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Hospes 11

Date post: 06-Mar-2016
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Il periodico della Fondazione Hospice
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Semestrale Poste Italiane S.p.A. Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n. 456) art. 1 comma 1 - DCB – Bologna. In caso di mancato recapito inviare al CMP di Bologna per la restituzione al mittente previo pagamento resi. Anno 6 Numero 1 - I/201i
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Semestrale Poste Italiane S.p.A. Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n. 456) art. 1 comma 1 - DCB – Bologna.In caso di mancato recapito inviare al CMP di Bologna per la restituzione al mittente previo pagamento resi.

Anno 6 Numero 1 - I/201i

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IDEE, PASSIONE E STRATEGIA PER CURARE LA PERSONA

di Vera Negri Zamagni /pag. 3

QUATTRO DOMANDE A DON CIOTTI

di Simona Poli /pag. 4

RIFIUTO E RINUNCIA AI TRATTAMENTI SANITARI SALVAVITA

di Stefano Canestrari /pag. 6

MODELLI DI CURE PALLIATIVE:

L’IMPORTANZA DELLA SUSSIDIARIETÀ CIRCOLARE

di Franca Silvestri /pag. 8

LA CULTURA PALLIATIVA È UNA CONQUISTA E UNA SFIDA

di Franca Silvestri /pag. 10

PUBBLICO E PRIVATO: QUANDO LA COLLABORAZIONE POTENZIA LA RETE

DI ASSISTENZA SANITARIA

di Monica Bravi e Deborah Bolognesi /pag. 11

UN GLOSSARIO PER LE CURE PALLIATIVE

a cura di Catia Franceschini /pag. 13

/pag. 14

a cura di Sara Simonetti /pag. 15

EDITORIALE

IN PRIMO PIANO

APPROFONDIMENTI

APPROFONDIMENTI

APPROFONDIMENTI

RICERCHE

GLOSSARIO

DICONO DI NOI

RINGRAZIAMENTI

SO

MM

R

IO

a

HOSPESPeriodico della Fondazione HospiceMariaTeresa Chiantore Seràgnoli OnlusAnno 6 Numero 1 - I/2011

Direttore EditorialeVera Negri Zamagni

Direttore ResponsabileGiancarlo Roversi

RedazioneFondazione HospiceMariaTeresa Chiantore Seràgnoli Onlusvia Marconi 43/45 - 40010 Bentivoglio (Bo)

Progetto graficoHumus Design

StampaDigigraf

Per informazioniTel. 051 [email protected]

Autorizzazione del Tribunale di Bolognan. 7434 del 1 giugno 2004

Stampato su carta con fibre riciclate

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IDEE, PASSIONE E STRATEGIA PER CURARE LA PERSONA

Carissimi lettori,

ci sono due messaggi forti che emergono dagli scritti che abbiamo raccolto in questo numero della nostra rivista: il dolore

totale che accompagna la fine di una vita e la strategia altrettanto totale che occorre mettere in campo per affrontarlo

compongono il primo messaggio. Potrebbe sembrare strano che di cure palliative si interessino giuristi, ecclesiastici,

economisti, sociologi, psicologi e non solo gli operatori sanitari, come si vede nei contributi che seguono. Ma se poniamo

mente all’eccezionalità dell’evento “fine della vita”, che rivela tutta la fragilità della persona umana, i suoi limiti, le sue

paure, la sua dipendenza, le sue incertezze, comprendiamo bene come serva niente di meno di una condivisione totale da

parte di chi sa come alleviare i vari tipi di dolore, con il supporto di un’organizzazione sociale ed economica adeguata, per

accompagnare le persone e i loro familiari in quel cruciale passaggio. Il secondo messaggio è invece rivolto in primo luogo al

personale sanitario: “si cura il paziente, non la malattia”. Si tratta di un principio che dovrebbe valere in tutti gli ospedali e

con riferimento a qualunque tipo di patologia, ma che diventa indispensabile quando la malattia non può più essere curata.

Purtroppo l’organizzazione sanitaria non ha ancora recepito questo messaggio; come gli illustri testimoni a cui la rivista dà

voce ribadiscono, per riumanizzare gli ospedali e le facoltà di medicina occorre modificare la cultura tecnicista che li permea,

e questo lo si fa con “idee, passione e strategia” (parole di Eduardo Bruera), proprio quelle idee, quella passione e quella

strategia che animano da sempre gli operatori dell’Hospice Seràgnoli.

Buona lettura!Vera Negri Zamagni*

* Presidente dell’Associazione Amici dell’Hospice MT.C. Seràgnoli

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EDITORIALE

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IN PRIMO PIANO

Fondatore del Gruppo Abele, Don Luigi Ciotti, da sempreimpegnato a difendere i diritti delle persone emarginatee in difficoltà, ha accettato di rispondere ad alcunedomande per la nostra rivista.

In diverse circostanze lei ha messo in relazione l’eticacon la bellezza: ci può spiegare questo tipo di rapporto?Il bene e il bello sono profondamente intrecciati. Nonparlo ovviamente solo della bellezza della forma, dellabellezza che risponde a determinati canoni estetici.Ma, di una bellezza che è armonia di forma e contenuto,legame di estetica e di etica. Non basta essere belli“fuori”. Non basta curare il corpo, la propria immagine,spesso arrivando agli eccessi che conosciamo, a queglisquilibri che generano fragilità e patologie – pensiamoa quanto è diffuso oggi il problema dell’anoressia e dellabulimia. Bisogna essere belli dentro, perché la verabellezza nasce dalla cura dell’interiorità, che declinereiin tre modi: volontà di conoscere, di scegliereconsapevolmente; disponibilità a vivere relazioniprofonde, autentiche; impegno per costruire giustizia,dignità per ogni essere umano. È qui che l’etica si sposacon la bellezza, e che una vita che tende al “giusto”diventa anche una vita “bella”.

