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IE 01 2014 - Moked · 2013. 12. 30. · ventano delle silenziose testimoni del ... genti, un luogo...

Date post: 27-Jan-2021
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+ oltreconfine Nel momento in cui ho deciso di parte‐ cipare a questo concorso ho capito che questo mi legava inevitabilmente a delle responsabilità verso le vittime della de‐ portazione dal Binario 16 in quella not‐ te di novembre del '43: la responsabilità della Memoria. Nell'elaborazione del progetto mi sono posto come obiettivo quello di creare un'opera che riuscisse a rendere un concetto molto complicato, il più intuitivo possibile e di forte im‐ patto emotivo. Dunque ho escluso pos‐ sibili simbologie per rendere la lettura del progetto semplice e immediata, po‐ nendo come unico scopo della materia quello di far trasparire il dolore deri‐ vante da una profonda ferita. Il progetto consiste in uno scontro tra due diversi materiali, il primo è la pietra giallo sa‐ hara, detta anche Jerusalem Gold, che viene cavata ai confini egiziani con Israele. Questo è secondo la mia concezione, il terreno che il popolo ebraico ha calpe‐ stato durante il suo esodo, e dunque ho dato il compito a questa pietra di incar‐ narne l'animus. Questa viene irrime‐ diabilmente frantumata da un elemento metallico. Come si può dedurre questo diventa il tragico simbolo degli eventi, in particolare la deportazione dal Bina‐ rio 16. L'intera opera è posizionata su delle rotaie, che in questa dinamica di‐ ventano delle silenziose testimoni del drammatico avvenimento a cui assistet‐ te il binario in quella notte. Da questo scontro, o meglio aggressio‐ ne, emerge quella che io amo definire poetica della ruggine. La ruggine in que‐ sto caso assume la connotazione di pa‐ tina del tempo: patina del tempo è un termine usato solitamente nel restauro e che definisce in maniera adeguata l'elemento di cui stiamo parlando, poi‐ ché introduce nell'opera la problematica della memoria. Problematica della me‐ moria che è molto sentita ai giorni no‐ stri anche se sono fermamente convinto che questa opera, nella dimensione in cui è stata inserita, aiuterà a non dimen‐ ticare. Nicola Rossini (Versione integrale sul portale dell'ebrai- smo italiano www.moked.it) Italia Ebraica voci dalle Comunità n. 1/2014 FORMAZIONE AL DIALOGO A PAG. 12 Straordinario ritorno a Trieste per il critico d'arte Gillo Dorfles, 104 anni il prossimo mese di aprile. L'occasione un simposio finalizzato all'incontro tra Italia e Croazia svoltosi al Museo Revoltella. Il Maestro Dorfles, la cui formazione intellettuale fu fortemente condizionata dall'ambiente culturale della borghesia ebraica triestina, è apparso in gran forma e ancora sulla breccia per insegnare agli italiani a di- stinguere tra il buono e il cattivo gusto nell'arte. QUI TRIESTE - GILLO DORFLES, 104 ANNI DI SLANCIO HATIKWA Unione Giovani Ebrei d’Italia Italia Ebraica – attualità e cultura dalle Comunità ebraiche italiane ‐ registrazione Tribunale di Roma 220/2009 | [email protected] – www.italiaebraica.net | supplemento a Pagine Ebraiche ‐ n. 1 ‐ 2014 reg. Tribunale di Roma 218/2009 ISSN 2037‐1543 (direttore responsabile: Guido Vitale) TRIESTE EBRAICA Le pietre della Memoria FIRENZE EBRAICA È Paolo Gnignati, noto avvocato civilista, il nuovo presidente della Comunità ebraica di Venezia. La nomina è avvenuta nel corso della prima riunione di Consiglio dopo le elezioni del 15 dicembre scorso. In occa‐ sione della consultazione elettorale Gni‐ gnati aveva ottenuto il numero più alto di consensi. Ad affiancarlo in Giunta Giuseppe Gesuà sive Salvadori, nella veste di vice‐ presidente, ed Enrico Levis come terzo membro dell'organo esecutivo. A comple‐ tare il Consiglio Giuliano Co‐ en, Sandra Levis, Paolo Na‐ varro Dina e Gaia Ravà. Responsabilità e coopera‐ zione i concetti chiave espressi dall’intero Consiglio e richiamati in varie battute anche dal neo presidente. “Lo spirito politico con cui noi dobbiamo apprestarci a lavorare ‐ ha affermato ‐ è di coinvolgere più persone possibili, a partire dai candidati non eletti che hanno già espresso la volontà di collaborare. Il mio impegno sarà di svolgere con equilibrio e con responsabilità questo ruolo che, seb‐ bene con caratteristiche e profili diversi, tutti i miei predecessori hanno svolto sem‐ pre con responsabilità e attenzione. Mi sono candidato alla carica di consigliere per dare un apporto a questa Comunità. Con questo spirito accetto ora la presidenza, con l’au‐ spicio di poter nei prossimi anni costruire insieme a voi qualcosa di concreto per la continuità di questa Comunità”. Michael Calimani VENEZIA EBRAICA Paolo Gnignati alla presidenza “Rabbino traghettatore” è una definizione che lo diverte perché dà il senso di un impegno volto a chiudere un capitolo difficile e tormentato e ad aprirne uno del tutto nuovo. Rav Elia Richetti, presidente dell'Assemblea rabbinica italiana, ha soggiornato un'intera settimana a Trieste con‐ frontandosi con la dirigenza comunitaria e con numerosi iscritti. Un ritorno alle origini, nella Comunità in cui fu rabbi‐ no capo dal 1979 al 1989, per dare un contributo nel voltare pagina dopo l'al‐ lontanamento del rav It‐ zhak Margalit (decretato all'unanimità dal Consi‐ glio) e trovare una nuova guida spirituale per gli ebrei triestini. È la terza volta, nell'ultimo mese, che rav Richetti trascorre delle giornate in Co‐ munità. Shabbat in sinagoga, incontri e lezioni di Torah stanno caratterizzando le sue frequenti visite nel Golfo unitamente a incontri dedicati a temi specifici come scuola e kasherut. “Sto osservando che le persone che incontro sono tutte desiderose di ritrovare un rapporto con la Comunità e con il rabbinato. Un rapporto – spie‐ ga – che negli ultimi tempi si era un po' allentato”. Non mancano i segnali incoraggianti: in parti‐ colare il feeling immediatamente instauratosi non solo con gli ex allievi di un tempo, oggi padri di famiglia, ma anche con le nuove (e nuovissi‐ me) generazioni. “C'è la voglia di recuperare tra‐ dizioni perdute, c'è voglia di riavvicinare chi si è allontantanato, c'è la voglia di dare nuova vi‐ talità. Credo – commenta – che si possa guardare con ottimismo al futuro”. Rav Elia Richetti “traghettatore” Quattro blocchi di marmo giallo sahara rotti con al centro un cuneo di ferro. Il marmo spezzato inesorabilmente a rappresentare “una tragedia irrimediabile” come quella vissuta dal popolo ebraico con la Shoah. Questo il significato della scultura Animus realizzata dallo studente dell'Accademia di Belle Arti Nicola Rossini, che ha vinto un bando di concorso promosso dal Rotary Club e finalizzato a radicare una testimonianza artistica in pianta stabile all'altezza del binario della stazione Santa Maria Novella da cui furono deportati gli ebrei fiorentini. L'iniziativa è stata portata avanti in collaborazione con la Comunità ebraica, l'Accademia stessa e l'associazione Teatri d'Imbarco. Ai lettori di Italia Ebraica Nicola racconta come è nato e quali finalità si è proposto con il suo progetto artistico. FOTO: GIOVANNI MONTENERO
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  • + oltreconfine

    Nel momento in cui ho deciso di parte‐cipare a questo concorso ho capito chequesto mi legava inevitabilmente a delleresponsabilità verso le vittime della de‐portazione dal Binario 16 in quella not‐te di novembre del '43: la responsabilitàdella Memoria. Nell'elaborazione delprogetto mi sono posto come obiettivoquello di creare un'opera che riuscissea rendere un concetto molto complicato,il più intuitivo possibile e di forte im‐

    patto emotivo. Dunque ho escluso pos‐sibili simbologie per rendere la letturadel progetto semplice e immediata, po‐nendo come unico scopo della materiaquello di far trasparire il dolore deri‐vante da una profonda ferita. Il progettoconsiste in uno scontro tra due diversimateriali, il primo è la pietra giallo sa‐hara, detta anche Jerusalem Gold, cheviene cavata ai confini egiziani conIsraele.

