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I Vescovi della Campania a Caserta - Il Poliedro · 2 LO SROLHGUR Comunicazione Marzo 2017 Anno 2-...

Date post: 03-Jun-2020
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Anno 2 - n. 3 Marzo 2017 Periodico della Diocesi di Caserta www.ilpoliedro.info HQTOC\KQPG ^ KPHQTOC\KQPG ^ ETQPCEC I Vescovi della Campania a Caserta Cresce la coscienza della nostra responsa- bilità di cambiare atteggiamento Quaresima, 7 Territorio, 4 Comunicazione, 3 LA VOCE DEL VESCOVO di Giovanni D’Alise I l due maggio prossimo vi- vremo un momento di gran- de gioia, intima ed ecclesiale, ma nello stesso tempo un nuo- vo momento “storico” per la nostra Diocesi. Giorno storico, come fu e resta storico nella vita diocesana, il 26 luglio 2014, quando abbia- mo avuto, improvvisa e “spe- ciale”, la visita di Papa Fran- cesco a Caserta, prima volta di Francesco in Campania. Questa volta è l’intera Con- ferenza Episcopale Campana con il suo Presidente, S. Em. za Card. Crescenzio Sepe, che si riunirà qui a Caserta e visi- “morente”, ma assumere e vi- vere la certezza che dipende da noi, “curare” il nostro terri- torio e contemporaneamente il cittadino. Il Papa allora e anche nei suoi continui insegnamenti ci ha incitato e ci incita a non occu- pare solo un posto nella vita, ma ad iniziare dei processi. ‹‹Questo principio permette di lavorare a lunga scadenza, senza l’ossessione di risultati immediati. Aiuta a sopportare con pazienza situazioni difÀci- li e avverse, o i cambiamenti dei piani che il dinamismo del- la realtà impone. è un invito ad assumere la tensione tra pienezza e limite, assegnan- do priorità al tempo››. (Papa Francesco, Evangelii Gau- dium, 223). Ed io credo che con l’aiuto dei tanti fratelli e sorelle di buo- na volontà e come capoÀla i cristiani, questo processo si è avviato, qui a Caserta. La caratteristica dei processi avviati è “che si vanno rea- lizzando” non subito e veloce- mente, ma fondamentale, è la “valorizzazione del tempo e la pazienza nella costanza”. Anche questa visita dei Vesco- vi della Campania in Caserta vuole indicarci alcune realtà fondamentali inerenti la “Ri- surrezione di Caserta”: - Credere andando oltre le dif- Àcoltà; - Attraversare le difÀcoltà, che sono reali e numerose, e non rimanerci dentro e né essere sotto il peso di esse; - Capire che la deÀnizione di “Terra dei Fuochi”, è ora per noi non il “requiem”, ma l’op- portunità da “sfruttare” per la risalita; - Generare in noi i “germi” di bene, di vita ecclesiale, sociale e anche politica, perché si possa debellare la “indifferenza e as- suefazione” e far crescere la pa- zienza necessaria perché i pro- cessi crescano e si sviluppino; - Sradicare il degrado culturale e civile causato dalla crimina- lità organizzata che ha posto radice nel nostro territorio, ma anche nelle istituzioni e in noi. In attesa che il territorio, la terra, venga puriÀcata, puriÀ- care il territorio umano che è in noi e nelle relazioni umane; - Dichiarare le persone, la città ed i paesi Ànalmente, territori liberi dalla corruzione e dalla illegalità e operare per la lega- lità a tutti i livelli. Le nostre chiese siano “senti- nelle” di questi valori e vivano ogni azione nella trasparenza. La Chiesa è chiamata prima di tutto a vivere e annunciare il valore della trasparenza. La pace, che nasce dalla giusti- zia e fraternità, sia il tessuto ed il terreno fertile sul quale “costruire” la “civiltà dell’a- more”, auspicata già dal Be- ato Paolo VI. Un altro sprone e spinta al cambiamento è an- che l’attenzione che la stessa C.E.I. (Conferenza Episcopale Italiana) pone quest’anno sul- la nostra regione elevando la IV Giornata Regionale per la Custodia del Creato” a “Gior- rocchiali e le Chiese cristiane tutte, sentano il bisogno di stare insieme per affermare il grande valore della cura o custodia del creato e sentano di esprimere un segno forte di fraternità condivisa per il bene della “Casa Comune”. Qui a Caserta ci attendiamo anche un gesto di solidarietà e sostegno allo sforzo che la cit- tà e la Diocesi sta facendo per rialzarsi e avere ancora più forza nell’attuare «la Risurre- zione di Caserta e del suo terri- torio provinciale». Spero fortemente, con tutto me stesso, che altra musica suoni a Caserta e sia musica di vita. Invito perciò, a nome della Chiesa casertana, tutti e tutte le componenti sociali e tutte le istituzioni a vivere questo segno di riscatto e con- versione ambientale. “Quando parliamo di ambien- te facciamo riferimento anche ad una particolare relazione: quella tra natura e la società che la abita. Questo ci impe- disce di considerare la natura come qualcosa di separato da noi e come una mera cornice della nostra vita” (Papa Fran- cesco, Laudato Si’, 139). E poi Papa Francesco conclu- de: «Siamo inclusi in essa (na- tura), siamo parte di essa e ne siamo compenetrati». La visita di Papa Francesco a Caserta (26 luglio 2014) La Conferenza Episcopale Campana nata Nazionale”, che si cele- brerà il 23 settembre 2017, e scegliendo Caserta come sede di tale giornata di celebrazio- ne, ma soprattutto di riÁessio- ne e di impegno. Auspico che tutte le associazioni ecclesiali, civili, tutte le comunità Par- terà la città, e quindi l’intera Diocesi. Come il 26 luglio 2014, anche il prossimo due maggio, con la presenza di 28 tra Arcivescovi Vescovi e Abati, noi intendia- mo viverlo in special modo come una “grazia”, dunque un dono che la provvidenza fa ca- lare su di noi, porzione “eletta” del popolo di Dio, il popolo del- la Diocesi di Caserta. All’ora, come il prossimo mag- gio, gli occhi di tutta la Cam- pania, e non solo, saranno puntati su di noi. Noi tante volte bistrattati dalle crona- che, dalle classiÀche, e poi con giudizi di compassione. E Caserta in qualche modo avrà un altro segno forte: si può uscire dalla “marginalità” nella quale il modo comune di pensare la nostra terra, ci po- siziona nelle classiÀche quasi sempre all’ultimo posto o, nei casi migliori, agli ultimi posti. È di grande consolazione avere dei fatti concreti, in cui la Chie- sa dice che non ci vede così. Ci vede e ci guarda, in un “pro- cesso” di crescita e di rinnova- mento ecclesiale e anche civile e sociale. Cresce la coscienza della nostra responsabilità di cambiare atteggiamento. Non fermarsi solo al capezzale del
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Anno 2 - n. 3Marzo 2017

Periodico della Diocesi di Caserta

www.ilpoliedro.info

I Vescovi della Campania a Caserta

Cresce lacoscienza della

nostra responsa-bilità di cambiare

atteggiamento

Quaresima, 7Territorio, 4Comunicazione, 3

LA VOCEDEL VESCOVO

di Giovanni D’Alise

Il due maggio prossimo vi-vremo un momento di gran-

de gioia, intima ed ecclesiale, ma nello stesso tempo un nuo-vo momento “storico” per la nostra Diocesi.Giorno storico, come fu e resta storico nella vita diocesana, il 26 luglio 2014, quando abbia-mo avuto, improvvisa e “spe-ciale”, la visita di Papa Fran-cesco a Caserta, prima volta di Francesco in Campania.Questa volta è l’intera Con-ferenza Episcopale Campana con il suo Presidente, S. Em.za Card. Crescenzio Sepe, che si riunirà qui a Caserta e visi- “morente”, ma assumere e vi-

vere la certezza che dipende da noi, “curare” il nostro terri-torio e contemporaneamente il cittadino.Il Papa allora e anche nei suoi continui insegnamenti ci ha incitato e ci incita a non occu-pare solo un posto nella vita, ma ad iniziare dei processi. ‹‹Questo principio permette di lavorare a lunga scadenza, senza l’ossessione di risultati immediati. Aiuta a sopportare con pazienza situazioni dif ci-li e avverse, o i cambiamenti dei piani che il dinamismo del-la realtà impone. è un invito ad assumere la tensione tra pienezza e limite, assegnan-do priorità al tempo››. (Papa Francesco, Evangelii Gau-dium, 223).Ed io credo che con l’aiuto dei tanti fratelli e sorelle di buo-na volontà e come capo la i cristiani, questo processo si è avviato, qui a Caserta.La caratteristica dei processi avviati è “che si vanno rea-lizzando” non subito e veloce-mente, ma fondamentale, è la “valorizzazione del tempo e la pazienza nella costanza”.Anche questa visita dei Vesco-vi della Campania in Caserta vuole indicarci alcune realtà fondamentali inerenti la “Ri-surrezione di Caserta”:- Credere andando oltre le dif- coltà;

- Attraversare le dif coltà, che sono reali e numerose, e non rimanerci dentro e né essere sotto il peso di esse;- Capire che la de nizione di “Terra dei Fuochi”, è ora per noi non il “requiem”, ma l’op-portunità da “sfruttare” per la risalita;

- Generare in noi i “germi” di bene, di vita ecclesiale, sociale e anche politica, perché si possa debellare la “indifferenza e as-suefazione” e far crescere la pa-zienza necessaria perché i pro-cessi crescano e si sviluppino;- Sradicare il degrado culturale e civile causato dalla crimina-lità organizzata che ha posto radice nel nostro territorio, ma anche nelle istituzioni e in noi. In attesa che il territorio, la terra, venga puri cata, puri -care il territorio umano che è in noi e nelle relazioni umane;

- Dichiarare le persone, la città ed i paesi nalmente, territori liberi dalla corruzione e dalla illegalità e operare per la lega-lità a tutti i livelli.Le nostre chiese siano “senti-nelle” di questi valori e vivano ogni azione nella trasparenza.

La Chiesa è chiamata prima di tutto a vivere e annunciare il valore della trasparenza. La pace, che nasce dalla giusti-zia e fraternità, sia il tessuto ed il terreno fertile sul quale “costruire” la “civiltà dell’a-more”, auspicata già dal Be-ato Paolo VI. Un altro sprone e spinta al cambiamento è an-che l’attenzione che la stessa C.E.I. (Conferenza Episcopale Italiana) pone quest’anno sul-la nostra regione elevando la “IV Giornata Regionale per la Custodia del Creato” a “Gior-

rocchiali e le Chiese cristiane tutte, sentano il bisogno di stare insieme per affermare il grande valore della cura o custodia del creato e sentano di esprimere un segno forte di fraternità condivisa per il bene della “Casa Comune”. Qui a Caserta ci attendiamo anche un gesto di solidarietà e sostegno allo sforzo che la cit-tà e la Diocesi sta facendo per rialzarsi e avere ancora più forza nell’attuare «la Risurre-zione di Caserta e del suo terri-torio provinciale».Spero fortemente, con tutto me stesso, che altra musica suoni a Caserta e sia musica di vita. Invito perciò, a nome della Chiesa casertana, tutti e tutte le componenti sociali e tutte le istituzioni a vivere questo segno di riscatto e con-versione ambientale.“Quando parliamo di ambien-te facciamo riferimento anche ad una particolare relazione: quella tra natura e la società che la abita. Questo ci impe-disce di considerare la natura come qualcosa di separato da noi e come una mera cornice della nostra vita” (Papa Fran-cesco, Laudato Si’, 139).E poi Papa Francesco conclu-de: «Siamo inclusi in essa (na-tura), siamo parte di essa e ne siamo compenetrati».

La visita di Papa Francesco a Caserta (26 luglio 2014)

La Conferenza Episcopale Campana

nata Nazionale”, che si cele-brerà il 23 settembre 2017, e scegliendo Caserta come sede di tale giornata di celebrazio-ne, ma soprattutto di ri essio-ne e di impegno. Auspico che tutte le associazioni ecclesiali, civili, tutte le comunità Par-

terà la città, e quindi l’intera Diocesi.Come il 26 luglio 2014, anche il prossimo due maggio, con la presenza di 28 tra Arcivescovi Vescovi e Abati, noi intendia-mo viverlo in special modo come una “grazia”, dunque un dono che la provvidenza fa ca-lare su di noi, porzione “eletta” del popolo di Dio, il popolo del-la Diocesi di Caserta.All’ora, come il prossimo mag-gio, gli occhi di tutta la Cam-pania, e non solo, saranno puntati su di noi. Noi tante volte bistrattati dalle crona-che, dalle classi che, e poi con giudizi di compassione.E Caserta in qualche modo avrà un altro segno forte: si può uscire dalla “marginalità” nella quale il modo comune di pensare la nostra terra, ci po-siziona nelle classi che quasi sempre all’ultimo posto o, nei casi migliori, agli ultimi posti.È di grande consolazione avere dei fatti concreti, in cui la Chie-sa dice che non ci vede così.Ci vede e ci guarda, in un “pro-cesso” di crescita e di rinnova-mento ecclesiale e anche civile e sociale. Cresce la coscienza della nostra responsabilità di cambiare atteggiamento. Non fermarsi solo al capezzale del

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2 Marzo 2017 Anno 2- n. 3Comunicazione

“La passione per l’uomo e per la verità” e la “passione per l’informazione autentica nell’interesse comune” sono “l’anima vera del giornalismo”. In visita nella nuova sede

del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, il segretario di Stato vaticano, card. Pie-tro Parolin, ha rivolto “un richiamo a trasmettere un messaggio che sia il più possibile fede-le alla realtà, senza manipolazioni di sorta, che offra adeguato spazio alla promozione di ciò che unisce più di quanto divide”. “S’inserisce in questo quadro – ha aggiunto il segretario di Stato vaticano – una professionalità che non si limiti a raggiungere un miglior trattamento economico o osservare formalmente i codici di deontologia, ma sappia trovare nel lavoro la realizzazione umana per costruire la dimensione sociale e la vera cittadinanza. I giornalisti, infatti, sono al servizio della comunità, hanno il compito e la responsabilità di far crescere e maturare una coscienza individuale e collettiva nei confronti delle situazioni in cui l’uomo soffre, emarginato e leso nella sua dignità”. “Voi - ha quindi aggiunto, rivolto ai consiglieri nazionali dell’Ordine e ai giovani studenti della scuola di giornalismo della Luiss, presenti all’evento - avete la possibilità di trasmettere degli ideali, di farvi voce di chi non ha voce, di mettere in evidenza le contraddizioni della società, di denunciare la cultura di morte dell’odio e di indicare i valori universali di fraternità, di bene comune e di solidarietà”. “Non cedere alla tentazione del sensazionalismo e della rapidità a ogni costo, che può tradursi in oggettiva diffamazione, ledendo quella dignità umana che invece è inviolabile”: con queste parole Parolin ha messo in guardia dal “rischio di strumentalizzare le notizie per scopi mo-ralmente inaccettabili”, nendo per “diventare vittime consapevoli o meno di un sistema di potere insidioso”. “Guardatevi anche - ha aggiunto - dall’assecondare la logica che declassa le buone notizie a non notizie; al contrario fate conoscere quanto di bene viene ideato e com-piuto nel mondo, perché è necessario costruire e gettare ponti di dialogo e non allargare fos-sati d’indifferenza”. Il segretario di Stato vaticano ha sottolineato l’esigenza “che l’opinione pubblica abbia a disposizione un’informazione completa, che non taccia problemi e drammi, ma che sappia anche comunicare le buone notizie, le positive acquisizioni e le speranze che esse suscitano”, evitando “la sistematica spettacolarizzazione del dramma, del dolore, del male, per non cadere nell’indifferenza, nel cinismo e in una sorta di assuefazione”. “Voi giornalisti - ha concluso - potete essere strumenti di speranza per il mondo, con il vostro entusiasmo e la vostra professionalità”.

