, seguire il nuovo sentiero lungo il

Draganziolo, visitare Villa Cornaro e raggiungere poi il parco del Draganziolo a Trebaseleghe; ma dal medesimo incrocio seguitando verso nord lungo l’argine del Muson, si arriva a Resana, da dove, proseguendo sul Sentiero degli Ezzelini, si tocca Castelfranco, per poi proseguire verso Asolo e il Monte Grappa; svoltando invece verso sud sull’argine del Muson, si arriva Padova su quello che, da Camposampiero in poi, diviene il Cammino di Sant’Antonio, con l’ulteriore possibilità, da Torre di Burri, di innestarsi sul percorso Tergola verso sud est. Quello che fino a qualche anno fa pareva un sogno, ovvero un sistema di sentieri e piste ciclopedonali che mette in rete il cuore del Veneto centrale è diventato quindi realtà.

La Via delle Risorgive, innestandosi su itinerari già esistenti, quali l’Ostiglia e il Muson dei Sassi, altri in via di realizzazione, quale il percorso Tergola (non ancora completato nella porzione nord da San Giorgio delle Pertiche a Onara), altri ancora in via di progettazione, è il caso del Muson Vecchio, contribuisce a valorizzare gli aspetti culturali e ambientali di Valle Agredo ed a far scoprire nuove attrattive, quali il rio Draganziolo, lungo i cui argini si snoda la parte terminale del nuovo sentiero. Altro aspetto importante del percorso è quello ambientale: quella attraversata è infatti una della zone più importanti del Veneto, interessata dalla presenza, nella parte settentrionale, del limite inferiore delle linea delle risorgive da cui sgorga quella fitta rete di corsi d’acqua che connotano con la loro presenza il paesaggio agrario e da cui giustamente il percorso ha preso il nome.

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Gli interventi realizzati Villa Cornaro, a Piombino Dese, progettata da Andrea Palladio nel 1552, Patrimonio dell’Umanità e Bene protetto dall’UNESCO, è senz’altro la principale emergenza architettonica che incontriamo percorrendo la Via delle Risorgive. È quindi normale che l’intervento più rilevante nell’ambito della realizzazione del percorso da parte dei comuni e della Federazione dei Comuni del Camposampierese abbia riguardato la sistemazione ed il ripristino idraulico della peschiera palladiana della villa e la realizzazione di

camminamenti perimetrali, di recinzioni e di una passerella in legno, oltre a opere a verde ed all’installazione di idonee paratoie a monte e a valle per la regolazione del flusso delle acque.

Nel comune di Trebaseleghe l’intervento è invece principalmente consistito nella realizzazione dell’itinerario pedonale lungo il rio Draganziolo e nella valorizzazione e riqualificazione del Parco Draganziolo, area verde vicinissima al centro urbano all’interno della quale è stato realizzato un anfiteatro per spettacoli all’aperto.

A Villa del Conte, invece, si è intervenuto nell’area compresa tra il fiume Tergola, il canale Piovego e la chiesa parrocchiale realizzando spazi e percorsi attrezzati a valenza turistico-ricreativa, e riqualificando il verde e l’arredo urbano: l’area interessata dall’intervento consente l’accesso ad ovest verso il sistema naturalistico della Palude di Onara, dalla quale il fiume Tergola trae alimento alla sua portata, ad est il collegamento con l’itinerario della ex ferrovia Ostiglia, attraverso il percorso del Tergola in fase di progettazione nella sua porzione nord.

Ma gli interventi non hanno riguardato solo le aree di sosta, i percorsi di collegamento, la segnaletica. In tutte e tre le aree sono stai infatti previsti, sul Draganziolo e sul Tergola, alcuni attracchi per imbarcazioni leggere a remi (canoe e kayak), costituiti da piattaforme galleggiante: un segnale importante per un modo nuovo di vivere il fiume che riprende una tradizione di navigazione fluviale antica e purtroppo dimenticata.

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Prima di partire…

L’itinerario descritto in questa guida si snoda prevalentemente lungo vie verdi, sentieri pedonali, piste ciclabili percorribili in piena sicurezza, oltre a brevi tratti su strade secondarie. Il territorio attraversato è completamente pianeggiante e ricco di bar, osterie, trattorie, agriturismi.Recentemente sono sorte anche delle accoglienti aree di sosta e ristoro lungo il percorso dove potrete riposarvi sorseggiando una bibita e facendo uno spuntino. Lasciate quindi a casa zaini e attrezzature pesanti: sarebbero un inutile fardello. La giusta voglia di pedalare, meglio se lentamente, o ancor meglio di camminare per gustarvi il paesaggio: non vi serve molto di più. Il percorso, specialmente nel tratto che si snoda lungo l’Ostiglia, attraversa radente numerose stradine di campagna, ma anche alcune strade provinciali. È quindi indispensabile percorrerlo con prudenza, fermandosi agli incroci, scendendo dalla bici in prossimità delle strisce pedonali e ricordando che lungo le piste ciclopedonali vige sempre e comunque il codice della strada. In particolare nella bella stagione e nei fine settimana alcuni tratti del tragitto sono affollati da pedoni di ogni età, bambini, adulti, persone anziane che nel camminare ritrovano l’abbraccio salutare della natura e dell’aria aperta. Si ricorda quindi ai cicloturisti che è necessario procedere con andatura moderata per non mettere a repentaglio la propria salute e quella del prossimo. Nulla nuoce al viaggiare più della fretta.Spegnete i cellulari. Rasserenate gli animi. Qualsiasi sia il motivo che vi spinge a muovervi, turistico, sportivo, culturale, didattico, a piedi, in bici, coi bastoncini della camminata nordica, spingendo una carrozzina o facendovi trascinare dal vostro cane, lungo la Via delle Risorgive troverete delle buone risposte. Per il resto valgono delle generiche indicazioni. Per i ciclisti: utilizzare una bicicletta con cui si ha confidenza, calzare pantaloncini dotati di fondello per evitare fastidi al soprasella; per ciclisti e pedoni: portare con sé una mantellina per la pioggia e una borraccia d’acqua.

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accesso da via San GiorgioSanta Giustina in Colle

Ospedale CivilePietro Cosma

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Muson dei Sassie Cammino Sant’Antonio

La Treviso-Ostiglia

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La via delle Risorgive

4Itinerario

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Tra natura e arte,alla ricercadel tempo perduto

Il percorsoIl sentiero, che percorreremo in direzione ovest - est, è facile e distensivo ed offre l’occasione per visitare serenamente alcune emergenze del territorio, scoprirne e gustarne la bellezza.Dalla chiesa di Villa del Conte, punto di partenza, al parco Draganziolo di Trebaseleghe, punto di arrivo si percorrono poco più di 20 chilometri, circa 11 dei quali lungo la ciclopedonale Ostiglia che fa da cerniera tra il tratto iniziale, da Villa del Conte a Santa Giustina in Colle (lungo circa 6 chilometri) che si snoda prevalentemente lungo strade secondarie e piste ciclabili ed il tratto conclusivo (di circa 3 chilometri), da Piombino Dese a Trebaseleghe, che corre quasi interamente lungo gli argini del Draganziolo.Nel tratto iniziale, in alternativa alle strade secondarie ed alle piste ciclabili si possono percorrere lunghi tratti a piedi sugli argini del Tergola.

...È il nostro tempo questo.In lunghe file rastrelliamo il campodove è sparso a seccare il primo fienomentre il sereno specchia le figure...