    Questo è secondo la mia concezione, ilterreno che il popolo ebraico ha calpe‐stato durante il suo esodo, e dunque hodato il compito a questa pietra di incar‐narne l'animus. Questa viene irrime‐diabilmente frantumata da un elementometallico. Come si può dedurre questodiventa il tragico simbolo degli eventi,in particolare la deportazione dal Bina‐rio 16. L'intera opera è posizionata sudelle rotaie, che in questa dinamica di‐

    ventano delle silenziose testimoni deldrammatico avvenimento a cui assistet‐te il binario in quella notte.Da questo scontro, o meglio aggressio‐ne, emerge quella che io amo definirepoetica della ruggine. La ruggine in que‐sto caso assume la connotazione di pa‐tina del tempo: patina del tempo è untermine usato solitamente nel restauroe che definisce in maniera adeguatal'elemento di cui stiamo parlando, poi‐

    ché introduce nell'opera la problematicadella memoria. Problematica della me‐moria che è molto sentita ai giorni no‐stri anche se sono fermamente convintoche questa opera, nella dimensione incui è stata inserita, aiuterà a non dimen‐ticare.

    Nicola Rossini

    (Versione integrale sul portale dell'ebrai-smo italiano www.moked.it)

    Italia Ebraica voci dalle Comunità n. 1/2014

    FORMAZIONEAL DIALOGO A PAG. 12

    Straordinario ritorno a Trieste per il critico d'arte Gillo Dorfles, 104 anni il prossimomese di aprile. L'occasione un simposio finalizzato all'incontro tra Italia e Croaziasvoltosi al Museo Revoltella. Il Maestro Dorfles, la cui formazione intellettuale fufortemente condizionata dall'ambiente culturale della borghesia ebraica triestina,è apparso in gran forma e ancora sulla breccia per insegnare agli italiani a di-stinguere tra il buono e il cattivo gusto nell'arte.

    QUI TRIESTE - GILLO DORFLES, 104 ANNI DI SLANCIO

    HATIKWAUnione Giovani Ebrei d’Italia

    Italia Ebraica – attualità e cultura dalle Comunità ebraiche italiane ‐ registrazione Tribunale di Roma 220/2009 | [email protected] – www.italiaebraica.net | supplemento a Pagine Ebraiche ‐ n. 1 ‐ 2014 reg. Tribunale di Roma 218/2009 ISSN 2037‐1543 (direttore responsabile: Guido Vitale)

    TRIESTE EBRAICA

    Le pietre della MemoriaFIRENZE EBRAICA

    È Paolo Gnignati, noto avvocato civilista, ilnuovo presidente della Comunità ebraicadi Venezia. La nomina è avvenuta nel corsodella prima riunione di Consiglio dopo leelezioni del 15 dicembre scorso. In occa‐sione della consultazione elettorale Gni‐gnati aveva ottenuto il numero più alto diconsensi. Ad affiancarlo in Giunta GiuseppeGesuà sive Salvadori, nella veste di vice‐presidente, ed Enrico Levis come terzomembro dell'organo esecutivo. A comple‐

    tare il Consiglio Giuliano Co‐en, Sandra Levis, Paolo Na‐varro Dina e Gaia Ravà. Responsabilità e coopera‐zione i concetti chiaveespressi dall’intero Consiglioe richiamati in varie battuteanche dal neo presidente.

    “Lo spirito politico con cui noi dobbiamoapprestarci a lavorare ‐ ha affermato ‐ è dicoinvolgere più persone possibili, a partiredai candidati non eletti che hanno giàespresso la volontà di collaborare. Il mioimpegno sarà di svolgere con equilibrio econ responsabilità questo ruolo che, seb‐bene con caratteristiche e profili diversi,tutti i miei predecessori hanno svolto sem‐pre con responsabilità e attenzione. Mi sonocandidato alla carica di consigliere per dareun apporto a questa Comunità. Con questospirito accetto ora la presidenza, con l’au‐spicio di poter nei prossimi anni costruireinsieme a voi qualcosa di concreto per lacontinuità di questa Comunità”.

    Michael Calimani

    VENEZIA EBRAICAPaolo Gnignatialla presidenza

    “Rabbino traghettatore” è una definizione chelo diverte perché dà il senso di un impegno voltoa chiudere un capitolo difficile e tormentato ead aprirne uno del tutto nuovo. Rav Elia Richetti,presidente dell'Assemblea rabbinica italiana, hasoggiornato un'intera settimana a Trieste con‐frontandosi con la dirigenza comunitaria e connumerosi iscritti. Un ritorno alle origini, nellaComunità in cui fu rabbi‐no capo dal 1979 al 1989,per dare un contributo nelvoltare pagina dopo l'al‐lontanamento del rav It‐zhak Margalit (decretatoall'unanimità dal Consi‐glio) e trovare una nuovaguida spirituale per gliebrei triestini. È la terza volta, nell'ultimo mese,che rav Richetti trascorre delle giornate in Co‐munità. Shabbat in sinagoga, incontri e lezionidi Torah stanno caratterizzando le sue frequentivisite nel Golfo unitamente a incontri dedicatia temi specifici come scuola e kasherut. “Stoosservando che le persone che incontro sonotutte desiderose di ritrovare un rapporto con laComunità e con il rabbinato. Un rapporto – spie‐ga – che negli ultimi tempi si era un po' allentato”. Non mancano i segnali incoraggianti: in parti‐colare il feeling immediatamente instauratosinon solo con gli ex allievi di un tempo, oggi padridi famiglia, ma anche con le nuove (e nuovissi‐me) generazioni. “C'è la voglia di recuperare tra‐dizioni perdute, c'è voglia di riavvicinare chi siè allontantanato, c'è la voglia di dare nuova vi‐talità. Credo – commenta – che si possa guardarecon ottimismo al futuro”.

    Rav Elia Richetti“traghettatore”

    Quattro blocchi di marmo giallo sahara rotti con al centro un cuneo di ferro. Ilmarmo spezzato inesorabilmente a rappresentare “una tragedia irrimediabile”come quella vissuta dal popolo ebraico con la Shoah. Questo il significato dellascultura Animus realizzata dallo studente dell'Accademia di Belle Arti NicolaRossini, che ha vinto un bando di concorso promosso dal Rotary Club e finalizzatoa radicare una testimonianza artistica in pianta stabile all'altezza del binariodella stazione Santa Maria Novella da cui furono deportati gli ebrei fiorentini.L'iniziativa è stata portata avanti in collaborazione con la Comunità ebraica,l'Accademia stessa e l'associazione Teatri d'Imbarco. Ai lettori di Italia EbraicaNicola racconta come è nato e quali finalità si è proposto con il suo progettoartistico.

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  • Italia Ebraica la voce delle Comunità

    pag. 2 gennaio 2014

    Un gemellaggio che corre su skype: da una parte glialunni di seconda media della scuola ebraica di RomaAngelo Sacerdoti, dall’altra gli alunni di un istitutoisraeliano di Kfar Adumim. Il progetto nasce daun'idea del preside della Sacerdoti, il rav BenedettoCarucci Viterbi, con l'obiettivo di mettere in relazionegiovani della Comunità particolarmente capaci conla lingua ebraica con alcuni loro coetanei israelianicosì da sviluppare insieme progetti educativi dedicativari periodi di festa dell'anno. L'esordio in occasionedi Chanukkah, la festa delle luci. Per il momento ci si accontenta delle numerose pos‐sibilità offerte dalle moderne tecnologie anche seper il futuro l'obiettivo è quello di incontrarsi di per‐sona nel solco di quanto avviene con iniziative discambio culturale già in atto, soprattutto per quantoriguarda i ragazzi del liceo, in Israele, Stati Uniti, Eu‐ropa. A rafforzare il gemellag‐gio una nuova conversazionea distanza svoltasi a metà di‐cembre in occasione del radu‐no internazionale degli sheli‐chim dell'Agenzia Ebraica dellaCapitale. Un’ora di dialogo emusica, iniziata con un raccon‐to delle attività della propriaclasse e conclusasi con l'into‐nazione – in coro – di un branodel compianto Arik Einstein,padre del rock israeliano da poco scomparso, e del‐l'Hatikwa. Nella prima occasione di confronto, av‐venuta nei giorni di Chanukkah, ciascuna classeaveva invece avuto incarico di portare un elenco deipropri eroi: chi il padre, chi la madre, chi il dottore.Molti i punti di contatto emersi. “Il gemellaggio con i ragazzi di Kfar Adumim è un'ini‐ziativa in cui credo molto con la consapevolezza –sottolinea rav Carucci (nella foto piccola, durante

    l’ultimo Yom haTorah) – cheprogetti di questo genere, chemi auguro vengano ulterior‐mente incentivati, permettano

    di aprirsi all'idea che non possiamo essere ebrei sol‐tanto nel microcosmo italiano. È anzi fondamentalepensarsi in prospettiva ebraica in modo sempre piùinternazionale: questo il messaggio che abbiamo vo‐luto trasmettere ai nostri studenti”.La scelta della scuola con cui intrattenere un dialogonon è casuale ma frutto di una decisione ben medi‐tata e ragionata. “Cercavamo una scuola – spiega ilrav – in cui fossero bilanciati i numeri di chi si defi‐

    nisce religioso e di chi invece non lo è così da rical‐care il più possibile la situazione del nostro istituto.Una situazione non comune in Israele dove è invecepiù netta la separazione tra realtà religiose e realtàin cui l'osservanza è messa in secondo piano”. A seguire lo sviluppo del corso un'insegnante dellaSacerdoti, Luisa Basevi, che parla di ragazzi “moltocontenti e soddisfatti”. Tra i progetti in fase di studiola creazione di un blog interno in cui gli studentipossano dialogare, scambiarsi messaggi, foto.Prezioso inoltre il supporto dello shaliach dell'Agen‐zia Ebraica per l'Italia Gilad Peled, che concorda conla professoressa Basevi: “Mi sono emozionato”.