Fonte: Agenzia Sir

di Gian Maria Piccinelli

I ragazzi dell’ISISS “Enrico Mattei” di Caserta hanno

fatto ancora centro. Con la loro campagna di comunica-zione “In uenza Social” ci portano a ri ettere su uno dei temi centrali nel dibat-tito di questi ultimi tempi. Siamo malati di social e i so-cial in uenzano fortemente il nostro modo di percepire la realtà.Da quando a novembre 2016 l’Oxford Dictionaries ha clas-si cato come parola dell’an-no l’espressione “post-truth”, letteralmente post-verità, la discussione è aperta su quale sia la percezione del “vero”, a livello antropologico, nell’era della tecnologia digitale. Una discussione che va ben oltre il rapporto tra informazione e disinformazione. Il Brexit e l’elezione di Trump sono i due eventi che hanno consentito di veri care come i fatti non abbiano più presa sui desti-natari della comunicazione. Basti pensare al twitterag-gio dell’informazione che non da’ spazio alla descrizione dei fatti, che sono sottintesi, accennati, additati, mentre l’insieme linguistico di lemmi ed espressioni è nalizzato a sovradimensionare e ampli -care l’effetto emotivo.Le emozioni provocate da sin-gole informazioni ci portano, inoltre, ad aggregarci vir-

Fuga dalla complessità

Giornalismo: il Segretario di Stato vaticano Parolin

tualmente in base alle idee che riteniamo importanti,-senza rischiare di mettere in gioco le certezze nelle quali razionalmente con diamo, né di aprire nestre dalle quali possono entrare elementi di alterità che destabilizzino le nostre radici identitarie. Al-lora, abbiamo bisogno di l-tri: nulla meglio della fredda rapidità di elaborazione di un algoritmo che lascia passare solo ciò che “mi piace”. Così possiamo vivere in una sorta di bolla nella quale la nostra pre comprensione dei fatti e della vita rimane intatta sen-za subire attacchi da infor-mazioni ed opinioni contrarie o contrastanti. Il problema non è l’uso della tecnologia, né la post-verità in sé, ma l’eccesso di narcisi-smo informativo (mi specchio nei dati a me simili facendo in modo che il “mi piace” sia in realtà un “mi piaccio”) al quale è possibile risponde-re, invece, più in profondità, con la responsabilità sociale, politica e culturale necessa-ria di fronte alla s da della post-verità. Oggi, lo consta-tiamo, ognuno si sente libero di esprimersi al di fuori degli schemi del politicamente cor-retto, no ad arrivare al pale-semente falso. Vi è un deside-rio irrazionale di non aderire ad alcuna forma di pensiero strutturato, che consenta di leggere la complessità del presente e offrire risposte coerenti e adeguate per una soluzione dei problemi, locali o globali che siano, della no-stra post-modernità. I social possono rappresentare per alcuni una fuga dalla com-plessità. Ci conforta, in parte, la no-tizia che alcune tra le prin-cipali testate giornalistiche americane e francesi (per le italiane aspettiamo duciosi) abbiano deciso di sperimen-tare insieme a Facebook un nuovo algoritmo in grado di veri care la veridicità delle informazioni che circolano sul social e di eliminare o

etichettare quelle fasulle. Ri-cordo mio padre che leggeva quattro o cinque quotidiani ogni giorno e diceva: solo così possiamo farci delle idee e capire i fatti. E sottolineava l’incapacità umana (dei gior-nalisti, diceva lui) di eman-ciparsi da un’interpretazione parziale della realtà. Ecco che, invece, con le debi-te attenzioni, la post-verità potrebbe aiutarci a riscopri-re quella preziosa sfera di immaterialità spirituale ed emozionale di cui siamo com-posti e che entra necessaria-mente in gioco nel sistema delle relazioni esistenziali.

Occorre riscoprire equilibrio, responsabilità e capacità cri-tica nella valutazione della verità complessa delle infor-mazioni: un processo che ha il suo primo presupposto in si-stemi formativi - dalla scuola all’università, dalle associa-zioni spontanee alle istitu-zioni - in grado di trasferire metodologie che rendano pos-sibile una (ri-)organizzazione del pensiero nel contesto at-tuale. Il disorientamento dif-fuso di fronte alla confusione informativa, connessa con l’invasiva presenza tecnologi-ca nelle nostre esistenze, può avere un rimedio.

A volte è suf ciente che ci ri-cordiamo che l’albero si rico-nosce dai frutti. Se mettiamo la persona umana al centro delle nostre scelte e delle no-stre visioni, delle informazio-ni che diamo e che riceviamo, potremmo valutarle in base ai frutti di umanità, pace, dialogo, solidarietà, plurali-smo che sono in grado di pro-durre. Non in astratto, ma nella concretezza delle rela-zioni sociali, dall’albero della comunicazione dovremo po-ter cogliere frutti di “carità”, intesa nella sua dimensione più radicalmente laica e po-litica.

Il Segretario di Stato Card. Pietro Parolin e il Presidente O.d.G. Enzo Iacopino

Manifesto a cura dell’Istituto E. Mattei - Caserta

“Trasmettere un messaggio il più possibilefedele alla realtà senza manipolazioni”

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3Marzo 2017 Anno 2- n. 3 Comunicazione

di Adriano Bianchi

Per produrre una notizia entrano in gioco cinque soggetti: la comunità,

l’editore, i giornalisti, il tipo di media, i lettori. Soprattutto entrano in gioco le relazioni che si stabiliscono tra loro e che attivano dei processi.Esiste una comunità che chiede di rac-contarsi ed essere raccontata. Esiste un investimento aziendale che seguendo le leggi del mercato cerca un continuo equilibrio tra domanda e offerta. Esiste una professionalità precisa che gestisce e determina il rapporto tra comunità, fatto, racconto e mercato: quella del giornalista. Esiste una tipica modalità di organizzazione del lavoro che permet-te di realizzare il prodotto editoriale: la redazione. Esistono dei destinatari nel-la comunità, i lettori, gli spettatori, che vivono la fruizione del giornale o di altri media, che li giudicano determinando-ne anche il successo economico. Esiste il fatto che i destinatari modi chino com-portamenti e modalità di fruizione e che ciò spinga verso nuovi stili di comunica-zione, oltre che verso nuovi contenuti.L’informazione è diventata sempre più Social (i social sono ormai fonte e

Il nuovo Presidente della Federazione Italiana settimanali Cattolici

Giornale cattolico:integrazione, multimedialitàe formazione etica

di Paola Broccoli

Prosegue il nostro iter sul la-voro che non c’è, seguendo la

scia del numero precedente del Poliedro dedicato a questi temi. Il lavoro si crea a patto che si predispongano le pre-condizioni e combattuti tenacemente i fattori ostativi. Primo fattore di crescita e sviluppo è la legalità intesa nel senso più ampio del termine. Di contro la corruzione è un nemico giurato dello sviluppo sociale e della capacità di produrre ricchez-za e occupazione. Ma come nasce la corruzione? Lo storico Cornelio Tacito vissuto nel I secolo, descri-ve in modo perfetto la realtà del suo tempo: corruptissima re pu-blica plurimae leges. Tale valuta-zione è utile per i nostri tempi. Le leggi sono moltissime quando lo stato è molto corrotto. Dunque è il sistema che produce corruzione e come diceva Leopardi non si può fare una legge per far rispettare le leggi. In Italia la corruzione uc-cide, come avvenuto nel caso del ponte crollato per lavori non ese-guiti a regola d’arte, da qualche giorno abbiamo il primo pentito delle grandi opere, un ingegnere che ha guidato a lungo i lavori dell’Alta velocità e molti appalti per grandi opere. È assurdo pen-sare che possa la magistratura da sola debellare la corruzione. Nel Mezzogiorno la corruzione è un macigno che soffoca ogni inizia-tiva. A Caserta abbiamo perso il conto delle iniziative giudiziarie che coinvolgono politici, ammini-stratori e pezzi dello Stato. Le cro-nache ci raccontano di intrecci tra ma osi, imprenditori e parti degli apparati della Pubblica ammini-strazione. Il fenomeno della cor-ruzione è una emergenza e come tale andrebbe affrontata i cui costi gravano sulle casse pubbliche per oltre 60 miliardi di euro annui. Proprio in questi giorni l’OCSE, ci chiede di migliorare la qualità degli investimenti pubblici e del-le infrastrutture, di combattere la corruzione con forza. Di fronte al sistema di corruttela che si an-nida in tutti i gangli dello Stato, l’opinione pubblica assume spesso un atteggiamento moralistico e di mera lamentela, facendo spalluc-ce o limitandosi ad inveire. Si può cambiare ad una condizione: solo se l’opinione pubblica condannerà senza appello corruttori e corrotti nella consapevolezza che contra-stare la corruzione vuol dire crea-re lavoro. Dunque: la politica e le strutture istituzionali per quanto tempo ancora potranno trovare al loro interno le energie e predi-sporre le concrete iniziative, come per esempio le scelte delle gure rappresentative, per contrastare le forme più invasive di corruzio-ne?

Legalità: primo fattore di cre-scita e sviluppo

strumento diretto di informazione gior-nalistica); sempre più All news (come giornalisti siamo chiamati a imparare l’arte della diretta continua); sempre più Global (cresce il bisogno di informa-zione del territorio che s’interseca con un mondo che è sempre più villaggio); sempre più Fast (dove la velocità è la ci-fra del lavoro e il terreno per battere la concorrenza) e in ne sempre più Coin-volgente (cresce la emozionalità della notizia a scapito della razionalità). Stare al passo non è semplice. La s -da del futuro per chi fa informazione è l’integrazione e la multimedialità. Un editore con una sensibilità integrata e multimediale è essenziale. Chi è atten-to al mercato ha già intuito il percorso, è pronto a investire in formazione e tecnologia, chiede sinergie immediate tra i media, i linguaggi e le competen-ze professionali anche per ottimizzare i costi. Anche il giornalista non arroccato sa che può un pro lo multimediale è or-

ruolo rilevante. La vita della redazione, in ne, diviene multimediale se riesce ad avviare processi condivisi. Per questo è necessario ride nire negli anni, ma in modo concreto e preciso, i tempi e i ruoli dell’organizzazione del lavoro. Ogni me-dia e linguaggio ha i suoi tempi. La formazione è lo snodo fondamenta-le. Certo tecnologica, multimediale, ma senza smettere di essere etica e valo-riale. I rischi da evitare per chi opera nel mondo della comunicazione restano tanti. Tra questi la pervicace e insana

volontà di spettacolarizzazione della notizia; l’ostracismo verso ogni propo-sta di approfondimento, di lettura criti-ca dei fatti; la tentazione dell’autorefe-renzialità, accelerata dai social media, che abita sempre più spesso giornalisti e testate.A tutti viene chiesto un esercizio sem-pre più attento del discernimento. Prin-cipalmente è chiesto a noi, giornali e giornalisti cattolici. Se infatti oggi la Chiesa, anche nelle diocesi, auspica uno stile di comunicazione più ef cace e in-cisiva non lo fa solo per dare senso alle risorse anche economiche che impegna, ma perché si aspetta narrazioni “impa-state di vangelo” che altri non sanno o non vogliono fare. Ci chiede di aiutare soprattutto i lettori a valutare corret-tamente, con serietà, non speculando sulle emozioni immediate, facendo rife-rimento alla verità e al bene come cri-teri di decisione. Per chi come noi ha a cuore la Buona Notizia, nel panorama della comunicazione attuale, è un posto dignitoso; nel contesto della vita eccle-siale ha una funzione unica, forse non surrogabile da nessun altro.

mai fondamentale. Ciò porta con sé una nuova curiosità e fantasia rispetto a ciò che accade, nuove competenze tecnolo-gie, nuove competenze di “scrittura”, nuova disponibilità a riorganizzare sia il lavoro individuale che collettivo. Non da ultimo porta un nuovo protagoni-smo professionale soprattutto nella rete dove il brand personale gioca oggi un

Papa Francesco durante la consueta conferenza stampa in aereo

La Fisc in visita dal Presidente della Repubblica Mattarella

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4 Marzo 2017 Anno 2- n. 3Territorio

di Ornella Mincione

Riapertura uf ciale l’8 marzo scorso del cantiere

del Policlinico di Caserta fer-mo da diverso tempo. “È una giornata importante e non si può dire che il progetto non sia stato meditato” ha dichia-rato il governatore De Luca, che, insieme al sindaco di Ca-serta e ad altre personalità ha celebrato la riapertura di uno dei cantieri più importanti per Caserta. “Entro due anni si procederà alla consegna di due blocchi, entro tre al com-pletamento della struttura. Inoltre questo sarà uno dei pochi ospedali che crescerà in maniera ordinata - ha sotto-lineato il Governatore - aven-do già previsto la rete delle infrastrutture”. Sono di certo parole importanti da parte del presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca che, ad oggi, si trova a far fronte ad uno dei cantieri più complessi della regione e del territorio casertano. Nono-stante ciò, però il governatore ha dichiarato anche che: “Il decollo del policlinico rappre-senterà davvero un’occasione di sviluppo straordinario del territorio casertano”. In real-tà, l’animo dei cittadini (così come di tanti politici e ammi-nistratori) è tragicamente di-viso tra i favorevoli e i contra-ri. Una questio che è stata più di una volta portata al centro del dibattito cittadino e poli-tico, anche (e soprattutto ) in campagna elettorale. È giusto però a questo punto conoscere e capire la storia del cantiere,

