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I S T I T U T O C O M P R E N S I V O “ F . G I A N N O N E ” Scuola dell’Infanzia, Primaria e Secondaria di I Grado - Oppido L. e Cancellara P.zza Salvo D’Acquisto n.5 -Tel. -Fax-0971-945018 - 85015 OPPIDO LUCANO
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l conte Giacomo Leopardi, al battesimo Giacomo Taldegardo Francesco di Sales Saverio Pietro
Leopardi (Recanati, 29 giugno 1798 –Napoli, 14
giugno 1837), è stato un poeta, filosofo, scrittore ,
filologo e glottologo italiano.
È ritenuto il maggior poeta dell'Ottocento italiano e una
delle più importanti figure della letteratura mondiale,
nonché una delle principali del romanticismo letterario; la
profondità della sua riflessione sull'esistenza e sulla
condizione umana – di ispirazione sensista e materialista –
ne fa anche un filosofo di notevole spessore. La
straordinaria qualità lirica della sua poesia lo ha reso un
protagonista centrale nel panorama letterario e culturale
europeo e internazionale, con ricadute che vanno molto
oltre la sua epoca.
La biblioteca accoglie più di 20.000 volumi, di cui la
maggior parte ivi raccolti ed ordinati da Monaldo Leopardi padre
di Giacomo.
L’attuale percorso della biblioteca non rispecchia in pieno la
sistemazione iniziale, ma è stato dettato dalla necessità di
adeguarsi alle vigenti norme di sicurezza. La collocazione dei
volumi e dei ricordi è tuttavia rimasta inalterata dal tempo della sua costituzione, come attestano le schede
della catalogazione compilate da Monaldo e dai suoi figli. Alla biblioteca si accede ora attraverso alcune
stanze dove in tempi recenti furono e vengono tuttora collocati saggi di critica leopardiana, oltre ad edizioni
e traduzioni delle opere di Giacomo.
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Il comune di Venezia comprende sia territori insulari che di terraferma ed è articolato attorno ai due distinti
centri di Venezia e di Mestre .
La città di Venezia è stata per più di un millennio capitale della Repubblica di Venezia e conosciuta a questo
riguardo come la Serenissima, la Dominante e la Regina dell'Adriatico.
Per le peculiarità urbanistiche e per il suo patrimonio artistico, Venezia è universalmente considerata una tra
le più belle città del mondo ed è annoverata, assieme alla sua laguna, tra i siti italiani patrimonio
dell'umanità dall'UNESCO]: questo fattore ha
contribuito a farne la terza città italiana
(dopo Roma e Milano) con il più alto flusso
turistico[13]
, in gran parte proveniente da fuori
Italia.
Nell'826, con l'arrivo a Venezia del corpo di San Marco e
l'edificazione della prima Basilica di San Marco, l'area iniziò
ad assumere la sua caratteristica di cuore monumentale della
città.
Nel 976 l'intera zona, con la basilica e il palazzo, fu distrutta
da un furioso incendio, ma già nel 978 una seconda basilica
era stata edificata e il palazzo ricostruito. Nello stesso periodo il Doge Pietro I Orseolo fece costruire, in
adiacenza del campanile, un ospizio per pellegrini malati e bisognosi,[1]
la cui forma è visibile nel quadro
di Gentile Bellini, Processione in piazza San Marco.
L'attuale basilica risale agli anni 1050-1094, con la terza fondazione dell'edificio.
In tale epoca la piazza risultava ancora limitata dal rio Batario (al di là del quale sorgeva una chiesa dedicata
a San Geminiano e più in là il brolo delle suore di San Zaccaria) e dal bacino di Palazzo, a testimonianza del
quale permane tutt'oggi, sul lato della basilica rivolto verso la piazzetta, un'anti caporta d'acqua murata, quel
che resta di un accesso rivolto all'acqua tipico degli edifici veneziani.