Nelle sere di lunaandiamo dagli amiciche portano i sedilinel porticato pieno di erba fresca...

Noi siamo qui da sempre.

Versi tratti da: “È il nostro tempo”.Bino Rebellato, Non ho mai scritto il verso, Rusconi 1994

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Ospedale CivilePietro Cosma

Villa Campello

Da Villa del Contea Santa Giustina in ColleIl nostro itinerario parte dall’oasi Vallona situata dietro alla chiesa di Villa del Conte, paese che deve il suo nome ai vasti possedimenti che il conte d’Este aveva in questo territorio.

Il paesaggio dell’oasi è caratterizzato dalla presenza del Tergola che qui giunge pochi chilometri dopo essere sgorgato dalle Sansughe di Cittadella ed aver attraversato la palude di Onara. L’accesso ad ovest verso l’interessante sistema naturalistico della palude, in comune di Tombolo, è possibile a piedi sfruttando gli argini del Tergola.Per una visita approfondita al Parco della Palude di Onara ed alla piccola chiesa di S. Margherita rimandiamo al volume “La guida turistica di Valle Agredo. Percorsi di natura, arte e storia nel Camposampierese”, pagg. 71-74.

Prima di partire, approfittiamo della vicinanza per una visita alla bella Parrocchiale dei Ss. Giuliana e Giuseppe.Si tratta di un edificio della metà del XVIII secolo, rimaneggiato in epoche successive. La pianta è a croce latina e presenta una elegante facciata, ornata da statue di marmo,

raffiguranti angeli e santi, dello scultore padovano Antonio Bonazza. Ad attirare la nostra attenzione è proprio l’ornatissima facciata settecentesca caratterizzata da quattro colonne impostate su un basamento che reggono l’alto fregio; su di essa si aprono il finestrone centrale curvilineo e gli oculi laterali circolari.

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Lunghezzacomplessiva 20 Km circada Villa del Contea Trebaseleghe

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Nell’interno, a navata unica, notevoli nelle cappelle laterali gli altari in pietre dure. Alle pareti, degne di nota le tele del pittore Giacomo Manzoni che rappresentanoIl martirio di S. Giuliana e il Transito di S. Giuseppe.

Visitata la chiesa, usciamo sul retro e ci dirigiamo in direzione sud lungo il nuovo sentiero in ghiaino stabilizzato; percorsi circa 200 metri, svoltiamo a sinistra su via Roma in prossimità dell’hotel ristorante Al Leone, quindi subito a destra sulla bella strada lastricata in porfido che attraversa il centro del paese; giunti all’incrocio, lasciamo sulla nostra destra piazza Vittoria, con il monumento ai caduti ed i quattro cippi commemorativi realizzati da Bruno Lorenzato e Romeo Sandrin.Giunti all’incrocio con la provinciale 39, se svoltassimo a destra e percorressimo poche centinaia di metri, giungeremmo di fronte a Villa Morosini - Serego - Alighieri - Carlon, un notevole palazzo risalente al 1509, caratterizzato da bifore goticheggianti sulla facciata occidentale.Per seguire il percorso della Via delle Risorgive, svoltiamo invece a sinistra sulla provinciale (denominata in questo tratto via Cà Dolfin), incontrando quasi subito il cartello stradale marrone che ci indica l’itinerario da seguire per raggiungere l’Ostiglia a Santa Giustina in Colle, nostra tappa intermedia.La nostra attenzione viene attirata dalla facciata affrescata di un’elegante villa, si tratta di Cà Dolfin, fatta costruire nei primi anni del Cinquecento da Girolamo Dolfin. La villa veniva utilizzata come luogo della villeggiatura estiva ma costituiva anche il fulcro dell’attività economica legata alla terra. L’edificio è strutturato su tre piani con accesso al piano nobile mediante una scala esterna posta sul lato ovest. Il palazzo era decorato, sia all’interno che all’esterno da affreschi parietali di

notevole pregio coloristico ed artistico, ancora presenti sulla facciata a sud.Sul versante ovest di ‘’Ca’ Dolfin’’ sorge un oratorio dedicato a S. Nicolò di Bari, edificato alla fine del XVI secolo.Superata Cà Dolfin incontriamo quasi subito,

sul lato opposto della strada, Villa Tomasini - Zara - Todesco, casa dominicale edificata probabilmente nel XVII secolo, come denota l’aspetto della parte più antica, quella colonica, caratterizzata dall’ampio cortile, e dalla barchessa coi suoi grandi archi adatti al passaggio di carri. Alla metà del XIX secolo risale invece l’edificio di residenza, a base rettangolare. Notevoli all’interno le decorazioni ad affresco con vedute architettoniche classicheggianti nel grande salone con pavimento alla veneziana, gli stemmi sullo scalone e gli ornamenti floreali nei soffitti delle stanze. La villa è oggi adibita a ristorante e bed & breakfast.

Oltrepassata villa Todesco, incrociamo quasi subito, sulla sinistra, via Mulino, la stradina che conduce al Mulino Benetello, notevole esempio di archeologia industriale, ancora funzionante.Si tratta di uno dei numerosissimi mulini lungo il Tergola, quasi tutti scomparsi o abbandonati, che proprio per questo era detto “il fiume dei cento mulini”. La sua edificazione risale al XVII secolo. Nel primo dopoguerra, oltre a macinare grano, forniva energia elettrica alle case del circondario.

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La presenza quasi costante del Tergola nel primo tratto del nostro itinerario ci suggerisce di approfondire la storia e le caratteristiche di questo fiume che, con i suoi 36 chilometri, è il più lungo fiume di risorgiva del padovano.Il Tergola, come abbiamo visto, nasce dalle Sansughe, ampie fosse di risorgiva situate a sud – est di Cittadella e, attraversando quasi subito la palude di Onara, riceve ulteriori apporti idrici.Proprio il fatto di essere originato da risorgive fa del Tergola un fiume dalle acque cristalline, stabili e controllabili, caratteristica quest’ultima che ha favorito il sorgere lungo il suo corso di numerosi mulini. Uscito dalla palude di Onara, il Tergola entra nel territorio di Sant’Anna Morosina, prima di scendere verso Villa del Conte; qui incrocia il Ghebo Mussato, che lo scavalca per mezzo di un ponte canale in ferro. Nei pressi di Villa del Conte, grazie ad una serie di paratie, le acque del Tergola danno origine al Piovego di Villa Bozza che sfocia nel Brenta a Tavo. Il ramo principale continua invece il suo corso verso sud-est bagnando Santa Giustina in Colle e San Giorgio delle Pertiche fino a giungere a Torre di Burri deve riceve le

acque del Vandura, sottopassa il Muson dei Sassi e si dipana nel graticolato toccando Bronzola e Sant’Andrea, prima di entrare in territorio vigontino e affluire nel Brenta a Stra. Gli argini del Tergola, nel tratto iniziale che va dalle sorgenti a San Giorgio delle Pertiche, non sono ancora attrezzati ma consentono ugualmente delle interessanti escursioni a piedi in mezzo alla natura. Il tratto tra Torre di Burri e Vigonza è invece un affascinante percorso ciclo-pedonale che può diventare ad anello, uscendo su strade secondarie. Il Percorso Tergola s’innesta infatti nel sistema ciclabile dell’alta padovana, in particolare con il grande anello fluviale ciclabile attorno Padova. Si collega direttamente con il “Cammino di Sant’Antonio”, lungo il Muson dei Sassi e con l’argine sinistro del Brenta.