Potenzialità e criticità che avvolgono il cantiere del policlinicoUn’occasione di sviluppo straordinario del territorio casertano

dal giungo del 2015 è stato at-tivato con l’Anac un protocol-lo di vigilanza collaborativa e l’appalto è stato sottoposto alla vigilanza speciale della Autorità. L’area di interes-se del cantiere è di 250.000 metri quadrati e nel progetto sono previsti quattro blocchi e una parte dedicata alle infra-strutture. Essendo il soggetto attuatore del progetto la Se-conda Università degli Studi di Napoli, si capisce perché un blocco è dedicato alla Ri-cerca, un altro alla Didattica, un altro all’assistenza e l’ul-timo agli impianti. Sono 350 i posti letto, per ora virtua-li, previsti nell’ambito della struttura (in un primo tempo erano 500). In occasione della riapertura del cantiere non solo il governatore ma anche

le e comunale, hanno dovuto fermare i lavori delle cave per un tempo determinato. Intan-to, il sindaco di Caserta Carlo Marino plaude alla riaper-tura del cantiere, così come ha evidenziato in occasione della cerimonia dello scorso 8 marzo. Il primo cittadino, poi, ha sottolineato le atti-vità effettuate dal Comune in prossimità del Policlinico. “Al 28 febbraio, così come da impegni assunti, sono state completate le infrastrutture a sostegno del Policlinico e il Comune ha aperto la strada che collega il secondo tratto di viale Lincoln alla struttu-ra nascente e alla Variante

per realizzare un polo di ricer-ca e tecnologico-sanitario, che insieme al Policlinico rappre-senti un luogo destinato alla tutela della salute pubblica e allo sviluppo economico e pro-duttivo del territorio”. Da non dimenticare anche un’altra questione che scaturisce dal cantiere del Policlinico, ovve-ro quella degli operai che la-vorano al cantiere. Sono stati diversi i momenti in cui la società appaltatrice dei lavori è stata indecisa a smistare al-trove i propri dipendenti, con il timore di questi di perdere lavoro e soldi nonostante lo sforzo di questi anni. È proba-bile comunque che l’annuncio

che, al momento, sembra dav-vero la storia di un cantiere di stampo medievale. L’intera storia viene raccontata diret-tamente dall’ente regionale, che all’interno del proprio sito riporta le notizie uf cia-li in merito. Tutto ha inizio nel 2004, quando c’è il primo start ai lavori, con il primo contratto di appalto per l’Ati Immobilgi Stirling Spa. La storia continua poi con il se-condo contratto, questa volta af dato all’Ati Condotte Spa – Cordioli Spa. Poi a partire

altri attori dell’ente regiona-le, in particolare il direttore Alfonso Piscitelli degli Affari Istituzionali, hanno ricono-sciuto la forte penalizzazione che Caserta ha subito riguar-do la distribuzione dei posti letto. Per il governatore De Luca, “in tre anni la struttu-ra universitaria sarà conse-gnata ai cittadini”. Dunque, molti gli elementi positivi che ne deriverebbero dalla ulti-mazione della struttura. D’al-tra parte però c’è chi, come tante associazioni cittadine,

non vede affatto di buon oc-chio il cantiere. Da una parte, a causa della lunga storia dei lavori, in molti non credono più alla sua reale edi cazio-ne: da qui, la preoccupazione di avere una offerta sanitaria de citaria, specialmente per quanto riguarda il numero dei posti letto assegnati per abitante. In pratica, se mai viene realizzato il policlinico, mai saranno reali quei posti che risolleverebbero il dato nel casertano. Altra preoccu-pazione, non certo meno rile-vante, riguarda l’allocazione del cantiere stesso.Il Policlinico infatti si tro-va troppo vicino a delle cave aperte nel territorio di Mad-daloni, ma che di fatto si affacciano frontalmente al cantiere. Questa collocazio-ne, sottolineano più voci di attivisti cittadini, oltre che di schieramenti politici, rende assolutamente incompatibi-le la presenza di un ospeda-le così vicino a cantieri con attività estrattiva, ovvero le cave. E proprio per questo il cantiere ha avuto diversi stop nel corso degli anni, in cui l’amministrazione, regiona-

Anas. Entro il 30 aprile, poi, nei terreni che si trovano di fronte al Policlinico, comple-teremo i lavori dell’area Pip e relativi alle infrastruttu-re primarie e secondarie. In questo caso si tratta di can-tieri che erano chiusi da anni. Su queste aree – ha prose-guito Marino – ragioneremo con la Regione e con il retto-re dell’Università degli studi della Campania, Giuseppe Paolisso, che ringrazio per l’attività che sta svolgendo,

uf ciale del governatore del-la riapertura tranquillizzi gli animi di questi lavoratori e che, al contempo, oltre ad ap-prezzare l’importanza di un polo sanitario di rilievo regio-nale così vicino alla città, si trovi una soluzione possibile a tutte quelle criticità che av-volgono il cantiere. Prima fra tutte, l’esistenza di cantieri che svolgono attività estratti-va di fronte a blocchi sanitari che prevedono assistenza per almeno 350 pazienti.

Il Governatore De Luca in visita al Policlinico in occasione della ripresa dei lavori

Il cantiere del Policlinico di Caserta (area)

Cementi cio e cave in prossimità del Policlinico

Il cantiere del Policlinico di Caserta (particolare)

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5Marzo 2017 Anno 2- n. 3 Intervista

a cura della Redazione

Da quale Chiesa ripartiamo, oggi?

Direi che potremmo ripartire da una Chiesa sognatrice, o che si lascia coinvolgere nel sogno che papa Francesco fa riguardo a lei. Il papa ha con dato questo suo sogno ai delegati del V Convegno ecclesiale nazionale tenutosi a Firenze nel novembre 2015: «Mi piace una Chiesa italiana inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti. Desidero una Chiesa lieta col volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza. Sognate anche voi questa Chiesa». M’impressiona l’uso che il papa faceva del termine “inquietudine”, che di solito nel nostro linguaggio parlato signi ca qualcosa di negativo; il papa chiamava invece in causa un’altra inquietudine, quella che connota la Chiesa in uscita, non più autoreferenziale, non più concentrata su se stessa, ma nalmente disponibile a prendersi cura delle persone che in vari modi le chiedono aiuto.

Dinanzi alle dif coltà economiche che af iggono i più deboli, oggi, la Chiesa cosa fa e cosa può fare per creare condizioni più umane?Di primo acchito si potrebbe dire che la Chiesa dovrebbe sbracciarsi, gettarsi nella mischia, coinvolgendosi nei progetti concreti che del resto sono avviati ormai in Italia da parecchi anni:

Intervista a don Massimo Naro, teologo e docente presso la facoltà Teologica di Palermo

Costruire una Chiesa accogliente, profetica e coraggiosa

Per gentile concessione del dott. Oscar Bobbio, riportiamo in questo numero l’intervista realizzata al teologo don Mas-simo Naro durante il Convegno Nazionale tenuto dal MEIC nei giorni 11/13 novembre 2016 a Caserta.Il gruppo MEIC di Caserta è stato fondato il 2 dicembre 1985 per opera del compianto avv. Giuseppe Pisanti primo pre-sidente del Gruppo, con assistente don Pietro Farina, com-pianto Vescovo di Caserta. La Direzione nazionale del MEIC riconosceva il gruppo di Caserta nell’anno 1986. Nell’anno 1993 veniva eletta Presidente l’avv. Velia Biggiero, succes-sivamente nell’anno 2002 l’avv. Luigi Gravina, nel 2005 il dr. Oscar Bobbio e attualmente il prof. Pasquale Anniciello. Svolge la sua attività mediante incontri mensili seguendo il calendario dell’anno liturgico con l’assistente ecclesiastico don Elio Catarcio e con incontri sulle tematiche del Concilio Vaticano II con relazione da parte dei soci.

pensiamo al progetto Policoro, al microcredito gestito o cogestito dalle Caritas diocesane, alla creazione di alcune banche etiche sostenute dall’impegno di alcuni movimenti ecclesiali e altro. Ma per riuscire a “fare” ef cacemente tutto ciò, il primo compito che la Chiesa dovrebbe darsi è quello di essere voce critica o, se vogliamo dirla con una parola appartenente al lessico ecclesiale e prima ancora biblico, “voce profetica”: diventando più vigile, maturando consapevolezza, deve avere il coraggio di svegliare anche gli altri, le altre varie componenti di quell’orizzonte sociale complesso e plurale in cui il cristianesimo ecclesiale oggi vive in un Paese come l’Italia, a cominciare dalle generazioni più giovani. La cosiddetta globalizzazione ha omologato le visioni del mondo, ha

Come riempirebbe oggi, nel 2016, il contenitore che è la parola “speranza”, Lei che ha rmato «Contro i ladri di

speranza»?Il titolo che ho dato a questo mio libricino, Contro i ladri di speranza, è ricavato da un’esortazione che insistentemente papa Francesco rivolge a coloro ai quali parla: «Non lasciatevi rubare la speranza». La stessa espressione l’ha usata anche a Caserta, visitando la diocesi nel luglio 2014: «Oggi, quando sono arrivato, uno di voi si è avvicinato e mi ha detto: Padre ci dia la speranza. Ma io non posso darvi la speranza, io posso dirvi che dove è Gesù, lì è la speranza; dove è Gesù si amano i fratelli, ci si impegna a salvaguardare la loro vita e la loro salute anche rispettando l’ambiente e la natura. Questa è la

a tutti di essere servitori della verità e di assumere in ogni situazione lo stile di vita evangelico, che si manifesta nel dono di sé e nell’attenzione al povero e all’escluso. Abbiate speranza, la speranza non delude. E a me piace ripetervi: non lasciatevi rubare la speranza!». La “speranza” è qualcosa di molto fattivo, di operativo, di “inculturato”; non è un valore astratto, universale, bensì la risposta a dei ben precisi bisogni, a delle ben precise attese, che qui, nel Meridione d’Italia, sono sintetizzate in una cifra drammatica: l’attesa di giustizia e il de cit di legalità. Sperare per queste cose, in terra di ma e (camorra, ndrangheta, cosa nostra) è, perciò, resistere alle ma e stesse, alla corruzione di cui esse si fanno promotrici. Resistere alla ma a, in questo caso, vuol dire lottare anche contro i lati oscuri del diffuso sentire culturale “meridionale”, contro il fatalismo, contro l’individualismo, contro il de cit di senso civico e comunitario.

Un Vangelo del con itto, per svegliare i laici dormienti, o la Chiesa

istituzionale del silenzio, Lei come lo veicolerebbe?Mi permetto di ricordare ancora una volta il discorso di papa Francesco a Firenze, in un suo passaggio importante: «Dialogare non è negoziare. Negoziare è cercare di ricavare la propria “fetta” della torta comune. Non è questo che intendo. Ma è cercare il bene comune per tutti… La Chiesa sia fermento di dialogo, di incontro, di unità». Il con itto “consigliato” dal papa è, ancora una volta, cifra del pluralismo con cui la Chiesa italiana deve accettare di fare i conti, anzi in cui deve decidere una buona volta di innestarsi, in cui deve di buon grado coinvolgersi, ben sapendo che la verità è nella relazione senza facili compromessi ma pure senza inappellabili chiusure, senza temere il pluralismo delle convinzioni ma pure senza farsi catturare dalle convenienze e senza lasciarsi assimilare nelle convenzioni, se necessario anche attraversando il con itto, puntando però a tradurre lo scontro in confronto e il diverbio in dialogo, smascherando ogni sorta di clericalismo e valorizzando le forme più interessanti e sincere di laicità.

appiattito le idee, ha abraso gli ideali. Occorre dunque reinvestire nella ricostituzione di un cospicuo capitale umano, dotato delle necessarie competenze tecniche, ma anche delle giuste spinte ideali. La Chiesa italiana potrebbe e dovrebbe assumersi proprio il compito di riannodare il valore della professionalità con la consapevolezza vocazionale, tramite l’impegno formativo ed educativo, per far emergere da ciascuno ciò che è atteso da tutti.

speranza che non delude mai, quella che dà Gesù! Ciò è particolarmente importante in questa vostra bella terra che richiede di essere tutelata e preservata, richiede di avere il coraggio di dire no ad ogni forma di corruzione e di illegalità – tutti sappiamo il nome di queste forme di corruzione e di illegalità – richiede

Il Papa durante la visita a Caserta in Piazza Carlo III

Papa Francesco con Mons. D’Alise a Caserta (26 luglio 2014)

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6 Marzo 2017 Anno 2- n. 3Intervista

di Carmine Ventrone

Nella giornata di ritiro del clero diocesano, presso il

centro di spiritualità SS. An-nunziata Padri carmelitani in Maddaloni, Mons. D’Ali-se ha introdotto l’incontro ricordando a tutti i confratelli convenuti, sacerdoti e reli-giosi, la necessità di lasciarsi coinvolgere nella meditazione

Intervista a P. Bruno Secondin

Il mistero pasqualenella vita personalee della chiesa

del mistero della Pasqua che sarà celebrata, per indivi-duare nel proprio intimo “la chiave” che aiuterà ad accom-pagnare il popolo di Dio alla gloria della Risurrezione.Al carmelitano Padre Bruno Secondin, Consultore della Congregazione per gli Isti-tuti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, abbiamo rivolto alcune do-mande sul senso di ciò che ci apprestiamo a celebrare nelle prossime settimane:

Oggi la nostra società è informatica: come può un sacerdote superare il ri-schio di ridurre il Vangelo ad un “informazione” ma arricchirlo come “comuni-cazione”?Questa è una s da in cui sia-mo tutti coinvolti. La comuni-cazione oggi è densa, trasver-sale, travolgente e rischiamo di entrare in un meccanismo di una comunicazione sempre nuova che sveglia l’attenzione ma non entra in profondi-

prima, in cui una parola, un’immagine davano profon-dità o aiutavano, adesso tutto è super ciale, tutto è con-sumato, tutto è veloce! Puoi aiutare la gente a far capire che non sono le emozioni di un momento ad essere impor-tanti ma quello che rimane nel cuore. Lo vediamo dalla partecipazione delle masse agli eventi religiosi, tante volte non rimane niente. Si cercano emozioni e le emozio-ni non sono convinzioni.

un’offerta di sapienza, biso-gna che il cuore si lasci impie-tosire e bisogna anticiparsi rispetto alla confusione degli ultimi momenti. Bisogna fare una ricerca, uno studio con rispetto e senso di povertà, ma soprattutto arricchito da questo dono della Luce della Parola.Allora la predica che si farà sarà una predica di un credente che si mette con stupore davanti a un mistero che per ciascuno sarà diver-so, non sarà la ripetizione fotocopiata di quello che io ho pensato: se c’è questo allora uno sarà capace anche di stu-pore di quanto Dio può fare di diverso negli altri! Non si deve cercare la conformità e cioè che pensino come me e che si rendano conto di quan-to io ho letto e ho studiato. Quindi ci vuole da una parte una lunga attenzione per diventare discepoli credenti e dall’altra un’attenzione allo stupore della presenza della mistica del popolo per coglie-re la sensibilità, per ltrarla, per accoglierla, per puri car-la e meglio orientarla. Ed è quello che il Papa dice nell’E-vangelii Gaudium: la mistica della spiritualità del popolo, la sapienza del popolo, non si tratta di santi care il tutto ma di capire quanto Dio ti dona e quanto tu puoi aiutare col tuo carisma a maturare. Noi siamo abituati a fare i funzionari, pensiamo talvolta che la “gente è ignorante” oppure “gliela conto io dritta” ma non è così! Il Papa insiste: il popolo ha senso di fede e possiamo dire che va puri ca-to, evangelizzato ma va anche accolto e sentito, appunto, come dono…anche quella è parola di Dio!

