UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVAFACOLTA’ DI LETTERE E FILOSOFIA
TESI DI LAUREA IN DIALETTOLOGIA ITALIANA
L’OMBRA DEL DIALETTO NEI ROMANZI DI
ANDREA CAMILLERI
Relatrice: Proff.ssa Gianna Marcato
Laureanda: Manuela Bisconcin Numero di matricola: 450 938/Lt
ANNO ACCADEMICO 2004-2005
INTRODUZIONE
2
Correva l’anno 1996 quando mio padre mi regalò un libro dal titolo Il cane di terracotta.- Hai presente Sciascia? - mi chiese. - Eccome no! - risposi. - Be’, siamo là, solo più simpatico - disse sorridendo.Il pensiero di poter leggere un giallo, con tutto ciò che il genere si porta dietro, unendoci qualche sana risata, non poteva che tentarmi. All’epoca avevo sedici anni.Da quel momento non avrei più smesso di leggere i libri di questo scrittore di nome Andrea Camilleri.
Otto anni più tardi mi si parava davanti un dilemma diffuso tra gli studenti universitari di lettere: l’argomento di tesi.Ancora una volta arrivò mio padre che con aria serafica disse: - Ma perché vai a spulciare tra quelli morti e sepolti! Scegli un autore vivo, no? -. - Tipo? - chiesi io, che neanche ci avevo pensato a quelli in carne e ossa.- Ma falla su Camilleri! Stai sempre a leggerlo, lo citi, fai le battute sicule! Metti tutto nero su bianco e la tesi è fatta! -.La faceva facile, lui. Comunque mi sembrò una grande idea, tutto quello che mi restava da fare era realizzarla.Oggi ho venticinque anni, a dirla tutta quasi ventisei, e questa idea, buttata là quasi per scherzo, l’ho realizzata sul serio.Non so fino a che punto questo sia un lavoro preciso e meticoloso, purtroppo la mia natura non contempla queste virtù, perciò un occhio esperto potrebbe vederci dell’approssimazione. Tuttavia so che mi sono impegnata che ho amato ogni pagina, che ho bestemmiato contro quel colosso che è la linguistica, che ho letto e riletto le storie di Camilleri perché entrasse nella mia mente tutto ciò che da esse trasuda, che ho cercato di disciplinarmi sempre. Se di questa tesi non si dirà che rappresenta un alto picco di indagine sulla produzione letteraria di Andrea Camilleri, almeno sarà stata un alto picco di indagine sulle mie capacità, sul mio modo di metterle alla prova, sulla mia promessa di mettere in pratica tutto ciò che ho imparato, e alla prossima occasione, fare meglio.In fondo una tesi deve insegnare questo, prima di tutto.
Manuela B.
3
4
INDICE
5
CAMILLERI: LA CRITICA E LE TRADUZIONI
1. Esordi dell’autore
6
2. Camilleri all’estero: il problema delle traduzioni2.1 Il “caso Camilleri” in Portogallo2.2 Il “caso Camilleri” in Francia2.3 Il “caso Camilleri” in Norvegia2.4 Il “caso Camilleri” in Finlandia2.5 Il “caso Camilleri” in Danimarca2.6 Il “caso Camilleri” in Inghilterra2.7 Il “caso Camilleri” in Germania2.8 Il “caso Camilleri” in Ungheria2.9 Il “caso Camilleri” in Olanda2.10 Il “caso Camilleri” in Turchia2.11 Il “caso Camilleri” in Giappone2.12 Il “caso Camilleri” in America
3. Come si procede alla traduzione: esempio del brasiliano4. Sostenitori e detrattori di Camilleri
4.1 I sei indicatori 4.2 Un settimo indicatore possibile: le fiction e il teatro
LA LINGUA DI CAMILLERI
1. L’ombra del dialetto nei romanzi di Andrea Camilleri2. Le osservazioni critiche di Nunzio La Fauci: Camilleri
“tragediatore”3. Varietà linguistiche e loro funzioni nel testo
3.1 Dialetto siciliano locale3.2 Il dialetto di Catarella3.3 Altri dialetti3.4 Varietà mista3.5 L’uso del dialetto e l’uso dell’italiano3.6 Altre lingue
4. Fonologia, morfologia e sintassi nel lessico di Camilleri: saggio esplicativo
4.1 Alcuni fenomeni
IL LESSICO NEI ROMANZI DI ANDREA CAMILLERI
1. Commenti critici2. Analisi lessicale ne Il re di Girgenti
2.1 Lessico: il gioco a due mani tra siciliano e italiano 2.2 Lista dei verbi e frequenza delle forme2.3 Osservazioni sul rapporto tra forma dei verbi e modello
linguistico siciliano2.4 Lista degli aggettivi in ordine decrescente di frequenza
7
2.5 Lista degli avverbi e delle locuzioni avverbiali in ordine decrescente di frequenza2.6 Lista dei pronomi in ordine decrescente di frequenza
3. Lo spagnolo ne Il re di Girgenti 4. La lingua e le strategie narrative ne Il re di Girgenti
CAMILLERI, LE TRADUZIONI E LA CRITICA
8
1. Esordi dell’autore
Più che un caso, il mio è un fungo: “il fungo Camilleri” […], giacchè
sono venuto fuori negli ultimi tre anni all’improvviso.1
L’affermazione è tratta dall’intervento conclusivo di Camilleri al
convegno di Palermo dell’8 e 9 marzo 2002, intitolato Letteratura e
storia. Il caso Camilleri.
Mi sembra un buon punto di partenza da cui muovere per cercare di
delineare la figura di questo scrittore nel panorama letterario italiano
ed internazionale.
Ciò che l’autore dichiara di sé è vero, ma solo parzialmente, infatti già
nel 1980 esce Un filo di fumo, pubblicato da Garzanti, che lo vuole
corredato ad un glossario, compilato dallo stesso autore, per venire
incontro al pubblico che avrebbe potuto rimanere sconcertato da
quell’insolito e nuovissimo impasto di italiano e siciliano, vera e
principale caratteristica della scrittura di Camilleri.
Se questo romanzo, insieme a La strage dimenticata, del 1984,
costituisce il punto di partenza di un’attività letteraria che dal 1992
non conoscerà soste, tuttavia non bisogna dimenticare che è dal 1948
1 intervista a cura di Serena Filipponi, Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Milano, Volume LV-Fascicolo II- Maggio-Agosto 2002.
9
che questo autore stampa e pubblica: in quell’anno Giuseppe Ungaretti
sceglie tre sue poesie e le pubblica in un’antologia della
prestigiosissima collana Lo Specchio di Mondatori; L’Ora di Palermo
senza conoscerlo pubblica i racconti che Camilleri invia in redazione,
così come vengono pubblicati in terza pagina da l’Italia socialista di
Aldo Garosci.
Prima, nel ’47, c’era stato il premio “Libera Stampa” di Lugano, la cui
giuria costituita da Gianfranco Contini, Carlo Bo, Giansiro Ferrata, si
trovò a dover selezionare dodici racconti di giovani autori da
tutt’Italia, fra i trecentosettanta pervenuti.
Tra i nomi dei prescelti troviamo quelli di Pier Paolo Pasolini, Andrea
Zanzotto, Davide Maria Turoldo e Andrea Camilleri.
Sarà il teatro ad interrompere questa produzione letteraria, infatti per
anni Camilleri sarà impegnato come sceneggiatore e regista, nonché
come insegnante all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio
D’Amico”; avrà il merito di portare per primo in Italia il teatro
esistenziale di Samuel Beckett, come per primo (e unico al mondo) ha
avuto dal Nobel irlandese l’autorizzazione scritta per la riduzione
televisiva dei suoi drammi maggiori: Aspettando Godot e Finale di
Partita.
I trascorsi televisivi di Camilleri hanno fatto sì che la sua prima opera
letteraria Il corso delle cose (1978), venisse adattata per uno
sceneggiato TV dal titolo La mano sugli occhi.
Nonostante queste soddisfazioni, l’ ispirazione letteraria tornò a farsi
impellente, e ricomincia così un percorso solo temporaneamente
interrotto.
Il frutto di questa rinnovata passione credo sia riassumibile in una
frase pronunciata da Andrea Camilleri durante un’intervista rilasciata
il 5 febbraio 2002 nella sua abitazione romana all’autrice di una tesi di
10
laurea, Serena Filipponi, dal titolo: Lingua e metalingua nei romanzi
di Andrea Camilleri, redatta sotto la guida del professor Andrea
Masini2:
In questo momento mi arriva un fax dalla casa editrice tedesca
Lubble che dice: “Caro Camilleri, siamo lieti di comunicarle che i
suoi romanzi hanno raggiunto un milione di copie vendute. Allora,
me lo dice come si spiega un simile successo in una traduzione che
non è che sia per altro esemplare?”.
In realtà sarà lo stesso autore a precisare che quando i tedeschi
scrivono “un milione di copie vendute”, si riferiscono ai sette libri di
Montalbano tradotti, dunque è necessario dividere per sette questa
cifra; così come quando in Italia si parla di sei milioni di copie
vendute, le copie vanno divise per sedici (cioè il numero dei romanzi
dell’autore).
Fatta questa operazione di ridimensionamento, rimangono comunque
due elementi evidenti: da un lato, il numero di lettori è comunque
elevato, dato e considerato che l’approccio allo stile di Camilleri non
risulta immediato e semplice, dall’altro c’è un sensibile interesse da
parte dei mercati letterari stranieri per l’ importazione di questo
‘prodotto siciliano’, anche a costo di percorrere le impervie vie della
resa dialettale in lingua altra rispetto all’italiano.
2. Camilleri all’estero: il problema delle traduzioni
2 Ivi, p. 9.
11
Camilleri attualmente viene tradotto in moltissimi paesi, anche i più
impensati: dalla Francia, Germania, Inghilterra, Portogallo, Finlandia,
Ungheria, Olanda, Norvegia, Svezia, Croazia, Polonia ecc. fino in
Turchia, Israele, Corea, Giappone e addirittura Stati Uniti.
Le difficoltà cui è necessario far fronte nel momento in cui si traduce
sono molte, di natura diversa, perciò sono necessari dei distinguo.
2.1 Il “caso Camilleri” in Portogallo
Dove i dialetti non esistono affatto i traduttori non hanno potuto
ricorrevi, anche qualora lo avessero voluto. Simonetta Neto, 3di
madrelingua italiana, ha tradotto in portoghese per la Difel Difusao
tutti i romanzi della serie Montalbano, esclusi gli ultimi tre. Dice la
traduttrice:
La conoscenza della lingua di partenza è molto più importante,
soprattutto in questo caso. Ho cercato di utilizzare forme che
corrispondessero il più possibile a una lingua colto-popolare come
è quella di Camilleri, aiutata da siciliani di origine.
Il risultato è un linguaggio colloquiale, non letterario, divertente quasi
quanto l’originale. Anche in questo caso le frasi in dialetto stretto si
sono mantenute, spiegate con note a piè pagina. La Neto ha tradotto
anche altri scrittori siciliani come Sciascia, Bufalino, ma solo per
Camilleri ha creato un vocabolario per inserirvi i termini di meno
immediata comprensione; il riscontro del pubblico è stato alto, tanto
che lo scrittore siciliano è il più conosciuto in Portogallo dopo
Umberto Eco e Antonio Tabucchi.
3 Per le dichiarazioni della Neto: Selezione dal Reader’s Digest, Luglio 2003, Laura Lombari.
12
2.2 Il “caso Camilleri” in Francia
“Montalbano sono!”, la più celebre esclamazione del commissario a
tutti noto, suona quasi come una dichiarazione d’intenti, tanto da non
poter essere resa in francese con il corrispondente “Je suis
Montalbano”, perciò, seppur con una forzatura sintattica, viene
proposta un’alternativa ad effetto: “Montalbano je suis”.
A pensarla è stato lo scrittore e traduttore parigino Serge Quadruppani, 4adottato (per amore) dalla Sicilia, grazie ai metodi e alle soluzioni
linguistiche adottate per trasporre senza troppi scossoni il dialetto di
Camilleri nella sua lingua madre. Egli dichiara:
Dovevo far sentire la diversità delle tre lingue usate da Camilleri, e
quindi ho usato il francese normale per tradurre l’italiano normale,
mentre per l’italiano-siciliano di Camilleri ho preso in prestito
parole ed espressioni dialettali al sud della Francia. Per fare un
esempio, picciliddro, ‘bambino’, dalle parti di Marsiglia si dice
minou .
Purtroppo, però, i dialetti francesi non hanno un vocabolario così
vasto come il siciliano, e quindi alcuni termini sono andati persi:
non c’è un corrispettivo del siciliano taliàre ‘guardare’, o di spiare
‘domandare’. Questo naturalmente dipende dal fatto che la Francia
è stata unificata molto prima rispetto all’Italia, dove le lingue
regionali sono ancora molto vivaci.
Le frasi in siciliano stretto sono invece state riportate così come
sono, con traduzione tra parentesi.
Con questo metodo Quadruppani ha conquistato la fiducia della casa
editrice Fleuve Noir, che gli ha commissionato la traduzione di tutta la
4 Per le dichiarazioni di Quadruppani: Lombari L., op.cit., p.12.
13
serie di Montalbano; il risultato è stato dei migliori, infatti ciascun
giallo ha venduto sulle 30-40 mila copie.
Tuttavia Quadruppani non è solo in questo lavoro; assieme a lui c’e
una traduttrice francese, Dominique Vittoz, 5che durante il convegno
di Palermo dell’8 e 9 marzo 2002 intitolato “Letteratura e storia. Il
caso Camilleri”, si è lanciata in una dura e puntuale requisitoria contro
il rigido centralismo che in fatto di lingua vige in Francia, in forza del
quale il patrimonio linguistico regionale è stato quasi spazzato via,
perché corrotto e subalterno. Ha dichiarato:
Per tradurre bene Camilleri, occorre recuperare la parlata
francoprovenzale di Lione, che conserva ancora risorse intatte, utile
per creare un francese meticcio in grado di rendere le sfumature del
camillerese.
2.3 Il “caso Camilleri” in Norvegia
Il traduttore norvegese di Camilleri, Jon Rognlien6, in un’intervista
pubblicata di recente, risponde a dieci domande sul suo lavoro di
traduzione su testi in lingua italiana. In particolare,
alla richiesta di come si ingegna nel restituire la “lingua” di Camilleri
nella cultura norvegese, sostiene:
La lingua di Camilleri non viene “restituita” nella mia traduzione.
La mia strategia comporta un tradimento radicale dell’idea di
equivalenza. […] Il problema più acuto nella traduzione di
Camilleri, è che l’autore si basa molto sull’uso del dialetto in senso
5
? S. Ferlita, Troppo eros, Camilleri e il tedesco va kaputt, “La Repubblica”, 10.03.2002- 2.3.6 Dorì Agrosì, 10 domande a Jon Rognlien, traduttore di Camilleri in norvegese, in “N.d.T. La Nota del Traduttore”, febbraio 2005.
14
narrativo. Cioè, impiegando la lingua siciliana, riesce in modo
molto efficace a dire una grande varietà di cose al lettore italiano.
[…] L’autore conosce questa competenza del suo lettore, e conta
sulla capacità del singolo lettore di “riempire i buchi” nella
narrazione. […] per riscuotere dal lettore della mia traduzione di
Camilleri un giusto ripieno da mettere nei buchi del testo, ho
cambiato il gioco “dialettale” con un gioco “nazionale”, ragionando
così: la distanza tra Firenze e Palermo si può in un certo senso
paragonare alla distanza tra Norvegia e Italia. Ho scelto di lasciare
parecchi richiami alla lingua italiana nel mio testo, usando parole
che sono facilmente decifrabili con titoli come “commissario”,
“avvocato”, “cavaliere”, “signora”, nomi di piatti tipici, “omertà”,
“capo”, certe locuzioni lasciate in corsivo e poi subito spiegate. In
quel modo il testo cerca di fare un richiamo costante all’italianità
del testo (che comprende la sicilianità, per noi). Il gioco è un altro,
ma è analogo. Mi spiegai? (come dicono spesso i siciliani di
Camilleri).
2.4 Il “caso Camilleri” in Finlandia
Helina Kangas 7lavora per la più importante casa editrice finlandese, la
Wsoy. Le sue traduzioni della serie di Montalbano costituiscono
un’operazione più che sicura. La Kangas spiega:
Le nostre culture sono troppo diverse: così ho preferito usare un
linguaggio normale ma molto vivace, colorito, colloquiale, a volte
un po’ arcaico. Le frasi in dialetto stretto, invece, le ho lasciate tali
e quali, traducendole poi in finlandese. Il fatto di lasciare inalterati
7 Per le dichiarazioni della Kangas: Lombari L., op.cit., p.12.
15
termini come ‘Ciao’, ‘Amore’, ‘Signora’, oltre all’ambientazione in
Sicilia, offre comunque un colore particolare alle storie.
2.5 Il “caso Camilleri” in Danimarca
La traduttrice Cecilia Jakobsen 8ha tradotto La forma dell’acqua, Il
cane di terracotta e Il ladro di merendine per la casa editrice Fremad.
Nel suo lavoro di traduzione ha rispettato le stratificazioni di voci e di
stili adottati da Camilleri, piegando la lingua danese a tutte le
necessità, anche se ci sono stati ostacoli insuperati: espressioni come
madunnuzza beddra, ‘madonnina bella’ o calìa e simenza ‘semi di ceci
e di grano abbrustoliti’ sono rimaste tali e quali, non esistendo termini
corrispondenti.
2.6 Il “caso Camilleri” in Inghilterra
Il traduttore di Camilleri in Inghilterra è Stephen Sartarelli9, che
durante il convegno a Palermo è intervenuto rilasciando una lunga
dichiarazione sul suo modo di affrontare la traduzione di testi stranieri;
le sue parole sono raccolte in un articolo: L’alterità linguistica di
Camilleri in inglese, in cui sostiene:
Quando si tratta allora di tradurre in inglese uno scrittore come
Andrea Camilleri, la cui originalità dipende anche da scarti rispetto
a norme linguistiche, alcuni problemi si pongono. Quello del
dialetto innanzitutto, cioè del se e del come tradurre il dialetto; ma
anche quello della stranezza del contenuto stesso, […]. Rimane
comunque il fatto che un dialetto sia un fenomeno strettamente
locale, e che nella lingua inglese i dialetti praticamente non
8 Per le dichiarazioni di Jakobsen: Lombari L., op.cit., p.12.9 Sartarelli S., L’alterità linguistica di Camilleri in inglese, Convegno di Palermo 8-9 marzo 2002, articolo modificato 06.12.2002.
16
esistono più, […] non si può imporre ai poliziotti vigatesi il parlato
di un preciso luogo geografico americano, britannico, australiano,
ecc. […] si cerca quasi sempre di impedire il miscuglio linguistico,
di fare un prodotto che valga per tutti i possibili lettori [..]. Come
procedere allora? […] la strada più giusta mi sembra quella appunto
di non allontanarmi troppo da questa naturalezza camilleriana […].
Così, per esempio, quando si usano parolacce, oscenità, “santioni”,
e parole "vastase" nei dialoghi - che succede anche spesso - mi
conviene sempre attenermi, nella traduzione, a quell'area slang e
popolare che mi è più familiare, cioè quella americana (più
precisamente della regione nordorientale del paese), che poi sta
diventando quasi universalmente comprensibile nel mondo
anglofono per via soprattutto dei film e della televisione, ma che
non è certo quell'inglese corretto che s'impara a scuola. D'altro
canto, per non compromettere nemmeno la specificità anche
tematica quale si manifesta nel linguaggio di Camilleri, mi sono
permesso in diversi casi di tradurre letteralmente alcune espressioni
idiomatiche, sia siciliane che italiane, che non esistono in inglese.
Questa forzatura, se la vogliamo chiamare così, me la giustifico con
l'importanza direi musicale di alcune espressioni che appaiono e
riappaiono in Camilleri […]. Per farne alcuni esempi, l'autore
spesso non dice semplicemente "pazienza", ma quasi sempre "santa
pacienza". Ora in certi momenti della narrazione la santità di questa
pazienza contiene una carica spiccatamente ironica, come ne Il
Cane di Terracotta, quando Montalbano e i suoi uomini fanno un
gran casino nella montatura che è l'arresto del mafioso Tano u
grecu, e l'omicida Tano, che recita la sua parte, se ne sta buono
buono, le braccia alzate, appunto con santa pacienza; e in casi come
questo mi è sembrato giusto dire "with the patience of a saint"
17
oppure "with saintly patience" proprio per conservare l'umorismo
del contrasto ironico, anche se queste formulazioni, peraltro
perfettamente accettabili in inglese, non sono correnti come lo sono
nel siciliano dell'autore. Un altro esempio di questo approccio
riguarda l'espressione italiana della "vita, morte e miracoli" di
qualcuno, espressione cui traducendo in inglese si potrebbe
sostituire un'altro idioma che occupa lo stesso spazio semantico,
quello che dice appunto della vita di uno from the cradle to the
grave, dalla culla alla tomba. Ma nel caso specifico del fu ingegner
Silvio Luparello nella Forma dell'Acqua, il quale appartiene
all'establishment cattolico politico e viene appunto santificato dalla
stampa e dalla televisione, è chiaramente meglio tradurla alla lettera
e conservare questo preciso elemento religioso dell'idioma. E così
faccio a volte anche con i pleonasmi dialettali - per esempio di
pirsona personalmente - proprio perché sono come dei motivi
ripetuti in modo musicale o teatrale a fine di ottenere precisi effetti
spesso comici.
2.7 Il “caso Camilleri” in Germania
Il traduttore dei gialli di Camilleri in Germania risponde al nome di
Moshe Khan.10 La sua scelta in campo linguistico diverge
completamente da quella del suo collega francese; nel tradurre per la
Wagenbah i romanzi storici da La mossa del cavallo a Il re di
Girgenti, e altri libri come Biografia del figlio cambiato e Le inchieste
del commissario Collura, egli non ritiene infatti concepibile l’uso dei
dialetti, come il bavarese usato nel sud della Germania, perché non
avrebbe reso “la mediterraneità del linguaggio” . Dichiara:
10 Per le dichiarazioni di Kahn: Lombari L., op.cit., p.12.
18
Non c’è bisogno di alterare il linguaggio, perché le storie e
l’ambientazione sono chiare di per sé, così come la funzione del
dialetto: ne La mossa del cavallo per esempio, il dialetto genovese
è trattato da Camilleri come una lingua forestiera anche per i lettori
italiani. Per La concessione del telefono e Il re di Girgenti,
ambientati rispettivamente nel 1800 e nel 1700, ho invece giocato
con il tedesco antico e con quello stile indefinibile e aulico, che noi
chiamiamo ‘della cancelleria’, e che è usato nelle lettere delle
autorità.
Questa scelta, così diversa da quella francese, sembra però aver pagato
in termini di analogo successo: ogni titolo vende, nell’arco di due anni,
almeno 80 mila copie. Un interessante intervento di Kahn, avvenuto
nel corso del convegno di Palermo, intitolato Letteratura e storia. Il
caso Camilleri, riguarda le difficoltà incontrate per riprodurre in
tedesco il linguaggio erotico dell’autore: 11
Il tedesco non è affatto una lingua erotica. Per me è stata
un’operazione disgustosa, perché la mia lingua ambienta sempre le
cose più esplicite nella zona anale, per cui ho dovuto fare un
trapianto dei riferimenti in altre zone.
L’argomento pare esemplificativo delle difficoltà di traduzione che
uno scrittore incontra nel suo percorso.
2.8 Il “caso Camilleri” in Ungheria
11 Ferlita S., op. cit., p. 14.
19
La traduttrice Lukacsi Margit 12lavora per una filiale ungherese,
purtroppo poco conosciuta, di una casa editrice tedesca;
per il suo lavoro di traduzione si è fatta aiutare da un professore
italiano di origine lucana, residente in Ungheria da parecchio tempo.
Dichiara:
In Ungheria non esistono dialetti forti come quelli italiani, e così ho
dovuto creare una lingua immaginaria e artificiale, e vi ho inserito
parole arcaiche.
L’intento della traduttrice era quello, in primo luogo, di creare nel
lettore un effetto di “straordinarietà”: il linguaggio che ne esce è molto
diverso dalla lingua dominante, anche se perfettamente comprensibile.
2.9 Il “caso Camilleri” in Olanda
La casa editrice olandese Serena ha fatto tradurre da Patti Krone e
Yond Boeke tutta la serie di Montalbano (fino a Il giro di boa).
Anche in questo caso il metodo di traduzione è stato vagliato e
concordato con l’editore. Annaserena Ferruzzi13, italiana residente ad
Amsterdam da circa trent’anni, fondatrice della Serena Libri, l’unica
casa editrice olandese che, da quando è nata, 1997, pubblica solo
romanzi tradotti dall’italiano, dice:
Abbiamo cercato di darci regole particolari per rendere il
linguaggio e il dialetto strano di alcuni personaggi, perché sarebbe
stato assurdo sfruttare un dialetto dei nostri, tipo il frisone, per far
parlare Montalbano, o Catarella. Inoltre, la lingua olandese è anche
un po’ più “seria” di quella italiana, con cui possiamo usare molto
più disinvoltamente termini volgari.
12 Per le dichiarazioni di Lukacsi: Lombari L., op.cit., p.12.13 Per le dichiarazioni della Ferruzzi: Lombari L., op.cit., 12.
20
Il successo delle vendite è stato discreto, circa 1500 copie per i primi
libri, specialmente se paragonato agli altri autori italiani: solo Il giorno
della civetta di Sciascia è stato venduto come i gialli di Camilleri.
2.10 Il “caso Camilleri” in Turchia
Camilleri è arrivato in Turchia superando tutte le difficoltà relative ad
una traduzione in una lingua tanto diversa. Erdal Turan 14ha tradotto
La mossa del cavallo e La gita a Tindari. Per il primo dice di non aver
avuto problemi, perché è lo stesso Camilleri a spiegare le parti in
dialetto genovese. Per quanto riguarda Montalbano, ha fatto ricorso ad
un vocabolario italiano-siciliano e a quello “camilleriano” che si trova
su www.vigata.org. Il risultato sembra positivo, anche se per il suo
successo del pubblico bisognerà attendere.
2.11 Il “caso Camilleri” Giappone
Lo scrittore Chiusa Ken15, autore di testi come Dante e i suoi discepoli
e Come pensano gl’italiani (ha cioè dedicato un’intera carriera alla
nostra letteratura) ha tradotto per Kadowaka, La voce del violino e Il
ladro di merendine. Dice:
Per capire il dialetto di Montalbano, ho usato il dizionario siciliano-
italiano di Arnaldo Forni.
Ma anch’egli ha dovuto creare una lingua giapponese artificiale, per
riprodurre il gusto del dialetto; fortunatamente l’esistenza di molti
dialetti ha permesso di attingere a molti di questi creandone uno
estremamente duttile e flessibile.
Nonostante tutto, non tutte le 10 mila copie stampate sono state
vendute.14 Per le dichiarazioni di Turan: op.cit., p.12.15 Per le dichiarazioni di Ken: Lombari L., op.cit., p.12.
2.12 Il “caso Camilleri” in America
Il traduttore americano dei romanzi di Camilleri è Stephen Sartarelli16,
lo stesso che traduce i romanzi anche per l’Inghilterra. Anche lui
ospite del già citato convegno di Palermo, è intervenuto precisando
che, al tempo, l’arrivo dei romanzi del commissario Montalbano in
America era recente, perciò fare delle stime era pressoché impossibile.
Tuttavia, qualora si fosse rivelato un successo, sarebbe stata tradotta
tutta la serie. Sulla lingua precisa:
In America non vi sono veri dialetti, ammesso che sia lecito usarli.
C’è la possibilità di scegliere un gergo tipico degli italoamericani e
che come tale ha una sua popolarità, ma sarebbe stato un
tradimento troppo forte, una volgarizzazione dell’originale.
Sartarelli, che inoltre sta lavorando da vent’anni alla versione inglese
di Horcynus Orca di D’Arrico, ha cercato di riprodurre la lingua di
Camilleri, magari mantenendo alla lettera qualche espressione
idiomatica.
I paesi citati, e le stesse traduzioni sono solo alcuni esempi che ho
sfruttato per dare una panoramica di quello che accade fuori dall’Italia
nel momento in cui ci si avvicina alla produzione camilleriana.
3. Come si procede alla traduzione: l’esempio del brasiliano
Un articolo tra i numerosissimi in merito alle traduzioni di Camilleri
ha destato il mio interesse, forse per il suo carattere specifico ed
16 Ferlita S., Un o stile canagliesco per tradurre Camilleri in America, in “la Repubblica”, 11.03.2002.
esemplificativo; si tratta di una disamina di Maria Melena Kuner e
Giuseppe D’Angelo17, pubblicata su Mosaico Italiano, n.8 dal titolo:
“La sfida del traduttore: tradurre senza tradire”, che affronta la
questione della resa brasiliana di alcune espressioni siciliane, in
relazione all’uscita del romanzo Un filo di fumo(1980), che l’editore
Sellerio aveva voluto corredato di un glossario di ben dodici pagine
per supportare il lettore nella comprensione del testo.
Questo aveva creato una sfida in più, perché i traduttori oltre a dover
includere note a piè di pagina che spiegassero la complessità di certe
espressioni, e chiarissero i riferimenti ad avvenimenti storici
particolari, si erano visti costretti, quando fosse possibile, a cercare il
corrispondente dei proverbi popolari regionali italiani, con detti ed
espressioni brasiliane.
Esempi:
-‘prendere due piccioni con una fava’ o ‘due quaglie con un botto’
equivalgono al motto brasiliano matar dois coelhos de uma cajadada;
-‘salta il trunzo e va in culo all’ortolano’, che indica chi è destinato a
restare disgraziato a causa della posizione sociale che occupa, (ossia,
se a causa di un forte colpo della zappa, salta un pezzo di legno, esso
andrà fatalmente nel culo dell’ortolano), ha il suo equivalente nel a
corda arrebenta do lado mais fraco;
-supra a pasta, minnulicchi,‘sulla pasta, mandorlette’ è l’espressione
comune, il cui equivalente in Brasile può essere chove no molhado,
ossia aggiungere disgrazia a disgrazia;
-qualcosa di simile si verifica con cu venni appressu aggruppa i fili, in
cui il ‘legare i fili’, che tocca a chi sta dietro, letteralmente non ha
17 Maria Melena Kuner e Giuseppe D’ Angelo, La sfida del traduttore: tradurre senza tradire, “Mosaico Italiano” n.8.
senso, costringendo il traduttore a cercare il proverbio corrispondente,
quem està por baixo è que leva a pior.
A volte sono espressioni o termini peculiari della cultura locale, che
richiedono anch’essi conoscenza e spiegazione:
-..con gli occhi di fuori come se fosse passato un angelo, si riferisce
alla leggenda popolare secondo la quale i bambini che fanno una
brutta faccia o smorfie, rimarrebbero così per sempre se per caso in
quel momento passasse un angelo;
-qualcuno che offre ‘chiacchiere e tabaccherie di legno’, miudezas e
caixinhas de madeira, sta alludendo al proverbio napoletano
‘chicchiere e tabacchiere di legno, il Banco di Napoli non s’impegna’
spiegazione del fatto che in quel banco esiste una sezione di pegni
creato per i poveri, dove si accetta come pegno qualsiasi oggetto,
meno le scatole per il tabacco da fiuto di legno, che non meritano
prestito;
mettiri u carricu di unnici, in italiano vuol dire ‘attizzare una lite’, e ha
il corrispettivo brasiliano nell’espressione botar lenha na fogueira.
