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I LUNEDI DELLA MUSICA 2013 · 2019-12-13 · Gino Paoli, uno dei cantautori che ha scritto alcune...

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I LUNEDI DELLA MUSICA 2013 Quindicesima Stagione Concertistica
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I LUNEDI DELLA MUSICA

2013

Quindicesima Stagione Concertistica

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Quindicesima Stagione Concertistica

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2 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013

I LUNEDÌ DELLA MUSICA

Gentile pubblico, ci prepariamo a festeggiare i quindici anni di attività pre-sentandovi la nuova Stagione Concertistica di Società della Musica:

I Lunedì della Musica 2013.

Dopo quindici anni di proposte concertistiche è ancora la mu-sica da camera ad ispirare il nostro repertorio: è infatti a que-sto linguaggio, così puro ed essenziale, che riconosciamo forse più di ogni altro la capacità prodigiosa di far vibrare le corde più intime dell’anima, di nutrirne le suggestioni.E seppur in un momento così diffi cile per la nostra collettività (ma forse, proprio per questo) resta saldo più che mai il nostro desiderio di tener vivi i contatti con la comunità mantovana offrendo, ci auspichiamo, momenti di appagamento e grati-fi cazione. Anche “I Lunedì della Musica 2013” conservano la loro im-postazione “itinerante”: il Teatro Bibiena, l’Auditorium Mon-teverdi, Madonna della Vittoria, il Chiostro di San Barnaba e la Sala Ovale dell’Accademia Virgiliana rappresentano le linee e gli snodi del nostro tracciato musicale.Un’attenzione particolare viene rivolta ai “Giovani” con un progetto che da una parte ne valorizza le prime affermazioni professionali, dedicando due concerti ai vincitori di prestigiosi concorsi e dall’altra desidera incoraggiarne la curiosità, riser-vando tre lezioni/concerto agli studenti mantovani.È questa, eccezionalmente, un’edizione tutta “italiana” la cui inaugurazione è affi data ad un pioniere della grande canzone d’autore: Gino Paoli, in duo con il pianista jazz Danilo Rea, darà avvio il 28 gennaio ad un cammino di diciassette con-certi che si completerà con le celebrazioni del bicentenario della nascita di Giuseppe Verdi al quale renderemo doveroso omaggio con due appuntamenti riservati alla sua produzione cameristica, il 20 maggio, presso il Teatro Bibiena. Desideriamo infi ne ringraziare tutti gli Enti, gli Sponsor, i Club di Service e gli "amici" di Società della Musica che hanno scelto di accompagnarci in questo nuovo percorso musicale e ci auguriamo di poter ricambiare pienamente la loro fi ducia nonché l’affetto e la fedeltà del nostro pubblico.

Società della Musica

GENNAIO

28 gennaioTeatro Bibiena, ore 20.45Gino Paoli, voceDanilo Rea, pianoforte“Due come noi che…”

FEBBRAIO

4 febbraioMadonna della Vittoria, ore 20.45Ribalta GiovaniVanessa Innocenti, fl autoDaniele Rocchi, clavicembalomusiche di Bach e Gervasoni

11 febbraio

Incontri con le scuoleAuditorium Monteverdi, ore 11.00Trio Diaghilev (pianoforte a 4 mani e percussioni)

Auditorium Monteverdi, ore 20.45Trio Diaghilev (pianoforte a 4 mani e percussioni)musiche di Bernstein e Stravinskij

18 febbraioMadonna della Vittoria, ore 20.45Ribalta GiovaniLuca Oberti, clavicembalomusiche di Bach e Coppens

17 concerti 5 luoghi 34 interpreti 92 composizioni

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MARZO

4 marzo

Incontri con le scuoleAuditorium Monteverdi, ore 11.00Dorina Frati, mandolinoPiera Dadomo, chitarra

Chiostro di San Barnaba, ore 20.45Altri SuoniDorina Frati, mandolinoPiera Dadomo, chitarramusiche di Boni, Vivaldi, Riggeri, Bach, Ponce, Calace, Paganini

11 marzoSala ovale dell’Accademia Virgiliana, ore 20.45Massimo Mercelli, fl autoEdoardo Catemario, chitarramusiche di Mozart, Schubert, Piazzolla

18 marzoAuditorium Monteverdi, ore 20.45Quartetto di sassofoni Accademia musiche di Singelée, Glazunov, Françaix, Romero, Escaich

APRILE

8 aprile

Incontri con le scuoleAuditorium Monteverdi, ore 11.00Gianfranco Grisi, cristallarmonio

Altri SuoniChiostro di San Barnaba, ore 20.45Gianfranco Grisi, cristallarmonio Trio d’archi di Bergamomusiche di Bach, Mozart, Morricone

15 aprileAuditorium Monteverdi, ore 20.45Duo OttoeQuindici(sassofono e pianoforte)musiche di Schulhoff, Schumann, Fitkin, Musorgskij, Debussy, Milhaud, Swerts

22 aprileTeatro Bibiena, ore 20.45Milena Vukotic, voceMario Ancillotti, fl autoSimone Soldati, pianofortemusiche di Mozart, Debussy, Reinecke

MAGGIO

6 maggioAuditorium Monteverdi, ore 20.45Alberto Maria Ruta, violinoAntonello Cannavale, pianofortemusiche di Schubert, Françaix, Dvorák

13 maggioChiostro di San Barnaba, ore 20.45Altri Suoni Fabio Furia, bandoneonmusiche di Gardel, Villoldo, Cobian, Piazzolla, Troilo, Bach, Arolas, Rodriguez

20 maggioTeatro BibienaViva Verdi• ore 19.00Quartetto di Venezia

• ore 20.00 Buffet

• ore 21.00Marcello Nardis, tenoreBruno Canino, pianoforteMusiche di Verdi

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TEATRO BIBIENAi luoghi storici

A Mantova dopo il crollo del regime gonzaghe-

sco avvenuto nel 1707, cui successe il governo della casa d’Austria, l’eredità spirituale fu raccolta dai Ti-midi, il cui sodalizio soprav-visse, oscillando per qual-che tempo fra tendenze di gusto arcadico e sempre più vigorose suggestioni razionalistiche…

…Nel 1766 il rettore dell’Accademia dei Timidi, conte Carlo Ottavio di Colloredo, inviò a Milano al plenipotenziario per la Lombardia au-striaca, Carlo di Firmian, un ambizioso piano di trasformazione del vetusto ente letterario in un istituto di altro tipo, dotato di un’artico-lazione appoggiata a una molteplicità di competenze e largamente aperto a istanze di ordine scientifi co, in piena aderenza, ormai, agli entusiasmi intellettuali del momento.

Il Firmian, esaminato il progetto, lo trasmise con parere favorevole a Vienna per l’approvazione da parte dell’imperatrice Maria Teresa... …In attesa della deliberazione imperiale i Timidi decisero di demo-lire, nell’interno del palazzo, il teatrino cinquecentesco, nonché un assieme di vani contigui, e di creare nello spazio così ottenuto una sala solenne e capace da impiegare per sessioni pubbliche, cioè aper-te alla cittadinanza. Animava nel contempo gli accademici mantovani la speranza di esse-re presto in grado di ricostruire l’intero palazzo per adeguare la sede alle esigenze nuove e pressanti che erano venute maturando. Nel marzo del 1767, mentre si provvedeva a demolire il vecchio tea-trino, i Timidi stabilirono che anche la nuova sala dovesse presentarsi a guisa di teatro: un teatro non più a gradinata come quelli rinasci-mentali, ma a palchetti cingenti la platea in due ordini sovrapposti, secondo il genere di struttura inventato nel Seicento e che ormai imperava. D’altronde, una sala così formata avrebbe consentito l’ammortamen-to della spesa di costruzione attraverso i proventi che sarebbero de-rivati dalla concessione dell’uso dei palchetti. E, certo allo scopo di stimolare le richieste in tale senso, fu prospetta-to dagli accademici un programma d’impiego della sala non limitato ad adunanze scientifi che, ma aperto anche a recite e a concerti.

Così fi ssati gli intendimenti, è logico che per i disegni dell’ambiente desiderato e per la realizzazione di esso i Timidi si rivolgessero a un esperto di creazioni teatrali. Presero accordi, infatti, con un architetto che in quel campo godeva della massima rinomanza: un Galli Bibiena, Antonio, membro tra i più geniali della famosa casata emiliana che, nell’arco dell’età ba-rocca, aveva generato un folto gruppo di artisti consacratisi ad ogni settore dell’architettura, ma soprattutto specializzati nell’ideare con stupefacente e inesauribile fantasia interni di teatri, scene per spet-tacoli, apparati per fastose pompe.

Con vivacità prodigiosa, pari alle risorse dell’estro, i Galli Bibiena, detti anche i Bibiena senz’altro, avevano percorso quasi tutta l’Euro-pa, dall’Italia all’Austria e alla Francia, dalla Spagna alla Boemia, dal-la Germania all’Olanda e all’Inghilterra, dal Portogallo alla Russia e alla Svezia, servendo preminentemente le Corti e destando ovunque,

con le proprie opere, la più entusiastica ammirazione. Nell’anno anzidetto 1767 erano ancora viventi e operosi, oltre ad Antonio, altri due dei Bibiena architetti: il fratello Giovan Maria e il nipote Carlo Ignazio, dimoranti entrambi oltr’Alpe.

Unico Antonio, dunque, rappresentava in Italia la gloriosa stirpe. Quando gli accademici mantovani gli affi darono l’incombenza di progettare e di eseguire la loro sala, egli era già settantenne, essen-do nato a Parma nel 1697, ma l’età avanzata non aveva diminuito la vigorosa capacità inventiva, cui era unita un’energia fi sica sorpren-dente. Circa la detta sala è da dire che essa, ancor prima di venire concreta-ta, ricevette la qualifi cazione di teatro “scientifi co”, in rapporto con la fi nalità precipua che i Timidi si proponevano di assegnarle... …La sala voluta dagli accademici doveva essere sì un teatro, però sui generis, destinato quale era a manifestazioni da godere più con l’udito e con l’intelletto, che non attraverso la visione di allestimenti spettacolari. Si trattava addirittura di rinunciare al palcoscenico, inteso secondo la spaziosa accezione divenuta consueta nell’età barocca, e di colloca-re invece in fondo all’ambiente una tribuna. Antonio recepì il senso della committenza mantovana e concepì il concludersi dello spazio con un ritorno alla scena fi ssa: però una scena fi ssa confi gurata, con insolita formula, come una sorta di loggiato praticabile, teso fron-talmente a due piani, cioè come due corridoi costruiti uno sull’altro, il che venne a donare all’ambiente una singolare nota di circolarità, appena accennata nella mossa e sapiente sintassi della composizione architettonica generale.

Il Bibiena adempì in soli due anni all’obbligo che nel 1767 aveva con-tratto coi Timidi: vi adempì anzitutto ideando lo speciale teatro che da lui si desiderava, poi dirigendone i lavori di fabbrica e infi ne, con abilità di pittore oltre che di architetto, affrescando personalmente gli interni de i numerosi palchetti con fi gurazioni monocrome, che sono pure esse documento prezioso dell’attività artistica dell’insigne maestro. Il 3 dicembre 1769 lo “scientifi co”, fi nito di tutto punto, poteva essere inaugurato.

La brillante soluzione data da Antonio al problema creativo postogli dagli accademici mantovani aveva generato non soltanto un gioiel-lo squisito per gli equilibri fra movimento ed eleganza, ma anche un’opera da valutare come notevolissima nell’ampio quadro delle suddette sperimentazioni bibienesche e come una delle formulazioni architettoniche più signifi cative del tardo Settecento europeo. Poco più di un mese dopo l’inaugurazione, il 16 gennaio 1770 il gio-vinetto Wolfgang Amadeus Mozart, appena quattordicenne, giunto a Mantova nel giro della sua prima tournée italiana, consacrava, per così dire, l’incipiente vita del leggiadro teatro “scientifi co” dandovi insieme col padre, Leopold, un memorabile concerto. Il 26 gennaio Leopold Motart in una lettera inviata alla moglie par-lava di quella serata e nel contempo descriveva lo “scientifi co” con acuta percezione della realtà di esso: “Nella mia vita non ho mai visto nulla, nel suo genere, di più bello... Non si tratta propriamente di un teatro, bensì di una sala a palchetti, costruita sul tipo dei teatri d’opera. Ove dovrebbe trovarsi il palcoscenico sta una tribuna per chi suona; dietro di essa corre una galleria che somiglia a una serie di Palchetti ed è fruibile da parte degli spettatori”. Non poteva essere formulata una defi nizione più precisa. In Mantova il teatro accademico fu tra gli ultimi trionfi della fanta-sia barocca, prima del vittorioso sopraggiungere degli orientamenti neoclassici.

Testo tratto da: Ercolano Marani, Il palazzo accademico di Mantova e teatro “scientifi co” di Antonio Bibiena, in: Il teatro di Antonio Bibiena in Mantova e il Palazzo acca-demico, Mantova, E.M.M., 1979

4 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013

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GINO PAOLIvoce

DANILO REApianoforte

28 gennaio Teatro Bibiena, ore 20.45

“DUE COME NOI CHE…” il concerto è realizzato grazie a:

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6 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013

DANILO REA

Gino Paoli, uno dei cantautori che ha scritto alcune tra le

più belle pagine della musica italiana è l’autore di “Senza

fi ne”, “Sapore di sale”, “La gatta”. Originario di Monfalcone,

è a Genova, dove si è trasferito da bambino, che Gino Paoli -

dopo aver fatto il facchino, il grafi co pubblicitario e il pittore

- debutta come cantante da balera, per poi formare una band

musicale con gli amici Luigi Tenco e Bruno Lauzi.

Quando la gloriosa casa discografi ca Ricordi, che aveva tenuto

a battesimo Bellini e Donizetti, Verdi e Puccini, decise di esten-

dere la propria attività alla musica leggera, scritturò questo

cantante dalla strana voce miagolante, oggi riconosciuto

come uno dei più grandi rappresentanti della musica leggera

italiana degli anni sessanta e settanta.

Ha scritto e interpretato brani quali “Il cielo in una stanza”,

“La gatta”, “Senza fi ne”, “Sapore di sale”, “Una lunga storia

d’amore”, “Quattro amici”; ha partecipato a numerose edi-

zioni del Festival di Sanremo; ha collaborato con numerosi

colleghi alla realizzazione di album e di singoli di successo; ha

composto musiche per colonne sonore di fi lm.

GINO PAOLI

Danilo Rea, riesce ad attirare l’attenzione degli ascoltato-

ri soprattutto grazie alla grande versatilità e all’apertura

musicale.

Dopo gli studi di pianoforte classico al Conservatorio di San-

ta Cecilia a Roma e l’esperienza come musicista nel mondo

del progressive rock, Danilo debutta nel mondo del jazz con il

“Trio di Roma” nel 1975, raggiungendo la notorietà interna-

zionale. Inoltre la sua musica è ricca di sorprendenti momenti

di improvvisazione di grande lirismo che gli sono valsi l’acco-

stamento al grande Keith Jarrett.

Tuttavia, a differenza della star americana, Rea trae la propria

ispirazione dalla tradizione musicale della sua terra di origine,

dai classici e dal pop italiano, piuttosto che dal “Great Ameri-

can Songbook”.

E quindi non sorprende che in Italia venga considerato come

il grande poeta tra i musicisti di jazz e che sia diventato fa-

moso suonando con molti cantautori e cantanti come Claudio

Baglioni, Domenico Modugno, Gianni Morandi, Pino Daniele

e Mina.

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Già compagni di avventura nel progetto “Un incontro in

Jazz” di cui la Parco della Musica Records ha pubblicato

l’album “Auditorium Recording Studio” (2011), Gino Paoli e

Danilo Rea tornano con “Due come noi che…”, il nuovo

disco pubblicato dalla Parco della Musica Records.

“Due come noi che…” è un prezioso esempio di come due

artisti assoluti possano interpretare in modo innovativo alcuni

classici della storia della musica italiana.

Solo piano e voce, solo Danilo e Gino, solo la loro capacità di

inseguirsi, di smarcarsi e ritrovarsi su una strada che è quella

delle canzoni più belle del nostro patrimonio. Le canzoni più

amate di Gino, da “Averti addosso” a “Il cielo in una stanza”,

da “Vivere ancora” a “Perduti” passando per “La gatta” e

“Come si fa”, insieme a chicche dei cantautori genovesi, che

per Gino sono gli amici di una vita: “Canzone dell’amore per-

duto” e “Bocca di rosa” (strumentale) di De André, “Il nostro

concerto” di Umberto Bindi, “Vedrai Vedrai” di Tenco e “Se

tu sapessi” di Bruno Lauzi. Nella track list anche “Non andare

via” traduzione italiana della meravigliosa “Ne me quitte pas”

che proprio Jacques Brel chiese di tradurre a Paoli e “Albergo

a ore”, il commovente brano di Herbert Pagani.

Con Due come noi che… Paoli e Rea stanno già collezionan-

do un sold out dopo l’altro nei concerti dal vivo sui palcosce-

nici più prestigiosi in Italia e all’estero, incantando ed emo-

zionando il pubblico ogni volta. Un successo che di certo non

stupisce dato il duo d’eccezione: la voce e il carisma di Paoli, uno dei più grandi autori e interpreti della canzone italiana,

affi ancata da uno dei più lirici e creativi pianisti riconosciuti a

livello internazionale come Danilo Rea.

note all’ascolto

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MADONNA DELLA VITTORIAi luoghi storici

La chiesa fu edifi cata nel 1495 per volontà del marchese Francesco Gonzaga, che volle legare la costruzione dell’edifi cio alla vittoria

da lui ottenuta sui francesi di Carlo VIII, al comando della Lega Ve-neziana, nella battaglia di Fornovo. Fu consacrata l’anno successivo. La responsabilità del progetto è da assegnare a Bernardino Ghi-solfo, in quel periodo responsabile delle fabbriche gonzaghesche.La semplice facciata della chiesa, in stile tardo gotico, si affaccia sulla piazzetta di san Simone; presenta un fregio in terracotta che corre sotto il cornicione, sui lati visibili dell’edifi cio.

L’apparato decorativo interno è rinascimentale, di ambito sicura-mente mantegnesco: infatti una stretta relazione con le idee di Andrea Mantegna, con il suo gusto per l’antichità classica e per i marmi romani, è riscontrabile nell’effetto illusionistico della pittura che caratterizza l’intera navata della chiesa. La parete di fronte alla porta d’ingresso presenta ancora parti di una raffi nata tappezzeria a fi nto cuoio cordovano ed è contro di essa che s’innalzava la pala mantegnesca della Madonna della Vittoria. La pala, commissionata da Francesco II ad Andrea Mantegna, fu iniziata nel 1495 e termi-nata nel 1496, proprio come la chiesa che l’avrebbe poi ospitata e con la stessa motivazione.

La trionfale composizione è inserita in un pergolato lussureggiante di fi ori, frutta, uccelli, pietre preziose, dal brillante effetto croma-tico. La Madonna in trono col Bambino è raffi gurata mentre be-nedice Francesco II, guerriero inginocchiato a chiedere protezione.Attorno personaggi sacri: San Michele, San Giorgio, Sant’Andrea, San Longino e, ai piedi della Vergine, Santa Elisabetta e San Gio-vannino. Sulla base marmorea del trono si legge l’intera sequenza raffi gurante la creazione dell’uomo, il peccato originale e la caccia-ta dal Paradiso terrestre.

Questa splendida pala, tempera su tela, di grandi dimensioni (cm. 280x166), requisita dai francesi nel 1797, è oggi conservata al mu-seo del Louvre.Recentemente, su una felice intuizione del direttore del Museo Ci-vico di Palazzo Te, Ugo Bazzotti, sono stati scoperti, intatti, nelle dodici vele delle volte della chiesa, affreschi raffi guranti immagini di santi e beati.La stupefacente scoperta delle volte non è visibile dalla navata della chiesa: un soffi tto ottocentesco divide infatti l’aula inferiore dalla parte alta. In proposito resta acceso il dibattito tra sovrintendenti e studiosi sull’opportunità di rimuovere tale soffi tto che, attualmente fa da pavimento agli spazi occupati dal soprastante asilo Strozzi Valenti Gonzaga. L’asilo trovò collocazione al piano superiore della chiesa dal 1899.Il piano inferiore, dopo varie utilizzazioni, fu sede, dal 1942 al 1986, prima di un’offi cina meccanica, poi del laboratorio di cromatura e nichelatura con bagni galvanici della ditta Staboli.

Dal 2001 la Chiesa è stata affi data in concessione dal Comune di Mantova all’Associazione Amici di Palazzo Te e dei Musei Manto-vani, che si è assunta l’onere del risanamento e del recupero dell’e-difi cio e che, grazie anche ai contributi di numerosi sponsor e del Ministero dei Beni culturali (attraverso la Direzione Regionale per i Beni Ambientali e il Paesaggio della Lombardia e la Soprintendenza per i Beni Ambientali e il Paesaggistici di Brescia, Cremona, Manto-va), hanno restituito alla città, dopo anni di lavori, lo straordinario monumento, inaugurato il 5 settembre 2006.

Da questa data la chiesa, diventata museo di se stessa, è aperta al pubblico e, utilizzata per conferenze, convegni, concerti e mostre temporanee, svolge una funzione di riferimento artistico e di aggre-gazione per la città e il territorio.