Don Ciottia cura di Simona Poli

Quattro domande a...

Essere bellidentro

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Dopo una vita dedicata all’impegno sociale e all’aiutodel prossimo, come intende la solidarietà, non solo dalpunto di vista religioso ma anche laico?La solidarietà non basta. È importante sapersi metterenei panni degli altri, perché se manca questa capacitàl’impegno sociale, ma anche quello politico, o quellopiù genericamente professionale, perdono di “anima”,rischiano di diventare una procedura fredda, anonima,impersonale, che non arricchisce gli altri e inaridiscechi la pratica. Oggi però la parola solidarietà è abusata.Troppe volte, con la solidarietà, si vogliono nasconderele cause sociali, politiche ed economiche delle povertà.Per questo, provocatoriamente, dico che abbiamobisogno di meno solidarietà e di più diritti, cioè di piùgiustizia sociale. Nella consapevolezza che i diritti nonpossiamo limitarci a proclamarli o rivendicarli: sono unimpegno e un dovere per ciascuno di noi. Solo unasocietà responsabile può ridurre le ingiustizie e ledisuguaglianze che la solidarietà, da sola, non potrà maisconfiggere.

“Persone e non problemi” è una delle frasi che haripetuto spesso e che riporta al centro dell’attenzione lapersona. In un momento come l’attuale che tende aspostare l’interesse su altri aspetti, come educatore qualisono gli strumenti per far capire ai giovani l’importanzadi questa prospettiva?Educandomi insieme a loro. È importante, quandoparliamo di educazione, sottolineare che non c’è unmaestro e un discepolo, un anziano e un giovane, un“alto” e un “basso”. Ci si educa insieme, non può essercieducazione senza relazione, senza reciprocità, senzariconoscimento, senza vero incontro. La centralità dellapersona la scopriamo quando ci rendiamo conto che lerelazioni sono essenziali alla nostra vita, e quandoriconosciamo negli altri questo stesso bisogno. L’egoismoe l’indifferenza sono le grandi malattie del nostro tempo.Con i giovani non è difficile perché questo bisogno inloro è forte, direi quasi “naturale”. È importanteintercettarlo, e ricambiarlo con un coinvolgimento vero.I giovani si fidano e si “affidano” quando sentononell’adulto la passione, la coerenza, la disponibilità.Quando trovano persone che fanno con loro e non perloro. Dai discorsi, però, bisogna poi passare ai fatti.I giovani devono essere messi nella condizione dipraticare quello che hanno appreso, hanno bisogno

di assumersi delle responsabilità, di vedere tradotti inrealtà i loro ideali. Non c’è nulla di più frustrante, per ungiovane, di uno slancio ideale ostacolato e avvilito dallamancanza di opportunità. Nel nostro paese c’è unagrande emergenza culturale ed educativa, e a dimostrarlosono anche quei dati sulla disoccupazione giovanile, sulprecariato delle nuove generazioni: il lavoro, lo studio, lapossibilità di guardare con fiducia al futuro sono indicidella salute di una democrazia, i presupposti della libertàe dignità di ciascuno di noi.

In quest’ottica di centralità dell’uomo cosa ne pensadella legge sul testamento biologico in esame allaCamera?Non conosco nei dettagli il testo della legge. Il tema èperò uno di quelli che dovrebbero farci sentire piccoli,limitati, attraversati dai dubbi. Un tema che non va“trattato” ma “accostato” con enorme rispetto, nellaconsapevolezza che lì si gioca una delle dimensioni piùprofonde dell’essere umano. Mi è capitato tante voltedi accompagnare persone malate e sofferenti nell’ultimotratto di vita e ho cercato per quanto ho potuto di“tenerle per mano”. Credo che in quei momenti, comedel resto in ogni istante della vita, vadano rispettate ladignità e la responsabilità delle persone, le loro scelteconsapevoli. Oggi la scienza rende possibile per lepersone gravemente malate un distacco dalla vita condignità e credo che si debba fare il possibile per garantirea tutti la riduzione delle sofferenze. Come sacerdote, miauguro che la legge sul testamento biologico tengapresenti due passaggi della Gaudium e Spes, documentodel Concilio Vaticano II: «la coscienza è il nucleo piùsegreto e il sacrario dell’uomo, dove egli è solo con Dio,la cui voce risuona nell’intimità» e «l’uomo può volgersial bene soltanto nella libertà».

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IN PRIMO PIANO

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Il rifiuto e la rinuncia al trattamento sanitario salvavitada parte del paziente cosciente e capace di intendere e divolere rappresenta un momento cruciale per le dinamichedella relazione tra medico e paziente.

La tragicità delle ragioni che fondano un rifiuto o unarinuncia a trattamenti vitali comporta necessariamenteche l’investimento emotivo e l’impegno comunicativotra i protagonisti della relazione di cura raggiungano lamassima intensità, con il rischio di una rottura degliequilibri dell’alleanza terapeutica.

