Tesi di Laurea in Geografia culturaleCorso di Laurea Magistrale in
Gestione e Valorizzazione del
Territorio
IDENTITÀ TERRITORIALE E SVILUPPO LOCALE
IL CASO DI ROCCA SANTO STEFANO (RM)
Relatore: Prof. Tiziana Banini
A.A 2013-2014
Cari Roccatani e Cari Tutti,
è con grande piacere che pubblico sul sito istituzionale del Comune
di Rocca Santo Stefano la
mia tesi di Laurea Magistrale, dal titolo: “Identità territoriale e
sviluppo locale. Il caso di Rocca
Santo Stefano (RM)”, uno studio (ancora incompiuto) del comune di
Rocca Santo Stefano e dei
legami (intensi) che la popolazione intrattiene con il suo
territorio.
Ringrazio l’Amministrazione Comunale che mi ha dato questa
opportunità e ringrazio, in
anticipo, quanti di Voi leggeranno o soltanto “sfoglieranno” il mio
elaborato.
Non anticipo nulla sul contenuto della tesi, ma faccio una
precisazione doverosa. Il primo
capitolo non è presente in versione integrale, in quanto i concetti
teorici in esso analizzati sono
ancora oggetto di studio e approfondimento da parte dell’autrice,
che si riserva il diritto di non
rendere pubblico (almeno per ora) il frutto del suo lavoro.
Per il resto l’elaborato è presente integralmente (completo di
allegati ed elaborazioni
cartografiche).
Nel ricordarVi che una copia cartacea è presente in Comune, Vi
saluto caramente, con la
speranza che la lettura si riveli piacevole e utile allo stesso
tempo!
Rocca S. Stefano
RINGRAZIAMENTI
Il primo sentito Grazie va alla Professoressa Banini e al Professor
Fea che
hanno accolto la mia proposta di ricerca con entusiasmo,
dimostrando
sempre disponibilità, umanità e fiducia.
Grazie a mio padre che mi ha trasmesso l’amore per lo studio
del
territorio e mi ha accompagnata nella fase di ricerca, volenteroso
di
scoprire e di conoscere un paese diverso rispetto a quello che
la
quotidianità ci lasciava osservare.
Grazie a mio fratello che mi ha dedicato il suo tempo
lasciandosi
coinvolgere dalle notizie che pian piano reperivo e rivelandosi,
infine, un
fido compagno di ricerche.
Grazie a mia madre e a mia sorella, sempre presenti e pronte
a
supportarmi e sopportarmi.
Grazie a Valerio, che con il suo entusiasmo ha reso tutto più
semplice,
rivelandosi ancor più indispensabile di quanto non fosse già.
Grazie a Emiliano, Giovanni, Don Romano, al signor Elìa, Sandro,
Erika,
Don Mihai, ai miei nonni, a Zio Aleandro, a Luigi, a Marcello, al
Signor Elio
e a tutti coloro che hanno contribuito a rendere questo elaborato
un po’
più ricco attraverso le informazioni che mi hanno fornito. Grazie
per il
tempo speso.
Grazie a tutta la mia famiglia, agli amici di sempre e a quelli
incontrati
qui, ad Alessandra e a chi, semplicemente, mi è stato vicino,
regalandomi il
proprio tempo e il proprio affetto.
Alla mia famiglia e
Un tentativo di perimetrazione concettuale 12
1.1 Identità: “un processo per rendersi simili” 13
1.2 Territorio, territorializzazione, territorialità 16
1.3 Identità territoriale: l’ espressione del rapporto comunità
-
territorio 21
1.5 Identità territoriale e sviluppo locale 28
1.6 Il modello SLoT (sistema locale territoriale) 31
1.7 Sviluppo locale autosostenibile e partecipazione 36
1.7.1. La descrizione, l’interpretazione e la
rappresentazione
dell’identità territoriale 41
1.7.2 Lo statuto dei luoghi e la creazione di scenari strategici
47
1.8 Il progetto locale: un’ “utopia concreta” 53
CAPITOLO SECONDO - L’AREA DI STUDIO 58
2.1 Rocca Santo Stefano, un territorio di confine a vocazione
naturale 59
2.2 Evoluzione storica 61
2.4 L’acqua e il bosco 82
2.5 Tessuti urbani e attività commerciali 88
2.7 Un paese in progressivo invecchiamento 94
2.8 Una specificità del territorio: “il cratere della Val di Cona”
100
CAPITOLO TERZO - GLI ABITANTI E ROCCA SANTO STEFANO.
Relazioni tangibili e intangibili 106
3.1 Luoghi di riferimento e luoghi di frequentazione 108
3.2 I Simboli dell’identità territoriale 109
3.3 I simboli nella territorialità attiva degli abitanti 113
3.4 I luoghi di sola frequentazione. Il caso de “Il Fumato”
122
3.5 La riqualificazione di un’area abbandonata: il Parco dell’Ulivo
129
3.6 Le sagre e le manifestazioni religiose 130
3.7 I giovani: associazionismo e volontariato 136
3.8 Lo sguardo dei pittori romantici su Rocca Santo Stefano
140
CAPITOLO QUARTO - ROCCA SANTO STEFANO E L’ “AREA INTERNA
LAZIO 3 MONTI SIMBRUINI”; proposte di valorizzazione 152
4.1 La Strategia Nazionale per le Aree Interne 153
4.2 Le Linee guida della Strategia 158
4.3 L’Area Interna Lazio 3- Monti Simbruini 164
4.3 Rocca Santo Stefano; proposte di valorizzazione 176
4.3.1 La valorizzazione del capitale territoriale locale 178
CONCLUSIONI 189
BIBLIOGRAFIA 193
8
INTRODUZIONE
Il presente lavoro di tesi nasce dal desiderio di conoscere, anzi
di ri-
conoscere il luogo in cui abito, attraverso la prospettiva
innovativa offerta
dalla scuola territorialista. Da abitante prima e da studentessa in
Gestione
e Valorizzazione del Territorio poi, ho sentito l’esigenza di dare
un
contributo al territorio di Rocca Santo Stefano (Rm), attraverso
uno studio
mirato a dimostrarne il forte senso identitario, necessario allo
sviluppo di
eventuali processi innovativi a scala locale.
L’approccio teorico di riferimento, non a caso, è quello della
scuola
territorialista, con un’attenzione particolare rivolta al concetto
di identità
territoriale, applicato a quello di sviluppo locale.
L’obiettivo del presente lavoro è quello di verificare se e in che
modo si
possa parlare di identità territoriale in riferimento al piccolo
comune di
Rocca Santo Stefano e di proporre delle linee progettuali volte
a
valorizzarlo. Le proposte si inseriscono all’interno della
Strategia
Nazionale per le Aree Interne, che ha coinvolto Rocca Santo Stefano
e altri
piccoli centri della Valle dell’Aniene in un processo-progetto che
porterà
alla stesura di un piano di sviluppo locale per l’Area Interna
Lazio 3, Monti
Simbruini.
quarto ed ultimo capitolo, solo dopo aver dimostrato, nei
capitoli
9
precedenti, la forza e l’importanza dell’identità territoriale
roccatana,
considerata l’asse portante di ogni singola proposta.
Prima di focalizzare, nel primo capitolo, l’attenzione sui concetti
teorici
fondativi del lavoro in oggetto, è opportuno fornire un quadro
della
metodologia di ricerca applicata alla realizzazione
dell’elaborato.
Il lavoro nasce dall’unione di due fasi di ricerca distinte,
ma
complementari: una fase di consultazione, cartacea e telematica, di
dati
statistici e documenti esistenti inerenti il territorio in oggetto;
ed una, più
approfondita, di ricerca sul campo, svolta con interviste ed
osservazioni
dirette. Il materiale raccolto nella prima fase è stato notevole ed
è
classificabile come; cartografico , storico-artistico e
scientifico.
Il materiale cartografico si compone di voli aerofotogrammetrici,
mappe
catastali ed immagini satellitari ed è stato reperito presso il
Municipio, la
Parrocchia di Santa Maria Assunta e gli uffici della Georilievi
Impei s.r.l. a
Rocca Santo Stefano, e presso il Monastero di Santa Scolastica a
Subiaco.
Ai documenti cartacei si sono aggiunte cartografie
telematiche,
consultabili sul sito del Ministero dei beni culturali,
dell’Istituto Geografico
Militare, della Provincia di Roma e della Regione Lazio. Il
suddetto
materiale è stato preziosissimo per la fase di
fotointerpretazione,
fondamentale per la realizzazione delle mappe presenti.
Il materiale storico-artistico è composto da pergamene, manoscritti
e
pubblicazioni più recenti, reperite presso i medesimi archivi, e
presso il
portale del Museo Centro-Studi di Olevano Romano, da cui ho
potuto
raccogliere informazioni relative ai contributi iconografici che
hanno
riguardato Rocca Santo Stefano nel tempo.
10
La consultazione delle fonti appena citate si è rivelata
fondamentale
per la ricostruzione del contesto territoriale di riferimento, sia
dal punto
di vista geografico che dal punto di vista storico, in quanto ha
consentito di
determinare le vicende storiche e amministrative che hanno
coinvolto il
piccolo centro.
Di trattazione scientifica sono, invece, i molteplici articoli
presenti, tra
gli altri, sul sito dell’Accademia Pontificia dei Nuovi Lincei, dei
professori
Brocchi, Ponzi e De Angelis D’Ossat, che per tutto il XIX secolo
hanno
dibattuto sull'esistenza di un presunto cratere nella Val di Cona,
in pieno
territorio roccatano fornendo preziose informazioni sulla
conformazione
geologica dell’area.
La fase di consultazione bibliografica è stata costantemente
affiancata
dallo studio di libri, articoli e riviste di geografia, riguardanti
le teorie della
scuola territorialista, con un’attenzione particolare rivolta al
concetto di
identità territoriale (Banini, Turco, Raffestin, Pollice), al
progetto locale
(Magnaghi) e al modello Slot (Dematteis, Governa). Suddetti
documenti,
sono stati consultati on-line, dove possibile, e presso la
biblioteca del
Dipartimento di Scienze documentarie, linguistico-filologiche
e
geografiche presso la Facoltà di Lettere e Filosofia
dell’Università La
Sapienza.
Il lavoro di consultazione bibliografica appena descritto è
stato
accompagnato da indagini in loco, tra gli abitanti e con gli
abitanti.
Condotta in linea con l’obiettivo del lavoro, attraverso interviste
ed
osservazioni dirette, questa fase ha permesso di delineare le
pratiche
dell’abitare e il rapporto esistente tra popolazione e
territorio.
11
La fusione fra l’approccio tradizionale della geografia e quello
della
scuola territorialista consente di raccontare e di leggere un
territorio
ricco, vivo, in cui l’identità territoriale abbraccia il patrimonio
esistente,
conferendogli valore e trasformandolo in risorsa.