8 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013

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9

J. S. Bach Sonata in mi minore BWV 1034Adagio ma non tantoAllegroAndante Allegro

J. S. Bach Sonata in sol minore BWV 1020AllegroAdagioAllegro

J. S. Bach Sonata in mi bemolle maggiore BWV 1031Allegro moderatoSicilianaAllegro

•••

RIBALTA GIOVANI“Bach e Oltre…”

VANESSA INNOCENTIfl auto

DANIELE ROCCHIclavicembalo

4 febbraioMadonna della Vittoria, ore 20.45

S. GervasoniPhanes I e Phanes II

J. S. Bach Sonata in si minore BWV 1030AndanteLargo e dolcePresto

J. S. Bach Sonata in do maggiore BWV 1033AndanteAllegroAdagioMenuet IMenuet II

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10 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013

Nata nel 1989, a soli 17 anni si diploma in Flauto Traverso

con il massimo dei voti sotto la guida della prof.ssa Vanda

Moraschini presso l’Istituto musicale “G. Donizetti” in Berga-

mo. Vincitrice di diverse borse di studio promosse dalla provin-

cia di Bergamo, si è classifi cata al primo posto, primo assoluto e

secondo posto in numerosi concorsi nazionali ed internazionali

quali il “concorso strumentistico città di Giussano”, “Concours

international Nerini” di Parigi, “Concorso Riviera della Versilia

Daniele Ridolfi ”, “Concorso di esecuzione musicale della Rivie-

ra Etrusca”, “European Competition for fl ute” presso Salonicco

(Grecia) e Concorso “Crescendo” di Firenze, nel quale ha otte-

nuto il Premio speciale “Onerati” come migliore fl autista del

concorso, Concorso internazionale “Giovani musicisti” Treviso.

Nel 2010 si è classifi cata al secondo e terzo posto nei concorsi

nazionali per soli fl autisti “Francesco Cilea”, e “Emanuele Kra-

kamp”, considerati i più importanti concorsi nel mondo fl auti-

stico italiano; nel 2012 ha ottenuto il primo posto a Concorso

internazionale per giovani interpreti “Città di Chieri”.

Sin da giovanissima ha partecipato a diversi corsi di perfeziona-

mento internazionali tenuti dal M° Raffaele Trevisani, R. Wilson

dalla professoressa Daniela Pisano, dal M° Marco Zoni, dal M°

Alfredo Persichilli, M° Mario Caroli, nonché dal M° Mario An-

cillotti.

Partecipa a numerosi concerti sia da solista che in musica da

camera, è membro fi sso del “Trio Beatrice”, formazione con

cui si esibisce sul territorio nazionale e internazionale e che ha

ottenuto il primo Assoluto e il Primo posto presso concorsi per

musica da camera, tra cui “Concorso primavera Cameristica” a

Lugano, “Concorso nuovi Orizzonti” a Firenze e Concorso “Ro-

vere d’oro”.

Si è esibita con l’ensamble Europavoce di Parigi e ha fatto parte

dell’ “Orchestra italiana di fl auti” diretta dal M° Alzek Misheff,

suonando alla biennale di Venezia. In qualità di solista ha suo-

nato per il Festival itinerante dei giovani talenti promossa

dall’ associazione “Musica Rara”.

Ha collaborato con l’orchestra stabile di Bergamo. È stata scelta

come esecutrice della Sonata per fl auto e pianoforte composta

dal M° Giancarlo Aquilanti (docente di composizione presso l’u-

niversità di Stanford, in California).

VANESSA INNOCENTI

Appassionata di musica contemporanea, ha registrato per la tv

e la radio Svizzera un’opera del M° Quadranti, diretta dal M°

Mario Ancillotti. Il M° Stefano Gervasoni le ha dedicato due

brani per fl auto solo intitolati “Phanes I” e “Phanes II”.

Nel 2010 ha conseguito con la lode il “Master of arts in mu-

sic Performance” e nel 2012 ha conseguito, sempre con lode il

“Masrer of Arts in Specializrd music Performance”.

Presso il Conservatorio della Svizzera Italiana ha suonato in

importanti manifestazioni musicali diretta da maestri quali G.

Bernasconi, V. Ashkenazy, Tamayo, Lombard e Vedernikov.

Nel novembre di quest’anno si è laureata in lettere col massimo

dei voti e la lode, discutendo una tesi su Edgar Varèse.

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Ha studiato organo e composizione organistica presso l’I.M.P.

“Gaetano Donizetti” di Bergamo sotto la guida di Matteo

Messori e si è diplomato in clavicembalo presso il Conservatorio

“Evaristo Felice Dall’Abaco” di Verona con Marco Vincenzi, con

cui ha concluso il biennio di specializzazione.

Nel 2010 ha vinto una bor-

sa di studio Erasmus con cui

ha studiato presso la Ho-

chschüle für Musik “Franz

Liszt” di Weimar nella clas-

se di clavicembalo di Bern-

hard Klapprott. Collabora

con Matteo Messori come

assistente, continuista e nel-

la realizzazione di incisioni discografi che. Ha seguito corsi di

perfezionamento con Ana Mafalda Castro, Francesco Baroni e

Stefano De Micheli, Liuwe Tamminga, Rinaldo Alessandrini e

Ottavio Dantone.

Si è esibito come solista all’organo partecipando nel 2008 alla

rassegna “Echi d’organo” di Gandino (BG) e nel 2009 alla Ras-

segna organistica della provincia di Bergamo; nel 2010 ha inau-

gurato la rassegna “Vespri d’organo” presso la basilica di san

Martino a Bologna.

Ha partecipato a progetti in qualità di continuista: tra gli al-

tri con il gruppo “Cappella Augustana” (Castello Svevo di

Bari-2007), “Musica Ritrovata” (Sala teologica del Santo a Pa-

dova-2008); è risultato fi nalista al concorso “Premio delle Ar-

ti-edizione 2010”, vincitore di una borsa di studio per la parte-

cipazione al progetto “Laboratorio di orchestra barocca - Villa

Contarini” edizione 2011 (sotto la direzione di Alfredo Bernar-

dini). Dal 2009 collabora con il gruppo “Il Gene Barocco” con

cui si è esibito in numerose manifestazioni in Italia (fra gli altri

Festival “Monteverdi-Vivaldi” edizione 2012 a Venezia) e all’e-

stero (Festival “Via Julia Augusta” Kötschach -Austria e festival

“Oude Muziek” edizione 2011 Utrecht - Olanda).

Bach: Sonate per fl auto e cembalo

Scorrendo la produzione strumentale di Sebastian Bach ed

osservando il suo confrontarsi con generi e forme sempre

differenti, v’è da credere che egli pensasse innanzitutto a misu-

rarsi con se stesso. Particolarmente congeniale all’approfondi-

mento delle espressioni profane fu la corte di Köthen (o meglio

Cöthen, qual’era il nome di questa piccola capitale del Princi-

pato omonimo, al tempo del servizio bachiano) tra il 1717 ed il

1723. In quella manciata d’anni nacquero infatti alcuni dei suoi

più celebri lavori: molte opere per tastiera, i Concerti Brande-

burghesi, le Sonate e Partite per violino, le Suites per violoncel-

lo e poi le Sonate per violino e clavicembalo, quelle per viola

da gamba e tastiera e per lo meno le tre Sonate per fl auto e

cembalo BWV 1030-1031-1032 («che cacciano nel museo tutte

le precedenti opere per fl auto e basso numerato», ha osservato

Piero Buscaroli), laddove la tastiera non è più solo un supporto

armonico allo strumento a fi ato o ad arco, ma un autentico e

dialogante partner alla pari.

Cöthen nel secondo decennio del Settecento era una corte che

amministrava la vita di poche migliaia di abitanti, ed era ret-

ta dal giovanissimo, poco più che ventenne, principe Leopold,

la cui passione per la musica poteva dirsi pari al suo talento.

Talento indubbiamente non comune, tanto da permettergli di

suonare con simile perizia il violino, la viola da gamba e il cem-

balo.

Al suo servizio stava un organico orchestrale di nemmeno due

decine di strumentisti, a governare il quale si poneva, in quel

1717, il trentaduenne Bach, reduce da un doppio incarico come

organista di corte, prima, e Concertmeister, poi, alla corte del

duca di Weimar, dove la musica per la chiesa aveva rappresen-

tato l’interesse prevalente.

La bravura dei musicisti di Cöthen, unita alla libertà d’azione

che il compositore tedesco poté esercitare, si mostrarono ele-

menti decisivi per l’apparizione delle opere più sopra rammen-

tate: prodigi di una sperimentazione possibile, aderente alle

opportunità presenti in quel luogo specifi co.

La produzione ed il favore di Bach per il fl auto si manifesta-

rono in sette Sonate che possono dividersi in due gruppi: uno

formato da quattro numeri (BWV 1020, 1030, 1031, 1032) in

cui la tastiera sviluppa, su un piano formale di tre movimenti,

una scrittura concertante, evoluta e tematicamente intrecciata

DANIELE ROCCHI note all’ascolto

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12 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013

con lo strumento a fi ato; ed un secondo gruppo di tre numeri

(BWV 1033, 1034, 1035) nei quali i movimenti divengono quat-

tro e dove la scrittura più semplice per lo strumento a tastiera è

affi data all’inventiva dell’esecutore, sulla traccia di un basso ci-

frato. Sebbene vi siano dubbi sull’autenticità di tutte le Sonate

(almeno due sono state attribuite a Bach dal fi glio Carl Philipp

Emanuel) la fattura di ognuna di esse appare sciolta, misurata

e comunicativa, con qualità di chiarezza e luminosa espressività

di cui l’ascolto si giova. In ogni caso le Sonate testimoniano le

potenzialità di uno strumento che godrà poi di grandi favori

come il fl auto traverso, probabilmente scoperto da Bach alla

corte di Dresda poco prima dell’approdo a Cöthen. Anche in

questo caso, come in altri riscontrabili nella storia bachiana,

si crede che la conoscenza di esecutori d’eccezionali qualità,

come Johann Heinrich Freytag, dipendente del principe Leo-

pold, o di Pierre Gabriel Buffardin, primo fl auto dell’orchestra

di Dresda, abbia avuto infl uenza determinante sull’invenzione

di questi lavori, in cui spunti caratteristici ed idee memorabili

si sposano con la coerenza intelligente, sigla inconfondibile del

genio di Eisenach.

Gervasoni: Phanes

Territorio inesplorato, inquietante e persino inospitale

- come è stato scritto recentemente dal pianista Aldo Or-

vieto - la musica di Stefano Gervasoni, compositore bergama-

sco classe 1962, s’è guadagnato uno spazio considerevole nel

mondo dell’avanguardia artistica, tra commissioni prestigiose,

un Premio Abbiati della critica ed una carriera realmente inter-

nazionale, riconoscibile anche nella docenza ottenuta al Con-

servatorio di Parigi.

Phanes, per fl auto solo, nacque inizialmente con la sezione che

oggi si intende come I, e solo successivamente fu prolungato

con la II. L’edizione a stampa (Suvini-Zerboni) riporta la data di

conclusione dell’opera, 25 agosto 2010, così come la dedica a

Vanessa Innocenti che ne è stata prima interprete (al Domaine

de Kerguéhennec, centro bretone d’arte contemporanea) ma

anche ispiratrice del titolo, nel quale si congiungono fonetica-

mente frammenti dei nomi Stefano (Gervasoni) e Vanessa (In-

nocenti). Ma il titolo non è solo questo, perché Phanes evoca

la divinità mistica della procreazione, la luce della nuova vita,

quanto la grande farfalla multicolore Vanessa atalanta, capace

di grandi viaggi migratori («Al mistero della vita delle farfalle,

alla fragilità tenace del rumore impalpabile del loro battere

d’ali questa composizione fa appello», ha scritto l’autore).

Insomma, un incrocio di suggestioni prende vita in questo dit-

tico, che presenta una prima sezione dalla scrittura rapida, di-

namicamente sbalzata, terminante, acquietandosi, in “pianissi-

mo”; ed una seconda dall’andamento inizialmente più regolare

ma poi sfociante in un frastagliato disegno dal virtuosismo cre-

scente, ma infi ne di nuovo sovrastato da suoni sussurrati e dal

silenzio.

Di questo lavoro Stefano Gervasoni ha voluto sottolineare l’im-

pegno sul tema del “lirismo inespressivo”, «ricerca che è cuore

delle mie preoccupazioni estetiche di questi ultimi anni».

L’assunto di partenza è la convinzione che la forza espressiva

di una composizione artistica risulta magnifi cata dalla volon-

tà profonda del suo creatore quando questi consapevolmente

si oppone al desiderio di manifestarla in maniera diretta. (…)

Dare voce musicale alle proprie idee signifi ca svestirle della mu-

sica superfi ciale (…) e svelare il fascino del mistero inspiegabile

che le cose che l’uomo ha da dire contengono».

Andrea Zaniboni

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L. Bernstein: West Side StorySuiteThe rumblePrologueMeeting SceneTonightMamboCha-chaOne hand, one heartCoolScherzoSomewhereFinale

•••

I. Stravinskij: La Sagra della PrimaveraQuadri della Russia PaganaI Parte: L’adorazione della terraII Parte: Il sacrifi cio

il concerto è realizzato grazie a:

TRIO DIAGHILEV

MARIO TOTARO e DANIELA FERRATI pianoforte

IVAN GAMBINI percussioni

11 febbraioAuditorium Monteverdi, ore 20.45

FondazioneComunità Mantovana onlus

con la partecipazione di:

Rotaract Mantova

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14 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013

Così si può leggere nelle critiche del Suddeutsche Zeitung di

Monaco. La bravura strumentale dei tre musicisti, il virtuosismo

dei pianisti, l’imponente presenza delle percussioni, il gusto

raffi nato, la rispettosa spregiudicatezza unita al piacere dell’in-

venzione e della creatività e la grande tensione emotiva offerta

dall’insieme, trasformano i concerti del Trio Diaghilev in serate

travolgenti e innovative.

“…Con un audace spirito di ricerca, un’effervescente musicalità

e sempre vigile intelligenza interpretativa, il Trio propone se-

rate spettacolari e culturalmente rigenerative…”. Il repertorio

del Trio Diaghilev, è costituito da alcuni fra i maggiori capola-

vori musicali del ‘900 storico (Bartók, Stravinskij, Milhaud, Satie,

Holst, Ravel, Bernstein, Gershwin, Weill) e da opere originali

composte espressamente per questa formazione.

Il gruppo, inizialmente selezionato “per meriti eccezionali”

da Piero Rattalino e Roberto Hazon per la Gioventù Musicale

Italiana, ha sempre riscosso durante una ormai lunga e den-

sa attività concertistica, ampi ed entusiasti consensi di pub-

blico e di critica, partecipando ad importanti manifestazioni

(Musica 2000-Cidim-Roma, Rossini Opera Festival-Pesaro, Au-

tunno Musicale-Como, Sagra Musicale Malatestiana-Rimini,

I Concerti dell’Ateneo-Roma, Associazione Scarlatti-Napoli,

Gioventù Musicale Italiana-Milano, Ente Concerti-Pesaro, In-

ternazionale Meister Konzerte-Iffeldorf-Monaco, Amici della

Musica-Ancona, Teatro Moore-Seattle, Benaroya Hall-Seattle,

Rialto Theater-Tacoma, Futuroma nella serata inaugurale delle

celebrazioni del centenario del movimento futurista-Palazzo

Wedekind-Roma, XLuna per i festeggiamenti del quarantesimo

anniversario dello sbarco sulla luna-Planetarium-Roma), colla-

borando con la Compagnia Italiana Balletto diretta da Carla

Fracci e Beppe Menegatti, il Balletto Teatro di Torino diretto da

Matteo Levaggi e la Spectrum Dance Theatre di Seattle (USA)

diretta da Donald Byrd.

In più occasioni, hanno partecipato in diretta alle trasmissio-

ni radiofoniche negli Studi di “Radiotre Suite” di Roma e dal

“Salone del Lingotto” di Torino per Radio RAI. Hanno inciso Le

sacre du printemps, Petrushka di I.Stravinsky, e Der Wunderba-

re Mandarin di B.Bartòk per l’etichetta discografi ca Taukay Edi-

zioni Musicali di Udine distribuita in tutto il mondo dall’Eroica

Classical Recordings.

Il Trio Diaghilev “… offre continui colpi di scena, fi no a tra-

sformare un semplice concerto in un vero e proprio spettaco-

lo, proponendo effetti infi nitamente più audaci rispetto alle

versioni orchestrali…”; “…impressionante il modo in cui il Trio

riusciva a creare suoni sinfonici e impressionante la dinamicità

dei due pianoforti e delle percussioni …”.

TRIO DIAGHILEV MARIO TOTARO, pianoforte

DANIELA FERRATI, pianoforte

IVAN GAMBINI, percussioni

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note all’ascolto

Leonard Bernstein (Arr. Totaro) - West Side Story Suite

Devo subito dire che non sono d’accordo con coloro che

considerano Leonard Bernstein un mediocre composito-

re: quest’artista straordinario, dalla personalità complessa, era

infatti capace di scrivere opere geniali costruite in modo assai

rigoroso.

Forse una delle ragioni di un certo “snobismo”, da parte della

critica “uffi ciale”, nei confronti del Bernstein compositore, è

quella che si ricollega al suo personale ideale estetico che gli

rendeva impossibile staccarsi del tutto dal linguaggio tonale.

Si trattava di una presa di posizione molto precisa che a molti

sembra tuttora semplicistica e superfi ciale: “...Per me la tona-

lità della musica è la sua stessa natura. Si può e si deve riam-

modernare il linguaggio della musica, ma non si può per que-

sto negare la musica stessa. Negare la tonalità sarebbe come

negare l’essenza dell’uomo, i suoi principi ed i suoi sentimenti

essenziali.”

Tralasciando le polemiche, occorre dire che questa presa di

posizione del musicista americano, se da un lato non gli ha

impedito di svolgere comunque, come interprete, una grande

opera di divulgazione del repertorio musicale del Novecen-

to (e non solo di quello legato alla tonalità), dall’altro gli ha

permesso di dedicarsi unicamente ai generi che gli erano più

congeniali (tra i quali spicca il musical), regalandoci pagine di

indiscutibile maestria e memorabili per la loro freschezza in-

ventiva e la forte intensità espressiva e comunicativa.

West Side Story, forse la sua opera migliore (certamente la più

popolare), composta verso la metà degli anni ‘50, è appunto

un musical, che presenta non poche singolarità.

Occorre tenere presente che, a quell’epoca, scrivere per Bro-

adway una commedia musicale (ambientata nel West Side

di New York) su un soggetto tragico, liberamente tratto da

Shakespeare (Romeo e Giulietta), che affrontasse da vicino il

problema razziale e che prevedesse due omicidi in scena rap-

presentava una vera e propria scommessa.

Come non bastasse, Bernstein lavorò utilizzando tecniche di

elaborazione motivica derivate direttamente dallo studio dei

“classici” e decise di usare, come cellula generatrice dell’opera,

un gruppo di tre note che, insieme, formano uno degli accor-

di più dissonanti e lontani dagli stereotipi di Broadway che si

possano immaginare.

Scrisse, inoltre, parti vocali assai diffi cili ed accrebbe consi-

derevolmente l’orchestra. Con tali premesse, era diffi cile im-

maginare che l’opera avrebbe potuto essere realizzata e, per

parecchi mesi, la lavorazione dello spettacolo fu funestata da

innumerevoli controversie fra gli autori e i produttori del mu-

sical.

A dispetto di tutto ciò, West Side Story fu un grande trionfo

e, caso raro all’interno di un genere che teme il tempo, è tut-

tora uno degli spettacoli più amati ed apprezzati dai pubblici

di tutto il mondo. “Ci cercò persino la Columbia Records, che

in principio non aveva voluto investire neanche un dollaro in

uno spettacolo che, secondo loro, sarebbe morto nel giro di

una settimana! In realtà, questo spettacolo ha poi salvato dal

fallimento proprio la Columbia Records!”.

Qual è il segreto? Senza dubbio la genialità dell’autore, che

qui riesce ad unire sperimentazione, grande potenza espressi-

va e gusto pressoché infallibile.

La Suite che ho ricavato dall’opera, del tutto differente da

quella preparata dello stesso Bernstein, segue il più possibile

l’andamento del dramma: dal Prologo, dove si affrontano le

due bande rivali (corrispondenti ai Capuleti e Montecchi del

dramma shakespeariano, qui newyorkesi e portoricani), all’in-

contro dei due protagonisti (Tony e Maria), a tutte le loro vicis-

situdini ed allo sviluppo del dramma. Danze vivaci e colorite si

alternano a momenti d’intimismo.

La piacevolezza dell’insieme potrebbe, però, farci dimenticare

che si tratta di un vero dramma. Ecco, dunque, il Finale tragico:

esso dipinge un corteo funebre che si allontana mestamente e

la Suite si chiude, in pianissimo, con un ultimo agghiacciante

colpo di timpano.

Mario Totaro

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16 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013

The rite of spring

Una volta Robert Craft chiese a Stravinskij cosa egli aves-

se amato di più in Russia ed egli rispose: “La violenta

primavera russa, che sembra iniziare in un’ora ed è come se

la terra intera si spezzasse. Quello è stato l’avvenimento più

straordinario di ogni anno della mia infanzia”.

Chi non ha vissuto abbastanza a lungo in Russia riesce diffi -

cilmente a comprendere questa concezione della primavera

come fenomeno magico, come ritorno alla vita. È il mito del

rinnovamento della natura dopo il sonno invernale, della vit-

toria del sole dispensatore di vita sulla rigidità della morte.

Alla base della creazione del “Sacre du printemps” sta pro-

prio questa potente immagine, unitamente a una visione che

Stravinskij afferma di aver avuto, inaspettatamente, durante

la primavera del 1910: “Vidi con la mia immaginazione un so-

lenne rito pagano: vecchi saggi, seduti in circolo, osservavano

una giovane danzare fi no alla morte. La sacrifi cavano per pro-

piziarsi il dio della primavera”.

Stravinskij era convinto di aver rivelato, in questo caso, una

realtà virtuale che esisteva al di fuori di lui e che gli si era offer-

ta naturalmente, come in un sogno. Altri sogni, altre visioni

sono alla base delle concezioni di numerosi suoi lavori. Rife-

rendosi in particolare al “Sacre”, egli disse: “I am the vessel

through which Le Sacre passed”, letteralmente “sono il vaso,

recipiente (ma anche nave, vascello) attraverso il quale pas-

sò il Sacre”.

Questa concezione del genio che non inventa ma svela verità

superiori ricevute come doni è un concetto romantico che non

ci aspetteremmo da Stravinskij. Eppure sono sue queste paro-

le: “Al tempo del Sacre non sapevo niente della tradizione

accademica ma sapevo come dovevo scrivere il Sacre”.

