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Anno l della Nuova Serie (Xlii della Raccolta)

Fase. 1-11 Capodistria, gennaio -april e 1922

PAGINE ISTRIANE Rass egna bimestrale di Letterat ura, Scienza ed Arte

con particolare riguardo all' l stria

Al LETTORI

Dopo una forzata intermzione di ben sette anni - i menw­rabili anni del gigantesco conflitto mondiale, della suprema lotta militare fra Italia ed Austria e del glorioso riscatto di queste terre dal g iogo straniero - le • Pagine Istrione • ritornano in vita e riprendono il loro còmpito.

Quando l'Austria. che, conoscendone gli scopi, non poteva amarle, volle (e fu nell'agosto del 1914) imporne la sospensione, esse erano nel loro pieno fiore, benché uscenti già da undici anni, e avevano dilh711Zi a sè ancora molta via da percorrere con van ­taggio degli studi istrioni. Esse si adattarono alla volontà del più forte, confortate dalla segreta speranza di potere in breve risor­gere sotto ben altri auspici L'attesa fu lunga: più lunga assai del prevedibile; ma non vana, anzi largamente compensata da av­venimenti quali nessun ottimista avrebbe potuto immaginare più grandi e più stupendi. Fattosi duratura e immutabile realtà cio che tre generazioni di patrio/li avevano di nascosto agognato e il cui raggiungimento tante fatiche, tante sofferenze e tanto sangue era costato, il primo pensiero dei superstiti direttori delle • Pagine !siriane • fu di richiamare in vita - nel generale risorgere e riai­fermarsi, sotto l'egida del tricolore, d'ogni utile impresa regio­nale - anche la cessata e più che mai necessaria rassegna di studi istrioni. Ma il momento tuttavia non era, per ovvie ragioni economiche, uno dei più felici. E si dovè attendere ancora. Venuto il novembre del 1921, parve non potersi, decorosamente, più oltre aspettare. Fu allora che i sottoscritti convocarono un gruppo di volonterosi e benemeriti cittadini, i quali, concordemente ricono­sciuta l'opportunità e l'urgenza della ripubblicazione delle • Pagine

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PAGINE ISTRIANE

!siriane •, si costituirono in Comitato promotore della rinascita delle stesse *). Il resto è nolo.

Ripigliando il proprio posto, le • Pagine !stria ne • manten­gono inalterato il proprio programma; programma che non breve esperienza dimostrò il più consentaneo all'officio d'u1w modesta rassef[na di caral/ere principalmente regionale. Solo cile essendosi il campo delle indagini s/oricile, con la cessazione del dominio straniero, no/evo/mente allargalo c libera/o da ogni preventivo in­ceppamento d'ordine politico e da ogni ine>orabile controllo di censura, la nostra rivista potrà accogliere da qui in avanti anche studi di storia recente e recentissima, Ira/la/i con la più ampia /ibertli di giudizio e facoltà di documentazione, e contribuire cosi. nel migliore dei 1110di, alla rivendicazione del mollo che anche dagli istrioni fu fatto e patito per il raggiwzgimento dell'unità nazionale.

Mentre è parlico!Gimenle caro alle • Pagine !siriane . in vi .. /are i propri antichi collaboratori a nuovo lavoro in fra tema co­munione d'intenti, esse non possono dimenticare i giovani che nel frattempo sono venuti e vengono tullavia segnalandosi come cul­tori di studi patri, ed offrono anclw a questi cordiale ospitalità. Del pari non possono nè vogliono le • PGgine lstriane • rimellersi in cammino senza prima inviare 1111 memore e riconoscente saluto ai collabora/ori cile la morte sorprese nei /unglzi anni in cui esse dovei/ero slarsene inerti e mute per forza. Dino Mantovani, Gu­stavo 6oralevi, Domenico Lovisato, Riccardo Pitteri, Giovanni Bennati, Girolamo Cnrto, Elda Uianell i sono nomi clze i lettori di questa rassegna non troveranno più in calce a seri/li in essa pubblicati, ma c/ze vivono e vivranno ancora a lungo ue/ com­mosso ricordo di chi li ebbe amici e compagni di lavoro, di spe­ranza, di fede.

Capodislria, aprile del 1922.

FRANCESCO MA)ER

GIOVANNI QUARANTOTTO

... ) Ne simro ricordati, a titolo di doverosa gratitudine, i nomi: capi­tano Piero Atmcrigogna, comm. m•v Nicolù Belli, sen. avv. Felice Bennafi, W l'. dott. Francesco di Suni. cav. Elio Longa, W JI . ujj. dott. Giuseppe de Pe­tris) doli. Alberto Priora, cav. doli. Vittorio Scampicchio.

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PAGINE ISTRIANE

Schizzo autobiografico 'l

{Si e voluto, quasi a compimento di un rito solenne e propizia/orio, che prima a parlare dal fascicolo che inizia col favore dell'avvenuta redenzione la Nuova Serie delle • Pagine /siriane •, fosse la voce di un grande scom­purso, fosse la uoco di Colui, nel quale tutti ogf!i riconosciamo (alfiere più costante e più puro dell'idea separafista e il rinnovatore insieme degli studi patri istrioni. La parola di Carlo Cambi no."l ~~ ascolta che con riverenza, come la parola di t:n santo. E con riverenza l'ascolteranno senza dubbio tutti quegli istrioni, nel cui cuore non sia ancor spenta la sublime poesia della

patria e la doverosa gratitudine verso Chi iniziò la lotta per la liberld e non ebbe la consolazione ineffabile di m·derla coronata dalla vittoria. G. Q.]

Carlo de Combi di Francesco nacque a Capodistria nel 1828.') Studiò a Capodistria e a Trieste il ginnasio, il corso filo­sofico e tre anni del corso politico lega le a Pado va. L'ultimo anno de lla facoltà legale lo percorse a Genova nel 1848-49, dove conseguì pure la laurea. Ritornato in patria per necessità. di fa­miglia, veniva invitato dal prof. Baldassare Poli 3

) ad assumere l'ufficio di assistente alla cattedra di filosofia. Egli rifiutava, per non prestare giuramento al governo straniero. Si dava quindi alla pratica di avvocatura nello studio di suo padre , avvocato in Ca­podistria. Durante questa pratica otteneva nel 1853 la conferma de ll a laurea genovese ne lla Università di Pavia, dopo assolti i relativi esami rigorosi. lmprendeva quindi la prescritta pratica di avvocato presso la Procura di Stato costituita in Capodistria, e quindi assolveva gli · esami di abilitazione all'esercizio dell'avvo­ca tura presso il Tribunale di Trieste nel 1854. Allo scopo d' im·

1) Oues'o breve scritto autobiografico di Carlo Combi esiste autografo tra le carte di mons Jacopo Bernardi conservate nel Civico Museo Correr di Venezia. Tutto induce a credere ch'esso sia stato redatto dal Cambi per ser ­vire a qualche giornale che da Firenze doveva fare della propaganda in favore della sua candidatura a un seggio parlamentare durante la campagna elettorale del 1867. È senza data, ma dovrebb'esserP. degli ultimi di febbraio o dei primi di marzo. Messo in carta currenfi calamo, non presenta speciali venustà di lingua e di stile; composto per un fina specialissimo , deroga in parte al riserbo e alla modestia che so litamente s'imponeva il Com bi. Mantiene )Jeraltro una linea di semplicità e di schiettezza che non è senza fascino. Oltre di che mette in luce qualche particolare biografico o del tutto ignoto o finora non ben conosc iuto.

2) Scorsa di penna o errore di memoria. Come si sa, Carlo Combi nacque il 27 luglio del 1827.

3) Dell'Università di Padova.

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PAGINE ISTRIANE

pratichirsi anche nella trattazione delle cause mercantili e marit­time, accettava il posto di concepista, collo stipendio di Fior. 1200, presso l'avvocato dott. Millanich in Trieste, e rimaneva quindi in quella cillà pel corso di due anni fino quasi alla fine del 1856. Invitato allora da' suoi concittadini a giovare l' italianilà del gin­nasio liceale di Capodistria, mantenuto in gran parte da contri­buzioni comunali, accettava d'insegnare nelle classi superiori di quello la lelleralura itali ana e la storia, rinunciando alla abba­

stanza lucrosa sua posizione, per prestare opera civilmente più utile a l s uo paese. Durante l'insegnamento, che durò per circa Ire anni, fino al decreto che nel 1859 ne lo r imoveva per motivi politici, non tralasciò di assistere sempre suo padre nella cose forensi."1

) Fu dunque continua la sua applicazione non meno a lla legge che agli studi lellerari e storici, particolarmente della sua provincia, così allora, come in appresso, cioè da quando lasciò l'istruzione fino al presente. Dal 1859 in poi si aggiunse per lui l'altra a ttiv ita di capo del comitato segreto nazionale di Trieste e dell'lslria, con ingente suo dispendio.

Raggiunta l' eta normale fu sempre ra ppresentante del suo comune, e letto da' s uoi concittadini iteratamente col massimo nu­mero di vot i.

Prima della guerra del 1866 veniva a llontanato dal suo paese, sotto minaccia d'esser tradotto, se non partiva, nella for­tezza di Temesvar.

In Firenze fu invitato dal ministro Borgatti a prender parte a lla Commissione giudiziaria per le prov incie venete.

Fu pure chiamato tanto al quartie re generale dell'esercito quanto a quello della flotta per le indicazioni p iù oppor!ure ri­spetto a Trieste e all' !stria, riguardo alle quali era stato egli il somminis tratore di tutti i dati, che i Ministeri avevano chiesto col mezzo del Comitato centrale veneto.

Le sue pubblicazioni sono in parte indicate ne lla biografia, che di lui faceva il Comitato elettorale is!riano di Padova ' ), ed

·1) Il Combi insegnò presso l'allo ra i. r. Ginnasio superiore di Capodistria durante gli anni scolast ici 1856-57 e 185i-58, nonchè nei primi mesi dell 'anno scolastico 1858-59, professando, come s i ricava dai registri della scuola, lettere

italiane, btino c storia. ~·) Un importante c sintomatico manifesto di questo Comitato si legge in

[francesco Salata l: ~ Il diritto d'Italia su Trieste e l' !str ia » ; documenti

Milano-Torino-Roma, Fratelli Boccn., 1915; pp. 522-523.

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è da notare ancora nel proposito, ch'ei collaborò per l'annuario statistico del Correnti e del Maestri.

De lle s ue prestazioni patriottiche, molto rischiose e continue dal 1859 fino ad oggi, può rendere testimonianza il detto Comi­tato, ed è già in parte reoia fede nell'atto di ringraziamento e di encomio, che gli rilasciava il Commissario del re della provincia di P adova.

Chiedendo e ottenendo l'espatrio ' ) e poi la cittadinanza italiana, per aderire al voto della sua provincia di qui rimanere

a difesa dei suoi interess i nazionali, abbandonò non solo un a po­s izione molto agiata, ma ro vinò gl'interessi della sua famiglia, perché lo studio di avvocatura di suo padre era intieramente

sostenuto dall'opera sua, e in lui particolarmente avevano fid uci a le clientele migliori, tra cui non pochi dei principali corpi morali della sua provinci a.

Tra le persone costì a Firenze che possono certificare di lui sono il commend a tore Cesare Correnti, il commendatore conte Prospero Antonini, il barone Abro ' ) al Ministero degli esteri e

i deputat i Valussi e Molinari. CARLO COMBI

") Non sarà del tutto fuori di luogo far conoscere anche il breve, memo­rabile documento (il cui autografo è del pari fra le carte Bernardi del Museo Correr}, onde il Combi domandò al governo austriaco l'espatrio. Diretta alla • Luogo tencnza del Litorale, in Trieste • , l'istanza dice semplicemente cosi:

~< Eccelsa .l. R. Luogotenenza.

Obbli'gato dai p i ì imperiosi miei interessi a prendere stabile domicilio nel Regno d'Italia, in sto che codesta l. R. Luogotenenza voglia accordarmi l'emigrazione dagli Stati dell'Impero.

Nato in Capodistria nel 1827 e senza alcun possesso nel territorio imperiale, non ho vincoli giuridici che rendano obbligatoria la mia cittadi­nanza austriaca, e perciò confido che la presente mia domanda sarei esaudita.

Padova, 28 novembre 1866. Dr. Carlo Combi "

7) Raffaele Abro, il b enemerito patriotta t:-iestino, che fu, nel 1866, della rappresentanza di plomatica italiana che negoziò a Vienna la pace e invano tentò di sollevare la questione del Trentine c della Venezia Giulia.

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NAZARIO SAURQ*l

Eccellenza, Signore, Signori,

a Pala, sul pendio d-ella collina che si specchia nel vasto bacino del parlo, là dov'è rinserrato dalle molte fabbriche del­

l'Arsenale; tra la verzura che si stringe da presso alla città come invito e promessa di riposo agli spiriti affaticali dalla dura oppres­sione; isolati sopra uno spiazzo per rimanere bene in vista con una qualche loro arcigna maestà, si elevano due grandi edifizi poderosi, nuovi, immediatamente espressivi di una forza , conh~ ogni credenza, non logorata dal tempo, vigile, s icura di sè: il pa­lazzo del tribunale militare marittimo ed il carcere. L'uno congiuntoi all'altro, la carie de' giudizi ed il tetro luogo dell'espiazione, qu as nell'ansia che ben altra Giustizia, che la candida Giustizia d; Dio, potesse mai interrompere il corso di tante sentenze volute da un torvo spirito di vendetta.

Tra l'uno e l'altro un cortile, che la notevole lunghezza fa apparire alquanto ristretto: ad un lato, ricomposta con materiale di s cavo, con degnissime pietre scalpell ate agli a nni d i Roma, una colonna sormonta ta da un capitello: nel basamento un nome ed una da ta. Non di più, perchè non occorre di più a ll a solennità de l luogo e de l ricordo. In quel luogo fu impiccato Nazario Sauro il 10 agosto 1916. In quel luogo, dove la Monarchia d'Absburgo, con la sua avara gelosia deJia preda, a v eva creduto umiliare e pe rdere il sogno dell' italica redenzione, l'Italia, vittoriosa per forza d'armi, tutte sue, e per virtù di popolo, - l'Italia vi ttoriosa, esalta ndo la me moria del ma rtire , afferma la dignità e la indistrut­tibilità del diritto nazionale: ammonimento agli ingordi, che ancora ne a ttentano la pi ena for tuna ; supremo conforto a i miseri, che si domand ano a ngoscia li s e le vie della speranza sieno per· smar·

rirs i in nuova caligine de i tempi. P iù che monume nto alla gloria di un eroe, è ima gin e di un'idea

trionfante, consacra la nei segni della s ua nobiltà . Non altre pietre, non bronzi, non statue, per Lui . Quello che gli fu eretto dai ma-

*) Discorso commemorativo tenuto in Abbazia il 18 agosto 1919 alla presenza di S . E. il T. Generale Gandolfo, degli Ufficiali del XXVI Corpo d'Ar­mata, de i Maestri dell'lstria , di Fiume, della D;tlmazia, inscritti al Corso estivo

di perfezionamento.

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PAGINE JSTRIANE

rinai d'Italia, dai compagni nello sforzo e nel cimento , quello è

il solo monumento che renda onore a Nazario Sauro per ciò che

egli si propose di essere, che fu, che sarà: la volontà viva di

combattere la straniera dominazione, di combatterla con tutte le forze, per tutta la vita, fino all'estremo ed oltre al corso mortale, fino alla disfatta del nemico secolare ed al compimento, al per­

fetto compimento , dell'unità della Patria lib era ed indipendente, signora del suo mare e delle sue sorti.

La vita di Nazario Sauro passò in un unico pensiero. Bambino, si esalta nella ingenua alterezza della sua italia­

nità, e l'alterezza lo rapisce nella imaginazione dell'Italia più

grande, al di là di Venezia, la prima meta di ogni buon !striano,

e tanto al di là , lontano lontano: bella e ridente come la sua

Capodislria, ma in festa l'Italia libera, che dispiega al vento i vessilli tricnlori, che vede passare i bersaglieri piumati e li sa­

lula con l'inno di Garibaldi. In fesla l'Italia felice, e nella sua Capodistria aqui le bicipiti, e imperiose ad a cri parole di altre genti, e giallo e nero , giallo e nero,

Il giallo ed il nero ,

colori esecrabili a un itala cor.

Fremiti della piccol a anima generosa, che suscitano un'av~ versione tanto profonda, tanto pronta e sicura da divenire spon­

taneo orientamento dello spirito, e, nel progresso del tempo, luce intellettuale, idea , limpida coscienza della inesorabile necessità: -- l'Austria è odiosa; - è odiosa perchè ostile ad ogni nostro affetto più caro; - non accordi, no n transazioni; ··- nemico contro nemico ; combatterla per l'amore e per l'odio , per l'a more, sopra

tutto, del grande sogno, che non deve essere sogno, che non sarà sogno se ciascuno consideri la v ita come episodio di una lu nga battag! ia e non ad altro intenda che a foggiar s i le armi migliori, che a scegliersi un posto adeguato e da quel posto lot­tare gagliardamente, aspramente, irremovibilmente, seguendo una so la id ea: il dovere; G,O n un solo sentimento: la fede nella vit­toria , vicina o lontana, ma immancabile, fatale.

Nazario Sauro crebbe, si preparò, operò, andò incontro alla morte così , serbando in cuore la candida commozione degli anni

primi e facendosene ragione e misura di vita onesta . Ond' è che,

ragazzo, non potesse soffrire nella scuola la re verenza dovuta al

nome austriaco e meritasse l'onore di esserne cacciato come cat-

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livo soggetto; che sentisse irresistibile la vocazione dell'esercizio marinaresco, nella quale si confondeva il richiamo dell'esser suo

spirituale più schietto e più proprio. Il mare è scuola di austere virtù. N~! pacato giudizio del

valore relativo dei casi quotidiani incita a più larghe idee ed a più alti affetti; nella rude esperienza dimostra l'importanza pra­tica della cultura ed educa alla padronanza di sè , per cui l'audacia non è temerarietà, nè la tenacia ostinazione, nè la calma inca~

scienza del pericolo. Disciplina morale, ottima tempra per l'azion e non spirito avventuroso nel giovane capitano Sauro i ed ebbe di­ploma di capitano men che ventenne . Egli aveva ascoltate tutte le voci che dagli oscuri gorghi del mare e da i brumosi orizzonti si levavano in tono di mestizia e risuonavano di flutto in flutto sino a lle prode istriane come un richiamo disperato.

Ascoltò e non si volle al lontanare dall'Adriatico . Ascoltò e fu pago di modesto officio, che gli dava occasione di brevi viaggi di porto in porto dal golfo di Trieste alla costa dell ' !stria, della Dalmazia, dell'Albania, dall'una e dall'altra sponda. Brevi, ma di continuo ripetuti. Il profilo delle terre nel chiarore del dì ed il variare delle luci notturne, scogli e bassifondi, correnti e canali, approdi e rifugi , ogni accidente della navigazione gli era divenuto famigliare : portolano e carta nautica erano ne' suoi occhi avidi di conoscenza. Non per lui: per l'Italia !

Nel prezioso equilibrio di ogni facoltà, come il mare non lo attrasse mai alle tentazioni dell'av ventura, così non lo spinse a trasmutare la devozione al l'ideale quasi in un mistico abbandono . Egli era uomo d'azione, sano, forte, italiano. Si era fatto con te­nerezza infinita il dolce nido, e go deva tutti i conforti della vita buona, e se ne sentiva ricreare . Oh, come ne llo sguardo soave della donna amata, che ricerca, discreto, i ripos ti pensieri e li avvolge in un mite, care1:zevole s a luto, come s'acque ta l'affanno dei di! O h, come nella pace della casa ord inata s'estingue l'ira delle lotte amare; come nel sorris o delle nuove creature brilla la purità della speranza e come le rosee mani degli innocenti sembrano porgere la coppa dell'oblio! Sa.nta letizia della famiglia, che sei tutta la consolazione e tutta la forza di vivere!

La forza di v ivere nella dignità del dispregio per ogni egoi­smo; la forza di r itornare con più fresche energie alla lotta, di servire con più saldo cuore la idea rettrice delle opere divi­sale. Così viveva Nazario S auro, egli che lasciò queste estreme

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parole alla sua donna gentile, per lei e per i suoi figli, ed anche per noi e per i nostri figliuoli: 41 Cara consorte, insegna ai nostri figli che il padre loro fu prima italiano e poi padre e poi cittadino • .

Per essere prima di tutto e sopra tutto italiano egli ritor­nava ilare al suo mare. Nella distesa delle acque si perdeva il segno del confine politico: pareva che la realtà s i confondesse · nel sogno. Pareva che il ritmo della macchina pulsante si accor­dasse con il battito del cuore. - Avanti! allontanarsi dalla ve· rità crudele; andare; andare avanti, e avanti ancora: sino a quando? Il capitano Sauro, tra cielo e mare, come tra giustizia di Dio e sentenza della Storia, ammainava la bandiera austro­ungarica, alzava la bandiera tricolore. Quante volte fu visto en­trare il c Capodistria :. nel porto di Ancona con tal segno impru­dente di un voto e di un proposito! Eppure Nazario Sauro sentiva altamente la responsabilità de' fatti suoi verso la grande idea, che gli teneva l'anima in fiamma. Per un'ingiuria, in parte diretta ad un Capitano marittimo slavo, in parte al Governo, rimase una volta carcerato due settimane e riflettè saviamente che, volendo ben lavorare ai danni dell'Austria, non doveva contentarsi di con· sumarle qualche boccon di pane .

Il piccolo bastimento andava per il suo viaggio e si lasciava dietro una lieve risonanza di spume, come se un fremito lo ac­compagnasse. Il mare dice cose solenni ai generosi che ne inten­dano gli accenti. In que' fremiti della scia erano sospiri ed erano voci sottili. Il mare voleva dire a lui, Capitano Sauro, le sue parole? Chi più intento ad ascoltarle o chi più degno? Egli le ascoltava come a lui solo fossero confidate.

Si allontanava dalle coste dell' )stria. - Capitano Sauro, porta con te il dolore della tua terra

che implora redenzione. Va. Domanda ai fratelli fe lici quando, quando verranno a liberarla. L'attesa è tormento.

Attraversava il Quarnero. - Capitano Sauro, queste acque non chiudono, no, i ter­

mini d' Italia. -- Capitano Sauro, lo sanno i fratelli felici che nel silenzio

di una cittadinanza laboriosa arde una fiamma, inestinguibile, di

solidarietà nazionale? .:.__ Capitano Sauro, l'angoscia di queste terre e della tua

terra è un'unica angoscia. l vessill i di S. Marco sotterrati ai

piedi dell'altar maggiore nei Duomi di Zara e di Perasto sono

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un pegno che, per la santità del suo diritto, l'amore di un popolo affidò al tempo. Lo sanno, Capitano Sauro, i fratelli felici che queste terre sono ancora zolle del patrio suolo d'Italia, che qui ancora è ambito del diritto e del dovere nazionale?

- Capitano Sauro, queste sono le acque di Lissa e tu sai che qui, tra errori di uomini dal piccolo cuore e senza disciplina,

qui sorse, con la nuova fortuna marinara, la somma potenza del­

l' Austria. Capitano Sauro, di qui si governano le sorti d'Italia: vivono gli uomini nuovi? verrà mai il giorno della vendetta?

Andava; metteva l'ancora nei porti d'Albania. - Capitano Sauro, tu che hai occhi per leggere nei libri,

non senza fato tenuti ancora aperti da tanti a lati Leoni, tu im­

para che in questo straniero paese, meta di austriache cupidigie, la tua Patria, l'Italia, può, senza offesa d'altrui, e deve cercare le ragioni di molta sua prosperità, che qui deve anche cercare supreme difese alla sua sicurezza.

Il piccolo bastimento andava ancora per il suo viaggio. Pas­sava uJ;a nave. Altre si delineavano all'orizzonte.

- Capitano Sauro, ved i le: bandiera austro-ungarica, su

questa, s u quella, e laggiù! Troppe sono! Accelera la marcia, Capitano; sfuggi, che tu non debba salutare la stra niera conq•Jista del mare, un dì tutto romano e tutto veneziano. Non vedi che Ì'antica razza dei pirati si addestra a nuove gesta di corsa? Drizza la prora a ponente, Capitano Sauro, e va tra i tuoi fra­telli liberi e spensierati, va a dire il pericolo incombente su la loro libertà, ammonis cili che la loro fortuna si ritrova in questa fossa colma di lacrime, che il loro proprio baluardo è la barriera dinarica. Non patiscono essi il peso delle loro catene? Perchè non si armano per la lotta inevitabile? Perchè non sono pronti?

- Sono pronto, rispondeva . Venga la giornata de lla Patria e del s uo soldato, rispondeva con voce ferma e dura come vo­lesse sforzare il destino.

Era pronto. Da tempo e ra in cuor suo il pi lota audace dell e navi d'Italia. Ve nisse la grande giornata della Patria e del suo soldato: lo avrebbe ritrovato al suo posto. Era da tempo il pilota sopra gli altri esperto. Perchè fosse alfine dell'Italia, l'Adriatico era da tempo il suo mare. Da tempo, ripeto. Egli credette a lla redenzione ed alla guerra di redenzione come dovesse ogni giorno essere la vigilia della prova. Vi credette, e si preparò col cuore che è rinsaldato da cosi grande fede . Vi credette, e rimase fermo

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PAGINE ISTRIANE 11

nella sua fede contro tutte le debolezze in veste di saviezza; contro tutte le apparenze di una realtà quotidiana, intristita da azioni politiche opposte, ed avvicinate soltanto nella crescente negligenza rispetto alle questioni adriatiche .

Per questa fede, che era in atto volontà sopra la speranza e disposizione ai sacrificio; per la sua fede Nazario Sauro è uno dei candidi eroi della gesta secolare di redenzione nazionale. Sa­lutiamo l'eroe , Signori, prima di onorare il martire. La devozione all'idea, la suprema devozione che non si ritrae di fronte al pe­ricolo de ll a vita istessa, è la forza prim a della resurrezione di un popolo; è la prova del suo valore; è la sua dignità; è la sanzi•me del suo diritto; è la consacrazione della sua giustizia. Questa religione santifica il risorgimento del popolo italiano.

* * * c Sin e sanguinis effusione non fit remissio • , sta scritto nelle

sacre carte, ed il Conte di Cavour, nell'atto di assumere la tre­menda responsabilità di una nuova guerra, domandava: c Quando un popolo è egli stato redento senza sacrifici e senza rischi ?•. Nella lunga ascesa per la libertà, nella lunga lotta per il diritto della Patria, mollo fu il dolore ed il pianto, ma senza gli uomini generosi ed operosi, i quali seppero soffrire e morire per confes­sare e per glorificare la grande utopia, che era eia verità ed il trio nfo de ll'avvenire •, l'Italia sarebbe rimasta la pilJ miserand a espressione geografica.

La storia del nostro risorgimento na1.ionale è cupa e tragica epopea, dominata da un'eroica volontà , che sfavil la nelle parole di uno dei suoi spiriti magni, di don Enrico Tazzoli: c La causa dei popoli è come la causa della religione: non trionfa che per virtù dei martiri · . l martiri, più che formare una tradizione di irre ­ducibile insofferenza della straniera signoria, trascinarono con la educazione dell'esempio . • fu alcun bene meramente ideato -disse ancora il Tazzoli - senza che mai se ne tentasse la pra­tica? Basta la sua bellezza per destare magnanimi effetti; i sa­crifici, che fosstro posti vanamente a conseguirlo, ispirano l'ar­dimento di rinno varli; e le pene dei maggiori si riscontrano non inutili dai nepoti, edificati per esso a quella fortezza che, a lungo andare e per reiterate !'rove, vince gli ostacoli; e anzi, pure per­fino gli errori, che mandarono a male un progetto, illuminano a cansarl i nell'avvenire • .

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12 PAGINE ISTRIANE

Così fu. L'Italia ascese il lungo calvario della sua reden­zione, raccogliendo con pie mani la sacra fiamma dall'ara di un

martirio per accendere lampade votive ai piedi di nuove are di

martiri. Ai tormentati nei processi del 1821 dava cuore il ricordo dei generali spenti dalla reazione del 1799. l magnanimi, immo­lati a Belfiore, si sostennero tra le infamie dell'inquisizione, pen­sando • ai santi martiri dello Spielberg ' . l soldati di Garibaldi andavano incontro al nemico della libertà ital iana ed al la morte, sentendosi incitare dai martiri • tutti risorti ~ . Cesare Battisti e Nazario Sauro domandavano a gran voce la dignità di una guerra

liberatrice, richiamando la tradizione di Mazzini e Garibaldi. Maz­zini e Garibaldi, il pensiero e l'azione, tutta la storia dell'Italia nuova dolente e sperante.

Mazzin i e Garibaldi, c i due grand i che ci debbono essere

di guida • , sol eva dire Nazario Sauro, e ne fu ben fedele seguace.

Mazzini è in ogni loco ove s i trema che giunga a' traditor' l'ora suprema.

Mazzini è in ogni loco ove s i spera Versar il sangue per l'Italia intera,

aveva cantato il Dall' Ongaro per il popolo. Durante la lunga ­ahi, quanto lunga ! - vigilia degli irreden!i, Mazzini significava libertà e diritti di popolo, per l'idea dell'Italia una, e contro le speculazioni dei socialisti trescanti con l'Austria; significava pa­

tria e giustizia. Agli anni della preparazione Naz:;rio Satira fu uno de' mazziniani con Pio Riego Gambini, il giovane e puro

a postolo di ogni g iustizia caduto Ira i soldati d'Italia in faccia a Gorizia, prode tra i prodi.

Torna torna Garibaldi, T orna: la camicia rossa Bella e santa c:i proteggerà,

incominciava a cantare il popolo negli albori della sua nuova gior­

nata. Nazario Sauro nell'ultima attesa e ne ll 'azione fu garibaldino;

e come Garibaldi lo avrebbe amalo per la scintilla della sua grande anima che divampava nel petto del forte i striano!

Rotto il triste legame della Triplice Alleanza, perche l'Italia non scendeva in guerra? - Occorreva un grande sacrificio per dargliene ragione? Sauro sarà il pilota degli Argonauti delia re­denzione, che da Nizza, con l'augurio del ricordo insigne, sono

pronti a partire verso la costa orientale dell'Adriatico per s usci­tarvi la rivoHa provocatrice.

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PAGINE ISTRIANE 13 ------------

!l caro sogno svanisce. Altri sogni sono vagheggiati. •È mia assolub con vinzion e che, specie da noi irredenti, si debba ten­tare qualche cosa. L a tradizione di Mazzini e di Garibaldi ci addita questo dovere ... vuole così e cosi dovrà essere • , scrive il Sauro una volta di più, e con Pio Riego Gambini, e con pochi altri, i magi n a • spedizioni alla Pisacane • , come dicevano, pen­sando e d augurando che dal loro sicuro sacrificio, e dal mare, e sul mare, incominciasse finalmente la guerra necessaria al decoro ed alla salute della Patria.

Non per il fatto di pochi audaci, ma per vo lont à di grande parte del popolo in ardore, la guerra incominciò. Nazario Sauro si trova al suo posto: è il pilota delle navi d'Italia. Nella notte del 24 maggio conduce lo Ze(firo al primo bel colpo di Porto­buso. In un anno è consultore e guida altrettanto sagace che ani­mosa di 49 azioni della no vissima guerra per mare, guerra di glorie oscure . Prese parte a numerose ardite difficili missioni navali di guerra, alla cui riuscita contribuì efficacemente, dimostrando sem­pre coraggio, animo intrepido e disprezzo dei pericolt~ e rendendo in tal modo preziosi servizi alla condotta delle operazioni navali~ e per questo si ebbe la medaglia d'argento, onorando egli , in tanto suo pregio, la ricompensa ambita dai valorosi. Ancora do­dici imprese; poi, una mattina (la mattina del 31 luglio) fu fer­mato brutalmente allo Scoglio della Galiola.

Come avvenne? Non mancò, no, il cuore a lui; non mancò ai suoi compagni, degni di lui. N è mancò il vo lere; n è l'ingegno. Il tradimento fu della macchina; irreparabile. La sorte era se­gnata. Per i compagn i la prigionia; per lui l'estrema battaglia. L' eroe cede al mart ire. È gigante. Non potendo più combattere l'Austria, egli volle, abbandonandosi al sac rific io di sè, disono­rarl a. Prima di partire aveva detto : .. cesare Battisti ha ragione. L'ultima volta che si serve la Patria è d()veroso darle il tributo mass imo , il massimo possibile beneficio. Quindi niente suicidio, che sarebbe atto di liberazione ed egoismo; bisogna in vece avere la forza di soffrire, di resistere, di far che la nemica si copra d'infamia con un nuovo assassinio ~ .

Come seppe egli soffrire, resistere , trascinare la Nemica a macchiarsi di nuovo delitto! Gli Austriaci impiegarono contro di lui tutte le arti orrende, per le quali furono detti • veramente i maggiori bruti che mai si sieno arrogato il nome immeritato di uomini civili ~ , e superarono sè medesimi nell'infamia, tentando

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14 PAGINE ISTRIANE

strappare dalle visceri straziate di una madre infelice il grido ac­cusatore; ma Nazario Sauro stette fermo, non minore, nella tor­

tura e nella morte, de' più grandi e de' più forti Ira i martiri nostri .

Non la pietà filiale; non la carità della dolce sposa; non l'angosciato pensiero dei teneri figli; non le oscure istintive di­

fese dell'umano sentimento poterono far tremare, sia pure per un

istante, quell'anima eroica. Egli ripeteva a se stesso le parole della sua " religione • , confidate ad un amico perchè fossero date al suo Nino neJI'ora della sventura. - "Nino, diedi a te, a Li­bero, a d Anita, a Itala, ad Albania nomi di libertà, ma ~on solo sulla carla; questi nomi avevano bisogno di un suggello ed il mio giuramento io l'ho mantenuto. lo muoio col solo dispiacere di pri­vare i miei carissimi e buonissimi figli del loro amato padre, ma vi rimane la Patria che farà di me le veci e su questa Patria giura, o Nino, e farai· giurare ai tuoi fratelli, quando avranno l'età

per ben comprendere, che sarete sempre, ovunque, e prima di tutto ita liani » .

Prima italiano, poi uomo. L'Austria potè strozzare un uomo di più, non spense un'altissima fiamma d' italianità. Alla nemica che g li urlava rabbiosa 1' intimazione della resa, Nazario Sauro

dal carcere e dal patibolo rispose fieramente : no. - No, e la voce del Martire era la voce medesima della

sua terra; era la voce di tutte le terre adriatiche : era la voce della Naziorae in armi per la rivendicazione del suo alto diritto. Come il sacrifizio di Cesare Battisti riconsacrò il diri tto italico sulle Alpi; così il sacrificio di Nazario Sauro riconsacrò il diritto italico sul mare. La fiera risposta riecheggia da ogni lido.

- No, straniere dominazioni; straniere supremazie, no. - No, e dal Quarnaro la diletta tra le nostre città saluta

la memoria del martire g iurando: 4:: Italia, o morte ». ~ No, e da Spalato l'ombra di Francesco Rismondo rinnova la immutabile professione di fede di tutti i Dalmati non rinnegati.

- No, ripetono rudemente il fante ed il marinaio, che dopo la sudata vittoria . apprendono tra i sospiri dei fratelli infelici la verità delle questioni nazionali e del diritto della Patria.

- No, promette ai martiri e agli eroi ed agli afflitti la Sto·

ria, che sa gli inesorabiti fati di una giusta causa.

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PAGINE ISTRIANE 15

Eccellenza, Signore, Signori,

anche a voi dico la parola della mia fede. c Non impeti di

irrompenti conquiste, ma ondate di lagrime e di sangue spingono

un popolo degno verso la meta della sua giustizia. !....e vie del

progresso so1:o lunghe e torte e talora di ben debole traccia. Ma non v'ha violenza di tirannia, n è ostilità di governanti, n è invidia

di popoli, nè complicazione di avvenimentì, nè errori, nè colpe, n è stoltezza di nuovi voleri, niente v'ha al mondo che al popolo

degno impedisca di raggiungere, presto o tardi, la meta della sua g iusti zia. La Storia è morale. Il tempo non trad isce • .

Noi le abbiamo dato le nostre lagrime, le abbiamo dato il

nostro sangue, ma forse non è resa a noi tutta la nostra giustizia . Aspett iamo da forti. Per esserci fedele il tempo doma nda che sia

pari alla conquistata gra ndezza la nostra virtù. Signore e Signori, che mi siete compagni nel ministero della

educazione nazionale, facciamo che un'attiva volontà aiuti l'opera

del tempo. Non saremmo un popo lo degno, se abbandonassimo a ll'altru i ingordigia i nostri fratelli gementi. Non possiamo noi darci pace sino a quando tutte le terre italiane non sie na rit:om­

poste nell'unità perfetta della Patria. Cosi, cosi soltanto si ono­rano i morti, accogliendo nel nostro un riflesso del loro spirito magnanimo e non permettendo che s ia profanata la loro religione .

- No, ripet e Nazario Sauro ai suoi carnefici per tutti i

carnefici della Patria. Compagni, a noi. A noi, che abbiamo cura d'anime. Nel nome

del 1\t\artire vostro e nostro stringiamoci in un patto. Badate: ci ascoltano i glor io s i artefici della vittoria. Promettiamo che, se alla

loro vittoria saranno mozzate le ali, noi, che abbiamo cura d'a­

nime, appresteremo alla loro vittoria nuove penne per il volo ul­timo, trionfale .

Abbazia, 18 agosto 1919.

P. L. RAMBALDI

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16 PAGINE IST!f!ANE

Echi leopardiani in una barbara del Carducci 'l

Tutt'i cultori della buona poesia hanno presente la nordica

visione, mirabile soprattutto d'icastica evidenza, onde ha concitato e immaginoso cominciamento l'ode barbara carducciana Alle Val­cl.irie, per i funerali di Elisabetta Imperatrice Regina, e sono con tanta freschezza ed efficacia d'arte a ccolti in una e legia di forme e spiriti squis itamente classici dei puri elementi roma r. ti ci:

«Bionde Valchirie, a voi diletta srerzar de' cavalli,

sovra i nembi natando, l'e rte criniere a l cielo.»

Bello e perfetto lutto, ma in ispeci e il primo emistichio del pentamelro, que l .. sovra i nembi nalando » , che imprime, con la sua larga e solenne accentuazione ri tmica, un'andatura così im·

press ionante e grandiosa a lla mitica cavalcata aerea. Eppure, non si tratta d ' immagine originale e nuova; eh è noi la ritroviamo

poco meno che identica in una delle più stupende liriche del Leo­pardi, nel disperalo Ultimo canto di Sa .fio ; canto che forse af­fiorò spontaneo e s uggestivo nel la memoria del Carducci, estima­tore, come s i sa, caldissimo d e ll'a rte leopardiana, già nell'os curo

istante del primo concepimento poetico, tostochè egli ebbe fer­mento di evocare nell'ode ad E lisabetta d'Austria (cfr. penultimo

distico) a nche la dogliosa suicida di Leucade. È noto come e in quale tragico istante il Leopardi ci raffi­

g uri Saffo. Martire di non corrisposto amore, la greca poetessa sta per troncare bruscamente la propria esistenza precipitandosi in mare . L'id ill ico spettacolo dell'azzurra notte e della cadente lun a non esercita più a lcun fas cino s ull'angosci ato animo di le i. Vittima delle e rinni e dell'avverso destino, di ben altro e lla ama

ormai godersi: (l'Noi l' insueto allor gaud io ravviva

Quando per l'etra liquido s i valve

E per l i campi t repidanti il flutto

1) Questa, più che arlicolo, succinta nota doveva uscire nel fascicolo V della X li a nn=:tta delle Pagine /siriane; fasc icolo, come s i sa, non polutos i pub­blicare a cagione dello scoppio della guerra mondiale. Esce ora - posi tot discrimina rcrum - al fine soprattutto di completare la s erie di certe mie qui­

squilic carduccianc (cfr. Pagine !siriane, a . l, n. 7-8 e 11-12 : .- Giosue Car­

ducci e un Lied di August von Platen-HallermUnde ;; ; a. V Ili, n. 1 : • C arducci

c C hamisso »; a. IX, n. 2-3: ~ Spunt i c reminiscenze classiche nella poesia di

Giosue Carducci »).

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PAGINE ISTRIANE

Polveroso de' Noti, e quando il carro, Grave carro di Giove a noi sul capo, T on.ando, il tenebroso aere divide. Noi per le balze e le profonde valli Notar gioua lra' nembi, c noi la vasta Fuga de' greggi sbigottiti, o d'alto Fiume alla dubbia sponda Il suono e la vi ttricc ira dell'onda. :)

17

Il più notevole divario tra la frase del Leopardi e quella

del Carducci (a prescindere dal differente svolgimento sintatlico di esse, per cui ciò che nel primo dei due poeti è concetto infor· matore nel secondo diviene idea accessoria, particolare descritti vo)

sta nel sovra, sostituito dal Carducci al tra' del Leopardi. E non

senza una buona ragione , chi consideri che le Valchirie, il cui cOmpito precipuo è, secondo la mitologia germanica, quello di tra­sportare al Walha!la i corpi dei morti guerrieri, non si frammi­schiano ai nuvoli per gusto che abbiano di partecipare allo sfre­

nato imperversare della bufera, sì piuttosto per sollevarsi trionfali fino al sommo cielo e alle sedi divine. A voler poi m.ettere anche più sottilmente a raffronto i due squarci poetici, ci sarebbe da cogliere un secondo e più tenue punto di concordanza fra l'uno e l'altro, offerto dall 'a uoi diletta del Carducci, eco fedele, non

meno nel significato ·che nel costrutto grammaticale, del Noi ... giova leopardiano.

Più oltre, nella stessa ode, le Valchirie sono esortate dal

poeta a tergere • dal nobil petto • della morta imperatrice e re· gina •l'orma del pugnale villano •. Del pugnale villano: indovi· ~1atissima ed efficacissima espressione che tutta dice la volgare brutalità della inutile percossa e che singolarmente risalta anche per virtù del termine ad essa contrapposto, il nobile petto~ ma che molto probabilmente fu pur essa suggerita al Carducci dal

grande recanatese. Questi, difatti, nel canto composto Nelle nozze della sorella Paolina, immagina di dire, rivolto a ll a romana Vir­

ginia:

• Eri pur vaga ed eri Nella stagion ch'ai dolci sogni invita, Quando il rozzo paterno acciar ti ruppe Il bianchissimo petto ... » .

Come si vede, il pugnale villano del Carducci , per quanto verbalmente diverso dal rozzo acciar del Leopardi, quasi gli si

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equivale nel significato') e ottiene esteticamente l'effetto mede­simo. Ed anche per il Carducci cantore di Elisabetta d'Austria è il caso di ripetere ciò che il De Sanctis affermava del Leopardi evocatore di Virginia, quando scriveva .. ch'egli chiama rozzo l'ac­ciaro in mezzo a un ritmo divino, che dando evidenza a ll a per­cossa aggiunge allo strazio, perché in quel punto c'è in lui l'uomo più che il patriota, e vagheggia la trafitta con immaginazione d'artista. > 2 )

GIOVANNI QUARANTOTTO

1) Dico quasi, giacchè, come sono diversi i movent i che guidano le mani omicide, così non possono non apparire diversamente brutali, nella consuma­zi one del loro tragico cOmpito, le due armi, di cui una trafigge il nobile petto d'una sovrana infelice, l'altra il bianchissimo petto d'una innocente fanciulla .

2) Francesco De Sanctis; Studio su Giacomo Leopardi, opera postuma curata dal prof. Raffaele Bonari; Napoli, Morano, 1921 7

; pp. 191-192.

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PAGINE ISTRIANE 19

Toponomastica del territorio di Parenzo

Non è facil cosa indagare l'origine dei nomi locali del ter­ritorio chiuso fra il Quieto ed il canale di Leme, per le poche. fonti alle quali si può ricorrere.

Malgrado le immigrazioni di stirpi straniere, a chi ben con­sideri, il sostrato rimase inalterato, perchè la eco del nome romano

permane tuttora sfidando i secoli, e il paese mantenne sempre

l' impronta di pura italianità. Romani si riconoscono molti nomi deturpati, romana la divisione dell'agro i finede (finita e} con le sue saltarie (da saltus, boschi e campi sotto una sola amministrazione), e i nomi italiani in maggioranza assoluta à.nno in gran parte ri­

scontro in quelli della penisola. l nomi slavi sono invece insigni­ficanti.

Il periodo preromano, romano e veneto vi ànno lasciato tracce indelebili, che il periodo più recente non à potuto minimamente

intaccare. Le fonti alle quali attinsi per questo mio breve studio, sono

le seguenti: Dr. l. l. Egli: Nomina geographica. Carlo de Franceschi:

L' )stri a, note storiche. Oiac. Fil. Tommasini: Commentari. Kandler: Codice diplomatico istriano. Nigra: Arch. glott. XIV. e XV. Pieri: Toponomastica della Valle del Serchio, Suppl. Arch. glott. it. V. D. Olivieri: Toponomastica veneta, in Studi glott. it. diretta da Giac. de Gregorio, vol. Ili. Catasfico del Convento di S. Fran­cesco di Parenzo (ms. della famiglia dei march. Polesini). Mih/o­sich: Di e slavischen Ortsnamen in Denkschriften der k. k. Wiener Akademie, Wien 1872.

Gli elementi celtici sono poco numerosi, e con qualche pro·

babilità si potranno far risalire a una tale origine soltanto Brisac, monte presso Monghebbo, da b.-ig, monte; vedi

Brissago, presso Como, Breisach

Leme, Aime, Layme, {a Lay me usque ad Lemum, 1258 cod. dipl.) Tale era anche il nome del Quieto.

Mondel/ebofte, nei documenti scritto nriamente Mons but­tarum, Mons de bottis, Mon de le botte ecc. Il Kandler lo s piega con buttae, rivoli, ruscelli. Alla stessa lingua pafe debba appar-

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20 PAGINE ISTRIANE

tenere anche il nome Pizzughi (colli presso Parenzo, antichi ca­stellieri). Il nome è antico; nel 1293 si trova • in Pizugo • .

Ma la caratteristica del paese è quella lasciata dai coloni romani venuti a fondar la città, i cui nomi vivono ancora indis­solubilmente attaccali al loro praedium.

In gran copia sono in tutta l' !stria e specialmente nella po· lesana i nomi col suffisso ·anus. A Parenzo incontriamo

Piaban (lago presso Fontane), probabilmente da fabius, con trasposizione di vocale,

Marignana, Marinius, Visignano (Vissignanus, Guissignanus), da Vicinius.

Nomi in -o! a = aula

Chersola, presso S. Lorenzo (presso Pola Carsiola) Crassi aula. Che questa ipotesi sia possibile, lo dimostra il fallo che i Crassi avevano vasti possedimenti in tutta l' Istria.

Frolle, punta allo sbocco del canal di Leme. Nel cod. dipl. si trova Favregola 1258, che ci conduce a Fabrici aula. Favreola, favrola con melalesi della r, come da fabrica risulta popolarmenle frabica, fravica.

Marluzol (monte presso Dracevaz), da Marculius, Marlulius, Marzio/a (Monghebbo, Monsalese), Marci aula (ambe m

Val di Pisa). Marlignola (Marlini aula) presso S. Michele di Leme.

Nomi in composizione

Pascolino (Monsfuscus, cod. dipl. 1040), Fuscus o Fusculus è un nome di Santo.

Monghebbo. Si potrà inferirne l'etimologia, anche mancando di esempi storici, se si penserà a cavea. Come questa risulta a gabbia e in dia1. a cheba o gheba, così senza tema di errare, si potrà proporre la base Gabius. Mons Gabius o Gabii. Ora è la· tinizzato in •villa Monghebbi•.

Monpaderno, Mons paternus. Valcarin, nel XVI e XVII, val de Cherin, canal de Cherin.

Ed effettivamente nel cod. dipl. si trova più volte vallis, canalis Quirini.

Monsalese (Monsalice), da sa/ix.

Il semplice nome romano si indovinerà in Matterada (zona di terra a nord· di Parenzo, e anche presso Umago). Nel •cala·

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stico· si trova Marturada, Marturaga che risale a Martyrius o

Marturius. (Poggio Marturii antico nome di Poggibonzi, vedi Bianchi ' Arch. gioii 9).

Maia grande, piccolo (catt. 1674 Villa del Maggio olim. Mar!uraga). La posizione ridente e soleggiata contribuì forse a vedervi un'attinenza col Maggio, o la primavera; nei documenti del

17' e del 18' è scrilto Villa del Maggio, Villa Maii. Probabil­mente vi lla Maior in contrapposto ad una più piccola.

Pizza! (il Pizza!), forse da Apicius; rus o praedium Apiciale, Pizzale anche a Pisa e a Voghera.

Nomi di Santi

Molte località riceveltero il nome da quello di un santo, a cui, secondo l'uso antico dei nostri antenati, si erigeva un san· tuario o una cappella; ora non resta di solito che il pallido ricordo e qualche rovina. Ecco quindi,

Sta Lucia, S. Spirito, S. Eleuterio, alim S . Gervasio, S. Sabba (Orsera), San Lorenza del Pasenatica. (l Veneziani ave­vano istituito a San Lorenzo una specie di governatorato per l'l stria; da paese, paisinatico). San fa Domenica.

S. Giovanni di Sterna (cisterna, che esiste tultora). Non occorre dire che, in un paese di siccità, le cisterne e i laghi ànno grande importanza.

S. Pietra di Lazio (Orsera). Gli Orseresi non conoscono il termine Lozio, ma così si trova sulle mappe e così anche nei do· cumenti. 1293 S . Pe!rus de Locio . Lozio (anche a Brescia) il Nigra (Arch. glott. 14) spiega con lava lausa, pietra da lastrico, donde p. e. Losanna, L6sego (Belluno). Notisi a questo proposito che a Orsera c' è una magnifica cava.

Scaglia S. Nicolò (nel 111 4 è scritto olim ecclesia S. Ana· stasii) .

Scaglia Sarafel (Par.) evidentemente una fusione da San Rafael.

Scaglw Santa Brigida. Scaglia Barbaran, possibilm. da S.ta Barbara.

Derivano da nomi di persona non romani .

Scaglia Orlandin, presso Orsera . La leggenda racconta Ori. abbia spaccato in due la roccia con la sua durlindana.

Orsera da Ursus, il vescovo che fondò il castello probabil­mente nel sec. VI.

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Cero/dia (una volta Calisedo, da callis) di cui la famiglia dei Geroldi era stata investita dai vescovi sin dal 1292.

Cod. dipl. lnvestizione di Andrea Geroldo del feudo Calis • per il vescovo Brisa de Toppo di Trieste.

Nomi derivati da animali

Boveda (Orsera) da bove. Cervera, Cervara, da cervus . Numerosi nomi in Italia.

Colombera, Colombara {Par.). 1696 catt. contrada della Co-lombara.

Scoglio Galiner. Marassi, Marasser. Secondo il Nigra, Arch. glott. 15, maràs,

vipera, in veneziano marasso o madrasso deriva da mattaris.

Monte Lever (Villanova), mons Lovarius 1258 in hora montis Lovarii, da lupus. In vicinanza c'è il monte Leveruzo che il po­polo s'è foggiato forse perchè vide nella parola l'etimo di 'lepre, levero.

Da piante

Monte Carpeni Par. Carpeline. Canneter Par. Scoglio Fighera (Orsera), presso Rovigno c' è lo scoglio

figarola. Mando/eri Or sera. Noghere (1275 cod. nogaro, da nucaria,noce). Corgnaliga Par. M. Morde/e (myrtus, murtus). Sorboler. M. Pometa (Monghebbo). Mqnspinoso tradotto dagli •lavi importati nei sec XVIl con

Dracevas. Scoglio Rouera (rovere, robur). In vicinanza immediata c'è

lo scoglio Reverol. La o protonica s'è mutata in e come in Lever, Leveruzo. Porto e punta Bossolo, da bossolo o bosso, buxus . Fratta (in lt. almeno 26 località dello stesso nome) signi-

fica luogo pieno d'alberi.

Nomi derivati da accidentalità del terreno, dalla forma, da acque ecc.

BruloJ seno di mare, una volta realmente brullo e roccioso. Stanzia Monte Calvo, Mons calvus , calbus Monte rosso, Mons rubeus, rossus

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PAGINE ISTRIANE 23

palù, paluchi Vallada (Monghebbo) Valle Sabbioni {font.) 1203 Sabbionere, Mons Sablonorum. Monte Gheroiba {Ors.). Vicino Rov. e anche sotto Montona

<:aroiba. Potrà valere anche per questo monte la spiegazione data dal Kandler che si riferisce a quadruvium, accettabile del resto anche per la vicinanza a molte strade.

La Mucia (Orsera, Rovigno, Medolino, Macerata}. Nei do­cumenti mugla indica fondo marino coperto da acqua salsa a poca profondità. E realmente corrisponde a questa premessa

Pajari~ ~a paglia Seraje, serraglie. l campi e gli scogli non ànno un nome speciale, ma cleri ·

vato di spesso dalla posizione o dall a forma. Scoglio Altese {altus -ensis) se. Butasol o Butasel {da bottaccio, per la sua forma ar-

rotondata} se. Lalonga dalla forma oblunga se. tondo se. al squero se. saliner {salinarum)

se. Zontolo, junctulus, perchè congiunto ad un altro Campo grande {Par.) Pozzo longa {Par.} Monlongo {Par.) Punta Grossa {font.) Fontane, da alcune fontane d'acqua perenne Villanova fondata dagl i slavi importati Fernasa {font.) da fornace Valle Fornasina {porto) nelle vicinanze Monte Fusina da fucina *fuzina a Monghebbo Sotto tugori {font.) tugurium: è conservata la forma più

antica, mentre il dialetto conosce tigor, tegor. Fratrfe, tenuta del soppresso convento di S. Francesco di

Parenzo. Scoglio Calbula, vicinissim; a quello di S . Nicolò. A spie­

gare questo nome si può pensare a calvus, per la mancanza di vegetazione.

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Nomi derivati da quelli di famiglie

Punta del Dente. A Cittanova c'era la famiglia Dente, Ste­fano Dente è menzionato nei Commentari del Tommasini.

La Oarbina (Par.) da Garbin, nome che ricorre più volte nei documenti, ed è da Monsalese (cali. 1752 la casata Garbin q."' Chiurco q."' Colle) .

Punta Magrina (font.) Magrini. Monte Marnica vicino al monte St. Angelo, apparteneva alla

famiglia Arman. 0_uesto nome à subito molte modificazioni, ed ora si trova Radman, ora Marin, ora Marnica (Cali. Stefano e Simone fratte Ili Arman de Ili Armani detti Ma mica da Valcarin; Zorzi Arman dello Marin).

Campo Ledan o Lodan (Par.) presumibilmenle da Loredan per sincope. (Cod. 1454 Ludovicus Loredanus honorandus poteslas S. Laurentii).

Molin de Rio, ora corrotto in Molindrio. (Cali. 1658 Monte Rosso ovvero Molin de Rio).

Spada (gruppo di case presso Par.) dove esistono ancora famiglie dello stesso nome.

Valdesin, Valdesina (fontane) probabilmente da val de Cin, nome esistente ancora a Parenzo.

Valle Simisin (Zorzi Cimich cali. 1777). Villa Rossa (vicina a Vill anova; quasi tutti gli abitanti por­

tano tale cognome) . Villa Ohedda (Micatovich dello Gheda, cali. 1696).

Nomi slavi o slavizzati

Famiglie albanesi condotte nel '600 dai franca si stab ilirono a Monspinoso tradotto in Dracevaz e a Monghello, e Ira i mor­lacchi vennero le famiglie Raddovich, Orlich ecc.

Gli slavi importati nel territorio parentino cambiarono ben poco. In parte si stabilirono in vill aggi esistenti e ne conservarono il nome, o lo tradussero, oppure fondarono essi stessi dei piccoli villaggi, o meglio gruppi di case.

Fu fondato p. e. Varvari · il cui nome doveva ricordar loro con ogni probabilità il luogo d'origine. Infatti nella penisola bal­canica si trova i] nome V arvarin o V arvara. Col nome di varvari corrispondente a barbari gli Albanesi sono chiamati dai Greci.

Un gruppo di slavi condotti dal capitano filippini circa il 1570 si stabilì più in su di Varvari e il loro villaggio si chiamò

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Sbandati. Rus bandanlorum sul timbro parrocchiale. Sbandati o Sbandai non può significar altro che gente sbandata , ovvero ac · cozzaglia di gente, e presso a poco zingari, quindi sinonimo di Varvari.

Ma per lo più queste famiglie sla ve preferirono di v iver disperse per le campagne loro assegnate , dando così il loro nome, come una vo lta i coloni romani, ai loro poderi . Da ciò i nomi lo· cali Gulich, Prodanich, Micalovich , Pribelich ecc. che sono dunque quelli delle rispettive famiglie.

V a da sè che essi abbiano chiamalo nel loro gergo certi oggetti, o piante, o accidentalità del terreno, espressioni che riu­scirono ad imporsi in parte anche agli italiani stessi.

Nel cod. dipl. si tro vano, è v ero, alcune denominazioni slave, p. e. in un documento del 1275 riguardante i confini dell'l stria, ma per territori adunque che erano già allora in possesso di slav i, e non per il territorio di Par.; è quindi ammissibile che queste espressioni siano dunque più recenti per il territorio in parola, sebbene però nel 1215 v ien menzionata la via slavonica quae vadit Pysinum e che attraversa un territorio eminentemente slavo. Così non si può allora escludere che almeno alcune espres~ sioni s lave siano molto antiche e non dovute ad immigrazioni recenti.

Ed eccone alcune : Draga, valle (Par., Torre ecc.). Nel1266 si parla della Vena

va cina « quae est super Lemnum ~ e corrisponde all'odierna Draga. Grumase (Par.) gromaCa, mucchio, espressione usata per gli

antichi castellieri {cod. 1266 clausura quae dicilur Gromalios) . Orabri {Geroldia) da graber carpino. Kameniak (Geroldia) cava di pietre. È italianizzalo in Oa­

menaria (Font.). Lokua (Monghebbo) palude . Luge (Mons.) 1760 contrada Luje . L 'etimo di questo nome

dovrebbe essere luZa, palude, che diede origine a molti nomi , p.

e. Lusbovitz. Nijue (Abrega) vigneto. Pofok (Fratta ecc .) o magari torrente Palocco (Abrega). La Rupa (Orsera) fossa, Rupina (Villanova). Zatica (Parenzo). Nel 1275 si trova ia • zalcha deii'Abbacia

di S. Martino • . Questo nome è frequente nell'l siria orientale. L'origine slava è tradita dal suffisso ca , che altrimenti si sarebbe

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cambiato in ga. Come base deve valere la parola slava sad (orto giardino, quindi il diminutivo satka).

Non si capisce perchè la carta militare austriaca abbia re­

gistrato Monte Aratica. Si trovano poi altre espressioni simili a quella di torrente

Patocco, p. e. velihe piantade, pod Pometa, oppure corruzioni di parole italiane come Bradica (Abrega) da braida, Valiza (fraltaj, Orossera o Corsera (Font.) da crosera, crociera ecc., ma sono in fondo cose di poco conto.

Ci resta ora di esaminare il nome di Abrega. Si sa che questa località assieme a Fratta è popolata da slavi importali nel cinquecento o seicento. Il Tommasini dice che queste due lo­calità furono ripopolate, ciò vuoi dire che esistevano prima della colonizzazione s lava. Però non mi è dato di pescar nel codic e dipl. il nome Abrega in epoche anterior i. Si trova anche la deno­minazione Gabriga e Albriga, la quale ultima farebbe pensare all'etimo graber, già trovato; ma se si mantenne Abriga e non Gabriga, vuoi dire che questo è un caso isolato, sporadico e che qualche slavo l' à adoperato per analogia soltanto, senza che esso sia mai entrato nell'uso.

Dunque l'ipotesi di Abriga di origine slava si scarta da sè anche per questo motivo, e allora bisognerà pensare ad un' altra origine, più naturale e vedervi cioè 1' incrocio di apricus e africus, cioè soleggiato , esposto al sole, ciò che è in perfetta corrispon­denza con la posizione solatia.

Molti nomi si potrebbero ancora citare di origine inc erta, ma non voglio esagerare in acrobatismi che, se possono esser suggeriti dalla glottologia, sono poi contradetti dai fatti sto rici. Niente di più faci le delle congetture, ma guai se non sono suf­fragate dai documenti, ed è quindi consigliabile di procedere con cautela. Del resto anche da questa serie di nomi il territorio in parola è illustrato in modo conveniente, e quindi l'aggiunta di altri problemi non varrebbe nè a dar miglior fisionom ia al paese, nè

ad alterarne i caratteri. FERRUCCIO BORRI

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La rivolta del reggimento austriaco N. 97 nella notte del 23 maggio 1918 *)

Nessuno ne fece mai parola, quasi nessuno se ne ricorda; le autorità austriache seppero tener gelosamente secreli i fatti e nascondere alle popolazioni le infamie di un processo, la cui noto· rietà avrebbe potuto forse avere chi sa quali conseguenze. Eppure anche il 97 ebbe le sue giornate eroiche, anche il 97 scrisse una pagina tragica nel gran volume delle lotte e delle ribellioni contro l'oppressore odiato, anche fra i suoi pil1 umili e perseguitati gre­gari ci furon di quelli che prima di cadere sotto il piombo au­striaco ebbero il coraggio di gridare in faccia alle canne dei fu­cili puntate contro i loro petti: • Vi va l'Italia! • . Due di costoro furono Giovanni Maniacco e Riccardo Vreh, ambidue figli del friuli e nativo di Gorizia il primo, ambidue vittime della barbarie e della foll ia sanguinaria ond'eran presi gli ultimi disperati difen­sori di quell a c menzogna formidabile • , come la definì magistral­mente Gabriele d'Annunzio, che si chiamava Austria.