Io ho letto il mio territorio in questo modo e proverò a
raccontarlo alla
stessa maniera, fondendo le due prospettive in un'unica narrazione,
che
spero si riveli piacevole per il lettore , ma soprattutto utile per
il mio paese
e per gli altri piccoli centri che si apprestano a formulare idee e
proposte
in seno alla Strategia Nazionale per le Aree Interne.
12
IDENTITÀ TERRITORIALE E SVILUPPO LOCALE
Un tentativo di perimetrazione concettuale
Abbiamo bisogno di contadini, di poeti, di gente che sa fare il
pane,
di gente che ama gli alberi e riconosce il vento.
Più che l’anno della crescita, ci vorrebbe l’anno
dell’attenzione.
Attenzione a chi cade, attenzione al sole che nasce e che
muore,
attenzione ai ragazzi che crescono,
attenzione anche a un semplice lampione,
a un muro scrostato.
Il presente lavoro poggia sui costrutti teorici della scuola
territorialista,
nata negli anni ’90 del Novecento in Italia per opera di alcuni
studiosi di
urbanistica e di sociologia, tra cui Alberto Magnaghi e
Alessandro
Giangrande. In modo particolare, l’ attenzione sarà rivolta al
concetto di
identità territoriale applicato a quello di sviluppo locale.
Secondo la scuola
territorialista, infatti, l’identità territoriale può contribuire
in maniera
decisiva all’instaurarsi di processi innovativi a scala locale.
L’obiettivo è
13
quello di dimostrare che la presenza di un forte senso identitario
è
elemento indispensabile per l’attuazione di politiche di
valorizzazione e
sviluppo territoriale, soprattutto alla scala locale e in
riferimento ad aree
marginali, come quella in cui insiste il piccolo centro di Rocca
Santo
Stefano.
In questo primo capitolo si cercherà di delineare il quadro teorico
di
riferimento della presente tesi, dunque, facendo riferimento ad
alcuni dei
concetti fondamentali della scuola territorialista: identità,
territorio,
territorialità, territorializzazione, identità territoriale,
sviluppo locale,
sistema locale territoriale, sviluppo locale autosostenibile.
1.1 Identità: “un processo per rendersi simili”
Prima di concentrare l’attenzione sul territorio e sulle nozioni ad
esso
collegate (territorialità, territorializzazione), si cercherà di
approfondire il
concetto di identità, senza il quale i processi territoriali su
base autoctona,
sostenibile e partecipata sarebbero inattuabili. In “Immagini e
identità
territoriali”, C. Raffestin (2003) fa un’analisi etimologica del
termine
identità e risale al latino tardo identtas -atis, derivato di
idem
“medesimo”, calco del greco ταττης “identità, condizione identica”
, da
cui Aristotele per primo derivò il concetto sommo di
tautologia(ταυτολογα, composto di τατ lo stesso — τ lo e ατ
stesso
— e λογα per λγος discorso) ,l’identità perfetta, un'affermazione
vera
per definizione, quindi priva di valore informativo.
58
L’area di studio
Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene
via.
Un paese vuol dire non essere soli,
sapere che nella gente, nelle piante,
nella terra c'è qualcosa di tuo,
che anche quando non ci sei resta ad aspettarti.
(Pavese, 2005)
In questo secondo capitolo si cercherà di raccontare l’area oggetto
di
studio, attraverso la fotointerpretazione di immagini satellitari,
voli
aerofotogrammetrici, mappe catastali e la consultazione dei
materiali e dei
documenti reperiti nella fase di ricerca, riportati
nell’introduzione.
Nello specifico, si cercherà di descrivere il comune di Rocca
Santo
Stefano attraverso:
- una Carta dell’Uso del Suolo (All. 1) di terzo livello, secondo
le voci di
legenda Corine Land Cover, atta a dimostrare la forte
vocazione
naturalistica dell’area;
- una carta relativa ai tessuti urbani e alle attività commerciali
(All. 2)
presenti nel centro abitato, volta a presentarne l’assetto
territoriale,
59
che poi sarà lo specchio delle pratiche dell’abitare, di cui si
parlerà
nel capitolo successivo.
carattere storico, volte ad evidenziare i mutamenti del territorio
roccatano
nel tempo e il suo andamento demografico.
Infine, si riporteranno notizie riguardanti il presunto cratere
della Val
di Cona, sito in Contrada Arnaro-Colle Rosso, nei pressi del
confine
orientale roccatano. La sua presenza, rappresenta una peculiarità
del
territorio oggetto di studio e, in quanto tale, sarà al centro
delle proposte
di valorizzazione elencate nel capitolo quarto del presente
elaborato.
2.1 Rocca Santo Stefano, un territorio di confine a vocazione
naturale
Una tipica espressione dialettale, forse la più
rappresentativa
dell’identità territoriale roccatana, dice: “Fiòcca fiòcca ammònte
alla
Rocca, moglie e maritu s’arappallòcca”. L’ardita espressione, ancor
più
simpatica se la si sente pronunciare, in realtà fornisce
informazioni legate
all’altimetria e al clima del territorio oggetto di studio.
“Ammonte alla Ròcca, fiòcca”. “Ammonte” e non “abballe”, sù e non
giù,
perché effettivamente Rocca Santo Stefano sorge su uno sperone di
roccia
calcarea a 664 metri sul livello del mare, anzi a dirla tutta, la
chiesa
parrocchiale, si trova a quota 687 metri e rappresenta il
punto
altimetricamente più elevato del territorio comunale.
60
In cima a questo sperone “fiòcca”, nevica, praticamente ogni anno;
gli
inverni sono abbastanza rigidi e la neve quando cade rende
impossibile gli
spostamenti verso i luoghi di lavoro. Oggi ci si reca nei centri
limitrofi o
nella capitale, ma un tempo si lavoravano i campi, e la neve
consentiva ai
contadini di prendersi un giorno di riposo.
Rocca Santo Stefano è situata nell’alta valle dell’Aniene, nella
provincia
orientale di Roma, ed è letteralmente immersa nel verde dei boschi
di
querce e castagni, che la circondano e le conferiscono un aspetto
salubre e
suggestivo. La rocca troneggia imponente sull’altura del Colle
Lungo, alla
base dei Monti Affilani ed è racchiusa come in un anfiteatro
naturale dalle
catene montuose dei Ruffi a Nord, dei Simbruini ad Est, dei
Prenestini ad
Ovest e degli Ernici a Sud.
La sua superficie è di 9,71kmq, e il suo territorio comunale
confina con
quello di Canterano a Nord, di Subiaco ad Est, di Affile a Sud-est,
di
Bellegra a Sud- Ovest e di Gerano a Nord-Ovest.
Il suo territorio appartiene alla Comunità Montana dell’Aniene,
zona X,
assieme ad altri 30 comuni montani, che rappresentano il nucleo
più
numeroso tra le 22 comunità montane presenti nel Lazio; con
Bellegra,
Roiate e Olevano Romano, appartiene poi anche all’Unione dei
Comuni
dell’Alta Valle del Sacco, collocandosi al centro di due sistemi
territoriali
distinti, che gravitano attorno ai principali sistemi fluviali
della provincia
orientale di Roma. La sua è una funzione di cerniera, dunque, che
se da un
lato può disorientare, dall’altro permette di immaginare il paese
di Rocca
Santo Stefano come il possibile centro di un sistema territoriale
più ampio,
o come l’anello di congiunzione tra sistemi territoriali
distinti.
61
Fig. 5 Immagine multispettrale di Rocca Santo Stefano acquisita dal
satellite ALOS l’8 ottobre 2009 e visualizzata in colori
naturali.
Fonte: Cortesia ESA e JAXA
2.2 Evoluzione storica
Rocca Santo Stefano deve il suo nome alla Chiesa di Santo Stefano,
sita
fuori dal centro abitato, nei pressi del cimitero comunale, lungo
la SP27C,
che conduce a Gerano. La data di costruzione della suddetta chiesa
è
sconosciuta, anche se probabilmente successiva all’anno 415 d.C,
quando
il prete Luciano di Keifar-Gamia, rinvenì le reliquie del
protomartire e
iniziò a diffonderne il culto, attraverso la costruzione di chiese
in suo
62
onore. Una chiesa venne realizzata anche nei pressi dell’odierna
Rocca
Santo Stefano che con molta probabilità, anticamente portava il
nome di
Rocca d’Equi.
A popolare l’attuale Valle dell’Aniene infatti, già in epoca
pre-romana,
erano gli Equi, forse la popolazione più antica che abitò il centro
Italia. Le
notizie relative all’insediamento originario sono poche, perché gli
Equi
subirono la dominazione romana e furono soggetti alla totale
annessione
territoriale, demografica e culturale che interessava i popoli
sottomessi a
Roma. Ciò determinava la distruzione di ogni testimonianza
delle
preesistenti civiltà.
Tutto ciò che si conosce oggi sugli Equi è pertanto legato
agli
avvenimenti relativi alle lotte intercorse prima della loro
sottomissione,
riportati dalle fonti di storia greca e romana (Tito Livio, Dionigi
di
Alicarnasso, Diodoro Siculo), preziosissime perché consentono
comunque
di avere uno spaccato della cultura e dell’identità equa. Il
territorio equo
cominciava ai confini di Roma e comprendeva Monte Sacro, fino al
punto
in cui l’Aniene si congiunge al Tevere e i campi del fiume Algido,
oggi
scomparso che faceva capo a Tuscolo, l’odierna Frascati. Con la
città di
Gabii, che era ad 11 miglia da Roma, erano città eque anche
Tivoli,
Palestrina (Praeneste) e Labico, da non confondere con la cittadina
attuale,
poiché il Labico equo sorgeva a 5 miglia da Roma. Verso Oriente
il
territorio equo si estendeva, invece, fino al lago del Fucino,
comprendendo
dunque tutti i territori oggi appartenenti alla Valle dell’Aniene.
Confinava
con il territorio dei Volsci, dei Marsi, degli Ernici e dei
Sabini.
63
Paolo Carosi (1987, p. 9) scrive sull’argomento: “In origine la
valle
dell’Aniene fu abitata dagli Equi: il nome è ricordato dal paese
Marano
Equo. Gli Equicoli invece vivevano nella valle del Turano e del
Salto; ed il
nome sopravvive nel territorio detto Cicolano (Equicolano)”. Egli
prosegue
raccontando dei rapporti pacifici che inizialmente legavano gli
Equi ai
Romani , tanto che l’istituzione dei Feziali, che si conosce come
romana, in
realtà era equa e venne importata a Roma durante il regno di
Numa
Pompilio (715 - 673 a.C.), quando a regnare nella Valle dell’Aniene
era re
Erresio (o Resio) Fertore, menzionato in un’epigrafe
conservata
nell’Antiquarium del Palatino, come rex Aequicolus, “Re Equicolo,
degli
Equi”;
Inde P.R.
discipleinam excepit
“Erresio Fertore, re equicolo, per primo emanò il diritto feziale.