Occorre peraltro sottolineare come le problematicheinerenti al rifiuto/rinuncia di cure non si esauriscanoa livello del singolo rapporto paziente-curante, machiamino in causa gli stessi orientamenti di fondodelle politiche sanitarie, nonché l’organizzazione ed ilfunzionamento del sistema sanitario nel suo complesso.Come da più parti segnalato, giova infatti richiamarel’attenzione su un duplice rischio. Da un lato, quelloper cui il rifiuto di cure possa scaturire da un sensodi “ripudio” verso l’atteggiamento di aggressivitàdiagnostico-terapeutica e di reificazione/alienazione dellapersona sofferente, amplificati dall’attuale tendenza ad uneccesso di razionalizzazione e aziendalizzazione dei servizimedico-assistenziali. Dall’altro, il rischio che il paziente sirisolva a rifiutare le cure per il timore che le carenze deiservizi di assistenza ai malati – ed il conseguentetrasferimento del carico di cura sulla cerchia familiare – loconsegnino ad una situazione di “solitudine” e di“abbandono” terapeutico e assistenziale1.

La complessità delle questioni in gioco e l’estremadelicatezza degli interessi coinvolti sollecitano, pertanto,un’approfondita riflessione anche da parte del giurista, nellaprospettiva di favorire una compiuta implementazione deldiritto alla salute, nel pieno rispetto dei diritti e delladignità del paziente nonché dell’autonomia professionalee morale del medico e del personale sanitario.

Il presupposto di partenza è un principio ampiamentecondiviso: il consenso informato costituisce, di norma,legittimazione e fondamento del trattamento sanitario.Il diritto al rifiuto “informato” o alla consapevole rinunciaai trattamenti sanitari, compresi quelli necessari per ilmantenimento in vita, si fonda sul medesimo terreno delconsenso informato, di cui rappresenta un’estrinsecazionein chiave “negativa”.

In particolare, sono numerose le fonti da cui si desumel’esistenza di un diritto a non essere sottoposto atrattamenti sanitari contro la propria volontà, inconnessione con il principio del consenso informato.I riferimenti alla Costituzione italiana sono fondamentali.L’art. 32, comma 2, Cost. afferma chiaramente chenessuno può essere obbligato a un determinatotrattamento sanitario se non per disposizione di legge.Il diritto al rifiuto dei trattamenti sanitari fa partedei diritti inviolabili della persona, di cui all’art. 2 Cost.,e rappresenta l’applicazione, in ambito sanitario, delgenerale diritto alla libertà personale (art. 13 Cost.) intesoquale diritto all’inviolabilità della sfera psico-fisica.

Il rifiuto e la rinuncia ai trattamenti sanitari anchesalvavita si collocano dunque all’interno delle medesimecoordinate normative del consenso informato. La volontàdi rifiutare consapevolmente le cure si presenta, al paridella speculare prestazione del consenso informato, qualepossibile esito di un percorso informativo e comunicativoche si snoda attraverso la dinamica del rapporto medico-paziente. Una volta che il medico abbia fornito al pazientele informazioni necessarie, il paziente può tanto accettareil piano di cura – fermo restando, peraltro, la possibilitàdi revocare in ogni momento il consensoprecedentemente manifestato – quanto decidere di nonaderirvi, o di aderirvi solo parzialmente. Il rifiutoinformato e la rinuncia consapevole di cure si pongonopertanto non all’esterno della relazione medico-paziente,né in contrapposizione ad essa, ma anzi rappresentano e

RIFIUTO E RINUNCIA AI TRATTAMENTI SANITARI SALVAVITAdi Stefano Canestrari

Ordinario di Diritto Penale

Facoltà di Giurisprudenza Università di Bologna

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APPROFONDIMENTI

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APPROFONDIMENTI

devono rappresentare il frutto di una scelta maturataall’interno del rapporto di alleanza terapeutica2. Del restoil rifiuto o la rinuncia ad un determinato trattamentosanitario non significa – il più delle volte – rifiutare ognitipo di trattamento. In tale ambito, occorre pertantosottolineare con favore la crescente sensibilità verso ilsettore della medicina palliativa, indice della ormai diffusaconsapevolezza che i doveri deontologici e professionalidel medico si proiettano verso la tutela della “salute”in un’accezione ampia, in cui risulta compreso anchel’alleviamento della sofferenza.

Ecco, allora, che il riconoscimento di un diritto allarinuncia o al rifiuto di trattamenti sanitari, anche life-saving, lungi dall’interrompere il rapporto di alleanzaterapeutica, determina anzi un rafforzamentodell'elemento fiduciario e del carattere collaborativo checaratterizzano il “dialogo” tra medico e paziente. In questocontesto si deve scongiurare il rischio che il diritto alrifiuto di cure si traduca in potenziale veicolo di condottedi “abbandono terapeutico”. In particolare, è necessarioribadire con forza che il sanitario, nell'ambito della

relazione di cura, non deve limitarsi a registrarepassivamente – con supina acquiescenza – la volontàdel paziente, come ha avuto occasione di segnalareil Comitato Nazionale per la Bioetica nel ParereInformazione e consenso all'atto medico. «In caso di malattieimportanti e di procedimenti diagnostici e terapeuticiprolungati, il rapporto curante-paziente non può esserelimitato ad un unico, fugace incontro. [...] Il curante devepossedere sufficienti doti di psicologia tali da consentirglidi comprendere la personalità del paziente e la suasituazione ambientale»3. In riferimento al rifiuto o allarinuncia ai trattamenti sanitari, ciò si traduce in unavalorizzazione del rapporto curante-paziente comestrumento privilegiato per il medico ai fini di una“decifrazione” delle ragioni che determinano il malatoa rifiutare la cura salvavita, onde evitare che scelteirreversibili derivino da stati depressivi, dalla prostrazionefisica e/o psicologica del paziente, dal timore per la perditadi autonomia o dal desiderio di non gravare i congiuntidel peso dell’assistenza nella malattia.