E c’è di più: “Non fui guidato da alcun sistema mentre compo-

nevo il Sacre. Quando penso alla musica degli altri composi-

tori di quel tempo (…Berg … e Webern, ad esempio), questa

mi sembra assai più teoretica del Sacre. Questi compositori

appartenevano ad una grande tradizione ed erano sorretti da

essa. Dietro al Sacre non esiste, invece, né tradizione né te-

oria. Avevo solo il mio orecchio ad aiutarmi. Ascoltai e

scrissi ciò che avevo ascoltato”.

Altrove leggiamo: “Debbo dire che nella mia arte io seguo una

logica istintiva e ne formulo la teoria ex post facto”.

In effetti, la sua nota abitudine di lavorare sempre al piano-

forte, in una totale aderenza alla realtà del suono, avvalora

l’ipotesi di uno Stravinskij compositore empirico e rivelatore

di una scienza infusa.

Ho molto insistito su questo aspetto perché più di un critico

presente alla prima esecuzione del “Sacre” parlò di “forze

primordiali incontrollate”. Secondo Guido Salvetti, “la musi-

ca cessa qui di essere confessione dell’animo dell’autore per

divenire scatenamento di forze che in fondo non gli appar-

tengono”.

Che si creda o no all’interpretazione romantica del genio, è

innegabile che Stravinskij inauguri, col “Sacre”, mondi sonori

totalmente nuovi ed insospettabili.

Nel 1913 Schoenberg aveva da un pezzo abbandonato la tona-

lità (il “Pierrot Lunaire” è contemporaneo di “Petrushka” e

del “Sacre”), mentre Stravinskij si sarebbe accinto, di lì a poco,

a “restaurarla” con i suoi lavori neoclassici.

Eppure la concezione adorniana di uno Schoenberg rivoluzio-

nario e di uno Stravinskij conservatore è stata da tempo con-

futata (Boulez scriverà, nel 1951: “Schoenberg è morto; Stra-

vinskij rimane”). Se i metodi di lavoro di Schoenberg, infatti,

derivano direttamente da quella tradizione della quale egli

si riteneva uno degli ultimi anelli, Stravinskij utilizza, nel “Sa-cre”, modi realmente inediti di organizzazione del materiale

sonoro, tali da non aver esaurito forse nemmeno oggi il loro

potenziale di novità.

Questa opera-chiave senza precedenti, da qualunque punto

di vista la si esamini (armonico, ritmico, timbrico-strumentale,

formale…), occupa una posizione isolata nella sua unicità.

È vero che alcuni aspetti di essa sono ancora basati sulla vec-

chia organizzazione; ma sappiamo che la cosiddetta musica nuova nascerà solo grazie alla convergenza di due esperien-

ze: quella della Scuola di Vienna da una parte e dello Stra-

vinskij del “Sacre” dall’altra.

A differenza di “Petrishka”, nel “Sacre” non abbiamo né sog-

getto drammatico, né azione continuativa, né personaggi. Così,

mentre la musica di “Petrushka” fu scritta su un programma,

qui fu il programma (imposto oltre tutto dal coreografo) ad es-

ser determinato dalla musica. Disse a tal proposito Stravinskij:

“Ho scritto un brano architettonico, non aneddotico”.

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Si tratta, dunque, di una musica più pura della maggior par-

te delle opere ballettistiche, e difatti il lavoro ha da sempre

riscosso più consensi nelle sale da concerto che sui palcosceni-

ci. Del resto, qualunque “messa in scena” è sembrata sempre

inevitabilmente soccombere alla complessità ed alla ricchezza

della partitura.

Se a livello compositivo si può parlare di sviluppo, approfondi-

mento e radicalizzazione di alcuni aspetti già embrionalmente

presenti in “Petrushka” (soprattutto dal punto di vista metri-

co-ritmico), a livello espressivo fra i due lavori si apre un solco

incolmabile: ironia e festosità, infatti, sono qui totalmente as-

senti, mentre si può parlare di immaginazione delirante, di co-

lore “tropicale”, di fuoco inestinguibile, di torbida sensualità.

Un critico presente alla “prima” disse: “Non si era mai ascol-

tata musica così brutale, selvaggia, aggressiva ed apparente-

mente caotica; essa investiva il pubblico come un uragano…”

“Nel Sacre non c’è più spazio né per l’ordine, né per il piace-

vole, né per il sentimentale”, scrive Salvetti, e Boulez rincara la

dose: “Con il Sacre può dirsi defi nitivamente morto e sepolto

il concetto di bello dell’epoca classico-romantica”.

Sembra, in effetti, che Stravinskij abbia deliberatamente ricer-

cato qui le dissonanze più crude e le più asimmetriche combi-

nazioni ritmiche. In realtà, sta proprio qui la vera grandezza

del “Sacre”: per risalire oltre la civiltà dell’uomo, Stravinskij

sentì il bisogno di distruggere l’ordine delle forme tradizionali.

Fu proprio grazie a questa radicalità che “la pietra angolare

della musica moderna” (Boulez) segnò l’inizio di una nuova

era, agendo in profondità sulla coscienza critico-estetica no-

vecentesca.

Si pensi al nuovissimo impiego della pulsione ritmica, mes-

so magnifi camente in luce proprio da Boulez: vi sono episodi

(come la “Danza degli Adolescenti”), dove le funzioni armo-

niche e il melos sono sospesi e tutto ciò che resta è la reitera-

zione ossessiva di un accordo, secondo uno schema ritmico del

tutto imprevedibile.

Ancor più notevoli sono, a mio avviso, le zone dove i blocchi

sonori si susseguono senza alcuna potenzialità discorsiva. In

questi casi le ripetizioni di motivi dal fraseggio corto, irrego-

lare, sembrano sospendere la vettorialità temporale e le più

spregiudicate dissonanze sorgono proprio dallo scontro di li-

nee orizzontali fra loro non comunicanti.

Paradossalmente, la discorsività del “Sacre” risiede nella sua

non-discorsività: gran parte del suo fascino deriva proprio

dalla mancanza di variazioni e di sviluppi del materiale e dalla

conseguente ossessività ritmica e motivica.

Inutile dire che non vi è nulla di meccanico in questi ritmi insi-

stenti ed ostinati: il tumulto espressivo che nasce da essi si lega

saldamente ad un melos straordinariamente coinvolgente, di

origine popolare.

Le analisi strutturali hanno messo in evidenza i calcoli che si ce-

lano dietro ai rapporti fra durate ed accenti; tuttavia, il gioco è

condotto con un tale senso dell’asimmetria da entusiasma-

re per la sua apparente spontaneità.

Furono queste qualità a far dire a Boulez: “Non vi fu mai…

coalescenza più grande fra le risorse del linguaggio e la forza

poetica, fra i mezzi di espressione e la volontà di espressione”

Mario Totaro

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18 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2012

Sofi a Gelsomini, ospite di Società della Musica nella stagione 2012

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J. S. Bach Fantasia e fuga in la minore BWV 904

Toccata in do minore BWV 911

Concerto nach Italiänischen Gusto BWV 971AllegroAndante Presto

•••

C. Coppens Remembering Maeterlinck

J. S. Bach Capriccio sopra la lontananza del fratello dilettissimo BWV 992Arioso. Le moine degli amici per impedire il viaggio.Rappresentazione dei diversi incidenti che potrebbero capitargli in terra straniera.Adagiosissimo. Lamento generale degli amici.Qui gli amici, vedendo che non è possibile dissuaderlo, si congedano.Aria di Postiglione.Fuga all’imitazione della posta.

Partita in do minore BWV 826SinfoniaAllemandeCouranteSarabandeRondeauCapriccio

RIBALTA GIOVANI“Bach e Oltre…”

18 febbraioMadonna della Vittoria, ore 20.45

LUCA OBERTIclavicembalo

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20 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013

“Un clavicembalista eccezionale: “uno dei musicisti più

interessanti dell’ultima generazione di barocchisti”

(Radio Classica, “Ultimo grido”). “Uno dei migliori talenti del

cembalo in Europa” (Musica, Luca Ciammarughi).

Vincitore nel 2012 della venticinquesima edizione della “Ya-

manashi Harpsichord Competition” (Giappone), l’attività con-

certistica di Luca Oberti comprende le principali sale europee

(La Monnaie di Bruxelles, Théatre des Champs-Elysées di Parigi,

Theater an der Wien, Abbaye Royale de Fontevraud, Konzer-

thaus di Berlino, Sala Verdi e Teatro dal Verme di Milano) e col-

laborazioni con i più importanti solisti ed ensembles specializ-

zati nel repertorio barocco: Les Talens Lyriques, La Venexiana,

Academia Montis Regalis, Christophe Rousset, Enrico Onofri,

Amandine Beyer, Stefano Montanari, Roberto Gini, Veronique

Gens, Anne Sophie von Otter, Lawrence Zazzo, Topi Lehtipuu,

Jeremy Ovenden, Hilary Summers, ecc.

Il suo repertorio spazia dai capisaldi del repertorio clavicemba-

listico (Frescobaldi, Bach, Couperin, Rameau, Scarlatti) al reper-

torio del Novecento, sia solistico che con orchestra, fi no a opere

contemporanee scritte negli ultimi anni.

Appassionato studioso dei meccanismi di apprendimento, si de-

dica allo sviluppo di innovativi e più effi caci metodi di studio

applicando, fra i primi, le tecniche di programmazione neuro-

linguistica alla musica.

Nella convinzione che l’insegnamento sia parte fondamentale

della crescita artistica di un musicista, Luca Oberti si dedica ad

esso con passione, sia presso la Scuola Musicale di Milano e l’Ac-

cademia Santa Cecilia di Bergamo, dove insegna regolarmente,

sia in occasione di masterclass e laboratori presso istituzioni eu-

ropee ed extraeuropee, come l’Assumption University di Ban-

gkok, dove tiene corsi di clavicembalo e laboratori di musica

d’insieme.

LUCA OBERTI

La passione per la storia e per gli strumenti antichi

sviluppa in Luca Oberti una curiosità che diventa poi

scelta di vita grazie all’incontro con Emilia Fadini,

con la quale scopre la ricchezza del mondo musicale

antico, e con Christophe Rousset, che lo guida nella

ricerca di un’estetica sonora personale.

Fra i riconoscimenti si segnalano le vittorie al concor-

so organistico “M. Galanti” di Mondaino, ai concorsi di

clavicembalo “G. Gambi” di Pesaro e “P. Berardi” di Bolo-

gna, il diploma di merito dell’Accademia Chigiana di Siena,

e il Premio Nazionale delle Arti, assegnatogli dal Ministero

dell’Istruzione, Università e Ricerca Italiano.

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22 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013

note all’ascolto

Nel corso della sua vita Johann Sebastian Bach studia, appro-

fondisce e rielabora tutte le forme musicali del suo tempo

e del passato. Questo programma presenta i diversi stadi dell’e-

voluzione della scrittura bachiana, per arrivare alla piena rie-

laborazione dei modelli e degli stili nazionali in un linguaggio

inconfondibilmente personale.

La Fantasia e fuga in la minore BWV 904, opera della ma-

turità, ci pone di fronte a una situazione abbastanza ricorren-

te nella produzione bachiana: l’accostamento in dittico di due

brani scritti in anni e in stili differenti. La severa ma malinconi-

ca Fantasia si presenta come un ampio affresco di ispirazione

contrappuntistica, simile ai modelli frescobaldiani “di durezze

e legature”, mentre la complessa fuga in stile più strumentale

ci sorprende per l’introduzione, oltre la metà, di un nuovo sog-

getto cromatico, che porta la composizione a chiudersi in vere e

proprie spirali armoniche.

Con la giovanile Toccata in do minore BWV 911 ci addentria-

mo invece nello Stylus Phantasticus, la cui matrice frescobaldiana

viene fi ltrata dalle innovazioni degli organisti del Nord Europa,

Buxtehude e Böhm in primis. Ad un vigoroso exordium toccati-

stico segue un adagio dalla solida struttura imitativa per giun-

gere, dopo un’altra sezione in stile toccatistico-improvvisativo,

alla monumentale fuga. E proprio nella lunga fuga si insinuano,

dapprima in modo discreto e poi sempre più evidente, delle se-

zioni in stile di nuovo toccatistico-virtuosistico, fi no a disgregare

la fuga stessa in un fi nale inaspettato.

Con il Concerto nel gusto italiano BWV 971 ascoltiamo, in

tutta la sua maturità, l’opera di assimilazione bachiana degli stili

nazionali. Dopo aver trascritto anni addietro numerosi concerti

di Vivaldi, Marcello e altri, Bach è perfettamente in grado di scri-

vere un concerto in stile italiano, superandone il modello stesso

per arricchirlo della propria impronta stilistica. Si giunge quin-

di ad un Concerto notevolmente più complesso di quello che

avrebbe scritto un compositore italiano dell’epoca, ma nel quale

sono mantenuti i capisaldi formali e stilistici. Un brillante primo

tempo con le chiare alternanze di solo e tutti (indicate da Bach

stesso con “piano” e “forte”) lascia presto spazio a un ampio

adagio in cui la melodia, riccamente ornata come nella migliore

tradizione violinistica italiana, si dipana su un vivaldiano basso

staccato dall’andamento ipnotico. A concludere un virtuosistico

Presto di nuovo caratterizzato dal dialogo solo-tutti.

Il compositore e pianista belga Claude Coppens (1936) scrive

Remembering Maeterlinck nel 2012, su commissione del Fe-

stival di Musica Antica di Bruges. Il brano è dedicato al premio

Nobel per la letteratura Maurice Materlinck (1862-1949) nell’oc-

casione del 250° anniversario di nascita. Autore, fra i tanti, di Pél-

leas et Mélisande, è proprio a questa opera che Coppens trae più

di altre ispirazione, costellando il testo musicale di precisi riferi-

menti letterari pur negando ogni programmaticità in favore di

un sottile e ricercato simbolismo. Il brano, di grande complessità

metrica, è una sorta di struttura isocrona, dove nonostante gli

innumerevoli e complessi incastri ritmici, una pulsazione quasi

fi siologica fa da collante delle varie sezioni. Nel panorama del-

la musica contemporanea per clavicembalo il brano di Coppens

mostra una profonda conoscenza dello strumento, che, grazie

anche alla minuziosa accuratezza della notazione, permette di

esplorare nuove combinazioni sonore, perfetta espressione di

una scrittura assolutamente simbolista.

Il Capriccio sopra la lontananza del fratello dilettissimo BWV 992 è una delle più interessanti opere giovanili di Bach.

Scritta all’età di circa 19 anni, quando il fratello Johann Jacob si

trasferì alla corte di Carlo II di Svezia, è una vera composizione

programmatica, dove l’intento espressivo delle singole sezioni è

annotato da precise descrizioni. Il linguaggio retorico dell’epoca

è qui presentato con un ampio vocabolario: il basso cromatico

ostinato del lamento, le dure modulazioni degli “incidenti in ter-

ra straniera”, i frivoli ornamenti delle “moine degli amici”, piut-

tosto che l’imitazione onomatopeica del corno di postiglione,

sono solo i più evidenti degli innumerevoli mezzi dispiegati dal

giovane Bach per massimizzare l’attinenza testo-musica.

Con la Partita in do minore BWV 826 torniamo alle grandi

opere della maturità bachiana: le sei Partite in particolare, rag-

giungono il vertice della scrittura tastieristica bachiana. Le matri-

ci degli stili nazionali italiano, francese e tedesco, pur restando

riconoscibili, sono ormai perfettamente fuse e rielaborate nell’o-

riginale e unico stile del compositore.

Il contenuto emotivo di questa partita in do minore, già dal primo

movimento, apre l’orizzonte a una nuova sensibilità. Si fa strada

un sentimento che emerge in alcune delle ultime opere di Bach:

l’inquietudine. Quella stessa inquietudine che anticipa la dram-

maticità romantica e che va a tendere un braccio a Beethoven.

Luca Oberti

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4 marzoChiostro di San Barnaba, ore 20.45

DORINA FRATImandolino

PIERA DADOMOchitarra

G. G. Boni Sonata IXAllegroAdagioAllegro

A. Vivaldi Concerto in re maggiore, RV 93AllegroAdagioAllegro

A. Riggieri Tema con variazioni “La Fustenberg”per mandolino solo

J. S. Bach Concerto Italiano BWV 971AllegroAndantePresto

•••

ALTRI SUONI

abacogroup.eu

il concerto è realizzato grazie a:

M. M. Ponce Sonatina Meridionalper chitarra sola

R. Calace Notturno op. 186 per mandolino solo

N. Paganini Sonata concertataAllegro spiritosoAdagioRondò

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Si è formata alla scuola chitarristica di Angelo Gilardino, dap-

prima con due suoi ex-allievi bresciani, Roberto Ferraresi e

Marco de Santi, poi con Gilardino stesso. A vent’anni ha vinto

il Concorso Internazionale di Lagonegro, dedicato al repertorio

del Novecento; l’anno successivo, si è diplomata con il massimo

dei voti presso il Conservatorio di Cuneo; nel 1995 ha concluso

con valutazione di eccellenza il triennio di perfezionamento te-

nuto dal M° Gilardino presso l’ Accademia “L. Perosi” di Biella.

Diverse le fi gure di musicisti che hanno ulteriormente contribu-

ito alla sua crescita artistica: tra i chitarristi, Tilman Hoppstock,

in particolare per quanto concerne il repertorio barocco, e Du-

san Bogdanovic.

Come solista o in formazione da camera - in duo con la mando-

linista Dorina Frati o con il chitarrista Vincenzo Torricella - ha

tenuto concerti presso Festival Chitarristici Internazionali e pre-

stigiose Associazioni musicali in Europa e Giappone.

Ha pubblicato un cd per la MAP di Milano, dedicato integral-

mente alle opere del compositore messicano Manuel M. Ponce

(“Disco del mese” per la rivista “Seicorde”); per Dynamic ha

realizzato un cd di musica da camera con Dorina Fra-

ti, dedicato a J. S. Bach, con trascrizioni per

mandolino e chitarra curate dal duo.

Nel 2008 la rivista “Seicorde” ha pubbli-

cato come cd allegato una sua registra-

zione dedicata al repertorio romantico.

Svolge un’intensa attività didattica,

quest’anno anche presso il Liceo Musi-

cale di Mantova,

e collabora rego-

larmente alla Ma-

sterclass estiva or-

ganizzata all’interno

del Festival Chitarristico

di Castell’Arquato (PC).

Considerata fra i più grandi virtuosi del panorama mando-

linistico internazionale, ha compiuto gli studi musicali con

il M° Giuseppe Anedda diplomandosi, prima in Italia, presso il

Conservatorio “Cesare Pollini” di Padova. L’intensa attività con-

certistica, la vede impegnata sia in formazioni cameristiche sia

con le più prestigiose orchestre sinfoniche italiane: Filarmonica

della Scala e Accademia di Santa Cecilia. Invitata dal M° Riccar-

do Muti, è stata ospite dei Wiener Philarmoniker e della Bayeri-

scher Rundfunk Simphonieorchester di Monaco.

Con quest’ultima ha inciso “Das lied von der erde” di Gustav

Mahler diretta dal M° Lorin Maazel.

Il lungo sodalizio con i Solisti Veneti diretti da C. Scimone le

ha consentito di esibirsi nelle sale più importanti del mondo,

partecipando a numerose tournée e festivals.

È primo mandolino dell’Orchestra del Teatro alla Scala e del-

la Filarmonica della Scala, con cui collabora dal 1987. È stata

diretta da Carlos Kleiber, Carlo Maria Giulini, Riccardo Muti,

Daniel Barenboim, Antonio Pappano, Lorin Maazel, Giuseppe

Sinopoli, Zubin Mehta, D. Gatti, Riccardo Chailly. Ha inciso per

Sony, Emi, Decca ed Erato; con Dynamic si è dedicata negli ulti-

mi anni alla riscoperta di un interessante ed inedito repertorio

per mandolino.

Nel 1981 ha fondato l’Orchestra a plettro del Centro Musicale

del Villaggio Sereno di Brescia, che tuttora dirige e con la quale

ha ottenuto importanti riconoscimenti in Europa e Giappone.

È stata interprete di diverse prime esecuzioni assolute, tra cui

ricordiamo il Concerto per mandolino, chitarra e Orchestra da

Camera “Fiori di Novembre” di Angelo Gilardino ed il brano

per tre Attori recitanti e Orchestra a Plettro “L’Isola dell’Amo-

re” del compositore svizzero Francesco Hoch, quest’ultimo a lei

dedicato.

È docente di Mandolino presso il Conservatorio “Cesare Pollini”

di Padova e tiene masterclass e seminari di interpretazione per

enti e associazioni musicali.

PIERA DADOMO DORINA FRATI

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note all’ascolto

La prima parte del programma, interamente dedicata al pe-

riodo barocco, offre diversi esempi di composizioni tutte

dedicate agli strumenti a pizzico in voga all’epoca: mandolino,

liuto e clavicembalo.

La Sonata IX del compositore bolognese Giuseppe Gaetano

Boni, con cui si apre il programma, fa parte di una raccolta di

12 sonate, intitolata “Divertimenti per camera a violino, violo-

ne, cimbalo, fl auto e mandola, op. II”, pubblicata a Roma pre-

sumibilmente nel 1720: si tratta di una composizione articolata

in tre brevi movimenti, nella cui fresca inventiva melodica si

può ravvisare l’infl uenza di Arcangelo Corelli.

Tra i numerosi concerti che Antonio Vivaldi scrisse per strumen-

ti solisti e orchestra, quello per liuto in Re maggiore RV93 è

senz’altro tra i più celebri: suddiviso nei canonici tre movimen-

ti Allegro-Largo-Allegro, è stato da noi trascritto in modo che

parte orchestrale e parte solistica vengano affi date in modo

alternato ai nostri due strumenti, privilegiando l’aspetto della

ricchezza timbrica, tanto cara a Vivaldi.

Le dieci variazioni su tema detta “La Fustemberg” del com-

positore Antonio Riggieri, appartengono a una serie di pub-

blicazioni fatte a Parigi tra il 1781 e il 1783; le variazioni rap-

presentano quanto di più completo e virtuosistico il repertorio

barocco per mandolino solo offre; le peculiarità timbriche e

tecniche dello strumento sono messe in risalto dalla maestria

del compositore, sicuramente esperto conoscitore degli stru-

menti a pizzico.