Era la sera in cui tre anni prima l'Italia decretava il suo intervento nella lotta per la libertà del mondo e giurava di strap­pare agli artigli dell'aquila bicipite i suoi figli irredenti. Radkers­burg, l'ostile città tedesca, dove aveva sede il quadro di com­pletamento del reggimento reclutato a Trieste, a Gorizia e in !stria, dormiva i suoi calmi sonni sognando le nuove angherie e i nuovi dispetti onde avrebbe l'indomani vessato i suoi involon­tari ospiti che pur arricchivano smisuratamente i suoi mercanti e i suoi osti.

La seconda vittoria francese della Marna ci aveva in quei giorni liberati di un terribile incubo e dalle onde del Piave do· veva poco dopo esser per sempre travolta la furia tedesco-ma­giara dell'accozzaglia austriaca.

Nell'interno del paese il malcontento e i malumori intanto crescevano i sommosse militari avvenivano di qua e di là i le no­tizie correvano di bocca in bocca, si propaga vano da quadro in quadro infiammanti, all~Hanti, benchè la stampa non dovesse farne menzione, benchè le censure militari distruggessero tutto ciò che

*) Composto già nel1919, questo scritto vede ora soltanto la luce, per una quantità di ragioni indipendenti dalla volontà del suo autore.

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poteva aver l'aria d'una vaga a1lusione, di un lontano accenno. Ma le fucilazioni di singoli, le decimazioni di battaglioni, le pro­clamazioni del giudizio statario ora in una regione ora in un' altra parlavano più chiaramente di qualsiasi articolo stroncato di gior­nale, di qualunque altra notizia meno certa.

Un'altra causa poi d'eccitamento, un'altra magnifica esca di rattizzamento per quella fiamma che covava dappertutto e di cui in qualche punto si vedevano già uscire le prime piccole lingue, era il ritorno in massa dei prigionieri di guerra dalla Russia rivo­luzionaria, di quella gente che prima in gran parte s'era data al nemico ed ora ne fuggiva via temendo che la rivoluzione avesse preso dovunque il sopravvento, o ritenendo che, reduci in pa~

tria , scampavano dail'anarchia e sarebbero stati lasciati in pace

nelle loro case. Tornavano con le menti piene d' incomposte idee bolsceviche, con negli occhi le visioni di stragi, di atrocità, di depredamenti senza nome, con nell'animo cancellata ogni forma di disciplina, ogni concetto d'obbedienza. E questa gente la stu­pidissima Austria ebbe (per nostra fortuna) la pretesa e il co­raggio di costringere a riprendere il fu cil e e di aggregare alle formazioni di marcia pronte ad essere spedite al certo macello . Era il coraggio della disperazione, era il modo più sicuro per dare l'ultimo scrollo a quel marcio e putrido organismo che an­cora si reggeva in piedi a forza di polizie militari e di assassini,

era forse, penso talvolta, un conscio atto di disfattismo provocato nelle alte sfere dove, come dappertutto, si trovavano elementi ostili che sotto la maschera dei col lari d'oro nascondevano animi desiosi di libertà e di redenzione. Fatto si è che quando le com­pagnie, ridotte oramai a i minimi termini, si furono arricchite di queste nuove fa langi, che, abituate nelle fabbriche o nei grandi possessi russi, dove fino allora avevano passato il tempo di pri­gionia , a mangiare e a vivere bene, dovevano ora accontentarsi di un po' di rape allesse (i famosi cavoli navoni) e di una porzione minuscola di un pane immangiabile; quando, dico, le compagnie eb­bero accolto nel loro seno questi nuovi vecchi soldati, il loro spirito diventò un altro, fu scosso il torpore in cui erano cadute, indebolite dalla denutrizione , sfinite dalle fat iche, ed esse tesero l'orecchio alle voci di ribellione che giungevano da tutte le parti, compresero che « un vento di v ittoria si levava dai fiumi della lib ertà • e che un cumulo di menzogne venivan stampate giornalmente nei giornali, e prepararono per la notte del 23 maggio la loro rivolta. Italiani

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e slavi strinsero un patto solo (il famoso Trumbic implorava al­lora l'Italia di scagliare i suoi figli eroici contro la mitraglia au­striaca, guardandosi bene inteso dall'aggiungere •perchè Trieste e fiume dovevano diventare slave•); le due stirpi che più delle altre il tallone tedesco-magiaro calpestava e asserviva s'intesero ed

ambedue scelsero la notte dell'anniversario di quell'avvenimento che ad ambedue doveva portare la liberazione, per solle varsi e iniziare un più vasto movimento contro il nemico implacabile.

Ma purtroppo l'ora del riscatto non era ancora suonata, l'or­ganizzazione militare era ancora abbastanza sald a e l'opinione pubblica era ancor cullala dalle notizie false , che i giornali do­vevano stampare sull' incrollabile fermezza del fronte di battaglia e sui preparati vi, che si facevano, per piombare da una parte su

Verona, per raggiungere dall'altra Venezia. Il movimento stesso ebbe poi un carattere troppo locale e un fatale errore d'indole tattica fu commesso nel prepararlo: quello, cioè, di non prendere prima accordi precisi con la sezione mitragl iatrici, che aveva la sua sede un po' fuori del paese e della quale poterono impadronirsi a tempo gli ufficiali per opporsi ai ribelli e domare la rivolta.

Al grido di • Viva l'Italia • e • Viva la Sia v ia • i soldati uscirono, dopo la ritirata, dalle caserme e si diressero verso la città, ma furono affrontati dalla polizia militare, rinforzata più tardi dalle mitragliatrici servite da ufficiali; nella notte giunsero in tutta fretta da Graz reparti di truppa tedesca. Morti e ferili ci furono d'ambo le parti, nè mai si potè precisare il loro numero. Se il movimento fosse stato più ben preparato, se contempora­neamente il presidio czeco di Bruck e quello slavo di Marburg fossero stati avvertiti, forse si sarebbe potuto sollevare tutte le province meridionali e il crollo dell'impero sarebbe già allora avvenuto.

Il tentativo ardito era invece destinalo purtroppo a fallire; i piccoli gruppi che ancora resistevano nell e campagne circostanti furono in breve sopraffatti e l'indomani fra grandi cerimonie e allocuzioni in ogni lingua, dalle quali trapelava la paura di quel­l' oscuro destino che oramai più non poteva farsi troppo aspettare, veniva proclamato il giudizio statario.

Ciò che avvenne poi ripugna descrivere, e so lo con un senso di profondo rimpianto per le povere vitt ime si può ricordare. Giunse da Graz una commissione giudiziale militare presieduta da un colonnello aud itore, un brullo ceffo che rammentava gli

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sgherri quarantotteschi, e da un'ora all'altra fu improvvisato un tribunale di guerra con poteri discrezionali di vita e di morte. l disgraziati venivano trascinati davanti a quella corte di giustizia sui generis e là sulla base di semplici indizi, senza prove, senza istruttoria, venivano condannati: due _condanne a morte il primo

giorno, sei il secondo, otto erano annunziate per il terzo, quando giunse un telegramma urgente da Vi enna, col quale l'imperatore sospendeva l'infame eccidio e ordinava che, prima di continuare ad uccidere, fosse a lui d'ora in poi sottoposta per la decisione ogni condanna. E non s'uccise più.

Rivedo ancora quel brutto pomeriggio di maggio in cui ìe povere vitt ime venivano condotte al supplizio. Era una giornata fredda e umida, un grigio nebbione calava dal cielo e avvolgeva t~1tte le cose nel suo ve lo opaco; d'una tinta sola erano l'aria,

le case, g li alberi, g li animi ; non il sorriso di maggio ma la tri· stezza di novembre pareva diffusa su quel remoto angolo di mondo dove soffriva e moriva la gioventù delle nostre terre tor­turate. Si attesero le 18 perché tutti fossero liberi, perché tutti potessero assistere allo spettacolo orrendo e l'es empio servisse a tutti di lezione e di ammonimento. Vecchio metodo austriaco che non servì mai a niente, ma cui l'Austria non fu capace mai di rinunciare.

11 supplizio doveva aver luogo su un pubblico piazzale cir­condato da caserme; sul muro d'una di queste fu costruito un

tavolato di legno, affinché le palle non rimbalzassero; davanti a questa parete di legno, fu eretta una specie di colonna dove even­tualmente dovevano venir legati gli infelici, cui sarebbe mancato il coraggio d'aspettare in piedi la morte. E perché il carattere lugubre della scena fosse completo, le sei casse nere che dove­vano accogliere i poveri corpi ancor caldi, furono allineate ac­canto al luogo del supplizio, quasi a prova della profonda mal­vagità dei carnefici e dell'orribile fine che attendeva coloro cui troppo pesava il giogo maledetto. Una folla di soldati e di popolo gremiva il piazzale, altra folla s'assiepava lungo il percorso che i condannati dovevano compiere dalla prigione situata sulla piazza del paese fi no al luogo del supplizio. Alle 18 il portone del car­cere s'aperse, al rullo di tamburi i sei furon fatti uscire: franchi, spediti, cantando canzoni popolari, inneggiando all'Italia e alla

Slavia, le sei povere vittime marciavano, seguite da un prete e da una compagnia di soldati tedeschi con le baionette inastate,

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pronti a far fuoco qualora 1' indignazione scoppiasse; tutto in breve si perdette nel polverone della via.

Giunti sul posto, Maniacco, sentendo qualcuno della folla mormorare la parola: c poveretti ,. , si volse gridando nel suo ac ­cento veneto: • No semo noi po veri, no, ma voialtri se poveri che restè! • . Gli furono legate le braccia dietro la schiena. Così im­mobilizzato sputò in viso al prete che voleva mettergli una mano sulla bocca, donde uscivano le ingiurie più atroci contro i suoi

carnefici. Colpilo dalle fucilate , cadde gridando ancora una volta:

• Viva la libertà! Viva l'Italia ! • . Poi cadde il Vreh, poi caddero gli altri, tuili senza un ac­

cenno di debolezza, tuili bestemmiando l'Austria e inneggia ndo ai lari ideali. Maniacco aveva infuso in loro il coraggio, aveva comunicato alle loro anime la sua fede e il suo entusiasmo.

Nel primo giorno i due slavi giustiziati non avevano fatto fare soverchia brutta figura ai carnefici: svennero durante il tra­sporto, piansero e s'inginocchiarono prima di morire; i carnefici furono contenti dell'opera loro. Non fu così 1' indomani. Maniacco era della partita e fiero, dignitoso, bello ne l suo tipo di meridionale da1la faccia bruna e dall'occhio nero, sapeva di affermare con la morte la sua libertà, capiva che soltanto dimostrandosi audace e sicuro, soltanto sprezzando e sfidando i suoi assassini avrebbe veramente servito al suo scopo e al suo ideale, e fu grande e, ciò che più valse ancora, rese fieri e sprezzanti anche gli altri compagni suoi, così che fu, si può dire lui, quegli che determinò nei carnefici il proposito di non proseguire con le condanne a morte, nella tema che quelle sfide di moribondi non restassero troppo bene impresse, ripetendosi, nei cervelli già abbastanza riscaldati degli speilalori.

Così l'Austria cercava ancora di soffocare nel sangue, fu­cilando in un luogo, impiccando in u.n altro, lo spirito di rivolta che da un capo all'altro dell'ibrido impero insorgeva contro uno

stato di cose che non pote va nè doveva più durare. E non s'uccise più, non per un senso di pietà verso le vit­

time o di ve rgogna verso sè stessi, ma perchè si temeva; si te ­meva di esasperare troppo gli animi e di far prorom!Jere quel cumulo d'indignazione, di malcontento , di disperaz io ne che covava da tanto tempo nella slragrande maggioranza della popolazione oppressa e maltrattata. Le vittime non chinavano il capo, ma gri­da vano alto il loro disprezzo e incita vano alla vendetta. Fra i

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contadini della campagna circos tante mormorii di disgusto e pro­positi di ribellione provocarono quegl i incitamenti e gli sgherri compresero. Anche la forca cominciava a funzionar male . Si estese

piuttosto il processo a tutti i g raduati della guarnigione accusan­doli di complicità nella rivolta, non avendo fatto nulla per pre­venirla. Furono inflitte una quantità di condanne, e, come punizione generale e misura di sicurezza preventiva, il quad ro fu trasferito in una lontana località dell'Ungheria, dove, s i pensava, l'isola­

mento e l'ambiente straniero avrebbero in breve prodotto dei buoni frutti.

Venne intanto l'ottobre e con esso la disfatta dell'Austria e l'immenso tr ionfo d' Ital ia, e sul tavol ino del compilatore di queste memorie rimasero aperti a mezzo, come il libro del roman ziera a Miramar, tutti gli atti d'accusa, mai recapitat i, tutte le condanne mai eseguite contro quanti furono imputati d'aver preso parte a lla

rivolta, non essendov isi opposti. Soltanto i primi otto disgraziati che il piombo austr iaco riesci a colpire non furon potuti sal vare, e la memoria dell'eroico Maniacco resterà sempre viva in qu anti furono loro malgrado costretti a vestire, come lui, l'odiata di visa, e a soffrire, come lui , il g iogo maledetto. Viva Mania eco l Viva l'I talia!*)

ANTONIO SUTTORA

*) Di Giovann i Maniacco mi sc ri sse di recente il prof. O irardelli di Go· rizia, cui m'e ro rivolto per avere su di lui notizie più precise:

'" Riguardo alla giovine vittima goriz iana, di cui mi chiede informazioni. in propos ito parla i poco fa col padre stesso che fa il calzolaio, persona che gode la s impat ia e la stima degli onesti. Suo figlio dunque, che avreb be giusto motivo d'essere degnamente ricordato per il suo cuore d'italiano, era a ddetto in un negoz io di commestibili. Fu chiamato a 18 anni al servizio militare, e il 29 maggi0 1918 venne fuc ilatO, come Ella sa, a Radkersburg. Prima dell'esecuzione dal petto di quel giovinetto uscì il grido dei nostri e roi: - · Viva l'Italia! -

Era il sostegno dell a famigiia; d'indo le buonissima, ma fieramente e no · b i l mente ita liana. • Dàtti coraggio, babbo - scriveva dalla trincea - chè presto andremo a palanche•. Si sa ancora che dal carcere scrisse una quan tità di Jet· tere a ll a fam iglia ed agli amici, ma tutte furono sequestrate ;• ,

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L'Anfiteatro di P o la

Chiunque l'ha veduto una volta, non lo dimentica più. È un incanto il mirarlo dal mare in una chiara mattina di maggio , col

suo splendido sfondo verde, è un panorama grandioso il vederlo dai colli vicini in un chiaro tramonto di sole, col suo magnifico sfondo azzurro del mare, ma appare veramente fantastico, quando

di notte, il suo interno viene illuminato dall'incendio di frasche e cataste di legno imbe vuto.

È alla vista di questo spettacolo singolare e meraviglioso che resti mutolo e commosso : i densi nugoloni di fumo nero che

s'innalzano dagli immani bracieri dai riflessi giallo rossi delle fiamme, pare ti si trasformino in altrettanti fantasmi che corrono,

che s'arrabattano, e la tua mente vaga allora nei lontanissimi

tempi passati, e Ìi par di udire col crepitare sinistro del legno infiammato la eco degli urli delle fiere che incalzavano nell'arena

i miseri condannati ed i loro pianti convulsi e i loro gemiti di dolore, o il sospiro sibilante del vinto gladiatore che muore con un colpo di daga al segnale del pollice abbassato dai Cesari.

Peccato che i sassi, inanimati delle sue mura an:ate, non possano narrarci quanto hanno veduto in questi millenovecento

anni dacchè sono a posto! Peccato che il paesaggio di contorno dell'Anfiteatro si sia

tanto cambiato dal tempo della sua origine: gli fu tolta la sua posizione isolata completamente, e la vicinanza della spiaggia del

mare, e venne soffocato quasi da fabbricati alti e di stile am·

biguo ... Di questo sp lendido edificio dalle forme insieme severe e

gentili non rimangono più che il manto esterno elittico, la rete di canalizzazione ed i ruderi delle costruzioni sottomurarie della

Cauea. In riguardo a ll 'epoca della sua costruzione i pareri sono

discordi; mentre il Carli la pone ai tempi d'Augusto, il Kandler la vuole ai tempi di Vespasiano, ma negli scavi eseguiti furono

trovati tegole ed embrici appartenenti al tetto della galleria colla marca c Pansiana :a dell'imperatore Nerone , perciò non sarà er·

rato di porla alla metà del l secolo d . C ., tanto più perchè in questo tempo incominciò anche a venire usata la forma propria·

mente romana dell'Anfiteatro, come quello di Poi a.

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Dagli scavi accennati e da susseguenti ricerche si venne a conoscere anche che la colonia istriana era già prima in possesso del suo Anfiteatro, costruilo, se non ai primi tempi della Repub· blica, almeno verso il finire della stessa.

Questo primo Anfiteatro, i cui ruderi sono ancora visibili, fu incorporato nel postumo. l lavori a tal uopo eseguiti, non por· tarano grandi cambiamenti nella disposizione interna dell'edificio, mentre all'esterno fu costruilo il manto concentrico a quello del primo Anfiteatro alla distanza di 3.10 m., formando così una co· slruzione separata del tutto dalla prima. Viene anch.e notata una sensibile differenza nella fabbrica dei muri del primo Anfiteatro e del manto postumo, perchè mentre i primi sono costruiti con

pezzi di pietra greggi e a strati di pi ccolo spessore, si vedono i second i fabbricati con quadroni di pietra calcarea di qualch• cubicità, e, meno poche eccezioni, lavorati in tutte le parti a punta di scalpello ed a spigoli vivi.

Lo spazio centrico dell'edificio è l'Arena o piazzale dei combattimenti, di forma pure elittica, i cui assi misurano 67.75 m. e 41.65 m. Questo piazzale era chiuso verso la Cavea da una solida ringhiera di ferro, il cui basamento in pietra è ancora vi ­

sibile sul luogo. Tutto intorno a l piazzale elillico g ira un corridoio largo

1.16 m., che era destinalo a lla circolazione d• l personale di ser · vizio {apportator), alla cui periferia esterna si ergeva un muro

di sostegno a lto 3.0 m., che portava il podio. Incominciando dal podio s' innalzavano, come sul manto interno di un ampio imbuto

verticale capovolto, le gradinate concentriche della Cavea, divisa radialmente in cunei1 in altezza invece in meniani (ripiani) fino a l li vel lo del piano decoralo con finestre quadrilate,e.

Le gradinate della cavea nel primo meniano erano interse­cate dalle volte delle gallerie, che conducevano dai portoni prin· cipali d'entrata a settentrione e mezzogiorno fino al podio, e qui fin ivano a guisa di portali. Sulle piattaforme di questi portali vi erano le loggie, nel le quali si trovavano con tutta probabilità i posti d'onore dell'Anfiteatro.

La Cavea, dalla parte dal mare, veniva sopportata a pian· terreno da fitte costruzioni sottomurarie, che finivano alla periferia

esterna in un sistema di volte a disposizione radiale, alla periferia interna in due corridoi concentrici. Gli spazi o locali risultanti sotto queste volte, venivano adoperati per impianti di scale, per

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anditi, che agevolavano la circolazione irtterna, o per istallarvi bot­leghe o !averne a comodo degli spellalori.

A questa sottostruttu ra, ora rovinata, appartengono anche le due gallerie prima menzionate dei portoni principali d'entrata ed

i camerini annessi, su alcuni dei quali trova va stanza il personale di controllo all'entrala. durante gli spellacol i, e gli altri venivano

adibili a ripostigli per le decorazioni dell'Anfiteatro. l ruderi della Cavea rimasti verso il monte, ci danno una

idea della disposizione del l piano. Per questo piano segue una

sottostrutlura eguale a quella del pianterreno , ma per altro è più

stretta, non comparendo in questa i due corridoi concentrici prima nominati alla per iferia interna, ciò che è anche naturale , data la

forma della Cavea. Lo spazio fra il mania del primo Anfiteatro ed il postumo

era diviso con muri, i cui ruderi sono ancor oggi visibili, mentre

al primo piano esso fu lasciato come corridoio che facilitava la circolazione degli spellalo ri e delle guard ie (!acari).

Il manto postumo giungeva col pavimento del secondo piano, che si tro vava all'altezza delle finestre quadrilalere, al livello della sommità. dell'antico Anfiteatro, cosicchè\ da questo piano s i aveva libera v ista sul piazzale di combattimento e quindi poteva

servire da prima galleria. Al dissopra di questa galleria o corri­doio, ve ne es iste va sicuramente una seconda, che andava a

completare l'edificio. Con questa premessa soltanto si può giun­gere a un'idea chiara delle disposizioni costruttive esistite a co­

ronam ento del manto postumo. Vediamo infatti nella torretta a mezzogiorno-ponente come

le scale conducessero a l dissopra de ll a prima galleria in un ul­

timo ripiano, ora distrutto.

Questa seconda galleria aveva verso l'esterno a parapetto l' attica alta 1.0 m. che corona il manto. Essa era coperta con un tetto di teg ole ed embrici inclinati verso l'esterno ed aveva i suoi appoggi nelle antenne 1 che er:tno infisse nei fori 1 ancora v isibil i, della g rondaia di p ietra. Queste antenne fu rono ritenute

dal Carli e dallo Siancovich i sopporti di un immaginario velario a copertura dell'intero Anfiteatro, la cui costruzione viene per

altro ritenuta, data l'ampiezza dell'edificio~ tecnicamente impos­

sibile.

Si può anche affermare che l'Anfiteatro di Pala fosse co­

struito quasi intieramente di pietra, meno le scale nella torretta~

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gli impalchi nei pi~ni superiori fra i manti e le gallerie a fini­mento dell'edificio, che erano di legno.

Si deve forse solamente a questa circostanza di .costruzione mista il fatto che il manto esterno restò quasi incolume nella sua integrità. Perché i legnami adoperali nelle singole costruzioni prima enumerate, saranno certamente deperiti e caduti per poter di tempo o incendio e così mancò ai vandali , che distrussero l'interno dell'Anfiteatro, adoperando i materi ali per la costruzione di a ltri edifici, il ponte di passaggio per la dis truzione del manto

esterno. Le quattro torrette disposte simmetricamente sul manto del­

l' Anfiteatro non sono n è le case s ceniche del Maffei, perché qui non si tratta di un teatro, né i contrafforti del Car!i , perché la muratura forte e ben costruita, che sfida i secoli, non aveva bi­

sogno di tali sostegni. Essi sono invece semplici avancorpi, che oltre a movimentare la facciata, portavano le scale per giungere alle gallerie.

Alla sommità delle torrette si lrovl<vano dei serbatoi d'acqua, le cui vestigia si possono ancora vedere nella miglior conservata delle stesse. '

È fama che l'Anfiteatro di Poi a potesse contenere 25.000 persone. La lunghezza delle gradinale concentriche della cavea, viena calcolata con 8000 metri lineari, quell a delle gallerie ognuno a tre file a 2200 m. 1., assieme 10.200 m. l. Se ogni posto a se­dere viene ammesso di circa 40 cm. di larghezza si ha uno spazio approssimativo di circa 25.000 persone.

Questa cifra sta sicuramente in contrasto col numero d'abi­tanti della città d' allora, che viene ca lcol ato a circa 12.000. /ll'oa si deve pensare che ai di vertimenti, oltre ai cittadini, conveni· vano anche i solda ti di presidio e gli abitanti di tutta la Pole­sana, che non erano in numero disprezzabile, come ce lo dimo· s trano i ruderi di numerosissimi paesi, vil1e nobili e rustiche, che si trovavano s parse in tutta la regione.

La canalizzazione dell'Anfiteatro si trova ancora a posto quasi intatta. Le acque piovane della Cavea venivano raccolte in un canale costruito tutto intorno all'Arena o piazzale centrico ed a mezzo di cinque canali radiali passava ne l principale che la cond uceva a l mare. Per lo scarico delle acque piovane degli an­diti e scale scoperti dell' Anfiteatro, servivano cunette aperte ai lati, che s i possono ancora vedere a pos to.

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All'Anfiteatro, nel quale venivano tenuti e combattimenti di fiere e lotte di gladiatori, dovevano essere vicini due altri impor~

tanti impianti, cioè le carceri per le fiere e la caserma pei gla­diatori . Le prime si trovavano comunemente per opportunità e sicurezza nel sotterraneo sotto l'Arena e soltanto là, dove le acque del sottosuolo non lo permettevano , in siti limitrofi alla Cavea.

Ne ll 'Anfiteatro di Pola si trova difatti, inoavato nella viva rocc ia in mezzo all'Arena un fossa le lu ngo circa 58.0, largo circa 8.0 e profondo in media 3.60 metri , dall a metà del quale si di­parte una galleria a volta ve rso il mare.

Questo fossale è diviso nella sua larghezza da una doppia fila di pilastri , di forma dive rsa in numero di 11 per fi la e questi portavano un impiantito in legno che copri va l'intero fossa le , la· sciando soltanto ne l mezzo una bottola d'uscita. In questo sotter­raneo si trovavano le carceri per le fiere.

Il secondo impianto, cioè la caserma dei gladiatori, si tro­vava in un ed ific io a terrazza che sorgeva davanti l' entrata prin­cipale a settentrione dell'Anfiteatro, su i fianch i della collina. l rest i di questa fabbr ica, meno i sotterranei, furono demoliti negli ultimi decenni del XIX secolo . l sotterranei sono parzialmente visibili nel!?. casa N. 1 di via Flavia. Probabilmente appartenenti all'edificio saranno alcuni pavimenti a mosaico trovati ultimamente nelle vi cinan ze della casa N. 1 di via Emo.

Un particolare degno di nota sono gli sgraffiti che si pos­sono ve dere su ll a s uperfic ie d'intonaco lisciato d'un basamento di pilastro a mezzogiorno dell'edificio. Essi sono senza dubbio dell'epoca della costruzione dell'Anfiteatro e rappresentano le ar­cate, dandoci l' esempio di un disegno architetton ico romano.

Pare che ne l medioe vo l' Anfiteatro venisse utilizzato per la tenuta di giostre e tornei che il Kandler vuole rinnovati nel 1425 nel giorno d: S. G iovanni per opera dei Templari, che li vicino possedevano un ospizio.

Più tardi in esso furono tenute le cosidette fiere franche e le celle o locali sotto la Cavea, che non erano ancora crollate, serv iro no nuovamente da taverne o botteghe, mentre il popolo girava lib ero fra i ruderi rimasti .

Infin e l'Anfiteatro, devastato completamente nell'interno, di­venne , per incu ria dei cittadini, piazzale di deposito d'ogni genere di rifiuti, tanto che il primo ordine a portoni quadrilateri ne fu

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tutto coperto. Il Carli fu il primo, che a mezzo di opportuni scavi ridonò alla luce quella parte coperta. Lo Stancovich più tardi, a'l principio del secolo passato, lo descrisse prolissamente e ne de­lineò anche la rete di canalizzazione, che venne confermata da scavi posteriori.

Nell'anno 1875 venne poi costruita tutto intorno all'Anfiteatro la recintazione consistente in un muro a pilastri e cancellate di ferro.

Secondo il Kandler sembra che l'Anfiteatro rimanesse nella sua forma originale fino al secolo XIV, perchè i patriarchi d'A­quileia avevano proibito sotto gravissima multa di levarne le pietre. In quel secolo peraltro furono demolite le scalinate della Cavea per ristaurare le mura della città, e così, dato il malo esempio, tutte le pietre furono a poco a poco asportate, quale materiale già pronto per altre fabbriche.

Anche il manto esterno ad archi fu minacciato dassenno al­lorchè un architetto, mandato a Pola dalla Repubblica di Venezia per istudiare il modo di fortificarla, volle far credere al Senato che l'Anfiteatro, nel caso venisse occupato dal nemico e ridotto a forti lizio, potrebbe divenire di grande pericolo per il castello sul Campidoglio, e perciò ne propose la demolizione a colpi di cannone.

In altra occasione fu prospettato di trasportare l'Anfiteatro a Venezia per rifabbricarlo al Lido o sulla piazza ;: . G iovanni e Paolo.

l cittadini di Pola presentarono reclami contro queste bar­bare proposte e grati al Senatore Gabri.ele Emo, che fu il loro patrocbatore nella vertenza, dedicarono a lui l'Anfiteatro colla seguente iscrizione:

D. O. M. ANTIQVJSSIMVM. VRBIS. ANPHITEATRVM

GABRIELI. EMO

PETRI. FJLJO. VENETO. SENATORI OPTJMO. AC. PRIECLARISSIMO

VNIVERSA. POLIE. CJVITAS PER P ETV JE. OBSERV ANTIJE

MONVMENTO DICAVIT MDLXXXIII

Pisino, gennaio 1922.

Ing. ERNESTO DEJAK

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PAGINE ISTRIANE 39

Blasoni popolari triestini e istriani

Quello che al tempo di Federigo Il usaron fare, sotto la protezione del re Svevo stesso, i baroni feudali, sollazzandosi a

pungere con detti brevi i vizi e i difetti, veri o inventati, dei loro

vassalli pugliesi, usaron fare da noi i liberi comuni italici istriani e la turbolenta municipalità triestina, rimbeccandosi a vicenda, secondo quella costumanza dello spirito di caricatura, ch'entra

così bene nel temperamento degli Italiani in genere 1), e che del

carattere dei Veneto-Giuliani è stigma e derivazione essenziale. t ) Questa linguaccia, che in componimenti ritmici, rimati o as­

sonanti , o semplicemente in detti, si sfoga a malignare, è forse uno dei lati più simpatici della storia italian~ delle terre adria­tiche ex-irredente, cosi che malignando e ridendo essa spicca

nella maldicenza popolare dei diversi paesi d'Europa per allac­ciarsi più strettamente all'Italia. In complesso sono proverbi sa­tirici, figli della gran famiglia dei canti popolari, modellati con biricchineria malizicsa 3

). in cui si trasfondono non soltanto lo spi­

rito caustico e mordace del buonumore naturale, ma anche la ge­losia di campanile e l'odio municipale, spesso fissato perfino nelle clausole degli statuti municipali del medio evo e derivato da

vecchi conflitti d'interesse, da asti immemorabili, da rancori di sconfitte subite, da liete memorie di vittorie conquistate, e da quella siffalta invidia civica, per la qu a le si rinnovella il rimpro­vero di Dante (Purg., Vi, 83-84):

. . . r un r altro si rode di quei che un muro ed una fossa serra.

1) Cfr. Corso, Blasoni popolari italiani, in " Tutto ~ , a. Il, n. 26 {Roma, 27 giugno 1920), pp. 18-20; Giusti, Raccolta di proverbi toscani (Firenze, 1853), pp. 209-219.

2 ) Vedi Vesnaver, Usi, costumi e credenze del popolo di Portale (Pala , 1901) pp . 13-15.

3) Ne pubblicai un saggio in <~ L 'Era Nuova • di Trieste, 17 luglio 1921, a. III, n. 708, sotto il titolo <~ Maldicenze paesane di Trieste e dell'lsiria ~ ,

riprodotto in • Adriatico Nostro ~ di E. A. Marescotti, Milano, a. l, n. 7-8, pp. 89-90.

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Il quale rimprovero non impedì a Dante stesso di essere molto maldicente verso i suoi connazionali, per non dire delle stoccate famose agli altri popoli. Così egli chiama fiorentini:

quell'ingrato popolo maligno

(lnj., XV, 61) e più sotto (67-68):

vecchia fama nel mondo li chiama orbi, gente avara, invidiosa e superba.

E nel canto XIV del Purgatorio egli dice brutti porci (v . 43) quei del Casentino; botoli ringhiosi (v. 46-47) gli Aretini; lupi (v. 50) i fiorentini; volpi piene di froda (v. 53) i Pisani. E nel c. XXXIII dell'Inferno dice ai Genovesi (v. 151-153):

Ahi, Genovesi, uomini diversi d'ogni costume, e pie n d'ogni magagna perché non siete voi del mondo spersi?

E chi non ricorda l'epifonema contro Pisa (lnf., XXXIII, v. 79):

Ahz; Pisa, vituperio delle genti?

l folkloristi francesi chiamarono queste bizze < blasons po­pulaires • , per metafora, pere h è caratterizzano, a guisa di stemmi, città e paesi. Gli italiani, tenuto conto del loro contenuto faceto e ingiurioso, le dicono « maldicenze paesane~ , c: scherzi » o c: so· prannomi • .

Las<:iati da banda i proverbi e i frizzi giuliani contro i po­poli non italiani '1), cercherò d'esaurire la messe abbondante dei blasoni popolari giuliani contro i Giuliani. E fin d'ora mi dirò lieto, felice e riconoscentissimo, se troverò chi mi aiuti a com­pletarne la raccolta.

Il .

C'è un ritmo, conflato certamente da s ingoli staccati pro­verbi di maldicenza locale, in cui si passa in rassegna la costa da Trieste a Pola, spesso con di leggi atroci. Qu~sto ritmo an­tichissimo è senz'altro un frutto della malignità del Medio Evo,

~) Cfr. Doctor Gaius, Maldicenza Popolare, in "' Il P al ves e » , Trieste, a. l, n. 3 (20 gennaio 1907), p. 3. - Ricorderò che agli S lavi si dice s'davi, s' ciauoni, morlachi, bacoli, s' ciaui de tola con festa de legno ; ai T e deschi gnochi, lugheri, patate ecc. Da notarsi che Slavi e Tedeschi s i sfogano a lor volta contro gl'Italiani. I Rumeni dell' !s tria son detti ciribiri.

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e fu il canto, composto - dirò così ~ di couplets~ serviti a qualche giullare per far sbellicar dalle risa con le allusioni sa­tiriche i cittadini di quelle città che non vengono staffilate (Isola, Pirano, Orsera, Rovigno e Dignano) a spese e beffe di quelle altre {Trieste, Capodislria, Umago , Cittanova e Parenzo).

Trieste - pien de peste; Isola famosa; Capodistria pedociosa; Piran - pien de pan; Umago - un prete e un zago (avv. tre preti e un zago), e una dona de ben} e anca quela el prete la manfien; Citanoua - chi no porta no trova; Parenzo - tuti mali quei che xe drento; Orsaresi - panzolini; Rovignesi - parigini;' quei de Pala - i xe de napariola; e quei de Dignan i porta la bandiera in man. ' )

c· è poi una vecchia canzone istriana, che incomincia:

Andemo al hou mercà, cioghemo la galina: la galina fa caracacà. E la dona generosa!

Indi si riprende il • cioghemo • , si aggiunge il nome d'un popolo e g li si affibbia un modo di dire o un vizio di pronuncia o un ep iteto satirico, che servano di suo blasone popolare, come intes i cantare da soldati in una serqua toscana. Ogni volta il coro deve ripetere, a talento di chi dirige il canto , tutta la fila­strocca a rovesc io, terminando col caracacà della gallina 6

). Le stoccate giuliane sono:

la mugesana fa : muisana; muisana; el savrin el porta el sa co; el c rovato fa: micheno, micheno;

") Si completano così i nn. 88-91 delle mie Rime e Ritmi del Popolo lstriano, p. 19, e la filza del Giusti , Racc. di Proverbi, p. 215.

6) O. Timeus, Canzonette popolari cantate in !stria (Pola, 1910), Il ed., p. 52.

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el triestin fa: arca, fradei; el cavresan: à cacossa, à cacossa; el rouignese: par dejo, par dejo; el piranese: dàme de magna; el parensan: Parenssso, Parenssso ,· el pinguenfin xe quel de la fraja; el cargnel foga de paia; el cranzeto fa zaca1~ zacaj,· el ciceto, carbuna, carbuna; el tedesco, tartaif, tartaif.

Così si snoda il dileggio, frutto di quell'amore municipale esclusivista, che al dire di Jacopo Cavall i e di Paolo Tedeschi ' ) richiama alla memoria i tempi infelici in cui le madri - come lamentava il Manzoni -- insegnavano ai loro figli

a distinguer con nomi di scherno quei che andranno ad uccidere un dì.

III.

E questo vezzo medievale dura ancora non per ferocia d'o­dio, ma per una certa ferocia di salira, specia lmente alla costa istriana. Si brandiscono i difetti altrui come pugnali; si esaltano bellezze proprie con vanteria inestinguibile e sprezzante; si ri· cerca il dileggio con !a feroce voluttà di chi rimesta una piaga dolorante nel corpo d'un nemico. E chi non ricorda le lotte so­stenute da noi studenti a difesa del proprio luogo contro le con­tumelie dei luoghi vicini? E che contese! E qualche volta ... che cazzotti!

Di Isola si dice nell'l stria interna: Per trar un cauo de scalogna - sete Isolani ghe bisogna. E a Muggia: Isola vergo­gnosa - Muia bela come una rosa. 8

)

' ) Cavalli, Reliquie Ladine, pag. 180, nota P ; Paolo Tedeschi, in " La Provincia dell'lstria o, XXVII (1893), pag. 72, col. 2:~ .

S) In vecchio muglisano (Cavalli, ~p. ci t., p. 153, n. 46) si diceva:

Piran plen de pan, /zola vergug n6usa, Caudislra pedog l6usa, E Mugla f resca come una rosa.

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Muggia fu sempre la città fierissima di se stessa e fieris-sima contro le consorelle. Una sua quartina dice:

Co n assi un piranese, a nassi un ladro,· co nassi un isola n, a nassi un saco; co nassi un cauresan, a nassi un conte; e Muia bela che xe a piè del monte. ' )

Vuole il popolo muggesano che i suoi padri più amanti della libertà abb iano abbandonato Muggia Vecchia, perché vo leva ri· maner fedele al Patriarca d'Aquileja, fondando la nuo va cittadella al mare: sicchè ne venne che i nuo vi cittadini si dicessero con

orgoglio repubblicani, lanciando agli altri l'offesa di pafriarchini. Ma con Trieste furono tremende le lotte di Muggia, fin da

quando i Muggesani infersero ai Triestin i quella tremenda bat­tosta, per la quale tanti ne furon mace ll ati, che la località For­nei ove accadde la battaglia fu detta Taglada (da • tagliare • ). Le quali lotte lasciarono una scia di astio, che ancora non s'è dispersa. Nel 1850 i Triestini chiamavano i Muggesani Marcolim~ perché nel 1848-49 erano accorsi in massa a difendere la Re­pubblica di Venezia , quella di Manin e di Tommaseo. E i 'Mug­gesani ritorcevano l'offesa con l'altra ben più sferzante di impe­ria/t~ che dava a Trieste dell'a ustriacante. E oggi ancora nei cantieri di S. Rocco e di S. Marco i Muggesani dànno del fo­resto a ogni triestino.

Muggia però diede adito al detto (far come) el podestà de Muja, che 'l comanda e po'/ fa solo, che vorrebbe tacci are quel popolo di fannullone o d'inc apace: e a torto.

L' !striano del resto, per indicare che Trieste non è poi la gran città, ne compendia le pretese merav iglie in questo distico:

La Borsa, el Tergesfeo - e la casa de /'aseo. La • casa del­l'aceto » è quella al n. 15 di via S. Laz zaro , casa antinapoleo~

nica " ), fabbricata nel 1771, anno desolatissimo dalla siccità,

~) In vecchio muglisano (Caualli, op. ci t., p. 180, c, n. 3):

Co nas un piraneis, a nas un ladro; co nas un izolan,. nas un sacUs; co nas un cauresan, a nas un coinf, e Mugla biela che ze a pei del moint.

10) Fu colpita nel 1809 da una palla di cannone francese . Nell'atrio, so tt o la palla immurata, si legge l' iscrizinne : Hoc Me Ornamento - Galli Affece­runf - MDCCCIX. Sopra il portone è raffigurato Napoleone Bonaparte in un gran serpente di stucco, che sta per ingoiare una palla, che è il mondo, per lui troppo piccolo: ma viene frenato e vinto da tre aquile (Austria, Germania e Russia).

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tanto che per la totale mancanza d'acqua, si dovette comporre la malta con l'aceto.")

Per di più, forse dopo l'uccisione di Giovanni W incke lmann (9 giugno 1768) e più probabilmente dopochè una massa di ca­naglie frammezzo a un minor numero di buoni calò a Trieste dopo il 1719 in cui Carlo VI decretò il portofranco , l' !striano lancia l'ingiuria: Triestin - mezo ladro e mezo 'sassin. Cui Trieste, togliendo il motivo al mal dire dalla capra, ch'è lo stemma del­l' l stria, ribatte: lstrian - cavra razza de can. Cui di rimando gl'lstriani: Trieste ga a Servo/a la fabrica dei massi.

Le due capitali poi, Trieste e Parenzo, consociate a Isola, diedero la strofetta:

Triesfin - mezo ladro e mezzo 'sassin,· Parenzan - mezo beco e mezo rufian; Iso/an - col bugnigolo in man. ")

Il che non tolse che prima del 1848, come pure dopo, fino ad oggi, gl' lstriani amassero Trieste, e i Triestini riamassero l' !stria, di quell'affetto che li accomunò nella lotta per la loro nazionale redenzione e che spinse gl' lstriani a farsi a Trieste i precursori d'ogni civile italica libertà.

IV.

E continuan le satire contro le cittadell e istriane. C'è il distico:

A Parenzo i Bianchi e i Neri: a] Capodistria el cafè dei ba/oneri.

Esso ha un bel valore storico, perchè il primo verso ricorda le lotte terribi li dei due partiti parentin i, i qual i, specialmente dopo il 1886, dilaniarono fino a l 1896 la città di Parenzo, rinnovando le fazioni fiorentine del tempo di Dante; e perchè il secondo verso ricorda il caffè della Loggia, ritrovo dei ricchi sfaccendati di Capodistria, che con satire, ciarle ed epigrammi mordevan tutti, anche il grande Gian Rinaldo Carli 13

), e officina di mal dicenza,

il) Iscrizione nell'atrio: Aedes - Anno MDCC LXXI- Oh Aquae lnopiam - Aceto Absoluta.

l2) Babudri, Ancora rime e ritmi, in « Miscellanea Hortis ,.., Il , 952, n. 487. t:l) Ved i Domenico Venfurini, in • Indipendente», Trieste, 18 fehbr. 1902.

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donde uscì il sonetto velenoso contro i • setantadò leterati de Por­tole •14 ), che ricorderemo a suo luogo.

G ia cchè nominai il caffè dei Capodi s triani, ricorderò anche il caffè • dei sieri » di Ro vigno. Siccome cotesti • sieri • eran pe­scatori, in massim a parte , e marinai arricchi ti , e sopra il loro casino in piazza avevan fatto stendere delle tende color rossiccio pari al color delle reti (squaneri), s i trovò contro di loro una strofetta, che fu ripetuta anche a scorno - almen così si pre­tese - della città:

Quei del casino - rustica progenie, per rammentare i suoi antichi mestieri han fatto le tende in color dei squaneri.

In genere gl' !siriani, per la loro facilità di parl ant ina , son d e: tti lasagnoni cagainaqua, condi videndo il dileggio con i Vene­

ziani. Anzi si pretende , che i più chiacchieroni siena i Parenzani, secondo il detto: A Venessia i le fa (cioè le lasagne, val e a dire le ciarle) , in /stria i le destira~ a Parenzo i le cusina. Cui i Parenzani oppongono: l ti li le magm~ macaco! '

Di Orsera , ric ca di asin e lli, di quegli asinelli istriani pic ­coli, grigi, fortissimi e resis tentissimi, che mangiano rovi, sar­mente, rami di quercia, con ottimo buon pro, i Rovignes i dicono: Ursieri ~ ctirago de samieri.

l Piranes i s an detti magnamanzt~ per la loro voracità ;. dond e il dil eggio ingiusto a doppio senso: Piranesi~ corni in lesta. Per la loro cantilena nel parlare son beffati con le interrogazioni cro ­ma ti che esagerate: E che ti dighiii? E che ti faghiii? "'). Gl'I­solani so n detti senza bugnigolo; i M;,ggesani barufanti; i Fa­s anesi boni de gnente. Anzi Dignano ha una strofetta mordacis ­sima per Fasana :

Trieste bela -· Pota su' sorela, Dignan un bel fiore, Fasana un cagadore.

U) Cfr. Vesnauer, Una sati ra del costume al tempo dell a Serenissima (Pola, tip. Sambo, 1902), p. 22.

1;,) Il cromatismo piranese è un fiore d' italianità: cfr. Babudri, Sul dia­letto di Fiume, in .- Dalmaz i a ~ . Trieste-Zara, a. l, n. 2 (ott. 1919), p. 29, col. P.

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Ma a sua volta Dignano subisce l'affronto, che i suoi abi­tanti sono bunban~ cioè rozzi contadini ; donde il motteggio scurrile:

Bunbaro, bunbaro, caga paia, dàghe foga a la caldaia, la caldaia no voi (pol! ciapar, gnanca 'l bunbaro no voi (poi) cagar.

Eppure Dignano è gentile verso le sue consorelle {eccezion fatta per Fasana) tanto che nel suo canto popolare

Go caminà par Roma, Pransa e Spagna,

ha questi versi:

Cinpo el me caualetn, e i turni indreijo: go caminà par Eisula e Pareiji; Tnjeste bel c'a )6 la Scala-franca {ovv. Scala santa) E Capodeistra piena de speranza.

E in un altro canto d'amore essa dice con paesana cortesia:

Ti vegnarè c un meijo a 'l ortisei o: ti colsarè radeici e rauanelo; ti vegnarè su 'l Monte de Ma rana: ti vedarè le barche de Pasana; ti ved01è Vale eu 'l bel caste/o, le moitre d'oro, le porte de fero.

E verso Gallesano dice:

Oalisan bielo ti te puoj guantare, ti je un bel canpaneil [in] mezo 'l piasale.

Dignano in fine ha la palma per le sue belle donne, giusta il molto epicureo-: Pan sewolan -- vin istrian - dona de Di­gnan. E Dignano lo sa, perché nel tacciare le Umaghesi di na­sute, canta:

Qui/e de Umago zi de napariela, ma· qui/e de Dignan porta bandera.

Gli Umaghesi poi so n detti legnosi; i Cittanovesi marochi, da maroco ch'è un pescia lino di nessun valore, pieno di spini.

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A Pirano si dice di Isola:

Isola fa la guera coi canoni de fighera.

fra queste due città non c'è buon sangue. Vuolsi che Isol a, essendo in guerra contro Pirano, a vt:sse costruito un mortaio con un tronco di fic a ia. Imbarc ato lo su un bragozzo e cari<.:atolo a

pol vere , salparono contro Pirano. Ma allo sparo il legno scoppiò uccidendo tre Isolani. E i Piranesi ridendo narrarono che ai com­patriotti che li attende vano sulla ri va, i guerrieri Isolani avessero detto: Noi gauemo 'uuto ire morti: ma a Piran se sta un sfragelo.

Ma la più bersagliata città istriana è Rovigno. Si ricono­scono l'intelligenza e l'abilita del Rovignese in lutto, dal mestiere del taglia pietre al coraggio in mare, dall'intraprendenz a industriale alla finezzi'\ di calcolo nelle imprese commerciali, onde sa bene arricchirsi, tanto che i Rovignesi so n detti i Ebrei de l' !stria o a nche i Genovesi de !'/stria. Da ciò i detti laudalori : Rouignese pien de inzegno - el spaca el sasso come '/legno~· Rouigno pien de inzegno - el spaca el /ero come 'el legno. Coi detto per un Orego sete Ebrei, per un Rovignese sete Greghi si invoca l' intraprendenza di 49 lsraelili per uguagliare quèlla d'un Rovi­gnese; e con l'altro noue Ebrei per un Genovese, nove Genovesi per un Rouignese l'equiparazione sale a 81 lsraeliti: ch'è tutto dire!

Tuttavia sono salireggiali e s!affilali. Per il dialetto islriolo son detti quei de Sant' Ufiémia, oppure /eia meia, /eia meia. Poi san detti baiulchi. Con la pretesa che si prestino per avarir.ia l'os so del prosciutto per condire il minestrone, si applica loro il detto: Cumare, imprestfme !'uosso. Una strofetta bastarda, un po' veneta, un po' istriota e un po' latina, li taccia di pirati :

Ruuefgno spelunca latron, co i no poi cit1 eu 'le m an, i cit1 eu 'l rampegon. 16

}

lù) Nel detto latino idiotizzato di spelu.nca latronum c'e un fondo di VC.·

rità storica , in quanto che in causa de lle pes ti che spopolarono la citt à, molt i G reci, Dalmati e It alian i meridionali vi si rifugiarono, tanto che a ragione i Ro· vignes i nel 1563, sotto il maestoso Leone di S. Marco che ornava il Porton dc.l ponte fecero incidere le significanti parole LO REPOSSO DEl DESERTI. Cfr. Benussi, S toria doc. di Rovig no (Tries te, 1888), p . 130.

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E a Pola, togliendo l'offesa dal ciclo cavalleresco carolingio, in cui il Maganzese è il tipo del traditore, si lancia al Rovignese l'attributo di falso col nome di Maganza.

Ma Rovigno se ne impipa: e in un'ottava, che rifà per conto suo il primo ritmo da me riportato, mostra la sua palese simpatia per Pirano, per Umago e per Dignano, la sua indifferenza per Cittanova, per Orsera e per Pola, e il suo sprezzo per Parenzo:

La ponta de Piran zi ualurusa; a Umago hielo zi un prete e un zago; çitanova chi nu puorfa nu truva; Parenzo chi zi drento doati mati; quij de Ursieri zi pansuleini; e quisti de Ruueigno parigeini; quij de Pala zi de napariela, e qui/e de Dignan puorta bandera. " )

Ed è storica e antica la simpatia fra Rovigno e Pirano, am· bidue luoghi di · popolazioni intraprendentissime: com'è storica e antica l'antipatia fra Rovigno e Parenzo per la gelosa pretensione di avere ambedue un vescovo, sicchè Rovigno pretese un tempo che il vescovo di Parenzo vi risiedesse ogni anno per sei mesi 18

).

È per questo motivo che i Parenzani trovarono la favola , la quale vuole che quando il boia andò a Rovigno, dove nel 1811 fu da Napoleone istituito un Tribunale di prima istanza, i Rovignesi lo prendessero per el uiscuuo eu la sangariela in fianco. Questa ruggine si acui nel 1873, quando fu scelta Rovigno, anzichè Pa· renzo, a stazione ferrov iaria del tronco d'unione con Canfanaro. E i Rovignesi godettero, perchè i Parenzani cicauano.

Ne ll' estate del 1895 i Parenzani stabilirono di fare uua gita a Pirano. Ma il guaio si fu, che il Comitato ordinatore fu com· posto in gran parte di non Parentini . Fra essi ci fu uno, triestino• che a v eva aperto bottega poco prima a Parenzo. Costui, pensando di far un affare, telegrafò a Pirano che per il pranzo provvedes· sera pure colà, tranne che i maccheroni, perchè li avrebbe por­tati lui da Parenzo. l Piranesi ne risero e ne informarono gli amici di Rovigno : e insieme con essi motteggiarono i Parenzani chiamandoli per almeno un paio d'anni quei dei bigoloni. E i Pa·

17) Cfr. lue, Canti popolari istriani (To rino, Loescher, 1877), p. 253, n. 14. 18) Cfr. Benussi, op. cit., pp. 332-337.

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renzani a dir vero n'erano innocenti, perchè la ga./ft! era d'un

triestino .

Del resto negli ultimi anni della Serenissima, siccome il pa­triziato veneziano, molle paccioccone , non sapeva ornai distinguer

più fra lstriani, Ci cci e Schiavo ni (Dalmat i), trae va per gl ' lstri ani tutti il titolo motteggiatore di fassefi d'l stria ") , dal fatto che le

barche veneziane caricavano negli scali istriani i fascetti di quella legna d'ardere, che so no pur oggi uno dei redditi proficui dell'l ­

stria. Peccato, che ntentre il patriziato della Regina dei Mari se la spassava così a spalle degli lstriani, Venezia andava a rotol i,

decadendo d'ora in ora.

Nel numero po i delle maschere venez iane del Settecento, c'era pure el Piranese ~ 11 ), una specie di carnevalesco • Manducus ~

romano, che il pro f. Giorgio Benedetti descri ve così: c Figuratevi un uomo in abito di pezzente, col viso impiastrato di Feccia ài vino e con una grande bisacci a sulla spalla sinistra, piena d i pane, carni e fruttasecche, e colla mano gestando pomposamente un bottacc io di refosco, e tutto coperto di lunghe corone di sal ­

siccie, che s i aggira per le vie, cantando qualche squarcio delle Miserie Umane (vedi contrasto!) e offrendo a questo e a quello da mangiare e da bere, ed avrete la maschera del Piranese. Che se vi fermate ad accettare quei dord, udrete che le carni indicano • il carnoval e che se ne va:. e quelle fruttasecche • la quaresima che se ne viene • ,21

)

Questa maschera , ch'esistette anche a Capodistria, e che a Pirano fu più spiccata, fu considerata a Venezia come una sa­tira anti istriana. 22

)

FRANCESCO BABUDRI (continua}.

t!~ ) Li ricorda pure Paolo Tedeschi, in (r La Provincia dell' !stria " , XIV, n. 23 (Capodis tria, 1 dic. 1880), p. 190, col. 2·' , e XXVII, n. 9 (Capodist ri a, 1 maggio 1893), p. 73, col. P.. -

'.! O) Ma/menfi, Storia di Venezia nella vita privata ecc., l ed. (Torino, Roux e Favalle, 1880), pag. 462.

~ 1 ) Benedetti, Stato della commedia italiana nel Cinquecento, in " Pro­gramma del Ginaasio Superiore di Pisino • , 1880-81: citato in " Archivio sto­ri co per Trieste, l' l stria e il Trentina », vo l. Il, 1883, p. 240.

22) Cfr. Paolo Tedeschi nella recensione del cit. libro del Molmenti in (; La Provincia del!' !stria • , a. XIV, 1880, p. 190, col. 2·\

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50 PAGINE ISTRIANE

BIBLIOGRAFIA ISTRIANA *)

A. Libri ed opuscoli 1. Carlo Pignatti Morano : La vita di Nazario Sauro e il martirio delfe­

roe; dai documenti ufficiali del processo (ili.}; Mi lano, Fratelli T reves ed., 1922.

La luce della storia incomincia a riflettersi su la figura e l'opera di Na­

zar io Sauro. Non è ancora, ben inteso, l'i lluminazione definit iva, quella cioè che procede dalla lenta e graduale indagine critica; ma è pur sempre una illumina· zio ne sufficientemente serena e metodica, basata a nzi' tutto su i documenti, che già vr.ngono ricercati con febbrile ansia e con devoto a more interpretati.

Questa biografia che di Nazario Sauro ha scritta il conte Pignatti Mo­rano, capitano di vascello a riposo, porta un importantissimo, anzi dec isivo con· tributo alla conoscenza dell a vita del glo:-ioso martire adriat ico, ricca com'è di testimonianze e di documenti non ancora divulgati, relativi massimamente all'o·

pera svolta da Sauro durante la guerra c alla s ua condotta durante la prigionia e il processo. Pochi, nelle vecchie province del Regno, avrebbero potuto parlare di Sauro con la competenza, onde ne discorre il Pignatti Morano , che conobbe a

fondo Sauro durante la guerra, essendo stato suo superiore gerarchico nella R. Marina, ma superiore che sapeva infondere brga fiduc ia e confidenza nell'e· roico marinaio istriano, per modo che questi gli s i apriva semp re come a un padre e lo melleva minutamente a parte di tutte le sue ardite speranze, di tutti i suoi rischiosi propositi. Il Pignalti Morano ha oltracciò il doppio merito di avere validamente contribuilo al ricupero dell'incartamento processuale di Sauro, sottratto da mani criminose e avide di lucro all'archivio del!' i. r. Tri· bunale della Marina a ust riaca in Pola, proprio nell'istante in cui avveniva l'oc· cupazionc italiana, e di essere varie volte personalmente venuto in !s tri a, per attingere intorno a Sauro le più sicure e atte ndibili notizie Pertanto, il suo libro è riuscito una compiuta e riccamente documentata narrazione del)~ vi ~a e delle gesta di Sauro; una narrazione che si legge con intenso, costante e com· mosso interesse, c cui ace · escono pregio anche le molte c bene scelte ripro· duzioni fotografiche del le persone, dei luoghi e dei documenti.

Se un desiderio il libro del Pignatti Morano lascia inappaga to nel lettore, esso è quello di sapere quale veramente sia stato il contegno degli ufficiali e dei marinai, che furOno catturati insie me con Sau ro. Trasparisce dai documenti pubblicati che anche Sauro non era bene in ch ia ro su questo ' pu nto. La lacuna si avverte, inev itabilmente. Come interpreta r la? Una risposta che ci tolga da ogni dub bio il libro del Pignatt i Morano non ce la dà.

Giustamente a fferma il Pignatti Morano, che la figura di Sauro soldato d'Italia e patriotta esce anche più grande e gloriosa dai document i processuali.

Quella fiera anima, che il tradimento e la delazione ins idiano da tutte le parti e che l'Austria con ogni pil1 perfida arte tenta di piegare e avvilire, fa vera·

*) Questa bibliografia nè pretende nè può r iallacciarsi, metodicamente inlcgrandoli, agli elenchi bibliografici pubblicati negl i ultimi fascicoli della serie prcbcllica de lle Pagine lstriane. Troppe, in verità, sa rebbero le lacune da col· mare! Comprenderà peraltro tutte le più notevoli pubblicazioni d'argomento o d'autore istriano uscite durante la guerra e l'armistizio.

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mente mostra di una ruistenza che si direbbe d'acciaio o: non trova riscontro che in Ann=t Sauro, la mad re più ero icamen te madre che la moderna storia d' Italia conosca. Erano ambidue, madre e figlio, dell a stessa tempra: ambidue ebbero lo s tesso martirio: ambidue sono degni della ste5Sa gloria. G. Q.

2. [Francesco Sa lata ]: Il diritto d'Italia su Trieste e flstria: docu· menfi; Milano-Torino-Roma, Fratelli Bocca, 1915. {Ricca e importantissima sii· loge di docu ment i riguardant i il movimento naziona le e patriottico in !stria dal 1797 al 1882. Trattas i di tes timonianze in gran parte o inedite o disperse o poco note, raccolte con sagace fiuto c somma diligenza. Non molte le note inter ­preta tive, ma succose c calzant i. C omplessivamente, uno dei più ragguardevoli prodotti della letteratura patr ia ist ri ana dell'epoca bellica c una larga e sicura base per i futuri storici del separatismo istriano. E solo d:t lamenta re che d'un lavoro di tanto momento non si sia fatta che un'edizione fuori commercio.]

3. Attilio Tamaro: La Vénétie julienne ef la Da/mafie; hisfoire de la nation ifalienne sur ses frontières orienfales; Rome, lmprimerie du Sénat, 19 18; 3 vo li. {Primo felice tentativo di dare una completa storia dell' italianità giuliana e dalmata , sulla scorta delle fonti accessibil i nel vecch io Regno du rante la gue rra . Nonostante lo scopo essenz ialmente divulgativo de ll'opera, più d'un capitolo bri ll a per novità e genialità d'esegesi storica. Tutto il lavoro, del resto, mira a co ll egare int imamente la storia della Venezia Giulia c della Dalmazia con la storia d'Ital ia, se non a narrare addirittura la storia d'Italia in !stria e in Dalmaz ia : cosa che prima del T. nessuno aveva pensato di fare c di cu i gli dobbiamo essere sinceramente grat i. È da augurarsi che il T. vogl ia darci in breve, se non una ve ra e propria traduz io ne di questa sua poderosa e fonda­mentale opera , almeno un denso riassunto.}

4. Alessandro Dudan: : La monarchia degli Absburgo: origini, gran­dezza e decadenza; con documen ti inediti; Roma, Bontempclli, 1915 ; 2 voli. [Viene tessend o, mass ime nelle note a pie' di pagina, anche la storia delle terre itali ane soggette ali" Aus tri a, con abbondanza di particolari e piena informazione bibliogra fi ca. )

5. Alberti, Baccich, Barzilai, Battiati, Desico, Dudan, Gayda, Sla­taper, Stefani: Dal Brennero alle Alpi Dinariche, Firenze-Roma, Quattr ini; s. d. [ma 191 5.] [Sintet ica ill ustrazione storico-geogra fi co-economica del Tren­tina, della Venezia Giulia e della Dal mazia .}

6. Giorgio Del Vecchio: Le ragioni morali della nostra guerra; Firenze, Tip. Domenicana, 191 5.

7. Il libro verde. Documenti diplomatici presentati al Parlamento Ita­liano dal M inistro degl! Affari Esteri Sonnino nella seduta del 20 maggio 1915; Milano, Treves, 1915 (• Quaderni dell a guerra - ).

8 . Tommaso Sillani: Lembi di patria; Milano, Alfieri & Lacroix, s . d.; ili. [Il Trentino, la Venez ia G iuli a c la Dalmazia, descr itti con amore c con vivezza di stile dal lato storico-artistico . Opera degli anni che immediatamente precedettero la guerra rcdentrice. ]

9. Cosimo Bertacchi: Italia del suo ferro cinta sulle Alpi e sul mare; Palermo, Sa!vatore Biondo, 1916. [Lib retto di propaganda nazionale c di cultura geogra fi ca. Riccamente ill ustrato. ]

10. Cassi Angelo: Il mare Adriatico; sua funzione affraverso i tempi, con sei carte geografiche fuori testo; M ilano, Hoepli , 19 15.

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52 PAGINE ISTRIANE

11. Le terre italiane soggette all'Austria; Napoli, Collina, s. d. 12. Problemi italiani. Gl'istrioni a Vittorio Emanuele Il nel 1866;

Milano, Ravà, 191 5 . [Vi è an<:hc riprodotto il magnifico Appello degl'fstriani all'Italia scritto da Carlo Combi dopo le sciagure italia ne del 1866.]