Poi il
popolo romano fece proprio il cerimoniale”.
Con il Regno di Tarquinio Il Superbo (535-509 a.C.) i Romani
iniziarono
la loro espansione militare, con l’obiettivo di impadronirsi di
tutta la valle
dell’Aniene, che originariamente chiamavano Trebula, e che
rappresentava
il territorio adatto a costruire gli acquedotti per il rifornimento
idrico di
Roma. Gli Equi, alleati dei Volsci, caddero sotto l’egida imperiale
solo dopo
numerose battaglie, nel 304 a.C., quando la popolazione fu
sterminata e le
64
40 città eque conquistate, nel 299 a.C., entrarono a far parte
della Tribù
Aniense, che si può paragonare ad un distretto moderno.
All’inizio del III secolo a. C., dunque il territorio della valle
dell’Aniene
passò sotto il dominio romano, di cui si ha testimonianza in uno
dei pochi
reperti archeologici di quell’epoca, il monumento sepolcrale di
Lucio
Menio, la cui lapide lo descrive come appartenente alla Tribù
Aniense,
rinvenuto nei pressi di Subiaco nel 1843. La dominazione romana
si
scorge poi nelle maestose Ville imperiali, sorte lungo la valle, e
negli
acquedotti, vero desiderio dei romani e motivo dell’aspra lotta
contro gli
Equi.
L’introduzione del Cristianesimo nella Valle dell’Aniene,
probabilmente
all’epoca di Nerone, segnò l’inizio di una nuova fase per questo
territorio,
sede di un fiorente monachesimo di ispirazione orientale, che
richiamò nel
497 il giovane Benedetto, che fondò a Subiaco e nei suoi dintorni
ben 13
monasteri, di cui soltanto uno è giunto sino a noi, quello di
Santa
Scolastica. La guerra greco-gotica (535-553) coinvolse la valle e
costrinse
le popolazioni a rifugiarsi sui monti, di più difficile accesso.
L’esistenza del
“fundus” di Rocca Santo Stefano in questi anni è testimoniata dal
Regesto
Sublacense che riporta un documento di Papa Gregorio Magno
(218),
datato 28 giugno 594, in cui si nomina “Sancto Stephano, qui est de
Sancta
Maria in zizinni”; è facile ipotizzare dunque che la chiesa di
Santo Stefano,
esistesse già. A partire da questo momento la storia di Rocca Santo
Stefano
è legata indissolubilmente all’Abbazia sublacense, di cui è
stato
possedimento per molto tempo. Fra il VI e il IX secolo si
succedettero
incursioni e invasioni barbariche e lungo la Valle si stanziarono
nuclei di
65
invasori saraceni, come Saracinesco. Il “fundus” di Rocca Santo
Stefano,
compare, alla fine della dominazione saracena, nel documento
197
dell’anno 929 come “casale qui vocatur Sancto Stephano”. Inserito
fra i
beni del Monastero sublacense nel documento 177 datato 24 maggio
1030
viene nominato come “locum qui vocatur Sancto Stephano in colle et
in
valle”. Solo nel 1096 (Chronicon Sublacense) assume l’appellativo
di
“Roccam Sancti Stephani”. Gli ultimi documenti testimoniano
cioè
l’avvenuto incastellamento, che a partire dal X secolo coinvolse
Rocca e gli
altri paesi della Valle. Feudo abbaziale di Subiaco, Rocca Santo
Stefano,
svolse un ruolo strategico per i benedettini e nel 1165, nel pieno
della
guerra contro Tivoli, l’abate Simone, fatto prigioniero da Filippo
d Marano
e da Recaldo di Rocca Canterano e condotto prima ad Arsoli e poi
in
custodia a Roma, per liberarsi fu costretto a dare in pegno Rocca
Santo
Stefano ad alcuni signori romani. La guerra si sarebbe conclusa
quattro
anni dopo con la pace di Sant’Anatolia a Gerano (1169). Prima
occupata
dai signori di Civitella, poi minacciata dalla vicina Tivoli nel
1192 Papa
Celestino II fece restituire Rocca Santo Stefano all’Abbazia e nel
1227
Onorio III ammonì i tiburtini affinché rispettassero il castello e
lo
lasciassero all’Abbazia.
Attorno al XIV secolo le avverse condizioni finanziarie portarono
i
benedettini ad inasprire le gabelle nei confronti delle popolazioni
dei
feudi, con inevitabili malcontenti e rivolte da parte delle
popolazioni. Fra
le più importanti si cita quella del “castello” di Toccianello,
sito, in
territorio sublacense, nei pressi del confine orientale
roccatano.
66
Fig. 6 - Il Colle di “Tucianello” (Toccianello) al confine tra
Rocca Santo Stefano e Subiaco.
Stralcio di mappa dal Catasto Gregoriano- Comarca-0 - scala
1:80.000.
Fonte: http://www.cflr.beniculturali.it
Fig. 7 – Il Colle di Toccianello oggi. Elaborazione dell’A. da
Google Earth
Qui la rivolta fu guidata da una donna, Rosa, che eroicamente
condusse
gli abitanti di Toccianello a Rocca Santo Stefano, facendo
diventare “il
castello” più forte. Non a caso, nella toponomastica roccatana,
l’unica via
che porta il nome di una donna è proprio via Rosa, in onore
dell’eroico
personaggio. Oggi a Toccianello permane qualche abitazione a
ridosso del
colle, sulla cima del quale è possibile scorgere i ruderi, di
quella che
doveva essere, a detta degli odierni abitanti, una chiesa.
Fig.8 – Ruderi sul colle di Toccianello a testimoniarne l’antico
insediamento.
Foto dell’A.
Foto dell’A.
A partire da questo momento molte famiglie nobili romane
(Orsini,
Colonna, Caetani) giunsero in questi territori e acquisirono
numerosi
“castra” dai papi, oberati dalla crisi finanziaria; nel 1630 Rocca
Santo
Stefano insieme a Rocca di Mezzo figura come possedimento dei
Colonna,
in particolare di Don Egidio Colonna che, con il titolo di Barone e
Signore,
governerà il “castello”, fino al 1637, quando Rocca tornò sotto
la
giurisdizione della diocesi di Subiaco. Il codice Spoletini (1776)
racconta
inoltre che la pietà degli abitanti aveva eretto un ospedale per
gli infermi
poveri, di cui non si conosce collocazione spaziale, almeno per
ora.
Le vicende storiche di Rocca Santo Stefano proseguono nel
paragrafo
successivo attraverso le cartografie e i documenti reperiti,
relativi al XIX
69
secolo, che raccontano la storia del paese fino al 29 marzo 1946,
quando,
distaccatosi da Bellegra, divenne finalmente comune autonomo.
2.3 Una lettura del territorio attraverso le cartografie
La prima rappresentazione geometrica che disegna in modo
circostanziato il territorio di Rocca Santo Stefano risale agli
inizi del 1800.
Fu il Motu Proprio di Pio VII del 1816, che dispose di procedere
alla
compilazione di nuovi catasti redatti con il sistema metrico
decimale ed
aventi un modulo comune per tutti i territori dello Stato
Pontificio. Le
rilevazioni furono affidate nel 1817 agli ingegneri milanesi
Costantino del
Frate, Pietro Locatelli e Pietro Oggioni; tutte le operazioni di
rilievo e
stima durarono per quasi venti anni. Il Catasto fu infatti
attivato
definitivamente solo nel 1835 da papa Gregorio XVI dal quale prese
il
nome di “Catasto Gregoriano”.
Il Papa istituì in quegli anni la Comarca di Roma, una
suddivisione
amministrativa corrispondente all’attuale provincia di Roma,
destinata ad
esistere fino al 1870, quando anche il Lazio entrerà a far parte
del Regno
d’Italia. Era articolata in tre distretti: Roma, Subiaco e Tivoli,
a loro volta
suddivisi in 16 governi più quello del prefetto dei Santi Palazzi
Apostolici
di Castel Gandolfo.
Rocca Santo Stefano era sotto il distretto di Subiaco e faceva
parte del
Governo di San Vito, insieme a Capranica (Capranica Prenestina),
Civitella
(Bellegra) e Pisciano (Pisoniano).
70
Proprio in quegli anni, precisamente nel 1821, un geometra e il
suo
aiutante, Luigi Bezzati e Giuseppe Fumelli, giungono in questo
territorio e
con l’aiuto di un abitante, un certo Stefano Ceci, definito
“assistente ed
indicatore comunicativo”, “dal 21 febbraro al 15 aprile” disegnano
la
prima mappa catastale del territorio roccatano; è il 1821 e
l’ingegnere
responsabile del progetto è un milanese e si firma: Dott. Pietro
Loccatelli.
Alla mappa corrisponde un brogliardo, visualizzabile on-line, in
cui il
geometra ed il suo aiutante registrano ogni abitazione ed ogni
terreno di
Rocca Santo Stefano, citandone il numero di corrispondenza sulla
mappa,
il proprietario, la posizione, la destinazione d’uso ed il valore
in centesimi.
Fig. 10 - Stralcio della carta corografica di Roma e Comarca
1:80.000.
Territorio comunale di Rocca S. Stefano (Comarca-0),
Fonte: http://www.cflr.beniculturali.it
71
Il foglio n. 214, quello che riguarda Rocca Santo Stefano è
rovinato e
non consente una facile interpretazione, ma il centro abitato si
distingue
chiaramente (Fig.11) e consente un confronto con l’abitato
attuale
(Fig.12).
Nel 1821 esisteva soltanto l’attuale centro storico e una parte
del
nucleo abitativo che sorge ora ad Est presso via San Morello.
L’attuale
Piazza Pontica era priva di abitazioni; qualche casa sorgeva
attorno alla
Chiesa di San Sebastiano, che è possibile notare in alto a destra
sullo
stralcio di mappa riportato (Fig.13).
Fig.11 – Centro abitato di Rocca Santo Stefano – scala
1:2.000
Stralcio di mappa dal Catasto Gregoriano – Foglio n. 214
Fonte://www.cflr.beniculturali.it
72
Fonte: http://www.pcn.minambiente.it/
Fig. 13 - Particolare del centro abitato di Rocca Santo
Stefano.
P.zza S.Maria e P.zza Pontica foglio n. 214 del Catasto
Gregoriano
Fonte: http://www.cflr.beniculturali.it
Fig. 14 - Particolare del centro abitato di Rocca Santo
Stefano.