E’ ovvio che , tentando una traduzione di tali espressioni, si correrebbe
il rischio di incorrere in fraintendimenti, non riuscendo così a passare
il giusto significato delle espressioni.
Per quanto riguarda i lemmi locali contenuti nel glossario, alcuni dei
quali persino non registrati nei dizionari dialettali siciliani, tra essi
appaiono delle vere e proprie perle:
daresi udienza significa ‘badare a se stesso’, cuidar de si medesmo;
appinnicunato in italiano ‘semi-addormentato’, che deriva da
pinnicchiuni, la romana ‘pennichella’= siesta;
babbaluci, ‘lumaca’= lesma;
cajorda, nella traduzione italiana, ‘sporca, sordida’, che significa
anche ‘prostituta di basso rango’= piranha;
ecc.
Altri e numerosi sarebbero gli esempi, ad ogni modo credo sia chiaro
l’ obiettivo dei traduttori; il tentativo cioè di rendere al lettore un testo
il più possibile fedele all’originale, obiettivo che a volte però costringe
a prendersi delle libertà, causa le esistenti ed inevitabili barriere
linguistiche.
Il concetto mi sembra perfettamente riassunto nella frase conclusiva
dell’articolo, che riporto:18
da quanto anzidetto circa le difficoltà incontrate nella traduzione di
Camilleri, si può capire come noi traduttori saremmo stati
facilmente tentati, ogni tanto, di mettergli le corna.
4. Sostenitori e detrattori di Camilleri
La questione delle traduzioni è un utile metro di misura per capire
quanto il “fenomeno Camilleri” sia diffuso.
Altra via, rispetto alle traduzioni per capire a fondo il “fenomeno
Camilleri”, è l’osservazione del modo in cui pubblico e critica
accolgono i suoi lavori.
Dalle mail dei semplici lettori che esprimono i loro giudizi sui romanzi
di Camilleri, inviandole al suo sito e rendendole materiale di pubblico
dibattito on line, ai saggi ed articoli dei critici di competenza, tutto
contribuisce a farci meglio comprendere il senso dell’operazione.
La critica dà voce a tutti: ai sostenitori, come anche alla fetta,
comunque sostanziosa, di “anticamilleriani”, ossia di tutti coloro i
quali, non vedono in questo scrittore siciliano uno dei depositari della
lunga tradizione letteraria italiana.
18 M. Kuner - D’ Angelo G., op. cit. p. 23.
Jana Vizmuller-Zocco in un suo articolo19, intitolato “I test della
(im)popolarità: il fenomeno Camilleri”, affronta da ben sei punti di
vista, che lei chiama “test”, il così repentino e vasto successo
dell’autore.
Ciò che di positivo si trova in questa disamina ritengo sia
l’imparzialità con cui assegna meriti e demeriti, con cui cita sostenitori
e non, con quella che sembra un’unica finalità: capire, spiegarsi e
spiegare.
4.1 I sei indicatori
A. Le vendite;
per i lodatori, le vendite rispecchiano la popolarità dello scrittore e
danno appoggio alla sua opera; per la controparte “comprare non
significa leggere”.
Ciò che riesce a fare la differenza in questa divergenza d’opinioni,
sembra essere il ritrovamento a Palermo e Napoli di copie contraffatte
del romanzo La gita a Tindari; questo rende evidente ed innegabile la
popolarità dell’autore, tanto da giustificarne la contraffazione a scopi
di mercato.
B. I giudizi dei critici letterari;
premesso che questo argomento verrà affrontato in modo più completo
successivamente, è utile precisare che non tutti si sono schierati dalla
parte di Camilleri.Tra coloro che hanno scelto di appoggiarlo,
ricordiamo alcuni nomi illustri, tra cui Carlo Bo, Angelo Guglielmini
(Malatesta 199920), e Giuliano Manacorda, 21che cita l’autore nella
Storia della letteratura contemporanea, ma per il resto stenta ad 19 Vizmuller-Zocco J., I test della (im)popolarità: il fenomeno Camilleri in “QUADERNI d’italianistica, Official journal of the Canadian Society for italian studies”, Volume XXII, No.1, 2001.
apparire nei libri che consacrano alla posterità la grandezza degli
scrittori.
Onofri, 22autore di due manuali del Novecento letterario italiano usciti
di recente, ritiene che Camilleri abbia realizzato semplicemente
“un’abilissima azione di mercato”.
alla domanda “Camilleri è bravo abbastanza per poter entrare tra i
grandi narratori del ventesimo secolo?”, Giulio Ferroni risponde
secco: “Per nulla” (Serri 2001:82).
Che Camilleri venga snobbato dall’egemonia imperante dei critici
letterari di grido non è una sorpresa, visto l’elitarismo culturale
italiano.
La visione di questa ristretta casta porta a considerare chiunque venda
molte copie dei propri lavori come un autore solo popolare, di poca
profondità contenutistica e di poca innovatività dell’espressione, un
rappresentante della letteratura “bassa”, insomma (Giovanardi 1998).23
C. Camilleri in rete;
Camilleri on line è dappertutto; dai siti di case editrici, in cui si
trovano informazioni sui romanzi, costi, recensioni, ecc., ai siti creati e
gestiti da dilettanti, che passano tutte le novità, le analisi linguistiche e
contenutistiche di alcuni romanzi, alcune fotografie, ecc. fino a veri e
propri fans club, cui ci si può iscrivere partecipando con interventi
personali, interagendo con gli altri iscritti, collaborando con le
20 Malatesta S., Camilleri tra i cannibali, “la Repubblica”, venerdì 17 settembre 1999.21 Manacorda G., Storia della letteratura contemporanea, 1996, Roma: Riuniti.22 Onofri Massimo, Tutti a cena da Don Mariano, Milano: Bompiani, 1995.23 Giovanardi S., 1998, Camilleri? Se vi piace il genere… in “Panorama”, N.48- anno XLIV- 3 Dicembre, 131-132.
iniziative che vengono proposte: un esempio interessante di
quest’ultima attività in rete è la stesura di un vocabolario ad uso e
consumo dei lettori, cui in molti hanno dato il contributo.
Saranno più di due centinaia i siti.
Ne cito uno, che nel mio lavoro di ricerca è un costante punto di
riferimento: www.vigata.org .
D. Gli interventi degli intellettuali;
tre sono gli argomenti principali di cui si discute, approfondendo i
motivi per cui lodatori e detrattori dicono di amare oppure odiare
Camilleri:
- la visione della Sicilia che offre nei romanzi,
- schemi narrativi e personaggi,
- la forma linguistica.
Per quanto riguarda il primo punto, credo basti per tutti la stroncatura
senza prove d’appello che Francesco Merlo 24ha scritto su Il Corriere
della Sera nell’articolo nominato: “Camilleri che noia”:
Camilleri inventa una Sicilia arcaica, un’insularità quasi biologica,
come se la sicilianità fosse una questione di liquido seminale, un Dna,
una separatezza che non esiste ovviamente se non come stereotipo [..]
Il tutto descritto con la vena sentimentale di certe orrende cose di noi
stessi che ci piacciono tanto, quasi fossero anacronistiche verità da
paradiso perduto.
24 Merlo F., Camilleri, che noia. La falsa Sicilia di uno scrittore mito, “Corriere della Sera”, 11.12.2000, cfr. anche un precedente articolo dello stesso autore: La sicilianità (o sicilitudine) non sia solo paccottiglia sentimentale, “Sette- Corriere della Sera”, 22.06.2000.
Anche Roberto Cotroneo 25(1998) fa delle osservazioni poco
lusinghiere:
[..] i motivi del successo di Camilleri non vanno cercati nel suo valore
letterario-[…]- ma nel suo “non essere” letterato, nel suo modo di
rassicurare il pubblico: con libri brevi, che della letteratura prendono il
meno possibile e della vita il più possibile.
Basta infine un altro giudizio per illustrare la presunzione dei membri
dell’elite culturale.
Ferroni (Serri 2001) suggerisce che:
i siciliani [di Camilleri] vivono in un mondo tutto fatto di reciproca
ostilità, mancanza di sincerità, tradimenti, amore per il sotterfugio.
Corrisponde esattamente al cliché del “siculo”. Sono così veramente i
siciliani? [..] Al pubblico viene dato quello che si aspetta.
La Vizmuller-Zocco mette in evidenza come l’argomentazione del
discorso culturale sui demeriti del lavoro camilleriano, si risolva in un
ragionamento circolare: “il pubblico si aspetta dei cliché, al pubblico
Camilleri piace, dunque Camilleri offre dei clichè”; fino a quando il
circolo vizioso non si spezzerà, non ci saranno conciliazioni tra le
parti.
Anzi, le parti trovano ulteriori motivi di schieramento quando nascono
casi come Domenico Cacopardo, uno scrittore siciliano
contemporaneo che è stato definito “l’anticamilleri”; in un articolo di
Panorama, viene specificata la sua forte implicazione nel campo
politico e le sue reazioni di denuncia ai misfatti mafiosi occorsi negli
ultimi anni.
25 Cotroneo R., Caro Camilleri, stia attento al suo pubblico, “L’Espresso”, 9 luglio 1998.
29
Nel suo ultimo romanzo racconta un delitto di mafia, dichiarando
quanto segue nella “Nota dell’autore”:26
[..]tuttavia, uno dei personaggi descritti è grandemente ispirato alla
realtà: a qualcuno che, per quanto ho capito, è capace di tutto.. se mai
leggerà questo libro sarà tentato dall’idea di ammazzarmi o farmi
ammazzare[..] Ho lasciato il suo nome nelle mani di un notaio.
Cosicché questo omicidio, se mai verrà commesso, costituirà il suo
errore fatale.
Una personalità decisamente forte, uno scrittore che non ha timore di
esporsi, un tema di difficile denuncia; tutto porta a pensare a
Cacopardo e Camilleri come scrittori affini, e invece il primo viene
sfruttato dalla critica per mettere in ombra il secondo; difficile
conciliazione delle parti, si diceva.
E. Il genere letterario;
Viene semplicemente messo in evidenza come il genere segua regole
precise e come uno scrittore di antica generazione, quale Camilleri,
non trovi difficoltà nel rispettarle;
diversamente, un più recente autore come Lucarelli27, che, pur
scegliendo il noir, sente il bisogno di reinventare il genere, di metterne
in discussione le fondamenta:
Camilleri è un’altra scuola ma è anche di un’altra generazione, per cui
si rifà al giallo classico. [..] credo che abbiamo sfumature diverse che
attengono alle nostre diverse generazioni.
F. La lingua;
Che tipo di lingua è quella di Camilleri?
26 L’anticamilleri- Domenico Cacopardo racconta i misteri italiani- Maledetto, mi ammazzerai, in “Panorama”, 09.02.2001.27 Vizmuller Zocco J., op.cit., p.26.
30
La definizione che è stata data alla particolare espressione linguistica
usata da Camilleri abbraccia termini tipo: “ibrido”, “miscuglio”,
“pastiche”, “italiano sporco” (Mauri 1998: 35),28 nonché “una lingua
mescidata e sprofondata talvolta nel ventre del dialetto” (Onofri 1995:
239).29
Indiscutibile è la base linguistica di tutti i romanzi di Camilleri:
l’italiano neostandard; l’innesto del ramoscello siciliano su questo
tronco italiano avviene come risultato di un’operazione dall’alto, è un
processo colto che coinvolge nella stragrande maggioranza dei casi la
rielaborazione del lessico.
Quest’ultimo “test” apre una questione decisamente interessante e
discussa in ambito letterario, tanto da giustificare la mia ricerca oltre i
confini dell’articolo della Vizmuller-Zocco.
4.2 Un settimo indicatore possibile: le fiction e il teatro
Un aspetto che la Vizmuller-Zocco non ha toccato riguarda quello che
potremmo chiamare il mondo delle fiction e del teatro.
Le storie di Montalbano, infatti, il protagonista dei romanzi di
Camilleri, sono diventate oggetto di fiction televisive, in onda in prima
serata sulla Rai.
Partendo da un’affermazione dell’autore, che eleva il commissario a
portavoce ufficiale del suo punto di vista in merito a questioni di
natura sociale, morale, ma soprattutto politica, si arriva alla evidente
conclusione che tutto ciò in cui crede, parta dalla testa, e dalla mano di
Camilleri, che non sembra dimostrare paura di esporsi, di dire come la
pensa, di farlo a mezzo della televisione, in prima serata.
28 Mauri P., Montalbano un commissario con la lingua molto sporca, in “la Repubblica”, martedì 14 luglio 1998, p.35.29 Manacorda G., op.cit. p. 27.
31
Il problema, a mio avviso, nasce nel momento in cui la tanto
declamata par condicio televisiva viene messa a repentaglio da sentite
prese di posizione, e quando una fiction sinistroide batte il più che
neutrale Harry Potter.
A supporto di questa affermazione riporto un articolo uscito nel
Corriere della Sera, scritto da Paolo Conti30, intitolato: “Landolfi: le
fiction trasudano comunismo”.
Il ministro delle Comunicazioni attacca la Rai:
C’è una fiction, e mi riferisco a Montalbano, e perfino al Grande
Torino, che trasudano comunismo. E’un fatto sotto gli occhi di tutti [..]
Montalbano diventa sensibile alle proteste dei no-global e il più fiero
accusatore della polizia [..] “si sta rafforzando una vulgata storica che
il Pci ha proposto all’Italia e che la Rai ha fatto sua” [..]. Dalla Rai,
con un comunicato congiunto, il presidente Claudio Petruccioli e il
direttore generale Alfredo Meocci elogiano il prodotto televisivo che
ha battuto Harry Potter su Mediaset (“grande soddisfazione per la
qualità”).
Lo stesso giornalista rincara la dose: “Dalle fobie alla “Meglio
gioventù”. I poli si sfidano sulle storie più che sui tg” è il titolo di un
articolo allegato al precedente in cui, tralasciando le accese polemiche
tra le reti a confronto, vengono dati un po’ di numeri; quelli degli
ascolti:
[..] 7 milioni e 200 mila spettatori per Cefalonia, 8 milioni e 300 mila
per Edda, biografia della figlia di Mussolini, i 9 milioni dell’ultimo
Montalbano o i 6 milioni e mezzo di una fiction difficile come De
Gasperi[..].
30 Conti P., Landolfi: le fiction trasudano comunismo in “Corriere della Sera”, Martedì 27 Settembre 2005.
32
Per quanto riguarda il teatro, un importante avvenimento imminente
cattura l’attenzione: la messa in scena di uno spettacolo prodotto dallo
Stabile di Catania, che debutterà l’8 novembre 2005. Si tratta di una
riduzione ad opera dello stesso Camilleri e di Giuseppe Dipasquale
(che ha curato anche la regia) di un romanzo del 1998: La concessione
del telefono. Un articolo dal titolo “In scena la città di Montalbano”31,
uscito su Repubblica riporta un’intervista all’autore che spiega le
complessità di portare in scena un testo, ma non solo, anche i rischi a
cui si va incontro nel momento in cui ci si esprime attraverso il teatro.
Sostiene:
[..] adesso è diverso , il teatro rischia di essere annullato, perché è
pericoloso, mentre la televisione è addomesticabile.
Quello che l’autore tenta di spiegare è come, nel processo di
trasposizione dalla pagina alla scena, le parole possano diventare uno
strumento pericoloso di espressione, soprattutto se gli argomenti
trattati aderiscono perfettamente alla realtà contemporanea.
E’ lo stesso autore a spiegare di cosa tratta il romanzo:
[..] Il potere della burocrazia , fatto anche di labirinti e imprecisioni
non cambierà mai [..] e figuriamoci se ha perso di senso un romanzo
come La concessione del telefono scritto da me nel 1998, una storia di
imbrogli e malintesi sulle procedure per l’ottenimento d’una linea
telefonica nella Sicilia dell’ immaginaria Vigàta [..]
Date queste premesse, è normale immaginare come questi scontri
siano utili a capire anche in ambiti che vanno oltre la lingua, oltre il
genere letterario, oltre le vendite, la figura di Camilleri calata nel
contesto reale, nel contesto italiano. Per quanto riguarda i risultati del
test, non credo si discostino da quelli dei precedenti.31 Di Giammarco R., In scena la città di Montalbano. Camilleri? Il teatro è pericoloso, non lo controlli come la tv, “la Repubblica”, 3.11.2005 pp.50.
33
34
LA LINGUA DI CAMILLERI
36
1. L’ombra del dialetto nei romanzi di Andrea Camilleri
La scelta di Camilleri di inserire il dialetto tra le righe dei suoi
romanzi, ha portato da un lato, al tentativo di classificarlo nel
panorama letterario italiano a mezzo di confronti e parallelismi con
altri autori, che del dialetto hanno fatto uso, dall’altro ad un’ analisi a
più livelli dei suoi testi, al fine di comprendere se il dialetto sia
un’ombra dell’italiano, o invece costituisca quanto quest’ultimo il
midollo espressivo dei suoi scritti.
Se tale ultima ipotesi può dirsi vera, è lecito chiedersi se l’intento,
come molti sostengono, rientri o meno nell’ambito di un progetto
colto.
Cito un interessante articolo di Mario Di Caro32, che si intitola proprio
Ma il suo siciliano è una scelta colta e riprendendo le parole del
linguista Franco lo Piparo, spiega come Camilleri lavori sulla lingua,
partendo dal più classico dei confronti: Verga;
Verga, a differenza di altri scrittori marcatamente siciliani, non si
limita a infilare qualche parola dialettale ogni tanto ma inventa una
sintassi. Camilleri, invece, compie un’operazione di tipo lessicale, non
di sintassi. Nei suoi romanzi ci sono dei termini dialettali ma
32 Di Caro M., Ma il suo siciliano è una scelta colta, in“La Repubblica”, 22.11.1997.
37
l’impianto resta italiano. Diciamo che Camilleri parte dall’italiano per
arrivare al siciliano. [..] Non c’è dubbio che i meriti letterari di
Camilleri restano alti, anche perché il siciliano ormai è diventata una
scelta colta: sono le persone colte che oggi parlano il siciliano, gli
incolti, invece, parlano un brutto italiano.
Siamo di fronte ad una scelta di sperimentalismo linguistico che
chiama ad alta voce antenati letterari che, come Camilleri, sentivano la
lingua italiana come insufficiente; per citarne alcuni, oltre a Verga,
Azteni, Bufalino, Consolo, Sciascia, Pizzuto, Meneghello, ed ultimo,
ma non certo per importanza, Gadda.
Ognuno di tali autori ha trovato la sua strada per dare lo spessore
necessario alla lingua al fine di rendere con precisione tutte le
sensazioni, le emozioni, le voci e i colori del mondo che si proponeva
di descrivere, e quindi di interpretare.
Di qui, il rapporto profondo con il lettore, che una volta superato lo
scoglio iniziale, si riconosce nella nuova lingua che legge, lingua che
riceve continuo e notevole supporto dal dialetto, o per dirla con
Gadda, lingua che riceve “sostanza vitaminica, di fronte
all’avitaminosi dell’accademia”.
Quindi il dialetto mescidato alla lingua è sparso ovunque nei romanzi,
non esistono confini o ruoli. Per alcuni critici tale scelta, è giusta e
funzionale allo sviluppo del racconto;
Stefano Salis33, in un famoso articolo, sottolinea come l’uso del
dialetto confinato alle parole ed ai pensieri, potrebbe essere frainteso
dai lettori semplicemente come intento mimetico o realistico; il suo
sconfinamento e il dilagare nel referto dell’historicus ha invece la
33 Salis S., In attesa della mosca: la scrittura di Andrea Camilleri, in “La grotta della vipera”, Anno XXII- Num. 79-80, Autunno-Inverno 1997.
38
valenza di fornire una precisa visione del mondo senza mediazioni
ulteriori, di dare una descrizione e un’immagine il più possibile
oggettiva dei fatti narrati, proprio perché colti da una prospettiva (e
quindi da una lingua) che quel mondo compartecipa. Una lingua,
dunque, non solo funzionale al racconto, ma capace di fornire uno
schema interpretativo.
Un’ opinione diversa viene tuttavia citata, ed è quella di Ermanno
Paccagnini, 34che ha scritto in una recensione:
Meno mi convince al contrario l’impiego come scelta stilistica
totalizzante dell’opzione mistilingue tra italiano e dialetto. Salvo
eccessi, funziona abbastanza bene nella trilogia ottocentesca. Nei
polizieschi, invece, ottima in bocca, mente e pensieri dei
personaggi, e di Montalbano in particolare, finisce per suonarmi
disturbante, e anzi penalizzante, in quanto filo del racconto vero e
proprio.
2. Le osservazioni critiche di Nunzio La fauci: Camilleri “tragediatore”
Questi che abbiamo visto, come numerosi altri, sono interventi che
denotano una tendenza a prendere di mira un aspetto specifico dello
scrittore, ossia il suo mezzo di comunicazione linguistica.
Un lavoro di critica che, a mio avviso, potrebbe dirsi più completo e
decisamente interessante, è il “Prolegomeni ad una fenomenologia del
tragediatore: saggio su Andrea Camilleri”, di Nunzio La Fauci35.
34 Ermanno Paccagnini, La scrittura di Camilleri si intreccia con tre fili, “Il Sole-24 Ore”, 3 agosto 1997.
35 La Fauci N., Prolegomeni ad una fenomenologia del tragediatore: saggio su Andrea Camilleri, in “Lucia, Marcovaldo e altri soggetti pericolosi”, Editore Maltemi, Roma, 2001, pp.150-163.
39
Si articola in quattro blocchi di analisi: “Il fenomeno Camilleri”,
“Camilleri tematico”, “Camilleri funzionale”, “Camilleri formale”.
Ognuno dei punti viene affrontato con attenta disamina delle questioni
ed abbondanza di esempi, senza escludere una vena spesso sarcastica e
tagliente.
Nella fattispecie, sono interessanti le argomentazioni del blocco
“Camilleri formale”, in cui si tratta la questione della lingua.
La Fauci parla di Camilleri come di un “tragediatore”, termine che
designa colui il quale è costantemente presente nel racconto, filtro
onnipresente di personaggi, eventi, pensieri narrati, colui che tutto sa e
tutto gestisce, dalla prima all’ultima pagina.
Una figura del genere è sempre contemplata nel momento in cui si
racconta una storia, ma ci sono modi diversi di farla trasparire;
precisa La Fauci in merito alla scelta di Camilleri:
Niente di più lontano però da Sciascia e da Pirandello: riferimenti
obbligati per i critici letterari [..] Le attitudini di questi grandi autori
siciliani nei confronti della funzione tragediatore, attitudini tra loro per
altro abbastanza diverse, tendono ambedue irresistibilmente verso il
sopire e il celare. Esattamente il contrario di quel che fa Camilleri.
Una funzione manifesta, come quella descritta, appare sempre in una
forma. La funzione del tragediatore si esplica nella forma di una
lingua, e viene citato Camilleri36 in apertura:
[..]Mi feci presto persuaso, dopo qualche tentativo di scrittura, che le
parole che adoperavo non mi appartenevano interamente. Me ne
servivo, questo sì, ma erano le stesse che trovavo pronte per redigere
una domanda in carta bollata o un biglietto d’auguri. Quando cercavo
36 Mani avanti in “Il corso delle cose”, Sellerio, Palermo, 1998, pp. 141-142.
40
una frase o una parola che più si avvicinava a quello che avevo in
mente di scrivere, immediatamente invece la trovavo nel mio dialetto,
o meglio, nel “parlato” quotidiano di casa mia. Che fare? [..] Ero a
questo punto, quando tornai ad imbattermi nel gaddiano
Pasticciaccio[..].
Di qui nascono delle osservazioni.
Secondo La Fauci, l’autore finge un passaggio di “specchiata lealtà”
con il lettore, mentre in realtà trattasi anche in questo caso di
letteratura, di finzione. La funzione di tragediatore è pienamente
all’opera, insomma. Ossia si mette in scena questa dichiarazione
d’intenti che sembra esterna al racconto, pare quasi una confessione
confidenziale, mentre non è così.
Per quanto riguarda la “funzione Gadda” e la sua forma, e la forma
linguistica della funzione di tragediatore di Camilleri La Fauci ritiene
che siano agli antipodi, dunque il saggista dichiara il paragone tra i
due piuttosto grossolano: infatti secondo lui non c’è ombra di lessico
familiare nel Pasticciaccio, inoltre nei due scrittori c’è una ricerca di
complicità con il lettore che muove da necessità diverse, è il lettore
stesso ad essere diverso: individui lontani, per Gadda, un gruppo di
famiglia per Camilleri.
In terzo luogo, se è vero che l’italiano standard risulta inadeguato
come forma della funzione di tragediatore di cui Camilleri è a caccia,
non è altrettanto vero che tutte le forme dialettali che questi prende a
prestito, siano sempre meno obsolete delle forme italiane
corrispondenti.
In un passo del tipo “mentre da levante carriche nuvole d’acqua
arrancavano verso il paese appena visibile ai piedi della collina”,37
37 Ivi, p.39.
41
della forma dell’aggettivo ‘carriche’ si potrebbe dire tutto, ma non che
l’aggettivo standard non possa sostituirlo perché obsoleto.
Oppure in “il terzo uomo, un contadino, non aveva isato gli occhi”,38
del verbo scelto sarebbe arduo sostenere che ‘alzare gli occhi’ è un
corrispondente di una forma abbandonata nell’italiano comune.
In sostanza, La Fauci vuole far capire come in realtà la lingua di
Camilleri sia un costrutto letterario, un artificio formale.
Essa prende ispirazione lessicale e sintattica dall’italiano regionale
della borghesia siciliana di zona agrigentina, e fissa questo italiano
regionale in una forma dello scritto e lo miscelandolo con stilemi tipici
di una lingua alta e letteraria.
Alcuni esempi di queste operazioni sono evidenti nella prima pagina
de Il birraio di Preston 39: “al subito immancabile vagnaticcio”, “per
evitare la matutina punizione paterna”, “infilata la mano inquisitoria”,
ecc.
Altro esempio eloquente è l’anteposizione al predicato dell’avverbio
temporale “mai”, con ellissi della negazione: “da quell’orecchio mai
aveva voluto sentirci”40.
Importante è poi l’assenza di determinanti, che produce un senso di
indefinitezza, tipico del carattere lirico: “fu nottata stramma”.41
L’aspetto d’insieme che si ricava dalla serie di esempi trattati, è che gli
elementi lessicali siciliani sono trattati nel rigoroso rispetto della
morfologia italiana.
L’effetto comico e di straniamento, tipico di quella comunicazione
intrafamiliare che Camilleri ricerca, risiede proprio, come dice La
Fauci “in questo contrasto tra espressioni lessicalmente siciliane e
38 Ivi, p.39.39 Il birraio di Preston, Sellerio, Palermo, 1995.40La Fauci N., op. cit., p. 39.41 La Fauci N., op. cit., p. 39.
42
morfologicamente italiane (almeno per forma, se non proprio per
funzione)”.
Questo effetto è possibile solo presupponendo una competenza italiana
di base, soprattutto morfologica, che porti ad un abbassamento comico
di elementi solitamente riconosciuti come elevati, ma che si prestano
alla tacita intesa tra scrittore e lettore.
L’uso del passato remoto combina molto bene da un lato i tratti di una
prosa alta e di una patina siciliana; come si vede ad esempio, nei
seguenti sintagmi: “[…] fu nottata stramma. Quando sentì suo padre
uscire, si susì dal letto, andò a serrare la porta di casa, addrumò i lumi
uno dopo l’altro […] Poi s’assistimò in piedi […] si levò la camicia e
[…] pigliò a taliàrsi. Poi andò nello studio paterno, agguantò […]”.42
Un altro elemento da non sottovalutare è il trattamento di parlate
diverse dal siciliano; capita in non pochi romanzi, che compaiano dei
personaggi non siciliani, stranieri, o italiani di altre regioni. Per questi
si ricorre a forme di scrittura che riproducono la loro varietà.
La Fauci sostiene, che, nonostante questa scelta possa sembrare votata
al realismo, in realtà si tratta di un’ulteriore modo del tragediatore di
intervenire, di filtrare in questo caso lo fa riflettendo il diverso
atteggiarsi linguistico dei personaggi.
Un esempio “Sissignore, vater, fa alba di mattino presto a Vigàta”.
“Fai subito in camera tua! Ordinò l’ingegnere […]”.43
A questo proposito il saggista parla di “un altro autentico luogo
comune, anche grafico […] perfettamente appropriato, trovandosi
sotto la penna del tragediatore”.
Il lettore da queste scelte del tragediatore, ricava il piacere di una
lettura in una lingua che crea “diversità nell’identità”.
42 La Fauci N., op. cit., p. 39.43 La Fauci N., op. cit., p.39
43
Forse è proprio questo fatto che La Fauci non tollera, tanto da
concludere il suo intervento in modo tagliente e sarcastico affermando
cioè che è un mezzo fittizio, artificiale, quale il tragediatore, a creare
le condizioni per far sentire un lettore rassicurato, consolato, ma
soprattutto soddisfatto da quelle che il saggista definisce “consolanti
fandonie”.
Il giudizio espresso fa riflettere; penso infatti ad un recentissimo
articolo di Sebastiano Messina, 44 dal titolo L’incontro- Memorie
siciliane, di cui sono protagonisti i ricordi.
Camilleri infatti racconta della sua infanzia, delle persone con cui l’ha
trascorsa, dei ricordi che a distanza di anni sono ancora vivi, e si
riversano ora nei suoi romanzi.
Il linguaggio utilizzato è il solito, anche nella narrazione di fatti
autobiografici: un italiano scorrevole e fluido, potremmo dire
“corretto”, interrotto da termini dialettali ormai più che noti al lettore,
con dialoghi brevi, sparsi, che in base al parlante variano.
Alcuni esempi credo possano servire.
Camilleri parte dalla descrizione delle abitudini della nonna, e scrive:
“A mia nonna piaceva fare il pane. Cominciava a famiare il forno, per
portarlo a temperatura, e intanto lavorava l’impasto con lo scanaturi
[…]”. Spostando l’ attenzione sul linguaggio usato dai protagonisti, si
nota come avvenga un continuo passaggio dal siciliano “affettivo”
misto a italiano, dello zio Massimo: “Boniceddu” mi sussurrò [..],
perché lei deve sempre superare se stessa”; fino ad arrivare al siciliano
stretto di nonna Elvira: “Comu vinniru stavota?”, o del soldato
44 Messina S., L’incontro- Memorie siciliane, in “la Repubblica”, Domenica 10 Luglio 2005, pp.50.
44
“Baciamo la mani paisà. C’avissi pi’ casu un pocu d’acitu, di chiddu
nostru?”.
Insomma ogni personaggio ha il suo mezzo di caratterizzazione
attraverso la lingua, e lo stesso Camilleri sfrutta il supporto del dialetto
per potersi spiegare, per raccontare.