13. Problemi italiani. Diario triestino (1815-1915); cent'anni di folta nazionale; Milano, Ravà, 1915.

14. V. Agnoletti: L'Italia irredenfa; Milano, Soc. ed. milanese; 1909. 15. Gualtiero Castellini : Trento e Trieste, con una ca rta a colori;

Milano, Trevcs, 1915. [Uno dei primissimi lib ri che-, nell'attesa della invocata guerra di redenzione, trattassero apcrlamcnle dei vari problemi delle terre

irredentc. ] 16. Cesare Battisti: Al Parlamento austriaco e al popolo italiano;

discorsi; Milano, Treves , 1915 (• Quaderni della guerra ~ ) . 17. [Fe lice BennatiJ: !stria: diritti e doueri dell'Italia; Roma, Armani ,

s. d. [ma 1915]. [Chiari e s uccosi cenni sul movimento nazionale e separatisla in !stria, scritti con profonda competenza da un uomo che di quel movimento era stato, negli ultimi trent'anni, gran parle.J

18. Leo Planiscig : Denhmale der Kunst in den siidliclzen Kriegsgebiefen (lsonzo-Ebene, fstricn, Dalmatien, Siidtirol}. Wien, A. Schroll, 1915.

19. Dr. Michael Mayr: Der italienische lrredentismus. lnnsbruck, T y­

rolia, 1917. [Con particolare riguardo al Trentina] 20. Antonio Teja: La guerra attuale e il p restito di guerra; confe­

renza pubblica. Trieste, Meneghelli, 1916. 21. l v e Giovanni: Francesco Giuseppe l il Glorioso ecc. Trieste·, Brun·

ncr, 1916. [Tutto da ridere.] 22. lohann Androvié: Dantes Urteil iiber ftalien; Triest, Dolenc, 19 16. 23. lohann Androvié: Die Triester Frage in ihrem Verhiiltnis zu

Oesferreich und !talien. l Theil. Triest, Brunner, 1916. [La seconda parte del

libello usci nel 1917 presso lo Stabilimento tipografico del Litorale in Tries te.] 24. lo ha nn Androvié: Triest in seiner See-und Handelsenfwicklung. l

Band; T riest, M oscttig, 1918. [La Il parte non uscì ma i; e si capisce perchè,) 25. Alberto Mitocchi [Tomicich] : Triest, der lrredentismus und die

Zukunft Triests. Graz. • Leykant ' - [Bil ioso lavoro di un a rrabbiato a ustriacante, che fu giudice in (s t ria e procuratore di Stato a T rieste. Importante per la co­noscenza della psicologia patriottica austriaca. Ne uscì anche una seconda edi­

zione aumentata !J 26. Domenico Venturini: Un centenario glorioso {1813-1913}: la

n'conquista dell'lstria da parte del capitano triestino Giuseppe Lazzarich; pagine commemorative dedicate a i fanciulli istriani. Vicnna, i. r . Deposito dei lib ri scolastici, 1917. [Tipico saggio di deformazione della s toria ad usum ... Auslriae. Ne fu fatta g ius ti zia in L'Azione (Pola), l l a prile 19\9.]

27. Dr. Max Smolensky: Die ltaliener in Oesterreich-Ungarn ; Wien, Manz Verl ag, 1917.

· 28. Alfredo Escher: T riesi tmd seine Aufgabcn im Rahmen der Osfer­

reichischcll Vol/.rswirlschaft. Wien, Manz Vcrlag, 1917. 29. Dr. An ton Gnirs: Alte unde neue Kirchenglocken. Wien, Anton

Schroll, 1907. Mit 305 Abbildungen im Text. [Interessante catalogo illustrato delle pi ì1 notevoli campa:te rubate dall'Austria nelle chiese della Ve nezia G iulia.]

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PAGINE ISTRIANE 53

30. Dott. Giulio Suhak: Cent'anni d' inSeJ!namenfo commerciale: la sezione commerciale della i. r. Accademia di commercio e nautica di Trieste (4 nov. 1817 - 4 nov. 1917). Trieste, Lloyd austriaco, 1917.

B. Riviste e giornali 31. Angelo Scocchi : Cento anni di cospirazione nella Venezia Giulia,

di Secolo XX ~t (Milano), a. XV, n. 7: lugl io 1915 (i li.).

32. Marino Szombathely: Vecchi proverbi triestini, in c Umana~ (Trie­ste), a. l, fase. Il: 8 giugno 1918.

33. Giovanni Quarantotto: !stria che scompare: Giovanni Bennati, in <Umana" (Trieste), a. l, fase. III: 22 giugno 1918.

34. Elda Gianelli: Emma-Conte Luzzafto, in o: Umana!) (Trieste), a. l, fase. IV : l luglio 1918.

35. G[iovanni] Q[uarantotto]: Lo stile gotico in !stria, in c·UmanaA (Trieste), a. l, fase. V I: l agosto 1918 [a proposilo di una pubblicazione di Cornelio Budinich].

36. Piero Sticotti: Dipinti dell'ottocento a Trieste, in «Umana» (Trie­ste), a. l, fase. VIli: l sett. 1918.

37. Carlo Curiel: //teatro di San Pietro a Trieste, in «Umana• (Tril!­ste ), a. l, n. X: l ott. 19\8.

38. Elda Gianelli: Gli pseudonimi di Emm a Lu.uatto-Conte, in •Umana» (T cieste), a. l, n. Xo l ott. \918.

39. Cesare Pagnini : Lorenzo da Ponte a Trieste, in •Umana• (Trieste) , a. l, n. Xli : l nov. 1918.

40. Silvio Benco: l morti di oggi e di ieri: Antonio Lonza, in • Umana• (Trieste), a. l, n. Xli: 1 nov. 1918.

4\. Baccio Bacci: La liberazione di Trieste, ne ~ La Lettura» (Milano). a. XVlll, n. \2, l clic. 1918.

42. Atti e Memorie della S:ocietà lstria na di Archeologia e Storia P a tria; Parenzo, Coana, 1920, vol. XXX , 2: Giovanni Quarantotto, Per Gian Rinaldo Carli nel Il cen tt!nario dalla sua nascita. - Francesco Babudri, La vill a rust ica di Sesto Apu lei o Ermia presso S. Domenica di Vis inada . - Siluio Milis, Alcuni . documenti dell'Archivio Capitanale di Pisino (1810-1860). - A. Dott. Pogatschnig, Divagazioni parentine {con due tavole ) : l. Un pseudo e pi­taffio di Omero a Pa renzo - Il . Un documento in volgare de ll 'epoca di Dante­Ili. Deliberati del consiglio comunale di Parenzo sotto il Podestà Nicolò Marcello (1485-1486)- IV. Cariche dipendenti dal consiglio della eittà di Parenzo prima e dopo il 2 luglio 1797. - Dott. Giannandrea Grauisi. l nomi locali del territorio di Muggia. - Gino de Vergoftini, L'ls tria alla caduta dell a Repubblica di Venezia.

43. Archeografo Triestino ; vol. IX della 111 Serie, XXXV II della Rac­colta: Giovanni Quaranfofto, Pietro Kandle r commemorato nel XL ann iversa ri o dall a morte; aggiuntav i la bibliografi a degli sc ri tti di lui a stampa. - Francesco Babudri, Nuovo sillabo cronologico de i vescovi di Trieste. - Baccio Ziliofto, Petronio Caldana, rimatore piranese del sec. XV II. - Giacomo Braun, Carlo VI e il commercio d'oltremare. - Siluio Milis, Lo statuto di Cherso ed Os­sero. - Piero Sticoffi, Commemorazione dell'architetto Ruggero Berlam tenuta al Circolo Artistico di Trieste addì 22 dicembre del 1920. - Dario de Tuoni, Un Padova no a Tries te nel1826 (dalle .. Memorie• de l Conte Girolamo Polcastro).

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54 PAGINE ISTRIANE

Cronaca e notizie varie

*.: All'illustre senatore dott. Attilio Hortis, collocato in i s tato di riposo per ragioni d'età su sua richiesta, fu conferito dal Magistrato civico di Trieste il titolo di Bibliotecario OJJOrar io, riserva ndogli la direzione dell'Archivio.

-:t- A Gor izia nella palestra dell'Unione ginnastica goriz ia na ~vvenne addì

10 gen naio la p roclamazione dci premiati, che concorsero all a prima Esposiz ione d'arte di Goriz ia, organizzata dal comitato studentesco per le onoranze a Vit· torio Locchi, il can tore della « Sagra di Santa Gorizia ".

-;;.: Umberto Saba lesse alla Minerva il giorno 16 genna io due novelle, che stamperà nel s uo pross imo libro: «L'eterna lite ••.

* Ferdinando Pasini parlò all a Mincrva di Trieste su «Dante e Man­zoni» il giorno 30 gennaio.

* Il 12 febbraio fu istituita a Capodistria una sez ione del Turismo Scolastico Nazionale. Furono eletti a presidente il pro f. A rturo Bandi, a vice-pres idente il cons. Antonio Damiani, a segreta rio il dott,. Aristocle Va­toua. Il Cons iglio è form ato da i presidi dc i due istitut i medi e da vari docenti .

-:r.- P er iniziativa della Società di Minerva e dell a Socie tà Adria ti ca di Scienze Na tu rali la sera del1' 8 marzo fu tenuta a Trieste una so lenne comme­moraz ione di Giacomo Ciamician, il grande scienziato triestino. Parlò il pro­fessore del R. P ol itecn ico di Mila no, Giuseppe Bruni.

~r. Dalla Società Fi lologica Friu lana fu pubblica to un 'opuscolo d i Giulio Piazza, che ricorda il commed iografo fr iulano Teobaldo Ciconi.

~r.- Il giorno 12 marzo fu scoperto solennemente a Rov igno un monume nto a ricordo dura turo della Redenz ione. In quest'occas ione fu can tata la de ll a Redenzione, compos ta dal notaio Carlo Bisiac e musicata dal maestro Fabretto.

~:<· In occas ione del cinquantes imo anno dalla morte di G. Mazzini, la commemorazione dell'illustre patriotta fu tenuta a Capodistria dal pro f. dott . Fi­lippo Giuffrida .

.;.~ Il 8 marzo fu scoperto a T ril!ste u11 medaglione, che la Società Gin­nast ica fece mu rare nell a s ua P alestra ad onorare la memoria del prof. Gre­gorio Draghicchio. La figura c l'opera di lui fu rievocata in un bellissimo discorso dal prof. Attilio Gentille.

·.".f Il prof. Giacomo Furlani tenne al la Minerva di Tri este il giorno 30 ma rzo un'interessante confe renza «Nel mondo dell'atomo ».

*': La Società Nazionale per la Storia del Risorgimento Italiano tenne a Trieste nei giorni 9, 10, 11 aprile 192'2 il X Congresso e Assemblea Generale dei Soci nella Sede della • Società di Minerva • e del • Circolo Ar­tistico •.

Furono tratta ti fra gli allri i seguent i argomenti, che p i ~ particolarmente interessano la nostra regione: Popovich comm. Eugenio - Intorno all'opera dei Comi la ti triest ini c ist riani dal 1860 al 1915 nel Regno. Colombo prof. Adolfo -1} Sulle annession i de l '59 secondo le carte del generale Dabormida. 2) Lamar­mora e Trieste nel 1866 (su documenti inediti). Pincherle auv. Emilio - Rac· colta di atti processual i che s i riferiscono alle cause penali di carattere politico.

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PAGINE ISTRIANE 55

Pieri dott. Piero - Eroismi ignorati (memorie della guerra di redenzione). Co­ccanci'g prof Bruno - Antefatti e preparazione della notte di Ronchi. Mura/h'

comm. dott. Sparfaco - Documenti riguardanti tre punti di storia dell' lrreden­tismo. Benussi com m. dott Bernardo - Il quarantotto nell'l stria. Quaranfotto cau. pro/ Giovanni - La deputazione istriana stila Costituente aust riaca del 1848 49. l(ers dott. Ettore - Le vicende dei deportati giuliani nella guerra di redenzione. Babudri Francesco - L' idea unitaria nel popolo giuliano irredento. Oradenigo pro/ Sergio - Di un manoscritto inedito del Giordani. Pcrroni cau. dott. Salvatore - G li archivi del Risorgimento nella Venezia Giulia.

Il giorno 11 aprile avvenne la consegna d'una bandiera offerta in dono da un Comi tato di Signore al Comitato regionale per la Venezia Giulia, con un discorso del pro f. Attilio Genti/le su ., Le bandiere delle società tri estine • ; fu · rono offerti varii cimeli storici dell' irreder.tismo da parte del com m. Eugenio

Popovich, del comm. Carlo Coretti e di altri ablatori; fu tenuta dal sen. Alli/io Hortis la commemorazione del patriota istriano Domenico Lovisato.

n Atti della Acca demia scientifica Veneto· Trentino·lsfriana, VO·

lume XI (1920): Vardabasso S ilvio, Nota sulle bauxiti istrianc.- Zanolla V .. Alcune brevi considerazioni intorno ai problemi della Morfogenes; cranica e del Mcndelismo. - Fabiani R ., Studio geologico della regione di S. Severino Marche.

~:-: Commentari dell'Ateneo di Brescia per l'anno !920. Vi leggiamo fra l'altro: Le falde di sovrascovrimento della Val Bembrana c loro rapporti con falde b resciane, di G. B. Cacciamali. - Le piante avventizie della nora bresciana, di U. Ugolini. - La data e l'occasione di alcune _epistole poetiche del Petrarca, di A. Foresti .

.;;.;. Madonna Verona. Bollettino del Museo Civico di Verona, a. XIV (1920). l fase. 54·55 contengono un interessante lavoro di Achille Forti: Studi su la Flora della pittura classica veronese - Francesco Morone e Girolamo Dai Libri, pittori naturalisti - Enumerazione descrittiva dei quadri - La flora dci quadri classici veronesi - Indice dei pittori c dei quadri - Indice delle piante - Nove tavole illustrative, nitidissime.

~;-: L'Archiginnas io Bollettino della Biblioteca Comunale di Bologna, diret'to da Albano Sorbelli, a. XVI, n. 4-6 (1921): F. Vatielli: Cinquant'anni di vita musicale a Bologna (1850-1900). - E. R app ini: La prima carta geografica a stampa del bolognese (11'>99) e le sue fonti. - P. Cauenoghi Campori: Un commento quattrocentesco ai • Trionfi" del Petrarca nel ed. A. della Biblioteca dell'Archiginnasio. - A Foratfi: Il paes:tggio dei Carracci e della loro s cuola. - /, Massaroli: Pianoro • Il Castello e la Parrocchia. A. F. J'vJassCra: Per l'interpretazione de l sonetto bolognese di Dante • La Fondazione • Mater Stu· diorum • e l'opera da essa compiuta. - G. Fontana: Il Maggio nel Bolognese.

~:~ Atti e Memorie della R. Accademia Virgilliana di Mantova,

Anni 1918·19:20, vol. Xl-Xlii. G. Carmassi, Carteggio fra Mantova e Lucca nei sec. XIV e XV. - P. Carpi, G iulio Romano ai servigi di Federico Il Uon· zaga. -- R. Quazza, Nevers contro Nemours nel 1624. - P. Girolla, Pittori e miniatori a Mantova sulla fine del '300 e sul principio del '400. - G . Gerola, Le campane delle chiese di Mantova .

.;:;. In Alto. Cronaca bimestrale della Socic:tà Alpina Friulana, a. XXXII n. 4-6 (1921): Marine/li 0/into, Il limite settentrionale dell'olivo in friuli. -

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56 PAGINE ISTRIANE

Desio Ardito, l ghiacciai del Camin e del Montasio. - Peruglio Egidio, Sui monti di Clant. - Bonanni Luigi, Salita al lof del Montasio dalla Val Dogna.

* Mondo Sotterraneo. Udine, a. XVII, n. 1~4 (19:11): Egidio Feruglio, Il For!n di Landri nuova stazione preistorica in Friuli. - Giacomo Trabucco Le sorgenti del monte Amiata. - Leonardo Ricci, La temperatura dell'Oliera:

- Domenico Del Campana, Uccelli palcolitici della grotta di Golino a Tala­mone (prov. di Grosseto). --11 giorno due gennaio cessava di vive re a Bologna l'illustre chimico pro-fessar Giacomo Ciamician, triestino, che per tanti ann i onorò la sua città natale e l'Italia. La sua perd ita è un lutto per la scienza.

Quattro giorni dopo morì il senatore Luigi Morandi, noto per i suoi

studi letterari, specie per la pubblicazione dei Sonetti romaneschi di Gioachino Belli, da lui dottamente annotati.

Addì 27 dello stesso mese si spense a Catania il celebre romanziere c novellista Giovanni Verga.

Altra grave pe rdita per le lettere fu quell a di Giovanni Marradi, l'au­tore della Rapsodia Garibaldina, il quale morì a Livorno il gio rno 6 febbra io, c ch'era p~rsonalmcnte noto anche fra noi per la vis ita da lui fatta, parecchi ann i sono, a Capodistria c per le belle le tture da lui tenu te a Trieste. --

La Presidenza del R. Ginnasio-Liceo • Carlo Combi » di Capodistria ha divisolo di celebrare quest'armo il XXIV maggio collocando nell'atrio del­l'edifizio scolastico una lapide eire ricordi le grandi benemerenze patriottiche della scuola e gli antichi alunni di essa gloriosamente caduti nella guerra di redenzione (Bratti, Cristofoletli, Della Santa, Filzi Fausto, G ambin i, Grego Antonio ed Egidio, Lana, Parovel, Rota, Sauro, Vidali, Zustouich) . Fu aperta a tal fine una pubblica sottoscrizione. Le offerte sono da inuiarsi alla Pr~si­denza suddetta. l nomi degli ablatori e gl'importi raccolti saranno resi di pubblica ragione nell'annuario che il Ginnasio-Liceo di Capodislria pubbli­cherà alla fine del corr. a. sco!.

Ad iniziativa di un comitato d'insegnanti delle varie scuole medie della Venezia Giulia, cui sta a capo il pro/ ing. Gioacchino Grassi, direttore del R. Istituto industriale di Trieste, sarà quanto prima donala al R. Ginnasio­Liceo • Carlo Com bi" di Capodistria una lapide riproducente il bellissimo pro­clama diretto ai giovani istrioni da Pio Riego Gambini allo scoppio della f!uerra di redenzione. l fondi vengono raccolti a Capodislria presso ;t Regio Istituto Magistrale dalla segretaria del comitato, pro/ A. Tavolara. S. E. il Ministro Ani/e ha approvato con calorose parole la felice e opportuna ini­ziativa.

Stabilimento Tipografico Naz ionale CARLO PRIORA - Capodistria

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Anno l della Nuova Serie (XIII della Raccolta)

Fase.. Ili Capodistria, giugno-luglio 1922

PAGINE ISTRIANE Rassegna bimestrale di Letteratura, Scienza ed Arte

con particolare riguardo ali" !stria

IL NOSTRO LEONE

Uscito il primo fascicolo della Nuova Serie di questa ras­segna, più di un amico ci osservò, con l'aria di chi è costretto a fare a malincuore un'osservazione sgradevole, che il leone di San Marco, onde simbolicamante si fregia la nostra copertina, posa la zampa sopra un evangelo in cui fa brutta mostra di sè un er­rore di ortografia: tanto di tibbi con due, anziché con una b.

Rispondiamo. L'artista che ha disegnato quel leone - e che è, tutti or­

mai lo sanno, anche perché s i legge sotto, l'egregio direttore della Scuola del merietto in Isola, signor G. A. Zamarin - non creò, con 1' aiuto della fantasia, un leone suo, non delineò una sua per­sonale interpretazione dell' aligera be! va : ma fedelmente ritrasse, per incarico nostro, il famoso leone che in antico era apposto e dava il nome al Castelleone di Capodistria e ora è confinato (per non dire ... internato) nel giardino dei conti Tolto, sempre in Capodistria. Di quel marmoreo simulacro, opera veramente arti ­stica di un immaginoso scultore del Cinquecento, diede già ampia notizia il Caprin nell' !stria Nobilissima*), pubblicandone in pari tempo un bellissimo schizzo a penna dovuto al chiaro prof. Giulio De Franceschi, un virtuoso del genere; schizzo anche sul quale è di leggieri decifrabile il dispiaciuto e incriminato tibbi.

Ci siamo spiegati?

LA DIREZIONE

*) Trieste, S tab. art. ti p. O. Caprin, 1905; vol. l, pag. 96.

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,Pòmiga" e ,Pomigadori" *l

"' E questo fia suggel ch'ogni uomo sganni ..,

l.

Perdonatemi, ospiti egregi ed amici carissimi, se , contraria­mente a ll a tradizionale usanza italica che vuo le liete e serene le mense, io sto per tenervi, infer pocula, un dis corso di carattere più serio che a ll egro, un discorso che non può a vere, ahimè, nep · pure il grande impagabile merito deila brevità .

Quando, sere fa, i colleghi del Comitato, per trop po di fi· ducia in me, mi vollero affidato l'incar ico di tes sere , alla fine di questo memorabile simposio, la storia della P òmiga, e segnata­mente di spiegarne la genesi, la natura e gli effetti, io, confesso il vero, mi sentìi non poco imbarazzato e temetti, su le pri me, di essere fatalmente destinato a guastare un centina io e pi ù d' inci­pienti d igestioni ; ma poi, ripensandoci, mi sovve nne di due cose : prima, ch'io ero un vecchio e provato pomi'gador~ e che un po­migador degno del nome non deve arretrare d ina nzi a ne ssun peri­colo e a nessuna difficoltà; secondariamente, che a vrei av uto intorno

a me un uditorio formato in massima parte di pomigadon~ ai quali non sarebbe dovuto dispiacer poi tanto d'ud ir risuonare anche una

volta le lodi di quella Pòmiga, che occupò già sì gran posto nella loro vita e che formerà - sa Dio per quante generazioni a ncora - il loro maggiore titolo di gloria.

Restano gli ospiti, e questi devono veramente armars i di coraggio e di pazienza ....

*) Questo discorso, detto a Trieste la sera del 4 gennaio 19 J9 alla cena degli ex- .. Pomigadori », si pubblica, nonostante la sua fo rma a volte sche r· zosa, per ciò che contiene di storicamente esatto circa l'azione anti austriaca spiegata durante la guerra redentrice dagl'italian i costretti a milita re nelle file . dell'esercito austro · ungarico e per togliere di mezzo una volta per sempre ogni ambigua o addirittura maligna interpretazione de i vocaboli Pòmlga e Pomigadori.

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Il.

Pòmi'ga, si sa, è voce del dialetto istriano, a cui corrisponde in lingua la parola Pòmice, della quale il Vocabolario degli acca­demici dell a Crusca (vedete che fo sul serio) dà questa spiega­zione: « Pietra leggerissima, spugnosa, piena di pori rotondi o ovali, ruvida al tatto, facile a rompersi, eppure atta a rodere o corrodere il vetro più duro ed anche l'acciaio ~ .

E Pòmiga a buon diritto e con felice traslato si chiamò, du­rante la guerra mond iale, la tacita formidabile intesa di quei pa­triotti italiani che , costretti dall'Austria a indossare la divisa mili­tare, s'industriarono in tutti i modi, vecchi e nuovi, palesi e nascosti, possibili ed ... impossibili, di sminuirne e !imitarne l'efficenza bellica, a tutto profitto di un'altra e più grande Intesa, ma col desiderio di giovare in ispecie, sia pure per vie del tutto indirette, a quella che fu sempre, anche nei momenti più tristi del loro esilio, in cima dei loro pensieri, alla gran madre Italia.

Chi fosse il primo ad usare il vocabolo Pòmiga nel significato che ora ho detto; come, dove e quando egli lo mettesse in circo­lazione; tutto ciò resta avvolto nel velo del più fitto mistero, come, a un dipresso, ... la storia primordiale dell'Egitto, almeno quando noi facevamo i nostri s tu di liceali. Quello che di certa scienza si sa è che la Pòmiga, simile anche in ciò ad una vasta e bene organizzata congiura, si manifestò improvvisa per cento modi e in cento siti, non appena l'Italia ebbe dichiarato guerra all'Austria; eppure nè un accordo era stato previamente preso, nè era corsa una qualunque parola d'ordine. No : aveva parlato il puro e sem­plice sentimento patrio, e tutti avevano operato come d'istinto.

Dunque, .con ogni probab ilità, la cosa fu prima della parola, e la parola non fu che il riconoscimento e la consacrazione della cosa.

Ma intendiamoci bene: nulla è tanto lontano da noi quanto la pretesa di atteggiarci, poniamo, ad aiuta tori efficaci dell'Italia in guerra; e nulla ci urge meno che la fregola di proclamarci addi­rittura belligeranti e di chiedere che una nostra rappresentanza diplomatica s i assida a l tavolo verde delle trattative di pace. Ci mancherebbe altro! F acemmo quel che potemmo: ecco tutto. Fa­cemmo quello che, impediti - e non per cagion nostra - di prender parte alla guerra di redenzione, dovevamo fare, se vale·

varna rimaner pari a noi stessi, alle tradizioni del nostro passato,

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alle speranze de l momento che a llora vivevamo. E se qualche vo lta il nostro contributo di resistenza passiva e di sabotaggio assunse aspetti e portate tali da non incutere soverchio terrore all'Au s tria, ciò non vuoi ancora dire che il nostro fosse un g iuoco

fanciulle sco o, peggio, un allegro passatempo; giacchè ogni azione umana va giudicata in re lazione e in dipendenza dall e circosta nze nelle quali si svolge, e nulla induce più facilme nte in errore che l'informare i propri giudizi alle sole momentanee apparenze. Vero è che non vi fu ostruzionismo nostro, per quanto piccolo, per quanto insignificante, che non s'ispirasse all ' od io che nutrivamo accanito e inestinguibile contro l'Austria, e che la storia del nostro servizio militare alle dipendenze dell'Austria fu una storia di scon· forti e di pene amarissime, anche se talvolta, ad ingann are il nostro cuore che piangeva in silenzio tutte le sue lagrime, le nostre labbra cercavano di abbozzare uno sb iad ito sorriso.

Scusate se v' ho parlato di tristezze ; ma il do vere mio non era di abbellire la realtà, s i di rappresen!arla schietta ed intera; e d'altronde i lutti di quei tempi, già cosi lontani nell a memoria nostra, sono oggimai tornati in felicissima esultanza. Tolto così di mezzo ogni possib il e equivoco, ved iamo ora un po' più da vi­cino come praticamente funz ionasse la benemerita Pòmiga .

III.

In due luoghi specia lmente esplicò l'attività sua la P òmiga: a Radkersburg, sede de l battagli one di complemento dell'i. e r. reg· g imento fanti n. 97, detto anche reggimento demoghèla, per l' irre· frenabile smania di passare ai nemici dell'Austria che so le va coglierl o ogni qual volta fosse mandato al fronte, e a Voitsberg, sede del battaglione di complemento dell'i. e r. reggimento !erri· toria le n. 5. Del rimanente , non c'era, si può di:-e, sito del retro­terra austriaco ove la Pòmiga non facesse capol ino o non giungesse co' suoi lunghi tenta coli: chè per l'intera Austria-Ungheria furono dispersi, come da un vento furioso , i gregari dei sudde tti reggi­menti; reggimenti che si reclutavano nelle terre nostre e però contavano nelle proprie file un considere vole nu mero d'itali ani. E an che al fronte arriv ava talvolta, s ia pur sottile fino all'in verosi ­mil e, la s chiera dei pomigadori. E allora non c'era che una legge per essi : dis ertare al più presto possibile e a qualunq ue costo; disertare non già per mettere al sicuro la propria pelle, ma sì per proccaciarsi il modo di finir volontari nell'esercito italiano e com·

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battere da vaiorosi per le proprie sacrosante aspirazioni, per il proprio nazionale diritto. N è c'è bisogno ch'io esemplifichi: vanno oggi per le bocche di tutti i nomi di quei comprovinciali nostri che, in ispecie dal frode galiziano, passarono ai nemici dell'Austria e che, divenuti o prima o poi, come ardentemente bramavano, soldati d'Italia, seppero dare, sul campo di baltt~glia, ben altre e più memorande pomigade all'Austria-Ungheria.

Bisogna però convenire che uno dei maggiori scopi della Pòmiga era quello di non lasciare che i propri affigliati terminas­sero al fronte; il che essa faceva anzit~tto per sottrarre combat­tenti all'Austria, in secondo luogo per impedire che i torturati si battessero per il torturatore, controsenso mostruoso solo in Austria possibile e che l'Austria, invertendo i termini, soleva infame­mente battezzare amor di patria, "' Vaterlandsliebe ~> , E in questo suo capitale assunto sarebbe lungo dire a quanti e quali mezzi, a quante e quali astuzie ricorresse la Pòmiga. l primi all'opera erano, va da sè, i medici nostri, sempre inarrivabili nell'arte di riformare i sani e i vigorosi, e di affollare sino all'inverosimile gli ospedal i, le infermerie, i convalescenziari e gli stabimtnti di cura. Troppo tempo ci vorrebbe per far nomi. Tuttavia uno non ne posso tacere : esso è quello del dottor Carlo Ravasini, a l quale debbo io medesimo una ri.conoscenza che non potrà venir meno mai. Caro e b uon dottore, ancora m'è nell'anima que lla grigia e gelida mattina stiriana, in cui la mia poco marziale nudità dovette comparire dinanzi agli occhi di Lei profon'damente scrutatori oltre le lucide lenti, là nel tragico orrore di quel lurido e graveolente carnaio umano che fu la famigerata caserma Kodolitsch; e ancora mi risuonano negli orecchi le benedette parole di commiserazione con cui Ella, senza neppur curarsi degli altri commissari, mi cJa.s~ sificò abile solo a servizi di cancelleria. Creda che, se non fossi stato anch'io un pomigador e non avessi temuto di rompere l'in­canto, creda ch'io L'avrei allora abbracciato. Ma quanti Ella strappò ai più dur i e avvilienti servizi militari ? Lei stesso non lo sa. Certo è che a migliaia si contano i beneficali da Lei, i sottratti da Lei ai battaglioni austriaci di marcia, alle. trincee au· striache della Galizia, della Transilvania, delle Alpi, del Carso. N è parrà riconoscimento soverchio dei meriti Suoi, s'io stasera La proclamo, a nome anche di tutti gl i altri pomigadori qui rac­colti, il primo dottor dei pomigadon; il primo pomigador dei

dottori.

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Si capisce che i più prossimi ed efficaci aiutatori dei me­dici furono i farmacisti e gl'infermieri; abili i primi segnat;:\.mente a dar consigli circa le medicine più adatte a ben pomigar, nonchè a procaccìare le medesime in conveniente copia e senza soverchio dispendio dei pazienti; chiamati specialmente i secondi ad erudire il disgraziato ch•e volesse ridursi, per sua salvezza, a pelle ed ossi, nella non facile arte di condurre a buon fine, emuland..o sì Luigi Succi ma non i! conte Ugolino, la sua pomigada. ' '

Ma non meno che negli ospedali e stab ilimenti congeneri esercitava la Pòmiga il suo possente influsso nelle caserme e negli uffici dei vari Comandi. Spicciolo e immediato nelle caserme, il la var io dei pomigadori diveniva particolarmente serio e com· p lesso nelle cancellerie dei Comandi, ave facevano capo, si capisce, lulte le fila delle persecuzioni politiche e ove necessitava qualche volta un pronto animoso intervento personale a llo scopo di sop­primere o sviare qualche carla compromettente e qualche rapporto poliziesco non troppo benevolo, o di fabbricare, alle spalle e all'insaputa dei vigili superiori, e magari contraffacendo la firma di questi, un foglio di viaggio o addirittura un certificato di licenza, in soccorso di qualche disgraziato al quale il Comando negava infl essibi le , per le solite ragioni politiche, il ritorno in patria, fosse egli pure chiamalo a l letto di morte del suo più stretto congiunto. Così :fu che potè rivedere per qualche ora la sua Trieste, in pieno terrore austriaco e senza che nessuno se ne accorgesse o mai lo risapesse, un nostro amico 'e collega in Pòmiga dei più compromessi e dei meglio vigilati dalle autorità militari di Rad­kersburg.

Un grave e particolarissimo cOmpito incombeva poi a quelli tra i pomigadori che la non ambita fiducia dei capi collocava in qual ità di segretari e scritturali nelle commissioni di leva ; com­missioni in ispecial gu isa pericolose ai pomigadori, quando dove ­vano attendere a una classificazione degli occupati nei servizi sedentari e di guardia. Qui il salvataggio dei co lleghi e la pomi­gada all'A ustria si esplicavano su vasta e importante scala; ed è tipico il caso di quel consumato pomigador che, fungendo ap­punto da segretario in una commissione di revisione delle cate­gorie escluse dal servizio di linea, classificò a modo suo e secondo i dettami della piu stretta e coscienziosa Pòmiga i colleghi pomi­gadori, senza curarsi nè poco nè molto del truculento medico militare e di tutta l'altra i. e r. ufficialità presente. E non sarebbe

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stata che mera giustizia il perpetuare pur la sua effigie nel bel­lissimo fregio parietale, onde due nostri geniali e spiritosi artisti adornarono il ritrovo che liberalmente aperse in Radkersburg agli amici pomigadori un altro pomi'gador di gran fama e di gran cuore i ritrovo rimasto a buon diritto famoso anche per le squisite serate

di musica che vi si tennero e per le epiche letture che vi si fe­cero dell' in!rovabile e desideratissimo Corriere della Sera, iv i giunto per le più misteriose e miracolose vie.

Ma guai se io dovessi narrare per aneddoti la storia della Pòmiga e dare intera una lista degli infiniti mestieri a cui s'adat­tava e delle arti sopraffipe ch'esercitava la paziente tenacia dei pomigadori : non la finirei più !

Se non che (a tteso pure, come canta quel capo ameno del Forteguerri,

c che dolce cosa eli' è fra le vivande udir narrazioni memorande • ).

io non posso non ricordarvi ancora un episodio della attività anti­austriaca dei pomigadori, il quale e per vastità di proporzioni e per le meravigliose conseguenze ch'ebbe, trascende di gran lunga quanto comunemente uno si può immaginare in materia di ostru­

zionismo militare. Ammalati di tracoma ce ne furono in ogni tempo e in ogni luogo i ma in nessun'epoca e in nessun sito tanti quanti durante la guerra mondia le ne i depositi e nelle sedi dei due reg­gimenti austriaci , che già vi dissi. Per questo semplice ed elo­quente motivo : che i fracomisfi *) non erano mandati al fronte, sì concentrati in speciali stabilimenti di cura, dove non avevano di solito altra preoccupazione che quella ... di guardarsi bene dal guarire. Crescendo però il loro numero in modo veramente fanta­stico e .. deleterio, il Comando dell' esercito austro-ungarico diede ordine un brutto giorno che venisse formato un battaglione di marcia di soli lracomisfi. Ma il Comando fece i conti senza l'oste, cioè senza la Pòmiga : c h è, giunto il battaglione dei fracomisti al fronte, in pochi g iorni la diffusione del contagio nelle !ruppe ad esso contermini fu ta le e tanta, che gli effetti di !racoma da mille salirono a tremila e il ministero della guerra si trovò indotto, per evitare guai maggiori, a rispedire in fretta e furia alla sua antica sede sanitaria quel bizzarro e mai pill visto battaglione, non senza, va da sè, aggregargli gli altri duemila nuovi pazienti. Con calzante

*) Mantengo, per più fedeltà alla storia, il termine allora da noi usato.

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arguzia affermò pertanto un tracomista bello spirito che, a guerra finita, si sarebbe dovuto inalzare, quale domestica in segna, su la lanterna che vigila l'entrala nel porto di Trieste uno sesquipedale bandierone con in mezzo - indovinate che cosa? - un occhio, un superbo occhio di pomigador tracomista.

lV.

Ma e l'Austria - sento domandarmi da qualche parte -, non poteva, non faceva nulla l'Austria con tro lutto questo ?

Eh, l'Austria fece, com'era suo costume, del suo meglio per perseguita re e Pòmiga e pomigadori, pur non g iungendo mai, no· nostante il suo famoso f iuto poliziesco , a ren dersi esatto conto del novissimo e a lei tutt'altro che vantaggioso fenomen o. Essa menava per lo più i colpi suoi a casaccio o valendosi , come di filo conduttore , di quel brutale marchio, onde aveva perfidamenle distinto , quasichè si trattasse di buoi da macello o di schiavi da galera, tutt'i buoni patriotti ital iani, il P. U. (in dialetto P e U) ; iniziali delle due voci tedesche • politisch·unverlasslich • , le quali, voltate in italiano, significano, come si sa, «politicamente infido~.

Questo ormai celebre marchio suonava, per i disgraziati che n'erano vittime, press' a poco come il dantesco

"Lasciate ogni speranza, voi ch'entrate"·

Non c'era difatti vessazione nè t!"ibolazione austriacamente con­cepibile, a cui essi non fossero sottoposti, fin dal loro primo presentarsi al s~rvizio militare . Non pur ogni fav ore, ma ogni di· ritto, per quanto minuscolo, per quanto inconcludente, era loro negato; e il P. U. li seguitava implacabile persino negli ospedali, persino in trincea. Uno riusciva, a prezzo d'infinit i stP-nti o magari di sonante denaro, a crearsi un posticino tran quillo , a rico verarsi nella più remota e obbliata cancelleria? Ma non passava un mese e il P. U. gli era addosso di nuovo, a guisa di un insidioso e mortale siluro.

Eppure quanti di noi, o antichi compagni miei di Pòniiga e di P. U.~ quanti di noi si sono lasciati intimidire e tanto meno sopprimere dall'Austria? quanti di noi fallirono nel ritorcerle contro le sue stesse sataniche armi? Taccio di quei pochissimi che, per effetto di speciali e superlativamente ben condotte pomigadure, giunsero a rend ere possibile ]'impossibile, cioè a strapparsi per sempre di dosso la greve e micidiale camicia di Nesso del P. U.

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e a rifarsi una... immeritata verginità politica: ma a quanti -

dite - a quanti della restante massa vietò con successo l'Austria

di dormire fuori di caserma, di mangiare nelle trattorie, di uscire dopo la ritirata, di occupare posti di fiducia nelle cancellerie, di varcare i confini di quella ermeticissima zona di guerra, dove li richiamava così irresistibile l'amore del proprio nido?

V.

Ancora due parole e poi ho finito. È risaputo che il colonnello Hauser, che fu l'ultimo di questo

grado a comandare il battaglione di complemento dell'i. e r. reg· gimento fanti n. 97, meditava di raccogliere in un solenne e ba­diale volume, ric~amente adorno di fregi, di ritratti e di scene

guerresche, i bellici fasti del reggimento. Il progetto era lodevole e degno in tutto e per tutto di quell'egregio signore: soltanto esso stentava a pigliar Forma concreta per il fatto che assai poche erano le eroiche imprese da magnificare e meno ancora le ricom­

pense al valore da registrare; il che non è a dire quanto spiacesse al degno ufficiale. È ora evidente che lo storiografo aveva sba­gliato strada: giacché, se s i fosse rivolto a noi pomigadori, egli avrebbe potuto avere da noi tale una messe di genuino e atten­dibile materiale storico illustrativo delle gesta compiute dall'i. e r. reggimento n. 97 duronte la guerra mondiale, da disgradarne qua­lunque altro più famoso ed agguerrito corpo di truppa del cessato esercito austro-ungarico e da formare per sempiterna saecula alla Pòmiga le granitiche basi di una gloria senza rivali.

Dicembre 1918.

GIOVANNI QUARANTOTTO

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66 PAGINE ISTRIANÈ

ANTONIO GRABAR *)

Mi sento qnorato oltre ogni di re di comme morare in nome di Parenzo itali anissima, di Parenzo democratica la f igu ra lumi­

nosa d'uno dei suoi figl i più àegni, di A ntonio Orabar, anima maschia di popo lano, che risalta e s'erge grandiosa dai fl utti della storia recentissima, da noi tutti fortemente vis suta. Alla luce della verità, fu lgente di pura bell ezza ideale, la fi gura d'eroe e di mar­tire del proletario parentino Antonio Grabar segna un solco degno di rilievo sul fa ti coso camm ino storico dell a Patria no stra, la Grande Proletaria , che, con la geni ale operosità dei suoi figli , sparsi ne l mondo ad erigere dovunque segn i e monumenti di bel­lezza, ad edificare opere al te di civiltà , s'è a ffermata grand e e possente tanto nell e gare pacifiche dell ' ind us tre e paziente lavoro umano che nei cimenti cruenti della guerra terribile testè combat­tuta e vinta. E dalla grande guerra epica, che chiude tutto un ciclo storico, che infrange per sempre l' idolo germanico della fo rza bruta del mili tar ismo, della reazione autocratica , dei re st i ana­

cron istici del fe udalismo medioevale e consacra il trionfo del diritlo, de ll a gius tizia, de lla libertà, de ll a democrazia, emerge un manipolo glorioso di figure eroiche, espresse dal grembo fecondo dell' !stria nobilissima alla luce immortale dei secoli e fra esse una tra le prime e più degne è que lla di Antonio Grabar.

L' lstria, la cui s toria s'accompagna a trav erso due millenni a quella dell'Italia, dalla fatale giornata di Lissa mordeva insof­ferente il freno , rodeva con l'animo amaro ma sempre forte e fidente, le dure catene de l servaggio ed ane lava a libertà in nome del diritto nazionale calpestato dall'Austri a, nemica d'ogni bene. S coppiata la guerra europea, la fiera anima ita liana e democratica degl' ls tr ia ni, se da un lato palpitava piena di fede ed an ela va a veder s coccare 1' ora - auspicata e sognata da tutti i suoi fi gli - del ri s catto nazionale, dall' a ltro fremeva e s' agita va, per l' in­coercib ile, nativo ed istintivo su o sentimento umano e civile , co ntro · }a s trazi anie barb arie teu tonica, che s'accaniva sulle misere carni del Belgio martire, si sfoga va brutalmente e crudelmente s ul

*) Commemorazione tenuta a Parenzo il 19 lugl io 1919.

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nobile corpo dell'eroica francia sorella. Tutti noi Italiani ci strug­gevamo nell'ansia penosa, nel timore orrendo di veder trionfare la bestia briaca, silibonda di sangue e di strage, sbucata ed avventatasi dalle selve germaniche e dagli antri austriaci contro 1' Europa civile e liberale, e la Patria nostra generosa surse in piedi a chiedere la guerra ed a prendere le armi per fiaccare e schiacciare l'Idra !eu Ionica. L'Ital ia senti che la guerra dichiarala dalla Germania superba e dall'Austria nefanda al!' Europa pacifica e civile era un episodio eterno della lotta Ira il bene e il male, Ira lo spirito che vuole ascendere verso la liberia e la luce e la cieca volontà di violenza, che vorrebbe trascinare giù e congua­gliare tutti, uomini e popoli, nella opacità dello stesso materialismo servi le; che le idee per cui avevano lungamente lottato e sofferto

tanti grandi Italiani, erano minacciate di morte; che cento anni di storia, della più bella storia d'Italia, sarebbero stati cancellali virtualmente nella coscienza della Nazione, se la brutale forza austro-tedesca avesse vinto; e che in un'Europa boccheggiante solto il ta llone tedesco ed austriaco nessun Italiano avrebbe po­tuto fissare il sole con pupille non velate di lacrime o non offu­scate dall'odio. Cesare Balbo ha dello che il sentimento dell'in­dipendenza è ai popoli quello che il pudore è alle donne, e disse bene. Tuili coloro cui riesce più intollerabile della morte quella specie di servitù che è la peggiore di lulle, la servitù spirituale, tutti coloro, che non hanno tollerato la sinistra oppressione che fruga irridendo ed insozzando nell'anima umana per soffocarvi ciò che in essa è più divino, la sua fede nei valori ideali; tutti coloro che sono disposti, ~ì. · a concedere che lo Stato si prenda quanto occorre, il loro denaro, la forza ed il lavoro, ed anche la vita, ma non il loro spirito e la loro coscienza, tutti coloro, insomma, i quali quando sentono minacciato il loro pensiero insorgono pro­nunciando le fiere parole '"' non serviamo • , tutti si trovarono concord i nel comballere colle armi e colle idee l'atroce ambizione della Germania, assassina filosofante, il sogno spaventoso di oppressione dell'Austria, assassina di uomini e di anime. Era nella linea e nella logica della nostra tradizione nazionale che l'Italia prendesse risolutamente il partito della guerra, ed essa lo prese virilmenle e fu la vera determinante della comune villoria.

In nome del diritto nazionale, in nome dei diritti umani Antonio Grabar - novello Antonio Sciesa - fece olocausto della vita sull'altare della Patria e della Umanità.

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fra le nazionalità dell'ibrida, anacronistica · compagine statale austro-ungarica, quella che più di tutte a vea sofferto e dolorato nell'oltre secolare servaggio era la nostra. Onde a traverso il48 il 59, il 66 gli uomini nostri migliori a ve an teso le speranze po: polari e nazionali verso l'unione alla Madre Patria, ma le fortune della Patria , che era fatale arrivassero a maturazione graduai· mente e per successivi stadi s torici, falli rono ed affogarono tem· poraneamente nel doloroso 66 ed un brandello vivo e palpitante della Nazione dovette continuare a gemere sotto il giogo straniero. La vita del nostro popolo - minacciato ed insidiato. da ogni par.te, avversato con felino accanimento in tutte le manifestazioni

della sua vita naziona le , po lit ica, economica, spirituale , dai Governi della duplice Monarchia, ai quali tenevan bordone e Tedeschi e Slavi e Magiari, tutti quanti nemi ci nostri implacabili ed inesora· bili - segna dal '66 al 1915 un vero martirio, uno strazio diu· turno, perenne, insopportabile , che a quando a quand o commosse l'anima collettiva d'Italia e richiamò anche l'attenzione del mondo civile sulle sofferenze nostre. La guerra mondiale fu lo spiraglio di luce, che aprì il varco alle non morte e neanche sopite nostre speranze e noi tutti vedemmo, confortati e pieni di soddisfazione, come il popolo nostro, primo fra tutti, si racco lse inte ro intorno

alla sua sacra bandiera, alle memorie sempre v ive del passato,

si ricompose tutto nel sogno - vagheggiato da oltre un cinquan· tennio - e nel proposito - maturatosi a traverso tanto strazio di storia - di contribuire con tutte le sue forze alla disfatta austriaca: nel 1914 la nostra gioventù, che non avea potuto var· care l' iniquo confine ed era inquadrata nell ' esercito austro~

ungarico, passava a plotoni 1_ 9. compagnie, a battaglioni negli ormai storici reggimenti 97 e 5 dalla parte del nemico in Serbia ed in Russia; i rimasti a casa venivano evacuati e trasportati come mandre di pecore nell' esi lio doloroso, deprimente estenuante e decimante nelle inospiti regioni nordiche, brumose de.ll ' Impero ; altri a centinaia e migliaia venivano incarcerati ed internati negli orrendi campi di concentramento, e la desolazione ed il terrore rimanevano padroni delle nostre case, dei nostri lari, dei nostri cari paesi diletti dal sole e dalla morte per fame ed inanizione. Tutti i nostri uomini validi, richiamati sino ed oltre i 50 anni alle armi, erano circondati dal sospetto ben fondato d' infedeltà, onde ben pochi arrivavano alla fronte e que lli che vi arrivavano se ne

ritornavano con malattie simulate e pretestate, con ogni specie di

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automutilazioni ed autoinfezioni. Nell'odio contro l'Austria, che cominciava a far breccia anche fra Czechi, Romeni e Slavi del­l' oriente e del sud, il popolo nostro era tutto un'anima, tutto un pensiero e tra noi, che cospiravamo dovunque ci si trovasse, nell'Esercito, nella Marina, nelle carceri, nei campi d'internamento, di confinamento, di concentramento, nell'esilio, nei nostri paesi ri­

dotti spettrali, dovunque due anime italiane s'incontrassero, non vi fu neanche un Efialte, neanche un traditore, segno e prova questa della nobiltà della nostra stirpe non degenere, non trali­gnata, ma mantenutasi pura ed incorrotta pur fra le insidie, le tentate corruzioni, gl' imbastardimenti e le artificiali immigrazioni e commistioni di genti straniere.

Questo l'ambiente morale, questa l'atmosfera politica, in cui viveva il popolo nostro sotto il terroristico e militRresco regime austriaco della forca.

Ma le anime nobili e forti non si lasciano intimidire nè pro­strare dalla forza bruta, dal terrorismo morale, dall'assolutismo militare, assurti a simbolo e sistema di governo.

E pur fra le maglie fitte della disciplina e del terrorismo militare, nella Marina austro-ungarica il tarlo roditore della rivo­luzione s'era insinuato minaccioso e terribile ad opera, dapprima esclusiva, d'Italiani: a Poi a ne sottominavano le basi con lenta opera sottile distruttiva e sgretolatrice i Maovaz, Talatin, Mon­tignacco, Paragona, Tarlao, Zanon, Decarli, Veronese, Pesavento ed altri, ai quali poi s'associarono Czechi e Serbo-croati; a Ca t­taro invece l'anima dei ribelli era Antonio Grabar, il promotore e l'ideatore assieme a Czechi e Serbo-croati della rivolta, che scoppia violenta ed istantanea il primo febbr•io 1918 su tutte le navi ancorate nel ben munito porto e, incarcerati tutti g li ufficiali , si mantenne vittoriosa per 3 dì. l comitati rivoluzionari, nei quali ave an gran parte gl'Italiani, erano divenuti padroni delle navi ri­belli ed aveano dato incarico alle stazioni radiotolegrafiche di avvertire la flotta di Pela, coi Comitati rivoluzionari della quale erano intervenuti segreti accordi, e le stazioni radiotelegrafiche d'Italia dello scoppio della rivolta, ma i radio grammi o vennero intercettati o trasmessi in modo contrario; fatto sta che il cadetto dalmata Sesar - uno dei capi della rivolta - riparò il terzo giorno a tempo con un velivolo all'altra sponda ed il povero Grabar, che era certo de ll 'esito, incorava i compagni italiani assi­curandoli che la flotta italiana era fuori delle Bocche, che quella

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di Pola sarebbe arrivata per unirsi ai rivoltosi, che i fuochi erano

accesi per salpare le ancore e filare con l'intera flotta alla volta della costa italiana per consegnarla ai fratelli. In tanto, mentre i marinai czechi erano tutti d'accordo con g l'Italiani, i S erbo - croati

invece tendevano a trattenere la flotta a Cattaro per impadro­nirsene in caso della riuscita della rivolta, gli Ungheresi ed ; Tedeschi in fine s'erano associati ai loro compagni con l' inten­

dimento di manifestare e protestare contro il malo trattamento e per una pronta pace, ond' è che fra tanti e così profondi dissensi

sui mezzi di lotta e su lle finalità, il Forte di scirocco in mano dei fidi Ungheresi cominciò a cannoneggiare il terzo giorno le navi

ribe lli , delle quali colpi l' • Arciduca Rodo lfo • ed altre, mentre la flotta di Poi a composta delle navi tipo • Arciduchi • comparve la mattina del 3 febbraio nel porto di Cattaro e, appoggiata da 50 sommerg ibili germanici , intimò sino a ll e 10 la resa ag li equipaggi rivoluzionari, i quali, non sapendo di aver dei compagni d'anima

e di fede sull e tre navi accorse da Pola, obbedirono a ll'ordine, ammain arono la bandiera rossa all e 9.45 e si arresero con la pro­messa allettatrice dell'impunità. Gli ufficia li ridi ve niali padron i di tutte le navi arrestarono i cap i più in vista della rivol ta, fra cui primo Antonio Grabar, ed a ltri 1200 marinai, fra i quali parecchie centinaia d'Italiani, che l'intervento del Parlamento di Vienna ed il disastro di Vittorio Veneto salvarono da certa morte. Si fece un processo militare sommario, che condannò alla fuc il azione il

martire nostro, che, a detta di coloro che vi assiste ttero, andò

incontro a lla morte fiero e sereno come a splendido convi 1o, do~

vette scavarsi, per il consueto ordine crudele austriaco, la propria

fossa e prima di cadere fulminalo da 6 palle gridò: • Cani di Austriaci, Viva l'Italia • . La fucilazione avv enne l' 11 febbraio nelle prime ore de l mall ino.

La rivolta di Cattaro, che scosse s in dalle fondamen ta e scompaginò e diede uno scrollo profondo alla potenza mari nara della Monarchia degli Absburgo,. suscitò enorme impress ione e

sb igollimento nei circo li di Corte e dirigenti dell'alta burocrazia e del militarismo a ustro ~un garo ·croato e nella stragrande maggio~

ranza del popolo ancora fede ie , ed ebbe effetti fecond i di bene per noi, perchè, pur dopo falla fabula rasa di ammiragli ed uffi­ciali superiori ed assunto il comando di essa da parte del picciolo Imperatore, la flotta austro-ungarica fu immobilizzata e tenuta ancor

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più salda alla catena nei porti ben tappati e più sospettosamente ed accuratamente vigi lati , ma non preclusi all'ardimento leggen­dario dei nostri Pellegrini, Rossetti e Paolucci, e, quando nel giugno 1918 allo sferrarsi dell'offensiva austriaca alla Piave tentò J' estrema uscita, in una lotta Da vi diana contro l'enorme Golia il siculo nostro eroe bello e gagliardo, Luigi Rizzo, ne spezzò J' ~l­timo anelito di forza e la condannò con la conslretta inattività alla morte sicura e fatale .

Durante la rivolta Antonio Grabar era diventato comandante dell' incrocialor~ corazzalo • San Giorgio • e come tale al con­trammiraglio Hansa da lui vigilato anche durante la notte, che gli chiese fra altro ciò che accadrebbe se il nemico apparisse di­nanzi a Cattaro, egli rispOse: • Noi non abbiamo nemici, voi siete i nostri veri nemici "O . Il pensiero dominante ed assillante di An­tonio Grabar - allevalo ed educato ad alti sensi di patriottismo, d' italianilà, di sana democrazia nella benemerita nostra Società ginnastica • Forz~ e Valore • , che diede alla Patria ben 28 uffi­ciali volontari nell'esercito nazionale -- il pensiero dominante di Antonio Grabar era di vibr.are un colpo mortale alla potenza ma­rittima dell'Austria-Ungheria nell'Adriatico, contribuendo così alla totale disfatta austriaca, a l l rionfo della Patria nostra ed alla libe­razione delle Provincie Adriatiche dal servaggio straniero.

li suo audace disegno, accarezzato sin . dallo scoppio della guerra - che egli tentò di tradurre in alto, col gettare in mare tutti gli ufficiali e non gli riusci per la contrarietà degli Ungheresi, già nel Natale del 1916 nell'occasione del bombardamento d'un ponte ferroviario, effettuato dalla • San Giorgio • dinanzi ad Or­tona a Mare - cominciò a concretarsi ed a maturarsi negli ultimi mesi del 1917. Al suo disegno guadagnò tosto tutti gli Italiani, anelanti come lui a dare il colpo di grazia all'odiato oppressore, e con la sua facile loquela venne da tutti riconosciuto ed ascol­tato quale capo.

Tutti ques ti fatti vennero assodati e messi in luce da un Comitato di Cittadini, che, dubbiosi per la laconicità ed il silenzio della sentenza emessa dal Tribunale militare di Caltaro, credet­tero. necessario di lumeggiarli con un' indagine ampia, accurata,

serena, oggettiva fatta con l'assunzione di ben 18 testimoni, che in gran parte parteciparono o si trovarono a Cattaro nei giorni della rivolta. L'umile figura . del martire ed eroe nostro ne risultò

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circonfusa di suprema bellezza ideale, di puro e forte spirito ita­lico e l'odierna esaltazione e ce lebrazione della gesta eroica e del martirio del fiero popolano era tanto più doverosa e tanto più s'imponeva in quanto Egli era di umili origini · e di bassa condi­zione socia_le. Ma la Nazione nostra appartiene ad una tale stirpe, che è feconda d'eroi umili e grandi, che ne formano ed illustrano la gloriosa sua storia millenaria.

Il De Sanctis scrisse che i sillogismi della s toria sono bat­taglie e patiboli, oppressione e resistenze e che non si giunge a tirare nessuna conseguenza senza doloro~e e sanguinose premesse:

parole queste auree, che sono il più efficace commento alla Storia della nostra Patria, che assurse all'attuale sua grandezza e po­tenza a traverso infiniti eroismi, martiri e sacrifici dei suoi più nobili figli.

La fiera anima italica del proletario Antonio Grabar, che oggi noi rievochiamo ed esaltiamo· anche colla lapide, che ne tra­manda ai posteri la memoria, esulterà placata n~lla fossa abban­donala di Cattaro ed a quella fossa oscura noi lstriani andremo un giorno in devoto pellegrinaggio per trarne ammaestramenti ed auspici.

Alla fine della nostra commemorazione, fatta dinanzi alla maestà del popolo composto in rito solenne, dinanzi ai rappresen­tanti delle Autorità civili e militari, con la visione orrenda della lontana fossa di Cattaro, ara di martiri, racchiudente le spoglie scarnificate del nostro Martire , ai negalori della Patria io voglio ripetere con animo d'italiano la terribile invettiva c~rducciana :

Oh a chi d'Italia nato mai caggia dal core il tuo nome"' frutti il talamo adultero

ta l che il ributti a"' caici d; i lari avit i nel fango vecchio querulo ignobile!

c a chi la patria nega, nel cuor, nel cervello, nel sangue,

sozza una forma bru li chi di su icidio, c da la bocca laida bestemmiatrice

un rospo verde palpiti!

Gloria, gloria, gloria ad Antonio Grabar!

Cav. Dott. ALESSANDRO VOL TOLINA

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Un quaderno di scuola e un sonetto inedito di Pasquale Besenghi degli Ughl

Nel settembre 1920 il Municipio d'Isola si trasferiva dal­l' antico palazzo veneto, che pareva minacciasse rovina, in una

casa a pigione, e i documenti dell'archivio, raccolti e ordinati dai buoni vecchi, amorosi cultori de lle patrie memorie, erano in questa occasione vendut i qua le carta straccia a un macellaio del luogo

e a un riga!tier~ d i Capodislri a . F u fortuna che potessero salvarsi dalla vendita i pochi atti che si conservavano ne ll' ufficio della cassa; chè tra · queste carte, quasi a compensare, almeno in parte, la per­

dita di tante memorie lo cali, il caso doveva riservarci la lieta

sorpresa di scoprire durante il trasporto un fascicolo scritto di mano del poeta Pasqua le B esenghi degli Ughi. Come poi seppi per caso, ne aveva fa tto g ene roso dono al Municipio il notaio

dott. Michele Depangher di Pirano, che l'aveva trovato Ira altre carte vecchie da un s a lumaio.

È un grosso qua de rno di 190 pagine, roso dai tarl i e am­muffito dall'umidità che ha cancellato la scrittura della parte superiore di quasi t utti i fogli. Il frontespizio porta il nome del possessore, Pasquale de' Besenght~ e la data, 1811, giugno; nel­l'ultima pagina, dopo un Finis coronat opus accuratamente scritto

e ornato da disegni, s i leggono queste parole: Acciò non dicano che questa opera s ia anonima, l'autore son io, Pasquale~ con un

ghirigoro per significare B esengo, e poi un'altra data, 22 giugno. Veramente, il ragazzo non avrebbe avuto motivo dimenarne vanto,

chè l'opera non è che un trattatello di ret!orica, dettato, come appare manifesto da piu passi, dal maestro a l giovinetto, che allora nella s ua stessa patria frequentava la classe di rettorica della s cuola diretta dall ' illustre canonico isolano Antonio Pesaro. In una breve prefazione il maestro espone le ragioni che lo in­

dussero, essendovi tante Rettoriche alle stampe di retori classici, ad imitar dell'api !' industria, che non fermansi in assaggiar la dolcezza sempre d' un fiore, ma raggiransi sopra tutti i fiori del prato, e succhiar il meglio ritrovano, e quindi a comporre un altro

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abbozzo di nuovo che non può riesci re che disadatto. Finita !'in­troduzione co ll'i nvocare il Signore Iddio e la Santissima Vergine protettrice degli studi,') spiega in latino i lropi e le figure che illustra con copiosi esempi ricavati dagli s crittori latini e dalle sacre scr.itture, e poi viene a parlare diffusamente, in vo lgare,

delle varie parti e soltoparti della rettorica. Il maestro seguiva un po' liberamente il Piano de' Studi per norma delli tre Maestri delle Pub'1" Scuole d" Isola in /stria istituite dall' Eccmo Senato col D10 7 Giugno 1794, che prescriveva per la noz ione delle fi­gure e dei lropi il compendio ad uso del seminario di Padova e per i precetti di retlorica lasciava facoltà a l maestro di fare un breve riassunto dei più essenziali. 2

)

Ma molto più che per queste lezioni di rellorica, che lo sco · laro diligente deve aver ricop iato con cura a casa, il quaderno besenghiano desta il nostro interesse perchè nella sua prima pa­gina contiene, dedicalo alla Serenissima Repubblica di Veneggia, questo

Sonetto di me Pasqualino Besengo d'anni 15.

O de ll'antico Lazio emula altera, Di semi dei, d'eroi madre feconda,

-Adria regal, la cui fe li ce sponda Ricca è di palme c di virtù guerriera;

A lmo ricetta della fede vc 1·a,

Nido di liberlà dolce e gioconda, Sicuro asilo ove la gioia abbonda, Reggia d'amo r che sovra i cori impera ;

Gloriosa mai sempre in guerra e in pace, Esempio di costanza entro i perigli, D'Italia onor, e gran spavento a l Trace.

Per virtù, per va lor, opre e cons igli Sparge per l'or be il suon fama loquace Che un cielo è l'Adria e tanti numi :i) i figli.

Sarebbe questa la prima prova del futuro poeta? Non oserei affermarlo. Se anche nelle parole della dedica si dimostra fiero e superbo d'aver scritto il sonetto a quindici anni {nel giugno

1) Per il contenuto e la lingua in cu i è scritta, la prefazione doveva, credo,

esser premessa alla seconda parte del co rso, che tratta de lla rettorica propria· mente detta, dove anche viene ripetuta. il posto d'onore che usurpa nel quaderno

è dovuto probabilmente al giovane Pasqualino. ~ ) È pubblicato da Luigi Morteani in Isola ed i suoi statuti, Parenzo,

1888, p. 75 segg. :1) Sopra numi è scritto maestri.