Nel 1156, sotto il dogado di Vitale II Michiel, il rio Batario venne interrato, presto seguito dall'interramento
del bacino antistante il Palazzo Ducale, dove venne realizzata la Piazzetta.
Nel 1172, sotto il dogado di Sebastiano Ziani, la piazza venne ulteriormente ampliata per far posto a nuovi
edifici monumentali: la chiesa di San Geminiano fu spostata al limitare della nuova piazza San Marco e
furono inoltre poste due enormi colonne granitiche (provenienti da Costantinopoli) fronteggianti il molo,
quale monumentale accesso all'area marciana. Sopra una colonna fu posto il leone alato simbolo di San
Marco e sull'altra fu collocata la statua raffigurante San Teodoro, primo patrono di Venezia. Nacque in
questo modo un'area suddivisa in due piazze, l'una dinnanzi la Basilica, l'altra a completamento del Palazzo e
via trionfale d'accesso dall'acqua.
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La costruzione.[Basilica di San Marco, vista dal
Campanile
La prima Chiesa dedicata a San Marco, voluta da Giustiniano
Partecipazio, fu costruita accanto al Palazzo Ducale nell'828 per ospitare
le reliquie di San Marco trafugate, secondo la tradizione, ad Alessandria
d'Egitto da due mercanti veneziani: Buono da Malamocco e Rustico da
Torcello. Questa chiesa sostituì la precedente cappella palatina dedicata
al santo bizantino Teodoro (il cui nome era pronunciato dai
veneziani Tòdaro), edificata in corrispondenza dell'attuale piazzetta dei
Leoncini, a nord della basilica di San Marco. Risale al IX secolo anche il
primo Campanile di San Marco.
San Marco e il Leone, sulla sommità del frontone
La primitiva chiesa di San Marco venne poco dopo sostituita da una nuova, sita nel luogo attuale e costruita
nell'832; questa però andò in fiamme durante una rivolta nel 976 e fu quindi nuovamente edificata
nel 978 da Pietro I Orseolo. La basilica attuale risale ad un'altra ricostruzione (iniziata dal doge Domenico
Contarini nel 1063 e continuata da Domenico Selvo e Vitale Falier) che ricalcò abbastanza fedelmente le
dimensioni e l'impianto dell'edificio precedente. In particolare la forma architettonica nel suo complesso si
avvicina molto a quella dell'antica Basilica dei Santi Apostoli di Costantinopoli (distrutta pochi anni dopo
la conquista ottomana), la seconda chiesa più importante della città e mausoleo imperiale. La nuova
consacrazione avvenne nel 1094; la leggenda colloca nello stesso anno il ritrovamento miracoloso in un
pilastro della basilica del corpo di San Marco, che era stato nascosto durante i lavori in un luogo poi
dimenticato. Nel 1231 un incendio devasta la basilica di San Marco che viene subito restaurata.
La decorazione
La splendida decorazione a mosaici dorati dell'interno della basilica è già quasi completa alla fine del XII
secolo. Entro la prima metà del Duecento fu costruito un vestibolo (il nartece, spesso chiamato atrio) che
circondava tutto il braccio occidentale, creando le condizioni per la realizzazione di una facciata (prima di
allora l'esterno era con mattoni a vista, come nella basilica di Murano).
L'esterno
Dall'esterno, diviso in tre differenti registri — piano inferiore,
terrazza, cupole — prevale la larghezza, poiché in una città come
Venezia, che appoggia su un terreno sabbioso, si tendeva a
realizzare gli edifici in larghezza, dal peso più equilibrato.
È infatti lunga 76,5 metri e larga 62,60 (al transetto), mentre
la cupola centrale è alta 43 metri (28,15 all'interno). La facciata
presenta due ordini, uno al pian terreno che è scandito da cinque
grandi portali strombati che conducono all'atrio interno. Quella centrale è decorata in senso monumentale. Il
secondo ordine forma una terrazza percorribile e presenta quattro arcate cieche più una centrale in cui si apre
una loggia che ospita la quadriga.