E’ ciò che l’autore in fondo sa fare meglio, e non si può fare a meno di
credere che ogni suo racconto sia sempre filtrato da una costante
patina di letterarietà, ne costituisce eloquente esempio la parte
conclusiva dell’articolo, che cito:
Mia nonna sorrideva di queste cose. Era un personaggio unico, che
riusciva sempre a catturare l’attenzione. Quando la portammo in
udienza da Papa Giovanni, ad un certo punto lui disse: “O trovate
una sedia per questa signora o le do la mia”. […]Mia moglie la
portò a Tivoli, nella villa di Adriano. Dopo averla vista, lei si
appoggiò ad una ringhiera, mormorando: ”Tutto questo è
bellissimo”. E morì.
3. Varietà linguistiche e loro funzione nel testo
Sono le profonde differenze tra lingua e dialetto, il loro coesistere ed
alternarsi, a creare i presupposti per sostenere l’ipotesi che questi due
elementi assumano funzioni diverse nei testi; ovunque ci sono
manipolazioni linguistiche, che piegano la struttura dei testi a necessità
immediate, a volte in modo indipendente, altre in funzione reciproca.
Esemplificativo è l’uso delle varietà linguistiche, almeno cinque, nel
caso di Camilleri, ognuna con una funzione precisa:45
45 Vizmuller-Zocco J., Il dialetto nei romanzi di Andrea Camilleri, saggio presente nel sito www. Vigata.org\dialetto-camilleri\dialetto camilleri.shtml.
45
3.1 Dialetto siciliano locale
Il dialetto siciliano locale che ricalca quello di Porto Empedocle, viene
usato:
A. Nel discorso diretto di vari personaggi, per esempio le donne del
popolo (ne Il cane..: Adelina, Mariannina, la sorella di Gegè), i
mafiosi (ne Il cane..: Gegè 173, Tano ‘u grecu, o altri malviventi:
Giugiù), o i coniugi siciliani:- Perché non ti sei fatta viva in questi
giorni? Ca pirchì a la signurina non ci piaci di vidirimi casa casa
quannu ce’iddra. (Il cane di terracotta, p.234).
- Madunnuzza beddra! Pazzo niscì! Losso du coddru si ruppe! (Il cane,
p.235).
- Vedi se sono astutati tutti e due, accussì ce ne andiamo ( Il cane,
p.174).
- Peju de li delinquenti! Peju de li assassini ci hanno trattato quei figli
di lorda buttana! E chi si credono dessiri? Strunzi!…Cosi da pazzi! (Il
cane, p.49).
- v. Ciccino, ma cu è a chistura? (Il cane, p.112).
B. Nelle formule magiche, proverbi:
- Rapriti pipiti e chiuditi popiti. (Il cane, p.92)
- Futtiri addritta e caminari na rina\ portanu l’omu a la ruvina (Il cane,
p.143).
C. Negli lenchi sinonimici (che a proposito ricordano quelle del
maestro di questa trovata stilistica, il napoletano Giambattista Basile):
- Vignarole, attuppateddri, vavavaluci, scatadrizzi, crastuna (Il cane, p.
129).
- Nirbusi, sconoscenti, sciarreri (Il cane, p.138).
46
- Arrinanzato, parvenu, semianalfabeta, mezza calzetta ( Il cane,
p.152).
- Aggrugnato, trubbolo (Il cane, p. 158).
- Una sisiata, una tirata pi fissa, un tiatro (Il cane, p.173).
E’ stato detto che il dialetto è un’alternativa all’italiano per chi si
accinge alla produzione letteraria ( Corti in Beccaria 1975: 117).46
Può darsi che questa affermazione appartenga a chi scrive solo in
dialetto. Non è affatto vera invece, per chi usa il dialetto come una
delle tante varietà. E’ emblematico l’esempio di Gadda, il cui
Pasticciaccio non avrebbe certo quell’ impatto stilistico e
contenutistico che ha, senza l’apporto dialettale. Il dialetto, come lo
usano e intendono i romanzieri moderni e contemporanei, non è
un’alternativa all’italiano, se non altro per le circostanze
sociolinguistiche reali di un’ Italia sempre meno diglottica.
3.2 Il dialetto di Catarella
C’è anche un personaggio che si esprime in una lingua che si può
definire come maccheronica, un miscuglio di italiano burocratico e
informale, italiano popolare e dialetto. Questo tipo di lingua crea
incomprensioni e situazioni altamente comiche. Il personaggio è
Catarella, assunto nel Commissariato perché parente di un ex-
onnipotente onorevole. Saranno utili alcuni esempi di passi che vale la
pena citare per intero:
“ Un giorno a Montalbano Catarella si era presentato con la faccia di
circostanzia.
46 Beccarla Gian Luigi, Letteratura e dialetto, Bologna, Zanichelli, 1975.
47
Dottori, lei putacaso mi saprebbe fare la nominata di un medico di
quelli che sono specialisti?.
Specialista di cosa, Catarè?.
Di malattia venerea.
Montalbano aveva spalancato la bocca per lo stupore.
Tu?! Una malattia venerea? E quando te la pigiasti?.
Io m’arricordo che questa malattia mi venne quando ero ancora nico,
non avevo manco sei o sette anni.
Ma che minchia mi vai contando, Catarè? Sei sicuro che si tratta di
una malattia venerea?
Sicurissimo, dottori. Va e viene, va e viene. Venerea” (Il cane di
terracotta, p.25-26, Cfr. anche p. 57, 94, 131, 140-141, 178).
3.3 Altri dialetti
L’uso di dialetti diversi dal siciliano ( Il cane- milanese 107, La mossa
del cavallo- il genovese) è stato spiegato dallo scrittore stesso,
specialmente per quanto riguarda il genovese del romanzo La mossa
del cavallo: il dialetto cosi’ diverso dal siciliano fa capire la difficoltà
del personaggio ( nato in Sicilia, ma vissuto a Genova) di capire il
mondo siciliano.
3.4 Varietà mista
Il dialetto siciliano che è intimamente integrato nel discorso in
italiano:
A. quando l’autore esprime gli stati d’animo del commissario
Montalbano, per es.:
- (Montalbano) Dei morti se ne fotteva altamente, poteva dormirci
‘nzemmula, fingere di spartirci il pane o di giocarci a tressette e
48
briscola, non gli facevano nessuna impressione, ma quelli che stavano
per morire invece gli provocavano la sudarella, le mani principiavano
a tremargli, si sentiva agghiacciare tutto, un pirtuso gli si scavava
dinta lo stomaco. ( Il cane di terracotta, p.75).
- Se ne stava lì, come affatato, a talia’re la scena, scantato che un
minimo gesto potesse svegliare dal sogno che stava vivendo (Il cane,
p.121).
- Riattaccò e esplose in un nitrito, altissimo, di gioia. Subito, nella
cucina, si sentì un rumore di vetri infranti: per lo spavento, ad Adelina
doveva essere caduto qualcosa di mano. Pigliò la
rincorsa, satò dalla veranda sulla rena, fece un primo cazzicatummolo,
poi una ruota, un secondo capitombolo, una seconda ruota. Il terzo
cazzicatummolo non gli arriniscì e crollò
senza sciato sulla sabbia. (Il cane p. 237).
- Adelina si precipitò verso di lui dalla veranda facendo voci ( Il cane
di terracotta, p.235; v. anche 224, 240).
Il modo di integrazione non è certamente quello che si sente oggi in
Sicilia, in altre parole, Camilleri non fa usare ai suoi personaggi
l’italiano regionale di Sicilia (Leone 1995). L’italianizzazione avviene
chiaramente usando morfemi italiani attaccati alle basi siciliane, ma
queste basi sono quelle che l’autore sceglie, non quelle che un lettore
si aspetterebbe in un discorso mistilingue.
Spesso il termine dialettale non è adatto all’italiano se si tratta di
sostantivi femminili:
- sabbia vagnata, ‘sabbia bagnata’ 174
- rumorata, ‘rumore’ 174
- ca’mmara, ‘camera’ 9
49
-rena sabbia, ‘riva sabbiosa’ 122
Nei sostantivi maschili, la –u finale del siciliano diventa –o:
-il paro e il disparo, ‘il pari e il dispari’ 15
-cinco, ‘cinque’ 15
A meno che si tratti di nomignoli:
-Tano u grecu, ‘Tano il greco’ 19
I termini dialettali si riferiscono alle pietanze regionali siciliane, per
es.:
-mostazzolo di vino cotto 18
-pasta fredda con pomodoro, vasilico’ e passaluna, olive nere 41
-pasta ncasciata 120
-tinnirume 150
-petrafè rnula 155
Modi di dire o espressioni:
-(sospetto di) sconcica, di presa in giro, ‘dileggio’ 19
-magari io, ‘anch’io’ 20
-gli saltava il firticchio, ‘gli veniva voglia’ 25 ( Vocabolario siciliano
“acchianarici u furticchiu: andare in bestia)
-capace che.., ‘poteva succedere che’ 28
-cinquantino, ‘di cinquant’anni’
-portargli adenzia, ‘portargli aiuto’ 30
-dargli adenzia, ‘prestargli attenzione’ 41
-attaccare trilla, ‘cominciare una rissa’ 45, 86
-pigliato dai turchi, ‘in una situazione difficile’ 69
-rompere i cabasisi ‘rompere le scatole’ 99
50
-notte funnuta, ‘notte fonda’ 101
-avere gana di, ‘avere voglia’ 137
-alla sanfasò, ‘come viene viene’ 137
-si tirò il paro e lo sparo, ‘fare due conti’ 46
-si fece papale papale, ‘diventare espliciti’ 251
-non era cosa, ‘non era il caso’ 17
-schina, ‘schiena’ 35
-magari, ‘anche’ 41
-vasannò, ‘altrimenti’ 62
-che fu, ‘cosa è stato’ 112
sintassi:
- io una tomba sono, ‘mantengo i segreti’ 47
- una poco di interrogativi, ‘un po’ di domande’ 125
B. nel discorso diretto di vari personaggi (mafiosi, rappresentanti delle
forze dell’ordine):
- Eh no, duttureddru, non è la stessa cosa, mi meraviglio di lei che sapi
leggiri e scriviri, le parole non sono uguali. Io mi faccio arrestare, non
mi costituisco. Si pigliassi la giacchetta che ne parliamo dintra, io
intanto rapro la porta.( Il cane di terracotta, p.20).
- (Lei non ci crede che sono malato?.) Ci credo. Ma la minchiata che
lei vuole farmi ammuccare e che per essere curato lei ha necessità di
farsi arrestare…( Il cane, p.22).
L’innesto del siciliano sul tronco italiano è stato chiamato pastiche da
Mondadori47 (che è uno dei suoi editori) sul sito libri on line: “Il
47 dichiarazione di A. Mondadori, sul sito libri on line www. Camilleri’s fans club.
51
pastiche linguistico di Camilleri è ineccepibile dal punto di vista
ritmico e sonoro e si è dimostrato amabile anche presso il vasto
pubblico”.
3.5 L’uso del dialetto e l’uso dell’italiano
L’uso del dialetto non potrebbe essere spiegato se non viene messo in
paragone con i brani pochi, e brevi, in italiano. Questi brani trattano
generalmente:
A. Temi di attualità e commenti socialmente rilevanti dell’autore
- Festa ormai persa, cancellata dalla banalità dei doni sotto l’albero di
Natale, così come facilmente adesso si cancellava la memoria dei
morti. Gli unici, a non scordarseli, i morti, anzi a tenacemente tenerne
acceso il ricordo, restavano i mafiosi, ma i doni che inviavano in loro
memoria non erano certo trenini di latta o frutti di martorana ( Il cane,
p.41).
B. Descrizione dei programmi delle trasmissioni televisive
- In televisione c’erano un dibattito sulla mafia, uno sulla politica
estera italiana, un terzo sulla situazione economica, una tavola rotonda
sulle condizioni del manicomio di Montelusa,… ( Il cane, p.154).
C.Presentazione di alcuni personaggi la cui funzione fondamentale
nello svolgimento delleazioni non vuole essere apertamente svelata
dall’inizio, ad es.:
- Il preside Burgio era andato in pensione da una decina d’anni, ma
tutti in paese continuavano a chiamarlo così perché per oltre un
trentennio era stato preside della scuola d’avviamento commerciale di
Vigata. ( Il cane, p.105).
52
3.6 Altre lingue
Ci sono pochi anglicismi ( freezer, Il cane,p.108), il che fa pensare che
l’italiano di Camilleri sia quello che i linguisti chiamano: neostandard
e dell’uso medio ( Berruto 198748) che si avvicina al parlato (che,
secondo le recenti statistiche, contiene pochissimi anglicismi; De
Mauro 491993: 151). Oltre agli anglicismi vengono sfruttate altre
lingue, lo spagnolo, ad esempio, ne Il re di Girgenti (pp.38).
In questo caso, come nel precedente, l’utilizzo è sporadico, legato a
dei precisi personaggi, ed inoltre, non c’è una resa corretta della lingua
straniera; l’autore piuttosto porta sulla pagina uno spagnolo
maccheronico, il cui riconoscimento è affidato alla grafia e ad alcuni
suoni facilmente identificabili: “Disse che a lei gustava mucho praticar
col esposo nel casamento, era sacramental e quindi magari ogni noche
[..] “.
La stessa operazione avviene ne Il birraio di Preston, con il tedesco
(pp.11): “Fai supito in camera tua![..]”.
Non mancano i latinismi, sempre ne Il re di Girgenti (pp.15):
“Ammazzarlo in loco forse sarebbe stato un errore [..]”.
4. Fonologia, morfologia e sintassi del siciliano: saggio esplicativo
La caratterizzazione fonologica, morfologica e sintattica tipica del
siciliano, nei romanzi di Camilleri appare evidente quanto le diverse
funzioni che la lingua ed il dialetto assumono.
48 Berruto G., Sociolinguistica dell’italiano contemporaneo, Firenze, La Nuova Italia Scientifica, 1987.49 De Mauro T., Dialettismi ed esotismi in Lessico di frequenza dell’italiano parlato, T. De Mauro, F.Mancini, M. Vedovelli, M. Voghera. Roma, Etaslibri, 1993.
53
Si tratta di verificare fino a che punto, e quanto sistematicamente, lo
scrittore sfrutti i tratti siciliani nelle sue scelte linguistiche.
A questo proposito, mi è sembrato utile prendere un campione di
pagine di tutti i suoi romanzi, dal 2001 ad oggi, enucleando tutti quei
fenomeni che, da un punto di vista fonetico, morfologico e sintattico,
in qualche modo rientrano nei tratti linguistici siciliani.
Si sono analizzati alcuni capitoli dei seguenti volumi, elencando quelle
voci che per aspetto fonologico e morfologico, non corrispondevano
all’italiano standard ma presentavano, in gradi diversi, dei fenomeni
che denunciavano un modellamento siciliano:
Il re di Girgenti 2001, edizioni Sellerio, (abb. R.d.G.)
L’odore della notte 2001, edizioni Sellerio, (abb. O.d.N.)
La paura di Montalbano 2002, edizioni Mondatori, (abb. P.d.M.)
Il giro di boa 2003, edizioni Sellerio, (abb. G.d.B.)
La pazienza del ragno 2004, edizioni Sellerio, (abb. P.d.R.)
La prima indagine di Montalbano 2004, edizioni Mondatori, (abb.
P.I.d.M.)
Privo di titolo 2005, edizioni Sellerio, (abb. P.d.T)
Il medaglione 2005, edizioni Mondatori, (abb. M.)
La luna di carta 2005, edizioni Sellerio, (abb. L.d.C.)
Per ogni fenomeno individuato, ho riportato alcuni esempi: alcuni
fenomeni linguistici hanno numerosi supporti esemplificativi, tratti da
più testi, altri, vengono messi in luce con un minore numero di esempi,
perché presenti in un minor numero di testi.
Questa scelta segue un criterio che vuole evidenziare non solo i più
tipici tratti siciliani presenti nei romanzi, ma soprattutto i più frequenti,
quelli che Camilleri predilige rispetto ad altri. E’ purtroppo riduttivo
54
occuparsi solo parzialmente dei testi, tuttavia è comunque possibile
ricavare dei dati su cui lavorare.
Inoltre, ma questo è un argomento che approfondirò oltre, il fulcro
dell’analisi sarà uno studio di tipo lessicale.
Questo aspetto infatti rappresenta il vero oggetto del mio interesse nei
confronti dei romanzi di Camilleri.
L’analisi a seguire prevede una breve spiegazione dei fenomeni
individuati, ed una serie di esempi tratti dai romanzi suddetti, citati
con riga e numero di pagina in cui ogni forma si trova).
4.1 Alcuni fenomeni
1. Ben rappresentato è il passaggio di è ad i , così come la tendenza ad
i in posizione protonica della sillaba iniziale, o in posizione atona
finale (ROHLFS, I: 82, 162, 183): frisco, ‘fresco (p.13) - sira, ‘sera’
(p.43) in (P.d.M.); sissantina, ‘sessantina’ (p.14) in (O.d.N.); priparò,
’preparò’ (p.22) in (G.d.B.); mentri, ‘mentre’ (p.32) in (P.I.d.M.);
sapiva, ‘sapeva’ (p.19) - botti, ‘botte’ (p.20) - liggero, ‘leggero’ (p.21)
in (P.d.T.); stritte, ‘strette’(p.10)- tirreno, ‘terreno’(p.11) in (L.d.C.).
2. Altrettanto esemplificato è il passaggio di o ad u nell’estremo
Mezzogiorno (ROHLFS, I: 96): staiu, ‘sto’ (p.15) - propiu, ‘proprio’
(p.17) - cuteddro, ‘coltello’ (p.27) in (R.d.G); allura, ‘allora’ (p.15) -
malatu, ‘malato’ (p.14) in (P.d.M); daveru, ‘davvero’ (p.21) - tuttu,
‘tutto’ (p.21) - russa,’rossa’ (p.22) in (O.d.N.); camurriusu,
’camorrista’ (p.21) - supra, ‘sopra’ (p.45) - addumannava,
‘domandava’ (p.46) in (G.d.B.); ascutava, ‘ascoltava’(p.11)- sintuto,
‘sentito’(p.44) in (P.d.R.); nisciuto, ‘uscito’(p.37)- arristastivu,
‘arrestaste’ (p.40) in (P.I.d.M.); balcuna, ‘balcone’ (p.38)- cunnanna,
55
‘condanna’ (p.40) in (P.d.T.); sprofunnato, ‘sprofondato’(p.31)- funno,
‘fondo’(p.43) in (L.d.C.).
3. Altrettanto presente è lo sviluppo di ll in suoni cacuminali
(ROHLFS, I: 328): stiddrato, ‘stellato’ (p.13) - cuteddro, ‘coltello’
(p.27) in (R.d.G); nicareddra, ‘piccolina’ (p.29) - camareddra,
‘cameretta’ (p.38) in (P.d.M); funtaneddra, ‘fontanella’, (p.36) -
capiddri, ‘capelli’ (p.37) - iddru, ‘illu, lui’ (p.39) - vudeddra, ‘budella’
(p.163) in (P.I.d.M.); purpitteddru, ‘polipetto’(p.240) in (P.d.R.);
vinticeddro, ‘venticello’ (p.21) - viddrani, ‘villani’ (p.29) - cappeddro,
‘cappello’ (p.37) in (P.d.T.); ciriveddro, ‘cervello’(p.10) in (L.d.C.).
4. Frequenti sono fenomeni come il rotacismo di ll, la conservazione,
velarizzazione, rotacismo o caduta di l preconsonantica, la
dissimilazione di n ed m (ROHLFS, I: 333\ 341\ 352\ 355): arma,
‘anima’ (p.14) - cortellata, ‘coltellata’ (p.25) - putruna, ‘poltrona’
(p.26) in (R.d.G.); ‘nfruenza, ‘influenza’ (p.17) - armalisco,
‘animalesco’ (p.27) in (P.d.M.); semprici, ‘semplice’ (p.29) in
(O.d.N.); purmuna, ‘polmoni’ (p.20) - satò, ‘saltò’ (p.38) - duci,
‘dolce’(p.15)- ecc in (P.I.d.M.); sùrfaro,‘solforo’ (p.38) - furminò,
‘fulminò’ (p.227) - antra, ‘altra’ (p.21) in (P.d.T.); giarna, ‘gialla’
(p.31) in (L.d.C.); votati, rivotati, ‘voltati, rivoltati’ (p.9) in (G.d.B.);
ascutarlo, ‘ascoltarlo’ (p.15) in (P.d.R.).
5. Frequente appare la metatesi di r (ROHLFS, I: 454): pre sempio,
‘per esempio’ (p.13) in (R.d.G); vrigognano, ‘vergognano’ (p.56) in
(P.d.M.); stranuti, ‘starnuti’ (p.10) in (O.d.N.); addrumisciuta,
‘addormentata’(p.25) in (P.I.d.M.); distrubbo, ’disturbo’(p.48) in
(G.d.B.).
56
6. Molto spesso i nessi -nd- \ -mb- (-nv-) in posizione mediana, danno
esito –nn- (ROHLFS, I: 356 \ 359): quanno,’quando’ (p.18) - granni,
‘grande’ (p.22) in (G.d.B.); funno, ‘fondo’ (p.43) - mutanne,
‘mutande’ (p.56) in (P.d.M.); ummira, ‘ombra’ (p15) - granni,
‘grande’ (p.27) in (O.d.N.); arrenno, ‘arrendo’ (p.35) - munno,
‘mondo’ (p.9) in (P.I.d.M.); unnici, ‚’undici’(p.21) in (G.d.B.);
stinnendo, ‘stendendo’ (p.28)- priparanno, ‘preparando’ (p.29)-
secunno, ‘secondo’ (p.21) in (P.d.R.); addumannanno, ‘domandando’
(p.38) - quindicina, ‘quindicina’ (p.23) in (P.d.T.); biunna,
‘bionda’(p.44)- stammata, ‘strambata’(p.204) in (L.d.C.).
7. Nello stesso modo, troviamo l’esito –zz- in corrispondenza di nessi
cj e ccj (ROHLFS, I 387): faticazza, ‘faticaccia’ (p.16) - buttanazza,
‘prostituta’ (p.21) in (R.d.G.); povirazzo,‘poveraccio’ (p.12) -
minazzandola, ‘minacciandola’ (p.17) in (O.d.N.); ricominzare,
‘ricominciare’ (p30) - casuzza, ‘casuccia’ (p.22) in (P.I.d.M.);
ghiazzata, ’ghiacciata’ (p.22) in (G.d.B.); sudatizzo, ‘sudaticcio’ (p.9)
- abbrazzarono, ‘abbracciarono’ (p.67) in (P.d.R.); stratuzza,
‘straduccia’ (p.32) in (P.d.T.); vistitazzo, ‘vestitaccio’ (p.16) in
(L.d.C.).
8. Molte forme attestano la presenza del fenomeno fonetico secondo
cui, la r iniziale viene pronunciata con un forte appoggio della voce,
come –rr-: la r rinforzata viene spesso pronunciata con una vocale di
appoggio anteposta (di solito a) (ROHLFS, I: 193, 223): arracamato,
‘ricamato’ (p.20) - arrifrescare, ‘rinfrescare’ (p.29) in (R.d.G.);
arrinescio, ‘riesco’(p.57) - arrispunnì, ‘rispose’ (p.12) in (P.d.M);
arrubbò, ‘rubò’ (p.13) - arridotto, ‘ridotto’ (p.13) in (O.d.N.);
57
arrisaltava, ‘risaltava’ (p.101) in (P.I.d.M.); arrisbigliati, ‘risvegliati’
(p.9) in (O.d.N.); arricampò, ‘tornò a casa’ (p.31) in (P.d.R.);
arriprometteva, ‘riprometteva’(p.26)- arricevuta, ‘ricevuta’(p.20) in
(P.d.T.); arriniscendo, ‘riuscendo’(p.41) in (L.d.C.).
9. Si riproduce anche l’abitudine secondo cui nei dialetti meridionali
d- viene pronunciata con un forte appoggio di voce (dd-), e a questa
dd- non di rado viene anteposta una a (ROHLFS, I: 203):
addiventando, ‘diventando’ (p.15) in (R.d.G.); addritta, ‘davanti’
(p.36) in (P.d.M.); addeciso, ‘deciso’ (p.9) in (O.d.N.);
addimandandogli, ‘domandandogli’ (p.37) in (P.I.d.M).
10. Stessa cosa vale per c- iniziale (ROHLFS, I: 197): acconsolarsi,
‘consolarsi’ (p.18)- accapito, ‘capito’ (p.25) in (R.d.G.); accussì,
‘così’ (p.15) in (G.d.B.); accanosciuto, ‘conosciuto’ (p.15) in (P.d.R.);
accomenzavano, ‘cominciavano’ (p.39)- accupuse, ‘cupe’ (p.23) in
(L.d.C.).
11. La stessa osservazione si può fare per g- (ROHLFS, I: 209):
Aggelarono, ‘gelarono’ (p.20) in (R.d.G.).
12. Per b- (ROHLFS, I: 195): abbisognava, ‘bisognava’(p.15) in
(R.d.G.); abbuttai, ’buttai’ (p.12) in (G.d.B.); abbadare, ‘badare’
(p.20) in (P.d.T.).
13. Per s- (ROHLFS, I: 224): assuperchia, ‘basta, è sufficiente’ (p.27)
in (R.d.G.); assittandosi, ‘sedendosi’ (p.55) in (P.d.M.); assittatine,
’sedutine’ (p.17) - assistimò, ’sistemò’ (p.19) in (G.d.B.).
58
14. Per p- (ROHLFS, I: 220): appresentava, ‘presentava’ (p.21) in
(R.d.G.); appinniccato, ‘addormentato, da pennica’ (p.15) in (P.d.M.);
appreoccupò, ’preoccupò’ (p.18) in (G.d.B.); apprecipitò,
‘precipitò’(p.37) in (L.d.C.).
15. Per l- (caratteristica data come particolare per il dialetto di
Montalbano, prov. Di Messina) (ROHLFS, I: 216): allordò, ‘sporcò’
(p.21) - allisciato, ‘lisciato’ (p.24) in (R.d.G.).
16. Per z- (ROHLFS, I: 232): azzappari, ‘zappare’ (p.243) in (P.d.T.).
17. E’ presente anche il fenomeno di conservazione di o\e (aperta)
nell’Italia meridionale (ROHLFS, I: 152\124): omo, ‘uomo’ (p.16) in
(R.d.G.); sonò, ‘suonò’ (p.13) - bona, ‘buona’ (p.13) in (O.d.N.);
longo, ‘lungo’(p.9) in (P.I.d.M.); pedi, ‘piede’ (p.14) - nenti, ‘niente’
(p.15)- deci, ‘dieci’ (p.23) in (R.d.G.).
18. Interessanti sono anche i suoni prostetici come s- (ROHLFS, I:
475): squasi, ‘quasi’ (p.19) in (R.d.G.); svidiri, ‘vedere’ (p.10) in
(O.d.N.); sdirrupo, ‘dirupo’ (p.36) - sdilinquenti, ‘delinquenti’ (p.101)
in (P.I.d.M.); scangiate, ’cambiate’(p.21) in (G.d.B.); scascione,
‘cagione’(p.25) in (P.d.R.); squietarsi, ‘inquietarsi ‘ (p.44) - sdisolata,
desolata’ (p.26) in (L.d.C).
19. Interessante è il passaggio di b- iniziale a v- (ROHLFS, I: 194):
vestia, ‘bestia’ (p.20) - vucca, ‘bocca’ (p.21) in (R.d.G.); vagnatizza,
‘bagnaticcia’ (p.12) - vascia, ‘bassa’ (p.36) in (O.d.N.); vivuto,
‘bevuto’ (p.35) - vuccata, ‘boccata’ (p.35) in (P.I.d.M.); vastasate,
’bastardate’ (p.13) - vippi, ’bevve’ (p.22) in (G.d.B.).
59
20. Al pari significativo è il trattamento di –v- intervocalica
(ROHLFS, I: 291): nirbuso, ‘nervoso’ (p.23) - innirbusire,
‘innervosire’ (p.51) in (P.d.M.); revorbaro, ‘revolver’ (p.13) -
riserbata, ‘riservata’ (p.36) in (O.d.N.); nerbi, ‘nervi’ (p.52) in
(P.d.R.).
21. Si nota anche la desonorizzazione di –g- (ROHLFS, I: 299):
asciuca, ‘asciuga’ (p.12) - macari, ‘magari’ (p.17) in (P.d.R.); nàvica,
‘naviga’(p.179) in (P.d.T); fìcato, ‘fegato’(p.26) in (L.d.C.).
22. Altro fenomeno rilevante è il trattamento delle occlusive nei
gruppi consonantici con r (ROHLFS, I: 369): squatrato, ‘squadrato’
(p.20)- patrone, ‘padrone’ (p.23) in (R.d.G.); quatrava, ‘quadrava’
(p.26) in (P.d.M.); latri, ‘ladri’ (p.16) - quatrittata, ‘quadrettata’ (p.26)
in (P.I.d.M.).
Anche l’uso degli avverbi rispecchia le regolarità messe in luce da
Rohlfs per il dialetto meridionale (ROHLFS, III: 241): comu, ‘come’-
avanti, ‘prima’- macari, ‘anche’- a sicondo, ‘a seconda’- dintra,
‘dentro’- per come, ‘a seconda di come’ (p.13) in (R.d.G.); assà,
‘assai’ (p.26) - manco, ‘nemmeno’- fora, ‘fuori’ (p.27) in (P.d.M.);
addritta, ‘davanti’ (p.19) - vasannò, ‘sennò’ (p.19) in (O.d.N.);
appresso, ‘vicino’(p.84) - quatelosamente, ‘piano’ (p.87) - chiuttosto,
‘piuttosto’ (p.143) in (P.I.d.M.); narrè, ’indietro’(p.35) - alla dannata,
‘in modo disperato’(p.34) - di cca, ‘da qua’ (p.111) in (G.d.B.);
chiossà, ‘in più’(p.68) - accussì, ‘così’ (p.52)- tanticchia, ‘un po’
(p.11) in (P.d.R.); cchiù, ‘più’ (p.50) - sutta, ‘sotto’ (p.63) - opuro,
‘oppure’ (p.187) in (P.d.T.); picca e nenti, ‘poco e niente’ (p.29) -
indovi, ‘dove’(p.37) in (L.d.C.).
60
La grafia delle preposizioni si collega anch’essa in Camilleri al
costume linguistico siciliano (ROHLFS, III: cap. 630- 642): di frisco,
‘da poco’- di la (lampa), ‘della lampada’- a la (cerca), ‘alla ricerca’-
pre sempio, ‘per esempio’- a sireno- di stati, ‘d’estate’- di ‘nvernu,
‘d’inverno’(p.13) in (R.d.G.); allo spitale, ‘all’ospedale’(p.14)- ca ci
l’attrovu, ‘che (ce)lo trovi’ (p.12) - cosa di militare, ‘da militare’(p.11)
in (P.d.M.); pi, ‘per’(p13)- ‘n terra, ‘a terra’(p.21) in (O.d.N.);
ammazzerà a qualcuno, ‘ucciderà qualcuno’ (p.34) - mi viene di
scantarmi, ‘mi viene da allarmarmi’ (p.45) in (P.I.d.M.); alla
scordatina, ‘senza pensare’ (p.10) - tanto di permettergli, ’tanto da..’
(p.23) in (G.d.B.); dell’americani, ‘degli americani’ (p.16) - di darrè,
‘da dietro’ (p.28) in (P.d.R.); a la mè casa, ‘alla mia casa’ (p.79) in
(P.d.T.); cu mia, ‘con me’(p.22) - essiri di presenza, ‘essere presente’
(p.13) - di subito, ‘da subito’ (p.24) in (L.d.C.); cammara di mangiare\
di dormire, ‘stanza da pranzo\ da letto’(p.36) in (i.M.)
