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I Sistemi Elettorali - Acli Provinciali di Bergamo · I Sistemi Elettorali per esempi Regno Unito:...

Date post: 18-Feb-2019
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Vademecum Sistemi Elettorali – Acli Bergamo 1 I Sistemi Elettorali Una panoramica Cos’è il sistema elettorale? Il sistema elettorale è l’insieme di regole e procedure che disciplinano lo svolgimento delle elezioni e dunque i processi attraverso i quali i voti dei singoli elettori vengono convertiti in preferenze e queste a loro volta trasformate in ruoli di autorità o seggi. Quali sono i sistemi elettorali? A seconda del criterio di assegnazione dei seggi, possiamo distinguere due formule elettorali: Il sistema maggioritario (uninominale e plurinominale) e il sistema proporzionale (plurinominale). Nel sistema maggioritario uninominale il territorio dello Stato è suddiviso in tante circoscrizioni o collegi quanti sono i seggi da ricoprire e viene eletto in ogni circoscrizione il candidato che ha ottenuto la maggioranza dei voti. Il seggio viene attribuito al candidato che ha ottenuto la maggioranza dei voti secondo la formula maggioritaria assoluta (majority) o la formula maggioritaria relativa (plurality). Nel primo caso il candidato deve ottenere il 50% + 1 dei voti validamente espressi per essere eletto. Quando è richiesta la maggioranza assoluta, talvolta si procede a una seconda votazione tra i due candidati che hanno avuto il maggior numero di voti (doppio turno o ballottaggio); nel secondo, invece, il seggio viene assegnato a chi abbia ottenuto il maggior numero di voti rispetto ai suoi avversari e si vota una volta sola (turno unico). Nel sistema maggioritario plurinominale si attribuisce la vittoria alla lista che riporta il maggior numero di voti nella circoscrizione. La lista può essere formata da tanti candidati quanti sono i seggi da attribuire, oppure avere un numero di candidati superiore a quello dei seggi, consentendo all’elettorato di esprimere la sua preferenza tra questi. In questo sistema, nel caso di uno scrutinio di lista, si attribuiscono i seggi alla lista che riporta la maggioranza di voti, ma tale meccanismo non è quasi mai adottato. Comunemente, invece, nel caso di uno scrutinio di lista, il termine maggioritario indica un sistema che assegni alla lista che ottenga più voti un forte premio di
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Vademecum Sistemi Elettorali – Acli Bergamo

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I Sistemi Elettorali

Una panoramica

Cos’è il sistema elettorale?

Il sistema elettorale è l’insieme di regole e procedure che disciplinano lo svolgimento delle elezioni

e dunque i processi attraverso i quali i voti dei singoli elettori vengono convertiti in preferenze e

queste a loro volta trasformate in ruoli di autorità o seggi.

Quali sono i sistemi elettorali?

A seconda del criterio di assegnazione dei seggi, possiamo distinguere due formule elettorali:

Il sistema maggioritario (uninominale e plurinominale) e il sistema proporzionale (plurinominale).

Nel sistema maggioritario uninominale il territorio dello Stato è suddiviso in tante circoscrizioni o

collegi quanti sono i seggi da ricoprire e viene eletto in ogni circoscrizione il candidato che ha

ottenuto la maggioranza dei voti. Il seggio viene attribuito al candidato che ha ottenuto la

maggioranza dei voti secondo la formula maggioritaria assoluta (majority) o la formula

maggioritaria relativa (plurality). Nel primo caso il candidato deve ottenere il 50% + 1 dei voti

validamente espressi per essere eletto. Quando è richiesta la maggioranza assoluta, talvolta si

procede a una seconda votazione tra i due candidati che hanno avuto il maggior numero di voti

(doppio turno o ballottaggio); nel secondo, invece, il seggio viene assegnato a chi abbia ottenuto il

maggior numero di voti rispetto ai suoi avversari e si vota una volta sola (turno unico).

Nel sistema maggioritario plurinominale si attribuisce la vittoria alla lista che riporta il maggior

numero di voti nella circoscrizione. La lista può essere formata da tanti candidati quanti sono i

seggi da attribuire, oppure avere un numero di candidati superiore a quello dei seggi, consentendo

all’elettorato di esprimere la sua preferenza tra questi. In questo sistema, nel caso di uno scrutinio

di lista, si attribuiscono i seggi alla lista che riporta la maggioranza di voti, ma tale meccanismo non

è quasi mai adottato. Comunemente, invece, nel caso di uno scrutinio di lista, il termine

maggioritario indica un sistema che assegni alla lista che ottenga più voti un forte premio di

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maggioranza, in modo da attribuirle una porzione di seggi nettamente superiore alla sua

percentuale di voti.

Il termine maggioritario viene spesso adoperato anche per designare un sistema elettorale misto,

basato sulla combinazione tra una maggioranza di seggi assegnati con un sistema maggioritario

uninominale e una minoranza assegnata con un sistema proporzionale.