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La facciata
La facciata marmorea risale al XIII secolo. Vi furono inseriti mosaici, bassorilievi ed una grande quantità di
materiale di spoglio eterogeneo. Ciò diede la caratteristica policromia, che si combina con i complessi effetti
di chiaroscuro dovuti alle multiformi aperture ed al gioco dei volumi. Le due porte di ingresso alle estremità
vennero realizzate con timpani ad arco inflesso, di chiara ispirazione araba, forse volute anche per
ricordare Alessandria d'Egitto, dove era avvenuto il martirio di San Marco.
Le porte bronzee risalgono a epoche diverse: a sud la Porta di San Clemente è bizantina e risale all'XI
secolo; quella centrale, di produzione incerta, è del XII secolo; le porte secondarie sono più tarde e sono
decorate secondo un gusto antichizzante. Nella facciata laterale rivolta a sud anticamente si apriva la Porta da
Mar, l'ingresso posto vicino al Palazzo Ducale e al molo, dal quale si entrava a Venezia.
Tra i mosaici della facciata, l'unico rimasto degli originali duecenteschi è quello sopra il primo portale a
sinistra, il portale di Sant'Alipio, che rappresenta l'ingresso del corpo di San Marco nella basilica com'era
allora. Gli altri, danneggiati, furono rifatti tra il XVII e il XIX secolo mantenendo i soggetti originali, che
fatta eccezione per il mosaico sopra portale centrale, hanno tutti come soggetto principale il corpo del santo,
dal suo ritrovamento presso Alessandria d'Egitto ad opera di due mercanti veneziani avvenuta
nel 829 all'arrivo delle sacre spoglie in città e alla successiva deposizione.
La lunetta del portale centrale è decorata secondo l'usanza tipicamente occidentale in epoca romanica, con
un Giudizio universale, incorniciato da tre archi scolpiti di diverse dimensioni, che riportano una serie
di Profeti, di Virtù sacre e civili, di Allegorie dei mesi, dei Mestieri e di altre scene simboliche con animali e
putti (1215-1245 circa). Questi rilievi mescolano suggestioni orientali e del romanico lombardo (quali le
opere di Wiligelmo), ma vennero realizzati da maestranze locali.
Dagli archi inflessi dell'ordine superiore, decorati in stile gotico fiorito, le statue delle Virtù
cardinali e teologali, quattro santi guerrieri e San Marco vegliano sulla città. Nell'arco del finestrone centrale,
sotto San Marco, il Leone alato mostra il libro con le parole "Pax tibi Marce Evangelista meus".
Sulle colonne all'ingresso della Basilica sono presenti alcune iscrizioni in lingua armena (secolo XVII).
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L'arte del vetro
La storia del Vetro di
Murano nasce nel 1291 quando si
decretò che le vetrerie di Venezia,
attive probabilmente già prima
del mille, fossero trasferite a
Murano dal momento che i forni
dei laboratori erano spesso
responsabili di disastrosi incendi,
che divenivano particolarmente
gravi perché all'epoca le
costruzioni erano principalmente
in legno. Tuttavia, documenti e
reperti antichi testimoniano che
l'industria si fosse radicata
nell'isola già da tempo.
Concentrare le vetrerie a Murano servì alla Serenissima, gelosa di un'arte che l'aveva resa celebre in tutto il
mondo sin dalle origini, a controllarne meglio l'attività. I mastri vetrai erano obbligati a vivere sull'isola e
non potevano lasciare Venezia senza un permesso speciale. Molti tuttavia riuscirono a fuggire, esportando
all'estero le loro celebri tecniche. La più importante crisi che colpì l'industria fu quella del XV secolo,
quando si cominciò la fabbricazione dei cristalli di Boemia, forse ispirati agli stessi vetri di Murano. Venezia
ne uscì, specie da quando il vetro fu utilizzato per la realizzazione di lampadari, tutt'oggi tra i manufatti più
noti di Murano.