La musica barocca italiana era talmente ammirata a livello

europeo che quando Johann Sebastian Bach prestò servizio

presso la corte di Weimar negli anni 1708-1716, fu invitato dal

colto Principe Johann Ernst di Sassonia, abile clavicembalista,

a trascrivere per il proprio strumento diversi concerti di auto-

ri italiani (in primis Vivaldi e Marcello) originali per orchestra

d’archi: naturalmente il genio di Eisenach non si limitò a fare

un lavoro di mera trascrizione, ma aggiunse elementi suggeriti

talvolta dalla tecnica cembalistica (variazioni in arpeggio, fi o-

riture melodiche) o da esigenze di arricchimento contrappun-

tistico, che rendono queste opere ancora più interessanti degli

originali. Per questa ragione, immaginando il duo mandolino-

chitarra come una sorta di ideale “cembalo colorato”, abbia-

mo deciso di attingere alla versione bachiana per la trascrizio-

ne del celeberrimo Concerto di Alessandro Marcello, originale

per oboe e orchestra.

La seconda parte del concerto è dedicata al repertorio del No-

vecento storico e dell’Ottocento.

La Sonatina Meridional è una delle opere più felicemente ri-

uscite del messicano Manuel Maria Ponce, intimo amico del

chitarrista Andrés Segovia, personalità carismatica che negli

anni Venti e Trenta ebbe il merito di portare la chitarra in tut-

to il mondo e di stimolare diversi compositori di vari Paesi ad

arricchire il repertorio per chitarra.

Nei tre movimenti della Sonatina, elementi ritmici e melodici

propri della musica folklorica messicana si fondono in una for-

ma elegante e compiuta, d’ispirazione europea: Ponce visse e

studiò infatti per lunghi anni a Parigi, e questo gli permise di

elaborare uno stile compositivo estremamente raffi nato, che

ispira composizioni quali la Sonata III, le Variazioni e Fuga sulla

Follia di Spagna, il Concierto del Sur e tanti altri capolavori per

chitarra.

Di Raffaele Calace, autore napoletano tra i più conosciuti del

panorama mandolinistico internazionale, il Notturno ….cielo

stellato è una successione di suoni rarefatti eseguiti con la tec-

nica del “tremolo”, effetto tipicamente “partenopeo”che ha

riconosciuto per più di un secolo il mandolino come rappre-

sentante più signifi cativo della musica popolare napoletana.

Il programma si conclude con un’opera classica, la Sonata Con-

certata di Niccolò Paganini, anch’essa articolata in tre movi-

menti. Lo straordinario violinista genovese si dilettava anche

con la chitarra, per la quale scrisse pagine molto ricche; si dedi-

cò anche al mandolino, con alcune brevi composizioni.

Pertanto ci permettiamo di eseguire questa Sonata con il man-

dolino, anziché con il violino, come è stata pensata originaria-

mente. Il carattere “concertato”, che vede alternare l’esposi-

zione dei temi ai due strumenti, anima la composizione, in un

gioco di botte e risposte vivaci e giocose.

Dorina Frati e Piera Dadomo

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ACCADEMIA NAZIONALE VIRGILIANAi luoghi storici

La ricostituzione dell’Accademia Nazionale Virgiliana risale a un editto di Maria Teresa Imperatrice d’Austria del 1768.

Mantova traversava un periodo storico diffi cile.

Con l’ascesa al trono di Maria Teresa d’Asburgo anche Mantova è investita da quella corrente di rinnovamento e di riforma che carat-terizzò tutto il regno dell’Imperatrice.

L’Istituzione, denominata allora “Reale Accademia di Scienze e Bel-le Lettere” divenne in realtà una vera e propria scuola superiore e universitaria articolata in tutte le discipline e divisa in varie classi.Tale altezza di compiti le assicurò rapidamente una meritata cele-brità in Italia e all’estero. Fino da allora le fu destinata la sede ove si trova tuttora: il Palazzo Accademico restaurato dall’architetto neo-classico Paolo Pozzo, e abbellito dallo splendido teatro di Antonio Galli da Bibiena inaugurato nel 1769 (Mozart tredicenne vi suonò il 16 gennaio 1770).

La “Reale Accademia di Scienze e Belle Lettere” nata allora risorge-va sulle radici di una tradizione di sodalizi di cultura che risaliva al Rinascimento e al dominio gonzaghesco.Assunse il nome di Virgiliana per volontà di Napoleone Bonaparte; e la qualifi ca di Nazionale nel 1983.

In origine l’Accademia costituiva una struttura culturale e didattica fondamentale per la città di Mantova; e le era stata assegnata la proprietà di tutti i beni artistici e librari pubblici mantovani.Dopo alterne e diffi cili vicende che l’hanno gravemente impoverita, essa ha riavviato negli ultimi decenni una vivace operosità di produ-zione culturale nelle tre Classi che la compongono: Lettere e Arti, Scienze matematiche fi siche e naturali, Scienze morali.Il Corpo accademico è costituito da 170 tra accademici ordinari, onorari e soci corrispondenti.

Nella sua sede l’Accademia conserva e mette a disposizione di stu-diosi e ricercatori quanto rimane del tesoro artistico e librario ori-ginario; pubblica dal 1863 la rassegna annuale degli «Atti e Memo-rie»; svolge un’intensa attività editoriale in diverse collane proprie, per i tipi della casa editrice Leo S. Olschki di Firenze, divulgando in tutto il mondo i risultati degli studi e delle ricerche compiuti nella su a sede.

Celebra periodicamente convegni frequentati da studiosi eminen-ti, e cicli di conferenze di vario indirizzo e di alta specializzazione culturale.

26 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013

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W. A. Mozart Sonata K. 331 per fl auto e chitarra (arr. Graf/Ragossnig)Andante GraziosoMinuettoRondò alla turca

F. Schubert Sonata in la minore D. 821 “Arpeggione” per fl auto e chitarra (arr. A. Grande) Allegro moderatoAdagioAllegretto

•••

A. Piazzolla Da “Cinco Piezas para guitarra sola”CamperoAcentuadoCompadre

Da “Studi per fl auto solo”Studio n. 1, n. 3, n. 2

Histoire du Tango per fl auto e chitarra Bordel 1900Café 1930Night club 1960Concert d’aujourd’hui

si ringrazia:

11 marzoSala ovale dell’Accademia Virgiliana, ore 20.45

MASSIMO MERCELLIfl auto

EDOARDO CATEMARIOchitarra

il concerto è realizzato grazie a:

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28 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013

Allievo dei celebri fl au-

tisti Maxence Larrieu

ed André Jaunet, Massimo Mercelli a diciannove anni

diviene primo fl auto al Te-

atro La Fenice di Venezia,

vince il “Premio Francesco

Cilea”, il “Concorso Inter-

nazionale Giornate Musi-

cali” e il “Concorso Interna-

zionale di Stresa”.

Suona regolarmente nel-

le maggiori sedi concer-

tistiche del mondo: Carnegie Hall di New York, Herculessaal e

Gasteig di Monaco, Mozarteum di Salisburgo, Teatro Colon di

Buenos Aires, Concertgebouw di Amsterdam, Auditorium RAI

di Torino, Victoria Hall di Ginevra, San Martin in the Fields e

Wigmore Hall di Londra, Parco della Musica di Roma, Filarmo-

nica di San Pietroburgo, Filarmonica di Varsavia, e nei Festival

di Ljubljana, Berlino, Santander, Vilnius, San Pietroburgo, Bonn,

Festival Cervantino, Reihngau, Jerusalem, Warsaw, collaboran-

do con artisti quali Yuri Bashmet, Jean-Pierre Rampal, Krzsystoff

Penderecki, Jiri Belohlavec, Albrecht Mayer, Gabor Boldowsky,

Philip Glass, Michael Nyman, Massimo Quarta, Ennio Morricone,

Luis Bacalov, Peter-Lukas Graf, Maxence Larrieu, Aurele Nicolet,

Anna Caterina Antonacci, Ramin Bahrami, Federico Mondelci,

Jan Latham Koenig, Catherine Spaak, Susanna Mildonian, e con

orchestre come la Prague Philarmonia, i Moscow Soloists, i Wie-

ner Symphoniker, i Solisti della Scala, i Virtuosi Italiani, i Salzburg

Chamber Soloists, la Moscow Chamber Orchestra, i Musici.

Direttore artistico e fondatore dell’Emilia Romagna Festival, dal

2011 è stato eletto vice presidente della prestigiosa European

Festival Association. Appassionato della musica del nostro tem-

po, ha eseguito in prima esecuzione “Facades” di Philip Glass

col compositore al pianoforte,oltre a prime esecuzioni di Nyman,

Glass, Morricone,Penderecki, Bacalov che sovente gli hanno de-

dicato i brani. L’11 settembre 2006 ha suonato presso l’audito-

rium dell’ONU, a New York.

Nella stagione 2008 si è esibito alla Filarmonica di Berlino nella

stagione uffi ciale e alla Filarmonica di Mosca in un Galà con Yuri

Bashmet e Gidon Kremer. Nell’agosto 2008 si è esibito come soli-

sta nella prima assoluta della cantata di Ennio Morricone “Vuoto

d’anima piena” diretto dal compositore stesso e ha partecipa-

to, alla Filarmonica di Varsavia, al festival dedicato ai 75 anni di

Krszystoff Penderecki.

Nella stagione 2009-10 ha suonato al MITO Festival di Milano,

al Teatro Nazionale di Praga con Denice Graves, in Cina con Luis

Bacalov al Expo di Shangahi e ha effettuato la prima esecuzione

mondiale del concerto per fl auto ed orchestra di Michael Nyman

a lui dedicato. Recentemente ha suonato alla Cajkovskijj Hall di

Mosca sotto la direzione di Yuri Bashmet e al MusikVerein di

Vienna.

Nel 2012 ha suonato in Russia,Cina, Europa e Sud America in im-

portanti sedi come le Filarmoniche di Berlino, Vilnius, Praga. Nel

mese di settembre 2012 è uscito il cd con l’integrale della musica

per fl auto di Philip Glass edito da “Orange Mountain Record”.

Edoardo Catemario, è

nato a Napoli ed ha in-

trapreso lo studio della chi-

tarra all’età di cinque anni.

Ha studiato con Jose Tomàs

e Maria Luisa Anido. Piano-

forte e analisi con Titina De

Fazio ed interpretazione

con Leo Brouwer.

Chitarrista estremamen-

te versatile, passa con di-

sinvoltura dal repertorio

romantico (suonato su

strumenti originali) a quello barocco, al novecento storico alla

musica contemporanea e d’avanguardia. Il suo repertorio inclu-

de una enorme quantità di pezzi solistici, da camera e 44 con-

certi per chitarra ed orchestra.

Artista DECCA dal 2008. Vanta al suo attivo numerosi primi pre-

mi di concorsi nazionali ed internazionali.

Ha vinto, tra l’altro, il primo premio dei prestigiosissimi concorsi

“Andres Segovia” di Almuñecar (Granada) nel 1991 e di Ales-

MASSIMO MERCELLI

EDOARDO CATEMARIO

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sandria nel 1992. Ha suonato in prima assoluta composizioni a

lui dedicate tra cui: “Carpe Diem” di Gerard Drozd, “El Kalasha

de Avalokitesvara” di Eduardo Morales Caso, “I racconti di

Mamma Orca” di Roberto De Simone per chitarra e quartetto

d’archi, “Cuadernos de Danzas” di Marcelo Sotelo per violino,

chitarra e ensemble ed il “Concerto Serenata” di Oliviero Laca-

gnina per chitarra e orchestra d’archi. È stato ospite in quali-

tà di solista di grandi orchestre: Melbourne Synphony, Wiener

Akademie, Orquesta Nacional de Andorra, Pomeriggi Musi-

cali, Orchestra di Padova e del Veneto, Accademia Bizantina,

Orchestra della Toscana, Orchestra di Stato del Messico, Solisti

di Fiesole con direttori quali: Martin Haselboek, Oleg Caetani,

Marzio Conti, Michael Helmrat, Inma Shara, Ottavio Dantone,

Enrique Batiz e Nicola Paszkowski. Catemario affi anca alla sua

carriera da solista una intensa attività cameristica che lo ha por-

tato a collaborare con musicisti quali: Alain Meunier, Massimo

Quarta, Alexandre Da Costa, Mario Carbotta, Roberto Fabbri-

ciani, Antonello Farulli, Mario Ancillotti, Sylvie Gazeau, Silesian

string quartet, Vega string quartet. Edoardo ha partecipato ad

emissioni radiofoniche e televisive per le maggiori reti naziona-

li BBC (UK), ABC (Australia), CBC (Canada), TVE2 (Spagna), RTF3

e ARTE (Francia), RAI1 e RAI3 (Italia), TV2000 (Vaticano).

Ha tenuto concerti da solista nelle sale più prestigiose del mon-

do: Grosser Saal of the Wiener Musikverein (Vienna), Audito-

rio Nacional e Teatro Real (Madrid), Wigmore Hall e St John’s

Smith Square (Londra), Weill Hall at Carnegie Hall (New York),

Bolshoi Saal della Philarmonia (San Pietroburgo), Suntori Hall e

Tokyo Opera Hall (Tokyo), Sidney Meyr Bowl e Town Hall (Mel-

bourne), Citè de la musique (Parigi), Gewandhaus (Lipsia), Tea-

tro Coliseo (Buenos Aires), MusikHalle (Hamburg), Auditorium

Cariplo (Milano), Villa Rufolo (Ravello) etc.

La sua produzione discografi ca include lavori per: DECCA Re-

cords, ARTS Music e Koch Schwann. Le sue registrazioni hanno

vinto numerosi premi della critica quali: Cinque stelle di “Musi-

ca” (Italia), Scelta del mese di CD classica (Italia), Scelta dell’edi-

tore di Guitart (Italia), Joker di Crescendo (Belgio) fra le altre…

Nel Gennaio 2004 la sua incisione del Concerto n1 di Giuliani

è stata allegata al BBC Music Magazine. Catemario è anche un

apprezzato didatta, ha dato Master Classes in Francia, Spagna,

Italia, Regno Unito ed Austria. Collabora con la Royal Academy

di Londra dove è regolarmente invitato dal 2006, ha tenuto

corsi durante la “Sommer Akademie” del Mozarteum di Sali-

sburgo, alla Musikhochschule di Lipsia, all’Indiana University,

Brooklyn University ed altre istituzioni. È stato titolare della

cattedra di perfezionamento ed interpretazione presso il “Con-

servatoire International de Paris” (Parigi, Francia) dal 1995 fi no

al Giugno del 2001. Edoardo Catemario suona con corde Royal

Classics “Sonata light”.

note all’ascolto

Mozart: Sonata in la maggiore K. 331

Nella primavera del 1778, Mozart e sua madre giunsero a

Parigi, ambìta meta di un ennesimo viaggio avviato nel set-

tembre dell’anno precedente, e concepito a scopo di carriera.

Fu in questa città, viva di salotti, teatri, dispute intellettuali

e fi gure infl uenti che il ventiduenne compositore compì una

serie di cinque sonate per pianoforte che oggi appaiono come

un punto fermo nella sua evoluzione: rifl esso dell’ambiente

nel quale si trovò a vivere, ed immagine rielaborata di infl uen-

ze musicali altre, tra cui - riconosciute dagli esegeti - quelle di

Johann Schobert e Johann Christian Bach.

La Sonata in la maggiore K. 331 è divenuta celeberrima in par-

ticolare in ragione dell’Allegretto “Alla turca” che ne è a con-

clusione, ma si distingue anche per altre caratteristiche tra cui

un primo ampio movimento in forma di variazioni (originato

da un tema puro e malinconico). Si tratta di una Sonata che

esibisce, anche per la presenza di un Minuetto centrale, un evi-

dente carattere “francese”, interpretato nel senso di quell’eso-

tismo di radice turca che percorreva l’Europa in una brillantez-

za non aggressivamente espansionistica, ma con l’ironia di una

lontananza un pò selvatica, ma pacifi cata e innocua, anche se

la storia ci racconta che la pressione ottomana sull’Est europeo

non fu certo placata in quella fi ne secolo.

Schubert: Sonata in la minore per arpeggione (violon-cello) e pianoforte D. 821

La Sonata per arpeggione e pianoforte risale alla fi ne del

1824, anno in cui Schubert, già colpito dalla sifi lide, si defi -

niva “la creatura più infelice e sciagurata del mondo” (così si

legge in una lettera indirizzata all’amico Leopold Kupelwei-

ser). Si tratta di una pagina non cruciale dell’inventiva schu-

bertiana, ma tuttavia in grado di rappresentare compiutamen-

te un fascinoso profi lo estetico al quale concorrono in egual

misura una ispirazione melodica raffi natissima, la pulizia della

forma ed una fresca espressività salottiera, eco del mondo bor-

ghese ed amico della musica del quale il maestro viennese fu

spesso partecipe.

Lo strumento ad arco per il quale la Sonata fu progettata,

venne presto accantonato dalla pratica concertistica trovan-

do però un degno sostituto nel violoncello a partire dal 1871

quando apparve in una trascrizione dedicata; con quest’ultimo

strumento l’arpeggione condivideva all’incirca la dimensione

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30 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013

ma non il numero delle corde (erano 6 anziché quattro), men-

tre accordatura e forma rimandavano alla chitarra. Questo il

motivo dei nomi alternativi, quali chitarra-violoncello, chitarra

d’amore o chitarra ad arco dello strumento ideato nel 1823

dal liutaio viennese Johann Georg Staufer, artigiano geniale

ma sfortunato.

La Sonata schubertiana, che come tutti i lavori di successo co-

nobbe molti altri adattamenti, e della quale forse il chitarrista

e violoncellista italiano Mauro Giuliani fu primo interprete,

consta di tre movimenti che lasciano allo strumento ad arco

piena libertà d’esprimere momenti di felicissima cantabilità:

l’”Allegro moderato” si appropria di stilemi propri di un vir-

tuosismo vocale con gusto squisito, l’”Adagio” si esprime in un

lirismo accolto e vibrante, ed un’agile delicatezza contrasse-

gna il conclusivo “Allegretto”.

A. Z.

Le musiche di Astor Piazzolla

Astor Piazzolla: ci troviamo di fronte ad un compositore

che ha una collocazione storica quanto mai ambigua:

troppo classico per essere folklorico e viceversa! D’altronde lui

stesso cercando di ricomporre la distanza che lo separa dalla

tradizione confessava: «…io faccio musica di Buenos Aires…».

Dunque non semplicemente tango!

Come fortunatamente spesso avviene, l’ostilità serbata al no-

stro compositore da ambienti più o meno tradizionalisti è stata

palesemente smentita dal grande successo di pubblico. Ci sono

autori la cui musica tocca corde profonde dell’anima, le nostre

passioni più intime, i dolori inconfessati. C’è musica che fa af-

fi orare dal profondo tutto ciò che fa male ma che fa sentire

vivi. Astor Piazzolla lo sapeva… “Un pensamento triste para

bailar…”. Non ricordo più dove ho letto questa defi nizione del

tango, certo è che l’ho sentita ripetere tante volte riferita a

tutto il tango cosiddetto classico. Ebbene se lo volessimo esten-

dere ad Astor Piazzolla bisognerebbe vestirla di una dimensio-

ne assolutamente nuova. “Tristezza che immersa in un mare di

solitudine diventa passione”. Una solitudine fi glia del nostro

tempo e delle grandi metropoli. Una solitudine che va al di là

del semplice gioco intellettuale, che è reale nella sua fi sicità.

Allievo di Alberto Ginastera e di Nadia Boulanger, Piazzolla

è il ponte ideale tra Buenos Aires e Parigi. Respira da sempre

cultura metropolitana e se ne fa interprete. Ha profondamen-

te assimilato gli umori, le incoerenze, i modi di espressione, i

sentimenti di Buenos Aires. Questo patrimonio lo usa non per

un lavoro di semplice traslazione ma per la formulazione di

un pensiero musicale proprio, personalissimo e perfettamente

bilanciato tra il nuovo mondo e la vecchia Europa. Erede ma

non portavoce della tradizione, Piazzolla rielabora la voce di

Buenos Aires fi ltrandola attraverso la sensibilità jazz e l’appli-

cazione di impeccabili stilemi della musica classica europea.

Una Buenos Aires idealizzata cui sollevare la gonna in cera for-

se di intimi segreti da svelare attraverso una sorta di viaggio

nei suoi luoghi, nella sua storia, o nei suoi personaggi tipici.

Le Cinco Piezas sono cinque ritratti che colgono l’essenza più

intima dei “Porteños”, intimamente lacerati da un eterno dis-

sidio di passioni incurabili: Campero giocato tra un improba-

bile tango in 7/4 ed il ritmo di milonga pampeana, Romantico

che alterna tenerezza e passionalità in un alternante gioco

chiaroscurale, Acentuado dove le percussioni risuonano come

colpi mortali inferti ad un’anima già sofferente, Triston quasi

un gioco intellettuale d’abbandono alla morte, Compadre col

suo linguaggio frammentato mette un improbabile parola fi ne

a questa serie.

Le passioni, come nelle Tango-Études per fl auto solo scritte nel

1987, sono alla base anche dell’Histoire du Tango. In origine il

tango fu musica di bordello (Bordel 1900), portavoce ella pro-

vocatoria ilarità un po’ spaccona di immigrati italiani francesi

e spagnoli. Musica da strada, sottofondo di duelli a colpi di

coltello e di sfi de lanciate alla polizia. Nel periodo successivo

(Café 1930) il tango sale di rango, entra nella società bene,

perde parte della sua freschezza e “cattiveria” per assumere

connotazioni più lente e melanconiche. Si arricchisce dal punto

di vista armonico e passa ad essere anche un genere di musica

da ascolto. Night Club 1960 ci porta un tango “innovativo”,

forse infl uenzato dalla musica brasiliana. Le tradizioni comin-

ciano a vacillare sotto l’urto di una contestazione generazio-

nale che prebde, almeno da un punto di vista musicale, toni

quasi rivoluzionari. Il dissidio passionale diventa lucida follia in

Concert d’aujourd’hui. È un Piazzolla che fa da ideale collega-

mento tra ‘900 storico (Bartók e Stravinskij in testa) e ciò che

potrebbe essere il tango del futuro.