Il Papa nel suo messaggio per la Quaresima parla dell’altro come dono e della Parola come dono. Oggi come si può essere una sintesi tra la Parola e l’altro come dono? Il Papa offre lui stesso molte suggestioni, i suoi gesti, le sue scelte, il suo modo di accogliere le persone, il suo modo di fare, l’attenzione verso le persone sempre con un sorriso, veramente si vede che è servo del dono che l’altro porta! Con il suo modo di fare, la sua battuta, il suo sorriso, lui diventa veramen-te uno dono per l’altro che a sua volta diventa per lui dono. La Parola come dono è più dif cile, la Parola come dono esige discernimento, esige un cuore disarmato, un cuore implorante, un cuore in ascolto esige spazi di tempo, esige un’abitudine a mettersi in ascolto anche quando si fa fatica perché ti arrivi dentro qualcosa! Metterci in ascolto signi ca lasciarci illuminare: se non c’è un cuore che riceve, perché ha bisogno di guari-gione, la Parola non sarà mai un dono sarà un’idea sarà uno schema, ma non sarà dono.

Nella Settimana Santa molto si gioca sulle omelie dei sacerdoti, soprattutto per i partecipanti occa-sionali. Cosa può aiutare i pastori a far sì che possa-no “trasmettere” il Vange-lo e non “informare” sul Vangelo? Noi siamo portati dallo studio a sapere e a far sapere agli altri, ad aiutare gli altri a far capire perché altrimenti si smarriscono e si confondono. Ma per riuscire bisogna fare

tà. Bisogna rendersi conto che abbiamo da una parte i destinatari, con la sensibilità di percepire nell’immediato anche l’abbondanza di quello che viene offerto, dall’altra la necessità di favorire di offrire momenti per approfondire con l’ascolto della Parola. Per questo il Santo Padre insiste tanto sull’ascolto della Parola.Ci vuole qualcosa che appas-siona che non sia solo quan-titativamente abbondante. Così si può aiutare la gente a capire che non è solo l’im-mediato che ti colpisce, ma qualcosa che resta nel cuore che mette radici e che deve essere coltivato.Ci vuole tempo, ci vuole stra-tegia, hai davanti destinatari che hanno questa gramma-tica che non è più quella di

Il vescovo D’Alise afferma che “il pastore ha la chia-ve per entrare nel miste-ro”, ma spesso distrazioni e affanni non rischiano di distogliere il pastore dall’essenziale del Mistero pasquale?Occorre quotidianamente uno stile, un’attenzione, una passione del cuore per quello che tu celebri, per quello che tu vuoi che il popolo celebri: allora per questo il pastore si prepara a lungo. Bisogna vivere la sintonia da tempo lungo, altrimenti si corre il rischio di fare spettacolo: è la passione della fede che si riversa nella carità pastorale! Se noi arriviamo vuoti, anche la gente se ne va vuota, ma-gari la funzione riesce anche bene ma la fede non c’è: solo plastica brillante.

Mons. D’Alise con P. Bruno Secondin

Il clero diocesano in ritiro a Maddaloni

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7Marzo 2017 Anno 2- n. 3 Quaresima

sume una quali ca e perde la propria identità, si riveste di porpora ma perde il cuore, siede ai banchetti ma non ha amici. Nella realtà, «quelli che voglio-no arricchirsi cadono nella tentazione dell’inganno di molti desideri insensati e dannosi, che fanno affogare gli uomini nella rovina e nella perdizione». Il pote-re diventa un idolo, ma un idolo che non riesce a consolare il senso di perdizione che man mano cresce nell’intimo, quel senso di vuoto che, prosegue il papa, «nessuna ricchezza potrà colmare». Ed ecco che cresce la ricchezza e con essa la superbia, e cresce lo spasmo di apparire per quello che si ha e non per quello che si è. Concentrati a mostrarsi si diventa incapaci di vedere “per l’uomo corrotto dall’amore per le ricchezze non esiste altro che il proprio io, e per questo le persone che lo circondano non entrano nel suo sguardo. Il frutto dell’attacca-mento al denaro è dunque una sorta di cecità”. Si perde il senso del dono quan-do siamo sopraffatti dal senso del posse-dere, dalla bramosia di potere, quando l’affermazione del nostro io diventa ma-

nifestazione di potere verso gli altri. Si ria-prano i nostri occhi at-traverso il monito che viene dal cuore, af n-ché possiamo scoprirci «sorpresi da un abbrac-cio - perché - quando noi troviamo Dio c’è sempre una sorpresa: è lui che ci aspetta per primo; lui ci aspetta, lui è la sorpresa». La Parola diventa dono e ci aiuta in questo cam-mino di conversione, che ci vede tutti prota-

gonisti; un tempo propizio per cogliere e maturare dalla forza vivi cante della Parola, l’orientamento verso il sentie-ro che porta all’incontro con Dio che ci aspetta sempre. Un cammino attraver-so cui vengano a cadere dai nostri occhi tutte quelle imperfezioni di peccato che accecano, per giungere al trionfo della Risurrezione. Un cammino graduale per aprire gli occhi e acquisire la con-sapevolezza delle proprie povertà, cioè di tutte quelle situazioni o occasioni di miserie in cui spesso ci lasciamo coin-volgere, e che ci allontano inesorabil-mente da un progetto di cammino e di crescita, e che ci fanno perdere il senso della nostra vita, portando in noi una cecità latente che inasprisce il cuore e non permette di poter cogliere i doni. L’augurio per ciascuno di giungere alla meraviglia e allo stupore della tomba vuota per lasciarsi accarezzare dall’a-more che rifulge dalla Risurrezione!

FARSI UNO. LA STORIA INTIMA DI UNA DONNAÈ mezzogiorno di un giorno qualunque, quando una donna di Sichar, città della Samaria, si reca al pozzo di Giacobbe per attingere acqua. È di stra-ordinaria bellezza la gura del pozzo nella letteratura biblica, il luogo dove ci si disseta e, perciò, simbolo della legge, del Tempio e di Gerusalemme, i tre cardini della vita del tempo. Sembrerebbe, già così, una bella storia. Ma essa diventa un’ineguagliabile esperienza di vita ritrovata grazie ad un inconsueto incontro. Al pozzo ad attendere la donna, infatti, c’è Gesù, che, da storico nemico (in quanto giudeo), diventa suo prossimo. Le chie-de dell’acqua e, con questo gesto, supera le vicende storiche, gli antichi ed attuali con itti, i preconcetti e i giudizi ponendosi in un rapporto alla pari con lei. Dopo aver chiesto, Gesù offre: non è con l’acqua del pozzo che la donna colmerà la sua sete immensa, tesa a soddisfare istinti e bisogni materiali. È in Lui, invece, fonte di “acqua viva” per la vita eterna, che lei troverà ciò che, da sempre, cerca. L’incredulità della donna si trasforma in interesse e desiderio di conoscenza: “da dove prendi questa acqua viva?” Lungi dall’accontentarci delle logiche di comodo che la vita ci offre, siamo chiamati ad elevarci, abbandonando le situazioni di stallo e le risposte fa-cili, per metterci in gioco: poniamoci domande, accogliamo dubbi, usiamo intelligenza e ragionevolezza. È così, con l’aiuto dello Spirito Santo, che scava e fa entrare la Parola di Dio, che si genera e matura la fede.

FARSI PROSSIMO. IL SAMARITANO SI FA PROSSIMOQuesta è la storia di un uomo qualunque o anche di una donna. Di uno di noi insomma, di un essere umano. Senza identità, nulla che ne riveli la pro-venienza o ne de nisca i tratti speci ci. Quest’uomo è a terra, mezzo morto, ma non è ancora morto. C’è speranza. Se qualcuno passa, può salvargli la vita. Ecco, arriva qualcuno. Lo vede, ma non guarda abbastanza. Passa oltre. Eccone un altro. Forse c’è ancora speranza, può salvarmi, salvarti, salvargli la vita. No, va via anche lui. Ma perché? Forse non ha visto bene? Forse non ha guardato. Se avesse visto la sofferenza nei suoi occhi avrebbe sentito compassione. Le sue viscere si sarebbero commosse e avrebbe ca-pito che bisognava assolutamente fare qualcosa. Arriva un altro. Ecco. Lui si ferma. Ora gli si fa vicino; gli fascia anche le ferite; lo prende in braccio; lo porta al sicuro; si prende cura di lui. Wow. Quanti gesti. Non si è rispar-miato. Ha capito tutto. Ha capito che quello è un essere umano, un amico, un fratello; che non si può passare oltre quando si incontra la sofferenza dell’uomo; che non bastano gli spiccioli avanzati, ma servono “sei azioni” per amare e ridare la vita a chi è mezzo morto. Grazie, buon samaritano, per averci fatto meditare. Non possiamo più pensare di salvare l’umani-tà con l’elemosina o donando il super uo. È necessario fare un passo in avanti. Mettere da parte un po’ o tanto di noi stessi, per curare chi è mezzo morto, sicamente e spiritualmente. Siamo noi la sua soluzione. Noi, e non chi viene dopo, siamo la persona a cui Dio ha pensato per salvargli la vita.

VEDERE L’ALTRO. LAZZARO L’INVISIBILEC’erano una volta due uomini: uno ricco, estremamente ricco, ed uno povero, estremamente povero. Storia di oggi raccontata ieri, da Gesù, nella Parabola di Lazzaro e del ricco Epulone. Quest’ultimo, sontuosamente vestito, disteso ad un tavolo imbandito pieno di vivande. L’altro, seminudo, pieno di piaghe leccate dai cani, disteso alle porte del banchetto, bramoso delle briciole che cadono involontariamente dall’alto. Fino alla morte. Situazione surreale? Ec-cessiva? No. È quello che viviamo noi uomini e donne di oggi, quando decidia-mo di restare chiusi nel caldo e sicuro nido che ci siamo costruiti, dove c’è spa-zio solo per noi e per i nostri cari. Ciechi, davanti a chi chiede aiuto; sordi, alle richieste di chi domanda pane e amore. La seconda metà della parabola si svolge nell’altra parte della vita, quella che (quasi) mai consideriamo. Dopo la morte, Lazzaro è vicino a Dio, in cui sulla terra sempre aveva con dato. Il ricco, invece, è nella fossa dei tormenti, perché sulla terra non era stato in grado di condividere le sue ricchezze con chi era nel bisogno. Eppure Dio gli aveva “donato” Lazzaro. «L’altro», infatti, è un dono. Chi ci sta accanto è un dono. Chi ci chiede aiuto è un dono; una possibilità per accorgerci di quanto di noi stessi, della nostra ricchezza misurata in soldi, talenti, capacità e pre-disposizione dell’anima, siamo realmente capaci di donare.

Catechesi Quaresimali diMons. D’Alise

di Carmine Ventrone

Il santo padre papa Francesco ha pre-sentato il messaggio per la quaresima

2017 nella festa di San Luca Evangeli-sta. Offre parole di incoraggiamento ai fedeli per compiere un cammino di conversione indicando come traccia la parabola di Lazzaro e del ricco epulone, (Lc 16,19-31). Una scena ricca di spunti suggestivi, con tre protagonisti: Lazza-ro “l’altro è un dono”, il ricco epulone “il peccato ci acceca” e Abramo “la Parola è un dono”. Essi possono guidarci e at-traverso la loro storia ogni uomo può rileggere la propria vita e correggere l’andamento della propria esistenza. Lazzaro (Dio aiuta), nella scena terrena ha l’identità precisa del povero, di colui che la società considera un fastidio e che viene svuotato della sua dignità. Il povero è lì, rimane seduto a terra, dove sa che qualche briciola arriverà; è con-sapevole che il suo stato è destinato ad essere rivalutato, sa che Dio nella sua in nita misericordia si prenderà cura di lui e fascerà ogni piaga, sanerà ogni

Il dono e…l’altroLa Quaresima: guarire dalla cecità

di Rosanna De Lucia

dolore e sazierà la sua fame. La sua pre-senza, solo apparentemente inutile agli occhi del mondo, diventa ingombrante agli occhi del cuore di passa. Diven-ta monito per chi guarda l’altro ed in esso osserva un uomo e un fratello da amare, diventa simbolo e pretesto per il riscatto delle coscienze desiderose di incontrare Dio. Nell’Esortazione Apo-stolica Evangelii Gaudium, papa Fran-cesco, ha espresso come “nella cultura dominante, il primo posto è occupato da ciò che è esteriore, immediato, visibile, veloce, super ciale, provvisorio. Il reale cede il posto all’apparenza” (n. 62) e di come questo scaturisca dalla “relazio-ne che abbiamo stabilito con il denaro, poiché accettiamo paci camente il suo predomino su di noi e sulle nostre so-cietà” (n. 55). Ed in questa ricerca avida di potere e di ricchezza, di sopraffazione sugli altri e di vanità, che l’uomo perde la sua identità e diventa solo ricco. As-

Mons. D’Alise e don Enzo De Caprio

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8 Marzo 2017 Anno 2- n. 3Pastorale giovanile

di Gennaro D’Antò

Scrivo a poche settimane dal-la chiusura del Convegno che si è tenuto dal 20 al 23 feb-braio a Bologna dal titolo “LA CURA E L’ATTESA”.Un momento davvero bello e intenso per le esperienze ascoltate e per gli scambi di idee e progetti che mi han-no aiutato ad aprire il mio orizzonte verso una visio-ne sempre più dinamica e aperta di pastorale giovanile diocesana. Ma anche un’al-tra ragione ha spinto me ed altri rappresentati diocesani d’Italia delle realtà giovani-li a partecipare: la grande s da del Sinodo dei giovani. Per la prima volta la Chie-sa si interroga su se stessa chiedendo ad essi un aiuto per uscire dalle sue radicate sicurezze che con il tempo li ha sempre più allontanati. Ed è proprio pensando a loro e al ruolo dell’educatore che è stato scelto questo titolo: la cura e l’attesa. Riprendendo il discorso di apertura del prof. Andreoli, l’educatore è una gura ormai in profon-da crisi esistenziale rispetto alle precedenti generazioni le quali vivevano con mag-giori certezze. Ma è proprio

Il Convegno nazionaledi pastorale giovanileLa cura e l’attesa

nella paura, nella fragilità che si nasconde la grandezza dell’educatore e da qui nasce la cura verso l’altro – senza la fragilità non si avverte il bisogno di creare relazioni, di prendersi cura dell’altro, invece due fragilità creano forza. Non si può di certo ne-gare la dif coltà di spiegare ad un giovane che la fragilità non è un sintomo di debolez-za ma proprio in essa si na-sconde il senso del limite che porta a creare legami nuovi. Basta pensare a Gesù: un esempio straordinario di fra-gilità e amore. Certamente oltre la cura c’è bisogno an-che di Attesa e smetterla di pensare di creare dei gruppi perfetti o dei giovani forti, senza paura.Se non c’è attesa non c’è luogo per la speranza, cre-dere sempre che un uomo può cambiare, ancora di più un giovane che agli occhi del mondo sembra perduto. Perché il vero educato-re ama l’attesa. Anch’io - come ha raccontato il pro-fessore - vorrei prendervi la mano e dirvi: “sai che ho paura? Sai che non so bene dove potrà portarci un’av-ventura del genere”? Ve lo dico perché percepisco il bi-sogno forte di “uscire” e nello stesso tempo già sento il di-sagio di non essere più sotto la protezione di un tetto. Ma dobbiamo farlo: è tempo, è il tempo giusto, il migliore che il Signore ci possa offrire. Non so dove andremo: ma se condivideremo la sapien-za del cuore che viene dallo Spirito, troveremo insieme la strada.Nell’ascoltare tali parole pen-savo ai giovani che ho avu-to la fortuna di incontrare: hanno sete di uscire dal disa-gio in cui si trovano e anche

di Angela Santonastaso

Domenica 5 marzo presso l’Istituto dei Padri Salesia-

ni si è conclusa la prima parte del percorso itinerante - for-mativo organizzato dall’equipe della Pastorale giovanile con un’intera giornata dedicata all’amicizia, alla condivisione e alla preghiera dal titolo “#For-zaDiPienezza”. Il tema è stato