Il sistema proporzionale (obbligatoriamente) plurinominale attribuisce i seggi in proporzione alla

percentuale di voti ottenuti dai partiti, garantendo la rappresentanza parlamentare anche a quelli

minori. La distinzione in questo caso è da fare sul metodo di calcolo usato per convertire i voti in

seggi da distribuire. Quello più usato è il metodo del quoziente elettorale che si ottiene dividendo

il numero dei voti validamente espressi per il numero dei seggi. Tuttavia, poiché i voti ottenuti di

regola non corrispondono esattamente al quoziente elettorale o ai suoi multipli, e determinate

quantità di voti potrebbero rimanere inutilizzate e alcuni seggi non assegnati, si ricorre a diversi

meccanismi di distribuzione dei resti. Il rischio di questo sistema è l’eccessiva frammentazione

della rappresentanza parlamentare: in alcuni sistemi si ovvia al problema con il quoziente corretto,

che prevede l’introduzione di una clausola di sbarramento che estromette dal procedimento di

ripartizione dei seggi quelle liste che non hanno ottenuto una percentuale di voti significativa (i

voti delle liste escluse sono ripartiti proporzionalmente tra tutti i partiti che abbiano, invece,

raggiunto la percentuale prestabilita) e il premio di maggioranza alla lista o alle liste che hanno

ottenuto la maggioranza relativa dei voti, assegnando un numero di seggi in paramento superiore

rispetto a quelli ottenuti al fine di per assicurare la governabilità e una maggioranza sicura in

Parlamento.

Cos’è il collegio elettorale?

Collegio elettorale e Circoscrizione elettorale sono la stessa cosa?

Nei fatti Il collegio elettorale e la circoscrizione elettorale sono gli ambiti territoriali – ciascuna

delle parti in cui è suddiviso il territorio di uno Stato su base demografica – entro i quali l’elettore

è chiamato a votare. A seconda che vengano eletti uno o più candidati, quindi a seconda che il

sistema elettorale sia rispettivamente maggioritario o proporzionale, chiamiamo: collegi

uninominali un ampio numero di sezioni - i «collegi» - in ognuna delle quali vi è soltanto un seggio

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in palio per il quale competono i diversi partiti con i loro candidati - gli elettori quindi sono

chiamati a votare non per liste di partito ma per la persona che i singoli partiti hanno deciso di

candidare, il che implica una tendenziale «personalizzazione» della competizione elettorale; e

circoscrizioni plurinominali quelle sezioni - le «circoscrizioni» - entro cui si svolgono le elezioni, e in

palio vi sono una pluralità di seggi nella competizione tra i partiti. I partiti non presentano singole

persone, come accade nei sistemi maggioritari, ma presentano (e gli elettori votano) liste di

partito. Le liste possono essere aperte, se gli elettori possono esprimere preferenze per uno o più

candidati oppure bloccate se gli elettori non possono esprimere preferenze ma votano

semplicemente per una lista di candidati preconfezionata dai partiti stessi in un dato ordine di

preferenza.

I Sistemi Elettorali per esempi

Regno Unito: Il Britannicum

Il sistema elettorale Britannico maggioritario a turno unico, anche conosciuto come “first past the

post“, ossia “il primo vince tutto”, resta tra le fila dei più discussi sistemi di votazione. Vediamo

perché.

The first past the post

I sistemi maggioritari puri, in cui cioè si vince nei singoli collegi con la sola maggioranza relativa dei

voti, sono adottati e funzionano in modo adeguato nei sistemi bipartitici1: questi sistemi

producono un chiaro vincitore non soltanto nei singoli collegi – i partiti si contendono 650 collegi

su tutto il territorio - ,ma anche su scala nazionale aggiudicandosi il maggior numero di seggi in

palio nelle singole competizioni di collegio. Al partito e al suo candidato viene quindi garantita la

maggioranza in parlamento e può procedere alla formazione del governo e governare saldamente.

Questo sistema produce rilevanti effetti dis-rappresentativi: all’interno del singolo collegio è uno

solo il candidato-partito a vincere e quindi gli elettori del candidato-partito perdente risultano alla

fine non rappresentati, anche per un solo pugno di voti. Gli effetti di questo sistema ovviamente si

1 Il termine bipartitismo indica un sistema politico caratterizzato dalla presenza di due soli partiti in competizione per il governo.

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ripercuotono a livello più generale su scala nazionale. Nell’ipotesi di una vittoria di un partito su un

altro per pochi voti in tutti e 650 collegi, si avrà un parlamento interamente composto dal partito

vincitore a fronte di un paese che in realtà è spaccato a metà tra elettori di un e dell’altro partito.

Inoltre se si pensa che ogni collegio differisce dall’altro per numero di elettori che lo compongono,

è facile intuire come la vittoria di un candidato-partito in un collegio piccolo non possa essere

paragonata, in termini di voti presi, alla perdita dello stesso in un collegio moto grande. Allo stesso

modo un partito che arriva secondo o terzo in molti collegi può essersi aggiudicato un gran

numero di voti, ma aver conquistato pochi seggi.

Il maggioritario a turno unico nei sistemi bipartitici, nonostante garantisca stabilità e governabilità,

nei fatti tende a falsare la realtà: esclude le minoranze che in parlamento non vengono

adeguatamente rappresentate in favore di una turnazione costante dei due grandi partiti,

conservatori e laburisti, e tende a scoraggiare alcuni elettori dal recarsi alle urne poiché nei collegi

in cui un determinato partito è dato per vincente i sostenitori di altri schieramenti non si

disturbano ad andare a votare.

Per capire meglio: le elezioni del 2015 – Cameron contro Miliband

Giovedì 7 maggio 2015 i cittadini di Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda del Nord sono stati chiamati

alle urne per eleggere il nuovo Parlamento britannico, e di conseguenza il nuovo governo e il

nuovo primo ministro del Regno Unito. In lizza: i Conservatori di David Cameron al governo, i

Laburisti di Ed Miliband all’opposizione, gli euroscettici Ukip di Nigel Farage (il partito anti-Ue e

anti-immigrati), i liberaldemocratici di Nick Clegg e gli indipendentisti scozzesi dello Scottish

National Party della ‘dama rossa’ Nicola Sturgeon.