    Dopo una lunga attesa, le date sono finalmenteufficiali. “Ghetto”, il commovente balletto sullastoria degli ebrei d'Europa che il coreografo Ma-rio Piazza ha portato nei più prestigiosi contestiinternazionali, sbarca finalmente in Italia e aRoma. L'appuntamento è al Teatro dell'Operaper una settimana di programmazione (25 feb-braio-2 marzo) rivolta algrande pubblico e in par-ticolare a chi, spiega l'ar-tista, “vuole conoscerepiù da vicino il mondoebraico, le sue storie, lesue passioni, la sua nor-malità”.Inizialmente prevista incalendario per il mese diottobre, la performancedi Piazza – premiata conuno dei più importantiriconoscimenti per lePerforming Arts dallaEuropean Association forJewish Culture – si ispiradirettamente alla vita e ai paesaggi del vecchioghetto di Roma. Un legame fortissimo con le pro-prie origini che l'artista ha sviluppato con l'ideadi fare del suo Ghetto “un'isola di approdo dellegenti, un luogo dove abitano e si esprimono leesperienze delle tante persone che vi si incon-trano e in cui le storie di tutti si fondono in un'uni-ca storia dell'umanità”.Per informazioni e prenotazioni: Teatro dell'Ope-ra, piazza Beniamino Gigli 7, 06481601.

    Danza: Ghettoin sala a febbraio

    PROGETTO MERIDIONE

    Nuova luce nel palazzo che a Palermofu sede dell'Inquisizione.Sotto la guida di rav Pierpaolo PinchasPunturello di Shavei Israel è stata infattiaccesa una chanukkiah appositamenterealizzata dall’artista Manlio Geraci pertutti gli otto giorni di festa. È stata ac‐cesa con tutti i suoi lumi alla presenzadel vicepresidente dell’Unione delle Co‐munità Ebraiche Italiane Roberto Ja‐rach e del rettore dell’Università di Pa‐lermo Roberto Lagalla. Palazzo Chiaramonte Steri fu appuntosede dell’Inquisizione e, circa un secolo dopo l’espulsione degliebrei dalla Sicilia del 1492, divenne il carcere delle persone inattesa di giudizio. In essa quindi furono rinchiusi eretici di di‐verse origini. Alcuni di essi erano giudaizzanti, ovvero ebreiche formalmente si erano convertiti al cristianesimo ma chedi nascosto continuavano a condurre una vita ebraica. I pri‐gionieri riuscirono a dipingere sul muro graffiti raffigurantiimmagini e scritti che rappresentavano il loro stato d’animo.Particolarmente impressionante è un’immagine che rappre‐senta un mostro che sta per divorare delle persone accantoalle quali viene scritto il nome delle tribù di Israele o altri nomiebraici. Queste immagini furono dipinte con la polvere e talvolta

    anche con il sangue da parte dei pri‐gionieri. Non sfuggirà il grande valoresimbolico di questa accensione.I convenuti hanno quindi lasciato leprigioni e si sono spostati nella splen‐dida aula magna del rettorato dove siè tenuta una conferenza. Il pubblico hariempito l’aula. Tanti gli interventi: oltrea Jarach e rav Punturello, hanno parlatoi professori Valerio Agnesi, SalvatoreMazzamuto, Luciana Pepi, Rita Calbre‐

    se, Francesco Bonanno, Angelo Leone, oltre a chi scrive. A mo‐derare Laura Anello. Da segnalare anche la presenza degliimam del Coreis Ahmad ‘Abd al‐Majid Macaluso e Yusuf ‘Abdal‐Hady Dispoto, l’ultimo dei quali ha preso la parola per unsaluto. L’evento è stato allietato dalle poesie in dialetto sicilianodi Vincenzo Ognibene e dalle performance canore di Viky Me‐nasci, Giuseppe Lo Cicero e Pierluigi Mazzamuto. Patrocinatoridell’evento sono stati, oltre all’UCEI, l’Officina di Studi Medievali,Shavei Israel e la Comunità ebraica di Napoli. Un plauso a Mi‐riam Ancona, Evelyne Aouate e ai membri all’Istituto Sicilianodi Stuti Ebraici che sono stati l’anima ideatrice di questo evento,in collaborazione con l’Università di Palermo.

    Gadi Piperno

    Luce nel palazzo che fu dell'Inquisizione

    La luce di Chanukkah illumina anche Lecce a 500 anni dall’espulsione e dallaconversione forzata degli ebrei a cavallo tra XV e XVI secolo. Il candelabro a ottobraccia è tornato a risplendere grazie all'impegno di Giuseppe Pagliara, studiosodi ebraismo ed esperto di storia degli ebrei nel Salento. Al suo fianco, in questastorica accensione, l'assessore alle politiche ambientali del Comune di LecceAndrea Guido. Nell'antica giudecca, la piazzetta Riccardi, tanti leccesi si sonoritrovati davanti all'edificio che secoli fa ospitava la sinagoga e che ancora oggine conserva la struttura, compresa quella della vasca del mikveh.

    Lecce, una storica accensione

    ROMA EBRAICAScuola, la sfida del gemellaggio (e anche skype dà una mano)

  • Italia Ebraica la voce delle Comunità

    pag. 3gennaio 2014

    Ultime settimane per visitare a mostra '“Daughters of the King” in esposizione all'Ermanno TedeschiGallery di Roma. Nell'obiettivo di Federica Valabrega, giovane fotografa romana, l'universo femminileall'interno di alcuni contesti dell'ortodossia ebraica. Da New York a Djerba, da Casablanca a Geru-salemme: in primo piano la slanciata esteriorità di alcune protagoniste di un mondo ancora pococonosciuto e attorno al quale ruotano il più delle volte pregiudizi e preconcetti. La ricerca artisticanasce dall'incontro con Chani Garelik, moglie di un rabbino di Brooklyn e “musa ispiratrice” di unviaggio denso e appassionante in cui non mancano momenti difficili ma soprattutto soddisfazioni.“Ogni copricapo, vestito a manica lunga, scarpa o indumento di vestiario che inducesse alla modestia– spiega Valabrega – ha smesso di essere una barriera di protezione ed è diventato veicolo per espri-mere ed esaltare ancor di più il loro aspetto di donne e non solo di ebree”. Daughters of the King è visitabile fino al 14 gennaio. Dal lunedì al venerdì (10-13; 15-19) e sabato edomenica su appuntamento.