P.zza S.Maria e P.zza Pontica – Fonte: Google Earth
Proprio in quegli anni (1834) il gonfaloniere di Subiaco,
Angelucci,
chiedeva a Gregorio VII di creare la Comarca Montana, l’unione dei
vari
governi dell’Aniene con caratteristiche topografiche, morali
ed
economiche simili, chiedendo di fatto la creazione dell’odierna
Comunità
Montana. Allora Rocca Santo Stefano contava appena 806
abitanti
(Marocco, 1836), robusti, “di bell’aspetto e di un’unione
singolare” (ibidem,
p. 15); lavoravano i campi e producevano principalmente grano,
vino, olio,
canapa e frutti. Marocco fu incaricato da Paolo Orso Mangelli,
presidente
della Comarca di Roma, di redigere una relazione su tutti i
territori
appartenenti all’attuale Provincia di Roma e, per questo, giunse a
Rocca
Santo Stefano. Il risultato fu una corposa pubblicazione (Monumenti
dello
stato pontificio e relazione topografica di ogni paese),
all’interno della
74
quale, nel VII volume tre pagine sono dedicate alla descrizione del
piccolo
paese. Il ritratto offerto da Marocco è prezioso, ricco di
particolari che
accendono l’immaginazione e portano il lettore indietro nel tempo
alla
ricerca di luoghi e vecchie tradizioni. Dipinge in maniera
eccellente la
chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta definendola “un gigante
fra
pigmei” (ibidem); composta da 4 altari, 2 per parte, alle spalle
dei quali
erano presenti tele, parla dell’altare principale in marmo e
dell’assenza di
un organo, compensata da un’ “orchestra di maniera elegante”
(ibidem).
Il castello medievale era già privo di due torri al suo passaggio e
un
cannone era stato donato alla fortezza di Paliano, probabilmente
sotto il
dominio della famiglia Colonna; c’era solo una torre mutilata, che
fungeva
da abitazione per alcuni poveri individui. Nella trattazione di
Marocco non
manca poi il riferimento alla Chiesa di Santo Stefano, e al culto
in onore del
protomartire; la processione in onore del santo, avveniva il 26
settembre e
non il 3 agosto, come accade oggi, ed esistevano due confraternite;
quella
del Santissimo Rosario e quella del Santissimo Sacramento.
Mentre Garibaldi attraversava la valle (1849) nel pieno delle
vicende
della Repubblica Romana, vennero pubblicati altri contributi che,
pur non
fornendo informazioni dettagliate sulle abitudini dei roccatani,
raccontano
la storia del borgo e mappano le strade di accesso al paese. Ad
esempio
Alfonso Nibby (1849), pubblicò un testo in cui interpretando la
carta dei
dintorni di Roma, si soffermò sulle vie percorribili per giungere a
Rocca
Santo Stefano da Subiaco; costeggiando “il fosso detto Carpino”
(ibidem, p.
26),l’attuale Cona, per 13 miglia, o seguendo il corso del Fosso
della Mola,
nella parte nord-occidentale del territorio comunale.
75
Fig.14 – “La Mola”. Stralcio di mappa dal Catasto Gregoriano –
foglio n. 214.
Fonte: http://www.cflr.beniculturali.it
Nei pressi del fosso, come documentato anche dal Catasto Gregoriano
(Fig.
14) esisteva il vecchio Mulino, dove ci si recava a macinare il
grano.
Attualmente vi sono soltanto i ruderi a testimoniarne la presenza
(Fig. 15).
Fig.15 – La Mola oggi – Foto dell’A.
Qualche anno più tardi anche il canonico Jannuccelli (1856) in
Memorie di
Subiaco e sua badia, raccontò la sua visita a Rocca Santo Stefano.
Giunse in
paese dall’attuale SP63A, il cui tragitto era praticamente identico
rispetto
a quello odierno. Lasciata Civitella infatti, in particolare il
Convento dei
frati francescani a cui aveva fatto visita, si addentrò nel bosco
di castagni
che apre il territorio roccatano a meridione. Facendo costante
riferimento
alle informazioni riportate da Marocco, aggiunse considerazioni
relative al
valore delle campagne (19.802,87 scudi) e dei fabbricati (11.944,41
scudi)
e riportando notizie sull’organizzazione amministrativa del tempo;
per gli
affari ecclesiastici Rocca Santo Stefano dipendeva dal “vicario
forianeo di
Civitella” (ibidem, p. 449), per gli affari civili e criminali era
sotto la
giurisdizione di San Vito ed un Priore, insieme al consiglio
comunale,
gestiva gli affari del municipio. La cura delle anime, invece,
spettava ad un
77
arciprete e i fanciulli erano educati da un ecclesiastico.
Nell’Ottocento
l’economia del paese era legata sia alla produzione di vino, olio,
canapa e
“frumentone” (ibidem, p. 448), sia al commercio di tegole e
mattoni, di cui,
a detta di Jannuccelli, esistevano tre fabbriche. Si vendevano
inoltre ai
paesi vicini: legname segato, legna da ardere, carbone, ghiande,
castagne,
bestiame e suillo (maiali), oltre al pesce (barbi, gamberi e
rovelle in
particolare), che si pescava presso il fosso della Cona (ibidem, p.
451).
La descrizione degli abitanti di Jannuccelli merita di essere
citata
fedelmente: “quegli abitanti han temperamento atto a sostener
lunga
fatica, il caldo, il freddo, la fame, la sete. L’animo loro
difficilmente lasciasi
dominar dal terrore, facilmente dallo sdegno; è avido del guadagno,
parco
nella mensa, dedito alle pratiche di religione la più sublime delle
umane
cose” (Jannuccelli, 1869, pp. 448-449). Un popolo religioso dunque
e
dedito al lavoro.
Come si suole in queste relazioni, vengono poi citati alcuni
abitanti che
si erano distinti fino ad allora per erudizione, laureati in legge,
filosofia e
teologia: Benedetto Ceci, membro della corte del Cardinal
Barberini,
Giuseppe Fabi, Giovanni Ceci, Don Leandro Ceci e Stefano
Ceci.
La presenza della Mola, di cui si è accennato sopra, è testimoniata
anche
dal canonico, che parla però anche di un Mulino, di proprietà dei
fratelli
Ceci, dove si produceva olio d’oliva; ma non ci sono riferimenti
spaziali al
riguardo.
Intanto mentre Jannuccelli proseguiva il suo viaggio entro le terre
della
Comarca, il 15 giugno 1860, venne copiata in 14 fogli rettangolari,
una
mappa catastale di Rocca S. Stefano, in scala 1:2000, di data
imprecisata,
78
conservata presso la Cancelleria del Censo di Subiaco . È firmata
dal
responsabile della sezione topografica, Ubaldo Fronzi
(Fig.17).
Fig. 17 – Centro abitato di Rocca Santo Stefano.
Stralcio di mappa dal cessato catasto rustico UTE, 1860.
Foglio .n. 286 - Fonte: http:// www.cflr.beniculturali.it
Anche se è difficile interpretarla, perché la mappa è molto
rovinata, uno
sguardo attento consente di notare che rispetto al 1821 la
struttura del
paese è immutata, salvo nuovi piccoli insediamenti nella sezione
nord-
orientale del centro abitato, quella che ruota attorno alla Chiesa
di San
Sebastiano e all’attuale Piazza Pontica.
Gli anni che hanno preceduto l’annessione dello Stato Pontificio
al
Regno d’Italia furono tumultuosi; i garibaldini giunsero a Subiaco
nel 1867
79
con lo scopo di reclutare volontari per la presa di Roma e
completare
l’Unità del Regno, ma senza successo, in quanto le popolazioni
della valle
erano fortemente legate al potere ecclesiastico e Garibaldi fu
costretto alla
ritirata, rinunciando così alla marcia su Roma. Ma la fine dello
Stato
Pontificio era ormai imminente e l’Unità d’Italia, realizzata nel
1870, ebbe
come conseguenza una grave crisi nella vita dell’abbazia
sublacense. Nel
1874 fu applicata la legge di soppressione delle istituzioni
ecclesiastiche e
i beni ecclesiastici vennero incamerati nel demanio statale; nello
stesso
tempo però i monasteri vennero riconosciuti come monumenti
nazionali e
i monaci rimasti ne vennero nominati custodi.
In quegli anni Rocca Santo Stefano contava 912 abitanti (1871) e
viveva
di agricoltura e pastorizia e il livello di istruzione era quasi
nullo. Le
vicende storiche successive sono legate alla famiglia Ceci Bove, al
primo
conflitto mondiale e al regime fascista. Al termine della seconda
guerra
mondiale, il 29 marzo del 1946 Rocca Santo Stefano divenne
finalmente
comune autonomo, distaccandosi da Bellegra.
Dal punto di vista cartografico, dal 1860 bisognerà aspettare quasi
un
secolo prima di avere un’altra mappa catastale; l’ultima realizzata
infatti è
datata 1940 in scala 1:2000 (Fig.18) ed è facile riconoscervi la
solita
conformazione dell’abitato, che è rimasta pressoché invariata ;dal
1940 ad
oggi il centro abitato non si è ampliato di molto, né ha subito
grandi
trasformazioni.
80
Particolare del centro abitato - Fonte: Georilievi Impei srl
Cambiamenti significativi si notano nelle vie di comunicazione;
viale
dei Pini, dove sorgono attualmente le scuole, non esisteva nel
1940, così
come l’attuale Circonvallazione del Monte. Dicasi lo stesso per la
SP27C
che collega Rocca Santo Stefano a Gerano, che è stata realizzata
solo nel
1970.
81
L’espansione edilizia non è stata significativa e ha
interessato
soprattutto la parte meridionale del centro abitato – località la
Valle - ,
insieme a Circonvallazione del Monte, via della Villa, Corso della
Libertà e
via del Colle.
Alle mappe catastali, si aggiungono i voli aerofotogrammetrici,
che
raccontano il territorio in maniera più semplice e dettagliata. Di
seguito il
primo volo aerofotogrammetrico realizzato sul territorio di Rocca
Santo
Stefano nel 1954 (Fig. 20).
Ciò che si può notare immediatamente in questo caso è la presenza
di
aree agricole, che arrivano ad interessare tutte le aree adiacenti
il centro
abitato, che oggi sono state colonizzate dai boschi di castagni. Il
centro
abitato è rimasto immutato rispetto al 1940.
82
Fig. 20 – Primo volo aerofotogrammetrico effettuato su Rocca Santo
Stefano – 1954 –
Fonte: Georilievi Impei srl
2.4 L’acqua e il bosco
Come si evince dalla Carta dell’Uso del Suolo (v. All.1), il
territorio
roccatano è a forte vocazione naturale, con la presenza imponente
di
torrenti e boschi, che da soli coprono il 71% del territorio
comunale.
i limiti amministrativi sono infatti segnati da fossi, tra i quali,
senza
dubbio, il più rilevante è quello che disegna il confine orientale,
ossia il
fosso della Cona. Affluente di sinistra del fiume Aniene, vi si
immerge in
zona Ponte Lucidi presso Madonna della Pace, frazione di
Subiaco.