Edoardo Catemario

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J. B. Singelée Premier Quatuor op. 53 Andante- AllegroAdagio sostenutoScherzoFinale

A. Glazunov Quartetto op. 109 Allegro Canzona variée Variazione IVariazione II À la Chopin Scherzo Finale

•••

18 marzoAuditorium Monteverdi, ore 20,45

QUARTETTO DI SASSOFONI ACCADEMIA

GAETANO DI BACCO, sassofono sopranoENZO FILIPPETTI, sassofono contraltoGIUSEPPE BERARDINI, sassofono tenoreFABRIZIO PAOLETTI, sassofono baritono

il concerto è realizzato grazie a:

J. FrançaixPetit quatuor GaguenardiseCantiléneSérénade comique

A. Romero Cuarteto LatinoamericanoFandangoSerenataChôro y tango

T. Escaich Tango Virtuoso

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32 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2012

Ha collaborato con solisti e compositori di rilevanza interna-

zionale come Claude Delangle, Luisa Castellani, Bruno Canino,

Massimiliano Damerini, Jan Van der Roost, Zagreb Saxophone

Quartet, Fundacion Sax Ensemble di Madrid, Ennio Morricone,

Vittorio Fellegara, Ada Gentile, Franco Mannino, Marco Di Bari

e Aldemaro Romero.

Attivo sia nell’ambito della musica contemporanea, con più di 70

opere scritte e dedicate, che nella ricerca di musica rara per sas-

sofono, come le musiche dei compositori francesi dell’ottocento

incisi in prima mondiale nel Cd “Hommage a sax”, ed i concerti

per quartetto e orchestra dei compositori italiani Lovreglio e Ric-

ci-Signorini, più volte eseguite nel mondo. Tiene corsi, master-

class e conferenze a San Francisco, Parigi (Conservatoire Natio-

nal Superieur de Musique), Slovenia, Spagna, Albania, Turchia,

Venezuela e Italia. I suoi componenti sono docenti di sassofono

nei Conservatori di Musica di Roma, Udine, Pescara, e L’Aquila.

L’attività discografi ca del Quartetto Accademia consta di una

dozzina di compact disc per Nuova Era, Dynamic, Edipan, Iktius,

BMG-Ariola, Paganmusic e Riverberi Sonori.

Per la carriera svolta è stato insignito del prestigioso “PREMIO

SCANNO”, XXXIX edizione.

note all’ascolto

Jean Baptiste Singelée, Premier Quatuor op. 53

Violinista e compositore nato a Bruxelles, fece parte di di-

verse orchestre (tra cui quella dell’Opéra Comique di Pa-

rigi), prima di diventare violino solo al Théâtre Royale di Bru-

xelles.

Prolifi co compositore, scrisse due Concerti e numerose Fanta-

sie per violino, oltre che diversi altri pezzi strumentali e musica

per balletto (per il Teatro de La Monnaie).

Singelée, intimo amico di Adolphe Sax, inventore, verso la

metà dell’Ottocento, dello strumento che porta il suo nome,

fu tra coloro che sollecitarono lo sviluppo dei quattro sassofoni

Il Quartetto di Sassofoni Accademia si è costituito nel 1984 ed

è considerato a livello internazionale tra i gruppi italiani più

attivi nel suo genere, sempre mantenendo la stessa formazione.

Ha tenuto più di 1500 concerti in Italia e all’estero svolgendo 70

tournée in 26 Paesi (Europa, America del Nord e Sud, Medio ed

Estremo Oriente, Africa).

Si è esibito per importanti istituzioni musicali e festival in sedi

prestigiose quali La Biennale di Venezia, Mozarteum di Salisbur-

go, Conservatoire National Superieur de Musique de Paris, cap-

pella Paolina al Quirinale a Roma, Teatro “Teresa Carreño” di

Caracas, Palau de La Musica di Valencia, Konzerthaus di Berna,

Museo di Arte Contemporanea di Barcellona, Teatro “Lisinski”

di Zagabria, University Concert Hall di Klapeida, Centro “Bellas

Artes” di Madrid, Sala dei concerti del Conservatorio “G, Verdi”

di Torino, Teatro “Rossini” di Pesaro, Teatro “G. Verdi” di Trieste,

Teatro “Alfi eri” di Torino, “Ted Mann“ Teather di Minneapolis,

Philarmonie di Lussemburgo, Accademia Filarmonica di Bologna,

Filarmonica “Laudamo” di Messina, ASAM di Siracusa, Istituzione

Universitaria dei Concerti di Roma, Società dei Concerti “Barat-

telli” dell’Aquila, Società dei Concerti della Spezia, festival “Ro-

maeuropa” a Roma, du Maurier Toronto Downtown Jazz Festival,

1st European Jazz Festival in Athens, Festival Pontino, festival di

“Musica Verticale”, festival “Nuova Consonanza”, Roma, festival

“Nuovi Spazi Musicali” Europalia” a Bruxelles, aecc.

QUARTETTO DI SASSOFONI ACCADEMIA

GAETANO DI BACCO, sassofono soprano

ENZO FILIPPETTI, sassofono contralto

GIUSEPPE BERARDINI, sassofono tenore

FABRIZIO PAOLETTI, sassofono baritono

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principali insieme a Demerssemann (il brevetto della famiglia

completa avvenne nel 1846). Il Premier Quatuor op. 53 pubbli-

cato nel 1857, è probabilmente, tra le prime opere scritte per

questa formazione strumentale, di cui Singelée fu l’iniziatore

e promotore.

Questo lavoro, differente dal resto della sua produzione, fu

scritto in uno stile che potrebbe essere chiamato “post-classi-

co”, stile in voga agli inizi del XIX secolo. I quattro movimenti,

preceduti da un’introduzione “Andante”, seguono la forma

tradizionale: l’”Allegro”, in forma sonata; l’”Adagio” (in cui si

nota l’introduzione del secondo tema di una delicatezza tutta

mozartiana) poi “Scherzo” e “Finale”.

Alexander Glazunov, Quartetto op. 109.

Alexander Glazunov è conosciuto principalmente per la

qualità della sua musica strumentale. In giovane età stu-

diò con Elenovsky e Rimskij-Korsakov, componendo la sua pri-

ma Sinfonia all’età di sedici anni.

Glazunov diresse una serie di concerti di musica russa a San Pie-

troburgo e a Parigi durante l’Esposizione Universale del 1889.

Nel 1900 diventò professore del Conservatorio di San Pietro-

burgo e nel 1906 fu eletto direttore e riorganizzò il Conserva-

torio di Leningrado dopo la guerra del 1914-1918.

Lasciò la Russia nel 1928 e, dopo aver soggiornato in Spagna

e negli Stati Uniti, si stabilì a Parigi. Queste esperienze ebbero

un’infl uenza cosmopolita su Glazunov, sconosciuta agli altri

compositori della Scuola russa.

Il Quartetto op. 109 del 1932, è una delle ultime composizioni

di Glazunov e fu scritta per il Quatuor de Saxophones de la

Garde Republicaine. Benché in stile russo, questo pezzo mostra

una chiara infl uenza francese. Il primo movimento è un “Alle-

gro” brillante e pittoresco con un eccitante episodio “Più mos-

so” fi nale. Il secondo movimento, un “tema con variazioni”,

è uno dei più interessanti della letteratura per quartetto di

sassofoni. Il tema della “Canzona” ha un carattere in stile russo

che continua attraverso le variazioni e, comunque, mostra an-

che l’infl uenza della musica europea che spesso è attribuita ai

lavori di Glazunov. Il “Finale” presenta con una introduzione

confezionata con il materiale musicale che lo precede, sulla

quale s’innesta il tema del “rondò”.

Qui Glazunov coltiva particolarmente la breve cellula ritmica

dell’Introduzione che, con l’accentuazione dei controtempi,

acquisisce un’aura di danza russa. Il tutto termina con una

“coda” molto sviluppata, concludendo in un progressivo ac-

celerando con una formula cadenzale sul presto di grande vir-

tuosismo.

Jean René Françaix, Petit Quatuor

Cresciuto fra musicisti professionisti (sua madre era insegnan-

te di canto e suo padre compositore e direttore del Conser-

vatorio) Jean Français divenne un prodigio musicale, potendo

vantare di avere avuto la sua prima pubblicazione all’età di

dieci anni. A diciotto anni divenne allievo di Nadia Boulanger.

Françaix è conosciuto come compositore amabile ed elegante la

cui musica è pervasa di spirito e ironia.

Il Petit Quatuor pour saxophones scritto nel 1939, quando la sua

carriera internazionale si era già solidamente avviata, è un mo-

dello di gusto ed eleganza tutta francese. La immediatezza della

partitura, come in altre opere di questo maestro, non scaturisce

da facilità o superfi cialità, ed è sempre sostanziata da sinceri im-

pulsi musicali, impreziositi spesso da una piacevole ironia.

Aldemaro Romero, Cuarteto Latinoamericano.

Come Brahms, Friedrich Gulda e Leonard Bernstein, Aldema-

ro Romero si destreggia bene nella musica accademica come

in quella popolare. Oggi suona con il suo trio jazz, ma dirige

anche le orchestre sinfoniche nei più grandi teatri del Venezue-

la, interpretando la più ampia gamma di generi musicali, che va

da Mozart agli autori contemporanei. Ha curato arrangiamenti

musicali per Stan Kenton, Dean Martin, Tito Puente e molti altri;

ed ha diretto orchestre come la London Symphony Orchestra e

la Royal Philarmonic Orchestra, svolgendo tournée negli USA, in

tutto il Sudamerica, in Europa e in Giappone. Romero, con il suo

Cuarteto Latinoamericano para saxofones ha inteso ricercare più

che il recupero vero e proprio del materiale folclorico, la reinven-

zione di uno stile popolare. Infatti le melodie, costruite su effetti

timbrici e ritmici, sono creazioni originali in cui sono presenti di-

rette suggestioni folcloriche, naturalmente trasfi gurate e fi ltrate

dalla sensibilità di un musicista cosmopolita e originale.

Thierry Escaich, Tango Virtuoso

Tango Virtuoso, infi ne, è un’opera originale per quartetto

di saxofoni scritta dal francese Thierry Escaich (1965), com-

positore, organista e improvvisatore di fama internazionale

che ha dedicato anche altre composizioni allo strumento di

Adolphe Sax (per tutte Le Chant des Ténèbres). Tango virtuoso

può esser defi nito come un divertissement costruito su un tem-

po di tango che il compositore esalta con una scansione ritmica

molto marcata, la cui complessità è pari a quella dei “vocalizzi”

affi dati al sax soprano.

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SAN BARNABAi luoghi storici

La facciata si propone quale prototipo delle varie chiese rinnovate a Mantova e nel corso del XVIII secolo. Guarda su una piazzetta

che si apre sui due lati, rispettivamente verso via Chiassi e via Poma e può ben essere considerata una delle più ampie chiese di Man-tova. La facciata, progetto di Antonio Bibiena, conclude nel 1737 un globale rifacimento affi dato all`architetto Moscatelli Battaglia e alla direzione del ticinese Giovanni Maria Borsotto (1716-1736).

Committente è l`ordine dei Servi di Maria, qui presente con con-vento e chiostro del XIV sec. al 1797; demolito il convento, sotto il porticato che corre lungo i due lati superstiti del chiostro, adia-cente alla chiesa, certamente ampliato nel corso del Quattrocento per lievi assonanze coi modi di Luca Fancelli, le lunette affrescate nel tardo `500 o nel primo `600 raccontano episodi e propongono fi gure dell`ordine dei Serviti.

La lunga navata settecentesca della chiesa, verso la quale si apro-no gli altari di accurato impianto architettonico, è solennemente cadenzata sino alla profonda abside davanti alla quale lo spazio si dilata in corrispondenza della sovrastante cupola. Lungo le pareti eleganti incorniciature a stucco di gusto rococò racchiudono tele coi santi ed i beati dei Serviti; si tramanda memoria dell`ordine dei Servi di Maria con l`effi ge di San Filippo Benizzi nella tela di Giusep-pe Orioli (1730), pala del terzo altare a sinistra dell`ingresso. Nella parete di fondo dell`abside, al di sotto di un pregevole gruppo scul-toreo in stucco con l`Eterno Padre, la pala raffi gura La Madonna con Bambino e i Santi Barnaba e Marco, dipinto di ignoto autore del Cinquecento, certamente rimaneggiato nella presentazione dei due santi in periodo più tardo. Sulla parete sinistra del presbiterio, nella cornice a stucco è la tela di Teodoro Ghisi, con aggiunta set-tecentesca nella parte superiore, raffi gurante con imponente so-lennità il Salvator Mundi; le sta di fornte il quadro di Bernardino Malpizzi che propone Madonna con Bambino e San Filippo Benizzi (fi ne `500).

Ai lati della bussola d`entrata si notano acquasantiere cinque-centesche di pregevole fattura, mentre sulla parete sovrastante è collocata la grande tela di Lorenzo Costa il Giovane che svolge, in orizzontale e con modi pacati, il tema della Moltriplicazione dei Pani e dei Pesci (1582-1583); le opere provengono dalla chies di San Sebastiano. All`altare della terza cappella, ovali in cui sono raffi gu-rati I Sette Fondatori dell`Ordine Servitico (copie) inquadrano un gruppo ligneo del tardo Cinquecento che propone una Pietà di ac-cento fortemente greve.

Nell`altare della seconda cappella sul alto sinistro è inserito un af-fresco strappato, della fi ne del Quattrocento, con l`immagine della mantovana Beata Elisabetta Picenardi, del Terz`Ordine dei Servi di Maria (1428-1468). Sulla cantoria del alto sinistro del transetto un grande quadro di Alessandro Maganza (ultimi decenni del XVI sec.), forse destinato al refettorio dei Serviti, con Le Nozze di Cana, mo-stra un accento quasi veronesiano.

Gli ambienti in cui è la cappella invernale, in fondo al primo portica-to del chiostro, corrispondono alla sala capitolare ed alla sagrestia dell`antico convento dei Servi di Maria; recentemente sono stati portati alla luce oranati a fresco del XVI sec. Nella cappella è pala d`altare un dipinto del primo XVI sec., Madonna con Bambino, at-tribuito al Bonsignori.

34 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013

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Il Concerto “Da Bach a Morricone” spazierà dai compositori classici fi no ad arrivare ai giorni nostri con l’esecuzione di alcune famose colonne sonore di fi lm come “Romeo e Giulietta”, “Amarcord” di Nino Rota, “C’era una volta il West”, “C’era una volta in America”, di Ennio Morricone e con il brano originale di Gianfranco Grisi “Medsommernat”.

Gianfranco Grisi ha perfezionato e brevettato il Cristallarmonio, uno strumento unico al mondo, costituito da bicchieri di cristallo suonati con i polpastrelli tramite sfregamento. La particolare disposizione dei calici permette l’esecuzione di accordi fi no a sei note simultaneamente, ottenendo sonorità ed effetti musicali assolutamente originali.

ALTRI SUONI “Da Bach a Morricone”

8 aprileChiostro di San Barnaba, ore 20.45

GIANFRANCO GRISIcristallarmonio

TRIO D’ARCHI DI BERGAMOPIERANTONIO CAZZULANI, violinoCHRISTIAN SERAZZI, violaMASSIMO REPELLINI, violoncello

il concerto è realizzato grazie a:

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36 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013

Il percorso musicale di Gianfranco Grisi parte dal Conservato-

rio: ha studiato Pianoforte, Composizione, Direzione d’Orche-

stra e Direzione di Coro. Ma Grisi è anche un musicista eclettico;

pianista e direttore d’orchestra unisce ad una rigorosa forma-

zione accademica una rara capacità d’invenzione. Ha trascorso

buona parte della sua gioventù in giro per l’Europa, suonando

con formazioni di genere diverso. Nel suo ricco curriculum di

autore fi gurano musiche di scena, colonne sonore per docu-

mentari, opere di musica da camera, lavori per coro e orchestra,

partiture di teatro musicale. Sue opere per chitarra sono adot-

tate dai programmi di studio di alcuni Conservatori in Spagna.

La Münchner Gitarrenorchester gli ha commissionato Tre Pre-ludi su poesie di F. GarciaLorca incisi su CD per la Koch Inter-

national. Per la Gioventù Musicale Italiana è autore dell’opera

Luna per soli, coro di voci bianche e orchestra da camera.

Gli sono stati riconosciuti prestigiosi premi nell’ambito del

Concorso Internazionale Federazione Cori del Trentino e del

Concorso Nazionale di Como. Per conto dell’Istituto di Cultura

Ladina ha orchestrato e diretto l’opera Laurin di L. Canori, con

incisione su CD e ripresa RAI.

Autore del Concerto d’Arcadia per chitarra e orchestra, ne ha

diretto la prima a Monaco di Baviera con l’orchestra I Virtuori di

Praga; nella direzione di Leo Brouwer il concerto è stato inciso

in CD per la Koch International.

Nel 1999 ha curato l’orchestrazione e la direzione del Gran Concerto per il solstizio d’estate per conto dell’APT di Riva

del Garda. Composizione in collaborazione con Walter Abt, or-

chestra: I Virtuosi di Praga, incisione su CD per Calig.

È fondatore e direttore dell’orchestra da camera Dissuono,

dedita alla musica del Novecento.

Dal 1995 prosegue l’attività concertistica dal vivo con alcuni

strumenti assolutamente originali: Cristallarmonio e Concer-tina inglese. Con la concertina inglese e Walter Abt, famoso

chitarrista di Monaco, nel 2006, per la Zappel Music è uscito il

CD Argentine Tangos & Klezmer.

GIANFRANCO GRISI

Con l’orchestra del Teatro Donizetti di Bergamo ha eseguito

nell’opera “Lucia di Lammermoor” l’aria della Pazzia, concepi-

ta in origine da Donizetti proprio per Armonica a Bicchieri, sia

nella stagione di Bergamo 2006, sia in Giappone nel gennaio 2007 esibendosi anche al Metropolitan di Tokyo.

Dal 1989 è docente presso il Conservatorio F. A. Bonporti di

Trento, nella sezione di Riva del Garda come titolare di catte-

dra, in sede centrale per laboratori e stage. Per alcuni anni ha

tenuto laboratori nel corso di Etnomusicologia presso il conser-

vatorio Pollini di Padova.

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Il gruppo si é costituito nel 2007 a seguito di una esperienza

lavorativa comune eseguendo Lucia di Lammermoor di Doni-

zetti in Giappone dove in orchestra era previsto l’utilizzo del

Cristallarmonio.

Da quel momento Il gruppo (Cristallarmonio accompagnato da

violino, viola e violoncello) ha effettuato numerosissimi con-

certi sia in Italia che all’estero riscuotendo enorme successo di

pubblico e di critica anche e soprattutto grazie all’eccezionalità

dello strumento, unico al mondo, costruito dopo anni di ricer-

che dal Maestro Gianfranco Grisi.

Tutti e tre i musicisti hanno suonato con numerose orchestre in

Italia e all’estero sotto la guida dei più importanti direttori del

panorama internazionale.

