+ All Categories
Home > Documents > I quaderni di Rete 180 - Fondazione Policlinico · Autart è un atelier di arti figurative nato nel...

I quaderni di Rete 180 - Fondazione Policlinico · Autart è un atelier di arti figurative nato nel...

Date post: 15-Feb-2019
Category:
Upload: vunga
View: 214 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
85
I quaderni di Rete 180 I quaderni di Rete 180 vogliono mettere a disposizione idee e visioni, progetti e materiali di ricerca. In forma provvisoria, abbozzata, incompleta, in modo che chi li avrà in mano possa usarli, correggerli, completarli o cambiarli, adottarli o criticarli. Stimolato, comunque, a prendere parte, essere partecipe. Per questo abbiamo scelto di pubblicare materiali grezzi, senza commento e li stampiamo in una veste grafica essenziale. Al testo si affianca un’ampia colonna bianca. E’ lo spazio per i commenti, gli appunti, le annotazioni del lettore. Lettore che noi vorremmo complice, partecipe del progetto creativo. Per questo i materiali messi a disposizione sono sottoposti a licenza Creative Commons, sono cioè offerti alla condivisione, allo sviluppo creativo ed all'utilizzo pubblici nel pieno rispetto delle leggi esistenti. Crediamo che anche nella ricerca sia possibile ed auspicabile la bidirezionalità comunicativa che è propria di Rete 180. Il Progetto Stakeholders inaugura appropriatamente i quaderni di Rete 180. Salute mentale, qualità, cooperazione tra soggetti sono le parole chiave che il progetto Stakeholders ha in comune con Rete 180. Utilizzatori primari, familiari e vicini, di casa professionisti e rappresentanti delle istituzioni nella comunità; gli Stakeholders appunto, sono interessati quanto Rete 180 al benessere della psiche ed alla funzione che i servizi per la salute mentale possono/devono avere. Il progetto grafico dei quaderni di Rete 180 è di Raffaello Repossi, un amico che con competenza ci segue e sostiene da tempo. A lui dobbiamo anche il logo di Rete180. I quaderni ospiteranno ogni volta uno degli artisti di “Autart”. Autart è un atelier di arti figurative nato nel 2006 dalla collaborazione tra il Dipartimento Salute Mentale di Mantova e l’Accademia di Belle Arti di Verona. In questo primo numero presentiamo Mara Plessi. Mara Plessi si è sempre espressa in modo molto elegante. Cura di più l'aspetto grafico in bianco e nero piuttosto che il colore. Ha realizzato composizioni semplicissime, sia per segno che per soggetto, e composizioni molto complesse nel simbolismo e sempre assai pulite nella realizzazione del segno. "Il topo" su iuta appartiene alle prime opere realizzate nell'atelier ed è stato esposto nella manifestazione Apart promossa dall'Accademia di Belle Arti , dall'assessorato alle politiche giovanili e dall'associazione culturale Malacarne a Verona. Giovanni Rossi
Transcript

I quaderni di Rete 180

I quaderni di Rete 180 vogliono mettere a disposizione idee e visioni, progetti e materiali di ricerca. In forma provvisoria, abbozzata, incompleta, in modo che chi li avrà in mano

possa usarli, correggerli, completarli o cambiarli, adottarli o criticarli. Stimolato, comunque, a prendere parte, essere partecipe.

Per questo abbiamo scelto di pubblicare materiali grezzi, senza commento e li stampiamo

in una veste grafica essenziale. Al testo si affianca un’ampia colonna bianca.

E’ lo spazio per i commenti, gli appunti, le annotazioni del lettore.

Lettore che noi vorremmo complice, partecipe del progetto creativo. Per questo i materiali messi a disposizione sono sottoposti a licenza Creative Commons, sono cioè offerti alla condivisione, allo sviluppo creativo ed all'utilizzo pubblici nel pieno

rispetto delle leggi esistenti.

Crediamo che anche nella ricerca sia possibile ed auspicabile la bidirezionalità comunicativa che è propria di Rete 180.

Il Progetto Stakeholders inaugura appropriatamente i quaderni di Rete 180.

Salute mentale, qualità, cooperazione tra soggetti sono le parole chiave che il progetto Stakeholders ha in comune con Rete 180.

Utilizzatori primari, familiari e vicini, di casa professionisti e rappresentanti delle istituzioni nella comunità; gli Stakeholders appunto, sono interessati quanto Rete 180 al

benessere della psiche ed alla funzione che i servizi per la salute mentale possono/devono avere.

Il progetto grafico dei quaderni di Rete 180 è di Raffaello Repossi, un amico che con competenza ci segue e sostiene da tempo. A lui dobbiamo anche il logo di Rete180.

I quaderni ospiteranno ogni volta uno degli artisti di “Autart”. Autart è un atelier di arti figurative nato nel 2006 dalla collaborazione tra il Dipartimento

Salute Mentale di Mantova e l’Accademia di Belle Arti di Verona. In questo primo numero presentiamo Mara Plessi.

Mara Plessi si è sempre espressa in modo molto elegante. Cura di più l'aspetto grafico in bianco e nero piuttosto che il colore. Ha realizzato composizioni semplicissime, sia per

segno che per soggetto, e composizioni molto complesse nel simbolismo e sempre assai pulite nella realizzazione del segno.

"Il topo" su iuta appartiene alle prime opere realizzate nell'atelier ed è stato esposto nella manifestazione Apart promossa dall'Accademia di Belle Arti , dall'assessorato alle

politiche giovanili e dall'associazione culturale Malacarne a Verona.

Giovanni Rossi

2

3

Programma Innovativo della regione Lombardia “Sviluppo nei Dipartimenti di Salute Mentale dei processi di Miglioramento Continuo di

Qualità attraverso l’applicazione di procedure di Accreditamento professionale tra pari e della Medicina Basata sull’Evidenza (EBM)”

Direttore Scientifico

Arcadio Erlicher

Progetto “Stakeholders”

La qualità dal punto di vista degli utilizzatori dei Dipartimenti di Salute Mentale

rapporto a cura di Giovanni Rossi1 e Anna Saltini2 hanno collaborato : Elena Ancellotti, Barbara Baroni, Bianca Benatti, Azzurra Bernardi, Franco Bertazzi, Alessandra Bezzecchi, Stela Boala, Stefano Bonafede, Daniela Braccaioli, Andrea Buoli, Rosanna Cavallini, Paolo Chiavegatti , Ada Coghi, Elisabetta Collina, Giuliana Faccioli, Alberto Francesconi, Paola Federici, Gianfranco Ferraresi, Cinzia Ferrari, Rossana Frignani, Franca Frignani, Renato Gandolfi, Gioconda Galassi, Maria Gloria Gandellini, Bruna Ghizzi, Alessandro Gottardi, Ornella Grisanti, Remo Lonardi, Manuela Maccari, Daniela Madella, Ernidio Maffezzoli, Renato Mai, Enzo Manfredini, Anna Marotta, Luciana Martinelli Pasini, Franca Meloncelli, Felice Christian, Roberto Merlini, Roberto Mezzalira, Roberto Montanaro Tiziana Montanaro, Greta Montini, Stefano Natale, Giuseppina Nosè, Tiziana Paltrinieri, Renzo Peri, Adelina Pezzo, Claudio Piccina, Giuliana Pinfari, Paolo Preus, Luisa Rodella, Giovanni Rossi, Anna Saltini, Gilberto Saltini, Maurizio Sarro, Dina Sebastio, Carolina Toni, Paolo Tortella, Lucia Turrin, Barbara Vallefuoco, Maria Alessandra Varini, Immacolata Varone, Chiara Zibordi

1 Psichiatra, Direttore Dipartimento Salute Mentale Azienda Ospedaliera “Carlo Poma” Mantova 2 Psicologa, Ricercatrice a contratto Dipartimento Salute Mentale Azienda Ospedaliera “Carlo Poma” Mantova

4

Tra gli obiettivi del progetto “Sviluppo nei Dipartimenti di Salute Mentale dei processi di Miglioramento Continuo di Qualità attraverso l’applicazione di procedure di Accreditamento professionale tra pari e della Medicina Basata sull’Evidenza (EBM)” era prevista la revisione dei criteri e degli standard di qualità per i DSM. A questo scopo, il progetto prevedeva di utilizzare come fonti di informazione: 1) le proposte del “gruppo EBM” istituito per rispondere agli obiettivi dello studio; 2) le informazioni e le osservazioni raccolte nel corso delle diverse fasi di formazione previste dal progetto; 3) le informazioni raccolte durante gli scambi di visite nel corso delle attività di accreditamento; 4) le informazioni raccolte attraverso la consultazione formale degli ambiti scientifici professionali; 5) le informazioni raccolte attraverso la consultazione degli stakeholders, condotta con metodi qualitativi. Lo sviluppo del progetto “Stakeholders” si è articolato nelle seguenti fasi:

1) Revisione della letteratura riguardante qualità, accreditamento e coinvolgimento degli stakeholders

2) Approfondimento delle tecniche di consultazione 3) Definizione dei gruppi di stakeholders (pazienti, familiari, associazioni ecc.) 4) Disegno dello studio 5) Contatti con i gruppi di stakeholders 6) Messa a punto delle attività di consultazione 7) Analisi dei dati

5

REVISIONE DELLA LETTERATURA Nella revisione della letteratura sono stati presi in considerazione: 1) gli aspetti introduttivi riguardanti la qualità; 2) lo sviluppo e l’istituzione dei programmi di accreditamento; 3) le esperienze internazionali di definizione ed implementazione degli standard per i Servizi di Salute Mentale con riferimento alle iniziative che hanno previsto la consultazione degli stakeholders, in particolare gli utilizzatori dei Servizi; 4) i metodi di consultazione adottati in ambito sanitario. La ricerca dei lavori è stata inizialmente condotta attraverso la consultazione del database MEDLINE. A seconda dei casi, le parole chiave utilizzate sono state: quality, accreditation, standard(s), health care/ mental health/psychiatric service(s); stakeholder(s), quality, standard(s), health care/ mental health/ psychiatric service(s); accreditation, stakeholder(s), standard(s), health care/ mental health/psychiatric service(s); accreditation, stakeholder(s), standard(s), participation/involvement, health care/ mental health/psychiatric service(s); accreditation, standard(s), consumer(s)/patient(s)/carer(s)/family, health care/ mental health/psychiatric service(s); accreditation, consumer(s)/patient(s)/carer(s)/family, participation/involvement health care/ mental health/psychiatric service(s); participation, consumer(s), citizen(s), qualitative method(s), health care. Per tutti i lavori sono stati consultati i “related articles” segnalati in MEDLINE e gli articoli riportati nelle referenze bibliografiche. Inoltre, una sostanziosa ricerca di articoli, siti e documenti non pubblicati sulle riviste scientifiche è stata effettuata attraverso internet utilizzando i motori di ricerca. 1. Note introduttive sulla qualità Nel documento prodotto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (2003) (Package per il Miglioramento dei Servizi Psichiatrici), le attività attinenti alla qualità (e le iniziative volte al suo miglioramento) sono descritte come elemento cruciale per i Servizi Psichiatrici. Esse comportano importanti conseguenze valutabili sinteticamente in termini di preservazione della dignità dei pazienti, possibilità di fornire cure appropriate e ridurre l’impatto della disabilità, miglioramento della qualità della vita dei pazienti, utilizzazione delle risorse in modo efficiente ed efficace e miglioramento della qualità in tutte le aree di pertinenza psichiatrica (includendo la promozione alla salute, la prevenzione, il trattamento nel contesto della Medicina Generale ecc.). Come rappresentato nella figura (Figura 1), l’approccio alla qualità si basa sull’innesco di diversi processi il cui punto finale attiva processi successivi. Senza entrare nel merito di questi processi, prima di illustrare la definizione di qualità e le sue dimensioni si vuole brevemente sottolineare che nel tempo il concetto di qualità è andato incontro ad una evoluzione che ha comportato l’abbandono della prospettiva di controllo per abbracciare invece l’ottica di sviluppo continuo di politiche per la qualità. Questa evoluzione ne ha radicalmente modificato il senso ed i significati (Frisina, 1994). La prospettiva del controllo che sottende l’approccio meccanicistico alla qualità” (ispezione degli input e dei processi) è ampiamente riconosciuta come superata e non adatta al contesto dei Servizi Sanitari. Essa infatti non stimola il comportamento umano verso un

6

miglioramento cosciente e dinamico, spesso porta ad incolpare e a “punire” e, di conseguenza, non motiva il cambiamento. Figura 1. Il miglioramento della qualità nei Servizi di Salute Mentale

Tratto da WHO, 2003

Negli ultimi 20 anni, il concetto di miglioramento dei servizi sanitari è uscito dalla prospettiva del cosiddetto controllo top-down (che implica accettazione e “punizione”) per orientarsi verso uno sviluppo bottom-up (autoregolazione ed incentivi). La valutazione della qualità sta quindi passando dalla misurazione delle risorse (in input) a quella della performance (in output). L’interesse si sta evolvendo dal “controllo e valutazione della qualità” alla definizione di standard concordati e validi, alla misurazione sistematica ed affidabile delle prestazioni, all’attivazione dei cambiamenti necessari, alla ripetizione delle misurazioni e al miglioramento continuo in una progressione ciclica, o a spirale, che sale verso l’alto (Gardini, 2007). Inoltre, il miglioramento della qualità dei Servizi richiede una cultura della qualità condivisa e da condividere tra tutti coloro che a diverso titolo sono coinvolti. Come è noto, la qualità dell’assistenza sanitaria è spesso oggetto di dibattito fra utenti, fornitori e committenti. Se il livello complessivo di salute della popolazione dipende dalla qualità dei sistemi sanitari, occorre però tener presente che essi sono ricompresi nell’ambiente sociale, economico, educazionale e culturale di ogni singolo paese che

7

influenza a sua volta lo stato di salute dei suoi abitanti. Inoltre, la qualità dell’assistenza sanitaria fornita alla popolazione è anche determinata in larga misura dai modelli di finanziamento, dalle leggi e da altri processi regolamentali. C’è ampio accordo, in generale, sul fatto che la qualità debba essere valutata considerando i punti di vista dei maggiori “stakeholders” (chi usufruisce dei servizi, chi li paga, dai politici e dai managers) e sulla base di criteri che riflettono i valori che sottostanno ad una determinata società. La consultazione degli stakeholders è di essenziale importanza poiché la qualità è il risultato dell’interazione e della partnership tra gruppi. Tornando al documento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (2003), riportiamo la descrizione dei gruppi di stakeholders in termini di espressione di vari bisogni (figura 2): Figura 2. La piramide della qualità

Tratto da WHO, 2003

- I pazienti richiedono l’accesso a cure non costose di alta qualità che rispondano a bisogni e priorità, che incoraggino l’autodeterminazione e conducano ad un miglioramento del funzionamento - I familiari richiedono accesso a cure di alta qualità che offrano supporto, informazione e strategie che permettano, facilitino e migliorino la gestione dei pazienti e dei loro problemi - Gli operatori e i medici richiedono che venga garantita stabilità, continuità e cure efficienti - I Servizi, per rispondere alle loro funzioni, richiedono adeguate risorse

8

- La popolazione generale richiede accesso ai servizi e un miglioramento degli aspetti riguardanti la salute mentale in generale - I finanziatori e i politici sono orientati a costruire condizioni che permettano di fornire cure valide in termini di rapporto tra costi ed efficacia e che garantiscano la riduzione dell’impatto della malattia, il miglioramento della qualità della vita dei pazienti e della popolazione generale. Il ruolo dei politici è quello di fornire leadership, direzione e facilitare una qualità soddisfacente a tutti i livelli attraverso leggi, norme e standard. 1.1 Definizioni e dimensioni della qualità In salute mentale, come negli altri ambiti della medicina, la qualità non appare ovviamente di univoca ed esclusiva definizione. Oltretutto, come è noto, il giudizio di qualità su una determinata realtà può rivestire un ampio carattere di soggettività, può variare in base ai punti di vista e ai contesti e può essere di complessa attribuzione oggettiva. Va da sé che, intuitivamente e di conseguenza, le attribuzioni di qualità possono e devono essere considerate dinamiche e mutevoli nel tempo (e in base ai contesti) e variabili a seconda dei soggetti coinvolti e dei loro punti di vista (Tabella 1). Tabella 1. Requisiti di buona qualità: un esempio dei diversi punti di vista

Variabili Pazienti Operatori Amministratori

EEffffiiccaacciiaa aatttteessaa ** ****** ******

EEffffiiccaacciiaa pprraattiiccaa **** ****** ****

CCoommppeetteennzzaa tteeccnniiccaa **** ******** **

AAcccceettttaabbiilliittàà ******** **** **

EEffffiicciieennzzaa ** **** ******** AAddeegguuaatteezzzzaassii

****** **** ****** Appropriatezza

** ****** **

Letteralmente, per qualità si può intendere quella “nozione alla quale sono riconducibili gli aspetti della realtà suscettibili a classificazione” oppure, considerando una realtà materiale, “l’insieme delle caratteristiche intrinseche ed estrinseche”. Una definizione di qualità ampiamente citata è quella sviluppata dal Committee to Design a Strategy for Quality Review and Assurance in Medicare (Lohr 1990) “la qualità rappresenta il grado in cui i servizi aumentano la probabilità di ottenere esiti di salute desiderati in coerenza con le conoscenze scientifiche”. Mirin e Namerow (1991) definiscono invece la qualità della cura in funzione dell’appropriatezza del trattamento e della bontà dei risultati raggiunti. Riprendendo la definizione di Donabedian (1980; 1992), la qualità in sanità rappresenta il rapporto fra il miglioramento nelle condizioni di salute ed il massimo miglioramento raggiungibile sulla base delle conoscenze scientifiche, delle risorse disponibili e delle caratteristiche del paziente. Oltre a darne una definizione, gli autori hanno anche fornito una descrizione delle componenti della qualità. Il concetto di “componenti” suggerisce l’idea di qualità

9

dell’assistenza sanitaria come unico sistema di entità misurabili e in interazione continua tra loro. Tabella 2. Assi della qualità secondo Donabedian Struttura • Risorse disponibili (personale, attrezzature, strutture, finanziamenti). • Strategie di governo: esistenza di un programma di redazione ed aggiornamento di linee guida, presenza di un sistema

premiante e di un sistema informativo orientato alla qualità, attenzione all’equità e alla continuità delle prestazioni, ecc. Processo a) Processo organizzativo • Volume di prestazioni (ricoveri, giornate di degenza, visite ambulatoriali, ponderati o meno per complessità ed uso delle

risorse); rapporto tra attività effettuate e risorse impiegate (efficienza operativa o produttiva); • Tempi di attesa per le prestazioni • Coordinamento ed integrazione delle prestazioni • Continuità dell’assistenza • Appropriatezza generica, relativa al livello di effettuazione delle prestazioni (ricovero, day-hospital, ambulatorio,

domicilio) e dell’uso delle risorse. • Attività di supporto e precisamente: - Effettuazione delle attività formative: quantità e qualità. - Effettuazione di attività rivolte alla valutazione e al miglioramento di qualità: partecipazione a comitati e gruppi di

lavoro, effettuazione di progetti di MCQ (sinonimo: audit), rilevazione di indicatori a fini di valutazione e miglioramento. - Qualità delle attività manageriale effettivamente svolte, ad esempio delle modalità praticate per applicare il sistema

premiante o per coinvolgere il personale. b) Processo professionale • Appropriatezza specifica delle decisioni di intervento, intesa come uso di prestazioni efficaci per le persone o nelle

situazioni e nei tempi per cui sono indicate, alla luce delle evidenze della letteratura internazionale e/o, in subordine, del consenso professionale.

• Correttezza di esecuzione (ad esempio per interventi chirurgici e psicoterapie, esami diagnostici) • Tempestività e precocità delle prestazioni tale da ottimizzarne l’efficacia. • Comportamenti dei professionisti sanitari relativi all’attenzione e al rispetto per gli utenti ed i familiari, ad esempio nel

dare informazioni, nell’ottenere il consenso informato, nel coinvolgere nelle scelte, nel promuovere l’autoaiuto. Esito • Esiti finali di salute, intesi come riduzione del malessere, della sofferenza, della disabilità funzionale, come

prolungamento della durata di vita e, per gli interventi preventivi, come diminuzione dell’incidenza delle malattie; o come complicazioni ed effetti collaterali delle terapie.

• Esiti intermedi, rappresentati da modificazioni biologiche (ad esempio riduzione dell’ipertensione arteriosa o da mantenimento di livelli stabilizzati di glicemia) o da modificazioni comportamentali o da modificazioni ambientali. Sono da considerare esiti intermedi solo se sicuramente o molto probabilmente associati con esiti finali.

• Soddisfazione degli utenti, dei familiari, della popolazione generale nei confronti della qualità complessiva e di vari aspetti dell’assistenza: accessibilità, informazioni ricevute, competenza e cortesia dei professionisti, possibilità di coinvolgimento nelle scelte, aspetti alberghieri, esiti di salute raggiunti

Non classificabili nello schema struttura , processo, esito di Donabedian • Costi diretti e indiretti e ricavi finanziari. Il rapporto costi/esiti corrisponde al concetto di “costo-efficacia”, un cui

sinonimo può essere considerato “efficienza economica o allocativa” e che il rapporto costi/volume di prestazioni o volume di attività/risorse impiegate corrisponde al concetto di produttività o di efficienza produttiva o efficienza gestionale.

• Soddisfazione degli operatori. Altri assi di classificazione (trasversali rispetto ai precedenti, in quanto possono dipendere da elementi sia di struttura, sia di processo, sia di esito): • Accessibilità: orari di apertura, tempi di attesa, ma anche stadio di presentazione delle diverse patologie e tassi di ricorso

a servizi fuori zona. • Equità: variabilità nella domanda, nell’accesso e nella qualità dei servizi tra i diversi ceti sociali; per i servizi preventivi,

variabilità delle incidenze delle malattie tra i diversi ceti sociali. • Sicurezza o riduzione dei rischi per gli utenti.

• Sicurezza o riduzione dei rischi per il personale. Tratto da Morosini, 2005

Le componenti della qualità suggerite da Donabedian sono: effectiveness (miglioramenti ottenuti attraverso le cure migliori); efficiency (cure appropriate senza condizionare i miglioramenti in termini di salute); optimality (equilibrio tra costi ed effetti); acceptability (cure

10

in conformità con le preferenze del paziente); legitimacy (cure in conformità con le preferenze sociali e con i principi etici); equity (conformità ai principi che guidano la distribuzione dei servizi di cura per un determinato territorio e per una popolazione). Similmente, Boyce e collaboratori (1997) evidenziano le seguenti dimensioni: effectiveness (aumento della sopravvivenza e della qualità della vita); efficiency (massimi benefici in rapporto ai costi); access (uguaglianza di qualità delle cure); safety (grado di evitamento dei rischi potenziali); acceptability (grado di accordo alle aspettative degli utenti); continuity (grado in cui gli episodi di cura sono integrati nel complesso delle cure fornite); technical proficiency (grado in cui le cure fornite sono in conformità a standard e conoscenze scientifiche); appropriateness (grado in cui i potenziali benefici di un intervento superano i possibili rischi). Secondo la classica tripartizione della qualità, gli assi sono indirizzati alla struttura, al processo e all’esito (Donabedian, 1990) (Tabella 2: classificazione di Donabedian). Quando si parla di struttura si intende l’insieme delle caratteristiche, degli strumenti, delle risorse e delle modalità organizzative (inputs) (Jenkins, 1990; Brugha & Lindsay, 1996; Mark et al., 1997). Le valutazioni relative alla struttura riguardano le macro caratteristiche (ad esempio, risorse disponibili nei termini di personale) o le micro caratteristiche delle agenzie specifiche di cura (ad esempio presenza e varietà di specifici servizi, disponibilità di particolari risorse). Per processo si intende invece “il set di attività che coinvolgono medici e pazienti”. Le valutazioni di processo riguardano aspetti tecnici (ad esempio prodotti, prestazioni ecc.) e aspetti interpersonali (comunicazione, rapporto). Per quanto riguarda l’esito, comunemente si intende “lo stato o le condizioni attribuibili alla cura” (Donabedian, 1992). Nell’ambito della salute mentale, gli esiti oggetto di valutazione possono dunque essere rappresentati dalla gravità dei sintomi, dal grado di funzionamento, dal benessere psicologico e sociale o dalla qualità della vita e soddisfazione del paziente. Per maggior chiarezza da un punto di vista concettuale e nella prospettiva di politica sanitaria, numerosi autori sottolineano la necessità di riservare il termine “esito” alle modificazioni delle condizioni di salute e alla soddisfazione degli utenti (gli scopi finali di qualunque servizio sanitario) e di usare il termine “risultato” per indicare il raggiungimento di obiettivi di processo (ad esempio diminuzione della degenza media, rilevazione di indicatori di buona qualità, maggiore accuratezza delle diagnosi) o strutturali (ad esempio istituzione di un ufficio qualità, realizzazione dell’impianto di aria condizionata nei reparti di degenza). Nell’ambito delle attività di valutazione e di miglioramento di qualità, le dimensioni che definiscono la qualità sono quella gestionale (rivolta all’efficienza, al contenimento dei costi e all’aumento della produttività), percepita (o relazionale, relativa alla soddisfazione degli utenti) e professionale. Recentemente, per gli aspetti relativi alla qualità percepita, è stato proposto il termine “responsiveness” (capacità di rispondere ai bisogni personali degli utenti) (Murray e Evans, 2003). La scelta è derivata dalla consapevolezza che i giudizi di soddisfazione nei confronti delle prestazioni ricevute sono influenzate da attese e aspettative oltretutto, in quanto tali, non facilmente confrontabili tra paesi e classi sociali diverse. Il suggerimento degli autori è dunque quello di indagare le specifiche esperienze degli utenti. La dimensione responsivenes è stata dettagliata in otto domini e sottodimensioni:

• Autonomia (nelle scelte e possibilità di ottenere informazioni su trattamenti ed esami alternativi);

11

• Possibilità di scelta (dei professionisti da cui farsi curare); • Comunicazione (chiarezza delle informazioni ricevute e possibilità di ottenere

informazioni); • Confidenzialità (delle informazioni personali); • Dignità (essere trattati con cortesia e rispetto, rispetto della privacy); • Comfort ambientale (pulizia, spazi); • Accesso (facilità a raggiungere il Servizio, tempi di attesa); • Accesso da parte dei familiari e della rete di supporto sociale (facilità di visita da parte

di parenti e amici). Considerando poi altri autori, le dimensioni della qualità proposte da Liva e Di Stanislao (1996) fanno riferimento a: -qualità manageriale: direzione, strutture, attrezzature, informazione, formazione,

valutazione e miglioramento; -qualità tecnica: procedure tecniche per discipline cliniche e procedure di supporto

(gestione dei farmaci, aspetti alberghieri, pulizia, igiene, ecc.); -qualità percepita: sicurezza e soddisfazione degli operatori, diritti e soddisfazione dei

clienti. Focarile (1998) individua più analiticamente come contenuti della qualità dell’assistenza i seguenti aspetti: -Accessibilità: capacità di assicurare cure appropriate a coloro che ne hanno bisogno; -Appropriatezza: grado di utilità dell’assistenza rispetto al problema clinico e alle

conoscenze; -Competenza: livello di applicazione delle conoscenze scientifiche, delle abilità

professionali e delle tecnologie disponibili; -Continuità: grado di integrazione nel tempo tra diversi operatori e strutture sanitarie che

hanno cura dello stesso soggetto o di un gruppo di soggetti; -Efficacia attesa: capacità potenziale di un intervento di modificare in modo favorevole le

condizioni di salute dei soggetti ai quali è rivolto; -Efficacia pratica: risultati ottenuti dall’applicazione di routine dell’intervento; -Efficienza: capacità di raggiungere risultati in termini di salute con il minor impegno di

risorse possibile; -Sicurezza: grado in cui l’assistenza erogata espone il paziente e gli operatori a minor

rischio; -Tempestività: grado in cui l’intervento più efficace è offerto al paziente nel momento in

cui gli è di massima utilità; -Umanizzazione: livello di rispetto della cultura e dei bisogni individuali del paziente

anche per ciò che riguarda l’informazione e la qualità del servizio Le diverse declinazioni del concetto di qualità evidenziano che non si dà qualità per un solo attore, o per una categoria di attori coinvolti nel “processo salute”. A questo proposito Crozier (1988) afferma che non c’è qualità se non è qualità per tutti i soggetti coinvolti nel processo.

Sempre per quanto riguarda gli assi, altre classificazioni sono quelle prodotte dalla Joint Commission (1994, 1997) che considera appropriatezza, disponibilità, continuità, efficacia nella pratica (effectiveness), efficacia sperimentale (efficacy), efficienza, rispetto e attenzione per gli utenti, sicurezza, tempestività, prevenzione secondaria. Si tratta di categorie che non sono esaustive e che in parte si sovrappongono tra loro. Il Canadian Council on Health

12

Services Accreditation (Canadian Council, 2002) propone categorie articolate e che, ancora una volta, non distinguono bene tra processo ed esito: capacità di risposta (disponibilità, accessibilità, tempestività, continuità, equità, efficacia); competenza (appropriatezza delle prestazioni, competenza dei singoli professionisti, coerenza tra missione, visione, obiettivi, corrispondenza tra potere decisionale e responsabilità, efficacia nella pratica, sicurezza, legittimità, efficienza); centralità dell’utente/popolazione (comunicazione, confidenzialità delle informazioni, rispetto e considerazione degli utenti; coinvolgimento della comunità locale, contributo al miglioramento della salute della popolazione e dell’ambiente); attenzione al personale (comunicazione, chiarezza di ruoli, partecipazione alle decisioni, possibilità di crescita professionale, sicurezza, incentivi per le attività di MCQ).

Un gruppo di lavoro dell’Ufficio Europeo dell’OMS (WHO Regional Office for Europe, 2003) ha invece raggiunto l’accordo sulle seguenti dimensioni principali della qualità ospedaliera: efficacia clinica (processi professionali basati sulle evidenze scientifiche ed esiti); attenzione al paziente (considerazione dei bisogni personali, soddisfazione dei pazienti, promozione della possibilità di scelta, presenza di sostegno sociale); efficienza di produzione (utilizzo del personale e delle attrezzature, riduzione degli sprechi); sicurezza dei pazienti e del personale; gestione del personale (soddisfazione e crescita professionale); strategie di governo (attenzione ai bisogni della collettività, all’accessibilità, alla continuità, all’equità delle prestazioni, promozione della salute) L’Institute of Medicine in The Quality Chasm (Institute of Medicine, 2001) ha proposto invece la seguente classificazione di indicatori: efficienza, efficacia, sicurezza, tempestività, attenzione al paziente, equità. Anche in questo caso non vi è però una chiara distinzione tra processi ed esiti. 1.2 Relazione tra struttura, processo ed esito Uno degli aspetti chiave riguardante la qualità concerne il rapporto tra esito, struttura e processo. A questo proposito, Tugwell (1979), Jenkins (1990) e Brugha e Lindsay (1996) sottolineano il fatto che molti fattori possono influenzare gli esiti al di là delle cure erogate. Brugha e Lindsay (1996) e Mark, Salyer & Geddes (1997) suggeriscono che esiti limitati non implicano necessariamente strutture e processi con limiti; per contro, la qualità degli esiti non è da attribuirsi necessariamente ad appropriati aspetti di processo e struttura. Per questa ragione, Brugha & Lindsay (1996) esitano ad utilizzare l’espressione “health outcome” (implicando essa una relazione causale) preferendo invece l’espressione “health status”. Segal e collaboratori (1995) hanno condotto uno studio in cui veniva presa in considerazione la relazione tra 3 misure di processo (sforzo dei medici a coinvolgere il paziente, conformità agli standard professionali; efficienza nell’uso del tempo) e due misure di esito (disposizione e funzionamento). Gli autori hanno trovato che la sensibilità agli aspetti interpersonali poteva essere associata ad esiti positivi (miglioramento del funzionamento e dimissione) e che la conformità agli standard “tecnici” poteva essere invece associata ad esiti negativi (mancato miglioramento e necessità ulteriore di cura). Oltre agli aspetti riguardanti la relazione tra i tre assi di qualità, in letteratura è stato affrontato l’aspetto relativo a dove porre l’attenzione nelle valutazioni di qualità (Brugha & Lindsay, 1996). Alcuni autori sottolineano l’importanza di struttura e processo (Tugwell, 1979; Miscossi et al, 1993; Ierodiakonou & Vandenbroucke, 1993) poiché le valutazioni

13

relative a questi assi forniscono una misura più diretta della qualità rispetto a quanto non sia invece possibile ottenere focalizzando l’attenzione sugli esiti (Brook, McGlynn & Cleary, 1996; Brook, Kamberg & McGlynn, 1996; Hammermeister et al, 1996). Altri autori ancora affermano che le misure di esito sono di primaria importanza in quanto esse definiscono gli scopi finali di cura (Fessel and Van Brunt, 1972; Cook and Jonikas, 1996). La posizione più pragmatica appare essere quella espressa da Mark e collaboratori (1997) che sottolineano la necessità di un approccio integrato che tenga conto dei tre assi di definizione della qualità, esamini in dettaglio la relazione tra essi e tenga in considerazione gli aspetti e le caratteristiche degli strumenti di misurazione utilizzati. 1.3 Indicatori e standard di qualità Valutare e migliorare la qualità significa poter disporre di “misurazioni” capaci di monitorare l’attività e di orientare i cambiamenti (Kazandjian et al., 2003). Berwick (1989) ha affermato che: “misurare senza cambiare è uno spreco. Cambiare senza misurare è scervellato». Egli sottolinea inoltre che misurare è indispensabile perché definendo le misure si possono chiarire gli obiettivi e, di conseguenza, si può decidere se si deve continuare a fare quello che si fa o se si deve cambiare. Un indicatore può servire anche a descrivere un fenomeno semplice; esso può permettere di valutare in quanto consente il confronto. Di conseguenza, un indicatore può essere definito come “una variabile misurabile che serve a confrontare un fenomeno nel tempo (in momenti diversi) e nello spazio (tra realtà diverse) o rispetto ad un obiettivo da raggiungere o da mantenere”. In generale, gli indicatori vengono utilizzati a tre scopi (Palmer, 1996; Solberg et al, 1997): valutazione e miglioramento interni ad una organizzazione; valutazione e miglioramento esterni promossi da agenzie pubbliche o private; per l’accreditamento e a scopo di ricerca (tabella 3).