Sono da segnalarsi gli influssi fonologici dialettali, ed alcune
particolarità dialettali tipo: le aferesi e le elisioni delle preposizioni,
presenti spesso nei discorsi diretti per rendere il tono colloquiale; la
particella ‘ce’precedente i pronomi, pleonastica e tipicamente
dialettale; inoltre ‘di’ ed ‘a’ sostituiscono ‘da’, che in dialetto non
esiste; le preposizioni articolate si sciolgono in semplici (es.:di
la>della, a la>alla), separandosi dall’articolo, si nota una confusione
tra i confini della preposizione e del nome seguente, fenomeno che va
oltre l’italiano di Sicilia, (A.LEONE, “L’italiano regionale di Sicilia,
il Mulino, 1982 pag. 117).
Si notano le seguenti particolarità nell’uso degli articoli (ROHLFS,
II:.106 e seg): l’uso dell’ articolo, solitamente non precedente i
61
prenomi, i nomi femminili, né i cognomi che non siano usati con
riferimento a donne o al plurale, ed infatti la regola è rispettata: I
Zosimo, ‘gli Zosimo’(p.13) in (R.d.G.); la presenza della ‘U’, forma
contratta dell’articolo determinativo il- lo>lu>u, che ha perso la sua
parte consonantica (ROHLFS, cap.418): u Signuri Diu, ‘il Signore
Dio’ (p.16) - u zù Casio, ‘lo zio Casio’ (p.22) in (R.d.G.); ‘na poco,
‘un poco’ (p.55) in (R.d.G.) è la realizzazione meridionale
dell’articolo indeterminativo (ROHLFS, Sint., pag.113); in di la
facci, ‘dalla faccia’ (p.268) in (P.d.T) ed in la bitudine, ‘l’abitudine’
(p.9) in (L.d.C), è da notare il fenomeno di confusione tra i confini
dell’articolo e il nome seguente, già rilevato anche per le preposizioni.
L’utilizzo degli articoli lo\ lu dipende dal sostantivo che segue: se si
tratta di un neutro seleziona ‘lo’, se è un maschile, ‘lu’.
Anche nei pronomi emergono alcune particolarità del siciliano
(ROHLFS, II:120 e seg.); da segnalarsi: il pronome oggettivo atono,
utilizzato per un costrutto dialettale\ colloquiale, quale la dislocazione
a sx: lo trovavano, il travaglio, ‘trovavano il lavoro’(p.13) in (R.d.G.);
il pronome ca, ‘che’ (p.14) in (R.d.G.), forma siciliana per esprimere il
pronome relativo ‘che’, ma che è anche elemento introduttivo di frasi
imperative o esortative; questo suo utilizzo resta tuttavia relegato al
dialetto, senza infiltrarsi nella lingua, (es.: ca quali porta? (p.22) in
(R.d.G.)); la forma abbreviata, nonché dialettale del pronome
dimostrativo maschile ‘questo’ (R., Morf., p.207):‘stu, ‘questo’(p.24);
gli esempi di forme meridionali dei pronomi possessivi so’, ‘sua’
(p.31)- me’, ‘mio\a’ (p.33) - to’, ‘tuo\a’ (p.68); i casi obliqui di forme
toniche dei pronomi personali (R. II:136), che rispecchiano le tipiche
forme meridionali a tia, ‘a te’ (p.42)- (secondo) tia, ‘secondo te’
(p.60)- a mia, ‘a me’ (p.64) in (P.d.M.); i pronomi indefiniti con
62
vocalismo e consonantismo siciliano: nisciuna, ‘nessuna’(p.10)- nenti,
‘niente’(p.75) in (O.d.N.); la forma soggettiva tonica del pronome
personale di terza persona singolare (R., Morf., cap.437) iddru, ‘lui’
(p.39) in (P.d.M.); il pronome interrogativo la cui forma è diffusa in
molte parlate dialettali che deriva da ‘cui’, che abbreviandosi dà ‘cu’
(R., Morf., cap. 199): cu, ‘chi’ (p.26) in (G.d.B.); la combinazione di
ne con un pronome oggettivo atono, soggetta a vocalismo siciliano e a
raddoppiamento fonosintattico, che dà come risultato una forma
dialettale tipica del parlato (R., Morf., cap.473), ossia minni, ‘me ne’
(p.64); il pronome dimostrativo tipicamente siciliano chiddru, ‘quello’
(p.181) in (P.d.R.), che dimostra come, a differenza della lingua
nazionale che si orienta ormai per il sistema bipartito, il siciliano
conservi il tripartito, e chiddru ne è un esempio (A.LEONE,
“Profilo..”, p.29); a vossia, ‘a vostra signoria’(p.12) in (P.d.T.) è una
forma di cortesia alla terza persona del pronome personale; “in Sicilia
‘vossia’ (<vossignurìa), per influssi spagnoli è divenuto saluto
generico (come lo spagn. Usted< vuestra merced) anche tra i popolani
e nei rapporti con inferiori e servitori (voi in Sicilia è piuttosto termine
di disprezzo), cfr. si vossia è cuntentu. Accanto a vossia si hanno in
Sicilia le forme ridotte vossa e ssa, per esempio il saluto ssa benedica”
(R., Morf., cap. 478).
Frequenti sono gli esempi di replicazioni nominali (A.LEONE,
‘Profilo di sintassi siciliana’, pag.32): campagne campagne, ‘lungo la
campagna’ (p.13) - sicco sicco, ‘magro’ (p.18) in (R.d.G.); (gli occhi
gli facevano) pupi pupi, ‘occhi che fanno fatica a stare aperti’ (p.10) -
cerca cerca, ‘ricerca lunga’(p.11) in (P.d.M); novo novo, ‘nuovo di
zecca’ (p.11)- paro paro, ‘esattamente’ (p.11) in (O.d.N.); allatu
allatu, ‘vicino’(p.36) in (P.I.d.M.); stritto stritto, ’molto stretto’ (p.25)
63
in (G.d.B.); torno torno, ‘tutt’intorno’ (p.158) in (P.d.R.); quasi quasi,
‘per poco’(p.279) in (P.d.T.); scure scure, ‘scure’(p.27)- leggia leggia,
‘leggera’(p.99) in (L.d.C.).
Il fenomeno dell’iterazione in Sicilia è largamente attestato “al punto
da farmi pensare ad una sua origine siciliana” (A.LEONE,
“Profilo..”, pag.31); questo fenomeno si lega solitamente ad una
sfumatura semantica di continuità sia nel tempo (cfr. es.pag.21) che
nello spazio (cfr. es.pag.13, 17).
Anche i numeri presentano vocalismo e consonantismo siciliani
(ROHLFS, III: 309): sidici, ‘sedici’ (p.16) - cinco, ‘cinque’ (p.16) -
ventina\ vintina, ‘ventina’ (p.17) - dù, ‘due’(p.20)- tri, ‘tre’ (p.20) in
(R.d.G.); deci, ‘dieci’ (p.48) - (P.d.M.); quattru, ‘quattro’ (p.19) - novi,
‘nove’ (p.21) - unnici, ‘undici’ (p.31) in (P.d.R.).
Da segnalarsi le seguenti forme: il primo esempio presenta vocalismo
siciliano, il secondo ha la forma meridionale per il termine ‘cinco’;
vintina è un numerale collettivo che presenta il vocalismo siciliano; in
Sicilia inoltre, è molto diffusa la numerazione per ventine,
probabilmente di origine normanna e poi trapiantata nell’isola (R.,
cap.975).
dù è una forma abbreviata tipicamente meridionale, la cui riduzione è
spesso dovuta a posizione proclitica, infatti nel testo: ‘dù dita’;
‘tri’ è forma metafonica diffusa, soprattutto nel settentrione
(cfr.ROHLFS, cap. 971); ‘deci’ è forma meridionale assieme a dèce
(R., cap.972).
Concordanze e plurali (A.LEONE, “L’italiano regionale in Sicilia”,
pag. 118\ ROHLFS, II): le mano libere, ‘le mani libere’ (p.16) -
cazùna, ‘calzoni’ (p.21) - i dulura, ‘i dolori’ (p.27) in (R.d.G.);
64
pitruna, ‘grosse pietre’(p.48) in (O.d.N.); i purmuna, ‘I
polmoni’(p.20)- il dintra e il fora, ‘il dentro e il fuori’(p.129) in
(P.I.d.M.); arrivato tardo, ’arrivato tardi’(p.11) in (G.d.B.); i scaluna,
‘gli scalini’(p.165) in (P.d.R.); canala rotte, ‘canali, tubi rotti’(p.38) in
(P.d.T.); i pugna, ‘i pugni’(p.11) in (L.d.C.).
Sono utili alcune osservazioni su questi tipi di accordi: forme tipo
‘cazùna’, ‘dulura’, ‘purmuna’, sono plurali la cui desinenza è in –a
perché il corrispettivo singolare con vocalismo siciliano (e>i) si
confonde con il plurale dei nomi maschili di seconda declinazione (-i),
dunque un’uscita alternativa permette di ridistinguere nel plurale le
parole maschili; è un fenomeno tipico della Sicilia (cfr. ROHLFS,
pag.369); la forma “le mano” è un tipo di plurale che ha origine dalla
quarta declinazione, è una forma arcaica che si è evoluta distinguendo
il numero solo in seguito, visto che inizialmente assolveva ad
entrambe le funzioni, (cfr. ROHLFS, pag. 24\34); ‘cinco’ è forma
meridionale, tendenzialmente indeclinabile, anche se è possibile
trovare forme di accordo al plurale (cfr. ROHLFS, pag.311); spesso
accade che l’avverbio concordi in genere e numero con il sostantivo
cui è riferito; questo perché risulta sostanzialmente sconosciuto in
meridione; le sue veci infatti sono assolte dall’aggettivo, regolarmente
declinato (R., cap.887); non sono rari i casi in cui concordino due
avverbi, due aggettivi o due sostantivi; il motivo potrebbe essere un
semplice livellamento stilistico.
Interessanti sono anche gli ipercorrettismi, fenomeno messo del resto
in luce da A.LEONE, “L’italiano regionale in Sicilia”, (cap. 4, pag.
57).
Tra gli altri va segnalato lo scempiamento delle consonanti: matina,
‘mattina’ (p.13) - davero, ‘davvero’(p.24) in (R.d.G.); caminare,
65
‘camminare’ (p.17) - (P.I.d.M.); farabutti, ’farabutti’ (p.14) - asasini,
’assassini’ (p.14) in (G.d.B.); cafè, ‘caffè’ (p.28) - machinetta,
‘macchinetta’ (p.28) in (P.d.R.); improvise, ‘improvvise’ (p.22) in
(L.d.C.)
Al contrario, l’uso a sproposito della geminata, che in questo caso
riproduce la parlata locale: cammare, ‘camere’ (p.21)- commodo,
‘comodo’ (p.28) in (R.d.G.); incarricata, ‘incaricata’ (p.33) - scarrico,
‘scarico’ (p.79) in (P.d.M.); arrubbò, ‘rubò’(p.13)- malaccrianza,
‘malacreanza’(p.27) in (O.d.N.); sdirrupo, ‘dirupo’ (p.36) -
carricatore, ‘caricatore’ (p.29) - vennirdì, ‘venerdì’ (p.24) in
(P.I.d.M.);
fastiddio, ’fastidio’ (p.69) - studdio, ‘studio’ (p.73) in (G.d.B.);
cammisi, ‘camice’ (p.17) - malappena, ’malapena’ (p.17) in (P.d.R.)
rimeddio, ‘rimedio’(p.23)- stuffata, ‘stufata’(p.21) in (P.d.T.); carricò,
‘caricò’(p.29) in (L.d.C.).
Alcune forme delle coniugazioni verbali (ROHLFS, II: 329 e seg., III
463- 471, A.LEONE, “Profilo di sintassi siciliana”, pag. 33-48).
L’analisi delle forme dei verbi consente di vedere come Camilleri
spesso tenda a modificare i morfemi lessicali, altre quelli derivazionali
e grammaticali, altre ancora ognuno di essi.
In questo modo ottiene due risultati: supera il limite della lingua
standard percorrendo la scappatoia di quella vernacola, ampliando così
la gamma delle scelte possibili, e riesce a dare una patina di sicilianità
diffusa, che rafforza o attenua a proprio piacimento nel testo.
Ho preso in esame alcuni capitoli per ogni romanzo scegliendo dei
verbi che poi ho suddiviso per modo e tempo, in modo da poter
formulare alcune osservazioni sulle forme più soggette ad influssi
dialettali.
66
Indicativo
Presente
havi, ‘ha’- veni, ‘viene’ (p.17)- staiu, ‘sto’(p.18) - scinno, ‘scendo’
(p.22) - fazzo, ‘faccio’ (p.22)- haiu, ‘ho’ (p.26) in (R.d.G.);
avi, ‘ha’ (p.57)- sugnu, ‘sono’(p.57)- sapi, ‘sa’(p.81) in (O.d.N.);
sacciu, ‘so’ (p.154)- (mi) susu, ‘(mi) alzo’ (p.163) in (P.I.d.M.);
babbii, ’scherzi’(p.15)- (mi) voli, ’(mi) vuole’ (p.21) in (G.d.B.);
(ci) dugnu, ‘(ci) do’ (p.110)- sunnu, ‘sono (essi)’(p.111)- mori,
‘muore’ (p.171) in (P.d.R.);
trasi, ‘entra’ (p.177)- fazzu, ‘faccio’(p.178)- arrinesci, ‘riesce’(p.178)-
(ci lu) sacciu, ‘lo so’(p.183)- havvi, ‘ha’(p.189) in (P.d.T.).
Imperfetto
ivano, ‘andavano’(p.18)- taliava, ‘guardava’(p.18)- passiava,
‘passeggiava’(p.21)- bastoniavano, ‘bastonavano’(p.21)-
cummigliava, ‘copriva’- trasiva, ‘entrava’(p.22)- susiva, ‘si
alzava’(p.28) in (R.d.G.);
erasi, ‘era’(81) in (O.d.N.);
cataminava, ’muoveva’(p.22)- sgriddrava, ’sgranava’(p.18) in
(G.d.B.);
s’avia (a tiniri), ‘si doveva (tenere)’(p.186) in (P.d.T.);
sbattachiavano, ‘sbattevano’(p.35) in (i.M.).
Passato remoto
sciogliette, ‘sciolse’(p.14)- susì, ‘alzò’(p.18)- desi, ‘diede’(p.19)- cadì,
‘cadde’(p.21)- vitti, ‘vide’(p.21)- isò, ‘alzò’(p.21) in (R.d.G.);
67
cuocì, ‘cosse’ (p.49)- godè, ‘godette’ (p.49)- cangiò, ‘cambiò’(p.50)-
desi, ‘dette’(p.60)- vintiò, ‘arieggiò’(p.66) in (P.I.d.M.);
assufficò, ‘soffocò’(p.51)- arrimiscoliò, ‘rimescolò’(p.68) in (O.d.N.);
arricivitte, ‘ricevette’(p.126)- pruì, ‘offrì’(p.126)- liggì, ‘lesse’
(p.132)- ittai, ‘gettai’(p.154) in (P.I.d.M.);
arrussicò, ‘arrossì’(p.14)- inchì, ‘riempì’(p.22) in (G.d.B.);
morse, ‘morì’(p.234)- vippi, ‘bevve’(p.239) in (P.d.R.);
morsi, ‘morii’(p.178)- isò, ‘alzò’(p.188)- capero, ‘capirono’(p.192) in
(P.d.T.);
ficiro, ‘fecero’(p.235) in (L.d.C.) sciglì, ‘scelse’(p.9) in (i.M.).
Trapassato prossimo
avevano intiso, ‘avevano sentito’ (p.13) in (R.d.G.);
aveva addeciso, ‘aveva deciso’ (p.48) in (O.d.N.);
aviva fatto, ‘aveva fatto’ (p.281) in (P.I.d.M.);
era curruta, ‘era corsa’ (p.142) in (P.d.M.).
Infinito
agliuttiri, ‘inghiottire’ (p.13)- aviri, ‘avere’ (p.13)- cataminarsi,
‘muoversi’ (pag. 22)- vivirisilla, ‘bersela’ (p.29) in (R.d.G.);
innirbusire, ‘innervosire’ (p.51) in (P.d.M);
diricci, ‘dire a lui’(p.81) in (O.d.N.);
(senza) addunarisinni, ‘accorgersene’ (p.114)- (meglio) cucirisi,
‘cucirsi’(p.117)- isarisi, ‘alzarsi’ (p.147) in (P.I.d.M.);
mittirisi, ’mettersi’ (p.14)- trasire, ’entrare’ (p.13)- sciarriar(mi),
‘litigare’ (p.16) in (G.d.B.);
pigliarisilla, ‘prendersela’(p.223)- pinnuliari, ‘penzolare’(p.230) in
(L.d.C.).
68
Imperativo
taliate, ‘guardate’ (p.17) - tenete, ‘tenete’(p.17)- non fate niente, ‘non
fate niente’(p.17)- talè, ‘guardate’ (p.21) in (R.d.G.);
tàliami, ‘guardami’ (p.162) in (P.I.d.M.);
lassa, ’lascia’ (p.19)- (un) votati, ‘voltati’(p.9)- addrumisciti,
‘addormentati’(p.9) in (G.d.B.);
amuninni, ‘andiamo’ (p.30) in (P.d.T.).
Participio
Passato
arravogliato, ‘avvinghiato’ (p.16)- mortu (di stanchizza), ‘morto (di
stanchezza)’ (p.17)- tirato (a sarbamento), ‘tratto in salvo’ (p.17) in
(R.d.G.);
nisciuto, ‘uscito’(p.60)- liggiuto, ‘letto’ (p.64) in (P.d.M.);
addrumisciuto, ‘addormentato’ (p.133) in (P.I.d.M.);
(trovari ad Angelo) sparato, ‘morto per un colpo di pistola’ (p.226) in
(L.d.C.).
Gerundio
Presente
santianno,‘bestemmiando’(p.17)- facennu, ‘facendo’ (p.18) in
(R.d.G.);
santianno, ‘santiando’(p.140); lamentiannosi,‘lamentandosi’(p.140) -
gastimiando,‘bestemmiando’(p.140) in (P.I.d.M.);
cadenno, ‘cadendo’ (p.177) in (P.d.T.); vivennosi, ‘bevendosi’ (p.225)
in (L.d.C.).
69
Congiuntivo
Presente
putisse, ‘potesse’(p.17)- niscisse, ‘uscisse’(p.24)- piacissi,
‘piacesse’(p.28) in (R.d.G.);
dicisse, ‘dicesse’(p.72) in (P.d.M.);
taliasse, ‘guardasse’(p.80) in (O.d.N.); ragiunassi, ‘ragionasse’(p.163)
in (P.I.d.M.);
vinissi, ‘venisse’(p.178)- s’assittasse, ‘si sieda’(p.181) in (P.d.T.);
taliasse, ‘guardi (lei)’(p.41)- (mi) aiutasse, ‘mi aiuti’(p.45) in (I.M.).
Alcune osservazioni
Le forme staju, come haju sono oggi le forme più diffuse in Sicilia e
Calabria (cfr. ROHLFS, Morf. Pag. 272\276); Sacciu è una forma
meridionale che presenta la palatalizzazione della consonante finale
del tema: sacciu<sapio; lo stesso vale per sugnu, per analogia da aju,
‘io ho’ e per dugnu (ROHLFS, Morf. Cap.534);
la forma ‘ivano’, deriva dal presente del verbo ‘ire’; è una fase del
presente di ‘andare’, che nei paesi neolatini è passata attraverso tre, in
parte anche quattro fasi (ROHLFS, Morf. Pag. 280); ‘Susiva’>
‘susire’, composto di ‘su’ ed ‘ire’, letteralmente ‘andare in alto’,
‘alzarsi’, è forma diffusa in meridione (ROHLFS, Morf. Pag. 361);
erasi è una forma meridionale del verbo essere (ROHLFS, Morf.,
cap.553); avia, forma siciliana soggetta a vocalismo (ROHLFS, Morf.,
cap.550); ‘avere’ è l’unico ausiliare in siciliano, nell’esempio riportato
rientra in un costrutto tipicamente siciliano usato per esprimere azioni
di necessità (A.LEONE, “Profilo..”, pag.36);
70
‘Arrisolse’e ‘desi’(<’diede’, terza ps. singolare) presentano una
desinenza tipica del dialetto, che rientra nelle forme forti in –si
(ROHLFS, Morf. Pag. 324); ‘Sciogliette’ ha la desinenza del passato
remoto in –etti, forma nata per analogia con ‘stetti (<stetti), poi
mantenutasi per la prima e terza persona del singolare e la terza
plurale; è diffusa in tutte le zone meridionali (ROHLFS, Morf. Pag.
321);
il trapassato prossimo è generalmente inutilizzato in siciliano, dato
che, a scapito di sfumature temporali, il passato remoto tende a
supplire a tutte le funzioni dei tempi che esprimono azioni conclusesi
nel passato; l’utilizzo che ne fa Camilleri sembra letterario dunque,
anche se sfrutta i participi dando loro patinatura siciliana. Sia ausiliari
che participi sono soggetti al tipico vocalismo: e>i; ad-deciso presenta
il comportamento delle consonanti in posizione iniziale; curruta
presenta la forma al femminile del participio debole in –uto, dialettale
rispetto alla forma forte, consolidata nella lingua comune: -ato, -ito
(ROHLFS, Morf. Pag.369);
Nelle forme dialettali con pronomi o particelle riflessive, questi sono
sempre posposti al verbo (A.LEONE, “Profilo..”, sezione verbi) la
forma pinnuliari presenta il suffisso nominale –olare, tipico dei verbi
meridionali, che corrisponde ad –olo e come questo esprime in genere
un minor grado (ROHLFS, Sint., cap.1169);
se l’imperativo non è negativo, il clitico può solo seguirlo (A.LEONE,
“Profilo..”, pag.59);
talè è una forma abbreviata di imperativo; è più una formula fissa che
un verbo vero e proprio, traspare qui la funzione ellittica (ROHLFS,
Morf., cap.606);
amuninni è una forma siciliana del verbo ‘andare’, tipicamente usata
nel parlato;
71
L’uso del participio è tipicamente meridionale, infatti accorda con
l’accusativo preposizionale cui si riferisce, sebbene abbia funzione
passiva: trovari Angelo sparato<a trovare Angelo cui avevano sparato
(ROHLFS, Sint., cap.724);
Tutte le forme del participio presentano vocalismi o consonantismi
siciliani, sia nei morfemi lessicali, che in quelli derivazionali;
Il congiuntivo presente non è contemplato tra i tempi verbali del
dialetto siciliano; il congiuntivo imperfetto, qui utilizzato dall’autore,
assolve a varie funzioni: putisse è il verbo di una subordinata finale:
‘perché il nobiluomo putisse..’, la scelta del congiuntivo finale non è
rara nel Meridione, a differenza di altre funzioni che vengono assolte
dall’indicativo (ROHLFS, Sintassi, pag. 68); niscisse è parte di una
proposizione temporale: ‘prima che..niscisse’, e risulta una scelta
normale in contesti che esprimono un momento anteriore all’evento
supposto (ROHLFS, Sint. Pag. 76); oltretutto viene rispettata la
normale consecutio temporum: principale> passato remoto,
subordinata> imperfetto congiuntivo (ROHLFS, Sint., pag. 60); una
precisazione: il dialetto preferisce l’indicativo, lo spiega A.LEONE in
‘Profilo di sintassi siciliana’ : l’ indicativo è il modo dei fatti
obiettivamente esistenti; il congiuntivo..della soggettività; l’uso quindi
dell’indicativo con valore di congiuntivo è possibile solo se il contesto
riesce ad esprimere l’aspetto soggettivo dei fatti, a comunicare che essi
non hanno, o non hanno ancora un’oggettiva realtà’: ‘prima che
‘nisciva’’;
piacissi, infine, è un congiuntivo imperfetto che sostituisce il
condizionale: ‘macari a mia piacissi (piacerebbe) digiunari accussì’;
l’uso è desiderativo, la sostituzione è dovuta al fatto che il
condizionale in dialetto è scomparso (A.LEONE, ‘Profilo..’, pag.40)
72
Gli altri sono congiuntivi esortativi, sfruttati in contesti in cui il
pensiero non esprime certezza (A.LEONE, “Profilo..”, pag. 39).
73
IL LESSICO NEI ROMANZI DI ANDREA
CAMILLERI
1. Commenti critici
Come già dimostrato, e come numerosi critici hanno sostenuto Il re di
Girgenti è un romanzo in cui siciliano ed italiano stanno sullo stesso
piano. Generalmente ne La serie di Montalbano il dialetto rimane
confinato alle parti dialogate, e caratterizza solo alcuni personaggi, di
rado sconfina nelle zone narrative.
Nei romanzi storici, e in quello da me analizzato in particolare, gli
equilibri mutano. Tutto è invaso dalla lingua vernacola: i dialoghi, i
pensieri dei personaggi riportati dalla voce narrante, tutte le parti
narrative e descrittive
L’esercizio lessicale da parte di Andrea Camilleri è sempre attivo in
ogni romanzo, si può affermare che sia l’aspetto in cui l’autore mette
più alla prova se stesso.
Molti critici si sono espressi in merito, formando assieme alle stesse
dichiarazioni dell’autore sull’argomento, una ricca e interessante
analisi, il cui pregio maggiore, credo sia l’estrema varietà di opinioni,
considerazioni, posizioni che costituiscono un piano rialzato dal quale
guardare al fenomeno da innumerevoli punti di vista.
Con certezza si possono fare due affermazioni:
75
la prima è il desiderio di coinvolgere il lettore in un gioco linguistico
che in primio luogo è lessicale, fornendogli tutti gli strumenti
necessari;
la seconda è la certezza che Camilleri1 stesso, prima dei suoi lettori,
abbia lavorato molto sul linguaggio; lo dichiara lui stesso:
C’è una componente alla quale io sono stato allevato. E la
componente è quella dell’invenzione della parola. […] Mia nonna
mi diceva: “Vammi a prendere il currupizzu”, parola questa che
non esiste in nessuna parte del dialetto. Quindi veniva in mente che
un oggetto potesse essere chiamato currupizzu. La sintonia perfetta
era che io in quel momento capivo che cos’era il currupizzu e glielo
andavo a prendere. Allora, sono stato educato a una certa creazione
delle parole come per gioco.
L’allenamento di cui parla l’autore aveva la finalità di abituare la
mente a sfruttare la lingua, piegandola a qualsiasi esigenza.
Questo esercizio trova la sua massima applicazione nei romanzi
storici, in cui la struttura del racconto non è vincolata da strutture di
genere, perciò l’autore è libero di dedicarsi alla lingua2:
[…] in un giallo è un po’ crudele, sadico e anche masochistico
pigliare il lettore e metterlo di fronte al problema della lingua, oltre
al problema del giallo in sé. Infatti chi legge attentamente i due tipi
di libri miei, vede che nei romanzi storici io mi sento assai più
libero di sperimentare il mio linguaggio che non nella serie di
Montalbano.
1Intervista a cura di Serena Filipponi, Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Milano, Volume LV-Fascicolo II- Maggio-Agosto 2002.2Ibid.
76
Alla Filipponi Camilleri confessa, in merito a Il re di Girgenti che
c’era stato il rifiuto totale o l’accettazione piena dell’opera, e per
esemplificare cita delle recensioni. Una di queste, estremamente
sfavorevole, di cui purtroppo non è indicato l’autore dice:
è la stessa virtù espressiva, pregio del romanzo di Camilleri, a
risultare anche nel contempo il punto debole.Ogni volta si
trasforma in virtuosismo, fastidioso nel suo compiacimento
camuffato da spigliatezza; così come l’espandersi, ciò che accade
ne Il re di Girgenti, del dialetto; […] il dialetto appare in Camilleri
vernicetta, colore, gioco, tacito ammicco.
Ma cita anche chi ha usato toni più pacati, come Nunzio La Fauci3:
La lingua di Camilleri […] è una finissima costruzione letteraria. Il
lessico è siciliano, ma la morfologia è quasi interamente italiana. Si
tratta di un siciliano italianizzato. E’ una lingua apparentemente
esclusiva, l’autore sembra dire ‘e chi è siciliano mi capisce’. In
realtà poi fa in modo che l’osticità diventi trasparenza, fornisce al
lettore gli strumenti perché egli possa appropriarsi del codice,
entrare in un mondo. […] .
Della lingua de Il re di Girgenti ha trattato anche un professore di
storia all’università di Genova, Vittorio Coletti4, autore di un articolo
molto approfondito che si intitola “Arrigalannu un sognu”, ed
esordisce così:
Solo in Italia è concepibile e leggibile un romanzo come Il re di
Girgenti. Un romanzo scritto in una lingua locale e personale, in un
3 Saggio Prolegomeni ad una fenomenologia del tragediatore: saggio ad Andrea Camilleri, in “Lucia, Marcovaldo e altri soggetti pericolosi”, Editore Meltemi, Roma, 2001, pp.150-163.4 Vittorio Coletti, Arrigalannu un sognu “L’indice”, 12.2001.
77
dialetto ben noto e illustre, un idioletto fantasioso e preciso, nel
siciliano di Andrea Camilleri. […] il dialetto reale e reinventato
dall’esuberante estrosità verbale dell’autore non si limita a rivestire
punti precisi e limitati del testo […] a svolgere un ruolo
narratologico importante ma non esclusivo […]. Nel Re di Girgenti
questo dialetto è la lingua di tutto il romanzo, del narratore e dei
personaggi, occupa ogni spazio e si adatta ad ogni situazione,
lasciando all’italiano solo pochissime finestre […]. Per tutto il resto
del lungo romanzo l’idialetto (viene da coniare questo neologismo)
di Camilleri la fa da protagonista, frutto di una ricerca linguistica
divertita e sapiente che riesce a raccontare i fatti come se si trattasse
della solita lingua media e strumentale necessaria ai romanzi, e al
contempo riesce ad imporsi in primo piano come se fosse l’oggetto
rappresentato, il personaggio principale, la vera storia. […] viene
da chiedersi, si può scrivere un romanzo in una lingua fortemente
differenziata, particolare, mezza vera e mezza finta? Sì […] se la
scelta è monolinguistica […] come il dialetto siciliano manipolato
da Andrea Camilleri […] irrompe sulla pagina con strepito e colore,
eccede con garbo, diverte con misura, non infastidisce mai e lascia
tutti ammirati.
Entusiasta quanto Coletti, si rivela Francesco Mannoni5, che sul
Messaggero Veneto scrive un articolo in cui sostiene la grandezza de
Il re di Girgenti, paragonandolo a capisaldi della “letteratura
regionalistica e universale”, come I Malavoglia del Verga, o le Terre
del Sacramento di Iovine, o ancora il Fontamara di Silone.
Su questi presupposti sostiene:
5 Francesco Mannoni, Il contadino che divenne re, Messaggero Veneto, 11.12.2001
78
[…] l’innesto del dialetto e la parlata spagnola che intersecano
l’opera come fiammate linguistiche, squagliano e amalgamano
sapientemente l’insieme di una vicenda che a tratti è dramma
struggente e commedia ironica da far invidia a un Balzac.