    Uno sguardo sull’ortodossia femminile

    Tanti luoghi, tanti incontri, tanti racconti tra grandestoria degli ebrei di Roma e memorie personali. È ilviaggio che i lettori di Italia Ebraica potranno com‐piere assieme al rav Vittorio Della Rocca, per moltisemplicemente il Morè, che della Comunità è tra ipersonaggi più noti e amati. Il primo appuntamentoè in Vicolo dell'Atleta a Trastevere dove una sugge‐stiva casa medioevale conserva i resti della sinagogafondata dal lessicografo Nathan ben Jechiel (1035‐1106). Fu in quest'area che si raccolse e venne or‐ganizzata la prima forma di aggregazione comuni‐taria. Un luogo altamente strategico, vicino al Teveree quindi vicino ai commerci. Ma anche un luogo digrandi suggestioni. Il primo incontro con questoportone, per rav Della Rocca, avviene nell'immediatodopoguerra. È il 1945: in una Comunità devastatadalla Shoah una indimenticabile generazione di edu‐catori si occupa di scuola e formazione:Cesare Tagliacozzo, Sergio Sierra, SettimioDi Castro, Mario Sed, Nello Pavoncello. Èproprio quest'ultimo, in una delle sue ce‐lebri domeniche culturali, a portare il gio‐vane Vittorio e i suoi compagni in Vicolodell'Atleta. I ricordi, davanti alla vecchiasinagoga, fluiscono con grande intensità.E inevitabilmente, tra una spiegazione e l'altra, siafferma la figura del morè Pavoncello. “Ricordo moltobene quella giornata, così ricca di significati – spiegaDella Rocca – e soprattutto la consuetudine del morèdi portare i suoi allievi alla scoperta dei luoghi piùsignificativi della Roma ebraica. Aveva una straor‐dinaria capacità oratoria, sapeva trasmettere amoreper la cultura, condivideva con noi tutti le informa‐zioni e le notizie 'che rimangono'. Di questo gli saròper sempre grato”. Impetuoso, schietto, 'romano de

    Roma': il morè, sottolinea il rav, è stato un perso‐naggio con una forza e un carattere tutto particolare“che ad alcuni, mi rendo benissimo conto, potevanon piacere”. A livello personale, comunque, “unadelle più grandi amicizie delle mia vita”. Vastissimal'anedottistica in materia. E legata in particolare a'Piazza', l'anima e il cuore pulsante dell'ebraismoromano. È un pomeriggio d'estate quando il morè

    Pavoncello tiene la sua consueta lezionepubblica davanti a Boccione. Attorno a luiun'infinità di gente. Dal fondo si leva unavoce. È quella del suo ex allievo Vittorio, checommenta: “Ecco il mio morè dell'alefbet(l'alfabeto, ndr)”. Diventa una consuetudine:lezione pubblica e, puntuale, commento dalfondo. Finché un giorno il morè gli si rivolge

    con queste parole: “Senti, bello mio, usami una cor‐tesia. Tutti i giorni mi dici questa frase come se ioti avessi insegnato soltanto l'alfabeto. Adesso faraiuna piccola correzione: invece di dire 'dell'alefbet',dirai 'dall'alefbet'. Ti sta bene?”. Un aneddoto tra itanti ma che racconta meglio di altri il temperamentodel morè Pavoncello. Un personaggio, conclude DellaRocca, “a cui tutti noi siamo riconoscenti per la pro‐lifica attività pubblicistica che ci ha lasciato”.

    Adam Smulevich

    LA MIA ROMALa sinagoga di Trastevere

    L'Accademia italiana della cucina, fondatanel 1953 a Milano da Orio Vergani, è sta‐ta riconosciuta ‐ Il 18 agosto 2003 ‐ qua‐le Istituzione culturale della RepubblicaItaliana. L'associazione ha il fine di tu‐telare la tradizione gastronomica italianae di promuoverne e favorirne il miglio‐ramento in Italia e all'estero, attraversovarie iniziative, studi e divulgazioni tracui un centro studi, attività editoriali, de‐gustazioni, etc. È stata la prima tra le associazioni ita‐liane a difendere e valorizzare la culturagastronomica nazionale e le sue tradi‐zioni regionali. La delegazione salentinadell’Accademia, condotta da AlessandroCorso, ha organizzato, presso PalazzoVirgilio a Brindisi, una conviviale tuttaincentrata sulla gastronomia ebraica,con particolare riferimento alle tradi‐zioni locali dalle quali è possibile coglierel’innegabile nesso tra ebraismo e folclorepugliese‐salentino. ”Questa volta ho ri‐tenuto interessante anticipare di qualche

    giorno la data della conviviale, vuoi pernon sovrapporla all’ultimo periodo del‐l’anno, sempre freneticamente pieno diimpegni, ma anche per aderire a unaproposta, formulatami in occasione diun incontro dall’avvocato Cosimo YehudàPagliara, rappresentante della comunitàebraica locale. Egli, dopo un’interessante chiacchierata,mi ha illustrato i molteplici punti in co‐mune fra la cucina italiana (pugliese) ele origini ebraiche di molte preparazioniche la contraddistinguono. Prima occa‐sione utile per lo sviluppo e l’approfon‐dimento dell’argomento si è pensato difarla coincidere con la prossima convi‐viale, periodo nel quale la comunitàebraica celebra Chanukkah: festa moltosentita, cosiddetta delle luci”. Con questeparole, il presidente Corso ha invitato isoci dell’Accademia che, con le propriefamiglie, han partecipato alla serata –conferenza nella quale s’è parlato, ri‐chiamando il titolo di un noto volume

    edito alcuni anni fa, di “Mangiare allagiudìa, mangiare kasher”.Il menù ha visto, come sarebbe stato na‐turale aspettarsi, un abbondante richia‐mo ai fritti e al consumo d’olio d’oliva,rigorosamente extravergine e d.o.p.All’arrivo, gli ospiti sono stati accolti dacalici di prosecco kasher e da un assaggiodi pettole (palline di pasta lievitata e frit‐ta in abbondante olio, di tradizione pu‐

    gliese) e da tocchi di baccalà fritto, se‐condo gli usi ebraici.A tavola sono stati serviti: latkes con as‐saggi di hummus, m’rduma e harissa;purè di fave e zucca, servite alla tripolina,cernia alla sefardita con cous cous, ver‐dure cotte e, per finire, sufganiot servitecaldissime, spolverate di zucchero conassaggi di crema pasticciera, crema dinocciole e marmellata di visciole con cui

    farcirle, vino rosso kasher. La kashrut èstata garantita da un duro, ma soddisfa‐cente lavoro di kasherizzazione svoltoda Jacopo e Yehudà Pagliara.Due annotazioni a margine. La prima: lepettole (o pìttole, nel basso Salento) simangiano, tradizionalmente, nei primigiorni di dicembre e sono conosciuteesclusivamente da Bari (compresa) ingiù. Nelle murge o nelle pianure foggianesono del tutto sconosciute. La presenzaebraica nelle stesse zone dove ancoraoggi si mangiano le pettole è dato storicoassolutamente incontestabile.La seconda: il vino servito non era diproduzione locale, ma proveniva da altreregioni italiane. È stata l’unica “conces‐sione”, peraltro necessitata dalle circo‐stanze, oltre ai latkes, a tradizioni geo‐graficamente allogene. Solo nei prossimimesi si avrà la possibilità di degustare,ma anche di compiere il Kiddush, convino pugliese, kasher lepesach, di altis‐sima qualità. Prodotto dell’ultima ven‐demmia. Alla prossima! Lekhayim!

    Cosimo Yehuda Pagliara

    Mangiare alla giudia, mangiare kasher. All’Accademia

  • In un'Europa in cui i diritti religiosi più elementaririschiano di perdere parte della loro tutela istitu‐zionale un grande convegno svoltosi nel centro so‐ciale della Comunità di Torino ha indicato alcunesoluzioni per la difesa della circoncisione e dellashechitah come precetti imprescindibili di osser‐vanza per l'universo sia ebraico che islamico. Unasfida da proiettare nel più ampio contesto interna‐zionale e che ha visto riunito in piazzetta Primo Levi,su impulso dell'associazione Anavim, un qualificatoparterre di ospiti tra cui numerosi intellettuali, medicie rabbini italiani. Molti i temi e gli argomenti affron‐tati nelle due sessioni che hanno caratterizzato lagiornata e che sono state aperte dagli interventi delpresidente della Comunità Beppe Segre e del vice‐presidente e assessore alla Cultura David Sorani.Grande la ricchezza di contenuti, molte le possibilitàemerse durante il convegno. Ne è convinto il vice‐presidente UCEI Giulio Disegni, moderatore dellaprima sessione di lavoro. “Penso sia la prima volta– afferma Disegni – che i due temi vengono affrontatinello stesso contesto e con la consapevolezza che

    gli strumenti attuali per tutelare queste pratichesono insufficienti. Si tratta di argomenti di assolutacentralità nella vita ebraica e aprono, come dimo‐strato dal convegno stesso, diverse prospettive didibattito”. Una riflessione condivisa da Sorani, cheè anche presidente di Anavim e che invita a chiedersiperché queste accuse continuino a invadere il dibat‐tito pubblico in modo così violento e irrispetoso deidiritti individiuali: “Dobbiamo affrontarle una aduna, decostruendole coi fatti”.