83
In realtà questo fosso rappresenta il tratto terminale del
Torrente
Carpine, che nasce presso il Monte S. Michele (1.334m), e percorre
20 km
prima di immergersi nell’ Aniene; esso assume il nome di Cona di
Civitella
soltanto in territorio bellegrano. Affluente di destra di questo
torrente è il
Rivo de valneoum, nel medioevo detto anche alia Cona con sorgenti
sul
Monte della Croce, tra Subiaco e Affile. Questa seconda Cona è
oggi
chiamato Torrente del Bagno. Il nome “Cona” deriverebbe dalla
presenza
di alcune immagini, Icone, poste alla confluenza delle acque dei
torrenti di
cui si ha testimonianza presso alcuni dipinti del XVIII-XIX secolo
(Rosati,
2012).
Fonte: http://www.arcadja.com
Il toponimo “Cona”, in realtà, lascerebbe ipotizzare un’origine
diversa;
potrebbe infatti derivare dal roccatano “cùnnia”, che significa
“culla di
legno”; il fosso della Cona scorre infatti alla base di una culla
naturale che
è possibile scorgere a colpo d’occhio sui confini orientali
roccatani. Il
Catasto Gregoriano, datato 1821, infatti, indica il fosso con il
nome di
“Conna”, termine ancora più vicino all’espressione dialettale. Il
toponimo
in questo caso calcherebbe la conformazione territoriale dell’area
in
maniera eccellente, delineandone le caratteristiche
morfologiche.
Come già menzionato, il fosso della Cona è il tratto terminale
del
torrente Carpine, che in territorio affilano, al confine con
Roiate, si
immerge in una gola scavata nella roccia per percorrere circa
200m
sott’acqua e riemergere durante le piene con una cascata sull’altro
lato
della collina. L’ingresso di queste gole scavate nella collina
porta il nome di
Pertuso ed è meta di escursionisti e speleologi affascinati dalle
grotte, dai
cunicoli e dai pozzi che si aprono improvvisamente lungo il
percorso.
Come quello orientale, anche gli altri confini sono segnati da
fossi; il
confine settentrionale, ad esempio, è segnato da un’altra Cona,
Cona della
Rocca, che nel Catasto Gregoriano porta il nome di Fosso di
Morabotte,
entro il quale, nel tratto nord-occidentale, presso il ponte di
Paraventre,
confluisce il torrente Chio. Il fosso Cona della Rocca, a sua
volta, si immette
nel Cona di Civitella a Nord-Est, in località Ponte Murato. Il
confine
occidentale viene disegnato dal corso del fosso dell’Antera, mentre
quello
meridionale dal Fosso Codelze- “Coetelza” nel Cessato Catasto
Rustico UTE
del 1860 (ibidem).
La forte componente di naturalità è , inoltre, espressa dalla
grande
presenza di boschi di latifoglie, che ricoprono gran parte del
territorio
comunale e ne rappresentano senza ombra di dubbio la
ricchezza
maggiore. La loro imponente presenza, (694 ha), è confermata
dall’immagine multispettrale acquisita dal satellite ALOS l’8
ottobre 2009
(Fig. 22) visualizzata in falsi colori, con il rosso
nell’infrarosso vicino,
adatto a mostrare la vegetazione. Come si può notare il territorio
è
completamente rosso, cioè è completamente ricoperto da
vegetazione,
eccezion fatta per il centro abitato, le strade e i corsi d’acqua,
che
appaiono rispettivamente di colore ciano e di colore nero. Gli
edifici infatti
non riflettono nel rosso, ma solo nel verde e nel blu, perché manca
la
vegetazione.
Le tonalità del rosso però sono diverse; si noti ad esempio il
rosso vivo
presente nel confine orientale roccatano, in cui dominano colture
erbacee;
al contrario il rosso diventa scuro, cupo, nei pressi del campo
sportivo
Antera, ad ovest del centro abitato. Il bosco in questione è un
castagneto,
che si estende però oltre la zona cupa visualizzabile
nell’immagine.
A parità di vegetazione, in questo caso castagni, una zona con
rosso più
scuro indica una minore riflettività dei singoli pixel, quindi una
minore
densità di foglie. Questo significa dire che l’area cupa, attorno
al campo
sportivo Antera, ospita alberi più radi o foglie meno sane e quindi
più
contorte o rovinate o più piccole.
86
Fig. 22: - Immagine multispettrale di Rocca Santo Stefano acquisita
dal satellite ALOS l’8 ottobre 2009 e visualizzata in falso
colore.
Fonte: Cortesia ESA e JAXA
Il nome di Rocca Santo Stefano è spesso associato al bosco in
questione
(Antera). Esso rappresenta la porta di accesso al paese per chi
proviene da
Bellegra o da San Vito Romano e percorre la SP63A,
letteralmente
immersa tra i castagni.
L’Antera ha rappresentato per molto tempo la fonte di
sostentamento
principale per i tanti “bottai” e “tinozzari” roccatani, che
utilizzavano il
87
legno di castagno, qui presente in abbondanza, per produrre botti,
tini,
barili e bigonce, trasportati poi nei paesi limitrofi e lungo la
penisola, in
base alle richieste della committenza. Oggi questi antichi
mestieri
purtroppo non esistono più e il bosco è oggetto di un processo
di
conversione, che lo porterà a diventare una castagneto da
frutto
(marrone). Paradiso naturale e luogo di forte suggestione emotiva,
esso è
meta degli amanti delle lunghe camminate e accoglie cercatori di
funghi,
che accorrono dai territori limitrofi, ma anche dalla capitale, per
trovare
funghi porcini di ottima qualità. Il bosco ha dato il nome anche al
Campo
Sportivo Antera, inserito armoniosamente tra i castagni, che ospita
le
partite di calcio della squadra del paese.
A Nord del centro abitato, nei territori che lambiscono Canterano
e
Gerano, dominano le querce, in particolare cerri e lecci, di cui è
possibile
ammirare esemplari davvero maestosi. Non mancano castagni, ornielli
e
carpini, a popolare queste oasi di pura naturalità.
Il confine orientale invece, vede la presenza dominante di
seminativi in
aree irrigue, che in totale coprono 75 ha del territorio comunale,
come
suggerisce la conformazione territoriale e la vicinanza ai
torrenti. Colture
arboree invece (olivi, viti e frutteti) rappresentano la coltura
principale
delle aree che gravitano attorno al centro abitato e forniscono
ancora oggi
ai roccatani prodotti di ottima qualità. In particolare sono gli
oliveti la
coltura principale con 52 ha coltivati.
88
Fig. 23 – Territori agricoli nel comune di Rocca Santo Stefano
(Rm)
Elaborazione dell’A., da dati ricavati dalla CUS III Livello
C’è tanta natura, quindi, che garantisce alta qualità territoriale;
e poi c’è
la terra, a cui i roccatani non hanno mai rinunciato e che oggi,
come un
tempo, dona prodotti sani e genuini; i prati hanno iniziato a
ripopolarsi di
greggi di pecore e capre che sono tornate ad essere fonte di
sostentamento
anche per quanti, dopo un lungo periodo di assenza, sono tornati
nelle
campagne dei propri padri e dei propri nonni e hanno riscoperto
la
ricchezza e la soddisfazione che solo i mestieri della terra sanno
dare.
2.5 Tessuti urbani e attività commerciali
Rocca Santo Stefano è un tipico borgo medievale; il centro
storico
presenta una certa omogeneità nelle strutture e negli edificati
presenti, e
89
si traduce in un complesso sistema di viottoli che si arrampicano
sulla
rocca e conducono a Piazza Santa Maria, dove si trova la
Chiesa
parrocchiale di Santa Maria Assunta ed il castello medievale. Gli
edificati di
recente costruzione, invece, compongono aggregati disomogenei
e
colorati, a fronte dell’omogeneità strutturale e cromatica del
centro
storico.
Dalla mappa dei tessuti urbani e delle attività commerciali (v.
All.2) del
centro abitato emerge con chiarezza l’uniformità del centro storico
in cui
si trovano tutte abitazioni di bassa densità ed in cui, ora,
purtroppo, non
esistono più attività commerciali. Le abitazioni di recente
costruzione
invece sono tutte, o quasi di media densità. Come si può facilmente
notare
i servizi e le attività si concentrano attorno alla piazza
principale del
paese, Piazza Pontica, luogo di incontro per gli abitanti e di
condivisione di
eventi culturali e sagre paesane. È qui che si colloca la chiesa di
San
Sebastiano, i tre bar del paese, i due ristoranti, e tutte le
attività necessarie
a soddisfare i bisogni di prima necessità; 2 ambulatori medici,
3
alimentari, 1 frutteria, 2 macellerie, l’ufficio postale, 2
tabaccai, e poco
distante una farmacia. Le scuole materne, elementari e medie
sono
anch’esse poco distanti dalla piazza principale e tutte
raggiungibili a piedi,
così come il Municipio. Molti sono gli spazi verdi attrezzati e le
strutture
sportive, dai giardini comunali al parco giochi, dal campo da
calcetto alla
palestra comunale, tutti tenuti in ottimo stato
dall’amministrazione e dagli
abitanti, probabilmente perché percepiscono questi luoghi come
familiari
e dunque ne hanno assoluta cura.
90
Come è facile immaginare il centro abitato è tutto percorribile a
piedi.
La mobilità privata può accedere alla piazza principale, ma
difficilmente
penetra nel centro storico, che ha conservato il suo aspetto
memorabile,
ed offre al visitatore la sensazione di fare un viaggio nel tempo
alla
scoperta di antichi sapori e vecchi mestieri.
2.6 I collegamenti con la capitale
Se la mobilità privata può attraversare almeno la piazza principale
del
paese, quella pubblica si limita ad aggirarlo, percorrendo
esclusivamente
la SP63A, che collega Rocca Santo Stefano e Bellegra, e la SP27C
che
conduce a Gerano. Il trasporto pubblico interessa un’ampia fascia
di
popolazione di lavoratori e studenti che ogni giorno raggiungono
la
capitale.
Rocca Santo Stefano dista meno di 60 Km da Roma, ma il
servizio
COTRAL serve in maniera poco efficiente questo territorio,
rendendo
spesso i viaggi verso Roma delle vere e proprie Odissee
moderne.
91
Fonte: http://www.comune.roccasantostefano.rm.it
In automobile il roccatano percorre la SP27C che conduce a Gerano,
per
poi immettersi sulla via Empolitana e prendere l’A24 all’altezza di
Castel
Madama; i tempi di percorrenza sono di circa 45 minuti.
Peccato che il trasporto pubblico percorra questa tratta soltanto
tre
volte al giorno e da pochissimo tempo; al mattino, con una corsa
che ha
capolinea in Località Le Sbarre a Bellegra, transita a Rocca
attorno alle
6.10 e accompagna i pendolari alla stazione di Roma Ponte Mammolo;
e al
pomeriggio, con due corse, la prima delle 14.30 e la seconda delle
15.10.