Solo i mastri vetrai, fra i non nobili, potevano sposare figlie
di patrizi. La Repubblica infatti, emanò un decreto, in
seguito ai disordini avvenuti nel Maggior Consiglio di
Murano, che dichiarava cittadini muranesi solamente coloro
i quali fossero nati nell'isola o avessero acquistato immobili
nella stessa. Nel 1602, il podestà Barbarigo, nel censire gli
isolani, ricorse alla compilazione di un Libro d'Oro. L'iter
per ottenere l'iscrizione non era né semplice né breve e
infatti avveniva solamente mediante il consenso della
Repubblica. Chi non risultava iscritto non poteva svolgere
alcun tipo di lavoro in vetreria, non partecipava ai consigli e
non usufruiva di tutti gli altri privilegi concessi ai cittadini muranesi.
Il maestro vetraio viene assistito da due aiutanti chiamati servente e serventino. Essi sorreggono la lunga
canna metallica sulla quale il maestro soffia per dare al vetro la forma desiderata, ma non solo, il servente ed
il serventino manipolano a loro volta il vetro con gli attrezzi a loro disposizione, tra i quali sono essenziali la
spatola ed una pinza chiamata borsella.
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La storia di Verona si estende dalla
fondazione del primo nucleo abitativo
sul colle San Pietro, risalente
probabilmente al neolitico, sino ai giorni
nostri: le testimonianze di una storia così
antica e ricca sono visibili nei monumenti,
per le strade e le piazze, e perfino nel
sottosuolo, dove emergono le rovine ed i
manufatti delle antiche civiltà preistoriche,
ma soprattutto romane.
È proprio durante la dominazione romana
che Verona crebbe sino a diventare una
delle più importanti città del nord Italia,
status che mantenne nei secoli, visto che
anche dopo la caduta dell'impero romano la
città divenne più volte capitale di regni
barbarici. Nel basso Medioevo Verona
divenne un Comune indipendente, ma spesso sconvolto da sanguinose lotte tra le famiglie guelfe e
ghibelline: le prime capeggiate dai Sambonifacio, le seconde dai Montecchiprima, e dagli Scaligeri poi. E
proprio con gli Scaligeri vi fu l'indolore passaggio da Comune a Signoria.
I Della Scala furono protagonisti della storia veronese per due secoli, finché nel 1388 Verona perse la sua
indipendenza, e nel giro di pochi anni finì soggiogata dai Visconti, dai Carraresi e infine
nel 1405 dai Veneziani. Con la fine della repubblica di Venezia nel 1797 iniziarono le dominazioni straniere,
prima sotto i francesi e subito dopo gli austriaci: Verona divenne parte del neonato Regno d'Italia solo
nel 1866.
L’Arena
La storia dell'anfiteatro nell'antichità è per
lo più sconosciuta, anche se in parte si può
trarre da alcuni fatti che
coinvolsero Verona. La città fu coinvolta
nella guerra fra Vitellio e Vespasiano:
quest'ultimo, infatti, scelse la città come
fortezza, perché attorniata da campi aperti in
cui poteva utilizzare la cavalleria. La cinta
muraria cittadina era però ormai inservibile,
proprio per la presenza dell'anfiteatro poco
fuori dalle mura, costruito in epoca di pace,
per cui decise di costruire un vallo e di far
scavare l'Adigetto (un lungo fossato,
utilizzato anche nel Medioevo) a sud della
città. La realizzazione di quest'opera è
dunque la conferma che nel 69
d.C. l'anfiteatro era già stato costruito.