Lungo il corso del Tergola sopravvivono preziose testimonianze storico artistiche, in particolare le chiesette millenarie ed i mulini, esemplari significativi di archeologia industriale, in alcuni casi ancora funzionanti.

La passerella e le dorate coppedei salici sul Tergola

fanno un paese leggero d’erba

e gocce di rugiadaai suoi piedini scalzi.

Versi tratti da: “Ai suoi piedini scalzi”.Bino Rebellato, Non ho mai scritto il verso, Rusconi 1994

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Dopo questa opportuna digressione sul Tergola riprendiamo il nostro itinerario che avevamo lasciato in via Cà Dolfin, dove, giunti alla rotonda, proseguiamo dritti lungo la strada maestra, quindi, a 1,5 km dalla partenza, svoltiamo a destra in via Prai dell’Acqua, all’imbocco della quale sopravvive, seppur sofferente e fiocamente gocciolante, una fontanella,

residuo dei tempi andati.Percorriamo la bella stradina di campagna in mezzo a coltivazioni ordinate tra le quali il mais e la soia la fanno da padrone. Incontriamo qualche bel rustico recuperato con gusto insieme ad episodi architettonici senz’altro più discutibili.Al km 2,3, giunti allo stop, svoltiamo a sinistra su via Ponte del Mulino, ed entrambi...ponte e mulino,

sono lì ad attenderci dietro l’angolo: il primo ci consente di attraversare il Tergola; della presenza del secondo, non più funzionante e ormai abbandonato, ci rendiamo conto dal salto d’acqua sul fiume, testimonianza ancora vivida dell’operosità antica che vi si svolgeva.Ma è guardando verso est, oltre la spalliera del ponte che, improvvisamente, il nostro sguardo viene attirato da un enorme murales disegnato sulla facciata di un altro mulino abbandonato lungo il Tergola: il volto raffigurato è quello di Gilles Villeneuve, l’indimenticabile “canadese volante”, uno dei piloti più amati nella storia della Formula 1 e della Ferrari la cui prematura morte contribuì a creare un mito ancora

vivissimo. Il murales è lì da trent’anni, recentemente è stato restaurato ed è ancora meta di visite da parte dei vecchi tifosi di Gilles.Attraversato il Tergola entriamo in territorio di Santa Giustina in Colle; qui ci immettiamo sulla Provinciale 39 prendendo la prima uscita sulla rotonda, in corrispondenza della quale il cartello indicatore marrone ci indica che siamo sulla giusta strada suggerendoci di spostarci sulla pista ciclabile che corre sul lato sinistro della strada. Siamo a Tremarende, località che (come ci racconta Ivo Beccegato nella sua recente pubblicazione “L’Ostiglia e dintorni”), deve la propria etimologia al fatto che, grazie ad una autorizzazione dei Dogi veneziani, i numerosi pastori che vi transitavano potevano sostare qui tutto il giorno e quindi consumare il cibo, la “marenda”, del mattino, del mezzogiorno e della sera per sei mesi all’anno.Procediamo ancora lungo la ciclabile in direzione Santa Giustina; il Tergola scorre alla nostra destra, placido e rassicurante, svelandoci ogni tanto qualche scorcio degno di nota. Al km 4,8, spunta all’orizzonte il campanile della

parrocchiale che ci avvisa che il paese si sta ormai approssimando. Al km 5,6 un cartello sulla sinistra, quando ormai la facciata della chiesa è di fronte a noi, ci informa che siamo nei pressi della scuola A. Moro, realizzata nel XX secolo dall’architetto Quirino De Giorgio.Prima di raggiungere l’Ostiglia ci concediamo una sosta a Santa Giustina in Colle per rifocillarci in uno dei numerosi bar del centro e per visitare la chiesa parrocchiale, consacrata all’inizio del ‘900 sul luogo dove sorgeva un’antichissima pieve. Interessante l’interno, illuminato da ventisette finestre, a tre navate divise da dodici

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colonne ed impreziosito secondo un preciso piano iconografico di cui è autore il pittore padovano Giacomo Manzoni. All’esterno meritano una sosta silenziosa le ventiquattro lapidi che ricordano l’eccidio perpetrato da truppe tedesche in ritirata che qui, il 27 aprile del 1945 trucidarono 24 civili inermi, tra cui il parroco Don Giuseppe Lago.

Da Santa Giustina in Collea Piombino DeseLasciando il centro di Santa Giustina alle nostre spalle e dirigendoci verso l’Ostiglia, al Km 6 del nostro tragitto, ormai inglobato nel centro di Santa Giustina in Colle, costeggiamo nuovamente il Tergola e incontriamo l’antico Mulino Zorzi. Esso un tempo aveva tre ruote: probabilmente due “per di sotto”, sul normale livello del fiume, e una “per di sopra”, azionata dall’acqua che cadeva da una “rosta”. Pur non essendo oggi funzionante, il mulino conserva ancora all’interno gli antichi macchinari per la macinatura che testimoniano un mondo ed un’economia ormai scomparsi.

Seguendo le indicazioni, ci immettiamo quindi sulla pista ciclabile che costeggia la Provinciale 39, in quel tratto denominata via San Giorgio e, dopo poche centinaia di metri, svoltiamo a sinistra per imboccare l’accesso all’Ostiglia da via Santo Stefano.

Se invece decidessimo di svoltare a quel medesimo incrocio, ma a destra, ci imbatteremmo subito in un’area di sosta attrezzata lungo l’Ostiglia e potremmo quindi procedere verso ovest in direzione Arsego, Curtarolo Piazzola sul Brenta.Vedi al riguardo: “La guida turistica di Valle Agredo. Percorsi di natura, arte e storia nel Camposampierese”, pagg. 66-69.

Ma è invece l’est che ancora ci chiama…imbocchiamo quindi, rivolti verso oriente, il tracciato della dismessa ferrovia che, come abbiamo visto, funge da cerniera tra il tratto iniziale e quello conclusivo del nostro itinerario lungo la Via delle Risorgive e che, pertanto, utilizzeremo per arrivare fino a Piombino Dese, da dove, dopo aver visitato villa Cornaro ed il suo giardino, intraprenderemo il sentiero che ci condurrà al parco del Draganziolo, a Trebaseleghe.

Imboccando l’Ostiglia appare a questo punto necessaria, oltre che opportuna, una breve digressione su questa importante ciclopedonale che, di fatto, costituisce la spina dorsale della viabilità verde nel Veneto centrale. La ciclopedonale Treviso – Ostiglia o, più semplicemente, “L’Ostiglia”, come è comunemente conosciuta da quanti la frequentano in tutte le stagioni, a piedi, in bici, coi bastoncini

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camposampierese; esso ha contribuito in pochissimo tempo a rivoluzionare l’uso del tempo libero e l’approccio con la natura ed il paesaggio da parte delle moltissime persone che utilizzano questo sentiero di pianura come luogo per

fare sport, incontrarsi, socializzare, conoscere e scoprire il territorio.Percorrendo l’Ostiglia si incontrano le vecchie strutture di supporto alla ferrovia: stazioni precedute da tratti di palizzate in cemento, case cantoniere che presentano lo stesso impianto costruttivo, ponti, sottopassi, in molti casi opere murarie di pregevole fattura, testimonianze silenziose di quando l’infrastruttura era in funzione; ma ci si imbatte anche negli effetti

ancora visibili dei bombardamenti aerei, segnalati da cartelli che indicano “buca di bomba” o dai relitti quasi invisibili dei ponti abbattuti.Nel tratto da Santa Giustina in Colle a Piombino Dese, che misura una decina di chilometri, il tracciato corre in direzione ovest – est. Il percorso è distensivo e facile e può essere affrontato da persone di ogni età; offre inoltre l’occasione per visitare alcuni luoghi pregevoli del territorio.La vegetazione che si incontra è fatta di arbusti e alberi tipici della pianura padana, come l’olmo e il salice bianco, e di essenze provenienti da altri continenti che si sono talmente adattate al nostro clima da riprodursi spontaneamente, come la robinia. Ora che ci siamo fatti un’idea sul passato e il presente dell’Ostiglia, iniziamo a percorrerne il sentiero che si sviluppa sotto ad un semi tunnel naturale di vegetazione che ci fa subito apprezzare l’ombreggiatura che favorisce il cammino, anche nella stagione calda.