La formazione per imparare a vivereGli incontri della pastorale giovanile

dalla stessa frustrazione di nascondersi dietro uno smar-tphone o un pc che li rende più forti nel creare legami semplicemente virtuali. Nel messaggio ai giovani per il Sinodo, Papa Francesco scrive: “Un mondo migliore si costruisce anche grazie a voi, alla vostra voglia di cambiamento e alla vostra generosità. Non abbiate paura di ascoltare lo Spirito che vi suggerisce scelte au-daci, non indugiate quando la coscienza vi chiede di ri-schiare per seguire il Mae-stro”. Forza: sarà bello cam-minare insieme!

l’incontro di Gesù al pozzo con la samaritana e chiude la sim-bologia adottata negli scorsi incontri. Abbiamo iniziato in Cattedrale con il nostro Padre Vescovo lanciando un mes-saggio ai giovani: compire un viaggio formativo per imparare a vivere e non sopravvivere la-sciando così un’impronta vera nella propria vita; si è prose-guiti presso la Parrocchia Ma-

ria SS. Del Carmine e S. Gio-vanni Bosco il cui tema è stato Sentirsi Amati: come Zaccheo pieno di complessi di inferiorità si è abbandonato a Gesù, così i giovani sono stati chiamati a vivere impegnandosi facendo-si conoscere così come sono; il terzo incontro invece ha avuto luogo a Maddaloni presso l’U-nità pastorale S. Maria Madre della Chiesa dal titolo “#LaDi-

vanoFelicità”. Anche in questa occasione sono state riprese le parole che Papa Francesco ha lasciato ai giovani di tutto il mondo durante la Giorna-ta Mondiale della Gioventù a Cracovia per imparare ad esse-re veramente giocatori titolari della propria vita. Cambiare paia di scarpe per indossare scarponcini adatti a cammina-re con coraggio lungo strade nuove della vita, non oziare su un divano comodo, simbolo delle nostre false certezze, non coprirsi con una bella coperti-na in pile per non affrontare la vita ma avere il coraggio di mettersi in gioco, fare gol e fare così della propria vita un capolavoro di misericordia. Il simbolo utilizzato durante l’in-contro ai Salesiani è stato una brocca la stessa con la quale la Samaritana attingeva l’acqua al pozzo. Una brocca però in-capace di colmare la pienezza

vera, incapace di trasportare quell’acqua vera, simbolo di vita eterna che solo l’amore di Dio può donarci. E così i ragaz-zi, ancora una volta, sono stati chiamati a ri ettere su se stes-si, sui loro momenti di aridità, sulle false illusioni e amarezze. Tutti hanno lasciato un mes-saggio che hanno portato all’al-tare in una brocca durante la celebrazione eucaristica con il Vescovo nel pomeriggio: disse-tarsi di una nuova acqua senza timore per vivere una vita in pienezza e gioia.L’incontro ha avuto luogo du-rante la prima domenica di Quaresima, durante la quale il Vescovo ha lasciato a tutti pa-role dolci di amore per vivere questo periodo in armonia con se stessi, abbandonandosi al Cristo e convertirsi. Alle volte, spiegava il Vescovo, diciamo tante parole belle ai nostri ama-ti, partiamo dal ti voglio bene, per giungere al ti amo no a dire ti adoro. Proprio quest’ul-timo sentimento così profondo e forte, deve essere utilizzato nei confronti del Padre, l’unica persona da adorare lasciandoci guidare da Lui, abbandonando quel continuo desiderio di au-torevolezza e autoritarismo che ci pervade e ci immobilizza non seguendo la Sua volontà.L’emozione più bella al termi-ne di ogni momento trascorso insieme - spiega don Gennaro, direttore della Pastorale giova-nile - è stata quella di vedere i ragazzi che dicevano “ci vedia-mo alla prossima. Fateci sape-re”.Un altro appuntamento coin-volge tutti i giovani della Dio-cesi: il 7 Aprile presso la par-rocchia SS. Nome di Maria in Puccianiello - Caserta partirà la Via Crucis dei giovani- sul-la via dell’amore. Il nostro Pa-dre Vescovo sarà presente e presiederà la Via Crucis insie-me a tutte le realtà diocesane coinvolte e le parrocchie. Sarà un nuovo momento di condivi-sione, amicizia, incontro e pre-ghiera che ci vedrà uniti perché trovarsi insieme è un inizio, re-stare insieme un progresso, la-vorare insieme un successo.

I sacerdoti e un gruppo di giovani della Pastorale giovanile

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9Marzo 2017 Anno 2- n. 3 Caritas

CaritasDiocesiCaserta

di Mimmo Iannascoli

Un corso in dieci lezioni, che quest’anno ha acqui-

sito un signi cato particolare, ricorrendo il decennale della nascita della Caritas Dioce-sana di Caserta. Un corso inaugurato nel 2007, dall’al-lora Direttore Don Giorgio Quici, deceduto nel settembre del 2010. Un lasso di tempo troppo breve per realizzare il sogno di una missione, ma suf ciente per lasciare un se-gno indelebile nella mente e nei cuori di chi ha prosegui-to la sua opera. Il suo lascito, la ferma determinazione nel promuovere la testimonianza comunitaria della Carità, da incarnare in prassi rivolte ad “abitare il bisogno dell’altro”, specie di chi è in condizioni di indigenza. Al centro del percorso formativo, dunque, la Pastorale della Carità. Cinque lezioni tenute da Don Antonello Giannotti, il quale ne ha ripercorso la storia n dagli albori, come venne ispi-rata dai Padri della Chiesa e vissuta dalle prime comunità cristiane. A seguire, sono sta-ti illustrati i seguenti temi: le “attività ed i comportamenti da privilegiare per una pa-storale missionaria”, “i crite-ri ispiratori, progettazione e programmazione dell’azione pastorale”, “i segni dei tempi nella pastorale alla luce de-gli insegnamenti del Concilio

Corso di formazione di base per operatori Caritas

101 iscritti provenienti da 22 Parrocchie:F. Centro, “Buon Pastore”, “Ns. Sig. di Lourdes”, “S. An-tonio di P.”, “S. Pietro in Cattedra”, “SS. Nome di M.”, “S. Vitaliano”, “S. Michele Arc.”;F. Nord-Est, “SS. Gennaro e Giuseppe”, “S. Bartolomeo”, “S. Augusto”, “S. Lorenzo”;F. Maddaloni, “S. M. Madre della C.”, “Ns. Sig. di Loreto”; F. Marcianise, “S. Simeone P.”, “S. M. delle Grazie”, “Spi-rito Santo”, “S. M. degli Angeli”, “S. Giuliano”, “S. Andrea Ap.”; in ne, “S. Croce” e “S. Francesco de P.” (Casagiove).Relatori: Don A. Giannotti, M. Iannascoli, U. Tuscolano, F. Porzio, V. Riccobono, M. Corsiero, P. Melluso.Per gli uf ci diocesani: Don S. Alimari, Don A. Piccirillo, Frà P. Marchi, Don A. Vigliotti.Immigrazione: G.Castaldi.Gestione laboratori: M. Manna.I Tutor diocesani: U. Tuscolano, P. Melluso, A. Amelio, M. Izzo, T. Bambace, G. Sacco, R. Monaco, D. Savasta, R. Zitiello, P. Dell’Olmo, G. Vitale.Le psicologhe: L. Pasquariello, F. Del Monaco, V. Di Nuz-zo, A. Stellato.Segreteria: M. Corsiero.

I dettagli del corso

sabili; in ne, di alcuni servizi diocesani, tra cui il “prestito della speranza”, lo “sportello del lavoro”, il sitoweb.Come centrale nello spirito della Carità vi è la “promo-zione” della Persona Umana, allo stesso modo, abbiamo dedicato spazio ed attenzio-ne, alla “promozione” dell’o-peratore Caritas nelle cinque lezioni della seconda parte del corso, tenute da chi scri-ve. La “promozione” dell’ope-ratore va intesa, come “presa

ne”, af dati ai Tutor diocesa-ni, con la funzione di seguire la condotta dei partecipanti

Nel quinto, infine, è stato sottoposto a ciascun grup-po, il caso di una famiglia

Vaticano II°, in ne, la “Spiri-tualità Pastorale”. A suppor-to, i documenti del Concilio Vaticano II°, delle Conferen-ze Episcopali, tra cui “Evan-gelizzazione e Testimonianza della Carità”, l’Esortazione “Amoris Laetitia”, no all’“E-vangelii Gaudium” di Papa Francesco. Nella seconda ora di lezione, relazioni de-dicate al “metodo Caritas”, sulla base delle indicazioni di Caritas Italiana; alle Ca-ritas Parrocchiali; all’“Os-servatorio delle Povertà e delle Risorse”, ad alcuni Uf ci diocesani dell’Area Re-gale: “Pastorale Carceraria”, “Pastorale Sanitaria”, “Mi-grantes” ed “Immigrazione”, tenute dai presbiteri respon-

di coscienza del Sé” e ricerca di un “ben-essere psico co”, che predisponga all’accoglien-za ed all’ascolto dell’altro, specie di chi è profondamente diverso. L’avvio di un proces-so che non si limiti al rappor-to con l’utente bisognoso, ma investa le dinamiche relazio-nali che appartengono alla quotidianità di ciascuno, nei rapporti familiari, nell’am-biente di lavoro o all’interno delle parrocchie. Signi ca, in de nitiva, imparare a gesti-re lo stress, ad acquisire una maggiore consapevolezza dei propri limiti, dei propri pre-giudizi, di talune asperità caratteriali, solitamente di ostacolo nel rapporto con l’al-tro o nei gruppi.

“Dall’ascolto di se stessi, all’ascolto dell’altro (“Ascol-to Attivo”),“Modalità di comunica-zione (linguaggio verbale, non verbale e paraver-bale) e stili comunicativi (Aggressivo, Passivo e As-sertivo)”, “Lavoro di gruppo e ge-stione dei con itti”, “Signi cato, Ruolo, Fun-zioni ed Organizzazione di un C.d.A.”, “Organizzazione della Ca-ritas diocesana, Sito Web”. Nella seconda ora, sono stati allestiti dei laborato-ri esperienziali, dividendo i partecipanti in quattro gruppi, guidati da un pool di quattro psicologhe e da dodici tutor diocesani. Nel primo laboratorio, è stata propo-sta un’esperienza di “silenzio interiore”, durante il quale è stato poi chiesto di rievocare mentalmente un’esperien-za recente negativa, di rico-noscere e dare un nome alle emozioni che ne sono conse-guite, di ri ettere su azioni commesse o parole espresse che hanno ferito o che li han-no feriti, per poi condividerle. Nel secondo, i tutor diocesa-ni hanno posto in essere una serie di simulazioni di ascolto, proponendo stili di comunica-zione “Aggressivo, Passivo ed Assertivo”, oltre all’espressio-ne di modalità di linguaggio verbale e non verbale, che i partecipanti erano chiamati a riconoscere e commentare. Nel terzo, è stato sottoposto a ciascun gruppo l’organiz-zazione di un’attività par-rocchiale, secondo una logica progettuale: “un doposcuola”, “una mensa”, nell’ambito del “disagio giovanile”, “nell’as-sistenza anziani”. In questo laboratorio è stato inserito un “Osservatore del compito” e un “Osservatore della relazio-

nei due ambiti. Ha fatto se-guito un confronto in plena-ria, dei progetti presentati.Nel quarto, è stata previ-sta una serie di simulazioni di ascolto, assegnando ai di-scenti il ruolo di operatore ed utente. A seguire confronto con gli psicologi e tutor.

bisognosa da “prendere in carico”, definendo un pro-getto di “uscita dal biso-gno”, sulla base delle prio-rità emerse.Alla ne del corso, i parteci-panti sono stati sottoposti ad un breve esame di veri ca sulle nozioni apprese.

Il direttore Caritas don Giannotti durante il corso di formazione

Gli operatori del corso di formazione

Alcuni momenti del corso di formazione

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10 Marzo 2017 Anno 2- n. 3Parrocchie

di Nicola Lombardi

Quando il vescovo mi ha chiamato il 23 feb-

braio u.s. per comunicarmi che mi af dava domenica 19 marzo alle ore 17.30 anche la comunità di Ca-solla, il mio primo e unico pensiero, in quel momento, è stata la data, 19 marzo, festa di s. Giuseppe, anche se liturgicamente la solen-nità è giorno 20. E mi sono venute in mente le parole del Vangelo “Giuseppe non temere di prendere con te Maria quello che è genera-to in lei viene dallo Spiri-to”. In quell’istante questa frase mi è stata di grande luce e consolazione al pun-to che, anche se con qual-che iniziale perplessità in-teriore, non mi sembra di aver fatto nessuna obiezio-ne alla decisione del vesco-vo. Ho sentito come rivolte a me le parole del vangelo: “Nicola, non temere, non avere paura, di prendere con te, questa comunità di Casolla, quello che di buo-no, di bello, di giusto, di santo, di nobile è generato in lei viene dallo Spirito Santo”.Ma la data prescelta dal vescovo è stata per me, nei giorni successivi, ulterio-re motivo di consolazione e di incoraggiamento. Il secondo pensiero è andato a Don Giuseppe Diana, un prete delle nostre terre, che in questo giorno 23 anni fa (1994) fu barbaramente uc-ciso dalla camorra. Sento di avere un legame particolare con Don Peppe Diana. Quel

Continuità e unitàIl saluto del nuovo pastore

di Antonietta Matrisciano

Con l’arrivo di Don Fer-nando Latino il 17

novembre 2012 all’interno dell’Arcipretura di San Lo-renzo Martire in Casolla e San Rufo V. M.re in Piedi-monte di Casolla, ma che già amministrava da qualche mese, si è iniziata a respira-re aria di novità in tutti gli ambiti poiché è stato capace di far sentire ognuno, dal più piccolo al più grande, protago-nista. Con fatica è riuscito ad unire tante realtà diverse tra loro ma con un unico obiettivo l’amore per il Signore. Tante sono state le attività messe in piedi nel giro di pochi mesi.Don Fernando insieme ad un