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1811 non ne aveva veramente che quattordici e tre mesi, essendo nato il 31 marzo 1797), non occorre pensare per questo che il nostro sonetto segni l'inizio della sua carriera poetica. Credo piuttosto che la sua fierezza provenga dalla soddisfazione del­l' opera sua e dall'intimo convincimento che quei versi siano la

cosa migliore uscita finora dalla sua mente. Le immagini rettoriche,

lo sfoggio d'epiteti, l'espressione chiara e precisa, la sonorità e

scorrevolezza del verso ci attestano che il fanciullo, oltre all'aver ben profittato degli studi di scuola, aveva già una certa dimesli­chezza colle Muse. S a ppiamo del resto da un anonimo, concitta­dino e amico suo, che ne scrisse la biografia subito dopo la morte;') che già durante gli studi ad Isola volgeva ogni sua cura alla poesia, ed ha torto il Hassek ' ) di credere che appena a Capodistria, quand'era studente di quel seminario vescovile, co­

minciasse a vestire in versi i suoi sentimenti. Il nostro sonetto

ce ne dà la prova più sicura.

Lo studio della poes ia Mn era nuovo nella famiglia Besenghi. L' aveva coltivato il nonno del poeta, Pasquale, vi aveva atteso con gran cura ed amore, se anche con poca fortuna, il padre

Giovanni Pietro Antonio, socio di varie accademie, che nel 1784 pubblicava a Venezia una raccolta di poesie sue, del padre, del canonico Pesaro e· d'altri lstriani per celebrare il g iorno in cui

Alvise Giorgio C ontarini, cavaliere e conte del Zaffo, riceveva l'ordine ereditario della stola d'oro.' ) Era naturale che il figlio giovanetto entrando ne) l'arringo letterario seguisse gli ammaestra­

menti e gli esempi del ba bbo e del nonno : i fronzoli rettori ci che infiorano il sonetto, i luoghi comuni, le iperboli lo dimostrano ad evidenza. Ma ne il babbo ne Il nonno, negli anni maturi, dopo lunghi e intensi studi, seppero scrivere versi che potessero avvi­

cinarsi a quelli del fanciullo quat!ordicenne. Basta leggere qual­cuna di quelle loro poesie, vuote di pensiero e di sentimento, dai

versi fa ti<:osamente e laborali, dall'andatura stentata, dalle inutili

'1} Vedi la pubblicata da Giovanni Quarantotto nel Pregramma del Gin­nasio reale di Pisino, 1908-1 909, pag. 12 segg.

~) Besenghi degli Ughi, Trieste, 1878, pag. 48. 6) Un esemplare s i trova nella Biblioteca civica di Trieste. - Notizie sui

babbo del poeta diedero il Morteani (op. ci t, p. 65) e Domenico Venturini (Appendice alla Conferenza su Pasquale Besenghi degli Ughi tenuta d ,d pro/ Paolo Tedeschi nella Famiglia t riestina a Milano, Capodistria, 1899, pag. 55

segg.) che però ignorano la succitata raccolta.

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e frequenti ripetizioni: ad esempio, il sonetto 7) del padre, dove

pure la fortuna di Venezia è confrontata alla potenza e gloria di Roma . Nel sonetto del giovane Pasqualino (allora si diceva lui stesso Pasqualino, ma guai più tardi a chiamarlo con quel dimi­nutivo! ' ) piace subito la scelta dell'argomento. Celebrare le glorie dell'Adriatico quattordici anni dopo la caduta della Repubblica veneta potrebbe sembrare soltanto una vana esercitazione acca~

demica. Ma si consideri l'ambiente nel quale allora viveva il giovane poeta È nolo che Isola fu fedelissima a S. Marco, tanto che nel 1797, alla notizia della fine della repubblica, poch i giorn i prima che vi entrassero le truppe austriache, il popolo insorse e

uccise r ultimo podestà veneto, Nicolò Pizzamano , che sospettava congiurasse per consegnar il paese all'Austria. E le memorie della gloriosa repubblica dovevano esser nel 1811 ancor fre sche e vive negli animi degli Isolani che, tenaci nei loro sentimenti, malvo· lentieri tolleravano il dominio francese e rimpiangevano amaramente i bei tempi della Serenissima. ' ) Che meraviglia che il giovinetto, dotalo di squisito sentimento, aperto ai più nobili affetti, s'infiam­masse a l r icordo della gloria di Venezia e desse forma poetica a quanto sentiva ne1l'animo? No, non può essere un caso che

consacrasse questi versi della sua adolescenza, i primi versi che

di lui abbiamo, a Venezia: l'amore e il ricordo dell 'antica repub­blica gli sgorgavano dall'int imo del cuore. Purtroppo - e non poteva accadere altrimenti - l'effusione sincera dell' animo suo, il vivo entusiasmo è soffocato da tutto il bagaglio retlorico di cui lo hanno caricalo gl'insegnamenti della s~uo l a e i consigli del padre, e il giovane poeta batte inconsciamente una via dalla quale

1) A pag. 21 della Raccolta. P) Cf. Hassek, op. cit., p. 130. !l) Interessanti n questo propos ito sono le parole d' uno s crittore tedesco,

J. G. Wiedemann, nel suo libro Sfret/ziige an fsfriens Kiisfen pubblicato ano­nimo a Vienna nel 1805. Parlando di Capodistria egli dice (ri peto il testo da L' /stria di Carlo de Franceschi, p. 457 seg.): • Ora intero ed ora mezzo si vede il leone alato, inciso su lla pietra, esposto da per tutto con profusione. L'amore per questo palladio dello stato distrutto è smisurato. Vidi dei fanciulli appoggiarsi al suo dorso, accarezza rgli la giubba, ed esclamare pieni di com­passione: oh pouero S. Marco!.. .. ; s i risveglia la pr isca alterezza veneziana, e si fa pa lese la viva affezione per lo sta to caduto, che la maggior parte de' suoi sudditi s i suo le ancora rappresentare nella stessa relazione di grandezza e po­tenza co l resto d'Europa, nella quale s i trovaVa nel secolo decimoquarto o de­c imoquinto ....... A Iso la l'amore per Venezia non era certo meno forte, e nel1 8 11 ,

sotto il dominio francese, i sentimenti no n potevano essere mutati.

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dovrà nauseato scostarsi, appena uscito dalla tutela della scuola e della famiglia·

Se già nel fanciullo s i palesa il carattere e si rivelano i segni delle passioni dell'uomo adulto, dalla dedica del ;onetto, dai versi, dalle parole con cui finisce il quaderno, traspare chiaro l'entusiasmo del futuro poeta per ogni cosa bella e nobile, il suo orgoglio, il desiderio che il suo nome • di bella itala gloria s'in­futurasse. • Povero Besenghi! Il fato gli fu avverso in vita e dopo la morte. l suoi versi sono pressochè ignorati fuori dell' !stria e nella natia Isola stessa, nel palazzo patrizio dei suoi avi, non c'è un segno che ricordi che lì nacque il maggior poeta lirico istriano.

Trieste, ottobre 1921.

ATTILIO DEGRASSI

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Blasoni popolari triestini e istriani (Continuazione e fine; vedi numero precedente)

G li Isolani del Quarnero son delli bodoli. E dei Sansegoti si narra, che volendo partire da Sansego, montarono in barca, sciolsero le vele, e per far meglio, vogarono tutta la notte. Al mattino si accorsero d'essere ancora a Sansego, perchè s'erano

dimenticati di sciogliere la corda che teneva la barca allaccata alla riva . La stessa cosa si narra degli abitanti di Laurana, di lca, di lcici, di S. Marina sulla costa deliziosa della Liburnia." ) Per s ignificare poi ad uno ch'è goffo e poco svelto di corpo e di mente, si dice: Ciò, Sansegoto!

E conchiudiamo questo capitolo con i blasoni fabbricati in lstria a vilipendio dei non conterranei. l Friulani son tacciati d'a­

varizia giusta il motteggio Furlan magna merda e fassa pan, e giusta il dialogo rimato:

Furlan, magnemo el tu' pan? -No go fam. -Magnèmo del mio. -Magnémolo con Dio. -

E di Grado si suoi dire: Orao, bel de fora, e de drento smer­dao. E ai Greci il Triestino lancia il saluto: Calimera, calispera -

. tuti i Oreghi in caponera.

IV.

Ma non è che soltanto la costa istriana faccia le spese del­l' ilarità motteggiatrice e delle insolenze satiriche, pere h è ne sono

coinvolte anche le borgate dell'interno.

'!3) La stessa cosa narras i di Cuneo, e a Verona di Azzago.

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1 Monlonesi son detti magnarane, perchè nelle· paludi san

trovarle belle e grasse, o magnagati; i V allesi bifulchi; i Pin­guentini fraioni i i Buiesi cazzamussi, perchè a Buie di somarelli c'è abbondanza; quei di Tribano scalogneri, mangia tori di scalo­

gno; quei di Bi bali patateri; quei di Castellier senza fede; quei di Visinada, perchè san mangioni e perchè san fare faccia franca

e talora tosta, a cattivo giuoco, st6meghi de Visinada, 0 anch~ magnagafi come quelli di Montana, o magnamule, cioè mangiatori

di sanguina cci; e perchè la terra di Visinada politicamente è ri­tenuta irrequieta, fin da quando i Grimani di Venezia la compe­rarono dalla Serenissima, servendo~ene della popolazione per ven­dette politiche e private, si dice con sprezzo Visinada colonia grimania. Pisino è Pisin pien de vin.

E giacchè ho nominato Pisino, ricorderò che il famigerato barone Federico de Grimschilz, capo del Capitanalo Circolare di Pisino, forse per vendicarsi delle frecciate lancialegli dai palriotti pisinesi, sole ve ripetere con teutonica burbanza di voce: Pisino­len-0/entoten. E per lui furono davvero terribili quei cittadini .'')

Ci fu poi un ce rio poeta estemporaneo Bindocci, il quale circa il 1850 non tro vò buone accoglienze a Pisino, sicchè improvvisò su Pisino il detto: Pisin, pissa e passa. Questo fatto mi aiuta a ritenere che la pate rnità di molti insolenti blasoni popolari an­tichi, noti ab immemorabili, derivino pure dalla maldicenza di menestrelli, di cantastorie e di giullari, che si vendicarono del­l'accoglienza cattiva avuta in certi paesi con detti e con proverbi

satirici rimasti eredità del popolo. E le morsicature continuano. Dicono a Pedena:

Pedenesi gran signori, Oallignanesi gran dolori, Lindaresi prepotenti, Pisinoti boca e denti.

Soltostando il comune di Pedena a que llo di Pisino, vogliono i Pedenesi, che lutti i loro tributi comunali sieno mangiati da Pisino.

t--1) Cfr. Camillo De Franceschi, L' irredentismo di Trieste e dell' !stria

agli albori del Ouarantotto, in « L'Era Nuova • , Trieste, 20 marzo 1921 , a. 111, n. 605, p. 3.

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l primi due versi di questa s!rofet!a pedenese possono es­sere stati imitati dai versi somiglianti d'una strofetta veneziana. 25) Se ciò avvenne, si fu certamente almeno nel secolo XVII, du­rante il quale per quei di Pedena e quei di Gallignana correvano già i predetti nomignoli. Infatti il parroco di Pas, scrivendo il 28 dicembre 1712 ad Antonio Braissa, • che la città di Pedena havrà questa prossima quaresima un bravo predicatore cappuccino~ no~ !ava che quei di Gallignana ne avrebbero provato gelosia. E per indicare i Gall ignanesi diceva: ~i h averà pizza i signori Dot­tori:..2 ~> )

Del resto c'è il detto zape de Pedena, per significare che a Pedena non si trova altro che zappe, benchè i fabbri di là sieno realmente famosi nel confezionarle. E nelle proposi zioni - Va a Pedena a cior zape. - San andà a Pedena a crom­par zape. - Dove ti vaghi? A Pedena per zape - c'è sempre il sottinteso satirico.

strofe: motteggi della Valle del Quieto si condensano in questa

Montonesi magnagali, Visinadesi magnamule, Orisignanesi quei del do', Castagnesi più che ciuch1~

a Piemonte mali duti, Porto/e leterati setantadò.

Del motteggio contro i Visinadesi vedemmo già. Ai Mon!o­nesi si affibbia quel titolo, perchè si pretende, che sieno caccia­tori di gatti e scaccia!ori di lepri. Di Grisignana si burla il do' usato, come dai Triestini, per dove. Quei di Castagna son detti ciucht~ specialmente da quei di Piemonte, che a la !or volta si piglian su del malto, come i Parenzani. E si punzecchia Portale ricordando a titolo di beffa, che nel 1807 il suo maire, alla cir­colare del prefetto francese di Capodistria se mai nei piccoli co~

muni vivessero letterati, prendendo questa parola nel senso di

2 ~ ) Cfr. Giusti, Raccolta ci t., p. 216:

Veneziani, gran signori; Padovani, gran dottori.

?G) In <t La Provincia dell' !stria », Capodistria, 16 maggio 1879, a. Xlii n . 10, p. 78.

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chi sa leggere e scrivere, rispondeva che a Portole di letterati ce n'erano 72." )

È storica poi la satira, brutta ma sanguinosa, scritta contro Portole da Alessandro Bon, suo podestà veneto fra il 1786 e il 1789, in 164 strofe " ), una delle quali assomma cosi le qualità dei Portolani, secondo lui:

Che i xe tutti i Porto/ani, vechr~ zovini~ villani : imhriagoni~ discortesi, perniciosi alli paesi.

Cosi il Bon aveva fallo per Portole, ciò che mezzo secolo dopo doveva fare il Grimschitz per Pisino.

l Buiesi infine, benchè bravissimi in tutto, son detti maca­chi; donde il rimprovero scherzoso: Ciò, macaco de Buie! Son detti anche magnafighi. Siccome poi i Buiesi son ottimi calzolai per stivali da strapazzo, s'è trovato l'offesa scarpa de Buie.

L'origine di tali satire ~ella Valle del Quieto ha radici molto antiche, e risale alle gravi diuturne liti, che sostennero quei paesi fra loro confinanti per questioni di confini, di particelle pro­miscue e di proprietà comuna1i e private, sempre contestate e quasi mai risolte, fra il secolo· XIV e il secolo XVIII." )

E passiamo nel Montonese. Quei di Visignano son detti Cargnei, perchè molte di quelle famiglie sono dalla Carnia; quei di S. Marco presso Visignano ranconen~ perchè s 'aggirano se m· pre intorno a lle siepi, che raccomodano col • ranc6n,; quei di S. Domenica {presso Visinada) falzeleri, perchè portan sempre seco la falcetta; quei di Villanova son detti alla slava palizzen; perchè andavano alla processione della celebre Madonna dei Campi col bastone (pàlizza); quei di Sovignacco, Zumesco, Caldier, Novacco son datti besiàchi, a lla friulana; e quelli che s tanno al di là di Caroiba sono imperiali, cioè fuori dell'antico territorio della Se-

21) Cfr. Vesnauer, Usi ecc., pp. 15-16. '?8) S' intitola • Canzone sopra l'aria della Biondina in gondoleta, Breve

descrizione del Castello di Portole e de' s uoi abitanti. Di Nason Lebardo N. e V.o»; vedi O. Vesnauer, Una satira del costume al tempo della S erenissima

(Po!a, t;p. Sambo, 1902). ! 9) Delle controversie fra Grisignana, Piemonte e Buie, vedi O. Vesnauer, .

Notizie storiche di Grisignana nell' lstria, Capodistria, 1906, pp. 108-114.

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renissima ed entro il territorio che appartenne agli arciduchi au-

striaci. . Intorno a Parenzo, da Varvan a Mompaderno, quelli abi-

tanti son detti Morlacchi. Della genie di Torre, di Abroga e di Fra tta, ch'è laboriosa,

ma vuoi anche godere la vita, si dice: Toresan, el cul ma là e 'l heco san. Oppure: Ti ga el mal del Toresan - el dadrio malà e 'l heco san." ) E per il loro sangue caldo che fa spesso

nascere, specialmente per le loro sagre del Carmine in luglio e per S . Martino in novembre baruffe, e peggio, si aggiunge :

Tore, Ahrega e Prata, e la husera xe fata .

V.

Atroci sono le offese, che Ira paese e paese son lanciate a vituperio delle donne de' singoli luoghi. Ques ta maldic enza scortese è da sè un capitolo e un epilogo di quella tradi zionale giu llaresca satira ital iana, che dal secolo Xlii andò mordendo le donne delle singole ci ttà italiane, e di cui è tipo originalissimo la · Chansone ... della condi zione delle donne dalchuna cipla • ri ­portata nel codice magliabechiano VII , 10, 1078.") Anche là pro­vano feroci morsicature le donne fiorentine, senes i ~ romagnole, bolognesi, ferraresi, padovane, veronesi, e v ia via fino alle . tren­

tine." ) San frizzi ingiusti - si sa - che spesso non hanno ra­

gione che nella rima tirata per i cape lli . P. e. d i C astagna " di S. Domenica di Visinada si dice:

Le donne de Ca;tagna le xe dute una magagna.

Santa Domeniga, belle campane, i omeni hechi, le donne p ...

lO) Babudri, Ancora rime ecC., «Miscellanea Hortis », Il, 952, n. 485. 31) Vedi Tomaso Casini, Un repertorio giullaresco del secolo XIV, An­

cona, Sarzani, 1881; Casim~ Rime inedite dei secoli Xlii e X IV, in « Propu­

gnatore .. , n. XV, p. Il, p. 346; Casini, Le donne trentine in una poesia popo~ lare del secolo XIV, in •Archivio storico per Trieste, l' !s tria e il Trentino •, Il , lB&l, pp. 240-242.

St) Nel codice Laurenziano della SS. Annunziata, n 122, c. 134:', man~ cano le strofe delle donne trentine: Cfr. Casini, in • Archivio . c i t. , p. 241, nota.

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fette:

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E per Torre, Castellier e Visignano si son trovate le stro -

E le mule Toresane le se credi de esser bele, le se frega le masse/e co la carla de color.

E le mule Caslelierese 'ssai ghe pia si l' aquavila ogni di le se la slica per tre volte nel ca/è.

E le mule Visignanese le se porta el c ... in fora, se ghe poi ziogar la mora, el lresele e 'l lrenlaun.

E contro quelle di Torre, cui piace il vino, si canta anche:

E le pule Toresane le se credi de esser bel e: le destuda più candele, che no 'l prete su l'alta r.

Contro le far.ciulle di Parenzo, ritenute superbe e aristocra­tiche, si cantava circa fra il 1870 e 1880:

Le ragazze parenzane

no le voi sposar vi/ani, .an]cora meno i artisani, e in ccirossa le voi andar.

L e carosse le xe poche, le ragazze le xe lrope: xe da vero un bruto a(ar, tante pute a maridar.

Se la dote le 'varia, tute se maridaria : ma la dote no le ga, e] fute quante le sta là.

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VI.

Ma ci sono anche i blasoni antoelogistici. l Momianesi si

vantano, e a ragione, delle loro pure e ottime so•genti :

L'aqua de Momian la val per un sovran.

E questa magniloquente esaltazione è segnata molto bene

nella bellissima canzonetta popolare di Giovanni Barsan , Da Poi a a Capodistria • , musicata dal maestro Giorgieri.

E Dignano in un impeto di soddisfazione esclama:

A zi majo Dignan eu 'i so grumasst~ che Pala e Galisan eu 'i so palassi.

Ma due città spiccano per il panegirico di sè stesse nelle

canzoni popolari: Muggia e Rovigno, forse le due più bersagliate

dalla maldicenza. Muggia vanta il suo castello, i quattro angoli delle sue

mura, la sua chiesa, il suo leone e l'acqu a del P lai sulla co­stiera tra il Castello e Muggia V occhia.

O Muja bela, Muja reale, de nove robe la se poi lodare: el bel castel che fa la guardia al mare, e le saline che façeva sale; al porto bel ghe xe un bel spedale, che in tuta Muja no ghe xe l'uguale; e po viçin ghe xe la portissa che se pofria ciamar Muja novissa.

A la porta gronda xe una bela insegna, che xe san Marco e D'o ne lo mantegna; a san P rançesco ghe x e una fontana) che se patria ciamar Muja sovrana; in piassa granda ghe xe un bel stendardo, che de be/lessa el porta el pomo d'oro; e po la ciesa de san Zuane e Polo, che de be/lessa la val un tesoro. 33 )

33) Vedine il testo muglisano in Caualli, op. cit., p. 164, nota.

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Alle quali lodi si aggiungano queste in vecchio muglisano:

O Mugla biela di cuatro ciantons quatro bighi di pan no mancia m~i; e l'aga del Plaj con quel a del Risa n

la se confai.

L'aga del Plaj cun quel a del Risan non se confai;

e quela de la Puorta Granda la ga on6ur assai. 31

)

O Mugla biela di quattro ciantons una biga di pan no mancia mai: e l'a qua del Plaj nu la bevons, o Mugla biela dei quatro ciantons.

Da cui fu tratta la quartina giuliana:

O Muja bela dei quatro cantoni, una biga de pan no manca mai: in piassa granda xe una bela insegna, ghe xe San Marco, e Dio ne lo mantegna.

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Rovigno poi vanta il suo campanile, il suo cielo, le sue

chiese e le sue contrade:

Andare i me ne vuoi - chi poi vineire? -andare i me ne vuoi, Ruueigno bielo. Starò fri, quafro f!ZÌSl~ al mefo piaçire, e se me piaseruò, starò in etierno.

Ruveigno bielo, ti te puoi guantare, ti ga otln biel campaneil in çeima al Monto; ti ga otlna biela reiva da lustrare, ti ga otln biel Sant' Antuonio fora el Ponfo.

Ti ga San Ninculuò, che guarda el mare, I'apu6stalo San Pijro in çeima oan monto; in miezo retua dui culuone in alto e al nostro pmtetuor, veiva San Marco.

3-1) Cavalli, ivi.

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Veiva San Marco e veiva i Viniziani~ oeioa Santa Maria de la Saloate; e San Prançisco in çeima otin munfisielo e la Saloale zi D re io Castielo. "')

Interessante si è, che queste quartine laudatorie rovignesi la fine acclamaloria sono ripetute anche fuori di Rovigno in

con · · " ) · h· · d l b traduzione esatta veneto-gJUhana , SJCC e s1 ve e, c 1e enchè Rovigno fosse saettala dalla maldicenza paesana, finiva per es­

sere anche lodata a bocca piena.

VII.

Paolo Tedeschi nel suo articolo Città e regioni che fanno le spese dell'ilarità scrive: • E in lstria? L'abbondanza dei motti e dei nomi di scherno è tale e tanta, da non far dubitare nep­pure per un momento che la nostra è terra italiana, e che coi fratelli abbiamo comuni le virtù ed i difetti pur troppo. Tra Ca­podislria Trieste Pirano ed Isola c'era a' passati tempi un~ scam­bio di complimenti, conseguenza delle antiche discordie e divi­sioni politiche. Pare che tolte le cause dovessero cessare anche

gli effetli; ma signori no, c'è quel benedetto uso, tiranno della

lingua, che fa perpetuare i motti senza malizia spesso , e tanto per eccitare l' ilarità. E non si avrà mai a fin irla? - Col !1lmpo

. può essere, risponde il Bortolo dei Promessi Sposi; i ragazzi che vengono su; ma gli l;IOmini fatti, non c'è rimedio : hanno preso quel vizio; non ]o smettono più. - Chi a v esse la pazienza di raccogliere tutti questi motti di scherno, condannandoli, s'in· tende, farebbe opera utilissima • ." )

Ed io con questo saggio, sia pure con rita rdo di mezzo se­colo, credo d'aver seguito il nobile inci tamento del compianto Tedeschi. Ma ho composto siffatto saggio folk loris!ica non solo dopo di aver condannalo a priori il malvezzo di tale maldicenza paesana, ma dopo di aver stabilito d'aggiungere a questa dove· rosa condanna quanto scrivo adesso, basandomi anche s_ul fatto

:l:~) /ve, Saggio di dialetto Rovignese, pp. 17-18, n; 18. 36) Bahudrt~ Terza se rie di rime e ritmi del popolo istriano, n. 636 e

637; il Timeus, op. ci t., p. 1$, lo pone anzi fra i canti istriani in genere. 37) Paolo Tedeschi, in • La Provincia dell' lstria » , a. XXVII, cit., p. 72•

col. 2•.

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che l'lstriano_ stesso in pratica rinnega e scansa ogni conseguenza di queste sahre.

Se infatti i diversi luoghi son legati Ira loro da anelli di ferro, che odio e maldicenza irrugginiscono, san pure legati da anelli d'oro, che l'affetto vicendevole rende ognor più brillanti. Triestini e lstriani in realtà fra loro si amano, in onta ai satirici blasoni popolari, ove le spine pungono acute.

Ne è prova la bellissima tradizione delle famose gite che fra il 1870 "' ) e il 1913, riprese un po' per volta dopo il novem­bre del 1918, usarono scambiarsi in segno d'affetto e di stima Trieste e le città istriane nelle domeniche estive, su piroscafi a bella posta noleggiati, con sventolio di bandiere, sonar di bande music ali, e cortesie ufficiose di comuni, di società operaie, sporM tive e di cultura. Al commiato , a sera inoltrata, tra il fiaml1)eg· giar del bengala, lo scintillio delle fiaccole e l'avvicendar degli inni di S. Giusto e dell 'ls!ria, in una fantasmagoria di luci, di forme e di colori, in terra e sul mare, si inneggia ·1a alla patria, e non potendo gridare • Viva l'Italia! • , si gridava •Viva l'angu· ria! • , pere h è t anguria è tricolore: bianca nella buccia interiore, rossa nella polpa, verde all'esterno. E in queste che furono Ira le più belle feste popolari dell 'Adriatico irredento, non c'eran più frizzi, non c'eran più maldicenze, non c'eran più rime a saetta,

ma solo allegro sentimento di civica coscienza. Nelle guerre dell'indipendenza italiana fra il 1848 e il 1870,

nei campi dolorosi di deportazione e d'internamento fra il 1915 e il 1918, nelle pianure galiziane e sui Carpazi, ove gli Adriatici irred enti si trovarono sbalesirati, si sentirono orribilmente soli: ma · ben presto, ancorchè prima non si fossero mai conosciuti, si palesarono a lla parlata. E allora a gran voce uscirono dalle loro bocche qu este grida: - Ma no ti so n fstrian li? - Mi si: so n de /'!stria ! - Ma anca mi! - E mi so n Triestin l - E mi anca! - conchiuse da un trionfale: - Patria, basemose! - E si abbracciavano, e si baciavano, rinnovando la scena commo­vente (Purg. VI, 70-75), dalla quale Dante fa precedere l'epifo­

nema contro le discordie d'Italia.

:18) Vedans i le relazioni di molte di siffatte commoventissime feste popo­lari fra il 1873 e il 1894, disseminate nelle annate della Provincia delflstria di

Capodistria, e si legga in proposito L'fstria di Marco Tamaro.

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L'anima lombarda soletta, altera e disdegnosa di Sordello narra il Divin Poeta - :

... di nostro paese e della vita C'inchiese. E il dolce duca incominciava • Mantova ... > . E l'ombra, tutta in sè romita, Surse ver lui del !oca, ave pria stava, Dicendo: • O Mantovano, io san Sordello Della tua terra• . E l'un l'altro abbracciava.

Così , proprio così, i nostri si palesavano, e rinnovando ap­punto la commozione di questo divino episo.dio conchiudevano ii concitato dialogo del loro riconoscimento con un trionfale • Patria, basemosel• , tutto effusione di nostalgica tenerezza. • E l'un l'al­tro abbracciava ... • .

FRANCESCO BABUDRI

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BIBLIOGRAFIA ISTRIANA

A . Libri ed opuscoli

44. Baccio Ziliotto: Pefronio Pefronio Caldana rima/ore piranese del secolo XV II I; estr. da ll 'uA rcheografo Triestino»; vol. IX della 111 Serie, XXXV II della Raccolta; Trieste, Caprin, 1921.

Infaticabile rovista i ore d'a rchivi e di vecchi manoscritti, lo Ziliotto ha

scoperto un nuovo rimalore istriano, ignoto finora a quanti si sono occupati delle

vicende delle lettere naz ionali in l stria: Pet:-onio Petronio Caldana, figlio di quel

Marco Petronio Caldana, che deve allo stesso Z. la monografia che con più amore ed esattezza lo illustra. P oeta il padre, poeta il figl io. Ma più poeta, se

mai, il padre. Il figl io non s i elevò gran che sopra la comune turba de i verseg­

giatori di maniera, nel seco lo XVIII pullulan ti come i funghi nei boschi. Giusta­mente osserva lo Z. eh· eg: i ha bensì " orecchio musicale ed è felice nell'azzeccare

rime sonanti, ma scr ive quas i sempre a freddo ». La poes ia, insomma, • non è

per lui eh~ un passatempo di nobile sfaccendato, sia che, schiavo della moda ,

compensi con un sone tto una gentildonn::t che si rinchiude nel chiostro , conforti un vedovo, sì congratuli con un laureato, esalti una cantante o un predicatore, s'inchini a un poten te, mendichi un favore•. Più interessante e importante ci

sembra il Caldana figlio come poeta vernacolo. Nel ponderoso volume mano­scritto che contiene i suo i vers i inediti, lo Z. difatti s'imbattè anche in una sua

Canzonetta dialettale, ch ' egli pubblica per intero e tanto più vo lentieri in quanto,

com'egli giustamente osserva, .. ]'!stria, pur cosi ricca di rime di popolo , offre

ben pochi esempi di poeti di a lettali avanti il secolo XIX • Nella sua parlata natia

il poeta è più franco , più s pontaneo, più saporoso, anche perchè più libero.

(t M o che gusto, che contento Che el parlar con vù me dà; Vù sè l'unico istrumento De la mia felicità ...

E così avanti, per un bel po' senza urtare e senza stancare, anzi divertendo il

lettore, per quanto schifiltoso e per quanto ormai abituato, in poesia, a ben

altre andature.

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Con questo eccellente saggio di storia letteraria paesana lo Z. sembra voler ritornare a' suoi studi prediletti. Non ci resta a desiderare se non una cosa: ch ' egli séguiti .

G. Q.

45. Rodolfo Pucelli: Canti all'aria aperta; Tri es te, Ti p. moderna Su­s mel & C, 1921.

Chi sia il Pucclli, si sa: si sa del suo sforzo costante, della sua ferrea volo ntà, de' s uoi s tudi contrastati e de' suoi primi passi nell'arringo letterario­

Saggi del suo modo di concepire la poesia e di verseggiare, apparvero, prima della guerra, anche in questa rivista: umili e tenui saggi, di voce quasi direi esitante c sommessa , ma pur impregnati di un vivo desi?erio di giungere al­l' espressione perfetta, di oggettivare con una certa indipendenza alat i fantas mi e sogni soavi. In questo volumetto che abbiamo sott' occhio l'arte del P. fa indub~ biamentc dei passi innanzi: la modella tura del verso è più disinvo lta, la costru~ z ione della strofe piì1 ferma; e anche il linguaggio poetico, pur cadendo talvolta in fras i pedes tri e trite, tende ad elevarsi e ad affinarsi. Di qualche componimento s i può anche dire che è cosa quasi del tutto riuscita: il sonetto !dalia, p. e., nonostante le rime un po' troppo comuni. In complesso, c'è da sperar bene di quest'uomo che deve tutto a se stesso e che serba, fronteggiando animoso tutte le contrarietà di cui non gli è avara la v ita, un così tenace c disinteressato cul to per le cose dell'arte. Com'egli si sia liberato dalle scorie che tuttavia gli ap ­

pesant isco no il pensiero e la mano, non è il caso di dubitare ch ' egli possa rag­gi ungere qualcuna delle vette da lui agognate. Il nostro augurio lo accompagna

fervido e sincero. G. Q.

46. G. E. Pons: Pola antichissima; Pala, ed. lo Stabil. tipogr. Fran­

cesco Rocco, 1922. In questo opuscolctto, il solerte bibliotecario civico dell a città di Pala,

già noto per altre pubblicazioni storico-archeologiche (L'arco dei Sergi, p. es.,), s i fa a studiare le origin i e i primordi di Pala. Esamina le varie ipotesi c con­ch ius ioni degli storic i, le discute, affaccia anche opin ioni propr ie. Crede, non senza buoni motivi, che si possa identificare l'antichissima Astor con Pela; non am­mette che il nome Pela sia derivato del greco e significhi semplicemente città ( r.:r)),:ç); ravvisa nei mediterrane i o eurafri cani del ramo pclasgico i protoabitatori

dell'agro pol ese. Tutte questioni, intorno alle qua li , mancando dati veramente irrefutabi li c contradd icendosi gl i storici, si potrà discorrere e congetturare

cara per un bel pezzo. G. Q.

47. L'Adriatico; studio geografico, storico e politico di XXX; Milano,

Trevcs, 1915. [Non in tutto esatto. Lavoro, più che alt ro, di propaganda nazio ·

nalista. Contiene gravi errori storici specialmente sull' !stria.] 48. Haydée [Ida Finzi]: Vita triestina avanti e durante la guerra;

Milano, Trcves, 1916 («Quaderni ·della guerra~). 49. Gino Scarpa: Trieste, l'Italia e la Mediaeuropa; Roma, Unione

economica nazionale per le nuove provincie d'Italia, 1907. 50. Gi !.l seppe lnverardi: Per l'italianità geografica del Quarnero; Roma,

tip. naz. Bertero, 1917.

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PAGINE ISTRIANE 9i

51. Roberto Mirabelli: Oberdan nella olimpiade storica delfirreden­fismo italiano; Milano, Treves, _1CJI8 (• Le pagine dell'ora •).

52. ~ntonio ~r~deletto: l ma~firi nostri; Milano, Treves, 1918 (• Le pagine dell ora •). [Vt S t parla anche d1 Oberdan e di Sauro.]

53. Tancredi Galimberti: l martiri irredenti della nostra guerra; Mi­lano, Trevcs, 1~17 ( u ~e ~a~ine dell'ora •)_- [Vi è discorso di Giacomo Venezian, di Damiano Chtesa, d1 Sc1p10 Slatape r, dt Ruggero Timeus, di Spiro Xydias, di Guido Brunner, di Francesco Rismondo, di Filzi. Battisti e Sauro].

54. Giannetta N. Roi: Anime irredenfe; Milano, Treves, 1918 ("Le pagine de ll'ora")· [La R. narra fatti di cui fu spettatrice, prima della nostra guerra, negli ospedali vi ennesi, presso _i feriti irredenti].

55. Spartaco Muratti: Per Riccardo Pitteri; Per la mia casa ; Per Nazario Sauro; Roma, Officina poligrafic.a italiana, 1917. [Versi].

56. Ministero della Pubblica Istruzione: Elenco degli edifici monu­menlali e degli oggetti d' arte d i Trieste, !stria e Fiume; Roma, Calzone, 1918.

57. Un volontario trentina: l martiri dell'Italia redenta; Milano,

Unione gcn. insegn. ital., Comitato Lombardo, 1918 [Brev i cenni su Oberdan Chiesa, Baltisti, Filzi, Rismondo e Sauro.] '

58. Democrazia Sociale irredenta. Primo congresso generale; Milano

6-7 aprile 1918; M ilano , Stab. Codara, 1918. [Contiene gli atti, le relazioni, gli ordini del giorno e i verba li dei Congresso.]

59. Andrea Galante: Le basi giuridiche della folta per l' italianità di Trento e Trieste; Bologna, Zanichelli, 191 B.

GO. Giulio Italico [Giuseppe Cobol]: Trieste, la fedele di Roma; To­

rino, Lattes, 1919. [Tratta anche dell'l stria. Lavo ro non scevro di. lacune e d'ine­

sattezze, ma ispirato da un grande entusiasmo patriottico.]

61. Umberto Silvagni: Les réuendications nationales italiennes au Con­grès de la P .ll·x; Rom;:~., Ti p·. Unione Editrice, 1919.

62. Silvio Benco.: Gli ultimi anni della dominazione austriaca a Trieste; Roma-\1ila no-Trieste. Casa editrice Risorgimento, 1919; voli. 3. {Opera che

contiene delle pagine meravigliose e che, dopo la nota monografia su Trieste, è

certo la miglior co:>a uscita dalla penna dello scr ittore triestino.]

63. Giovanni Quarantotto: Per un monumento a Nazario Sauro nella sua natale Capodistria, Capodistria, Stab. tip. naz. Priora, 1919 2• [Relazione

tenuta, a nome e per incarico del li Comitato promotore di un monumento a Na­

zario Sauro in CapQdistria sua città natale ~ . nell'adunanza plenaria di quei

cittadini, il giorno 26 dicembre 1918.] 64. Giovanni Quarantotto: Rime dell'attesa e dt!lla passione istriana;

Capodistria, Stab. tip. naz. Priora, s. d. [ma 1919] 65. A ricordo del terzo anniversario dal supplizio di Nazario Sauro;

Capodistria, Stab. ti p. 1\a-'?- Priora, 1919. [Duerno; contiene , l'epigrafe apposta

all3 casa ove nacque Sauro e la • Canzone di Nazario Sauro "• ambedue com~

poste da Giovanni Ouarantotto ] 66. Emilio Piazza: Trieste vernacola, antologia della poesia dialettale

triestina j Milano, Caddeo, 1920. 67. Giovanni Cumin: La nostra passione (durante 1' epoca StUrgk -

1916); Venezia, Scarahellin, 1919. (Versi ispira ti dalle infamie commesse dal-

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92 PAGINE !STRIANE

l'Austria ai nostri danni durante la guerra, mentre il Parlamento viennese rima­neva chiuso.]

68. Mario P i cotti: Il confine orientO/e d'Italia dalle alpi carniche al mare; Trieste, 24 maggio 1920; Stab. art. tip. G. Caprin, 1920. [Ottimo studio geografico, riccamente illustrato, sui nuovi confin i d'Italia.]

69. Raffaello Battaglia: // caso Savini; Parenzo, Coana, 1920. [Co­raggiosa denuncia documentata dei volgari plag i che infarciscono il libro di Pietro Savini su «Le origini c le evoluzioni storiche della civiltà latina e della nomenclatura loca le della Venezia Giulia»; Venez ia, 1918, a cura della Regia Deputazione di sto ri a patria.}

70. Carlo Baxa: Invito a visitare l'esposizione araldica islriana che si terrà da Pasqua a Pentecoste MCMXX nella Sala Rosa del Palace HOtel di Portorose; Ca podi stria, Priora, MCMXX. [ Conti~ne il « Libro d'oro del­

l' lstri a "• cioè un compiu to ed opportuno elenco delle fam igl ie nobili istrianc.] 71. Carlo Baxa: Guida di Portorose presso Trie'ste; Capodistria, Priora,

1920; ;n. 72. Nel / 0 centenario della nascita del grammatico Giovanni Moise; a

cura del Municipio di Cherso; Pola, Fratelli Niccolini, 1921. [Numero unico. Vi collaborarono Attilio Hortis, Baccio Ziliotto, Cesare Rossi, Pier Gabriele Goi­danich, Giovanni Guarantotto e, più a lungo di tutti, con un bellissimo discorso in memoria del Moi se e di Marco Carvin, Jacopo Cella. ]

73. Mario Oliveri: Martiri e glorie; P o la , Fratelli Niccolini; 1921 2,

[Versi rihoccanti di entusiasmo patriottico. Vi sono cantati anche Nazario Sauro e sua madre.]

74. L'Italia nella Venezia Giulia nel primo biennio della liberazione; Trieste, tipografia della «Nazione», gennaio 1921. [Opportuni dati statistici su lo sforzo compiuto dall' Itali a pe r risoll cvare le nostre terre dalle tristi condi­zioni economiche e morali, in cui le aveva trovate alla fine del 1918.]

75. Giuseppe Fusinato: Trieste nel primo triennio della sua economia; Roma, Cooperativa tipogr. • Egeria », 1921.

76. Guido Calza: Pala, con lettera di Corrado Ricci; Roma-Milano, Al ­fieri & Lacroix, s. d. [ma 1921]. [Guida di carattere storico e archeologico, pen· sata con profo ndo amore, scritta con grande competenza e corredata di molte e

belle riproduzioni fotografiche .} 77. Carlo Cattaneo: Terre italiane: Trentina, !stria, Savoia e Nizza,

Canton Ticino; Città di Castello, • Il So lco•, 1920. 78. Dott. Elena Gentilli Bàcciga: Un patriota triestino, Domenico

Rossetti (biogratia); Mantova, s. d. [ma 1921]. [A detta della a utrice stessa, il libretto, composto nell'anno che precedette lo scoppio della guerra mondiale, ha •lo scopo d i far conoscere come Domenico Rossetti fosse a nimato da un pro­fondo sp irito d' ita lianità e come egli sia stato il pioniere di quel movimento irredcntista che doveva portare, con gli anni, al la li beraz ione di Trieste :. .]

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l PAGINEi iSTRIANE

B. Riviste e giornali

79. Francesco Salata : Il confine orientale in un concorso napoleonico; n «Rassegna Italiana ~ , fase . XV, 1919; Roma, Armani, ]9 9.

80. Nicolò Cobol: Toponomasfica della Venezia Giulia. Vicende sto· riche, criteri di massima per il suo riordinamento. Nelle • Alpi Giulie », n. 1•2 genn.·apr. 1921; Trieste, Lloyd, 1921.

81. Francesco Babudri: Aggiunte al Calendario isfriano: nella • Rivista politico·letteraria Dalmazia »; Zara·Trieste, a. II, 1920, Trieate, Spazzai , 1920, [Compimento di un stud io pu~blicato in Pagine /stria ne, a. Xl e Xli. ]

82. Ferdinando Pasini: Gian Rinaldo Carli nel secondo centenario della sua nascita (1720·1]96): in «Rivista d'Italia » (Milano), vol. 111, fase. ili (1920). [Breve ma felice esame valutativo della produzione letteraria del grande capodistriano.]

83. Carlo Curto: Ricordi Mazziniani nella Venezia Giulia (1831 -19;5); con una lettera inedita di Giuseppe Mazzini; in "' Rassegna Naz i onale ~ (Roma) fase. 16 settembre 19 l. [Interessantissimo scritto, ov,e son passati in diligent~ e amorosa rassegna tutti gli affigliati che la «Giovane Italia » contò nella Ve­nezia Giulia ed è illustrata la lettera di Mazzini al patriotta goriziano Francesco Verzegnassi, oggi posseduta da.lla Biblioteca Civica di Trieste. Di Giovanni Orlandini vi si dice - pag. 7 - che fu il fondatore della Favilla. Non è esatto: l'ideatore e fonda tore della Favilla fu il capodistriano Antonio Madonizza.]

84-. Dott. Giannandrea Gravisi : Il Monte Maggiore d' /siria; in «Bol­lettino della Reale Socie tà Geografica Italiana » {Roma), fasc.II (1921) pp. 55-63; ill .

85. Dott. Ing. Emilio Gerosa: Progetto di bonificazione delle ex-Saline di Capodistria, delle Valli di Stagnone e di Campi e delle ex-Saline di Muggia e di Zaule; illustrato con una lavo/a i ne "' Il Monitore Tecnico » {Milano), a. XXVII, n li e 12 (1921).

86. Salomone Morpurgo: Dante e la Venezia Giulia, in «La Lettura» (Milano), a. XXI, n. 9 {settembre 1921 ); pp. 646-652; ili, [Fugaci ma esatti ap­punti su la fortu na e sul culto di Dante nella Venezia Giulia.]

87. Attilio Tamaro: Il Burgenland; ne <~~ L 'Eu ro-pa Orientale ~ {Roma), l. 6 (1921). •

88. Gian Francesco Guerrazzi: Ricordi di Giuseppe Revere; . nel­l' cEra Nuova » {Trieste), 5 marzo 1920.

89. Vincenzo Marussi: Tomaso Luciani; nella " Nazione della dome­nica • (Trieste), 9 maggio 1920.

90. Luschin v. Ebengreuth: Venetianische Anschliige auf Triest; in

, Qesterreich, Zeitschr ift fiir Gcschichte » ; l Jahrg., Helft 4; Seidel & Sohn,

Wien, 1917.

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PAGINE IS:;fRIANÈ

Cronaca e notizie varie

-:+:· A ll a Società di Minerv.a di Trieste l' es imi o scr ittore veneziano Cesco Tomaaelli addì 3 maggio lesse una s ua bell a conferenza .- La montagna ed i

suoi poeti ».

* Il g iorno 5 maggio il prof. Bruno Coceancig tenne al Circolo giova· nilc nazionalista una prolusionc ad un ciclo di conferenze s ui poeti di guerra.

~::· La Società di Minerva fece il giorno lO maggio la commemorazione del po~ triestino Gius eppe Revere, che fu suo s ocio onorarìo. Vi parlò l'illustre poeta toscano Angelo Orvieto, il quale pe r malattia non aveva potuto interve· nirc alla sole nnità della traslaz ione del le ceneri del poeta nella s ua terra nat ia. Assiste ttero a ll a cerimonia le antorit à, i rap presentan ti degli istituti di cu ltu ra e di varie associaz io ni cittadine, e gran numero di personalità intellettuali.

* Nella celebrazione del sessantesimo anniversario de ll a fond az ione del­l' Istituto tecnico comuna le di Trieste " O . Galilei » il di scorso commemorat ivo fu te nuto da l prof. Enrico Rosman.

·::7 La Società Adriatica di s cienze naturali, diretta dal cav. prof. Mario S tenta, ricostituì la «Sezion e di sc ienze fisich e e chimiche" già fondata nel 1913. Furono chiamati a dirigerla i professori : F il ippo Brunnc r, Mario P i­co tti e Carlo Fabbri.

~:.;. Il g iorno 15 maggio si tenne ne lla sa la minore della Borsa il 59° Con­gresso gene ra le dell a SocieU. Agraria di Trieste.

* Nel fascicolo di maggio dell'Illustrazione delle tre Venezie, dedi­cato a ll e Feste di Padova per il VII Centenario dell'Università, sono da notarsi fra l' altro gli ar ti co li di Emilio Bodre ro, B. M orpurgo, Gilberto Voghera , Gio­vanni Ouarantqtto e f e rdinando Pas ini.

~~ Memorabili furono le gio rn a te 21, 22, 23 e 24 maggio, nell e quali i Reali vis itarono Trieste e l ' !st ri a, o ve l' inti ero popolo, senza distinzione di class i, spo nta neamente con entus iasmo senza pari vo ll e add imostrare ai suo i So­vrani, quanto esso li ami, quale affetto esso port i alla Madre patri a. A Parenzo il g iorno 24 i Reali ricevettero gli omaggi dell e Autor ità e dell e Rap presentanze dell ' !s tri a nella storica sa la , dove la prima Oièta dell' !stria procJamò la sua italiani là e la sua fede rispondend~ co n la pa rola « Nessuno» all' ordine del Go­

verno di Vicnna d'inviare dep utat i al Parla mento austriaco. -;:; Silvio Benco fu nominato da S. M. il R e Commenda tore dell a Co­

rona d'Italia per i suoi merili quale scrittore e letterato. *: Pier Gabriele Goidanich, da Lussinpiccolo, già allievo del nostro

G innasio-Liceo , profess ore a ll'Unive rsità di Bologna, fu eletto Accademico della Crusca, in ri conoscimento dei s uoi meriti c del valore dell a sua grammatica ita­liana, che l'A ccademia di chiarò «unico • tes to a utentico dell a grammatica dell a

lingua italiana.

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PAGINE ISTRIANE 95

* Addì 4. giugno i~ R. Ginnasio-Liceo u Carlo Com bi , di Capodistria

celebrò la fe~ta 1~au~urahv~ delle .tre lapidi. murate nell'atrio dell'edificio, in

memoria degh antlch: alu !"~l caduta nelle gue.rre del Risorgimento. Una lapide ricorda Leonard~ D. Andn, morto a Custoza il 24 giugno 1866, una gli allievi

che caddero nell ult1ma guerra combattendo per la nostra libe razione , Mario Andrea Bratti, ~arlo Cri.s~ofoletti, Angelo Della Santa, fausto filzi, Pio Ri ego

Oambini , Antonto ed Eg1d10 Orego, Umberto Lana, Antonio Parovel, Eugenio Rota, Nazario Sauro, Gi useppe Vidali ed Onorato Zustovich. La terza lapide contiene il proclama ai giovani lstri ani, dettato da Pio Riego Gambini in Udine nel giugno 1915, c fu offerta al R. Ginnasio-Liceo da studenti e ci ttadini della

Venezia Giulia . .;:E In una sala del Senato a Roma il giorno 5 giugno fu st8bilito di isti­

tuire una Fondazione Graziadio Ascoli per onorare la memoria dell 'insigne maestro. «Presso la Società Filologica Romana viene istituito un premio Ascoli per lavor i intorno alla lingua e ai dialetti italiani da assegnars i a studiosi di qualsias i nazionalità. Viene conferito ogni 5 anni )) .

~~ Il giorno 19 giugno nel G innasio-Istituto Tecnico prov. • Gian Ri­

naldo Carli ,. di Pis ino furono scoperte due lap idi , che ricordano gli alunni caduti nella guerra eH redenzione, e la fondaz ione dell' Istituto, soppresso du­rante la gue rra e fel icemente riso rto dopo l' avvenuta liberazione.

* Addì 25 gi ugno l' Istituto magistrale di Capodistria festeggiò )' inti­tolazione di esso al nome glorioso dell'eroe del mare, il capodistriano Nazario

Sauro. -:-:~ Athenaeum, Studii Periodici di Leth:ratura e Sto ria diretto dal Prof.

Carlo Pasca!. A. X. Fase. Il, aprile 1922: lreneo Sanesi, Una lettera e un so­netto di Giuseppe Parini . .:...... Attilio Barbiera, Il 11 De Oratore ~ nel codice Todino n. 21 e nei Vaticani 1720, 3238. - Ezio Bolaffì, Uso, elemento logico e psicologico nell a s intassi latina. - Comunicazioni e note: Giouanni Pesenfi, L'autore e la data del poema « Crisias )) . - Agostino Capelli, Il cursus nelle prefazioni della Messa ambrosiana. - Notizie di Pubbìicazioni .

~* Brixia Sac:ra. Bollettino bimestrale di studii e documenti. A. Xlii. f ase. 1 e 2, genna io-aprile 1922. ~ Paolo Ouerrini, Per la storia dell' organiz­zazione ecclesiastica della. diocesi di Brescia nel Medio Evo. Appunti e documenti inediti. - Giuseppe Bone/!t', l documenti della cattura di G. Rosa. - Le cro­

nache bresciane inedite dei sec. XV-XIX. --Li 19 maggio cessava di vive re: a Trieste Caterina Croatto Caprin, scrittrice e gio rnalista, vedova di Giuseppe C aprin, la quale dopo la morte del marito curò essa stessa ]'edizione dell'ultimo lavoro di lu i • L' !stria nobilissima••

Il gio rno prima moriva a Venezia l'illustre pittore istriano Pietro Fra· gia.como, nato a Pirano, allevato a Trieste, divenuto celebre a Venezia. Fu considerato in Itali a ed all'estero uno dei più grandi paesisti italiani moderni. Un pregevole dipinto su~, raffiguran te il bacino di S an Marco, si conserva qui a

CapodiStria nel gabinetto del Sindaco. Zara piange la perdita di uno dei suoi migliori figli, il Prof. Vitaliano

Brunelli, che scrisse la storia della sua città natale. Fervido patriotta e perciò perseguitato dal gove rno austriaco, fu trasiocato nel 1895 da Zara a Capodistria

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( 96 PAGINE JSTRIANE

per castigo, trovò però nel nostro Liceo quella simpatia e quella stima, ch'egli si meritava, in modo ch' egli sarebbe stato contento di rimanere nella nostra città, se imperiosi interessi famigliari non l'avessero costretto ad adoperarsi per ottenere il ritorno in patria. Insegnò a Capodistria un anno cattivandosi in sì breve 1:1pazio di tempo tutto l'affetto dei colleghi e degli allievi, che ebbero campo di apprezzare in lui il vivo sent imento patriottico, le sue belle doti d'in­gegno, la sua bontà e la sqnisita gentilezza dell'animo suo.

Con sincero c profondo dolore piangiamo la morte quasi repentina del cav. dott. Vittorio Scampicchio, avvenuta in Capodistria l' 8 del corr. luglio. Lo Scampi echi o era stato per parecchi a nni podestà di Albana, sua città natale e poi, trasferitosi a Trieste, aveva appartenuto a quel Consiglio municipale, mi~ Jitando nelle file liberali . Figlio del patriotta Antonio, patriotta purissimo egli pure, fu perseguitato dall'Austria e, durante la guer ra, internato. Avvenuta la

redenzione, funse da vice Commissario distrettuale e da Commissario al Co­mune di Capodistria. Fu anche membro del Comitato promotore della rinascita di questa rivista. Con lui sparisce un istriano dell'antico stampo, 1,111 italiano vero c provato, un cittadino e padre di famiglia esemplare. --

Il nostro primo fascicolo (ci permettiamo di rileva rl o anche in pubbli co)

ha avuto un successo che ci ha lietamente sorpresi. A parte i rallegramenti dei singoli e i benevoli cenni di saluto rivoltici da tutta la stampa regionale, con

piacere constatiamo che l'articolo del dottor Antonio Suttora sulla Riuolta del­l' i. r. reggimento n. 97 fu integralmente riprodotto dal « Piccolo della Sera » ; che gli Echi leopardiani in una «barbara • del Carducci del nostro direttore Giovanni Ouarantotto ricomparvero nella Minerua (riv ista delle rivist e} di Roma, n. 16 giugno ]922; che lo scr itto dell'ing. Ernesto Dejak sull'Arena di Pala fu riassunto dal Marzocco (Fi re nze), n. 11 giugno J922.

Stabilimento Tipografico Nazionale CARLO PRIORA - Capodistria

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AnnO I della Nuova Serie (XIII della Raccolta)

F'asc. IV Capodistria, luglio-agosto 1922

PAGINE ISTRIANE Rassegna bimestrale di Letteratura, Scienza ed Arte

con particolare riguardo all'l stria

Appunti sul pensiero economico di G. R. Carli

Alla memoria del dott. Vittorio Scampicchio.

Il presente e l'articolo successivo sono (a riduziont! di due capitoli di una monografia su G. R. Carli condotta sulle opere edite e sui manoscrilfi dt!l Capodistriano . In essi hu tentato di dare un'esposizione ordinata dei prin· cipi dello scrittore, abbandonando il sistema dell'esame delle opere singolar­menle prese, a fine di permettere una visione il più che sia possib:"/e completa del pt!nsiero del nostro autore. Gli scritti inediti del Carli sono sfati accura­tamente esaminati anche in uis~a della pubblicazione - alfre ·volte annunziata ed ora resa possibile mcrcè l'interessamento del Municipio di Capodistria, di S. E. Salata, del Commissariato generale civile di Trieste e della Giunta pro· vinciule di Par:m.zo - del "Carteggio scientifico·letferario" due ferzi del quale lo scrivente, in collaborazione, ha già annotato 'e preparato.

l. Teorie economiche')

1. Il p rogresso del vasto movimento economico che, inizia· tosi al chitdersi del Medioevo col nuovo indirizzo dato alla poli­

tica ed all'e conomia dallo sviluppo commerciale , aveva rice vu to

un impulso poderoso dalla risorta vita degli stati europei e una

sempre più netta formulazione teorica durante il corso del secolo

XVI I, scoprendo, g ia a l f inire di questo, la insufficienza delle

forme giuridiche esistenti ai nuovi bisogni manifestatisi nel campo

economi co e in quel lo politico-sociale, era divenuto ancor più

celere nel ritmo universale della vita europea per opera della

scuola del diritto natura le. Le nuove dottrine, foriere di profondi

mutamenti sociali, fecondate e diffuse nei paesi protestanti e in

1) Degli scr itti c.;onomici del C. non ho potuto vedere la .« Lcttcra dedica­toria prcmcss::t al l' edizio ne delle Lezioni di commercio ... di A. Genovesi •, Bas­uno 1769.

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98 PAGINE ISTRIANE

Francia, erano penetrate anche in Ita lia do ve, sottoposte al con­trollo del senso sanamante critico e dello spirito pratico dell'in­gegno italiano e modificate dalla di ve rsità delle nostre condizioni sociali, trova vano facile accoglienza nel desiderio di mutamenti nelle vecchie forme giuridiche. Ad esse s'inspirarono gli studi nella nostra Penisola in quel laborioso inizio di secolo in cui si dispiega l'erudizione nell'opera del Gravina, si anima l'indagine nella polemica del d'Asti, del Grandi e del Tanucci, si precorrono le riforme nel saggio sulla giurisprudenza del Muratori, si ascolta la voce dei nuovi tempi negli scritti del Vico.

Sotto tali influssi di pensiero, in questo fervore di attivi tà il diciannovenne Carli attendeva nell'Ateneo patavino allo studio del diritto e della filosofia. Le opere di quei grandi gli erano familiari; ma alla lettura di esse egli univa quella dei classici stranieri: M un e Melon, La w, Hume, Locke, Grozio, Hobbes erano i più studiati. Ma come le più ardite teorie d'oltr'alpe si affina­vano attraverso l'o pera dell'ingegno italiano così le nuov e dot­trine nello spirito del Carli subivano una profonda irasformazione e si trasmutavano in pratica filosofia. Si delineava in tal modo l'atteggiamento che caratterizza il suo pensiero: l'indipendenza d'indirizzo nel campo degli studi economici. )

Carli entrò ben presto nella schiera degli s tudio•i italiani con un piccolo saggio !l'argomento monetario. ' ) Ma le contro­versie che aliora si agitavano fra gli economisti dovevano trarlo a par!eciparvi con la forza che gli proveniva dalla larga dottrina e dalla pratica quotidianamente acquistata come magistrato. Si iniziava così la sua feconda attività di scrittore.

* * * Nell'opera del Carli l'esame dei singoli argomenti riguar­

danti la scienza economica procede secondo un metodo compa­rativo che deriva dalla sicura esperienza acquistata nelle ammi­nistrazioni dello Stato e dalla profonda conoscenza della s toria . L'osservazione dei fenomeni economici è da lui costantemente connessa con quella delle ripercussioni che essi hanno nel campo più vasto dell'economia socia le . Tosto che li abbia presi in esame, sorge in lui la preoccupazione di chi ne studia le cause e ne

?) «Dissertaz ione episto lare into rno ad alcune monete che nelle Provincie dd Friuli c dell ' !stria correvano ne' t_empi de' Patriarchi Aquilejcsi». Sla in

Calogcrà ~ Opuscol i » , t. XXV.

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PAGINE ISTRIANE 99

ricerca la soluzione da nn punto di vista che g~!arda meno alla

formulazione teor ica che ad un fine essenzialmente prat ico. Più

d'una volta, non s oltanto neg'i scritti dettati dalla necessità ine­

rent i alle sue funz ioni ma nelle opere composte a scopo piU rigo·

rosamente scientifico, accanto all'economista ci è dato scorgere il politico O.uesta caratteristica, d'altra parte, fa si che nel campo

della pratica il Carli accentui ie verità o aggravi i pregiudi zi che

viziano la teoria da lui professata o cada in certe contraddizioni

che sembrerebbero, a prima vista, strane. Cosi, ad es ., avviene nella questione d e ll a libertà d i commercio nella quale, dopo es­

sers i dichiar>to con t rario alle dottrine estreme di libertà illimitata

0 · di protezione tota le, nella pratica moltissime volte si attiene alla regola del vincolo .

11 Ferrara chiamò • miserabile • il sistema economico del Carli. 3

) Ora se consideriamo che di vero e proprio sistema non

può riguardo al Cari i parlar5i, l'aspro giud izio dell'insigne econo ­mista è certame nte da respingere.

Premesse queste considerazioni d'indole generale, cerchiamo,

s ulla scorta di quanto è possibile raccogliere dai numerosi e tal­

volta prolissi scr itti del C arli, di dare una breve e ordinata espo­

sizione dei suoi princ ipi j.n materia di economia senza avere pre­

tese sistematiche dove di sistema non può rigorosamente parlarsi.

* * * 2. Produzione e circolazione - a) Spinto dalla polemica

contro • fi\qsofi ed economisti », il Carli giunge alla verit3. che il

commercio in ge nere è una forma di produzione come l'agricoltura

e l' industria , e non un semplice intermediario fra produzione e

consumo, sia che esso, insieme con le «arti" formi la ricchezza

e •accresca e migl iori l'agricoltura, con aumento di popolo indu­

strioso e agrico ltore» .; ), sia che contribuisca ad accrescere la ric­

chezza esistente .. ') Queste tre forme sono quindi fra loro le gate

.come «gli anelli di una gran catena elettrica»: la terra non è la

sola ricchezza delle nazioni, come sostengono i fisiocrati. ~ ) Ma

la polemica trascina lo scrittore a cade re nell'e ccesso opposto,

·') Bibl. degli Econ., S. l, vol. 3", pref. p. XIX.

i) «D el libero COil\11\CI"C i O" in «Opere» -- Mi!llno, 1784, u· l, P· 107.

··) •Breve r.:~gionamenlo sopra i bil anci economici delle nazioni". uOpcre•;

L0 cil. , p. 74. '') •Del libero cor111n .~, p. 12·3, dr. pp. 108·9, 121.