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L'imperatore Gallieno fu impegnato in lunghe guerre
per fermare le invasioni barbariche del III secolo,
durante le quali utilizzò Verona nella sua nuova tattica
di difesa elastica, che vedeva i capisaldi nelle città
di Milano, Verona e Aquileia. Decise quindi di
allargare le mura della città, ed in soli sette mesi,
nel 265, costruì 1.300 metri di mura,[5]
in cui incluse
finalmente l'Arena risolvendo il problema della sua
posizione dominante rispetto alle mura di epoca
repubblicana, come è attestato dalla scritta
sull'architrave di Porta Borsari. Nel 1874 Antonio
Pompei compì degli scavi attorno all'Arena nel corso
dei quali si riportarono alla luce le fondazioni delle mura di Gallieno, che correvano a 5 metri dall'anfiteatro.
Si scoprì pure che le mura tagliavano i collettori per lo scarico delle acque piovane, anche se l'Arena poté
ancora essere utilizzata per gli spettacoli in quanto si fece realizzare una soluzione alternativa: un grande
pozzo centrale, la cui esistenza è stata scoperta nel XVIII secolo. Lo scolo delle acque doveva risultare
comunque meno efficiente, e da questo periodo inizia così la fase di decadenza dell'Arena.[6]
L'assedio di Verona, le mura più a destra erano quelle che inglobavano
l'anfiteatro, che però non è visibile.
È possibile, anche se non vi sono prove certe, che l'anfiteatro fosse utilizzato anche per il martirio
dei cristiani, e ilMaffei ipotizza che proprio qui vennero martirizzati i santi Fermo e Rustico nel 304, nella
stessa occasione in cui ilvescovo Procolo chiese di essere martirizzato ma fu invece deriso e allontanato
perché vecchio.
Nel 312 Verona tornò ad essere protagonista nella guerra tra Costantino e Massenzio, quando quest'ultimo si
asserragliò dentro Verona e l'esercito costantiniano venne ad assediarlo: l'assalto avvenne proprio all'altezza
dell'anfiteatro, che funse per gli assediati da bastione, dato che era molto più alto delle mura di Gallieno.
Davanti all'anfiteatro si tennero due dei più importanti scontri di quella campagna: la sortita degli assediati,
che permise a Ruricio Pompeiano di andare a cercare rinforzi, e la battaglia notturna, in cui Costantino fu
preso su due fronti, da quello degli assediati e da quello dei soccorsi, anche se riuscì comunque a
vincere.[8]
Di questa battaglia vi sono due descrizioni, una in un panegirico a Costantino,[9]
ed una in un
rilievo dell'arco di Costantino, in cui compare la città di Verona sotto assedio: nel rilievo quadrato, sulla
sinistra, c'è Costantino protetto da una guardia e coronato dallaVittoria, mentre sulla sua destra l'esercito
attacca la città mentre gli assediati lanciano frecce e giavellotti dalle mura e dalle torri della città. La parte di
cinta muraria più a destra, dove mancano le finestre del piano inferiore, era probabilmente quella che
inglobava l'Arena.
Con l'affermazione del Cristianesimo vi fu l'abbandono dei giochi gladiatori, e l'inefficienza degli organismi
pubblici nella conservazione del monumento fu un'ulteriore spinta verso il suo abbandono.[7]
Molto
probabilmente il crollo della facciata o anello esterno è dovuto ad una serie di eventi sismici avutisi in Italia
Settentrionale dal medioevo fino al terremoto più disastroso del 1117. A seguito delle diverse scosse
sismiche sono crollate le arcate dell'anello esterno, di cui rimangono integre oggi soltanto le 4 arcate della
cosiddetta Ala.
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Storia
La struttura attuale sorge nel luogo in cui venne edificata, nel IV secolo probabilmente ad opera
del vescovo Zeno, la prima chiesa cristiana della città. Questa chiesa era a tre navate con presbiterio rialzato
ed aveva anche un battistero. Nel V secolo la chiesa primitiva venne affiancata da una seconda, l'Ecclesia
Matricularis, più grande e dotata di nartece, cioè struttura tipica delle basiliche che collegava le navate con
l'esterno; queste strutture vennero rase al suolo dal terremoto del 1117.