1 In proposito, cfr. il parere del Comitato Nazione per la Bioetica, Rifiuto e rinuncia consapevole al trattamento sanitario nella relazione paziente-medico, 24 ottobre 2008, redatto da Stefano Canestrari, Lorenzo d’Avack e Laura Palazzani, con il contributo dei membri del gruppo di lavoro coordinato da chi scrive (Salvatore Amato, Adriano Bompiani, Francesco D’Agostino, Antonio Da Re, Marianna Gansabella, Demetrio Neri, Andrea Nicolussi, Monica Toraldo di Francia e Grazia Zuffa). Il parere è consultabile all’indirizzo www.governo.it/bioetica/pareri.html.

2 In questo senso si è chiaramente espresso il citato documento del CNB, in part. par. 5, 18-21.3 Parere del Comitato Nazionale per la Bioetica del 20 giugno 1992, Informazione e consenso all’atto medico.

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«Le cure palliative non riguardano solo la terapia deldolore, ma tutti gli aspetti del percorso che il paziente ela sua famiglia compiono verso il fine vita». Con questeparole la dottoressa Danila Valenti della FondazioneHospice Seràgnoli ha aperto i lavori della tavola rotonda,che ha coordinato insieme al professor Guido Biascodell’Accademia delle Scienze. Un simposio articolato,poliedrico, ricco di contenuti che ha intrecciatoesperienze e competenze per analizzare lo stato dellaMedicina Palliativa in Italia sotto il profilo sanitario,

sociale, normativo, finanziario. Sul terreno legislativo si èaddentrata Adriana Turriziani della Sicp (Società Italianadi Cure Palliative) sottolineando che «la Legge 38 del2010 ci potrà far camminare bene, con le spalle dritte e ipiedi ben piantati». Ma gli hospice non bastano: «in Italiadobbiamo attivare ambulatori di cure palliative e dayhospice, ampliare le professionalità e la cultura specifica».Non solo: «la rete oncologica, quella della terapiadel dolore e quella delle cure palliative devono dialogaree intersecarsi fra loro». E, per far crescere la cultura

MODELLI DI CURE PALLIATIVE: L’IMPORTANZA DELLA SUSSIDIARIETÀ CIRCOLARE di Franca Silvestri

APPROFONDIMENTI

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Una giornata di studio con medici, studiosi, esperti di diverse discipline per fare il punto su sistema, organizzazione,

formazione e prospettive della Medicina Palliativa nel nostro Paese

Due giorni di incontri promossi dall'Accademia delle Scienze di Medicina Palliativa, nell’accogliente cornicedel Castello di Bentivoglio, con un “testimonial” d’eccezione: il professor Eduardo Bruera dell’MD AndersonCancer Center di Huston, figura di riferimento a livello internazionale per le Cure Palliative e le terapiedi Supporto. Una tavola rotonda di confronto con esperti italiani impegnati a vario titolo nel campo dellapalliazione, arricchita dalle interessanti letture tematiche del professor Bruera e da un’animata open discussionconclusiva, il 25 marzo scorso.E il giorno successivo, la cerimonia di chiusura del terzo Master in Cure Palliative con consegna di pergamenee premi First ai neodiplomati, introdotta da una singolare lectio magistralis di Eduardo Bruera sulla “culturapalliativa”.

Incontri ed eventi

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APPROFONDIMENTI

palliativa, «si devono seguire tre linee: ricerca, formazione,organizzazione». Nadio Delai di Ilesis (Ricerca e Formazione per i SistemiSanitari) ha espresso il punto di vista del sociologo: «percambiare le cose, non servono solo leggi, ma ancheastuzie e strategie. In Italia, sono necessarie delle sfide.Il pallium, il “mantello” delle cure palliative deve avvolgereil malato completamente, sotto tutti gli aspetti: fisico,psicologico, spirituale. Bisogna pensare all’etica, maanche ai risvolti economici». Insomma, è necessario «agiredall’alto coinvolgendo chi ha potere per promuoverela cultura palliativa, ma anche dal basso per svilupparela conoscenza in tutti gli strati sociali». Oggi, «c’è uneccesso di individualismo, ma bisogna recuperare il sensodel limite, anche di quel limite che è la morte. E le curepalliative devono diventare cultura collettiva».Di “progetto bambino” ha parlato Marcello Orzalesi dellaFondazione Maruzza precisando che «le cure palliativepediatriche non sono cure terminali, ma iniziano subitodopo la diagnosi della malattia». Rispetto agli adulti,i bambini sono molto meno numerosi e dispersi sulterritorio e hanno patologie varie, non solo oncologiche.La stessa Legge 38, agli articoli 5 e 9, prevede per ilbambino un iter di cure palliative diverso da quellodell’adulto: «soprattutto per consentire l’espressionemassima della vitalità residua». Sulla questione più ampiadella cultura palliativa, Orzalesi ha rimarcato conrammarico che «solo il 6,9% della popolazione italiana sadi preciso cosa sono le cure palliative, mentre c’è unalarga percentuale che ne ha solo un’idea o non ha unaconoscenza adeguata». La Legge 38 del 15 marzo 2010 è stata al centrodell’intervento di Marco Spizzichino, statistico delMinistero della Salute: «è una bellissima legge, che ciconsente di non chiedere soldi ai pazienti e di nondimetterli dagli hospice dopo quattro giorni, come avvienenegli Stati Uniti». Ma la cultura palliativa non è cresciutaallo stesso modo in tutte le regioni: «in Emilia-Romagna cisono 18 hospice funzionanti, a Padova c’è l’unico hospicepediatrico di tutto il territorio nazionale». La Legge 38 hasciolto diversi nodi lasciati irrisolti dalla Legge Bindi del1999, ma c’è ancora molta strada da fare: «l’impiego deifarmaci oppiacei è aumentato, ma siamo davvero lontanidagli standard di utilizzo europei, ancora non sono staterealizzate tutte le strutture previste dalla normativa vigentee i percorsi formativi sono in via di definizione».Il contesto economico e il terzo settore sono stati presi in