Tabella 3. Caratteristiche degli indicatori

a) Legate alle caratteristiche concettuali • Pertinente. (misura il fenomeno che si intende misurare) • Facilmente calcolabile • Facilmente comprensibile • Essenziale, non inutilmente complesso • Capace di evidenziare differenze nel livello del fenomeno • Inserito in un modello decisionale b) Legate alla rilevazione • Tempestivo (rilevabile e rilevato in tempo per le decisioni ) • Riproducibile (preciso, affidabile, attendibile, ripetibile, costante) • Accurato. La rilevazione è priva di errori sistematici; il valore ottenuto corrisponde alla realtà o vi è vicino. Si misura

come sensibilità, specificità, rapporti di verosimiglianza, valori predittivi • Completo. La rilevazione avviene in tutti o quasi gli eventi o soggetti su cui si è deciso di indagare • Facilmente rilevabile e calcolabile • Poco costoso da rilevare e d analizzare • Sensibile al cambiamento. L’indicatore è capace di evidenziare i cambiamenti del fenomeno nel tempo e nello spazio (tra

centri o soggetti diversi) Tratto da Morosini & Palombo, 2001

14

Perché un indicatore sia utilizzabile (tale quindi da poter modificare le decisioni) è indispensabile che sia accompagnato da un valore o da un ambito di valori (definiti come soglia o livello soglia o valore soglia o standard, termini che possono essere considerati come sinonimi), ossia da un valore di riferimento. E’ questa l’accezione del termine “standard” utilizzata ad esempio nell’ambito del Miglioramento Continuo della Qualità (MCQ). In inglese viene utilizzato sia il termine standard sia “threshold” (soglia). Il termine standard è però usato con varie accezioni; tra esse, gli autori suggeriscono di ricorrere al termine “standard” per indicare l’insieme di indicatore e soglia. L’insieme di un indicatore e soglia relativo a un prodotto è noto nel mondo industriale anche col termine “specifica” o “standard di prodotto”. Quest’ultima espressione è utilizzata in sanità per indicare un insieme di indicatore più soglia relativo al volume delle prestazioni.

Nel linguaggio dei manuali di accreditamento americani ed inglesi il termine “standard” (o “requisito”) viene invece utilizzato generalmente per indicare una caratteristica che l’organizzazione in esame deve avere per essere accreditata (criterio binario sì/no). Lo standard può essere generale (un principio generale che deve guidare il funzionamento e l’organizzazione del Servizio) o specifico (articolazione di un requisito generale definito in modo operativo, ossia stabilito in maniera accertabile e riproducibile). Considerando i manuali per l’accreditamento dei Servizi di Salute Mentale, in alcuni paesi gli standard sono stati “operazionalizzati” con scale di punteggi tali da consentire una più precisa valutazione (Australian Health Minister’s Advisory Committee National Mental Health Working Group, 1996). Principali esperienze internazionali: standard per i Servizi di Salute Mentale -National Standards for Mental Health Services in Australia (Australian Health Minister’s Advisory Committee National Mental Health Working Group, 1996) -Standards for Psychiatric Care in South Africa (Flisher et al., 1998) -Canadian Standards of Psychiatric and Mental Health Nursing Practice (http://www.cfmhn.org) -National Services Framework for Mental Health in the United Kingdom (Department of Health, 1999)

Analogamente, nei progetti iniziati in Italia negli anni ’90 (e che hanno portato alla sperimentazione e realizzazione del Manuale di Accreditamento Professionale per il Dipartimento di Salute Mentale, Erlicher & Rossi, 2000) il termine standard viene utilizzato per indicare contemporaneamente l’insieme di criterio (variabile che consente di esprimere un giudizio sulla qualità dell’assistenza) e soglia di accettabilità (valore o frequenza di un criterio al di sopra o al di sotto del quale la qualità non è giudicata accettabile). Restando sempre nell’ambito dell’accreditamento, per fornire una valutazione effettiva della qualità, gli standard devono avere le seguenti caratteristiche: misurabilità (possibilità di verificare se una condizione sia o meno presente o se sia presente una sua determinazione graduata da intendersi come diversi livelli di adesione al criterio stesso); riproducibilità (giudizio riproducibile espresso da osservatori diversi di fronte alla stessa realtà o dallo stesso osservatore in momenti diversi); accettabilità (i soggetti coinvolti devono accettare che determinati fattori vengano sottoposti a valutazione); congruenza (con fattori di qualità e

15

obiettivi del programma); specificità (permettono di misurare i fattori di qualità che interessano, vale a dire quelli che sono influenzati solo dagli elementi previsti e oggetto di valutazione). Gli standard di qualità riportati nei Manuali di accreditamento vengono definiti operativamente attraverso l’utilizzazione di numerose fonti e sono sviluppati in base ai risultati degli studi clinici controllati esistenti in letteratura, degli studi di esito, delle esperienze di accreditamento effettuate in altri paesi, in base alle leggi, alle direttive governative, alle documentazioni normative di interesse specifico e in base al consenso tra esperti (stakeholders). Una volta definiti, gli standard di qualità vengono sottoposti a revisione periodica (solitamente annuale) in funzione dell’evoluzione delle conoscenze scientifiche, delle leggi, del mutamento delle condizioni del contesto operativo e delle esperienze accumulate durante le attività di accreditamento. 2. I programmi di Accreditamento Come noto, i programmi di accreditamento sono una realtà di recente diffusione. Di pari passo alle riforme organizzative ed amministrative attuate in ambito sanitario, i programmi di accreditamento sono diventati una realtà sempre più conosciuta; come già accennato in precedenza, da un sistema basato sulla “fiducia” nella professione si è passati ad una prospettiva che avvicina il contesto sanitario ad una visione propria delle altre organizzazioni e delle imprese. L’esistenza di standard di qualità appropriati rappresenta ora un aspetto di interesse non soltanto per amministratori e politici, ma anche per i pazienti, per i loro familiari e per popolazione in generale (Shaw , 2002). I sistemi di accreditamento hanno ricevuto negli anni un aumento progressivo di supporto da parte dei governi e da parte delle agenzie di finanziamento. Uno studio riguardante i programmi di accreditamento esistenti nel mondo mostra che nei 40 anni precedenti al 1991 erano stati avviati 8 programmi e che essi sono aumentati di 3 volte nei 10 anni successivi. Più della metà dei programmi avviati dal 1990 sono localizzati in Europa (Shaw, 2000; 2002b (figura 3 e tabella 4). Figura 3. Diffusione dei programmi di accreditamento dal 1990 al 2001

Tratto da Shaw , 2002

L’esperienza documentata in letteratura e nei materiali reperibili in rete mostra che l’accreditamento rappresenta una valida tecnica per il miglioramento della qualità. Occorre

16

però tener presente che l’efficacia dei programmi (e il fatto che essi possano essere sostenuti) dipende da molti fattori, in particolare da quelli riguardanti le realtà del paese e delle organizzazioni coinvolte, dal tipo di programma e da come esso viene implementato (Shaw, 2004). Sintetizzando, possiamo raggruppare tali fattori nel modo seguente: Aspetti politici: • Scopi del programma proposto • Adattamento e risposta dei programmi di accreditamento alla cultura della popolazione e dei professionisti • Modalità di incentivazione alla partecipazione Aspetti organizzativi • Identificazione e coinvolgimento delle persone che hanno un diretto interesse (“stakeholders” ossia gli utilizzatori e attori del sistema di cura) • Organizzazione e governo dei programmi Aspetti metodologici: • Validazione degli standard e grado di appropriatezza per gli scopi valutativi • Affidabilità delle valutazioni • Formazione uniforme ed affidabile dei valutatori • Procedure e risultati trasparenti e imparziali Risorse: • Implicazioni riguardanti dati, informazioni e training dei valutatori • Costi per le strutture che partecipano • Tempo necessario per implementare un programma di accreditamento Tabella 4. Programmi nazionali di accreditamento avviati dal 1995 Paese

Anno

Titolo

Francia 1999 L'Agence Nationale d'Accreditation et d'Evaluation en Santé (ANAES) e' stata fondata da da una legge nazionale per tutti i Servizi pubblici e privati. Inizialmente ha ricevuto assistenza tecnica dal Canada e dal Regno Unito

Germania 2001 Collaborazione tra Ordine dei Medici, assicuratori e società degli ospedali (KTQ); accreditamento indipendente e volontario degli ospedali favorito dal Governo

Irlanda 2001 Schema di Accreditamento del Sistema Sanitario Irlandese; progetto pilota fra i maggiori ospedali finanziati dal Governo (MATH). Assistenza tecnica d’avvio dal Canada

Italia 2001 La legge nazionale di riforma sanitaria del 1992 ed una legge specifica del 1997 rendono obbligatorio l’accreditamento da parte dei Governi Regionali per ottenere i contratti di fornitura delle prestazioni da parte del Sistema Sanitario Nazionale

Kyrgyzstan 1997 Programma combinato statale per l’autorizzazione e l’accreditamento delle strutture sanitarie; funzioni separate fra Ministero della Salute e la commissione indipendente per l’accreditamento fondata nel 2001

Lituania 1998 Servizio statale per l’accreditamento dei Srvizi Sanitari per l’autorizzazione delle istituzioni e degli specialisti

Paesi Bassi 1998 Istituto per l’accreditamento degli ospedali (Nederlands Instituut voor Accreditatie van Ziekerhuizen, NIAZ) finanziato dal governo

Polonia 1998 Program Akredytacji Sopitali – programma per l’accreditamento degli ospedali sviluppato con il finanziamento del Ministero della Salute. Assistenza tecnica iniziale dagli Stati Uniti

Portogallo 2000 Istituto da Qualidade em Saude. Programma pilota sviluppato dall’istituto per la qualità finanziato dal Governo con assistenza tecnica del Regno Unito

Svizzera 1998 Due programmi indipendenti: Agence pour la Promotion e l’Evaluation de la Qualité (APEQ) e Vereinigung fur Qualitatsforderung im Gesundheitswesen (VQG) pubblicano insieme gli standard

Tratto da Shaw , 2002

17

In generale, i meccanismi di valutazione includono varianti di cinque noti approcci di valutazione esterna (Shaw, 2001): • ISO (International Organization for Standardization)( www.iso.ch): il sistema fornisce standard in base ai quali le organizzazioni possono essere certificate da organismi accreditati. Originariamente definiti per l’industria, ora gli standard vengono applicati anche per il sistema sanitario (Sweeney & Heaton, 2000) • Revisione tra pari (visitatie): approccio collegiale per singola disciplina. Utilizzato per la valutazione e l’accreditamento formale dei programmi di formazione, viene pure esteso per l’accreditamento dei Servizi (van Weert, 2000). • Modello Malcolm Baldrige: i professionisti possono valutare se stessi o essere valutati da altri in base ad espliciti standard di performance. Questo modello era stato originariamente introdotto nell’ambito dell’industria. La revisione messa a punto dall’European Foundation for Quality Management (EFQM) ha prodotto un modello che contempla specifici ambiti applicabili agli esiti clinici, alla soddisfazione dei pazienti e a quella dello staff (www.asq.org/abtquality/awards/baldrige.html) • Autorizzazione e certificazione: programmi istituzionali che accertano e assicurano il conseguimento di standard minimi • Accreditamento: Riconoscimento pubblico di raggiungimento degli standard dimostrato da una valutazione esterna indipendente e condotta da professionisti. I programmi di accreditamento hanno avuto inizio nei paesi anglosassoni diffondendosi successivamente negli anni ‘90 in sud America, Africa e sud-est asiatico. I programmi di accreditamento obbligatorio sono stati adottati in anni recenti in Francia (Décret Conseil d’Etat, 1997), in Scozia (Steele, 2000) e in Italia (Decreto legislativo 502/92 ).

Definizioni di accreditamento, autorizzazione e certificazione (Roa & Rooney, 1999)

Entrando nel merito dell’accreditamento, Rooney e van Ostenberg (1999) ne hanno così sintetizzato gli scopi principali: migliorare la qualità del sistema di cura; stimolare e

18

migliorare l’integrazione e la gestione dei Servizi; ottenere una fonte di dati confrontabile; contribuire alla riduzione dei costi focalizzando l’attenzione all’aumento di efficienza ed efficacia; fornire formazione e consulenza (ai Servizi, ai manager e ai professionisti relativamente alle strategie di miglioramento della qualità e alla realizzazione di buona pratica clinica) e rinforzare la fiducia dei cittadini rispetto alla qualità dei Servizi. Schematicamente, come descritto da Di Stanislao e Liva (2001), i motivi che hanno portato all’attivazione delle iniziative di accreditamento si possono riportare a tre obiettivi: 1) volontà delle strutture sanitarie e dei professionisti di poter disporre di una valutazione oggettiva della qualità; 2) interesse delle associazioni professionali e delle società scientifiche ad attivare processi di miglioramento che coinvolgano come parte attiva i professionisti; 3) richiesta da parte del servizio sanitario, alle strutture che richiedono convenzione, di corrispondere a determinati livelli qualitativi per ottenere l’ammissione o per garantire i processi di miglioramento continuo. I primi due obiettivi sono alla base dei programmi definiti con l’espressione “accreditamento professionale” (utilizzata in letteratura per distinguere questa forma di accreditamento da quella di tipo obbligatorio). Il terzo obiettivo è invece alla base dell’interesse dei governi e delle assicurazioni private (tabella 5). Tabella 5. Comparazione tra le principali caratteristiche dell’accreditamento obbligatorio istituzionale e accreditamento professionale all’eccellenza nell’esperienza internazionale

Accreditamento Istituzionale

Accreditamento all’Eccellenza

Obiettivo

Accesso al mercato, regolamentato dal soggetto pagante (SSN)

Promozione qualità delle attività sanitarie e dei risultati sui pazienti

Opzione Obbligatorio Volontario Ricaduta Economica Prestigio, promozione professionale Livello di qualità richiesto Minimo, focalizzato essenzialmente sulla

sicurezza Eccellente, mirante alla ottimizzazione dei risultati sul paziente

Gestione Istituzionale, tramite appositi uffici e procedure formalizzate

Professionale, in collaborazione con società scientifiche e associazioni di settore

Modalità operativa Ispezione per la verifica della formale corrispondenza ai requisiti

Azione di consulenza, revisione tra pari finalizzata alla promozione

Contenuti Prevalentemente istituzionali e normativi Prevalentemente professionali e scientifici Riferimenti Normativa, regolamenti, piani sanitari Evidenza scientifica e stato dell’arte

Tratto da Di Stanislao & Liva (2001)

I diversi obiettivi generalmente sono stati integrati adottando metodi che potevano rispettare in modo appropriato le esigenze. Negli Stati Uniti, ad esempio, viene riconosciuto all’accreditamento concesso dalla Joint Commission (agenzia non profit nata nel 1951 come Joint Commission on Accreditation of Hospitals Organization-JCAHO che pubblica nel 1953 i primi standard per l'accreditamento) un valore di idoneità per l’accesso ai sistemi di convenzione ma, nello stesso tempo, la stessa agenzia rimane quel che è sempre stata e con la stessa funzione di espressione delle associazioni professionali e delle società scientifiche. Pur avendo mantenuto una forte componente professionale, l’accreditamento in alcuni paesi è stato utilizzato con una connotazione autorizzativa (e pertanto obbligatorio), basato quindi su una procedura di tipo ispettivo (tabella 6). Questa impostazione vale anche per l’Italia; il

19

decreto Legislativo 502/92 identifica infatti l’accreditamento come una procedura obbligatoria per l’accesso al mercato sanitario finanziato dal SSN. Tabella 6. Programmi di accreditamento e legge Status legislativo

Programma

Programma attivo senza legislazione

Germania, Portogallo, Spagna, Inghilterra

Programma abilitato

Bosnia FBH Legge sull’implementazione dei sistemi di miglioramento di qualità e accreditamento (in preparazione)

Bosnia RS Emendamento di legge sulla salute, 2001 Bulgaria Atto Health Care Facilities Irlanda Irish Health Services Accreditation Board (Establishment) Order, 2002 Lettonia Legge sul trattamento sanitario, 1997 Lituania Legge sull’accreditamento obbligatorio, 1997 Olanda Kwaliteitswet zorginstellingen, 1996 Polonia Atto Organizzazione alla salute, 1997 Svizzera Bundesgesetz über die Krankenversicherung KVG, 1996

Programma richiesto

Francia Legge Parlamentare, 1996

Italia Decreto di legge 502, 1992; 229, 1999 Scozia NHS Act, 1998

L’istituzione per legge di un sistema di accreditamento solleva la questione del consenso e del rapporto tra consenso e oggettività. A tale proposito, occorre di nuovo sottolineare che i due differenti approcci all’accreditamento rispondono ad esigenze diverse (Erlicher & Rossi, 1994). Quello istituzionale consentirebbe di far crescere rapidamente l’oggettività di indicatori, criteri e standard. Quello tra pari è invece indicato quando si preferisce attivare un più rapido incremento del consenso rispetto all’oggettività. Quest’ultimo approccio è preferibile quando si decide di attivare in un servizio la prima esperienza di accreditamento. Pertanto, se consenso e oggettività devono essere contemporaneamente presenti, essi possono essere diversamente dosati a seconda dello scopo dell’accreditamento. L’accreditamento va dunque pensato come un susseguirsi di movimenti che avvicinano in alternanza il polo dell’oggettività e del consenso (Erlicher & Rossi, 1994). L’efficacia dell’accreditamento risiede quindi nella capacità dei modelli di coniugare consenso e oggettività mantenendo un equilibrio dinamico. La partecipazione effettiva degli operatori al processo di valutazione favorisce lo sviluppo del consenso necessario a garantire l’affidabilità e la completezza delle informazioni che portano a formulare un giudizio e che consentono di rendere operative le indicazioni derivate dalle valutazioni. Le evidenze scientifiche e le conoscenze condivise danno invece riconoscimento e “referenza” ai giudizi prodotti attraverso la valutazione. L’ Accreditamento Professionale (o accreditamento volontario, o sanitario o all’eccellenza, da intendersi come sinonimi) è dunque un’attività sistematica e periodica finalizzata a garantire il miglioramento della qualità dei Servizi per ottenere i migliori risultati di salute possibili sulla base delle risorse disponibili e delle conoscenze scientifiche.

20

I sinonimi di Accreditamento Professionale sopra riportati ne definiscono le sue peculiarità: professionale (coinvolge l’attività e l’interesse dei professionisti), volontario (è basato sull’adesione volontaria degli interessati), sanitario (è rivolto alle attività sanitarie e alle procedure messe in atto nei trattamenti) e, infine di eccellenza (la finalità è quella di arrivare ad applicare le migliori metodologie di cura ed ottenere i migliori risultati compatibilmente alle risorse disponibili). Le valutazioni previste dalle attività di Accreditamento Professionale vengono condotte da personale addestrato ad hoc che conduce le visite non certo nella prospettiva di una asettica corrispondenza ai criteri ma nell’ottica della consulenza e dello scambio di informazioni ed esperienze tra operatori. Tutti i programmi considerano l’accreditamento come una condizione di “credito temporaneo” concesso alle organizzazioni che deve essere continuamente verificato per poter essere mantenuto. La procedura di accreditamento deve essere ripetuta (di norma ogni 3 anni) sulla base del presupposto che la qualità va intesa come risultato di un processo continuo a cui si dedicano insieme l’organizzazione e gli operatori. Lo scopo ultimo dell’accreditamento è poi, in sostanza, quello di verificare la presenza e la continuità del processo di sviluppo della qualità. Tabella 7. Impatto dell’accreditamento

Impatto

Fattori associati

Utilizzatori

Disegno del Sistema, sviluppo

Pianificazione strategica, specificazioni del Servizio

Pianificatori dei Servizi

Salute della popolazione

Riduzione della variabilità e delle differenze di performance

Agenzie di Salute Pubblica

Gestione e trasferimento delle conoscenze

Ricerca (clinica e relativa ai Servizi Sanitari); valutazione della tecnologia

Mondo accademico, professionisti, operatori e agenzie di governo

Efficienza clinica

EBM: miglioramento dei risultati, continuità, sicurezza e gestione del rischio clinico

Sviluppatori di linee guida, direttori di Servizio, manager

Responsabilizzazione dei “consumers” e presa di decisione

Fornire informazione, possibilità di scelta, rispetto e senso di responsabilità

Pazienti, familiari, gruppi, associazioni

Sviluppo professionale

Formazione, training specifici Formatori, personale addetto alle risorse umane

Sviluppo della gestione

Leadership, responsabilità, comunicazione, lavoro in team

Responsabili di Servizio, manager

Sviluppo del sistema di qualità Definizione delle politiche di qualità, organizzazione, metodi, risorse

Coordinatori della qualità

Tratto da Shaw, 2004

Nei Programmi di Accreditamento non vi sono dunque procedure sanzionatorie e i risultati vengono mantenuti riservati. Le finalità non sono infatti quelle di “cercare responsabili” ma piuttosto quelle di ottimizzare i risultati (produrre i migliori risultati possibili), di fornire consulenza (aiutare professionisti e organizzazioni a migliorare la qualità delle cure), di promuovere l’autovalutazione e, infine, di fornire l’analisi delle organizzazioni. Per rimanere aderenti allo scopo di questa rassegna, non entreremo qui nel merito della procedura di accreditamento o ad esporne le fasi. Concluderemo invece evidenziando i

21

principali e potenziali impatti dell’accreditamento (sintetizzati in tabella 7). Tra questi, citiamo il confronto delle richieste dei “tecnici dell’accreditamento” con le risorse effettivamente disponibili, il compito di fornire dati reali da confrontare con quelli attesi e, per finire, il fatto che le attività di accreditamento assegnano un ruolo importante agli specialisti nel definire i criteri di adeguatezza dei Servizi Sanitari con responsabile assunzione di competenze.

2.1 La definizione di stakeholder L’espressione “stakeholder” è mutuata dal mondo industriale e dell’impresa ed è stata coniata per la prima volta nel 1963 dallo Stanfort Research Institute (Freeman, 1984). Il temine identifica tutti coloro che hanno un interesse nell’attività aziendale (da stake che significa “posta”, “scommessa” ed holder “portatore”) e senza il cui appoggio un’organizzazione non è in grado di sopravvivere, includendo anche i gruppi non legati da un rapporto economico con l’impresa. Il termine, ormai di uso comune, si lega al concetto di portatori di interessi e non solo di diritti e si contrappone all’espressione “shareholder” che identifica il possessore delle azioni, vale a dire il portatore di interessi e diritti economici precisi. Il ruolo degli stakeholders in rapporto alle imprese è stato elaborato per la prima volta da Edward Freeman nel suo libro "Strategic Management: A Stakeholder Approach" (1984). In base alla teoria sviluppata da Freeman, il processo produttivo di un'azienda deve soddisfare soglie critiche di costo, servizio e qualità che possono essere diverse e specifiche per ciascun stakeholder. Al di sotto di una prestazione minima, il cliente cambia fornitore e i manager o i dipendenti possono dimettersi. In altre parole, i processi materialmente non possono continuare. Successivamente, è stato precisato che non soltanto l'impresa non deve far scendere il livello di benessere attuale delle persone, ma deve anche accrescere la ricchezza generale e tener conto dei portatori d'interesse "passivi", vale a dire quelli che non condizionano “direttamente” l’impresa. L'impresa viene intesa come luogo di mediazione fra gli interessi talora contrastanti degli stakeholders e come luogo dove ciascuno persegue un fine o uno scopo. I diritti della società prevalgono sui diritti di proprietà (nel caso dell’impresa, i diritti di proprietà degli azionisti). Fra i diritti degli stakeholder primeggia il “diritto alla felicità” che deve vincolare l'impresa. A ciò si aggiunge un ulteriore argomento economico, secondo il quale un'impresa non può sopravvivere a lungo avendo l'opinione pubblica avversa. Infatti, a lungo termine, qualunque soggetto può diventare influente e vitale, in altre parole, può diventare stakeholder. In base alla definizione di Freeman (1984), gli stakeholder primari (ovvero gli stakeholder in senso stretto) sono tutti gli individui e i gruppi ben identificabili da cui l’impresa dipende per la sua sopravvivenza: azionisti, dipendenti, clienti, fornitori e agenzie governative. In senso più ampio stakeholder è ogni soggetto ben identificabile che può influenzare o essere influenzato dall’attività dell’organizzazione in termini di prodotti, politiche e processi lavorativi. In questo più ampio significato, gruppi d’interesse pubblico, movimenti di protesta, comunità locali, enti di governo, associazioni imprenditoriali, concorrenti, sindacati e stampa sono tutti da considerarsi come stakeholders.

22

2.2 Definizione e determinazione degli standard: il coinvolgimento degli stakeholders In definitiva, con il termine “stakeholders” si definisce un insieme di soggetti che hanno un interesse nei confronti di un'organizzazione e che con il loro comportamento possono influenzarne l'attività. Come sopra evidenziato, l'impresa deve tener conto non soltanto di coloro che hanno potere diretto su processi e profitti ma anche di chi ne subisce le conseguenze (Evan & Freeman, 1988; Glicken, 2000; Hare & Pahl-Wostl, 2002). In considerazione della definizione di stakeholder, e tornando ai programmi di accreditamento, ricordiamo, come già accennato in precedenza, che tra le evidenti implicazioni della valutazione della qualità (come appunto quelle previste dalle attività di accreditamento) va considerato il fatto che i risultati sono da intendersi come un’esplicita dimostrazione agli stakeholders della capacità di un’organizzazione di perseguire valori e procedure ottimali in una prospettiva di miglioramento continuo di qualità. La letteratura riguardante l’accreditamento e la qualità evidenzia e sottolinea la rilevanza del ruolo degli stakeholders in sede di definizione e implementazione degli standard e nel contesto delle politiche riguardanti la qualità: senza il coinvolgimento degli stakeholders viene infatti a mancare un imprescindibile supporto al sistema e un importante elemento a sostegno della credibilità (Schyve, 2000). Veniamo ora a descrivere alcune esperienze internazionali di definizione degli standard per i Servizi di Salute Mentale con riferimento a quelle che hanno previsto la consultazione di stakeholders. Sud Africa: nel corso dello sviluppo del Norms and Standards Project (Flisher et al., 1998), gli standard sono stati definiti sulla base della consultazione di 300 stakeholders (includendo operatori, professionisti, manager, pazienti e familiari) contattati da ricercatori del Dipartimento per la Salute. In via preliminare sono stati distribuiti questionari per raccogliere informazioni riguardanti le risorse dei Servizi. Successivamente sono state visitate le 9 province coinvolte e le consultazioni sono state condotte attraverso la tecnica del focus group. Inghilterra: gli scopi iniziali della messa a punto del National Service Framework for Mental Health (Department of Health, 1999) erano quelli di migliorare la qualità dei Servizi, eliminare la variabilità inaccettabile tra i Servizi nel fornire le cure, definire standard di qualità con validità nazionale, definire modelli di Servizi per la cura e per la promozione della Salute Mentale, implementare programmi sostenibili per le realtà locali e definire specifici gruppi di indicatori di performance. Un lavoro iniziale ha previsto la revisione delle evidenze della letteratura (da utilizzare in supporto agli standard), seguendo una classificazione in 5 categorie: 1) esistenza di almeno una revisione sistematica della letteratura, includendo almeno uno studio randomizzato controllato; 2) esistenza di almeno uno studio randomizzato controllato; 3) esistenza di almeno uno studio di intervento senza randomizzazione; 4) esistenza di almeno uno studio osservazionale; 5) disponibilità di opinione di esperti, includendo quella di pazienti e familiari. Prima della stesura del documento, il Dipartimento della Salute inglese ha formato e istituito un gruppo di esperti (External Reference Group-ERG) al fine di ottenere suggerimenti e consigli per la definizione degli standard. Il gruppo era composto da più di 40 membri (cooptando in seguito altre 30 persone) che includevano pazienti e utilizzatori dei servizi, manager, infermieri, psichiatri, organizzazioni nazionali di volontariato, servizi sociali, medici di medicina generale e organizzazioni nazionali di familiari. Il lavoro è stato condotto

23

separatamente in otto gruppi che hanno lavorato sui seguenti temi: 1) bisogni della popolazione; 2) salute e cura sociale; 3) situazione di crisi; 4) trattamenti a lungo termine; 5) esiti individuali; 6) esiti dei Servizi; 7) aspetti manageriali; 8) formazione e risorse umane. Inizialmente l’ERG ha dato indicazione di 7 aspetti critici: 1) insufficiente coinvolgimento di pazienti e familiari; 2) stigmatizzazione; 3) scarso accordo rispetto a scopi e limiti del Servizio; 4) Servizi limitati; 5) scarsità di risorse economiche; 6) problemi di personale; 7) scarsità di chiara responsabilità. Inoltre, il gruppo ha definito un consenso sui valori fondamentali che dovrebbero guidare lo sviluppo dei Servizi: 1) apertura e onestà; 2) rispetto e cortesia; 3) accoglienza; 4) proporzionalità ai bisogni; 5) apertura al cambiamento. Tra le altre indicazioni, i Servizi devono svilupparsi in base a definiti principi che sono quelli che rientrano nelle aspettative dei pazienti: 1) coinvolgere i pazienti e i familiari; 2) fornire trattamenti e cure di alta qualità efficaci e accettabili; 3) limitare la discriminazione; 4) migliorare l’accesso (essere di aiuto quando e dove è necessario); 5) promuovere la sicurezza dei pazienti, dei familiari, dello staff e delle persone in genere; 6) offrire opportunità che possano promuovere l’indipendenza; 7) curare il coordinamento delle attività tra staff e agenzie; 8) rinforzare e supportare lo staff; 9) fornire continuità di cura per il tempo che è necessario; 10) fondare il proprio operato sul senso di responsabilità nei confronti di pazienti, familiari e persone in genere. Il documento finale prodotto (National Service Framework for Mental Health) fornisce un set di standard per 7 aree: 1) promozione della salute mentale e aspetti riguardanti la discriminazione legata alla malattia mentale; 2) medicina generale e accesso ai Servizi per chiunque abbia un problema di salute mentale (standard 2 e 3); 3) efficacia dei Servizi per le persone che soffrono di gravi problemi di salute mentale (standard 4 e 5); 4) attenzione ai familiari o alle persone che si prendono cura dei pazienti; 5) azioni necessarie per ridurre il rischio di suicidio. Australia: il progetto per lo sviluppo dei National Standards for Mental Health Services (Australian Health Minister’s Advisory Committee & National Mental Health Working Group, 1996) è stato supportato dal governo (Commonwealth Department of Health and Family Services) attraverso l’Health Ministers Advisory Council’s (AHMAC) e il National Mental Health Policy Working Group (NMHPWG) come parte di quanto previsto dal National Mental Health Strategy che aveva definito le direzioni per lo sviluppo e per la riforma della Salute Mentale in Australia dal 1992. Il progetto è stato ed è tuttora fortemente caratterizzato dal coinvolgimento degli stakeholders sia in sede di definizione degli standard sia per la loro implementazione. Un’attenzione particolare viene poi riservata a pazienti e familiari e al loro effettivo coinvolgimento. A questo proposito, l’Australia è spesso considerata come il paese che vanta una solida e accreditata esperienza di partecipazione dei “consumers” alle politiche sanitarie. Nel 1993, con la National Health Strategy, si stabilì che la partecipazione degli utenti in sanità implicava che tutti i cittadini avessero il diritto di decidere della loro salute. La discussione di quegli anni portò al passaggio dal concetto di “paziente” al concetto di “consumatore”, implicando che gli utenti del servizio sanitario erano individui con diritti, preferenze e responsabilità. “Consumer representative” è infatti il membro di un comitato che dà voce alla prospettiva dell’utente e partecipa al processo di decisione dalla parte dei consumatori. I partecipanti alla decisione sono passati dal ruolo di individui, parenti, gruppi di pazienti e organizzazioni a quello di potenziali consumatori, membri della comunità, contribuenti che