Ognuno dei 650 collegi elegge un deputato che lo rappresenterà direttamente in parlamento, con

un voto diretto, maggioritario e a turno unico. Hanno diritto di voto tutti i cittadini del Regno

Unito, del Commonwealth e della Repubblica d'Irlanda che hanno compiuto 18 anni, che risiedono

in Gran Bretagna e Nord Irlanda e che sono iscritti nel registro elettorale. Per tradizione, i membri

della famiglia reale non votano anche se ne avrebbero diritto.

Il governo sarà formato dal partito – o dalla coalizione – che ottiene la maggioranza dei collegi e

quindi dei seggi nella Camera dei Comuni - House of Commons2 -. Il leader di questo partito

2 Quello Britannico è un parlamento bicamerale, composto di una camera alta (House of Lords) e di una camera bassa (House of Commons). La camera dei Lord ha al suo interno i Lords Spiritual (i principali vescovi della Chiesa

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diventa primo ministro “automaticamente”, tanto che in caso di elezione di un nuovo segretario

del partito di governo a legislatura in corso, il primo ministro si dimette e la Regina assegna al

nuovo segretario l’incarico di formare un nuovo governo.

Nella pratica, però, l’elettorato non sceglie direttamente il primo ministro poiché i leader di partito

si candidano alla Camera ognuno nel suo collegio. Il Conservatore David Cameron si era candidato

a Witney, un ricco collegio dell’Oxfordshire e solo questi sono stati gli unici elettori a poterlo

votare direttamente e la stessa cosa succedeva a Ed Miliband, leader del Labour, a sua volta

candidato come deputato nella circoscrizione di Doncaster North, in South Yorkshire.

La vittoria di Cameron con la maggioranza assoluta si spiega con la vittoria del partito

conservatore in 331 collegi su 650, garantendosi così altrettanti seggi nella camera dei comuni.

http://www.repubblica.it/static/speciale/2015/elezioni/regno_unito_gran_bretagna/?refresh_cen

s

Germania: un governo stabile dal 1949 La Germania è una repubblica federale parlamentare. Il Presidente federale ha poteri simili al

Presidente della Repubblica italiana ed è eletto dal Consiglio federale. Il Cancelliere (capo di

governo) viene eletto senza dibattito dal Bundestag su proposta del Presidente federale.

Il parlamento tedesco è formato da due camere: il Bundesrat, ovvero la camera composta dai

rappresentanti dei Land (gli Stati) i cui componenti vengono designati dai governi federati e il

Bundestag, la camera di rappresentanza popolare, eletta direttamente ogni quattro anni secondo

un sistema misto, simile al Mattarellum italiano, che prevede una metà dei deputati eletta in

collegi uninominali e l'altra metà sulla base di un sistema proporzionale con sbarramento.

d'Inghilterra) e i Lords Temporal (i Pari del Regno)ed è completamente non elettiva. I Comuni, invece, sono eletti democraticamente e rappresentano il cuore del sistema parlamentare britannico.

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Un sistema misto

Il sistema elettorale tedesco è di tipo proporzionale con collegi uninominali. Metà dei membri del

Bundestag è eletto direttamente dalle 299 circoscrizioni uninominali in cui è diviso il Paese. Viene

eletto il singolo candidato con la maggioranza relativa dei voti, fosse anche di molto inferiore al

50%. E' il metodo inglese del first past the post.

L'altra metà, 299 deputati, entra in Parlamento in base alla percentuale di voti ottenuta dal

partito, che presenta liste elettorali differenti in ognuno dei Land. Ogni elettore ha due voti a

disposizione e quindi due schede. Con una elegge il proprio rappresentante locale al Bundestag

(collegio uninominale). Con l’altra esprime la propria preferenza verso un partito (quota

proporzionale).

È questo voto a determinare il rapporto di forze tra i partiti all'interno del Parlamento. Le

percentuali con cui i partiti saranno rappresentati nel parlamento determina chi di fatto avrà la

maggioranza e quindi la possibilità di eleggere il proprio candidato come Cancelliere Federale. Non

tutte le forze politiche entrano nel Bundestag. Rimangono fuori i partiti che non superano la soglia

di sbarramento del 5% né riescono ad eleggere almeno tre deputati attraverso le circoscrizioni

uninominali.

C'è una particolarità però nel sistema tedesco: in base al sistema di calcolo delle quote

proporzionali (in vigore dal 2008), può capitare che un partito abbia più deputati di quanto ne

prevedessero i calcoli base: si parla in questo caso di "Überhangmandate", gli 'eletti in eccesso',

che comunque entrano a far parte dell'assemblea. Il limite di 598 è quindi indicativo: nel

Bundestag uscente ci sono infatti 620 deputati, 22 in più di quelli previsti.

Il voto per lettera Già nel 1957 è stata introdotta la possibilità per i cittadini di partecipare alle elezioni votando non

personalmente nel seggio elettorale, ma per lettera. Il cittadino deve richiedere i documenti per

votare presso il comune di residenza; in molti comuni è possibile farlo anche via Internet. Entro le

ore 18 del giorno delle elezioni deve consegnare questi documenti nel suo seggio elettorale, ma

può farlo anche prima di quel giorno in un'apposita urna collocata nella sede del comune, oppure

può mandarli al comune via lettera. I tedeschi che vivono all'estero possono mandare questi

documenti anche alla più vicina rappresentanza diplomatica della Germania. Questa possibilità è

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stata sfruttata da una parte sempre più crescente della popolazione: per esempio durante le

elezioni del 2013 il 24,3% degli elettori ha scelto questa modalità.