della camminata nordica, da soli, in compagnia o con gli amici a quattro zampe, rappresenta senza dubbio la principale novità in fatto di piste ciclopedonali nell’Italia settentrionale: una volta completata, con i suoi centodiciotto chilometri, diverrà una delle piste ciclabili più lunghe d’Italia e costituirà uno delle principali attrattive del progetto Green Tour avviato dalla Regione Veneto. Attualmente il tracciato attraversa le province di Treviso e Padova e tocca quella di Vicenza. L’idea della ferrovia Treviso – Ostiglia nacque nei primissimi anni del XX secolo. I lavori erano appena iniziati, quando la Prima guerra mondiale li bloccò. La realizzazione riprese nel 1919 e si concluse il 28 ottobre 1941, quando il secondo conflitto era già iniziato. La ferrovia fu pesantemente bombardata dagli Alleati nel 1944 e perciò essa venne utilizzata solo per tre anni.Nel dopoguerra, alcuni tratti vennero ripristinati, ma servivano solo a un piccolo traffico locale; la linea fu completamente dismessa nel 1987.

Risale invece al 2005 l’inizio dei lavori per renderla una via ciclopedonale sicura e percorribile da tutti. Il tratto padovano, di trentadue chilometri, interamente asfaltato corre prevalentemente in territorio

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Percorsi circa mille metri lungo l’Ostiglia, al km 7,1 del nostro itinerario iniziato dalla chiesa di Villa del Conte, un bel ponte in pietre a faccia vista scavalca il Rio Orcone. Poco oltre, il percorso si interrompe ed è necessario scendere dal terrapieno dell’Ostiglia, svoltare a destra lungo una stradina sterrata e passare (siamo circa al km 8 del nostro itinerario), sotto al nuovo cavalcaferrovia, oltrepassato il quale, la mole massiccia ed inconfondibile dell’ospedale di Camposampiero ci avvisa che siamo ormai prossimi alla cittadina antoniana.Qui il vecchio tracciato dell’Ostiglia subisce una brusca deviazione verso nord e corre per un lungo tratto lungo i binari delle linee ferroviarie tuttora attive Padova - Bassano e Padova - Castelfranco. Proprio questa zona, nel secondo conflitto mondiale, fu pesantemente bombardata dall’aviazione alleata con danni notevoli e distruzioni che causarono, purtroppo, anche vittime civili.Un ordigno inesploso è stato recentemente rinvenuto nella zona del vecchio cavalcaferrovia, causando, tra l’altro, una deviazione temporanea della ciclopedonale. Entrati in territorio di Camposampiero, l’Ostiglia lambisce le acque del Vandura.Come il Tergola, anche il Vandura, nasce lungo la linea delle risorgive del nord padovano, tra Campretto ed Abbazia

Pisani alle cosiddette Vae di Campretto; simili sono anche i corsi serpeggianti dei due fiumi, il colore delle acque e la vegetazione sui loro argini. Lungo il suo corso, il Vandura riceve numerosi rigagnoli di sorgiva, oltre al canale Brentella, che contribuiscono rapidamente ad ingrossarne le acque.Ma è a Camposampiero che il Vandura incontra la storia: a ridosso del medievale Campo Marzio, si divide infatti in due rami che circondano completamente il centro cittadino e vanno a costituire il

grande sistema difensivo realizzato dalla famiglia dei Camposampiero che regnavano su queste terre fin dall’XI secolo.Quello dei Camposampiero era un castello di campagna, costruito in pianura, senza rilievi e protetto da mura solo su alcuni lati: l’acqua,

di cui il luogo era particolarmente ricco, venne sfruttata come elemento naturale di difesa, sia canalizzandola - è molto probabile a questo proposito che un fossato cingesse anche la rocca, l’attuale palazzo Tiso - sia approfittando delle zone paludose a nord del castello, che offrivano una naturale protezione da invasioni e scorribande.Sia come sia, il castello dei Camposampiero non venne mai conquistato e ciò si deve probabilmente anche ai corsi d’acqua che gli fecero da barriera. Le acque del Vandura, dopo aver circondato la cittadina, tornano quindi a formare un unico alveo che scorre a destra della Statale del Santo, prima di confluire nel Tergola a Torre di Burri.

Nei pressi del Vandura, al km 10 del nostro itinerario, l’Ostiglia affianca i Santuari Antoniani, elemento identitario della città di Camposampiero.Merita senz’altro una deviazione la visita alla bella cittadina medievale, luogo antoniano tra i più importanti, per ammirare il Santuario del Noce, con gli splendidi affreschi di Girolamo Tessari e la pala d’altare di Bonifacio De

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Pitati, il Santuario della Visione, con la cella del Santo e la tavola dipinta da Antonio da Murano, Palazzo Tiso, l’antica rocca dei Camposampiero, le torri medievali svettanti sul centro storico, la chiesetta della Madonna della Salute, l’intreccio di fiumi e canali, le ville Querini e Campello: tutte testimonianze di una storia e di una civiltà millenaria che ancora sopravvive, a volte intatta, altre mutata eppure visibile sotto alle stratificazioni del tempo.Per una visita approfondita di Camposampiero rimandiamo al volume: “La guida turistica di Valle Agredo. Percorsi di natura, arte e storia nel Camposampierese”, pagg. 32-43.

Dai Santuari Antoniani per ritornare sull’Ostiglia è necessario seguire per un breve tratto la pista ciclabile che corre lungo la ferrovia, facendo attenzione a seguire il cartello marrone che indica il percorso Muson dei Sassi.

Ritornati sul sedime dell’Ostiglia, ci muoviamo di nuovo verso est, lasciamo alla nostra sinistra la nuova, accogliente area attrezzata e giungiamo in breve al suggestivo ponte di pietra, sotto al quale scorre il Muson Vecchio, detto “Ponte del fascio”, perché un fascio littorio in pietra, risalente al Ventennio, è ancora visibile sulla parte esterna dell’arcata che guarda verso nord. Qui giunti, vale la pena uscire dall’Ostiglia per fare una deviazione sull’argine sinistro del Muson Vecchio

e percorrerlo, a piedi o con la bici a mano, in direzione nord. Il tratto percorribile è purtroppo breve in quanto, giunti ai binari della Padova – Castelfranco non è possibile proseguire oltre. Tuttavia, il pur breve tratto percorso è in grado di darci un’idea di quali straordinarie potenzialità paesaggistiche

potrà avere un sentiero sul Muson Vecchio, una volta realizzato.È molto probabile che in quelle poche centinaia di metri, dove il fiume si nasconde tra le fronde, vi imbatterete in aironi cinerini, garzette, e altri uccelli, mentre guardandovi intorno vi stupirete di vedere solo campagna e la punta di un campanile, lontano, sopra l’argine del fiume.