24

pagano per i servizi. Il focus è passato da individui a comunità e dalla “consumer participation” alla “community participation”. In Australia il ruolo dei consumers è stato sostanziato attraverso una serie di iniziative del Commonwealth Government. Tra queste citiamo l’istituzione del Consumers’ Health Forum of Australia (CHF) (www.chf.org.au) (la cui funzione è quella di nominare consumers rappresentativi all’interno dei comitati per la salute del Commonwealth Government), la pubblicazione di documenti per il National Health Strategy che esaminano il bisogno di miglioramento di partecipazione pubblica e l’istituzione del Commonwealth Department of Health and Aged Care’s Consumer Focus Strategy. Tornando ai National Standards for Mental Health Services, il loro sviluppo è stato attuato a complemento di quelli già esistenti “Disability Service Standards” e ‘Standards and Guidelines for Residential Aged Care” (Commonwealth Department of Health and Family Services, 1996) e utilizzati nei processi di accreditamento. Al progetto hanno partecipato tre organizzazioni con esperienza nello sviluppo e valutazione degli standard in sanità (Australian Council on Healthcare Standards-ACHS, Community Health Accreditation and Standards Program-CHASP e Area Integrated Mental Health Service Standards-AIMHS). Lo sviluppo degli standard è stato guidato dai principi contenuti nel National Mental Health Policy e nel documento delle Nazioni Unite “Principles on the Protection of People with Mental Illness”. Altri principi che hanno guidato i lavori sono: 1) promozione della qualità della vita per le persone con problemi di salute mentale; 2) focalizzazione dell’attenzione sui pazienti (consumers) e conseguimento di esiti positivi; 3) approccio ai pazienti e ai loro familiari con riconoscimento di un’unica dimensione fisica, emotiva, sociale, culturale e spirituale; 4) riconoscimento dei diritti delle persone con problemi di salute mentale; 5) accesso equo ad appropriato ai Servizi quando e dove è necessario; 6) partecipazione della popolazione allo sviluppo dei Servizi per la salute mentale; 7) partecipazione “informata” alle prese di decisione riguardanti i trattamenti; 8) continuità della cura garantita anche attraverso collegamenti tra i Servizi di Salute Mentale e altre agenzie; 9) creazione di un sistema di cura che enfatizzi cura completa, coordinata e individualizzata; 10) responsabilità dei pazienti, familiari, staff, finanziatori e popolazione; 11) adeguatezza delle risorse; 12) valorizzazione equa dei vari modelli e componenti della cura. Gli standard sono stati definiti sulla base di un’ampia consultazione e collaborazione con persone ed organizzazioni afferenti alla salute mentale e ai Servizi. Un consistente numero di approcci è stato organizzato allo scopo di assicurare il più ampio contributo di commenti ai primi due draft del documento. Questi approcci includono meeting pubblici, consultazione di pazienti, apertura di numeri verdi per esprimere la propria opinione e, infine, coinvolgimento per la valutazione preliminare dell’applicabilità degli standard nei Servizi. I National Standards for Mental Health Services comprendono complessivamente 11 standard (1. diritti; 2. sicurezza; 3. partecipazione di pazienti e familiari; 4. promozione di accettazione da parte della comunità; 5. privacy; 6. prevenzione; 7. conoscenza; 8. integrazione tra Servizi; 9. sviluppo dei Servizi; 10. documentazione; 11. cure fornite) orientati all’esito e con enfasi particolare ai risultati nella prospettiva dei pazienti e dei familiari. Inoltre, essi riflettono valori come quelli riguardanti i diritti umani, la dignità e la responsabilizzazione. Attualmente è in corso la revisione dei National Standards for Mental Health Services (Australian Council on Healthcare Standards, 2007). Anche in questa circostanza, particolare

25

attenzione viene data al coinvolgimento degli stakeholders. Citiamo qui quanto riportato nella nota introduttiva del documento relativo alla prima fase di revisione dei National Standards for Mental Health (Australian Council on Healthcare Standards, 2007). In questa nota viene sottolineato che lo sviluppo e l’implementazione degli standard è parte di una complessiva strategia volta ad assicurare la qualità dei servizi psichiatrici in Australia. Molti altri meccanismi possono essere utilizzati per favorire la qualità dei Servizi, ma considerare il feedback fornito dagli stakeholders significa utilizzare suggerimenti che in sé riflettono l’efficacia di tutte le strategie utilizzate per assicurare la qualità dei Servizi e non soltanto l’efficacia dei National Standards for Mental Health. Tabella 8. Consultazione degli stakeholders (revisione dei National Standards for Mental Health Services) Domande/Aree indagate Pazienti

1) Chiarezza degli standard; 2) Lacune degli standard; 3) Miglioramento degli standard; 4) Opinione sull’inclusione come revisore esterno e valutatore

Familiari 1) Utilità degli standard per il miglioramento della qualità; 2) Miglioramento della chiarezza degli standard per pazienti e familiari; 3) Cambiamenti o aggiunte da apportare agli standard; 4) Miglioramenti per rendere utilizzabili gli standard; 5) Efficacia degli standard per informare su cosa ci si può aspettare dal Servizio; 6) Valore dello standard per valutare la qualità; 7) Coinvolgimento come revisore esterno; 8) Ruolo e valutazione dell’esperienza dei familiari come valutatori

Legali rappresentanti 1) Impatto degli standard su organizzazione e utenza in genere; 2) Impatto su pazienti; 3) Efficacia degli standard nell’informare pazienti e familiari circa quello che possono aspettarsi dal Servizio; 4) Impatto degli standard sul servizio; 5) Standard come veri riferimenti di buona pratica clinica nei Servizi; 6) Standard e adesione alle richieste del governo e delle leggi riguardanti la salute mentale; 7) Lacune degli standard; 8) Miglioramento degli standard; 9) Applicazione degli standard; 10) Adeguatezza degli standard come cornice di riferimento per la valutazione dei Servizi; 11) Contesti dei Servizi ai quali gli standard potrebbero essere applicati

Rappresentati dei professionisti/ Rappresentanti di Dipartimento

1) Standard e buona pratica clinica; 2) Lacune degli standard; 3) Miglioramento degli standard e indicazione di quelli ritenuti di maggior importanza; 4) Implementazione degli standard e impedimenti/facilitazioni; 5) Effetti in termini di miglioramento di qualità; 6) Meccanismo adottato dallo Stato in cui operano per monitorare la performance definite attraverso gli standard; 7) Utilizzazione degli standard per uniformare i Servizi in termini di qualità; 8) Applicabilità degli standard ad altri servizi (anziani, tossicodipendenze, servizi per disabili)

Operatori 1) Impatto degli standard sulle cure; 2) Standard e buona pratica; 3) Lacune degli standard; 4) Miglioramento degli standard; 5) Contributo degli standard allo sviluppo e miglioramento dell’attività del Servizio; 6) Adeguatezza degli standard per la valutazione della qualità; 7) Barriere all’implementazione degli standard; 8) Applicabilità degli standard ad altri servizi (anziani, tossicodipendenze, servizi per disabili); 9) Esperienza riguardante i revisori esterni durante le attività di accreditamento; 10) Commenti sulla rigorosità del processo di accreditamento; 11) Inclusione di pazienti e familiari come revisori e valutatori o come membri di comitati per la qualità

Per la revisione dei National Standards for Mental Health Services ancora una volta è stato dato avvio ad una massiccia consultazione a livello nazionale che coinvolge persone

26

appartenenti ai Dipartimenti di Salute Mentale, associazioni di pazienti e familiari, ospedali privati, operatori dei Servizi, contesti particolari con i quali i pazienti possono entrare in contatto e varie figure professionali appartenenti al contesto della salute mentale. La consultazione avviene attraverso teleconferenze, interviste approfondite, questionari con domande aperte inviati per posta e raccolta di dati online (in tabella 8 un esempio delle domande e delle aree indagate). In base alle già citate disposizioni della National Health Strategy (1993), i pazienti e i loro familiari sono chiamati a partecipare al miglioramento della qualità dei servizi in numerosi modi: raccogliere gli eventuali reclami, partecipare a studi riguardanti la soddisfazione, collaborare allo sviluppo di politiche di partecipazione, partecipare in qualità di revisori alle attività delle agenzie di accreditamento o in veste di valutatori nei programmi e, per finire, intervenire con ruoli di consulenti “professionisti” (con pagamento della prestazione). Inoltre, i National Standards for Mental Health Services stessi prevedono il coinvolgimento di pazienti e familiari nella pianificazione, implementazione e valutazione dei Servizi di Salute Mentale. In funzione di quanto previsto dal National Mental Health Strategy, il Mental Health Council of Australia (MHCA, organismo nazionale non governativo che rappresenta e promuove gli interessi del settore della Salute Mentale) ha recentemente avviato un progetto finanziato dal governo per supportare pazienti e familiari alla partecipazione diretta per l’implementazione dei National Standards for Mental Health Services (Project to Assist Consumers and Carers in the Implementation of the National Standards for Mental Health Services", http://www.mhca.org.au). Il progetto è centrato sulla formazione come membri revisori e membri appartenenti al team di valutatori delle agenzie di accreditamento ed è orientato a definire un network di pazienti e familiari coinvolti nell’implementazione degli standard (The Network of Consumer and Carer Surveyors-NoCCS http://www.mhca.org.au/Resources/NoCCS/index.html) 2.3 Accreditamento e coinvolgimento dei consumers a livello internazionale Vediamo ora, anche in altri contesti internazionali, se e come vengono coinvolti i consumers nelle attività attinenti all’accreditamento. In Australia, i consumers valutatori e revisori sono entrati per la prima volta a far parte delle agenzie di accreditamento proprio con l’istituzione dei National Standards for Mental Health Services. In tempi recenti, le due principali agenzie di accreditamento australiane (Australian Council on Healthcare Standards-ACHS e Quality Improvement Council-QIC) hanno introdotto consumers valutatori o revisori nei team di valutazione. Il QIC (http://qic.org.au/index.html, organismo no-profit che amministra i QIC Standards and Accreditation Program in Australia e in Nuova Zelanda) è anche l’ente che definisce l’iter di formazione dei valutatori e che “licenza” i providers. Considerando le altre esperienze internazionali, i consumers sono inclusi nel lavoro delle agenzie di accreditamento in base a diverse funzioni come, ad esempio, la copertura di ruoli che prevedono la presa di decisione all’interno del board delle agenzie, il fatto di essere membro di un organismo consultivo di consumatori o della società civile al fine di poter fornire suggerimenti al corpo decisionale e, infine, ricoprire funzioni per lo sviluppo e per la revisione degli standard.

27

Per citare alcuni paesi, i consumers sono rappresentati nei board della Joint Commission on Accreditation of Healthcare Organisations [JCAHO] negli Stati Uniti (www.jointcommission.org), in Canada nel Canadian Council on Health Services Accreditation [CCHSA] (www.chla-absc.ca/task/cchsa.html), in Nuova Zelanda nel Quality Health New Zealand [QHNZ] (www.qualityhealth.org.nz), in Irlanda nell’Irish Health Services Accreditation Board (IHSAB) (http://www.ihsab.ie). In Inghilterra la situazione è differente esistendo infatti un approccio basato su una sostanziale rappresentanza di professionisti. Tra un paese e l’altro, e tra agenzie di accreditamento appartenenti allo stesso Stato, il coinvolgimento dei consumers varia. Negli Stati Uniti, la presenza dei consumers riveste un significato di “pubblica rappresentanza” e il lavoro di revisione nell’accreditamento è quasi sempre intrapreso esclusivamente dal personale sanitario. Ad esempio, la Joint Commission ha sei membri “pubblici” nei suoi 29 board di Commissari il cui compito è quello di rappresentare il pubblico interesse. Esiste poi un gruppo separato (Public Advisory Group on Health Care Quality), istituito nel 1999, i cui 20 membri hanno la funzione di dare un contributo affinché la Joint Commission definisca pubbliche aspettative e offra elementi per il miglioramento (The Joint Commission’s Commitment to Public Accountability. Pamphlet JCAHO 5/00 http://www.jcaho.org). In altri organismi americani (e in particolare in quelli relativi all’accreditamento di strutture che accolgono persone con disabilità), l’approccio differisce sostanzialmente da quello adottato dalla Joint Commission. E’ questo il caso della CARF (Commission on Accreditation of Rehabilitation Facilities, www.carf.org/) che accredita nell’ambito della salute mentale, dei programmi di cura per le tossicodipendenze, dei servizi di riabilitazione e di lungodegenza. Le persone con disabiltà partecipano alle attività della Commission on Accreditation of Rehabilitation Facilities come valutatori. Talvolta, alcuni di essi hanno anche competenze e ruoli professionali nei Servizi. I consumers vengono pure direttamente coinvolti nel processo di sviluppo degli standard come membri del board con questa competenza. In Irlanda, l’Irish Health Services Accreditation Board (IHSAB) ha recentemente deciso di aumentare il livello di coinvolgimento dei consumers nei processi di accreditamento includendoli nei team di valutazione (O'connor et al., 2007). 3. Accreditamento e coinvolgimento dei consumers e dei cittadini: alcuni spunti dalla letteratura sulla partecipazione in sanità Tradizionalmente, l’assistenza sanitaria è sempre stata definita e organizzata da chi la fornisce. Nella prospettiva di un paradigma paternalistico della salute, i pazienti/cittadini hanno sempre avuto il ruolo di passivi destinatari e fruitori dell’assistenza non coinvolti nelle decisioni riguardanti il sistema sanitario o l’organizzazione dei servizi. Le organizzazioni di pazienti e di volontari, anche se attive, erano ignorate quando si trattava di prendere decisioni sulle politiche, sui servizi o sui trattamenti. Tale paradigma sta lasciando il posto a un modello alternativo che, come abbiamo visto nel caso dell’avanzatissima esperienza australiana, vede il consumatore come protagonista consapevole, responsabile e collaborativo. Il coinvolgimento dei pazienti/cittadini nella progettazione, erogazione e valutazione dei servizi sanitari fu teorizzato trent’anni fa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità durante

28

la Conferenza di Alma Ata (WHO, 1978) dove si stabiliva che l’assistenza medica primaria doveva richiedere e promuovere la massima “self-reliance” individuale e comunitaria. Di conseguenza, l’OMS promuoveva la partecipazione dei pazienti e della comunità nella pianificazione, organizzazione e controllo dell’assistenza sanitaria a livello locale e a livello nazionale. Nel 1986, con la Ottawa Charter on Health Promotion, l’Organizzazione Mondiale della Sanità promuoveva la responsabilizzazione dei pazienti/cittadini enfatizzandone la crucialità in rapporto al miglioramento della salute e del benessere della società. Negli ultimi anni questa indicazione è stata valorizzata. Governi, autorità sanitarie e ricercatori hanno auspicato la partecipazione dei pazienti/cittadini alla gestione dei servizi sanitari (Abelson et al., 2002) a partire da considerazioni etiche e in base alla consapevolezza che il coinvolgimento può contribuire a migliorare la qualità dei servizi sanitari e può rappresentare un potenziale antidoto alla crescita di individualismo (Putnam, 1993; Sandel, 1996). La partecipazione dei cittadini (individui, gruppi di volontariato, associazioni di pazienti, comunità locali) alla pianificazione, conduzione e monitoraggio dei servizi, auspicata e attuata da diversi sistemi sanitari nazionali, ha assunto proporzioni significative soprattutto nei paesi anglosassoni e in alcuni ambiti di malattia o sanitari, come le malattie croniche, l’HIV/AIDS, l’oncologia, la psichiatria e nel contesto della scelta delle priorità. La partecipazione chiama anche in causa concezioni etiche e politiche circa le relazioni fra istituzioni e comunità come dimostrato dai diversi termini utilizzati per definire il principale utilizzatore dei Servizi (cliente, utente, consumatore, paziente, cittadino), dall’approccio centrato sul consumatore e da approcci di governo che incoraggiano reciproci obblighi tra cittadini e istituzioni (Graham & Phillips, 1998; O’Hara, 1998; Pratchett, 1999). Il coinvolgimento dei pazienti e della comunità può avvenire a diversi livelli: 1) salute dei singoli pazienti e scelte terapeutiche; 2) presenza e qualità dei servizi sanitari (accesso alle strutture ospedaliere, disponibilità delle terapie; miglioramento dei Servizi, contributo alla ricerca clinica e alla sperimentazione di farmaci); 3) scelta di priorità nella pianificazione e organizzazione dei servizi. Le modalità di partecipazione sono eterogenee e ancora pochi studi ne hanno valutato la ricaduta pratica. Non entreremo qui nel merito delle iniziative specifiche di coinvolgimento e della loro efficacia (si rimanda ad una recente revisione sistematica della letteratura della Cochrane Library, Nilsen et al., 2007) ma brevemente, accanto alle indicazioni che si possono trarre dalla corposa esperienza australiana sopra illustrata, prendiamo qui di seguito in considerazione alcuni principi che guidano la partecipazione e che possono fornire una cornice di riferimento per le iniziative di coinvolgimento nei programmi di accreditamento. Uno dei riferimenti chiave a proposito di partecipazione dei cittadini in ambito sanitario è il lavoro di Arnstein (Arnstein, 1969) che suggerisce una valutazione del grado di coinvolgimento attraverso una “scala di partecipazione” i cui gradini rappresentano i livelli crescenti di coinvolgimento: dalla “non partecipazione” alla consultazione o collaborazione, fino al controllo da parte dei cittadini (tabella 9 e tabella 10, versione del modello di Arnstein revisionato dall’Health for All Network, 1991). Si può partecipare, ossia esercitare un’influenza attiva, in modalità quantitativamente e qualitativamente diverse. La versione originale della scala di Arnstein attribuisce un valore di merito positivo alla partecipazione. I gradini più bassi della scala, quelli in cui l’organizzazione al massimo rilascia oculatamente delle informazioni sul proprio operato per consolidare il proprio potere, vengono indicati come tentativi di manipolare o placare l’opinione pubblica. Soltanto

29

risalendo la scala, i cittadini acquistano potere reale d’influire sulle decisioni e di determinare i cambiamenti che li riguardano. Tabella 9. Il modello di Arnstein

Potere ai cittadini

Controllo ai cittadini Potere delegato Partenariato

Partecipazione irrisoria

Consultazione Informazione Smorzamento

Non partecipazione

Trattamento terapeutico Manipolazione

Tabella 10. Modello di Arnstein revisionato dall’Health for All Network, 1991

La scala di Arnstein ha evidenziato che esistono non solo vari livelli di partecipazione ma che “poca partecipazione” può significare “falsa partecipazione”; il livello intermedio di coinvolgimento (indicato in tabella 9 con “partecipazione irrisoria”) viene definito in inglese con il termine “tokenism”, traducibile in italiano con l’espressione “dare un contentino”. Ai fini di una valutazione più obiettiva del tema oggetto di questa rassegna è utile definire una scala di partecipazione che indichi gli effettivi gradi d’intensità della partecipazione senza però attribuire necessariamente un giudizio di valore. In altre parole, in alcune circostanze livelli “bassi” di partecipazione (per mantenere il riferimento alla scala di Arnstein) sono in realtà primi passi significativi compiuti in direzione di un processo di

30

cambiamento graduale che porta progressivamente nel tempo a meccanismi di sostanziale coinvolgimento attivo. In funzione del contenuto di questa rassegna potremmo allora “rivisitare” la scala della partecipazione nel modo seguente: -(non partecipazione); -informazione/comunicazione; -consultazione; -collaborazione/coinvolgimento attivo Tabella 11. Variabili dei gradi di partecipazione Divulgazione

e informazioni Ascolto Confronto/

definizione comune del problema

Ricerca comune della soluzione

Decisione comune

Aiuto all’assunzione di

potere e responsabilità

Assunzione di potere e

responsabilità

Non partecipazione

(√) Comunicazione √ (√) Consultazione √ √ √ (√) Collaborazione Coinvolgimento attivo

√ √ √ √ (√)

Gestione con autonomia

(√) (√) √

Più che di distinzioni nette tra categorie di approcci partecipativi si tratta quindi di una visione in continuum; man mano che si procede nella scala, cambia l’equilibrio dei ruoli e cambiano le modalità d’interazione (tabella 11). Come mostrato in tabella 11, la consultazione (che supera il livello della semplice comunicazione) prevede un’intenzionalità ad ascoltare e ad indagare in modo strutturato per tenere conto delle preferenze espresse. Rispetto ad alcuni metodi di informazione che prevedono già alcune modalità di ascolto, la differenza consiste proprio nella volontà da parte di chi ha predisposto il meccanismo di ascolto di usare queste informazioni raccolte per indirizzare analisi o ipotesi di trasformazione. In altre parole, sono i metodi attraverso cui si inizia ad avere un’effettiva partecipazione, intesa come possibilità di “influire” in qualche modo sul processo. La consultazione è un’interazione strutturata su un tema o problema specifico e comporta la predisposizione e la gestione di un processo di scambio d’informazioni (bidirezionale, vale a dire decisore-cittadini, ma spesso multidirezionale cioè tra tutti gli attori coinvolti). Avendo definito un quadro conoscitivo comune del problema, si presentano e si ascoltano le diverse opinioni. Nell’accezione comune, la consultazione è una modalità di confronto tra le opinioni delle diverse parti in causa. Giurie di cittadini, assemblee, tavoli di discussione, consultazioni via internet, referendum e così via sono tutte forme di consultazione (Abelson et al., 2003). A questo livello della partecipazione, le opinioni hanno lo scopo di definire meglio il problema e, se possibile, di costruire consenso. Passiamo ora a prendere in considerazione le eventuali barriere alla partecipazione. Esse riguardano “attributi” riguardanti il personale sanitario e riguardanti i consumers stessi.

31

Nonostante una tendenza al cambiamento di atteggiamento, ancora si evidenzia un certo paternalismo e intransigenza da parte del personale sanitario (Coney, 2004). In letteratura è stata sottolineata la necessità di attrezzare il personale sanitario e gli amministratori con “nuove competenze” allo scopo di ridurre l’impatto di effetti paternalistici e permettere l’acquisizione di una visione rinnovata e adeguata alle nuove esigenze (Hardy et al., 1996; Larson et al., 1996). Il coinvolgimento e la partecipazione non vanno infatti visti come usurpazione di autorità o di competenze tecniche e professionali. Alcuni autori hanno sottolineato che, anziché prendere in considerazione generici concetti di uguaglianza, il focus deve riguardare la possibilità di creare partnership basata su apertura e reciproca fiducia (Moore, 2003). Dwyer (1989) ha usato la definizione di “barriere strutturali” in particolare riferendosi al “professionalismo”, ai fattori storici, agli aspetti burocratici e alle resistenze da parte della popolazione. Bolman (1974) ha invece dato una definizione in termini di barriere intrinseche ed estrinseche all’organizzazione. Le prime sono quelle che esistono in una organizzazione e riguardano la capacità di cambiare. Le barriere estrinseche sono quelle collocate fuori da una organizzazione e fuori dal suo eventuale controllo. L’autore cita gli aspetti burocratici e il tipo di burocrazia (Kweit & Kweit, 1981), la “professional expertise” (o come è stato sopra definito il “professionalismo”) con le varie declinazioni di scetticismo da parte di organizzazioni e professionisti (Bracht & Tsouros,1990) e la capacità effettiva di favorire la partecipazione (nel senso di mancanza di competenze specifiche ) (Bracht & Tsouros,1990). Altri fattori sono rappresentati dallo status sociale, culturale, economico e politico delle persone (Bolman, 1974; Leighly, 1990), dall’età (generalmente i più giovani partecipano meno) e dal comune senso di fatalismo e di inutilità di presenza e attività nella comunità (Caro, 1981). 3.1 Metodologie di partecipazione in sanità Negli ultimi anni, la partecipazione dei cittadini in sanità e nelle decisioni riguardanti la salute sta diventando oggetto di studio. In particolare, si stanno approfondendo gli aspetti riguardanti i metodi e le tecniche di coinvolgimento in ambito sanitario spesso mutuate da altri contesti, in particolare da quelli delle scienze sociali e del marketing. Di seguito vengono presentate alcune tra le più diffuse metodologie riportate in letteratura, in particolare, in accordo agli scopi di questa rassegna, quelle che permettono di raccogliere dati di tipo qualitativo. Per chiarezza espositiva, le metodologie sono riportate in base alla classificazione fornita da Abelson e collaboratori (Abelson et al, 2001; 2002; 2003). Gli autori distinguono le tecniche di partecipazione in metodi decisionali (deliberative method) e non decisionali (non deliberative method). I primi coinvolgono i cittadini nella decisione con la partecipazione al gruppo di discussione e alla successiva deliberazione, i metodi non decisionali sono invece metodi di partecipazione che prevedono la consultazione anche di un gran numero di persone senza però comportare decisioni o deliberazioni. Vedremo inoltre altre tecniche di coinvolgimento già di notevole diffusione in ambito sanitario.

32

3.1.1 Metodi decisionali I metodi decisionali coinvolgono i cittadini nella discussione e nella successiva deliberazione. Il presupposto di queste tecniche consiste nel fatto che persone con interessi, valori e grado di cultura differente siano in grado di ascoltare, di comprendere, di persuadere gli altri e di arrivare infine a una decisione condivisa senza messa in atto di coercizioni o manipolazioni. Il processo ha il vantaggio di analizzare in profondità le questioni ma può però prevedere il coinvolgimento di un numero ristretto di soggetti. Gli aspetti riguardanti le dinamiche di gruppo e le relazioni di potere tra chi partecipa rappresentano un aspetto centrale della procedura da tenere sotto controllo (Abelson et al., 2004). 1) Citizens’ juries: prevedono la selezione di 12-24 partecipanti che si incontrano in gruppo generalmente per 4 giorni. I partecipanti fanno parte di una giura invitata a confrontarsi su un tema, generalmente di politica sanitaria, sulla base di evidenze messe a disposizione da esperti. (Lenaghan, 1999; Kashefi Mphil & Mort, 2004). Nel gruppo, che può prevedere la presenza di due moderatori, i partecipanti si confrontano su aspetti che hanno a che fare con una presa di decisione (quindi il focus non è sulle opinioni). In rapporto a questa tecnica sono stati condotti 5 studi pilota che hanno previsto la valutazione dell’efficacia (Coote & Lenaghan, 1997; Lenaghan, 1999; Lenaghan et al., 1996). Il punto di forza di questo metodo è rappresentato dalla possibilità di ottenere il risultato di una decisione da una giuria che ha scopi e ruoli ben definiti (Coote & Lenaghan, 1997). Tuttavia, recentemente la tecnica è stata criticata essendo definita come “moralmente e democraticamente irrilevante” (Price, 2000). Price sottolinea che i contributi individuali non sono generalizzabili e che non è corretto assumere che i principi definiti per una situazione possano essere applicati universalmente; l’autore mette pure in discussione l’imparzialità e la neutralità dei contenuti espressi dalla giuria. Inoltre, in termini di costi e benefici, questa tecnica può essere considerata come molto dispendiosa visto il numero limitato di persone che è possibile coinvolgere (Lenaghan, 1999). La tecnica, inoltre, ha dimostrato di essere valida nel caso di una scelta tra due opzioni ma non nel caso sia necessario sviluppare un piano o discutere di situazioni ipotetiche (Lenaghan et al., 1996; McIver, 1998)

2) Citizens’ panel: si tratta di una versione semplificata della citizens’ juries. Il lavoro avviene in piccoli gruppi e i partecipanti discutono di un particolare contenuto. Alla conclusione dei lavori ai partecipanti viene chiesto di fornire una giustificazione a supporto della decisione e della scelta prevista. Questa tecnica è stata adottata in diversi ambiti della salute (Rosenthal et al., 1996; Fernandez et al., 1997; Hirschfield et al., 1997; Stronks et al., 1997). Anche in questo caso valgono i limiti determinati dalle dinamiche di gruppo. 3) Planning cells: attraverso questa tecnica le decisioni vengono prese da un campione di cittadini scelti casualmente (e con provenienze sociali e culturali diverse) che si incontrano per molte volte di seguito e prendono una decisione che viene formulata in un rapporto finale. I gruppi prevedono la presenza di due moderatori. Possono essere costituite più cellule (più gruppi) e in ciascuna i partecipanti sono invitati a scambiare informazioni e ad esplorare possibili soluzioni. 4) Consensus conference: coinvolgono persone con diverso grado culturale e formazione che vengono interpellate per discutere su questioni di natura tecnica e scientifica. La consensus conference si sviluppa in due fasi. Inizialmente piccoli gruppi di cittadini ed esperti si incontrano per una prima analisi del problema; a conclusione di questo primo lavoro, il gruppo sviluppa un documento che viene presentato nel corso della seconda fase a

33

una giuria multidisciplinare composta da esperti, media e pubblico. La giuria multidisciplinare, sulla base dei contributi, produrrà in seguito un documento finale. La consensus conference è notoriamente utilizzata in medicina per redigere raccomandazioni riguardanti la pratica clinica. 5) Deliberative polling: sviluppato da Fishkin (1991), combina la forza di una larga rappresentanza e di un campione casuale con l’opportunità di una discussione. Nell’arco di due o tre giorni viene presa una decisione sulla base dell’indagine. Si tratta di una metodologia piuttosto costosa. I risultati che emergono nel corso di un deliberative polling sono opinioni individuali che vengono trasformate in decisioni di gruppo. Si tratta di un metodo tradizionale e popolare per ottenere informazioni da un gran numero di persone, ma limitato nella possibilità di comunicare efficacemente con i destinatari e di ottenere opinioni in profondità su tematiche complesse. 3.1.2 Metodi non decisionali Sono questi i metodi di consultazione. Si tratta di tecniche che non implicano una decisione e che possono coinvolgere un numero superiore di soggetti rispetto ai metodi decisionali. 1) Focus group: sono gruppi costituiti da un numero limitato di persone (8-12) che vengono incoraggiate, sotto la guida di un facilitatore, a discutere tra loro relativamente a un contenuto o ad un argomento. L’interazione e le dinamiche di gruppo rappresentano una parte cruciale del processo. Si tratta di una tecnica comunemente usata nell’ambito del marketing (Festervand, 1984; Templeton, 1996; Edmunds, 2000) che viene applicata per conoscere l’impatto dei prodotti e delle campagne pubblicitarie sui consumatori. Negli ultimi decenni è stata utilizzata in ambito sanitario e nel contesto delle scienze sociali (Keller et al., 1987; Dowell et al., 1995; Powell et al., 1996; Stevens, 1996; Morgan, 1997; Morgan, 1998; Smith & West, 1998; Bradley et al., 1999; Krueger & Casey, 2000; Bloor et al., 2001). La tecnica consente alle persone di focalizzare l’attenzione su interessi comuni piuttosto che su interessi individuali. La discussione in se stessa permette ai partecipanti di formarsi una opinione (Bowie et al., 1995). Nei focus group generalmente le persone non devono conoscersi tra loro e non devono essere proposti alla discussione argomenti complessi o particolarmente delicati (Krueger, 1988). Inoltre, è compito del moderatore stabilire delle regole e assicurare che le persone rimangano aderenti al tema oggetto di discussione. Il focus group viene di solito percepito come una tecnica di semplice applicazione (Eriksson, 1988), tuttavia essa richiede attenzione al momento della pianificazione e della conduzione per assicurare il conseguimento dei risultati attesi. Quando viene applicata nell’ambito della ricerca è importante tenere in considerazione una serie di principi. Innanzitutto il moderatore deve avere una formazione adeguata per garantire una buona qualità dell’informazione raccolta (Morgan, 1997: Coote & Lenaghan, 1997). Al facilitatore viene data facoltà di decidere circa il controllo da esercitare durante i lavori del gruppo ma è da precisare che una certa libertà di espressione deve essere garantita. Inoltre, non è sempre compito del moderatore evidenziare un punto di vista comune ma piuttosto il suo ruolo è quello di identificare le differenze tra i punti di vista anche se in conflitto tra loro (Beaudin & Pelletier, 1996).