Casolla saluta Don Fernando Latinoe accoglie Don Nicola Lombardi

giorno del 19 marzo 1994 era un sabato. Ero semina-rista del V anno prossimo all’ordinazione. La noti-zia del brutale assassinio ci raggiunse n dal primo mattino al Ponti cio Semi-nario Maggiore di Napoli. E rimanemmo tutti sbigottiti. Nel pomeriggio, poi, giunto a Caserta presso il semi-nario vescovile una telefo-nata, dall’ospedale civile, ci chiedeva dei paramenti sacri per vestire la salma di Don Giuseppe. Con altri due seminaristi, ora pre-ti, prendemmo un camice e una casula in sacrestia e andammo all’obitorio. Fu impressionante.Ho ancora davanti agli oc-chi l’immagine di quel gior-no: il corpo seminudo di questo zelante sacerdote, per me martire della fede, crivellato di colpi.Da quel momento credo di aver imparato cosa signi -chi la frase del profeta Isaia “Per amore del mio popo-lo non tacerò, non starò in silenzio”. E ho cercato nel mio piccolo di non venir mai meno a questo impegno fa-cendomi presente in ogni lotta per la giustizia, per la verità e per la difesa della dignità umana. A ogni co-sto.Ed è sotto la protezione di S. Giuseppe e avente come modello don Diana che oggi inizio, con questa celebra-zione eucaristica, il mio mi-nistero in mezzo a voi. Sono in buona compagnia. Una Eucaristia nel segno della gratitudine, della continui-tà e dell’unità.

gruppo di volontari, nel 2013 organizza una manifestazio-ne dal nome “San Rufo porte aperte”, la quale è stata tenu-ta negli anni successivi no al prossimo appuntamento per aprile 2017. Per amore di questo luogo è stata riaperta la piccola chie-setta del borgo Pedemonta-no, mettendola in sicurezza, celebrando ogni domenica la santa messa alla quale par-tecipano con tanto entusiamo tante persone del posto e non solo.Dopo pochi mesi dalla sua en-trata si è ridata vita all’AN-SPI con l’Oratorio “G. Tescio-ne” con la partecipazione di tanti giovani pieni di tanto entusiasmo e tanta voglia di

fare; infatti già dall’estate del 2013, dopo l’inaugura-zione del Centro Pastorale Parrocchiale San Lorenzo, i giovani, insieme al Parroco hanno organizzato diversi campi-estivi che hanno visto anno dopo anno numerose adesioni; A partire dal primo che ha avuto come tema “Fan-tasy” (2013), poi “le cronache di Narnia” (2014), ed in ne “alla ricerca di Nemo” (2016) scritto ed ideato dagli stessi ragazzi.Nel 2015 ha avuto un gran successo il musical “Don Bosco: Un sogno dentro un cortile” che ha visto protago-nisti gli stessi ragazzi dell’O-ratorio, e diretti dallo stesso don Fernando Latino che ha avuto il ruolo di regista. La cosa che accomunava e che accomuna ancora i tanti giovani e lo stesso don Fer-nando è proprio IL SOGNO DENTRO UN CORTILE. Essi si rispecchiano proprio in questo sogno: la voglia di fare, l’entusiasmo, la gioia di condividere. Un motto che di certo i ragazzi non dimenti-cheranno mai è “Non perdere mai l’entusiasmo”. Lo scopo di

questo musical è stato quello di mettere insieme ragazzi di tutte le età, con diversi ideali e creare un gruppo solido che potesse trasmettere attraver-so ciò la gioia e l’entusiasmo, nonostante tutte le dif coltà che si sono potute incontrare. Tale opera non solo ha visto la partecipazione di tanti gio-vani ma anche di tante per-sone che hanno lavorato duro dietro le quinte (audio, luci, montaggio e smontaggio pal-co, tecnici e scenogra a)Con tanta fatica è nata la Co-rale Parrocchiale Polifonica “CantAmore” comprendente

adulti e giovani derivanti da esperienze Parrocchiali diver-se. Tante sono le attività che tutt’oggi vengono svolte quo-tidianamente basti pensare ai laboratori di teatro per i bam-bini, sport per piccoli e grandi, tornei organizzati dagli stessi animatori in collaborazione con l’Anspi zonale di Caserta. Inoltre in modo accurato si è sempre svolta la catechesi per bambini, ragazzi e giovani, a cura di Educatori e Catechisti che con grande dedizione im-pegnano parte della propria vita per costruire insieme a Don Fernando gli uomini del futuro.Insomma questa è solo una parte delle tante attività che nel corso di questi anni si sono svolte grazie alla dispo-nibilità e alla tanta dedizione di don Fernando: Sono stati forse pochi ma intensi anni di esperienze, gioia, condivi-sione e dobbiamo solo rendere grazie al signore.Non ci resta che ringraziare dal profondo del cuore don Fernando Latino per tutto quello che ha fatto in questi anni per le nostre comunità augurandogli un futuro ricco di serenità e amore per il suo nuovo popolo, che entrerà a far parte della sua vita il 18 Marzo 2017. Il 19 Marzo 2017 è la volta di Don Nicola Lombardi, Parroco della Parrocchia de-dicata a “Maria SS. Assun-ta” in Mezzano di Caserta. L’orientamento della Chiesa odierna, procede verso l’Uni-tà Pastorale, ma quello che conta veramente è preserva-re le tradizioni e le identità delle singole comunità. Don Nicola in una sua intervista recente, rassicura alle Comu-nità Casollesi le piene funzio-ni delle Parrocchie, a comin-ciare dall’assicurare tutte le funzioni liturgiche in questo periodo quaresimale. Auguriamo a Don Nicola un Buon Inizio di cammino Pa-storale accompagnato dalla Vergine Maria madre delle nostre comunità.

Don Fernando Latino con i giovani della Parrocchia

Don Nicola Lombardi con la comunità di Mezzano

Don Fernando Latino durante la celebrazione a Casolla

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11Marzo 2017 Anno 2- n. 3 Parrocchie

di Carmine Ventrone

Da poco introdotto in questa nuova realtà parrocchiale, ho sentito il bi-

sogno e la necessità, di documentarmi e di informarmi cercando di individuare e capire come si svolge la vita del pae-

di Raffaele Espositoe Lia Cordua

A seguito del Convegno dio-cesano dello scorso ottobre,

nell’Unità pastorale di Capodrise sono stati avviati tre diversi per-corsi nell’ambito della pastorale familiare parrocchiale. Il primo, dal denominato “Famiglie in cam-mino”, è aperto ad un gruppo di famiglie che sta condividendo la gioia dello stare insieme, del co-municarsi, ri ettendo sull’Amoris Letitia di Papa Francesco, con in-contri a cadenza mensile solita-mente il venerdì sera. Il secondo rivolto alle nuove famiglie, quel-le nate nell’ultimo biennio dalla celebrazione del sacramento del matrimonio. Per queste lo scorso 5 marzo è stata vissuta una gior-nata di condivisione e di spiritua-lità, presso la Casa delle Suore Vocazioniste di Marcianise, dal tema “Io ti accolgo…alla riscoper-ta delle promesse del matrimo-nio”; a breve ci saranno altre oc-casioni per ritrovarsi e ri ettere. Il terzo percorso è invece rivolto ai nubendi e ai giovani danzati. Per loro domenica 12 marzo, nel salone delle Suore di Capodrise, è stata ospitata l’associazione “In-gannevole come l’amore”, un’asso-ciazione di laici cattolici, che con i suoi eventi e i suoi incontri, si propone come strumento di evan-gelizzazione al ne di aprire i gio-vani all’amore nuziale in Cristo e con Cristo. Tema della serata è stato “ Love is...”. L’amore è sta-to il protagonista indiscusso della scena in una cornice suggestiva di colori, luci e sorrisi, avvalendosi di uno slogan incisivo: “La felicità è una scelta”, conseguenza della conoscenza di un Dio che scende nel campo della vita insieme a cia-scuno, pronto a fare il tifo per i de-sideri che ognuno porta nel cuore. Si è approfondito il concetto d’a-more, quello con la A maiuscola, quello che si vive sin da bambini nel legame liale; quello che non cambia la vita ma cambia il modo di guardarla; quello che ripaga sempre col doppio di ciò che si dà; che non toglie mai il sorriso, ma fa’ in modo che se ne abbia sem-pre uno pronto per tutti. L’amore, quello con la A maiuscola, è una scelta quotidiana imparandone, così, il peso e la bellezza. L’amore nuziale sale in cattedra svelando il segreto della felicità: esortando a non mollare difronte le avver-sità, a fare il tifo per l’altro e a credere in se stessi ma partendo dalla consapevolezza dei propri li-miti. Questo tipo di amore esorta a guardare oltre, a pensare e ad agire per il bene, a distinguere le opzioni dalle priorità, a decide-re in autonomia e responsabilità ma dimostra che per farlo serve la cooperazione del cuore e della ragione. Si è cercato di trasmet-tere che non è bene costruire un matrimonio legato soltanto ad un anello o ad un pezzo di carta, per-ché l’amore è proprio questo: ap-partenersi per sempre.

di Giuseppe Di Bernardo

Forse non tutti sanno che S. Francesco d’Assisi non visse una sola quaresima all’anno, bensì cinque; nell’arco di un anno, passava più tempo nella penitenza

e nel digiuno, che non nella festa o altro. La quaresima del santo fu parte inte-grante di un profondo cammino di conversione, fu la via ardua della conformazio-ne a Cristo, come per un atleta professionista, l’allenamento e la palestra. La sua quaresima non iniziava il mercoledì delle Ceneri, bensì il lunedì dopo l’Epifania; e, mentre tutti i frati, come tutti i cristiani, erano tenuti a osservare il digiuno durante la grande quaresima, a quella dopo l’Epifania, i frati erano solo esortati. Una terza quaresima era quella in preparazione al Natale di Cristo, che iniziava con la festa di Tutti i Santi. Ancora un altro periodo di intensa contemplazione era quello in preparazione alla festa dell’Assunta, partiva dalla festa dei santi Pietro e Paolo, in onore della Chiesa, o meglio, di Maria, la madre del Signore, “Virgo Ecclesia facta”. La quinta quaresima di frate Francesco, iniziava il giorno dopo l’Assunta e terminava il giorno della festa dei santi Arcangeli, il 29 settembre. Un periodo di contemplazione e digiuno particolarmente caro al santo assisano e a tutto il mondo francescano, perché è proprio durante questo periodo che un Sera- no insignì delle stimmate frate Francesco, due anni prima di morire, sul monte

de La Verna. Circa duecento giorni di quaresima durante l’arco di un anno! La quaresima – sia quella grande, sia le altre quattro sopra elencate – fu per lui come per tutti i fedeli “il tempo favorevole” destinato alla penitenza, alla conversione per rivivere la verità sostanziale del battesimo. Tuttavia nell’attuazione di questa penitenza, Francesco mise in atto ovviamente un suo stile personale: morti cò la propria carne non per odio ma per amore. Il Venerabile Servo di Dio Giacomo Gaglione era terziario francescano dal 1921. Egli inizialmente non accettò la sua malattia no a quando non decise di andare a San Giovanni Rotondo per incon-trare Padre Pio, santo frate francescano. Da quell’incontro avvenuto nel 1919 av-venne il miracolo. Giacomino accolse la sua malattia come dono di Dio ed iniziò ad essere apostolo dei malati, avendo dinanzi agli occhi e nel cuore il modello del Sera co Padre. Egli considerò la sua malattia non più una terribile disgrazia, ma “il più grande dono che Iddio possa fare alla creatura, perché con la croce la rende simile al Figlio suo prediletto”: per ben cinquanta anni ha saputo, nel silenzio della sofferenza, pregare e intercedere per chi a lui si rivolgeva. La sua evoluzione umana somigliò a una via crucis. Per lui la quaresima non fu soltanto un tempo liturgico, anche se massima attenzione dedicò al tempo sacro dei quaranta giorni, ma ben si può affermare che ogni suo sentimento, ogni sua azione, ogni suo do-lore – durante l’arco della sua vita no alla morte – hanno trovato in Dio l’amore che consola, che solleva e dà la forza per superare qualsiasi prova. Giacomino fu consapevole che il Figlio che muore abbandonato sulla Croce ha realizzato nel su-premo abbandono del Padre la comunione più profonda col Padre e nel dono dello Spirito apre le braccia ad accogliere tutti. La società secolare, globale, con le sue leggi e i suoi meccanismi, dimentica spesso il silenzioso dolore degli ultimi. Ecco che allora in essa una vicenda come quella di Giacomino, consumata nel cuore di Terra di Lavoro, diventa esemplare. Per chi ha scommesso la propria vita sulla fede in Cristo Gesù, la propria storia è gioia, nonostante il dolore, nonostante il limite, nonostante l’angustia di certi giorni.

Percorsi di pastoralefamiliare a Capodrise

Le Parrocchie del “ SS. Salvatore” e di “S. Maria Assunta”

Recale un paese in camminoSS. Salvatore” e alla “Parrocchia S. Ma-ria Assunta”. Collocate nel territorio a distanza ravvicinata, entrambe a pochi passi dalla piazza centrale. Negli anni si sono consolidate tante tradizioni ed an-cora no ad oggi sono tante le occasioni in cui le due comunità si ritrovano insie-me per celebrare e ringraziare il Signo-re. Le feste patronali sono due: la festa del Giglio, in onore del patrono di Recale S. Antimo Martire, e la festa in onore del Sacro Cuore di Gesù, rispettivamente si svolgono nella prima domenica di giugno e nella prima domenica di settembre di ogni anno. Entrambe le feste sono molto partecipate da tutta la comunità recale-se e sono precedute da intenso fermento di vita parrocchiale con la celebrazione dei tridui che preparano i fedeli a vive-re questi momenti nella gioia e nella comunione. Vengono inoltre celebrate comunitariamente la festa di Ognissan-ti, la Commemorazione di tutti i fedeli defunti, la Commemorazione dei caduti in guerra e la processione del Corpus Domini. Entrambe le realtà parrocchiali sono molto attive e non mancano occa-sioni di coinvolgimento rispetto a tutta

la popolazione dell’intero territorio.Ora mio accingo a descrivere le varie at-tività pastorali che si svolgono nelle due comunità parrocchiali. La vita pastorale della parrocchia Santa Maria Assunta si svolge secondo i tre ambiti:Catechesi: sono tante le iniziative in campo per la formazione continua dei ragazzi dei giovani e delle famiglie che oltre ad incontrarsi per la formazione dedicata ai sacramenti della Penitenza, Eucarestia, Confermazione e Matrimo-nio, nel tempo hanno sviluppato tante attività collaterali che vanno a creare importanti momenti di aggregazione se-condo l’inclinazione dei singoli, attività a contatto con la natura e il creato, teatro, coro, sport, gioco e laboratori vari.Liturgia: sostenuto dalle attività di varie persone di buona volontà, che con il loro impegno e zelo coadiuvano e ani-mano la vita liturgica della parrocchia, ognuno secondo la propria inclinazione: ministri ordinati, ministri istituiti e mi-nistri della comunione. Ed ancora i vari gruppi legati al culto del patrono S. An-timo Martire, all’esercizio dell’apostola-to della preghiera, il coro polifonico, coro dei giovani e coro dei bambini e non ulti-mo alla cura e al decoro della parrocchia. Carità: anche in questo ambito si svi-luppano diverse attività messe in campo dai vari gruppi presenti, e grazie alla buona volontà di tante persone, che met-tono a disposizione tempi e spazi, ci si adopera al meglio per cogliere ed indivi-duare negli altri situazioni di necessità sia materiali che spirituali.Tutto è dono, tutto contribuisce alla cre-scita della comunità! Dalla collaborazio-ne di tutta la comunità nasce la festa pa-tronale detta del “Giglio” in onore di S. Antimo Martire celebrata con il triduo di preparazione che precede sia la ricor-renza religiosa, il giorno 11 maggio, sia per i festeggiamenti civili che si svolgono la prima domenica di giugno.La vita pastorale della parrocchia San-tissimo Salvatore guidata da don Silvio Verdoliva, come da lui descritto, si oc-cupa di: catechesi permanente a partire dai bambini di seconda elementare no a gli adulti; ritiri mensili ed incontri di veri ca; preparazione al Natale e alla Pasqua con momenti di coinvolgimento comunitario attraverso liturgie, confron-ti, meditazioni, rappresentazioni sacre; incontri settimanali con gli operatori pa-storale e la comunità per crescere nella fede (sabato dalle 18:30 alle 19:30); pre-parazione alla festa parrocchiale del Sa-cro Cuore di Gesù in due momenti: festa liturgica del Sacro Cuore di Gesù con un triduo di preparazione alla manifesta-zione dell’ “alza bandiera” (giorno della solennità del Sacro Cuore) e processione e festa parrocchiale la prima domenica di settembre che chiude e contempora-neamente apre l’anno pastorale.La vita delle due comunità si intreccia nella vita sociale e civile della popolazio-ne e certamente per il futuro non man-cheranno tante occasioni per favorire lo stare insieme e la maturazione di una comunità recalese sempre più adulta nella fede, che si faccia promotrice di evangelizzazione continua sul territorio.