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100 PAGINE ISTRIANE

quando nega, con senso esclusiv istico, che l'agricoltura sia fonte di ricchezza.7

) Consideriamo questa come esagerazion e polemica

dell'A. giacché, secondo il suo pensi ero, l'agricoltura costituisce sempre una delle forme di ricchezza. Ad essa deve quindi lo

Stato rivolg ere le sue cure cercandone 1' incremento con un saggio s istema censuario, con l'inalterabilità dell a stima dei terreni, con

leggi moderatrici. Perc iò il Carl i, co me il Verri, combatte come il peggior male la teoria fisiocratica del l'imposta uni ca. Le floride

condizioni dell'agricoltura nel Milanese do po l'op e ra censuaria di Pompeo Neri sono per lo scr ittore la migliore dimostrazion e dei suoi principi. ' ) Nella politica agraria lo Stato no n deve trascurare

speciali forme d' incoraggia mento , come p. es. i premi agli agri ­coltor i. '' ) Anche nei riguard i dell'industria il C a rli è contrario ai

fisiocrati p oichè sostiene non esser vero che 1' industri a ro vini l'agricoltura chè anzi, come dimostra sempre lo stato economico del Milanese, la prima favorisce la seconda ." )

Ancor più d iretta e d amp ia che nell'ag ricoltura è l'ingere nz a che lo Stato de v è avere ne ll 'industria . Di questa, come forma economica, i l Carli non tratta teoricamente e di proposito; e perciò meglio che il pens iero economico questo argom~nto rif lette l'atti~

v ità del Capodistriano come pol it ico. Ampiamente svolte sono in vece le idee sul commercio.!!) «Il commercio è la vita dei popoli », scrive il Carli. 1:.> ) In

questa materia bisogna non general izzare troppo, come si fa; piuttosto «esaminare le circostanze de' paesi e de lle nazioni •

prima di giudicare del sistema da seguire .'" ) A prima vista dun­que, il pensiero dell'economista potrebbe sembrare ben definilo; viceversa esso ri sente, più che quello deg li scrittor i contempora nei,

le incertez ze di quella metà di secolo in cu i contro a l mercantilismo

7) «Economist i ital.• , cd. Custodi. S. l, vo l. 14'', pp. 367, 377-8. ~) «Il censimento di Milano". ~O pere~, t. " l, p.c Il. 0) «P iano per una Cassa dc' Premi."• 1765, Mss. dell'Arch. Comun. cl;

CapocÙstria. · 111) «Del lib . comm.», p. 108. 11 ) Da consultars i. in proposito: lnvernizzi, «Riforme a mmin . cd eco n. nd lo

Stato di Milano al tempo eli Maria Tercsn•, in «Boli. del la Società pavese dì storia patria» , 191l , p. 56·61. Un b~10n s uss idio b ibl iografico per questo per iodo offre l'opera di A. Sandonà .. 11 Regno Lombardo-Veneto", Milano, 1912. Cap.

introd. l?) «Del le monete ccc."; «Opere", t. 0 Il , Diss . l 158. l J ) · Del lib. COilllll. " , P· 104.

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PA GINE ISTRIANE 101

trionfante fino allora comincia a de linearsi la corrente libero­

scambista. Il Carl i non segue nessu na scuola, mn, al p:ni di altri contemporanei, si fonda su pri nci pi ecle ttic i non meno ch e , come

5 • e not ato anche a proposito dell' agri coltura e dell' indusb i a, sul­l'esperienza attuale che gli off rono le condizioni del Duc ato lom­

bardo. Se ben pre sto h a r inunc ia to a lle vecc hie t eoriche di com­

mercio atti vo e passivo; se, pu r non allontanandosi del tutto da l

principio della bilancia commerciaie, c re d e gius!:.t.me nte che 11011

bastano i soli dati dell'importazione e de ll'esportazione a deter­

minare le cond izioni economiche d'uno S ld o 11) , riguardo al la CJliC ·

slione dibattutissima della libertà òi ccmnH:rcio la sua posizione

tra l'antico e il nuovo rimane incerta. T ra ttando de l commercio

dei g rani egli scrive al Neri: « .. . se mi chiedeste di nuovo, come

mi avete chiesto , s' io san di pare re di am mettere una libertà illimitata, opp ure una totale proibizione nel l' estrazione de' gran i,

io vi direi a buon conto sembrarmi l'una e l'altra egualmente

dannosa • . 15)

Ma questo saggio eq uil ib rio i 1~ cui lo pone il principio

eclettico che gli è sugge r ito da ll 'e s per ienza annonaria inglese ,

non . è durevole. Alcuna volta sì, deplora i dan ni c agio!tal i da un

.mal inteso sistema doganale e da vinco li oppressiv i 1 '~ ) o accenna

alla necessità di porre «in libertà il com merc io da i v incol i che

lo aggravano» 1' ); ma tal'altra vuole che il comm e rc io d e i gra ni

sia opera di esclusiva amministrazione 18) o si di chi ara addirittura

non solo contrario a l piccolo commercio di e s si ma a ll a libertà

del commercio in genere - ad eccezione d e lle ma nifatture e a

condizione che la produr.ione ecceda il consumo interno -- oppure

vuole che il prezzo dei generi sia fiss a lo p er legge. " ) Non perciò

egli dev'essere ascriHo fra i seguaci del protez ionismo, giacchè

non si pone decisamente contro la lib ertà ma ad es s a vuole si

t-i) «Breve ragionam. •, p. 65. ~="•) «Del lib. r.omnv , pag. 124. È no to il dissenso col Vcrri su questo

argomento. V. Tamaro •Nel primo centenario di G . R. Carli ~ . Parc;1zo, Coan:t ,

.1896, cap. VI. 16) «Saggio po li tico ed economico sopra la Toscan a~. oO perc• , t."

pp. 355-61. ' ~ ) Mss. conservato nell'Arch. Com. di Capodistria, f. " 1499, c. 169. 1 ~) •Del lib. comm.», p. 124-132. tu) «Noten alle ~Meditazioni sull'economia politican di P . V erri. •B ibl. del·

l'econ.•, s. l, vol. 3°, nn. a pp. 567·570-580-2.

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102 PAGINE ISTRIANE

accompagni la disciplina. " ) Nei principi adunque il C s rli ci a ppa­

ri sce incerto; ma pur con tutte le incertezze fra lib erismo e pro­tezioni smo e l'inclinazione - pilt facile a scorgersi - per que­s t'ultimo sistema, egli deve sempre essere considerato un eclettico.

O.ual' è il pensi e ro del Cari i intorno agl i organi della vita economica? Basta accennare al più discusso: la corporazione . L'economista vuole sia conservata la corporazione :>

1), ma disci­

plinata dallo Stato e riformata nel suo interno re golamento. " )

Dalle forme di produzione e dai rapporti fra gli elementi produttivi fino all'organizzazione economica il Carli adunque ma­nifesta sempre di attenersi a un pnnc tpto d'equilibrio che sorge dalla contemperanza dei diversi indirizzi teorici non meno che da ll'esperienza quotidiana.

b) Il disordine che esiste va nell'economia generale degli Stati per effe tto dell'incertezza della legislazione monetaria, a ve va

posto in prima linea il problema della moneta. Ed essa aveva av uto stud iosi che se n'era no occupati s ia dal punto di vis ta

s torico, quali, per !imitarc i solo all'Italia e ai principa li, il Fiora­vanti, il Muratori, sia pe r fini più propriamente scientifici come

il Galiani e il Neri . Nella schiera dei num erosi scrittori il Carli occupa uno dei primi posti. Basandosi sulla vastissima erudizione

e sul rigoroso metodo storico, di cui deve considerarsi uno dei precursori, in dieci anni di assiduo lavoro scr isse e pubb li cò a var ie riprese la più grande opera sulla moneta. " ) Il lavoro fu

20) «Ristretto 1767~, rnss . deli'Arch. Com.; «Breve ragionarn ." , p. 93-94;

Icllcra ined. al prin.:ipe d i Kaunitz 11 marzo 1766. Non bisogna dimen ticare che il C. spesso scri v...: animato da pass ione polemica - sopralutt o ne risentono le «Note" - e non co n lo spirito freddo dell'oss ervatore. Quindi certi passi

non bis ogna consid~ra rli come enunciaz ione di rigorosi principi sci entifici da cu i si possa dedurre un g iudizio sicuro sul suo pensiero economico.

11 ) "Note•, p. 568. Per le corporazioni milanesi cfr. Vcrgn «Le corpora­

zioni delle indu s trie tessili in Mi lano • , in «Archivio stor. lombardo », XIX (1903) spec. p. 81. .

~ ::> } Arch, Comun., f." 1499, c. 169 e f. '' 1498, c. 4; lettere ined. del C. a l 1-< a unitz (17 g iugn o 1167 e 16 sett. 1769).

2:1) Di tutta l'attività di scr ittore in questo argomento si dà ampio rag­guaglio nella p refazione a ll' opera ~ Delle monete c dell' institu zione delle Zecche

d'Ita lia, dell'antico e presente sistema di esse e del loro int r inseco valore e rap porto con la presente moneta dalla decadenza dell'Imperio s ino al sec. XVII. Per util e delle Pubbliche e delle Private Ragion i-' , t.i II-VI dell'ed. cit. Cf;. anche G. J\1\acchioro «Teorie e riforme economiche, finanzi arie ed amministra­

ti ve nella Lomba rdia del sec. XVJJI ., , Città di Castello 1904, p. 77-8.

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PAGINE ISTRIANE l Oa -------------~~--------~ fo ndam ental e e primo a sfrullarne i calcoli fu Cesare Beccaria

nel suo libretto • Del disordine e de' rim<di delle monete • ." )

• Le monete non sono altro che metalli i quali debbono con­

siderarsi nella classe delle altre mercanzie tutte • quindi •merci

ridotte a traffico" '·' ); merce • universale • , direbbe il V erri '') È perciò un errore il credere che la moneta non sia altro che sem ­

plice rappresentazione.21

) l metalli • dal consenso degli uomini de­

stinati a servir di misura e di prezzo a tutt e le cose • , cioè l'oro,

l'argento e il rame, si misurano con pesi eguali e fra di loro, e

•questa misura pu ramente immaginaria e non reale, cioè d.ipen­

dente da quella stessa opinione degli uomini, per cui sono stati

posti essi metalli in commercio ... si chiama comunemente ualore • . 2 ~ ) La monetazione aggiunge al metallo nuo vo valore e questo prende

nome di valore estrinseco~ chiamandosi intrinseco que!lo che è

•regolato sul solo peso de' metalli • cioè sulla quantità di metallo

che nell a moneta si contiene. 2 ~ ) Il prezzo è aopera della comun e

convenzione degli uomini • ed è soggetto a variazioni sensibili

secondo che alla moneta si dà un valore superiore o inferiore a l

giusto." ) c· è ùn 'altra specie di variazione nel prezzo, come nella

lega, che il Carli chiama peste monetaria, ma questa è funesta

perturbazione causata dall'arbitrio cioè dall'alterazione. Contro

l'alterazione della lega e del prezzo il Carli comba!!e accanita­

mente mettendone in vista tutti i mali.:n) Nella monetazione bi­

sogna sempre tener presente la proporzione • fra il tutto e le

parti • e quella • fra le parti e il tu !lo • , che sono i due poli su

cui cii mondo monetario si appoggia» . Curare la proporzione è

una necessità, come necessità è • un:formarsi alla comune propor­

zione de' metalli cioè non arbitrare nè sul valore nè sulla leg a

delle monete, pe~chè non abbiano a valere più o meno in un paese

21) Il B. però dissente dal C. in alcuni punti p. es. circa il valore c su i

rimedi per combattere il disordine. 2:•) «Delle monete• Diss. l, pag. 19 : -2, 195, 241, 252; cfr. p. 22J. ~6) .- Meditazioni/) , § Xlii ~•) «Osservazioni preventive intorno al piano delle monete• , § Il- V. Sta

in •Opere• , ed. ci t., t.0 VIli App. ~ 8 ) ~ Delle monete». Diss. VI, p. 6. ~(l ) «Osservazioni»,§ Ili; ~ Delle monete ~ . Diss. l, p. 118, 129. 3~ ) «Delle monete». Diss. l, p. 120, 254; cfr. P· 132-3. 31) «Delle monete». Diss. l, p. 152, 156-8, 182, 262; «Osservazioni •,

§VI-Xl.

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104 PAGINE ISTRIANE

che in un altro• .:12) E il Carli, dopo aver dimostrata ula misura

delle sproporzioni di ciascuna città in ogni genere di moneta •

esamina quale sia la proporzione comune nelle monete nazionali e stabilisce la differenza che deve passare fra la proporzione di queste e quella delle forestiere. '"' )

Intorno alla monetazione le id ee del Car!i sono chiare e precorrono qual che volta le moderne. l due punti più notevoli sono quelli del mone!aggio e della bonificazione delle spese di mone ­laggio. La zecca dev'essere •a l coperto delle spese occorrenti pel lavoro delle monete • e non deve aver di mira altro guadagno eh~. •quello della regalia, perchè altrimenti disperato ogni equi­librio sarebbe allorchè queste (le zecche) le prime fossero a mer­canteggiare sulla sproporzione de' metalli, ch'è quanto dire sul pregiudizio del commercio, cioè sulla ruina della Nazione e del Principato · ."·') Ciò posto, calcolando il valoce intrinseco, bisogna stabilire la media proporzione fra le monete nazionali nonchè tra le straniere e fra i metalli preziosi. O.ueste dol!rine che rispon­devano alle esigenze del tempo in cui il Carli scriveva ed ope­rava, contengono in sè principi di verità: ad es. il monetaggio gratuito da lui sconsigliato non è in fondo che un'illusione «poichè l'erario, che pel momento non si fa pagar nulla, ri scuoterà d'altra parte un maggior tributo per far fronte a lle spese di monetazione• ." )

Così, gradatamente, attraverso lunghe digressioni nella sloria

di tutti i tempi e di tutte le nazioni e attraverso minuziose osser­vazioni sullo stato monetario della Lombardia, il Carli costruisce il suo sistema monetario di cui~ ci espone i punli principali: •Per un sistema monetario conviene ..... l ritrovare qu al sia la media

proporzione de' metalli monetati in Italia e in Europa ancora. Il Regolare sopra di questa le nazionali monete, non solo pel rispetto del reciproco ragguaglio tra oro~ argento e rame; ma ri­guardo anche alle monete della medesima spezie fra sè stesse;

3~) ~ Delle monete». Diss. l, p. 227.

" ) ibid. p. 237 sgg. e Diss. VI, p. 287. :1.1) «Delle monete)} , Diss. l, p. 129, 262, 265; ft Osservazioni• , § Xli -XIX.

Credo che s ia la seconda parte di questo lavoro il mss . (Arch. Comun. f.O 1499) inlitol ato <<Piano ragionato per la rifusione delle monete nello Stato di Milano» in otto paragrafi, che mira a todisaminare l'economia che può farsi in occasion~ della nuova monetazione; e in secondo luogo a proporre un progetto per cui

possa concambiarsi una buona moneta ritraendone la cattiva senza pregiudizio

del popolo». 30.) Macchioro, op. cit., p. 85.

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PAGINE ISTRIANE 105

cioè nelle sue rispettive divisioni, salvo la s pesa della mone ta~ zione, ch' è sempre nelle piccole monete più forte , che nelle gra ndi .

111 Richiamare al concambio le monete scarse 0 sproporzion ate,

a numero e non a valore; potendosi in tutti i Gove rni ritrova r

modo di supplire al discapito, che in tale concambi o soffre la Zecca, senza dar nuovo aggravio alla nazione, che non ha avu to

mai colpe nell'alterazione arbitraria di esse monete . Fin almente

JV formare la Tariffa o Guida delle monete forestiere ammissi­bili con la prOporzione media ritrovata; cioè considerandole come

semplici metalli, senza predilez.ione o paSsi one; e con ferma cre­

denza, che di qualunque errore non tarderanno mai le conseguenze

a farsi conoscere a danno della Nazione, con la fuga delle mo­

nete in altri paesi; onde diminuita la circolazione, il danaro diverrà raro, e l'interesse di esso sarà aumentato • .3G)

Con quest i scritti il Carli non si afferma va soltanto como

storico principalment e della moneta nè apportav a s olo il conlri­

b!.lto del suo acume scientifico e della sua esp erienza nel ca mpo

monetario ma lasciava anche un'opera che è un lodevole ten ta­

tivo per una storia dei prezzi in Italia, tanto più notevole quanto

meglio si considerino le difficoltà, allora più gravi, per compiere

tale impresa. Giudicala in rapporto ai tempi l'opera maggiore de l

Cari i parve ed è veramente fondamentale: ai bisogni d'allora

rispose perfettamente e servì di ~ase alle operazion i di risana­mento monetario anche fuori del Ducato lombardo; considerata

nel suo valore scientifico essa ci appare oggi non scevra di er­

rori ; storicamente occupa un posto notevole nel campo degli studi

economici. Come la questione monetaria era allora la più a ssi l­

lante così in essa il Carli dispiegò le sue forze migliori con un

procedimento semplice e chiaro di esposizione che compensa, con

la sintesi fina le di ogni dissertazione, il difetto della prolissità .

Eppure il Carli che aveva avuto intuizione e chiarezza in

siffatta materia ed inteso bene la stretta relazione in cui sta il

mercato monetario con quello dei generi ~; ) , non dimostra uguale

sicurezza in ciò che riguarda la questione del prezzo: di fetto

questo che si riscontra anche nel Verri che pure ne trattò di

proposito. " )

38) «Delle monete », Diss. l, p. 270-1. 31) «Delle monete », Diss. l, 156. 38) Macchioro, op.cit., p. 24 sgg.

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106 PAGINE ISTRIANE

Conclud endo, se bene intesi sono nel complesso i rapporti tra gli elementi produttivi e le interferenze tra produ zione e cir­

colazione, risp etto alle forme singole le idee del nostro econo· mista, non sono sempre chiare e corrette.

3. Distribuzione - L'argomen to è a mala pena sfiorato dal Carli. • La ricchezza d'una nazione consiste nel maggior numero dei beni distribuiti nel maggior possibile numero di persone ~t:1 9);

e perchè uno Stato s ia economicamente saldo è necessario che la ricchezza non sia in mano di pochi commercianti o di grandi proprietari. Il Carli loda quindi il governo inglese ch e non lascia il popolo all'arbitrio delle due maggiori classi abbienti '10

) Le con· s eguenze della sperequazione nella distribuzione delle ricchezze non sono soltanto sociali ma anc he politiche perchè da essa nasce l'anarchia che sbocca in ultimo nella demagogia o nel dispotismo.") La grave questione della proprietà non è considerata o se ad essa si accenna lo è sempre in vista di un altro fine.

4. Popolazione - 11 Verri aveva sostenuto necessario per

una nazione l'aumento della popolazione e creduto che tale au· mento implichi altresì accrescimento di consumo e quindi di ripro­duz ion e ·l? ); il Beccaria aveva messo in giusto rilievo il rapporto fra popolazione e mezzi di sussistenza 4 :1 ) : Carli si accosta a

quest'ultimo quando sostie ne che " la popolazione si bilancia col va lor numerario circolante, e si proporziona ed equilibra con i comodi della sussistenza e con la diffusione del danaro, che ali­menta l'industria, il commercio, 1'agricoltura».4

.1

) Egli vede giusto

allorquando stabilisce primo fra gli ele menti necessari per giudi· care ((dello stato economico d'una nazione)) la popolazione. 1 ~' ) Ma

osservando le condizioni demografiche dell a Lom bardia indotto dalla troppa fiduc ia nelle semplic i leggi coatti ve e moderatrici dell'amministrazione, afferma che il segreto dell'aumento dell'agri· coltura e della popolazione • sta riposto in quelle sa pientissi me

leggi proposte p e l sistema censuario • .'")

"') Sagg;o, p. 349. H') Del lib. comm., p. 115. 11 ) L'uomo libero, p. 168-170. " ) Med;taz., § XXI-XXV. ·" ) Econ. pubb., p. l, c. 111. H) Sopra i bilanci econ. delle nazioni, p. 62; «Sull'impi ego del danaro~,

in (, Opere~ , ed. cit., t.0 l, p. 22. ·"'J ;b;d. p. 66. ·1<J) Del lib. comm., p. 133.

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PAGINE ISTRIANE', 107

II. Teorie finanziarie

Il Cari i considera il tributo da un duplic e punto di vista:

sociale in quanto esso è il mezzo per cui la società pu ò cons er­varsi " ); politico in quanto lo Stato, per potere esis tere come tale

ha bisogno di sostenere pubbliche spese e quindi di impo rre tr i ~ buti . · Il tributo è tanto necessario nella civile società , quanto la

medesima conservazione di essa e la sicurezza de i privati diri tt i

de' cittadini : dunque è indispensabile e obbligatorio • . " ) È poi

dovere del potere sovrano stabilire la misura, l'estensione e l'a p­

plicazione delle imposte, cercarne la perequazione, in v igilarn e l'esazione. ''") Il Carli vuole una mo lteplicità e qua e proporzion ale dei tributi si che tutte le classi dei cittadini concorrano a soste­

nere le pubbliche spese e in modo che siano colpite anche la terra e i prodotti. ''' ) Perciò egli è contrario all ' imposta unica sul

terreno propugnata dai fisiocrati. «Dicano pure con N\. Mirab au (sic) gli Economisti tutte le belle cose del mondo, ed infiorino la

teoria dell'imposta unica con le più lusinganti promesse, che io

sosterrò sempre esser questo il più sicuro segreto per porre in

totale deperimento e rovina qualunque più doviziosa nazione. La teoria dell'imposta, secondo me, non consiste nel collocare un

gran peso sopra una parte sola del corpo politico; ma nel di vi­derlo in parti meno sensibili ch e sia possibile ... ~ .-·>~ )

Non cosi liberali SOltO le idee del Carii qua~tdo si tratta di

stabil ire le varie forme d'imposte e gli organi di riscossione so· pratutto per ciò c'le riguarda i tributi ind iretti: egli è p. es. favo ­

revole alla proporzionalità del dazio in misura del rec dito del

traffico, vuol e talvolta che siano esenti da carichi i generi primi d'uso popolare 52

), deplora, come s'è osservato, i danni d'un op· pressi va sistema doganale; ma in linea di principio non è con· trario, come ad es. il V erri, ai dazi di circolazione interna e alla varietà e molteplicità di essi. '' ' ) In conflitto col Verri vuo le poi

che s ia mantenuta la ferma, cioè il sistema d'appalto e di ris èos­

sione delle imposte non perché ignori i mali di tal sistema, ma

n) Saggio, p. 351~2; .-L'uomo libero •, in toOpere• , t.0 X VIli, p. 213. ·18) ibid. " ) id., p. 238-9. 50) ~ Note~ p. 630; Arch. Comunale, f. O 1499, c. 651. 51) Del lib. comm., p. 142~3.

" )f.'' 1499, c. ' 69. ~ 3) Del lib. comm. pss.; «Note» p. 626.

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108 PAGINE ISTRIANE

perchè gl i sembra che esso offra il duplice vantaggio dell'unione dei tributi ind iretti e della stretta sorveglianza da parte dello Stato.

* * * Non è stato certamente mollo notevole il contributo del

Carli portato alla costituzione dell'economi a come sc ienza. In ge· nerale lo scrittore rifugge dal teorizzare e nello stesso campo monetario, dove più genialmente s i afferma, di rado assurge a sintesi ricostruHive e s'innalza al sistema . La natura dei suo ingegno e la febbrile ininterrotta operosità tutta intesa al miglio­ramento de lle condizioni dell:t Lombardia, non e rano certamente i requisiti migliori per far di lui un teorico; ma il suo sp irito

d'osservazione, la pratica consum ata degli affari, l'aver saputo

far tesoro di tutta l'esperienza in tanti anni acquistata, fanno sì che il suo contributo perchè scaturiente dall a pratica e procurato con serietà di metodo ri esca tuttavia notevole ai fini pratici che si propose lo scrittore e agl i interessi del tempo.

Ma appunto perchè tale è il carattere dell'opera, essa, che pur ai suoi tempi molto giovò e fu giustamente ammirata, è oggi, benchè talvolta immeritamente, trascurata quasi del tu tto nel la storia della scienza economica.

FRANCESCO DE STEFANO

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PAGINE ISTRIA" E 109

Chiesuole rustiche istriane

Chi abbia visitato una volta l' lstria anche nel suo interno

_non può dimenticare il paesaggio variato e romantico della su~ campagna. Ai coll i tal volta brull i, si succedono le vall ic ole rigo ­

glio se di vegelaz iotoe, ai g inepri ed alle siepaglie, gli uliveti, i vigneti, i lauri; ai te rren i più spesso in abitati , i gruppi di cas olari alle falde o sul culmine delle colline, ai terreni sedimentari quelli

dal caldo colore rosso ; - un cambiamento continuo che all etta la

vi sta ... Egli trova nelle cittadette ottima compagnia, è colpito dal

se ntimento italia no tutto nuovo per lui , che qu i eccelle, pi ù sentito forse che in qualunque altra parte, perché f~ sem pre tenuto desto,

come viv-ida fiaccola, ne Ila mi\lenaria lotta nazionale, ed ammira in ispecie i grandi e picco li tesori d' ~rte gelosamente custodili ,

di cui og ni paese va superbo, e i monumenti romani e medioe vali, di cui 1' !stri a nostra è così ricca.

Ma se le cittadette e borgat e istriane vanno celebrate per

le loro insign i bas iliche, per i loro splendidi duomi, per i loro

caratteristici ca mpani li, le chiesuole rustiche seminate dalla pietà

dei nostri an tenati sul culmi ne dei colli, s ui crocevie, sui campisanti e persino nei sobborghi di città e borgate, quantunque modeste d'architettu ra, sono pure interessantissime costruzioni ed un sin ­golare ornamento del nostro paesaggio istriano.

Di alcu ne è nota l'epoca di costruzione per le iscrizioni esistenti , di altre essa può dedursi dal 1o stile architetton ico e dai poch i ruderi lavorat i, di altre anco ra dalla differe nte specie

di affreschi più tardi s coperti sotto la calce, o soho gl i intonachi.

Gran parte d i esse fu eretta nel secolo XV e XVI, ma ve ne

esistono d i quelle , la cui costruzione risale al XIV al X lii e per­

s ino al Xl! seco lo. Fra le oiù antiche si possono annoverare quelle di S. Elia a Va lle, quell a . di S. Maddalena a Fianona , qur ll a di

S. Vincenzo a Sanvincenti, quella di S . Antonio abate a Barbana e quella di S. Fiore a Pomèr.

O~uesti edifici sono costruiti con muratura s emplice di calce e malta into nacata rozz a mente; ma alcuni, i più antichi, sono di costruzione pil1 ricca sono cioè esternamente ri veP.tili con pielra

lavo rata a co rsi regolari e talvolta obbligati. •

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IlO PAGINE ISTRIANE -Essi consistono co munemente ài loggia (porticato), di navata

e di abs ide. In qualcuno ma nca la loggia, in qu alc he a ltro ]' a bside

è s viluppata anche all'esterno, ma nella maggior parte dei casi essa è comp resa ne i muri de lla navata o in tutta la s ua larghezza,

oppure più stretta , ha i muri laterali molto più grossi e capaci di sop portare soffitti a volta.

* * * La !aggio è per mot ivi li turgici, fin da i primiss imi temp i,

l' area le ne utro fra chiesa e s trad a , ma per motivi pratici lo spa­zio, o ve i fed e li attcnd .mo , prote tti dall'ardore del sole o dalla

pioggia, l'ora dell e fun zi oni e da esso le presenzian o, se \' inte~~o de ila ch ies uol a è ristretto e non tutti i fedeli possono lrovarvi po s to. Essa è costruita con muratura comp atta fino c irca a un me tro d'altezza, poi con pilastri o con colonne , o con colonne

fr am mist e a pilastri, che porta no il letto di coppi o la s tre di pietra, a struttu ra visib ile, l e cui sotlosta nti tavelle bruno·rosse sono

dipinte a ro mbi bianchi. Più di rado la loggia ha un soffitto di legno ornamentato, come p. e. a S. M aria di Gal li gnana.

Di so lito le logg ie han no forma qu a drata, di rado quadrango­lar e e sono !1Ìl1 basse de lla chiesa, ma ve ne esistono anche de ll a stessa altezza de lla navata , come p. e. a Pedena E" a Grisignana.

L e loggie sostenute da sol i pilastri derivano dal medio evo, mentre qu e lle a s ole co lo.nne , od a colonne frammi ste a pilastri

fu ro no costrui le dopo il secolo X VI. Una eccezione fa que ll a della M adonna della Bastia, nella va lle del O.uieto, che pu r e.­

scudo a so li pi lastr i e senza parap e tto di chiusura, è di costruzione

moderna. In molte c hiest:o le la loggia ven ne costruita molto pii! tardi

d e ll' e dificio ed esempi ne a bbiamo ne ll a chiesa di S. Maria a

G allignana, di S. Caterina a Sanvincenti e di S. O .. uirino a Roveria . La n a v aia più o meno allungata viene illumin at':l, in piccoli

edifici, sol tanto da du e finestre ai !al i d e lla porta d' en trala, alc une volte da una finestra retta ngolare o rotonda sopra l'ingresso;

ma in edifici più g randi anche da due o più fi nestre laterali. Il soffitto è comunemente ori zzontale , più di rad o in legno orn Jmen­

hlo o dipinto co me a Mad onna delle las tre presso Vermo, od a volla acuta come a S. A ntonio di Barbana o nella chiesuola della

T rinità a G imino. In aku ne infine la struttura del tetto è visibile

conte a S. Caterina e S. Rocco a Sanvincent i.

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PAGINE ISTRIANE l li

L'abside, se sviluppata fuori dei muri perimetrali della navata

è a pi3nta semic ircolare , quadrata o poligonale. Essa contiene l'altare di marmo o di legno, talvolta di artistica fattura e viene

illuminata di solito da due finestrelle laterali. Il soffitto ne è piano o a volte gotiche o rotonde.

T~nto 1," superfici dei muri p erimetrali della navata, quanto di quel h del! abside sono di frequente dipinti in affresco di bellis­simo effetto, rappresentanti episodi della vita dei santi come p. e.

a Santa Caterina e San Vincenzo di Sanvincenti, a S. Antonio

di Barbana e di Visignano, a San Antonio e Santa Maria di Doca­

stelli, a San Fiore di Pomer ed altre molte, o alternanti soage!!i

sacri e profani come a Madonna delle lastre presso Ver:o ed a Bo!!onega.

La pavimentazione d i queste chiesuole è di mattonelle di

cotto quadrate o rettangolari, o di lastre di pietra a file più 0 meno regolari.

Il campaniletto a ll a romana si erge dal muro di facciata talvolta svelto e civettuolo, tale altra pesanle e rozzo; esso è a

una o più aperture ad arco portanti le campane. Una eccezion e

fa la chiesuo la della Madonna del mare fra Gimino e Sanvincenti, che ha un rustico campanile del tutto iso lato e quella di S. Elia

presso Valle, il cui campanile prismatico addossato alla facciata

è uno dei più antichi del!' !stria {sec. X li ).

* * * Una cos truzion e del t utto singolare presenta la chie suola di

S. Quirino sulla strada fra Sanvincenli e Dignano. Essa oggi

consiste di una navata, che è per altro la navata maggiore d'una

basilica primitiva, alla quale furono in tempi andati tolte le navale minori e le tre absidi rotonde, immurandovi gli spazi liberi fra

gli archivolti laterali ed aggiundendovi una loggia, il cui l etio

viene qui sostenuto da voltini rotondi fra pilastri. La sua forma basilicale potè venir rilev ata nell' esc3VO eseguilo pochi anni fa dietro la chiesuola e lasci a to aperto.

l resti architettonici trovati sul posto, come , una lranscna di finestra e framment i di lastre ornamentale alla maniera dr l l' epoca della trasmigrazione dei popoli fanno risa li re la costruzione della basilica al VI I o VIli secolo, mentre l'iscrizione che si trova s ullo

zoccolo del pilastro , a sinistra dell'eulrata uella loggia, ricorda b

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112 PAGINE ISTRIANE

sua ricostruzione ai limiti presenti e l'aggiunta della loggia avve·

nuta nel 1629.

Interessante è anche la chiesuola della •Concetta• presso

Ga ll esano, di origine medioevale, che divenuta allo scorcio del

secolo passato un ammasso di rovine, fu nel 191 4 ridonala al

culto nella sua pri s tina forma ed eleganza. Dell'arreda mento in·

terno furono scavati fra i ruderi i pezzi architettonici componenti

la pergo la , originale chiusura in pietra dava nti l' a ltare , la qual e

venne r icollocata a posto in uno alle m en s ole d i pietra, che

portavano i sedil i in legno tutto intorno ai muri della navata.

Negli scav i eseguiti in quest'occasione per la costruzione d i pil astr i (barbacani) a rinforzo d e i muri perimetrali caduti, ven­

nero a ll a luce ruderi di muragl ie ant ich e, che apparte nevano a una

villa rustica ad a un oleifici o ro ma no. Sul pav imento di quest' ul­

timo edifici o (opus spicatum) fu rinve nuta una ~oneta di rame dell'Imperatore Augusto.

Cara tterist ic a è infine la chiesa di San Vi n::enzo nel campo·

santo di Sanvincenti. Essa è di sti le romanico con tre a bsidi

semicircol ari incassate nel muro di fronle all ' entrata , che è este r­

namente a finimento diritto. G li affresc hi in e ssa esistenti pro­

vengono dal sec . XI II e XIV e s ub iro no un primo ri s tau ro già nel

sec. XV. A destra della chiesuola si trova la sagrestia gotica,

opera del sec. XV.

* * * Le pietre scritte, che si trovano de l resto ra ramente in queste

chiesuole, sono senza eccezione Ial in e o itali a ne e costitui scono

un documento perenne de l ca rattere nazi onale dell'l stria. Singoli

s e gni glagolitici, che qui e lì ho potuto osservare specie alle pa rti

inferiori dei muri nelle chiesuole del la M adonna dell e lastre presso

V ermo e in queila di S. Anto nio a Barbana, non sono altrimenti

produzione paesana, ma derivano da p ellegr ini o s old at i stranie ri,

i quali o durante le visite o sost e in esse, li · inci sero ne~l'into­

ttaco, e così so no a noi p e rve nuti ne i lari roz z i caratter i.

Molte delle chiesuole es istite cadd e ro in ro v in a per la mancata

manutenzione dovuta allo spopolamento avvenuto per l'incrude lire

delle pesti e per le gue rre incessan ti combattute nell' !stria mas·

sime durante i secoli XV e XVI, - - alt re a ncora furono de vastate

per mal animo ed a noi d i esse pervennero solt a nto poch i rud eri,

perchè le piet re di coslr uzione e quel le arch itettoniche ve nne ro

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PAGINE ISTRIANE Ila ------~

asportate dai contadin i per la fabbrica delle loro dimore. E non è raro il ca so di scorger incassata nel muro di qualche misero tugurio di campagna una interessante finestra gotica, una lapide,

un bassorilievo od un pezzo architettonico trafugati in qualche ch iesa rustica, specie in luoghi deserti, ave il furto non pote va

cosi di legg eri venir avvertito. Altre ancora, in aperta campagna

fur ono demolite senza un plausibile motivo nei secoli X IX e XX

in occasione dell'apertura di nuove strade e ferrovie, per la posa in coltur a di campi e persino nei sobborghi di ciltà e borgale per

far luogo a moderni fabbricali. Si fece davvero in tutti i tempi uno sperpero, spesso ingiu_stificato di tanti tesori d'arte :;,ostrana,

ma fortunatamente ce ne rimane ancora un numero tanto grande

che ne possiamo andar orgogliosi, perdonando ai malevoli di tutti i tempi i lo ro van dalismi.

Ma se lo facciamo cogli inscienti ed ignoranti dei tempi andali , non possiamo farlo con alcuni sacerdoti stranieri, fortuna­tamente pochi, dei due ultimi secoli, che per fanatismo nazionale, vollero far sparire sotterra o immurare quali sassi di costruzione le lapidi lati!le già esistite ed imbrattare solto uno strato di calce

0 d' inlonaco gli affreschi dipinti sulle pareti delle nostre chiese

rustiche. La loro malintesa opera di distruzione non ebbe per altro

l'effetto che essi si sarebbero aspettato. Difatti tollo lo strato di malta o calc e, che li nascondevano per tanti anni, gli affreschi ristaurat i tornano alla loro originaria freschezza e bellezza e così pure ritorn~rJ.nno alla luce del sole le lapidi latine sotterrate, per aprire, se anca in ritardo, un nuovo capitolo di storia istriana, che dimostrerà una volta di più 1' italianità mai spenta d_elle nostre terre e quindi il buon diritto dell'avvenuta nostra redenzione.

Pis ino, gennaio 1921.

Ing. ERNESTO DEJAK

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114 PAGINE ISTRIANE

nomi locali del comune di Paugnano

Quando, girala la Punta Grossa, si entra col piroscafo nel­l' incantevole insenatura di Ca podi stria, fra i numerosisshni vil­

laggi disseminali sulle cime de' colli verdeggianti e sui fertili pendii, uno ne spicca maggiormente, adagiato ad ostra in un' am­pia sella, fra due alte cime !ondeggianti: è Paugnano, nome caro agli lstriani, perchè lassù si sostennero e si vinsero numerose e memorande battaglie politiche in difesa della nostra santa causa nazionale. Appunto di quel territorio tratta la presente raccolta.

Il comune locale di Paugnano si estende quasi per intero su terreno arenaceo-marnoso dell'eocene medio, mentre soltanto una piccola parte arriva alle alluvioni del Cornalonga , a setten· !rione, e a quelle del Dragogna e suoi affluenti, a meriggio. J colli e i dossi, spesso imboscati o ridotti a coltura , alcuni dei quali

raggiungono altitudini rilevanti (M. Romano 405 m.); i valloncelli ripidi e profondi; i vi ll aggi e i casali sparsi fra il verde in posi­zioni dominanti, dànno al paesaggio alcunchè di pittoresco ed attraente. Gl i abitanti sono sobri e laboriosi agricoltori, sui quali i continui contatti con ie città e borgate della costa e del Buiese fan sentire i loro benefici effetti.

L'intero comune locale ha secondo il censimento del 1' di ­cembre 1921 sopra un'area di 37.58 ehm.' una popolazione di 4398 anime (116 per ehm' ), che è raggruppata in 5 comuni censuari: Carcase 617 ab., Costabona 822, Gas6n 869, Monte 1105 e Pau· gnano 985.

Grande è l'attaccamento di quei villici a ll a nostra lingua e alla nostra civiltà: di fatti numerosissime famiglie hanno dichia· ralo nell'ultimo censimento di usare comunemente la lingua ila· liana; e anche quelli che si sono professati sloveni hanno am· messo di conoscere in maggioranza il dialetto veneto-istriano. 1

)

Della rilevante quantità di bellissimi cognomi ital iani che si riscon· trana in questo, come in tanti altri comuni rurali istriani, e che

sono un indice infallibile dell'origine etnica delle rispettive yopo· !azioni, ci occuperemo, per esteso, in altra occasione.

1) Nel comune esistono le seguenti scuole elementari monodassi miste con lingua d'insegnamento italiana: a Manzano, Costabona, Puzzole, Carcasc, Scrgassi c Gason; a P.augnanò una utraquialica, a Monte una slovena, con r ita liano materia obbligatoria.

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PAGINE ISTR!ANE 115

Anche la toponomastica del nostro comune è prevalente­

mente italiana. Il dott. Schiavuzzi ') quando Paugnano e Marésego

formavano una so la ci rcoscrizione, faceva ascendere a 52 0 1 i loponimi ital ian: e 48 qu~l.li slavi; dopo il distacco di Mares:go

la proporziOne e ancora p!U favorevole per l' italianità; se i no~tri calcoli non fallano, ci do vrebbero essere 68 ' / , di nomi locali ita­

liani e 32 'lo di s lavi. E non potrebbe essere altrimenti: cessata

l'epoc a preistorica dei castellieri, molti .dei quali cingevano le cime

delle nostre colline, l'agro capodistriano risentì i benefici effelli

della dominlzione romana. La colonizzazione qui deve essere stata intensissima a giudicare dai numerosi suffissi in anum che

indic ano i predii che servirono di nucleo ai futuri v illaggi; dagli

avanzi di costr uzioni e condutture d'acqua; dalle monete e lapidi

che dovunque si rinvennero. N è va dimenticato che l'importante strada consolare ·· romana da Aqui leia a Pala attraversava l'agro

di Egida e per Centora (Centuria o Centaura) ascendeva al ca­

stello di Pomigliano. Gli sloveni comparsi nei primi secoli dell'Evo

medio, se trasformarono etnograficamente questi nostri territori

rurali, non ne modificarono gran che la toponom~stica: le località maggiori e più importanti conservarono il più delle volte la forma

latina o vol gare; so lo qualche nuovo casale o villa, qualche insi­

gnificante c orso d'acqua e qualche campagna ebbe il battesimo

d,ei sopraggiunti. Il secolare dominio veneto; l'episcopato capodi­striano, sempre rapp resentato da eminenti prelati italìani; i rap~

porti feudali colle famiglie patrizie della città; le relazioni d'affari

coi limitrofi centri urbani, sono elementi che contribuirono effica­

cemente a tener vive nel territorio di cui discorriamo la coltura

e la tradizione italiane, delle quali indice certo non fallace è la

toponomastica. Una controazione a questo naturale evol versi delle

cose, tentata negli ultimissimi decenni, ma impopolare ed artificiale,

venne stroncata ineluttabilmente dalla viltoria delle armi italiane!

O.uali fonti per questa raccolta, ci siamo serv iti oltre che

della Carta topografica al 75:000 e delle mappe catastali, delle

classiche opere de l Tommasini '1), del Naldini ' ),del Carli '' ) e del

~) Vedi tabella negli ((Atti e Memorie )> , Parenzo XX, .1~4. :l ) Mons. O. F. Tom-nasi11i (1595-165 t), Comment. stonct c geograf della

prov. d' !stria. In vArcheog. Tricsti ll O'' • l Serie, vol. 1y, 1~7: . . - ~ ) Mor1s. P. Naldini, Corografia eccles. della dtocest dt Capodts tna. Ve­

nezia, 1700. 5) Antichità ltaliche. Milano, 1790.

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PAGINE ISTRIANE

Kandler ' ); delle raccolte toponomastiche dell ' Olivieri ' ) e del Pieri 8

); del Dizionario Corografico dell'Amati e degli opuscoli di s toria locale di Gedeone Pusteria, altra volta elencati .' )

Potemmo anche compulsare alcuni spogli del concittadino abate A. Marsich , tratti dall'Archivio vescovile di Trieste, avuti dalla cortesia del collega Prof. Carlo Riccobon e un •Estimo della cit!à e villaggi' del 1582, es istente nel nostro antico archivio comunale. Preziose informaz ioni ebbimo pure dalla gente delle varie località, che vo lemmo percorrere affine di controllare i dati raccolti; n è possiamo tralasciar di ricordare con animo ricono­scente l'egregio sindaco di Paugnano, cav. Antonio Bartoli e il signor Pietro Derin di Carcase.

* * * Nella disposizione della materia ci siamo · attenuti a quanto

avevamo fatto altre volte per Capodistria " ) e Muggia " ), colla differenza -che non abbiamo creduto necessario raggruppare i nomi secondo i comuni censuari, e ciò perchè questi, data anche la

loro modesta estensione, non presentano ·varietà orografiche, lin­guistiche o storiche degne di nota; non pochi toponimi si ripe­tono in più parti del comune locale; e infin dei conti poi inte­ressa fino ad un certo punto il sapere p. e. che Ìa villa di Pa­derno è frazione di Gasòn anzichè di Monte. Nè abbiamo ritenuto opportuno passare ad una classifica dei toponimi secondo la loro origine: anzitutto pere h è a tanto non arrivano le nostre forze nè possiamo disporre delle necessarie opere di consultazione; in secondo luogo perchè la circoscrizione del comune loca le ci sembra a ciò troppo piccola; il ·tavoro sintetico di classifica verrà più tardi, quando chi se ne assumerà l'incarico avrà a sua disposi­zione parecchie di queste modeste raccolte, per tutta la provincia o a lmeno per qualche importante zona della medesima.

Anche trattandosi dei toponimi del comune di Paugnano ab­biamo creduto bene di ricordare i sinonimi o gli affini con altre

t:) Codice diplomat ico istriano; Gio~J.>._;~~ri,a.- , anni 1846-1852; Indi· cazion i per conoscere le cose stori che de~. rieste, 1855.

7 ) D. 0/iuieri, Toponomastica veneta. Città di Castello, 1915. ~ ) G. Pieri, Topon. della Val d'Arno. Roma, 1919. ~·) «Pagi ne lstriane". 1911, p. 206. 10 ) o:Pagine Istriane • . IX, 1911. H) «Atti e Memorie ecc,». Parenzo, XXX II , 1920.

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PACINE ISTRIANE 117

regioni italiane: e ciò per molteplic.i ragioni anche di carattere ~èntimentale.

Gli eq uivalenti slavi li abbiamo riportati solo nei casi di . riconosciuta general ità nell'uso oppure d'importanza pér illustrar

la forma italiana. Talvolta cap itano davanti, specie sfogliando le mappe, delle goffe storpiature di nomi più che v.ri adattamenti.

fonetici; anche noi le riporteremo, mettend ovi però accanto la

forma italiana originaria o ad un dipresso corrispondente (ve di

n. 6, 66, 80). Non figureranno invece nell 'eleoco quelle forme slave

che per la loro frequenza o semplicità non hanno uno spiccato

carattere di toponimo : cosi do l (valle), dolina {vallecola), do br< va

(pascolo), hrib {collina), Krog {circolo), ravno (piano), ravnizza (pianura), rov (fosso).

ELENCO DEI NOMI

Avvertimento : Trattandosi di un'a raccolta fatta per italian i, i nomi stra· nieri che abbiamo ri.tenuto necessario riportare sono trascritti nell a grafia ita· lian::~. Facciamo spesso uso di abbreviazioni che il lettore intelligente facilmente completerà

1). Abrami .- frazione di Carcase, abitata da famiglie Abràm.

Dosso d'Abramo, monte di 2101 m. presso Trento.

2). Aguàr (Acquaro) - torrente Ilo ad or. di Costa bona; ma ha più significato generico.

Aguar è fraz ione di S. Antonio (Villa Decani ); Agaro com. p. Novara.

3). Baredine - contrada di Cosi. Da barè o baredo = luogo incolto. (Vedi Pag. lstr., N. s(raord. 1910, pag. 30).

B. è nome comunissimo in I str ia (Cars ania di Buie, Pr O:nont~re , Sissnn o,

Torre).

4). Baruzzi - fraz. di Cosi., dal cognome Baruzza.

5). Baciastran - condrada di Care. probabilmenl• d'origine

slava.

6). Béverza - rivolo che dai pressi di figarola va verso il

Dragogna. La mappa di Paugnano riporta Rio Bevezza. Deriva evidentemente dal verbo béver (bere) e andrebbe

corretto p. e. in un Rio Bevad6r (fraz. di Campolongo

p. Padova), oppure R. Bévera (fraz. di Viggiù p. Como)

o R. Beuerin (com. presso La Spezia).

7). Bonazzi ·- casale p. Cosi., dal cognome Bonazza, comu­

nissimo in tutta questa plaga.

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118 PAGINE ISTRIANÉ

8). B6rcola contrada di Gasòn. Forse da /urca, bifurca. (Oiiv. 326-7).

B6rcola è anche fraz. di Lopciro (Marésego), le B6rcole (Belluno e Verona), Borca di Cadore.

9). Bossamarin (Bossamarino) ·- contrafforte selt_enlrionale · delle Poiane, appartenente parte al com. cens. di Laz­zarelto (Capodistria) parte a Monte. L' ' Estimo• del 1582 scrive Mossamarin e Monsamarin; la carta al 75.000 St. Marino. Anticamente era detto S. Minio (Pust., l Rettori ecc., pag. 118).

10). Braide - contrada di Gason. Come termine generico equi­vale a podere suburbano; è adottato anche dagli slavi (=vigna). Vedi in proposito Pag. fstr., N. straord., 30.

Braida p. Valle di Rovigno; vi sono 7 località Braida in Piemonte, 13 Breda in Lombardia, Breda di Piave (Treviso) e Brà (Verona) .

11 ). Brezzi - frazione di Cosi., da famig lie Brez. Brez è com. nel Trentina (Val d'i Non).

12). Busa (Buca) - località di Gasòn, in forte pendio, verso Salara (Capodistria).

Busa è fraz. di Nese (Bergamo); Busano com. p. Torino; Busiin cognome a Capodislria e nel Pinguentino.

Dott . GIANNANDREA GRAV!Sl

{continua}.

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PAGI NE 1'3TRIANE 119

funerali di Giov. Batt. Corner patrizio veneto e podestà di Ro vigno

La narrazione che qui riprodJJciamo da manoscritt i au tent ici

fatta da Antonio Angelini fu Angelo ') , uom o colto e distinto ~

l) Di An tonio Ange\ ini parlò il can. Stancovich nella Biografia degli uo­

mini dist inti dell' !stria al N. 51. Fu per ventuna successive volte eletto al go­verno della Confraternita de' Battuti di Rovigno e consacrò alla riforma di

questa una mirab ile attivi t à. Giureconsulto e poeta ~uni va all'integrità della vita

Ja pietà reli gio.sa». Il suo amore per la Serenissima bene s' illustra col seguente brano che riportiamo dai suoi autogra fi a pag. 82 .dd «Libro estraordin a ri o1

della suddetta Confraternita:

•Addì 10 Giugno 1797. • Imprestate le balle d'argento con quell e di pezza et li due Bossoli per

eia Municipal ità da fars i domani mattina .. e vi si eleggeranno a balle d'oro rdiciotto rappresentanti il popolo sòvrano di Rovigno. Assistenza, o Signore, orpietà, misericordia. Bella Venezia , ove sei? Bellissimo governo aristocratico, c dov e sei gito? Il solo nome di democrazia fa tremare, ma fo rse non sarà tanto cpessimo, quan to lo stato presente di anarchia. •

Ma la Municipalità durò tre soli giorni, dal 10 al 14 giug~o. e fu allora che «cessò la t repidaz ione di tutti i galantuomini. O cambiamenti! O vicende! •In breve peri odo qÙa ttro governi: aristocratico, anarchico, democrati co, monar· ~ chico. Nel numero dei 18 eletti del popolo con mille e piìt voti sono de' nostri: •Antonio Ange lin i q m. A ngelo ... distinto col seguente decreto:

«Al sig. Antonio Angelini in Rovigno . «Essettdo stato con odierno n.ro pubblico Editto provisionalmen te e sin'

•ad ulteriore Sovrana dispos izione proveduto all'ammini strazione della giustizia cin questa Città di Rov igno e suo te rritorio , con l' erezione di un Tribunale di •prima -Istanza formato per tutte le cause civili e criminali, così, prese preven· ctivamente le o ppor tune informazioni delle qua'ità personali di esso Sig r An · •tonio Angelini, lo nominiamo e qual ifichiamo con _ques to nostro decreto per •primo assessore dirigente c'el detto Tribunale di prima lnstanza provisorio, ~rimettendolo per la sua attività all'Editto stesso, e lus ingandoci, c.he Esso •sig.r Angeli n i a tt eso il suo zelo fin ' ora dimostrato p el publico bene, non man­cc.herà di accudire all i do veri del destinatogli impo rtan te uffi ci o con quella inte· ' grità, assiduità, e fedeltà, che si richiede da un onesto uffician 1e, per così, •comprovando .. i sentimenti di buon Suddito e giudice im parziale, rendersi degno •della grazia del nostro augustissimo Sovrano ... , della confidenza del Popolo, e cdi qu ella giusta rimunerazione, che potessero meritars i le sue fatiche ecc ...

~ R. Conte di Thurn «Rovigno, 6 luglio 1797.

«Ad mandatum Excellentissimi Domini «Domini Comitis Comissarii aulici

~ Giambattista Conte di Thurn aSeg.rio»

Ma di Anton io Angelini avremo occasione di riparlarc in altri studf.

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già nolo agl i s tudiosi di cose patrie per una pubblicaz io ne di ma­teriali storici inserita nel periodico • L' !stria • (annate V, VI e VII 1850-1852) al titolo: • Alcuni podestà vene ti di· Ro.vigno ed a lcune memorie patrie. :. 2

) Ma rimangono tuttavia ig noti molti suoi lavori che ci riprometti amo di pubblicare in corso di tempo.

Un •Ceremoniaie praticato nel Funerale dell' Eccelen!issimo S ignor Gio . Battista Basadonna Podestà e Capitano di Capo­d' !stria• (morto in carica li 12-8-1738) riporb!o nel periodico •La Provincia dell' !stria•, anno XXIV, N. 10 (16-5-1890), pag. 74, ci sprona a render nota questa narrazione per così dar campo d'op~

portuni raffronti agli studiosi e contribuire a un'esatta ricostru­zione degli usi vene!i dell'epoca.

E speriamo che il heve contributo non resterà oggetto di mera curiosità.

Dal «Libro estraordinario della Confraternita de' Battuti • a carte 42:

Addì 29 Settembre 1787. S . Michele Arcangelo.

Passato da questa a miglior vi ta il N. U. F. Z. Ba!t.a Cor­ner qm. F. Zorzi per la 2da volta dignissimo e benemerito Pod.à di Rov igno , ab biam creduto un atto di dovere, e di rispetto l'in­terve nire a l di lui accom pagnamento . Ma perchè questi son casi

che di ra ro succedono, essendo, per quanto si dice , cinquanta e più anni, dacchè seguì la morte d'un Badoer, piace a noi di esten­

dere la p.nte ann otaz ione con descriver minutament e pgni cosa. Egli dunque finì di vivere all'ore 21. de l g.uo di ieri, ed

oggi fu sepolto dopo la messa Grande, stata a tal oggetto, per comodo del la Funzione, in deb ita misura anticipala. Gli suonarono l'Avemmaria con 36 Bott i, come a l Vescovo, e Ire G lori e. Ad un'ora di notte, a lle due, e tre, non ch e alle otto, no ve e dieci un tiro di mascolo per vo!h, ed alle due anche un tocco di tam­

buro s cordato. Dopo il suono del mattino altre Ire Glorie, ed altre Ire, quando si andò a leva r il Cadavere, il quale era vestito in Romana, perruccone, e calze negre . Teneva a canto lo scettro d' oro, ed oltre il proprio Strato negro, ch'era il dominante, aveva

~ ) Notiamo che a pag. 223 «L' !stria », anno V, N. 32, è incorso un errore

indicando la paternità in «fu Stefano ~ anzicchè «fu Angelo)) ,

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quello della Confraternità ") , e que llo dell'Oratorio, e quest'ul­

timo, co me Protettore del Loco, ma che appena si distingueva. Ai lat i del cata letto erano appese due poetiche composizioni mss., cloe un Sonetto, ed un'El egia. Gli mancava la B e re tta in tes•a , perchè nell a confusione non l'hanno potuta rinven ire , e così pure

le Ducali del M. C. -- Sul n. ro esempio esempio si mossero tutti i Confalòni, e Fraglie , ed anch e il Suffragio di S. Carlo,

verso cui no i procedemmo col metodo dell'Accordo. Cadauno v'in ­tervenne con la maggior pompa e decenza : chi con Ci rei 1), e chi

con Torzi '') a l Crocifisso. La Bara era portata dalle Cappe del­l' Orator io. D' intorno i quattro Comandadori coi !orzi della Co ­munità, e quattro fratelli dell'Oratorio coi !orzi dell a casa. Altri 24. Torzi spediti dalla Comu ni tà. Susseguitava il Sergente , 0 sia Capitano Mattio Campitelli con la spada nuda; quindi la Banca dell'un Ordine, e dell 'altro con le candelle accese; poscia J'Alfier delle Cernide con la Bandiera involta e portata a ro vesc io, il Tamburo scordato e involto di negro, e le Cernide coi fucili al­l'ingiù. Gran concorso di popolo. Si fece il giro dello Stendardo, che aveva la Bandiera imbrogliata, si prosegui il cammino della Riva, dentro le Porte di Val di Borra, per la strada di Pian di Pozzo , attorno S. Damiano , e .s u per la Grisia. In Chiesa collo­cato a guisa dei sacerdoti colla testa ve rso l'Altare sopra Cata­falco. Fummo ricerca ti dei nostri Banchetti, li abbiam messi fuori, e vi s i inginocchiarono i quattro Caman.dadori , perpetu i custod i dell'o~orato Cadavere. l qu~ttro Orator.iani s'inginocchiarono per terra. M iserere in Coro, Officiatura intiera con Litanie alla Messa,

altro Miserere all'esequie, Dies illa alla Tomba, e seconda incen­sazione. Il Canonico seniore tra Prebendati Don Gio v. Simon D.r Basil isco in luo go del Prevosto con valescente , col Piviale, e da lu i cantata la messa, assistito dal D iacono, e Suddiacono

canonici . Dopo l' E vangelio Orazion vulgare funebre recitata in Pulpito dall'att uale Cappell ano dell'Oratorio Don Paolo D.r Co ­vacich D almatino, fu Arciprete, autore delle due accennate Poesie.

Il n.ro Strato da morto disteso sul Pulpito, ed uno dei Cuscini

3) Lo ~ Strato >J era insegna di confratello, così pure il •Catafa\coA. Sol · tanto in via eccez ionale era concesso per i canor ici, i PP. Min. Osservanti di S. Andrea e i PP. RifoJrmati. Si deduce che il defun to apparteneva alla con fra­

ternita dei Battuti. ·!)Ceri. :,) Quattro candele unite a bacio. Da ({torcian,

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122 PAGINE ISTRI ANÉ

per appoggio del Quinlernetto. Alla Eleva zione s pedi la nostra Fraterna i 4 Cirei, la S cuola del S acrame nto quattro T orzi , e si fecero tre tir i di mascolo. Altri Ire, quando passò per Ri va, vid . uno all'uscir de l Cadavere fuori dell a Porta della Pescheria, un altro allo Stendardo, ed un te rzo verso la Chiesa del Salvatore e dir si vuo le, giunto che fu il Cad a ver~ in detli si ti. T re anc~ se ne fecero con deb ito inte rvall o a ll a tumulazione, che seg uì con Deposito lavorato di pietre cotte nella Cappell a del Battisterìo dentro una Cassa che •si fe ce · lunga e capace e ben chi us a di pece• (O ri. Fur. '24). Miserere basso in ginocchioni . Candelle. da . ' / , libbra accese e in fine de ll a F un zione ripetute int iere a tutti cioè ai Preti, e Frati, quanto ai Confa loni e - Croci fis si; sicchè cande la doppia .

Addì 23 Marzo 1789.

La cassa, ch'era in deposito, con entro il Cadavere del fu benemerito Podesla Corner, venne trasportata a Ir e ore della scorsa notte , e riposta nel Sepolcro fatto cavare nel la Nave di mezzo verso il Prebistero da l N. U. sig .r Alvise suo figlio, e Podes.tà successore con Iscrizione , e Lapid a, comitante Praeposito per ordine del Vescovo, ed a vista d ' un Fante dell a S ani tà per ord ine del Magistrato. A mezz' ora di notte gli suonarono le Glorie, ac compagnate da un tiro di mas colo, che si replicò a ll'una, e alle due. Ripigliossi alle undeci, e d'ora in ora venne proseguito fino alle 2 d.' Glorie, con le quali in oggi si diede principio al solenne Funerale ut sequitur.

Uffizio inti ero con Messa in 3. ' 0 del Prevos to ass is tito dalli due Canonici Diacono e Suddi acono all' Altar maggiore, Li tanie, e Dies illa al Catafa lco, su cui slav a il Feretro, e que s to era coperto con lo Strato dell ' Ora torio, e a l di sop ra il piccolo Mor­torio di esso Oratorio, che fe ce la figura d' intervenir vi col mandar tre fratelli in Cappa, c ioè, uno co] Crocifisso , e du e coi Torzi . Tutto questo be ll 'onore hanno preteso di fare al loro Confratello Protettore. Ai quattro iat i erano i qua tt ro Comandadori coi Terzi della Comunita, ed a ltr i 24 T orzi della Comunita pos ti all'intorno. Sei candele da libra de l taglio lungo sopra i sei candellieri d' ar­gento, che sono de l Sacramento , e questi per i diritti, che spettano al Capitolo . In die obitus i lumi a ll a B a ra, che lucrarono i Canonici, furono qua ttro Torz i. l G iudici de lla Comunita e Giudici del Popolo al loro Stalla in gala. Il n.ro Altare fornito di Palme, ed illuminalo

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con 6 Candele. Durante tutta la Funzione le due Li vree dei Rap-. presentant i agli Scalini dell' Altar maggiore con i T orz i di Palazzo.

Dopo l' Evangelio, che fu accompagnato da tiro di mascolo, il Cappell ano dell'Oratorio recitò dal Pulpito l' O rozione funebre ma si crede, cl:e paucis mu tatis sia stata quella medesima dell~ volta passata. Posò il qui nternetto sopra i n.ri cuscini , che ador­

navano il Pu lpito stesso insi ememente col n.ro Strato. In fine ebbe J' onore di sei tiri. Un tiro al Sanclus, uno all'Ele vazione ed un allro dopo tutto. l Religiosi conseguirono venti soldi per l'assistenza, e due Lire per la Messa. Intervento dei Frati di S. Andrea . Dopo che dal N. U. Figlio erano state fatte il g.no innanzi del mentovato funerale le convenienti ordinazioni, scossa come da letargo la Comunità volle se non altro subentrar nell a spesa, ed io, scrittore cred erei di notarvi ogni particolarità più minuta, poichè essendo cose queste che di rado succedono, importa molto, che s i faccia

memoria in fino d'un jota. La seguente Iscrizione non è già quella che con lode del­

l' Auto re, no s tro degno Fratello, D.r Pier Antonio Costantini , fu posta sopra la Lapida, ma che da me fatta exercitii gratia viene qui posta in via di corollario a solo fine d'empire il Foglio:

JOA NNI BAPTISTAE CORNELIO PATR. VEN.

JUSTO, PIO, SAPIENTI, MAGNANIMO, QUI PRAET. Il FERENS

SEPTIMUMQUE POST MENSEM ANG INAE MORBO CORREPTUS

OIE S. MICH. ARCHANG. FUNERATUS EST, ALOYS. CORNEL. FIL.

(continua}.

ATQ. A SUPR. CONS. SUCCES. DATUS CINERES HUC TRANSFERRI

ET PARENTALIA RITE FIERI CURANS

P. AN. MDCCLXXXIX

Xli. KAL. APR.

D. CAENAZZO

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124 PAGINE ' ISTRIANE

BIBLIOGRAFIA ISTRIANA

A. Libri ed opuscoli

91. Giuseppe Picciola : Poeti italiani d'oltre i confini. Editione postuma

con la commemorazione di !ui [cioè del .P.] detta da Guido Mazzoni a Trieste c Parenzo. Firenze, Sansoni, 1914. [Ne uscì nel 1919 una ri$lampa col titolo di Poeti dell' ffalia redenta. Cfr. recensione di Giovanni Ouarantotto nell'Azione (Pola) del 20 febbca;o 1919].