34

Nel determinare le condizioni ideali per la realizzazione del focus group occorre tener conto dello scopo dello studio, del numero di domande rivolte al gruppo, del tempo che si può dedicare a ciascuna domanda, del “formato” della sessione e del tempo che si prevede di dedicare a ciascun incontro (Tang & Davis, 1995). Gli svantaggi associati alla utilizzazione di focus group riguardano la complessità di valutazione e classificazione degli atteggiamenti e dei contenuti e il fatto che per garantire l’oggettività dei dati è necessario il coinvolgimento di osservatori esterni oltre al moderatore. Altre difficoltà possono dipendere da aspetti organizzativi di costituzione del gruppo (organizzare impegni e disponibilità di più persone) e dal fatto che le opinioni espresse in gruppo possono riflettere la desiderabilità sociale anziché autenticamente essere espressione del pensiero di chi partecipa. Questo accade soprattutto se il tema può apparire ai partecipanti delicato e controverso anche in rapporto al contesto in cui il focus group viene organizzato. 2) Public hearing: si tratta di un incontro pubblico al quale possono partecipare liberamente i cittadini. I limiti di questo metodo hanno a che fare con la validità, affidabilità e generalizzabilità della tecnica. Innanzitutto, la popolazione che partecipa non è rappresentativa della popolazione di riferimento (Gundry & Heberlein, 1984): notoriamente alle riunione pubbliche partecipano le persone interessate per varie ragioni o con determinate caratteristiche culturali e sociali. Alcuni autori hanno osservato che i public hearing sono stati spesso utilizzati come strumenti per mettere al corrente le persone di certi contenuti e per trovare legittimità per decisioni “già prese” (Chess & Purcell, 1999). Nonostante i limiti, è stato tuttavia riconosciuto che questo metodo può avere una sua utilità purchè sia associato ad altre tecniche (Lupton et al., 1998). Per migliorare validità e affidabilità viene raccomandata un’estesa pubblicizzazione dell’evento, la creazione di condizioni che facilitino l’accesso a tutti e il fatto che sia possibile chiedere l’opinione a tutti coloro che partecipano. Jessop (1999) fa notare che i meeting organizzati dal sistema sanitario rispettano i primi due criteri mentre il terzo viene generalmente trascurato. Ovviamente, ottenere un’informazione riguardante “l’umore” generale delle persone rispetto a un certo contenuto non è di certo informativo o accettabile. 3) Open house: è un luogo pubblico dove i cittadini sono invitati a esprimersi su diverse questioni. Si tratta di una sorta di forum messo in atto per comprendere il punto di vista delle persone e per discutere i vari temi. Generalmente le persone sono invitate a visitare un luogo messo a disposizione all’occorrenza, viene organizzato un evento e in quella situazione le persone possono parlare tra loro o con chi è direttamente coinvolto in una specifica iniziativa. 4) Citizen advisory committee: è un grande comitato che dovrebbe rappresentare l’intera comunità. E’ un metodo utilizzato allo scopo di far partecipare il maggior numero di persone possibile. 5) Community planning: è uno spazio di discussione con i cittadini organizzato per far emergere la loro idea sui servizi. I cittadini sono invitati a discutere la loro visione. Questo metodo prende in considerazione una serie di tecniche di partecipazione (consultazione di documenti fatti circolare preliminarmente all’incontro, risposte scritte o meeting strutturati). L’esito consiste nella ridefinizione delle preferenze e delle priorità che permetterà ai partecipanti di ottenere una completa comprensione del problema.

35

6) Community meeting: sono riunioni regolari e frequenti dove sono rappresentati staff e pazienti. Attraverso la tecnica si incoraggia la partecipazione allo scambio di informazioni, alla definizione di decisioni e alla soluzione di conflitti. 7) Visioning, solicitation of comment, referenda, structured value referendum: sono altre modalità meno utilizzate per consultare le comunità o i singoli.

3.1.3 Altri metodi applicati in ambito sanitario

1) Delphi technique: è una tecnica di costruzione di consenso che permette di ottenere informazioni da un panel di esperti relativamente a un certo contenuto senza la necessità di organizzare un incontro o un gruppo. La tecnica prevede l’invio per corrispondenza di questionari ai partecipanti. Le informazioni raccolte vengono ritradotte in un nuovo questionario sottoposto nuovamente ai partecipanti i quali sono chiamati ad indicare il livello di accordo con le affermazioni riportate nel documento. Il processo viene ripetuto fino ad ottenere un consenso tra i partecipanti. Le valutazioni espresse vengono analizzate per accertare il grado di accordo, ottenendo contemporaneamente dati quantitativi e dati qualitativi. Il vantaggio della tecnica è rappresentato dalla possibilità di interpellare molte persone senza dover organizzare un meeting (Murphy et al., 1998). Inoltre, poiché i partecipanti vengono ricontattati nel tempo, essi hanno la possibilità di esprimere la propria opinione dedicandovi più tempo di riflessione rispetto ad altre tecniche per corrispondenza. Generalmente poi, la tecnica viene applicata con l’assoluto rispetto dell’anonimato. Gli svantaggi possono essere rappresentati dalla percentuale di risposta che generalmente diminuisce man mano che le fasi di applicazione del metodo si succedono (Williams & Webb, 1994). 2) Nominal group technique (NGT): si tratta di un approccio descritto per la prima volta negli anni ’60 che consiste in una procedura originariamente utilizzata nella ricerca sociale per facilitare la presa di decisioni all’interno di un gruppo. (Delbecq & van de Ven 1971). Da allora, la tecnica è stata applicata in un ampio numero di contesti: nell’ambito formativo ed educativo, in quello dei servizi sociali, nell’industria e nelle organizzazioni con scopi riguardanti l’identificazione di problemi, la definizione di priorità e lo sviluppo di soluzioni (Delbecq and van de Ven 1971; O’Neil and Jackson 1983; Thomas 1983; Gallagher et al 1993; Jones and Hunter 1995; Carney et al 1996). Lo scopo della NGT è quello di generare informazione da parte del gruppo rispetto ad un determinato contenuto. Il gruppo coinvolge di solito 5-9 partecipanti ma alcuni autori hanno previsto l’applicazione della tecnica per gruppi più ampi (Twible 1992; Lloyd-Jones et al. 1999). Il numero di incontri può variare in base al tipo di contenuto proposto e in base alla disponibilità di chi partecipa. Ad esempio, nel caso di aspetti che possono riguardare una popolazione estesa (come potrebbe essere, determinare gli aspetti riguardanti la cura) sono necessari più incontri e, come avviene nei focus group, i meeting possono ritenersi conclusi nel momento in cui non vengono più generate nuove idee, in altre parole, quando è stata raggiunta la completezza delle informazioni (Basch 1987: Krueger 1994). I meeting vengono condotti da un esperto o da un “non esperto credibile” (Delbeq & Van de Ven, 1971; Glaser, 1980). La tecnica prevede le seguenti fasi: 1) introduzione del problema su cui lavorare e illustrazione della procedura che verrà adottata; 2) generazione individuale

36

delle idee (ogni partecipante scrive su un foglio una lista degli aspetti cruciali riguardanti il problema proposto); 3) scambio delle idee (i partecipanti sono invitati a mettere gli altri al corrente delle idee che hanno prodotto. Il facilitatore trascrive tutte le idee su una lavagna utilizzando gli stessi termini usati dai partecipanti. In questa fase non c’è discussione e i partecipanti vengono incoraggiati a trascrivere tutte le idee nuove che possono venir in mente durante questa fase); 4) lavoro in gruppo (i partecipanti sono invitati a dare spiegazioni e a fornire dettagli riguardanti le idee prodotte. Compito del facilitatore in questa fase è quello di assicurare che ogni persona fornisca un contributo alla discussione. E’ importante assicurare neutralità evitando giudizi e critiche. Il gruppo in questa fase può suggerire nuove idee e combinarle insieme in categorie); 5) votazione (il gruppo organizza le idee in ordine di importanza attribuendo un punteggio) I vantaggi della tecnica consistono nell’assicurare uguale contributo ai lavori da parte di tutti i partecipanti e nella limitazione della soggettività in sede di elaborazione dei risultati. Infatti, le informazioni raccolte riflettono esattamente ciò che il gruppo ha prodotto(In tabella 12 è riportato un confronto della NGT con altri noti metodi). Inoltre, chiamando i partecipanti ad un lavoro strutturato del quale a conclusione degli incontri sono visibili i risultati, si assicura adesione e soddisfazione (Twible, 1992). Tabella 12. Confronto tra i principali metodi di consultazione

Aspetti rilevanti Delphi technique

Focus Group

Brainstorming

NGT

Lavoro in gruppo

No

Costruzione di un ampio numero di idee Sì In parte In parte Sì

Incoraggiamento alla produzione di informazioni da parte di tutti partecipanti

Sì No No Sì

Processo strutturato

Sì In parte No Sì

Meeting della durata di 1-2 ore

No Sì Sì Sì

Limitazione di prese di decisione affrettate o poco accurate

No

No

Alto grado di completamento del compito

Sì In parte No Sì

Possibilità di fornire un immediato feedback No In parte In parte Sì

Misurazione dell’importanza dei contenuti Sì No No Sì

3) One-to-one interviews: si tratta di un’intervista che coinvolge una persona e che ha lo scopo di raccogliere il suo punto di vista. Le interviste possono essere strutturate, semistrutturate o aperte. Le prime sono in effetti una tecnica quantitativa mentre le altre due rientrano tra i metodi qualitativi. Le interviste possono essere condotte vis à vis, al telefono, o per e-mail (Foster, 1994). I punti di forza della tecnica consistono nel fatto che gli intervistatori possono dirigere l’intervista verso aspetti chiave aumentandone così le potenzialità in termini di raccolta delle informazioni (Banister et al., 1994) e gli intervistati hanno il tempo e lo spazio per esprimere completamente la propria opinione (soprattutto

37

questo vale per le persone che in contesti pubblici esiterebbero ad esporsi). I punti di debolezza sono rappresentati dal fatto che le risposte possono rispecchiare la desiderabilità sociale e non la personale opinione. Inoltre, gli intervistati potrebbero esprimere opinioni cercando o per cercare conferme nell’intervistatore (Murphy et al., 1998) che a sua volta può non essere totalmente neutrale. Per queste ragioni, l’intervista deve essere registrata e trascritta.

4) Dyadic interview: si tratta di un tipo di intervista che dovrebbe facilitare le persone ad esprimersi apertamente soprattutto nel caso si intenda indagare un contenuto particolarmente delicato o difficile. Due persone vengono intervistate insieme e, generalmente, esse hanno qualcosa che le accomuna (ruolo, incarico o status). 5) Concept mapping: questo metodo è stato suggerito da Southern e collaboratori (1999) come alternativa ai focus group per la raccolta di opinioni. Diversamente dai focus group, questo metodo consente a tutti i membri una uguale opportunità di esprimere la propria opinione eliminando pure il problema delle dinamiche di gruppo. Inoltre, come nella NGT, viene utilizzata una combinazione di dati qualitativi e quantitativi; una serie di mappe vengono costruite per stabilire il legame tra idee e suggerimenti espressi con feedback fornito ai partecipanti durante il corso del processo. Trochim e Linton (1986) sottolineano che la tecnica è adatta nel caso si intenda definire delle priorità e quando si debbano prendere delle decisioni.

BIBLIOGRAFIA

38

Abelson J., Forest P.G., Casebeer A., Mackean G., Maloff B., Musto R., Kouri D., Sutherland S., Eyles J., Emo M., Gold M., Swinton M., Martin E., Gauvin F.P., Tanguay M., Patry G., Rondeau L., Pennock P., Davies M., Cogdon A. (2004). Towards more meaningful, informed, and effective public consultation. Canadian Health Service Research Foundation. Abelson J., Forest P.G., Eyles J., Smith P., Martin E., Gauvin F.P. (2002). Obtaining public input for health systems decision making: Past experiences and future prospects. Canadian Public Administration, 45, 70–97. Abelson J., Forest P.G., Eyles J., Smith P., Martin E., Gauvin F.P. (2001). Deliberations about Deliberation: Issues in the Design and Evaluation of Public Consultation Processes, McMaster University Centre for Health Economics and Policy Analysis Research Working Paper 01-041. Abelson J., Forest P.G., Eyles J., Smith P., Martin E., Gauvin F.P. (2003). Deliberations about deliberative methods: issues in the design and evaluation of public participation processes. Social Science & Medicine, 57, 239, 251. Arnstein S. (1969). A ladder of citizen participation. Journal of the American Institute of Planners, 34, 216-224. Australian Business Excellence Framework Healthcare Advisory Group (1999). A comparison of quality programs. Australian Quality Council. Australian Council on Healthcare Standards (2007). Phase one. Review of the National Standards for Mental Health Services. A report on the consultation process undertaken by the Australian Council on Healthcare Standards for the Commonwealth Department of Health and Ageing. http://www.achs.org.au/pdf/full_report_to_Cth_22_Mar_07_ver_01.pdf Australian Health Minister’s Advisory Committee & National Mental Health Working Group. (1996) National standards for mental health services. Canberra: Department of Health and Family Services, Mental Health Branch. Banister P., Burman E., Parker I., Taylor M., Tindall C. (1994). Qualitative methods in psychology: a research guide. Buckingham: Open University Press. Basch C.E. (1987): Focus group interview: An underutilized research technique for improving theory and practice in health education. Health Education Quarterly, 14, 411-448. Beaudin C.L, Pelletier LR. (1996) Consumer-based research: using focus groups as a method for evaluating quality of care. Journal of Nursing Care Quality, 10, 28–33. Berwick D.M. (1996). A primer on leading the improvement of systems. British Medical Journal, 312, 619-622 Bloor M., Frankland J., Thomas M., Robson K. (2001). Focus Groups in Social Research. Thousand Oaks, CA: Sage Publications. Bolman W. (1974). Policy aspects of citizen participation. In L. Bellak (ed.) A Concise Handbook of Community Psychiatry and Community Mental Health. Grune & Stratton, New York. Bowie C., Richardson A., Sykes W. (1995). Consulting the public about health service priorities. British Medical Journal, 311, 1155–1158. Boyce N., McNeil J., Graves D., Dunt D. (1997). Quality and Outcome Indicators for Acute Healthcare Services. Research Report to the National Hospital Outcomes Program. AGPS, Canberra: 1-359 Bracht N. & Tsouros A. (1990). Principles and strategies of effective community participation. Health Promotion International, 5, 199-208.

39

Bradley N., Sweeney K., Waterfield M. (1999). The health of their nation: how would citizens develop England’s health strategy? British Journal of General Practice; 49, 801–805. Broadbent B. (1998). Open to question. Health Services Journal, 108, 30–31. Brook R., Kamberg C., McGlynn E. (1996). Health system reform and quality. Journal of the American Medical Association, 276, 476-480. Brook R.., McGlynn E., Cleary P. (1996) Quality of health care: What is it? New England Journal of Medicine, 335, 966-970. Brugha, T.S. & Lindsay F. (1996). Quality of mental health service care: The forgotten pathway from process to outcome, Social Psychiatry and Psychiatric Epidemiology, 31, 89-98. Canadian Council on Health Services Accreditation (2002). AIM Achieving Improved Measurement Accreditation, CCHSA, Ottawa . Canadian Council on Health Services Accreditation (CCHSA). www.chla-absc.ca/task/cchsa.html Canadian Standards of Psychiatric and Mental Health Nursing Practice (http://www.cfmhn.org) Carney O., McIntosh J., Worth A. (1996): The use of the nominal group technique in research with community nurses. Journal of Advanced Nursing, 23, 1024-1029. Caro, J. (1981). Reaction of a sceptical sociologist, Community Mental Health Journal, 17, 77-82. Chess C., Purcell K. (1999). Public participation and the environment: do we know what works? Environmental Science & Technology, 33, 2685–2692. Commission on Accreditation of Rehabilitation Facilities (CARF). www.carf.org Coney S. (2004). Effective consumer participation for New Zealand: a systematic review of the evidence. Summary for the 2nd Guidelines International Conference, Evidence in Action, Wellington, 1-3 November 2004 . The New Zealand Guidelines Group. Consumers’ Health Forum of Australia (CHF) (www.chf.org.au) Cook J.A. & Jonikas J.A. (1996). Outcomes of psychiatric rehabilitation service delivery. New Directions for Mental Health Services, 71, 33-47. Coote A., Lenaghan J. (1997). Citizens’ juries: theory into practice. London: Institute for Public Policy Research.

Crozier M. (1998). Stato modesto, stato moderno. Ed. Lavoro, Roma.

Décret en Conseil d’Etat no 97-311 du 7 Avril. Paris, Journal Officiel (82)-8, 1997. Decreto 14 gennaio 1997. Roma, Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Febbraio 1997 Delbecq A.L. & van de Ven A.H. (1971): A group process model for problem identification and program planning. Applied Behavioural Science, 7, 466-491. Department of Health. (1999). A National Service Framework for Mental Health. London: Department of Health. Di Stanislao F. & Liva C. (2001). Accreditamento dei Servizi Sanitari in Italia. Centro Scientifico Editore. Torino.

40

Donabedian, A. (1980). The Definition of Quality and Approaches to its Assessment. Ann Arbor: Health Administration Press. Donabedian, A. (1992). The role of outcomes in quality assessment and assurance. Quality Review Bulletin, 18, 356-360. Donahue K.T., vanOstenberg P. (2000). Joint Commission International accreditation: relationship to four models of evaluation. Inernational Journal of Quality Health Care, 12, 243-246. Dowell J., Huby G., Smith C. (1995). Scottish Consensus Statement on quality research in primary health care. Dundee: Tayside Centre for General Practice, University of Dundee. Dwyer J. (1989). The politics of participation. Community Health Studies, 13, 159-165. Edmunds H. (2000). The Focus Group Research Handbook. Lincolnwood, IL: NTC Publishing Group. Eriksson C.G. (1988). Focus groups and other methods for increased effectiveness of community intervention – a review. Scandinavian Journal of Primary Health Care; 1, 73–80. Erlicher A. & Rossi G. (1994). Accreditamento e certificazione dei servizi sanitari. Ed. Bonaldi A. Curare la Qualità. Guerrini e Associati. Milano. Erlicher A. & Rossi G. (2000). Manuale di Accreditamento Professionale per il Dipartimento di Salute Mentale. Centro Scientifico Editore. Torino. Evan W., Freeman R. (1988). A stakeholder theory of the modern corporation: Kantian capitalism. In: Beauchamp T., Bowie N. (Eds) Ethical Theory and Business, 3rd ed., Prentice-Hall, Englewood Cliffs, NJ. Fernandez A.M., Schrogie J.J., Wilson W.W., Nash D. (1997). Technology assessment in healthcare: a review and description of a “best practice” technology assessment process. Best Practice Benchmarking Health, 2, 240–253. Fessel W.J. & Van Brunt E.E. (1972). Assessing quality of care from the medical record. New England Journal of Medicine, 286, 134-138. Festervand T.A. (1984). An introduction and application of focus group research to the health care industry. Health Mark Q, 2, 199–209. Fishkin J.S (1991) Democracy and Deliberation. New Haven: Yale University Press, Flisher A.J., Lund C,, Muller L,, Tongo N,, Dartnall E,, Ensink K, et al. (1998) Norms and standards for psychiatric care in South Africa: A report submitted to the Department of Health, Republic of South Africa (Tender No. GES 105/96-97) Cape Town: Deparment of Psychiatry, University of Cape Town. Flisher A.J., Lund, C., Muller L., Dartnell E., Ensink K., Tennyson L., Porteus K., Robertson B., Tongo, N. (1998) Norms and standards for psychiatric care in South Africa: A report submitted to the Department of Health, Republic of South Africa (Tender No. GES 105/96-97) Cape Town: Deparment of Psychiatry, University of Cape Town. Focarile F. (1998). Indicatori di qualità nell’assistenza sanitaria. Ed Centro Scientifico Editore. Foster G.(1994). Fishing with the net for research data. British Journal of Educational Technology; 25, 91–97. Freeman R.E. (1984). Strategic Management: A Stakeholder Approach, Pitman, Boston, MA. Frisina G. (1994). I Profeti della Qualità. Editoriale Itaca.

41

Gallagher M., Hares T., Spencer J., Bradshaw C., Webb I. (1993): The nominal group technique: A research tool for general practice? Family Practice, 10, 76-81. Gardini A. (2007). Verso la qualità. Centro Scientifico Editore. Torino. Glaser E:M. (1980). Using behavioural science strategies for defining the state-of-the-art. Journal of Applied and Behavioural Sciences, 16, 79-92. Glicken J. (2000). Getting stakeholder participation ’right’: A discussion of participatory processes and possible pitfalls. Environmental Science & Policy, 3, 305–310. Graham K. A. & Phillips S. D. (1998). Making Public Participation More Effective: Issues for Local Government. In: K. A. Graham & S. D. Phillips (Eds.), Citizen Engagement: Lessons in Participation from Local Government. Monographs on Canadian Public Administration, No. 22. Institute of Public Administration of Canada: Toronto. Gundry K.G., Heberlein T.A. (1984). Do public meetings represent the public? Journal of American Planning Association, 50, 175–182. Hammermeister K., Shroyer L., Sethi G., Grover F. (1996). Why it is important to demonstrate linkages between outcomes of care and processes and structures of care. Medical Care, 5 OS5-OS16. Hardy G.E., West M.A., Hill F. (1996). Components and Predictors of Patient Satisfaction. British Journal of Health Psychology, 1, 65-85. Hirschfield R.M., Keller M.B., Panico S., Arons B.S., Barlow D., Dandoff F., et al. (1997). The National Depressive and Manic-Depressive Association Consensus Statement on the Undertreatment of Depression. JAMA, 277, 333–340. Ierodiakonou, K. & Vandenbroucke, J.P. (1993). Medicine as a stochastic art. Lancet, 347, 542-548. Institute of Medicine & K. N. Lohr (ed.). (1990). Medicare: A Strategy for Quality Assurance. Washington, DC: National Academy Press. Institute of Medicine (2001). Crossing the Quality Chasm: A New Health System for the 21st Century. Washington, DC: National Academy Press. International Organization for Standardization. www.iso.ch Irish Health Services Accreditation Board (IHSAB). http://www.ihsab.ie JCAHO (1994). A guide to establishing programs for assessing outcomes in clinical settings. Oakbrook Terrace, Il, Joint Commission. JCAHO (1997). National library of healthcare indicators. Oakbrook Terrace, Il, Joint Commission. Jenkins R. (1990). Towards a system of outcome indicators for mental health care. British Journal of Psychiatry, 157, 500-514. Jessop E.G. (1999). Public meetings deserve proper science. Journal of Public Health Medicine, 21, 365–366. Johnson A. & Bament D. ( 2002). Consumer Participation in Safety and Quality at Flinders Medical Centre-the search for a consumer-focused model. Report to Department of Health & Aged Care, Canberra. Joint Commission on Accreditation of Health Care Organizations www.jointcommission.org

42

Joint Commission on Accreditation of Health Care Organizations. The Joint Commission’s Commitment to Public Accountability. Pamphlet JCAHO 5/00 http://www.jcaho.org. Jones J. and Hunter D. (1995): Consensus methods for medical and health services research. British Medical Journal, 311, 376-380. Kashefi Mphil E. Mort M. (2004). Grounded citizens’ juries: a tool for health activism? Health Expect, 7, 290-302. Kazandjian V.A., Matthes N., Wicker K.G. (2003). Are performance indicators generic? The international experience of the Quality Indicator Project. Journal of Evaluation in Clinical Practice, 9., 265-276. Keller K.L., Sliepcevich E.M., Vitello E.M., Lacey E.P., Wright W.R. (1987). Assessing beliefs about and needs of senior citizens using the focus group interview: a qualitative approach. Health Education; 18, 44–49. Klazinga N. (2000). Re-engineering trust: adoption and adaptation of four external quality assurance models in Western European health care systems. International Journal of Quality in Health Care, 12, 183-189. Krueger R.A. (1988). Focus groups: a practical guide for applied research. Newbury Park, CA: Sage. Krueger R.A., Casey M.A. (2000). Focus Groups: A Practical Guide for Applied Research. Thousand Oaks, CA: Sage Publications. Kweit R. & Kweit M. (1981). Implementing Citizen Participation in a Bureaucratic Society, Praeger, New York. Larson C.O., Nelson E.C., Gustafson D., Batalden P.B. (1996). The relationship between meeting patients’ information needs and their satisfaction with hospital care and general health status outcomes. International. Journal for Quality in Health Care, 8, 447-456. Leighley J. (1990). Social interaction and contextual influences on political participation. Am Pol Quart, 18, 459-475. Lenaghan J. (1999). Involving the public in rationing decisions. The experience of citizens juries. Health Policy, 49, 45-61. Lenaghan J., New B., Mitchell E. (1996). Setting priorities: is there a role for citizens’ juries? British Medical Journal, 312, 1591–1593.

Liva C., Di Stanislao F. (1996). L’accreditamento dei servizi sanitari. Uno strumento per la promozione della qualità. NAM, vol. 12.

Lloyd-Jones G., Fowell S., J.G. B (1999): The use of the nominal group technique as an evaluative tool in medical undergraduate education. Medical Education, 33, 8-13.

Lupton C., Peckham S., Taylor P. (1998). Managing public involvement in healthcare purchasing. Buckingham: Open University Press.

Malcom Baldrige. Awards www.asq.org/abtquality/awards/baldrige.html

Mark B.A., Salyer, J. & Geddes N. (1997). Outcomes research: Clues to quality and organizational effectiveness? Outcomes Measurement and Management, 32, 589-601. McIver S. (1998). Healthy debate? An independent evaluation of citizens’ juries in health settings. London: King’s Fund. Mirin S.M. & Namerow M.J. (1991). Why study treatment outcome? Hospital and Community Psychiatry, 42, 1007-1013. Miscossi, P., Carbone M., Stancanelli G. & Fortino A. (1993). Measuring products of health care systems. Lancet, 341, 1566-1567.

43

Moore K. (2003). Consumer And Provider Partnerships: What Makes Them Work. Report to Commonwealth of Australia on The Consumer and Provider Partnerships in Health Project. Canberra. Morgan D.L. (1997). Focus groups as qualitative research. 2nd ed. Thousand Oaks, CA: Sage. Morgan D.L. (1998). Focus Groups as Qualitative Research (Second edition). Thousand Oaks, CA: Sage Publications. Morosini P. & Palumbo G. (2001). Indicatori per l’accreditamento professionale e il benchmarking. Ed. Di Stanislao F. & Liva C. Accreditamento dei Servizi Sanitari in Italia. Centro Scientifico Editore. Torino. Morosini P. (2005). Indicatori in valutazione e miglioramento della qualità professionale. Quarta edizione, Roma. Murphy E., Dingwall R., Greatbatch D., Parker S., Watson P. (1998). Qualitative research methods in health technology assessment: a review of the literature. Health Technology Assessement, 2, 1-274. Murphy M.K., Black N.A., Lamping D.L., McKee C.M., Sanderson C.F.B., Askham J., Marteau T. (1998). Consensus development methods, and their use in clinical guideline development. Health Technology Assessement ; 2, 1-88. Murray C.J.L., Evans D.B. (2003) eds. Health systems performance assessment. Geneva, WHO. National Health Strategy (1993). Help Where Help Is Needed: Continuity of Care for People with Chronic Mental Illness. National Health Strategy, Issues Paper No. 5. Melbourne, National Health Strategy. Nilsen E.S., Myrhaug H.T., Johansen M., Oliver S., Oxman A.D. (2007). Methods of consumer involvement in developing healthcare policy and research, clinical practice guidelines and patient information material. Cochrane Database of Systematic Reviews 2007. The Cochrane Collaboration. Published by John Wiley & Sons, Ltd. O’Hara K. (1998). Citizen Engagement in the Social Union. In: Securing the Social Union. Canadian Policy Research Networks. Ottawa: CPRN. O’Neil M and Jackson L (1983): Nominal group technique: A process for initiating curriculum development in higher education. Studies in Higher Education 8: 129-138. O'connor E., Fortune T., Doran J., Boland R. (2007). Involving consumers in accreditation: the Irish experience. International Journal of Quality Health Care, 19, 296-300. Pahl-Wostl C. & Hare M. (2004). Processes of social learning in integrated resources management. Journal of Community & Applied Social Psychology, 14, 193–206. Palmer R.H. (1996). Measuring clinical performance to provide information for quality improvement. Quality Management in Health Care, 4, 1-6 Powell R.A., Single H.M., Lloyd K.R. (1996). Focus groups in mental health research: enhancing the validity of user and provider questionnaires. International Journal of Social Psychiatry, 42, 193–206. Pratchett L. (1999). New Fashions in public participation: Towards greater democracy? Parliamentary Affairs, 52, 617–633. Price D. (2000). Choices without reasons: citizens’ juries and policy evaluation. Journal of Medical Ethics, 26, 272–276. Project to Assist Consumers and Carers in the Implementation of the National Standards for Mental Health Services. http://www.mhca.org.au Putnam R. (1993). Making democracy work: Civic traditions in modern Italy. New Jersey: Princeton University Press.

44

Quality Health New Zealand. www.qualityhealth.org.nz Quality Improvement Council-QIC_ http://qic.org.au/index.html Roa D.V. & Rooney A. (1999). Improving health services delivery with accreditation, licensure and certification. QA Brief, 2, 4–10. Rooney A.L., van Ostenberg P.R. (1999). Licensure, Accreditation, and Certification: Approaches to Health. Bethesda: Quality Assurance Project. www.qaproject.org/indexl.html Rosenthal T.C., Ferrara E., Hesler E. (1996). Providing birthing services in rural health networks: coping with change in New York State. Journal of Rural Health, 12, 137–145. Sandel M. (1996). Democracy’s discontent: America in search of a public philosophy. Cambridge: Harvard University Press. Schyve P.M. (2000). The evolution of external quality evaluation: observations from the Joint Commission on Accreditation of Healthcare Organizations. International Journal of Quality in Health Care, 12, 255-258. Segal S.P., Egley L., Watson M.A., Goldfinger S.M. (1995). The quality of psychiatric emergency evaluations and patient outcomes in county hospitals. American Journal of Public Health, 85, 1429-1431. Shaw C.D. (2000). Quality and accreditation in health care services, a global review. Geneva: WHO/ISQua. Shaw C.D. (2002). A background for national quality policies in health systems. Documento non pubblicato www.sm.ee/est/HtmlPages/BackgroundforNationalQP/$file/Background%20for%20National%20QP.pdf Shaw C.D. (2002b). Survey of European accreditation programs. Unpublished Shaw C.D. (2004). Toolkit for accreditation programs. Publisher: The International Society for Quality In Health Care. Melbourne. Shaw CD (2001). External assessment of health care. British Medical Journal, 322, 851-854. Smith B., West P. (1998). Focus groups: giving voice to the community. Perspectives, 22, 2–7. Sohier R. (1995). The dyadic interview as a tool for nursing research. Applied Nursing Research, 8, 96–101. Solberg L.I., Mosser G., McDonald S. (1997). The three faces of performance measurement: improvement, accountability and research. Joint Commission. Journal of Quality Improvement, 23, 135-147. Southern D.M., Batterham R.W., Appleby N.J., Young D., Dunt D., Guibert R. (1999). The concept mapping method: an alternative to focus group inquiry in general practice. Australian Family Physician, 28, 35–40. Steele D.R. (2000). Promoting Public Confidence in the NHS: The role of the Clinical Standards Board for Scotland Health Bulletin. www.scotland.gov.uk/library2/doc09/hbj0-05.asp Stevens P.E. (1996). Focus groups: collecting aggregate-level data to understand community health phenomena. Public Health Nursing, 13, 170–176. Stronks K., Strijbis A.M., Wendte J.F. (1997). Who should decide? Qualitative analysis of panel data from public, patients, healthcare professionals, and insurers on priorities in health care. British Medical Journal, 315, 92–96. Sweeney J., Heaton C. (2000). Interpretations and variations of ISO 9000 in acute health care. International Journal of Quality Health Care; 12, 203-209.