se intorno alle due parrocchie. Seppure in giro sembrerebbe di carpire un certo senso di spiccata appartenenza alle due distinte comunità apprendo con piace-re che invece sono tante le attività che si svolgono in comune in particolari momenti dell’anno. Il territorio risulta suddiviso in due comunità parrocchiali ed ovvero quelle legate alla “Parrocchia

La Quaresima in San Francescoe nel Venerabile Giacomo Gaglione

La comunità di S. Maria Assunta

Chiesa diS. Maria Assunta

(facciata)

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12 Marzo 2017 Anno 2- n. 3Recensioni

PARTO ANONIMOIl Comitato nazionale per il diritto alle origini

di Emilia Rosati e Anna Arecchia

Parlare di parto anonimo e delle sue implicazioni, oggi, a differenza di

come potrebbe apparire in un primo momento, è necessario e doveroso. In-fatti, seppure il fenomeno sia andato ampiamente ridimensionandosi negli

nel 2008, il Comitato nazionale per il diritto alla conoscenza delle origini, ed è nata l’idea di un libro “Il parto anoni-mo. Pro li giuridici e psicosociali dopo la declaratoria di incostituzionalità”, edito da Artetetra, 2015, con lo scopo di far conoscere la delicata problema-tica sociale e diventare così, volano per

nessere esistenziale del secondo, privo di una parte della propria storia. L’identità di una persona rappresenta la sua unità nel tempo edi cata dai cambiamenti che sentiamo avveni-re dentro di noi e che caratterizzano la nostra persona unica e irripetibile; questo a partire non soltanto dalla na-scita, ma dallo stesso concepimento, e dal contesto nel quale siamo stati generati. Appare chiaro come nessun individuo possa essere privato dallo Stato di una conoscenza che gli appar-tiene, che addirittura lo fonda, che gli consegna la personale storia. Questo l’assunto di base, ricco di corollari im-portantissimi, decisivi, quali la possi-bilità dell’anamnesi medica e dell’ana-lisi psicologica dei propri vissuti. Tutto questo si scontra talvolta con il sapere ingenuo del buon senso comune, che ritiene l’essere adottati una seconda nascita, per cui tutto ciò che è acca-duto prima si può cancellare dall’esi-stenza di quella persona. Sappiamo bene invece che la vita è già nel conce-pimento: le ragioni che hanno portato alla nascita di un nuovo embrione sono anch’esse parte integrante del mistero vitale, così come lo sono tutte le espe-rienze del grembo materno e che oggi le neuroscienze indicano come fonda-mentali per lo sviluppo del bambino. Già dell’inizio del Novecento, studiosi quali Anna Freud, Klein, Spitz, Bowl-by ed altri hanno esaminato le prime forme di attaccamento alla gura del caregiver, rivelandosi basilari per lo stile di vita che quel bambino, domani adotterà in tutte le relazioni interper-sonali.Nuova luce dunque sul diritto alla co-noscenza delle origini, è stata offerta negli ultimi mesi dalla suprema Cor-te di Cassazione che, in due separate

sentenze di luglio e novembre 2016, ha riconosciuto il diritto alla conoscenza dell’identità della madre biologica an-corché ella fosse deceduta. Pochi giorni fa, per la prima volta a Napoli, si sono aperte nuove speranze, per migliaia di cittadini, in seguito all’accoglimento in Corte di Appello del ricorso promosso da un’associata del Comitato per il di-ritto alle origini. Dopo la Sentenza del 2013 della Cor-te Costituzionale e le due sentenze di luglio e novembre scorso della Cassa-zione, le sezioni unite di quest’ultima, il 25 gennaio 2017 hanno statuito che non può esserci più riserva da parte dei Giudici ad accogliere le richieste del glio ad interpellare la madre bio-logica. La Magistratura, quindi, ob-bliga de nitivamente i tribunali per i minori ad accogliere tutte le istanze in tema di ricerca delle origini e ne ga-rantisce l’interpello della madre.

di Vito Infante

Il volume “Studi storici su una pro-vincia del Sud in età contemporanea:

Terra di Lavoro” raccoglie dodici saggi

Una nuova pubblicazione di Olindo IserniaStudi storici su una Provincia del Sudin età contemporanea: Terra di Lavoro

ultimi cinquant’anni, sono circa quat-trocentomila i cittadini italiani ancora privi di identità. L’attualità e l’importanza dell’argo-mento richiamano la necessità di una modi ca della Legge 184 del 1983, art. 28, af nché le persone interessate pos-sano far combaciare i “due pezzi della loro vita”: il prima e il dopo adozione. Proprio per salvaguardare i diritti di queste persone si è costituito a Napoli,

una veloce calendarizzazione al Sena-to della proposta di legge già passata alla Camera. Anche la Corte Costituzionale, nell’e-manare la Sentenza n. 248 del 2013, ha inteso ristabilire un equo bilan-ciamento tra il diritto della madre all’anonimato e quello del glio alla propria identità, rendendo nalmente possibile l’offerta, ad entrambi, di una seconda chance, soprattutto per il be-

editi tra il 2011 e il 2016 nel periodico Osservatorio Casertano e uno inedito, in cui Olindo Isernia ci offre un qua-dro preciso e analitico di importanti aspetti e momenti di uno dei periodi più delicati della storia della provincia di Terra di Lavoro.Il libro si apre con le agitazioni popolari nell’aprile - maggio 1898 per il rinca-ro del pane, cessate rapidamente dopo che le amministrazioni comunali ne ridussero il prezzo e concessero sussidi ai più poveri. Seguono le contestazioni che al giudizio di Filippo Turati circa il carattere liberale del Governo Zanar-delli-Giolitti (1901) rivolse il casertano Bernardo Nardone, al quale sembra-va, e non aveva torto, che il governo avesse un diverso atteggiamento nei confronti del movimento socialista, più tollerante nell’Italia del Nord, dove era forte la presenza operaia, e duramente repressivo nel più arretrato Meridio-ne. Si esaminano successivamente il sistema di potere che l’on. Peppuccio Romano, noto capo camorrista, aveva instaurato nel Comune di Aversa e i furiosi attacchi del periodico caserta-

no L’Unione all’on. Michele Verzillo negli anni 1911-1912. I capitoli cen-trali analizzano lo stato dell’economia provinciale dopo la Grande Guerra, la crisi delle industrie e le conseguenti lotte sindacali ad Isola Liri negli anni 1922-1927, le condizioni delle industrie e della classe operaia al momento della soppressione della provincia di Terra di Lavoro (1927) e, per quanto riguar-da il capoluogo, la carenza di alloggi e le gravissime dif coltà economiche per la perdita di corpi militari, di scuole, di fabbriche e di strutture ferroviarie, che emergono chiaramente dalle richieste, non accolte, del Comune di Caserta al Governo perché fosse ceduta Piazza d’Armi (1922) e perché fossero concesse nel 1924 apposite provvidenze. Vengono poi esaminati il ruolo svolto dall’avv. Adelchi Albanese nelle vicen-de politiche di Piedimonte Matese tra il 1922 e il 1926; la richiesta della città di Cassino nel 1923 di diventare capo-luogo di una nuova provincia; i motivi della soppressione della provincia di Terra di Lavoro nel 1927 e l’impegno profuso n dalla ne del 1943 dai rico-

stituiti partiti locali, e soprattutto dal sindaco di Caserta ing. Luigi Giaquin-to e dall’avvocato Clemente Piscitelli, presidente del Comitato di Liberazio-

ne Nazionale, perché fosse nalmente (ri)costituita nel 1945 la provincia di Caserta.

Le autrici Emilia Rosati e Anna Arecchia

L’autore Olindo Isernia

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13Marzo 2017 Anno 2- n. 3 Beni Culturali

di Alfonso Saponara

L’aggettivo latino sacer aveva, nella Roma dell’Età Re-gia, due signi cati contrapposti, in forte antitesi tra

loro: quello positivo di sacro, inviolabile (perché consacra-to ad una divinità celeste), e quello negativo di esecrabile, maledetto (perché consacrato alle divinità infernali).A Roma, l’homo sacer indicava l’esecrato (ex sacer), col-pevole di delitti così enormi da determinare la sua esclusio-ne dal consorzio umano e votarlo, in sacri cio, alle divinità delle Tenebre. Egli, dunque, non era più sotto la giurisdizio-ne terrena ma veniva posto in balia della giustizia degli Dei.La sacertas era, già nelle Leggi delle XII Tavole, la più tre-menda delle sanzioni a carattere giuridico-religioso in itta a chi aveva determinato, con le sue azioni, la rottura della pax deorum, causando l’interruzione dell’equilibrio regola-tore dei rapporti tra la sfera umana e quella divina. (Equi-librium è un composto di aequus (uguale) e di un derivato di libra (bilancia) e indica lo stato in cui i due piatti della bilancia si mantengono pari ed immobili tra loro).Il termine sacer, nel suo lungo viaggio nel tempo, subisce una trasformazione di signi cato, adattandosi ai caratteri del Cristianesimo. L’Italiano ne codi ca la valenza positiva, ben riconoscibile nei sostantivi ed aggettivi derivati: sacro (ciò che è in rapporto col divino e che reca salvezza); sacer-dote (colui che fa da tramite tra Dio e gli uomini); sacra-mento (tutto ciò che pone l’uomo in rapporto con Dio e i riti con cui tale rapporto si istituisce); sacrario, sacello, etc.Le parole si trasformano, mutano e variano i loro signi cati originari ma esse, nel profondo delle loro radici, custodisco-no un codice che consente di connetterci ai loro archetipi più remoti e di registrare, come astronomi in ascolto di segnali lontani, l’eco primordiale del messaggio di cui sono porta-trici.

SACRO

DENTRO LA PAROLA

di Raffaele Cutillo

I Tifatini la chiudono a nord con spalti di verde e calca-

re divorato, sopra un palco-scenico piatto. Attore prota-gonista è la Grande Madre Reggia, immersa in un mag-ma di indifferenza materica, ventisette borghi che sfetta-no secoli di memoria sono al contempo spettatori in atte-sa della rappresentazione e chorós catartico in nuce.Questa è la sua sicità, og-gettivamente riscontrabile.La dimensione immateriale si rivela ben più complessa. Caserta è provinciale den-tro (nella migliore accezione felliniana) con slanci di ina-spettata creatività e mol-lezza civica, presunzione di assolutezza e generosità so-lidale, mistura di caratteri identitari introdotti nel tem-po. Irretita dall’apparenza e dall’ef mero è esattamente sul crinale tra l’orgogliosa ri-conoscibilità di città e il per-dente confronto con la metro-poli strati cata all’ombra del vulcano.Già da anni non genera altro che se stessa, ripiegata erma-froditicamente sulla ossessio-ne tutta verbale di darsi una vocazione ogni volta diversa: turistica, universitaria, ter-ziaria, commerciale o altro ancora (e restiamo in trepi-dante attesa della modaiola identi cazione sostenibile).Intanto, nonostante la cecità di cittadini e politica, restano evidenti i riferimenti strut-turali economico/sociali e il tessuto urbano che ne hanno segnato il tempo. Un insegna-mento recuperabile, ma in assenza di nostalgie e oltre il giudizio storico con le dovute differenze, da plasmare sulla contemporaneità. Il Medio-

“Una città non più ermafrodita”

Raffaele Cutillo (collaborazione Nicola Rossi), Caserta città teatro, 2014

evo per gli aspetti civico-ur-bani e la visione settecente-sca per l’ordine produttivo, sono ancora lì. La città della esperienza svevo-normanna, compatta, densa, integrata funzionalmente e il deciso contrasto con i grandi spazi aperti esterni (al di là delle esigenze di difesa) resta un exemplum perseguibile. Ciò vuol dire equilibrio tra resi-denza e servizi comuni, mol-tiplicazione delle centralità, assenza di estremizzazioni nel costruito e nel sovradi-mensionamento urbano (in luoghi privilegiati) di aree verdi ingestibili, in contrap-posizione al vero parco na-turale, selvaggio, costituito dalle colline, fuori ad essa. Ma, ancora di più, è la di-mensione illuminista, diffusa e differenziata nel prodotto, al limite della autosuf cien-za collettiva, il riferimento maggiormente intrigante. Il Palazzo dei Re, che tutti guardano con incantata me-raviglia intendendone solo la rappresentazione del fasto cicisbeo o il vago godimento aristocratico, nei fatti conte-neva fabbrica e fatica dietro le sue stesse quinte sceniche, sprigionandole al contorno. Qui il miele, l’orto e la speri-mentazione botanica, lì agri-coltura sperimentale e seta nel ciclo completo, vitigni, allevamento. Insomma, una liera scienti camente de-

moltiplicata, controllata, dif-ferente e sparsa ma a stretto contatto con il vivere quoti-diano. Immagino la nostra città (con quelle al contorno formando un corpo munici-pale unitario) che riprenda a produrre, a inventare mar-chi, dentro la miriade di con-tenitori dismessi, pubblici e privati, che la punteggiano

ovunque. Lavoro e spazi per la didattica multidisciplinare o l’espressione dell’anima. Di contro tutto rischia la mu-sei cazione, la polvere della noia, in attesa che qualche turista porti un piatto di gra-no.

di Marco Lugni

È stato accolto con partico-lare compiacimento dal-

la Direzione della Reggia di Caserta il provvedimento che accerta l’interesse culturale della biblioteca e dell’archivio della Società di Storia Patria di Terra di Lavoro, presentato nell’aula Magna dell’Ente dal Soprintendente Archivistico e Bibliogra co della Campa-nia Paolo Franzese. Portavo-ce di Mauro Felicori è stato Maurizio Crispino dell’Area Informatica e Documentaria, il quale ha, tra l’altro, eviden-ziata l’importanza dell’attività svolta dal benemerito Sodali-zio casertano nalizzata alla riappropriazione del territo-rio attraverso il volano della cultura, che diventa – egli ha detto – traino dell’economia. Dopo il saluto del rappresen-tante della Direzione della Reggia ha preso la parola il presidente Alberto Zaza d’Au-lisio, il quale ha, tra l’altro, evidenziato come l’importan-te riconoscimento regolato dal codice dei Beni Culturali co-stituisca una tappa signi ca-tiva per la Società storica che si snoda lungo un percorso di 65 anni di vita nella ricorren-za della ventennale presenza nel complesso dei Passionisti,

Il patrimonio librario e documentariodi “particolare interesse culturale”

Società di Storia Patria di Terra di Lavoro

annunciando, poi l’avvio di iniziative in onore di Alfonso Ruggiero, nel centenario della morte, la cui poliedrica attivi-tà di educatore, pomo di cul-tura e politico illustra la sto-ria della nativa Caserta. Alla brillante relazione sul pro lo della Società di Storia Patria di Terra di Lavoro, enuncia-ta dal Bibliotecario Giusep-pe De Nitto, ha fatto seguito l’intervento del soprintenden-te Franzese, il quale ha, tra l’altro, auspicato l’avvio di un organico coordinamento delle iniziative culturali sul territo-rio per evitare sovrapposizioni di attività e dispersioni di ri-sorse. Dopo la sottoscrizione del documento relativo all’av-

vio del procedimento dichiara-tivo di interesse culturale, il Presidente Alberto Zaza d’Au-lisio ha consegnato le nomine di socio Onorario all’Odontoia-tra Francesco Farina e al So-printendente Paolo Franzese in considerazione delle loro benemerenze culturali che grati cano la città.Presenti con la responsabile del procedimento Maria Rosa-ria Strazzullo, i rappresentan-ti della Brigata Garibaldi Col. Frattolillo, dell’Accademia di Pozzuoli Col. Carillo, del Reggimento Genio Guastatori Cap. Conte, la preside del Li-ceo Giannone Campanile, la dirigente ASL Ruffo e i volon-tari della CRI.