    Tra gli esperti che i vertici della Comunità ebraicadi Milano hanno scelto di consultare negli scorsimesi per trovare soluzioni a fronte della drammaticasituazione finanziaria in cui versa la scuola della Co‐munità, anche Elio Limentani, direttore amministra‐tivo del corrispondente istituto a Roma e prima an‐cora funzionario all’Università Sapienza. “Trovo che il mondo delle scuole ebraiche italianesia in generale caratterizzato dall’essere molto vivo,bello, partecipato, con docenti, studenti, genitori edirigenza comunitaria che collaborano per offrireun servizio su misura” spiega Limentani.Il punto di partenza nell’offrire la sua consulenzaalla scuola della Comunità ebraica di Milano è stataproprio l’esperienza accumulata nell’affrontare una

    simile situazione di difficoltà attraversata negli anniscorsi dall’istituto romano. “In seguito a un calo de‐mografico e per problemi di natura economica, gliallievi erano diminuiti, soprattutto al liceo – ricorda– Un trend che poi abbiamo riassorbito attraversomolti interventi, compreso il passaggio a una didat‐tica maggiormente innovativa”. Per quanto riguarda Milano, Limentani dice di essererimasto colpito in positivo dalla forte organizzazionee dalla struttura. “Una struttura bella, moderna contanti servizi ‐ dice ‐ che per esempio la scuola di Ro‐ma, che ha sede in un edificio storico, non può offrire,dal giardino agli spogliatoi”. “Anche gli insegnantimi sono parsi molto validi” aggiunge il direttore, cheperò specifica che è proprio sul personale, e in par‐

    Italia Ebraica la voce delle Comunità

    pag. 4 gennaio 2014

    “Struttura, futuro, condivisione” L’assessore alla scuola fa il punto

    Riorganizzazione amministrativa, ecco la ricetta del manager romano

    Scuola come cuore della Comunità ebraica. Non hadubbi Davide Hazan, nominato negli scorsi mesinuovo assessore competente della Comunità ebraicadi Milano dopo le dimissioni di Daniele Schwarz. Suquesto elemento si fondano i suoiprogetti per il futuro dell’istituto, oggiin grave crisi dal punto di vista finan‐ziario, con una perdita strutturalesempre più insostenibile per i bilancicomunitari.“In questo momento e nel breve ter‐mine la priorità è mettere a posto lascuola da un punto di vista strutturale– spiega Hazan – Riscaldamento, ba‐gni, impianto elettrico… In questaprospettiva stiamo lavorando a un progetto in col‐laborazione con la Fondazione Scuola, legato all’ideadi lanciare un fund raising mirato. E se per il lavorocomplessivo ci avvarremo naturalmente di profes‐sionisti, ci tengo a dire che vogliamo andare oltre,nell’idea di una comunità di persone che si riappro‐prino della loro scuola: coinvolgeremo studenti, ge‐nitori, insegnanti, tutti gli iscritti, nel progetto ‘Co‐loriamo la nostra scuola’ per ritinteggiare le pare‐ti”.Nella visione dell’assessore, è fondamentale chel’istituto mantenga ben salde le radici nel passato,rivolgendo però lo sguardo al futuro. “Secondo un

    corso già impostato con il mio predecessore, dueesperti del Ministero dell’Istruzione stanno lavoran‐do con le presidi sul fronte del curriculo del nostroistituto. Lo scopo è quello di definire gli obiettivi che

    la scuola vuole perseguire, quali competenzevogliamo i nostri ragazzi acquisiscano in cia‐scuna area cognitiva al termine del percorsoscolastico. Presenteremo i risultati il pros‐simo 20 gennaio”. E per il futuro della scuola, Hazan sottolineaancora l’importanza del coinvolgere tutti.“Stiamo mettendo in piedi un gruppo di la‐voro composto non soltanto dai rappresen‐tanti di tutte le anime della vita scolastica,ma anche dalle migliori intelligenze dell’in‐

    tera Comunità, a partire dal rabbino capo AlfonsoArbib, oltre a esperti di scuola, ebraica e non, dispo‐nibili a lavorare con noi sul tema”.Nel presente della scuola c’è il potenziamento dellavoro sulle lingue, con l’avviata collaborazione conil British Council, e la formazione di un entusiastagruppo di genitori “Sono davvero molto contento diaver recuperato questa prospettiva. Sono coinvoltigenitori di tutti gli ordini, da una parte nido, infanziaed elementari, dall’altra medie inferiori e superiori,con una buona rappresentanza delle sensibilità edelle varie edot (etnie ndr). Un solo requisito fon‐damentale che loro stessi si sono dati: la voglia e la

    Un dolce ricordo di Anita Schaumann“Il sorriso di Anita indimenticabile e contagioso è ciò chepiù di ogni altra cosa è rimasto nei nostri ricordi, insiemeall’impronta che questa dolce signora ha lasciato dietrodi sé col suo passaggio mite, gentile e quasi inosservatotrasmettendo valori marcati e inossidabili ai suoi figli, aisuoi nipoti e a tutti noi che ancora la ricordiamo con af-fetto e con un sorriso”. Così la presidente della sezionemilanese dell’Adei (Associazione donne ebree d’Italia, ra-mo locale della Women International Zionist Organiza-tion) Susanna Sciaky ha ricordato Anita Schaumann, mo-rah (maestra) della scuola, figura fondamentale della Co-munità ebraica di Milano. A dieci anni dalla sua scomparsa infatti la sede dell’Adei si è trasformatanel “salotto di casa Schaumann” secondo le parole di Sciaky, con amici, colleghi, ex alunni, oltreai figli Dani e Donia, che si sono ritrovati per celebrarne il ricordo. A prendere la parola, tra glialtri, la collega e storica morah della scuola Sara Ascoli.

    Religione, i diritti da difendereUna strategia su Milà e Schechità

    “Il desiderio di imparare a parlare e riflettere di più sul problema dell'integrazione, ma soprattutto fare espe‐rienze che aiutino a stare meglio con i ragazzi, di qualunque cultura essi siano”. “La possibilità di mettersi ingioco, di vedere gli altri da un punto di vista diverso”. “Il rispetto, la tolleranza, lo stare insieme con personediverse”. Sono alcune delle risposte pervenute a seguito della consegna di un questionario ai partecipantidel corso “Una cultura in tante culture” promosso dall'Adei Wizo con il sostegno dell'Otto per Mille all'Unionedelle Comunità Ebraiche Italiane. Un'iniziativa che rappresenta ormai da otto anni un formidabile luogo diaggregazione nel solco dell'esperienza maturata dalla sua storica animatrice, Angelica Edna Calò Livne, nel‐l'allacciare relazioni tra giovani israeliani ebrei, arabi, drusi e cristiani all'interno del kibbutz Sasa e nelreplicare uno schema ormai consolidato anche all'interno della scuola italiana. Cinque le località toccate in

    questa edizione –Catania, Siracusa, Au‐gusta, Roma e FinaleEmilia – con numerie risultati estrema‐mente positivi. Al‐l'Università e Convit‐to Cutelli di Catania(referente: Luisa Tro‐vato) 40 i docenti e110 gli studenti coin‐volti; al Liceo Megaradi Augusta si parlainvece di 20 docentie 50 studenti; all'Isti‐tuto Raiti di Siracusa(referente: la presideAngela Cucinotta) di

    30 docenti e 80 studenti; al Convitto Nazionale Vittorio Emanuele di Roma (referente: il professor TommasoVillani) di 4 docenti e 22 studenti; alla tensostruttura Elvira Castelfranchi di Finale Emilia (referente: lapreside Rossella Rossi) di 14 docenti e 62 studenti. In tutto 108 docenti e oltre 320 studenti hanno presoparte alle attività. Grande la soddisfazione di entrambe le categorie. “Da una prima rilevazione dei dati deiquestionari anonimi somministrati – spiega Ziva Fischer, responsabile del progetto per l'Adei – risulta infattiche alla domanda 'è stato interessante partecipare al progetto'? circa il 90% degli interpellati ha risposto'molto'. Positivi anche i commenti, che risultano a larghissima maggioranza favorevoli”. (Nell'immagine unmomento del corso nella tensostruttura Elvira Castelfranchi di Finale Emilia)

    Adei, integrazione sui banchi d’Italia

    ERRATA CORRIGE

    Sul numero di dicembre di Italia Ebraica, nell'articolo “Caro Davide Grazie di tutto, adesso facciamo un gioco...” pubblicato

    a pagina 10 a firma di Gavriel Zarruk, viene attribuita all'autore una impostazione storica sbagliata sui fatti che portarono

    alla conquista della Francia da parte della Germania nazista. La marcia delle truppe tedesche vittoriose a Parigi avvenne

    infatti il 14 giugno 1940. Ce ne scusiamo con l'autore e con i lettori.

    MILANO EBRAICATORINO EBRAICA

  • ticolare sul suo inquadramento, che bisognerebbeintervenire per riportare la scuola alla sostenibilitàeconomica. “Molti docenti ‐ prosegue ‐ sono assuntia tempo indeterminato senza però essere abilitati,

    pur essendoci ore da 50 minuti,non viene chiesto loro di met‐tere a disposizione un’ora in piùrispetto al proprio orario in clas‐se che ridurrebbe l’incidenzadelle supplenze. E poi ci sonodiverse cattedre monche, da ot‐to/dieci ore, che fanno salire de‐cisamente i costi. Anche sul tipodi contratto in sé si potrebberofare degli interventi migliorativi.