45

Tang K.C., Davis A. (1995). Critical factors in the determination of focus group size. Family Practice; 12, 474–475. Templeton J.F. (1996). Focus Group: A Strategic Guide to Organizing Conducting and Analyzing the Focus Group Interview. Chicago, IL: The McGraw-Hill Companies. The Network of Consumer and Carer Surveyors-NoCCS_http://www.mhca.org.au/Resources/NoCCS/index.html Thomas B. (1983): Using nominal group technique to identify researchable problems. Journal of Nursing Education, 22, 335-337. Trochim W.M.K. & Linton R. (1986). Conceptualization for planning and evaluation. Evaluation and Program Planning, 9, 289–308. Tugwell P. (1979). A methodological perspective on process measures of the quality of medical care. Clinical Investigations in Medicine, 2, 113-121. Twible R.L. (1992): Consumer participation in planning health promotion programmes: a case study using the Nominal Group Technique. Australian Occupational Therapy Journal, 39, 13-18. UK. Health for All Network (1991) http://independent.livjm.ac.uk/healthforall/ van Weert C. (2000). Developments in professional quality assurance towards quality improvement. International Journal of Quality Health Care, 12, 239-242. WHO (2003). Quality improvement for mental health. Mental health policy and service guidance package. World Health Organization, Geneva. WHO Regional Office for Europe (2003). Measuring hospital performance to improve quality of care in Europe: a need for clarifying concepts and defining the main dimensions. www.euro.who.int/Document. Williams P.L., Webb C. (1994). The Delphi technique: a methodological discussion. Journal of Advanced Nursing, 19,180–186. World Health Organisation (1978). Declaration of Alma-Ata. World Health Organisation Regional Office for Europe. www.who.dk/AboutWHO/Policy/20016827_1 World Health Organization (WHO) (1986). Charter for Action to Achieve Health for All by the Year 2000 and Beyond. First International Conference on Health Promotion, Ottawa, Canada, 21 November. Wyszewianski L. (2005). Basic Concepts of Healthcare Quality. In The Health Care Quality Book ed. Ransom S.B., Joshi M.S. & Nash D.B. Health Administration Press, Chicago.

46

Progetto

47

Obiettivi Obiettivo del progetto è quello di attivare iniziative di consultazione, utilizzando metodi qualitativi, aperte agli stakeholders (in particolare agli utilizzatori) e volte a raccogliere indicazioni utili per la revisione dei criteri e degli standard di qualità tuttora esistenti e utilizzati nei processi di accreditamento professionale dei DSM. I requisiti di qualità attualmente in uso, messi a punto attraverso progetti iniziati negli anni ’90, sono stati identificati utilizzando diverse fonti (ad esempio i documenti prodotti dall’OMS ”Quality Assurance in Mental Health”, dal Clinical Standards Advisory Group del Ministero della Sanità inglese, il Progetto Obiettivo Nazionale sulla Salute Mentale, gli standard in uso in Canada e in Australia ecc.). Al lavoro di definizione dei requisiti e di adattamento alla realtà italiana avevano partecipato operatori e professionisti dei Servizi. Dalla sperimentazione dei requisiti ne è derivato il Manuale di Accreditamento Professionale per il Dipartimento di Salute Mentale (Erlicher & Rossi, 2000). In particolare, lo scopo del progetto è quello di raccogliere il punto di vista dei portatori di interesse e ricevere spunti in rapporto ai requisiti che, nella loro prospettiva, possono contribuire a definire la qualità dei Servizi Psichiatrici. A partire dai risultati prodotti da questo progetto, e sulla base degli esiti delle attività previste da questa iniziativa, verrà in seguito valutata la possibilità di strutturare un gruppo “stabile” di lavoro costituito da rappresentanti di portatori di interesse afferenti alla UOP 27 e al Dipartimento di Salute Mentale di Mantova. Tra le eventuali ipotesi di lavoro, il gruppo potrà avere il compito di strutturare operativamente i requisiti nell’ottica degli stakeholders e partecipare ad iniziative di sperimentazione di coinvolgimento nel processo di accreditamento. Metodi Soggetti: i gruppi di stakeholders presi in considerazione per le attività di consultazione sono pazienti, familiari, membri dell’Associazione Familiari e rappresentanti di Enti, Associazioni e Istituzioni in contatto con la UOP 27 e con il DSM di Mantova. Per l’identificazione dei pazienti da coinvolgere nel progetto è stato costruito un database a partire dai dati registrati in “Psiche” (Sistema Informativo di Rilevazione delle Prestazioni Psichiatriche), selezionando tutti i pazienti di età compresa tra i 18 e i 65 anni in contatto con la UOP 27 da almeno 12 mesi e con un numero di contatti/interventi uguale o superiore a 20 nell’ultimo anno. Dal database così ottenuto sono stati esclusi i pazienti con diagnosi F00-F09 e F70-F79 definita secondo i criteri ICD10. L’esclusione è avvenuta solo in seguito ad accertamento, per ciascun paziente, della diagnosi riportata in cartella clinica. Successivamente, dal database sono stati estratti in modo casuale i nominativi dei pazienti da includere nei gruppi di consultazione. Per la selezione, e per la formazione di ciascun gruppo (si veda paragrafo “le consultazioni” qui di seguito), si è tenuto conto della proporzione per diagnosi dell’utenza della UOP 27 nell’ultimo anno. Sono stati in seguito costruiti gli elenchi riportanti i nominativi dei pazienti (distinti per medico di riferimento) successivamente sottoposti dalla persona coinvolta nello sviluppo del progetto (ed estranea all’attività assistenziale della UOP 27) a valutazione da parte dello psichiatra referente. Lo psichiatra di riferimento (messo al corrente attraverso un documento scritto delle finalità del progetto e delle attività previste) aveva il compito di indicare per

48

ciascun paziente l’adeguatezza relativa ad un eventuale coinvolgimento nelle attività di consultazione. Per la valutazione, ai medici è stato chiesto di tenere conto dei seguenti criteri: 1) condizione attuale di compenso clinico; 2) funzionamento cognitivo adeguato; 3) capacità di mantenere la partecipazione a gruppi di lavoro. Per il coinvolgimento dei familiari è stato utilizzato nuovamente lo stesso database. Sono stati quindi costruiti altri elenchi di nominativi di pazienti estratti in maniera casuale e sottoposti allo psichiatra di riferimento a cui è stato chiesto di indicare, per ciascun paziente, il familiare significativo e l’adeguatezza alla partecipazione alle attività di consultazione. Sono stati esclusi dagli elenchi i nominativi dei pazienti i cui familiari erano a loro volta utenti del Servizio. Similmente alla selezione operata per la formazione dei gruppi di pazienti, anche per la costituzione dei gruppi dei familiari si è tenuto conto della distribuzione delle diagnosi in base alla proporzione dell’utenza della UOP 27 nell’ultimo anno. I pazienti e i familiari indicati dai medici di riferimento sono stati successivamente contattati dalla persona incaricata alla conduzione del progetto ed estranea all’attività di cura e di assistenza della UOP 27. Durante questo primo contatto (i pazienti e i familiari ricevevano la telefonata dagli operatori del front office del CPS), l’incaricata al progetto forniva brevemente informazioni riguardanti l’iniziativa e invitava a partecipare ad una riunione preliminare di introduzione agli scopi del progetto e al tipo di attività svolta nel corso delle consultazioni. Qualche giorno prima dell’incontro, le persone che avevano aderito a partecipare alla riunione preliminare venivano ricontattate telefonicamente e veniva loro ricordato l’appuntamento. Durante la riunione veniva comunicato il calendario degli incontri e veniva ulteriormente precisato il fatto che l’adesione doveva essere assicurata per le 4 sessioni previste dal progetto. Per quanto riguarda gli altri stakeholders, a tutti i responsabili delle Associazioni Familiari, degli Enti ed Istituzioni significative in contatto con la UOP 27 e con il DSM di Mantova, il Direttore del Dipartimento di Salute Mentale ha inviato una lettera di presentazione del progetto e di invito a partecipare alle attività. Successivamente, tutti i rappresentanti sono stati contatti telefonicamente dalla persona incaricata allo sviluppo del progetto. Sono stati quindi forniti ulteriori chiarimenti riguardanti l’iniziativa ed è stata raccolta la eventuale adesione a partecipare. Successivamente sono stati costruiti i calendari degli incontri, comunicati per e-mail o per telefono ai collaboratori che ciascun responsabile aveva identificato come persona maggiormente adeguata a partecipare alle consultazioni. Veniva inoltre precisata la necessità di partecipare a tutte le sessioni di lavoro (in totale 4 incontri). La stessa procedura è stata adottata per il coinvolgimento dei rappresentanti delle Associazioni dei Familiari presenti nel territorio del Dipartimento di Salute Mentale di Mantova. Le consultazioni: la tecnica adottata durante le sessioni di lavoro è un adattamento della NGT (Nominal Group Technique), procedura originariamente utilizzata nella ricerca sociale per facilitare la presa di decisioni all’interno di un gruppo (Delbecq & van de Ven 1971). Come nel caso dei focus group, lo scopo della NGT è quello di generare informazione e idee da parte del gruppo. Rispetto ai focus group, gli effetti legati all’interazione di gruppo (e la produzione di contenuti che da essa deriva) sono praticamente assenti.

49

La tecnica prevede le seguenti fasi: 1) introduzione del contenuto su cui lavorare, illustrazione della procedura che verrà adottata (e svolgimento dei lavori nel numero di sessioni definito), regole da rispettare durante i lavori, ruolo del facilitatore e sua neutralità rispetto al lavoro del gruppo; 2) generazione individuale delle idee (ogni partecipante annota individualmente una lista di aspetti cruciali riguardanti il problema proposto); 3) scambio delle idee (i partecipanti sono invitati a riferire le idee che hanno prodotto. Il facilitatore trascrive tutti i contenuti su una lavagna utilizzando gli stessi termini usati dai partecipanti. In questa fase non c’è discussione e i partecipanti vengono incoraggiati ad annotare tutte le idee nuove che possono venir in mente); 4) lavoro in gruppo (i partecipanti sono invitati a spiegare e a fornire dettagli riguardanti le idee prodotte. Compito del facilitatore in questa fase è quello di assicurare che ogni persona fornisca un contributo alla discussione. Il gruppo in questa fase può suggerire e produrre nuove idee o decidere di modificare quelle esistenti; 5) organizzazione delle idee in categorie (ed eventuale produzione di nuovi contenuti) e votazione (ciascun componente del gruppo attribuisce a ciascuna categoria un’importanza relativa). Questa tecnica di consultazione e di conduzione del gruppo consente: 1) uguale contributo da parte di tutti i partecipanti; 2) produzione di un alto numero di contenuti/idee; 3) limitazione dell’influenza o di effetti legati a meccanismi di prevaricazione di componenti del gruppo; tutti sono ugualmente chiamati a portare a termine il lavoro entro il numero di incontri definito (“far funzionare il gruppo di lavoro”, “arrivare ad ottenere risultati finali”); 4) produzione di idee anziché produzione di effetti legati a dinamiche di gruppo o ad aspetti dovuti all’interazione dei partecipanti; 5) riduzione di conformità e adesione ad elementi di “desiderabilità sociale” (come invece avviene nel caso di altre tecniche di consultazione, ad esempio i focus group); 6) confronto tra i partecipanti in una prospettiva di risoluzione del problema anziché sulla base esclusiva di convinzioni o punti di vista personali; 7) adesione e soddisfazione da parte dei partecipanti (il gruppo fornisce un contributo ad un lavoro strutturato del quale a conclusione degli incontri sono visibili i risultati). Il ruolo del facilitatore è quello di favorire la produzione delle idee (e la loro discussione) e di essere il “trascrittore” neutrale di ciò che il gruppo produce. Per le caratteristiche della tecnica, l’influenzamento del facilitatore durante il lavoro del gruppo è praticamente assente. La soggettività in sede di elaborazione dei risultati è pure assolutamente assente. Infatti, le informazioni raccolte riflettono esattamente ciò che il gruppo ha prodotto e che il facilitatore ha di volta in volta trascritto sulla lavagna o proposto attraverso trascrizioni preparate tra una sessione e quella successiva e consegnate ai partecipanti all’inizio dei lavori. Gli stakeholders sono stati convocati in gruppi composti da 7-12 persone. Si è ritenuto opportuno non procedere in questa fase alla convocazione di gruppi misti (pazienti, familiari, membri dell’Associazione Familiari e rappresentanti degli Enti) ritenendo che ciò avrebbe potuto condizionare la produttività intesa come numero di contenuti e come possibilità di discussione. In rapporto alla tecnica di consultazione adottata, per quanto limitato sia l’effetto legato alle dinamiche di gruppo o alla “eccessiva occupazione degli spazi discussione”, in sede di definizione degli obiettivi del progetto e di disegno dello studio la formazione di un gruppo misto è stata giudicata scarsamente opportuna; si è preferito optare per una modalità di consultazione che avrebbe garantito una buona produzione di contenuti. Eliminando quindi il rischio di una probabile perdita di informazioni, questa esperienza di consultazione avrebbe inoltre potuto funzionare da fase di sperimentazione della possibilità di coinvolgimento degli stakeholders in vista dell’organizzazione di “gruppi stabili di

50

lavoro” (con funzioni più orientate alla presa di decisioni ed operative) da avviare successivamente. Rispetto alla eventualità di convocazione di gruppi misti, occorre inoltre ricordare che gli aspetti relativi alla disponibilità di orario avrebbe condizionato la percentuale di partecipazione. Ad esempio, i rappresentanti degli Enti avrebbero dato disponibilità in orari di lavoro producendo una selezione a favore di pazienti e familiari liberi da impegni lavorativi. Per quanto riguarda il tipo di richiesta da rivolgere ai singoli gruppi, si è deciso di proporre il tema della qualità nel modo più aperto possibile in maniera da favorire la produzione delle idee senza limitazioni a priori come quelle che sarebbero derivate, ad esempio, dalla proposta di contenuti e temi definiti. In altre parole, la richiesta rivolta ai gruppi di lavoro è stata quella di costruire una lista (non necessariamente esaustiva) di elementi connessi alla qualità dei Servizi Psichiatrici che i partecipanti ai gruppi avrebbero fornito in quanto esperti (e per questa ragione consultati) e nella prospettiva che li riguardava come gruppo specifico di stakeholders. In un primo tempo era stata presa in considerazione l’eventualità di proporre ai gruppi di lavoro temi specifici oppure un lavoro centrato sugli standard di qualità tuttora esistenti. Tali modalità di lavoro sono state escluse in quanto non pienamente in accordo con gli obiettivi del progetto, vale a dire raccogliere, per quanto possibile, un ampio spettro di elementi che riflettesse i reali “punti chiave di interesse” dei gruppi di stakeholders. Ciascun gruppo ha partecipato a 4 sessioni di lavoro della durata di due ore ciascuna. Risultati In totale, per la convocazione alle attività di consultazione, sono stati contattati personalmente 97 soggetti (51 pazienti, 22 familiari, 8 membri delle Associazioni Familiari, 16 responsabili di Enti ed Istituzioni). Per quanto riguarda i pazienti, in totale 31 hanno partecipato ai gruppi di consultazione; 11 pazienti non hanno potuto aderire per problemi di orario incompatibile con i turni di lavoro propri o dei familiari che li avrebbero accompagnati (non potevano assicurare la presenza per tutte e 4 le sessioni; i gruppi venivano organizzati la sera alle 18.30) oppure per problemi di spostamento o perché non si sentivano nelle condizioni ottimali per poter partecipare. Inoltre, 7 pazienti che avevano aderito non si sono presentati. Quando i pazienti sono stati contattati per giustificare l’assenza, la mancata adesione è stata motivata dalla presenza di problemi organizzativi o riguardanti le loro condizioni ritenute al momento non adatte per garantire la partecipazione a tutti gli incontri. Per finire, 2 pazienti che hanno partecipato alla riunione preliminare non hanno fornito la loro adesione perché non si sentivano a loro agio in gruppo. Pertanto, l’adesione da parte dei pazienti ha riguardato il 60.78% degli utenti contattati. Per quanto riguarda il gruppo dei familiari, 12 hanno partecipato al gruppo; 8 familiari non hanno potuto aderire per impegni lavorativi (anche in questo caso le riunioni erano organizzate la sera alle 18.30) o per problemi organizzativi legati alla famiglia. Inoltre, un familiare che aveva aderito non si è presentato mentre un altro ha dovuto abbandonare dopo due incontri per motivi di lavoro.

51

Per quanto riguarda le Associazioni dei Familiari, sono state contattate le 4 Associazioni attive nel territorio di pertinenza del Dipartimento di Salute Mentale di Mantova. Una di esse non ha potuto partecipare per motivi organizzativi legati a cambiamenti di cariche e ruoli all’interno dell’Associazione in corso al momento della convocazione. Le altre Associazioni hanno aderito inviando per ciascuna di esse 2/3 rappresentanti (in totale 7 partecipanti). Su richiesta delle persone convocate, i gruppi sono stati organizzati in orario pomeridiano. Per quanto riguarda gli Enti e le Istituzioni, 9 rappresentanti hanno partecipato alle consultazioni (1 Cooperativa, 2 Centri di Formazione, 2 ASL, 2 Associazioni, 1 Ente per l’Abitazione, 1 Provincia). Alla convocazione mancavano i rappresentanti del Comune, di altri Centri di Formazione e di altre Cooperative (complessivamente quasi la metà degli Enti contattati). I gruppi sono stati organizzati in orario di lavoro. I lavori hanno complessivamente coinvolto 59 stakeholders (60.82% dei soggetti contattati) e sono stati svolti nel corso di 24 sessioni (senza considerare gli incontri preliminari di presentazione del progetto) della durata di 2 ore ciascuna. Tutte le sessioni sono state condotte nella sala riunioni del CPS dalla persona incaricata allo sviluppo del progetto estranea, come già detto, all’attività di assistenza della UOP 27. Sono stati convocati 3 gruppi di pazienti, un gruppo di familiari, un gruppo composto da membri dell’Associazione Familiari e un gruppo di rappresentanti di Enti ed Istituzioni. Per quanto riguarda lo svolgimento dei lavori, i pazienti e i familiari (compreso il gruppo composto dai membri dell’Associazione dei Familiari) durante le attività sono rimasti aderenti al compito dimostrando buona produttività, autentico interesse ed entusiasmo per l’iniziativa. Alcuni utenti del Centro Diurno (non selezionati per le consultazioni come previsto dal disegno dello studio), venuti a conoscenza dell’iniziativa, hanno chiesto di partecipare. Per ovvie ragioni la richiesta non ha potuto essere accolta. Due pazienti hanno chiesto di partecipare come osservatori ad una sessione. I pazienti hanno giudicato importante l’iniziativa e il fatto di essere coinvolti in un’attività, come l’hanno definita, “nuova”. Come nel caso del gruppo dei familiari, i pazienti hanno richiesto di poter partecipare ad un eventuale incontro di presentazione dei risultati delle attività di consultazione relative a tutti i gruppi di stakeholders. Simili commenti e richieste hanno pure riguardato il gruppo delle Associazioni dei Familiari che ha espresso un parere favorevole rispetto all’esperienza e al loro coinvolgimento anche per l’occasione avuta di trovarsi a discutere insieme e di conoscersi meglio (le tre Associazioni hanno sede in 3 differenti UOP del Dipartimento di Salute Mentale di Mantova). A seguito del lavoro svolto insieme, i partecipanti hanno inoltre espresso la necessità di migliorare, in quanto Associazioni, la conoscenza dei Servizi (qualcuno aveva avuto la percezione di dover approfondire la conoscenza riguardante l’organizzazione del Servizio, il suo funzionamento, gli aspetti riguardanti le prassi ecc.) e di porla come obiettivo di lavoro dei gruppi associativi anche in collaborazione con le UOP di riferimento. Con il gruppo dei rappresentanti degli Enti il compito del facilitatore è stato più impegnativo. Infatti, più spesso si è verificata la tendenza a fare riferimento ad aspetti particolari riguardanti la specificità di ruolo con eccessivo dettaglio strettamente riguardante le singole competenze. L’adesione alla discussione e allo sviluppo dei punti emersi e proposti da parte di tutti i partecipanti, a prescindere dalle singole specificità legate ai diversi contesti lavorativi, è stata di più complesso avvio. Ciò ha comportato un rallentamento dei

52

lavori con conseguente produzione limitata di contenuti (o perlomeno quantitativamente diversa da quella attesa). In appendice viene riportato il lavoro prodotto dai singoli gruppi (Appendice A: documento del lavoro prodotto da ciascun gruppo); nei grafici è riportato l’ordine gerarchico attribuito da ciascun componente del gruppo alle singole categorie (ordine di importanza relativa delle categorie). Il documento riporta ordinati per categorie gli aspetti relativi alla qualità presi in considerazione durante i lavori di gruppo (che potremmo definire “requisiti”) ulteriormente dettagliati attraverso una serie di domande che li specificano o che danno indicazione degli elementi da prendere in considerazione per giudicare soddisfatto il requisito stesso. La sintesi dei requisiti e delle loro specificazioni distinti per aree e per gruppi di stakeholders è riportata in Appendice B (Raggruppamento per aree del lavoro prodotto dai gruppi, distinto per gruppi di stakeholders). Per la costruzione dei raggruppamenti si è proceduto nel modo seguente: 1) costruzione di una lista completa di tutti i requisiti e di tutte le specificazioni; 2) classificazione per contenuto; 3) classificazione per aree; 4) eliminazione delle ridondanze e sintesi. Simile procedura è stata applicata per la definizione del raggruppamento per aree del lavoro prodotto da tutti gli stakeholders (Appendice 3). Le aree che raggruppano i requisiti presi in considerazione e discussi dagli stakeholders sono: 1) Rapporto con lo psichiatra/psicologo e con il personale in genere; 2) Conoscenza e informazione; 3) Trattamenti/interventi; 4) Stile di lavoro; 5) Urgenze e crisi; 6) Sicurezza; 7) Spazi/ambienti/pasti; 8) Accesso; 9) Privacy e riservatezza; 10) Stigma e isolamento; 11) Prevenzione della malattia mentale; 12) Assistenza sociale/inserimento lavorativo; 13) Rapporto tra il Servizio e altre agenzie; 14) Formazione del personale; 15) Risorse. Entrando nel merito del lavoro prodotto dai gruppi, gli aspetti che definiscono la qualità dei rapporti interpersonali in genere (accoglienza, cortesia, gentilezza, cordialità, educazione e rispetto) sono stati sottolineati in modo particolare da pazienti e familiari. Sono stati poi presi in considerazione gli aspetti che definiscono e qualificano la professionalità e la relazione con il personale sanitario in genere come, ad esempio, la disponibilità, la capacità di comprensione e l’empatia, la fiducia, la chiarezza e la trasparenza, l’apertura e l’onesta, il senso di responsabilità, l’impegno e la dedizione al lavoro e, per finire, lo scambio e la collaborazione (con utenti e familiari) considerati come elementi che rinforzano e alimentano la fiducia e il senso di ottimismo nei confronti del percorso terapeutico. Questi aspetti sono stati definiti come “principi generali” su cui si deve basare il rapporto con il personale. Particolare attenzione viene poi rivolta all’aspetto riguardante la riservatezza delle informazioni, alla tutela della privacy e, in genere, al senso di discrezione e rispetto da parte del personale nei confronti del paziente. Un’altra area presa in considerazione dai pazienti riguarda l’isolamento e lo stigma con richiamo ad interventi, volti a limitarne gli effetti, attivati all’interno del Servizio e nella comunità (tabella 1). Ancora i pazienti citano l’eventualità che il Servizio attivi interventi di prevenzione per la salute mentale. Viene pure sottolineato il ruolo della socialità e delle possibilità di relazione anche favorendo i pazienti ad organizzarsi in gruppi gestiti autonomamente per svolgere insieme attività ricreative e culturali in genere, fuori da un contesto di cura considerato in senso stretto. Tutti i gruppi di stakeholders sottolineano l’importanza della disponibilità, da parte dei Servizi, di risorse tali da poter assicurare un numero congruo di operatori, proporzionato ai bisogni dell’utenza psichiatrica e tale da poter fornire i trattamenti, le cure e l’assistenza necessaria.

53

Tabella 1

Privacy e riservatezza

1. Rispettare la riservatezza durante le attività sociali o culturali svolte esternamente al Centro (ad esempio non fare spostamenti in città

con il pulmino dell’Azienda Ospedaliera) 2. Rispettare la riservatezza delle informazioni che il paziente può fornire durante i colloqui (I medici e gli psicologi rispettano la

riservatezza di informazioni “delicate”?; Vengono rispettate le normali regole di discrezione?) 3. Rispetto della legge sulla privacy e del segreto professionale (sì/no) 4. Disporre di strutture di cura, stanze di degenza, ambulatori e sale d’attesa che garantiscono privacy e riservatezza (sì/no) 5. Informare i pazienti sull’uso che verrà fatto dei dati clinici e dei dati personali (sì/no)

Stigma e isolamento

1. Promuovere l’accettazione della malattia mentale e ridurre lo stigma attraverso l’attivazione di iniziative nella comunità (sì/no) 2. Promuovere iniziative di apertura alla comunità volte a un coinvolgimento dei cittadini, delle Istituzioni, delle Associazioni ecc.

(in modo che il Servizio non sia esclusivamente un luogo di cura e isolato dal contesto sociale) (sì/no) 3. Aiutare i pazienti a superare i preconcetti e i pregiudizi nei confronti della malattia mentale e a non sentirsi “diversi” (Il Servizio

aiuta a non sentirsi “diversi”?; Il Servizio aiuta a sentirsi a proprio agio nella società?) 4. Favorire il primo contatto con il Servizio e l’accesso alle cure da parte delle persone che soffrono di disturbi psichici abbattendo la

barriera della paura, del giudizio e del pregiudizio nei confronti della malattia mentale (sì/no) 5. Eliminare preconcetti, pregiudizi o atteggiamenti stigmatizzanti da parte del personale nei confronti della malattia mentale

(opportunità di formazione e promozione di una cultura non stigmatizzante) (sì/no) 6. Contrastare ed eliminare l’isolamento dei pazienti rispetto al Servizio, alla famiglia e alla società (sì/no)

Tabella 2

Formazione del personale

1. Fornire e garantire a tutto il personale iniziative di formazione permanente ed aggiornamento (sì/no) 2. Aggiornare il personale circa i risultati della ricerca scientifica per assicurare trattamenti e interventi di buon livello ed efficaci

(sì/no) 3. Fornire agli psichiatri una formazione adeguata per affrontare i problemi organici di loro competenza (sì/no)

Risorse

1. Disporre di personale in numero adeguato, proporzionato al numero di utenti, ai bisogni dei pazienti psichiatrici e agli obiettivi del Servizio (sì/no)

2. Disporre di risorse utili per promuovere l’aggiornamento continuo del personale e di tutti gli operatori (sì/no) 3. Disporre di risorse economiche utili per migliorare e stimolare la qualità di lavoro del personale e del Servizio (sì/no) 4. Disporre di risorse economiche utili per incrementare le attività di assistenza, di cura, riabilitative, sociali e culturali del Servizio e

per iniziative a favore della salute mentale in genere (sì/no) 5. Disporre di una politica di gestione del personale e di contratti di lavoro a tutela e a garanzia della continuità della cura

Viene inoltre considerata l’importanza di investire risorse nella formazione continua e nell’aggiornamento del personale (fornendo anche stimoli volti a migliorare la qualità del lavoro) al fine di assicurare interventi riabilitativi, trattamenti, assistenza e cure di buon livello, innovative, basate sulle evidenze della ricerca scientifica ed efficaci (tabella 2). Sempre in rapporto al personale, viene sottolineato l’aspetto relativo alla continuità terapeutica con riferimento alla possibilità di essere curati per il tempo che è necessario e sempre dallo stesso psichiatra o psicologo (area “stile di lavoro”). Viene anche evidenziata la necessità di porre attenzione ad una “politica di gestione del personale a tutela della continuità” (come l’hanno definita gli stakeholders) che limiti i trasferimenti (per quanto possibile) o assunzioni di personale attraverso incarichi a termine. A questo proposito occorre osservare che il periodo in cui sono state attivate le consultazioni è coinciso con un momento di trasferimenti del personale medico e di arrivo di nuovi psichiatri in servizio.

54

Questo spiega anche l’accento posto “sull’accompagnamento nel caso di cambiamento di medico” e sugli aspetti relativi al passaggio di consegne (area “stile di lavoro”). Per quanto riguarda la cura e l’assistenza, viene presa in considerazione la formulazione di progetti terapeutici individualizzati chiaramente definiti dall’équipe (in termini di obiettivi, modalità di intervento e tempi) con coinvolgimento attivo e informazione dei pazienti e dei loro familiari. Tabella 3

Trattamenti/interventi

1. Ricevere trattamenti multidisciplinari concordati insieme da diverse figure professionali (I trattamenti e le cure prevedono il coinvolgimento di differenti figure professionali con differenti compiti e competenze?)

2. Elaborare progetti terapeutici individualizzati (che prevedono il coinvolgimento di più figure professionali) con definizione dei tempi di cura e delle modalità di intervento (Esistono progetti terapeutici con simili caratteristiche?; Esistono documenti scritti dettagliati a riguardo e aggiornati almeno ogni 6 mesi?)

3. Ricevere trattamenti farmacologici efficaci e accettabili, con attento controllo periodico dei loro effetti (cambiamento delle condizioni del paziente, effetti collaterali, controlli con esami clinici) e riduzione del dosaggio non appena le condizioni lo permettono (Per la prescrizione dei farmaci vengono seguiti protocolli e linee guida aggiornate?; Le terapie farmacologiche vengono prescritte e aggiornate in accordo ai risultati della ricerca scientifica? Il medico controlla periodicamente l’effetto dei farmaci e lo discute con il paziente tenendo in considerazione la sua opinione?; In base alle condizioni del paziente, il medico interviene prontamente per una modificazione del dosaggio?; Vengono scelte cure che non hanno effetti dannosi?)

4. Ricoveri brevi in SPDC (I tempi di ricovero sono possibilmente brevi?; Esistono strutture di ricovero, fuori dall’ospedale, a cui accedere una volta che è stato superato il momento critico gestito in reparto)?)