Di tutt’altro parere sembrano altri critici, tra cui Giorgio De Rienzo6,
che nel Corriere della Sera condanna Il re di Girgenti senza possibilità
di appello:
[…] Camilleri qui punta al romanzo “totale”. […] Nel racconto, per
metafora vorrebbe trasferire tutto il mondo. Assembla invece una
quantità di materiali che non hanno una struttura che li aggreghi, né
una lingua che li esprima. Va dunque per accumulazioni e
divagazioni verso il fallimento.
Assieme a questa, arriva un’altra condanna di Marco Belpoliti 7che
critica tutto l’impianto narrativo del romanzo, nonché la lingua:
[…] Anche di dizionari ce ne devono essere stati sullo scrittoio, ma
la lingua dello scrittore siciliano, salvo in alcuni punti, non fa
grandi balzi in avanti. [..] Si fa un grande parlare della lingua di
Camilleri. E certo la principale trovata dello scrittore è questa. Ma
che linguaggio usa? Siciliano, certo, ma inventato, un siciliano
infarcito a volte di termini napoletani e persino romaneschi.
Tuttavia non si tratta di plurilinguismo, perché la lingua di
Camilleri è siciliana solo a livello lessicale e non sintattico. Non
segue il dialetto nel dar forma alla frase, se non in alcuni punti. Per
questo la può leggere anche chi siciliano non è.
6 Giorgio De Rienzo, La pagella di Andrea Camilleri. Il re di Girgenti, Corriere della Sera, 30.12 2001.7 Marco Belpoliti, Il contadino che volle farsi re, L’Espresso, 19.12.2001.
79
Di fronte a così vari punti di vista è difficile orientare la propria
opinione; tuttavia credo che il mio interesse per la questione lessicale
sia scaturito proprio e soprattutto dalla lettura di quelle recensioni che
tendono a stroncare Camilleri e la sua lingua.
Come spesso accade, le critiche generano curiosità, e spesso incitano
all’approfondimento per verificare, ed eventualmente smentire, ciò che
di inattendibile sta alla loro base.
2. Analisi lessicale de Il re di Girgenti
2.1 Lessico: il gioco a due mani tra siciliano e italiano
Date le premesse, ho deciso di stringere il campo della mia indagine al
lessico, con lo scopo di capire i principi su cui l’autore si basa nel
momento in cui compie le sue creazioni lessicali.
Per effettuare questa analisi ho organizzato il mio lavoro secondo i
seguenti criteri:
- ho inventariato tutte le voci non corrispondenti all’italiano standard
dei primi tre capitoli, raggruppandole per categorie grammaticali,
perciò l’analisi si estende dalle congiunzioni, nessi, preposizioni,
pronomi, numeri, fino ai verbi, aggettivi, avverbi, locuzioni e
sostantivi;
servendomi di fonti estremamente utili, tra cui: “Innovazione e
conservazione nelle lingue” 8, vocabolari e manuali etimologici9, ho 8 Giovanni Troppa, Su alcuni aspetti dell’italianizzazione lessicale in Sicilia, pp. 171-198, da “Innovazione e conservazione nelle lingue”, Atti del Convegno della Società Italiana di Glottologia, Testi raccolti a cura di Vincenzo Orioles, Messina 9-11 novembre 1989, Giardini Editori e Stampatori in Pisa, 1991.9 Remigio Roccella, Vocabolario della lingua parlata in piazza Armerina (Sicilia), Caltagirone, Bartolomeo Mantelli Editore, 1875.
80
condotto una ricerca che mi permettesse di stabilire a livello lessicale,
quali fossero le voci appartenenti al dialetto siciliano, quali invece
potessero dirsi frutto dell’inventiva dell’autore;
- ho riportato tutte le voci nel modo in cui si presentavano nel testo,
mantenendo il genere e il numero, i tempi e i modi;
- accanto ad ogni voce ho segnato il numero delle occorrenze. Questa
operazione è stata necessaria per mettere in relazione ogni termine con
la sua frequenza nel testo secondo i criteri del type talking;
solitamente, più questa è elevata, meno possibilità ci sono che
ricorrano varianti linguistiche di quel termine, a discapito della varietà
espressiva. Al contrario se la frequenza è scarsa, è possibile ipotizzare
una maggiore ricchezza di vocaboli, di forme, con un conseguente
netto guadagno per l’indagine lessicale.
Qui di seguito riporto tutto l’inventario dei verbi.
2.2 Lista dei verbi e frequenza delle forme
Giuseppe Gioeni, Saggio di etimologie siciliane, Palermo, Tipografia dello “Statuto”, 1885.Edoardo Nicotra D’Urso, Nuovissimo Dizionario Siciliano-Italiano, contenente le voci e le frasi siciliane dissimili dalle italiane, con prefazione di Luigi Capuana, Catania, Cav. Niccolò Giannotta, Editore, 1922.Vincenzo Nicotra, Dizionario Siciliano-Italiano, Catania, Stabilimento tipografico Bellini, 1883.Antonino Traina, Vocabolarietto delle voci siciliane dissimili dalle italiane, con saggio di altre differenze ortoepiche e grammaticali, Palermo, Libreria Internazionale, 1888.Carmelo Scavuzzo, Dizionario del parlar siciliano, Palermo, 1982, Edikronos.
81
(22) v. AVIRI
avemu, ‘abbiamo’(2)
avia, ‘aveva’
aviri, ‘avere’(9)
aviva, ‘aveva’(2)
avivano, ‘avevano’(2)
haiu, ‘ho’(2)
hannu, ‘hanno’
havi, ‘ha’(3)
(19) v. TALIARE
taliandola\o, ‘guardandola\o’(2)
talè, ‘guardate’(2)
taliando, ‘guardando’
taliàre, ‘guardare’(3)
taliate, ‘guardate’
taliato, ‘guardato’(2)
taliava, ‘guardava’(4)
taliò, ‘guardò’(4)
(19) v. VULIRI
vogliu, ‘voglio’
voleri, ‘volere’(2)
voli, ‘vuole’(7)
volissi, ‘vorrei’
voliva, ‘voleva’(2)
volivano, ‘volevano’
vonno, ‘vogliono’
82
vosi, ‘vuole’
vulite, ‘volete’(2)
vurria, ‘vorrei’
(17) v. FARI
facendo, ‘facendo’
facennu, ‘facendo’
facillo, ‘fallo’
facissi, ‘facessi’
facisti, ‘facesti’
faciva, ‘faceva’(2)
facivano, ‘facevano’(2)
fari, ‘fare’(3)
fazzo, ‘faccio’(4)
fici, ‘fece’
(16) v. SPIARI
spiare, ‘chiedere’
spiargli, ‘chiedergli’
spiò, ‘chiese’(12)
susiva, ‘si alzava’
susuta, ‘alzata’
(15) v. PIGGHIARI
pigliare, ‘prendere’(2)
pigliari, ‘prendere’(3)
pigliatilla, ‘prenditela’
pigliato, ‘preso’(2)
pigliava, ‘prendeva’(2)
83
pigliò, ‘pigliò’(5)
(14) v. PINSARI
pinsando, ‘pensando’
pinsari, ‘pensare’(3)
pinsaricci, ‘pensarci’
pinsateci, ‘pensateci’
pinsati, ‘pensate’
pinsava, ‘pensava’(2)
pinsò, ‘pensò’(5)
(11) v. DIRI
dici, ‘dice’(4)
dìcino, ‘dicono’
dicitimi, ‘ditemi’
diri, ‘dire’
ditto, ‘detto’(4)
(11) v. NESCIRI
nesciri, ‘uscire’
niscero, ‘uscirono’
niscì, ‘uscì’(4)
niscisse, ‘uscisse’
nisciuto, ‘uscito’(3)
nisciva, ‘usciva’
(11) v. POTIRI
potissi, ‘potrei’
potiti, ‘potete’(2)
84
potiva, ‘poteva’
pozzo, ‘posso’(3)
putemu, ‘possiamo’
putisse, ‘potesse’
putissi, ‘potrei’(2)
(11) v. TRASIRI
trasì, ‘entrò’(4)
trasire, ‘entrare’(2)
trasite, ‘entrate’
trasiva, ‘entava’(2)
trasùte, ‘entrate’
trasuto, ‘entrato’
(11) v. VENIRI
veni, ‘viene’(3)
veniri, ‘venire’(3)
viniri, ‘venire’
vinni, ‘venne’(2)
vinuto, ‘venuto’(2)
(11) v. VIDIRI
videvano, ‘vedevano’
vidiri, ‘vedere’(7)
vidiva, ‘vedeva’
vittero, ‘videro’
vitti, ‘vide’
(9) v. ESSIRI
85
eramu, ‘eravamo’
essiri, ‘essere’(2)
sugnu, ‘sono’(3)
sunnu, ‘sono’(2)
semu, ‘siamo’
(8) v. ARRINESCIRI
arrinesce, ‘riesce’
arriniscero, ‘riuscirono’
arriniscì, ‘riuscì’(3)
arriniscirono, ‘riuscirono’
arrinisciuto, ‘riuscito’(5)
(8) v. SUSIRISI
susendosi, ‘alzandosi’
susì, ‘alzò’(6)
susirisi, ‘alzarsi’
(8) v. TRAVAGGHIARI
travaglianti, ‘lavoratori’
travagliare, ‘lavorare’
travagliari, ‘lavorare’(3)
travagliava, ‘lavorava’(3)
(6) v. ACCHIANARI
acchiana, ‘entra’
acchianare, ‘salire’(2)
acchianari, ‘salire’ (2)
acchiano, ‘entro’
86
(7) v. ADDUNARISI
addunò, ‘accorse’(2)
addunarono, ‘accorsero’
addunato, ‘accorto’
addunò, ‘accorse’(3)
(6) v. ARRISBIGGHIARI
arrisbigliano, ‘svegliano’(2)
arrisbigliato, ‘svegliato’
arrisbigliò, ‘svegliò’(3)
(7) v. ASSITTARSI
assettarsi, ‘sedersi’
assettato, ‘seduto’(6)
(6) v. IRI
iuto, ‘andato’
ivano, ‘andavano’(2)
jamu, ‘andiamo’
iri, ‘andare’(2)
(6) v. ISARISI
isarisi, ‘alzarsi’
isata, ‘alzata’
isò, ‘alzò’(4)
(6) v. MANCIARI
87
mangiari, ‘mangiare’(6)
(6) v. SAPIRI
sape, ‘sa’
sapiri, ‘sapere’
sapiva, ‘sapeva’(4)
(6) v. SCINNIRI
scinnì, ‘scese’(3)
scinniva, ‘scendeva’(2)
scinno, ‘scendo’
(5) v. ADDIVINTARI
addiveniate, ‘diventate’
addiventato, ‘diventato’(3)
addiventò, ‘diventò’
(5) v. CATAMINARISI
cataminarsi, ‘muoversi’(3)
cataminata, ‘mossa’
cataminò, ‘mosse’
(5) v. CIRCARI
circari, ‘cercare’(3)
circariti, ‘cercarti’
circò, ‘cercò’
(5) v. CUMMIGGHIARI
88
cummigliata, ‘avvolta’(3)
cummigliava, ‘copriva’
cummigliò, ‘coprì’
(5) v. DARI
dari, ‘dare’
desi, ‘diede’(4)
(5) v. RAPPRESENTARI
rappresentare, ‘presentare’(2)
rappresentato, ‘presentato’
rappresentava, ‘presentava’
rappresentò, ‘presentò’
(5) v. SENTIRI
sintì, ‘sentì’
sintiri, ‘sentire’(4)
(5) v. TUPPIARI
tuppiarono, ‘bussarono’(2)
tuppiò, ‘bussò’(3)
(4) v. ABBISUGNARI
abbisogna, ‘è necessario’
abbisognava, ‘bisognava’
abbisogneranno, ‘avranno bisogno’
abbisognò, ‘servì, fu necessario’
(4) v. ACCATTARI
89
accattare, ‘prendere’(2)
accattò, ‘prese’
(3) v. ARRISORBIRI
arrisolse, ‘risolse’
arrisolsero, ‘risolsero’
arrisolvì, ‘risolse’
(4) v. CADIRI
cadì, ‘cadde’(4)
(4) v. CAMPARI
campare, ‘vivere’(2)
campari, ‘vivere’(2)
(4) v. CUNTARI
contami, ‘raccontami’(2)
contò, ‘raccontò’(2)
(4) v. CURRIRI
currenno, ‘correndo’
curriri, ‘correre’(3)
(4) v. DORMIRI
dormino, ‘dormono’
dormiri, ‘dormire’(2)
durmiva, ‘dormiva’
90
(4) v. MORIRI
moriri, ‘morire’(2)
mortu, ‘morto’
muriri, ‘morire’
(4) v. PARLARI
parlari, ‘parlare’(4)
(4) v. PASSIARI
passiare, ‘passeggiare’(2)
passiava, ‘passeggiava’(2)
(4) v. PRIPARARI
priparato, ‘preparato’
priparava, ‘preparava’
priparò, ‘preparò’(2)
(4) v. SARBARI
sarba, ‘salva’(2)
sarbassi, ‘salvassi’
sarbato, ‘salvato’
(4) v. SPARTIRI
spartemo, ‘spartiamo’(2)
sparto, ‘spartisco’
spartuta, ‘spartita’
(4) v. VIVIRI
91
vivemu, ‘beviamo’
vivendosi, ‘bevendosi’
viviri, ‘bere’
vivirisilla, ‘bersela’
(3) v. ACCUNZULARI
acconsolarsi, ‘consolarsi’(2)
acconsolò, ‘consolò’
(3) v. AMMUCCIARI
ammucciata, ‘nascosta’
ammucciava, ‘nascondeva’
ammucciato, ‘nascosto’
(3) v. APPRISINTARISI
appresentarsi, ‘presentarsi’
apprisentò, ‘presentò’
apprisintato, ‘presentato’
(3) v. ARRAGGHIARI
arraggiato, ‘arrabbiato’
arraggiò, ‘arrabbiò’(2)
(3) v. ARRISTARI
arrestavano, ‘restavano’
arrestò, ‘rimase’(2)
(3) v. ASPITTARI
92
aspettava, ‘aspettava’
aspettò, ‘aspettò’
aspittava, ‘aspettava’
(3) v. PERDIRI
perdiri, ‘perdere’(2)
perdirlo, ‘perderlo’
(3) v. PRIARI
priare, ‘pregare’
prigavano, ‘pregavano’
priò, ‘pregò’
(3) v. SCANTARISI
scantare, ‘impaurire’
scantato, ‘spaventato’
scantò, ‘spaventò’
(2) v. ACCANUSCIRI
accanosceva, ‘conosceva’
accanosciuto, ‘conosciuto’
(2) v. ACCUMINZARI
accominciare, ‘cominciare’
accominciato, ‘cominciato’
(2) v. ADDIVENIRI
addivintando, ‘stava diventando’
93
addivintarono, ‘diventarono’
(2) v. ADDIVERTIRI
addivertito, ‘divertito’
addivertuta, ‘divertita’
(2) v. AFFIRRIARI
affirrandolo, ‘afferrandolo’
affirrata, ‘afferrata’
(2) v. ALLURDARI
allordati, ‘sporcati’
allordò, sporcò’
(2) v. ANDARI
vaiu, ‘vado’
vannu, ‘vanno’
(2) v. APPINNIRI
appiso, ‘appeso’(2)
(2) v. APPUIARSI
appuiarsi, ‘appoggiarsi’
appuiò, ‘appoggiò’
(2) v. ARRAVUGGHIARI
arravogliato, ‘avvolto’(2)
94
(2) v. ARRISPUNNIRI
arrisponniri, ‘rispondere’
arrispose, ‘rispose’
(2) v. ARRISTARI
arristari, ‘arrestare’(2)
(2) v. ARRIVIDIRI
arrivide, ‘rivide’
arrivisto, ‘rivisto’
(2) v. ASCIUCARI
asciucò, ‘asciugò’(2)
(2) v. ASSICUTARI
assicutato, seguito’
assicutare, ‘seguire’
(2) v. ASSUFFICARI
assufficare, ‘soffocare’
assufficavano, ‘soffocavano’
(2) v. ATTACCHIAMO
attaccarono, ‘cominciarono’
attacchiamo, ‘cominciamo’
(2) v. CATAFUTTIRISI
catafottersi, ‘sfracellarsi’
95
catafotto, ‘sfracello’
(2) v. CHIAMARI
chiamari, ‘chiamare’(2)
(2) v. CHIANCIRI
chiangiri, ‘piangere’
chiangiva, ‘piangeva’
(2) v. CRIDIRI> CRIRIRI
cridi, ‘credi’
cridivano, ‘credevano’
(2) v. CURCARI
curcato, ‘coricato’(2)
(2) v. DDOVIRI
doviti, ‘dovete’
dovittiro, ‘dovettero’
(2) v. FIRRIARI
firriò, ‘girò intorno’(2)
(2) v. FRISCARI
friscò, ‘fischiò’(2)
(2) v. LASSARI
lassasse, ‘lasciasse’
lassò, ‘lasciò’
96
(2) v. METTIRI
mettiri, ‘mettere’
mettiricci, ‘metterci’
(2) v. MURMURIARI
murmuriando, ‘mormorando’
murmuriava, ‘mormorava’
(2) v. PARARI
parò, ‘coprì’
parono, ‘sembrano’
(2) v. PIRSUADIRI
pirsuasi, ‘persuasi’(2)
(2) v. PRINCIPIARI
principiari, ‘cominciare’
principiò, ‘cominciò’
(2) v. PRUIRI
pruì, ‘porse’(2)
(2) v. QUATRARI
quatrava, ‘coincideva’(2)
(2) v. RAPRIRI
raprì, ‘aprì’(2)
(2) v. RICIVIRI
riciviri, ‘ricevere’
97
ricivitte, ‘ricevette’
(2) v. RIPIGGHIARI
ripigliari, ‘riprendere’
ripigliata, ‘ripresa’
(2) v. RRICANUSCIRI
arraconoscì, ‘riconobbe’
arriconoscere, ‘riconoscere’
(2) v. SANTIARI
santianno, ‘bestemmiando’(2)
(2) v. STINNICCHIARI
stinnirisi, ‘stendersi’
stiso, ‘steso’
(2) v. STRAZZARI
strazzava, ‘stracciava’
strazzato, ‘stracciato’
(1) ADDICIRIRI
addigerisco, ‘digerisco’
(1) v. ‘NZIGNARI
inzigna, ‘insegna’
(1) v. ‘SASSINARI
sasinato, ‘assassinato’
98
(1) v. ABBRAZZARI
abbrazzato, ‘abbracciato’
(1) v. ABBRUSCARI
abbrusciato, ‘bruciato’
(1) v. ACCANUSCIRI
conosceri, ‘conosceri’
(1) v. ACCAPIRI
accapito, ‘capito’
(1) v. ACCHIANARI
acchiana, ‘entra’
(1) v. ACCRIDIRI
accredendo, ‘credendo’
(1) v. ADDANNARISI
addannata, ‘dannata’
(1) v. ADDIMANNARI
addimanna, ‘domanda’
(1) v. ADDINUCCHIARI
inginucchiati, ‘inginocchiati’
(1) v. APPICCARI
impiccatu, ‘impiccato’
99
(1) v. ADDRUMARI
addrumari, ‘accendere’
(1) v. AGGHIUTTIRI
agliuttiri, ‘inghiottire’
(1) v. ALLISCIARI
allisciato, ‘reso liscio’
(1) v. AMMAZZARI
ammazzari, ‘ammazzare’(2)
(1) v. AMMUCCARI
ammuccare, ‘abboccare’
(1) v. AMMUTTARI
ammuttò, ‘spinse’
(1) v. APPARTINIRI
apparteni, ‘appartiene’
(1) v. ARRAGGIUNARI
arragionò, ‘ragionò’
(1) v. ARRICAMPARISI
arricamparsi, ‘rincasare’
100
(1) v. ARRICUPIRARI
arrecuperava, ‘recuperava’
(1) v. ARRIDIRI>ARRIDIRI >ARRIRIRI>RRIDIRI
arridendo, ‘ridendo’
(1) v. ARRIDUCIRI
arridotto, ‘ridotto’
(1) v. ARRIFRIDDARI
arrifriddarono, ‘raffreddarono’
(1) v. ARRIFRISCARI
arrifriscare, ‘rinfrescare’
(1) v. ARRIGALARI
arrigalata, ‘regalata’
(1) v. ARRIPARARI
arriparavano, ‘riparavano’
(1) v. ARRIPIGGHIARI
arripiglio, ‘riprendo’
(1) v. ARRISPITTARI
arrispittati, ‘rispettati’
101
(1) v. ARRISPUNNIRI
arrisposi, ‘risposi’
(1) v. ARRIVARI
arrivari, ‘arrivare’
(1) v. ARRIVIRSARI
arrovesciata, ‘rovesciata’
(1) v. ASCUTARI
ascutato, ‘ascoltato’
(1) v. ARRIVUGGHIARI
arrivogliò, ‘avvolse’
(1) v. ARRIVUTARI
arrivotava, ‘rivoltava’
(1) v. ASSECUTARI
secutò, ‘seguitò’
(1) v. ASSISTIMARI
assistimato, ‘sistemato’
(1) v. ASSUGLIARI
assugliò, ‘svegliò’
102
(1) v. ASSUNNARI
assunnato, ‘assonnato’
(1) v. ASSUPIRCHIARI
assuperchia, ‘è troppo’
(1) v. ASTUTARI
astutare, ‘spegnere’
(1) v. AVVERTIRI
avvirtiri, ‘avvertire’
(1) v. AZZIRTARI> NZIRTARI
inzertato, ‘indovinato’
(1) v. BBASTUNIARI
bastoniavano, ‘bastonavano’
(1) v. CACARI
cacato, ‘cagato’
(1) v. CAMINARI
caminava, ‘camminava’
(1) v. CANTARI
cantari, ‘cantare’
(1) v. CUMMINTIRI
commettiri, ‘commettere’
103
(1) v. CANUSCIRI
canosciuto, ‘conosciuto’
(1) v. CHIOVIRI
chioviri, ‘piovere’
(1) v. CRIARI
criato, ‘creato’
(1) v. CUNZARI
conzàre, ‘apparecchiare’
(1) v. DDICIDIRI
addicidì, ‘decise’
(1) v. DIIUNARI
digiunari, ‘digiunare’
(1) v. DUNARI
dunano, ‘donano’
(1) v. FICCARI
ficcari, ‘ficcare, avere un rapporto sessuale’
(1) v. GARRUSIARI
garrusiare, ‘scherzare, perdere tempo’
(1) v. GUADAGNARI
guadagnari, ‘guadagnare’
104
(1) v. IMPICCICARI
impiccicato, ‘appiccicato’
(1) v. INCHIUVARI
inchiovato, ‘inchiodato’
(1) v. INFURNARI
‘nfurnate, ‘infornate’
(1) v. ITTARI
ittò, ‘gettò’
(1) v. LACRIMIARI
lacrimiare, ‘lacrimare’
(1) v. LAUDARI
lodatu, ‘lodato’
(1) v. LICINZIARI
licinziari, ‘licenziare’
(1) v. LIVARI
livaricci, ‘levarci’
(1) v. MARTELLARI
martelliò, ‘martellò’
(1) v. NASCIRI
nasciuto, ‘nato’
105
(1) v. PIACIRI
piacissi, ‘piacesse’
(1) v. NCAGNARI
s’incaniò, ‘si accanì’
(1) v. NIGARI
nigato, ‘negato’
(1) v. NTENNIRI
intiso, ‘capito’
(1) v. NZUCCARARI
‘nzucchirata, ‘inzuccherata’
(1) v. PARIRI
pari, ‘sembri’
(1) v. PINNULIARI
pinnuliava, ‘pendolava’
(1) v. PIRDIRI
pirdiva, ‘perdeva’
(1) v. PISCIARI
pisciava, ‘pensava’
(1) v. PREOCCUPARISI
prioccupato, ‘preoccupato’
106
(1) v. PRISINTARI
prisintò, ‘presentò’
(1) v. PULIZIARI
puliziò, ‘pulì’
(1) PUSSIDIRI
possidiva, ‘possedeva’
(1) v. QUADIARI
quadiavano, ‘scaldavano’
(1) v. RICURRITI
ricurriti, ‘ricorrete’
(1) v. RIPISTIARI
ripistiava, ‘ripensava’
(1) v. RRICAMARI
arracamato, ‘ricamato’
(1) v. RRICIVIRI
arriciviri, ‘ricevere’
(1) v. RRIMPROVERARI
arrimproverava, ‘rimproverava’
107
(1) v. RRIPETIRI
ripitì, ‘ripetè’
(1) v. RRISURTARI
arrisultato, ‘risultato’
(1) v. RRIVUTARI
rivotò, ‘rivoltò’
(1) v. SATARI
satargli, ‘saltargli’
(1) v. SBINCIARISI, lett. ‘vendicarsi’
sbinchiargli (a unghiate), ‘graffiare’
(1) v. SCANCIARI
scangiamo, ‘scambiamo’
(1) v. SCARRICARI
scarricare, ‘scaricare’
(1) v. SCASSARI
scassari, ‘scassare’
(1) v. SCATASCIARI
scatasciò, ‘mollò’
(1) v. SCIAURARI>çIAURARI> çIARARI
sciaurare, ‘assaporare’
108
(1) v. SCIOGGHIRI
sciogliette, ‘sciolse’
(1) v. SCURARI
scurava, ‘imbruniva’
(1) v. SENTIRI
sentiri, ‘sentire’
(1) v. SFRAGILLARI
sfragillato, ‘sfracellato’
(1) v. SIGNARI
signò, ‘segnò’
(1) v. SMOVIRI
smove, ‘muove’
(1) v. SMURCARI
smorcato, ‘mosso’
(1) v. SPASIMIARI
spasimiàre, ‘spasimare’
(1) v. SPAVINTARI
spavintato, ‘spaventato’
(1) SCUSARI
scusassi, ‘scusasse’
109
(1) sost. SBOTA, qui reso verbo
sbotari, ‘rivoltare lo stomaco’
(1) SPIRIRI
spirì, ‘sparì’
(1) v. SQUATRARI
squatrato, ‘guardato bene’
(1) v. STARI
staiu, ‘sto’
(1) v. STORCIRI
torcì, ‘torse’
(1) v. STRASCINARI> STRICARI
strascinarono, ‘trascinarono’
(1) v. SUFFRIRI
soffriri, ‘soffrire’
(1) v. SUNARI
sonò, ‘suonò’
(1) v. TENIRI
teniri, ‘tenere’
(1) v. TRINCARI
trincari, ‘bere
110
(1) v. TRUVARI
trovari, ‘trovare’
(1) v. TURNARI
tornari, ‘tornare’
(1) v. VASARI
vasato, ‘baciato’
(1) v. VASTUNIARI
vastoniava, ‘bastonava’
(1) v. VIDIRI
svidiri, ‘vedere’
(1) v. VUTARI
votava, ‘voltava’
(1) v. ZUPPICHIARI>ZUPPIARI
zuppichiava, ‘zoppicava’
(2) v. VIGGHIARI
vigliante, ‘vegliante’(2)
2.3 Alcune osservazioni sul rapporto tra la forma dei verbi e il
modello linguistico siciliano
L’inventario dei verbi ha permesso, tramite il confronto tra i diversi
modi e tempi in cui una stessa voce è coniugata, e tramite il confronto
di questi con le voci all’infinito dei dizionari, segnate in maiuscolo,
111
precedute dall’abbreviazione ‘v.’, di capire come l’autore intervenga
su ognuna singolarmente, applicando i fenomeni siciliani secondo
scelte diverse, che ritengo siano dettate fortemente dal contesto in cui
sono inserite, con particolare attenzione a come l’autore, di volta in
volta per ognuna compia scelte diverse.
Ritengo importante precisare come, fatta eccezione per poche voci,
tutti i verbi siano rintracciabili nei dizionari; non ci sono voci
lessicalmente inventate; ciò su cui l’autore effettivamente lavora sono
i diversi tratti che costituiscono le singole voci.
Lo mostrano molto bene verbi come tuppiari e spiari, ad esempio, che
presentano la base lessicale siciliana, e il morfema grammaticale in
italiano.
I verbi potìri e pèrdiri, invece, presentano il morfema lessicale in
italiano, e sono poi coniugati in siciliano, fatta eccezione per le forme
putisse e putissi, (in cui è rispettata per entrambi i morfemi la forma
dialettale), e per perdirlo, presenta il pronome atono italiano –lo,
mentre il siciliano richiederebbe –lu.
Un’analisi di questo tipo è applicabile a tutte le voci elencate, e
permette, al di là delle precisazioni di ordine morfologico, di vedere
come Camilleri reinventi il materiale lessicale a sua disposizione
vivisezionandone i costituenti.
Per quanto riguarda l’ordine che ho dato alle voci, è funzionale a
mettere in rilievo tutti i verbi, dai più utilizzati a quelli che compaiono
una sola volta.
I verbi più frequenti sono gli ausiliari, aviri ed essiri, la frequenza dei
quali è altissima, e la cui varietà è affidata alle coniugazioni, giocate
nell’alternanza tra siciliano ed italiano: avemu, aviva, haiu, ecc.,
eramu, essiri, sugnu, ecc.
112
Seguono le voci di uso comune, come vogliu (v. vuliri), pozzu (v.
potiri), vinni (v. vèniri), fazzo (v. fari), dicitimi (v. diri); anche la loro
frequenza nel testo è piuttosto alta; molto sfruttati sono anche i verbi i
cui lessemi sono evidentemente siciliani; alcuni tra i più frequenti
sono: trasiva (v. trasìri), taliò (v. taliare), spiò (v. spiari), campari (v.
campàri), nisciuto (v. nèsciri), pigliò (v. pigghiàri), susì (v. susìrisi),
travagliava (v. travagghiàri); la loro comprensione in italiano può non
essere immediata, tuttavia l’autore li inserisce sempre in contesti dai
quali dedurne il significato diventa semplice; ad es.:
[…] una trovatura che avrebbe assistimato per tutti gli anni che gli
restavano da campare la famiglia sò e i figli che ancora c’erano da
fare! […]1
[…] Salite la scalonata, trasite nel salone, di fronte c’è una porta,
sempre dritto c’è una sala e doppo ci sta […]2
[…] La taliò meglio: era bianca comu la morti, forsi il principe l’aveva
fatta imbalsamare. Voltò la testa e vitti un’altra femmina comu la
prima […]3
[…] Lo volevano fare nesciri pazzo in quella casa? […]4
[…] ma Filònia addicidì di pigliari l’iniziativa, di quel passo facevano
notte. […]5
[…] e, più che assettarsi, parse crollare a terra. […] Tutt’inzemmla, il
principe si susì e si mise a curriri. […]6
1 Il re di Girgenti, Sellerio, 2001.2 Ibid.3 Ibid.4 Ibid .5 Ibid.6 Ibid.
113
[…] “Che stai facendo?” […] “Che fazzo? Mi sto rimettendo a
travagliari”. “Eh, no. Oggi non travagli, t’arriposi. A chi vuoi pigliare
pi fissa? Vuoi doppio guadagno? […]”7
[…] “Ma pozzo almeno sapiri pirchì l’avete fatto arristari?” spiò don
Stellario. […]8
In tutti gli esempi riportati è evidente come per il lessico la
contestualizzazione sia fondamentale;
Campare, ‘vivere’ si deduce dall’argomento in cui è inserito, ossia
trovare ricchezze per mantenersi dignitosamente;
Trasire, ‘entrare’ rientra in un discorso in cui vengono date delle
indicazioni su un percorso da seguire; parlando di una stanza da
attraversare, viene spontaneo pensare che l’invito sia di entrarci;
Taliò, ‘guardare’ è reso chiaro dall’utilizzo del verbo con medesimo
significato, ma di forma diversa, che nella frase seguente occupa la
stessa posizione e ha la stessa funzione: “La taliò .. voltò la testa e
vitti..”; nel caso di nesciri pazzo, ‘usirne pazzo’ o, o pigliari
l’iniziativa, ‘prendere l’iniziativa’, si tratta di locuzioni facilmente
riconducibili all’italiano; nel caso di susirisi, ‘alzarsi’, il significato si
deduce dalle azioni descritte immediatamente prima e dopo: assettarsi,
‘sedersi’- curriri, ‘correre’; tra esse intercorre susì, travagliari,
‘lavorare’ trova trasparenza dal contrasto con il verbo arriposi,
‘riposarsi’, spiò, ‘chiese’ è il verbo che immediatamente segue una
domanda diretta; il suo significato porta a pensare al comune ‘chiese’;
rimane una sostanziosa lista di verbi la cui frequenza è limitata; tutte le
voci presenti nell’inventario sono rintracciabili nei dizionari in
dialetto, e dunque non è possibile parlare di termini di pura
7 Ibid.8 Ibid.
114
invenzione; è tuttavia possibile creare alcune categorie d’analisi
basandosi sul modo in cui Camilleri interviene sulle forme dei verbi.