TRIO D’ARCHI DI BERGAMO PIERANTONIO CAZZULANI, violino

CHRISTIAN SERAZZI, viola

MASSIMO REPELLINI, violoncello

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AUDITORIUM MONTEVERDIi luoghi storici

Il convento di Santa Maria della Miseri-

cordia era uno spazio, alquanto malandato, destinato a sede tem-poranea per vari isti-tuti scolastici oppure una sede momenta-nea quando situazioni d’emergenza lo impo-nevano. Per i più, l’e-difi cio era conosciuto come la vecchia caser-ma Palestro e quasi

nessuno rammentava la precedente intitolazione a Ferdinando di Savoia immediatamente assegnata dopo il 1866 con l’ingresso di Mantova nel regno d’Italia. Gli austriaci, prima, la chiamavano sem-plicemente caserma di San Barnaba: caserme Sankt Barnaba. La nuo-va destinazione d’uso dell’antico convento era però stata decretata, nel 1797, durante l’occupazione francese.Oltre due secoli dopo, grazie all’intervento della Provincia, l’antico spazio virginale delle Servite, è ritornato a fasti antichi per trasfor-marsi in «cittadella della Musica», per ospitare lo storico Conserva-torio Campiani, la sua ricchissima biblioteca della musica, il museo degli strumenti musicali e un moderno e funzionale «auditorium».E il tutto è avvenuto con un intervento di recupero che ha restitui-to, con misura fi lologica, l’antico spazio cinquecentesco, uno spazio che nonostante le multiformi utilizzazioni non aveva subito altera-zioni drastiche. Dei tempi della caserma sono ora riemerse durante recenti saggi, nascoste da numerosi scialbi, le tracce di scritte che riferiscono del più recente stanziamento dei militari italiani. Negli ambienti che si affacciano sul chiostro si può così leggere: prigionia di rigore ca-porali e soldati, prigionia semplice caporali, spaccio, e una interes-sante mappa dell’Italia dipinta ad olio direttamente sull’intonaco. Nello spazio del grande refettorio, ripartito oggi in più ambienti, sopravvive sulle volte una dimessa decorazione fl oreale di primo novecento. Sulle lunette che chiudono il salone ricavato nel refet-torio due allegorie militari, di modesta fattura, rimandano ancora alla stagione della vecchia destinazione militare. È proprio in que-sta sala, ancora da restaurare, che i saggi tecnici hanno portato in luce lacerti della decorazione cinquecentesca realizzata da Gian-francesco Tura. Le superfi ci esterne che si affacciano sul chiostro principale sono state già oggetto di un paziente restauro che ha fatto emergere testine di angeli, fasce decorative con girali vegeta-li, cornici rosse e gialle intorno alle fi nestre e alle ghiere degli archi, tondi con santi aureolati, sfi ngi dal volto di donna e il corpo di leo-ne, delfi ni e amorini, papere e uccelli e, su fondo blu, il busto di un misterioso giovane dalla chioma bionda e fl uente. Certamente poco per immaginare una impegnativa campagna decorativa che, proba-bilmente, aveva visto anche il coinvolgimento di Lorenzo Leonbruno.Ma ciò che più conta è che la realizzazione della Cittadella della Musica ha creato una esperienza di rigenerazione urbana che ha ridato dignità a un esempio tipico dell’architettura conventuale cinquecentesca. Il complesso delle Servite esprime infatti, tuttora, la dimensione aggiornata introdotta dagli ordini mendicanti nella tradizione degli antichi monasteri. La disposizione generale segue comunque una tradizione che prevede l’opportunità di porre la Chiesa vicino al chiostro, quest’ultimo circondato dagli altri edifi ci strategici del convento, con al piano terreno la sala del capitolo, la

cucina, il refettorio e, al piano superiore, le celle. La restituzione del convento fa emergere pure antiche storie che rimandano alla sua fondazione. Nessun documento, purtroppo, ci fornisce informazio-ni esatte sui tempi del cantiere di Santa Maria della Misericordia o sull’architetto che ne diresse i lavori. Si può tuttavia presumere che possa aver usufruito dell’iniziale consulenza del prefetto del-le fabbriche allora in carica: Bernardino Ghisolfo. Ma non fu solo l’iniziativa marchionale a promuoverne la costruzione quanto una serie di vicende legate alla religiosità popolare in auge nella città dei Gonzaga.A Mantova - così si narra - Benvenuta, sorella del terzo ordine dei Serviti, per intercessione della beata Elisabetta de Picenardi era uscita da un’inguaribile malattia e aveva dedicato ogni cura per-ché molte donne si riunissero in un luogo comune, per condurre una vita religiosa: era il giorno della festività della purifi cazione di Maria Vergine, il 2 febbraio 1482. È questa la data che si può assu-mere simbolicamente come momento di aggregazione del primo nucleo delle Servite. La data simbolica di fondazione della struttura dell’attuale via Conciliazione va posta invece al 2 febbraio del 1497, vale a dire al quindicesimo anno di costituzione della piccola comu-nità di religiose. Allora solo otto suore avevano vestito uffi cialmen-te gli abiti impegnativi del secondo ordine dei servi di Maria, un abito che prevedeva la clausura. Gradualmente, il monastero si dotò di una struttura funzionale, con un ampio refettorio, una camera del fuoco comune, un chio-stro, opportuni parlatoi, camere di ricevimento, ghiacciaia, passet-ti, bugadera e altri servizi appropriati. Le maestranze dei cantieri ducali offrirono i loro servizi per l’abbellimento delle sale di rap-presentanza, a cominciare dal refettorio. Anzi, sotto la centenaria coltre di colori, dovrebbe ancora sopravvivere parte di quei decori che Gianfrancesco Tura (Tura mantovano) vi realizzò. L’artista, come attestano i documenti, ricevette una mercede di “ducati vinti, a sol-di 93 per ducato, per depinzere alle sore de Santo Barnaba, quali sono stà sborsati per il spectabile messer Iulio suprascripto, de co-missione del prefato signor nostro”. Dunque anche Giulio Romano dovette dedicare al complesso religioso una non proprio fugace attenzione. La buona organizzazione del cenobio e la qualità abi-tativa degli spazi furono premiate con la vestizione nel monastero di molte donne di casa Gonzaga. Un grande intervento di rinnovamento architettonico che investe soprattutto la chiesa esterna avviene nel 1757: “incominciossi a ri-fabbricare la detta chiesa e si terminò come ella è al presente l’an-no 1759”. Il corpo di fabbrica della chiesa, ortogonale alla strada, coperto da un tetto a due spioventi, affi ancato da un campanile oggi scomparso, fu rinnovato anche nella facciata, grazie anche alla consulenza di Giovanni Maria Borsotto. Gli interventi modifi carono radicalmente l’aspetto della chiesa esterna, delineando una navata unica con paraste e capitelli corinzi in stucco e ripartendo con fasce rilevate l’originaria volta a botte in mattoni.La chiesa interna conservò, invece, l’assetto originario, senza alcun adeguamento al gusto settecentesco.

L’intervento realizzato in questi ultimi anni ha ridato dignità pro-prio a tale ambiente, trasformato in un auditorium che rifunziona-lizza lo spazio senza intaccare le linee del luogo sacro. L’architetto Carmine Mastromarino ha anche lasciato in essere l’antica divisione tra le due chiese. Gli spazi della chiesa esterna, ravvivati dagli stuc-chi di Stanislao Sommazzi, hanno così riconsegnato un ambiente utilizzato, fi no a pochi anni fa, come palestra scolastica. La chiesa restituita, sebbene spoglia delle preziose tele che la ornavano, di-venta quindi oggi un ideale foyer che guida all’auditorium vero e proprio. I 40 metri di lunghezza delle due distinte navate emergo-no in tutta la loro autorevole dignità, frutto di una rivitalizzazione architettonica fi no a pochi anni fa impensabile. Quello che sembrò, a metà settecento, il canto del cigno della “picciol compagnia” re-ligiosa, quando si era alla vigilia di eventi che avrebbero cambiato per sempre l’organizzazione della comunità mantovano, riemerge ora limpido dalla polvere della storia.

Gianfranco Ferlisi

38 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013

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15 aprileAuditorium Monteverdi, ore 20.45

DUO OTTO E QUINDICI

ALFREDO CERRITO, sassofonoANNA LISA GIORDANO, pianoforte

il concerto è realizzato grazie a:

E. Schulhoff Hot Sonate

R. Schumann Adagio e Allegro op. 70

G. FitkinGate

•••

M. Musorgskij Il vecchio castello (dai “Quadri di un’esposizione”)

C. Debussy Rapsodia

D. Milhaud ScaramoucheVifModéré Brasileira

P. Swerts Klonos

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Il Duo 8 e 15 nasce

nel gennaio 2009,

e deve il suo nome

all’incontro fortuito

che ha portato alla

sua formazione, in-

contro avvenuto fra

la pianista Anna Lisa

Giordano e il sassofo-

nista Alfredo Cerrito

sul treno Roma - Na-

poli delle 8:15.

I due musicisti hanno

avuto modo di esibir-

si in diversi Festival

e importanti sale da

concerto in Italia e

all’estero: in occasione del Festival di Musica di Formia, del Festi-

val di Musica da Camera di Campagnano, della Stagione “Oro,

Incenso e Musica” di Villa Torlonia, del Festival “LeXGiornate”di

Brescia, presso Palazzo Monsignani a Imola, presso il Salone Ber-

nareggi di Bergamo, l’Auditorium “San Barnaba” di Brescia, il

teatro Aurelio a Roma, il palazzo Ducale di Lucca, l’Auditorium

Gaber a Milano, l’Auditorium “Sant’Alessandro” di Bergamo, la

Società Umanitaria di Milano, il castello di Ptuj (Slovenia).

Il Duo ha frequentato il corso di Musica da Camera presso l’Ac-

cademia “Incontri col Maestro” di Imola e attualmente si per-

feziona sotto la guida del M° Konstantin Bogino e dell’Ars Trio

di Roma.

Il Duo ha partecipato a numerosi Concorsi Internazionali di Mu-

sica da Camera, riscuotendo sempre ampio successo; nel 2011

i due musicisti sono risultati vincitori del I premio al concorso

internazionale di Bellagio e del I premio al prestigioso concorso

internazionale “Camillo Togni” di Brescia, nel 2012 del I° pre-

mio al concorso internazionale “Città di Rocchetta”, I° premio

al concorso internazionale “Alice bel Colle” (la cui giuria era

presieduta dal M° Marcello Abbado), I° premio al concorso in-

ternazionale “Premio Schubert”.

Nel mese di ottobre 2012 Alfredo Cerrito, in duo con Anna Lisa

Giordano, è risultato fra i vincitori della selezione per l’assegna-

zione di tre borse di studio indetto dalla Società Umanitaria a

Milano.

DUO OTTO E QUINDICI note all’ascolto

Erwin Schulhoff - Hot Sonate

Erwin Schulhoff, compositore ceco nato nel 1894, compose la

sua Hot Sonate per sassofono e pianoforte nel 1930.

Era, quello, il periodo in cui l’”Hot Jazz”, il genere musicale

nato a New Orleans ai primi del ‘900, negli anni ‘30 appunto,

spopolava ormai anche in Europa. Questo stile deve il suo nome

alle “folli” improvvisazioni che avvenivano quasi contempora-

neamente fra tutti gli strumenti che componevano una band,

in buona parte strumenti a fi ato. Schulhoff strutturò la Hot So-

nate in quattro movimenti.

Il primo movimento è un lento e quasi ammiccante dialogo

in cui il sassofono ha un ruolo da protagonista, mentre il pia-

noforte accompagna in maniera dinamica le “improvvisazioni

scritte” del sax. Nel secondo movimento il ritmo si fa più incal-

zante, e i due strumenti ingaggiano una lotta di ritmo e fram-

menti melodici in cui nessuno dei due sovrasta l’altro, mentre

Il terzo è un vero e proprio swing, che trasporta idealmente

l’ascoltatore in un locale di New Orleans di inizio secolo.

Il quarto e ultimo movimento è una sorta di sintesi dei tre pre-

cedenti, ed in un breve arco temporale vengono ripercorsi tutti

i temi e le atmosfere ascoltati in precedenza, per poi culminare

con un liberatorio e “folle” fi nale, in perfetto stile Hot Jazz.

Robert Schumann - Adagio e Allegro op. 70

Questo bellissimo brano, considerato uno dei più belli com-

posti da Schumann, venne in origine scritto per corno e

pianoforte, poi riadattato, per ragioni commerciali, in numero-

se altre versioni, per violoncello, viola, clarinetto, oboe.

Entrò ben presto a far parte anche del repertorio per sassofono

e pianoforte.

Nell’inverno 1849, lasciata Dresda - diventata troppo turbolen-

ta a causa dei moti rivoluzionari che stanno infi ammando mez-

za Europa - e trasferitosi nel piccolo villaggio campagnolo di

Kreischa, Schumann trascorre una stagione tra le più prolifi che

della sua vita, alternando momenti di depressione ad altri di

euforia creativa. L’Adagio e Allegro op. 70 vede la luce in soli

tre giorni, tra il 14 e il 17 febbraio.

A dispetto della sua relativa brevità e della marginalità cui so-

litamente viene relegato rispetto alle composizioni di maggior

40 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013

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respiro, l’Adagio e Allegro op. 70 è una pagina tutt’altro che

incidentale. Essa inaugura, anzi, una serie di brevi composi-

zioni per organico ristretto (Fantasiestücke, Romanzen, Stüc-

ke im Volkston, Märchenbilder, Märchenerzählungen, in una

sequenza di combinazioni strumentali l’una diversa dall’altra)

che vedranno la luce nel giro di pochi anni, tutte in forma libe-

ra e talvolta, non a caso, ispirate a un immaginario fi gurativo

di carattere fantastico. Calato in una dimensione di metafi sica

serenità, l’Adagio (“con molta espressione”) presenta un tema

legato, privo di forti contrasti dinamici eppure imprevedibile

nelle sue virate melodiche, caratterizzato da lunghe note tenu-

te e frequenti passaggi cromatici.

Discretissimo, il pianoforte sostiene morbidamente il canto del

corno con semplici fi gure d’accompagnamento, che abbando-

na, di tanto in tanto, per rilanciare l’impulso tematico. Il clima

cambia bruscamente con il fulminante attacco dell’Allegro.

Le rapide fi gurazioni che il corno deve sostenere, spaziando in

una vasta area della sua estensione naturale, danno l’idea del

carattere virtuosistico di questo pezzo e della grande abilità

tecnica richiesta all’esecutore. Strutturato in forma di “rondò”,

l’Allegro alterna il tema principale con episodi più lirici, tra i

quali spicca l’ultimo, in una tonalità lontana, in cui riemergono

spunti melodici e ritmici riconducibili all’Adagio introduttivo.

Giovanni D’Alò

Graham Fitkin - Gate

Graham Fitkin, nato nel 1963 è considerato uno dei più

promettenti compositori britannici della sua generazione,

e le sue opere - che rientrano nel genere minimalista e post-

minimalista - sono state eseguite nelle più importanti sale da

concerto del mondo. Fitkin, vincitore per due volte del British

Composer Award, ha composto diverse opere per sassofono, e

Gate (scritto nel 2001 per sassofono soprano e pianoforte) è un

brano di dimensioni contenute che prende vita da due semplici

note che si alternano; la struttura va arricchendosi durante lo

sviluppo della pagina, e dà la sensazione di un lungo crescendo

che sfrutta l’agilità tipica del sax soprano.

Modest Musorgskij - “Il vecchio castello”

Nel 1874 Modest Musorgskij compose un’opera per piano-

forte che sarebbe diventata celeberrima: quindici brani in-

titolati Quadri di un’esposizione. La composizione è strutturata

come una passeggiata ad una mostra, ed ognuno dei brevi bra-

ni è la rappresentazione musicale di un dipinto. L’unico a fare

eccezione è Promenade, un breve “intervallo” che rappresenta

la passeggiata dello spettatore - ascoltatore all’interno della

mostra, in un itinerario di “osservazioni”.

Nel 1922 Maurice Ravel compose un arrangiamento per orche-

stra dell’opera che divenne, col tempo, più nota della versione

originale per pianoforte. Ravel utilizzava spesso il sassofono

nelle sue orchestrazioni, e lo fece anche in questo caso: ne “Il

Vecchio Castello”, il secondo quadro (ma quarto brano della

composizione, perché il primo e il terzo sono due promenades),

la voce che espone il tema principale è affi data al sassofono.

La versione per sassofono e pianoforte deriva quindi dall’arran-

giamento orchestrale di Ravel.

Darius Milhaud - Scaramouche

Quest’opera nasce come Suite per due pianoforti da Dari-

us Milhaud su commissione di Ida Jankelevitch e Marcelle

Meyer, nel 1937, riprendendo una musica di scena realizzata,

nello stesso anno, per la farsa Il medico volante di Molière.

Nel 1939 egli ne compose una versione per sassofono e orche-

stra, che viene anche eseguita nella riscrittura per sassofono

e pianoforte. L’autore aveva vissuto, durante la prima guerra

mondiale, in Sud America, ed era rimasto molto colpito e am-

mirato dal folklore e dai ritmi locali. Questo risulta evidente

soprattutto dal terzo ed ultimo movimento della vivace e se-

ducente Suite, una vera e propria samba intitolata “Brasileira”.

Piet Swerts - Klonos

Piet Swerts è un valente direttore, pianista e compositore bel-

ga nato nel 1960. Autore di un già vasto catalogo che oggi

assomma ad almeno 200 lavori eseguiti in ogni parte del mon-

do, Swierts si è dedicato più volte ad opere su commissione, in

special modo per competizioni strumentali.

Klonos è stato composto nel 1993 come brano obbligatorio per

uno dei più importanti concorsi internazionali di sassofono, il

Concorso internazionale di Dinant, città natale dell’inventore

del sassofono, Adolphe Sax. Si tratta di un brano altamente vir-

tuosistico, composto in un classico schema ternario A - B - A,

in cui la parte centrale rappresenta un’interessantissima ricerca

timbrica basata su un gioco di armonici fra sassofono e piano-

forte. La prima e la terza parte, al contrario, sono una folle cor-

sa virtuosistica in cui sassofono e pianoforte gareggiano fi no al

travolgente fi nale, in cui nessuno esce sconfi tto.

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Amanda Sandrelli e il Duo Bandini Chiacchiaretta, ospiti di Società della Musica nella stagione 2012

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22 aprileTeatro Bibiena, ore 20.45

MILENA VUKOTICvoce

MARIO ANCILLOTTIfl auto

SIMONE SOLDATIpianoforte

W. A. MozartLettera alla cugina

Sonata in do maggiore per fl auto e pianoforte, K. 14 AllegroAllegroMinuetto I e II en carillon

Lettera ad un amico e al padre scritta durante il viaggio a Parigi per la morte della madre

Sonata in mi minore per fl auto e pianoforte, K. 304AllegroTempo di Minuetto

•••

P. LouysLettura di estratti da “Les chansons de Bilitis”

C. DebussySei epigrafi antiche, per fl auto e pianofortePour invoquer PanPour un tombeau sans nomPour que la nuit soit propicePour la danseuse aux crotalesPour l’EgyptiennePour remercier la pluie au matin

L. M. Fouqué Lettura di estratti della favola “Undine”

C. ReineckeSonata in mi minore per fl auto e pianoforte op. 167 “Undine”AllegroIntermezzoAndante tranquilloFinale

“Quando la musica è rifl esso della vita”Un intreccio di letture e musica a svelar l’origine dell’ispirazione musicale

con la partecipazione di:

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44 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013

Milena Vukotic è nata a Roma da padre jugoslavo com-

mediografo e da madre italiana, pianista e compositrice.

Ha seguito gli studi artistici a Londra, Vienna e, in seguito, a

Parigi, dove ha studiato pianoforte, danza e recitazione e ha

vinto il primo premio per la danza al Conservatoire National

de Musique.

Dopo una breve esperienza nel corpo di ballo dell’Opéra, ha

fatto parte per alcuni anni della compagnia internazionale

Grand Ballet du Marquis de Cuevas e della compagnia di Ro-

land Petit, con le quali ha girato tutto il mondo.

A Parigi, allo stesso tempo, seguiva i corsi di recitazione alla

prestigiosa scuola di Tania Balachova e faceva le prime espe-

rienze di attrice nei teatri di avanguardia.

Tornata a Roma negli anni Sessanta, ha iniziato la carriera te-

atrale nella compagnia Morelli-Stoppa, lavorando via via con

registi come Giorgio Strehler, Franco Zeffi relli, Franco Enriquez,

Maurizio Scaparro, Paolo Poli, Benno Besson, Piero Maccarinel-

li, Mario Missiroli, Lina Wertmüller, ecc.

Quanto all’attività cinematografi ca, particolarmente intensa

con oltre cento titoli all’attivo, ha recitato in fi lm diretti, tra

gli altri, da Alessandro Blasetti, Federico Fellini, Alberto Lat-

tuada, Lina Wertmüller, Mauro Bolognini, Ettore Scola, Mario

Monicelli, Carlo Lizzani, Dino Risi, Bernardo Bertolucci, Andrej

Tarkovskij, Jean- Jacques Beineix, Nagisa Oshima, in ruoli sia

drammatici che di genere leggero e comico. È stata interprete

degli ultimi tre fi lm del grande Luis Buñuel ed è particolarmen-

te popolare per la serie dei fi lm di “Fantozzi” (sugli schermi tra

il 1980 e il 2000) in cui ha il ruolo della moglie Pina.

Nel 2003 ha preso parte a “Le seduttrici”, regia di Mike Baker

e nel 2007 a “Saturno contro”, di Ferzan Ozpetek. Nel 2007 ha

ricevuto il Ciak d’oro alla carriera.

È molto attiva anche in televisione, per la quale ha iniziato con

il “Giamburrasca” (1964) di Lina Wertmüller e ha partecipato

a sceneggiati diretti, tra gli altri, da Guido Stagnaro, Raffae-

le Maiello, Renato Castellani, Sandro Sequi, Vittorio Cottafavi,

Massimo Scaglione, fi no alla recente e popolare serie “Un me-

dico in famiglia” nella quale interpreta uno dei ruoli principa-

li. Ha spesso recitato, sia per il cinema che per la televisione,

anche all’estero, negli Stati Uniti, ma soprattutto in Germania,

Austria e Francia.

MILENA VUKOTIC

Nel 2002 le è stato assegnato il premio “Eleonora Duse” in ri-

conoscimento della sua prestigiosa carriera teatrale, in partico-

lare per le interpretazioni, in quello stesso anno, di “Le donne

di Picasso” di Brian McAvera, con la regia di Terry D’Alfonso, e

“Notte di grazia scendi” di Samuel Beckett, diretta da Mario

Morini. Nelle stagioni teatrali 2004-05 e 2005-06 ha interpreta-

to il dramma “Lasciami andare, madre” di Helga Schneider, per

la regia di Lina Wertmüller, e i monologhi “Il piccolo portinaio”

di Marco Amato, regia di Walter Manfré, e “Alice x Alice = Ali-

ce” di Valeria Moretti, con la regia di Marco Mattolini.

È stata la voce recitante in numerosi lavori, tra cui “Pierino e il

lupo”, “Histoire du soldat” ed “Enoch Arden”, con importan-

ti orchestre, con il violinista Salvatore Accardo, il violoncellista

Rocco Filippini e i pianisti Antonio Ballista, Bruno Canino, An-

gela Annese, Filippo Faes, Giuseppe Bruno.

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Mario Ancillotti è uno dei musicisti più rappresentativi

italiani, sia nell’ambito del suo strumento che nella sua

recente attività di organizzatore e direttore. La sua fama è uni-

versalmente riconosciuta ed ha avuto attività nei cinque con-

tinenti.

Si è formato al Conservatorio di Firenze dove ha incontrato

grandi musicisti: Luigi Dallapiccola, Roberto Lupi, Quartetto

Italiano, Piero Bellugi. Successivamente si trasferiva a Roma ri-

coprendo assieme a Severino Gazzelloni l’incarico di 1° Flauto

dell’Orchestra della Rai e successivamente di Santa Cecilia.

Più tardi si è dedicato interamente all’attività solistica, colla-

borando con grandi musicisti: Accardo, Muti, Berio, Petrassi,

Penderecki, Sciarrino, Henze, Canino, Spivakov, Giuranna, e

suonando sotto la guida di Maag, Bellugi, Cambreling, Bour,

Soudant, Gelmetti, Penderecki, Melles, Muhai Tang, etc.

MARIO ANCILLOTTI

Ha insegnato per venti anni ai Corsi Speciali della Scuola di

Musica di Fiesole che riunisce i più titolati musicisti da tutto il

mondo.

È inoltre docente da 20 anni alla Scuola Universitaria di Musica

di Lugano, Svizzera, e tiene corsi e seminari in Austria, Germa-

nia, Usa, Messico, Cile, Argentina, Cina, Repubblica Ceca, Italia .

La sua attività si è poi allargata con il complesso Nuovo Con-

trappunto di cui è direttore ed animatore. I progetti nati da

esso, sono stati divulgati in Italia, Austria, Svizzera, Svezia, e

sono stati incisi in due CD dedicati a Debussy, Ravel e de Falla

nella doppia veste di direttore e di solista. Organizza due sta-

gioni musicali molto particolari a Firenze e all’Isola d’Elba.