    A Roma questo tipo di azioni sono state decisive permettere il bilancio della scuola sotto controllo”.

    Italia Ebraica la voce delle Comunità

    pag. 5gennaio 2014

    Per il 2014 investimenti sull’informazioneRinnovamento delle testate comunitarie, comunicazione istituzionale, servizi per gli iscritti. Per il 2014, laComunità ebraica di Milano investe sull’informazione, con l’inserimento in bilancio di risorse aggiuntive rispettoall’anno precedente. Nuovo assessore competente, dopo le dimissioni dalla giunta di Joseph Menda, è GuidoOsimo, che oltre a sedere nel Consiglio comunitario, è un componente del Consiglio dell’Unione delle ComunitàEbraiche Italiane. Molti i progetti in cantiere. Partendo da una linea guida di fondo, riportare informazione ecomunicazione a essere davvero un luogo di ritrovo della kehillah, perché gli iscritti possano tornare a sentirele testate edite dalla Comunità come un qualcosa di proprio, che parla di loro e a loro è dedicato. “Per questovorrei costruire una rete di collaboratori che possano raccontare le storie di Milano,e dedicare quest’anno al riavvicinamento tra il nostro giornale e gli iscritti” spiegaOsimo. Nel breve termine, la priorità va a un restyling grafico e contenutistico dellatradizionale newsletter comunitaria del lunedì “che possa non soltanto comunicaregli eventi, ma anche fare informazione e nell’ambito della quale vengano riarmo-nizzate le esigenze di tante organizzazioni ebraiche che vogliono utilizzarla perraggiungere il pubblico”.Progetti di rinnovamento anche per il sito comunitario, che nell’idea dell’assessoredovrebbe sviluppare una nuova componente destinata ai servizi, con area riservataagli iscritti per favorire il collegamento tra il pubblico e l’istituzione. “Bisogneràcapire come arrivare a questo tipo di gestione da un punto di vista organizzativo, ma penso sia una possibilitàimportante da garantire”. Per quanto riguarda il giornale in forma cartacea, Osimo ritiene importante mantenerlo nella sua forma attuale,riportandolo però più vicino ai temi della vita ebraica milanese. “Il lato negativo del formato magazine in cuiattualmente viene stampato, molto bello dal punto di vista grafico, è la scarsa flessibilità per quanto riguardala tiratura. Siccome ritengo possano esserci invece occasioni per cui valga la pena realizzare numeri specialicon tirature più ampie, si potrebbe pensare a un tipo di giornale diverso solo in queste particolari situazioni”. Dopo i numerosi casi mediatici che hanno coinvolto la Comunità negli ultimi mesi, un intervento è necessarioanche nella prospettiva della comunicazione istituzionale. “Quello che mi interessa è arrivare a formulare unaprocedura per gestire le emergenze” conclude l’assessore.

    “A voi ‘guastalliani’ vorrei chiedere unoscatto d’orgoglio. Via Guastalla è il Tempiodella Comunità, ma è anche il vostro BetHaknesset e di voi ha bisogno, perché comequalsiasi altro Bet Haknesset, non può vi‐vere senza che i suoi frequentatori se nefacciano carico. Da quando sono diventatorabbino capo, via Guastalla è diventato ilmio Tempio e vi sono molto legato. Se con‐tinuerà a essere solo la Comunità a dover‐sene occupare, però, mi preoccupo davveroper il suo futuro”. Anche il rabbino capo diMilano Alfonso Arbib ha tenuto a prenderela parola durante il dibattito dell’assembleadegli iscritti sul tema del possibile trasfe‐rimento dell’Ufficio rabbinico dal comples‐so della sinagoga centrale all’edificio sco‐lastico di zona Bande Nere. Un confrontocon gli iscritti che era stato promesso dalpresidente Walker Meghnagi dopo che ilConsiglio aveva approvato la proposta negliscorsi mesi, suscitando le proteste di di‐verse persone. Anche se in assemblea èstato nuovamente ribadito che lo sposta‐mento non inciderebbe in alcun modo suiservizi religiosi offerti e sul funzionamentodel Tempio, come ha ricordato il consiglie‐re con delega al personale Claudia Terra‐cina, che ha illustrato il progetto, preoc‐cupazione è stata comunque ribadita dagli interventi del pubblico. Una preoccupazione legata soprattuttoalla sensazione che vengano lasciati soli quei tanti iscritti che vivono e gravitano nel centro della città piuttostoche nella zona della scuola. Da cui l’appello di rav Arbib, e non soltanto. Il Consigliere Simone Mortara infatti ha invitato alcuni deipresenti a lavorare con il Consiglio per trovare un progetto, delle idee, per il rilancio.Il presidente ha ringraziato per gli interventi e promesso che la discussione proseguirà in Consiglio. Il progettodi trasferimento non verrà comunque realizzato senza trovare una copertura finanziaria specifica attraversouno sponsor, ha puntualizzato l’assessore alle Finanze Raffaele Besso.

    “Il sorriso della morah nel cuore degli alunni” Dicono i nostri Saggi che ai Grandi che ci hanno lasciato non si erigono monumenti alla memoriaperché il loro ricordo vive nelle opere che hanno realizzato. Questa massima ben si addice pensando alla morah Anita Schaumann z.l. che, dopo una vita tra-scorsa nelle nostre Istituzioni, ha lasciato in ciascuno di noi un ricordo indelebile, che non solonon si è affievolito nei dieci anni dalla sua scomparsa, ma che è diventato, se possibile, ancorapiù nitido e affettuoso. Nelle parole di chi l’ha ricordata durante il pomeriggio che l’Adei di Milano ha voluto dedicarle,è emerso come, per la sua intelligente discrezione, l’impegno profuso in ogni attività che avesseintrapreso, la pacatezza con cui si rivolgeva a ognuno, la morah Anita rappresentasse un autorevolepunto di riferimento. E’ stata adorata come moglie, madre e nonna. La Comunità ebraica, l’Adei, il Keren Kayemet LeIsrael, hanno potuto giovarsi del suo impegnocome Consigliera. Le colleghe hanno sempre potuto apprezzarne l’attaccamento alla Scuola. Isuoi alunni, infine, porteranno vivo nel cuore il suo sorriso e quello spirito ebraico che lei sapevainfondere con tanta semplice naturalezza. Il suo ricordo sia sempre benedetto.

    Sara Ascoli

    strumenti necessari, un tablet per ogni studente, unnotebook per ogni insegnante, la rete internet cheli supporti, la formazione necessaria ai docenti, per‐ché informatica significhi non soltanto studiare fa‐cendo qualche ricerca su internet, ma arrivare a unadidattica che la utilizzi in maniera integrata”. Allostudio infine la possibilità di adottare per il liceo unpercorso di quattro anni invece di cinque, secondouna sperimentazione già avviata in alcune scuole inLombardia.Poi naturalmente per il mandato di Davide Hazanc’è un sogno. “Una scuola‐Mille scuole” riunire sottolo stesso tetto, quello dell’edificio comunitario, letre scuole ebraiche di Milano. “I primi contatti sonostati avviati e la reazione è positiva. Certo è ancoratutto in una fase preliminare, ma un domani chissà.Si potrebbe anche arrivare a mettere a fattore co‐mune alcuni elementi, come gli insegnanti delle ma‐terie curricolari. Nel pieno rispetto delle diverse esi‐genze di ciascun istituto”. Sullo sfondo rimane la difficile situazione economica.“Certo i risparmi sono importanti, ma quando si trat‐ta di scuola non si deve mai rinunciare all’idea difornire agli iscritti un livello di servizi minimi, e inquesto io comprendo anche un liceo ebraico comu‐nitario. La scuola è davvero l’ultimo elemento su cuitagliare, altrimenti la deriva per la Comunità potreb‐be essere molto negativa” conclude Hazan.

    disponibilità a lavorare sul serio”.In cantiere il rafforzamento dell’insegnamento del‐l’ebraico (“stiamo cercando la strada migliore. Di re‐cente per esempio i nostri insegnanti sono andati aun seminario di didattica della lingua in Francia”) edell’informatizzazione. “Da questo punto di vistasarà necessario agire più nel medio che nel brevetermine, per arrivare ad avere le infrastrutture e gli Quale futuro per via Guastalla