esame da Stefano Zamagni, professore di economiae fautore di un modello di sussidiarietà circolare checomprende Stato, business community e OMI(organizzazioni a movente ideale) per la promozionesociale. Le risorse pubbliche non bastano a finanziaretutte le necessità: le cure di primo livello (universalistico)e quelle di secondo livello (selettivistico). Nel modello diwelfare che si sta profilando «le cure palliativerientreranno senza dubbio nel secondo livello e sarannoaccessibili solo a chi se le può permettere». Questo èpericoloso perché crea differenze fra i cittadini. Allora,«bisogna far comprendere che è in gioco il bene comune,agire in una sussidiarietà circolare e magari istituire delle

forme di investimento (tipo borse sociali) che permettanoai cittadini di far nascere e crescere opere di utilità socialecome gli hospice».«Nel nostro paese la cultura e la coesione sociale un po’mancano», ha sottolineato il professor Biasco in uninciso. Però, «il sistema della Medicina Palliativa potrebbediventare un modello anche per altre esperienzeorganizzative». «Strutture, processi e risultati sono glielementi necessari per stabilire un sistema e farlofunzionare bene», gli ha fatto eco il professor Bruera.Ma non basta la buona volontà di medici, infermieri ecittadini: «è chi ha il potere che deve creare le condizionidel cambiamento culturale». Un rinnovamento necessarioper Eduardo Bruera, soprattutto in una società come lanostra dove «una persona su tre può sviluppare il cancroe il 50% di chi si ammala ne può morire». E poi il finevita è un traguardo inevitabile: «siamo tutti morituri e lamaggior parte di noi si spegne per una malattia cronica.Ma ancora non abbiamo gli strumenti adeguati per curarele nostre comunità, le nostre famiglie». In conclusione, hadetto Guido Biasco, «tutto potrebbe essere meglioaffrontato, se ci fosse una cultura e non un rifiuto».

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«Si deve curare il paziente, non la malattia. E bisogna farloanche nella tappa più complessa del percorso clinico: ilfine vita». Semplice. Affabile. Ironico. Realista. Il professorEduardo Bruera ci crede davvero nella cultura palliativa.E la promuove con competenza scientifica, umanità,rispetto per gli altri. Ha radici italiane ma è nato a Rosarioin Argentina, ha lavorato a lungo in Canada e da diversianni è all’MD Anderson Cancer Center di Huston, ilcentro di ricerca e di clinica sul cancro più importantedegli Stati Uniti. È autore di numerosissime pubblicazionisu riviste e di una cinquantina di libri, ma soprattutto èpunto di riferimento internazionale per le cure palliative,anche sul fronte della formazione.«La sfida – dice – è inserire la palliazione nella culturamedica organizzata e in quella universitaria. Si è persotanto della cultura palliativa. Oggi, tutto è basato sullamalattia, sulla cura degli organi e delle singole patologie:il paziente non esiste». Questa parcellizzazione generamoltissimi problemi, quindi è necessario uncambiamento. Ma non è un processo facile: «è una sfidaperché si deve trasformare l’esistente per far crescere la

cultura palliativa». Occorrono strutture, nuovi processima soprattutto bisogna formare i medici: «dobbiamoinsegnare ai giovani colleghi come modificare il sistema,come cambiare quello che oggi non funziona nella curadel malato». L’università e l’ospedale sono le due massimeespressioni della civiltà umana. E la palliazione devecominciare quando inizia la sofferenza: «negli ospedali ènecessario creare delle unità di cura palliativa, non solo dimedicina d’urgenza e di terapia intensiva. È un problemaetico. Bisogna riumanizzare gli ospedali e le università». Negazione, pallifobia, pallialia sono gli ostacoli dasuperare secondo Eduardo Bruera. Ma ogni gruppo, ognipaese, ogni nazione, ogni USL può trovarsi a una tappadiversa del percorso. Si può avanzare e poi arretrare: «è unprocesso di progressione nel cambio culturale con rischidi regressione legati al cambiamento delle strutture, degliindividui o di altri fattori». Quindi, dobbiamo semprevalutare dove ci troviamo e non dimenticare che «permodificare una cultura esistente, occorrono nuove idee,passione e strategia». Insomma, è una conquista continua.

APPROFONDIMENTI

LA CULTURA PALLIATIVA È UNA CONQUISTA E UNA SFIDAdi Franca Silvestri

Con una lectio magistralis ricca di stimoli il professor Eduardo Bruera ha aperto la cerimonia per la consegna,

da parte del professor Dario Braga, Pro-Rettore alla ricerca dell’Università degli Studi di Bologna, dei diplomi

del III Master dell’Accademia delle Scienze di Medicina Palliativa

Incontri ed eventi

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RICERCHE

La Fondazione Isabella Seràgnoli chiamata a Dublino a illustrare la propria esperienza

PUBBLICO E PRIVATO: QUANDO LA COLLABORAZIONE POTENZIA LA RETE DI ASSISTENZA SANITARIAdi Monica Bravi e Deborah Bolognesi

Le modalità di collaborazione tra pubblico-privato inItalia con riferimento al settore delle cure palliativeè l’argomento su cui la Fondazione Isabella Seràgnoliè stata invitata a intervenire nel convegno di Dublinoorganizzato dal Trinity College e da IRSPM lo scorsoaprile. In particolare, è stato illustrato il caso dellaFondazione Hospice MariaTeresa Chiantore Seràgnoli,considerato un esempio di successo a livellointernazionale.