92. Scipio Slafaper: Ibsen, con un cenno su Scipio Slataper di Arturo Farinelli; Torino, Bocca, 1916.

93. Carlo Stuparich: Cose e ombre di uno; Roma uLa Voce• , 1919. [Con prefazione biografica di Giani Stupari ch.J

94. Annuario del 'Ginnasio-Reale e Scuola Reale Superiore provin­ciale di Pisino (N. S., a. l. 1918-19); Parcnzo, Coana, 1919. [Contiene, fra: a ltro una particolareggiata ed eccellente cronistor ia de ll a Scuola, dall'anno della

fondazione di essa - 1899 - al giorno - 7 luglio 1916 - in cui fu arbitra· riamente soppressa dal famigerato co ns. Lasciac, braccio destro dell'Austria in Parenzo.]

95. Annuario del Liceo femminile comunale a: Giosue Carducci» di Trieste (N. S., a. l, XXXVIII dàlla fondazione); Trieste, Capri n, 1919. [Con la cron istoria

della Scuola dal 187:2 alla redenzione e con brevi cenni biografici, dovuti al preside N. Candotti, d~ i professori Iacopo Cavalli e Girolamo C urto.]

96. Annuario della civica Scuola reale superiore all' Acquedoltti in Trieste (N. S., 1: 1918· 19); Trieste, Caprin, 1919. [Con la cronistoria della

Scuola dal 1862 al 1918 e l'elenco degli ant ichi alunni caduti nella guerra di redenz ione.]

97. Annuario del R. Istituto Magistrale Maschile di Capodistria (N. S., a. I: 1918-19); Capodistria, Priora, 1919. [Da pag. 5 a pag. 16: •Cenni sull'ori· gine e sulle vicende dell'Istituto » e «Ex-allievi di quest'o Istituto i quali si

Clrrolarono nel R. Esercito» .] 98. :4nnuario del Ginnasio Superiore ComunO.le «Dante Ali'ghierito di

Trieste (N. S., a. l, LI!! dalla fondazione); Trieste, Caprin, 1919. [Da pag. 4 a pag 18: 'd\ Ginnasio Dante Alighieri»; cronis toria dal 1863 al 1915, redatta

drtl preside prof. Z il'iotto.] 99 .. Prof. Attilio Gentille: Il secondo Liceo Femminile, ora >J. Riccardo

Pilten'>, , di Trieste, dall'anno 1913 al 1979; Tries te, Caprin, 192~. [Ecco il sommario di questo assai buono ed opportuno opuscolo, coslituente un notevole

contributo alla storia delle persecuzioni austriache in Trieste durante la guerra mondiale c di redenz ione: l. Il s~condo Li ceo, 1913·15; Il. Memorie scolastiche

di guerra; Ili. La cronaca dell'anno scolast ico. l 00. Annuario del Ginnasio Superiore governativo {liceo·ginnasioj «Carlo

Com bi» di Capodisfria; Capodistr ia, Stab. tip. naz. C. Priora, 1919. [Contiene

dei brevi cenni storici sul Ginnasio -Liceo «Carlo Combi» dalle suo origini alla

redenzione.] 101. L'isola di Cherso e Lussino vedetta del Quarnero; edit. il Muni·

cipio di Cherso. Stab. Caprin, Trieste [s. d. ma 1920; con una carta geogr. ]

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PAGINE ISTRIANE 125

102. Arrigo Sol mi: L'Adriatico e il problema nazionale; Roma, c La Voce ~ , 1920.

103. La «Dante Alighieri., ; relazione storica al XXV Congresso (Trieste~ Trento, 1919); Firenze, Barbèra, 1920. [Nella relazione, propriamente detta, opera

di Piero Barbèr~, pp. 4.-1~3, è toc_cato pure d~ll'attività della D. A. nelle terre nostre .}

\04. l d1scors1 dt Ruggwro Bongh.t per la Società Dante Ali'ghieri, con una introduzione storica di Paolo Boselli; S. Maria Capua Vetere, Di Stefano, 1920. [Nella introduzione, interessanti lineamenti di storia dell' irredentismo. pp. V-LXX.] '

105. XXV Congr12sso d~lla Società Nazionale •Dante Alighieri• , Trieste: 15-17 settembre 1920; Trieste, Nigris & Morpurgo, 1920. [Programma-ricordo, con varie incisioni .]

\06. Ugo Sogliani: Tre precursori, pagine di storia triestina, con prcfaz. di O. Cesari; Trieste, ti p. della «Nazione ~ , 1921. [Opportuna ristampa dell' ot­tima operetta, usc ita nel 1875 ed ormai da parecchi anni esaurita.]

\07. Silvio Bene o: La Società ginnastica di Trieste {1863- 1920); Trieste• Lloyd, 1920.

108. Scipio Slataper: Scritti letterari e critici, raccolti da Gia~i Stu· parich; Roma, • La Voce ., , 1920.

109. Giovanni Quarantotto: Carlo Comhi, discorso commemorativo, stam­pato a spese e per decreto del Comune di Capodistria. (apodistria, Stab. ti p. naz.

Carlo Priora, s. d. [ma 1919]. [ ~< Sobria e bene intonata ri evocazione della figura c dell'opera dell'egregio capodistriano (1827-1884), che, dopo essersi mostrato un fervido propagatore d'italiani là in !stria, e aver dato prova del suo valore scien­tifico e del suo fervore patriottico, sopratutto con l'Etnografia dcll'lslria, con L' !stria e le Alpi Giulie e col Saggio di bibliografia istriana si trasferì (1867) a Venezia, dove chiuse degnamente la vita operosa, insegnando la storia nella Scuola superiorP. di Commercio, esercitando uffici pubblici sociali e illustrando con larghe ricerche P. P. Vergerio il Senio re». Cfr. Giornale storico della lefte­ralura ilaliana, a. XL, vol. LXXIX (fase. 1), 1922; pp. 154-155.]

110. Giovanni Quarantotto: Nel centenario della nascita di Re Vittorio Emanuele Il ; di sco rso tenuto ~el Teatro Verdi di Gorizia il giorno 14 marzo 1920; pubblicato per decreto e a spese del Comune di Gorizia; Gorizia ti p.

G. luch, 1920. Il l. Sac. Ernesto Fu mis : Pagine di storia umaghese; Trieste, Ti p.

fratelli Mosettig, 1920. 112. Giovanni Quarantotto : Per Gian Rinaldo Car/i nel Il Centenario

della sua nascita; Parenzo, Stab. ti p. Coana, 1921. [ t.otlima orazione commemo·

morati va, senza vani lenocini, colorita e succosa ... Pronunciata il 18 aprile 1920 dinanzi alla casa natale del Carli, essa rileva i.n particolar modo il grande si-

. gnificato di quella dissertazione Della patria degli italiani, che, uscita nel Cajje del 1765, fu, com'è noto , rivendicata al nobile capodistriano; c pone in luce la versatilità enciclopedica del suo ingegno e J' ardimento del suo spirito nnche nelle imprese d'indole pratica e industriale~ . Cfr. Giornale Storico della letteratura

ilaliana, a. XL, vol. LXXIX (fase.) 1922; pg. 155.] 113. Silvio Ben.co: Nei/' atmosfera del sole, rom.; Milano, Caddeo, 1921. 114. Narciso Smidichen: Per il divorzio in lfalia; Trieste, Hcrrman·

storfer, 192 1.

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126 PAGINE ISTRIANE

115. Vittorio LOwenthal : Alba novella, commedia in tre atti; Trieste, Morter ra, 1921.

116. Umberto Sa ba: // Canzoniere (1900-1921}; Trieste, La libreria antica e moderna, via S. Nicolò 30, MCMXXI.

117. Ettore Cozzani: Canto di maggio e p'rose civiche; Milano, Tip. fratelli Magnani, 1921. [Da pag. 61 a pag 67: "Le porte di casa: l'lst riaN.]

118. Sac. Ernesto Fumis: De/1'.1 Messa bassa che per antico privilegio si celebra il g iovedì santo nella chiesa concattedrale e parrocchiale di Capo ­distria. - Brevi notizie biografiche su Bomfacio Da Ponte, ulti~o Vescovo di Capodistria; Tri este, fratelli Mose tti g, 1922.

B. Riviste e giornali

l l 9. Silvio Be neo: Trieste negli anni di guerra, ne «La Lettura• (Mi-la no), a. XIX , n. 4: l ap ril e 1919. .

120. Haydée : R icordi triestini, ne "La Lettu ra • (Milano}, a. XIX, n. 8: l agos to 1919.

121 . Vincenzo Marussi: L'abuso dei titoli nobiliari nella Serenissim a i nobili istrioni; nella «Nazione» (Trieste ), 12 maggio 1920. '

122. Francesco Babudri: L'allegoria irredenta del poeta Triestino Felice Venezian; nc\l' «Era Nuova~ (Trieste), Il giugno 1920.

123. Vincenzo Marussi: Un campione della Riforma delle nostre terre: Matteo F!accio (1550-1575); nella o: Nazione della domenica» (Trieste}, 13 giugno 1921. .

124. Ada Sestan: Un patriota i striano: Francesco Costanfini; nci­I' • Era Nuova» (Tries te}, 6 agosto 1920.

125. Ettore Kers: Il diario del patriotta istriano Nazario Stradi (la pace del '66 e l'opera dell' Italia per la Venezia Giulia); nel «Piccolo della Sera» (Trieste}, 24 agosto 1920.

126. Bruno Coceancig: La ricordanza di Ruggero Fauro nel V anni­versario della morte gloriosa ; ncll' o: Era Nuova" (Trieste), 14 sett. 1920.

127. Attilio Gentille: Le origini e le vicende dell'Alabarda triestina; nel ~< Piccolo » (Trieste). 9 aprile 1920.

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• PAGINE ISTRJANE 127

Cronaca e notizie varie

~ Il pro f. Attilio Craglietto tenne mesi fa in Trieste al congresso della Socielà i tal: per il pro~r~ss~ ~e!le sc~ enze (sezione di filologia c glottologia} una lettura sugli <~ Eiemenl! 1tailan1 nel lmguaggio degli Slavi nell' !stria• . 11 lavoro

di carattere strettamente scientifi ::o, fu molto discusso, e per la novità di alcune osservazioni interessò moltissimo il dotto uditorio.

{~ Negli Atti dell'Accademia scientifica Veneto-Trentino-lstriana di Padova (vol. XII-X li i, serie III) leggiamo l'interessante conferenza tenuta da l

prof. Luigi De Marchi di quella Universi tà al congresso della Soc. ita l. per il

progresso delle scienze {nel sett. 1921) sull'argomtnto: Variazioni del !iiJelto dell'Adriatico in corrispondenza colle espansioni glaciali.

Nella dessa rivista tro viamo uno studio sul Problema geologico di Pre· dazzo, del nostro comprovincia le dott. Siluio ilardabasso, assistente di geologia alla R. Università di Padova.

* Nei giorni 25, 26 e 27 di gi ugno Trieste e l' !stria accolsero con m3 -

nifestazioni di caldo entusiasmo il Principe Umherto, venuto a visi tare i nuovi

territori. Il giorno 26 avvenne la solenne imm~tricolazione del Principe Ereditario

al R. Istituto Super io re di Commercio di Trieste. Pirano, P a renzo e P ola, visi ~ late dal Principe, gareggiarono in dimostrazioni di intenso affetto.

~:-;. Nella ri correnza del 40v anno dal decesso del Marchese Gian Pao lo

Polesini, il figlio March. Benedetto donò a lla Giunta Prov. de ll' l3hia la sa la

della Dieta, di proprietà dei Marchesi Poles ini, ove fu tenuta la storica s"duta.

nella quale si rispose con la parola «Nessuno " all'ingiunzione d' in via!"e depu­tati al Parlamento.

* Il giorno 3 . luglio nella sala maggiore del Palazzo del Governo, sotto

la presidenza di Donna Flora Mosconi fu tenuta una riuniona eli signore c signori per la costituzione del primo nucleo della «Compagnia del Retaggio ~

ideata da O. d 'Annu nzio , che la vuole col mezzo dell e mostre ri velatrice ,· del

senso artistico c del genio della stirpe nelle opere d'arte e col mezzo dell'arte

rappresent at iva, in tutte le sva riate forme ,. collcgatrice Ldi tutt e le energ ie per

dimostrare al mondo che l'Italia ha una sua anima e uua sua forza eterna, desti­nata a di venire la più eletta e più potente del mondo. ~ Fu eletto il comitato

d'onore così composto: Presidente: Donna Flora Mosconi, S. E. il S e n. Antonio Mosconi, comm. Crispo Moncada; senatori della Venezia Giulia; deputati ita·

Jiani della Venez ia Giulia; V ice·commissar io l11aggioni; Vice· commi ssario Gian· noni; S. E. gen. Carlo Sann a; gran uff _ dott. Giorgio Pitacco; gen. Giovanni Castagnola. Si passò poi alla nomina de l Comitato esecuti vo così costituito:

gran uff. dott. Giorgio Pitacco; gran uff . bar. Rosario·Currò; comm. ing. Co ­stantino Doria; bar. Treues de Bonfi/i; sig ''" Peferlin i c figlia; si g."·' Vittoria Schiifz; comm. dott. Aldo Mayer; sig.''" Mercede Tarahocchia; sig. Eftore Modiano; sig.'"" Brunner·Segrè; sig. r:• Clory Pifferi; comm. Ugo Ucclli . Si

nominò quindi il grande comitato composto di ol tre 70 tra signore e sig,nori. , .. ~ Addì 29 luglio fu inaug ,J rnt a in Abbazia l' •Es posizion.:: regionale d 'arte"

nella bellissima grande sala dell' liotel Stefania. Vi concorsero fra g' i :1ltri g li

artisti triestini: Flumiani, Grimani , Lucano, Ore li; i polcsani Cragl ic Ho c \Volff,

gli abbaziani Lillrow c Ransondel c g li scultori Ruggero Rovan c Gio. Ma ycr·

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• 128 PAGINE ISTRIANE

* La Società di Minerva di Trieste ottenne un alto segno di ricono· sc imento sovrano: S. M. il Re ha falto pervenire ad essa una Sua bella fo to· grafia con dedica autografa.

-1.':- Gli allievi d! l Collegio Militare di Ro ma di passaggio, per Trieste nel loro viaggio d'istruzione attraverso le localit à dd tea tro della guerra , visitarono il Museo del Ri s orgimento nella ex vill a Bascv i, gu idati nella vis ita dal do tt. Piero St1cotti, Direttore del Civico Museo .

·ìt.- Nel ft Piccolo dell a Sera• di Trieste 3 agosto 1922, Ignazio Domino in un ar ticolo intitolato uUn pittore Capo distri ano dell 'o ttocento )> parla di Bario· /omeo Olanclli e delle sue opere, facendo vot i che ~ il suo nome sia tolto da un ingiustificato oblio e sia dato ri!a lto alle s ue opere, espress ione di un'arte, se non singolare, certo degn i ssima ~ .

* Nello stesso giornale del 15 agosto la scritt ri ce eomprovincia\e Ada Scstan pubblica un articolo mollo ist ru ttivo su i carbonai della Ciceria. Peccato che alcu ni nomi di luogo non siano r iportati esa tta me nte .

.;;~ Nella rivista men s il e illustrata Arte Cristiana che si pubblica a Milano (a. IX, n. 12, 1921) legg iamo un a rticolo del prof. Oio. Musner s u Benedetto Carpaccio. Egl i r iassume diligentemen te e con esattezza tu tte le no"tizie finora

note della vit a di lui e ne illustra dotta mente i dipinti ch e quasi tutti si trovano a Capodistria , sua patria di elezione.

~:: L 'Archiginnasio. Bollettino delta Biblioteca Comunale di Bologna, diretto da A . Sorhelli, a. XV II, n. 1-3, 1922: A. Sorbelli, Relazione del Biblio­tecario al sig. Commissario P refe ttizio, a. 1921. - L. Rava, L. C. Farini -A. Scia loja - Salvatore Tommasi per A. C. Meis - O. Natali, Studiosi viaggi nel Leva nte d i un dotto bolognese de l sec. XVIII (Iaco po Ma riscotti, prof. di Geogra fia c Nautica nell 'Ist itu to dell e sci enze, 1724-1790). - A. Baccolitzi, L. A. Savioli e il domini o francese a Bo logna. - A . Sorbelli, Giosue Cardu cci e gli Studi del Croce. - O. Trebbi , Paolo F e: rari, cor ri spondente tea tra le. - ecc.

~:f Madonna Verona. Bollettino del Museo Civico di Verona, a. XIV e

XV, fase. 56 e 57: Camillo Cessi, Andrea . Mo nga cd il T eatro Romano dj Vcron:. . - Celestino Oaribotfo, L' Arle degli Arazzi Fiammingh i in Verona. -­Alessandro da L isca, La iscriz ione medi oevale di S. Donato di Moruni. -Massalongo C., Gli lmenomiceti cd a ltri Fu ngh i, per lo più dell a F lora Ve ro· ncse, fi gu rati in acquerell i ined iti . - Mons. G. Crosatfi, S. Giovanni Evangc·

li sta di Boi (Ca prino Verones e). ·:~: Augusta Praetoria . Rcvue Vald6ta ine de pensée et d'act ion régio­

nalistcs . N. 11 e 12 (19:21). Vi leggiamo fra l'altro: l. Brocherel, Nos forces hydrauliqucs . - F. O. Frzda2', Le Commandcur Linty. - l. Désormattx, Notes

de Sémanli quc Vald6taine. ~ A. Henry, Les anci ens Hospices dans la Va ll éc

d'Aostc, ccc. ····. Bollettino della Civica Biblioteca di Bergamo. a. XV, n. 4, 1921:

A. Mazzi, Taverne, osterie, albergh i in BerMa mo, fino al s ec: XVI. ~:: Brixia Sacra. Bolle ttino bimes trale di s tudi e documenti, n. Xlii ,

bse. 3 (1922): Paolo Ouerrini, Per la sto ria dell ' org ~nizzazione ecclesiastica dell a dioces i di Brescia nel Medioevo. - Elenco dell e opere d' arte del la diocesi c

JHOV. di Brescia (Colombaro-Gambara}. - Le cro nache bresciane inedite. Punt. lll.

Stabilim ento Tipograf ico Nazio na le CARLO P RIOR A - Capodi stria

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Anno l della Nuova Serie (Xlii della Raccolta)

Fase. V Capodistria, settembre-ottobre 192~

PAGINE ISTRIANE Rassegna bimestrale di Letteratu ra , Scienza cd Arte

con particolare riguardo all'l stria

RICORDI DI GUERRA

L'occupazione di Capodistria progettata da NAZARIO SAURO

Scri vend o di Nazario Sauro 1) ebbi occasione di accennare

ai numerosi progetti che la sua esuberante fantasi a arch itettava ai danni dell'Austria, e che egli mi consegna va perchè li esami­nassi, nella speranza di poter partecipare ::tlla loro esecuzione, noncurante delle fatiche e dei pericoli ai quali egli si sarebbe certamente esposto.

La conoscenza di quelle pagine, che io religiosamente con ­servo , parmi debba riuscire interes!ante a far conoscere sempre più la magnifica figura di combattente dell'Eroe Capodislriano , il suo coraggio pressochè temerario, l'odio inestinguibile per gli oppressori della sua terra.

E qui, s ulle Pagine lstriane, ben volentieri, accogliendo ridea del Prof. Giovanni O.uarantotto, voglio riprodurre uho di questi progetti, quello cioè che Sauro, con amore di figlio, aveva ideato per l'occupazione temporanea di Capodistria e che gli avrebbe permesso di toccare il suolo della sua adorata citta e di dar modo a qualcuno dei suoi concittadini, ch'egli sapeva p.er­

seguitati dall'Austria, di rifugiarsi in Italia. Per ques t'ardita operazione, come Egli la progettava, rite­

neva sarebbero stati sufficienti 120 marinai, i quali, guidati da Capodistriani (allora in Italia), seguendo determinati percorsi (da lui stesso tracciati nello schizzo che qui si riproduce), avrebbero

1) ~ La Vita di Nazario Sauro e il Martirio dell ' Eroe»,- Editori T rcves,

Milano.

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130 PAGINE ISTRIANE

dovuto occupare di sorpresa le località che si ritenevano presi· diate, ed impadronirsi della esigua guarnigione.

Egli riteneva che l'operazione avrebbe potuto compiersi in poco più di un'ora.

La conformazione speciaÌ~ella penisola di Capodistria unita alla terraferma da due lingue di terra, la strada della Mud~ e quella di Semedella, avrebbe reso assai facile l'isolamento della città, mentre sarebbe stato possibile di opporsi, anche con poche forze e coi cannoni de Ile Torpediniere, all'accorrere dei rinforzi.

Il progetto, che con qualche modifica io sottoposi all'esame di S. E. l'Ammiraglio Thaon di Re ve!, non ebbe seguito. Non si

ritenne che l'obbiettivo da raggiungere e cioè l'occup azione tem­poranea di una piccola città e la cattura di pochi prigionieri, gi u­stificasse il rischio cui si poteva andar incontro e le perdite, sia pure esigue , che da parte nostra si potevano avere.

E poichè altre azioni offensive più importanti si stavano in quell'epoca studiando e preparando') non parve opportuno, anche

per questo, provocare il nemico con operazioni di poca importanza militare, ad intensificare la vigilanza e la difesa dei suoi porti.

Ciò non pertanto l'ardito progetto di Sauro merita di essere conosciuto, ed io ben volentieri accolgo l'invito del Prof. Qua­

rantotto e lo riproduco integralmente (senza le mie modificazioni) su questa antica Rivista, ave sono raccolte tante interessanti e

gloriose memorie della patriottica !stria.

Comandante CARLO PIGNATTI MORANO

Governolo, 22 settembre 1922.

Programma di una spedizione a Capodistria

l. Truppe di guarnigione (da informazioni ch e: risalgono al mese di luglio)

1) Caserma del Fondaco, in P iazza del Brolo: circa 120 uomini deJia Landsturm, comandati da un tenente e da un sotto­

tenente; sono truppe di secondo ordine, parte di nazicnalità ita·

liana e parte di nazionalità tedesca.

?) Fra le altre il forzamento del Canale di Fasana (Pala) media11fe l'ab·

bassamente delle ostruzioni, operazione che fu felicemente compiuta nella not~e dall' 1 al 2 novembre 1916.

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PAGINE ISTRIANE 131

2) Caserma di Finanza, in Piazza del Porto, di faccia al Molo delle Galere'. 40-50 franchi tiratori; sono truppe di se con­dissimo ordme, cosbtu1te da vecchi sopra i 50 ann· d . . solto i 18. I e a giovam

3) Casa Almerigogn a, in Riva Castel Leone: 30-40 soldati della Landsturm.

4) Caserma dei Gendarmi , nella casa di Giovanni Derin in Riva Castel Leone: un distaccamento di gendarmeria composto di 10-12 uomini .

Il. Posti di guardia

1) Campanile del Duomo: 2 uomini. 2) Molo delle Galere: 1 uomo. 3) Penitenziario : 1 uomo.

4) Edificio postale: 1 uomo.

lll. Navi che appoggeranno la spedizione

1) Una torpe diniera incrocierà a 2 miglia a Ponente di Umago;

2) Una torpediniera incrocierà a 2 miglia a Ponente di Salvore;

3) Una torpediniera incrocierà a 4 miglia a Ponente di Pirano;

4) Una torpediniera incrocierà a 3 miglia a Ponente di Isola;

5) Una torpediniera incrocierà ad 1 miglio a Ponente della Punta Grossa;

6) Una torpediniera incrocierà a 3 miglia a Levante di Porto Buso;

7) Una torpediniera incrocierà fra Punta Grossa e Provè.

IV. Navi e truppe da sbarco che parteciperanno alla spedizione

1) Due torpediniere approderanno alle ore 20 al Molo di Porta Isolana e sbarcheranno 6 squadre di 20 uomini ciascuna. Queste truppe da sbarco, superata l'erta di Porta Isolana, imboc­cheranno la Calle d'Este e arriveranno in Piazza del Brolo, in circa 5 minuti.

Mezza squadra (1 O uomini) attaccherà l'edificio postale e distruggerà tutt i gli apparati telefonici e telegrafici. Contempora­neamente quattro squadre e mezza (90 uomini) attaccheranno con

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132 PAGINE ISTRJANE

bombe a mano, esplosive ed incendiari e, il Fondaco. Una squadra

e mezza (30 uomini ) discenderà dalla Piazza del Brolo in Riva Castel Leone. Venti uomini di questa attaccheranno la Casa Almerigogna, dove sono ac ca sermate truppe e dieci sbarreranno la strada della Muda.

La mezza squadra, che nel frattempo avrà distrutto le comuni ­cazioni telefoniche e telegrafiche, scenderà per la Calle Annunziata ed occuperà la Centra le Elettrica e possibi lmente illuminerà la città.

2) Una torpediniera approderà alla Riva del Sale (Molo Patschioski) alle ore 20 e 5 min. e sbarcherà 3 squadre di 20 uomini ciascuna; due attaccheranno la Caserma di Finanza, mezza

squadra andrà a sbarrare la strada di Semedella; e l'altra mezza in tre minuti arriverà alla casa di G io vanni Derin (Caserma dei

Gendarmi) e l'•ttaccherà; questa casa si tro va a circa 100 passi dalla Casa Almerigogna, che sarà già da 3 minuli attaccata dalla squadra arrivata da Porta Isolana.

3) Due torpediniere app roderanno con la poppa, una al Molo di Legno, e l'altra in testa a l Molo delle Galere, e sbarcheranno una squadra di 20 uomini ciascuna. Una andrà ad attaccare ]' Uf­ficio di Porto per sequestrare le riservatissime; l'altra andrà in Piazza del Duomo ad attaccare l'Edificio del Capitanato Distret­tuale, farà prigioniero il Comando, sequestrerà le riservatissime e la Cassa di Stato; dopo di che si recherà all'Ufficio Imposte e sequestrerà la Cassa .

Se da Punta Grossa eventuali cannoni apris sero il fuoco,

le due torpediniere di Porta Isolana lascieranno, dopo eseguito lo sbarco, l'approdo ed evoluz ieranno per entrare in Porto a riparo

del Molo-Diga, alto due metri e mezzo e qui imbarcheranno le truppe da sbarco che avranno compiuta l'operazione.

Se cannoni sparassero da Provè o da Monte S. Marco, le

torpediniere usciranno dal Porto ed andranno, riparate dalla città,

ad imbarcare le truppe al Bagno Pol i. 4) Un macchini s ta e due fuochisti, scenderanno in macchina

del piroscafo della Società di Navigazione Capodistriana, che è .

ormeggiato a l Pontile di Legno, e ne alimenter~"no i fuochi che di solito sono già in piccolo alimento . I prigioni t ri, i .fer iti, i militari

in licenza, ed i cittadini ancora validi che vorr.:-tnno disertare,

saranno imbarcati su questo pirosc~fo che sarà rimorchiato da

quella torpediniera che si sarà ormeggiata al Pontile di Legno. Il bottino di armi, sarà d istrib uito sulle altre torpediniere .

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5) Una piccola Sezione Sanitaria sarà imbarcata sulla tor· pediniera ormeggiata in testa al Molo delle Galere.

6) Eventualmente si consegnerà a persona fidata una doz­zina di piccioni viaggiatori, questionari ed istruzioni.

L'operazione complessiva dovrà svolgersi al massiriio in un'ora

Se la città potrà venire ill uminata, si segnalerà operazione compiuta oscuran do per ire volte la città. Questi segnali saranno trasmessi dalla torpediniera di Punta Grossa e da quella di Isola, alle altre torpediniere ed a Grado, dove si accenderà un fanale a luce fissa i un fanale a lampi si accenderà a Golometto.

Se la luce elettrica della Centrale di Capodislria non fun· zionerà, il segnale sarà dato con fuochi Very o con la telegrafia.

In caso di ritirata della compagnia da sbarco, i segnali con· venzionali saranno fatti con fischio e sirena.

V. Guide per l'operazione

Almerigogna Paolo, soltotenente della M. T. di stanza a

Chioggia. Almerigogna Piero, so!totenente della M. T. di stanza a

Potenza. Bonnes Salvatore, ingegnere, abitante a Venezia- S . Fan·

lin 1963. Depangher Nazario, soldato del 2' Fanteria, dal 17 corr. in

licenza a Venezia, abitante presso il Cap. Sauro. Derin NicolòJ possidente, abitante a Venezia presso la fami­

glia del defunto Cap. di Corvetta Ernesto Giovannini. Grarnaticopolo Ernesto, volontario motonauta di Il classe,

presso il Comando di Marina. Grauisi Gerolamo~ possidente, abitante a Udine presso il

Com. per gli lrredenti. Maiti (de) Arnaldo, impiegato a Milano presso il Com. per

gli lrredenti. Manzutto Romano, volontario motonauta di Il Classe, presso

il Com ando di Marina. Marsich Giulio, macchinista na vale abitante a Udine presso

il Comitato per gli lrredenti. Parouel Egidio, sottotenente della M . T . di stanza a Caneva

di Sacile.

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134 PAGINE ISTRIANE:

Predonzani Vico, sottotenente della M. T. in licenza a Venezia.

Sardos Paolo, sottotenente riformato, abitante a Udine presso il Comitato per gli lrredenti.

Sarfori Antonio, soldato del 2' Fanteria. Sansone Virgilio, soldato del 2' F anleria, III Compagnia. Quaranfoffo A,,fonio, avvocato, abitante a Venezia presso

il Comitato per gli lrredenti. Sauro Nazario, tenente di vascello - Pilota.

NAZARIO SAURO

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PAGINE ISTRIANE 135

La prosa dell'Anonimo (Noterella manzoniana)

«L' histcria si può veramente deffinire vna guerra illustre contro il Tempo, perchè togliendoli di mano gl'anni suoi prigionieri, anzi già fatti cadaueri, li richiama in vita, li passa in rassegna,

e li schiera di nuovo in battaglia. Ma gl'illustri Campioni che in tale Arringo fanno messe di Palme e d'Allori, rapiscono solo che le sole spoglie più sfarzose e brillanti, imbalsamando co' loro inchiostri le Imprese de Prencipi e Potentati, e qualificati Personaggi e trapontando coll'ago finissimo dell'ingegno i fili d 'oro e di seta, che formano un perpetuo ricamo di Attieni gloriose . Però alla mia debolezza non è lecito solleuarsi a tal' argomenti, e sublimità pericolose, con aggirarsi tra Labirinti de' Polit ici maneggi, et il rimbombo de' bellici Oricalchi: solo che hauendo auuto notitia di fatti memorabili, se ben capi~orno a gente meccaniche, e di piccai affare, mi accingo di !asciarne memoria a Posteri, con far di tutto schietta e genuinamente il Racconto, ouuero sia Relatione. Nella quale si vedrà in ang usto Teatro luttuose Traggeèie d'horrori e Sce.ne di Malvaggità grandiosa, con intermezi d'Imprese virtuose c buontà angeliche ,- opposte alle operationi diaboliche. E veramente, considerando che qu esti nostri climi siino sotto l' amparo del Re c·attolico nostro Signore, che è quei Sole che mai tramonta, e che sopra di essi, con riflesso lume, qual Luna giamai calante, risplenda l'H eroe di no bi ! Prosapia che pro tempore ne tiene le sue parti, e gl' Amplissimi Senatori quali Stelle fisse, e gl'altri Spettabili Magistrati qual' erranti Pianeti spandino la luce per ogni doue, verte-ndo così a formare un nobilissimo Cielo, altra causale trouar

non si può de l vede rlo tramutato in inferno d'atli tenebrosi, mal ­vaggità e sevitie che dagl'huomini temerari si vanno moltiplicando, se non se arte e fattura diabolica, attesochè l' humana malitia per sè sola bastar uon dourebbe a resistere a tanti Heroi, che con occhii d'Argo e bracci di Briareo si vanno trafficando per li pubbli ci emolumenti. Per lacchè descriuendo questo Racconto auuenuto ne' tempi di mia verde staggione , abbenchè la più parte de ll e persone che vi rappresentano le loro parti siino sparite dalla

Scena del Mon do con rendersi tributari delle Parche, p~re per degni rispetti, si tacerà li loro nomi, cioè la parentela, et il medemo

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136 PAGINE ISTRIANE -------------------------------

si farà de' luochi, solo indicando li Teritorij genera/iter. Nè alcuno dirà questa s ij imperfettione del Racconto e defformità di questo mio rozzo Parto, a meno questo tale Critico non sij persona affatto diggiuna della filosofia: che quanlo agl' huomini in essa versati ben vederanno nulla mancare alla sostanza di detta Narratione.

lmperciocchè, essendo cosa evidente, e da verun negata non essere

i nomi se non puri purissimi accidenti• .....

O.uel corsivo, quella •historia• che colla sua vieta grafia sta al princ ipio della famosa Introduzione, quasi ad allontanare dal Romanzo chi lo prenda in mano per trovarvi svago e diletto. quella metafora sostenuta con tanta boriosa enfasi, fanno sì che

il lettore poco curi il savio consiglio del Petrocchi a non saltar 1' introduzione «perchè ast;ai importante e assai arguta •. (Commento

estetico dei Promessi Sposi - I'ntrod.). Eppure, a vincere la non­curanza o l'indifferenza che grava su quelle' poche righe in corsivo si scopre ~ ci vuoi poco ~ sotto la maschera dell'Anonimo il fine s orriso di don Alessandro, la sua proverbiale ironia. Nè posso assentire coll'autore del Commento estetico dei Promessi Sposi che il pasticcio secentesco imbanditoci dal Manzoni sia tutto una goffaggine ; goffaggine la dice maliziosamente il Manzoni, per meglio sostenere fa finzione. Il frammento sarà alambiccato, sarà

ampolloso quanto si vuole, ma non goffo in tutto e per tutto!. Goffa la definizione della Storia? Al contrario! mi sembra

anzi assai ingegnosa. E infatti non è forse ufficio dello storico, particolarmente secondo l'opinione diffusa nel XVII secolo, il riesumare uomini e cose dei tempi andati, il far rivivere le morte

età, gli anni defunti, per far sì che essi combattano nelle battaglie che il presente scatena? E che sono le citazioni storiche altro che sussidi nel senso latino della paro1a, al giudizio che facciamo

degli avvenimenti attuali? Tante parole per esprimere q senso del vecchio adagio

•historia magi stra vitae:. ! La stramba definizione che l'Anonimo dà della Storia ha

qualche analogia con quella che ne diede il famosissimo Giam­battista Rousseau, tanto famoso al suo tempo che gli toccò la ventura di diventar testo di lingua nelle scuole d'allora. Per il Rouss~ au, la storia non è una guerra illustre, in cu.i gli anni, fatti cadaveri sono chiamati a dar prova di sè, ma è invece un Teatro,

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PAGINE ISTRIANE

in cui sur una •Scena illustre .., i morti di tutti gli ordini

si presentano a d ammonire i viventi, a dettar loro quanto fuggire, imitare, eseguire, conoscere .....

L' historie '), d ic e il Rousseau,

C'es t un théàtre, un spectacle nouveau,

Où tous les morts, sortant de leur tombeau Vie nnent encore, sur une scènç illust re '

Se présenter à nous dans leur vrai lustre Et du pubblic dépouillés d' interèt

Donnant à tous les plus nobles leçons. Rois, magistra ts, législateurs supremes, P r inces, guerriers, simples citoyens mC:mes Da:-,s ce sincère et fidèle miroir Peuvent apprendre à lire leur devoir.

137

sociali si vuoi

A questa pomposa definizione della storia segue la simili­

tudine, non meno pomposa, fra la Corte del re di Spagna e il ... Cielo.

Il comparare il Re o l' Imperatore al sole è figura vieta, che, nella nostra letteratura , d iscende, in gran parte, dal famoso De Monarchia dantesco, in cui Papa e Imperatore sono appunto confrontati con àue so li. A i te mpi di L uigi XIV, contemporaneo di fil ippo IV di Spagna, quando l' ipotetico scrittore si trovava in sua ve rde

stagione, «simil itu dine era diventata addrittura antonomasia». Tutti

sanno, cioè , che Luigi XIV, modestamente, si sorbiva l'epiteto di Re Sole, e che un sole era stato raff1gurato nelle stanze di

Versaglia; b e n s i poteva, dunque, assomigliare a un sole anche

la maestà di F ilippo IV di Spagna, felicemente regnante in Lombardia.

La qua l maes tà scade però di molto nella venerazrone del lettore, quando ... il Sole, cioè il re di Spagna e gli illustri perso­

naggi che da essi derivano la loro autorità, e che ·a seconda del

loro maggior o minor grado sono confrontati alla Luna, alle Stelle Fisse e a i P ia neti, in onta a l loro maiuscolo splendore non sono

da tanto da r id urre al dovere i facinorosi e i tristi, che imper­

versavano ne i domini italiani del re spagnolo. E la coscienza che gl i • h uomini» temerari mollo possono, rende discreto e prudente

l' anonimo, che b en si guarda dal nominare il casato di coloro che fanno così tri s ta figura nel suo Racconto. Qui sta proprio bene

chiamare in a iuto la filosofia che insegna i nomi essere puri

1) R iportato dallo Zatelli nel suo Corso di Lingua francese, Jl a Parte.

(Trento; Monau ni) .

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138 PAGINE ISTRJANE

purissimi a ccidenti. Come don Ferrante, il nostro Anonimo è intinto d'aristotelismo. Ricordate? Per don Ferrante, in rerum natura non esistono che sostanze e accitlenti , i quali «accidenti » sono l'ultima parola di quella strambissima prosa e potrebbero esprimer beniss imo tanto un cordia li ssimo sfogo di don Alessandro, quanto un'esclama­

zione del lettore impaziente e desiderio"o di uscire dall'agghindato preambo lo.

G iunto a questo punto, il Manzoni in persona propria dice che il suo manoscritto continua, ma che non è così gonfio come ne l principio: «lo sti le cammina sì, ma com'è dozzinale, com'è

scorretto. Idiotismi lombard i a iosa, fr asi della lingua adoperate a sproposito, grammatic a arb itraria, periodi sgangherati e poi qualche eleganza spagnola qua e là ••.

* * * Esaminiamo ora, un pach ino , la lingua del frammento apogrifo

e vediamo quali malanni lo affl iggano .

Intanto si potrà dire spagnolesca tutta l'andatura e la fattura del periodo, se il sovrabbondare di ricami e fran ge rettoriche è indizio certo di spagno li smo negli scritti del Secento. L' Anonimo scrive ne ll' età in cui l'influsso del Marino e dell' Achiìlini dura

tuttavia. E poi Luigi Gongora, maestro d i preziosismo, è morto proprio un anno prima che ... don Abbondio fa cesse la sua me!J1o­randa passeggiata . - Osservando più minutamente lo squarcio malfamato vi trovo un solo modo che si può dir spagno lo e una sola voce prettamente spagnola. Il primo consiste nella scomposizione

etimologica dell 'avverbio in-mente, ra ra assai ne ll a lingua nostra. JY\i accingo, dice l 'Anonimo, di )asciarne memoria ai Posteri

con far di tutto schietta e genuinamente il Racconto, dov e •schietta e genuinamente• sembra obbed ire alla grammatica s pagnola, che

prescrive si dica p. e. docta y claramente, in ve ce di doctamente y c laramente. Si veda anche questi versi del Sa las: ')

Necia y ocultamente dominado De art ificiosas maquinas s u pecho Acreedor se juzga de derecho

A l emples m3.s digno y elevado.

Pretto spagnoli smo è amparo che non s ignifica g1a 1mpero , come da qualcuno s i crede, ma protezione, come ne fa fede

qualunq ue vocabo la rio spagn olo. Del resto uno scrittore che usa

1) Riportat i da Luigi Pavia nella G rammat ica Spagnola, pag. 139. -

He;delberg, 1907.

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PAGINE ISTRIANE 139

Jatini smi come genera/iter e pro fempore non avrebbe mai potuto scrivere amparo, per impero, o imperio, anche se dice medemo per medesimo e fraponfando per trapungendo , che sono evidenti dialettismi settentri onali.

L'uso di capit6rno per capitarono mostra che il nostro Anoni­mo conosce gli anti chi toscani del trecento e del quattrocento e forsanco qu egli autori de l cinq uecento che li imitarono . Naturalmente capit6rno è un pesce fuor d'acqua accanto a medemo e a trapon­

tando, ma il nostro Anonimo vuoi fare evidentemente spocchia di un fiore colto nel campo della vecch ia parlata toscana, il qual gli s emb ra ing entili re la sua prosa. Così buonfà per bontà, potrà essere considerato come un'affettazione: l'Anonimo, che ha pur

usato medemo e traportando, teme di riuscir volgare in tanta sublimità di stile ed evita bontà che troppo gli ricorda il dia­lettale bon.

Prencipe, invece di principe, sente l' influsso di prence, forma

assai cara ai nostri epici. - Latinismo pretto è amplissimo nel

senso di • co s picuo , ragguardevole• . Si ricordino espressioni ci ceroni ane com e homines ampli; famiglia ampia; homo virfute cognita et specfata {1de amplissimus e così s i dica di emolumento ne l senso di .t utilità , vantaggio• . Il già citato pro tempore e

generaliter s ono espressioni latine del linguaggio curialesco: luocht fa il paio con buontà ed è un ibrido connubio di loco e di luoghi

Notevole è ancora l' uso di solo che, usato una volta pleo­nasticamente, nel senso di soltanto ... • rapi s cono solo che le sole

spoglie più sfarzos e e brillanti • e un'altra volta nel senso di pure ,

però • ... sol o che auendo auuto not itia di fatti memorabili ..... l gram·

matici ass egnano a solo che il s ignificato condizionale, in base ad esempi tratti dal Boccaccio : •Questo farò io volentieri, sol che voi mi prome ttiate per cosa che io dica niuno doversi muovere

dal luogo suo• · (1 O giornata, 4' novella: citalo dal Moise). Anche il Casa lo usa na turalmente in ques to senso : •il più delle volte per non dir poco dic iamo troppo e chiamiamolo gentiluomo e signore

a tal ora che egli sarà calzolaio o barbiere, solo che egli sia

alquanto in a rnese • (Galateo, cap. XIV ).

Pola, settembre 1922.

ATTILIO CRAGLIETTO

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140 PAGINE ISTRIANE --------- --

funerali di Giov. Batt. Corner patrizio veneto e podestà di Rovigno

(Continuazione e fine; uedi num. p ree.)

Questa è l'unica narrazione d'un rito funebre che Rovigno

ci tramanda dai tempi della Repubbl ica. Delle cerimonie in morte di Marco Badoer, decesso •in reggimento • nel 1737, non abbiamo memoria. Di quelle fatte per Anto nio da Riva, morto il 6 maggio 1789, sappiamo che di poco erano dis s imili da queste del Corner. «La economia dei tiri fu la seguente:

«Cinque quando gli suonarono l'Avemmaria, e d'ora in ora • si proseguirono uno per volta sino alle due della notte, ed altri ctre alla tumulazione, e sempre con intervallo.

• Ha ricevuto il Viatico dalla Cappella del Palazzo per mano •de l Cappellano dell' Orator:o, che gli fu assistente fino alla morte.

•Non fu così del Corner, che lo ricevefte so lemniter dal • Duomo, cioè sotto Ba ld acchino portato dai Giudici: Prevosto in .c Piviale e due Canonici in Tonicella, due Chierici coi Turiboli, •tutto il Cle ro , e tutto il Capito lo, i quattro Comandadori coi Torzi, •sei Cappe del Sacramento, gran seguito di persone dell'uno e •dell' altro sesso con le candele accese. Si fecero incontro fuori «de] Portone i due Servitori co i Torzi, e nel ritorno accompagna­

cronlo sino a Chiesa!O .

Come vediamo, in questo rito funebre ha assoluta prevalenza l'elemento religioso. La pompa mondana passa in seconda linea.

Le •Fraglie• assorbivano in que l secolo quasi tutta la po ­polazione maggiorenne di Rovigno e pertanto dobbiamo ammettere

che di fronte a ll 'accompagname nto di ben 28 di queste fraglie ordinate d ietro i loro gonfaloni e distir,te de ll e loro cappe, le cernide scomparivano. Alla bara, portata da confr atelì i dell'Oratorio e accompagnata dai cc omandadori • , seguiva il .: Sergente!> e subito dietro venivano i •bancali • dei Battuti e dell'Oratorio, le due Confratern ite che avevano diritto di precedenza anch e sull'alfiere e su ll e ce rnide , per avere la prima contato il defunto tra i suoi

affigli ati e per essere l" alira da lui assunta in protettorato-. Si deve ammettere che ta le ord inamento di prevalente ca­

rattere religioso fosse anche conforme ai voti del defunto, oltrechè agli intendimenti della comunità. E difatti la sua religiosità e la

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sua dilezione per le pompose esteriorità delle forme rituali r isalta daJI' aver egli fallo accogliere il Viatico dai suoi famigliari con

torcie accese per poi provvedere a simile accompagnamento nella via di ritorno alla chiesa.

Il nobiluomo veneto, abituato a i lussi, agli sfarzi, aJie pom­

posità del settecento sapeva, e per atto politico ci teneva a far

scomparire la sua personalità sotto un'umile cappa che gli imponeva nei riguardi religiosi l'assoluto dovere d'obbedienza . NeJia chiesa,

nella sala dei <~ capitoli ~ (che non potevano radunarsi senza suo consenso), di~tro il gonfalone, egli sapeva e voleva umiliarsi per raccogl iere un frullo ambito: l'amore del popolo Quando onori e

ricchezze satura vano l'ambiente di sgradevoli inimicizie e s'iniziava qualche mormorazione , egli, fors'anche per un intimo esame di

coscienza, riteneva necessario qnalche atto d'umiltà al cospetto di Dio e degli uomini. E lo eseguiva .

A l podestà le Commissioni dei Dogi volevano assicurata

pi ena indipendenza. Nessun vincelo di parentela, d'amicizia o d'interesse doveva legar lo agli indigeni. Egli non poteva le vare

all'incanto da zi, esercitare rnercatura, acquistare possessioni, far seminare per proprio conto, accettare servigi o doni o procurarsi prebende. Fin le strenne di capodanno e reciproci inviti a ban­

chetto gli erano proibiti. La stessa cosa valeva anche per i fa­migliari.'')

Ma l'autorità dogale in quel secolo declinava. Vincoli d'a­micizia si stringevano tra il Magnifico e i Sindaci ad onta di divieti. Nel 1773 questi avevano •tenuto al Sacro Fonte ~ il figlio

di S. E. Zorzi Barozzi, nel 1786 i tre Giudici avevano assunto

il medesimo incarico per il figlio del podestà Contarini . E poi i

tempi richiedevano d'accaparrarsi il favore del popolo, perchè

questo dopo le lotte coi Chiozzoti per questioni di pesca e dopo

le sommosse e zuffe degli ultimi anni non aveva smesso il suo

fare altero e provocatorio di fronte al debole governo . Una poli­

tica di avvicinamento era quindi più che mai opportuna. D'altronde dove la mano del Doge non arrivava ad imporsi

co n divieti era proprio nelle pratiche religiose, che, dipendenti dalla libera coscienza del Rettore, non si lasciavano sopraffare

da necessità po litiche. ·

,;) Per famigli ari s'intendono le persone della sua ~ corte • , tra le quali

v'e ra per qualche tempo il ~ nodaro ~ . •Habcre teneris in dicto regimi ne quinquc

domicellos etc. • (Commissioni del Doge ai Podestà Veneti).

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E quindi ci troviamo di fronte al paradosso di una posizione ambigua, o ve dall'una parte, per. disciplina religiosa, ii Podestà doveva obbedire incondizionatamente alle •Parti • della •Fraglia• in materia di pratica di culto, e dal P altra doveva sorvegliare i «ca pitoli ~ affinE_~e la passione politica non funestasse l'ambiente. Ma tale sua situazione non era affatto intollerabile, specie alla fine del '700, quando le confraternite s'erano ormai trasformate in associaz io!li di puro spirito religioso scostandosi definitivamente da quel pensiero di tutela d'interessi di casta, che nei secoli anteriori aveva determinato il loro sorgere. A salvaguardia di questi interessi erano state istituite e ben sviluppate le cariche comunali.

Ad ogni pensiero ed a ogni opera del Rettore sovrastava lo spir ito religioso. Tutto si uniformava a l dovere della giustizia e della bontà evangelica. Che ta le era il pensiero del patrizio veneto lo sappiamo dal fatto, che anche coloro, i quali non erano sp inti da segrete mire p ~litiche, ambivano indossare la cappa del Flagellante. Leggiamo:

· Addì 27 Marzo 1777. Giovedì Santo.

•Li N. N. U. U. Z Alvise, e Piero figli di S. E. Giacomo •da Mosto q m Z. Alvise Podestà onorarono d'intervenire per loro . • divozione vestiti del n.ro Abito a ll a Visita dei Sepolcri ... " (Libro

estraord. carte 7 -8). Nè per questo la vita di quei patrizi era oppressa da quella

tristezza che oggi si vuole connessa_ con la soggezione religiosa, che anzi essi «servivano il Signore in letizia », Chi non sa la

gaiezza delle feste venez iane? Se poi l'umile pratica cristiana del .rito funebre si rivestiva

di pompa e di pesanti cerimoniali, noi non dobbiamo discernere

in ciò un'esteriorità vacua. La pompa esteriore stava nel carattere del secolo ed era fatta oggetto d'attenzione dal doge al popolano, che nel suo costume amava la ricercatezza di dettagli e di colori. Gli uomini calzavano di rosso o striato chiudendo il ginocchio le corte brache con fermagli d'argento o madreperla. Le donne por­tavano zendali cilestrini o bianchi, seminati di mammelucchi, fimbri ati di merletti, fissati al capo con spino lotti d'argento; agli orecchi portavano le rughe d'oro e così via. Anche le fradaglie adornavano insegne e altari ·di oro, argento e gemme. I marmi più rari erano

ricercati per soddisfare a tale desiderio.

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Ma questa pompa e~terna non ricopri va il nulla; di sotto v' era ancora l'antica bontà, il senso della solidarietà tanto nel­

l' insorgere quanto nel perdonare e riamare chi, pentito (in apparenza o di fatto), riamava.

L'intervento di tutte le confraternite al funerale del Corner

era segno di libera volontà popolare e di desiderio d'onorificenza,

più che essere un'esigenza degli ordinamenti fraternali.

lo credo che la n~stra mentalità moderna non sa comprendere quei tempi.

Difatti come conciliare l'i dea dell'austero patrizio con quella

del saio del flagellante? E che cosa si voleva con quel •tamburo

scordato • , con quella •Bandiera portata a ro vescio:t e con quei • fucili voltat i all'ingiù ? •

Ma ogni età ha la sua bellezza, la sua poesia. Bisogna

saperla trovare tra la congerie di valori ammuffiti dal tempo, im­medesimarsi in quelle mentalità. passate che osammo chi amare

superstiz iose per averle osservate soltanto superficialmente, e quando ci riescirà superare questi ostacoli ritroveremo in ogni atto

delle semplicità qu anto insignificanti altret tanto belle .

Chissà se collo scordare il tamburo e col capovolgere ba n­

diera e fucili non si abbia voluto significare il sov vertimento d'ogni buon ordi ne delle cose per essere mancato chi le dir ige va.

E questo semplice pensiero può forse ancor oggi provocare

qu~lche commozione. Ma la commo zicme è necessaria conseguenza

del Bello. D. CAENAZZO

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nomi locali del comune di Paugnano (Continuazione e fine; uedi numero precedente}

13). Campél (Campello) - frazione di Manzano.

Campél (Mara no Ver.~··) , Campiello (Roana Vie.) .

14). Camponovo - contrada di Gason. 15). Candeluzza - contrada di Monte.

Candela è com. presso Foggia. Il Cande/il di Treviso l' Oliv. (155) lo avvicina a canna, cannelufu.

16). Capelli ·_ fraz. di Cost., dal cognome Capél. 17). Carcase o Carcauze - importante paesetto, posto sopra

uno sperone di monte, a lto .191 m., verso la Va l Drago­gna.ll Naldini lo chiama •castello antichissimo • (p. 417) ed è descritto anche dal Tommasini (348). Intorno al 1210 fu ceduto dal Patriarca Volchero di Aquileia al nob. capod. Gavardo Gavardo, e nel 1450 dall a Repub­blica Veneta ai Vittori. Dagli spogli dell'ab. Marsich rileviamo che addì 28 maggio 1691 il vescovo (P. Nal­dini) ordinava al pievano di scri vere i libri : Battesimi, morti ecc. in lingua italiana.

Il Pusteria usa anche il nome Carcauia; la carta topografica al 75.000 scrive Carcauzze.

18). Cameschine - contrada di Care.; i paesani dicono Ca­més-cine, forse dallo slavo; sulla mappa Carm~sina.

19). Cavagne ·-· contrada di Gason (così sulla mappa). La po­pol. pronuncia Quaiagne (da •cavedagne•?)

20). Ca·vriago - villa sotto Monte. Il Kandler ") nomina Ca­prianum, neii'•Estimo• del 1582 leggesi Cauriaga, il Naldini scrive Cauriago.

Cavriago è con1. p. Reggio Emilia. Per i nomi derivati da «capra» vedi OHv. 195-6.

21 ). çeria - contrada di Care.; dal cerro ( •Uuercus cerris• ),

detto volgarmente çero o çervato. Per i molli der iva li in !stria e nel resto del Regno vedi Pag. fslr. VI,

1908, pag. 110-11, Oliv. 157 e Pieri 231.

22) . çeresiol (Ce regio/o) - contrada di Gason (Sergassi). Per i molti derivati da cerasus vedi come sopra.

23). Certése - contrada di Monte.

tZ) Indicazioni, 179.

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24). Colombér a (Colombaia) - è la cima !ondeggiante del M. Romano di Paugnano. (Ve di N. 44).

Colomb~r ( "colo~ba r iun:t" ?) si ~hiaman~ due località del territorio capo­d•s tn a:to ncco d1 ncord1 romam, presso cioè Anti gna no e Plavia (flavia?); Colombera abbiamo presso Umago, Parenzo e Visignano. Colombara p. Aquileia.

25) . Cortina - contrada di Paugn. Tanto questo , quanto il pros­simo derivano da· corte. Nomi comunissimi in lstria e nell e altre provincie venete. Vedi Oli v. 319, Pieri 343.

26). Cortivo - località di Care., Gasòn e Paugn. In questa parte dell' l stria corlivo s ignifica, più che cortile, po­dere, tenuta ed è molte volte, anche sulle carte e mappe, seguito dal cognome del proprietario. Nell'l stria media e bassa stanzia. '

27). Costabona - ridente villaggio, sopra un colle di 257 m., che s i protende verso là Val Dragogna. Molti scrittori di cose patrie la fanno · derivare da Castel Bona, • Ca­shum Bonae », {{ Dea dei Gentili, a cui i loro infermi o lang uenti scioccamente ricorreano con vana speranza

di ricuperare la perduta sanità • {Nald . 431 ). Forse non è necessario pensare al «castrum • : nelle varie regioiìi

d'Italia di località Costa {per pendio) con o senza attri­buti ce n'è a centinaia. Anche in un documento di

donazione del 1186 riportato dal Tommasini (336) e nel Cod . dipl. istr. sta scritto •Costae Bonae • {geni!.).

Il luogo era chiuso e aveva porta e torrione; già ai tempi del Naldini {a. 1700) "per l'olio della pace• le fortificazioni rovinavano. Ma .- )a fabrica che nobi­lila questa villa, e la rende più celebre, delle ricanlate v ille del Tusculano, è la rustica Casuccia, ove ebbe

la cuna il Bealo Confessore Elio, discepolo di S. Er­maco ra, Apostolo e Protettore di Giuslinopoli • {a. 56 d. C.) . La pieve dedicata a S . Andrea Apostolo fu eretta dal vescovo Gabrielli nel 1460, slaccandovela

da Paugnano {Man. Marsich). Il comune cens. di C. si estende anche al di là

del Dragogna e comprende un fitti ssimo bosco che sale fino al Pilo di Roveredo {Briz) nel territorio di Mo­miano. In questo bosco al tempo del Naldini furono

visti «orsi cinghiali e gatti pardi • .

Costabona è fraz. di Villa Minozzo (Reggio E.).

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28). Crevatini - frazione di Cast., abitata da famiglie Crevatin. 29) . Crisischie - contrada di Care.; probabilmente da parola

s1ava che significa crociera.

30). Crosèra (Crociera) - anche C. de M. Toso; importante nodo stradale a m. 212 s ulla Trieste-Buie, con àira· mazioni per Monte, Gason e Sergassi.

31). Dlllizi - fraz. di Paugn., abitata da famiglie Dilliza.

32). Dragogna - è l'antico Argaon. Nasce nei pressi del ciglio calcareo di Còvedo; scorre da pprima in direzione OSO ne] terreno eocenico; urta poi contro il dosso calcareo di Castelvenere che lo spinge con brusco ango lo verso NO; attraversata l'ampia va lle alluvionale di Sicciòle sbocca nella rada di Pirano detta L arg6n (I'Argaon) : dopo un percorso complessivo di 24 chilometri. Affluenti il Pignovazzo, la \Ì alderniga e il Grivino a destra l'Argilla a siniotra. . '

33). Farnèdo (Parneto) - monte di 294 m. sopra Costabona e contrada p. Figarola. Il nome provie ne dalla farnus o farnia (Quercus peduncul ata) e ne .derivano in !stria e nelle altre regioni ita liane moltissimi toponimi. (Vedi Pag. lstr. VI, 1908, 111; Oliv . 161; Pieri 236).

34). Figarò1a (Picarola) - · vili aggetto nei pressi di Paugnano (m. 317) .

Figaro/a di Pirano, Pinguente e Rovigno. Per i derivati dal ficus vedi op. cit. al N. precedente.

35). Fratta - contrada di Co st.; equivale a siepe o macchia naturale. Da noi sorv ive però solo come nome .Jocal~ diffu,sissimo. Vedi Pag. lstr. 1910, N. s!raord., pag. 31 e P. Borri, Topon. di Parenzo, ibidem 1922, N. 1-2·.

36). Gas6n (Gasane, Casone) - villag gio posto a 241 m. sopra un «co lle ameno e copioso di ulivi e di vit i, dalle quaii

colgonsi squisite uve dette Pi nelle e non meno pretiosi Moscati' (Nald. 426) . La chiesa de dic ata ai Santi P ietro e Paolo fu consacrata dal vescovo Gabrielli nel 1478 e dipende dalla pieve di Monte. Dovu nque è adottata

la forma veneta Oas6n. Oasél è località di Valle Oltra (Muggia).

37). Gerebizza - frazione di Care., da cognome (= pernice).

38). Glavini come sopra . 39). Grisoni - come sopra.

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40). Manzan (Manz ano) -villaggio che rappresenta una frazione importante de l com. cens .. di Paugnano. Da M ancius o Amandius. (Vedi Oli v. 73, Pieri 114).

M. nome comunissimo nelle varie reg. d' Italia ricordere mo il M . di Udin e·

41 ). Manzanél (Manzanello) - località ricordata nell' •Estimo • del 1582, ma che non ci fu possibile rintracciare .

Manzanello (Vicchio - Firenze).

42). Monte o S . Maria in Monte - gro~so villaggio a 280 m. d'a lte zza, che costituisce il più popnloso com. ce n­

suario di Paugnano. La chiesa parrocchiale venne co n­sacrala nel 1222 dal Vescovo Assalone. Nel 1656 la pieve di M. aveva 5 Confraternite (spogli Marsich ). Vedi estese des cr izioni di questa importante località nel Tommasini 350 e Naldini 422-425.

· 43). M. Guardia - altura ad or. di Paugnano, non segnala sul la carta top. al 75.000; a quanto si dice, posto avanzato del presidìo romano della sottoslante Cenfora ( •Cen­turia • , •Centa ura:. ). La mappa riporta «Straza• , che in islavo signifi ca appunto guardia. Da non confonde rsi col non lontano M. Varda di Baste (359 m.).

Un M. Guardia è presso Genova e sull'Isola di Lipari.

44). M. Romano - è il nome che specialmente gli escursionisti dànno a l noto monte dall'ampia cima !ondeggiante, e da cui si gode uno dei più attraenti panorami della provincia . Ha 405 m. d'altitudine e trae il suo nome dai non poch i avanzi dell'epoca romana (anche monete)

che furono dissotterrati specialmente a S. E. dalla vetta, in contrada denominata appunto Roman. Un po' a pon. dall a vetta culminante il dott. Marcheselti trovò le tracce di un caste11iere. 13

) Il monte è chiamato anche La Poùina, nome che noi crediamo spetti piuttosto a

tutto il sistema mon tuoso di questo territorio, anzichè ad una singola cima. (Vedi N. ' 24 e 57) .

45) . M. Toso - cima di 288 m. fra Gasòn e Monte e piccola fraz ione del secondo.

M. Toso fr . di Mz.rcellise (Verona).

46). Moscato - campagna p. Care.

1a) Dott. Carlo Marchesetti, l castellieri preistorici di Trieste c della Rcg.

Giulia. Estr. d. «Atti· del Museo civ. di St. nat., IV (n . s.); Tricslc, 1903.

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47). Mosella anche Moseglie - torrente e bosco p. Monte. 48). Negr6n - era località ad occ. di Manzano, chiamala così

secondo il Pusteria da famiglia che vi aveva estesi possedimenti. ")

49). Nigrignan (Nigrignano) - - contrada in pendenza sotto Monte, appartenente anche al com. di Capodistria.

Un Nigrignanum p. Montana (Castellier} è ricordato nel Cod. dipl. istr., in un documento del 1040.

50). Orti - campagna presso Cosi. 51). Paderno - piccolo vi ll aggio sotto Gason; la località si

estende anche nel comune di Capodislria . Nome comunissimo in molte reg. d'Italia; v. Oliv. 230 e Pag.lstr. 1911,228.