Per capire meglio: le elezioni del 2013 - Merkel contro Steinbrück Come in tutte le democrazie pluripartitiche, l'espressione del premier, Cancelliere nel caso

tedesco, è spesso una questione di alleanze. Il partito di maggioranza relativa cerca quindi di

formare una maggioranza stabile alleandosi con uno o più partiti.

http://www.ilpost.it/2013/09/19/elezioni-germania-2013-2/2/

http://www.viaggio-in-germania.de/elezioni-politiche-2013.html

Francia: Un sistema radicato nella storia politico-istituzionale del paese

Il sistema elettorale francese per la formazione dell'Assemblea Nazionale è maggioritario

uninominale a doppio turno (sistema parzialmente diverso vige per il Senato, il quale è elettivo di

secondo grado3).

Il voto ha luogo per circoscrizioni riportate in tre tabelle: per i dipartimenti, per i territori

d'oltremare, per i Francesi stabilitisi fuori di Francia. Le circoscrizioni sono 577, quanti sono i seggi

in palio, ed è necessario che un candidato ottenga la maggioranza assoluta dei voti al primo turno

(non basta la maggioranza relativa come in Gran Bretagna) ragion per cui si passa ad un secondo

turno se nessuno la raggiunge al primo.

Il sistema ha effetti fortemente maggioritari perché solo i candidati espressi da uno dei quattro

maggiori partiti (comunisti, socialisti, gollisti, giscardiani) hanno ragionevoli possibilità di vincere la

competizione nel collegio uninominale.

Accordi di desistenza

Qualora nessun candidato ottenga il 50% +1 dei consensi al primo, si passa ad un secondo turno,

dove è sufficiente la maggioranza relativa, a cui possono accedere solo quei candidati che abbiano

ottenuto al primo turno almeno il 12, 5 % vedi voti calcolato sugli aventi diritto al voto (ovvero

circa il 20% dei voti validi). Nella maggioranza dei casi, solo i primi quattro candidati hanno la

3 Il Senato è composto da 348 senatori, i quali durano in carica sei anni. Esso si rinnova per la metà dei componenti ogni tre anni. 180 senatori sono eletti con rappresentanza proporzionale e 168 con scrutinio maggioritario a doppio turno (12 senatori, rappresentanti i Francesi all'estero, sono eletti a scrutinio proporzionale dai componenti dell'Assemblea dei Francesi all'estero).

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possibilità di ottenere la maggioranza assoluta: se nessuno la raggiunge, si va ad un secondo turno,

in cui si contrappongono in genere i due candidati, uno per la coalizione del centro destra, uno per

quella del centro sinistra. Il sistema consente la presentazione al primo turno di candidati diversi

per ciascuno dei quattro maggiori partiti (più gli altri minori), per testare la tenuta di ciascuno di

essi, in ragione del fatto che tutti raccolgono un numero di voti simile. Anche se tutti e quattro i

candidati maggiori superano la soglia del 12, 5 % al primo turno, in genere in vista del secondo si

dà vita ad accordi di desistenza, in entrambi gli schieramenti, per non favorire l’avversario: i due

partiti che compongono ciascuno schieramento si accordano per presentare al secondo solo il

candidato che al primo turno ha ottenuto il maggior numero di consensi. È quindi una tattica

elettorale consistente nel ritiro o nello scambio di candidati fra partiti dello stesso schieramento,

al fine di non disperdere i voti. Queste vengono create in ogni caso prima delle elezioni e sono i

partiti più forti ad avere solitamente più possibilità di arrivare all’Assemblea e, non dissimilmente

che in Italia, conta molto la tradizione territoriale: ci saranno zone dove i socialisti più spesso

vincono, e zone dove ha più forza il centro-destra gollista.

Il senato a elezione mista

I membri del Senato sono scelti da particolari collegi elettorali, formati da coloro che sono in

possesso di cariche elettive a livello locale: si tratta quindi di un suffragio indiretto secondo cui

godono dell’elettorato attivo i deputati e i consiglieri regionali eletti in ogni singolo Dipartimento, i

consiglieri generali del dipartimento di riferimento e i consiglieri municipali. Le modalità di

elezione sono due e variano in ragione della dimensione dei collegi stessi, che corrispondono ai

dipartimenti: quando in palio vi sono da 1 a 3 seggi, viene impiegato un sistema elettorale

maggioritario, quando sono di più, si applica un sistema elettorale proporzionale in liste bloccate e

chiuse.

Per capire meglio: le elezioni del 2012

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/12/04/francia-come-funziona-il-sistema-a-doppio-turno-

che-mette-daccordo-letta-e-renzi/801343/

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Spagna: La legge elettorale

La Spagna è una monarchia costituzionale, con un re che ha ruolo di rappresentanza e di garanzia.

Il potere esecutivo è nelle mani del Primo ministro, eletto dal Parlamento. Quest'ultimo è

suddiviso in due rami, Camera e Senato, che si rinnovano ogni 4 anni e hanno sistemi di elezione

diversi. La legge elettorale è in vigore dal 1979, ossia dall'anno in cui il paese è tornato alla

democrazia dopo la dittatura franchista.

Un sistema proporzionale puro

Il Senato consta di 259 membri, 208 dei quali sono eletti direttamente dalle province: in ogni

provincia i partiti indicano tre candidati e gli elettori votano sulla scheda direttamente i nomi. Le

province peninsulari eleggono 4 senatori (3 per il partito di maggioranza, 1 per il secondo), mentre

le province insulari 2 o 3. Gli altri 58 senatori vengono eletti dalle comunità autonome ma

indirettamente. La Camera invece adotta un sistema differente, un proporzionale che in tempi

recenti è stato indicato anche da diversi politici di casa nostra come il possibile modello per una

riforma elettorale italiana.