    Voci a confronto in assemblea

  • Italia Ebraica la voce delle Comunità

    pag. 6 gennaio 2014

    In merito al bell’articolo apparso sull'ultimo numerodi Italia Ebraica a firma dell’assessore alla Culturadella Comunità ebraica di Livorno Guido Servi, cheringrazio sia per la spiegazione storica sia per le fi‐nalità del medesimo articolo che condivido piena‐mente, con questa breve nota ad integrazione diquesto articolo aggiungo che la Comunità ebraicadi Pisa storicamente è la più antica d’Italia dopoquella di Roma, e quindi una delle più antiche d’Eu‐ropa. Le prime tracce di ebraismo sul nostro terri‐torio risalgono almeno all’859 (cioè al IX secolo),come testimoniano preziose carte documentali allabase del libro che abbiamo dedicato alla millenariastoria della nostra Comunità, “Millecentocinquan‐tanni. Un nuovo ritratto di famiglia: ebrei ed Ebrai‐smo nelle Province di Pisa e Lucca (859‐2009)” (Pa‐cini Editore, 2010) realizzato con il patrocinio dellaProvincia di Pisa e del Comune di Pisa e grazie alcontributo 8x1000 dell’UCEI e che ci è valsa l’enco‐mio del presidente della Repubblica Giorgio Napo‐litano, del quale (come è facile comprendere) siamoassai orgogliosi. Testimonianza di questa longeva emillenaria ininterrotta presenza, come efficacementeindicato nel recente testo “Ebrei ed ebraismo a Pisa”del professor Michele Luzzati, è il complesso sina‐gogale tuttora in uso e che, dopo un grande sforzodi fund raising, è in via di totale restauro: esso risale

    a oltre 500 anni fa. Oppure, testimonianza ancor piùsuggestiva, sono le iscrizioni ebraiche risalenti altredicesimo secolo, in piena Repubblica marinarapisana, sul lato occidentale delle mura medievalidella città (nell'immagine). Il lungo cammino della nostra città e dei suoi cittadiniebrei è stato oggetto di studio da parte di molti storicidi fama internazionale, tra i tanti ricordiamo il suc‐citato Michele Luzzati e Renzo Toaff.La storia più che millenaria della kehillah pisana,che ha attraversato varie fasi e vicende, ha segnato(e segna tuttora) uno snodo importante dell’ebrai‐

    smo italiano. Con l’occasione una cosa che non si dice mai, omet‐tendo da sempre come constato una verità a mioavviso significativa, è che Pisa come Livorno non hamai conosciuto l’ignominia del ghetto, pure già benprima dell’emanazione delle Livornine. Due secoliprima la Repubblica pisana invitò gli ebrei perse‐guitati d’Europa (non ancora di Spagna e Portogallo)a installarsi nella nostra città – come cita nella suaopera dedicata a Pisa il professor Emilio Tolaini –sia per le loro capacità, essendo commercianti di‐namici, sia soprattutto perché all’epoca il numerofaceva tonico ed era strategico per Pisa, specialmentedopo la disfatta della Meloria del 1284 in cui si re‐gistrarono oltre dodicimila catturati o periti (un nu‐mero pari a 1/3 di quella che sarà la popolazionetotale della città di Firenze ben due secoli più tardi,in pieno sviluppo della medesima, con mire espan‐sionistiche di tipo militare in Toscana, a confermainvece della potenza e rilevanza di Pisa nel mondodell’epoca), ma anche 70 anni più tardi, a causa didue disastrose epidemie di peste quando Pisa subìun contraccolpo demografico perdendo oltre l’80%della sua popolazione. Quindi da tracce la presenza

    assunse nel medioevo una sua graduale consistenzaovvero dalla ventina di persone (o famiglie secondole interpretazioni) citate dal viaggiatore ebreo del‐l’epoca Beniamino da Tudela nel dodicesimo secolo(in una Pisa che definisce “città molto grande concirca diecimila case turrite per combattere in tempodi guerra” aggiungendo che “tutti gli abitanti sonopotenti, non hanno né re né principi che li governi,ma solo dei magistrati nominati da loro”) si arrivanel secolo successivo a una presenza consolidata esignificativa numericamente, prima di quello che fuil declino della Repubblica pisana per ragioni de‐mografiche prima e poi con la guerra con Firenzepoi. Tra l’altro gli ebrei pisani combatterono per di‐fendere la propria Repubblica dall’assediante fio‐rentino nei suoi ultimi momenti di esistenza. Reputoche Pisa prima e soprattutto Livorno poi, aggiun‐gendoci pure diverse città del Sud Italia prima deldominio spagnolo, hanno rappresentato vere e pro‐prie isole felici per gli ebrei, poiché come detto nonsi registrano limitazioni sistematiche quali ghetti,come invece avveniva nella maggior parte delle altrecittà italiane ma anche in buona parte d’Europa incui vi era presenza ebraica ove spesso alle summen‐

    Mantenere viva la cultura per garantire il futuro

    È l'eterna lotta tra bene e male a essere prota-gonista nel monologo che il Maestro RiccardoMoretti, tra gli artisti più eclettici del panoramaitaliano, dedicherà alla figura biblica di Giobbeproiettandone gli aspetti più significativi in unariflessione che si lega ai temi trattati in occasionedel Giorno della Memoria. Lo spettacolo saràportato in scena in sinagoga proprio in questacircostanza e vivrà di recitazione ma anche dimusica con otto diversi momenti inframmezzati

    da melodie composte dall'ar-tista stesso. “Ho scelto di parlare di Giobbeperché la sua figura – spiegaMoretti – rappresenta l’imma-gine del giusto, ma anche lacontraddizione tra il giusto chesoffre senza colpa e il malvagioche invece prospera: egli è lametafora di una ricerca della

    giustizia che dovrebbe colpire chi fa il male e as-solvere e premiare il giusto”. Giobbe è infatti vit-tima di Satana e sopporta con rassegnazione laperdita dei suoi beni, dei suoi figli e anche le sof-ferenze dovute a una lunga e penosa malattia.Ma non per questo perde la sua fede in Dio poi-ché, prosegue Moretti, “non si può giudicarel'operato divino dal punto di vista divino”. Guestdirector del Teatro Bolshoj di Mosca, più volteospite del red carpet della Mostra del Cinema diVenezia, curatore di programmi e trasmissioniper la Rai, Moretti vanta una lunga e prestigiosaserie di collaborazioni anche nel campo dellamusica ebraica.

    La vicenda di Giobbeparadigma della Memoria

    Sala gremita e grandi consensi per la mostra “Portalidi luce” organizzata dalla Comunità ebraica di Parmanei giorni di Chanukkah. In esposizione undici teleche raffigurano lettere dell'alfabeto ebraico dellapittrice e scultrice milanese Mushk realizzate se‐condo la tecnica “caffè su tela” coniata dall'artistastessa. Un modo diverso per celebrare la “festa dellaluce”, spiega il presidente della Comunità ebraicaparmense Giorgio Yehuda Giavarini: non accensionipubbliche di chanukkiot ma un evento che permet‐tesse di aprire le porte della kehillah per otto giornidi allegria e condivisione con tutta la cittadinanza.

    Obiettivo pienamente raggiunto: “La partecipazioneè stata davvero notevole, segno della bontà dellascelta che è stata effettuata”, afferma il presidenteGiavarini. Notevole l'interesse suscitato dai lavori di Mushk,che fanno leva su emozioni e sensazioni profonde(per maggiori approfondimenti www.mushkper‐cent.com). “Non voglio cambiare il mondo – dice l'artista – orisolvere questioni politiche e culturali critiche. Miinteressa semplicemente tutto ciò che può fare arte.Creo emozioni. Io sono il creatore del mio sogno,utilizzando materiali diversi e inusuali come il caffè,o lucido da scarpe, inchiostro, senza essere banale.La mia arte si ispira al nulla e al tutto”.

    Portali di luce aperti a tutta la città

    “Medicina rigenerativa: traguardi e implicazioni eti‐che”. Questo il tema dell'incontro che il Benè BerithIsidoro Kahn di Livorno, in collaborazione con l'am‐ministrazione comunale, ha voluto organizzare inricordo del suo ex presidente Piero Shemuel Cassutoa un anno dalla scomparsa. Cornice dell'evento l'ele‐gante Sala degli Specchi del Museo Fattori. Nell'in‐troduzione di Gadi Polacco è stato spiegato il pro‐fondo legame che intercorre nell'ebraismo tra spi‐ritualità e pratica medica, con la figura del medicoche agisce quale "incaricato divino alla cura del ma‐lato" in un contesto che individua quale primario

    obiettivo la salvaguardia della vita propria e altrui.Proprio in virtù di questi concetti si è pensato di de‐dicare alla memoria di Cassuto un incontro a trevoci che all'apparenza, leggendo il titolo, sarebbepotuto apparire basato su questioni strettamentemediche. Così non è stato perchè i tre esperti di me‐dicina nel dibattito coordinato da Ariela Cassuto,ovvero i professori Daniel Cassuto (chirurgo estetico),Andrea Genazzani (medico ginecologo) e Mario Spi‐nelli (medico ortopedico), hanno saputo ben centrarel'argomento proponendo anche nuovi concetti enuove sfide.