Nella mappa sottostante (Fig. 25) sono riportate le linee COTRAL
che
attualmente servono Rocca Santo Stefano, capolinea di tutte le
tratte
presenti ad eccezione di quella verso Ponte Mammolo, di cui si è
appena
parlato.
Fig. 25 - Collegamenti Cotral tra Rocca Santo Stefano e Roma,
Subiaco , Tivoli e
Valmontone – Elaborazione dell’A.
Ponte Mammolo è capolinea anche di un’altra tratta, che però prima
di
raggiungere Roma, percorre la via Prenestina; il tempo di
percorrenza è di
2 ore e 15 minuti, traffico permettendo.
C’è poi la tratta Rocca Santo Stefano - Anagnina Metro A
(autostrada); in
questo caso l’autobus prende l’A1 all’altezza di San Cesareo ed
esce a
Torrenova, prima di proseguire verso la stazione della
metropolitana; i
tempi di percorrenza sono di un’ora e quarantacinque minuti
nell’orario di
punta.
93
Rocca Santo Stefano - Roma Anagnina (Casilina); senza
prendere
l’autostrada e percorrendo la via Casilina il viaggio dura oltre
due ore.
Nella mappa sono state evidenziate poi le tratte COTRAL che
collegano
Rocca Santo Stefano a Subiaco, a Tivoli e a Valmontone, che
rappresentano degli snodi importanti del trasporto pubblico.
L’inefficienza del servizio COTRAL presso il paese spinge infatti
molti
pendolari a recarsi a Subiaco o a Mandela a prendere l’autobus,
dove le
corse per Roma sono garantite ogni 15 minuti durante l’orario di
punta e
raggiungono la capitale in meno di un’ora.
Valmontone è importante per il trasporto in treno: in 30 minuti
si
raggiunge Roma - Termini, ma al mattino esiste soltanto una
corsa
COTRAL che accompagna i pendolari alla stazione ferroviaria; quella
delle
5.15, poi più nulla. A partire dalle 15.25 invece dalla stazione
di
Valmontone parte un autobus ogni ora, fino alle 19.25, che aspetta
i
pendolari e giunge a Rocca Santo Stefano.
Tivoli potrebbe essere fondamentale per i roccatani, sia per
i
collegamenti con la capitale, ma soprattutto per i servizi che è in
grado di
offrire: primo fra tutti l’ospedale. L’Angelucci di Subiaco,
infatti, ha chiuso
già molti reparti ed è attivo solo per il primo soccorso. Il primo
polo
ospedaliero disponibile per Rocca Santo Stefano è appunto quello
di
Tivoli, che dista però ben 30 km. Il trasporto pubblico è poco
efficiente con
una sola corsa al mattino e una al pomeriggio.
È doveroso parlare delle problematiche legate al trasporto
pubblico,
visto che la maggior parte della popolazione non studia e non
lavora a
Rocca, ma è costretta a viaggiare quotidianamente. L’attuale
94
amministrazione si sta impegnando per rivisitare le tratte COTRAL
e
qualche piccola conquista è già stata ottenuta. Ma si dovrebbe fare
molto
di più; la priorità dovrebbe essere aumentare il numero di corse
per la
stazione di Roma Ponte Mammolo, la più breve, partendo dal
presupposto
che a godere di questa tratta non sarebbero soltanto i bellegrani e
i
roccatani, ma anche tutti gli abitanti dei comuni della valle del
Giovenzano
(Gerano, Cerreto, Ciciliano). A tal proposito si potrebbe creare
una rete di
collaborazione tra i comuni interessati che tenga in considerazione
le
esigenze di tutti i pendolari e si impegni poi ad esporle agli
organi
istituzionali preposti.
2.7 Un paese in progressivo invecchiamento
Rocca Santo Stefano è uno dei 259 comuni del Lazio che registrano
una
popolazione residente inferiore ai 5.000 abitanti. Se si pensa che
il Lazio
conta in totale 377 comuni, si può affermare che sono proprio i
piccoli
comuni ad incidere sull’assetto istituzionale ed organizzativo
della
regione, in modo particolare quelli ubicati nelle zone interne
ed
appenniniche, che ne rappresentano la maggioranza. Dei 259 comuni
con
popolazione inferiore ai 5.000 abitanti 65 sono in provincia di
Roma, e 50
sono classificabili come comuni montani; Rocca Santo Stefano è uno
di
questi.
95
L’analisi dei dati dei censimenti dal 1871 al 2011, consente
di
ricostruire l’evoluzione demografica di Rocca Santo Stefano e di
mettere in
evidenza la presenza del fenomeno dello spopolamento, che ha
interessato
l’area oggetto di studio, come molti altri piccoli comuni italiani.
In
particolare dal grafico sottostante (Fig. 26) è possibile notare
che il boom
demografico a Rocca Santo Stefano ha coinciso con il dopoguerra;
al
censimento del 1951 infatti si contavano 1.797 residenti con
un
incremento dell’11% rispetto al decennio precedente, quando
si
contavano 1.611 roccatani. Il dato più basso è stato registrato,
invece, nel
1871, quando gli abitanti erano 912.
Il censimento del 1961 registrava invece 1.486 abitanti e
segnava
l’inizio dello spopolamento di Rocca Santo Stefano, con un
decremento del
18% rispetto al decennio precedente. Tale fenomeno ha interessato
il
paese fino al 1991, quando la popolazione ha iniziato a
stabilizzarsi grazie
al contributo straniero. Le cause di questo fenomeno sono da
attribuire
agli spostamenti dei roccatani nella capitale alla ricerca di
un’occupazione.
96
Fig. 26 - Censimenti della popolazione di Rocca Santo Stefano
(Rm)
- 1871-2011 - Elaborazione dell’A da dati Istat
Censimento Popolazione 1871 912
Tab. 1 – Censimenti della popolazione di Rocca Santo Stefano
(Rm).
– 1871 – 2011 - Elaborazione dell’A. da dati Istat.
97
Ad oggi si contano 1.013 abitanti (Gennaio 2014), di cui il 10%
sono
cittadini stranieri, provenienti nella maggior parte dei casi dalla
Romania,
ma anche dall’Albania, la Polonia e la Cina. Il trend demografico
legato alla
presenza di cittadini stranieri è decisamente positivo, registrando
un
incremento dal 2004 ad oggi di oltre il 50%. Non si può dire lo
stesso del
trend demografico generale che nello stesso lasso di tempo ha
registrato
un buon incremento nel 2008, proprio grazie al contributo
straniero, per
poi registrare un calo abbastanza netto negli ultimi 4 anni.
Fig. 27 - Andamento della popolazione residente di Rocca Santo
Stefano(Rm).
Elaborazione dell’A da dati Istat
Al 1 Gennaio 2014 la popolazione di Rocca Santo Stefano risultava
così
strutturata: si contavano 128 individui nella fascia d’età che va
da 0 a 14
anni; 662 individui in quella tra i 15 e i 65 anni e 223 oltre i 65
anni, con
un’età media di 44,4 anni, confermando la struttura della
popolazione
tipica degli ultimi anni. Se si confrontano i dati attuali con
quelli dal 2002
in poi infatti, si noteranno pochissime differenze.
98
Da un’analisi di questo tipo è poi possibile ricavare ulteriori
indici
demografici, come l’indice di vecchiaia, espresso attraverso il
rapporto
percentuale tra il numero degli ultrasessantacinquenni e il numero
dei
giovani fino a 14 anni; nel 2014 ad esempio l’indice di vecchiaia è
pari a
174,2;cioè ci sono 174,2 anziani ogni 100 giovani.
Allo stesso modo è possibile ricavare l’indice di natalità e quello
di
mortalità; che registrano rispettivamente per l’anno 2013 valori
pari a ad
8,9 nascite ogni 1.000 abitanti e 10, 9 decessi ogni 1.000
abitanti.
Anno 0-14 anni 15-64
2002 139 647 223 1.009 42,2
2003 131 647 219 997 42,4
2004 135 631 221 987 42,6
2005 138 627 218 983 42,6
2006 133 622 230 985 42,8
2007 129 627 239 995 43,3
2008 135 651 228 1.014 42,4
2009 138 665 239 1.042 43
2010 139 669 232 1.040 43,1
2011 146 677 217 1.040 43,1
2012 141 657 221 1.019 43,7
2013 138 655 217 1.010 44,1
2014 128 662 223 1.013 44,4
Tab. 2 – Distribuzione della popolazione di Rocca Santo Stefano
(Rm)
per fasce d’età - Elaborazione dell’A. da dati Istat
99
Fig. 28 - Struttura della popolazione di Rocca Santo Stefano
(Rm)
Elaborazione dell’A. da dati Istat
Per la maggior parte composta da uomini (527 a fronte di 486
donne),
la popolazione di Rocca Santo Stefano registra ancora un alto
numero di
coniugati (497 a fronte di 423 celibi/nubili), destinato però a
ridursi
drasticamente nei prossimi anni; solo gli ultra quarantenni
coniugati
superano i non sposati; le fasce d’età inferiori ai 40 anni per la
maggior
parte sono composte da celibi e nubili.
Questi dati si aggiungono a quelli relativi al saldo naturale
della
popolazione (Fig.29), che dimostra un divario netto tra nascite e
decessi,
con questi ultimi che arrivano a superare anche di 5 volte le
nascite in un
anno; si noti nel grafico sottostante i dati relativi all’anno
2012; quando ai
21 decessi corrisposero solo 4 nascite.
100
Fig. 29 - Saldo naturale della popolazione di Rocca Santo Stefano
(Rm).
2002 – 2013 - Elaborazione dell’A. da dati Istat.
Numeri poco confortanti dunque, che lasciano sperare poco
nella
ripresa demografica di Rocca Santo Stefano. Stando all’andamento
attuale
della popolazione, il paese esaurirà i suoi abitanti entro il
2.114. In realtà.
salvo un mutamento di tendenza, attuabile solo attraverso decise
politiche
di ripopolamento, si potrebbe assistere anche prima allo
spopolamento
definitivo del luogo.
2.8 Una specificità del territorio: “il cratere della Val di
Cona”
Storie e curiosità di ogni genere e sorta connotano Rocca Santo
Stefano;
fra queste alcune in particolare rappresentano specificità del
territorio e
101
avviare processi innovativi a scala locale.
Fra queste quella che ha destato maggior interesse è legata
alla
presunta esistenza di un piccolo cono vulcanico nei pressi del
confine
orientale di Rocca Santo Stefano, in località Arnaro-Colle Rosso a
ridosso
del fosso della Cona.
Le fonti reperite legate all’argomento sono molteplici e
tutte
confermano l’esistenza di giacimenti vulcanici nella Val di Cona;
suddetti
documenti, raccolti negli archivi dell’Accademia Pontificia dei
Nuovi
Lincei, si collocano nel XIX secolo e portano le firme di
importanti geologi
e uomini di scienze; primo fra tutti il Dott. G. Brocchi (1817, pp.