52). Paognan (Paugnano) ··- è il capoluogo del comune locale di cui ci occupiamo, posto in elevata ed amena posi­zione a 362 m. d'altitudine. La forma lat. è Pomilia­num e Pomianum, da cui i poco usat i Pomigliano, Po­miniano, Pomiano e lo sia v o Pomjan. Fra i cittadini di Muggi a che nel 1202 giurarono fedeltà al doge E. Dandolo, diretto alla quarta crociala, figura un A. de Paugnan (Cod. dipl. lstr.). Il vescovo ARsalone investi nel 1211 la famiglia Verzi di Capodislria delle decime di P., Antignano e Costabona. Vedi Nal d. 124, 427 e seg .

Pomigliano d'Arco e P. d'Atella sono comuni nel Napoletano; Pognano località p. Bergamo.

53). Petricéa -- valle che s'inizia dopo la Crociera di M. Toso e sbocca nella V. Derniga. Nella mappa Petriceas, si. Pelricevaz.

54). Plagnave - fraz. di Cosi. Per i derivali da planu vedi Oli v. 231, P ieri 291. Se dovesse derivare dallo slavo significherebbe terreno spoglio d'alberi.

Pianavc è local. p. BrentOnico (Trentina) .

55). Pii (Pilo) - le prime case di Gason, venendo da S. Ste­fano; da pilone che più non esiste.

56). Picavaz - vall e profonda · e torrente a S. O. di Monte. 57). Poiana (La) - è anche nome che si dà al M. Romano.

Poiana, nel veneziano H•) pogiana o poana, è uccello di

11) Vedi O. Pusteria· (A. Tomasich), Famiglie capodistriane osistenti nel sccplo XVI. Capodistria, 1886, pag. 29; d ifatti nei i' •Estirno• del 1582 è nomi­nato un Antonio Negron di Marésego, possessore di vig neti in Manzan.

15 ) Q. Boerio, Dizion. del dia!. venez.; Venezia, 1829.

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rapina del genere dei falchi , nibbio. Secondo l' Olivieri (82) dal nome prop . Pul/ius. No i preferiamo chiamar al plurale le Poiane tutto quel sistema di alte colline; cosa del resto non nuova: nei doc. dell'ab. Marsi eh si parla di una chiesa di S. Leonardo fuori Cos!abona •nelle Poiane• (a. 1656).

Pojana p. Tregnago (Ver.) e Attimis (Udine). P. di Granfion (Vie. ) ; nume·

rosd Paiano. La carla al 75.(XX) riporta un M. Poliane (m. 358) a N. di Cost. (si. = campagne ).

58). Puie - contrada a mezzogiorno di Monte. Forse 'da •pu· lidu• (Oiiv . 232).

Val Puia, S. Lucia di P irano; Le Puie, Pieve di Soligo, Conegliano.

59). Puzzeri - fraz. di Care. , da cognome. 60). Puzzole - vi llaggello p. Cosi.; da • pu!eus• •forse cosi detta

dalla facilità d'incontrar le acque altrove sospira le nello scavamenlo de' Pozzi • (Naldini 435); anche da putidu (Oii vieri 232, Pieri 292).

P. fraz. di Marano ( Modena ) e fiumicello p. Sutri (Roma ) ; PUzzola rio, Veneri (Val d'Arno ).

61 ). Rovischie - contrada di Cosi. da •rubus• , rovo , rovo! a. (Oiiv. 179, Pieri 250, Pag. lstr., 1908, 113).

Rovedo (Sicciole·Pir. ), Canal de le rove (Dignano).

62) . Rupe - · contrada di Cosi. Rupe Canina (Vicchio - Firenze).

63). Saline - contrada piana p. Monte, do ve si dava il sale a ll e pecore.

64). S. Croce - fraz . di Monte. Dell 'antica chiesa non si con­serva che una croce, sull 'erta verso P augn.

65). S. Elena - da chiesetta p. Cosi. , ora rovinata. Esiste l'omonimo •aguar» .

66). S . Marco - crediamo non si possa ridurre altrimenti la località Zamarcovaz di Gason.

67). S. Moro (S . Mauro ) - da chiesetta che esisteva ancora al tempo del Naldini su un colle di fronte a Care.

E8). S . Stefano - va rie località, da chiesette non più esislenli, p. Gason (anche sotto Capod islria), p. Paugn. e p. Care. in Val Dragogna. La cappella morluaria di que­st'ultimo villaggio è pure dedicala a S. Stefano; si tro va sulla strada di P uz zole, presso la fra7 di Hrib,

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che perciò potrebbe esser denominata Colle S. Ste­fano.")

69). Savalini - fraz. di Cost., da cognome. 70). Scherli.\br!'Z - villa di Care., abitata dalle famiglie Gris6n,

Tomasin e Vescovo. 71). SergasRi - villaggio del com. cens. di Gason. Abitato da

famiglie Sergàs. 72). SottoviHa - torrente che scorre in una ~alle profonda

fra Care. e S. Pietro dell'Amata - P irano. 73). Svabi - fraz. di Care. abitata da· famig lie Svab e Rea. 74). Tabanella -- contrada di Paugn.

T. è fraz. di Imola (Bologna).

75). T6rcola - contrada di Gason; forse da •torculum • (tor­chio}. Vedi Oliv. 351.

76). Tremon ( Tremone} - contrada di Paugn. - nel dialetto istriano frem6n lavoro profondo di scasso per ren-

dere produttivo un terreno incolto. Nella mappa erro­neam. Termun.

T. anche ad Albaro -Scoffic e a Trusche (Marcsego).

77). Valderniga - ampia e fertile valle attrave rsata dal torrente omonimo; appartiene solo nella sua parte alta a l comune loca le di Paugnano, mentre tutto il resto è sotto Isola e Pirano.

78). Valle Tricola - è percorsa dal torr. Cornalonga o Fiu­misin, che sbocca p. Capodistria. Entra solo per breve tratto nel terr. di Paugn. (Manzano}.

79). Verso Laura - fraz. di Paugn., di fronte al villaggio di Laura o Lavera (Maresego). Gli slavi la chiamano Na Labor.

Verso la V. Lago c Verso le Valli sono loca lità nel Padovano.

80). Zamarin - con .questo noto cognome istriano crediamo poter spiegare il Zamarinovaz, aff ibbiato anche nella mappa ad una contrada di Gason .

81 ). Zignazza - contrada di Care. 82). Zupandci -- villa di P augn . da cognome; gli a bit. sono

dett i anche • Fieghi • .

Dott. GIANNANDREA GRA VISI

111 ) Alcune centinaia di m: ad or. del c imitero , alla quota 277 m., c'è

Castelliere di Carcase, ch iamato dagli s lav i Gradis-ce.

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__________________ P_A_O_l_N_E_ISTRIAN_E ________________ I __ 51

Musa vernacola p1ranese (Versi dialettali inediti di Orazio Colombani)

Dalle carte che furono di Antonio Madonizza e che la super­

stite figlia di lui, signora ldalia Sandrin , ha gentilmente poste a

mia disposizione per soccorrermi nel non facile tentativo di rimet~ t ere in piena luce la magnanima figura di quell'indomito patri atta

e vero scrittore, tolgo un componimento vernacolo inedito di Orazio Colombani e lo pubblico allo scopo anzi lutto di accrescere la non ricca serie dei prodotti poetici della m usa dialettale istriana del secolo scorso.

Del dottor Orazio Colornbani non è peranco spenta ogni

memoria in lstria. 1) Buor. medico, costante patriotta, facile ver­

seggiatore così in lingua ·che in dialetto, lasciò più tracce di sè

in quella Pirano che lo vide nascere il 1~ gennaio 1820 e morire

ancor vegeto il 6 aprile 1873, dopo di averlo avuto per più anni podestà e rappresentante e sostenitore dei propri diritti alla Dieta provinciale e al Parlamento austriaco. Veramente, tempra più di spettatore che di attore, più d'uomo pacifico ed amante del proprio nido che di politico intrapre11dente ed assiduo, il Colomb ani, quando Francesco Vidulich, allora capo riconosciuto della piccola depu­tazione istriana a Vienna, lo esonerava per telegrafo dall'accor­rere alla Camera, s'affrettava a ringraziare l'amico con lepida effusione in · scorrevoli versi, beato come una pasqua di potersene restare nella sua !stria, ossia, per usare il suo arguto linguaggio,

•Ai patri lari, Scevro dagli obblighi Parlamentari. •

Anche meglio riusci va , allorchè, lasciata da parte la lingua

doHa, che di solito gl'intralciava lo stile e gli rendeva pesante

la strofe, si dava a comporre nella sua colorita parlata nativa, ch'egli stesso confessava di avere • più a man•. Un saggio del­

l'arte sua di poeta vernacolo è già a stampa nel librettino in cui Felice Glezer raccolse alcuni suoi componimenti poetici, e fa biz­

zarro contrasto con certa paludata e affannosa canzone in lingua

1) Di lui scrisse un caldo elogio funebre pochi giorni dopo la morte Uiu· seppe Bubba nella Provincia dell'lslri':l (a. Vll, n. 8: 16 apr ile 1873).

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sul • Colosseo romano • . 1) Il brioso epitalamio che qui sotto si

stampa, e che richiama a l pensiero la tranquilla IStria dei nostr i nonni, estrema e sconosciuta Tu le d'Italia, tutta racchiusa nel breve cerchio di una solitaria ma non ingioconda vita provinciale, dà forse, scritta com'è nell'epoca in cui il Colombani era nel colmo delle forze e dell'estrc, esalta misura di ciò ch'egli pòteva c valeva come rimatore vernacolo ; misura, n è alta troppo nè troppo bassa, di scherzoso e bonario verseggiatore sullo stampo, per ricordare dei · nomi famosi, del Buratti e del N a !in.

GIOVANNI QUARANTOTTO

l ) Poesie di Orazio de' Colombani di Pirano; in nozze Bartoli-Calegari; Rovigno, nell'aprile 1887 ; Pola, lip . Lod. Bontempo, 1887. Precede la poesia un succoso cenno biografico del Colombani dovuto al dottor Felice Glezer. Vedi la gi udi ziosa recensione sc ritfane da P (aolo) T (edeschi ) nella Provincia dell'fstria (a. XXI, n. 11: 1 giugno 1887).

In ocasion de le noze ~ ) de mia comare Nina Pesaro con Sior Anzoleto Batistela, che in conseguenza diventa per tran­sus fanziazion mio compare.

P er andar dr io vcchia moda, Proprio vechia co la coda, Dovar ia, me almanco p:tr, Su de tavola saltar; E co n a ria dc poeta Recitar qualche strofeta Che no fu sse tanto mal; Come un'ode, un madrigal, Un soncto, una canzon, Per esempio de sto ton:

Sposa, che muovi supplice All'ara del Signore, Mentre te irradia pronuba La fa ce dell'amore; Nel dì de' tuoi imenei Cogli dai labbri miei Gli accenti, che a te inuocanp Felicità ed amor. Di rose e gigli il tramite Sinfìori di tua vita : Di gaudio inenarrab ile Scorra per te abbellita, e tul fulgido s orriso

?) Nozze che furono celebrnte in il Colomboni era medico condotto.

che nasce in Paradiso Versi su te qual premio La mano del Signor.

Per te, per te quell'estasi Di g ioia e di contento; Giammai per te s'intorbidi ... S'intorbidi ... s'intorbidi.. . Cossa ? ... cassa? ... proprio adesso Che sul ser io gera messo E del Pindo gera in cima, Va mancandome la rima; E mi stesso, in verità, Me son proprio intorbidà. Za per quanto questa strofa La s ia bela, o la sia gofa, Se me fermo qua e se taso, Un augurio in ogn i caso Mi ve ho fato, e no xe mal

Se me impianto come un pal. E xe megio za deboto, Perchè mi se de sto trota Vado avanti ancora un poco, E nel tenero ve toco

Isola, dove dimoravano gli sposi c dove

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Con patetica poesia, Mi scometo, s i per dia, Come uno e do fa tre, Che a fifar incominciè. Tra che anche mi prevedo Che domani nel congedo Sarà lagrimç: e passion A misura de carbon, Che a nche mi de sora via Salti susa in poes ia lspirà, sentimental, No sarave proprio mal! M i son dunque d'opinion, E me par con gran rason, Che coi vers i, co le rime Declamade in stil sublime Non se fa che mandar via De le no~e l' alegria. Fè un augurio, per esempio, Che acompagna i sposi al tempio? Eco là che sul momento l ve casca in sentimento E i se varda de rimando Sospirando - sospirando. Declamè con stile enfatico, Come un orno che xe pratico, Che sa tute a menadeo Le delizie de imeneo? Vogio dir le noti bele Co le usanze sue novele; Dopo el talamo beato Che a pensar xe un gusto mato i

Po le coltrici, le piume, Tuto in scuro e senza lume? Eco là ch'e questa cosa No ghe comoda a la sposa, Che diventa, poveraza, Rossa rossa e se imbaraza. D'altra parte p o lo sposo S'el xt un poco mali zioso, Come polo interpretar Out>sta specie de parlar? Per dar gusto po ai do amanti Cole strofe andè più avant i, E , inca lzando l'argomento, Aludè per un momento Ai bei pargoli dileti, A quei fruti benedeti i

Butè insoma le parole De ficon sora la ~prole,

Sora i fioi che nassarà Che dirà ma ma, papà: Eco qua l' inconvenienza De una pessima influenzn.: No xe un tema tropo bon, E ve spiego la raso n: Perchè come che i pensieri Un co l'altro volentieri Se richiama fra de loti, E in cadena d rio i se cori i Ghe ne vien naturn.lmcnte Che a la sposa vien presente Tuto quanto, ben e mal, De la vita coniugai i E la vostra profezia Fa che in cambio de alegria Vcgna un'altra rimembranza, Che no di go per creanza i Ma un clotor in medicina, Se anche el tase, la indovina. Xe parole che ridesta M ile idee dentro la testa i E così se va via via A scaldar la fantasia, Che za par de aver la panza Quasi in cre&cer per gravianza; Po il pensier dc aver in brazo O una sepa o un be l putazo; P o !'idea che dà gran pena De cercar fora la ne n a; Po el pensier de far scuf iete, Paniseli, camisete; Po i zogatoli, i bomboni, Se volè che i fioi sia boni, E po insoma vfnti, trenta Altre idee che ve tormenta. St i pensieri per la sposa; Ma al marido un'altra cosa Ohe risvegia i vostri vers i: El ghe pensa ai soni persi, Ne le rechie za ghe fa El putin buà, buà; E sti zighi del putel Ohe fa grizoli al cen•el: El prevedi dc patir , No podendo più dormir i

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E za el pensa, povareto, Dc cambiar per forza le lo: Po l'idea del batizare, Po el compare e la comare, La candela po a l piovan

Che ghe fa so fio cristian; E po infin - no conto fiaba Dei bei tal eri a la ba ba! Bel afar, bela imprcssion Che se fa, per dio Bacon: Povcràneme, fc otusc Do persone co le muse. Dunque mcgio, mc capì?,

A far come fazo mi;

Pcrchè schivo cl piagnisteo De un poema de imeneo, Che ga , come diga, el vizio Dc far se rio un sposalizio.

Dunque capita più a man El dialetto vcnczian,

E perciò co s to dialcto Mi ve mostro ogn i mio afc to,

E dal fondo del mio sen

Ve desidero ogn i ben. Tuto quel che vualtri stessi Col pensier ve bramaressi: Bancanote a sguazo, arzente, Vita longa de ani cento, E dc più, de più magari,

Per fragiar st i bczi cari. Ve desidero fra tute Ste bcleze la salute : Sempre prosperi, fiorenti, Come anzoli contenti. E s icome mi talvolta Go pretesa a chi me ascolta

De esternar qualche sentenza Come un Nestore in semenza, Come un orno de gran gnuca, Pcrchè go pclà la zuca ; Cussi adeso mi ve digo Che el più b ruto de ogni intrigo E un gran ma l de novo conio Xc discordia in matrimon io. Certo che no xc dc aver Gnanca un'ombra de pcnsicr

Isola, 12 aprile 18fi3.

Che l' acordo fra de vu

No abia a cresser sempre più; Ma compagni tuti semo

E a le volte se scaldemo, E ogn i dona no va imune, Come ogn i omo, da le lune: Però dato e non concesso Che nascesse a vu lo stesso, Tegnì a mente, galan tomo, De far come fa un brav'orno, Richiamandove in pensicr Che avè un'otima mugier.

E vu pur. s ignora sposa, Tegnì a mente un'altra cosa Che ve di go adesso mi : Che avè un otimo mari. Dc mi spesso rìcordeve, E un co l'alt ro ripeteve: 'Oc, diseme, Nina mia

Ve scordè, de brava via, Che compare Colomban In dialeto venezian v· ha istigà, v'ha suger ido

Bon acordo col ma rido? E vu, s posa, a vostra posta Dc rimando, sta 1 isp9sta: 'Oe, diseme, Batislela, Ve scordè vu forse, oh bela, Che compa re Colomban In dialeto venezian La concord ia per dover V'ha istigà co la muger? Zurè po sul vostro onor De no mai cambiar de umor, E un'idea scolpive in sen, Dc volerve sempre ben. Deve infin una basada, E dc man una strucada, E ocorendo anche un bascto - Cossa serve, parlo sch ieto - ­Dcdicheghe a Colomban,

Che dc vualtr i xc lontan; E la vost ra rimemb ranza Premierà più che abastanza Questo picolo lavor Che composto ve ho col cuo r.

Orazio. çolombani

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BIBLIOGRAFIA ISTRIANA

A. Libri ed opuscoli

128. Salvatore Moscolin : B revi cenni biografici su Domenico Lovisafo, con fo tografia; Capodistria, S tab. tip. naz. Carlo P riora, 1922. ·

Della nobil e festa che la cittadina d' Isola organizzò recentemente :.. commemorazione di uno dei suoi più degni figli, Domenico Lovisato, resta, quale ricordo, questo opusco letto, in cui un bravo e atti vo giovane isolano, il s ignor Salva tore Moscolin, con amorosa cura raccolse quante notizie potè intorno alla vita e all'opera del Lovisato. Certo, non può, nè deve finire qui il cOmpito che spetta, oltrechè agl'isolani in particolare, agl' istri an i in genere, d'illustrare de­gnamente il Lovisato e come patriotta e come uomo di scienza. Troppa traccia . egli ha lasciato di sè nella vi ta dell a sua terra natale e della sua nazione, perchè no i ci possiamo sbrigare di lui con una cerimonia celeb rati va e un'oraz ione a stampa. Ad ogni modo, l'opuscolo del Moscolin è un buono e promettente inizio; e noi lo salut iamo come tale, augurandoci allresì che valga a rendere famigliare al nostro popolo la figura di un uomo che ebbe anche il merito di restare per tutta la vita uno zelante e convinto democratico.

Molto opportunamente, soggiunta allo scritto del Moscolin è una bellissima e commossa lettera del grande patriotta triestino Eugenio Popovich, magnifica ­trice essa pure del Lovisato, al quale il Popovich fu unito da fraterna amiciz ia , cementa tasi anche sul campo di battaglia.

G Q.

129. Dott. Mario Stenta: Trieste negli studi di biologia marina; estratto dagli «Atti della Società Itali ana per il progresso del! t: scienze)) ; Xl Riunione; T ri este , ottobre 1921. Città di Castel lo, Soc. anon. tip. «Leonardo da V inci ~ . 1922.

Con la competenza scien tifica che tutti gli r iconoscono e con la scrupo­losa diligenza di cu i è veramentt: maestro, Mario Stenta traccia in questo saggio (che altro non è se non un disco rso da lui tenuto lo scorso ottobre in Trieste all'undecima riunione dell a "Società itali ana per il progresso delle scienze~ ) la storia degli studi di scienze nat urali nella T rieste dell'ottocento, soffermandos i più particolarmettle sull e vicende degli stud i di biologia marina. Tutte le istit u­zioni triest ine volte allo stud io delle scienze naturali sono da lui atten tamente esaminate, di scusse e accompagnate nella loro va ri a fortuna dalh loro origini fino ai giorni nostri. Ci passano cosi dinanz i agli occhi il Museo civico di scienze naturali, fondato verso la metà del secolo scorso da Enrico Koch e di cui ora è degno direttore lo Stenta medes imo, la Società adriatica di scienze natura/t, sorta nel 1874, la Stazione zoologica, ist ituita dal cessato gove rn o austriaco nel 1875, il Museo di pesca marina, aperto sotto gli auspici della Società di pesca e piscicultura mar ina r.el 1911. E insieme con le istituz ioni s fila no gl i uomini che le idearono e le diressero , ritratti con s obrio ma efficace toeco e giudicati anzi tutto in relazione alla loro atlività scientifica. Nè lo Stenta dimen tica gli studiosi che operarono e vissero indipendenti, i due Stossich, padre e figlio, e l' Accurti. Quest'ultimo in ispecie, di cui sì sa che insegnò da

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giovane nell'attuale R. Ginnasio·Liceo •Carlo Cambi » di Capodistria c che fu un geniale studioso delle alghe marine 1), è rievocato dallo Stenta con amoroso rispetto e con equo apprezzamento dc' suoi meriti scientific i. Chiude, molto opportunamente, il bell'opuscolo una compiuta e utiliss ima b ibl iogra fia.

G. Q.

130. Theodor von Sosnosky: lrredenfa Po/itik; Stuttgarl und Berlin , 1915. 131. Carlo Maranelli: Trenlino, Alto Adige, Venezia Giulia, Dalmazia:

dizionario di tutte le località dell'Italia redenta con dati geografici, storici, demografici ed economici secondo le più recenti statistiche. Ba ri, G. La· terza & Figli, 1915. [Non scevro di lacune c degl i error i in cui so litamente cadono i connazionali nostri quando parlano di noi e del nostro paese. Per citare un esempio, il M. crede che il Castelleone di Ca p odi stria es ista anco ra e sia ~ trasformato in un grande ergastolo ~ .]

132. Virgilio Gayda: Gli slavi della Venezia Giulia; Milano, Ravà, 1915 (Problemi italiani: XVII).

133. Mario Al berti: Trieste; Torino, a cura de: «L'ora presente• {s. n. t.), febbraio 1915. [Ottimo opuscoletto di propaganda, inteso a dimostrare l' italianità di Trieste.]

134. Francesco D'Ovidio: L'avversione di Ruggero Bonghi alla Tri· p/ice Alleanza; Campobasso, casa ed. Giov. Colitti & figlio , 1915 .

135. [Attilio T amaro e Alessandro Dudan :] Le terre adriatiche irredente; alcuni cenni storici e statistici con particolare riguardo a Fiume c all a Dalmaz ia. Roma, lip. naz. 8ertero, 1916.

136. Enrico Melchiori : Austria esecranda, ouuero poesia antiausiriaca; Milano, casa cd. Risorgimento, 1916. [Rassegna dci poeti ital ian i che imprecarono :di'Austria. Vi sono compresi, dei nostri, il Picciola e il Pitteri.]

137. Fausto Salvadori: Canzone a Nazario Sallro; edizione della P re­s idenza Generale della Lega Navale Italiana; Roma, Armani, 1918.

138. Franco Sarvognan: La guerra e la popolazione; studi di demografia ; Bologna, Zaniche lli, 1918.

139. Margherita Cuizza: l capricci d'amore; novelle; Tr ieste, Mo­settig, 1918.

140. Aftilio Tamaro: Na:zariD Sauro di Capodistria; estr. dalla

• Rassegna Italiana" , fase . IV, 1918; Roma, Armani. [Bella e possente celebra· zionc del martire ad ri atico. ]

141. Giorgio Pitacco: Il travaglio dell' italianiià di Trieste; Roma; ,.L'Universale", 1918.

142. Pietro Savini: Le origini e le evoluzioni storiche della civiltà latina e della nomenclatura locale nella Venezia Giulia; Venezia, a cura della R . Deputazione veneta di s loria patria, 1918 (offici ne grafiche Fer rar i, Venezia). [Gli inqualificabili plagi ond'è intessuta questa presuntuosa compi lazione , furono, come mcritavnno, pubblicamente denunciat i da R. Battaglia; dr. Pagine /siriane, n. l. N.S., fase. 111, png. 92.]

143. Whitney-Warren: Le giuste riuendicazioni dell'Italia; la questione di Trento, di Trieste e dell'Adriatico. Torino, Unione t ip. ed. torinese, 1918.

1) Un suo ecce llente «Cenno sulle alghe di Capodistr ia » comparve nel Primo programma dell'l. R. Ginnasio di Capodis{ria; Trieste, Llt:~yd austr.18~8.

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144. Comandante G. Roneagli: Il problema militare delf Adriatico spiegato a lutti; a cura della Società geogra fica italiana; Roma [s . n. t], 19\8.

145. Ercole Rivalta: Meni re il tempo matura; commemorazioni di eroi; Bologna, N. Zanichclli, 1918. [Da pag. 3 a pag. 28 : ., felice Vcnezian e Trieste sua• ; da pag. 31 a pag. 50: I{Riccardo Pitteri ~> ; da pag. 53 a pag. 67: • Gu­glielmo Oberda n».]

146. Raffaello Barbiera: Ricordi delle terre dolorose: Milano, T reves, 1918 (ill.) [Vedere sPecialmente da pag. 267 a pag. 276: •Musa vernacola trie­stina, Giglio Padovan ~> ; da pag. 277 a pag. 288: -. Un rivendicatore della civiltà lat ina a Trieste , uPietro Kandler e il suo brio•; da pag. 287 a pag. 3 13 : •Il maggior poeta di Tries te, Giuseppe Reve re •; da pag. 314 a pag. 327: •Memorie goriziane e Oraziadio Ascoli; da pag. 328 a pag. 333 :• .- Riccardo Pitteri , poeta-agitatore dell'lstri a." ; da pag. 334 a pag. 363 : ~ 11 nuovo marti ro logio, Cesare Battisti, Nazario Sauro e gli altri martiriD .]

147. Antonio Miele: O' irredenti nell'arte. Firenze, Bcmporad, 19)8. [Racco lta di brevi saggi biografici di scrittori e art isti trentinl, is trian i e dalmati dell'Ottocento. Degli istriani sono ricordat i il Revere, il Fortis, il Pitteri , il Fragiaco mo,· il Picc io la.]

148. Maria Gianni: Allo tradimento .- Bologna, Cappelli, 1919. [Versi.] 149. Bruno Astori e Bruno Coceancig : l volontari di Trieste c della

Venezia Giulia. Bologna, L. Cappelli, 1919 (ili.). 150. Antonio De Berti: Pio Riego Oamhini ,- Pola, Stab. tip. Fr.

Rocco, 1919.

151 . . Giuseppe V ida li: Co/ cuore della Giovine Italia,- pagine raccolte di un 'opera interrotta e san tifi ca ta dall a morte; prefaz io ne di lnnoccn-zo Cappa; Milano, Casa editrice Ri sorgimento, 1919.

152. Giulio C a prin : Trieste liberata.- Firenze, Bemporad, 191 9. [Eccone l'i nteressan te sommario: • La it alianit à fatale della Venezia Giulia• . •Trieste•. •La Venezia Giulia provincia di Trieste e di Fiume». ~ L'Austria-Ur>gheria c i suoi eredi arlriatici" . «La li berazione di Triesten.]

153. Luigi Giannitrapa ni: Le terre irredente: Vene~ia Tridenfina, Ve ­nezia Giulia, Dalmazia ; descrizione geografica, notizie etnografiche, econo mi che sta tistiche (ili.); Firenze, Bemporad, 1919.

154. Il Lloyd triestino.- note e ricordi: 1836-1920 .- Tries te, Officine dell'Istituto italiano d'arti grafic he • Bergamo; 1920 (i\1.). [V 'è riprodotta in fac-simile la bellissima lette ra con cui Gabriele d'Annunzio t rasme tteva al Lloyd triestino, che poi ne fece l'uso che tutti sanno , il disegno - dovuto a Guido Marussig - della nuova bandiera dell a Compagn ia e il motto Lihertatem Tesfor.)

155. L' /siria nella storia e nell'arte, Trieste, Pola, marzo 1920; Stabi­limenti poligrafici riuniti, Bologna. [Specie di numero unico. Non cont iene, di interessante e nuovo, che un articolo di B. Schiavuzzi: •Pola nei centocinque anni di lotta nazionale», p.p. 1-8.]

156. Om.ero: Odissea,- traduzione e note di Marino De S .zombathely; Bologna, L. Cappelli, 1920; 2 voli.

157. Romano Drioli: La congiura delle ombre.- poema drammatico in tre atti; Pola, tip. Fr. Rocco, 1920.

158. Edoardo Polli: Fra do sbari, nuo vi vers i in dialetto tr iest ino; Bo­

logna, L. Cappelli , 1920.

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158 PAGINE ISTRIANE

159. Haydh e Bruno Astori: La passione di Trieste; firenze, Bem· porad, 1920.

160. Silvio Stringari: Nazario Sauro; Venezia, li b. ed. nazionalista, 1917. 161. Sem Benelli: Il Sauro; Mila no, «Minerva" , 1919 (« l G ioielli

dc L' Eroica• ). 162. Commemorazioni di Nazario Sauro tenute a Roma e a Vene~ia

(agosto-settembre 1918); Roma, O. Annani, 1918 . 163. Domenico T amaro: L'agricoltura nella VeneZia Giulia ; condizioni

presenti e suo avvenire; Casalmonf.:rrato, casa ed itrice Fratelli Oliav i, 1920. 164. Attilio Brunialti: L' / siria nella natura, nella storia, nell'arte e

nella uila degli abitanti (secondo il confine geografico}; con una grande carta geografica, cinque tavole a colori e 184 i' lustrazioni nei testo. Union~ t ipografico· editrice torinese, 1920. [Basata su ricerche esclusivamen te allrui, non perfetta· mente a giorno degli s tudi più recent i, superf iciale e frettolosa in più punti, incompleta e manchevole sotto parecch i aspett i, ques t'o pera nulla aggiunge a lla conoscenza de ll'l s lri a nè a i merit i del Brunialli.]

165. Ricordo dell'Annessione; numero unico: 20 marzo 1921, Trieste ; Stabilimento tipogra fi co bNazionale• . [Contiene scritti di B. Astor i, S. Benco, A. Boccardi, N. Doria Camhon, Elda Gianelli, Haydée, A . Horti s, E. Polli, C. Ross i, R. Zampieri c d'a ltri ancora.]

166. Ferdinando Pasini: Come fui sepolto vivo; prefazione di Arturo farinelli; Bologna, L. Cappelli, 1921.

167. Cesare Rossi: La guerra santa; T ries te, G. Balestra, 1921. [Col· la na di sonetti che co n profondità di sen timento e venustà d'arte degna mente canta no "'i' ora attesa da no i santa e tremenda» , le ans ie della l~nga guerra rcdcntricc c il su premo rndioso trionfo d' Italia}.

168. N. Tommaaeo: Prose, a cura di E. Au bel; M ila no. Caddeo c C., 1921.

169. Adriano Lualdi : Viaggio sentimentale nella Liburnia (Riviera del Quamero}; Milano , Ouintieri, 1922; ili.

Riviste e giornali 170. G. Voltolina: Due anni e mezzo di despotismo austro·poliziesco

in !s tria ; in t~ La Nazione" (Trieste) , 21 di z. 1919. 171. F . Babudri: Trieste in diari veneh: dal 1851 al 1866 ; in ~ L'Era

Nuova» (Trieste), 7 clic . 1919. 172. Sar [Giulio Cesari}: Iacopo Cavalli è morto l in (( La Nazione ~

(Tnicstc) 29 giugno 1919 [Affettuoso cenno necrologico.] 173. Iacopo Cavalli e la ladinità di Trieste; in «La Nazione• (Tri este},

6 lugl io 1919. 174. Giulio Cesari: Carlo Goldoni nella Venezia Giulia ; in O'( La Na·

z ionc della Domcn ica t (Trieste), 18 apr. 1920. 175. Una lettera di Nazario Sauro donata al Museo del Risorgimento

a Capodistria; {( L'Era Nuova» (Trieste), 7 marzo 1920. l 76. F, Babudri: Quella che fu ritenuta la ..~. dedizione » di Trieste al·

l'Austria; in «L'Era Nuova~> (Trieste), 12 agosto 1920. 177. B. Ziliotto : Cherso nella storia della cultura italiana ; in «Piccolo

della Sera 1 (Trieste}, 14 febbr. 1920.

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Cronaca e notizie varie

.;:.;. La Società lstriana di Archeologia e Storia in Parcnzo decise di continuare gli scavi intorno a Nesazio, interrotli durante la guerra, prcponcr-do a detti lavori il cav. pro f. Pietro Sticcotti, assistito dal dott. Giuseppe lacopiclr, laurea to in archeologia al R. Istituto di Roma.

~;,. A Dignano addì 21 agosto fu tenuta la commemorazione di Nicolò Ferro; vi parlò lo studente di belle lettere Gol o b.

* In Albana si è costituito sotto la presidenza del prof. Melchiorrc Cu~ rcllich un C.omitato, che curerà il trasporto dci resti mortali di Tommaso Luciani, l' intemerato patriota c scrittore di cose istriane, nella sua città natale.

~:~ Addì 15 settembre fu inaugurato a Tries te il VII Congresso nazionale della Stampa italiana, a perto dal Cav. Schiavoni, presidente di turno dell'Asso­ciazione della Stampa Giuliana.

* Alla Fiera Campionaria di Trieste, nel padiglione delle arti grafiche il prof. F. Pasini tenne un'applaudita conferenza •sul presente e l'avvenire del . libro italiano'> il giorno 17 settembre.

{!- Ai 20 di Settembre Isola d' !stria commemorò il suo illustre cittadino Domenico Lovisato, ardente patriota c insigne scienziato, carissimo a GMibaldi,

che sui campi di battaglia conobbe l'immenso amore ch'egli portava all' It alia. La commemorazione fu tenuta da Sa/valore Mosca/in, segretario del Comitato, all' indefessa allività de l qu ale Isola deve la splendida riuscita della festa. Sulla casa del Lovisato fu immurata una lapide con la seguente iscrizione dettata dal senatore Attilio Hortis:

NATO IN QUESTA SUA CASA AVITA

A DDl Xli AGOSTO MDCCCXLII

MORTO IN CAGLIARI

IL XXIII FEBBRAIO MCMXVI

DOMENICO LOVISATO

MATEMATICO E GEOLOGO

IL NOME !STRIANO ONORO'

SULLE CATTEDRE UNIVERSITARIE

E SUl CAMPI DI BATTAGLIA

CON GARIBALDI

CHE L'EBBE CARISSIMO

ADDl XX SETTEMBRE MCMXXII

POSERO l CONCITTADINI

~:{- Il giorno 28 settembre dal presidente del Comitato arch. Arduino Berlam fu inaugu rata a Trieste la prima Mostra d'arte popolare italiana, organizzata dal Circo lo Artistico, per la conservazione della quale Gabriele

d'Annunz io istituì la •Compagnia del Retaggio,. .

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160 PAGINE ISTRIANE

*.: Il primo di ottobre ebbe luogo a Gorizia il terzo congresso filologico

friulano. In questa occasione· fu inaugurata una lapide appos ta da i Municipio all a caaa del goriziano Graziadio Ascoli, con la seguente iscriz ione i

QU} VISSE

DAL 1829 AL 1861

GRAZIADIO ISAIA ASCOLI

CHE DA QUESTA ESTREMA TERRA LADINA

S' ADERSE SOVRANO FRA l LINGUISTI

GLORIA D' 1T ALIA NEL MONDO

GORIZIA

IL GRANDE FIGLIO

ORGOGLIOSO

RICORDA.

PER VOTO DEL CONSIGLIO COMUNALE

-:~- Addì 15 oltobre al Museo di Risorgimento di Tr ies te fu inaugurato ad ad Antonio BaiamonH, spalat ino, un busto, offerto al Comune dalla Società Da lmatica, che volle onorare così la memoria dell'illustre propugna tore dell' ita· lianità adriatica.

-::-:- Il giorno 19 ottobre alla Società di Minerva di Trieste Alfredo Panzini lesse un suo racconto "Il fantasma dell a Nonna~ . Umber.fo Saha vi !case i l giorno 25 i .- Sonetti dell'autobiografia» ancora inedi ti.

-:+:- R. Accademia Virgiliana di Mantova, Pubblicazioni; S e ri e Il n.0 2 L'Eneide, tradotta da Giuseppe Albini. Seri e Il n.O 3: Romolo Quazza , M antova c M on fcrra lo nella po li tica europea a ll a vigilia dell a guerra pl:!r la successione (1624-1627), Da documenti ined iti tra tti dall'Arch ivio Gonzaga.

* Athenaeum, Studii periodici di Letteratura c Sto r ia diretto dal prof. Carlo Pnscal. A. X Fase. lV, ottobre 1922: Giuseppe Ammendo/a, Musa latina di Francesco Sofia Aless io, - 0/ga Rossi, Dc Catone graecarum littera rum oppugnalorc, latinitatia ace rrimo defensore. - Carlo Pasca/, G iuseppe Fracca­roli. - Comun icazioni e note . - Bibliografia. - Noti zie di pubblicazioni.

* Bollettino della civica Biblioteca di Bergamo. A. XVI, 1922. N. l c 2: A Mazzi, l confini dc i comu ni del contado. - Achille Locale/li Mi/esi, Una piltrice di fiori. Sofia Tambu rin i Caversazzi. - P. Rolla, Nota di botanica popola re bergamasca. - Vicebibliolecario , Una trag ica lette ra dell a contessa Angela Alban i Suardo. - L'assedio di Malta {1563). - Itala éosta, Notizia dell a vita c delle opere dell'abate Picrantonio Serassi. - Achille Loca­te/li Mi/esi, Il Caravaggio e il caravaggismo. - Vicebibliotecario, Alcune lcLtc re dci Visconti di Brignano. - Appunti e no ti zie.

Stabilimento Tipografico Nazionale CARLO PRIORA - C apodistria

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· Anno l della Nuova Serie (Xlii della Raccolta)

Fase. VI Capodis trìa, no \'e mb re· dice mb re 192'L

PAGINE ISTRIANE Rassegna bimestrale di Letteratura, Scienza cd Arte

con par ticolare riguardo all'l stria

Una procura di Giuseppe Garibaldi

La procura, che presentiamo ai lettori delle Pagine /siriane, s i ricol!ega a un episodio ignorato, il quale, se nulla di note vole aggiunge alla biografia del Generale, ha tuttavia particolare importanza per noi come documentazione inoppug nabile di quel fervore d' italianità, che, nel travaglioso periodo del nostro politico servaggio, alimentò di secrele speranze le nostre aspirazioni nazionali.

Erano i tempi in cui il movimento irredentista non aveva che pochi seguaci; ma quas i ogni più piccolo centro delle nostre regioni contava già il suo aposto lo . E la gioventù, non ancora avvelenata da settarismo partigiano, faceva eco alla parola fervida di qualche operoso inlelleltuale, e tutte le ideologie politiche si assommavano in un unico simbo lo: Italia , monarchica o repub­bli cana che fosse, pur che fosse Italia una.

A l mio paese c'è ancora chi ricorda quei baldi giovani indossare , nei dì festivi, la fiammante camicia rossa e intonare, pur sotto le insegne della bicipite, ardenti can·zoni di guerra: dall'inno sabaud o • Delle spade il fiero lampo ... • alla • Camicia rossa, camicia fina , garibalctina ... • , che conchiudevasi con un caratteristico ritornello : " Un, due, tre, Garibaldi nostro re l •

A dar esca a quel fervore patriottico contribuì note volmente anche l'a zione d ' una compagnia drammatica, diretta dall'artista Giuseppe Moroni, seguace e ammiratore di Garibaldi , che un giorno gli aveva promesso di farsi padrino d'un suo figliuolo. Più tardi, quando, in seguito al fatale maturarsi degli avvenimenti politici, ebbe ripresa la sua vita randagia di comico nè fu in grado di avvicinarsi all'antico suo Duce, il Generale, che non aveva

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162 PAGINE ISTRIANE

aveva dimenticato la promessa, gli fe' pervenire la seguente

autorizzazione: 1)

• Signor Giuseppe Moroni

Artista Comico

Caro Moroni,

San Daniele Friuli

Vi serva questa mia di procura per titolarmi Padrino di

vostro figlio. Vos!ro

O. Garibaldi Caprera, 12 Marzo 1872. •

Come si rileva dalla soprascri!ta, la lettera raggiunse il Moroni, mentre si trovava con la sua compagnia a San Daniele del Friuli. Poco dopo partiva per la città di Cherso, dov'egli contava larghe simpatie e aderenze; iv i giunto de-cise di assog~ gettare alla cresima il figliolo già grandicello.

Un filodrammatico, amico del Moroni e grande ammiratore

di Garibaldi, il signor Giuseppe Zencher 2), accettò con entusiasmo l' offerta di rappresentare il Generale alla cerimonia religiosa. Alla prima favorevole occa.<Sione, il Moroni col figlio e il padrino­

sostituto Zencher "- che per la circostanza aveva indossato la camicia rossa - si recarono a Veglia, sede vescovile, per le pratiche di rito. Il giovinetto, che si apprestava a ricevere la sacra unzione, fu sottoposto all'esame rituale da parte del parroco Zubranic senz' alcuna difficoltà. Il guaio venne quando al vescovo fu dovuto partecipare il nome del padrino effettivo, Garibaldi. Monsignor Vitezic, croato, preso da sacro orrore, d ichiarò sde­gnosamente che ·per l'eretico filibustiere non c'era posto in chiesa l

E la cresima non si fece. Per nulla sconcertato dalla villana ripulsa,

stituto Zencher persuase l'indeciso Moroni a

il padrino-so­traghettare il

1) Il prezioso autografo si conserva fra le memorie più care della mia

famiglia. 2 ) Giuseppe Zencher fu un bel tipo di caffettiere letterato. Sapeva a

memoria l' Aristodemo dd Monti (l'aveva recitato col M orani) c vari cant i della Divina Commedia. In America aveva gestito una pasticceria e, ritornato fra noi, amava definirsi <·il pasticciere dei due mondi», Indossava una specie di

poncio · e portava barba c capelli lunghi alla Garibaldi.

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PAGINE ISTRIANE 163

canale della Morlacca e raggiungere Segna , altra sede vesco vile sul litorale croato . Ciò fatto, si presentarono all'episcopio , dove Monsignor Soie li accolse bene volmente e nulla trovò da obiettare quando gli ebbero esposto il moti vo della loro visita.

La mattina seguente, nell'oratorio pri vato del vescovo, fu impartita la cresima al giovinetto Moroni, e sui registri ecclesiastici venne segnalo il nome del padrino Garibaldi, leg•lmenle rappre­sentato dal signor Giuseppe Zencher, oriundo di Palmano va, domicilialo a Cherso. Anzi, all'allo di congedarsi - com'ebbe a

riferirei testualmente il signor Zencher - Mons. Soie, rivolto al Moroni, disse: • Saluti da parte mia il generale Garibaldi , che io tengo in grande considerazio ne, e Gli dica che da oggi noi

siamo di venuti parenti; poichè la Chiesa stabilisce che fra il cresimando , il padrino e il cresimante subentri una parentela spirituale. •

Potrà recar meraviglia il contegno così diverso di due ve­scovi cattolici, croati entrambi; ma è fac ile spiegarne la ragione. Il primo, mon s. Vitezic, uno dei corifei dell 'agi tazione croata in l stria, informava la sua condotta a quei principi d 'i ntolleranza politica, di cui si servì a lungo i.l clero austro-croato per conculcare

l' italianità delle nostre terre; l'altro invece, scevro di pregiudizi politici, era altamente compreso del suo ministero evangelico e

non malediceva nemmeno al nemico della Chiesa.

JACOPO 'è:ELLA

Cherso nel Ouarnero, settembre 1922.

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164 PAGINE ISTRIANE

Appunti sul pensiero politico Cari i di G. R.

Il conte capodislriano era venuto nella metropoli lombarda

quando la part e migliore dell'aristocrazia milaryese sotto l'influsso

delle idee nuove aveva già iniziato quel processo di trasformazione spir ituale che doveva, in ultimo, sboccare nel movimento liberale

nazionale. Il giusto senso di mod e rn ità di cui si vivificava la sua

dollrina larga ed e quilibrala , l'aveva fallo accogliere nella cerchia

di quella società in cui pil1 vigorosi erano i germi del rinno­vamento, la società dei Verri, de i Lambertenghi, dei Beccaria,

accostandolo a nch e a l più intimo cenacolo che pre~deva quel

nome o:che accenna a voler risvegliare, ad un antidoto contro i narcotici e la cura del papavero.,..; e nel • C affè * anche il Carli

aveva lanciato il s uo .grido di aspiraz ion e a tempi migliori. Ma,

come s'era tenu to lontan o dal tranquillo stagno in cui vive va

il patr izio volgo parruccone, così s'era guardato dall'avvicinarsi

troppo a ll e aequo già smosse dal vento d'oltre A lp e. E da questa sua spiritu a le s itu azione , coll'andar del tempo sempre più guardingo,

poteva osse rva re le cl ass i aristocratiche trasformarsi ~per l'azione occulta del/t! idee nuove che esse sono portate a conoscere, sia per amort! di lotta e/te di coltura o per necessità di prevenzione ~

e la "Milano aristocratica strisciante verso Par_igi•. Ma,· con

sempre crescente preoccupazione, s'accorgeva che, per "- quella via il ceto nobile, per inavvertito errore di orientamento spirituale• , s i sarebbe imb attuto un gio rn o nella rivoluzione 1

); vedeva ancora

lo spirito ri voluzion ario penetrare negli animi con le opere · del

• seducente ~ Ginevrino, e s i prepa rava , co nscio di adempiere al dovere di cristiano e di cittadino, a tentar di ritrarre, con b. sua parol a, la società dalla via rischiosa pe r la quale s'era

incamminata .

11 pensiero del Carli sorgeva così come antites i all ' idea

rivoluzionari a che lo scrittore ve d e inc arna ta nel l~ousseau. Co ntro

l'opera del filo sofo g inevrino il Cari i dirige quindi il suo sforzo

1) F. Rola, • L' Austria in Lombardia c la preparazione del movimento

cisalpino&, Milano 1911 , c. 111.

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PAGINE ISTRIANE 165

confutandone in due scritti le a rdite teorie. Questi scritti hanno

pe rciò un val ore anzitutto storico, come documento cioè dell' atteg­g iamento personal e de l Carli e come espressione dei sentimenti

d 'una pa rte dell a s ocietà italiana di fronte ai nuovi principì e poi agl i avvenimenti del periodo ri voluzionario. E come tali s i devono

considerare. Ma da essi si ricava ancora frammezzo alla passione polemica, il pensiero politico del Nostro.

L'Uomo libero (1787) vuoi essere l'antidoto al veleno che per 4 1 ~ fa migli e • , per gli • Ìmperj ~ cont iene il cCon,tratto sociale • ,

il libro ~più formidabile di quanti siano usciti alla luce• e mira ad ÌI~spirare •subordinazione e rispetto verso le leggi, amore e obbedienza verso i propri geniforj, e verso i sovrani• . Con la disser ta zione accademica • Della diseguaglianza fisica, morale e civile degli uomini ossia Ragionamento sopra l'opera di Rousseau Discours sur t origine et le /ondemens de t inegalité parmi !es lzomfleS• (1792) composta sotto l' impressione degli eccess i ri vo ­

luzionari, il Carli vuole ultimare la confutazione delle teorie del Rousseau falla nell ' ope ra precedente ' ). In questo egl i era ven uto

1} Della diseg., p. 123-24; cfr . spcc. p. 235-7. Il Bettinel!i ne elogiava L'A. con- quest i vers i :

• Tu ammiri, o passaggero, quell' arhor si sublime, che spande e leva altero le frondeg~ianfi cime.

Or mira il tronco addentro alla scavata scorza, gl'insetti in loro centro v'han nido, pasto e forza:

In questo vii dappresso, superbo da lontano, in questo, C orli ha espresso il Sofo di!l Lemano.•

(Cart eggio scient if. , lett. 21 nov . 1792). Ai quali il C. r ispondeva con questi altri:

(lctt. 27 nqv. 1792).

«Quel grand' arbor, di cui parli, Bettinelli, onor de' V ati. non fu spento dal tuo Carli, ma sfrondato un po' dai lati.

Con tro lui, tu vezzeggiando sino amor, fiero rendesti; che impugnò fulmineo brando e scoccò dardi funesti.

A si insolite percosse, di colui che in pregio il mise la sdegnosa ombra si scosse, Gallia pianse, e Italia rise. •

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166 . PAGINE ISTRIANE

•analizzando lo stato d' un' isolata famiglia, che si va moltiplicando ne' figlioli in modo da formarsi una popolazione, e passo passo si conduce s ino a ll o stato di Società naturale, e di Società civile, e sino all a diversa natura de' Governi, e delle reciproche rela­zioni fra questi, la Società• 1

); nell'altra sostiene che •l'uomo .... . nasce senza volontà; e senza u'b!onfà non può esistere, nè esiste libe1 tà. Allorchè poi con la forza comincia a svilupparsi la volontà, ritrovasi obbligato al dovere di dipendenza verso quelli, che gli somministrano il modo di alimentarsi. l doveri adunque, in natura sono anteriori

1

ai diritti. Dunque l'uomo non nasce libero. Acqui~ stata poi la forza e la potestà di agire o non agire, la volontà d1 esso è una conseguenza, ed una mamfesfazione del carattere, e dell'istinto ' ). Non esiste dunque la libertà come l'intesero i filosofi d'oltr'Alpe che ne confusero il concetto con quello di arbitrio individuale che è anarchi a, ma la • la libertà legale • o meglio • la libertà sociale, quell a libertà che gode l'uomo in so; ietà d'altri uomini )J; nè esiste l'uguaglianza come vuo le il Rousseau : dalla differente natura deriva negli uomini un diverso modo d'agire e dal conflitto delle differenti passioni sono sorte le classi sociali 3).

l due scritti s'integrano così vicendevolmente. Da queste premesse g-enerali ampiamente svolte scaturiscono

le dottrine politiche del Carli delle quali cercheremo di dare una succinta esposizione.

*** 1. Lo Stato e sua genesi. - Le vari e teorie dominanti al tempo

in cui scriveva il Cari i, dalla dispotica dell' Hobbes alla liberale del Grozio, del Puffendorf, del Locke e alla radicale de l Rousseau , s i assommavano nella teorica principale dell'origine contrattuale dello Stato, che è teorica essenzia lmente individualistica. Contro queste scuole e i loro principali assertori il Cari i combatte ricalcando il medesimo cammino, rifacendosi al medesimo punto da cui sono partiti i contrattualisti per giungere ad opposte conclusioni: esame de ll a natura umana, dei rapporti umani attraverso tutte le forme del loro sviluppo da que lle sempl ici della società naturale a quell e del governo natura le e alle più complesse del governo civile ·e in ultimo a quelle de ll a società politicamente costituita. A l po­stulato della teorica contrattuale, a ll 'idea cioè dell'individuo asociale

1) ibid., p. 122·3; L'uomo libero, p. 256. ' l Della d;seg., pg. 221. 3) L'uomo lib., pag. 11 ; Della discg., p. 123, 223.

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PAGINE ISTRIANE 167

che precede e domina quella dello stato sociale, il Carli contrappone il proprio: l'uomo primitivo quale l'ha concepito il Rousseau è un parto della fantasia malata e delirante di romanzieri i l'individuo

non può concepi rsi nè storicamente nè astrattamente al di fuori

della società; lo stato è una derivazione naturale e progressiva - attraverso tutte le leggi che regolano l'evoluzione, quale l'ada!·

lamento all'ambiente, la lotta per l' esistenza e le regole generali

che presiedono la vita individuale e familiare e • inerenti alle leggi della natura • , quali la • forza d' imitazione • e quella della <~sens ibilità • - della primitiva società naturale, la famiglia . L'af­

fermazione e la dimostrazione di questo postulato importa l'esame

e la critica della teorica contrattuale e quindi delle dottrine con· tenute nel Contralto sociale e nei Discours sur l'origine et /es /ondemenls de l'inégalifé parmi !es hommes. II punto di partenza, come accennavamo, è comune: il fondamento dello studio dei fenomeni naturali e de lio svolgimento delle forme giuridiche sulla osservazione dei fatti naturali, muovendo, per via indutti va, da essi

alle forme attuali e alle leggi fondamentali che li governano. Ma dai principi stessi del Cari i si desume già , e l'A. v i insiste più d'una volta, la grande differenza che dal punto di vista melodico lo distingue dagli scrittori che esso confuta: la negazione di qualsiasi presupposto metafisica e la ricostruzione d'una teoria che non si fond a su bas i puramente subbiettive ma sulla ricerca e sull'accertamento dei fatti • per via di necessaria conseguen7.a•.

Fermo nel principio d eli' inconcepibilità dell 'i ndividuo anti ­sociale, il Carli studia l'evoluzione della società umana distinguendo

tre stadi: società natura le, governo naturale, governo civile. Nel

primo si distinguono tre momenti: il primo nel quale la società nel suo nucleo ch'è la famiglia sussiste per opera della natura e si hanno « Ì primi elementi della giustizia distributiva e punitiva • 1

}; il secondo nel quale , per lo svilup po della sensibilità e delle facoltà effettive i v incoli familiari si rafforzano e nella società naturale si ha un progressivo inci vilimento ~ ); il terzo in cui sorgono le prime forme

di libertà e di diritto, di cui il primo è quello di proprietà dal quale nascono poi lutti gli altri che regolano i rapporti fra gli uomin i 3

). L'esistenza del diritto di proprietà ci dice che è già

avvenuta la prima divisione nella società, e quindi il •primo patto •

1) L'uomo libero, p. 18-26. 2) L'uomo libero, p. 27-35. 3) id ., p. 37-62.

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168 PAGINE ISTRIANE

fra gli uomini non è •quello che gli uomini liberi fanno con la società per unirsi; ma bensl quello che la società naturale fa con gli uomini uni h: per iscioglierli e separar/i"' l 1

) Ben altro dunque che il principio contrattuale! Ma l'istinto porta l'uomo a riunirsi in società, col progresso delia quale sorgono nuovi rapporti di diritti e di doveri che la religione modera e consacra col culto e che gli uomini tuttavia, per la diversila del loro carattere e per la loro •naturale sensibilità • - che è «princip:o d'Qgni virtù e d'ogni vizio • - turbano con l' offesa e la vendetta. Nasce allora il bisogno d'aver resa giust izia, il quale induce alla «formazione d'un centro di riunione, o sia d'un capo di società con cui prende forma il naturale governo»~ forma semplice •in cui non si rappresenta altro che l'immagine della prima famiglia applicala ad una più es/esa propagazione•' ). L'idea di governo è già concretata. Ora la natura umana - e così il Carli svolge anche il secondo suo principio, della diseguaglianza naturale degli uomini ha in sè differenze fisiche e mora lì e "però sono pure

di natura le conseguenze e g li effetti che ne derivano• cioè le differenze di stato e di condizioni con cui nascono le prime disparità sociali, le classi sociali 1 la sperequaz ione nella distribu­

zione delle ricchezze con tutte le conseguenze che porta seco.

Ed ecco sorgere la necessità di un potere sovrano che sia come • l'equilibrio • della sociela stessa "). L'ultimo stadio dell'evolu­zione è così compiuto; dalla primitiva società naturale ~ la

famiglia - sv iluppatasi nei tre stad i successivi; attraverso le

forme del governo naturale e civile, si è pervenuti all'ultima

forma della societa politicamente org•nizzata. 2. La sovranità. Teoria delle farnie di governo. - La carat­

teristica che si nota nel pensiero economico del Carli si riscontra

anche nell e sue teoriche della sovranita e delle forme di governo. Nel secolo in cui si formulavano e s'affermavano le dottrine più

radicali il Carli sostiene un principio che non è legittimista nel senso più ristretto del termine~ ma non è neppure radicale: una

specie di eclettismo politico. Il soffio dei tempi nuovi passa anche attraverso il suo spirito; ma in quello il mite CaptJdistriano

sente anche un alito mefitico di vapori velenosi che s'innalzano sull'orizzonte europeo. A' suoi tempi egli non poteva liberarsi del

') id., p. 58. ' ) L'uomo libero, pp 78, 101 sgg., 122 sgg., 153 seg. :l) id., p. 158 sgg.; •Della diseguaglianza• p. 149·203.

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PAGINE ISTRIANE 169

tutto dal presupposto erroneo dominante nelle scuole che importava confusione di forma con contenu to intrinseco ') .

Quindi è che quelle che costituiscono le attribuzioni specifiche

della sovranità sono studiate non in rapporto ad una ide a immu­tabile nei suoi vitali principi di giuridica person;1. qual' è lo Stato,

ma riferendosi alle forme eventuali che esso assume e, eviden­temente, alla forma monarchica i indipendentemente perciò dalla indispensabile distinzione di metodo.

• Per esaminare l'origine della sovranità, scrive il Carli,

ho tentato di conoscere /'uomo quale doveva essere al momento - cioè in qual determinalo stadio di civiltà - in cui doveva accadere tale avvenimento" 2

). In questa ricerca l'abbiamo seguito

esaminando la s ua teoria sulla genesi dello Siato: dobbiamo adesso stabilire che cosa sia il concetto di sovranità e sotto quali forme essa ci si può presentare nell'atto in cui si esplica la sua attività giuridica. La sovranità - sia che si raccolga ed impersoni in un solo, sia che si racchiuda nelle mani di più individui - è sempre la conseguenza naturale della disuguaglianza fra gli uomini, i q~ali, nel processo continuo dell'evoluzione sociale per effetto della disparità di condizioni causala - dal loro • diverso carattere, genio, industria e tendenze • , per le differenze economiche e sociali e le loro consegÙenze, s'indussero alla ricerc a d'uno stato d'equilibrio morale e politico in cui fosse possibile il sorgere e l'affermarsi di un morale organismo capace di esercitare la propria al di sopra delle volontà singole e indirizzarle ad un unico fine 3

). La sovranità e quindi una <necessaria conseguenza, inne­gabile come innegabili sono le tracce della natura e le di lei progressioni• 4

) Disciplina e religione sono poi le basi su cui la sovran ità si fonda '' ). Come l'origine così anche l'essenza della sovranità e conseguenza necessaria di naturali premesse: la ragion naturale è la regola indispensab ile per la libertà fisica umana, la ragione civile e politica per la libertà morale. Ora questa

1) Dico del tutto perchè in un passo dell'Uomo libero (p. 189) il Carli scrive : • / filosofi ed i giuspubblicisti ànno certamente con/uso l'idea della sovranità colla rappresentanza della pubblica autorità o delle volontà private o delle private forze degli uomini• . Ma la tesi è solo accennata.

2) L'uomo libero, p. 176. 3) L'uomo lib., p. 177 sgg. Della diseg., p. 202 sgg. ·•) L'uomo lib., p. 188. Per l'evoluzione dell'idea di sovranità v. pp. 181-85. 0) ;d., p. 210; Della d;seg., p. 177.

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170 PAGINE ISTRIANE ~~~-

rag ione civ il e e po liti ca appu nto è la sovranità «non depo s itaria

- qu indi - ma regola!rice delle volontà e delle pass ioni pri vat e• , non • propr i e taria~~ della terra, come vuole il Ro usseau , ma tutrice

de ll e private prop,rietà e dei di ritt i persona li e reali ; perch è il suo s copo è quello di · conservare e migl iorare la s oci e tà 1

) . In

misura poi che fl.neg/i uomini si svilupparono le p assioni, lo sfato politico forma e perfezione andò passo passo acquistando ' ). Noz ione , contenuto intrinseco e forma sono qui ndi l'effetto natural e e spontaneo di un processo d' evoluzione attraver so il quale, in

successivi e determinati stadi di civiltà, essi sono sorti e si sono affe rmati. Rinlane il vedere quale s ia stata la prima for ma di

governo e qua le la migl iore . Già il problema politico della fo rma il Cari i se l'era posto trattando della questio ne se il primo go­vern o sia stato monarchico o repubbl icano e d aveva concluso ch e questo avendo b isogno di lungo tempo e profonda meditazione; di che certamente ... non è, mai capace una società naturale », non è in or i gin~ possibi le ·; :1) ma ora che egl i, pe r v ia alquanto

diversa da que ll a battuta dai pubbl icisti contemporanei, qua le ad es. il V atte ! - a cui peraltro in alcun i punti sembra accostarsi - ­

ha condotto il suo esame fino al momento in cui il g overno civil e

è g ià costituito, il prob lema naturalmente si ripre senta e richi e de

la soluzione . Dato il postula to da cu i il Carli muo ve, la nega­zione cioè del principio contrattuale, è evidente ch e l'A. debba anche respingere la teorica della forma e della precedenza di essa, quale la sostiene il Rousseau. <<// governo repubblicano per contratto reciproco •• non pu ò essere s tato il primo in natura • ùnperciocchè secondo gli annali del genere 11m ano, le Repubbliche tutte sortirono dalle viscere del dispotismo, qualora il Sovrano abusando della sua autorità ha sostituito la propria volontà alla legge, ed ha reso incerto e precario il destino della nazione: ed hanno poi terminato d' esistere allorché, perduti gli stimoli e le tracce della ~irtù, si sono gli uomini abbandonali alla intempe­rante soddisfazione delle loro sfrenate passioni> ').

Il C a rli non pretende stab ilire quale sia la forma migliore di governo. Il governo mig liore è quello «dove si sanno conservare le idee del giusto e dell' ingiusto, del bene e del male; ave si

1) L'uomo lib., p. 185-6. ' ! ;d., p. 180. :l) L'uomo lib., p. 83. 1) De ll a d;s., p. 204.

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PAGINE ISTRIAN E 171

mantiene l'equilibrio delle forze politiche, in modo che non se ne formi una preponderanle; cosicchè le resistenze siena sempre proporzionale alle spinte; dove si alimenti l'opinione verso la Religione, e verso le Classi, nelle quali è divisa la S ocietà; e dove l'ordine, il rispetto ulle legg1~ e la disciplina assicurano la libertà e la proprietà dei Cittadim~ senz a m'o/enza e s enza ingiustizia ~ 1

).