Fra i corsi d’acqua che incrociamo nel nostro tragitto, il Muson Vecchio è probabilmente il più importante dal punto di vista storico: esso infatti segnava il confine fra la “centuriazione cis Musonem”, (al di qua -cis- del fiume Muson) e il municipio di Altino come confermerebbe l’iscrizione “Muson Mons Athes certos dant mihi fines” sul sigillo medievale della città di Padova. Ma a riprova della rilevanza storica di questo corso d’acqua vi è anche la scritta riportata nell’antico sigillo della città di Treviso: “Monti Musoni Ponto Dominique Naoni” (il mare, le montagne, il fiume di Pordenone e il fiume Muson), che elenca i confini della Marca. Come il Tergola, anche il Muson Vecchio è un fiume di risorgiva. Nasce a San Martino di Lupari al confine con Loreggia, attraversa quindi Loreggia e Camposampiero, dove passa sotto l’alveo del Muson dei Sassi tramite un ponte-canale, il “Ponte alle Bocche”, pregevole opera idraulica realizzata dai veneziani, prosegue quindi verso est, entrando nel territorio di Massanzago per poi giungere a Mirano, dove le sue acque, che originariamente sfociavano nella laguna,

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sono incanalate verso il Naviglio del Brenta per mezzo del Taglio Nuovo o Canale di Mirano. L’appellativo Vecchio risale all’inizio del XVII secolo: si tratta infatti di ciò che resta del corso originale del Muson, che originariamente raccoglieva anche le acque di innumerevoli sorgenti situate nelle colline asolane. Per arginare i continui allagamenti che tale corso d’acqua provocava, nel 1612 la Serenissima deviò le acque del Muson Vecchio dalle acque di Asolo che furono fatte confluire nel Muson dei Sassi, sfociante nel Brenta a Castagnara. I lavori operati dalla Serenissima portarono il Muson Vecchio a sfociare nel Brenta presso Mira. Nel medioevo, il Muson Vecchio segnava uno dei confini tra

le terre di Padova e quelle di Treviso: era quindi un corso d’acqua strategico e per questo era difeso da un sistema di fortificazioni denominato“Serraglio del Muson”. Se il Tergola era detto “il fiume dai cento mulini”, anche lungo il corso del Muson ne furono edificati molti, alcuni dei quali sono ancora esistenti seppur non più funzionanti (Mulino Baglioni tra Massanzago e Borgoricco, Mazzacavallo a Zemignana, Stigliano, Mulini di Sopra a Mirano).

Lasciato il Muson Vecchio con la sua storia secolare, ed un avvenire tutto da inventare, torniamo sull’Ostiglia dove, poche centinaia di metri più a est, è necessario scendere dalla massicciata, costeggiarla per un breve tratto (nel quale è visibile e segnalata sulla destra una cavità causata da uno dei numerosi bombardamenti alleati) giungendo quindi, al km 11,8, all’incrocio con il percorso Muson dei Sassi, evidenziato dalla presenza di un punto ristoro per podisti, camminatori e cicloamatori.

Qui giunti si può fare una deviazione per visitare, a Loreggia la chiesa parrocchiale dedicata alla purificazione di Maria, con gli splendidi stucchi e le tele di scuola bassanesca, Villa Polcastro – Wollemborg - Gomiero elegante residenza di campagna con giardino

romantico ideato da Jappelli e la cinquecentesca Villa Rana, oggi municipio.Per una visita approfondita a Loreggia rimandiamo al volume “La guida turistica di Valle Agredo. Percorsi di natura, arte e storia nel Camposampierese”, pagg. 29-31.

Nel nostro caso proseguiamo invece lungo l’Ostiglia verso est, con destinazione Piombino Dese, scavalchiamo il Muson dei Sassi e la Statale del Santo su due ponti Bailey di ardita bellezza e incrociamo quasi subito (siamo al km 12,5 del nostro itinerario) via Rana, dove è necessario fare attenzione nell’attraversamento, effettuato il quale ad attirarci sulla destra è la nuova, accogliente area di sosta attrezzata. Percorriamo ancora qualche centinaio di metri e incrociamo il rio Rustega.Al km 13,2, sulla sinistra, incontriamo invece la vecchia stazione ferroviaria di Loreggia, un manufatto ancora

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in buono stato che offre all’esterno alcune gradite zone d’ombra e che, col suo aspetto caratteristico ha il potere di riportarci indietro nel tempo. Oltrepassata la stazione, il sentiero subisce una deviazione rispetto al suo andamento rettilineo causato dalla massicciata della statale 308. Si gira quindi sulla sinistra e, percorsi pochi metri, è necessario scendere dalla bici per attraversare via Tolomei, facendo molta attenzione in quanto la strada è piuttosto trafficata. Si passa quindi sotto al cavalcavia della Regionale 308 e ci si immette nuovamente sul tracciato rettilineo dell’Ostiglia costeggiando a sinistra un vecchio casello della dismessa linea ferroviaria, oggi trasformato in casa di abitazione.Al km 14,4 il sentiero incrocia via Malfattini, anche in questo caso è necessario fare attenzione nell’attraversamento, nei pressi del quale sorge Villa Arrigoni, risalente alla fine del Settecento, semplice costruzione signorile, con sobria facciata sormontata da un leggero timpano. Il nostro tragitto prosegue quindi spedito e, al km 15,4, al confine tra Loreggia e Piombino Dese, tra le località di San

Luigi e Ronchi ci imbattiamo nel cartello indicatore che indica una stradina che si insinua a sud nella campagna: il tragitto ciclopedonale per raggiungere Massanzago passando per Rustega.

Pochi metri più a est il nostro itinerario incontra il fiume Marzenego. Possiamo scegliere di proseguire lungo l’Ostiglia, oppure parcheggiare la bici ed avventurarci lungo gli argini di questo corso d’acqua, entrambi percorribili a piedi, che si addentrano serpeggianti nella campagna regalando scorci di paesaggio davvero suggestivi. Anche l’antico Marcenum, come la maggior parte dei corsi d’acqua che incontriamo lungo il nostro tragitto è un corso d’acqua di risorgiva. Nasce pochi chilometri a nord, in provincia di Treviso nel comune di Resana, e scorre in direzione sud - est per poco meno di 50 km bagnando Loreggia, Piombino Dese, Trebaseleghe, Noale, Salzano, nei cui pressi riceve le acque del Draganziolo, Martellago e Mestre, prima di sfociare in laguna, non lontano dall’aeroporto di Tessera e dal parco di San Giuliano.Così come il Tergola, anche il Marzenego presenta lungo il suo corso numerosi mulini che un tempo venivano utilizzati per la macina dei cereali (nel 1781 Tomaso Scalfurotto ne censì 19). La Serenissima Repubblica, sempre attenta alla gestione e al governo delle acque, realizzò numerosi interventi di regimazione delle acque del Marzenego; il più importante risale all’inizio del XVI secolo, con lo scavo della deviazione Osellino, per allontanare le sue acque da Venezia, aumentandone nel contempo la portata.

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Attraversato il Marzenego grazie a un bel ponte Bailey, proseguiamo quindi verso Piombino Dese.Circa duecento metri dopo il ponte, al km 15,6 del nostro percorso, l’attraversamento di una strada comunale, posto vicino ad una curva, suggerisce nuovamente di scendere dai pedali e di attraversare con la bici a mano.