105-106)
che giunse in territorio roccatano e per primo testò l’esistenza di
depositi
vulcanici nell’area oggetto di interesse, non riuscendo però a dare
al sito
una collocazione spaziale precisa.
(Jannuccelli, 1856), probabilmente 2-3 milioni di anni fa,
discorrerà
ampiamente il Prof. Ponzi (1852), che, sulle orme del suo
predecessore,
confermerà che “quei pirosseni e mica, che scorrono sulla
superficie dei
monti di Subiaco” sono attribuibili ad “una bocca vulcanica aperta
nelle
vicinanze”. La sua attività non era non era testimoniata da
“colossali
correnti di lave, o potenti strati di scorie e di ceneri, ma
intorno un
brevissimo raggio un po' di miche, di sostanze pirosseniche, e di
lapilli”
(Seghetti, 1876).
102
Ponzi (1855, p. 5) in uno scritto successivo, racconterà di
uno
smottamento che qualche anno prima (forse 1850) avrebbe
coinvolto
Rocca Santo Stefano e i paesi vicini all’alba di una giornata
d’autunno,
quando dalla bocca del presunto cratere fuoriuscì gas e vapore in
grande
quantità, con “una nube giallastra che ingombrava la
soprastante
atmosfera”.
La presenza di un cratere era, dunque, confermata; mancava
una
collocazione spaziale, che potesse circoscrivere l’area interessata
dal
fenomeno. Sarà il Dott. De Angelis D’Ossat (1892)a farlo, quando in
poche
righe, segnerà i confini dell’ area, attraverso qualche riferimento
spaziale e
due toponimi (Contrada Amaro e Pozzolana Acquaone), che non
sono
presenti in nessuna delle carte esistenti. La contrada Amaro,
corrisponde
alla Contrada Arnaro, mentre il secondo toponimo resta sconosciuto.
Lo
stesso De Angelis, nel 1897, classifica i materiali presenti in:
“tufi litoidi,
pozzolane, tufi incoerenti e sabbie e ghiaie con prevalenza di
elementi
vulcanici” (ibidem, p. 232).
Anche l’ISPRA (2006) ha effettuato studi sul cratere, confermando
la
presenza di depositi vulcanici presso Colle Rosso di derivazione da
flusso
piroclastico; gli studi hanno permesso di ricostruire la
colonna
stratigrafica delle vulcaniti e di delineare la morfologia del
sito, che è sub-
circolare, ma finora non è stato possibile individuare il punto di
emissione.
103
Fig. 30 - Carta geolitologica schematica dei depositi vulcanici di
Colle Rosso.
Fonte: http:// www.isprambiente.gov.it
Secondo gli autori la sequenza piroclastica poggia su una terra
rossa
argillosa e partendo dal basso verso l’alto è così composta:
- un tufo cineritico a lapilli;
- un flusso piroclastico principale con chiare strutture colonnari
da
contrazione;
principale;
- un tufo cineritico ricco di cristalli e con laminazioni
incrociate.
Fonte: http://www.isprambiente.gov.it
La presenza del cratere non è conosciuta dagli anziani del luogo,
né
dalla popolazione. Si raccontano però, aneddoti legati alla
costruzione
della Chiesa di Santa Maria Assunta, avvenuta nel 1749; in
quell’occasione
i materiali vennero reperiti proprio nell’area di Colle Rosso. In
particolare
si racconta dell’utilizzo de “Ju rapigliu”, una pozzolana
rossa
particolarmente resistente. Non a caso nel catasto Tranquilli
(1785) la
zona interessata dal cratere (fogli n. 402-403) figura come
possedimento
dell’Abbazia Sublacense con una didascalia che riporta: “Questo è
il loco
dove si […] cava tutta la pozzolana per […] l’Abbazia di
Subiaco”.
I toponimi stessi, Colle Rosso e Arnaro, testimoniano la presenza
di
terre rosse ed arenarie, di derivazione vulcanica. In particolare
il
toponimo Arnaro, deriverebbe dal latino arnarium (-reum), che
indicava
105
uno spazio sotterraneo scavato nel tufo e destinato a riparare il
bestiame,
o ad immagazzinare i prodotti dei raccolti (Formentin, 2012).
Questo caso
dimostra come i toponimi celino informazioni preziose per il
territorio,
raccontino storie e descrivano paesaggi, nascondendo la natura di
ogni
singolo sito.
L’area interessata dal cratere andrebbe studiata e approfondita,
data la
sua rilevanza dal punto di vista geologico e potrebbe fungere da
motivo di
valorizzazione, attraverso la creazione di un percorso
naturalistico che lo
coinvolga e ne racconti la storia.
106
Relazioni tangibili e intangibili
Un paese è bello quando ti dà un altro respiro,
ti fa capire come ciò che conta è sempre fuori di noi,
che la nostra anima è sempre un luogo un po’ fosco
e in fondo anche un po’ banale.
La meraviglia del mondo è negli alberi, nelle nuvole, nella
terra
su cui poggiamo i piedi.
(Arminio, 2012)
In questo capitolo si cercherà di raccontare il territorio di Rocca
Santo
Stefano, attraverso gli abitanti e il loro rapporto con esso. Per
assolvere ad
un simile obiettivo sono state effettuate interviste e osservazioni
in loco
volte a delineare le pratiche dell’abitare e le relazioni esistenti
tra gli
abitanti e il territorio in oggetto. Dal punto di vista
cartografico sono stati
riportati in una carta i luoghi di riferimento e i luoghi di
frequentazione del
107
centro abitato (All. 3), in modo da disegnare un paese diverso,
frutto
dell’agire e del solo sentire degli abitanti. In particolare è
stato osservato
da vicino un luogo di sola frequentazione, il Fumato, con
l’obiettivo di
cercare le motivazioni che si celano dietro la scelta dei più
giovani di
vivere questo spazio, attraverso interviste ed osservazioni
dirette. Lo
studio delle pratiche urbane ha consentito di notare esempi di
spazi
pubblici non vissuti dalla popolazione, come l’area verde
attrezzata de Il
Monte e al contrario esperienze di riqualificazione di aree
abbandonate in
favore di spazi verdi attrezzati creati dalla popolazione
attraverso opere di
volontariato; è questo il caso de Il Parco dell’Ulivo, il parco
giochi per
bambini realizzato grazie alla sola volontà dei cittadini, che
hanno
dimostrato amore per il proprio territorio e condivisione, di
spazi, di vita e
di esperienze.
Il rapporto dei roccatani con il territorio si esprime poi nelle
sagre e
nelle manifestazioni religiose, oltre che nelle pratiche
associazionistiche,
di cui i giovani rappresentano la linfa vitale. Il capitolo si
conclude con un
excursus artistico sui contributi iconografici a Rocca Santo
Stefano, da
parte dei pittori romantici, che nell’Ottocento ritrassero i
paesaggi della
Campagna Romana, con un’attenzione particolare rivolta ai territori
oggi
appartenenti alla Valle dell’Aniene e alla Valle del Sacco.
L’insieme di
questi elementi costituisce un patrimonio culturale inestimabile,
che,
unito al grande patrimonio naturale presente sul territorio, genera
e
arricchisce l’identità territoriale, linfa vitale per avviare
processi
innovativi.
108
Le osservazioni sul campo hanno consentito di riflettere sul
modo
“roccatano” di vivere il territorio e di delineare un quadro dei
luoghi
maggiormente vissuti dai roccatani e di quelli maggiormente sentiti
come
luoghi di riferimento, portatori di un forte senso identitario.
Queste
relazioni sono state rappresentate spazialmente su una mappa (v.
All. 3) e
hanno permesso di classificare i luoghi del centro abitato in tre
categorie;
luoghi di riferimento, luoghi di frequentazione e luoghi sia di
riferimento che
di frequentazione. Dalle ricerche è infatti emersa la presenza di
luoghi di
solo riferimento, poco frequentati dagli abitanti, di luoghi di
sola
frequentazione e di quelli invece che pur esprimendo il forte
senso
identitario dei roccatani, sono anche vissuti appieno.
Come si può notare dalla mappa i luoghi del centro abitato che
si
possono considerare di solo riferimento per gli abitanti sono due;
Piazza
Santa Maria, che vede la presenza della chiesa parrocchiale di
Santa Maria
Assunta e del Castello Medievale , e la Chiesa di Santo Stefano,
sita presso il
cimitero comunale lungo la SP27C. Luogo di sola frequentazione è
il
Fumato, sito a nord della piazza centrale del paese, presso via
della Villa.
Appartengono ad entrambe le categorie invece, Piazza Pontica, i
giardini
comunali, il bosco Antera, la Curva del Colle e la Sala Giochi
Planet Games
2000.
109
3.2 I Simboli dell’identità territoriale
Per luoghi di riferimento si intendono tutti quegli spazi che hanno
un
ruolo simbolico per gli abitanti e che rappresentano
l’espressione
materiale, storica e culturale dell’essere roccatani. Il roccatano
si identifica
in alcuni spazi, li sente propri e, inconsapevolmente, si orienta
nelle
proprie pratiche quotidiane mappando continuamente il proprio
sentire e
il proprio agire sul territorio.
Il luogo di riferimento per eccellenza, quello che fa parte della
storia e
del vissuto di ogni singolo roccatano è, senza dubbio, Piazza Santa
Maria,
dove si colloca la perla di diamante del paese, il luogo di culto
per
eccellenza; la chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta.
Fig.32 – Piazza Santa Maria – Fonte: Bing maps.
110
Si sceglie di classificare questa piazza come luogo di solo
riferimento,
perché oggi i roccatani frequentano abitualmente altri spazi, che
fungono
da motivo di incontro, di festa e di condivisione. Piazza Santa
Maria è un
simbolo, centro della storia e della religione roccatana; a
distanza di pochi
metri l’uno dall’altro si fronteggiano infatti il castello
medievale e la chiesa
parrocchiale; il primo, di proprietà della Diocesi di Palestrina, è
stato un
tempo fortezza dei Colonna e dei conti Ceci Bove; oggi purtroppo
versa in
uno stato di degrado, a cui si dovrebbe ovviare con opere di
restauro e di
messa in sicurezza. La sua inagibilità, infatti, non ne permette la
fruizione
ormai da anni; un tempo ospitava il cinema, la biblioteca ed era la
sede per
molte associazioni locali. Lo si potrebbe adibire a museo,
all’interno del
quale esporre vecchi cimeli e antichi documenti presenti negli
archivi
della Parrocchia.