Da sx: Paolo Franzese, Alberto Zaza d’Aulisio e Giuseppe De Nitto

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14 Marzo 2017 Anno 2- n. 3Notizie

di Edoardo Argento

La bella metafora del «su-blime tesoro» attribuita

alla Sacra Scrittura o alla Parola rivelata, è una sor-ta di password che immette nello spazio scon nato che la Evangelii gaudium di papa Francesco conferisce alla Sacra Scrittura. La metafo-ra posta nella conclusione del terzo capitolo - dedicato all’annuncio del Vangelo - esprime la centralità della Sacra Scrittura per l’evan-gelizzazione e la catechesi. È importante ri ettere sul te-sto di papa Francesco in que-sto anno dedicato alla Bibbia come il santo padre ci invita nella lettera Misericordia et misera al paragrafo 7. Dicia-mo subito che sulle modalità con cui bisogna leggere la Sacra Scrittura l’esortazione apostolica non riparte dalle origini né presenta i diversi metodi di esegesi biblica, ma è innervata sulla Dei Ver-bum del Concilio Vaticano II.Una considerazione che si può condensare in tre di-mensioni: l’approdo sacra-mentale della Parola di Dio, la sua rilevanza catechetica per l’evangelizzazione e l’ap-proccio popolare della Sacra Scrittura.Il Centro Apostolato Biblico (CAB) di Caserta da oltre vent’anni dedica grande spa-zio alla lettura della Bibbia con l’esperienza della “Setti-mana Biblica Nazionale” di Caserta, giunta quest’anno alla XXI Edizione dal 3 al 7 luglio 2017. La lettura oran-te e familiare della BIBBIA nelle parrocchie della Dioce-si è iniziate del 2014 e con ca-denza mensile il CAB propo-ne la lettura di un libro sacro al mese. Il termine per la let-

Il Centro Apostolato Biblico“Studiare” la Parola,teologia di popolo di Luigi Caputo

La Casa di Caserta ha per-duto una “stella luminosa”

della sua storia centenaria di vita comunitaria, don Stella Teodosio, sacerdote salesiano, tornato alla Casa del Padre. A distanza quasi di un mese dalla sua dipartita noi, che l’abbiamo conosciuto lo ricor-diamo, umile e gioioso sacer-dote, uomo semplice, dispo-nibile, legato alla comunità salesiana dal suo intenso rap-porto di guida e di maestro. Padre spirituale di sacerdoti, che dalla diocesi e della pro-vincia di Caserta venivano da questo “semplice salesiano” a chiedere di essere confessati e consigliati nel loro cammino ministeriale e di tanti giova-ni, uomini e donne incontrati nel suo essere rettore del San-tuario Cuore Immacolato di Maria, anche se negli ultimi tempi a causa della malattia è stato costretto a lasciare il suo ministero sacerdotale, per essere curato e assistito pres-so l’opera salesiana di Saler-no. Chiamato alla vocazione di salesiano di don Bosco in età giovanissima, terminati gli studi, ha donato tutto il suo essere sacerdote a guida-re e orientare i giovani nella strada della vita, per poi esse-re missionario nella lontana India dove ha sperimentato il contatto diretto con le persone nella povertà e nella sofferen-za.È stato nella sua attività di “missionario” punto di rife-rimento, animatore ed edu-catore di tutte le persone delle diverse comunità dove svolgeva il suo ministero nel dare la sua piena disponibili-tà a quanti avevano bisogno e chiedevano aiuto. Un sa-lesiano semplice, ricco della presenza di Dio, lasciando la sua impronta di uomo sacer-dote al servizio della Chiesa

Il ricordo di una “Stella luminosa”volata al cielo “don Teodosio Stella”

e dei suoi confratelli. Per lun-ghissimi anni è stato rettore, sacerdote del Santuario della Casa di Caserta, un vero ani-matore - educatore alla don Bosco, diceva sempre “l’edu-cazione è cosa del cuore... chi sa di essere amato, ama, e chi è amato ottiene tutto, special-mente dai giovani... i cuori si aprono e fanno conoscere i loro bisogni e palesano i loro difetti”. Ha svolto il suo silen-zio ministero no a quando era ancora nella condizione sica, poi la malattia”. Il suo

uf cio era una porta aperta sulla Città, tutti si recavano da don Stella per un consiglio, una confessione, per essere, a volte, solamente ascoltati. Il suo sorriso, la sua dolcezza, la semplicità dell’accoglienza e anche le sue battutine, da-vano gioia e consapevolezza di aver incontrato un sacerdote, una persona che sapeva ascol-tare. La sua andata al cielo ha lasciato un vuoto che non sarà facile da riempire in quanto don Stella è stato pieno di fer-vore e di spirito ecclesiale nel

portare avanti tutti gli impe-gni con amore e diligenza nel dare sempre risposte concrete a quanti si rivolgevano a lui per essere aiutati a risolvere i problemi del vivere quoti-diano. Sacerdote che ha speso la sua esistenza nel dono del Signore, nella sua scelta di “salesiano” dedicandosi con grande gioia ed affetto a tut-ti, specialmente alla cura del santuario e alla devozione del culto mariano, in parti-colare al “Cuore Immacolato di Maria”, era il suo sogno, la sua vita, la sua passione. Il nostro Vescovo Mons. Gio-vanni D’Alise, nella S. Messa esequiale, nella sua breve ed intensa omelia, ha detto: vo-gliamo dire il nostro grazie a don Stella, la sua morte sarà dono gradito al Signore e noi lo vogliamo tenere presente e vivo in mezzo a noi per quello che è stato e per quello che ha saputo dare a tutta la Chiesa di Caserta, in particolare alla sua comunità salesiana. Gra-zie don Stella, non sarete di-menticato, Vi vogliamo bene.

tura dei 73 libri sacri è pre-visto per il 2020. Quest’anno in tutte della Diocesi sarà celebrata la “GIORNATA DELLA BIBBIA”, iniziata il 27 novembre 2016 nelle parrocchie della Forania di Marcianise e continuando domenica dopo domenica nelle altre parrocchie delle cinque foranie della Diocesi. Caserta Nord Est; Maddalo-ni e Caserta Centro sono le foranie che in questo periodo stanno effettuando questo percorso culturale/spiritua-le.Ci troviamo di fronte allo sdo-ganamento decisivo del rap-porto tra i credenti e la Sacra Scrittura. La Evangelii Gau-dium non separa lo studio da altre forme di lettura della Pa-rola di Dio, come la catechesi, la meditazione, la preghiera biblica e la lectio divina. Non tutti sono in condizione di “studiare” la Sacra Scrittura, è vero, ma a tutti sia offerta una porta per l’Evangelo, o l’opportunità di trovare spa-zio per nutrirsi della Parola rivelata. Questa è l’espressio-ne più elevata della teologia del popolo di Dio su cui insiste tanto papa Francesco.

In data 17/03/2017, alla presenza del Vescovo, il C.d.AA.EE. della Diocesi di Caserta riunitosi nelle persone di Rev. Sac. Gianni Vella, Rev. Mons Pietro

De Felice, Sac. Don Antonello Giannotti, Rev. Sac. Claudio Nutrito, Rev. Sac. Valentino Picazio, Rev. Sac. Don Andrea Campanile, Rev. Sac. Don Fernando Latino, Diac. Don Elpidio Pellino, Avv. Giuseppe Posillipo e Dott. Massimo Taglia erro, ha deliberato la prosecuzione dei lavori di completamento della Cappella 5° SACRAMENTO nel Cimitero di Caserta che, per motivi non adde-bitabili alla Curia Vescovile, sono stati fermi per diversi anni.Il Vescovo, per dare celerità all’inizio dei lavori, che dovrebbero avviarsi a breve ed al completamento di tutte le formalità amministrative, ha de-siderato che la stipula del nuovo contratto di appalto, fra la Confraternita del SS. Sacramento, rappresentata dal Rev. Sac. Don Franco Greco, e la società Gesim Srl, venisse formalizzata dinanzi al Consiglio per gli Affari Economici e contestualmente alla delibera di prosecuzione dei lavori. Una notizia che sarà presa favorevolmente non solo da chi necessita di uno

I lavori di completamento dellaCappella 5° SACRAMENTO

Consiglio Diocesano Affari Economici spazio all’interno della Cappella cimiteriale ma anche da chi ha già sti-pulato, precedentemente, un contratto di concessione e finalmente potrà vedere completata l’opera.

Don Teodosio Stella

Mons. D’Alise con i membri del Consiglio Diocesano Affari Economici

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15Marzo 2017 Anno 2- n. 3 Agenda

9 Aprile 2017ore 10:45 Largo San Sebastiano in

Caserta: Rito della benedizione del-le Palme. A seguire Processione in via Mazzini, via del Redentore no alla Cat-tedrale dove sarà celebrata l’Eucaristia.

11 Aprile 2017ore 11:00 - Centro “Le Ali” in Casolla

(CE): Precetto Pasquale.Ore 19:00 - Santuario di S. Anna di

Caserta: Catechesi del Vescovo alle Famiglie.

12 aprile 2017ore 10:00 - Basilica del Corpus Do-

mini in Maddaloni (CE): Precetto Pa-squale del “Villaggio dei Ragazzi”.

13 Aprile 2017ore 10:00 - Cattedrale: Santa

Messa CrismaleOre 19:00 - Cattedrale: Santa

Messa in Cena Domini

14 Aprile 2017ore 18:00 - Cattedrale: Liturgia

delle CroceOre 20:00 - Cattedrale: Via Crucis

1 Aprile 2017ore 9:30 - Parrocchia Santa Maria

della Pietà in San Nicola la Strada: il Vescovo presiede l’incontro dei Catechisti della Diocesi.

2 Aprile 2017ore 11:30 - Cattedrale: Celebrazio-

ne Eucaristica del Vescovo - V do-menica di Quaresima.

4 Aprile 2017ore 17:30 - TV2000 canale 28 del

digitale terrestre: il Vescovo sarà in diretta al programma “Il Diario di Papa Francesco” per una ri essione sulla Evangelii Gaudium.

5 Aprile 2017ore 18:00 - Sala della Biblioteca

Diocesana: il Vescovo incontra le mogli dei Diaconi permanenti della Diocesi.

6 aprile 2017dalle ore 17:30 alle ore 20:30 -

Cattedrale: Ritiro di Quaresima.

7 Aprile 2017ore 19:00 - Puccianiello (CE): Via

Crucis organizzata dall’Uf cio di Pa-storale Giovanile della Diocesi.

15 Aprile 2017ore 22:00 - Cattedrale: Veglia

Pasquale

16 Aprile 2017ore 11:30 - Cattedrale: Cele-

brazione Eucaristica in occasio-ne della Santa Pasqua

19 Aprile 2017ore 18:30 - Parrocchia S. Maria degli

Angeli in San Nicola la Strada (CE): Celebrazione Eucaristica.

23 Aprile 2017ore 18:00 - Parrocchia S. So a in

Maddaloni (CE): Celebrazione Euca-ristica.

30 Aprile 2017ore 9:00 - Cattedrale: Celebrazione

Eucaristica per circa 150 sacerdoti studenti presso l’Istituto San Paolo delle Opere Missionarie.

Ore 16:30 - Sala della Biblioteca Diocesana: Ritiro Ministeri e Ministri Straordinari dell’Eucaristia.

Agenda del Vescovo AprileSi ricorda che il calendario delle udienze del Vescovo dovrebbe essere preferibilmente, il seguente: Lunedì per i sacerdoti - Mercoledì per gli Uf ci di Curia - Venerdì per i laici

Direttore ResponsabileLuigi Nunziante

Direzione - RedazioneAmministrazioneCaserta, Piazza Duomo, 11Tel. e Fax 0823 448014 (int. 70)e-mail: [email protected]

EditriceDiocesi di Caserta

StampaDepigraf s.n.c.Caserta, Via Cifarelli, 14

Si ringrazia per la realizzazione di questo numero:Mons. Giovanni D’AliseAnna ArecchiaEdoardo ArgentoAdriano BianchiPaola BroccoliLuigi CaputoLia CorduaRaffaele CutilloGennaro D’AntòRosanna De LuciaGiuseppe Di BernardoRaffaele EspositoMimmo IannascoliVito InfanteMarco LugniAntonietta MatriscianoOrnella MincioneGian Maria PiccinelliEmilia RosatiAngela SantonastasoAlfonso SaponaraCarmine Ventrone

Reg. Trib.S. Maria C.V.n. 839, 28/09/2015

Iscritto a

L’angolodell’arte

di Enzo Battarra

Tre giorni di lavoro per i contem-poranei. Nell’Aulario del diparti-mento di Lettere e Beni Cultura-li di Santa Maria Capua Vetere dell'università Vanvitelli una lun-ga no-stop convegnistica sulle possibilità occupazionali e profes-sionali per i neolaureati dei corsi umanistici.Tante sono le strade che possono portare alla prima occupazione.“Contemporanei al lavoro” ha di-mostrato che di cultura si può mangiare. Ma all'arte bisogna ac-coppiare l'ingegno.

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