Alcune voci nel testo conservano l’originario consonantismo siciliano,
ad esempio chiangiri (v. chiànciri), chiòviri (v. chiòviri), vasato (v.
vasari), vastoniava (v. vastuniari), vivirisilla (v. viviri), ma altre lo
perdono, come arravogliato (v. arrivugghiari), arripiglio (v.
arripigghiari), arrisbigliano (v. arrisbigghiari).
Così per il vocalismo, alcune conservano l’originaria forma del
siciliano, come arriciviri (v. rriciviri), circari (v. circari), livaricci (v.
livari).
La perdono invece possidiva (v. pussidiri), rivotò (v. rrivutari), soffriri
(v. suffriri), ecc.
In alcune voci il lessema è in siciliano e il morfema grammaticale in
italiano, ad esempio addunarono (v. addunarisi), ammuccare (v.
ammuccari), ammucciato (v. ammucciari).
In altre il lessema è in italiano e il morfema grammaticale in siciliano
commettiri (v. cummìntiri), conosceri (v. accanùsciri), tornari (v.
turnari).
La lista potrebbe continuare con numerosi altri esempi, ma ritengo che
i dati riportati siano sufficienti a dimostrare quello che ritengo una
costante: il trattamento del materiale lessicale da parte dell’autore sulla
base di due componenti linguistiche: il siciliano e l’italiano.
Il motivo per cui nessuna delle due prevarica l’altra credo sia la
necessità di equilibrio, un equilibrio i cui estremi sono, da un lato la
volontà e la forza di una lingua vernacola che sola può far vivere
personaggi, luoghi, eventi che ad essa e alle sue origini sono legati;
dall’altro la necessità di scegliere un modo di espressione che siano in
molti a poter capire.
115
Camilleri convoglia queste forze centrifughe in una direzione unitaria
che è linguisticamente e narrativamente sperimentale.
Il lettore, mentre impara a leggere una lingua nuova, apprende anche
la storia che questa porta con sé; la storia, nel caso de Il re di Girgenti,
ha come protagonista un contadino che, sia pure per poco, divenne re
nell’anno 1718.
L’eccezionalità del fatto porta l’autore a soddisfare due desideri:
raccontare la vicenda, e darsi l’opportunità di sfruttare una storia la cui
natura insolita potesse dare respiro ad un modo di scrivere del tutto
nuovo.
Quello che il lettore riceve è uno scheletro storico di fondo
estremamente esile, quanto esili del resto sono le informazioni
biografiche in merito ai fatti, attorno a cui è costruito un intero corpo
sia linguistico che narrativo.
I personaggi, il modo in cui ragionano, le case in cui vivono, le
persone di cui si circondano, le situazioni che creano, tutto è frutto di
una fervida inventiva che prende vita a mezzo della lingua.
È l’autore stesso a confessarlo nella nota9 a termine del libro:
[…]Tutte queste omissioni, distrazioni, tergiversazioni non fecero
che confermarmi nel proposito di scrivere una biografia di Zosimo
senza fare altre ricerche, tutta inventata.
2.4 Lista degli aggettivi in ordine decrescente di frequenza
nìvuru
nìvura\o, ‘nera\o’(4)
pòviru, disp.
povirazza, ‘poveraccia’(3)
9 Camilleri A., Il re di…, cit., p.112.
116
pòviru
poviro, ‘povero’
pricisu
pricisa\o, ‘precisa’(3)
prizziusu
priziusa\e, ‘preziosa\e’(3)
bbeni
beni, ‘bene’(2)
bbinidittu
biniditta, ‘benedetta’(2)
bbonu
bon\ bona (2)\ bono\ boni, ‘buono’
friddu
friddo\a, ‘freddo\a’ (2)
granni (inv.)
granni, ‘grande’(2)
longu
longa\ longo(2)\ longhe, ‘lunga’
nicu
nica\o, ‘piccola\o’(2)
novu
novo, ‘nuovo’(2)
rriccu
riccu, ‘ricco’(2)
siccu
sicco, ‘secco’(2)
strammu
stramma, ‘strana’(2)
strittu
117
stritta\o, ‘stretta\o’(2)
ntìfficu
‘ntifica, ‘identica’
beddru
beddro, ‘bello’
bbianchinusu
bianchigni, ‘bianchi’
bbonarma
bonarma, ‘buon’anima’
bbravu
bravu, ‘bravo’
càrricu
carrica, ‘carica’
càvudu
càvudo, ‘caldo’
chinu
chini, ‘pieni’
cuntenti
cuntentu, ‘contento’
curtu
curta, ‘corta’
dispiratu
dispirata, ‘disperata’
duçi
duci, ‘dolci’
eleganti (raro)
eleganti, ‘elegante’
fimmininu
femminine, ‘femminili’
118
filici
filici, ‘felice’
fissa (inv.)
fissa, ‘fesso’
friscu
frisco, ‘fresco’
ggiàrnu
giarno, ‘giallo’
granni, sup. it.
grannissimo, ‘grandissimo’
gravi
gravi, ‘grave’
mpurtanti
importanti, ‘importante’
lamintiusu
lamentiosa, ‘lamentosa’
leggiu
leggio, ‘leggero’
lungariùsu, lungarutu
longarioso, ‘di troppe parole’
lùcitu
lucito, ‘lucido’
luntanu
luntana, ‘lontana’
malu
mali, ‘malvagi’
marvasu
marvagio, ‘malvagio’
nicissàriu
119
necessevole, ‘necessario’
pilusu
pilusa, ‘pelosa’
chiummigno
piombigno, ‘di piombo’
pirsunali
pirsonale, ‘personale’
purcariùsu
porcazza, ‘porcaccia’
puntutu
puntuti, ‘appuntiti’
santu
santi, ‘sante’\ santu, ‘santu’
sarbàggiu
sarbaggia, ‘selvaggia’
sbinturatu
sbintorato, ‘sventurato’
scantatu
scantata, ‘spaventata’
sicuru
sicuru, ‘sicuro’
sirenu
sireno, ‘sereno’
spertu
sperto, ‘esperto’
stacciutu
stacciuto, ‘ben piazzato’
staçiuni
stascionale\i, ‘stagionale\i’
120
stazzo
stazzato, ‘corpulento’
stiddratu
stiddrato, ‘stellato’
sulu\a
sulu\ a, ‘sola’
tortu
torti, ‘storte’
tristu
tristo, ‘cattivo
trubbuliatu
trubbuliata, ‘tormentata’
uguali
uguali, ‘uguale’
ummirosu
ummirosa, ‘ombrosa’
vacanti
vacante\ i, ‘penzolanti’
vagnatu
vagnata\o, ‘bagnata\o’
2.5 Lista degli avverbi e delle locuzioni avverbiali in ordine di
frequenza
comu
comu, ‘come’(17)
macari
macari, ‘anche’(17)
accussì
121
accussì, ‘così’(11)
mancu
manco, ‘neanche’(10)
cchiù
cchiù, ‘più’(8)
assai
assà (5)\ assai (2), ‘molto’
dintra
dintra (7)\ dintr’, ‘dentro’
supra
supra, ‘sopra’(7)
darrè
darrè, ‘dietro’(6)
fora
fora, ‘fuori’(6)
addritta
addritta, ‘davanti’(4)
allatu
allato, ‘in parte’(5)
allura
allura, ‘allora’(4)
forsi
forsi, ‘forse’(4)
pirchì
pirchì, ‘perché’(5)
quasi
squasi, ‘quasi’(4)
appressu
appresso, ‘dopo, vicino, seguente’(3)
122
ccà
ccà, ‘qua’(3)
doppu
doppo, ‘dopo’(3)
tanticchia
tanticchia, ‘un po’’(3)
addinocchiuni
agginucchiuna, ‘in ginocchio’(2)
mentri
mentri, ‘mentre’(2)
sulamenti
solamenti, ‘solamente’(2)
a cavaddrotti
a cavaseddro, ‘a cavalcioni’
adàciu
adascio, ‘adagio’
all’urbisca
all’urbigna, ‘alla cieca’
armenu
armeno, ‘almeno’
darrè
narrè, ‘dietro’
luntanu
luntani, ‘lontani’
mègghiu
megliu, ‘meglio’
ncapu
‘ncapo, ‘davanti’
123
nnzèmmula
tutt’ inzemmula, ‘tutto d’un tratto’
nterra
‘nterra, ‘a terra’
ntornu
‘ntorno, ‘intorno’
nzèmmula
‘nzemmula, ‘insieme’
picca
picca, ‘poco’
prestu
prestu, ‘presto’
pròpiu
propiu, ‘proprio’
sdignusu
sdignosamente, ‘sdegnosamente’
sinu
insino, ‘fino’
spissu
spisso, ‘spesso’
stavolta
stavota, ‘stavolta’
straforu
di straforo, ‘oltre il limite’
sulu
sulo, ‘solamente’
sutta
sutta, ‘sotto’
124
tantu
tantu, ‘tanto’
unni
unn’(-)è\ unni, ‘dov’è’
Si era accennato anche a categorie cosiddette chiuse, ossia pronomi,
congiunzioni, preposizioni, che di fatto possiedono un numero ridotto
e soprattutto fisso di elementi, su cui l’autore ha avuto la possibilità di
intervenire, ma in grado sicuramente inferiore rispetto a quanto fatto
nelle categorie precedentemente prese in considerazione.
Riporto come di consueto le liste, e di seguito le osservazioni
necessarie.
2.6 Lista dei pronomi in ordine di frequenza
sò
sò, ‘loro’
sò, ‘sue’(2)
sò, ‘suo’(3)
sò, ‘sua’(16)
(i)stissu
istesso (10)\ stessu (2), ‘stesso’
nenti
nenti , ‘niente’(10)
niçiunu
nisciuno, ‘nessuno’(8)
a mmia
mia (a-), ‘a me’ (7)
ca
125
‘ca, ‘che (la quale)’(5)
ca, ‘che (le quali)
ca, ‘che, il quale’(5)
cu mmia
cu mia, ‘(con) me’ (3)
chista
chista, ‘questa’(2)
iu
iu, ‘io’(2)
mè
mè, ‘mia (2)\ mio’
nni
nni, ‘ci’(2)
nui
nui, ‘noi’(2)
‘sta
sta, ‘questa’(2)
‘stu
stu, ‘questo’(2)
tò
tò, ‘tua (2)\ tuo’
vui
vui, ‘voi’(2)
‘n
‘n, ‘in’
chi (che)
chi, ‘che cosa’
chiddru
chiddru, ‘quello’
126
chistu
chisto, ‘questo’
iddru
iddru, ‘quello’
issu
isso, ‘esso’
(i)stissa
istessa (5)\ stissa, ‘stessa’
quali
quali, ‘quale’
qualichi
qualiche, ‘qualche’
‘sti
sti, ‘questi’
ti, ‘a te’
tia
tia (da-), ‘da te’
2.7 Lista delle preposizioni in ordine decrescente di frequenza
pi’
pi’, ‘per’(8)
‘n
‘n, ‘in’(4)
cu
cu, ‘con’(3)
ni lu
ni lo, ‘nello’
pri
127
pre (- sempio), ‘per (esempio)’
2.8 Lista delle congiunzioni in ordine decrescente di frequenza
quannu
quanno, ‘quando’(31)
ca
ca, ‘che (dichiarativo)’(4)
ca, ‘perché (causale)’(4)
ppi
pi, ‘per’(4)
pirchì
pirchì, ‘perché’(4)
Osservazioni
Le categorie presentano tutte un elemento comune: l’elevato numero
di occorrenze; come già accennato il motivo di tale fenomeno è da
ricondurre al fatto che ogni categoria chiusa contempla un numero
fisso di componenti; ognuno di essi svolge una funzione e
difficilmente è possibile introdurre voci sostitutive; di qui, tre
osservazioni:
- il type talking non presenta ampia varietà linguistica,
- la possibilità per Camilleri di intervenire su ogni singola parola è
limitata, c’è poco spazio per il gioco lessicale tra italiano e siciliano.
In questo caso tuttavia, ciò che per l’autore è un limite, per il lettore è
un vantaggio, perché, anche quando si trova di fronte a forme
interamente dialettali, la loro ripetitività nel corso del testo è garante
della loro comprensione.
128
2.9 Uso dei sostantivi in dialetto e ambiti semantici
La lista dei sostantivi, ad una prima lettura, presenta il solito utilizzo
del dialetto che lascia trasparire il gioco linguistico dell’autore; questo
è messo in evidenza con più forza se si paragonano le voci in corsivo
tratte dal dizionario con quelle del testo.
La domanda che viene da porsi è: Perché Camilleri utilizza il dialetto
con diverse sfumature e diversa intensità, a seconda della parola che
sta utilizzando?
La mia ipotesi, già in precedenza sostenuta, è che spesso sia il contesto
a dettare le scelta.
Sulla base di questa supposizione, ho ritenuto interessante creare delle
categorie in cui far rientrare, secondo un criterio esclusivamente
semantico, la maggior parte dei sostantivi riportati, per poi verificare
come questi si fossero spartiti, e soprattutto, quali categorie fossero le
più ricche di termini.
Un’analisi di questo tipo non porta a soluzioni assolute, ma apre una
finestra ulteriore da cui guardare alla lingua dell’autore, e soprattutto
da cui godere di una prospettiva nuova e diversa in merito all’uso del
dialetto.
Ho individuato le seguenti categorie:
- sentimenti, atteggiamenti, stati d’animo,
- corpo, cinque sensi,
- natura,
- indumenti,
- ambito domestico,
- cibo,
- ambito giuridico,
- ambito religioso,
129
- mestieri e figure sociali,
- ambito temporale,
accnto alle voci ho riportato anche la frequenza con cui ricorrono.
sentimenti, atteggiamenti, stati d’animo
piaceri, piaciri, ‘piacere’- piniòni, piniòne\i, ‘opinione’ - pinzeri
(invar.), pinsero, ‘pensiero’- scantu, scanto, ‘spavento’(3)
cuscenza, cuscenzia, cuscenzia, ‘coscienza’ - prudènzia, prudenzia,
‘prudenza’ - rraggia, raggia, ‘rabbia’(2)
‘tinzioni, ‘ntinzioni, ‘intenzione’ - adenzia, adenzia, ‘cura’ -
cuntintizza, cuntintizza, ‘contentezza’ - dulìa, duluri, ‘rammarico’ -
amprissioni, impressioni, ‘impressione’ - fatìa, faticazza, ‘faticaccia’
(dispreg.) - ntinzioni, intenzioni, ‘intenzione’ - onuri, onori, ‘onore’ -
pinzata, pinsàta, ‘pensata’ - equilìbbriu, quilibrio, ‘equilibrio’-
schifiu, schifiu, ‘schifo, sdegno’ - stanchizza, stanchizza, ‘stanchezza’
(1)
corpo
vuci, voci, ‘voce’ – vucca, vucca, ‘bocca’ (8)
spaddra, spalli, ‘spalle’ (7)
vrazzu, vrazza, ‘braccia’ – schina, schina, ‘schiena’ – çiatu, sciato,
‘fiato’ (4)
gamma, gambi, ‘gambe’- panza, panza, ‘pancia’ (2)
cugghiuni, cugliuna, ‘coglioni’ – coddru, coddro, ‘collo’- cori, cori,
‘cuore’ - lagrima, lagrimi, ‘lacrime’ - mìnchia, minchia, ‘organo
maschile riproduttivo, volg. cazzo’ - minchiàta, minchiata, ‘cosa
stupida’ - minna, minne\i, ‘seno’- mòccuru, moccaro, ‘muco’ - nasca,
nasche, ‘narici’ -çiàuru, sciauro, ‘sapore’ – spàcchiu, spacchio,
‘liquido seminale’ - vrazzu, vrazzo, ‘braccio’- asciddra, asceddra,
130
‘ascella’ - chianti, chianti, ‘pianti’ - duluri, dulura, ‘dolori fisici’ -
facci, facciazza, ‘faccia’ (dispreg.) - fami, fami, ‘fame’ - frunti, fronti,
‘fronte’ - fùncia, funcia, ‘faccia imbronciata’ - gargia, garge, ‘guance’
- arìcchia, grecchie, ‘orecchie’ - liccata, liccatura, liccata, ‘leccata’ -
parmu, parmo, ‘palmo’ - pidata, pidate, ‘pedate’ - pila, pila, ‘peli’ -
pidata, pidate, ‘pedate’ - pisciazza, pisciazza, ‘piscio’ - rrisu, risu,
‘riso’ - bbrazzu, vrazzu, vrazza, ‘braccia’- da sciusciàri, sciusciata,
‘soffiata’- simènza, simenza, ‘semenza’ - sputazza, sputazza, ‘saliva’ -
vuci, vuci, ‘voce’(1)
natura
cavaddri, cavaddro \ i, ‘cavalli’(32)
àrbo, àrbulu
àrboli, ‘alberi’ (12)
auliva, aulive, ‘olive’ - morti, morti, ‘morte’- vestia, vestia, ‘bestia’ (4)
lignu, ligno, ‘legno’ - sbalancu, sbalanco, ‘dirupo’ (3)
catàfaru, catafero, ‘cadavere’ - creatura, criature, ‘creature’ -
màrmaru, màrmaru, ‘marmo’- petra, petri, ‘pietre’ - sceccu, scecco,
‘asino’ (2)
agniddru, agniddruzzo, ‘agnellino’- aulivu, aulivo, ‘olive’ - carni,
carni, ‘carne’ - carruba, carrube, ‘frutti a forma di bacelli, legnosi e
dolciastri’- celu, celu, ‘cielo’ - chiuvùta, chiuvùta, ‘piovuta’ - filìnia,
filinie, ‘ragnatele’- focu, foco, ‘fuoco’ - furmìcula, formicole,
‘formiche’ - gaddrina, gaddrina, ‘gallina’ - ggersuminu, girsumino,
‘gelsomino’- milinciàna, milanciani, ‘melanzane’ - porcu, porcu,
‘porco’ - piru, piro, ‘pero’ - salamòria, salamoria, ‘salamoia’ - çiumi,
sciume, ‘fiume’ - timpa, timpe, ‘luogo un po’ elevato’ - sirènu, sireno,
‘rugiada’ - valli (sing.), vallunate, ‘vallate’ (1)
131
ambito temporale
iurnata, jornata\ e, ‘giornata’ - notti, notti, ‘notte’(6)
sira, sira, ‘sera’ (3)
duminica, duminica, ‘domenica’ - iòrnu, jorna\o, ‘giorni\o’ - ora,
orata\ ori, ‘ora’ (2)
nvernu, ‘nvernu, ‘inverno’ - aieri, aieri, ‘ieri’- arba, arba, ‘alba’ -
dumani, dumani, ‘domani’ - matinu, matina, ‘mattina’- matinata,
matinata, ‘mattinata’- matinu, matino, ‘mattino’ - misi, misi, ‘mesi’ -
natali, natali, ‘natale’ - nuttata, nuttata, ‘nottata’ - simana, simanata,
‘settimana’ (1)
indumenti
cammisa, cammisa, ‘camicia’ (8)
camicetta, camicetta, cammisetta, ‘camicetta’ - causùna, cauzuna,
cazùna, ‘calzoni’- ggileccu, gilecco, ‘panciotto’ - scarpi, scarpi,
‘scarpe’ - villutu, villuto, ‘velluto’- visazza, visazze, ‘grandi tasche’
(1)
ambito giudiziario
avvucatu, abbocato, ‘avvocato’- carta, carti (d’abbocato), ‘carte
giuridiche’ - ddoviri, doveri, ‘dovere’- iùdici, judice, ‘giudice’ -
ggiudìzziu, juicio, ‘giudizio’ - liggi, liggi, ‘legge’ (1)
ambito religioso
Signori, Signuruzzu, ‘Signore’ (dimin.) (5)
Ddiu, Diu, ‘Dio’ (3)
Arma, arma, ‘anima’ - Priera, priera\e, ‘preghiera\e’- Signori, Signori,
‘Signore’ (2)
132
anima, animi, ‘anime’ - armuzza, animuzza, armuzza, ‘piccola anima’-
avimmaria, avimmaria, ‘Ave Maria’- fantàsima, fantasima, ‘fantasma’
- nfernu, infernu, ‘inferno’- madunnuzza, Madunnuzza, ‘madonnina’ -
paradisu, paradisu, ‘paradiso’ - piccatu, piccato, ‘peccato’ - priatòriu,
Priatoriu, ‘Purgatorio’ - prucissioni, processioni, ‘processione’ (1)
mestieri
cammareri, cammarera\i, ‘cameriera\e’ - capu, cammareri,
capocammareri, ‘capocamerieri’(4)
buttana, buttana\ -azza, ‘prostituta’ - carcarazzu, carcarazzo,
‘carceriere’ - iurnataru, iurnateri, jornatante, ‘lavoratrice giornaliera’ -
marinaru, marinaro, ‘marinaio’ - scarparu, scarparo, ‘calzolaio’-
sutta- cammareri, sottocammareri, ‘sottocameriere’ (1)
ambito domestico
càmmara, càmmara, ‘camera’ (8)
bbagliu, baglio, ‘cortile’- putruna, putruna, ‘poltrona’- steri, steri,
‘costruzione, stabile’ (3)
armuaru, armuar, ‘armadio’- bbutti, botti, ‘botte’ - buccali, bucale,
‘boccale’ - pagliàru, pagliaro, ‘pagliaio’- salùni, saloni, ‘salone’ (2)
cannata, cannata, ‘vaso che contiene l’acqua’- cantaru, cantaro,
‘barile, catino’- capezzali, capizzale, ‘capezzale’- casciuni, cascione,
‘cassone, baule’- cicalata, cicarata, ‘tazza’ - cumpanaggiu,
companaticu, ‘companatico’- cuteddro, cuteddro, ‘coltello’ - lettu,
lettu, ‘letto’- linzòlu, linzòlo\ -letto, ‘lenzuoletto’ - littica, littìca,
‘lettiga’ - porta, porti, ‘porte’ - seggia, seggia, ‘sedia’- torcia, torci,
‘torce’ - varrili, varilotto, ‘barilotto’ (1)
133
cibo
pani, pani, ‘pane’(2)
calatina, calatina, ‘boccone di cibo’ - sarduzza, sarduzza, ‘sardina’ -
sasizza, sasizza, ‘salsiccia’ (1)
categorie sociali
òmu
omo, ‘uomo’ (30)
fimmina
fimmina, ‘femmina’ (9)
mugghièri, mogliere\i, ‘moglie’ - zianu, zù, ‘zio’ (7)
pirsune, pirsone, ‘persone’(6)
òminu, òmini, ‘uomini’- patroni, patrone, ‘padrone’ (5)
picciriddru, picciliddro\i, ‘piccolo\i’- principi, principi, ‘principe’ (4)
nicareddu, nicareddro, ‘bambino piccolo’- picciotteddru,
picciotteddro, ‘piccolo, giovane’ - pòviru, poviro, ‘povero’-
principessa, principissa, ‘principessa’- signora, signura, ‘signora’ (2)
compari, cumpari, ‘compare’- fimmininu, femminina, ‘femminile’-
màsculu, màscoli, ‘maschi’- niputi, niputi, ‘nipoti’- pòviru, povirazzo,
‘poveraccio’ (dispreg.) - soru, soro, ‘sorella’ (1)
altri
travagghiu, travaglio, ‘lavoro’ (7)
fanci, falci\ fanci, ‘falce’ - tarì, tarì, ‘soldo pari a 0,425 L’(6)
ggenti, genti, ‘gente’ (5)
locu, loco, ‘luogo’ - mancinu, mancino, ‘sinistro’ - onza, onza\e,
‘soldo\i’- signu, signo, ‘segno’ (4)
nnomu, nomu, ‘nome’ - òpira, opira, ‘opera’ - dritta, dritta, ‘destra’
(3)
134
canzona, canzuna, ‘canzone’ - catina, catina, ‘catena’- càuci, cavucio,
‘calcio’- curruta, curruta, ‘corsa’- filu, filu, ‘filo’- antìficu, ntificu,
intifica, ‘identica’- lìcutu, liquito, ‘liquido’- offesa, offisa, ‘offesa’-
strata, strata, ‘strada’- tranellu, trainello, ‘tranello’- vota, vota,
‘volta’(2)
nzinga, ‘nziga, ‘segno’ - acchianata, acchianata, ‘salita’ - addimanna,
addimanda, ‘domanda’ - bburdellu, burdello, ‘bordello’- caminu,
camino, ‘cammino’- cunviniènzia, convenienzia, ‘convenienza’- còriu,
còrio, ‘cuoio’- cutiddrata, cortellata, ‘coltellata’ - curpa, culpa, ‘colpa’
- cursa, cursa, ‘corsa’- dimanna, dimanna, ‘domanda’ - dispiratu,
dispirato, ‘disperato’ - fetu, fietu, feto, ‘fetore’- fèu, Feudu, ‘feudo’-
fracchiata, fracchiata, ‘grande quantità’- grannizza, grannizza,
‘grandezza’ - spiccicata, impiccicate, ‘attaccate’ - iòcu, joco, ‘gioco’-
lazzu, lazzi, ‘lacci’- lunghezza, longhizza, ‘lunghezza’- magarìa,
magarìa, ‘presa in giro’ - mali, mali, ‘male’- mmalidittu, mallitto,
‘maledetto’ - maravìgghia, maraviglia, ‘meraviglia’ - micìdiu, micidio,
‘omicidio’ - nìvuru, nìvuro, ‘nero’- paci, paci, ‘pace’- paìsi, paisi,
‘paese’ - para, para, ‘serie’- paragoni, paragoni, ‘paragone’- paru,
paro, ‘pari’ - parola, paroli, ‘parole’- parti, parti, ‘parte’- passiata,
passiate, ‘passeggiate’- pirtusu, pirtuso, ‘pertugio’- popolazioni,
popolazioni, ‘popolazione’ - posizioni, posizioni, ‘posizione’ -
possibili, possibili,’possibile’- presenza, presenzia, ‘presenza’ - puntu,
puntu, ‘punto’ - pupu, pupo, ‘burattino’- rretina, retini, ‘redini’-
rricchizza, ricchizza, ‘ricchezza’- rricchizzi, ricchizzi, ‘ricchezze’ -
rriccu, riccu, ‘ricco’- rringàzziu, ringrazio, ‘ringraziamento’- rrobba,
robba, ‘roba’ - rrumurata, rumorata, ‘rumore’ - rruvina, ruvina,
‘rovina’- sacchiteddu, sacchitello, ‘sacchetto’- sarbamentu,
sarbamento, ‘salvataggio’ - sarbataggio, ‘salvataggio’- sbintura,
sbintura, ‘sventura’- scaggiuni, scascione, ‘cagione’- scinnuta,
135
scinnuta, ‘discesa’- da çiaurari, sciurerie, ‘sapori’ - çiauru, sciuri,
sapori’- scòncica, scòncica, ‘presa in giro’ - scutuluni, scutuluna,
‘scossoni’ - esèmpiu, sempio, ‘esempio’ - scherzu, sgherzo, ‘scherzo’-
sentenzia, sintenzia, ‘sentenza’ - sonu, sono, ‘suono’ - sustanza,
sostanzia, ‘sostanza’ - stizza, stizzi, ‘schizzi’ - strunzu, strunzu,
’stronzo’- tesòru, tesauro, ‘tesoro’- trasuta, trasuta, ‘entrata’ -
tuppiari, tuppiata, ‘bussata’ - ummira, ùmmira, ‘ombra’ - vastunata,
vastuniate, ‘bastonate’ - veru, veru, ‘vero’ - vicenda, vicenna,
‘vicenda’ (1).
L’ultima categoria, denominata “altri”, contiene tutte le voci che non
rientravano semanticamente in quelle precedenti; in realtà in essa sono
contenuti termini che potrebbero insieme costituire altri gruppi
semantici, come ad esempio, (tarì) tarì, ‘soldo pari a 0,425 L’ (6),
(tesòru) tesauro, ‘tesoro’ e (onza) onza\e, ‘soldo\i’(4), fanno tutte
riferimento al denaro. Tuttavia, il mio intento nel creare questi gruppi
era mettere in evidenza come in alcuni ambiti l’uso del dialetto da
parte dell’autore sia più consistente che in altri.
Categorie semantiche come “natura” e “corpo” presentano una lista
ricca e molto varia, non solo, anche il type talking risulta
estremamente differenziato, basti notare come siano diffusi i sinonimi.
Ad esempio facci\ funcia, per indicare il viso, simenza\ spacchio, con
riferimento al liquido seminale, ed altri; questo a dimostrazione che
l’uso del dialetto, non solo è diffuso, ma anche studiato accuratamente.
Tutti gli ambiti semantici citati, inoltre, a mio avviso sono collegati tra
loro perché appartengono ad una sfera, che è quella della vita
dell’individuo; una sfera quotidiana, di un individuo medio, qualsiasi.
Il dialetto insomma, non fa altro che rendere dei termini che già sono
conosciuti, più familiari, cosicché il lettore possa liberamente
136
prenderne possesso e sentirsi descritto, assieme al protagonista, dalle
parole dell’autore.
2.10 Osservazioni su sostantivi, aggettivi, avverbi, tra conservazione
ed innovazione
Analizzando le liste delle tre categorie, è possibile una prima
osservazione di ordine generale: il modo di trattare ogni voce è lo
stesso che abbiamo visto già utilizzato per i verbi, ossia, ci sono
termini in siciliano, ma la maggior parte di questi sono termini in cui è
evidente l’interazione tra lingua e dialetto; anche in questo caso è
semplice verificare il fenomeno grazie al confronto con le voci
dialettali tratte dai dizionari.
Interessante spunto d’indagine ritengo sia un testo, intitolato
Innovazione e conservazione nelle lingue10, da cui ho attinto i dati per
creare la tabella a seguire, in cui viene affrontata la questione
dell’italianizzazione lessicale dei dialetti siciliani.