Un migliaio di metri ci separano a questo punto dall’incrocio tra l’Ostiglia e la Strada provinciale 34, giunti al quale, se proseguissimo sull’Ostiglia verso Treviso incontreremmo

presto Ca’ Marcello, a Levada, splendido esempio di villa veneta del XVI secolo, con parco all’inglese, affrescata da Giovanni Battista Crosato (Vedi: Guida turistica di Valle Agredo. Percorsi di natura, arte e storia nel Camposampierese”, pagg. 57-58); qualche chilometro più a ovest, nel tratto conclusivo attraversato dall’Ostiglia, ci imbatteremmo infine nell’Oasi di Santa Cristina o di Cervara, zona umida di riconosciuto interesse paesaggistico ed ambientale all’interno del Parco regionale del fiume Sile (Vedi: Guida turistica di Valle Agredo. Percorsi di natura, arte e storia nel Camposampierese”, pagg. 54-55).

Ma Villa Cornaro e il sentiero lungo il Draganziolo ormai sono alle porte: abbandoniamo pertanto il tracciato dell’ex ferrovia dirigendoci a sinistra in direzione del centro di Piombino Dese dove visiteremo la villa ed il suo giardino.

Prima di iniziare la visita vale la pena ricordare che proprio tra Piombino Dese e Casacorba, al confine tra la provincia di Padova e quella di Treviso, si trovano le sorgenti del Sile, oggi inserite all’interno del Parco regionale del fiume Sile. Il Parco è raggiungibile dal centro di Piombino, proseguendo in direzione nord verso Torreselle, che si lascia sulla destra per proseguire fino a Ca’ Zorzi, dalle cui vicinanze, ben segnalati, partono gli itinerari che permettono di visitare la zona delle risorgive. Va inoltre sottolineato che la parte più estesa e pregevole tra quelle che ancora conservano il valore naturalistico di biotopi palustri si trova, all’interno del parco, proprio in territorio di Piombino Dese.

Villa Cornaro-Gable è oggi quasi inglobata nel centro di Piombino Dese. Fu progettata nel 1551 e realizzata in quattro anni da Andrea Palladio (1508-1580) per Giorgio Cornaro che potè abitarvi già nel 1554. Si tratta dell’unica villa palladiana di campagna a presentare soluzioni usate di solito nei palazzi di città. Le facciate del corpo centrale hanno due logge sovrapposte a sei colonne, ioniche al piano inferiore e corinzie al superiore, più sottili per aumentare l’impressione di slancio verticale. La chiusura è affidata ad un timpano triangolare con un piccolo oculo rotondo e stella inscritta. Addossate al corpo quadrato centrale sono due brevi ali, che presentano una struttura più compatta.

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L’interno ha la pianta impostata su salone centrale e stanzette laterali. Il salone quadrato del piano inferiore, dominato da quattro eleganti colonne, presenta sei nicchie in cui nel 1590 furono collocate le statue a grandezza naturale di antenati illustri della famiglia Cornaro scolpite da Camillo Mariani (1567-1611). Si tratta del doge Marco Corner (1281 circa-1368), il duca di Candia Zorzi Corner il Vecchio (1368 circa-1433), la regina di Cipro Caterina Corner (1454-1510), il Cavaliere e Procuratore Zorzi Corner (1454-1527), il senatore Girolamo Corner (1485 circa-1551) e Zorzon Corner (1517-1571). La ‘Galleria degli antenati’ non è tanto una esaltazione delle virtù del singolo e della famiglia – che il sospettoso governo della Serenissima non avrebbe accettato – quanto piuttosto la celebrazione del valore di uomini che

furono al servizio dello stato.La decorazione ad affresco, che incanta con le sue tinte tenui ed armoniose e con gli ampi paesaggi in cui si individuano vivaci figurine allungate, risale al 1716-18. È opera di Mattia Bortoloni, pittore in bilico tra il

tardo-manierismo e il rococò, che qui realizzò la sua prima opera di ampio respiro. La fonte iconografica è la bibbia del Mortier, pubblicata ad Amsterdam all’inizio del 700 ed infatti i dipinti raffigurano episodi biblici entro eleganti cornici in stucco. Al primo piano, visitabile, sono rappresentate scene tratte dall’Antico Testamento: storie di Noè nella camera lunga ovest; la costruzione della Torre di Babele e storie di Abramo e Isacco nella sala quadrata ovest; vicende di Isacco, Giacobbe ed Esaù nel camerino ovest; storie di Mosè nella stanza quadrata e nel camerino est; vicende di Davide e dell’edificazione del Tempio di Salomone nella camera lunga est. Recentemente, Angelo Pelloso, nel libro “Misteri di Villa Cornaro. Simboli e percorsi massonici nella Piombino del Settecento”, dopo accurate ricerche d’archivio ha riproposto, sostenendola, la tesi del critico americano Douglas Lewis, secondo cui negli affreschi del Bortoloni, fatti realizzare da Andrea Cornaro, sarebbero presenti simboli proto-massonici, che ritroveremmo anche in alcuni elementi del giardino della villa. La villa è visitabile il sabato dalle 15.30 alle 18, dal 1 maggio al 30 settembre.

La Peschiera, un’eccellenza tra arte e storia

Gerolamo Cornaro, nel 1544, acquistò un fabbricato, ampliato successivamente da Vincenzo Scamozzi e destinato a “barchessa” della villa palladiana che doveva essere parte di un fondo attraversato dal Dragonzolo (Draganziolo). Alla morte di Gerolamo avvenuta nel 1551, i figli Andrea e Giorgio ereditarono la proprietà, metà ciascuno, toccando la casa

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dominicale ad Andrea e ponendo Giorgio nella necessità di provvedere ad una propria abitazione, che commissionò ad Andrea Palladio.Verso la fine del XVII secolo e l’inizio del XVIII vengono intrapresi lavori sulla villa e al suo esterno: modifica delle scalinate, peschiera, ponte, biforcazione del vecchio Draganziolo a formare l’isola detta “sacrestia”.Dal 1800 al 1950 non vi sono mutamenti riferibili ai fabbricati mentre per i terreni si assiste ad un loro ritorno alla coltivazione vera e propria con la conseguente riduzione del brolo; restano a testimonianza della sistemazione del passato i filari di carpini secolari che verranno abbattuti dopo il 1950.

La peschiera è uno specchio d’acqua lungo 180m e largo 30m situato nei terreni che un tempo per gran parte costituivano le aree di pertinenza di Villa Cornaro. Prende acqua dal fiume Draganziolo e la restituisce allo stesso più a valle dopo

essere passata davanti alla Villa. La peschiera si trovava in uno stato di abbandono e di forte degrado; in essasversavano scarichi provenienti dalle abitazioni di via Roma. L’originale alveo era in gran parte interrato per incremento della superficie coltivabile, per cause naturali di dilavamento

dei terreni di sponda e per apporto di sostanze organiche davegetazione che oramai si era impadronita di tutto l’alveo. A tal proposito la documentazione fotografica dà conto di uno stato di degrado che interessava la quasi totalità della superficie. Il canale di adduzione risultava essere più in ordine per quel che concerne la vegetazione ma la sua sezione trasversale non era quella del secolo scorso (rappresentata nelle mappe d’impianto del 1904): era diminuita ed

insufficiente ad alimentare la peschiera in condizioni minime di esercizio.Il ponte che attraversa la peschiera è a sette arcate ed è largo 11m e lungo 29 m. La chiusa, posta in testa al canale di adduzione, non era funzionante e di

dimensioni inadeguate. È da rilevare che da quando è cessata la derivazione delle acque verso la peschiera sono venute meno anche le opere diregolazione antistanti la chiusa ed in particolare quella costituita dalla paratia mobile che innalzava l’acqua, facilitando lo sversamento in peschiera.Tale paratoia di legno veniva infilata nelle gole laterali ricavate nella muratura di sponda la cui sagoma ed altezza consentivano lo sfioro delle acque e la loro guida in curva appena dopo l’uscita dal ponte su via Pozzetto.