La Camera è composta da 350 deputati, e il paese viene diviso in 52 circoscrizioni, alcune molto

piccole, in cui l'elettore vota il partito e i seggi vengono poi assegnati in maniera proporzionale alla

popolazione. Esiste una soglia di sbarramento al 3%, ma di fatto diventa molto più alta nelle

circoscrizioni più piccole, dove il basso numero di seggi assegnati fa sì che abbiano chance di

entrare in Parlamento solo i partiti che superano il 20 o 30%, con ovvio vantaggio per le due

formazioni maggiori (Partito Popolare e Partito Socialista Operaio Espanol) o per i partiti con forte

radicamento territoriale. Non a caso anche la Lega Nord in Italia aveva sponsorizzato questo

sistema, che spesso garantisce una sovra-rappresentazione per le formazioni regionali.

Oltre alla soglia di sbarramento, un altro vantaggio per i partiti maggiori viene dato dal sistema di

ripartizione dei seggi, che segue il cosiddetto Metodo D'Hondt, che peraltro veniva usato nelle

provinciali italiane e nel Mattarellum per eleggere i senatori. Con questo sistema, in ogni collegio i

voti validi ottenuti da ciascun partito vengono divisi per numeri progressivi crescenti fino a coprire

i seggi disponibili: a questo punto viene stilata una tabella da cui si selezionano i numeri più alti,

che corrispondono ai deputati eletti per ciascun partito. Questo sistema, rispetto ad altri di

ripartizione proporzionale, avvantaggia i grandi partiti e riduce la frammentazione.

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In sintesi, quindi, si tratta di un proporzionale puro che però garantisce un sostanziale bipolarismo

e permette la formazione di maggioranze stabili (grazie a un sostanziale premio di maggioranza

"implicito") riducendo sia la frammentazione, sia la necessità di ricorrere a grandi coalizioni.

Il modello spagnolo prevede, però, che le liste siano "bloccate": non è quindi previsto il voto di

preferenza (che del resto è sconosciuto a numerose democrazie dell'Occidente ed esiste solo in

pochissimi Paesi al mondo), ma il numero molto basso di candidati che compongono le liste (nella

gran parte delle circoscrizioni solo tre, quattro o cinque) consente comunque un buon rapporto di

conoscenza e di relazione tra elettori e candidati.

http://www.ilpost.it/2016/06/26/guida-elezioni-spagna-2016/

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/01/09/legge-elettorale-come-funziona-il-sistema-

spagnolo/836399/

Breve storia dei Sistemi Elettorali in Italia 1945 – 1993: Regole per l’elezione di Deputati e Senatori la Consulta Nazionale, istituita il 5 aprile 1945, esprimeva il proprio parere su un progetto di legge

elettorale, da utilizzarsi per le consultazioni del 2 giugno 1946, approntato da una commissione

interna al Ministero per la Costituente. Un progetto, quest’ultimo, che confluiva nel testo del

decreto legislativo luogotenenziale del 10 marzo 1946, n. 74, con cui si definivano le modalità di

elezione per i deputati dell’Assemblea Costituente. Il sistema prescelto era quello proporzionale a

liste concorrenti che mutuava l’impianto dalla legge varata da Nitti nel 1919, ampliando tuttavia le

circoscrizioni e passando dal metodo d’Hondt4 a quello Hagenbach-Bischoff5 o del quoziente

rettificato (+1). Il sistema veniva corretto con l’introduzione di un collegio unico nazionale per

l’utilizzo dei voti residui. Il provvedimento dichiarava elettori tutti i cittadini di 21 anni, con le sole

eccezioni dei casi di incapacità e indegnità, stabilendo che l’elettorato passivo fosse formato da

4 È uno dei metodi matematici (formule elettorali) utilizzati nei sistemi di tipo proporzionale per attribuire i seggi alle liste. In base a questo metodo si dividono i voti di ciascuna lista per una serie di coefficienti lunga fino al numero di seggi da assegnare e si assegnano quindi i seggi alle liste in base ai risultati in ordine decrescente, fino ad esaurimento dei seggi da assegnare 5 I seggi vengono assegnati determinando il quoziente elettorale, che corrisponde alla somma dei voti validi ottenuti dalla lista (voti emessi e non emessi), diviso per il numero dei seggi da assegnare, aumentato di uno.

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tutti i cittadini di 25 anni, con le eccezioni dovute all’esercizio di funzioni pubbliche o a indegnità

per attività fasciste. L’art. 3 fissava in 573 il numero dei deputati costituenti: i seggi assegnati,

tuttavia, sarebbero stati solo 556, non potendo chiamare alle urne gli elettori di Bolzano, Trieste e

della Venezia Giulia, aree in cui la piena sovranità dello Stato italiano non era stata ancora

pienamente ripristinata. All’Assemblea Costituente eletta il 2 giugno 1946 toccava, poi, il compito

di votare una legge da utilizzarsi per l’elezione del primo parlamento repubblicano. Con

riferimento alla Camera dei Deputati, la legge n. 6 del 20 gennaio 1948, poi confluita nel T.U.