L’autore del saggio 11, Giovanni Tropea, raccoglie un inventario di
termini in siciliano, mettendone a confronto la forma arcaica, quella
innovativa e quella italiana; di qui emerge come il dialetto vada
sempre più uniformandosi alla lingua standard, con una conseguente
perdita della tradizione lessicale.
non si dimentichi che il siciliano è frutto di numerosi influssi
linguistici stratificatisi nel tempo, si pensi al susseguirsi di
10 Innovazione e conservazione nelle lingue, Atti del Convegno della Società Italiana di Glottologia, a cura di Vincenzo Orioles, Messina 9-11 Novembre 1989, Giardini Editori e Stampatori in Pisa, 1991.11 Giovanni Tropea, Su alcuni aspetti dell’italianizzazione in Sicilia, contenuto negli Atti del convegno della Società Italiana di Glottologia, cfr. nota prec.
137
dominazioni straniere: arabe, normanne, spagnole, ecc. che hanno
certamente dato il loro contributo.
Tra le voci analizzate dall’autore del saggio, alcune facevano parte
anche dell’inventario dei verbi, sostantivi, aggettivi ed avverbi de Il re
di Girgenti; ho ritenuto utile aprire una piccola parentesi per capire se
le scelte lessicali di Camilleri attingano dalle forme tradizionali
siciliane, da quelle innovative, o da entrambe.
FORMA ITALIANA
FORMA DI CAMILLERI
FORMA TRADIZIONALE
FORMAINNOVATIVA
Accorgersene s’addunò\ s’addunarono
mintirisinn’addùnu
accurgirisìnni
Armadio della stanzada letto:
armuàr muàrra armàdiu
Bestemmiare: santianno Santiàri bbistimiàri
Bruciare: abbrusciato mèntir’ô luci abbruçiàri
Chiedere per sapere:
spiò spiàri addumannari
Cominciare, avere inizio
principiari principiàri ncuminciàri
Girare: firriò furriàri ggirari
138
Lamentarsi: lamentiosa (agg.)
lastimiàrsi lamintàrisi
Rispondere a chi chiama a voce:
arrispose dari cuntu arrispùnniri
Eccessivamente magro:
siccu fracco siccu
Gilè: gilecco ggileccu ggilè
La buonanima:
bonaria A santarma a bbonànima
Un poco: canticchia antìcchja\ tanticchja
m-pocu
L’estate stati A staçiuni A stati
Marmo: marmaru mmàrmuru mmarmu
Pantaloni: cazùna càuzi\ càusi pantaloni
Puzzo: feto fetu puzza
Zii: zù zziànu zziu
Adagio: adascio allèggiu piànu\ adàggiu
139
Almeno: armeno tìntu tìntu armenu\ ammenu
Dopo: doppo ntoppu ddoppu
Spesso: sempri paru sempri
Gli esempi riportati mostrano come Camilleri si muova all’interno
delle possibilità lessicali offerte dal dialetto passando continuamente
dalla forma tradizionale a quella innovativa continuamente.
In questo interessante gioco di alternanze non credo le scelte siano
state fatte ragionando sulla natura dei termini, e spesso nemmeno sulla
loro trasparenza e comprensibilità immediata; bastino, tra i tanti, gli
esempi di: càuzi\ pantaloni\ cazùna, o di principiàri\ ncuminciàri\
principiàri, in cui l’autore dimostra di preferire la forma tradizionale.
Nemmeno le difficoltà della resa grafica del dialetto, in certi casi lo
fanno optare per una più semplice soluzione, anche se rimangono gli
influssi dell’italiano, soprattutto nei morfemi grammaticali.
Il timore dell’autore del saggio sull’incombente italianizzazione delle
forme dialettali, con Camilleri per certi aspetti cade; questo perché
sicuramente siamo di fronte ad uno scrittore la cui conoscenza e
coscienza del proprio dialetto è ben salda, e di conseguenza possiede
sia il linguaggio della tradizione, che quello dell’innovazione, e ciò
che più conta, li sfrutta entrambi.
140
3. Lo spagnolo ne Il re di Girgenti
Di fronte ad un testo linguisticamente sfaccettato è lecito agevolare la
comprensione tramite la semantica; il supporto dato dal significato
delle parole, il racconto insomma, spesso e volentieri è il mezzo
attraverso cui il lettore può aiutarsi ad affrontare la lingua di Camilleri.
A maggior ragione questo è necessario nel momento in cui, assieme al
siciliano ed all’italiano sono presenti altre lingue; nella fattispecie, Il
re di Girgenti presenta nella parte iniziale la presenza della lingua
spagnola.
Ritengo interessante aprire una piccola parentesi su questa scelta.
Ne Il re di Girgenti l’autore compie una scelta lessicale che già in
un’altra occasione aveva intrapreso, quella cioè di far parlare dei
personaggi di origine diversa da quella italiana con la loro lingua.
Basti ricordare il protagonista de Il birraio di Preston, il cui tedesco
emergeva dalla pagina risultando estremamente chiaro al lettore; anche
ne Il re di Girgenti viene dato un brevissimo esempio di questo modo
di sfruttare la lingua, nel passo in cui una monaca dice: “Kosa tofere
noi fare?”1. Rispetto allo spagnolo tuttavia, qui sono la grafia e la
disposizione degli elementi nella frase a risentire di manipolazioni da
parte dell’autore, non il lessico, come accade per lo spagnolo.
Sicuramente il tedesco risulterebbe meno trasparente e comprensibile,
se venissero sfruttati termini in lingua.
Si può dire che il modo di utilizzo sia diverso, ma lo scopo sia il
medesimo, nell’usare la via della caratterizzazione linguistica dei
personaggi.
1 Camilleri A., Il re…, cit. p.112.
141
Tralasciando il tedesco, in merito allo spagnolo sono necessarie due
precisazioni.
La prima consiste nell’osservare che il suo utilizzo è confinato
esclusivamente ai luoghi del racconto in cui sono presenti dei
personaggi spagnoli, e questo sia che si tratti di dialoghi, sia che si
tratti di azioni o pensieri ad essi riferiti; di qui si intuisce che la lingua,
come spesso accade in Camilleri, è lo strumento principale attraverso
cui delineare un personaggio, la sua realtà, la sua visione del mondo.
La seconda precisazione consiste nel mettere in evidenza come,
nonostante l’autore sfrutti abbondantemente un mezzo d’espressione
diverso dall’italiano, comunque quest’ultimo rimanga sempre lo
strumento principe nella struttura del racconto; con questa
affermazione intendo dire che, come accade anche nel rapporto tra
italiano e siciliano, la sintassi rimane sempre ancorata ai modelli della
lingua nazionale standard, e che solo dal punto di vista lessicale la
partita viene giocata a due mani.
Nel corso della lettura, infatti, non incontreremo dialoghi o parti
narrative scritte totalmente in lingua spagnola, ma parti di testo in cui
l’autore sfrutta lo spagnolo intrecciandolo all’italiano cosicché il
lettore possa ricevere da un lato, il piacere di una lettura varia,
stimolante, dato che incontra termini a lui nuovi, dall’altro, la
sensazione rassicurante della lingua madre sempre presente, anche se
in modo discreto e probabilmente studiato ad arte.
Mi è sembrato utile raccogliere una serie di esempi che riuscissero a
supportare le precisazioni sopra riportate.
Il primo esempio riguarda un dialogo tra un personaggio che
solitamente si esprime in siciliano, don Stellario e il duca Sebastiano
Vanisco Pes y Pes:
142
Voi, Capitano, siete un hombre che ha cerebro. Avete capito muy bien.
Sono stati Hortensio e Honoris a efectuar la detenciòn di Gisuè.
Effettuare l’arresto? Ma arristari la genti era cosa sò, non del duca.
Don Stellario s’arraggiò tanto che usò paroli spagnoli.
Tra detenciòn y sequestro c’è una bella diferencia, signor duca.
[…]
No aquì. Yo estoy informado. Per una ley del milletrecentodue, i
principi Pensabene di Baucina hanno diritto di alta e bassa justicia
nelle loro proprietades. Pues, essendo yo heredero del principe, ho la
misma podestad. Claro?.
Ma sono più di quattrocento anni che i Pensabene non hanno esercitato
questo diritto!.
Non fa importancia. La podestad non è stata brogada, cancellata. Se
voi, signor Capitano, avete qualche duda, dubbio, potete presentare la
cuestiòn al viceré.2
Il secondo esempio riguarda una parte interamente narrativa volta a
riportare i ragionamenti del duca Sebastiano Vanisco Pes y Pes:
[…] se el condenado avesse detto di sì alla propuesta, cuando avrebbe
dovuto anunciar a donna Isabella che doveva yacer con un hombre che
non era su esposo? Sul fatto che la duchessa, por fuerza o por razòn, si
sarebbe chinata alla sua voluntad, non aveva duda alguna, ma donna
Isabella avrebbe por certo llorado, rogado, gritado, insomma fatto
ruido, strepito, e questo era da evitar. Poi sorrise e si diede
dell’estùpido: anche se Isabella avesse fatto derrumbar i muros della
quinta con i suoi gritos, nadie l’avrebbe sentita. […].3
2 A.Camilleri, Il re di Girgenti, Sellerio Editore, Palermo, 2001, pp.66-67.3 Ibid, pp.96- 114.
143
Per quanto riguarda la sintassi è chiaro come venga mantenuta la
struttura tipica della lingua standard; lo si nota in entrambi gli esempi:
nel primo si guardi la disposizione degli elementi nelle frasi, e la
consequenzialità tra frasi principali e subordinate: sono rispettate
completamente le regole dell’italiano; nel secondo si noti il costrutto
ipotetico, in cui sono mantenuti i verbi ai modi e tempi dell’italiano, e
sono rispettate le regole della consecutio temporum.
A livello lessicale, le osservazioni sono più d’una:
- a mezzo di dizionari4 in lingua ho constatato che i vocaboli presenti,
sono effettivamente forme spagnole, tuttavia non è difficile la loro
comprensione, grazie soprattutto al giusto rapporto tra termini in
italiano e termini in spagnolo;
- ci sono dei termini a cui è posta di seguito la traduzione: ruido,
‘strepito’, borrada, ‘abrogata’, duda, ‘dubbio’; forse l’autore non
riteneva avessero la trasparenza di tutti gli altri; tuttavia risolve
l’inconveniente dell’impossibilità di comprensione immediata in modo
molto sottile, ossia la traduzione segue immediatamente il termine, lo
spiega subito, pur perdendosi nel flusso del discorso, rendendosi
impercettibile;
- i diversi modi espressivi si alternano in modo molto fluido, entrando
uno nell’altro creando così un’unica coltre espressiva molto ricca e
colorita; anche quando i protagonisti spagnoli escono di scena, l’autore
non interrompe bruscamente l’uso della loro lingua, ma la fa sfumare
nel flusso del racconto.
Riporto il passo in cui è raccontata la loro uscita di scena:
4 Marìa Moliner, Diccionario de uso del español, Editorial GREDOS, Madrid, 1977\ S. Carbonell, Dizionario fraseologico completo italiano- spagnolo, spagnolo- italiano, Editore Ulrico Hoepli, Milano, 1977.
144
[..] L’ordine che il duca gli aveva in primìsi dato era stato quello di
chiuderla e mandare a casa il personale, la servidumbre, come diceva
lui. [..] Don Sebastiano aderì alla proposta, nelle parole di Don Aneto
colse la possibilità di potersi sbarazzare, ogni tanto, di quella scassa
cojones che era diventata la su mujer. E accussì don Aneto salvò il
pane della servidumbre.
Nel passo riportato l’italiano e il siciliano ricominciano la loro partita
a due mentre lo spagnolo sfuma, essendo terminate le necessità, in
primo luogo letterarie, che lo avevano chiamato in causa;
personalmente ritengo che la forte complicità che le tre lingue riescono
ad assumere nel racconto sia dovuta anche dal fatto che la lingua
spagnola era venuta in contatto con la cultura dell’isola durante il
periodo delle dominazioni, influenzandone molto il lessico.5
Parole come:
Abbuccari> abocar, ‘abboccare, cadere in un tranello’, Nzirtari>
encertar, ‘indovinare’, Zita> cita, ‘fidanzata’, e molti altri sono
comunemente usati nel dialetto siciliano, pur avendo diversa origine.
È probabile che anche questo precedente concorra a favorire la
commistione tra siciliano e spagnolo, data l’evidente complicità
linguistica che emerge dalla pagina. Inoltre non è da sottovalutare il
lavoro studiato e pensato dell’autore che sicuramente ha piegato
entrambi i suoi strumenti linguistici alle sue esigenze letterarie.
5 A questo proposito cito un testo molto interessante, nonché caratteristico, tratto da un sito internet www.linguasiciliana.org. Scritto completamente in siciliano, ripercorre la storia delle varie dominazioni succedutesi nella storia della Sicilia, e per ognuna riporta una lista di termini che il siciliano ha fatto propri arricchendo il proprio lessico.
145
Qui segue una lista delle voci spagnole: la loro analisi porta ancora
una volta ad escludere la possibilità che nelle pagine di Camilleri ci
siano termini di pura invenzione; anche in questo caso però, l’autore
non inventa nulla, usa gli strumenti che possiede.
Alguna, ‘alcuna’
Anunciar, ‘annunciare’
Aquì, ‘qui’
Bien, ‘bene’
Brogada, ‘abrogata’
Cerebro, ‘cervello’
Claro, ‘chiaro’
Condenado, ‘condannato’
Cuando, ‘quando’
Cuestiòn, ‘questione’
Derrumbar, ‘tremare’
Detenciòn, ‘detenzione’
Diferencia, ‘differenza’
Duda, ‘dubbio’
Efectuar, ‘effettuare’
Esposo, ‘sposo’
Estoy, ‘sto’
Estùpido, ‘stupido’
Evitar, ‘evitare’
Fuerza, ‘forza’
Gritado, ‘gridato’
Gritos, ‘grida’
Heredero, ‘erede’
Informado, ‘informato’
146
Justicia, ‘giustizia’
Ley, ‘legge’
Llorado, ‘pianto’
Misma, ‘minima’
Muros, muri’
Muy, ‘molto’
Nadie, ‘nessuno’
Hombre, ‘uomo’
Podestad, ‘potestà’
Por, ‘per’
Proprietades, ‘proprietà’
Propuesta, ‘proposta’
Pues, ‘posso’
Quinta, ‘casa’
Razòn, ‘ragione’
Rogado, ‘pregato’
Ruido, ‘strepito’
Voluntad, ‘volontà’
Y, ‘e’
Yacer, ‘dividere il letto’
Yo, ‘io’
4. LA LINGUA E LE STRATEGIE NARRATIVE NE
IL RE DI GIRGENTI
Come già spesso ribadito, Il re di Girgenti è un romanzo in cui
siciliano ed italiano stanno sullo stesso piano.
Ci sono, come si è visto, i presupposti per condurre un’analisi a livello
fonologico, morfologico, lessicale del testo perché il materiale su cui
147
lavorare è copioso, ma esistono anche i presupposti per un’ analisi su
quella che definirei l’organizzazione del testo.
Non si tratta di una ricerca sulla sintassi, ma su alcuni “modi di
impostare” frasi, periodi, interi capitoli.
Nel romanzo infatti, sembra questi abbiano un fondo di sistematicità,
possano dirsi pensati e creati per rispettare una certa armonia
all’interno del testo. Quando Camilleri dichiara i motivi per cui sceglie
una determinata lingua, parla di immediatezza, e familiarità;
sicuramente ciò che arriva al lettore racchiude questi presupposti, ma
probabilmente, la strada per raggiungere tale obiettivo da parte
dell’autore è molto lunga, dettata da precisi criteri. Il risultato di
questa scelta è una forte letterarietà.
Qui potrebbe essere utile ricordare ciò che sosteneva Nunzio La Fauci,
quando parlava della funzione di tragediatore.
Tutto quello che viene raccontato, è scritto in quel modo proprio
perché quel modo l’autore ritiene adatto ad esprimere ciò che vuole
raccontare.
Avvalersi di esempi, a questo punto, è necessario.
La categoria spazio- temporale segue un’impostazione ricorrente
molto simile ad una formula:
es.:
[…] verso il primo doppopranzo del 20 giugno del 1670 6
[…] Allo venti di dicembiro di quell’anno asciutto 7
[…] Allo venti di dicembiro don Aneto8
6 Il re di Girgenti, pp.132.7 Ibid. pp.169.8 Ibid. pp.173.
148
[…] la matinata della prima jornata dell’anno novo 9
[…] il giorno sei di ghinnaro10
[…] il diciannove di majo del terzo anno di siccità11
[…] La matina del deci di ottobiro del milli e settecento e tridici12
Questi sono alcuni incipit di paragrafi nel corpus del testo; l’autore
specifica sempre la data dei giorni che rappresentano un punto di
svolta nella storia che racconta.
Questa cura per il particolare temporale assume anche forme molto più
impegnative, ad es.:13
A ghinnaro, frivaro e marzo si chiantano viti, sommacco, patati […]
Ad aprili, majo e jugno s’azzappa il sommacco, si sarchia e si netta il
frumento […]
A luglio, austu e settemviro si siminano cavolifiori, broccoli […]
A ottobri, novembiro e dicembiro si piantano agli, cipuddre […]
I passi ricordano molto l’impostazione delle filastrocche popolari:
l’incipit anaforico, i mesi divisi a seconda della semina, il lessico
siciliano, tutto rientra in uno schema prestabilito.
Ci sono altri punti nel racconto in cui l’autore spinge le potenzialità
della lingua oltre la normale funzione narrativa. Ciò che potrebbe
essere espresso in modo semplice, lineare, assume invece un
andamento diverso, asseconda le linee curve di un linguaggio
letterario, pensato.
9 Ibid. pp.174.10 Ibid. pp. 176.11 Ibid. pp.182.12 Ibid pp.329.13 Ibid. pp.167-168.
149
Si tratta di luoghi della narrazione dal contenuto forte, decisivo per lo
svolgimento della storia.
La nascita del protagonista, Zosimo, ad esempio a mio parere è un
esempio molto eloquente di quanto appena sostenuto:
il dolore era forte e Filònia si mise a fare voci, tanto era sola. A questo
punto le s’avvicinò tutto l’armalume che consisteva in un cane
randagio che s’era allocato in casa e che tutti chiamavano, senza
fantasia, “u cani”, in una capra girgentana, alta e grossa, di lungo
pelame marrò, con due corna di liocorno e grandi minne scure, in
quattro galline bianche. Il gallo nero invece si mise a passiare
nervosamente avanti e narrè. […]
Sulla mano mancusa le cadì una cosa càvuda e tonda, era un ovo che
una gaddrina le stava regalanno. A occhi chiusi, Filònia ci fece un
pirtuso con una pietra nica e se lo sucò. Poi sentì che il sole le
scompariva dalla faccia. Raprì gli occhi: la capra girgentana gli si era
messa supra e teneva le minne all’altezza della sua vucca. Filònia isò
le mani, la mungì, e il latte cavudo cavudo le trasì dritto nella gola.
Quando la capri se ne andò, vide che u cani aveva leccato il
picciriddro e l’aveva puliziato tutto. Ebbe un’altra contrazione e le
venne fora “a mamma”, la placenta. U cani se la mangiò. 14
Leggendo questo passo si ha l’impressione di assistere ad un rito
d’iniziazione, ad un rituale cui partecipano la donna che mette al
mondo un figlio e la natura ad essa circostante. Ogni gesto è
raccontato nel suo lento svolgersi, gli animali sono raccontati come
fossero anch’essi protagonisti; tutti con delle particolari e
imprescindibili caratteristiche fisiche, tutti con un ruolo definito
all’interno del rito.
14 Ibid pp. 133-134.
150
Non ci sarebbe lo stesso senso di partecipazione, di familiarità,
tuttavia, se la lingua non fosse miscelata al dialetto in modo sapiente.
Inizialmente l’italiano prevale sul siciliano; è come se al momento
descritto il lettore dovesse avvicinarsi con cautela, osservandolo solo
dall’esterno. Poi il rapporto muta: le galline diventano “gaddrine”, un
cane diventa “u cani”, la capra diventa “la capri”, ogni gesto di Filònia
diventa lento e solenne, “isò”, “mungì”, “trasì”.
Il rapporto tra lingua e dialetto è cambiato, l’autore l’ ha capovolto
permettendo al lettore di entrare a far parte del momento descritto.
Un esempio di questo lento accesso alla narrazione per mezzo della
lingua è anche il passo in cui viene descritta la morte del protagonista.
Condannato all’impiccagione, giunge al patibolo lentamente; ogni
passo è vissuto partendo da due punti di vista di cui il lettore è reso
partecipe attraverso la lingua.
Da un lato il narratore, che dall’alto descrive ciò che si vede, e per
farlo sfrutta il solito impasto linguistico, caratterizzante tutto il
racconto; dall’altro, è il protagonista stesso ad esprimere e descrivere
il momento che sta vivendo, anch’esso sfruttando una forma
linguistica miscelata, in cui tuttavia il tratto dialettale è molto più
evidente e diffuso.
Lo stesso carattere della scrittura evidenzia le due prospettive; la prima
mantiene i caratteri standard, la seconda ricorre al corsivo.
L’aquilone che Zosimo costruisce prima di essere impiccato, ad
esempio, è un elemento fondamentale nella narrazione.
Al lettore è dato di conoscere questo oggetto attraverso vari strumenti:
- il punto di vista del protagonista che la costruisce e con questa ha un
rapporto del tutto speciale,
151
- il punto di vista di personaggi esterni che la vedono per quello che
appare, un semplice aquilone,
- i due caratteri di scrittura: in corsivo e standard,
- la lingua.
Quest’ultimo punto è determinante.
Riporto alcuni esempi che mi sembrano particolarmente utili a capire
quanto affermato; il primo passo è un ragionamento di Zosimo, in
corsivo, in cui si spiega come la costruzione della comerdia
rappresenti metaforicamente il corso della vita stessa, e come nel
momento in cui la comerdia è finita, anche il tempo per vivere sia
terminato15:
Questa è la vera difficoltà di la doppia morti, la morti cchiù amara, la
morti cchiù disgraziata, che non è moriri senza sapiri di moriri, e
questa sarebbe la morti cchiù semplici, ma moriri sapenno di moriri,
quanno ti fannu accanusciri il momento preciso di la morti tò, [..]
[..] tu accapisci che ogni cosa che fai non la potrai rifare cchiù doppo
semplicementi pirchì non ci sarà cchiù un doppo e perciò se finisci di
fabbricare la comerdia, quanno che hai finuto di fabbricare la
comerdia, quanno la comerdia è fatta, quanno la comerdia è
fabbricata, quanno la comerdia è finuta, quando alla comerdia non
c’è cchiù nenti da aggiungere, quanno la comerdia è pronta a volari
[..] eh, sai che ti dico? Iu non ci penso cchiù iu lo mettu l’ultimo
pezzettu di carta velina e itivinni a pigliarvela ‘n culu tutti quanti [..]
15 Ibid pp.427-428.
152
il secondo passo è un dialogo tra Zosimo e il Capitano Montaperto, in
cui il protagonista risponde alle domande dell’interlocutore sul
significato della comerdia:16
[..] “Mi levate una curiosità?” spiò Montaperto.
“A disposizione vostra”.
“Pirchì date tanta importanzia a una comerdia ch’è joco di picciriddri?
Scusatemi se ve lo dico, ma non mi pare cosa d’omo granni”.
“Volete sapiri che rappresenta pi mia questa comerdia? Non
rappresenta nenti, questa comerdia è sulamenti una comerdia”.
[…]
“E allura?”.
“Ci jucai un jornu ch’ero picciriddro e mi parse una meraviglia, un
miracolo, mi parse di stare volando con la comerdia istissa, mi sentii
lèggiu lèggiu, allato ai passeri, alle palumme, ai carcarazzi, alle
allodole, aceddro tra gli aceddri. E feci giuramento sullenne, allura,
che nell’ora della morti, avrei fatto vulare un’ autra comerdia per
lassare sta terra leggiu leggiu, scordandomi lu piso di lu corpu.
V’abbasta comu spiegazioni?”
Lo stesso oggetto, la comerdia, è visto da più prospettive.
Nel primo passo si notano la prevalenza del siciliano sull’italiano,
l’utilizzo del corsivo, che solitamente è il mezzo attraverso cui si
trasmettono i pensieri del protagonista, un’ impostazione anaforica del
discorso, che dà il senso del flusso veloce dei pensieri del
protagonista, il loro incalzare.
16 Ibid pp.429.
153
Graficamente vengono curati alcuni raddoppiamenti fonosintattici e
sono presenti alcuni fenomeni fonologici, tipo l<r, tipici del dialetto
romano, che normalmente non si incontrano.
Nel secondo passo invece , siciliano ed italiano si bilanciano
nuovamente, la scrittura torna ai caratteri standard, vengono riportate
le posizioni dei due parlanti, ma si ha la netta impressione di essere
usciti dal tono confessionale e confidenziale appena descritto,
spariscono tutti quegli elementi grafici e fonologici che
caratterizzavano il dialetto in corsivo, allentando il legame tra lingua
vernacola e personaggio.
Il lettore, insomma, a mezzo della lingua viene allontanato ed
avvicinato all’evento. Subito dopo c’è un altro passo in cui
nuovamente si torna al tono intimo e confidenziale, di nuovo si sfrutta
il corsivo, ed ancora il siciliano riprende il sopravvento.
E’ un momento di confidenzialità, in cui Zosimo spiega a se stesso, ma
in realtà a chi legge, cosa significa lasciare andare lo spago
dell’aquilone:17
[…] E la comerdia, mentri vulava, principiò a stramangiarsi, non era
cchiù carta velina [..] si trasformò in palumma, una vera palumma, ma
impastoiata, tenuta prigioniera dallo spaco che iu serrava ‘ntra le dita e
tirava tirava tirava pi aviri la sò libertà comu sta facendo quest’autra
comerdia e iu ora ci la dugnu la sò libirtà ma lo so che se lasso stu
spaco nun sulamenti mi perdo la comerdia ma mi perdo macari la
fantasia […]
17 Ibid pp.431-432.
154
A seguire il racconto del percorso di Zosimo verso il patibolo, con il
continuo ricorso al corsivo, ogni volta in cui il pensiero o i ricordi
intimi del personaggio prendono il sopravvento e si staccano dalla
realtà descritta per tornare indietro nel passato, o per frugare nei
sentimenti del protagonista. E la lingua segue questo andamento,
sbilanciandosi di volta in volta, piegandosi alle necessità letterarie
imposte dal narratore.
Un passo ritengo importante sottolineare, e riguarda il congedo
definitivo di Zosimo prima di essere impiccato18:
E quanno arrivarono che abbisognava acchianare il primo dei cinco
graduna, il capitano fece a voce vascia:
“Io mi fermo qua”.
E lo disse in taliano, pirchì il momentu era quello che era e quanno il
momentu è quello che è, di nicissitate assoluta abbisogna adoperari il
taliano, vasannò dicino che siete pirsone gnoranti, pirsone di scarto e
non di considerazione.
[…]
“Beh, io vado”.
In taliano, naturalmente, pirchì il momentu era quello che era.
Questo passo ritengo sia il più eloquente tra tutti.
E’ un momento in cui la lingua parla di se stessa e svela gli equilibri
su cui poggia, implicitamente spiega le sue oscillazioni.
Per spiegare, tuttavia il perché sia preferibile utilizzare l’italiano in
certe situazioni, l’autore sfrutta il siciliano. E’ il dialetto stesso a
precisare quando e perché sia necessario per lui farsi da parte.
18 Ibid pp.435-436.
155
Camilleri qui fa un’ operazione letteraria altissima, metalinguistica,
oltre ad incarnare il ruolo di tragediatore, come mai prima: egli
dichiara che l’italiano è la lingua da sfruttare nelle situazioni
importanti, in momenti solenni, come in questo caso è l’addio tra il
capitano e Zosimo, ma per fare questa dichiarazione usa tuttavia il
dialetto, si identifica cioè con i personaggi e finge di pensare come
loro, con il loro mezzo espressione.
Credo sia qui la chiave dell’ uso della lingua nel romanzo; si è scritto
di tutti i suoi aspetti, da quello fonologico, morfologico, lessicale, per
giungere induttivamente a questo punto che fa capo a tutti, ossia per
capire che la lingua prima di mescolarsi al dialetto, prima di farlo per
raccontare una storia, prima di lasciarsi manipolare dalle mani sapienti
dell’autore, si autocelebra, si spiega, autodenuncia la sua esatta
posizione all’interno degli equilibri del romanzo.
Camilleri è dunque un tragediatore come sostiene La Fauci, tuttavia a
differenza del critico, ritengo che questo sia un pregio di pochi.
Il re di Girgenti è un romanzo in cui è data voce a tutti: bambini,
uomini, donne, animali, ed anche alla lingua stessa, il tutto nel modo
più fluido e impercettibile possibile, per lasciarsi leggere ed
eventualmente, mai forzatamente, cogliere. Quanti potrebbero
dichiarare di riuscire a farlo?
Credo in pochi.
Qui sta la grandezza di Andrea Camilleri.
156
157
NOTA BIBLIOGRAFIA
SCRITTI DI ANDREA CAMILLERI
Il corso delle cose, Sellerio ”la Memoria”, 1978.
Un filo di fumo, Sellerio “la Memoria” e “Il Castello”, 1980.
La strage dimenticata, Sellerio “Quaderni della Biblioteca siciliana di
Storia e letteratura”, 1984.
La stagione della caccia, Sellerio “Quaderni”, 1992.
La bolla di componenda, Sellerio “Quaderni”, 1993.
La forma dell’acqua, Sellerio “La Memoria”, 1994.
Il gioco della mosca, Sellerio “Il Divano”, 1995.
Il birraio di Preston, Sellerio “La Memoria”, 1995.
Il cane di terracotta, Sellerio “La Memoria”, 1996.
Il ladro di merendine, Sellerio “La Memoria”, 1996.
La voce del violino, Sellerio “La memoria”, 1997.
La concessione del telefono, Sellerio “La Memoria”, 1998.
Un mese con Montalbano, Mondadori “Omnibus”, 1998.
La Mossa del cavallo, Rizzoli “La Scala”, 1999.
Gli arancini di Montalbano, Mondadori “Scrittori italiani e stranieri”,
1999.
La gita a Tindari, Sellerio “La Memoria”, 2000.
La scomparsa di Patò, Mondadori “Scrittori italiani e Stranieri”,
2000.
Biografia del figlio cambiato, Rizzoli ” La Scala”, 2000.
Favole del tramonto, Edizioni dell’Altana “ I Quaderni”, 2000.
Racconti quotidiani, Libreria dell’Orso, 2001.
Gocce di Sicilia, Edizioni dell’ Altana, 2001.
L’ odore della notte, Sellerio” La Memoria”, 2001.
Il re di Girgenti, Sellerio” La Memoria”, 2001.
158
Le parole raccontate. Piccolo dizionario dei termini, Rizzoli ”Piccola
Biblioteca della Scala”, 2001.
La paura di Montalbano, Mondatori “I Meridiani”, 2002.
Storie di Montalbano, Mondadori “I Meridiani”, 2002.
L’ombrello di Noè, Rizzoli” Piccola biblioteca la Scala”, 2002.
Le inchieste del commissario Collura, Libreria dell’Orso, 2002.