La rassegna fi orentina, SUONI RIFLESSI, da lui ideata, lo ha

portato ad essere invitato come direttore in diverse orchestre

italiane.

È uscito nel marzo 2012 un suo CD interamente dedicato a mu-

siche bachiane per la rivista Amadeus, e ora l’intera opera per

fl auto per la Camerata Tokyo.

Dunque musicista con interessi e partecipazioni anche fuori

dell’ambito strettamente musicale che ne fanno un personag-

gio moderno e di ampio respiro culturale.

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46 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013

SIMONE SOLDATI

L’attività discografi ca di Simone Soldati, in larga parte

dedicata alla divulgazione dei musicisti nati a Lucca - sua

città natale - (Boccherini, D.Puccini, Catalani, G.Puccini, Giani

Luporini) ha riscosso negli anni importanti consensi dalla critica

specializzata (“...Grande vitalità ed ottimo effetto…” Riccardo

Risaliti su CD Classics) e meritato l’attenzione di Riccardo Muti.

Primo premio in numerosi concorsi pianistici, Soldati rivolge,

in particolare, la sua attività alla musica d’insieme suonando

con Mario Ancillotti, Simone Bernardini (violinista dei Berliner

Philarmoniker), Alberto Bologni, Alain Meunier, Franco Mag-

gio Ormezowsky, Gabriele Ragghianti, Cristiano Rossi, Susanna

Rigacci, Natasha Korsakova con la quale ha tenuto un concerto

a Roma, in Piazza del Campidoglio, alla presenza del Presidente

della Repubblica Italiana.

Interessato alla letteratura e alle arti visive ama realizzare

progetti in grado di favorire l’incontro della musica con altre

espressioni artistiche. Con l’Ensemble Nuovo Contrappunto ha

avuto modo di collaborare con Moni Ovadia, la vocalist Anne

Ducros, le cantaore Esperanza Fernandez e Charo Martin, gli

attori Pino Caruso, Ugo Pagliai, Elio Pandolfi . Ha lavorato inol-

tre con Lello Arena, Arnoldo Foà ed il giornalista e scrittore

Antonio Caprarica. Ha tenuto prime esecuzioni di musiche di

Gaetano Giani Luporini, Fabrizio Festa e Marcello Panni.

Simone Soldati è stato presente nelle stagioni di prestigiose isti-

tuzioni tra le quali Bologna Musica Insieme, Bologna Festival,

Amici della Musica di Foggia, Palermo, Perugia, Pistoia e Udine,

Festival Opera Barga, Festival di Camerino, Festival Pianistico di

Carrara, Società Barattelli a L’Aquila, Camerata Musicale Bare-

se, Centro Busoni di Empoli, Teatro di Monfalcone, I Concerti

della Normale a Pisa, Festival Suoni Rifl essi a Firenze, Società

della Musica di Mantova, Festival Lucca in Musica, Orchestra

Cantelli di Milano, Associazione Scarlatti di Napoli, Festival

di Portogruaro, Istituzione Universitaria dei Concerti a Roma,

Unione Musicale e Festival Settembre Musica a Torino, Associa-

zione Filarmonica Umbra a Terni, Società dei Concerti di Trieste.

Ha suonato poi in Austria dove grazie a Gustav Kuhn ha parte-

cipato al Tiroler Festspiele di Erl, in Germania al Berlin Interna-

tional Music Festival, in Inghilterra e Svizzera.

È stato ospite in trasmissioni della RAI e le sue esecuzioni sono

state trasmesse dalla Radio Vaticana, Rete Toscana Classica,

Radio Swiss Classic. Simone Soldati ha studiato pianoforte

all’Istituto Musicale “Pietro Mascagni” di Livorno con France-

sco Cipriano diplomandosi con il massimo dei voti e la lode.

Ha proseguito la sua formazione con Andrea Lucchesini, Maria

Tipo, Alessandro Specchi, Dario De Rosa e Konstantin Bogino.

Ha fatto parte del Consiglio Direttivo del Centro “Tempo Re-

ale”, fondato a Firenze da Luciano Berio ed attualmente con-

tribuisce attivamente alla programmazione dell’Associazione

Musicale Lucchese.

Per la sua attività artistica e per il suo impegno nel campo della

diffusione della cultura musicale è stato insignito del Premio

”Lions Club Le Mura”.

Insegna al Conservatorio “Cesare Pollini” di Padova.

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Musica e parola ormai è un classico.

Perché? Perché la musica è un rifl esso della vita, nasce da tutte

quelle emozioni, situazioni, stimoli culturali che hanno movi-

mentato l’esistenza degli autori.

E sempre dietro la scrittura di una opera musicale si celano mo-

tivazioni personali ed intellettuali. È perciò interessante inda-

gare su come e su perché esse sono nate e ancor più mostrarlo

al pubblico, che spesso tende a credere che l’”ispirazione” na-

sca da una sorta di affl ato divino.

Ecco allora il Mozart fanciullo della Sonata K. 14, che fa par-

te della unica serie di sonate dedicate al fl auto, accanto alle

sbarazzine lettere alla cugina, e la bellissima Sonata K. 304 in

mi min. scritta in occasione della morte della mamma, durante

il suo viaggio a Parigi del 1778, intima, dolorosa e visionaria,

che rielabora un minuetto infantile come tenera rimembranza

dell’amore materno, accanto alle due lettere scritte in occasio-

ne del tragico avvenimento ad un amico per preparare il padre

alla tremenda notizia, e al padre stesso.

Poi le meravigliose Sei Epigrafi antiche di Debussy, scritte per

pianoforte a quattro mani, ma sul materiale preesistente delle

Chansons de Bilitis, un affascinante brano per 2 fl auti, 2 arpe,

e celesta in cui la musica è intervallata dalle stupende liriche di

Pierre Louÿs, materiale, dunque, che legittima la bella trascri-

zione per fl auto e pianoforte, nella quale si è voluto ripristinare

l’alternanza con le liriche per illustrarne in maniera stupenda la

comune poetica.

E infi ne, e in questo caso quasi di musica a programma si trat-

ta, la bella Sonata “Undine” di Carl Reinecke che ripercorre la

storia della ninfa dei boschi e del principe Huldebrand, secondo

il binomio Eros-Thanatos, in un clima di romanticismo natura-

listico e fantastico che nasce dalla favola di La Motte Fouqué,

di cui verranno letti degli estratti, ma anche dalle impressioni

dell’ascolto dell’opera Undine di E.T.A Hoffmann.

La presenza di una attrice come Milena Vukotic, che nasce da

famiglia di musicisti e che nella musica ha sempre avuto un

punto di riferimento per la sua arte, è la splendida valorizza-

zione per un programma particolarmente raffi nato e bello.

Mario Ancillotti

note all’ascolto

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48 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013

Uto Ughi e Alessandro Specchi, ospiti di Società della Musica nella stagione 2012

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F. SchubertSonatina op. 137 n. 2 in la minoreAllegro moderatoAndanteMenuetto: AllegroAllegro

J. FrancaixSonatine (1934)VivaceAndanteThème varié

•••

A. DvoràkSonatina op. 100 in sol maggioreAllegro risolutoLarghettoScherzo: molto vivaceFinale: allegro molto

6 maggioAuditorium Monteverdi, ore 20.45

ALBERTO MARIA RUTAviolino

ANTONELLO CANNAVALEpianoforte

il concerto è realizzato grazie a:“La Sonatina per violino e pianoforte”

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50 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2012

Inizia lo studio del violino con Giovanni Leone, viola del cele-

bre Quintetto Chigiano, sotto la guida del quale si diploma

con il massimo dei voti a 18 anni. Successivamente su consiglio

di N. Brainin (primo violino del Quartetto Amadeus) approfon-

disce i segreti della tecnica violinistica a Londra dove segue il

corso “Advanced Solo Studie” con Yfrah Neaman, discenden-

te della scuola di C. Flesch, presso la Guildhall School, quindi

presso la Scuola di Musica di Fiesole con P.Vernikov, Z. Giles, Y.

Grubert.

Hanno fortemente contribuito alla sua formazione illustri mu-

sicisti quali: P. Farulli, A. Nannoni, N. Brainin, H. Beyerle, M.

Skampa, P. N. Masi, V. Berilinky. Si è esibito per le più prestigio-

se società di concerti italiane in formazioni cameristiche con ar-

tisti di calibro internazionale quali F. Petracchi, D. Rossi, V. Men-

delsshon, A. Meunier, M. Campanella, G. Andaloro, M. Fossi, A.

Lucchesini, F. J. Thiollier, R. Cominati, C. Ivaldi, C. Giuffredi, B.

Canino, G. Corti, A. Farulli, S. Gazeau, M. Quarta.

È il primo violino e fondatore del Quar-

tetto d’archi Savinio (con il quale ha

vinto il primo premio alla 17° edi-

zione del Concorso Internazionale

di Musica da Camera di Caltanis-

setta, 3° Premio D. Shostakovich

Competition Moscow 2004,

ALBERTO MARIA RUTA

Premio Rimbotti 2003) ed è impegnato in una intensa attività

concertistica (Amici della Musica di Firenze, Padova, Palermo,

Ass. Mozart Italia, Musica Insieme Bologna, Accademia Filar-

monica Bologna, Concerti del Quirinale con diffusione dal vivo

su Radio 3, Wiltons Hall Londra, Sala CiaikovsKy Mosca, Unione

Musicale Torino, Concerti de La Sapienza Roma, Teatro Verdi

Salerno, Accademia Filarmonica Romana, Lingotto Musica Tori-

no, Ravello Festival, Festival dei Due Mondi di Spoleto, Bologna

Festival, Festival Santander, Mozart Box, Biennale Venezia).

La rivista Classic Voice ha pubblicato l’integrale dei 6 Quartetti

di L. Cherubini con un doppio cd, disco che ora è un Doppio CD

con etichetta Stradivarius pluripremiato (Premio del Disco Clas-

sic Voice, Premio Disco dell’Anno 2008 Musica e Dischi, Premio

5 Stelle MUSICA, AMADUES, SUONARE NEWS). Recentemente

ha eseguito in tournèe il Triplo Concerto Op. 56 di Beethoven

con il pianista A. Cannavale e il violoncellista A. Meunier.

A. M. Ruta è spesso invitato a tenere Master Classes di Violino

e Musica da Camera.

Recentemente ha eseguito il Concerto per violino K216 di W.

A. Mozart con la Orchestra Rossini di Pesaroe e la Sinfonia Con-

certante K364 con S. Braconi alla viola. A partire del 2012 sarà

impegnato nell’esecuzione dell’Opera Integrale Quartettistica

Beethoveniana. Sempre col Quartetto Savinio, ha ricevuto il

Premio Carloni 2011 (Miglior Interprete) e ha fatto il suo de-

butto con la prestigiosa eticchetta DECCA.

Nel 2013 da segnalare la 1° esecuzione di FETZEN di W.

Rihm al Teatro La Pergola per gli Amici della Musica

di Firenze, Ravello Festival, i Comcerti del QUIRINA-

LE, Accademia Filarmonica Romana ecc..

Di lui hanno scritto: “…sicuramente, viste le sue

innate doti tecniche e la sua sensibilità interpre-

tativa, giocherà un ruolo importante nella

vita musicale del suo paese.”(Yfrah Ne-

aman),” provvisto di un’eccellente

tecnica violinistica, mette con

grande intelligenza e sensibili-

tà al servizio del testo musicale

queste sue bellissime doti.”(Piero

Farulli). Suona un violino Marino

Capicchioni 1963 Rimini.

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Animato da una profonda attrazione per la Musica da Ca-

mera ha collaborato con artisti del calibro di A. Meunier, B.

Boano, F. Petracchi, R. Mallozzi, L. Piovano, I. Grubert, C. Giuf-

fredi, V. Ceccanti, J. Pernoo, S. Gazeau, M. Caroli.

Con Alberto Maria Ruta, primo violino del Quartetto Savinio,

ha eseguito le più belle pagine del repertorio cameristico come

l’opera integrale delle sonate di Beethoven, Brahms, Prokofi ev.

Un recital del duo è stato recentemente trasmesso da Radio

Vaticana e da Rai Radio-tre.

Si è esibito per prestigiose società di concerti quali la Scarlatti di

Napoli, l’Unione Musicale di Torino, il Ravello Festival, la Socie-

tà del Quartetto di Vercelli, il Rossini Opera Festival di Pesaro,

l’Ass. Filarmonica Umbra, il Festival MozArt Box, la Società dei

Concerti di Parma, l’Istituzione Sinfonica Abruzzese...

Insieme al pianista Francesco Caramiello è ideatore del Duo

Wunderkammer, impegnato nella ricerca e diffusione del re-

pertorio per due pianoforti di rara esecuzione. Ha eseguito la

Nona Sinfonia di Beethoven nella trascrizione di F. Liszt per due

pianoforti con il coro del Teatro San Carlo di Napoli al Ravello

Festival e nella Stagione Autunnale del San Carlo.

Dopo gli studi pianistici con M. Bertucci e di composizione con

B. Mazzotta, presso il Conservatorio S. Pietro a Majella di Na-

poli, si è specializzato in Musica da Camera presso l’Accademia

Pianistica di Imola e la Scuola Superiore Internazionale del Trio

di Trieste.

È docente di musica da camera al Conservatorio di Cosenza e ai

corsi di perfezionamento del Gubbio Summer Festival.

ANTONELLO CANNAVALE

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52 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013

note all’ascolto

Schubert: Sonatina n. 2 in la minore op.137

L’altro Schubert, verrebbe da dire incontrando le cosiddet-

te Sonatine per violino e pianoforte (tre in tutto) che egli

scrisse nel corso del 1816, immettendovi la grazia e la purezza

della sua ispirazione. Uno Schubert che qui non si pone alla

ricerca di messaggi eterni, ma di un’arte immediata, domestica,

ed illuminata dallo splendore della semplicità.

Il tono di queste tre partiture, che l’editore Diabelli decise di

non titolare secondo la disposizione dell’autore (il giovane ma

già esperto compositore - con già cinque sinfonie alle spalle - le

aveva classifi cate Sonate), è colloquiale e di una comunicativa

immediata, ma non mancano spunti di notevole interesse.

Anche nella seconda Sonatina della serie, in la minore, l’elegan-

te scrittura possiede doti d’indagine espressiva che vanno ben

oltre il compito dell’intrattenimento, facendo balenare malin-

conie, spunti rifl essivi e toccanti sottolineature drammatiche.

A questo Schubert che sgorga naturale fra le memorie e le tra-

dizioni del suo mondo, si guarda con ammirazione e sorpresa:

nella piccola dimensione si ritrova il cuore pulsante del genio,

l’umanità amichevole di chi, con la musica, racconta frammenti

di vita.

Français: Sonatina

Jean Français non aveva che ventidue anni quando, nel 1934,

ebbe a scrivere l’unica Sonatina per violino e pianoforte del

suo catalogo da camera, rimasto per la verità non ricchissimo,

sebbene ampliato fi no alla fi ne degli anni Ottanta.

Formatosi alla scuola celebre di Nadia Boulanger, ed inserito,

senza farne parte formalmente, nella grande corrente moder-

na novecentesca frequentata anche da Poulenc e Milhaud, de-

bitrice di un precedente rinnovamento stilistico e di pensiero,

Français (pianista di valore, fra l’altro) fu un maestro di gusto

eccellente e di penna abile e raffi natissima, senza assumere le

sembianze dell’avanguardista iconoclasta. Lo defi nirono, non a

torto, un «Offenbach formatosi alla scuola di Ravel», perché le

sue pagine, scritte con autentica bravura, sono spesso ricche di

briose leggerezze e deliziose malinconie che affascinano.

Così anche la Sonatina per violino e pianoforte, dedicata a

due interpreti celeberrimi come il violinista Jacques Thibaud

ed il pianista Alfred Cortot, suddivisa in tre sezioni piuttosto

articolate: un “Vivace” d’apertura dallo spirito pungente, un

“Andante” percorso da due spunti lirici diversi, e dall’impronta

quasi infantile, ed infi ne un “Tema variato” (cinque le varia-

zioni) che si apre ad atmosfere contrastanti, ora salottiere, ora

vivacissime, ove la virtuosità strumentale si manifesta in sapide

scritture di un bell’effetto trascinante.

Dvorák: Sonatina in sol maggiore op.100

La Sonatina op.100 fu l’ultimo lavoro “americano” da came-

ra composto da Dvorák. In genere, in tutta la produzione

risalente agli anni del suo soggiorno negli Stati Uniti, ove tra

l’altro egli ebbe a dirigere il Conservatorio di New York con

spirito umanitario (i poveri di talento poterono frequentare

gratuitamente le lezioni), gli infl ussi del folclore s’intrecciano

con le eredità di stile e di gusto europei, con esiti di indubbio

fascino. Così è anche per questa partitura di contenute dimen-

sioni ma di densa scrittura, dove lontane rimembranze patrie

si sovrappongono ad echi di motivi carpiti alle minoranze del

“nuovo mondo”, alle molte e diverse voci degli immigrati, fra

tinte espressive che sembrano anche richiamare suggestioni pa-

esaggistiche.

Questa Sonatina, vibrante e vitale, fu dedicata da Dvorák a due

dei suoi 6 fi gli, Otilka e Tonik (allora di rispettivamente quin-

dici e dieci anni) e venne composta rapidamente, nel giro di

due settimane, sul fi nire del 1893 (il maestro boemo era giunto

negli Stati Uniti l’anno precedente) nello spirito di una gustosa

e subitanea comprensibilità. Un particolare successo arrise, fi n

da subito, al secondo movimento “Larghetto”, in origine inti-

tolato “Leggenda”, dominato da una liricità declinata in mille,

cangianti rifl essi.

A. Z.

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C. GardelEl dia que me quieras

A. VilloldoEl Choclo

C. CobianLa casita de mis viejos

A. PiazzollaLos Suenos

A. PiazzollaRegreso al amor

A. TroiloLa ultima curda

A. TroiloChe Bandoneon

•••

13 maggioChiostro di San Barnaba, ore 20.45

FABIO FURIAbandoneon

il concerto è realizzato grazie a:

S.C.M. Tecnologie S.r.l.Aeration & Mixing

Tecnologie per l’ambiente

J. S. BachPreludio e fuga in do minore

A. PiazzollaChiquilin de bachin

E. ArolasLa cachila

A. TroiloGarua

A. PiazzollaAdios Nonino

G. M. RodriguezLa cumparsita

ALTRI SUONI “La Ultima Curda”

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54 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013

Fabio Furia, compositore ed arrangiatore, è considerato dal-

la critica uno dei migliori bandoneonisti d’Europa.

La sua attività concertistica lo ha portato ad esibirsi in tutto

il mondo nelle più importanti sale da concerto fra cui la Dvo-

rak Hall del Rudolfi num di Praga, il Teatro Bozar di Bruxelles, il

Teatro Lirico di Cagliari, l’Onassis Culture Center di Atene e la

Großer Saal di Klagenfürt.

Molto apprezzato a livello internazionale, il suo talento è noto

a numerose istituzioni e festival musicali, nazionali ed interna-

zionali. Tra gli altri: il Festival di Lubjana, l’Emilia Romagna Fe-

stival, il Festival de Nancy, il Maggio dei Monumenti (Napoli),

Nei Suoni dei Luoghi, Festival Spaziomusica, Settimane musicali

bresciane, Gubbio Summer Festival, Les Floraison Musicales, Re-

contres musicales en Lorraine.

Ha collaborato con prestigiosi musicisti ed ensemble, quali:

Solisti della Scala, Anna Tifu, Antony Pay, Franco Maggio Or-

mezowski, Stefano Pagliani, Roberto Cappello, Turner String

Quartett, Kodàly String Quartett, Budapest String Orchestra,

Accademia Strumentale di Roma, Pierre Hommage, Michel Mi-

chalakakos, Jean Ferrandis, Hugues Leclere, Salzburg Chamber

Soloists, Orchestra Sinfonica di Kiev, Baden Baden Sinphony

Orchestra, I Filarmonici Italiani, Kso Kärtner Sinfonieorchester,

Gubbio Festival Ensemble, Quartetto Archimede, Romeo Scac-

cia, Trio Wanderer, Anne Gastinel, Duo Pepicelli.

Si è esibito come solista in Italia, Canada, Messico, Croazia, Re-

pubblica Ceca, Germania, Francia, Slovenia, Macedonia, Litua-

nia, Austria, Spagna, Giappone, Korea, Grecia, Libano e Stati

Uniti.

È fondatore e solista dei “ContraMilonga” con il quale si esibi-

sce il tutto il mondo...

Inizia lo studio di pianoforte e fi sarmonica classica all’età di

sette anni sotto la guida della professoressa Eliana Zajec. Suc-

cessivamente, all’età di sedici anni, studia clarinetto al Conser-

vatorio di Cagliari diplomandosi, con il massimo dei voti, in soli

quattro anni, sotto la guida del M° Roberto Gander.

Si è perfezionato con alcuni tra i migliori clarinettisti del mondo

tra i quali Antony Pay, Alessandro Carbonare e Wenzel Fuchs.

È direttore artistico della Scuola Civica di Musica di Iglesias e

FABIO FURIA

dell’associazione culturale “Anton Stadler”, nonché ideatore

di importanti rassegne musicali quali: Festival Internazionale di

Musica da Camera, Colori e Note, Festival ARTango, Libereven-

to etc.

Dal 2008 è direttore artistico di “Vinum in Musica”, poi “Cari-

gnano Music Experience”.

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La Ultima Curda

Un repertorio interamente dedicato al bandoneon, stru-

mento principe e simbolo del tango.

Utilizzato alle origini esclusivamente in Germania per le chiese

che non potevano permettersi un armonium, il destino rega-

la al bandoneon una storia un pò bizzarra conducendolo nei

bordelli di Buenos Aires ad interpretare il tango, musica tanto

sensuale ed affascinante, quanto considerata allora proibita e

scandalosa.

Così, in questo programma, si fondono le due anime del ban-

doneon: quella “sacra” del suo suono grave e legato alla litur-

gia della chiesa luterana, e quella “profana” della musica che

da sempre lo contraddistingue, spaziando da Bach al tango

tradizionale di Gardel, Villoldo e Arolas sino al tango nuevo

di Piazzolla.