5. Mantenere le porte aperte dei reparti e confermare la scelta di assenza di contenzione (sì/no) 6. Strutturare interventi specifici per gli stati di esordio della malattia (sì/no) 7. Prevenire e intervenire sui fattori che possono influenzare lo svilupparsi di una condizione di crisi (sì/no) 8. Attivare azioni di prevenzione del suicidio (sì/no) 9. Monitorare e valutare in modo standardizzato gli esiti (sì/no) 10. Fornire ai pazienti trattamenti psicologici e psicoterapia (sì/no) 11. Fornire ai pazienti trattamenti di psicoterapia di gruppo (Esistono trattamenti di psicoterapia di gruppo?; Viene tenuta in considerazione

una selezione per età e tipo di disturbo?) 12. Fornire ai familiari supporto psicologico (sì/no) 13. Effettuare colloqui a cadenza regolare (per i pazienti) (sì/no) 14. Effettuare colloqui a cadenza regolare (per i familiari) (sì/no) 15. Effettuare colloqui a cadenza regolare (per pazienti e familiari insieme) (sì/no) 16. Ricevere visite di controllo con frequenza adeguata (in funzione delle condizioni del paziente) (sì/no) 17. Effettuare colloqui regolari con i medici durante il ricovero (familiari) (sì/no) 18. Effettuare colloqui regolari con i medici durante il ricovero (pazienti e familiari insieme) (sì/no) 19. Attivare interventi volti ad evitare la crisi (sì/no) 20. Attivare iniziative volte ad aiutare pazienti e familiari a riconoscere i primi segni di crisi (sì/no) 21. Effettuare interventi volti a migliorare la capacità dei familiari di gestire e comprendere i problemi del paziente (sì/no) 22. Ricevere trattamenti che permettono di far fronte alle difficoltà dovute alla malattia e di aumentare la capacità di convivere con

essa (pazienti) (sì/no) 23. Essere aiutati ad aumentare la capacità di utilizzare le proprie risorse per far fronte alle difficoltà (pazienti) (sì/no) 24. Partecipare ad attività che permettono ai pazienti di migliorare la capacità di relazionarsi con gli altri e di socializzare (sì/no) 25. Partecipare ad attività che permettono ai pazienti di migliorare la capacità di essere autonomi e indipendenti (sì/no) 26. Offrire attività riabilitative differenziate in coerenza con gli obiettivi terapeutici individualizzati valorizzando anche le

opportunità offerte dal territorio (sì/no) 27. Individuare prospettive di cura e di riabilitazione il più possibile positive pur all’interno di una visione clinica realistica (sì/no) 28. Disporre di strutture e trattamenti specificatamente rivolti ai pazienti più giovani (sì/no) 29. Avere la possibilità di essere inseriti in strutture riabilitative o residenze “leggere” volte a favorire l’autonomia (Esiste disponibilità

adeguata di strutture e residenze in rapporto al numero di utenti?) 30. Partecipare ad attività culturali (che permettano di sviluppare le conoscenze e di aumentare la propria cultura), ricreative,

sportive, manuali, artistiche da svolgere in gruppo (sì/no) 31. Favorire la creazione di gruppi di pazienti organizzati e gestiti autonomamente (sì/no) 32. Partecipare ad attività di psicoeducazione e di educazione alla salute rivolti ai pazienti e ai familiari (sì/no) 33. Partecipare a trattamenti di musicoterapica (o trattamenti alternativi) (sì/no) 34. Ricevere un sostegno a domicilio (qualcuno che si occupi del paziente quando il familiare è assente da casa durante gli orari di

lavoro) (sì/no)

Si evidenziano poi gli aspetti riguardanti la terapia farmacologia (e il requisito di efficacia e di accettabilità della cura), il tipo di trattamenti (psicologici e psicoterapeutici, riabilitativi e psicoeducativi), la regolarità dei controlli e dei colloqui, i ricoveri in SPDC, l’assenza di metodi di contenzione e le porte aperte del reparto come in uso in SPDC della UOP 27,

55

l’attenzione nelle condizioni di esordio della malattia, ai fattori legati all’insorgenza della crisi e alla possibilità di riconoscimento dei primi segni da parte di pazienti e familiari, l’attivazione di azioni di prevenzione del suicidio e il monitoraggio e valutazione degli esiti. (Tabella 3). L’area relativa alle “urgenze e crisi” evidenzia la necessità riguardante in generale l’adeguatezza della risposta e della gestione delle urgenze. L’area comprende aspetti riguardanti la possibilità per i pazienti di avere un rapido contatto con il medico e con il Servizio (anche nei giorni festivi) per ottenere risposte (o per un breve colloquio telefonico); viene pure considerata l’eventualità di ricevere visite domiciliari in caso di urgenza o di crisi. Per quanto riguarda i TSO, i pazienti e i familiari evidenziano la negatività della costrizione e della “drammaticità” del trattamento sanitario obbligatorio. Viene inoltre presa in considerazione (dal gruppo Enti) la necessità di assicurare condizioni di sicurezza di lavoro per gli operatori. Per quanto riguarda l’area “stile di lavoro”, gli stakeholders fanno riferimento alla valutazione periodica dei progetti terapeutici individualizzati (con coinvolgimento, come già accennato, di pazienti e familiari attivato fin dalle fasi di definizione degli obiettivi), alla qualità del rapporto terapeutico, alla facilitazione del lavoro di équipe e alla integrazione del lavoro delle diverse figure professionali. Inoltre, viene citata la rapidità, la chiarezza e la precisione della risposta terapeutica, la possibilità di scegliere lo psichiatra o lo psicologo da cui farsi curare (come già accennato con continuità terapeutica), il rispetto degli appuntamenti e la disponibilità di tempo da parte di psichiatra e psicologo, il coinvolgimento del medico del CPS durante i ricoveri (che non dovrebbero comportare lunghe liste di attesa), la collocazione in stanza nelle strutture di ricovero, l’attenzione al grado di soddisfazione dei pazienti e dei loro familiari (con rilevazioni periodiche attraverso strumenti standardizzati), la gestione delle cartelle cliniche, la facilitazione del contatto di pazienti e familiari con le Associazioni presenti nel territorio e, per finire, la gestione degli “appuntamenti mancati” e dei pazienti con cui il Servizio ha perso i contatti. Per ciò che riguarda l’area Conoscenza/informazioni, oltre a quelle riguardanti la malattia, il trattamento farmacologico e il programma terapeutico, gli stakeholders prendono in considerazione la necessità di ricevere informazioni generali (riguardanti le attività e l’assistenza del Servizio), di curare precisione e chiarezza di quelle fornite ai punti di accettazione (anche in funzione degli aspetti riguardanti la facilitazione dell’accesso) e, in generale, il fatto che il Servizio fornisca pertinenti informazioni a pazienti, familiari, cittadini ed Istituzioni. La diffusione di informazioni e l’accessibilità dei punti di accettazione vengono presi in considerazione come aspetti chiave in rapporto all’accesso al Servizio. A questo proposito, gli stakeholders citano anche il ruolo del medico di medicina generale che, oltre ad essere adeguatamente informato sulle attività del Servizio, deve anche avere la possibilità di comunicare con gli psichiatri in merito ai pazienti in carico alla UOP e deve avere la possibilità di ricevere formazione pertinente ai compiti e al suo ruolo professionale (si vedano in tabella 4 i requisiti relativi all’area “rapporto tra Servizio ed altre agenzie”). Per quanto riguarda gli ambienti, oltre a dover essere confortevoli, puliti, arredati con cura, gradevoli, “poco ospedalieri”, non anonimi e dotati di elementi di comfort, essi devono garantire privacy e riservatezza. Viene poi fatto riferimento alle strutture di ricovero, al numero di posti letto in stanza e alla possibilità di tener conto dell’età dei pazienti e della gravità delle loro condizioni (in tabella 5 si veda l’area spazi/ambienti/pasti).

56

Tabella 4 Rapporto tra Servizio e altre agenzie

1. Facilitare la comunicazione tra psichiatra e altri specialisti quando necessario (Quando è opportuno, lo psichiatra la colloqui con altri specialisti che il paziente deve consultare?; Esistono comunicazioni per iscritto?; Il paziente viene accompagnato alla visita con lo specialista?)

2. Facilitare la comunicazione tra MMG e psichiatra per tutti gli aspetti che riguardano il trattamento (Esiste la pratica di aggiornamenti per iscritto riguardanti le condizione del paziente quando è necessario?; Lo psichiatra comunica i cambiamenti introdotti nella terapia farmacologia o gli aspetti riguardanti il trattamento?)

3. Poter contare su un contatto e scambio efficiente tra Servizio Psichiatrico, Servizi Sociali e MMG (Esistono riunioni sui singoli casi che coinvolgono equipe curante, MMG e Servizi sociali quando necessario?; Esistono protocolli di collaborazione?; Esiste attenzione a eliminare le barriere alla comunicazione tra equipe curante, MMG e Servizi Sociali?)

4. Coinvolgere i MMG e fornire occasioni di formazione organizzate dagli psichiatri (sì/no) 5. Facilitare i contatti e il rapporto tra il personale del Servizio e quello degli Enti con cui il paziente si rapporta (Esistono rapporti di

collaborazione?; Esistono comunicazioni scritte?; Vengono periodicamente organizzate riunioni?) 6. Creare scambio e rapporti efficienti con tutti gli attori significativi del territorio (Esistono attività strutturate, incontri e protocolli di

collaborazione?) 7. Creare un interfaccia ottimale tra Enti e Servizio (Esistono protocolli scritti condivisi?; Esistono contatti? Esiste, quando opportuno, un

coinvolgimento degli operatori che lavorano presso gli Enti in contatto con il Servizio? ) 8. Partecipazione dei “portatori di interesse” (Il Servizio, per quello che è di pertinenza, coinvolge i “portatori di interesse”?)

Tabella 5

Spazi/ambienti/pasti

1. Ambienti accoglienti, gradevoli, arredati con cura, puliti, spaziosi, vivaci, dinamici, non anonimi (non “ospedalieri”) e che

esprimono calore (sì/no) 2. Disponibilità di spazi e strutture dotati di elementi di comfort (Ad esempio parco, bar, televisione, spazio ricreativo ecc.?) 3. Servizi igienici puliti e accessibili (sì/no) 4. Disponibilità di spazi utili per socializzare (Esistono spazi diversi da quelli strettamente di cura dove i pazienti possono incontrarsi e

svolgere attività autonomamente?; Al Centro ci sono spazi ampi e accoglienti per favorire la permanenza e la socializzazione dei pazienti?) 5. Disponibilità di sale riunione per i pazienti e per il personale (sì/no) 6. Disponibilità in reparto o in CRA di stanze con numero limitato di posti letto o stanze singole per garantire tranquillità e privacy

(Il numero dei posti letto nelle stanze è congruo ?; Esistono possibilità di stanza singola?) 7. Cura della qualità dei pasti e permettere a tutti l’accesso alla mensa (sì/no) 8. Separare l’accesso alle strutture (ambulatori, CRA e Centro Diurno) (Le strutture per le visite ambulatoriali sono separate da quelle di

ricovero o da quelle a cui accedono i pazienti per le attività riabilitative?) 9. Distinzione delle strutture di ricovero per età e per gravità della malattia (In reparto e in CRA viene rivolta attenzione all’età e alla

gravità della malattia per l’assegnazione della stanza?; Esiste una “differenza di reparto” per i pazienti più agitati?; Esiste una “differenza di reparto” per i pazienti più giovani?)

Tabella 6

Assistenza sociale/Inserimento lavorativo

1. Ricevere sussidi economici nel caso se ne abbia diritto (sì/no) 2. Fornire opportunità di formazione per il lavoro (sì/no) 3. Fornire prospettive di lavoro a chi è in grado di lavorare (sì/no) 4. Disporre di personale che si dedica alle attività relative all’inserimento lavorativo (sportello lavoro) 5. Disporre di aziende con informazioni riguardanti le possibilità di formazione iniziale di base e con la presenza di una persona di

riferimento in azienda (che segua il paziente durante l’inserimento lavorativo e durante il lavoro) e che sia in contatto con gli operatori del Servizio (sì/no)

6. Fidelizzare e sensibilizzare il mondo delle imprese (sì/no) 7. Stabilire rapporti e organizzare attività in collaborazione con i Centri di Formazione (sì/no) 8. Guidare e orientare l’inserimento lavorativo (Gli operatori del Servizio conoscono la legislazione riguardante l’inserimento lavorativo, i

criteri di invio allo sportello lavoro e le competenze)?; Le risorse, le potenzialità e la motivazione del paziente vengono valutate anche in modo standardizzato?; Esistono resoconti scritti?; Le valutazioni vengono messe a disposizione dello sportello lavoro? Esiste un contatto tra sportello lavoro e case manager?; Gli operatori dello sportello lavoro valutano ulteriormente la situazione per ciò che è di loro competenza?; Coinvolgono pazienti e familiari nella definizione dell’inserimento lavorativo? )

1. Supportare e accompagnare l’inserimento lavorativo (Esistono attività documentate che indicano supporto e accompagnamento?) 2. Monitorare e analizzare l’andamento dell’inserimento lavorativo (Esiste la programmazione documentata di incontri finalizzati a tale

scopo?)

57

Per finire, per quanto riguarda l’assistenza sociale e il lavoro, sono stati presi in considerazione gli aiuti economici legati alla condizione di invalidità e quelli relativi all’inserimento lavorativo. In particolare viene sottolineata la necessità di orientare, guidare, sostenere, accompagnare e monitorare l’inserimento nel mondo del lavoro attraverso procedure che prevedono una valutazione iniziale delle capacità e della motivazione del paziente con coinvolgimento dell’utente stesso ed eventualmente dei familiari. Viene descritto un iter che coinvolge inizialmente l’équipe e, successivamente, il personale appositamente dedicato a curare il contatto con il mondo del lavoro. Viene citata la necessità di ricevere una formazione adeguata e di disporre nel contesto lavorativo di una persona con funzione di referente e in contatto con il Servizio. Conclusioni Il progetto ha coinvolto un campione di pazienti (e i loro familiari) rappresentativo degli utenti “alti utilizzatori” della UOP 27, i rappresentanti delle Associazioni dei Familiari attive nel territorio di competenza del Dipartimento di Salute Mentale di Mantova e i rappresentanti di Enti e Associazioni in contatto con il Servizio. La partecipazione alle attività di consultazioni ha verosimilmente risentito del grado di impegno richiesto (4 sessioni di lavoro) e della impossibilità di conciliare le diverse disponibilità ed esigenze di orario delle persone convocate (ciò riguarda in particolare pazienti e familiari). Tenendo conto del tipo di impegno proposto, la partecipazione complessiva è stata in ogni caso significativa (60.82% dei soggetti complessivamente contattati). La tecnica di consultazione adottata ha permesso di raccogliere in maniera dettagliata ed affidabile un ampio numero di contenuti, espressione della prospettiva e del punto di vista degli stakeholders della UOP 27 rispetto alla qualità dei Servizi Psichiatrici. Complessivamente, i contenuti espressi sono raggruppabili in 15 aree. Particolare attenzione è stata rivolta agli aspetti riguardanti il rapporto con il personale, ai trattamenti (e agli interventi) e allo “stile di lavoro” dei Servizi.

58

Appendice

59

APPENDICE A Documento originale del lavoro prodotto da ciascun gruppo GRUPPO 1. PAZIENTI Rapporto con lo psichiatra/psicologo:

1. Stabilire un rapporto basato sull’empatia (Il medico/psicologo si rivolge al paziente con comprensione e rispetto?; Il medico/psicologo dimostra di comprendere il malessere e il disagio del paziente?; Il medico/psicologo pensa che l’empatia sia importante per la cura?)

2. Stabilire un rapporto basato sulla chiarezza e sulla trasparenza (Il medico/psicologo informa il paziente per tutti gli aspetti che riguardano la cura?; Il medico/psicologo condivide il progetto terapeutico anche attraverso materiale scritto?; Il medico informa per tempo il paziente e i familiari sulla necessità di ricovero?; Il medico/psicologo, se il paziente lo richiede, risponde sinceramente?; Il medico/psicologo è sempre sincero e dice le cose come stanno?)

3. Avere garanzia della tutela della privacy (La legge sulla privacy viene rispettata?; Vengono rispettate le normali regole di discrezione e il segreto professionale?)

4. Stabilire un rapporto basato sul rispetto reciproco (I tempi e gli orari di appuntamento vengono rispettati dal paziente e dal medico/psicologo?; Il medico/psicologo si rivolge al paziente come si rivolgerebbe agli altri suoi colleghi?; I pazienti rispettano il lavoro del medico/psicologo?; Il medico/psicologo ascolta i pazienti e i familiari se richiedono appuntamenti non previsti in base alla frequenza abituale? Il medico/psicologo insieme ai pazienti e ai familiari stabilisce un rapporto di collaborazione?; Il medico/psicologo è attento alla sensibilità dei pazienti?; Il medico/psicologo stabilisce un rapporto che permette di avvertire la sua fiducia nelle possibilità del paziente di guarire?; Il medico/psicologo è nelle condizioni di poter concedere disponibilità di tempo compatibili con le reali esigenze di pazienti e familiari?)

5. Sapere di affidarsi a medici/psicologi capaci e preparati (Ci sono elementi che possono ispirare e rinforzare un senso di fiducia? I medici/psicologi hanno la possibilità di frequentare corsi di aggiornamento?; Il Servizio organizza formazioni specifiche a cui tutti possono accedere?; Il Servizio facilita l’aggiornamento continuo di medici e psicologi e mette a disposizione finanziamenti a tale scopo?) Trattamenti farmacologici

1. Ricevere una cura farmacologica personalizzata (Il medico valuta attentamente e segue protocolli e linee guida per la somministrazione dei farmaci?; Il medico controlla periodicamente l’effetto dei farmaci e lo discute con il paziente?; Il medico modifica la terapia se il paziente migliora o in base agli eventi della vita?; Il medico pensa che i farmaci non vanno presi per tutta la vita?; Il medico si accerta della presenza di effetti collaterali?)

Urgenze

1. Poter avere colloqui telefonici nei momenti di crisi

(Esiste un Servizio di assistenza telefonica rapidamente accessibile per i momenti di crisi?) 2. Ricevere visite domiciliari (se si sta male)

(Esiste la possibilità di essere visitati a domicilio dai propri operatori di riferimento nei momenti di crisi e su richiesta?) Conoscenza, informazione

1. Conoscere la diagnosi e le caratteristiche della malattia (Il medico fornisce informazioni riguardanti la malattia e la sua evoluzione?; Il medico informa pazienti e familiari sulle cause della malattia?)

2. Ricevere informazione sulle attività e sui modi di cura del Centro (Esistono informazioni scritte riguardanti le attività del Centro e i loro scopi?; Esiste materiale scritto che informa anche individualmente circa il percorso di cura? Gli obiettivi di cura vengono definiti insieme ai pazienti e ai loro familiari e vengono condivisi e valutati durante il percorso?; Gli operatori informano i pazienti e i familiari su come funzionano le cure e su quali effetti si aspettano?; I pazienti e i familiari sono informati circa la durata del percorso di cura? )

60

3. Ricevere informazioni sull’effetto dei farmaci (Il medico informa sull’effetto dei farmaci e sugli effetti secondari?)

4. Fornire informazione ai familiari (I familiari ricevono informazioni a loro particolarmente utili, come ad esempio gestire i pazienti e riconoscere i segni di crisi, attraverso colloqui periodici?)

5. Informare i pazienti sull’uso che verrà fatto dei dati clinici e dei dati personali (sì/no)

6. Far conoscere la malattia mentale sul territorio (Esistono iniziative organizzate a tale scopo dal Servizio?; Esistono iniziative del Servizio volte a prevenire la malattia mentale?; I cittadini e la città è coinvolta dal Servizio in iniziative anche culturali o artistiche?) Tipo/caratteristiche delle cure

1. Poter ricevere cure multidisciplinari e concordate insieme dalle diverse figure professionali (Esistono trattamenti e cure che prevedono il coinvolgimento di differenti figure professionali con differenti compiti e competenze?; Esistono possibilità di comunicazione e di confronto strutturate tra le diverse figure professionali sui singoli casi?; Il paziente viene coinvolto in queste occasioni?; Esistono valutazioni dell’andamento della cura organizzate a cadenza regolare?)

2. Ricevere cure che migliorano la capacità di relazionarsi con gli altri (Esistono attività e iniziative strutturate organizzate a tale scopo?)

3. Ricevere assistenza psicologica e psicoterapia (sì/no)

4. Poter usufruire di trattamenti terapeutici “alternativi” (sì/no)

5. Coinvolgere i familiari nelle cure (sì/no)

6. Partecipare ad attività che permettano di sviluppare le conoscenze ed aumentare la propria cultura (sì/no)

7. Partecipare a trattamenti terapeutici di gruppo (sì/no)

8. Creare attività di educazione alla salute (sì/no)

9. Creare attività di socializzazione (sì/no)

10. Non lasciare isolate le persone che stanno male (Gli operatori facilitano la socializzazione dei pazienti più gravi?; I pazienti più gravi partecipano sempre alle attività del Centro Diurno?; I pazienti gravi che non vogliono venire al Centro ricevono visite a casa da parte degli operatori; I pazienti vengono aiutati a non isolare quelli che sono più in difficoltà?)

11. Non avere l’obbligo delle cure (Viene data la possibilità di decidere con il medico se è necessario il ricovero?; Viene fornita la possibilità di trovare alternative all’obbligo?; Il paziente viene ascoltato e coinvolto quando non è d’accordo?; Il medico cerca di eliminare il senso di obbligo?)

12. Aiutare i familiari a non escludere il paziente (I familiari vengono coinvolti nel percorso di cura?; I familiari vengono aiutati a far fronte alle difficoltà?; Esistono possibilità di aiuto economico per i familiari?)

13. Ricoveri brevi in SPDC (I tempi di ricovero sono adeguati alle condizioni cliniche?; I tempi di ricovero sono possibilmente brevi?; Esistono possibilità di strutture di ricovero fuori dall’ospedale superato il momento critico che viene gestito in reparto?; E’ possibile essere accolti in reparto in stanze che accolgono pazienti con condizioni di gravità simili?)

14. Non ricorrere a TSO (Vengono attuate iniziative per evitare il momento di crisi ed evitare il TSO?; Esiste la possibilità di ricorrere ad alternative meno forti del TSO?; Ci sono iniziative nel Servizio di abolizione del TSO?)

15. Essere seguiti con colloqui a cadenza regolare (sì/no)

16. Poter essere seguiti sempre dallo stesso psichiatra (sì/no)

17. Avere un operatore di riferimento e la possibilità di contattarlo quando si ha necessità (sì/no)

18. Poter fare “il punto della situazione” sullo stato di salute insieme ai curanti (Esistono incontri organizzati a cadenza regolare a tale scopo?; Lo staff curante dà la possibilità al paziente di esprimere la propria opinione circa l’andamento delle cure?; Lo staff curante definisce insieme al paziente gli obiettivi da raggiungere?)

19. Poter scegliere lo psichiatra da cui farsi curare (sì/no)

61

Qualità del Centro

1. Trovare accoglienza e cordialità da parte del personale (Gli operatori del Centro trattano i pazienti e parlano con loro come fanno con i loro colleghi?)

2. Trovare ambienti accoglienti (Gli ambienti sono ben arredati, spaziosi e puliti?; I pazienti hanno spazi dove possono stare e socializzare tra loro?; Gli ambienti sono vivaci e dinamici?)

3. Aprire il Centro a tutti (non solo ai pazienti e non solo per ragioni di cura della salute mentale) (sì/no)

4. Sapere che il personale del Centro rispetta la privacy (Viene rispettata la legge sulla privacy?; Il personale rispetta il segreto professionale?; Se il paziente ne fa richiesta, il medico rispetta la volontà di non fornire informazioni personali ai familiari?)

5. Fare in modo che il medico disponga di cartelle cliniche informatizzate (Il medico ha la possibilità di compilare il diario clinico attraverso l’uso del PC?; Il medico attraverso il PC ha la possibilità aggiornarsi rapidamente sulle condizioni del paziente, sui provvedimenti messi in atto da altri operatori coinvolti nelle cure e sui cambiamenti della terapia farmacologica?; Alle stesse informazioni, e sempre attraverso l’uso del PC, posso accedere anche altri specialisti a cui il paziente viene inviato o i medici del Pronto Soccorso?)

6. Dare informazioni sulle eventuali assenze del medico e dello psicologo con il quale si ha appuntamento (sì/no)

7. Sapere dove e da chi si può ricevere informazioni sugli appuntamenti o per altre richieste (sì/no)

8. Ricevere informazioni corrette al punto di accettazione del Centro (Il personale è informato è aggiornato su ciò che riguarda il Servizio?)

9. Curare l’accoglienza delle stanze del reparto e del CRA e dei pasti (Le stanze sono pulite e ben arredate?; Il numero dei posti letti e delle stanze è congruo con il bisogno di tranquillità e di privacy?; Esiste la possibilità di stare in stanze singole?; La collocazione per stanza viene definita in base alla gravità dei pazienti?; I pasti sono sani, ben preparati e di buona qualità?)

10. Disporre di sale riunione per il personale e per i pazienti (sì/no)

11. Disporre di un Centro che può contare su fondi e finanziamenti per iniziative per la salute mentale (sì/no)

12. Disporre di un Centro con numero adeguato di operatori (medici e psicologi) (sì/no) Qualità dell’assistenza sociale

1. Ricevere aiuto nel trovare lavoro (Il paziente viene aiutato ad inserirsi nel mondo del lavoro?; Gli operatori accolgono le richieste di necessità di lavoro e le discutono con il paziente?)

2. Ricevere aiuto ed efficienza dell’assistenza sociale (Le richieste dei pazienti e dei familiari, se adeguate, vengono prontamente accolte?)

3. Ricevere sussidi economici nel caso se ne abbia diritto (Il Servizio aiuta il paziente nelle procedure di richiesta?; Il Servizio informa i paziente circa i loro diritti di poter usufruire di un aiuto economico?)

62

GRUPPO 2. PAZIENTI

Ambienti

1. Disporre di ambienti accoglienti

(I locali sono puliti e gradevoli?; Le sale di attesa e gli spazi frequentati dai pazienti garantiscono il diritto di riservatezza?; Gli ambienti sono vivaci, esprimono calore (no ospedalieri)?; Nei locali del Centro ci si sposta agevolmente e si sta a proprio agio?)

Rapporto con il medico/psicologo e con il personale in genere

1. Stabilire un rapporto di fiducia con medico/psicologo

(Il medico/psicologo mostra rispetto e attenzione nei confronti di pazienti e familiari?; Il medico/psicologo si dimostra attento alle necessità del paziente?; Il medico/psicologo è cordiale con i pazienti e con i familiari come con i suoi colleghi?; Il medico/psicologo dimostra pazienza, empatia,dedizione, responsabilità e impegno per far guarire il paziente?; Il medico/psicologo stimola motivazione di vita e speranza?; Viene rispettata la puntualità negli appuntamenti?)

2. Poter contare su accoglienza da parte del personale in genere (Il personale in genere si rivolge ai pazienti come fa con gli altri colleghi?; Il personale è gentile, educato, cortese e dimostra senso di umanità, empatia e considerazione nei confronti del paziente?; Il personale si dimostra comprensivo, attento e paziente?)

Informazione

1. Fornire informazioni sulla malattia a pazienti e familiari

(Vengono fornite informazioni sulla diagnosi, cause ed evoluzione della malattia?; Vengono fornite informazioni per iscritto?) 2. Informazione sulla composizione dei farmaci

(sì/no)

Formazione del personale

rapporto farmaci

urgenze conoscenza/inform. tipo/caratt. cure

qualità Centroassistenza soc.

63

1. Fornire al personale iniziative di formazione ed aggiornamento (sì/no)

2. Dare attenzione ai risultati della ricerca per poter prescrivere una terapia farmacologia efficace (anche aggiornamento del medico riguardante le nuove cure)

(sì/no) 3. Psichiatri con formazione adeguata per affrontare i problemi organici di loro competenza

(Il Servizio fornisce opportunità di aggiornamento?) 4. Eliminare preconcetti e “pietismo” da parte del personale nei confronti della malattia mentale

(Il Servizio fornisce opportunità di formazione e promuove una cultura non stigmatizzante della malattia mentale tra i propri operatori?)

Rapporto tra psichiatra e altre agenzie di cura

1. Facilitare la comunicazione tra psichiatra e altri specialisti quando necessario

(Quando è opportuno, esistono riunioni o incontri specifici nel caso il paziente debba rivolgersi ad altri specialisti?; Esistono comunicazioni scritte tra psichiatra e altri specialisti?; Il paziente viene accompagnato, se ne ha necessità, al colloquio con lo specialista?)

2. Facilitare la comunicazione tra medico di base e psichiatra (Esiste la pratica di aggiornamenti per iscritto sulle condizioni del paziente quando è necessario?; Lo psichiatra informa per iscritto il MMG quando un paziente inizia per la prima volta un percorso di cura?)

Familiari

1. Coinvolgere i familiari nelle cure

(I familiari hanno la possibilità di accedere a colloqui con cadenza regolare per esprimere le loro preoccupazioni e per essere aiutati a vivere bene con il paziente?; I familiari vengono aiutati a comprendere i problemi del paziente?; I familiari conoscono gli obiettivi e i tempi del progetto terapeutico?; I familiari sono preparati a gestire il paziente a casa?; I familiari sentono e capiscono che possono prendersi cura del paziente?)

Trattamento farmacologico

1. Controllare e verificare gli effetti della terapia farmacologia

(Gli esiti della terapia vengono verificati e viene ridotto il dosaggio quando possibile?; I medici prescrivono cure di provata efficacia e che non procurano effetti collaterali dannosi?; La terapia farmacologia viene modificata in funzione degli eventi di vita?; Il medico fa attenzione agli effetti che i farmaci hanno sull’appetito e fornisce al paziente eventuali indicazioni per migliorare l’alimentazione?; Gli effetti dei farmaci vengono periodicamente controllati attraverso esami clinici?)

Assistenza sociale

1. Ricevere opportunità di lavoro

(Il Servizio facilita i pazienti ad inserirsi nel mondo del lavoro?)

Tipo/caratteristiche delle cure

1. Aiutare il paziente a togliere i preconcetti sulla malattia

(Il Servizio aiuta il paziente a non sentirsi “diversi”?; Il Servizio aiuta i cittadini a curarsi e a chiedere aiuto se c’è bisogno senza temere giudizi?; Il Servizio aiuta i pazienti a conoscere la malattia e a non temerla?; Il Servizio aiuta il paziente a sentirsi a proprio agio nella società?; Gli operatori danno insegnamenti e consigli per combattere la malattia?; Il Servizio aiuta i pazienti ad aumentare la capacità di convivere con la malattia?)

2. Aiutare ad aumentare le capacità di socializzare (Il Servizio organizza attività che permettono di stare bene con gli altri?)

3. Ricevere prontamente risposte terapeutiche chiare e precise

64

(Il medico e gli operatori sono in grado organizzare in tempi brevi trattamenti e progetti terapeutici efficaci?; Il paziente viene informato sugli effetti e sugli eventuali esiti?; Il paziente viene coinvolto nelle scelte terapeutiche?; Il paziente è a conoscenza del suo percorso di cura?; Il paziente e gli operatori lavorano insieme per la guarigione?)

4. Aiutare il paziente ad aumentare la capacità di utilizzare le proprie risorse per far fronte alle difficoltà (sì/no)

5. Garantire continuità della cura (lo stesso medico e finchè è necessario essere curati) (sì/no)

6. Poter essere coinvolti in attività sportive-ricreative (sì/no)

7. Poter partecipare a trattamenti di musicoterapia (sì/no)

8. Curare i passaggi al nuovo terapeuta (presentare il nuovo medico) (sì/no)

9. Essere accolti in comunità per imparare ad essere autonomi e a vivere da soli (sì/no)

Urgenza/crisi

1. Affrontare il rifiuto di curarsi del paziente nei momenti di crisi

(sì/no) 2. Poter effettuare colloqui telefonici con gli operatori nei momenti di crisi

(sì/no) 3. Poter contattare telefonicamente un medico in situazione di urgenza

(sì/no) 4. Ricevere visite domiciliari in caso di necessità

(sì/no)

ambienti rapp.med. e pers.informaz. formaz. pers. rapp. psichiatra e altrifanìmiliari farmaci ass. soc. cure urgenze

65

GRUPPO 3. PAZIENTI

Attività riabilitative

1. Organizzare attività strutturate finalizzate a migliorare la vita e la capacità di essere autonomi e indipendenti

(sì/no) 2. Favorire al Centro Diurno lo sviluppo di attività ricreative, culturali, manuali e artistiche da svolgere in gruppo (anche grandi

gruppi) (sì/no)

3. Favorire la creazione di gruppi di pazienti organizzati e gestiti autonomamente (sì/no)

4. Disporre di strutture sportive (sì/no)

5. Offrire possibilità riabilitative messe in atto in funzione delle possibilità del paziente (differenziare le attività per capacità e caratteristiche)

(Esiste un documento scritto di valutazione reso noto al paziente e con lui condiviso?; Esistono attività organizzate e definite in modo individualizzato?)

Lavoro

1. Fornire prospettive di lavoro a chi è in grado di lavorare

(sì/no) 2. Fornire possibilità di formazione al lavoro

(Partecipare a corsi e a iniziative di formazione: sì/no) 3. Guidare, orientare e monitorare l’inserimento lavorativo

(Esistono attività strutturate organizzate a questo scopo e operatori che si occupano specificatamente dell’inserimento lavorativo?; Le capacità e le competenze dei pazienti vengono valutate in modo approfondito per facilitare al meglio l’inserimento lavorativo?; Esistono documenti che riportano le valutazioni effettuate? )

4. Disporre di aziende con informazioni riguardanti le possibilità di formazione iniziale di base e con la presenza di una persona di riferimento in azienda che segua il paziente durante l’inserimento lavorativo e durante il lavoro

(Esistono situazioni di inserimento lavorativo simili?; Esiste la possibilità di contatti regolari tra azienda e operatori di riferimento del Servizio volti a valutare l’andamento dell’inserimento lavorativo?)