111
La parrocchia è “un gigante fra pigmei” (Marocco,1836, p.15),
un
capolavoro dell’arte e dell’ architettura; ampliata nel 1749,
raccoglie opere
di inestimabile valore, come il Martirio di Santa Barbara, una
pregevole
tela di scuola umbra, databile al XVI secolo. La chiesa
parrocchiale è
motivo di vanto per ogni roccatano, che ne sa cogliere le
potenzialità come
elemento di sviluppo e valorizzazione; oltre al valore religioso
storico e
artistico, è l’aspetto identitario che rende questa parrocchia
unica ed
insostituibile, anche per chi non la frequenta abitualmente per
motivi
religiosi.
Altro luogo di culto, di estrema importanza per i roccatani, è la
Chiesa di
Santo Stefano (Figg. 34-35), sita poco distante dal centro abitato,
presso il
cimitero, sulla SP27c. Questa è la chiesa più antica di Rocca, la
prima;
attorno ad essa sorgeva, probabilmente, Rocca d’Equi, il primo
nucleo
insediativo dell’area.
Il valore attribuito a questo sito deriva proprio dalla portata
storica che
lo caratterizza: dai racconti popolari risulta che la chiesa sia
sorta per
volere degli abitanti a seguito di un’epidemia di peste,
miracolosamente
debellata grazie all’intercessione di Santo Stefano, a cui la
stessa è stata
poi intitolata. La chiesa è di piccole dimensioni, ad una sola
navata e
raccoglie affreschi cinquecenteschi attribuibili alla scuola del
Perugino.
112
Fonte: Bing maps
113
3.3 I simboli nella territorialità attiva degli abitanti
Guardare il territorio attraverso le azioni ed il sentire degli
abitanti
permette di raccontare un paese diverso, fatto di relazioni, di
spazi vissuti
e non vissuti, di atti territorializzanti, di pratiche identitarie
quasi sempre
inconsapevoli. Il senso identitario è inevitabilmente legato ai
luoghi, agli
spazi; non c’è identità territoriale senza territorio e non c’è
territorio
senza relazioni tra uomo e ambiente, tra cultura e natura. Rocca
Santo
Stefano letta alla maniera dei territorialisti e delle
territorialiste consente
di scorgere un paese vivo, meritevole di essere definito
“territorio”: Rocca
è condivisione, relazione reciproca uomo-ambiente, è storia, è
natura.
Ci sono spazi in cui la condivisione e le relazioni reciproche
emergono
in maniera evidente; sono questi i luoghi che sono stati
classificati come
luoghi di riferimento e luoghi di frequentazione insieme. Essi
infatti,
alimentano il senso identitario roccatano, fungendo da simboli,
da
elementi tipici dell’essere roccatani, ma nello stesso tempo
esprimono
questo attraverso gli atti territorializzanti degli abitanti, che
li vivono e li
condividono appieno.
Primo fra tutti i luoghi di riferimento e di frequentazione è
Piazza
Pontica, la piazza principale del paese, il cui nome deriverebbe
dalla
presenza di un ponte levatoio posto proprio sull’attuale piazza in
epoca
medievale. Come ogni piazza che si rispetti, qui ci si incontra, vi
sono
ubicati i servizi di prima necessità e le attività commerciali.
Zona
esclusivamente pedonale durante il mese di Agosto, la piazza ospita
le
manifestazioni ludiche, religiose e culturali organizzate durante
l’anno.
114
Il suo valore cambia naturalmente in base alle esigenze e al
vissuto del
fruitore della piazza; per i commercianti ad esempio o per i
gestori dei
ristoranti e dei bar, essa è soprattutto un luogo da cui trarre
profitto,
magari durante la stagione estiva, quando giungono i villeggianti;
per
questi ultimi la piazza è uno spazio ludico e di consumo, per
l’abitante,
invece, rappresenta un luogo simbolico e di riferimento per tutto
l’anno.
Fig.36 – Piazza Pontica – Fonte: Bing maps
115
Fig.37 Chiesa di San Sebastiano in Piazza Pontica - Foto
dell’A.
Piazza Pontica è il cuore di Rocca Santo Stefano, lo spazio
di
condivisione per eccellenza. Ciò che lo rende simbolo e luogo
di
frequentazione è il suo essere uno spazio pubblico, ossia uno
spazio in cui
tutti gli abitanti si sentono parte di una collettività più ampia e
proprio lì,
in quello spazio e non altrove mettono in pratica questo sentire.
Ciò non
può avvenire ovunque, ma solo in un luogo che tutti sentono come
proprio
e unico. Piazza Pontica e le relazioni che si sviluppano al suo
interno
rappresentano cioè il milieu locale, una parte di quella tipicità,
che
contraddistingue ogni territorio e che dovrebbe essere l’elemento
da cui
partire per avviare processi innovativi a scala locale.
Oltre alla piazza principale del paese esistono altri spazi che
vanno letti
come luoghi di riferimento e di frequentazione; i giardini comunali
ad
116
esempio: da generazioni ospitano i bambini e le loro mamme
all’uscita
dalle scuole; è uno spazio ludico per i più piccoli e di scambio di
opinioni
per le mamme.
A differenza di Piazza Pontica, non è un luogo vissuto appieno
dalla
totalità della popolazione, ma solo da una parte di essa. È però
di
fondamentale importanza nello studio del territorio in questione,
perché
accoglie i bambini, che rappresentano il futuro della comunità e
la
frequentazione di questo spazio è espressione della presenza dei
più
piccoli.
Fonte: Bing maps
Foto dell’A.
Vedremo con il tempo se riuscirà a mantenere questo ruolo, visto
che da
qualche mese è stato allestito poco più in là il Parco dell’Ulivo,
un parco
giochi per bambini.
Come i giardini comunali anche la Curva del Colle ricopre un ruolo
di
primaria importanza nell’analisi dei tratti del territorio
portatori di
identità. Situata a poche centinaia di metri a sud-est della
piazza
principale, ha rappresentato infatti per generazioni il luogo
maggiormente
frequentato dai giovani, anche se soltanto durante la stagione
estiva. È
meta di passeggiate, non solo per i roccatani, ma anche per il
visitatore,
che dalla Curva può godere di un panorama eccellente; dal
monte
Scalambra, al monte Filettino, da monte Livata ai paesi limitrofi:
Bellegra,
118
Affile, Roiate, Subiaco, Cervara di Roma, Canterano e Rocca
Canterano.
Purtroppo da qualche mese è stato costruito proprio sulla curva
un
edificio che limita lo sguardo verso il suddetto panorama,
togliendo
all’area in oggetto l’elemento che più di qualsiasi altro
andrebbe
valorizzato.
Elaborazione dell’ A. da Bing maps
Poi c’è il bosco, l’ Antera, che, come Piazza Pontica, caratterizza
Rocca
Santo Stefano, rappresentandone una specificità. È un luogo di
riferimento
e di frequentazione, lo è sempre stato. Un tempo fonte di
sostentamento
per i “bottai” e i “tinozzari” di Rocca, che utilizzavano il legno
di castagno
per costruire botti e tini, da vendere in tutta la penisola, oggi è
meta degli
119
amanti delle lunghe camminate e dei cercatori di funghi.
L’importanza di
questo sito è legata anche alla presenza dello stadio comunale
“Antera”,
inserito armoniosamente tra i castagni. Il castagneto in questione
ha da
poco iniziato un processo di conversione che lo porterà nel giro di
qualche
anno a diventare un castagneto da frutto (marrone); in un
territorio che
conta un numero altissimo di castagni il processo di trasformazione
è un
positivo segnale di volontà di valorizzare il patrimonio naturale
che Rocca
Santo Stefano ha a disposizione.
Il processo sta interessando ora una porzione di bosco di 5.000 m
di
proprietà comunale attorno al campo sportivo Antera, ma l’obiettivo
è
quello di interessare anche le aree di proprietà dei cittadini
con
conseguenti maggiori possibilità occupazionali per il
territorio.
Fig. 41 – Stadio comunale Antera immerso fra i castagni
Fonte: Bing maps
120
Da questo luogo è facilmente raggiungibile Valle Vegan, un sito
nato nel
2006 in Località Maranese, in cui due giovani accolgono e curano
animali
in difficoltà, praticando uno stile di vita vegano ed accogliendo
chiunque
volesse vivere un’esperienza a contatto con la natura e con gli
animali.
Fig. 42 - Il Casale di Valle Vegan in località Maranese
Fonte: Google Earth
121
Fig. 43 - Piero e i suoi animali nell’oasi naturale di Valle
Vegan.
Fonte: Giornalino “La Pontica”.
Esso non è classificabile né come luogo di riferimento né di
frequentazione; non è espressione dell’identità locale e parte
della
popolazione di Rocca non ne conosce neppure l’esistenza.
Rappresenta
però un sito unico, di interesse naturalistico e potrebbe diventare
un luogo
di frequentazione per la comunità locale attraverso la creazione di
un
percorso naturalistico-didattico che ne permetta il raggiungimento
a piedi
e in poco tempo. In questa oasi di naturalità sarebbe possibile ad
esempio,
coinvolgere i più piccoli nelle attività di coltivazione e raccolta
dei frutti,
fino alla cura degli animali.
122
3.4 I luoghi di sola frequentazione. Il caso de “Il Fumato”
L’osservazione delle pratiche urbane, dei modi di vivere il
territorio da
parte degli abitanti, ha consentito di notare esperienze di
appropriazione
dei luoghi, attraverso cui il cittadino trasforma un qualsiasi
spazio in un
luogo, conferendogli vita, prima ancora che lo faccia
l’amministrazione
comunale o un qualsiasi soggetto privato. Questi atti, che
possiamo
definire territorializzanti, possono riguardare strade, piazze,
parchi, ma
soprattutto luoghi abbandonati. Il ruolo dell’abitante è in questo
caso
quello di progettista inconsapevole, che crea spazi di condivisione
e di
socialità senza neppure saperlo.
È il caso de il Fumato, che, non a caso, nella mappa è stato
classificato
come luogo di sola frequentazione. Situato in via della Villa, a un
centinaio
di metri a Nord di Piazza Pontica è un’area disabitata di
piccole
dimensioni, in cui sono soliti riunirsi i giovani di età compresa
tra i 14 e i
18 anni. Nel luogo menzionato non ci sono panchine, non ci sono
bar, non
c’è nulla di materiale che possa attrarre un bacino di fruizione
così ampio,
se non un panorama mozzafiato che guarda ai Monti Ruffi, e ai
piccoli
centri che gravitano attorno a Rocca Santo Stefano. Partendo
dal
presupposto che un giovane di 14 anni presti poca attenzione
al
panorama, viene da chiedersi perché frequenti il Fumato, più di
quanto
frequenti Piazza Pontica.
123
Fig. 44 - Giovani al Fumato in via della Villa Foto dell’A.
Per rispondere a un tale quesito, è stato somministrato un
questionario
anonimo ad un campione di 10 ragazzi, su un totale di 40, residenti
a
Rocca Santo Stefano, di entrambi i sessi, della fascia d’età sopra
indicata
(v. Allegato A).
Di seguito si r