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Il ripristino idraulico della PeschieraHa previsto la realizzazione delle seguenti opere:- scavo fino alla configurazione dell’alveo originale;- costruzione di due paratoie, ingresso e uscita;- costruzione delle passerelle pedonali e delponte che attraversano la peschiera ed il Draganziolo;- realizzazione del percorso pedonale lungo tuttala peschiera sul lato nord;- costruzione del canale di scarico e del manufattodi “troppo pieno”;- recinzioni, impianti elettrici, tombotti;- sistemazione del verde;

ParatoieLe acque all’interno della peschiera sono regolate da due paratoie: una in corrispondenza di via Pozzetto, ed una in uscita in prossimità del canale di scarico che confluisce sul Draganziolo, in via Cornaro. Questi due manufatti sono

realizzati in modo che debbano fra loro relazionarsi.Le paratoie sono motorizzate e collegate con linea elettrica e dotate di sensori di livello.

Ponti pedonaliIl posizionamento del ponte è avvenuto in corrispondenza della isoletta posta all’inizio della peschiera: in questo punto un tempo c’erano due ponticelli in laterizio che collegavano il brolo con l’isoletta e questa con i campi coltivati. Si tratta di un ponte che consente di passare da una sponda

all’altra della peschiera e che nel contempo permette una visione dell’intero specchio d’acqua.

Percorso pedonaleIl percorso si sviluppa lungo il canale d’ingresso e su quasi tutto il fronte nord della peschiera e in futuro potrebbe proseguire sul lato sud della stessa e quindi ad ovest del nucleo residenziale di via Cornaro fino alla Via delle Risorgive. Il percorso pedonale darà la possibilità di ammirare il fronte sud della villa, il ponte e la peschiera ed il paesaggio circostante che diversamente sarebbero preclusi. La visione dei capolavori porta verso la conoscenza e da questa alla considerazione ed al rispetto degli stessi.

Villa Cornaro pur essendo una delle poche abitate ha perso,da oltre due secoli, la funzione per la quale era stata concepita.Il progetto riportando “in vita” la peschiera pone anche il problema dell’utilizzo della medesima, dei percorsi esclusivamente pedonali, dei giardini, del loro restauro e del loro ripristino e, più in generale della formazione di quello che in futuro potremo denominare il “Parco di Villa Cornaro”. Dal centro del paese in tre passi ci si immergerà nella quiete e nel silenzio di una campagna che ci si augura resti tale “per molti e molti anni”.

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Da Piombino Dese a TrebaselegheDopo aver visitato villa Cornaro ed averne ammirato il brolo il giardino e la peschiera restituiti a nuovo splendore, il nostro tragitto prosegue a piedi lungo l’ultimo tratto della

Via delle Risorgive che, da qui in poi, costeggia per lunghi tratti il Draganziolo, piccolo fiume di risorgiva che nasce a Resana, attraversa Piombino Dese, Trebaseleghe e le frazioni Cappelletta e Moniego di Noale, prima di immettersi nel Marzenego poco prima di Robegano.

A ovest del giardino di villa Cornaro

imbocchiamo quindi il sentiero in ghiaino stabilizzato e ci dirigiamo in direzione Trebaseleghe. Prima di addentrarsi nella campagna il percorso segue per un brevissimo tratto via Cornara, si svolta quindi a sinistra in via Marconi proseguendo in direzione del centro di Piombino; dopo circa duecento metri è quindi necessario attraversare via Marconi nei pressi dell’Orange Caffè e svoltare a destra per imboccare via Edificio, da qui il sentiero in ghiaino riparte sull’argine destro del Draganziolo che, dopo altri duecento metri attraverseremo su una comoda passerella.Da qui in poi inizia il tratto più suggestivo del percorso, che

si immerge nella campagna regalando scorci di bellezza discreta che vanno assaporati cammin facendo. Lo sguardo verso sud - ovest si posa su un’imponente macchia boschiva: olmi, pioppi, salici, gelsi, acacie, annunciano il terrapieno dell’Ostiglia che si palesa immediatamente attraverso un ardito ponte che scavalca il Draganziolo regalandoci la perfezione della sua volta a botte in pietre a faccia vista.Abbiamo percorso circa un chilometro da villa Cornaro e il paesaggio è mutato decisamente: non più l’elegante e ragionato giardino, ma i rovi e l’intricata sterpaglia che fanno da cornice all’Ostiglia e, guardando verso nord, le coltivazioni di mais, soia, frumento, orzo che si susseguono quasi senza interruzione di continuità, intervallate soltanto da qualche riva che ricama il territorio con i segni caratteristici dell’antica sapienza contadina.Saliamo quindi sul terrapieno dell’Ostiglia che percorriamo per poche decine di metri, quindi, subito dopo aver oltrepassato il cavalcaferrovia sotto al quale passa la linea Castelfranco - Venezia, svoltiamo a sinistra riscendendo dal terrapieno e, facendo attenzione al cartello indicatore che ci indirizza, passiamo sotto ad un altro splendido ponte in pietra dell’Ostiglia.Usciti dalla breve galleria svoltiamo subito a sinistra e costeggiamo la massicciata per circa trecento metri.La Via delle Risorgive in questo breve tratto segue il percorso di una delle strade di servizio dell’Ostiglia.All’epoca della trasformazione dell’Ostiglia in pista ciclopedonale, archiviata (fortunatamente) l’ipotesi di trasformare la dismessa ferrovia in una camionabile, era emersa la proposta di realizzare il sentiero ciclopedonale ai piedi della massicciata, proprio sfruttando queste stradine di servizio. Secondo alcuni ciò avrebbe evitato il disboscamento

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parziale del tratto sommitale necessario alla realizzazione del percorso, preservando in tal modo una zona di rifugio importante per numerose specie animali, in particolare uccelli che, proprio in quella boscaglia creatasi nei decenni, avevano trovato rifugio sfuggendo in questo modo all’antropizzazione selvaggia iniziata alla fine degli anni ‘70.Sia come sia, percorrendo questa stradina possiamo godere ancora di una veduta piuttosto selvaggia dell’Ostiglia, caratterizzata dall’intricata presenza di rovi, ma anche di aceri, gelsi, acacie e platani. Non molto lontano dalla zona che stiamo percorrendo, raggiungibile a piedi, scorre il Marzenego: lo avevamo incontrato pochi chilometri più a ovest e, scavalcandolo sul ponte Bailey, in località Ronchi, c’era venuta voglia di percorrerne a piedi gli argini sinuosi; ora ne intuiamo la presenza vivida tra le fronde. Proseguendo lungo la Via delle Risorgive ci allontaniamo a questo punto definitivamente dalla massicciata dell’Ostiglia svoltando a destra su via Spellateria Alta che percorriamo per un breve tratto, finché la segnaletica non ci indica di svoltare a sinistra nuovamente sull’argine del Draganziolo. Il corso del fiumiciattolo è in questo tratto particolarmente serpeggiante e si insinua nella campagna con curve continue. Le coltivazioni, in particolare quelle di mais, lambiscono gli argini fino a toccarli, mentre fitti canneti danno riparo ai numerosi uccelli acquatici che vi si rifugiano al nostro approssimarsi.Qua e là la campagna è punteggiata da case dominicali e rustici, alcuni dei quali ancora ben conservati; lo sguardo verso nord spazia oltre la vegetazione ed abbraccia i profili delle colline, il silenzio è quasi assoluto, interrotto solo dal richiamo di qualche uccello. Incontriamo quindi