Accoglienza/rapporto con il personale

1. Curare l’accoglienza telefonica al front office in termini di precisione di informazioni e di cortesia

(Esistono procedure scritte fornite al personale per curare l’accoglienza e per garantire informazioni chiare e affidabili?; Le persone sono accoglienti e cordiali?; Si avverte calore e comprensione?)

2. Durante il ricovero fornire supporto e attenzione ai familiari (Esiste la possibilità di incontri regolari con i familiari per aiutarli a comprendere quello che succede durante il ricovero e per gestire al meglio il rientro a casa?; Esiste la possibilità di colloqui con paziente e familiari?)

3. Accoglienza e comprensione da parte di medici, psicologi e operatori (I medici e gli psicologi ascoltano il paziente anche quando sbaglia o quando non sono d’accordo con le idee e con le opinioni del paziente?; Sono autenticamente empatici e vicini al paziente?; Il personale in genere è in grado di comprendere e di essere attento al malessere dei pazienti e ascolta le loro difficoltà?)

4. Poter fidarsi degli operatori e avere fiducia in loro (Viene favorita la costruzione di un rapporto di fiducia e di stima reciproca?; I medici, gli psicologi e gli operatori agiscono con senso di responsabilità?; I pazienti vengono trattati come persone e senza preconcetti perché sono malati?; I medici, gli psicologi e gli operatori parlano apertamente al paziente?)

5. Rispetto degli orari e degli appuntamenti (sì/no)

Ambienti

1. Curare e rendere accoglienti gli ambienti

66

(Gli ambienti sono puliti, arredati con cura, spaziosi e non “ospedalieri”?; I bagni sono puliti e accessibili?; Ci sono piante, fiori o elementi di arredamento che rendono meno anonimi e più caldi gli spazi?)

2. Creare spazi per i pazienti (Esistono spazi diversi dai luoghi strettamente di cura dove i pazienti possono svolgere attività autonomamente e gestirsi da soli?; Al centro ci sono spazi abbastanza ampi e accoglienti per favorire la permanenza e la socializzazione dei pazienti?) Mensa

1. Cura della qualità dei pasti e permettere a tutti l’accesso alla mensa (sì/no) Accesso

1. Facilitare l’accesso al CPS e al Centro Diurno per i pazienti che hanno problemi di spostamento o che non abitano vicino al Servizio

(sì/no) 2. Rendere facilmente accessibile il Servizio per chi ha bisogno di aiuto

(Le persone che hanno problemi o che si ammalano sanno a chi rivolgersi?; Il MMG conosce le attività del Servizio?; Il Servizio fornisce informazione ai cittadini sulle attività e sui trattamenti che vengono erogati?)

Rapporto con il MMG e altre agenzie

1. Migliorare la comunicazione tra MMG e psichiatra

(Esistono comunicazioni scritte tra MMG e psichiatra?; Se necessario, lo psichiatra si mette in contatto con il MMG su richiesta del paziente o dei loro familiari?; Lo psichiatra comunica ai MMG i cambiamenti della terapia farmacologia o di tutti gli aspetti riguardanti il trattamento?)

2. Fornire al MMG occasioni di formazione organizzate dagli psichiatri (Esistono attività strutturate organizzate a tale scopo?; I MMG conoscono l’uso dei farmaci e quello che si fa in psichiatria?)

3. Facilitare i contatti e il rapporto tra il personale del Servizio e quello degli Enti con cui il paziente si rapporta (compreso il mondo del lavoro)

(Vengono periodicamente organizzate delle riunioni?; Ci sono comunicazioni scritte?; Esistono rapporti di collaborazione?)

Personale

1. Disporre di un numero congruo di psichiatri e psicologi proporzionato all’utenza

(sì/no) 2. Creare opportunità di formazione

(I medici, gli psicologi e gli operatori frequentano corsi o formazioni di aggiornamento?; Dispongono di momenti di studio e di stimolo per il loro lavoro?)

Cure

1. Creare possibilità di avere colloqui con frequenza ravvicinata adeguatamente alle necessità

(sì/no) 2. Ricevere trattamenti psicoterapeutici

(sì/no) 3. Avere la possibilità di effettuare colloqui periodici a cadenza regolare

(sì/no) 4. Fornire informazioni sugli effetti (anche quelli collaterali) dei farmaci

(Il medico informa di routine il paziente?; Fornisce documenti scritti per migliorare la comprensione degli effetti collaterali?; Ascolta e prende in considerazione la volontà del paziente di ridurre i dosaggi?)

5. Poter essere aiutati a diventare autonomi attraverso l’accoglienza in comunità e in appartamenti con altri pazienti (sì/no) Risorse

1. Rendere disponibili risorse economiche utili per incrementare le attività cliniche e non del Centro

67

(sì/no) 2. Rendere disponibili risorse per attività di prevenzione della malattia mentale

(Vengono attivate iniziative di prevenzione?; I finanziamenti disponibili per queste iniziative sono sufficienti?)

Privacy

1. Rispetto della riservatezza (non solo dei dati personali secondo le modalità previste dalla legge ma anche nel corso di attività

sociali svolte esternamente al Centro) (sì/no)

2. Rispettare la privacy (I medici e gli psicologi tengono per sé informazioni “delicate” che il paziente può riferire durante i colloqui? ; Rispettano le informazioni riservate? ; Rispettano la legge sulla privacy?; Il rapporto è sempre chiaro e trasparente?)

GRUPPO 1. FAMILIARI

Ambienti

1. Accedere a strutture accoglienti e dotate di comfort (L’arredamento è ben curato?; I locali sono puliti?; Le stanze e gli spazi consentono riservatezza e momenti di tranquillità?; I letti in reparto e le suppellettili sono curate e nuove?; Gli spazi sono dotati di elementi di comfort (televisione, spazio ricreativo, parco, bar, ecc.)?)

2. Separare l’accesso alle strutture (ambulatori, CRA e Centro Diurno) (Le strutture per le visite ambulatoriali sono separate dalle strutture di ricovero o da quelle a cui accedono i pazienti per le attività riabilitative?; Le sale d’attesa sono accoglienti e garantiscono privacy e riservatezza?; Gli ambulatori sono accoglienti e garantiscono privacy e riservatezza?; I tempi di attesa per le visite sono abbastanza brevi per facilitare un rapido rientro a casa?; I pazienti stanno negli spazi di cura senza girovagare o sostare in qualsiasi luogo della struttura?)

3. Distinguere le strutture di ricovero per età e per gravità della malattia (In reparto e in CRA viene rivolta attenzione all’età e alla gravità della malattia per l’assegnazione della stanza?; Esiste una “differenza di reparto” per i pazienti più agitati?; Esiste una “differenza di reparto” per i pazienti più giovani?) Rapporto con medico/psicologo e personale in genere

riabilitazione lavoro accoglienza

ambientimensa

accessoMMG e altri

personale curerisorse

privacy

68

1. Rispetto da parte di psichiatra e psicologo degli appuntamenti (orario e scopo degli incontri)

(sì/no) 2. Costruire un rapporto di scambio e fiducia tra personale, pazienti e familiari

(I medici, gli psicologi e gli operatori sono disponibili e attenti?; I medici, gli psicologi e gli operatori valorizzano e stimolano la collaborazione con il paziente e con i loro familiari?; I medici, gli psicologi e gli operatori sono attenti alle richieste e alle preoccupazioni dei familiari e dei pazienti?; I medici, gli psicologi e gli operatori sono facilmente reperibili in caso di necessità?; I medici, gli psicologi e gli operatori dimostrano dedizione ed impegno e sono premurosi? I medici, gli psicologi e gli operatori dimostrano qualità come umanità e rispetto?; I medici, gli psicologi e gli operatori sono attenti alla costruzione di un buon rapporto terapeutico e a non compromettere il senso di fiducia da parte di pazienti e familiari?)

3. Poter contare su un’efficiente collaborazione tra personale e familiari (I familiari vengono coinvolti, se necessario, come parte attiva?; I familiari partecipano a colloqui o riunioni con lo staff curante?; I familiari sono facilitati a fornire informazioni e sono ascoltati per le loro preoccupazioni o problemi?; Ai familiari vengono forniti insegnamenti e consigli?)

4. Poter contare su precisione e puntualità di risposta terapeutica (I medici, durante il ricovero, informano in tempi brevi e ragionevoli i familiari circa le condizioni del paziente?; I medici mettono in atto prontamente e rapidamente dei provvedimenti terapeutici?; Durante il ricovero, i medici organizzano incontri regolari con i familiari?; Il medico del CPS viene sempre coinvolto nelle decisioni terapeutiche messe in atto durante il periodo di ricovero?; Il paziente e i familiari hanno colloqui con il medico del CPS durante il ricovero?) Informazione

1. Ricevere informazioni e formazione riguardanti la malattia e l’effetto dei farmaci (sì/no)

2. Ricevere indicazioni e suggerimenti, attraverso attività strutturate, sul modo di gestire i pazienti (sì/no) Trattamenti/interventi

1. Possibilità per i pazienti di accedere ad attività ricreative e socializzanti (sì/no)

2. Continuità della cura per il tempo che è necessario (sì/no)

3. Possibilità per i pazienti di partecipare a trattamenti psicoterapeutici di gruppo (con selezione per età e per patologia) (sì/no)

4. Possibilità per i pazienti di ricevere assistenza psicologica e trattamenti psicoterapeutici (sì/no)

5. Possibilità per il paziente di avere colloqui più frequenti con lo psichiatra o con lo psicologo compatibilmente alle necessità (sì/no)

6. Poter accedere a strutture e trattamenti specificatamente rivolti all’adolescenza e di competenza del Servizio Psichiatrico (sì/no)

7. Poter ricevere colloqui con cadenza regolare (esclusivamente per il familiare) (sì/no)

8. Poter contare su ricoveri in ospedale senza lunghe liste d’attesa (sì/no)

9. Poter ricevere un sostegno a domicilio (qualcuno che si occupi del paziente quando il familiare è assente da casa durante gli orari di lavoro)

(sì/no) 10. Evitare “drammatizzazione” del TSO

(sì/no) 11. Aiutare a trovare un’occupazione lavorativa

(sì/no) Contatti con il Servizio e tra Servizio e altre agenzie di cura

1. Possibilità di contattare telefonicamente un medico di guardia (psichiatra) nei giorni festivi (sì/no)

2. Possibilità di ottenere una risposta telefonica in caso di urgenze (sì/no)

3. Poter contare su un contatto e scambio efficiente tra Servizio Psichiatrico, Servizi Sociali e Medico di Famiglia

69

(Esistono riunioni sui singoli casi che coinvolgono équipe curante, MMG e Servizi Sociali quando necessario?; Esistono protocolli scritti di collaborazione?; Esiste attenzione a eliminare le barriere di comunicazione tra équipe curante, MMG e Servizi Sociali?)

4. Possibilità di scegliere il medico da cui il paziente può farsi curare (sì/no)

5. Possibilità di “accompagnare” il passaggio a nuovo medico di riferimento (sì/no)

6. Garanzia del rispetto della privacy (Viene rispettata la legge sulla privacy?; Gli operatori rispettano il segreto professionale?; Le attività organizzate fuori dal Centro permettono di tutelare la privacy?; Le strutture sono da un punto di vista logistico organizzate in modo da tutelare la riservatezza?) Risorse e formazione del personale

1. Poter contare su un Servizio con personale in numero adeguato (sì/no)

2. Possibilità di gestione del personale a tutela e a garanzia della qualità e della continuità della cura (sì/no)

3. Garantire per i medici e per gli psicologi possibilità di formazione ed aggiornamento (sì/no)

GRUPPO 2. FAMILIARI (RAPPRESENTANTI DELLE ASSOCIAZIONI DEI FAMILIARI)

Cura

1. Elaborare progetti terapeutici individualizzati con definizione dei tempi di cura e delle modalità di intervento (Esistono documenti scritti dettagliati e aggiornati almeno ogni 6 mesi?)

2. Condividere e verificare periodicamente i progetti terapeutici individualizzati con il paziente e con i familiari (o persone di riferimento) sforzandosi di mantenere il paziente entro il percorso terapeutico-riabilitativo

(Esistono occasioni di condivisione documentate per iscritto programmate ogni 3 mesi o in tempi più brevi in caso si renda necessario?)

3. Facilitare l’accesso al Servizio alle prime richieste di aiuto

ambienti rapporto con pers.

informazionetrattamenti/interv.

contatto con Servizio risorse

70

(Esistono forme di contatto tra MMG e Servizio?; Gli operatori forniscono informazioni cliniche e non a pazienti e familiari?; Il Servizio favorisce il contatto di pazienti e familiari con le associazioni che operano sul territorio e che sono a contatto con il Servizio?; Le informazioni fornite al front office sono complete?; Esiste una disponibilità di accesso alle informazioni (front office) attiva dal lunedì al sabato dalle 8 alle 20?)

4. Effettuare visite domiciliari in caso di necessità (emergenze) (Rapporto visite domiciliari/urgenze)

5. Effettuare visite domiciliari nel caso il paziente non si presenti agli appuntamenti senza giustificare l’assenza (Numero di visite domiciliari/casi di assenza agli appuntamenti in un anno; I familiari vengono contattati e informati dagli operatori in caso di assenza agli appuntamenti?)

6. Disporre nel contesto urbano di un numero adeguato di residenze “leggere” volte a favorire l’autonomia del paziente (Esistono strutture con queste caratteristiche?)

7. Prevenire i momenti di crisi coinvolgendo più figure professionali per prevenire i TSO (Esistono iniziative volte ad aiutare pazienti e familiari a riconoscere i primi segni di crisi?; Esiste un controllo per l’assunzione della terapia farmacologia?; I familiari sono facilitati a segnalare eventuali momenti di crisi?; La frequenza dei colloqui e dei controlli è adeguata?)

8. Al Centro Diurno proporre attività differenziate in coerenza con gli obiettivi terapeutici individualizzati valorizzando anche le opportunità offerte dal territorio

(Esistono attività strutturate organizzate presso il Centro Diurno con questi obiettivi e a questo scopo?) 9. Mantenere le porte aperte dei reparti e confermare la scelta di assenza di contenzione

(sì/no) 10. Individuare prospettive di cura e di riabilitazione il più possibile positive pur all’interno di una visione clinica realistica

(sì/no) 11. Sviluppare possibilità di aiuto psicologico rivolto ai familiari

(sì/no) 12. Attivare interventi di psicoeducazione rivolti ai pazienti

(sì/no)

Ambienti

1. Curare la manutenzione e il ricambio di suppellettili in reparto

(sì/no)

Personale

1. Disporre di personale numericamente adeguato al fine di garantire cure psicologiche/psicoterapeutiche e non soltanto

farmacologiche (sì/no)

2. Fornire a tutto il personale possibilità di formazione permanente (si/no)

3. Curare il passaggio di consegne e di presa in carico nel caso di trasferimento o avvicendamento di un operatore (Esiste un passaggio di consegne documentato per iscritto?; Esiste un passaggio di consegne che prevede un primo contatto del paziente con il nuovo medico in presenza di quello che lascerà il Servizio?; Il passaggio di consegne comporta tempi di attesa di effettiva presa in carico?; I familiari vengono coinvolti?)

4. Assicurare all’interno del Dipartimento la completezza di funzioni previste per ciascuna unità operativa (sì/no)

5. Assicurare la continuità terapeutica facilitando la permanenza del personale (si/no)

Rapporto con gli operatori

1. Creare un rapporto amichevole e di fiducia con il paziente

(Gli operatori si rivolgono ai pazienti e ai loro familiari con cortesia e comprensione per le loro eventuali necessità?) 2. Considerazione del grado di soddisfazione dei pazienti e dei loro familiari

(Esiste la valutazione di routine del grado di soddisfazione attraverso strumenti standardizzati?)

71

Rapporto con il Servizio

1. Valorizzare la relazione tra il Servizio e le Associazioni dei Familiari

(Esistono attività e incontri regolari volti a facilitare il contatto e a lavorare insieme?) 2. Coordinare con i Servizi Sociali del Comune un’attività di monitoraggio relativa ai pazienti con cui è stato perso il contatto

(“pazienti persi di vista”) (Esistono contatti e attività finalizzate a questo scopo?)

3. Coinvolgere e formare i Medici di Medicina Generale (Esistono attività strutturate finalizzate a questo scopo?)

4. Creare scambio e rapporti efficienti con tutti gli attori del territorio (Esistono attività strutturate, incontri a cadenza regolare e protocolli di collaborazione finalizzati a questo scopo?)

GRUPPO ENTI Rapporto con il Servizio

1. Creare un interfaccia ottimale tra Enti e Servizio (Esistono protocolli scritti condivisi?; Esistono contatti regolari?; Esiste, quando possibile e opportuno, un coinvolgimento attivo degli operatori che lavorano presso gli Enti in contatto con il Servizio?)

2. Fornire informazioni a utenti, famiglie, cittadini e istituzioni riguardanti il Servizio (I pazienti e i loro familiari ricevono tutte le informazioni utili ad affrontare il percorso di cura?; Il Servizio attua iniziative di informazione rivolte ai cittadini?; Il Servizio informa e aggiorna anche con materiale scritto le Istituzioni?)

3. Facilitare l’accesso al Servizio (I MMG o le altre istituzioni sono adeguatamente informati circa le attività del Servizio e relativamente alle modalità di accesso?; Esiste un punto di informazione chiaramente definito, facilmente e rapidamente accessibile da familiari o utenti?; Esiste un punto di informazione accessibile durante tutti i giorni della settimana e con ampia disponibilità oraria?; Esiste un’adeguata risposta e gestione delle urgenze?; Esistono modalità di gestione e di definizione dei tempi di attesa?;)

4. Accompagnare l’eventuale cambiamento (ad esempio per trasferimento) del medico di riferimento (I pazienti e i loro familiari vengono informati in tempo dell’eventuale trasferimento del medico?; Vengono attivamente coinvolti nel passaggio delle consegne?; Vengono presentati al nuovo medico e hanno la possibilità di un colloquio organizzato con il medico che lascerà il Servizio?; Il passaggio di consegne e le informazioni cliniche vengono trasferite al nuovo medico in occasione di una riunione organizzata specificatamente a questo scopo?)

5. Partecipazione dei “portatori di interesse”

cura ambienti personale rapporto con operatori rapporto con

servizio

72

(Il Servizio predispone spazi e consultazioni dei “portatori di interesse”?; Il Servizio coinvolge, per quel che è di competenza, i “portatori di interesse”?) Personale

1. Disporre di personale numericamente adeguato (sì/no)

2. Organizzare iniziative di formazione continua rivolte al personale (sì/no)

3. Creare condizioni di sicurezza di lavoro per gli operatori (sì/no) Interventi

1. Organizzare interventi psicoeducativi rivolti ai familiari (sì/no)

2. Strutturare interventi specifici per gli stati di esordio della malattia (sì/no)

3. Prevenire e intervenire sui fattori che possono influenzare lo svilupparsi di una condizione di crisi (Vengono effettuati incontri e colloqui regolari con il paziente e con i loro familiari?; Viene fornita informazione e formazione in modo strutturato a pazienti e familiari circa i primi segni di crisi?; Vengono effettuate riunioni periodiche con tutti gli operatori coinvolti nella presa in carico volte a valutare i singoli casi?; Vengono effettuati colloqui con le persone di riferimento e se necessario con le persone che fanno parte della rete sociale del paziente?)

4. Azioni di prevenzione del suicidio (sì/no)

5. Garantire la continuità dell’assistenza (Esistono tutti gli elementi chiave che definiscono la continuità della cura?)

6. Correttezza nell’uso dei farmaci (Esiste l’applicazione di protocolli e di linee guida?; Esistono possibilità di aggiornamento e di formazione specificatamente rivolte ai medici?; Esistono modalità di monitoraggio dell’assunzione dei farmaci?)

7. Organizzare attività di formazione alle abilità sociali rivolte ai pazienti (sì/no)

8. Fornire cicli colloqui strutturati rivolti a pazienti e a familiari (sì/no)

9. Fornire supporto psicologico e psicoterapia (sì/no)

10. Monitorare e valutare in modo standardizzato gli esiti (sì/no) Inserimento lavorativo

1. Valutare le risorse, le potenzialità e la motivazione del paziente (Esiste uno sportello lavoro?; Gli operatori del Servizio conoscono i criteri di invio, la legislazione e le competenze dello sportello lavoro?; Vengono utilizzati strumenti o valutazioni standardardizzate?; Esiste una modalità di valutazione prodotta dai componenti dell’équipe coinvolti nelle attività di presa in carico?; Esiste un documento scritto prodotto dall’équipe relativamente alla valutazione preliminare?; Esiste una scheda di invio allo sportello lavoro sottoscritta dall’équipe e dal paziente?; Esiste una valutazione specifica prodotta dagli operatori dello sportello lavoro?; Esistono rapporti e attività organizzate con i centri di formazione?)

2. Condividere gli obiettivi e il progetto con utenti e familiari (Le procedure prevedono colloqui tra operatori dello sportello lavoro e case manager?; Le procedure prevedono colloqui preliminari tra operatori dello sportello lavoro, utente e persona di riferimento (ad esempio un familiare)?)

3. Supportare e accompagnare l’inserimento lavorativo (Esistono attività documentate che indicano supporto e accompagnamento?)

4. Monitorare e analizzare l’andamento dell’inserimento lavorativo (Esiste la programmazione documentata di colloqui finalizzati a tale scopo?)

5. Fidelizzare e sensibilizzare il mondo delle imprese (Esistono attività finalizzate a tale scopo?)

73

APPENDICE B Raggruppamento per aree del lavoro prodotto dai singoli gruppi (distinto per gruppi di stakeholders) PAZIENTI

Rapporto con lo psichiatra/psicologo e con il personale in genere

1. Stabilire un rapporto basato su chiarezza, trasparenza, apertura e onestà 2. Stabilire un rapporto basato su empatia e comprensione 3. Stabilire un rapporto basato sulla fiducia e sul rispetto reciproco 4. Stabilire un rapporto basato sul senso di responsabilità, di impegno e di

dedizione nelle cure per il benessere e la guarigione del paziente 5. Stabilire un rapporto di collaborazione (che ispira e rinforza un senso di

fiducia nella possibilità di guarire) 6. Rapportarsi con personale accogliente, cordiale, gentile, educato, attento e

paziente

Conoscenza e informazione

1. Dare informazioni sulla diagnosi , sulle cause e caratteristiche della malattia,

sulla sua evoluzione per permettere una comprensione e una conoscenza della propria condizione

2. Dare informazioni riguardanti la terapia farmacologia (composizione dei farmaci, effetti, durata del trattamento, effetti collaterali, modi per far fronte agli effetti collaterali, es. aumento dell’appetito)

3. Dare informazioni e far conoscere gli obiettivi di cura, gli aspetti riguardanti il progetto terapeutico, la sua durata e i risultati attesi

4. Dare ai familiari le informazioni e le conoscenze utili e necessarie (ad esempio come gestire i pazienti, come riconoscere i segni di crisi ecc.)

5. Dare informazioni ai pazienti sulle attività e sui modi di cura del Centro 6. Fornire tutte le informazioni utili anche attraverso materiale scritto 7. Ricevere informazioni chiare, precise e corrette al front office del CPS 8. Sapere dove rivolgersi e chi consultare per ricevere informazioni sugli

appuntamenti o per altre richieste 9. Ricevere informazioni riguardanti l’eventuale cambiamento di giorno e orario

di appuntamento

Trattamenti/interventi

35. Ricevere trattamenti multidisciplinari concordati insieme dalle diverse figure

professionali 36. Ricevere trattamenti farmacologici efficaci e accettabili, con attento controllo

periodico dei loro effetti (attenzione particolare agli effetti collaterali, controlli con esami clinici) e riduzione del dosaggio non appena le condizioni lo permettono

37. Ricoveri brevi in SPDC 38. Disponibilità di strutture di ricovero fuori dall’ospedale (superato il momento

critico che viene gestito in reparto) 39. Ricevere assistenza psicologica e psicoterapia 40. Ricevere trattamenti di psicoterapia di gruppo 41. Poter effettuare colloqui a cadenza regolare 42. Poter effettuare colloqui a cadenza regolare (per i familiari) 43. Poter effettuare colloqui durante il ricovero (pazienti e familiari) 44. Ricevere trattamenti che permettono di far fronte alle difficoltà dovute alla

malattia e di aumentare la capacità di convivere con essa 45. Essere aiutati ad aumentare la capacità di utilizzare le proprie risorse per far

fronte alle difficoltà 46. Aiutare il paziente ad evitare la crisi 47. Effettuare interventi volti a migliorare la capacità dei familiari di gestire e

comprendere i problemi del paziente 48. Partecipare ad attività che permettono di migliorare la capacità di relazionarsi

74

con gli altri e di socializzare 49. Partecipare ad attività che permettono di migliorare la capacità di essere

autonomi e indipendenti 50. Avere la possibilità di essere inseriti in strutture riabilitative 51. Partecipare ad attività di educazione alla salute 52. Partecipare ad attività culturali (che permettano di sviluppare le conoscenze e

di aumentare la propria cultura), ricreative, sportive, manuali, artistiche da svolgere in gruppo

53. Partecipare a trattamenti di musicoterapica (o trattamenti alternativi) 54. Favorire la creazione di gruppi di pazienti organizzati e gestiti

autonomamente 55. Offrire attività riabilitative in funzione delle possibilità del paziente

(differenziare le attività per capacità e caratteristiche)

Stile di lavoro

1. Coinvolgere pazienti e familiari nella definizione di obiettivi terapeutici

individualizzati, nel progetto terapeutico e nelle valutazioni dell’andamento e degli esiti del percorso di cura

2. Ascolto e considerazione dell’opinione del paziente nelle scelte terapeutiche e suo coinvolgimento

3. Favorire il lavoro di équipe e l’integrazione del lavoro delle diverse figure professionali con possibilità di riunioni, di discussione sui casi e di valutazioni dei percorsi di cura e dei progetti terapeutici

4. Ricevere rapide risposte terapeutiche, chiare e precise 5. Garantire continuità di cura per tutto il tempo che è necessario 6. Ricevere colloqui a frequenza più ravvicinata in caso di necessità 7. Avere un operatore di riferimento e la possibilità di contattarlo quando si ha

necessità 8. Poter scegliere lo psichiatra o lo psicologo da cui farsi curare 9. Poter essere seguiti sempre dallo stesso psichiatra o dallo stesso psicologo 10. Curare i passaggi al nuovo psichiatra o psicologo in caso di trasferimenti dal

Servizio 11. Poter contare sulla disponibilità di tempo da parte dello psichiatra e dello

psicologo 12. Rispetto degli appuntamenti e degli orari da parte del personale e dei pazienti 13. Possibilità di trovarsi in stanze del reparto e del CRA durante il ricovero con

pazienti di gravità simile 14. Favorire facile e rapida disponibilità di accesso alle informazioni cliniche

riportate in cartella clinica da parte dello psichiatra e del personale in genere, dei medici del Pronto Soccorso e di altri specialisti che il paziente deve consultare (uso di cartelle cliniche informatizzate)

Urgenze/crisi

1. Poter ricevere colloqui telefonici nei momenti di crisi o avere la possibilità di

contattare il proprio medico in situazioni di urgenza 2. Ricevere visite domiciliari nei momenti di crisi 3. Affrontare il rifiuto di curarsi del paziente nei momenti di crisi 4. Non ricorrere a TSO e non obbligare al ricovero

Spazi/ambienti/pasti

10. Ambienti accoglienti, gradevoli, arredati con cura (non “ospedalieri”), puliti,

spaziosi, vivaci, dinamici e che esprimono calore 11. Servizi igienici puliti e accessibili 12. Disponibilità di spazi utili per socializzare 13. Disponibilità in reparto o in CRA di stanze con numero limitato di posti letto

o stanze singole per garantire tranquillità e privacy 14. Disponibilità di sale riunione per i pazienti e per il personale 15. Cura della qualità dei pasti e permettere a tutti l’accesso alla mensa

75

Accesso 1. Facilitare l’accesso al CPS e al Centro Diurno (ad esempio per i pazienti che

hanno problemi di spostamento) 2. Facilitare l’accesso al Servizio al primo episodio di cura

Privacy e riservatezza

6. Rispettare la riservatezza durante le attività sociali o culturali svolte

esternamente al Centro (ad esempio non fare spostamenti in città con il pulmino dell’Azienda Ospedaliera)

7. Rispettare la riservatezza delle informazioni che il paziente può fornire durante i colloqui

8. Rispetto della legge sulla privacy e del segreto professionale 9. Disporre di luoghi di cura (intesi come strutture), stanze di degenza,

ambulatori e sale di attesa che garantiscono privacy e riservatezza 10. Informare i pazienti sull’uso che verrà fatto dei dati clinici e dei dati personali

Stigma e isolamento

7. Attivare nella comunità iniziative volte a promuovere l’accettazione della

malattia mentale e a ridurre lo stigma 8. Promuovere iniziative di apertura alla comunità volte a un coinvolgimento

dei cittadini, delle Istituzioni, delle Associazioni ecc. (in modo che il Servizio non sia esclusivamente un luogo di cura e isolato dal contesto sociale)

9. Aiutare i pazienti a superare i preconcetti e i pregiudizi nei confronti della malattia mentale e a non sentirsi “diversi”

10. Favorire il primo contatto con il Servizio e l’accesso alle cure da parte delle persone che soffrono di disturbi psichici abbattendo la barriera della paura, del giudizio e del pregiudizio nei confronti della malattia mentale

11. Eliminare preconcetti, pregiudizi o atteggiamenti stigmatizzanti da parte del personale nei confronti della malattia mentale (opportunità di formazione e promozione di una cultura non stigmatizzante)

12. Contrastare ed eliminare l’isolamento dei pazienti rispetto al Servizio, alla famiglia e alla società

Prevenzione della malattia mentale

1. Attivare interventi sul territorio per prevenire la malattia mentale

Assistenza sociale e lavoro

9. Ricevere aiuto ed efficienza dell’assistenza sociale 10. Ricevere sussidi economici nel caso se ne abbia diritto 11. Fornire prospettive di lavoro a chi è in grado di lavorare 12. Fornire opportunità di formazione per il lavoro 13. Guidare, orientare e monitorare l’inserimento lavorativo 14. Disporre di aziende con informazioni riguardanti le possibilità di formazione

iniziale di base e con la presenza di una persona di riferimento in azienda (che segua il paziente durante l’inserimento lavorativo e durante il lavoro) e che sia in contatto con gli operatori del Servizio

Rapporto tra psichiatra e altre agenzie di cura

9. Facilitare la comunicazione tra psichiatra e altri specialisti quando necessario

(riunioni, comunicazioni scritte ecc.) 10. Facilitare la comunicazione tra MMG e psichiatra per tutti gli aspetti che

riguardano il trattamento 11. Fornire al MMG occasioni di formazione organizzate dagli psichiatri 12. Facilitare i contatti e il rapporto tra il personale del Servizio e quello degli Enti

con cui il paziente si rapporta

76

Formazione del personale

4. Fornire al personale iniziative di formazione ed aggiornamento 5. Aggiornare il personale circa i risultati della ricerca scientifica per assicurare

trattamenti e interventi di buon livello ed efficaci 6. Fornire agli psichiatri una formazione adeguata per affrontare i problemi

organici di loro competenza

Risorse

6. Disporre di personale in numero adeguato, proporzionato al numero di

utenti, ai bisogni dei pazienti psichiatrici e agli obiettivi dei Servizi 7. Disporre di risorse utili per promuovere l’aggiornamento continuo del

personale e di tutti gli operatori 8. Disporre di risorse economiche utili per migliorare e stimolare la qualità di

lavoro del personale e del Servizio 9. Disporre di risorse economiche utili per incrementare le attività di assistenza,

di cura, riabilitative, sociali e culturali del Servizio e per iniziative a favore della salute mentale in genere

FAMILIARI

Rapporto con lo psichiatra/psicologo e con il personale in genere

1. Costruire un rapporto di scambio e fiducia tra personale, pazienti e familiari 2. Stabilire rapporti con personale che assicura disponibilità e attenzione 3. Stabilire rapporti con personale che dimostra dedizione, impegno e premura 4. Stabilire rapporti fondati sul senso di umanità e rispetto 5. Stabilire rapporti amichevoli