Il giro di boa Sellerio, “ La Memoria”, 2003.
La presa di Macallè, Sellerio “La Memoria”, 2003.
La prima indagine di Montalbano Mondadori “ Scrittori italiani e
Stranieri”, 2004.
Romanzi storici e civili, Mondadori “I Meridiani”, 2004.
La pazienza del ragno, Sellerio “La Memoria”, 2004.
Privo di titolo, Sellerio “La Memoria”, 2005.
La luna di carta, Sellerio “La Memoria”, 2005.
Il medaglione, Piccola biblioteca Oscar Mondadori, 2005
(Racconto scritto per l’Arma dei Carabinieri e pubblicato nel
calendario 2005 della Benemerita).
RACCONTI PUBBLICATI IN RIVISTE E QUOTIDIANI
Zù Colà, Pirsona pulita, “L’Almanacco dell’ Altana” 1996, edizioni
dell’Altana, Roma 1995.
Chi è che trasì nello studio?, “L’Almanacco dell’Altana” 1997,
Edizioni dell’ Altana, Roma 1996.
Il patto, “La grotta della vipera”, a.XXIII 79-80, 1997.
Piace il Vino a S. Calò, “L’Almanacco dell’ Altana” 1998, Edizioni
dell’Altana, Roma 1997.
Una favola, intervento alla XIII edizione della Scuola Europea per
l’Arte dell’Attore, S.Miniato 1997.
159
Il gioco delle tre carte, “Delitti di carta”, n.2, aprile 1998.
Il mistero del finto cantante, “La Stampa”, 13 luglio 1998.
Il fantasma della cabina, “La Stampa”, 27 luglio 1998.
Trappola d’amore in 1’classe, “La Stampa”, 3 agosto 1998.
Bella, giovane nuda, praticamente assassinata, “La Stampa”,
10 agosto 1998.
Montalbano contro la banda dei cannibali, “Il Messaggero”, 15
agosto 1998.
Un mazzo di donne per il petroliere Bill, “La Stampa”, 17 agosto
1998.
I gioielli in fondo al mare, “La Stampa”, 24 agosto 1998.
Che fine ha fatto la piccola Irene?, “La Stampa”, 31 agosto 1998.
La scomparsa della vedova inconsolabile, “La Stampa”, 7 settembre
1998.
Il primo voto, “L’Almanacco dell’Altana” 1999, Edizioni dell’Altana,
Roma 1998.
Un cappello pieno di pioggia, “la Repubblica”, 15 agosto 1999
E Giuda scappò con la moglie di Pintacuda, “La Stampa”, 2 dicembre
1999.
Ipotesi sulla scomparsa di Antonio Patò, “L’Almanacco dell’Altana”
2000, Edizioni dell’Altana, Roma 1999.
Storie di Vigata e dintorni. Uno strano scambio di persona, “La
Stampa”, 23 agosto 2000.
Storie di Vigata e dintorni. Quel quaquaraquà di Capitan Caci, “La
Stampa”, 3 settembre 2000.
Storie di Vigata e dintorni. Fimmini e miracoli di Mìnico Portera, “La
Stampa”, 17 settembre 2000.
Cinque favole sul Cavaliere, “MicroMega”, ottobre 2000.
160
Cinque favole politicamente scorrette, “MicroMega”, aprile-maggio
2001.
Il medaglione, racconto scritto per l’Arma dei Carabinieri, pubblicato
nel calendario 2005 della Benemerita, riedito da “Piccola Biblioteca
Oscar Mondatori”, luglio 2005.
INTERVISTE E ARTICOLI PUBBLICATI SU RIVISTE E
QUOTIDIANI
Salvatore Agati, Una catena di delitti in una Sicilia grottesca,
“La Sicilia”, 27 giugno 1992.
Riccardo Arena, Camilleri contraffatto. Copie false di un suo
romanzo, “Giornale di Sicilia”, 26 gennaio 2001.
Sergio Astolfi, Una legge della fisica applicata al delitto nel giallo
siciliano di Camilleri, “La domenica del Messaggero Veneto”, a.1,
n.7, 1997.
Corrado Augias, Intrighi e segreti a Vigata, “il Venerdi’ di
Repubblica”, 9 gennaio 1998
-La sua forza negli intrighi e nella lingua, la Repubblica, 8 luglio
1998
-L’Italia si tinge di giallo, la Repubblica, 8 luglio 1998.
Maurizio Assalto, Montalbano odia i telefonini e risolve i gialli anche
per posta, “La Stampa”, 17 settembre 1999
-Montalbano assolda Ulisse, La Stampa, 20 gennaio 2001
161
-Camilleri, un po’ di ambiguità è il sale della scrittura, La Stampa, 22
maggio 2001.
Angela Azzaro, Andrea Camilleri pessimista e temperato,
“Liberazione”, 5 ottobre 1999.
Roberto Barbolini-Pier Mario Fasanotto, Montalbano, il caso porno è
tuo, “Panorama”, 15 dicembre 2000.
Stefano Bartezzaghi, Quest’estate il popolare è canticchia
d’avanguardia, “La Stampa-Tuttolibri”, 13 agosto 1998.
Mauro Baudino, Camilleri il riposo del commissario, “La Stampa”, 14
settembre 1998.
Enzo Biagi, Sicilia, L’isola degli italiani esagerati, “Corriere della
Sera”, 15 agosto 1998.
Vito Biolchini, Scrivere, un filo di fumo, “La Nuova Sardegna”, 26
aprile 1997.
Carlo Bo, Il “caso Camilleri”: così uno scrittore diventa fenomeno,
“Gente”, 2 settembre 1998.
Alessandra Bonetti, Montalbano: appuntamento con Montalbàn,
“Il Mattino”, 12 settembre 1998.
Caterina Calabrese, Nel nome della legge e della buona tavola,
“Specchio-La Stampa”, n.126, 20 giugno 1998.
162
Orio Caldiron, Giallo italiano. A qualcuno piace il commissario,
“Il Mattino”, 18 gennaio 1998.
Giorgio Caldonazzo, La riscossa del Maigret siciliano, “Visto”, 3
aprile 1998.
Davide Camarrone, Tionfo della terza età, “Euromediterraneo”,
gennaio 1999.
Massimo Carloni, La forma dell’acqua, “Delitti di carta”, n. 2, aprile
1998.
Federica Certa, Montalbano ritorna, quinto giallo a Vigàta,
“la Repubblica on line”, 20 ottobre 1999.
Angiola Codacci Pisanelli, Il segreto di Camilleri, “L’Espresso”, 25
giugno 1998.
Matteo Collura, Camilleri, l’eredità di Sciascia e il fantasma di
Berlusconi, “Corriere della Sera”, 19 luglio 1998.
Elo Conte, Anonimi destini siciliani, “Il Popolo”, 25 giugno 1992.
Roberto Cossu, Un thriller tra le scartoffie, “L’Unione Sarda”, 12
maggio 1998.
Roberto Cotroneo, Caro Camilleri, stia attento al suo pubblico,
“L’Espresso”, 9 luglio 1998.
163
-Mi ha pizzicato un merlo dispettoso, L’Espresso, 18 dicembre 2000..
Giuliana Cutore, Gallismo siciliano in una satira di Camilleri,
“Settegiorni”, 20 giugno 1992.
Masolino D’Amico, A Sicilian Brew, “The Times Literary
Supplement”, 19 luglio 1995.
Antonio Debenedetti, Aiuto, Montalbano vuole uccidermi,
“Sette-Corriere della Sera”, 22 aprile 1999.
Alberto De Benedetto, Andrea Camilleri: non chiamatemi giallista,
ma “contastorie”, “kataweb”, ottobre 1999.
Erika Dellacasa, Anche in italiano fa ridere, “Il Secolo XIX”, 15
novembre 2000.
Mario Di Caro, I francesi bocciano Sciascia polemista,
“la Repubblica”, 22 giugno 1999
-Tre morti per Montalbano, la Repubblica, 5 novembre 2000
-Camilleri debutta in CD-ROM con un gioco da computer,
la Repubblica, 25 novembre 2000.
Rodolfo Di Giammarco, Muoio dialogando di aquiloni con un bimbo,
“la Repubblica”, 10 gennaio 2001
-Sono un mago moderno, “la Repubblica”, 10 gennaio 2001.
Antonio Di Grado, L’insostenibile leggerezza del birraio,
“La grotta della vipera”, a.XXIII, n.78-80, 1997.
164
Santa Di Salvo, Indagini, misteri in blu e cadaveri spirtusati,
“Il Mattino”, 18 gennaio 1998.
Antonio D’Orrico, Quei pasticciacci belli del commissario
Montalbano, “
“Sette-Corriere della Sera”, 14 luglio 1998
-Mezzogiorno di fuoco (o fuochino), “Capital”, agosto 1998
-Camilleri. La letteratura comincia a 70 anni, “Sette-Corriere della
Sera”, 24 dicembre 1998
-Camilleri colpisce ancora con un ispettore di Genova, “Sette-
Corriere della Sera”, marzo 1999
-Camilleri, lei scrive troppo, continui a farlo per favore, “Sette-
Corriere della Sera”, ottobre 1999.
Francesco Durante, Pronto chi ride, “la Repubblica delle donne”, 25
giugno 1998.
Alain Elkann, Camilleri: mia moglie è il primo censore, “La Stampa”,
10 dicembre 2000.
Francesco Erbani, Fenomeno Camilleri, “la Repubblica”, 11 maggio
1998.
Salvo Fallica, Un re nella Sicilia del ‘700, “l’Unità”, 14 aprile 2001.
Claudio Fava, Andrea Camilleri: il successo è un frutto tardivo,
“Io Donna”, 4 luglio 1998.
165
Salvatore Ferlita, Sciascia mi ricarica come un elettrauto,
“la Repubblica”, 15 novembre 2000
-Camilleri editorialista, la Repubblica, 13 maggio 2001.
Marco Ferrari, Un mare di letteratura: il corso delle cose, Andrea
Camilleri riscrive il suo primo romanzo, “l’Unità”, 16 settembre 1998.
Antonella Filippi, L’imitazione? Mi fa sentire una griffe..,
“Giornale di Sicilia”, 26 gennaio 2001.
Ida Fontana, Assurda ragione, “Il Giornale di Napoli”, 28 dicembre
1995.
Silvia Fumarola, Un truffatore geniale sfida Montalbano,
“la Repubblica”, 13 maggio 2001.
Maria Pia Fusco, Camilleri il burattinaio, “la Repubblica”, 17
settembre 1998.
Giuseppe Gallo, Senza Steccati, “Soprattutto”, supplemento del
venerdì de “Il Secolo XIX”, 8 dicembre 2000.
Giorgio Gandola, Commissario Montalbano, arresti Camilleri,
“Il Giornale”, 26 luglio 1998.
Marina Garbesi, Ma quella è superstizione, “la Repubblica”, 10
giugno 1997
Mario Genco, Il fenomeno Andrea Camilleri. Un viaggio nel dialetto,
“Giornale di Sicilia”, 6 dicembre 2000
166
Stefano Giovanardi, Ce ne fossero artigiani come lui…,
“L’Espresso”, 25 giugno 1998
-Camilleri, se vi piace il genere…, “la Repubblica”, 3 dicembre 1998
-Bravo Camilleri, ma la Sicilia non è questa, la Repubblica, 14
novembre 2000.
Arturo Gismondi, Al telefono con Camilleri, “il Giornale”, 15 luglio
1998.
Alfredo Giuliani, Vi racconto come l’ho scoperto e perché mi è
piaciuto, “la Repubblica”, 11 maggio 1998.
Gabriella Grimaldi, Le avventure in giallo di un europoliziotto,
“La Nuova Sardegna”, 17 giugno 1998.
Finetta Guerrera, Marcello Sorgi racconta Camilleri, “La Sicilia”, 10
dicembre 2000.
Angelo Guglielmi, Lingua, plot e ironia, “L’Espresso”, 2 luglio 1998.
Giorgio Ierano, Montalbano contro i cannibali, “Panorama”, 19
settembre 1999.
Enric Juliana, Montalbano contra Montalbàn, treinta miradas del
comisario Montalbano, “La Vanguardia”, 31 luglio 1998
Raffaele La Capria, Camilleri, la Sicilia, cosi’ è se vi pare,
“Corriere della Sera”, 5 maggio 1998
167
Nicola Lecca, Ecco l’autentica Sicilia dell’anti-Camilleri,
“L’Unione Sarda”, 12 maggio 2001.
Rossana Lo Castro, Un incontro tra amici, “La Sicilia”, 10 dicembre
2000.
Stefano Malatesta, Montalbano Maigret di Sicilia, “la Repubblica”, 10
giugno 1997
-Montalbano terra e mare, “la Repubblica”, 20 luglio 1998
-Camilleri fra i cannibali, “la Repubblica”, 17 settembre 1999.
Paola Mancini, Montalbano nuovo Maigret, “il Venerdì di
Repubblica”, maggio 1998.
Mariarosa Mancuso, La guerra dei due giallisti,
“Panorama”, 25 giugno 1998.
Emilio Manzano, Charla entre Camilleri y Vasquez Montalbàn,
“La Vanguardia Magazine”, 18 aprile 1999.
Titti Marrone, Come un colpo di teatro, “Il Mattino”, 28 aprile 1992.
Gabriella Mecucci, Quegli intensi legami con Sciascia,
“Il Nuovo”, 13 novembre 2000.
Cesare Medail, Scrittori in crisi salvati dal giallo, “Corriere della
Sera”, 21 maggio 1998
-E D’Alema intervista i signori del giallo, “Corriere della Sera”, 10
settembre 1998
168
-Camilleri. I venti casi di Montalbano, “Corriere della Sera”, 17
settembre 1998
-Assoluzione in nome del dialetto, “Corriere della Sera”, 13 maggio
1999
-Così Patò scomparve nella botola, “Corriere della Sera”, 14
novembre 2000
-La favola del drammaturgo scambiato, “Corriere della Sera”, 7
dicembre 2000.
Francesco Merlo, La sicilianità (o sicilitudine) non sia solo
paccottiglia sentimentale, “Sette-Corriere della Sera”, 22 giugno 2000
-Camilleri, che noia. La falsa Sicilia di uno scrittore mito,
“Corriere della Sera”, 11 dicembre 2000.
Nicola Merola, I dialetti di Camilleri, “l’Unità”, 27 agosto 1998.
Renato Minore, Camilleri, compleanno con Montalbano,
“Il Messaggero”, 7 settembre 1998
-Fra racconto e dossier, “Il Messaggero”, 14 novembre 2000.
Paola Nicita, In un giorno il suo Patò è già best seller,
“la Repubblica”, 15 novembre 2000
-Montalbano a fumetti, si presenta il volume, “la Repubblica”, 22
novembre 2000.
Carlo Oliva, Italiani, scrittori a “fior di pelle, “Il Nuovo”, 6 dicembre
2000.
Ermanno Paccagnini, La scrittura di Camilleri si intreccia con tre fili,
169
“Il Sole-24 Ore”, 3 agosto 1997
-Il punto sul fenomeno Camilleri, “La Domenica del Sole-24 Ore”, 28
giugno 1998.
Giovanni Pacchiano, Brividi caldi,
“Sette-Corriere della Sera”, 7 luglio 1998
-Un mese con Montalbano, Sette-Corriere della Sera, 16 luglio 1998.
Emilio Patruno, La lingua dell’ispettore, “Famiglia Cristiana”, n.14,
aprile 1998.
Sergio Pent, Camilleri intarsia il mal di Sicilia,
“Tuttolibri-La Stampa”, 8 gennaio 1998.
Giuseppe Piacentino, Alla fine..è successo, “Bella”, 7 settembre 1999.
Ranieri Polese, Francoforte, è l’anno di Camilleri,
“Corriere della Sera”, 8 ottobre 1999.
Martino Ragusa, Con tutto il rispetto per Adelina, “Il Salvagente”, 21
ottobre 1999.
Franco Quadri, Camilleri e Pirandello per il grande Turi Ferro,
“la Repubblica”, 14 gennaio 2001.
Francesco Renda, , Insegnare a scuola il siciliano la proposta,
“la Repubblica”, 10 dicembre 2000.
170
Valerio Riva, Chi dorme prende un sacco di soldi, “Il borghese”, 8
ottobre 1998.
Ugo Ronfani, Il dottor Camilleri e Mr. Montalbano, “Il resto del
Carlino”, 1 settembre 1999.
Pierangela Rossi, Sotto accusa il narratore del momento: banalizza i
drammi dell’isola?, “Avvenire”, 13 dicembre 2000.
Giovanni Russo, La rivincita dei dialetti, parola per parola,
“Corriere della Sera”, 6 agosto 1998.
Camilleri, “la testa gli fa dire”di dialogare con Sorgi,
“la Repubblica”, 9 dicembre 2000.
Camilleri: mi libererò del commissario Montalbano,
“la Repubblica”, 19 dicembre 2000.
Il Re di Camilleri è già pronto sul trono, “Giornale di Sicilia”, 17
gennaio 2001.
Venerdì alla Normale lo scrittore Camilleri, “Il Tirreno”, 17 gennaio
2001.
Andrea Camilleri padrino del best seller, “Tèlè Moustique”, 14 marzo
2001.
171
Camilleri: dopo Montalbano scriverò per Topolino, “Corriere della
Sera”, 13 maggio 2001.
Mariano Sabatini, Montalbano sul set, Film Tv, n.46, 14 novembre
1998.
Rita Sala, Primavera, un grido d’argento, “Il Messaggero”, 21 marzo
2001.
Stefano Salis, Due omicidi per Montalbano, “L’Unione Sarda”, 23
aprile 1997.
Gaetano Savatteri, Il nostro Maigret, “Diario della settimana”, 10
marzo 1998.
Roberta Scorranese, Riappare Camilleri senza Montalbano,
“Il Nuovo”, 14 novembre 2000
-Camilleri: vi racconto il mio Pirandello, Il Nuovo, 5 dicembre 2000.
Silvia Sereni, Un paese tutto giallo, “Donna moderna”, settembre
1999.
Mirella Serri, Esce il nuovo libro dello scrittore siciliano: la biografia.
Il giallo di Pirandello, “La Stampa”, 6 dicembre 2000
-Ferroni stronca l’autore più letto dagli italiani: Camilleri? Solo
marionette, “L’Espresso”, 18 gennaio 2001.
Vittorio Sgarbi, Stereotipi politicamente corretti, “Il Giornale”, 13
dicembre 2000.
172
Michela Sposito, Montalbano invecchia con me: un po’ più duro, un
po’ più tenero, “Giornale di Sicilia”, 22 settembre 1999.
Gian Antonio Stella, Camilleri : siciliani, non siamo martiri
smettiamola di piangerci addosso, “Corriere della Sera”, 24 agosto
1998.
Gigliola Sulis, La scrittura, la lingua e il dubbio sulla verità,
“La grotta della vipera”, a. XX, n. 66-67, 1994.
Micaela Urbani, Ritorno alle origini, “Il Messaggero”, 23 agosto
1999.
Chiara Valentini, Prima ha rovinato la TV poi la politica,
“la Repubblica”, 23 luglio 1998.
Giandomenico Vivacqua, Conversazione con Andrea Camilleri,
“NumeroZero”, giugno 1999.
Elsa Vinci, E’ un servizio di logica, “la Repubblica”, 3 gennaio 1998.
Maria Melena Kuner, Giuseppe d’Angelo, “La sfida del traduttore:
tradurre senza tradire”, “pubblicato su Mosaico italiano”, n.8.
Sebastiano Messina, L’incontro, memorie siciliane,
“la Repubblica”, Domenica 10 luglio 2005.
173
Mario di Caro, Ma il suo siciliano è una scelta colta,
“la Repubblica”, 22 Novembre 1997.
Dominique Vittoz, Contro il centralismo della parlata di Lione,
Stilos, supplemento letterario de “La Sicilia”, 19 Marzo 2003.
Laura Lombari, Montalbano je suis,
selezione dal “Reader’s Digest”, Luglio 2003.
Salvatore Ferita, Uno stile canagliesco per tradurre Camilleri in
America, “la Repubblica”11 marzo 2003.
Salvatore Ferita, Troppo eros, Camilleri e il tedesco va kaputt,
“la Repubblica”, 10 Marzo 2003.
Camilleri, caso letterario da studiare all’Università,
La Voce di Crema, 9 Marzo 2002, articolo scritto durante il convegno
accademico a Palermo dell’8 e 9 marzo 2002, intitolato “Letteratura e
storia. Il caso Camilleri”.
Vittorio Coletti, Arrigalannu un sognu, “L’indice”, 12. 2001.
Francesco Cannoni, Il contadino che divenne re, il “Messaggero
Veneto”, 11.12.2001.
Marco Belpoliti, Il contadino che volle farsi re, “L’Espresso”,
19.12.2001.
174
Giorgio de Rienzo, La pagella di Andrea Camilleri, “Corriere della
Sera”, 30.12.2001.
Intervista a cura di Serena Filipponi, Annali della Facoltà di Lettere e
Filosofia dell’Università degli Studi di Milano, Volume LV-Fascicolo
II- Maggio-Agosto 2002.
SCRITTI SU ANDREA CAMILLERI, VOLUMI E SAGGI
Giovanni Capecchi, Andrea Camilleri, Cadmo, Fiesole 2000.
Simona Demontis, Elogio dell’insularità. Intervista ad Andrea
Camilleri, “La grotta della vipera”,a.XXV,n.88,inverno 1999.
Giuseppe Dipasquale, Il mondo di Camilleri e la sua poetica dello
stupore, “The Camilleri fan’s club”.
Bruno Porcelli, Un filo di fumo. Romanzo siciliano di Andrea
Camilleri, “Italianistica”, aprile 1998
-Due capitoli per Andrea Camilleri, “Italianistica”, maggio-agosto
1999.
Stefano Salis, In attesa della mosca: la scrittura di Andrea Camilleri,
“La grotta della vipera”, a.XXIII. n.79-80, 1997.
Marcello Sorgi, La testa ci fa dire. Dialogo con Andrea Camilleri,
Sellerio, Palermo 2000.
175
Vittorio Spinazzola, Caso Camilleri e caso Montalbano, in Tirature
’01, Il Saggiatore-Fondazione Arnoldo Mondadori, Milano 2001,
pp.118-125.
Jana Vizmuller-Zocco, Il dialetto nei romanzi di Andrea Camilleri,
“The Camilleri fan’s club”.
Serena Filipponi, Il laboratorio del contastorie. Intervista ad Andrea
Camilleri. Annali della facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università
degli Studi di Milano. Volume LV- Fascicolo II- Maggio-Agosto
2002.
Jana Vizmuller- Zocco, I test della (im)popolarità: il fenomeno
Camilleri, articolo pubblicato su QUADERNI d’italianistica, Official
Journal of the Canadian Society for Italy, Volume XXII, No.1, 2001.
Nunzio La Fauci, Prolegomeni ad una fenomenologia del
tragediatore: saggio su Andrea Camilleri, pubblicato in “Lucia
Marcovaldo ed altri soggetti pericolosi”, Maltemi, 2001.
Vittorio Coletti, Arrigalannu un sognu, L’Indice, 12.2001.
Francesco Cannoni, Il contadino che divenne re, “Messaggero
Veneto”, 11.12.2001.
Giorgio De Rienzo, La pagella di Andrea Camilleri. Il re di Girgenti,
“Corriere della Sera”, 30.12.2001.
176
Marco Belpoliti, Il contadino che volle farsi re, “L’Espresso”,
19.12.2001.
Innovazione e conservazione nelle lingue “Atti del Convegno della
Società Italiana di Glottologia”, Testi raccolti a cura di Vincenzo
Orioles, Messina 9-11 novembre 1989, Giardini Editori e Stampatori
in Pisa, 1991.
Remigio Roccella, Vocabolario della lingua parlata in piazza
Armerina (Sicilia), Caltagirone, Bartolomeo Mantelli Editore, 1875.
Giuseppe Gioeni, Saggio di etimologie siciliane, Palermo, Tipografia
dello “Statuto”, 1885.
Edoardo Nicotra D’Urso, Nuovissimo Dizionario Siciliano-Italiano,
contenente le voci e le frasi siciliane dissimili dalle italiane, con
prefazione di Luigi Capuana, Catania, Cav. Niccolò Giannotta,
Editore, 1922.
Vincenzo Nicotra, Dizionario Siciliano-Italiano, Catania, Stabilimento
tipografico Bellini, 1883.
Antonino Traina, Vocabolarietto delle voci siciliane dissimili dalle
italiane, con saggio di altre differenze ortoepiche e grammaticali,
Palermo, Libreria Internazionale, 1888.
Carmelo Scavuzzo, Dizionario del parlar siciliano, Palermo, 1982,
Edikronos.
177
ARTICOLI, INTRODUZIONI, INTERVENTI
Vicenda d’un lunario, “L’Almanacco dell’Altana” 1995, Editrice
Sallustiana, Roma 1994.
Lapidi in cerca d’autore, “L’Almanacco dell’Altana” 1996, Edizioni
dell’Altana, Roma 1995.
Il jazz di contrabbando e le ninfe danzanti, “I viaggi di Repubblica”,
31 ottobre 1997.
L’occhio di Cordio, introduzione al Catalogo di Nino Cordio
1959\1997, Edizione Diagonale, Roma 1997.
La lingua italiana: una, nessuna, centomila, “Il Messaggero”, 1
febbraio 1998.
Pirandello vola nella notte, “La Stampa”, 16 giugno 1998.
Pirandello: la guerra delle ceneri, “La Stampa”, 14 giugno 1998.
Il mio non esame di maturità, “La Stampa”, 29 giugno 1998.
Per essere mafiosi non serve nascere italiani, “Il Messaggero”, 1
agosto 1998.
Mediterraneo. La sfida degli scrittori, “La Stampa”, 19 settembre
1998.
178
Prefazione a Marcello Fois, Sempre caro, “Il maestrale”, Nuoro
1998.
Apprendisti con smania da grandi, “La Stampa”, 4 gennaio 1999.
La sinistra vestita da Arlecchino, “Corriere della Sera”, 27 aprile
1999.
Un po’di rispetto per Ferrandino , “Corriere della Sera”, 27 giugno
1999.
Il mio debito con Simenon, “La Stampa”, 4 luglio 1999.
Elogio del Vecchio contrabbando, “La Stampa”, 19 agosto 1999.
L’uomo e i quaquaraquà, “La Stampa”, 19 novembre 1999.
Vecchie storie di mafia e DC, “MicroMega”, novembre 1999.
Scialiamoci a rileggere Horcynus Orca, “L’Espresso on line”, 16
dicembre 1999.
In attesa d’a musca, Atti del convegno La carta dei giochi. L’Atlante
linguistico della Sicilia e la tradizione ludica infantile, “Atlante
Linguistico della Sicilia”, Palermo1999.
Intervento in forma di favola, Atti del convegno La pubblica
amministrazione che cambia: una riforma per i cittadini, sotto l’alto
patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Roma 2000.
179
Vivere in campagna, se la natura diventa un’arte, “Corriere della
Sera”, 10 maggio 2000.
Vacanze alla “casina”, sul Catalogo della mostra al Palazzo Chigi,
Ariccia, I piaceri della vita in campagna, Rizzoli-De Agostini, Milano
2000.
I promessi Birrai di Preston, “La Stampa”, 8 ottobre 2000.
Quei preti in cattedra- l’ora di religione, “la Repubblica”, 8 ottobre
2000 MicroMega, n. 4\2000.
Quel giorno rubò mia madre, “la Repubblica”, 3 novembre 2000.
Introduzione a Serge Quadruppani, L’assassina di Belleville,
Mondadori, Milano 2000.
Storie stralunate dietro il Vesuvio, “la Repubblica”, 8 marzo 2001.
Se vince lui, ma forse no, “Diario”, 30 marzo 2001.
Il mito tra due sponde, “la Repubblica”, 19 aprile 2001.
Caro amico ti scrivo dall’ottobre del 2001, “la Primavera di
MicroMega”, n.2, supplemento al n.2\2001 di MicroMega”.
Gli amici del Cavaliere riscrivono la storia, “la Primavera di
MicroMega”, n.2, supplemento al n. 2\2001 di “MicroMega”.
180
Il filosofo Lucio Polsini e la nuova lotta alla mafia, “la Primavera di
MicroMega”, n.3, supplemento al n. 2\2001 di “MicroMega”.
Un Te Deum per il nuovo concordato, “la Primavera di MicroMega”,
n.4, supplemento al n. 2\2001 di “MicroMega”.
Perché si è dimesso il commissario Montalbano, “la Primavera di
MicroMega”, n.5, supplemento al n. 2\2001 di “MicroMega”.
Mea culpa (lettera aperta a Paolo Flores d’Arcais), “la Primavera di
MicroMega”, n.6, supplemento al n.2\2001 di “MicroMega”.
VOCABOLARI, DIZIONARI ETIMOLOGICI USATI
Innovazione e conservazione nelle lingue, “Atti del Convegno della
Società Italiana di Glottologia”, Testi raccolti a cura di Vincenzo
Orioles, Messina 9-11 novembre 1989, Giardini Editori e Stampatori
in Pisa, 1991. Remigio Roccella, Vocabolario della lingua parlata in piazza
Armerina (Sicilia), Caltagirone, Bartolomeo Mantelli Editore, 1875
Giuseppe Gioeni, Saggio di etimologie siciliane, Palermo, Tipografia
dello “Statuto”, 1885.
Edoardo Nicotra D’Urso, Nuovissimo Dizionario Siciliano-Italiano,
contenente le voci e le frasi siciliane dissimili dalle italiane, con
prefazione di Luigi Capuana, Catania, Cav. Niccolò Giannotta,
Editore, 1922.
Vincenzo Nicotra, Dizionario Siciliano-Italiano, Catania, Stabilimento
tipografico Bellini, 1883.
181
Antonino Traina, Vocabolarietto delle voci siciliane dissimili dalle
italiane, con saggio di altre differenze ortoepiche e grammaticali,
Palermo, Libreria Internazionale, 1888.
Carmelo Scavuzzo, Dizionario del parlar siciliano, Palermo, 1982,
Edikronos.
Marìa Moliner, Diccionario de uso del español, Editorial GREDOS,
Madrid, 1977\ S. Carbonell, Dizionario fraseologico completo
italiano- spagnolo, spagnolo- italiano, Editore Ulrico Hoepli, Milano,
1977.
182
Ringraziamenti
Con quest’ultima pagina si chiude un cerchio, sento di aver raggiunto un traguardo. Ma non ho fatto tutto da sola. Ci sono alcune persone che mi hanno accompagnata e mi sono state vicino. A loro va il mio pensiero quando mi guardo indietro e vedo quello che ho realizzato.
Alla mia famiglia, senza la quale non sarei Manuela, con tutto ciò che questo comporta,
a Maria Teresa, che ha reso sempre tutto indimenticabile,
ad Alberta, raggio di sole che illumina la stanza ogni mattina,
al Furioso, inventore della frase “coglioni in mano”, diventata conil tempo mia regola personale,
a Davide, spavaldo uomo dalla pazienza di ferro,
alla Prof.ssa Gianna Marcato, senza l’aiuto e le imprecazioni della quale, tutti questi fogli rilegati sotto un titolo non esisterebbero,
ai miei nonni, che ci saranno sempre in un modo o nell’altro,
a tutte queste persone, GRAZIE.
Manuela B.
183
184