(testo unico) 5 febbraio 1948, n. 26, ribadiva la scelta del sistema proporzionale a liste concorrenti

utilizzato per la Costituente. L’unica differenza era rappresentata dal correttore che passava da +1

a +3. La legge 6 febbraio 1948, n. 29, stabiliva, invece, che i Senatori dovevano essere eletti su

base regionale in collegi uninominali. Per conquistare il seggio, ciascun candidato doveva ottenere

almeno il 65% dei voti calcolati sui votanti, schede nulle e bianche comprese. Nel caso di mancato

raggiungimento del quorum, i seggi venivano attribuiti col metodo d’Hondt. Il numero di Deputati

e Senatori veniva determinato in base alla popolazione. I limiti di età per l’elettorato passivo

venivano fissati dagli art. 56 e 58 della Costituzione: 25 anni per la Camera e 40 per il Senato.

Le elezioni del 18 aprile 1948 sancivano la vittoria della Democrazia Cristiana che, ottenendo il

48,5% dei voti alla Camera, pari a 305 seggi su 574, e il 48,1% dei voti al Senato, pari a 131 seggi,

diventava il partito di maggioranza assoluta.

Nel 1952, sul finire della I legislatura, in un momento in cui, a seguito delle elezioni

amministrative, alla dura opposizione delle sinistre si univa una consistente avanzata della destra,

Alcide De Gasperi, temendo che la DC non avrebbe potuto bissare il successo del 1948, maturava

la decisione di rafforzare la coalizione di centro, proponendo una modifica della legge elettorale

vigente. Per questo motivo il ministro degli Interni, Mario Scelba, approntava una proposta di

legge che introduceva un correttivo al principio proporzionalistico, prevedendo un premio di

maggioranza per il partito (o coalizione di partiti che si fossero presentati apparentati, cioè sotto lo

stesso contrassegno, in almeno 5 circoscrizioni) che avesse ottenuto il 50% +1 dei voti. Il premio,

pari a 380 seggi, cioè al 66% dei Deputati alla Camera, doveva essere ripartito proporzionalmente

tra i partiti apparentati. Appariva subito chiaro a tutti che la previsione di un premio così alto

avrebbe avuto almeno due conseguenze di rilievo: la DC, il partito più forte della coalizione di

centro, sarebbe passata da una posizione di maggioranza relativa ad una posizione di maggioranza

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assoluta che le avrebbe consentito di governare senza l’apporto degli alleati; il premio di

maggioranza avrebbe finito con l’annullare gli effetti delle riserve di maggioranze qualificate

stabilite dalla Costituzione per l’attuazione degli istituti innovativi e garantisti.

Sotto il profilo più squisitamente tecnico-giuridico, la legge si presentava come una violazione del

2° comma dell’art. 48 della Costituzione («Il voto è personale ed eguale, libero e segreto»), dal

momento che il voto del cittadino che avesse scelto uno dei partiti della coalizione di maggioranza

avrebbe avuto un peso specifico maggiore di quello di chi decideva di dare il proprio sostegno

alle liste di minoranza. Nonostante il durissimo scontro, prima la Camera e poi il Senato

approvavano la legge 31 marzo 1953, n. 148, che veniva utilizzata per le elezioni del 7

giugno 1953. In quell’occasione, però, i 4 partiti apparentati (Democrazia Cristiana, Partito

Socialista Democratico Italiano, Partito Liberale Italiano, Partito Repubblicano Italiano) non

riuscivano ad ottenere il 50% +1 dei voti che avrebbe consentito alla legge di esplicare i suoi

effetti, facendo scattare il premio di maggioranza. Quasi un anno dopo, le legge 31 luglio 1954, n.

615, abrogava la legge Scelba, richiamando in vigore il T.U. 5 febbraio 1948. Dopo le vicende del

biennio 1952-53, il tema della riforma elettorale sarebbe rimasto, per circa 25 anni, materia di

esercitazione e di confronto per gli studiosi. Gli unici interventi di rilievo erano, infatti, quelli

introdotti dalla legge costituzionale 9 febbraio 1963, n. 2, e dalla legge 8 marzo 1975, n. 39.

La prima, modificando gli artt. 56, 57 e 60 della Costituzione, fissava in 630 il numero dei Deputati,

in 315 quello dei Senatori e la durata della legislatura, per entrambe le Camere, in 5 anni. La legge

del 1975, invece, abbassando la maggiore età da 21 a 18 anni, realizzava l’ultimo allargamento del

suffragio della storia italiana. Il limite per esercitare il diritto di voto per il Senato rimaneva, invece,

fissato, secondo quanto stabilito dal 1° comma dell’art. 58 della Costituzione, a 25 anni.

A mutare profondamente la normativa relativa all’elezione di Deputati e Senatori intervenivano,

tra il 1991 e il 1993, 2 referendum abrogativi. Nonostante gli inviti a disertare le urne, raggiunto il

quorum del 62,5% dei votanti, il 9 giugno 1991 veniva abrogata, con il 95,6% dei voti, la norma

sulla preferenza plurima per l’elezione dei Deputati. Crollava, così, un importante strumento nelle

mani dei partiti che, con il meccanismo delle cosiddette cordate, controllavano i risultati elettorali.

Si introduceva, così, un elemento di moralizzazione del sistema elettorale, ponendo fine al noto

mercato delle preferenze plurime.

Vademecum Sistemi Elettorali – Acli Bergamo

13

Nel corso della XI legislatura, in occasione del referendum del 18 e 19 aprile 1993, gli italiani

decidevano, poi, di abrogare la norma della legge elettorale del Senato relativa al quorum del 65%.