un ponticello di recente costruzione, simpaticamente ribattezzato “Ponte dell’Orso”, che scavalca un fosso che affluisce nel Draganziolo e, poche centinaia di metri dopo, riattraversiamo il Draganziolo ritornando sull’argine destro. Quello che appena tre chilometri a monte appariva poco più che un fosso, ora che all’orizzonte già compare il campanile di Trebaseleghe è ormai divenuto un fiumiciattolo ricco d’acqua. Giunti ormai in prossimità dell’arrivo, percorriamo via Spellateria Bassa fino all’incrocio con via Ronchi. Qui

attraversiamo, facendo come sempre in questi casi estrema attenzione, e proseguiamo a sinistra lungo la pista ciclabile, quindi, giunti nei pressi della trattoria alla Baracca, svoltiamo a destra su Strada Battaglia e costeggiamo il Draganziolo mantenendolo alla nostra sinistra. L’arrivo nel Parco del Draganziolo, nostro traguardo conclusivo è preannunciato dal pattinodromo comunale dove si allenano alcuni tra i migliori velocisti della regione e dal bell’anfiteatro, immerso nel verde, suggestiva sede per spettacoli nella bella stagione e, forse, il principale tra gli interventi realizzati di recente per

valorizzare il parco del Draganziolo. Come in ogni parco pubblico che si rispetti non mancano le attrazioni per i bambini che, infatti, incontriamo numerosi insieme a famiglie, podisti che si allenano, anziani signori e signore che chiacchierano all’ombra degli alberi e amanti degli animali che passeggiamo con a fianco i loro amici a quattro zampe.

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Il nostro itinerario è giunto a conclusione, ma considerata la vicinanza approfittiamo per visitare, in centro a Trebaseleghe, la Chiesa parrocchiale di Santa Maria.Edificata all’inizio del XX secolo in forme neogotiche, essa conserva alcune preziose memorie delle costruzioni precedenti, la prima delle quali già citata in una bolla papale del 1152.Nell’interno a tre navate, l’attenzione viene attirata da una pala d’altare, il Polittico di San Sebastiano, adornato dalla cornice originale, in legno dorato: il dipinto centrale raffigura Cristo con i santi Sebastiano, Rocco, Cosma, Barnaba, Antonio abate e Damiano, accompagnati da angeli musicanti; nella fascia superiore sono tre riquadri: san Girolamo e san Cristoforo; il Compianto sul Cristo morto; san Nicola di Bari e sant’Antonio di Padova. Sulla cimasa, sopra tutti, uno ieratico e singolarmente calvo Dio Padre, con una mano benedice mentre nell’altra tiene il globo terreste. Questo splendido polittico fu realizzato da Andrea da Murano tra il 1500 e il 1502. Un’altra pala d’altare degna di nota si trova nell’abside del transetto destro, è la Natività di Maria di Jacopo Palma il Giovane, che riecheggia lo studio della luce di Tintoretto.

PasseggiataPer la mia anima è passatoun verde luminoso

Io non so altro,non so nulladi quello che accadeIntorno a me, nel resto del mondo

Le strade mi portano dove voglio ioe non ha fine il giorno.

Bino Rebellato, Da una profonda immagine, Rusconi 1980

Scende ormai il tramonto sul parco del Draganziolo, alcuni ragazzini giocano a nascondino tra le piante facendoci tornare nostalgia per quel tempo perduto di cui ancora avvertiamo il sapore. Lontano, in sottofondo, si sentono appena i rumori che arrivano dalle strade lungo cui corrono veloci il progresso e la civiltà.

Noi invece ne approfittiamo per riposarci, comodamente seduti al punto di ristoro del parco; assaporando una birra fresca, ripercorriamo con la mente la bella passeggiata fatta lungo i venti chilometri della Via delle Risorgive ed il mondo lontano e al tempo stesso così vicino che essa ci ha fatto riscoprire.

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Contatti e numeri utiliIAT - Informazioni Accoglienza TuristicaCamposampiero, via Cordenons 17 - c/o Villa Querinitel. 049.9303809 - www.valleagredo.it

Federazione dei Comuni del CamposampiereseCamposampiero, via Cordenons 17 - c/o Villa Querinitel. 049.9315600 - [email protected] - [email protected]

Biblioteche del Camposampierese

Borgoriccotel. 049.9337930 - [email protected]

Campodarsegotel. 049.9299880 - [email protected]

Camposampierotel. 049.9300255 - [email protected]

Loreggiatel. 049.5790551 - [email protected]

Massanzagotel. 049.5797001 - [email protected]

Piombino Desetel. 049.9369420 - [email protected]

San Giorgio delle Pertichetel. 049.9370076 - [email protected]

Santa Giustina in Colletel. 049.9304440 - [email protected]

Trebaseleghetel. 049.9385358 - [email protected]

Villanova di Camposampierotel. 049.9220166 - [email protected]

Villa del Contetel. 049.9390140 - [email protected]

Valle Agredo: www.valleagredo.it

I mercati e le fieredi Valle AgredoBorgoricco - Sagra del Pomodoro e dell’Agricoltura2a settimana di luglio

Campodarsego - Fiera dell’Angelo e Fiera degli Uccellilunedì di Pasqua

Camposampiero - Settimana dell’AgricolturaFiera della Zootecnia, Festa della Fragola1a e 2a settimana di maggio

Loreggia - Sagra di San Rocco2a e 3a settimana di agosto

Massanzago - Sagra del Melone3° fine settimana di luglio

Piombino Dese - “C’era una volta… il giardino dei bimbi”3a e 4a domenica di maggio

San Giorgio delle Pertiche - Fiera di Arsego3a e 4a settimana di ottobre

Santa Giustina in Colle - Festa dei Fiori3a domenica di aprile

Trebaseleghe - Fiera dei Mussidall’ultima settimana di agostofino alla 2a settimana di settembre

Villa del conte - Fiera di Villa del Conteultima settimana di giugno e 1° di luglio

Villanova - Antica Sagra del Santo Sepolcro1a domenica di settembre

Indice

Introduzione .........................................................................................................................7

Premessa storicaLa fascia delle Risorgive:un habitat unico da conoscere e conservare ...................................11

Un sentiero nel paesaggio e nella storia .........................................12Gli interventi realizzati .....................................................................................14

Prima di partire… .........................................................................................................17

Itinerario 4 - La Via delle RisorgiveTra natura e arte,alla ricerca del tempo perduto .....................................................................21Il percorso ...........................................................................................................................21Da Villa del Conte a Santa Giustina in Colle ........................................23Da Santa Giustina in Colle a Piombino Dese .......................................30La Peschiera, un’eccellenza tra arte e storia ........................................45Da Piombino Dese a Trebaseleghe ..............................................................50

I mercati e le fiere di Valle Agredo ...............................................................56

Contatti e numeri utili ..............................................................................................57

Iniziativa finanziata dal Programmadi Sviluppo Rurale per il Veneto 2007-2013Organismo responsabile dell’informazione:Federazione dei Comuni del CamposampiereseAutorità di gestione: Regione del VenetoDirezione Piani e Programmi del Settore Primario


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