La costruzione di una nuova cattedrale fu iniziata solo tre anni dopo, nel 1120, e terminò nell'anno 1187; il
13 settembre di quello stesso anno, poi, fu solennemente consacrata da Papa Urbano III. La chiesa, nel corso
dei secoli, specialmente nei secoli XVI e XVI, ha subito varie alterazioni che, però, non riguardarono né la
sua pianta, né il suo orientamento. Risale al cinquecento l'attuale sistemazione della facciata, prima più bassa
e priva del rosone e delle due grandi bifore laterali, mentre il campanile, costruito al posto di
quello romanico, è stato costruito tra il 1915 e il 1920su progetto di Ettore Fagiuoli; tuttavia, a causa dello
scoppio della prima guerra mondiale, è rimasto privo della cuspide di coronamento.
Esterno
La lunetta del portale principaleLa facciata principale, che
domina Piazza Duomo, è tripartita, presenta un frontone ed al
centro si trova un protiro con una parte inferiore in marmi
bianchi e rosati, presenta colonne tortili che sostengono un
arco, ai cui lati sono scolpiti motivi vegetali, scene di caccia e
figure di santi; la parte superiore del protiro è in tufo e presenta
un arco sormontato da un timpano e appoggiato su due grifoni
ed otto colonne. Il portale è scolpito con immagini di profeti e
di animali; il protiro laterale sul quale si innalza il campanile
presenta due ordini di colonne con capitelli decoratissimi,
bassorilievi e resti di affreschi del XIV secolo.
Interno
La facciata principale, che domina Piazza Duomo, è tripartita,
presenta un frontone ed al centro si trova un protiro con una parte
inferiore in marmi bianchi e rosati, presenta colonne tortili che
sostengono un arco, ai cui lati sono scolpiti motivi vegetali, scene
di caccia e figure di santi; la parte superiore del protiro è in tufo e
presenta un arco sormontato da un timpano e appoggiato su due
grifoni ed otto colonne. Il portale è scolpito con immagini di
profeti e di animali; il protiro laterale sul quale si innalza il
campanile presenta due ordini di colonne con capitelli
decoratissimi, bassorilievi e resti di affreschi del XIV secolo.
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La casa di Giulietta è un palazzo
medievale di Verona, situato in via
Cappello, a poca distanza dalla
centrale piazza delle Erbe.
La tragedia di Romeo e Giulietta ha
trovato a Verona addirittura dei
riscontri, e la fantasia ha mescolato
leggenda e realtà, tanto che sono stati
riconosciuti vari luoghi in cui si sarebbe
svolta la vicenda narrata
da Shakespeare.
Storia del palazzo
Sono esistite effettivamente due
famiglie di nome Montecchi e Capuleti
(il nome esatto è però Cappelletti): dei Cappelletti si ha conoscenza della loro presenza fino agli anni della
permanenza di Dante a Verona, nella attuale casa di Giulietta, ubicata in prossimità di piazza Erbe, dove la
loro presenza è testimoniata dallo stemma del cappello sulla chiave di volta dell'arco di entrata al cortile della
casa.
I Montecchi, importanti mercanti ghibellini veronesi, furono veramente coinvolti in lotte sanguinose per il
controllo del potere a Verona, in particolare con la famiglia guelfa dei Sambonifacio, ma non si hanno
notizie di rivalità con i Cappelletti.[1]
I Montecchi e i Cappelletti vengono citati anche da Dante nella Divina Commedia (Purgatorio, VI v. 105-
107).
La casa di Giulietta divenne nel XIV secolo un hospitium a Capello, e la nuova famiglia Capello che vi
risiedeva (e che prese probabilmente il nome dal luogo in cui abitavano) risulta aver esercitato il mestiere
di speciari (cioè farmacisti) ancora alla fine del XV secolo.