Un repertorio che va oltre i più diffusi programmi di tango,

proponendo una selezione di capolavori e rarità musicali di

grande impatto emotivo.

Grandi pagine della storia musicale classica e contemporanea

si mescolano a brani meno noti ma di grandissimo pregio arti-

stico, affi ancando ad arrangiamenti di celebri interpreti qua-

li Leopoldo Federico ed Astor Piazzolla, rivisitazioni originali

dello stesso Fabio Furia. Sessanta minuti di grande musica, tra

tradizione e avanguardia, in un’atmosfera di fascino e charme.

Fabio Furia

note all’ascolto

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20 maggioTeatro Bibiena

ore 19.00 QUARTETTO DI VENEZIA

ore 21.00MARCELLO NARDIS tenoreBRUNO CANINO pianoforte

ore 19.00 - Quartetto di Venezia

G. Verdi Quartetto in mi minore per archiAllegroAndantinoPrestissimoScherzo, fuga

ore 21.00 - Marcello Nardis, Bruno Canino

G. Verdi Composizioni vocali da camera

L’esule (1839)

La seduzione (1839)

II poveretto (1847)

Stornello (1869)

6 Romanze (1838): - Non t’accostare all’ urna - More, Elisa, lo stanco poeta - In solitaria stanza - Nell’ orror di notte oscura - Perduta ho la pace - Deh, pietoso, oh Addolorata

6 Romanze (1845): - II tramonto - La zingara - Ad una stella - Lo spazzacamino - II mistero - Brindisi” (2a versione)

“Viva Verdi”

il concerto è realizzato grazie a:

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58 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013

ANDREA VIO, violino

ALBERTO BATTISTON, violino

GIANCARLO DI VACRI, viola

ANGELO ZANIN, violoncello

Della loro vocazione ai vertici più ardui del camerismo è te-

stimone Bruno Giuranna:

“È un complesso che spicca con risalto nel pur vario e vasto pa-

norama musicale europeo. La perfetta padronanza tecnica e la

forza delle interpretazioni, caratterizzate dalla spinta verso un

valore assoluto propria dei veri interpreti, pongono il “Quartet-

to di Venezia” ai vertici della categoria e fra i pochissimi degni

di coprire il ruolo dei grandi Quartetti del passato”.

Sfogliando il volume delle testimonianze critiche, l’elogio più

bello sembra quello formulato sul “Los Angeles Times” da Da-

niel Cariaga: ”questo quartetto è più che affascinante, è since-

ro e concreto”.

Rigore analitico e passione sono i caratteri distintivi dell’ensem-

ble veneziano, qualità ereditate da due scuole fondamentali

dell’interpretazione quartettistica: quella del “Quartetto Ita-

liano” sotto la guida del M° Piero Farulli e la Scuola Mitteleu-

ropea del “Quartetto Vegh”, tramite i numerosi incontri avuti

con Sandor Vegh e Paul Szabo.

Il “Quartetto di Venezia” ha suonato in alcuni tra i maggiori

Festivals Internazionali in Italia e nel mondo tra cui la National

Gallery a Washington, Palazzo delle Nazioni Unite a New York,

Sala Unesco a Parigi, IUC a Roma, Serate Musicali di Milano,

Kissinger Sommer, Ossiach/Villach, Klangbogen Vienna, Palau

de la Musica Barcellona, Tivoli Copenhagen, Societè Philarmo-

nique a Bruxelles.

È stato recentemente invitato dal CIDIM per una lunga tournée

in Sud America: Argentina, Brasile e Uruguay.

Ha avuto l’onore di suonare per Sua Santità Papa Giovanni Pa-

olo II e per il Presidente della Repubblica Italiana.

Il repertorio del “Quartetto di Venezia” è estremamente ricco

ed include, oltre al repertorio più noto, opere raramente ese-

guite come i quartetti di G. F. Malipiero (“Premio della Critica

Italiana” quale migliore incisione cameristica).

La vasta produzione discografi ca include 19 CD per la Dynamic,

Fonit Cetra, Unicef, Aura, Koch.

Ultima produzione è l’uscita dell’integrale dei sei quartetti di

Luigi Cherubini, registrati per la DECCA in tre cd.

Numerose sono anche le registrazioni radiofoniche e televisive

per la RAI & RAI International, Bayerischer Rundfunk, New York

QUARTETTO DI VENEZIA

Times (WQXR), ORF1, Schweizer DRS2, Suisse Romande, Radio

Clasica Espanola, MBC Sudcoreana.

Spinto dal piacere del suonare assieme, l’ensemble ha col-

laborato con artisti di fama mondiale tra i quali Bruno

Giuranna,”Quartetto Borodin”, “Quartetto Prazak”, Piero Fa-

rulli, Paul Szabo, Oscar Ghiglia, Danilo Rossi, Dieter Flury (1°

Flauto dei Wiener Philarmoniker), Pietro De Maria, Alberto

Nosè.

In occasione del 25° anniversario, il “Quartetto di Venezia” ha

ricevuto l’alto riconoscimento del Presidente della Repubblica

Italiana Giorgio Napolitano.

Dall’agosto 2010 Giancarlo di Vacri è la nuova viola del quartet-

to e sostituisce, dopo più di 25 anni di attività, Luca Morassutti.

Nel 2013 il QdV festeggerà i primi 30 anni di attività artistica.

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Il Quartetto di Giuseppe Verdi nasce con una storia da subito

controversa forse a causa dell’atteggiamento contraddittorio

del suo stesso creatore; questi lo defi nì “una pianta fuori clima”

destando il dubbio che lo ritenesse un fi glio ‘minore’, in più

occasioni scrisse di averlo composto non credendoci molto ma

piuttosto per vincere l’ozio.

Suo malgrado però, nonostante alla prima esecuzione in for-

ma privata a Napoli il 1° aprile 1873 fossero presenti non più

di otto persone, in breve tempo il Quartetto fu apprezzato e

conosciuto negli ambienti musicali italiani e dopo soli tre anni

fu pubblicato e eseguito in Francia, Inghilterra e persino nella

patria del genere, ovvero nel mondo austro-tedesco.

Nel 1876 Ricordi menziona il successo del Quartetto dichia-

rando che il lavoro fosse “degno della fama del suo autore”

e che in particolare il pubblico era stato impressionato favo-

revolmente dal tema del violoncello nel terzo tempo tanto da

richiederne un bis.

È pur vero che ci furono rivalità sotterranee, da quell’ambiente

quartettistico di gusto “classico” che predominava in Italia e

che fu la causa della tarda esecuzione del lavoro verdiano pres-

so la Società del Quartetto di Milano, avvenuta solo nel 1901.

Proprio a questo pubblico si riferiva forse Verdi nella dizione

“fuori clima”, avvertendo di presentare un’opera non in linea

con l’atmosfera dominante, ma anzi con tratti nuovi e originali.

In altre pagine si risolve infatti il suo atteggiamento contrad-

dittorio e si evince che il suo desiderio fosse in particolare teso

alla corretta esecuzione della sua musica: “… tutto deve sortire,

anche nei contrappunti più complicati, netto e chiaro; e que-

sto si ottiene suonando leggerissimamente, e molto staccato in

modo che si distingua sempre il soggetto sia dritto che rovescia-

to”. Il compositore si riferisce in particolare all’ultimo tempo in

forma di fuga, ma lo stile composto e cristallino risulta di parti-

colare effi cacia anche negli altri tempi e sottolinea con convin-

zione il contrasto di omoritmia e scrittura contrappuntistica che

risulta essere uno dei caratteri salienti dell’opera.

La struttura del lavoro, che si basa sul ritorno quasi ciclico di

cellule ritmiche e motiviche scaturite dal primo tema, presen-

tato in apertura dal secondo violino, conferma che il quartetto

sia tutt’altro che un diversivo ma anzi un’opera melodicamente

studiata nei minimi dettagli.

Dopo il primo tempo con carattere spesso vigoroso e dai toni

perentori, i tempi centrali si presentano più leggeri nel caratte-

re e meno complessi nella forma, con una discendenza più ac-

clarata dallo stile strumentale italiano, permeato di gesti ope-

ristici, a mò di teatro da camera per quattro strumenti. Ne è un

esempio il tema civettuolo del primo violino nel 2° tempo o il

già citato cantabile del violoncello nella sezione centrale del 3°.

note all’ascolto

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[…] grazie alla maestrìa vocale di Marcello Nardis che è il più

grande cantante di Lieder italiano dei nostri giorni, forse di

sempre […] IL ROMA 01.06.12

Si è laureato con lode in Greco antico e archeologia cristiana,

conseguendo parallelamente I diploma di pianoforte, canto

e musica vocale da camera nei Conservatori di Musica di Roma,

Napoli e Firenze. Ha completato la formazione musicale perfe-

zionandosi alla Liszt Hochschule di Weimar con Peter Schreier e

al Mozarteum di Salisburgo con Kurt Widmer.

Già pianista, ha debuttato come tenore nel 2003, per la Gior-

nata Mondiale della Gioventù in Canada, alla presenza di Papa

Giovanni Paolo II. Da quel momento ha iniziato una intensa

attività artistica, ospite di Istituzioni come: il Teatro alla Scala,

l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia o il San Carlo di Napoli,

il Liceu di Barcellona o il New National Theatre di Tokyo, il Fe-

stival di Salisburgo, l’Opéra di Parigi a fi anco di direttori quali

Muti, Rousset, Savall o Chung e pianisti come Ballista, Campa-

nella, Canino.

Particolarmente dedito al repertorio liederistico, di cui è rico-

nosciuto interprete italiano di riferimento, ha eseguito più di

70 volte il ciclo schubertiano della Winterreise talvolta nella

doppia veste, simultaneamente, di pianista e cantante.

Ha cantato per le massime Società di concerto italiane ed estere

- primo tenore italiano a Bayreuth- sarà presente alla Carnegie

Hall di New York nel gennaio del 2013, nell’ambito del proget-

to “The Song Continues”.

Bruno Canino, nato a Napoli, ha studiato pianoforte e com-

posizione al Conservatorio di Milano, dove poi ha insegnato

per 24 anni; e per dieci anni ha tenuto il corso di pianoforte, e

musica da camera al Conservatorio di Berna.

Come solista e pianista da camera ha suonato nelle principa-

li sale da concerto e Festivals europei, in America, Australia,

Unione Sovietica, Giappone, Cina.

Suona in duo pianistico con Antonio Ballista, e collabora con

illustri strumentisti come Accardo, Ughi, Amoyal, Itzahk Perl-

man, Blacher. È stato dal 1999 al 2002 direttore della Sezione

Musica della Biennale di Venezia.

Si è dedicato in modo particolare alla musica contemporanea,

lavorando, fra gli altri, con Pierre Boulez, Luciano Berio, Karl-

Heinz Stockhausen, Georgy Ligeti, Bruno Maderna, Luigi Nono,

Sylvano Bussotti, di cui spesso ha eseguito opere in prima ese-

cuzione.

Ha suonato sotto la direzione di Abbado, Muti, Chailly, Sawal-

lisch, Berio, Boulez, con Orchestre come La Filarmonica della

Scala, Santa Cecilia, Berliner Philarmoniker, New York Philar-

monia, Philadelphia Orchestra, Orchestre National de France.

Tiene regolarmente masteclass per pianoforte solista e musica

da camera, in Italia, Germania, Giappone, Spagna, e partecipa

al Marlboro Festival negli Stati Uniti. Attualmente insegna all’I-

stituto Música de Cámara a Madrid. È spesso invitato a far parte

di giurie di importanti concorsi pianistici internazionali. Il suo

libro “Vademecum del pianista da camera” è edito da Passigli.

MARCELLO NARDIS BRUNO CANINO

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Giuseppe Verdi, come ben si sa, fu essenzialmente uomo

di teatro. Tanto la sua produzione operistica testimonia

un’insistenza appassionata e vitale, tradotta anche in un forte

sacrifi cio personale (i cosiddetti “anni di galera”, da lui stesso

evocati, compresi tra il il 1843 e il 1850, che videro nascere la

bellezza di dodici nuovi titoli), così il catalogo delle musiche ca-

meristiche appare come un prodotto secondario, dettato dalle

circostanze.

Le non molte pagine di questo genere nascono, grosso modo,

verso la metà del secolo, nel pieno di un’età romantica che fuo-

ri d’Italia assistette all’apparire di una musica vocale diversa,

carica d’un sentimento ed un approfondimento di toni lega-

tissimi all’eccellenza dei testi poetici. Di qui una storia fi tta di

capolavori incancellabili, peraltro mai sentiti necessari (ed oggi

l’estraneità non è molto dissimile da quel passato) nella patria

del melodramma.

Dunque, con Verdi si assiste ad un camerismo, appunto, del

tutto italiano: nella chiarezza - spesso sintetica se non persino

semplifi cata - della scrittura, nella espressione robusta, nella

evidente assonanza ad uno stile asservito alle esigenze della

scena, o meglio del personaggio in scena.

La serie di 6 Romanze che compare nel 1838 inaugura un ca-

talogo che rimarrà, negli anni, di piccole dimensioni, ed illu-

stra, con molteplicità di sfumature, l’aspirazione ad intensità

dolorose, di un’umanità sofferente. Il tono patetico è prevalen-

te, e lo stile è senza dubbio fortemente parente di quello che

giungerà in teatro, con sottolineature testuali che si rifl ettono

in modifi cazioni del dettato musicale, svolgendo gli ariosi in

episodi concatenati.

Ogni attenzione va alla parola, all’accento chiarifi catore ed

eloquente (due dei 6 testi appartengono a Goethe, tradotto

in lingua italiana dal poeta bussetano Luigi Balestra) mentre la

scrittura pianistica si mantiene fedele ad una pulizia e sempli-

cità di tratto ad essa integrata, ma con ruolo complementare.

Tutto ciò avviene l’anno precedente il primo titolo operistico

verdiano, Oberto, conte di San Bonifacio, titolo che invece è

contemporaneo di due altre pagine da camera isolate: La se-

duzione, una commossa pagina, ancora su testo di Balestra, e

L’esule, lavoro ben più articolato ed esteso, quasi una scena liri-

ca, su parole di Temistocle Solera, un poeta-librettista legato al

note all’ascolto

nome di Verdi non solo dal citato Oberto, ma anche da Nabuc-

co, Giovanna d’Arco e Attila, che prolungarono la collaborazio-

ne fra i due fi no al 1846.

Nel 1845 la casa editrice di Francesco Lucca pubblica la secon-

da serie di Romanze verdiane, raccolta di maggiori ambizioni

espressive e di accentuata vivacità, per la quale sono utilizzati

versi di tre autori: Manfredo Maggioni (per La zingara, Lo spaz-

zacamino), Andrea Maffei (Il tramonto, Ad una stella, Brindisi)

e Felice Romani (Il mistero), gli ultimi due legati anche ad opere

del bussetano, rispettivamente I Masnadieri (1847) e Un giorno

di regno (1840), e con ciò si conferma lo stretto legame che in

Verdi si manifesta, fra scena lirica e salotto.

Segue, poco appresso, un’altra breve pagina isolata, Il poveret-

to, ancora su parole di Maggioni (1847), pietosa supplica di un

militare indigente, mentre Stornello (1869) è un’allegra, ironica

e disincantata visione dell’amore. La paginetta, gradevolissima,

comparve in un album fi rmato anche da altri autori in omag-

gio a Francesco Maria Piave, il librettista verso il quale Verdi fu

più debitore (suoi, fra l’altro, Macbeth, Rigoletto e Traviata); e

l’allegrezza che la pervade sembra proprio un inequivocabile,

affettuoso ringraziamento.

A. Z.

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artisti ospiti

di Società della Musica

Accademia degli Invaghiti, Joaquin Achucarro, Romano Adami, Giuseppe Albanese, Alti & Bassi, Mario Ancillotti,

Alberto Arbizzi, Arena di Verona Brass Quintet, Art Ensemble of Soccavo, Artango, Auer Quartet, Austrian Brass

Quintett, Luis Bacalov, Andrea Bacchetti, Stefano Bagnoli, Ramin Bahrami, Giampaolo Bandini, Anna Lisa Bellini,

Maria Grazia Bellocchio, Paolo Beltramini, Maurizio Ben Omar, Umberto Benedetti Michelangeli, Manlio Benzi,

Boris Berezowski, Sonia Bergamasco, Luca Bertazzi, Umberto Bertetti, Camillo Bertetti, Riccardo Biancoli, Fabio

Bidini, Stefano Bollani, Paolo Bonomini, Angelo Borroni, Pietro Bosna, Laura Bortolotto, Tara Bouman, Enrico

Bronzi, Mario Brunello, Eduard Brunner, Stanislav Bunin, Cristiano Burato, Davide Burani, Pierluigi Camicia,

Bruno Canino, Sandro Cappelletto, Alessandro Carbonare, Mauro Carbone, Giuliano Carmignola, Edoardo

Catemario, Stefano Cerrato, Cesare Chiacchiaretta, Emanuele Cisi, Coro da Camera Ricercare Ensemble, Miriam

Dal Don, Michel Dalberto, Massimiliano Damerini, Elisa De Luigi, Vincenzo De Vivo, Dedalo Ensemble, Enrico

Degli Esposti Elisi, Daniele Di Bonaventura, Diego Dini Ciacci, Dire Gelt, Avi Downes, Shana Downes, Andrea

Dulbecco, Duo Alkan, Duo Franzoso Ongaro, Duo Gulli Cavallo, Duo Mantovani Miodini, Duo Meunier Turicchia,

Duo Pepicelli, Duo Petrouchka, Duo Poltera Kolly, Duo Smailovich De Simone, Duo Tumeo Rapetti, Ensemble

Contemporaneo del Conservatorio di Mantova, Ensemble Nuovo Contrappunto, Ensemble Variabile, Giuseppe

Ettorre, Fabrizio Falasca, Michael Flaksman, Flatus Chordis, Angelo Foletto, Paolo Fresu, Richard Galliano, Filippo

Gamba, Cecilia Gasdia, Roberto Gatti, Sofi a Gelsomini, Ugo Gennarini, Teodora Gheorghiu, Paolo Ghidoni,

Stefano Giavazzi, Javier Girotto, Gramelot Trio, Corrado Greco, Gruppo Musica Insieme di Cremona, Roberto

Guglielmo, Simone Guiducci, Franco Gulli, Sofya Gulyak, Matthew Halls, Harp & Piano, Angela Hewitt, Ideko

Hudagawa, Monica Huggett, I Fiati Associati, Janacek Quartet, Zoltan Kocsis, Natasha Korsakova, Sergej Krylov,

62 - I LUNEDì DELLA MUSICA 2013

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L’arte dell’Arco, La Moreria, John Olaf Laneri, Enrica Lisciani Petrini, Rolf Lislevand, Louis Lortie, Andrea

Lucchesini, Relja Lukic, Benedetto Lupo, Antonio Lysy, Alexander Madzar, Luca Magariello, Mandelring Quartet,

Tito Mangialaio, Meditation Quartet, Fabrizio Meloni, Franco Mezzena, Marian Mika, Francesco Moi, Federico

Mondelci, Marina Morelli, Neofonia, New Time in Tango, Nextime Junior Ensemble, Nuovo Quartetto Italiano,

Orchestra d’Archi del Conservatorio di Mantova, Orchestra da Camera di Mantova, Orchestra Sinfonica Arturo

Toscanini, Aldo Orvieto, Ottetto dei Virtuosi Italiani, Stefano Pagliani, Antonello Palombi, Vittorio Parisi, Murray

Perahia, Eva Perfetti, Giovanni Gabriele Picciati Pieranunzi, Roberto Plano, Rodney Prada, Antonio Pulleghini,

Paola Quagliata, Quartetto Anton Webern, Quartetto Bernini, Quartetto d’Archi della Scala, Quartetto d’Archi

Prometeo, Quartetto di Cremona, Quartetto Fonè, Quartetto Klimt, Quartetto Kuss, Quartetto Meridies, Quartetto

Prometeo, Quartetto Savinio, Quartetto Saxsofollia, Quartetto Tartini, Quintetto Bibiena, Piero Rattalino, Danilo

Rea, Stefania Redaelli, Massimo Repellini, Luca Reverberi, Susanna Rigacci, Maria Ronchini, Danilo Rossi, Nagy

Sandu, Amanda Sandrelli, Luca Schieppati, Marco Scolastra, Alexander Semchuk, Daniele Sepe, Alessandro

Simoncini, Luca Simoncini, Wen Sinn Yang, Simone Soldati, Alessandro Specchi, Loris Stefanuto, Markustockhausen,

Edoardo Maria Strabbioli, Jeffrey Swann, Swisschamberbrass, Tangoseis, Franco Testa, Marco Tezza, The Hilliard

Ensemble, The Terem Quartet, Joel Francois Thiollier, Anna Tifu, Triestango, Trio Abendlied, Trio Broz, Trio d’Archi

della Scala, Trio de gli Archi Italiani, Trio Debussy, Trio Des Alpes, Trio di Parma, Trio Italiano, Trio Johannes, Trio

Matisse, Trio Tchaikowsky, Trio Wanderer, Sonia Turchetta, Hideko Udagawa, Uto Ughi, Mariangela Vacatello,

Vienna Piano Trio, Sonia Visentini, Lorna Windsor, Simone Zanchini, Andrea Zaniboni, Mario Zara, Cristina

Zavalloni, Lilya Zilberstein, Alexander Zimbrovsky, Leonardo Zunica, Michelangelo Zurletti

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S.C.M. Tecnologie S.r.l.Aeration & Mixing

Tecnologie per l’ambiente

sponsor tecnici:

collaborazioni:

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HANNO SOSTENUTO IL NOSTRO PROGETTO:

FondazioneComunità Mantovana onlus

SOCIETÀ DELLA MUSICA

Italo Scaietta, Presidente

Stefano Giavazzi, Direttore artistico

Andrea Zaniboni, Consulente musicale

Davide Bardini, Consulente amministrativo

Ivan Fiaccadori, Consulente tecnico

Valerio Novara, Relazioni esterne

Giovanna Gamba, Addetto stampa

Studio Chiesa, Comunicazione

Daniela Oliani, Segreteria

Giulia Buzzi c/o Orchestra da Camera di Mantova, Biglietteria

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