Nonostante l’Italia abbia una buona esperienza dipartnership pubblico-privato in molti settori, solorecentemente ha avviato riflessioni su come sviluppareuna collaborazione nel settore della sanità, consideratol’ambito di pubblico servizio per eccellenza. Questeriflessioni sono state indotte da alcuni fattori, tra cui:La crisi complessiva del modello di welfare universalelegata alla riduzione di risorse che il pubblico riesce adedicare a queste tematiche.La necessità, al contempo, di aumentare il livello diservizio e il costo correlato, per mettere il pazienteal centro di tutte le attività, fornendo rispostediagnostico-terapeutiche al massimo livello possibiledi tecnologia ma affrontando anche aspetti sociali.

L’aumento dell’età media della popolazione (Fig. 1)e l’evoluzione del concetto di famiglia tradizionale che sifa carico delle esigenze socio-sanitarie di tutti i proprimembri, sta ulteriormente amplificando la necessità diricorrere a modelli innovativi di collaborazione pubblico-privato per rispondere ai bisogni dei cittadini. Infatti, giàsi assiste, accanto a un aumento della spesa pro-capite(Fig. 2), ad un incremento del livello di utilizzodi strutture private (Fig. 3).

Figura 1: Aspettativa di vita in Italia(% di popolazione per fascia di età)

Figura 2: Tendenza della spesa pro capite nel settoresanitario in Italia

Figura 3: Suddivisione per struttura della spesa pubblicaospedaliera in Italia

<65

80%67%

15% 20%

60-80

2007

2050

5% 14%

60-80

2000 2001 2002 2003 2004 2005

1.6801.789 1.879 1.940

2.094 2.163

2006

+5%

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007

100

120

140

160

Direct Public Management

Private Services Management

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RICERCHE

Le cure palliative sono tra i primi ambiti in cui è statasviluppata la collaborazione pubblico-privato in Italia.Le attività di sensibilizzazione sul tema sono state avviateda associazioni e fondazioni private a partire dagli anni’70 e hanno dato risultati estremamente positivi, coronatidalla legge 38 / 2010 che ha regolamentato l’interosettore. Si può facilmente constatare che le organizzazioniprivate operanti in questo ambito, appartengonoprincipalmente al settore non-profit e hanno lavorato sutematiche di sussidiarietà coprendo ambiti di attivitàdiversi: dalla advocacy, al finanziamento della parte distart-up e, in alcuni casi, alla gestione in propriodell’intero servizio. Molti hanno unito all’ assistenza laricerca e la formazione, sviluppata talvolta incollaborazione con l’ambito accademico (Fig. 4)

Le organizzazioni non-profit hanno aiutato gli entiregolatori ad affrontare la tematica delle cure palliativecon modelli organizzativi, finanziari e di governanceinnovativi, supportando a tutti gli effetti i policy maker. Tuttavia, lo scenario economico delineatosi negli ultimianni, impone l’avvio di una riflessione condivisa sulledinamiche che dovrebbero regolare i rapporti fraorganizzazioni private e Istituzioni pubbliche, inparticolare per ciò che concerne il supporto finanziarioalla sostenibilità dei progetti di sviluppo.

Per quanto riguarda lo sviluppo delle cure palliativenell’ambito locale, il ruolo della Fondazione MariaTeresaChiantore Seràgnoli rappresenta l’ esperienza piùrilevante, orientata dalla scelta strategica di coprire un piùampio spettro di attività, allo scopo di poter fornire ilmassimo supporto ai pazienti e alle famiglie.La collaborazione con le Istituzioni, avviata agli inizidel 2000 con l’Hospice di Bentivoglio, è stata consolidatanel tempo con lo sviluppo di ulteriori iniziativenell’ambito dell’assistenza e il lancio di strutture diricerca e formazione. La fase attualmente in corso prevedelo sviluppo di progetti innovativi congiunti che amplinola sfera di attività ad ulteriori aree di intervento non solonell’ ambito delle cure palliative.

Per consolidare un percorso di collaborazione di successotra organizzazioni private no-profit e attori pubblici,riconoscendo il rispettivo ruolo, sono necessarie azionicongiunte da realizzare attraverso:- la definizione di regole di collaborazione che

identifichino i rispettivi ruoli in modo standard;- l’avvio della collaborazione sin dalla fase di

progettazione delle iniziative;- la definizione di modalità di finanziamento delle

organizzazioni private che facilitino il ricorso al mercatodei capitali per reperire risorse finanziarie, garantendo la continuità del contributo nel lungo periodo.