Alla luce dei risultati referendari, il Parlamento eletto il 5 aprile 1992, nonostante le accuse di

delegittimazione rivolte soprattutto dalla Lega di Umberto Bossi per il fatto che in esso sedevano

numerosi politici coinvolti nelle vicende di Tangentopoli, varava una riforma elettorale destinata a

introdurre, nell’estate del 1993, le nuove norme per l’elezione della Camera dei Deputati e del

Senato. Le leggi n. 276 e 277 del 4 agosto 1993, che riservavano una quota di seggi anche agli

italiani residenti all’estero, introducevano un sistema elettorale ‘misto’, detto anche maggioritario

zoppo: un ancor timido tentativo di passaggio al maggioritario con la riserva di una quota del 25%

di proporzionale, che consentiva anche il recupero dei voti.

La rivisitazione del Mattarellum

La seconda proposta targata Matteo Renzi prevede una riforma elettorale sul modello della legge Mattarella

rivisitata. Previsti 475 collegi uninominali e l'assegnazione del 25% dei collegi restanti attraverso

l'attribuzione di un premio di maggioranza del 15% e di un diritto di tribuna pari al 10% del totale dei collegi.

Doppio turno di coalizione dei sindaci

La terza proposta prevede la riforma sul modello del doppio turno di coalizione dei sindaci. Chi vince prende

il 60% dei seggi e i restanti sono divisi proporzionalmente tra i perdenti. Possibile sia un sistema con liste

corte bloccate, con preferenze, o con collegi. Soglia di sbarramento al 5%

http://ww2.unime.it/donne.politica/materialedidattico/05settembre/Calabr%C3%B2.pdf

C O N S U L T E L L U M

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2016-07-15/dal-collegio-uninominale-consultellum-

rischio-e-governabilita-165554.shtml?uuid=ADCic3s

L'Italia ha conosciuto un sistema più simile a quello britannico, che aveva funzionato piuttosto

bene ed era il Mattarellum, il quale consentiva anche un temperamento dell'effetto maggioritario,

con un parziale recupero dell'elemento rappresentativo. Questo si sarebbe potuto perfezionare

con la eliminazione dei listini bloccati (estendendo essenzialmente anche alla Camera il sistema già

previsto per il Senato, come mirava a fare un referendum del 1999 che per un soffio mancò il

Vademecum Sistemi Elettorali – Acli Bergamo

14

quorum) e - eventualmente - con la previsione di un secondo turno di collegio (in cui con un voto

in più si elegge, appunto, un parlamentare e non svariate decine). Ma il doppio turno, anziché, sul

Mattarellum è stato innestato sul Porcellum e così è nato l'Italicum, che, grazie al premio

nazionale e alla distribuzione nazionale dei seggi, sacrifica la rappresentanza molto più del

maggioritario britannico e impedisce la costruzione di un rapporto elettore-eletto, che quel

sistema, invece, assicura.

Il sistema maggioritario di tipo inglese è quello per cui votarono gli italiani nel referendum del

1993 per abrogare il sistema proporzionale nell'elezione per il Senato, e un assaggio di questo

sistema lo abbiamo avuto nella legge elettorale Mattarella, che cercava di unire maggioritario e

proporzionale creando collegi uninominali.

I T A L I C U M

Come funziona la nuova legge elettorale

Ufficialmente legge 6 maggio 2015, n. 52, è comunemente nota con il nome Italicum, dal

soprannome che le diede nel 2014 l'allora segretario del Partito Democratico e futuro presidente

del Consiglio Matteo Renzi, suo principale promotore. Fino a fine gennaio 2015 il partito di Forza

Italia di Silvio Berlusconi, con il quale Renzi aveva stretto il Patto del Nazareno, aveva sostenuto la

nuova legge elettorale salvo poi cambiare radicalmente idea e definire la proposta incostituzionale

e autoritaria.

L’Italicum, già approvato dal Senato il 27 gennaio 2015, è stato approvato in via definitiva dalla

Camera lunedì 4 maggio pomeriggio con 334 voti favorevoli, 61 contrari e 4 astenuti su 399

presenze. Opposizioni assenti, tra cui M5s. Forza Italia, Lega e Fratelli d'Italia hanno formalizzato la

richiesta di voto segreto e confermato la scelta di lasciare l’aula pochi minuti prima del voto finale.

Si è votato senza fiducia e con voto segreto.

L’Italicum prevede un sistema proporzionale a doppio turno a correzione maggioritaria, con

premio di maggioranza, soglia di sbarramento e 100 collegi plurinominali con capilista "bloccati".

Disciplina l'elezione della sola Camera dei Deputati in vista delle riforme costituzionali che

Vademecum Sistemi Elettorali – Acli Bergamo

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porteranno il Senato a non essere più direttamente elettivo. Per avere il tempo di approvare

quest’ultima riforma, nell’Italicum è stata inserita una clausola che ne prevede l’entrata in vigore

dal primo luglio 2016 (Clausola di Salvaguardia) e sostituisce la precedente legge elettorale del

2005 (Porcellum), modificata dalla Corte Costituzionale con un giudizio di illegittimità

costituzionale nel dicembre 2013.

Dei 630 deputati in Camera, 618 sono eletti dai voti espressi sul territorio nazionale, 12 dai voti

espressi dagli italiani all’estero. I 12 deputati eletti nella circoscrizione estero sono eletti con lo

stesso sistema attualmente vigente: il disegno di legge non interviene sul punto.

Le regioni sono divise in collegi e ad ogni regione e ad ogni collegio spetta un determinato numero

di seggi in proporzione ai suoi abitanti. È il presidente della Repubblica che stabilisce con decreto

al momento di indire le elezioni il numero dei deputati da eleggere per ogni regione e collegio sulla

base dei dati dell’ultimo censimento della popolazione.