Dal XVII al XIX secolo divenne uno stallo con albergo (di pessima qualità, vista la citazione che pare ne
abbia fatto Dickens). Solo la torre d'ingresso risale al XIII secolo, anche se ha subito innumerevoli
trasformazioni, compresi gli altri edifici che si affacciano sul cortile.
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Ancona , capoluogo della provincia omonima e delle Marche.
Affacciata sul mare Adriatico,
possiede uno dei maggiori
porti italiani. Città d'arte con
un centro storico ricco di
monumenti e con una storia
millenaria, è uno dei
principali centri economici
della regione, oltre che suo
principale centro urbano per
dimensioni e popolazione.
Protesa verso il mare, la città
sorge su un promontorio a
forma di gomito piegato, che
protegge il più ampio porto
naturale dell'Adriatico centrale. I Greci di Siracusa, che fondarono la città nel 387 a.C., notarono la forma di
questo promontorio e per questo motivo chiamarono la nuova città
Ἀγκών, "ankòn", che in greco significa gomito. L'origine greca di
Ancona è ricordata dall'epiteto con la quale è conosciuta: la
"città dorica".
In base a studi statistici[6]
, la sua area metropolitana interessa dai
280.000[7]
ai 350.000[8]
abitanti.
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PROGRAMMA DI VIAGGIO: 1° Giorno 01 APRILE: OPPIDO LUCANO – RECANATI – IESOLO 05:30 Ritrovo dei partecipanti nei luoghi convenuti dall’istituto. (Soste durante il viaggio per coffee break) 06:00 Partenza da Oppido Lucano in direzione Recanati 11:30 Arrivo a Recanati e visita ai luoghi Leopardiani 13:30 Pranzo a cura dei partecipanti. 14:30 Pomeriggio partenza per Jesolo. (Sosta durante il viaggio per coffee break) 18:30 Sistemazione, cena e pernottamento in Hotel. 2° Giorno 02 APRILE: JESOLO – PUNTA SABBIONI – VENEZIA – MURANO – JESOLO 07:30 Prima colazione in hotel 08:00 Partenza per Punta Sabbioni 08:30 Arrivo a Punta Sabbioni e imbarco in traghetto per Venezia S. Marco. 09:30 Arrivo a Venezia San Marco, incontro con la guida e inizio visita della città, Piazza San Marco, Ponte di Rialto. 12:30 Visita ai siti storici: Galleria dell’Accademia e Ponte dell’Accademia 14:00 Pranzo in ristorante. 15:20 Nel pomeriggio partenza con imbarcazione privata preventivamente prenotata per Murano, con hostess a bordo per la visita alla fornace. 16:10 Arrivo a Murano e visita in una fornace per assistere alla lavorazione del vetro. 18:00 Rientro in barca a Punta Sabbioni 19:30 Rientro in hotel, cena e pernottamento. 3° Giorno 03 APRILE : JESOLO – VERONA – JESOLO 08:00 Prima colazione in hotel 08:30 Partenza per Verona 10:30 Arrivo a Verona, incontro con guida e visita della città e ai siti storico-architettonici quali Arena e Duomo. 13:30 Pranzo in ristorante. 15:00 In pomeriggio visita guidata: casa di Giulietta e Romeo, Teatro Romano e Torre Lamberti. 18:00 Partenza per Jesolo 20:30 Rientro in hotel, cena e pernottamento 4° Giorno 04 APRILE: JESOLO – ANCONA – OPPIDO LUCANO 07:00 Prima colazione in hotel 07:30 Partenza per Ancona. 11:30 Arrivo e visita alla città. 13:30 Pranzo in ristorante. 16:00 Partenza per il rientro ad Oppido. (Soste durante il viaggio per coffee break) 22:00 Arrivo presunto ad Oppido Lucano.
PREZZO TOTALE EURO 240,00
Referente :
Prof.ssa IGEA MAROCCHI