Ma evidentemente la forma da lui preferita è la monarchia.

Giusta contempera nza di tutte le forze sociali, essa s i distingue

dal dispotismo • potenza preponderante• e dall'anarchi a • potenza deficiente • , e si afferma come •il vero politico morale equilibrio con la società; e questo è !'oggetto unico del sovrano padre• . E veramente questo • solo • , il monarca , alla cui obbed ienza gli uomini, trovandosi • in un umiliante confronto con pochi e per· conseguenza nello stato di vera anarchia •, si ridussero, •è l'im ­maginazione costante, e ad ogni generazione rinnovellata in cia­scheduna casa e tetto privato, del padre di famiglia, cominciata poi a realizzarsi in un governo naturale formato da piccole società• 2

).

Neppure la legge è conseguen za del • patto • soci a le : ess a non è altro in origine che l'applicazione delle leggi natura li rela ­tivamente alle varie circostanze de ll a società e poi l'ulteriore svil uppo e perfezionamento che quella forma originaria subisce col progresso sociale (legg e razionale) ' ). Nella soc ie tà ci vile poli­ticamente costituita • le volon1à ri unite (dei cittadini) costituiscono le leggi• 1

). In questo concetto il Carli s i manifesta uno spirito di modernità veramente notevole: in esso c'è tutto; c'è l'unità della volontà e della legge e c'è l'accordo concreto dello spirito che scaturisce da questa unità, la realtà. morale; la realtà morale

come forza creativa, originale, consapev<?le, la vo lontà che si

determina, la volontà razionale. 3./ poteri. - Avendo un concetto chiaro della nozione organica

di sovranità, il Carli distingue anche nettamente le di verse funzioni

che in essa sono implicite e la conseguente distribuzione di esse

tra differenti organi, assommantisi sia le prime che gli altri nel pri ncipio della inscindibile unità. La teoria della disciplina dei

') id., pp. 210-11. 2) L'uomo lib., pp. 179·85. 3) id., pp. 23 sgg. cfr. p. 192. ·•) id., p. 193.

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172 PAGINE ISTRIANE

poteri è quindi nelle sue linee generali impos tala. Ma la distin­zione che il Carli fa non ha un vero e proprio valore di contenuto scientifico perchè egli la concepisce non in rapporto allo stato inteso come tale, cioè come istituzione giu ridica, sibbene ~ e

necessariamente per i fini per cui scrive - in relazione a quella

determinata forma di governo che è la monarchia. Quindi s i spiegano anche i termini che egli adopera per indicare le tre forme della funzione della sovranità: autorità, giustizia, paternità o, pe r servirei ancora delle sue parole, la potestà politica, legi­slatrice, esecutrice. Il Cari i vuoi dunque la separazione di funzioni

e di organ i, indispensabile per la conservazione della monarchia '). Soprattutto la distinzione tra i due poteri, l'esecutivo e il legislativo,

è indispensabile. Nella potestà legislativa • è depositata la forza pubblica;

ed unita alla forza, diviene sempre pericolosa /'esecuzione della legge. Per conseguenza non deve essere nè pure situata presso un corpo indipendente. Questi corpi esecutori sono i santuarj delle leggt~ degli ordini e delle regolarità stabilite. A questi appartiene il dettaglio dell'esecuzione, e r applicazione delle leggi a i casi particolari. E però la cura principale del sovrano consiste nell' invigilare, che dalla parte de' ministri componenti i detti corpi non si faccia abuso d'autorità e dalla pari e de' cittadini non si manchi di rispetto e di dipendenza verso i corpi suddetti. A questi corpi dee dunque essere liberamente affidata /' esecu­zione delle leggi, degli ordini e delle regolarità. Lo stabilire però queste regolarità è diritto solo della potestà legislativa; ma nel tempo medesimo il vigile e prudente sovrano conoscere dee /' im­possibilità ed il pericolo ancora di scendere alla cognizione e definizione de i piccoli affari e dettagli d'una nazione• 2

).

*** Sono queste le linee generali del pensiero politico di G. R.

Cari i, pensiero maturato nella rettiÌudine dell'animo e nell a rigida moralità dello scrittore, nella viva preoccupazione di quegli anni in cui si propagavano le dottrine rivoluzionarie affermantisi nella terribile crisi che ben presto dilagava anche in Italia; ed esposto senza pretese scientifiche e sistematiche, giacché l'autore mirò

1) L·uomo lib., p. 191. 2) ;d., pp. 234-36.

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PAGINE ISTRIANE l73

unicamente a confutare le teorie del Rousseau fondandosi sui class ici e soprattutto su Aristotile.

Il politico non e certamente all'altezza dell'economista: gli fanno difetto l'originalità e l'elaborazione e soprattutto l'esalta comprensione del lo spirito dei filosofi francesi, del Rousseau spe· cialmente. Spaurito dalla piega sinistra degli avvenimenti, del pensiero de l filosofo ginevrino non potè - come non poterono molti al tri - cogliere che l'aspetto esteriore e confondendo questo con l'opera di quelli che in Francia lo travisarono ed eccedettero,

rige tta unicamente su l Rousseau tutta la colpa dell'esagerazione

demagogica e, naturalmente, lo coinvolge nella sua profonda

avversione.

Cosi il Carli che di buon'ora s'era accostato alle nuove dottrine se n'al lontana anche assai per tempo e, a dij.ferenza del Parini e del Verri che si chiusero in saggio riserbo. finisce col

cacciare quasi ogni soffio di ll,lOdernità dal suo animo per rifu­

giarsi in una specie di spiritualismo filosofico donde con l'armi del buon senso comune, dello zelo di crist iano convinto e dalla di ­

scipl ina d'ubbidiente cittadino combatte i principi che dovevano ormai trionfalmente affermarsi.

FRANCESCO DE STEFANO

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174 PAGINE ISTRIANE

ERNESTO GIOV ANNINI

L'eroica fine di Ernesto Giovannini di A lb e rto, pro f. di

musica al Conservatorio di Milano e di El isa B ratti, a mbidue d i

Capodistria, è narrata in un articolo commoventiss imo, dettato dal comandante Fr. Camperio, con vivo affetto pe r la nos tra pa tria

e devozione sentita per il suo compagno ed amico, che lasc iò

la sua vita nel fondo del nostro mare, a tre mig lia da Capodi s tria, ch'egli tanto amava ').

Ernesto Giovannini, comandante del sommergibil e !alea, in

esecuzione di ordini ricevuti, navigava ne lle nos tre acqu e dalla mattina del giorno 17 agosto 1915; alle 14 e 30 il batte llo ri ce v ette · un terribile' urlo in chiglia dalla parte di prora. So lo chi e bb e

campo di conoscere l'ardente suo amor di patria, il r ig ido s enti ­mento del proprio dovere, l'affetto per la sua fa mig li a , può

immaginare quello che il Giovannini provò in que l mome nto; a l

torpediniere Vietri, che lo esortò di passare a prora, don de e ra

possibi le di uscire dal battello, egl i rispose eroicamente: " Va i .. Vietri ... , sa lvati; addio, io resto a l mia posto ... è fin ita.» '!)

E poteva eg li agire altr imenti ? Egli amava .il batte ll o, che

gli era stato affidato, sapeva di cooperare a ll a lib eraz io ne della

sua terra dal servaggio straniero, e senza sua colpa , per crudele destino, se lo vide schiantato. Egli s i sacrificò sparta na mente con la sua nave.

Il comandante F. Camperio, amico di lu i, c he ne lla su citata rivista ricorda con intell igente affetto la s ua fin e lo dice ccprimo

fra i primi, colto fra i colti, cuore fra i c uori• :').

A me, affine ed amico del la fam iglia, non s embra fuor di

luogo far conoscere ai lettori della nostra rivis ta , una poesia giovanile di lui, scritta per l'Album dell a sua ma dre adorata,

quando giovinetto, appena compiuti gli studi a l(' Accad e mia Naval e,

jmprendeva il primo suo viaggio sur un vel ie.ro , e pe r la prima

volta si allontanava dalla patria terra .

1) ~ ltnlia! Questi sono i tuoi figli. L'ult imo quarto d'o ra del s ommerg ib ile ulalea .. . Marinai d'Italia A. I n. 9-10. Milano, 1 ottobre 1922. L'articolo è vibrante di amor patria e di effetto per il comandante est into.

?) Marinai d' Italia, come sopra, pag. 4. :l) Marinai d'Italia, come sopra, pag. 3.

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PAGINE ISTRIANE 175

È uno sfogo giovanile dell'animo, in un momento di nostalgia, che merita di esser conosciuto, perche attesta in lui l'immenso

suo amor di patria e il suo animo nobile e generoso e addirnostra

nello stesso tempo quale educazione dessero ai loro figli le madri istriane, che amorosissime pur sapevano sacrificarsi cedendo alla

madre comune, alla cara patria, ogni diritto sui loro amafi figliuoli .

F. MAJER

A MIA MAMMA

Madre, mi porta rapido il veliero Lungi dal patrio verdeggiante suo!; Lungi mi porta ... D'un ferren straniero Vedrò indorar le cime il nuouo sol. ..._

Spira fresca la brezza e dolcemente Sfugge il velier sultincrespato mar ... lo dalla tolda ammiro il dì morente E la ferra lontana che scampar!

Sento nell'alma immensa una tristezza, Una mesfizia che m'affligge il cuor .. Oh l giorni lieti della fanciullezza, Addio per sempre!. .. In ferra tutto muor l

Oh! do/d rimembranze! lmmagin cara Di mia madre che porto impressa in cor, Voi sole renderete meno amara la mia vita; più lieve il mio do/or.

Voi sole? Oh l no; lassù spiegato al vento Sta vigile il vessillo tricolor: Oh l madre mia, l'intendo in fa{ momento, V'è un amore più santo del tuo amor!

Tu stessa asciughi il tuo dirotto pianto E celi col sorriso, o madre, il duo!: Tu stessa esclami.. V'è un amor più santo, L'amore del luo patrio itala suo!.

ERNESTO GIOVANNINI

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PROSPETTO 1>

sullo sviluppo delle scuole popolari e cittadine italiane del distretto scolastico di Capodistria l ~

nel ventennio 1' gennaio 1903- 1' gennaio 1923

l S!UIIeesislenll Il Classi eslslnli OamliiDIIIIIIII Allillilmnm

Il ; il )" gennaio il1 ° gennaio il 1•' gennaio il l 0 gennaio

LUOGO SCUOLA 1: " OSSERVAZIONI .

11903 11923 i 1903 11923 ;: 1903 11923 1903 119;3 l

325 ~ 504 11

, )>

Capodistria. . Il popolare maschile l 1 1 5 10 6 11 o 2

popolare femminile l 1 1 5 10 5 10 329 / 503 "' cittadina femminil e Il - 1 - 3 - 4 76 (ii

privata Dimesse Il 1 1 3 4 3 4 60 ! 73 11 l -l

!l ;o

privata Grisoni 1 1 2 2 l 2 2 30 40 1 :;;: Lazzaretto . l pop~lare mi:ta 1 2 - 2 116 l 2

"' San Marco. 1 - 1 l . 76 Salara. l " " 1

5 l 1 - 1 - 48

Isola popolare maschile 1 1 9 5 10 320 477 . popolare femminile 1 1 5 l 8 5 8 348 397 Pirano . popolare maschile 1 1 6 l 11 7 12 390 416

Il popolare femminile 1 1 . 6 8 6 8 392 416 l cittadina femminile 1 1 3 3 4 4 Il 39 57

Strugnano popolare mista 1 li = 3 - 3 160 S.ta Lucia . 1 4 - 4 279 Sicciole . 1 3 3

22911 l Sal v ore " 1 lj

1 1 77 1 3 3 116 171

109 /•J I.!IISS!ISJOSIIIUI//mra l Castelvenere " 1 l 1

1 San Pietro . 1 2* - 2

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Padena Muggia

Chiampore S. Colombano Montibosici . Scoffie .. Zaul e *) . . S. Rocco . . Ospizio Marino . Paugnano -Manzano Coslabona-Puzzo le Sergassi-Gason. Carcase . Decani Pinguente Arce ll e Sovignaco Vetta . . Socerga *) Salise *). Rozzo Polje di Rozzo Colmo- . Draguccio . Grimalda*). Racevas

Somme

Il

popolare maschile popolare femminile PoPol are mista .. .

. . priv.

pop. mista

.

. . di Stato "

di Sta to . . . .

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1 i 1 1

l l 1 l 1 l l 1 l 1

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1 5 l 11 4 8

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-1 53 362 461 276 365

196 110 180

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*) o·Jm~lneole aoertura 26

- 73 160 ,

81 i - 136

62 42

53 81 - 65

41 41 64 ' l l' lmmlnenle aJellura 58 ~- ) r lmmlm:e aoellura

107 74

80 128 180 ,

- 67 'l ' l d'lmmlmle aoellura 103 1

l! 15 146 :' 54 1148 11 57 1149 !1 3230 17350 1!

t) Questo interessante prospetto ci è favorito da ll a gentilezza dell'i s pettore scolastico per il distretto di Capodialrin, s ignor Giuseppe Parentin, un benemerito dell' insegnamento elementare, al quale in massima parte sono dovuti i mirabil i progress i falli dall'i struzione pr imaria durante gli ultimi ven t'anni nel distretto surriferilo (Nota della Redazione).

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178 PAGINE ISTR!ANE

SPIGOLATURE STORICHE

l. Satire patriottiche capodistriane

Dal 1876 al 1880 fu capitano distrettuale (oggi si direbbe sottoprefetto) in Capodistria il barone Vittorio de Puthon. Era {così lo dipingono i vec chi che lo conobbero) un giovine uomo, di modi compassati ma cortesi, all'inizio di una brillante carriera burocratica (terminò difatti luogotenente dell 'Austria inferiore), fiero di appartenere ad una di quelle cospicue famiglie nobiliari tedesche, che costituivano per l'Austria dei veri e propri serbatoi di alti funzionari amministrativi e politici. Sembra venisse in lstria piuttosto ignaro delle condizioni del paese, certo all'oscuro del movimento irredentista, che in Capodistria aveva uno de' suoi centri più importanti ed attivi. Fatto sta che, imbevuto di lealismo absburgico fin sopra la cima de i capegli, dimostrò un' incompren· sione assoluta dello stato d'animo de' propri amministrati e, ad ogni atteggiamento o gesto che gli puzzasse di ribellione, reagì violento e maldestro, creando in breve intorno a sè un'atmosfera veramente irrespirabile. Giacchè i capodistriani - incoraggiati anche dall'intensificarsi del moto irredentisb nel Regno, dopo l'avvento della Sinistra al potere - erano disposti a tutto, fuorchè a cedergli. Proclami e scritte sovversive, dimostrazioni antiaustriache, scoppi di petardi non gli davano un istante dì tregua. La sua vita era diventata un inferno. ·Quando abbandonò l'ingrato officio e Capodistria, gli parve di rivere.

A lui e ai tribolati giorni del suo quadriennale governo si riferiscono i due componimenti satirici vernacoli d'ignoto autore, che stampiamo qui solto e che dànno, palpitanti documenti storici, intera la misura dell'odio che il troppo zelante funzionario austriaco avea finito col tirarsi addosso.

Il primo, ch'e anche il più breve, corse per Capodistria quel famoso 16 gennaio 1878, in cui La Provincia dell' !stria,') il patriottico giornale di Nicolò de Madonizza, uscì listata dì nero

1) A. XII, n. 2. Si veda nel numero successivo del gi~ male il decreto di sequestro emanato dal Puthon e la sentenza dell'l. R. Tribunale provinciale di Trieste, che respinge il ricorso presentato dal dircltore della Provincia e conferma il sequestro.

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PAGINE ISTRIANE 179

per la morte , avvenuta sette giorni prima, di re Vittorio Emanuele Il e il Puthon la fece pertanto immediatamente sequestrare. Il secondo reca la data del giugno 1878 e si scaglia contro i sistemi polizieschi de] Puthon, per conchiudere col. .. ringraziarlo dei servizi da lui jndirettamente e involontariamente resi alla causa dell' irredentismo tenendo viva, col metodo delle cieche e brutali repressioni, l'agitazione austrofoba.

Messa in luto la Provincia per la morte de Vitorio, a Puthòn ga saltà l'estro dc onoraria de un sequestro. Questo Balza in miniat ura xe vignudo a Capodistria co l'idea de farne tu ti piìt tedeschi dei tedeschi. Ma i leoni de San Marco

che xc in piaza sul Palazo ghe risponde sbufonando: •Maramco, si or vis de c ... ! •

Un esotico Baron xe vignudo a Capodistria col bel nome de Puthòn. Alevà ne l'aule idrofobe

de l' italico riscato, cl s' à messo qua da malo

pe r distruger sto ria e amor a J' Italia, al tr icolor .

El Ouarnaro e non el ludri x e 'l confine de l'Italia;

e in sto toco de pa!lse che la teutona marmaglia

lo pasegia da paroni ghe vo i altro che Puthoni, ghe voi altro che sequestri,

che denunzie, che processi o maligne insinuazion

per cavarghe da la testa,

I l.

per straparghe da le viscere r amor santo de nazion.

Ricordeve de Zajotti, ricordeve de Salvotti e dei sgheri tutì quanti che a Venez ia, che a Milan à servio mirabilmente Carlo Alberto c re Vitorio per mandar in sua malora

r aquilana con do bech i, le gran chiavi de San Piero, del re Bomba i gigli sechi.

Grazie dunque, Sior Puthòn,

che lao rè con pari mcrto de quei birbi qua de sora , che sto sbrindolo italian megio ancuo che no doman Vada a(l re d'Itali a ?} Umberto. 1)

' ) L'ultimo verso, nell'esemplare della satira da noi posseduto, è lacunoso,

forse per una svi~ta dell' amanuenae.

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180 PAGINE ISTRIANE

L'andatura popolare delle due satire non inganni. Il pensiero che le informa, i riferimenti storici che vi si contengono, alcune voci erudite che vi fanno capolino .le dimostrano opera di qualche intellettuale, che, desideroso - e si capisce perchè! - di giungere fino al cuore del popolo, fece suoi certi modi caratteristici della poesia popolare.

Il. Il De Amicis irredentista

Quindici anni fa, rievoc;:ando, in questa rivista medesima (fascicolo marzo-aprile 1908, pp. 49-55), i particolari della visita fatta dal De Amicis a Trieste e all' !stria nel gennaio-febbraio del 1887, e pubb licando la bella lettera di ringraziamento che, per le accoglienze ric ev ute a Capodistria, l'illustre scrittore ebbe a dirigere successivamente a quel podestà, signor Giorgio Cobol, avevo occasione di ricordare come il Municipio di Capodistria, a far pago un desiderio, se non chiaramente espresso, certo lasciato

intendere da l De Amicis,') volle donare a lui, raccolte in un albo il cui frontespizio fu elegantemente miniato da un distinto dilet­tante di pittura, il signor Elio Longo, le riproduzioni fotografiche dei principali monumenti e vedute della città.

Il dono, inviato al De Amicis nel settembre di quell'anno, fu da lui accolto con vivissimo piacere. Egli si trovava allora in villeggiatura nel Biellese, e di là scrisse subito al podestà Cobol la letterina seguente, che si conserva autografa nell 'archivio

comunale di Capodislria e che, imperante l' A ustria, non sarebbe stato nè facile nè opportuno rendere di pubblica ragione:

• Illustrissimo Signor Podestà,

Ringrazio il Municipio di Capodistria dell'album bellissimo, che è per me ad un tempo un dono prezioso e un alto onore.

Ma non aveva bisogno di quest'aiuto cortese la mia memoria, perchè nulla potevo aver dimenticato; perchè li porto tutti im­pressi indelebilmente nell'animo gli aspetti di codesta città illustre e gentile, dove ebbi la fortuna di provocare una dimostrazione d'affetto cosi bella : bella appunto e solenne perchè non mirava ad onorare l'oscuro fratello presente, ma la gran Madre lontana. Rin­grazio il Municipio, e Lei in particolar modo, caro signor Cobol, la

1) Il quale s'era, pare, limitato a chiedere una fotogra fia della piazza (cfr. la surrifer ita lettera del De Amicis; Pagi11e !siriane, fase. ci t., p g. 53).

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PAGINE ISTRIANE 181

cui immagine è inseparabile per me da quella di Capodistria, com'è inseparabile questa dal sentimento d'una splendida e santa spe· ranza. Accetti un saluto fraterno dal suo

dev.mo

Edmondo De Amicis') Campiglia Cervo (Biella), 22 sett. '87 )

[Soprascritta]: • Capodistria

!stria

All'Ill.mo Signor Giorgio Cobol

Podestà•

C'è in questa letterina quanto basta per far conoscere quali fossero relativamente all' !stria i sentimenti del De Amicis; sen­timenti ch' egli, del resto, non si era peri tato di manifestare anche a viva vo c e ai patri atti istriani negl'intimi cOlloqui avuti con essi in occasione della sua visita. Soldato dell'indipendenza, cuore aperto a' pil1 nobi li ideali, scrittore altamente ci vi le, il De Amicis

non avrebbe potuto non aderire loto corde all'idea irredentista , ch'era id ea di giustizia e di bellezza; n è consta ch'egli abbia mutato pensiero pil1 tardi , quando, sedotto da ciò che di generoso e puro era ed è contenuto nella dottrina socialista, volle acco· starsi ad essa.

La sua lettera non è priva adunque d'un valore documen· tario e s tori co, e rientra , per questo riguardo, nella ormai ricca serie delle testimonianze d 'affe tto e di consentimento venute

senza tregua a noi dai migliori uomini di nostra gente durante ii nostro lungo servaggio; testimonianze che avevano soprattutto

questo effetto pratico: di ripagarci dei dolori sofferti e d' infon· derci nuova lena e nuo va speranza.

GIOVANNI QUARANTOTTO

1) Si sa che il De Amicis aveva visitato nell' '87 l' !stria anche col pro­posito di tenere poi su d i essa delle conferenze nelle principali città d'Italia. S e non che di coteste conferenze nulla più si seppe. Che avvenne? C angiò divisamento lo scrittore, oppure obbedì l'uomo c il cittadino a qualche più o meno spontanea considerazione prudenziale? Non s i dimentichi che quella d'allora e ra l'età aurea della Triplice alleanza.

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PAGINE ISTRIANÉ

BIBLIOGRAFIA ISTRIANA

A. Libri ed opuscoli

178. Carlo Curie! : Trieste Settecentesca; Milano , ed. Sandron, 1922.

La Tr ieste del Settecento, se al lo storico dell e le tt ere e delle ar ti offre ben poco iu teresse, attira a sè l'attenzione del sociologo e , se s i vuole, anche dello storico dci costumi . Pensate: una città che ancora nel 1758 era poco pilt d'un vill aggio da pescatpri, con 630 case e 6424 abi tanti, «mal compos ta nelle

stradde con rahriche ant iche" - così il console ve neto a T rieste, M a rco de Monti - in mezzo secolo va crescendo smisuratamente e dopo un secolo di venta uno dei più grandi empori commerciali d'Europa! Vi afflu iscono gen ti d'ogn i

lingua allettate dal miraggio dì rapidi guadagni, e quel p icco lo nucleo di indigeni le assimila tutte , ne fa una po polaz ione ital iana che lotta s trenuamente e vince in nome dell 'idea italiana! T an la energia è già in potenza dura nte il sec. XVIII e &ià prorompe qua e là annunziando le future energie in a tto. Ve nezia guarda preoccupata: i consoli e i confiden ti notano e info rmano, ma alla D ominante manca la forza di correre ai r ipar i, Le relazioni di quell i sono tra le ott ime fonti della nostra storia, c bene ha fatto Carlo Cu ri e) a t rarne qualcuna dagli archivi e a pubblicarle in questo volume, illustrandole di note co piose e dili gentiss ime.

No i, al suo posto, avremmo preferito di fo ndere la molta mate ria a piè di pagina con le notizie contenute nel testo , e tra rne un quadro più vi vo e com­pleto, ed anche più personale , di quell' interessante per iodo s torico; ta nto più che il vo lume doveva far parte di quella ., Collezione settecentesca• che S a lvatore di Giacomo vorrebbe ., civettuola» e ai] p iù fine ornamento di ogni in tellettuale salotto mondano•. Carlo Cur ie] ha prefer ito ri trars i modestame nte diet ro le quinte e mandare alla ribalta, a parlarci di Trieste, quel ' furfan te di molto ingegno e di molto spirito che fu G iacomo Casanova, c quell' am mi revole galjntuomo che fu il Monti su nominato. Non v'ha dubbio che anche ques to metodo ha i suoi vantaggi, perchè ci porta in contatto diretto con le persone e con le idee del tempo, senza che si deformino comunque attraverso la persona lità dello s tori co ; ma d'altro canto avviene che al soggett ivismo dello stor ico s i sos titui s ce il sog­gettiv ismo del narratore contempo raneo a i fatt i e che in luogo d'una narrazio ne organica e completa ci s i trov i d ina nzi a brani monchi e ins uffi cienti .

Ma a parte la questione del metodo, il lib ro del Cur icl va s alutato con entusiasmo: esso è una min iera di not izie una piì1 in te ressante dell'altra, tra tte per la maggior parte dagli archivi o da fo nt i d imenticate. E tutte s ono s crupo­losamente vagliate e confortate di quante più notizie parallele possibile, t alchè sono acquisite defin itivamente all a sto ri a de lla città.

Il vo lume è poi un eccellente contribu to agli s tudi casanoviani di cui il Curie ) s ' è fatto maestro.

B. Z.

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PAGINE ISTRIANE 183

179. Alberto Boccardi: Memorie triestine; figure della vita e delf arte; con t renta ritratti; Trieste, Balestra, 1922.

·In questo volume, da lui messo amorosamente insieme negli ultimi tempi dell'onesta e laboriosa esistenza, c che non potè essere pubblicato se non ~alla sua vedova, Alberto Boccardi volle riunire, ultima offerta alla patria, tutti 1 principali scritti d'argomento triestino usciti dalla geniale sua penna tra il 1886 e il 1921. Sono sei piccole monografic, una più attraente e interessante dell'altra. Già edite o in ispcciali opuscoli o su per le maggiori riviste paesane le tre

prime {Della •Favilla• , giornale triestino; Per un musicista triestino: Ruggero Manna; Memorie teatrali triestine: 1820-1855); nuove del tutto le restanti tre

(Il maestro Lioncllo Ventura e la sua •Roma• ; Ugo Sogliani e il cNuovo Tergestco 11 ; Musiche della patria). Ottimo consiglio fu specialmente quello di ripubblicare lo studio su la •Favilla», ormai introvabile. Esso è pur sempre

quanto di meglio fu scritto sul celebre giornale letterario fondato dal Madonizza e daii'Orlandini, anche dopo le ricerche del Caprin (• Tempi Andati»), delle quali perallro è peccato il Boccardi non abbia tenuto conto nd ristamparlo.

Il Boccardi non è uno studioao, diremo così, siskmatico di cose patrie• un ravvivatore e illustratore metodico, circospelto e preciso di documenti e

testimonianze storiche: egli è piutt'osto un interprete poetico della storia, come lo fu, su scala molto più vasta, il Capri n. Ciò non astante, per virtù dell'arte sua di ottimo narratore, i fatti ch'egli espone, i profili ch'egli disegna sono pieni di verità nmana. Quel 'maestro Ventura, ad esempio, sempre in corsa d ietro all'ammiccante e sfuggente fantasma della gloria, è una vera e propria

creazione artistica, che lascia commosso e pensoso il lettore. Del pari tutto bello (e tutto pervaso come d'un sottile suggestivo fluido sentimentale) l'ultimo scritto del libro, ove il Boccardi, parlando delle origini c delle vicende dei principali inni patriottici triestini ( KL' Inno di San Giusto • del Sinico, cii maglio 11 dd Rota, \' «Inno della Società Gir.nastica > del Boito, l' , fnno della Lega Nazionale• del Leoncavallo) sembra quasi voler rivivere i giorni migliori della sua vita e voler risusc itare le figure di cari amici scomparsi, lasciandosi dolcemente trarre alla deriva dalla soave fiumn.na dei ricordi.

Ora, è fatto ricordo ed ombra anch'egli il nobile scrittore; ma resta di

lui più d'una di quelle pagine in cui l'arte sua serena - come fu serena, prima della malalfia che lo franse anzi tempo, la sua bella aperta faccia - ebbe ad incide re durevoli parole di commozione c di verità.

G. Q .

180. Dott. A rturo Caatiglioni : La uita e l'opera diSantorioSantorio capo­distriano: MDLXI·MDCXXXV I; Bologna-Trieste, Licinio Cappelli cd., MCMXX.

Questo volumetto, che il Castigliani, autorevole e profondo studioso di storia della medicina, ha scritto sul celebre medico capodistriano, presenta

veramente tutti gli aspetti c i caratteri di un'opera definitiva. fatto direttamente ricorso alle fonti, il Castigliani ha sottoposto a nuovo,

esauriente, accuratissimo esame la vita e l'opera scientifica del Santorio; e del valore di quest'ultima ha rintracciato con scrupolosa cura e vagliato con sano crite rio critico tutte le testimonianze antiche e moderne; così da darci una chiara

idea e una perfetta informazione dei meriti scientifici del Santorio e del posto unanimemcntc riconosciutogli nella storia dei progressi dell'arte medica. Più e

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184 PAGINE ISTRIANE

meglio che qualunque alt ro stud ioso del Santorio, il Cast iglian i è poi giunto a stabilire in che consis ta la gloria e l' importanza maggiore dell' insigne medico j&t ri ano, ponendolo accanto a Giordano Bruno, a fra Paolo Sarpi, a Galileo Gal il ei e provando che liCOn loro ebbe comun e la onestà e di r ittu ra del

ca ratte re, la limpida visione, quasi profetica, dell 'avvenire de lla scienza, vitto ri osa d i tutte le pastoie del dogma. • Ma soprattu tto, co me il Castigl ian i egregiamente dimostra, il Santorio fu degno assertore c fe lice iniz iatore del metodo sperimenta le galileiano; metodo, •al quale la scienza medica dovette i s uoi maggiori success i: pietra fondament ale, sul la quale s i è costruito tutto l' edi fi zio della med icina moderna.~

S uddivi so in cinque parti, il volumetto del Castig li an i con tiene, oltre alla narraz ione dell a vita e all' esame criti co degl i sc ritti c dell e invenzioni cliniche del Santor io , una ser ie di aforismi tratti dalla sez ione prima del De Statica Medicina, l'opera principale del Santo rio, alcun i doc umenti biografici (fra cui un'esatta rip ro duzione del testamento di lui ), le ep igrafi che s i leggono sulle lapid i mu rate in suo onore a Padova, a Venezia e a Capodistr ia , e una accura­ti ss ima e completa b ibliografia d i quanto fu sc ritto dal Sa ntor io e intorno al San torio.

Crescono infine decoro e valo re al libretto parecchie inci s io ni , fra cui la r iproduzione de l r itratto del San tor io premesso all a edizione completa delle sue opere (Venezia, 1680) e la fotograf ia del busto in gesso del Santorio, che si crede calcato su quello di marmo che già esiste tte in Ca pod ist ri a nell a or soppressa chiesa dci Serviti e che nel 1802 fu trafugato a Vienna dal tristemente famoso barone di Carnca-Steffaneo, mentre la la pide che ci s tava sotto ve ni va dapprima ricuperata e po i fatta collocare su ll a facciata del duomo di Capodistria dal conte Giovanni T otto fu M ichele 1). È pertanto destituita d'ogni fondamento la recente voce popolare, racco lta anche dal Castiglian i, la quale afferma aver in origine figura to il busto del Santo rio s ull a faccia ta del duomo di Capodistria.

G. Q.

181. Ario Tribel: Prose musicali; Trieste, li b. ed. C . U. Trani, 1922.

Chi leggeva, negli anni che p recedettero immediat i la guerra mondiale, i garbati sc ritti di soggetto musicale che Aria Tribel veniva pUb blicando nel "Piccolo della sera" in qua lità di crit ico dei concerti , godrà di rivederli riuniti tutti in un unico vo lume; volume che l' editore Tran i pubblica nella collezione d'n.utor i paesani da lu i co raggiosamente iniziata dopo l' avve nto d' Italia.

Il Tribel è scrittore chia ro, misu rato, s incero; tale perta nto da piacere anche a chi non s' inte nda o non s'appassioni d i cose mus icali. Queste sue «Prose Musica li • poi , benchè dettale singola rmente ed in varie epoche ed occasioni , formano un lutto organico, quanto mai interessante e dilettevo le, per una cert' aria di fam igli a a tutte comune, la qua le, più che nell'aff ini tà degli argome nti , sem­brerebbe cons iste re nell'equanimità e nella spass ionatezza tutta italiana dei giudizi critici del T ri bel e nelle sue brillanti qualità di causeur e di narratore di s ign ifica tivi c saporosi a neddoti. ·

1) Cfr. Gedeone Pusteria: l rettori di Egida Oiustinopoli Capodisfria; Capodistr ia , ti p. Cobol & Priora, 1891; pag. 64.

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PAGINE ISTRIANE 185

Per noi, studiosi anzi tutto di cose patrie, riveste particolare importanza quel capitoletto delle 11 Prose Musicali~ , in cui il Tribel discorre dell'inno •Viva San Oiusto.t • soggiungendo qualche notevole particolare finora sconosciuto a quanto scrive sul medesimo argomento il i3occardi ne !le sue recenti • Memorie Triestine», Si sa che nel 1893 il maestro Sinico volle, come dice il Tribel, "dar forma più compiuta al suo inno• , in occasione d' ~n a festività patriottica all' •Unione Ginnastica Triestina .. . Il poeta che allora accrebbe d'una strofetta l'inno e mutò la forma tradizionale del coro del Welponer fu il Tribel stesso, il quale oggi , stampando la reJazione autentica dci propri versi, anche per farla una buona volta finita con le storpiature e improprietà ond' essi apparvero bruttati nelle s uccessive riproduzioni, può con legittimo orgoglio riferire che fu il Sinico in persona a domandarglieli e che non mancò loro l'autorevole approvazione di Riccardo Pitteri 1).

G. Q.

182. Rodolfo Pucelli: Oberschlesische Mussesfunden (die ersten deutschen Gedichte eines ltalieners); Kattowitz, 19~2.

Non and iamo in cerca di quanto ci possa essere di realmtn te poetico in questi versi tedeschi scritti da un italiano che è alle sue prime armi pur come verse-ggiatore nella propria lingua: ci limitiamo a segnalare anche una volta, con sincera ammirazione, la eccezionale forza di volontà che sorregge nei suoi contrastati studi universitari il Pucelli e la grande versatilità del suo ingegno. Non è da tutti il comporre un fascicolo di versi al solo scopo di esercitarsi in una lingua e in una metrica stran iera!

G. Q .

183. Arturo Galanti: l diritti stor!'ci ed etnici d'Italia sulle terre irredente; conferenza tenuta in Roma il 30 ottobre 1914; Roma, 1915 [s. n. t].

184. Virginio G ayda: Gli slaui della Venezia Giulia («Problemi Itali ani • ); Milano, Ravà, 1915.

185. Carlo Errera: Il confine fra Italia e Austria ( «Problemi Italiani • ); Milano, Ravà, 1915.

186. Giulio Caprin : Trieste e 1'/talia (• Problemi italiani• ); Milano, Ravà, 1915.

187. Domenico Fragiacomo : A ricordo di Pio Riego Gambini da Capodistria , [Udine], Del Bianco, 1915. [Versi composti all'annunzio della morte gloriosa dell'eroe e falsamente datati dall'fstria].

188. P. S . Leicht: Le terre irredente nella storia d'Italia, Udine. Società storica friulana, 1916 (S. Lapi, Città di Castello).

189. Francesco Coppola: La crisi italiana (MCMX!V-MCMXV); Roma , L' Italiana», 1916 [da pag. 203 a pag. 214 un rapido e bel profilo di Ruggero Timeus-fau roJ.

190. Prof. Ettore Piazza: Commemorazione di Guglielmo Oberdan letta la sera del 20 dicembre 1916 a Como nella sala delr lstituttJ Carducci; Como, Lit. tip. A. Volta di Caccia & Corti, 1917. (Il Piazza fu amico personale deli'Oberdan ed è pertanto in grado di discorrerne con sicura competenza].

1) Un piccolo appu nto: Tito Delaberrenga è anagramma di Adalberto Thiergen e va scritto perciò con due e non già con una r.

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186 PAGINE ISTRIANE

191. Salvatore Barzilai : L' Italia in armi; scritti e discorsi; Milano Casa cd. Risorgimento, 1917. [Vedere segnatamente a pag. 79, Per Oiac.om~ Vene:dan; a pag. 133, Per Battisti e Sauro; a pag. 227, Per le uiftime del~

l'Imperatore; a pag. 241, Guglielmo Oberdan].

192. Antonio Pali n: /n lode di Nazario Sauro; Roma, Casa ed i t. ~ L'Agave~> , 1918. [Be ll a e appassionata commemorazione de l glorioso marinaio ie.triano tenuta co n grande successo in Roma, nel primo anniversar io del supplizio di lui, da uno che lo conobbe molto da .vicino e prima e durante la guerra di rede nzione].

193. Girolamo Bottoni: Il Trentina, la Venezia Giulia e la Dalmazia nel R isorgimento italiano; Roma, « L'Universellc ~ , impr imerie po lyglo tte, 1918 {Cenni molto lacu nosi c fugaci ].

194. Bruno Coceancig : Guglielmo Oherdan: 1 febbraio 1858-20 di­cembre 1882;a cura del Fascio Nazionale, Trieste (ti p. Lloyd) , 20 dicembre 1918.

195. Enrico Aubel: Ai triestini, ricordo del3 novembre 1918; T rieste tipografia dell a Società dei t ipografi [s . a ., ma 1919]. '

196. Verbale della solenne seduta inaugurale del ri'pristinalo Consiglio comunale di Gorizia, adcli 1 marzo 1919; Goriz ia , tip. S. Juch, 1919; editore il Municipio di Gorizia.

197. Celso Osti: VII gennaio MDCCCX!X : per la scuola e per la palria; discorso detto per l' inaugurazione del nuovo anno scolastico ; Capodi­s tria , Stab. tip. naz. Priora, 1919.

198. Amarilli de Palese Ridolfi : << La vien o no la vien ?»; Trieste, S tab. hp. Spazzai [191 9]. '

199. Enrico Aubel: XXIV maggio 1919; edito dal Comitato per le onoranze ai volontari ex-irredenli; tip. ~igris & Morpurgo, Trieste, 1919.

200. Giuseppe Stefani: !l movimento iugoslavo; L. Cappelli , T rieste, 1919. 201. Comitato nazionale per la gloriFicazione del fante italiano;

sottocomitato di Trieste: Inno al Fante, raccolto e pubbl icato per cura del te nente Finzi Umberto. Trieste, tip. Lloyd [s. a. , ma 1919].

202. Luigi Gasparotto: Diario di un fante ; Milano, T reves , 1919. [L ' ultimo capit olo, «Il cro llo di un mondo», riguarda anche T rieste e l' !stria,

ma potrebbe essere più esatto] . 203. Giulio Gratton : A Pio Riego Gambini nel quarto anniversario

della sua morte eroica sul Podgora sanguinoso (MCMX V-MCMXIX) ; Ca podistr ia, Priora, 191 9 [versi].

204. C. Maranelli e G. Salvemini ·: La questione dell'Adriatico; Il ediz ., nmpliata e corre tta; Roma, Libreria della «Voce», 1919. [Si potrà dissentire dalle conclusioni a cui giungono i due autori, ma bisogna r iconoscere la somma dil igenza delle lo ro indagin i c la compiutezza delle loro infortn <) Zioni bibli ografiche. Di s pec iale interesse è per noi il capitolo I, interamente dedicato al Problema della Venezia Giulia e della Liburnia; pp. 1·83].

205. M or ello Torrespini : La canzone dell'offerta; M ilano, ed izione

de «L' Eroi ca>>, 1920. 206. Ciro Trabalza: Militi del lavoro; libro di lettura per il corso po­

pola re; vol. Il per la VI classe; R. Bemporad, Firenze, 1920. [Da pag. 17 a pag. 21: «A Trieste !» di Maffio Maffii; da pag. 113 a pag. 121: "Il mar tiri o d i Nazario

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PAGINE ISTRIANE 187

Sauro nel racconto di sua madre•, di Alighiero Castelli; da pag. 121 a pag. 122, le ultime lettere di S auro alla moglie e al primogenito; da pag. 123 a pag. 124: •Ricordi istriani•, versi di Giuseppe PicciòlaJ.

207. Attilio Brunialti : Trieste e la Corsia (Collezione •Le nuove province italiane•); Torino, Unione tipografica editrice torinese; 1920. [Compila· zione frettolo sa e non sempre esatta. Certe incision i illustrative del porto e delle vie di Trieste risa lgono alla bellezza di ... venti e trenta anni fa! ]

208. Salomone M orpurgo: Il •Dante• a Firenze; Carpigiani di Zipoli, 1921 ; ili.

209. Franco Savorgnan: Demografia di guerra e altri saggi; Bologna , Zanichelli, 1921.

~IO. La Chiesa e il Conuenio di Santa Marta in Capodistria; mono · grafia storica (1621-1921 ) ; Capodistria , Priora, 1921; ili. [Fascio d'u ti li notizie diligentemente raccolte].

211. Numero Unico dell'Annessione.- Trieste, 20 marzo 1921. [Contiene scritt i di Haydée, A. Hortis, G. Reina, E. Dolc:her, F. Babudri, N. Colajanni e d'altri, nonchè il catalogo degl' lrredenti adriatici caduti e morti per la Patria nella quinta guerra del Risorgimento lfaliano}.

212. Giuseppe Mastrolonardo: Il risorgimento economico della Vene .... ia Giulia nella sua sintesi storico·illustratiua; Milano, Pizz i & Pizio , s . d. {ma 1921 ]; con fregi di Guido Marussig e tavo le di Ugo Flumiani.

213. Italia, Italia, Italia l Numero unico celebrativo del giorno della Annessione. Capodis trìa, 111 apri le MCMXX I. {Contiene scritli di E. Longo, G. Baseggio, E. Perini, A. S cocchi, B. Astori, N. Belli, A. Bartolomasi, F. Bennati , A. Horti s, O. Lazza rìni , G. Oua rantotto, F. Paoloni, F. Pasini, U. Pizzarello, C. Riccobon, A. Ses tan, S. Stringari , V. Zupelli e l'elenco dei capodistriani che combatterono nelle guerre per l' unità d'Italia].

214. Scritti di Enrico Elia, triestino caduto sul Podgora il191uglio 1915; Milano, R. Caddeo & C. edit., 1922.

21 5. Ferdinando P asini: .. Quando non si poteva parlare ... • ed altri discorsi; Trieste, C. U. Trani , 19:2:2. [Particolarmente interessant i per noi gli 11critti, del resto già editi prima dell a guerra, su Pasquale Besenghi c su Filippo Zamboni, la Prima commemorazioue di Guglielmo Oberdan a Ronchi, il discorso su l'Istruzione superiore a Trieste e l' a rti colo commemorativo di Gian Rinaldo Carli].

216. [lginio Zucali]: A cu ne lettere di Cesare Battisti a lginio .Zucali; Capodistrìa, Pecchiari e Vascotto, 1922.

217. La Fiera campionaria di Trieste (3·18 seffembre 1922); Trieste, Herrmanstorfer, 1922.

218. G. F. Guerrazzi: Ricordi di irredenfismo (i primordi della ~ Dante

Alighieri• ; 1881 -1894) ; Bologna, Zanichelli , 1922 [Volume assai importante e ricco di notizie poco note o affatto sconosciute].

B. Riviste e giornali

219. An.ton.io Fradeletto : l martiri nostri, in •La Lettura • {M ilano), XV I, n. 11: 1 nov. 1916; pp. 945-956. [Vi si parla anche di Oberdan e di

Sauro].

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188 PAGINE ISTRIANE

220. Spartaco Muratti: Noi e gli Slavi, in ~ L 'es pansione italiana» (Milano), a. Il , n. 14: 1 oli. 1917: pp. 31-36.

221. Ernesto Lamma: Un poeta irredento, Giuseppe Picciòla, in ~~: L'espansione italiana• (Milano), a. Il, n. 14: 1 ott. 1917; pp. 55-58.

222. B[runo] A[stori ] : Nell'anniversario del supplizio di Oh~rdan, in «Corrie re della sera ~ (Milano), 19 clic. 1918.

223. Ugo Ojetti ; Pei monumenti di Poi a, in «C orriere dell a sera l>

(Milano), 12 dic. 1919. 224. Attilio Hortia: Gli studenti e il Comune di Trieste, in e' L'Alabarda»

(Trieste), a. !, n. l: l maggio 1919; il i. :225 . Giovanni Quarantotto: Il padre dell' irredentismo is friano: Carlo

Cambi, in «L'Alabarda » (Trieste), a. l, n. 1; 1 maggio 1919 [col fa c-simile di un autografo carducciano e col ritratto de l Cambi].

226. Sergio Gradenigo: Castelli e castellani nella Venezia G iulia, in

«L'Alabarda>~ (Trieste), n. l, n. 1: l maggio 1919; ill . 227. Francesco Babudri: Fo/hlore nostro, in «L'Alabarda» (Trieste),

a. [,n . 1, l maggio 1919; ili .

228. Piero Sticotti: Trieste monumentale, in «L'Alabarda» (T ries te) , a.[, n. 2: l giugno 1919; ili.

229. Francesco Babudri: Marine /siriane, in , L'Alabarda» (Trieste), a. l, n. 2: 1 giugno 1919; il i.

~30. Mario Stenta : La Stazione zoologica di Trieste, in ~ L' A l ab a rda ~

(Tries te), a . l, n. 2: 1 giugno 1919; il\. 231. Attilio Gentille: Riccardo Pifferi, in «L'Alaba rda» (Trieste), a. l ,

n. 3, 1 lug lio 1919, il i. 232. Salvatore Si bilia: Scrittori triestini uiuenti : Haydée, in «L'Alabarda))

(T rieste ), a . l, n. 3: 1 luglio 1919. 233. Giovanni Quarantotto : Nazario Sauro, in <( L ' Alabarda~ (Tries te),

a. l, n. 4: l agosto 1919 {con un ritratto e un autografo inedi t i di S auro]. \ 234. Franceaco Babudri; Canti popolari istriani, in «L'Alabarda" ,

(Trieste), a. l, n. 4: l ag. 1919 ; ili. 235. Salvatore Sibilia: Pro/ili triestini: Siluio Benco, in «L'Alabarda»

(Tr ieste), a. l, n. 4: l agosto 1919; ili. 236. Arturo Castigliani : Un pittore e miniaiurista t riestino del

settecento, in <( L'Alabarda- (Trieste), a. l, n. 5: l se tt. 1919 ; ili . [Vi si parla di Domenico Bossi; 1767~1853.]

237. Gian i Stuparich: Scipio Slataper, in l( L'A labarda» (Trieste) , a. n. 5: l sett. 1919 : ili.

238. Giovanni Qua rantotto: Cap odistria per Sauro e Oamhini, in «L'Alabarda» (Trieste), a. l, n. 5 : l sett. 19 19 ; ili.

239. Enrica Barzilai~Gentili: Giglio Padouan, in tc i.'Alabarda» (Trieste), a. l , nn. 6~7: ott. ~ nov. 1919.

240. Vittorio Lana : La poesia eroica della redenzione, in «L'Alabarda» (Trieste), a. l, nn. 6-7: ott.~nov. 19 19 [con un bel ri tra tto del Bcsengh i degli Ughi ].

241. P iero Sticotti: L'Archeografo triestino, in r L 'A i ab a rd a ~· (T rieste), a. l, nn. 6~7: ott. ~ nov. 1919 [riassun to s tori co].

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__________________ P_A_G_I_N_E IS_T_R_I_A_N_E--------~------1--89

242. Nor a P oliak: Poeti di terra istriana, in •La Vita Inte rnaz ionale • (M ilano), a. XXIII, n. 21: 5 nov. 1920. :Sintesi dell 'ope ra poetica degl'irredcnti triest ini e ist riani dal Besenghi a Virgilio Gioiti. )

243. S alvatore S ibilia: La vita politica di Attilio Hortis; in •L' Era Nuova• (Trieste), 7 novembre 1920

244. Giu lio Cesari : Guglielmo Oberdan e un salotto frie$lino ; in La Nazione della Domenica,. , {Trieste), 19 clic. 1920.

245. S . O. F a ngor: Nazario Sauro; in •Neucs \'Viener Journal • (Vienna), (a. 29, n. 9774) 22 genna;o 1921.

246. P a olo Mazzolen i : Revere e Tommaseo; in •Piccolo della Sera (T,;este), 26 d;c. 1921.

247. Romeo Ner i: La uifa e fopera [di Giuseppe Reuere ]; in «Il Pie· colo• (T rieste), 18 clic. 1921.

248. F erdinando Pasin i: L'ideale artistico [di Giuseppe Revere]; ibidem. 249. [Silvio Benco] : Il trasporto solenne delle ceneri di Giuseppe Re·

l'uomo e l'onoranza; in ~ La Nazione» (Trieste) , 18 dic . 1921. 250. B r uno Astor i : La vita del poeta [Giuseppe Revere}, ne •L'Era

Nuc.va• (T rieste), 18 dic. 1921. [Opportuna ristampa di un saggio primamcnte apparso nel 19'12.)

· 251. Marino de !::zombathely: Napoleone e {Italia nel verso di un grande triestino , in ~ 1 1 Piccolo de11a sera~ (Trieste), 6 maggio 1921. {Il grande triestino è Giuseppe Revere).

252. Fra n cesco B a b udr i: Dante e Trieste, in L' Era Nuova,. (Trieste), 2 agosto 1921.

253. Fra ncesco Babudri: Ricordi danteschi istrioni, in • L' Era Nuova • (Tries te), 16 ottobre 1921.

254. Il cullo di Dante nella Venezia. Giulia, in cii Piccolo ' (Trieste \ 14 settembre 1911.

255. Nel sesto centenario di Danie, in • L' Era Nuova" (Trieste}, 14 sctt. 1921. [Notevo li soprattufto gl i art icoli di F . Babudr i: Terzine dantesche nella bocca del popolo giuliano e di T . Caenazzo: L'anima dantesca nella musica istriana. j

256. Ba ccio Z iliotto: Gli studenti padovani del Cinquecento nella satira di un poeta càpodistriano, in • Il Piccolo della sera • (Trieste), 3 ag. 1921. Il poeta satirico è Ottoncllo de Be11i, autore de Lo scolaro :.

257. L'Illustrazione delle ire Venezie; numero celebrativo del VII Cen­tenario de ll'Università di Padova. Padova-Trieste, maggio 1922. [Vi collaborarono, dei nostri, il Benco, il Pasini e il Ouarantotto].

258. Car lo Pign a tti Mor ano: Nazario Sauro, in •Adriatico Nostro •; M ilano, a. Il, n. 20: ag . 1922.

259. A t tilio T a maro : Il porto di Trieste e la sua crisi; in <~ Rassegna

Nazionale • (Roma); fase. LXVI, 1922. 260. A ttilio T amaro: L'esecuzione del Trattato di Rapallo; in • Ras·

segna Nazionale• ; fase. XLIX, 1922.

261. P rof . Fed. Sacco: Sul gigantismo di alcune forme fossili del{ lslrid, in «Att i della R. Accademia delle scienze (Torino), vol. LVII, H}-21·22· (L'illustre geologo piemontese descrive un mollusco bivalve chiamato ~ Septifcr

coitalicus var. Marchetti, Sacc.•, trovato nel terreno cretaceo della Ciceria, fra

Sapiane c Seiane).

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Cronaca e notizie varie

-~:- A Bruno Astori, che in occasione della visita del Re a Trieste, offerse in omaggio al Sovrano le sue pubblicazioni, pervenne in dono da Sua Maestà la iotografia con firma autografa.

* Don Giovanni Musner, professore al R. Ginnasio-Liceo «Carlo Com bi»

di Capodistria tenne una serie di conferenze all' Università popolare di Trieste. Trattù della scultura italiana dal Bernini alla iine del sec. XIX nei giorni 8, 15, 22 e 29 novembre; della pittura italiana du rante il sec. XIX nei giorni 7 dicembre 1922, 3, 1 O c 17 gennaio 1923, destando il più vivo applauso dei convenuti.

* Il giorno Il novenibre alla Cassa di Risparmio Triestina ebbe luogo lo scoprimcnto di una lapide a ricordo clelia visita del Re.

-:+;- La sera dell'Il novembre il com m. Mario Tedeschi della Direzione generale del Tou ring-Club tenne un'applaudita conferenza su c Tipi e paesaggi del Turismo scolastico ». Vi assistette una rappresentanza della Commis~ione

di Capodistria. ~» Alla Società di Minerva di Trieste il dott. Doro Levi parlò il giorno 13

novembre su <~Gli eroi sofoclei , . * Il giorno 15 novembre il preside del Liceo di Capodistria prof. Giovanni

Quarantotto tenne a Como innanzi a numeroso pubblico la commemorazione di Nazario Sauro. La commemorazione fu ripetuta il giorno dopo in Varese.

* Addì 16 novembre il prof. Ferdinando Pasini lesse nell 'aula rr,agna del R. Istituto Superiore di commercio la sua conferenza di prolusione qLa

parola e l'azione eli Gabriele cl 'Annunzio ~ . Fu applaudito entusiasticamente. Il giorno 26 alla presenza di scelto c numeroso pubblico vi tenne la prima lezione del suo corso su Gabriele D'Annunzio .

.;+:· In questo stesso mese avvenne la traslazione da Udine a Trieste delle ceneri di Oiusto Moratti, eroico garibe.ldino e patriotta fervidissimo, sul quale speriamo di poter pubblicare in breve alcune notizie traffe dai ricordi personali d' un suo amico e compagno di fede.

* Il giorno 7 dicembre il prof. Susmel di Fiume tenne a Trieste una conferenza sulla s!oria di quella città.

* All' Uninione !'vlagistrale Tries!ina addì 9 dicembre il prof. Enrico Rosman tenne una conferenza su «Dialetto e lingua».

* Il giorno 13 dicembre Francesco Pastonchi tenne a Trieste davanti a scelto e ntHJJeroso ·pul'blico la dizione della sua ~Sinfonia in morte di Galileo Ferraris ~ .

* l! 18 dicembre nell'Aula magna del R. Ginnasio-Li ceo di Capodistria, dinanzi alle principali autorità cittadine, dinanz i a parecchi cittadini e ai riuniti collegi dei professori e alle scolaresche del Ginnasio-Liceo e del locale R. Istituto Magistrale, il proi. don Giovanni Musner con dotta ed elegante parola commemorò a mezzodl Antonio Canova, nella ricorrenza del l cen tenario dalla morte_ di lui.

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* Il giorno dopo lo stesso proiessore, all'ora stessa esegui una serie di bellissime proiezioni illustrative delle migliori scullure del Canova.

* Ad iniziativa e cura della P:-esidenza Liccale delle Direzioni delle Scuole elementari e dttadine con inten·ento di tutta la scolaresca ebbe luogo addì 20 dicembre a Capodistria nella sala del Ridotto una pubblica solenne commemorazione di Guglielmo Oberdan. L'orazione celebra!i\•a iu tenuta dal dott. Ettore Kers di Trieste.

*\ella sala massima d3l Circolo .-\rlislico di Trieste il gio rno 2 gennaio 1923 numerosissimo ed eletto pubb:ico ascoltò con religiosa attenzione la camme· murazione di Antonio Canova, iatta dal proi. Antonio Muìloz •

.;.~- Per incarico del Comitato regionale della Società Nazionale per lo studi o della Storia del Risorgimento, il preside del R. Ginnasio-Liceo di Capodistria prof. Gio\·anni Quarantoito convocò il giorno 3 gennaio 1923 nel suo uiiicio il sotfoprcielto march. Di Suni, il commissario straordinario per il Comune tcn . . \\anzini, il senatore 13ennaii, gli ex podestà di Capodistria an·. Garnbini , av\·. Belli e cav. Sardos più alcuni cittadini, per studiare il modo di mettere in t::sccuzione l' idea di trasportare in patria i rt!Sti mortali di Carlo Com bi , l' inia1icabile assertore della nostra italianità, sepolto a Venezia nel 1884. L' idea iu accolta con entusiasmo.: i componenti la sedu ta si trasfornwrono in comitato promotore. L' esccuth·o s:uà formato dai signori Piero de .\tanzini , proì. G. Quarantotto e Pi ero .-\lmcrigogna.

A Roma nell'aula magna del Collegio Romano iu tenuta addì 9 gennaio 1923 una dotta conicrenza sulle «Grott e di Postumia • dal dott. Sergio Graden igo, insegnante nella scuola normale di Trieste .

~:.: Atti della Accademia Roveretana degli Agiati . ...\. CLX.\11 vol. V.: Cronaca Accademica. ~ Giacomo Coftir!i, Silvio Pellico e i Rosminiani. -A. Canestrini, l la vini di .\\arco. - Angelo Valdarnini, Dante .\\aeslro all'llali:J. e alle naZioni moderne. - C. Canovetti, Osscn·azioni c critiche su errori commessi nel modo di determinare la contrazione nel senso del moto nella tccria della relalivit3. - Guido Bertoldi, lrredcnti in Russia. - Oust~vo

Chiesa, La città di RoYcrcto in tempo di guerra . - Girolamo Cappelfo, il 1\'\useo Storico Italiano della guerra nel Castello di Rovereto. - Bollettino Bi­bli ograìico Trentina .

.;;.;. Il Marz occo , .-\.X.\ VII n. 51, Aldo Sorani, .\ lla scoperta dell'.-\merica intellettuale. ~ Lector, Ex !Jbris n·ic er rante)> di Elen:J. di Francia duchessa d'Aosta. - Giuseppe Ortolani, Cn po' di Baretti c un pachino di (joldoni. -An!. Mufioz, Libri d'arie. Luigi Serra, pittore bolognese. - .\\arginalia. -Arnaldo Foresti, Commenti c irammcnti : accomodamenti di poeta.- U. Norsa, Jl Petoìi e l' Italia.

~:: N. 52: Bernardino Barbadoro, Il rkvoc:~.tore del Trecento Fiorentino. !.c onor<lm:C a lsidvro Dd Lungo. - Aldo Sorani, Il rom:mzo che ebbe il premio dei I.Joncourt. - A. Faggi, Il ((S;m l t.lell' :\!iicri nella critica d'oggi. -Guido Ferrando, Il primo centenario di ,\\alleo .-\rnold. - Arturo Pompeati, \'ila manto\·ana nel RalduSl>. - .\\arginalia. - Bibliograiie.

* N. 53: Arr!onjo Mufioz, Oggetti c cimeli restituiti dall'Austria nella mostra di Palnzzo \·cnczia. - Antonio Pane/la, L:n .\apolconi'lc amico dcl­J.- lialia. ~ Carlo C ardara, Giacomo Oreih:c compositore c musicologo. -Alberto Castellani, L'autore prediletto degli uiiiciali giapponesi. - Cesare

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Levi, Figure della v ila e dell'arte triestina. - Marginalia. ·- Alberto Lumbroso Commenti c irammenti : Un pre(;ursore dci gas lagrimogeni. '

~~ Athenaeum , Studli Periodici di Letteratura e Storia di retto da Carlo Pasca l. Nuova Serie. A. l. Fase. l. gennaio 1923 : Arnaldo Fores ti , Quando il Petrarca conobbe Tercnzio e Plauto. - Alessandra Michetti Castello, Di un nuovo docmnento~a proposito del Sant' Uffi1.i0 in Venezia. - H enrica Ma/covati, Dc (Jactulico, Graecorum cpigrammatum scriplore. - R. Cantare/la, Alcune questioni sulle T: aclzinie di Sofocle. - Piero Como/li, Leopardi ed Orazio. - Corrado Barbagallo, Un volume Sb<lgliato sopra Orazio. - Notizie di . Pubb licazioni. * Bollettino della civica Bib lioteca di Ber gam o, A. XVI, n. 3, 1922 Giovanni Pesenti, Notizie e documenti del\' ìnianzia c della giovi nezz_a di Angel~ Mai (1782-1811). - Ciro Caversazzi, Del ristabilimento degli antichi Palazzi com unali di Bergamo. - - Vicebibliotecario, La morte di Ugo Basville.

* Augusta Praetoria, Hevue ValdOstain e de pensée et de actiun regio ­nalistcs. N. l e 2, 3, 4, 5 (1922) : / . Boudet, Le pcrcement du N1ont-Bianc. Prernil:re partic: Le problème écono rnique. - L. Vaccari, Une heure au .iardin alpin «Chanousia» au Petit S.t Bcrnard. - H. Monterin, Les plus récentes oscillations dcs glaciers italiens du Monle-l{osc. - F. Bertorello, La maitresse d'école. - Bibli ographic.

-:-r. Atti della Accademia scientifica Veneto •T r en t ir. o• l st riana. Serie terza, vol. Xli -Xl ii (1922) : De Marchi L., Va riazioni del livello adriatico in wrrispondenza colle esp.:tnsioni glaciali. - Teodoro G., Tintinidi del Plancton del la laguna veneta . - MOller G., Secondo contributo [tiJa conoscenza della Fauna cavernicola it:;~liana. - BonomiA., Settima contribuzione all'Aviìauna trid cntina. - Teodoro G., Ulterio re contributo alla conoscenza dei Tintinidi planctonici della laguna veneta. - Zanolli V.. Intorno all e dimensioni del cranio padovano (sviluppo c forma). - Fabia ni R., Continuità della serie fra l' Oligocene c il Mioccne nel trentina meridionale. - Gride/li E., Studi sul genere Qucclius Steph. (Coleopl. Staphyl). - Castiglian i B., Osservazi oni mor· fologiclle in Val di Fassa. - Corne/ius-Furlani Marta, Considerazioni orogene­tiche su l limite alpino dinarico in Pusteria. - Vardabasso S. , Il problema geologico di Predazzo in un secolo di ricerche.

Stabilimento Tipograf ico Naz ionale CARLO PRIORA - Capodis tria

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