Figura 4: Principali organizzazioni operanti in ambito cure palliative e aree di attivitàPRINCIPALI ATTIVITÀ

ANNO DI COSTITUZIONE

ASSOCIAZIONE GIGI GHIROTTI

FONDAZIONE FLORIANI

FONDAZIONE ANT

FONDAZIONE VIDAS

BROTHERHOOD HOSPICE DOMUS SALUTIS

FONDAZIONE MARUZZA LEFEBVRE D’OVIDIO

FONDAZIONE FILE

FONDAZIONE HOSPICE MTC SERÀGNOLI

ORGANIZZAZIONI ADVOCACY START-UP START-UPE GESTIONE

RICERCA FORMAZIONE SVILUPPO ACCADEMICO

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GLOSSARIO

La Rete delle cure PalliativeLa rete locale di cure palliative è costituita da un’aggregazionefunzionale ed integrata di servizi (distrettuali ed ospedalieri,sanitari e sociali, pubblici, privati e convenzionati) dedicati allecure palliative, in cui opera personale formato e dedicato aquest’attività a tempo pieno. Gli obiettivi specifici della Rete dicure palliative a livello di Azienda Sanitaria sono:- garantire il diritto di ogni persona che affronta la fase

terminale della vita a ricevere cure palliative appropriate,ovunque si trovi;

- promuovere l’attivazione di Reti locali di cure palliative,in grado di garantire tutti i livelli assistenziali necessari per imalati alla fine della vita;

- garantire una continuità assistenziale che possa migliorarela qualità della vita dei malati e fornire adeguato supportopsicologico e sociale ai familiari;

- garantire la disponibilità di cure a domicilio di elevata qualità.L’organizzazione di una Rete di cure palliative richiede lapossibilità di erogare interventi che siano fortemente integratie coordinati fra loro e che abbiano al centro il malato e la suafamiglia, cercando di soddisfare i rispettivi bisogni.

Qualità della vitaPercezione che il malato ha del proprio esistere. È il principalefattore da considerare quando devono essere decisi interventidiagnostici, terapeutici, assistenziali, nei pazienti in faseavanzata di malattia. Migliorare la qualità di vita significa nonsolo curare i sintomi ma intervenire anche sulle altre forme disofferenza al fine di dare una risposta globale ai bisogni delmalato. Se l’inguaribilità è l’elemento che caratterizza la fasedella malattia, va sempre tenuto presente che la curabilità,intesa come “prendersi cura”, della persona è il fondamento sucui si basano le cure palliative, protratte fino all’ultimo istantedi vita: il miglioramento e il mantenimento di una buonaQualità di Vita del malato e dei suoi familiari devono esserel’obiettivo costantemente perseguito da tutti gli operatori chegarantiscono cure palliative.

Dolore totaleIn ambito oncologico il malato si differenzia da un qualsiasialtro paziente per lo svilupparsi e l'aggravarsi di una particolaree complessa condizione prodotta da un insieme di sofferenzestrettamente interconnesse, sebbene di diversa origine, che è

stata definita dolore totale, insieme di dolore fisico, psichico,sociale e spirituale.Il corretto approccio alla terapia del dolore oncologico, nonpuò essere rappresentato dalla meccanica applicazione diprotocolli e linee guida di terapia antalgica, che anzi risulterà,se lasciata a sé stessa e isolata dal contesto più ampio disofferenza della persona, insufficiente.Il malato oncologico in fase avanzata è affetto dal “doloretotale”: un insieme di sintomi che riguardano:a) la DIMENSIONE FISICA dolore fisicob) la DIMENSIONE PSICHICA dolore psicologicoc) la DIMENSIONE SOCIOECONOMICA dolore socialed) la DIMENSIONE SPIRITUALE dolore spiritualeDiventa essenziale scoprire con attente osservazioni quali diqueste componenti del dolore è presente, è in atto, in qualecombinazione e in che grado, allo scopo di associareappropriate strategia di intervento, tenendo sempre presente enon sottovalutando la soggettività della persona. Dato che le misure di controllo del dolore vanno calibratesecondo le necessità individuali del paziente, occorre prenderein considerazione nella valutazione iniziale anche la singolarisposta socio-culturale al dolore.

(continua sul prossimo numero)

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* Direttore Infermieristico Hospice MT.C. Seràgnoli

Per conoscere meglio la realtà dell’Hospice

UN GLOSSARIO PER LE CURE PALLIATIVEa cura di Catia Franceschini*

4 QUARTA PARTE

Nei numeri precedenti abbiamo riportato le principali definizioni a livello nazionale e internazionale di cure palliative,Hospice, Piano di assistenza infermieristico, Infermiere, Équipe

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3 febbraio 2011

TORNEO DI BURRACO “Alessandra Moruzzi”Torneo organizzato dal Circolo del Bridge Bologna per ricordarela scomparsa dell’amica e collega.SI RINGRAZIA

Il Circolo Bridge Bologna nella persona del Presidente,il dottor Alessandro Andreoli, e i partecipanti alla gara.www.bridgebologna.it

aprile 2011

LIBRO “Margherite per il Marchese”SI RINGRAZIA

La Giannino Stoppani Edizioni che nella pubblicazione Margherite per il Marchese, ambientato a Bentivoglio, ha voluto gentilmente ricordare la Fondazione Hospice Seràgnoli.www.gianninostoppaniedizioni.com

anno 2009

5xmille 2009SI RINGRAZIA

4.846 GRAZIE agli altrettanti sostenitori che hanno scelto nel 2009 di devolvere il loro 5xmille alla Fondazione Hospice Seràgnoli in sede di dichiarazione dei redditi 2008.www.FondazioneHospiceSeragnoli.org/5xmille

19 febbraio 2011

CONCERTO “A teater”Concerto di mandolini, chitarre e voci organizzato in favore della Fondazione Hospice all’interno della rassegna di Teatro Dialettale del Teatro Comunale di Pieve di Cento.SI RINGRAZIA

Gli organizzatori per aver devoluto l’incasso della serata alla Fondazione Hospice, i partecipanti.