Soglia di sbarramento e altro: http://www.cisl.it/grandi-temi/riforme-istituzionali-liberalizzazioni-

e-privatizzazioni/774-la-riforma-della-legge-elettorale-modello-italicum-una-analisi-della-cisl.html

Alla lista che ottiene almeno il 40% dei voti si assegnano 340 seggi su 630 – circa il 55% dei

seggi

Gli altri partiti si spartiscono i 290 seggi rimanenti

Se nessun partito arriva al 40% dei consensi scatta un secondo turno elettorale tra le due

liste più votate al primo turno

Entrano alla camera tutti i partiti che abbiano superato il 3% al primo turno

I capilista sono bloccati – sono i primi a essere eletti e dal secondo eletto in poi

intervengono le preferenze – due per ogni elettore. Le due preferenze espresse devono

essere di sesso diverso o la seconda viene annullata. Le liste devono essere composte in

modo da alternare un uomo ad una donna. Nell’ambito di ogni circoscrizione – regione – i

capilista di un sesso non devono superare il 60%

Ci saranno le candidature multiple: i capilista – ma solo loro – potranno cioè essere inseriti

nelle liste in più di un collegio, come già accadeva nel Porcellum, fino a un massimo di 10

collegi.

Ci saranno quindi cento capilista, uno per ogni collegio, scelti direttamente dai partiti

Vademecum Sistemi Elettorali – Acli Bergamo

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L'assegnazione dei seggi della Camera avviene proiettando le percentuali dei partiti

ottenuti a livello nazionale su 100 collegi, in ognuno dei quali sono eletti 6-7 deputati.

L'assegnazione avviene con un complicato algoritmo, che cerca di ridurre al minimo lo

slittamento dei seggi "eccedentari" da un collegio all'altro (norma "antiflipper"), che però

lascia per i partiti piccoli un forte margine di aleatorietà su dove scatta il seggio.

Saranno costituiti 100 collegi che comprenderanno fino a 600mila persone. Valle d’Aosta e

Trentino-Alto Adige saranno escluse dal sistema proporzionale: lì si voterà in nove collegi

uninominali come già previsto dal precedente sistema elettorale. Ogni lista presenterà in

ogni collegio una lista di candidati; ogni elettore potrà scegliere nel suo collegio un simbolo

e uno o due candidati da votare.)

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2015-07-07/italicum-ecco-quali-sono-100-nuovi-collegi-

plurinomiali-211017.shtml?uuid=ACyHhXN

NUOVA SCHEDA ELETTORALE. La riforma introduce una nuova scheda elettorale: ogni casella sarà

composta dal contrassegno del partito al centro, a sinistra il nome e il cognome del capolista

mentre a destra due righe per le preferenze.

100 COLLEGI PLURINOMINALI. Le liste dei candidati sono presentate in 20 circoscrizioni elettorali

suddivise nell`insieme in 100 collegi plurinominali, fatti salvi i collegi uninominali nelle

circoscrizioni Valle d`Aosta e Trentino-Alto Adige, per le quali verranno reintrodotti i collegi

uninominali;

PREMIO DI MAGGIORANZA. Sono attribuiti 340 seggi alla lista che ottiene, su base nazionale,

almeno il 40 per cento dei voti validi.

BALLOTTAGGIO. Nel caso in cui nessuna lista raggiunga il 40% dei consensi si procede a un turno di

ballottaggio tra le due con il maggior numero di voti. E' esclusa ogni forma di collegamento tra liste

o di apparentamento tra i due turni di votazione.

SOGLIA DI SBARRAMENTO. Accedono alla ripartizione dei seggi le liste che ottengono, su base

nazionale, almeno il tre per cento dei voti validi.

PARITA' DI GENERE. In ciascuna lista i candidati sono presentati in ordine alternato per sesso, i

capolista dello stesso sesso non eccedono il sessanta per cento del totale in ogni circoscrizione,

nessuno può essere candidato, in più collegi, neppure di altra circoscrizione, salvo i capolista nel

Vademecum Sistemi Elettorali – Acli Bergamo

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limite di dieci collegi. L`elettore può esprimere fino a due preferenze, per candidati di sesso

diverso tra quelli che non sono capolista.

NORMA ANTI-FLIPPER. La norma prevede un meccanismo di ripartizione dei seggi eccedentari che

tutela anche le liste minori. Nel nuovo testo approvato al Senato la lista che ha raccolto più voti

(eccedentari) cede il seggio a quella più piccola dove questa ha raccolto più consensi

CAPILISTA BLOCCATI E POI PREFERENZE. Sono eletti prima i capolista nei collegi, quindi i candidati

che hanno ottenuto il maggior numero di preferenze.

VOTO STUDENTI ERASMUS. La legge dà la possibilità agli elettori temporaneamente all'estero (in

particolare gli studenti Erasmus e i militari impegnati nelle missioni) di votare per corrispondenza

nella Circoscrizione estero.

COLLEGI ELETTORALI. I collegi elettorali sono determinati con decreto legislativo da emanare entro

cinque mesi e secondo i principi e i criteri direttivi stabiliti dall'Italicum.

STATUTO OBBLIGATORIO. Per presentare la propria lista alle elezioni sarà necessario depositare

anche uno Statuto.

CLAUSOLA DI SALVAGUARDIA. La nuova legge elettorale entra in vigore a decorrere dal primo

luglio 2016.

(Il presente vademecum è stato realizzato da Laura Lipari, volontaria del servizio civile presso le Acli di

Bergamo, e supervisionato da Giuseppe Toccagni, membro di presidenza con delega alla politica)


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