Conoscenza e informazione

1. Ricevere informazioni e formazione riguardanti la malattia e l’effetto dei

farmaci

Trattamenti/interventi

1. Elaborare progetti terapeutici individualizzati che prevedono il

coinvolgimento di più figure professionali con definizione dei tempi di cura e delle modalità di intervento

2. Al Centro Diurno proporre attività differenziate in coerenza con gli obiettivi terapeutici individualizzati valorizzando anche le opportunità offerte dal territorio

3. Individuare prospettive di cura e di riabilitazione il più possibile positive pur all’interno di una visione clinica realistica

4. Attivare interventi volti ad evitare la crisi 5. Attivare iniziative volte ad aiutare pazienti e familiari a riconoscere i primi

segni di crisi 6. Ricevere indicazioni e suggerimenti, attraverso attività strutturate, sul modo

di gestire i pazienti 7. Disporre nel contesto urbano di un numero adeguato di residenze “leggere”

volte a favorire l’autonomia del paziente 8. Mantenere le porte aperte dei reparti e confermare la scelta di assenza di

contenzione 9. Possibilità di trattamenti di psicoterapia di gruppo (con distinzione per età e

per disturbo) 10. Possibilità per i pazienti di ricevere assistenza psicologica e trattamenti

psicoterapeutici 11. Adeguatezza della frequenza dei controlli e dei colloqui 12. Effettuare colloqui con cadenza regolare per i familiari 13. Ricevere supporto psicologico (familiari)

77

14. Effettuare colloqui regolari con i medici durante il ricovero (familiari) 15. Attivare interventi di psicoeducazione rivolti ai pazienti 16. Disporre di strutture e trattamenti specificatamente rivolti ai pazienti più

giovani 17. Ricevere un sostegno a domicilio (qualcuno che si occupi del paziente quando

il familiare è assente da casa durante gli orari di lavoro) 18. Possibilità per i pazienti di accedere ad attività ricreative e socializzanti

Stile di lavoro

1. Condividere e verificare periodicamente i progetti terapeutici individualizzati

con il paziente e con i familiari (o persone di riferimento) sforzandosi di mantenere il paziente entro il percorso terapeutico-riabilitativo

2. Coinvolgere i familiari nelle cure e partecipare a riunioni con lo staff curante 3. Continuità di cura per il tempo che è necessario 4. Favorire la costruzione di un buon rapporto terapeutico 5. Possibilità per il paziente di avere colloqui più frequenti con lo psichiatra o

con lo psicologo compatibilmente alle necessità 6. Considerazione e valutazione del grado di soddisfazione nei confronti del

Servizio da parte di pazienti e familiari 7. Valorizzare e stimolare collaborazione efficiente con pazienti e familiari 8. Valorizzare la relazione tra il Servizio e le Associazioni dei Familiari 9. Favorire il contatto di pazienti e familiari con le associazioni che operano sul

territorio e che sono a contatto con il Servizio 10. Controllare e monitorare l’assunzione della terapia farmacologia (per i

pazienti che assumono la terapia al CPS) 11. Facilitare i familiari a segnalare eventuali momenti di crisi 12. Poter contare su ricoveri in ospedale senza lunghe liste d’attesa 13. Coinvolgere il medico del CPS durante i ricoveri 14. Poter avere contatti con il medico del CPS da parte dei familiari durante i

ricoveri 15. Facilitare la reperibilità del personale in caso di necessità 16. Poter contare su precisione e puntualità della risposta terapeutica 17. “Accompagnare” il passaggio a nuovo medico di riferimento del Servizio (in

caso di trasferimenti) per il paziente e per i familiari 18. Curare il passaggio delle consegne senza procurare tempi di attesa per

l’effettiva presa in carico in caso di trasferimento del medico di riferimento 19. Possibilità di scegliere il medico da cui il paziente può farsi curare 20. Coordinare con i Servizi Sociali del Comune un’attività di monitoraggio

relativa ai pazienti con cui è stato perso il contatto (“pazienti persi di vista”) 21. Effettuare visite domiciliari nel caso il paziente non si presenti agli

appuntamenti senza giustificare l’assenza 22. Contattare i familiari nel caso il paziente non si presenti agli appuntamenti

senza giustificare l’assenza 23. Rispetto da parte di psichiatra e dello psicologo degli appuntamenti (orario e

scopo degli incontri)

Urgenze/crisi

1. Evitare “drammatizzazione” del TSO 2. Possibilità di contattare telefonicamente un medico di guardia (psichiatra) nei

giorni festivi 3. Possibilità di ottenere una risposta telefonica in caso di urgenze 4. Effettuare visite domiciliari in caso di urgenze

Spazi/ambienti

1. Accedere a strutture accoglienti, pulite, con arredamento curato e dotate di

elementi di comfort 2. Separare l’accesso alle strutture (ambulatori, CRA e Centro Diurno) 3. Distinzione delle strutture di ricovero per età e per gravità della malattia

Accesso

1. Facilitare l’accesso al Servizio alle prime richieste di aiuto 2. Curare la correttezza di informazioni fornite ai punti di accettazione 3. Disponibilità di accesso alle informazioni ai punti di accettazione con ampia

78

disponibilità oraria durante i giorni lavorativi

Privacy e riservatezza

1. Accedere ad ambienti che assicurano tranquillità, privacy e riservatezza 2. Rispetto da parte del personale della legge sulla privacy e del segreto

professionale 3. Salvaguardare la privacy nel caso di attività organizzate fuori dalla struttura

Lavoro

1. Aiutare i pazienti a trovare un’occupazione lavorativa

Rapporto tra Servizio e altre agenzie di cura

1. Poter contare su un contatto e scambio efficiente tra Servizio Psichiatrico,

Servizi Sociali e Medico di Famiglia 2. Coinvolgere e formare i Medici di Medicina Generale 3. Creare scambio e rapporti efficienti con tutti gli attori significativi del

territorio

Formazione del personale

1. Tutelare e garantire la qualità dell’assistenza 2. Garantire a tutto il personale possibilità di formazione permanente ed

aggiornamento

Risorse

1. Disporre di personale in numero adeguato, proporzionato al numero di

utenti, ai bisogni dei pazienti psichiatrici e agli obiettivi dei Servizi 2. Disporre di personale numericamente adeguato al fine di garantire cure

psicologiche/psicoterapeutiche e non soltanto farmacologiche 3. Disporre di una politica di gestione del personale e di contratti di lavoro a

tutela e a garanzia della continuità della cura

ENTI

Conoscenza e informazione

1. Fornire informazioni pertinenti a utenti, famiglie, cittadini e istituzioni

riguardanti il Servizio

Trattamenti/interventi

1. Strutturare interventi specifici per gli stati di esordio della malattia 2. Prevenire e intervenire sui fattori che possono influenzare lo svilupparsi di

una condizione di crisi 3. Fornire ai pazienti e ai familiari formazione e informazione per il

riconoscimento dei primi segni di crisi 4. Attivare azioni di prevenzione del suicidio 5. Uso corretto dei farmaci 6. Monitorare e valutare in modo standardizzato gli esiti 7. Fornire supporto psicologico e psicoterapia 8. Effettuare regolarmente colloqui con il paziente e con i loro familiari 9. Fornire cicli colloqui strutturati rivolti a pazienti e a familiari 10. Organizzare attività volte a migliorare le abilità sociali rivolte ai pazienti 11. Organizzare interventi psicoeducativi rivolti ai familiari

Stile di lavoro

1. Accompagnare l’eventuale cambiamento (ad esempio per trasferimento) del

medico di riferimento e curare il passaggio delle consegne 2. Facilitare il lavoro d’équipe 3. Garantire la continuità dell’assistenza

79

Urgenze/crisi

1. Adeguata risposta e gestione delle urgenze

Sicurezza

1. Creare condizioni di sicurezza di lavoro per gli operatori

Accesso

1. Facilitare l’accesso al Servizio 2. Informare gli MMG sulle attività del Servizio e sulle modalità di accesso 3. Buone modalità di gestione e di definizione dei tempi di attesa per la prima

visita 4. Disporre di un punto di accettazione riconoscibile, facilmente e rapidamente

accessibile durante tutti i giorni della settimana e con ampia disponibilità oraria

Lavoro

3. Valutare le risorse, le potenzialità e la motivazione del paziente anche

attraverso valutazioni standardizzate e fornire resoconti scritti 4. Coinvolgere i pazienti nelle fasi di valutazione 5. Mettere a disposizione degli operatori dello sportello lavoro le valutazioni

preliminari fatte dall’équipe e contatto con il case manager 6. Prevedere valutazioni specifiche da parte dello sportello lavoro e colloqui

preliminari con pazienti e con i loro familiari 7. Disporre di personale che si dedica alle attività relative all’inserimento

lavorativo (sportello lavoro) 8. Buona conoscenza da parte degli operatori del Servizio dei criteri di invio,

della legislazione e delle competenze dello sportello lavoro 9. Rapporti e attività organizzate in collaborazione con i Centri di Formazione 10. Supportare e accompagnare l’inserimento lavorativo 11. Monitorare e analizzare l’andamento dell’inserimento lavorativo 12. Fidelizzare e sensibilizzare il mondo delle imprese

Rapporto tra Servizio e altre agenzie

1. Creare un interfaccia ottimale tra Enti e Servizio 2. Coinvolgimento attivo e per quel che è di pertinenza tra Enti e Servizio 3. Partecipazione dei “portatori di interesse”

Formazione del personale

1. Organizzare iniziative di formazione continua rivolte al personale

Risorse

1. Disporre di personale numericamente adeguato

80

APPENDICE C Raggruppamento per aree del lavoro prodotto dagli stakeholders STAKEHOLDERS

Rapporto con lo psichiatra/psicologo e con il personale in genere

1. Stabilire un rapporto basato su chiarezza, trasparenza, apertura e onestà 2. Stabilire un rapporto basato su empatia, comprensione e disponibilità 3. Stabilire un rapporto basato sulla fiducia e sul rispetto reciproco 4. Stabilire un rapporto basato sul senso di responsabilità, di impegno e

dedizione nelle cure per il benessere e la guarigione del paziente 5. Stabilire un rapporto di collaborazione e scambio tra personale, pazienti e

familiari (che ispira e rinforza un senso di fiducia nella possibilità di guarire) 6. Rapportarsi con personale accogliente, cordiale, gentile, educato, attento e

paziente (Ad indicare i principi generali su cui si deve basare il rapporto con il personale)

Conoscenza e informazione

1. Dare informazioni sulla diagnosi, sulle cause e caratteristiche della malattia, sulla sua evoluzione per permettere una comprensione e una conoscenza della propria condizione (Il medico fornisce regolarmente queste informazioni a pazienti e familiari?; Viene anche utilizzato materiale scritto?)

2. Dare informazioni riguardanti la terapia farmacologia (composizione dei farmaci, effetti, durata del trattamento, effetti collaterali, modi per far fronte agli effetti collaterali, es. aumento dell’appetito) (Il medico fornisce regolarmente queste informazioni a pazienti e familiari?; Viene anche utilizzato materiale scritto?)

3. Dare informazioni e far conoscere gli obiettivi di cura, gli aspetti riguardanti il progetto terapeutico, la sua durata e i risultati attesi (Vengono fornite queste informazioni a pazienti e familiari?; Le informazioni vengono fornite attraverso documenti scritti?)

4. Dare ai familiari le informazioni e le conoscenze utili e necessarie (ad esempio come gestire i pazienti, come riconoscere i segni di crisi ecc.) (Vengono fornite queste informazioni attraverso colloqui periodici?; I familiari sono preparati a gestire il paziente a casa?)

5. Dare informazioni ai pazienti e familiari sulle attività e sui modi di cura del Servizio (Esistono documenti che riportano informazioni scritte?)

6. Ricevere informazioni chiare, precise e corrette al front office del CPS (Esistono procedure scritte per garantire informazioni chiare ed affidabili?; Il personale del front office è informato e aggiornato su ciò che riguarda il Servizio?)

7. Sapere dove rivolgersi e chi consultare per ricevere informazioni sugli appuntamenti o per altre richieste (Esiste un punto di accettazione (front office)?; I pazienti e i familiari sono al corrente dell’ esistenza di un front office e il punto di accettazione è facilmente identificabile e rapidamente accessibile?)

8. Ricevere informazione riguardante i cambiamenti di giorno e orario di appuntamento (sì/no)

9. Fornire informazioni pertinenti a utenti, famiglie, cittadini e istituzioni riguardanti il Servizio (I pazienti e i familiari ricevono tutte le informazioni utili per affrontare il percorso di cura?; Il Servizio attua iniziative di informazione rivolte ai cittadini?; Il Servizio informa e aggiorna anche con materiale scritto le Istituzioni per quel che è di pertinenza?)

Trattamenti/interventi

1. Ricevere trattamenti multidisciplinari concordati insieme da diverse figure

professionali (I trattamenti e le cure prevedono il coinvolgimento di differenti figure professionali con differenti compiti e competenze?)

2. Elaborare progetti terapeutici individualizzati (che prevedono il coinvolgimento di più figure professionali) con definizione dei tempi di cura e delle modalità di intervento (Esistono progetti terapeutici con simili caratteristiche?; Esistono documenti scritti dettagliati a riguardo e aggiornati almeno ogni 6 mesi?)

81

3. Ricevere trattamenti farmacologici efficaci e accettabili, con attento controllo periodico dei loro effetti (cambiamento delle condizioni del paziente, effetti collaterali, controlli con esami clinici) e riduzione del dosaggio non appena le condizioni lo permettono (Per la prescrizione dei farmaci vengono seguiti protocolli e linee guida aggiornate?; Le terapie farmacologiche vengono prescritte e aggiornate in accordo ai risultati della ricerca scientifica? Il medico controlla periodicamente l’effetto dei farmaci e lo discute con il paziente tenendo in considerazione la sua opinione?; In base alle condizioni del paziente, il medico interviene prontamente per una modificazione del dosaggio?; Vengono scelte cure che non hanno effetti dannosi?)

4. Ricoveri brevi in SPDC (I tempi di ricovero sono possibilmente brevi?; Esistono strutture di ricovero, fuori dall’ospedale, a cui accedere una volta che è stato superato il momento critico gestito in reparto)?)

5. Mantenere le porte aperte dei reparti e confermare la scelta di assenza di contenzione (sì/no)

6. Strutturare interventi specifici per gli stati di esordio della malattia (sì/no) 7. Prevenire e intervenire sui fattori che possono influenzare lo svilupparsi di

una condizione di crisi (sì/no) 8. Attivare azioni di prevenzione del suicidio (sì/no) 9. Monitorare e valutare in modo standardizzato gli esiti (sì/no) 10. Fornire ai pazienti trattamenti psicologici e psicoterapia (sì/no) 11. Fornire ai pazienti trattamenti di psicoterapia di gruppo (Esistono trattamenti

di psicoterapia di gruppo?; Viene tenuta in considerazione una selezione per età e tipo di disturbo?)

12. Fornire ai familiari supporto psicologico (sì/no) 13. Effettuare colloqui a cadenza regolare (per i pazienti) (sì/no) 14. Effettuare colloqui a cadenza regolare (per i familiari) (sì/no) 15. Effettuare colloqui a cadenza regolare (per pazienti e familiari insieme) (sì/no) 16. Ricevere visite di controllo con frequenza adeguata (in funzione delle

condizioni del paziente) (sì/no) 17. Effettuare colloqui regolari con i medici durante il ricovero (familiari) (sì/no) 18. Effettuare colloqui regolari con i medici durante il ricovero (pazienti e

familiari insieme) (sì/no) 19. Attivare interventi volti ad evitare la crisi (sì/no) 20. Attivare iniziative volte ad aiutare pazienti e familiari a riconoscere i primi

segni di crisi (sì/no) 21. Effettuare interventi volti a migliorare la capacità dei familiari di gestire e

comprendere i problemi del paziente (sì/no) 22. Ricevere trattamenti che permettono di far fronte alle difficoltà dovute alla

malattia e di aumentare la capacità di convivere con essa (pazienti) (sì/no) 23. Essere aiutati ad aumentare la capacità di utilizzare le proprie risorse per far

fronte alle difficoltà (pazienti) (sì/no) 24. Partecipare ad attività che permettono ai pazienti di migliorare la capacità di

relazionarsi con gli altri e di socializzare (sì/no) 25. Partecipare ad attività che permettono ai pazienti di migliorare la capacità di

essere autonomi e indipendenti (sì/no) 26. Offrire attività riabilitative differenziate in coerenza con gli obiettivi

terapeutici individualizzati valorizzando anche le opportunità offerte dal territorio

27. Individuare prospettive di cura e di riabilitazione il più possibile positive pur all’interno di una visione clinica realistica (sì/no)

28. Disporre di strutture e trattamenti specificatamente rivolti ai pazienti più giovani (sì/no)

29. Avere la possibilità di essere inseriti in strutture riabilitative o residenze “leggere” volte a favorire l’autonomia (Esiste disponibilità adeguata di strutture e residenze in rapporto al numero di utenti?)

30. Partecipare ad attività culturali (che permettano di sviluppare le conoscenze e di aumentare la propria cultura), ricreative, sportive, manuali, artistiche da svolgere in gruppo (sì/no)

31. Favorire la creazione di gruppi di pazienti organizzati e gestiti autonomamente (sì/no)

32. Partecipare ad attività di psicoeducazione e di educazione alla salute rivolti ai pazienti e ai familiari (sì/no)

33. Partecipare a trattamenti di musicoterapica (o trattamenti alternativi) (sì/no)

82

34. Ricevere un sostegno a domicilio (qualcuno che si occupi del paziente quando il familiare è assente da casa durante gli orari di lavoro) (sì/no)

Stile di lavoro

1. Coinvolgere pazienti e familiari nella definizione degli obiettivi terapeutici

individualizzati e nel progetto terapeutico (sì/no) 2. Verificare periodicamente con il paziente e con i familiari l’andamento dei

progetti terapeutici individualizzati sforzandosi di mantenere il paziente entro il percorso terapeutico-riabilitativo (Esistono occasioni simili, documentate per iscritto, programmate ogni 3 mesi o in tempi più brevi se necessario?)

3. Favorire la costruzione di un buon rapporto terapeutico (sì/no) 4. Favorire il lavoro di équipe e l’integrazione del lavoro delle diverse figure

professionali con possibilità di riunioni, di discussione sui casi e di valutazioni dei percorsi di cura e dei progetti terapeutici (sì/no)

5. Ricevere rapide risposte terapeutiche, chiare e precise (Il medico e gli operatori sono rapidi ed efficienti?; Sono in grado di dare informazioni in tempi brevi e ragionevoli (ad esempio ai familiari in occasione di un ricovero)?

6. Garantire continuità di cura per tutto il tempo che è necessario (sì/no) 7. Avere un operatore di riferimento e la possibilità di contattarlo quando si ha

necessità (sì/no) 8. Poter scegliere lo psichiatra o lo psicologo da cui farsi curare (sì/no) 9. Poter essere seguiti sempre dallo stesso psichiatra o dallo stesso psicologo

(sì/no) 10. Curare i passaggi al nuovo psichiatra in caso di trasferimenti dal Servizio (I

pazienti e i familiari vengono informati per tempo dell’eventuale trasferimento?; Vengono coinvolti nel passaggio al nuovo medico?; Il passaggio di consegne viene documentato per iscritto?; Esiste un passaggio di consegne che prevede la un primo contatto del paziente con il nuovo medico?; Il passaggio di consegne comporta dempi di attesa per una effettiva presa in carico?)

11. Poter contare su ricoveri in ospedale senza lunghe liste d’attesa (sì/no) 12. Coinvolgere il medico del CPS durante i ricoveri (sì/no) 13. Poter avere contatti con il medico del CPS da parte dei familiari durante i

ricoveri (sì/no) 14. Controllare e monitorare l’assunzione della terapia farmacologia (per i

pazienti che assumono la terapia al CPS) (sì/no) 15. Facilitare i familiari a segnalare eventuali momenti di crisi (sì/no) 16. Poter contare sulla disponibilità di tempo da parte dello psichiatra e dello

psicologo (sì/no) 17. Ricevere colloqui a frequenza più ravvicinata in caso di necessità (sì/no) 18. Rispetto degli appuntamenti e degli orari da parte del personale e dei pazienti

(sì/no) 19. Effettuare visite domiciliari nel caso il paziente non si presenti agli

appuntamenti senza giustificare l’assenza (sì/no) 20. Contattare i familiari nel caso il paziente non si presenti agli appuntamenti

senza giustificare l’assenza (sì/no) 21. Possibilità di trovarsi in stanze del reparto e del CRA durante il ricovero con

pazienti di gravità simile (sì/no) 22. Favorire facile e rapida disponibilità di accesso alle informazioni cliniche

riportate in cartella clinica da parte dello psichiatra e del personale in genere, dei medici del Pronto Soccorso e di altri specialisti che il paziente deve consultare (uso di cartelle cliniche informatizzate) (sì/no)

23. Considerazione e valutazione del grado di soddisfazione nei confronti del Servizio da parte di pazienti e familiari (Esistono iniziative di rilevazione del grado di soddisfazione attraverso strumenti standardizzati?)

24. Valorizzare la relazione tra il Servizio e le Associazioni dei Familiari (sì/no) 25. Favorire il contatto di pazienti e familiari con le associazioni che operano sul

territorio e che sono a contatto con il Servizio (sì/no) 26. Possibilità di stare in stanze (nelle strutture di ricovero) con pazienti di

gravità simile (La collocazione in stanza viene definita tenendo conto della gravità dei pazienti?) (sì/no)

27. Coordinare con i Servizi Sociali del Comune un’attività di monitoraggio relativa ai pazienti con cui è stato perso il contatto (“pazienti persi di vista”) (sì/no)

83

Urgenze/crisi

1. Poter ricevere colloqui telefonici nei momenti di crisi o avere la possibilità di

contattare il proprio medico in situazioni di urgenza (Esiste un servizio di assistenza telefonica rapidamente accessibile nei momenti di crisi?; E’ possibile contattare il medico?)

2. Ricevere visite domiciliari nei momenti di crisi (Esiste la possibilità di essere visitati a domicilio dai propri operatori di riferimento nei momenti di crisi?)

3. Affrontare il rifiuto di curarsi del paziente nei momenti di crisi (Il paziente viene ascoltato e coinvolto quando non è d’accordo?; Il medico cerca di eliminare il senso dell’obbligo?; Viene data la possibilità di decidere con il medico se è necessario il ricovero?)

4. Non ricorrere a TSO e non obbligare al ricovero (Vengono attuate iniziative per evitare il momento di crisi e il TSO?; Esiste la possibilità di ricorrere ad alternative meno forti del TSO?; Ci sono iniziative nel Servizio di abolizione del TSO?)

5. Evitare “drammatizzazione” del TSO (sì/no) 6. Possibilità di contattare telefonicamente un medico di guardia (psichiatra) nei

giorni festivi (sì/no) 7. Possibilità di ottenere una risposta telefonica in caso di urgenze (sì/no) 8. Adeguata risposta e gestione delle urgenze (sì/no)

Sicurezza

1. Creare condizioni di sicurezza di lavoro per gli operatori

Spazi/ambienti/pasti

1. Ambienti accoglienti, gradevoli, arredati con cura, puliti, spaziosi, vivaci,

dinamici, non anonimi (non “ospedalieri”) e che esprimono calore (sì/no) 2. Disponibilità di spazi e strutture dotati di elementi di comfort (Ad esempip

parco, bar, televisione, spazio ricreativo ecc.?) 3. Servizi igienici puliti e accessibili (sì/no) 4. Disponibilità di spazi utili per socializzare (Esistono spazi diversi da quelli

strettamente di cura dove i pazienti possono incontrarsi e svolgere attività autonomamente?; Al Centro ci sono spazi ampi e accoglienti per favorire la permanenza e la socializzazione dei pazienti?)

5. Disponibilità di sale riunione per i pazienti e per il personale (sì/no) 6. Disponibilità in reparto o in CRA di stanze con numero limitato di posti letto

o stanze singole per garantire tranquillità e privacy (Il numero dei posti letto nelle stanze è congruo ?; Esistono possibilità di stanza singola?)

7. Cura della qualità dei pasti e permettere a tutti l’accesso alla mensa (sì/no) 8. Separare l’accesso alle strutture (ambulatori, CRA e Centro Diurno) (Le

strutture per le visite ambulatoriali sono separate dalle quelle di ricovero o da quelle a cui accedono i pazienti per le attività riabilitative?)

9. Distinzione delle strutture di ricovero per età e per gravità della malattia (In reparto e in CRA viene rivolta attenzione all’età e alla gravità della malattia per l’assegnazione della stanza?; Esiste una “differenza di reparto” per i pazienti più agitati?; Esiste una “differenza di reparto” per i pazienti più giovani?)

Accesso

1. Facilitare l’accesso al CPS e al Centro Diurno (ad esempio per i pazienti che hanno

problemi di spostamento o che hanno difficoltà a raggiungere il Servizio) 2. Facilitare l’accesso al Servizio al primo episodio di cura (Le persone che hanno

problemi o che si ammalano sanno a chi rivolgersi?) 3. Facilitare l’accesso al Servizio alle prime richieste di aiuto (Esistono forme di

contatto tra MMG e Servizio?; Le informazioni fornite al front office sono complete?; Il punto di accettazione chiaramente definito, facilmente e rapidamente accessibile con ampia disponibilità oraria durante i giorni lavorativi?; Esistono modalità di gestione e di definizione dei tempi di attesa?)

84

Privacy e riservatezza

1. Rispettare la riservatezza durante le attività sociali o culturali svolte

esternamente al Centro (ad esempio non fare spostamenti in città con il pulmino dell’Azienda Ospedaliera)

2. Rispettare la riservatezza delle informazioni che il paziente può fornire durante i colloqui (I medici e gli psicologi rispettano la riservatezza di informazioni “delicate”?; Vengono rispettate le normali regole di discrezione?)

3. Rispetto della legge sulla privacy e del segreto professionale (sì/no) 4. Disporre di luoghi di cura (intesi come strutture), stanze di degenza,

ambulatori e sale di attesa che garantiscono privacy e riservatezza (sì/no) 5. Informare i pazienti sull’uso che verrà fatto dei dati clinici e dei dati personali

(sì/no)

Stigma e isolamento

1. Attivare nella comunità iniziative volte a promuovere l’accettazione della

malattia mentale e a ridurre lo stigma (sì/no) 2. Promuovere iniziative di apertura alla comunità volte a un coinvolgimento

dei cittadini, delle Istituzioni, delle Associazioni ecc. (in modo che il Servizio non sia esclusivamente un luogo di cura e isolato dal contesto sociale) (sì/no)

3. Aiutare i pazienti a superare i preconcetti e i pregiudizi nei confronti della malattia mentale e a non sentirsi “diversi” (Il Servizio aiuta a non sentirsi “diversi”?; Il Servizio aiuta a sentirsi a proprio agio nella società?)

4. Favorire il primo contatto con il Servizio e l’accesso alle cure da parte delle persone che soffrono di disturbi psichici abbattendo la barriera della paura, del giudizio e del pregiudizio nei confronti della malattia mentale (sì/no)

5. Eliminare preconcetti, pregiudizi o atteggiamenti stigmatizzanti da parte del personale nei confronti della malattia mentale (opportunità di formazione e promozione di una cultura non stigmatizzante) (sì/no)

6. Contrastare ed eliminare l’isolamento dei pazienti rispetto al Servizio, alla famiglia e alla società (sì/no)

Prevenzione della malattia mentale

1. Attivare interventi sul territorio per prevenire la malattia mentale

Assistenza sociale/Inserimento lavorativo

1. Ricevere sussidi economici nel caso se ne abbia diritto (sì/no) 2. Fornire opportunità di formazione per il lavoro (sì/no) 3. Fornire prospettive di lavoro a chi è in grado di lavorare (sì/no) 4. Disporre di personale che si dedica alle attività relative all’inserimento

lavorativo (sportello lavoro) 5. Disporre di aziende con informazioni riguardanti le possibilità di formazione

iniziale di base e con la presenza di una persona di riferimento in azienda (che segua il paziente durante l’inserimento lavorativo e durante il lavoro) e che sia in contatto con gli operatori del Servizio

6. Fidelizzare e sensibilizzare il mondo delle imprese 7. Stabilire rapporti e organizzare attività in collaborazione con i Centri di

Formazione 8. Guidare e orientare l’inserimento lavorativo (Gli operatori del Servizio conoscono

la legislazione riguardante l’inserimento lavorativo, i criteri di invio allo sportello lavoro e le competenze)?; Le risorse, le potenzialità e la motivazione del paziente vengono valutate anche in modo standardizzato?; Esitono resoconti scritti?; Le valutazioni vengono messe a disposizione dello sportello lavoro? Esiste un contatto tra sportello lavoro e case manager?; Gli operatori dello sportello lavoro valutano ulteriormente la situazione per ciò che è di loro competenza?; Coinvolgono pazienti e familiari nella definizione dell’inserimento lavorativo? )

13. Supportare e accompagnare l’inserimento lavorativo (Esistono attività documentate che indicano supporto e accompagnamento?)

14. Monitorare e analizzare l’andamento dell’inserimento lavorativo (Esiste la programmazione documentata di incontri finalizzati a tale scopo?)

Rapporto tra Servizio e altre agenzie

1. Facilitare la comunicazione tra psichiatra e altri specialisti quando necessario

85

(Quando è opportuno, lo psichiatra la colloqui con altri specialisti che il paziente deve consultare?; Esistono comunicazioni per iscritto?; Il paziente viene accompagnato alla visita con lo specialista?)

2. Facilitare la comunicazione tra MMG e psichiatra per tutti gli aspetti che riguardano il trattamento (Esiste la pratica di aggiornamenti per iscritto riguardanti le condizione del paziente quando è necessario?; Lo psichiatra comunica i cambiamenti introdotti nella terapia farmacologia o gli aspetti riguardanti il trattamento?

3. Poter contare su un contatto e scambio efficiente tra Servizio Psichiatrico, Servizi Sociali e Medico di Famiglia (Esistono riunioni sui singoli casi che coinvolgono equipe curante, MMG e Servizi sociali quando necessario?; Esistono protocolli di collaborazione?; Esiste attenzione a eliminare le barriere alla comunicazione tra equipe curante, MMG e Servizi Sociali?)

4. Coinvolgere i MMG e fornire occasioni di formazione organizzate dagli psichiatri (sì/no)

5. Facilitare i contatti e il rapporto tra il personale del Servizio e quello degli Enti con cui il paziente si rapporta (Esistono rapporti di collaborazione?; Esistono comunicazioni scritte?; Vengono periodicamente organizzate riunioni?)

6. Creare scambio e rapporti efficienti con tutti gli attori significativi del territorio (Esistono attività strutturate, incontri e protocolli di collaborazione?)

7. Creare un interfaccia ottimale tra Enti e Servizio (Esistono protocolli scritti condivisi?; Esistono contatti? Esiste, quando opportuno, un coinvolgimento degli operatori che lavorano presso gli Enti in contatto con il Servizio? )

8. Partecipazione dei “portatori di interesse” (Il Servizio, per quello che è di pertinenza, coinvolge i “portatori di interesse”)

Formazione del personale

1. Fornire e garantire a tutto il personale iniziative di formazione permanente

ed aggiornamento (sì/no) 2. Aggiornare il personale circa i risultati della ricerca scientifica per assicurare

trattamenti e interventi di buon livello ed efficaci (sì/no) 3. Fornire agli psichiatri una formazione adeguata per affrontare i problemi

organici di loro competenza (sì/no)

Risorse

1. Disporre di personale in numero adeguato, proporzionato al numero di

utenti, ai bisogni dei pazienti psichiatrici e agli obiettivi dei Servizi (sì/no) 2. Disporre di risorse utili per promuovere l’aggiornamento continuo del

personale e di tutti gli operatori (sì/no) 3. Disporre di risorse economiche utili per migliorare e stimolare la qualità di

lavoro del personale e del Servizio (sì/no) 4. Disporre di risorse economiche utili per incrementare le attività di assistenza,

di cura, riabilitative, sociali e culturali del Servizio e per iniziative a favore della salute mentale in genere (sì/no)

5. Disporre di una politica di gestione del personale e di contratti di lavoro a tutela e a garanzia della continuità della cura


Recommended