Natale 2010

Iniziativa “G.D E FORNITORI PER L’HOSPICEIniziativa di beneficenza promossa da G.D ai propri fornitori per sostenere le attività della Fondazione Hospice in favore dei Pazienti inguaribili.SI RINGRAZIA

Adriatic Air Cargo, Almet Italia, Aluflat, A.M.C., Brunetti Utensileria, Cecchini Service, C.N. Meccanica, COGEFRIN, Colombo Filippetti, COMEC di Iadarola F.& C., Co.Me.Sca., Concerta, Elford 2, Emilianpress, F.C.Z., Ferraresi Marco, F.lli Finotti di Finotti Orazio & C., Fonderia Morini, FORM Service, F.R.M., G.I.E.M., Illir Shehu, IM.TECH di Sermasi Giuseppe & C., Industrialtecnica, Inox Work Group, Iovine di Dio Giovanni, Kluber Lubrification, Linearteck, Malaguti&Lodi, Maraldi Commercial Service del Cav. Maraldi G. & C., MD3 Metalmeccanica, Meccanica F.lli Molinari, Mengoni, Mesoraca Gennaro, Metalmobile, M.G.D. di Dolfi Simone e Dolfi A., M.M., N.B.M Tech, Nuova Giusti, Nuova Italmatic, ORTECO di Chiura Pier Luigi & C., Oscar Utensili, Packing Service, PROSGM,SAM, SA.MA di Saugo Claudio e Marzola Giorgio, Schenker Italiana, Selcom Elettronica, Sensorline Automation,Sinterloy Sinterizzazione, SIPLA, SM Officina Meccanica, Tecno Elettra Italia, TE.CO. Tecnologia Commerciale, Turmond, Turri,Utemac, Utensilnova di Vasco Villani, Zampini, Zanini, Zetabiesse, ZI.FRA di Zironi Orio.

2 aprile 2011

CAMMINATA “San Marino di Bentivoglio”16a edizione della manifestazione a carattere ricreativoludico-motoria organizzata dal Gruppo Podistico Amici.SI RINGRAZIA

Il Gruppo Podistico Amici, in particolare il signor Bonora,per aver scelto ancora una volta la Fondazione Hospice MT. C.Seràgnoli Onlus come beneficiaria dell’incasso, i partecipantie il personale di servizio e assistenza.

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RINGRAZIAMENTI

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DICONO DI NOI

L. Bassi, Bentivoglio

PORTERÒ SEMPRE CON ME I VOSTRI VOLTI, LE VOSTRE PAROLE E I VOSTRI SORRISIa cura di Sara Simonetti

[…]in conclusione di una vicenda il cui finale era scritto, non resta che il ricordo, per quelli che rimangono.E tra i ricordi […] rimarranno anche incancellabili quelli delle bellissime persone conosciute e frequentate in queste cinquesettimane. Non credo di dire niente di nuovo nell’apprezzare una volta di più non solo la professionalità ineccepibile, ma lagrande generosità e la straordinaria disponibilità che ognuno di voi ha mostrato in ogni momento.In una struttura come quella in cui operate, dove la speranza è bandita, i vostri sorrisi sempre pronti, le carezze per chi soffre el’ascolto e il conforto per chi assiste sono importanti come i farmaci che usate per non fare soffrire chi purtroppo soffre […]Il mio ringraziamento è per tutti indistintamente […] non conosco tutti i vostri nomi, ma porterò sempre con me i vostri volti,le vostre parole e i vostri sorrisi […]

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- destinando il 5xmille della dichiarazione deiredditi, firmando nel primo riquadro in alto asinistra, codice fiscale 02261871202;

- attraverso lasciti testamentari, polizzeassicurative, trattamenti di fine rapporto;

- attraverso importi finalizzati, vincolatiall’istituzione di borse di studio per gli studentidell’Accademia delle Scienze di MedicinaPalliativa, o in memoria di chi non si vuoledimenticare;

- scegliendo le bomboniere della FondazioneHospice per festeggiare le occasioni speciali.

FONDAZIONE HOSPICE MARIATERESA CHIANTORE SERÀGNOLI - ONLUSVia Marconi, 43/45 - 40010 Bentivoglio (Bologna)

Tel. 051 271060 - Fax 051 266499

www.FondazioneHospiceSeragnoli.org - [email protected]

P.IVA e Cod. Fisc. 02261871202

ACCADEMIA DELLE SCIENZE DI MEDICINA PALLIATIVA Via Aldo Moro, 16/3 - 40010 Bentivoglio (Bologna)

Tel. 051 8909690 - Fax 051 8909696

www.asmepa.org - [email protected]

P.IVA e Cod. Fisc. 02693071207

ASSOCIAZIONE AMICI DELL’HOSPICE MT.C. SERÀGNOLIPiazza San Domenico, 9 - 40124 Bologna

Tel. 051 271060 - Fax 051 266499

www.FondazioneHospiceSeragnoli.org/amici.html - [email protected]

Cod. Fisc. 91239100372

- con un versamento postale, conto correnten° 29216199, intestato aFondazione Hospice MT.C. Seràgnoli Onlusvia Marconi, 43/45, 40010 Bentivoglio (BO);

- con bonifico bancario presso UniCredit S.p.a.(Filiale Emilia Est) IBAN IT 28 O 02008 02515000003481967;

- direttamente dal sitowww.FondazioneHospiceSeragnoli.org;

5X1000

I B A N

PT

www

Le donazioni a favore della Fondazione Hospice MT.C.Seràgnoli Onlus sono fiscalmente deducibili o detraibili.

Per informazioni:Ufficio Fund Raising051 [email protected]

Per sostenere l’assistenza ai Pazienti inguaribili, la formazione degli operatori del settore e la ricerca

nell’ambito delle Cure Palliative è possibile effettuare una donazione:

COME SOSTENERE LA FONDAZIONE HOSPICE MT.C. SERÀGNOLI ONLUS


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