    Tra etica e medicina. Nel nome di Piero Cassuto

    PISAEBRAICA

    LIVORNOEBRAICA

    PARMAEBRAICA

  • Italia Ebraica la voce delle Comunità

    pag. 7gennaio 2014

    zionate limitazioni si accompagnavano anche vio‐lenze e persecuzioni ricorrenti. In tempi più contemporanei, in un contesto italianoanche di persecuzione e discriminazione, Pisa harappresentato un luogo dove molti ebrei hanno elettola propria casa occupando posizioni di prestigio:penso al sindaco D’Ancona, a Maria Fishmann Di Ve‐stea, una delle prime laureate in medicina in Italiae la prima a Pisa, alla famiglia Pontecorvo nelle per‐sone di Gillo e Bruno e lo stesso Guido genetista difama internazionale per il quale proprio in questigiorni a Pisa si dedica un convegno. Ricordiamo an‐che la figura di Silvano Arieti, padre della psicanalisi,una delle personalità di spicco non confinata nelsolo ambito locale, ma che è divenuto noto in tuttoil mondo. Peraltro in questi giorni, su iniziativa del‐l’associazione che porta il suo nome (supportatadalla nostra Comunità) ha ottenuto dal Ministerodello Sviluppo Economico l’emissione di un franco‐bollo commemorativo a lui dedicato. Il livello cultu‐rale (viste le università titolate a livello europeo) ecommerciale di Pisa ha offerto lungo i secoli rifugioa molti ebrei perseguitati in altri luoghi d’Italia ed’Europa.La Comunità livornese nasce come costola di quellapisana, che si è spostata sul litorale labronico perchédivenuto porto franco per volere granducale e che

    quindi offriva nuove opportunità di lavoro e com‐merci, insieme a tutti quei privilegi fissati e garantitidalle Lettere Patenti. Il nucleo ebraico livornese, cre‐sciuto molto velocemente, si rende totalmente au‐tonomo da Pisa nel 1623 divenendo una delle Co‐munità più importanti in Europa, con illustri rabba‐nim, e in certi frangenti, come quelli floridi eviden‐ziati nell’articolo dell’assessore Servi, la più impor‐tante dell’arco mediterraneo. Pisa, che una volta do‐minava nel mediterraneo, dal canto suo paga quellache per molti viene vissuto come il giogo fiorentino:Firenze per almeno due secoli incise pesantementesullo sviluppo economico, urbano e demografico,contraddistinto dall’emigrazione di molti nostri cor‐religionari proprio verso Livorno. Testimonianzadell’antica potenza pisana ricordo Acco in Israele,ex San Giovanni d’Acri, in cui si trova tuttora in di‐screto stato il porto medievale pisano. In questa mia breve nota, che vuole essere solo uncontributo sintetico ma appassionato con ulterioriinformazioni significative e per molti versi poco co‐nosciute, parlo in maniera entusiastica, in quantosono legato ebraicamente sia alla città di Livornoma come ho scoperto recentemente anche di Pisa:nella mia storia di famiglia di questi ultimi due secoliil legame con Livorno è inscindibile. Mio nonno,quando il consolato svizzero che curava gli europei

    che venivano espulsi dall’Egitto, alla domanda qualefosse la sua nazionalità riferì che era livornese, comese fosse una nazione distinta da quella italiana no‐nostante fossero di nazionalità italiana da sempre.Poi oltre all’orgoglio di viverci la nostra archivistaChiara Giannotti, due anni fa in fase di riordino e in‐formatizzazione del ricco archivio storico pisano,reputato dagli studiosi fra i più significativi in quantovero e proprio spaccato di vita cittadino e nazionaledi oltre 500 anni, ha trovato due volte il mio cognomelegato a funzioni specifiche all’interno della Comunitàpisana in documenti datati intorno al 1760. Credoproprio, dato che il mio cognome lo si ritrova neglianni Sessanta con mio padre, che la mia famiglia ab‐bia seguito l’itinerario emigratorio da Pisa a Livorno

    di cui sopra. La Comunità di Pisa non raggiunse maii numeri di quella di Livorno, però si registra a fine700 una ripresa demografica con non meno di 700unità. Il legame anche affettivo fra le due kehillot re‐sta e spero resterà sempre, sia religiosamente siaoperativamente, e non solo. Penso ad esempio al pa‐trimonio immobiliare dell’ex presidente della Co‐munità di Pisa (il compianto Giuseppe Pardo Roques,altra importante figura dell’ebraismo pisano, truci‐dato dai tedeschi nella sua abitazione nel ’44), situatosia a Pisa che a Livorno e che fu lasciato all’UCEIdato il dissolvimento della Comunità di Pisa, man‐tenendo in testamento vivi i diritti delle due Comu‐nità su quei beni per i quali, soprattutto noi di Pisa,spingiamo per riabilitare un patrimonio importanteche necessita di un significativo recupero e che sen‐tiamo moralmente pisano, in quanto se non vi fos‐sero stati gli eventi della seconda guerra mondialequesti beni sarebbero per l’appunto appartenuti allanostra Comunità. Ed è proprio nell’auspicio di questacontinuità per altri 1150 anni di ebraismo a partiredalla mia città di Pisa (nonostante le difficoltà e lesfide che in generale oggigiorno affrontiamo) checoncludo questo intervento.

    Giacomo Schinasisegretario della Comunità ebraica di Pisa

    Oggi viviamo con frenesia molti momenti della nostravita e richiediamo anche ai nostri figli o ai nostrialunni di velocizzarsi, di fare degli esercizi il piùpresto possibile, di mangiare con voracità per correre,correre, correre; senza più chiederci il perché e dovevogliamo effettivamente arrivare; è importante perme che si riesca, almeno ogni tanto, a fermarci, perriprendere a osservare e apprezzare le piccole coseche sono intorno a noi e coglierne la bellezza. È inquest’ottica che cerco di fare il mio lavoro con i bam‐bini, e trasmettere loro la curiosità e la passione par‐tendo da una piccola cosa, prendendoci tutto il tempo

    che vogliamo per osservarla. A fine novembre sonostate raccolte le olive di un bell’albero che è situatonel giardino della Comunità, albero che è conosciutodai bambini della scuola dell’infanzia “Nathan Cas‐suto”, che in più occasioni l’hanno osservato e am‐mirato, durante i cambiamenti stagionali. Collegan‐domi al programma di quest’anno “L’armonia dellanatura e dei fiori” ho deciso di cogliere questa occa‐sione per fare insieme ai bambini un'esperienza par‐ticolare sulle olive. Dopo aver coperto di sale grossole olive e aver lavorato con loro sulle foglie di olivoe le olive, facendo osservare le differenze di colore,

    le forme, l’odore e il sapore del frutto (ahimè amaro),e al tatto le sensazioni che ricevevano attraversoun’esperienza diretta, ho deciso dopo un mese circadalla salatura di far loro schiacciare le olive con deisassi per mostrare come si riusciva ad ottenere l’olio(Chanukkah era appena passata!) e come attraversol’uso del sale il sapore fosse meno amaro. I bambinicon facilità sono riusciti ad esprimere le emozioniprovate e le conoscenze apprese. Con le loro manine,attentissimi hanno tolto tutti i noccioli e abbiamopotuto riempire un bel vasetto che, con l’aggiunta diaglio, peperoncino, olio e un po’ di origano abbiamolasciato a riposare in attesa di poterne fare dono aigenitori per Tu Bishvat.

    Sabina Sadun

    Un olivo per apprezzare l'armonia della natura

    Quasi duemila spettatori com‐plessivi con una punta di 300presenze per il concerto diRaiz. Sono i numeri della 17esi‐ma edizione del Festival Nes‐siah appena conclusosi a Pisa.Un successo che è anche fruttodi un pubblico di appassionatiche segue ormai da anni la rassegna musicale direttada Andrea Gottfried e promossa dalla Comunità ebrai‐

    ca pisana con il con‐tributo, tra gli altri,dell'Unione delle Co‐munità Ebraiche Ita‐liane e dell'ambascia‐ta d'Israele a Roma.

    Filo conduttore di questa edizione il tema della donnae il suo ruolo nella società contemporanea. Un argo‐mento di grande attualità che ha visto convergere aPisa esperienze artistiche le più disparate: attrici,cantanti, registe. Neanche il tempo di fare un bilancioche è già tempo di occuparsi dell'edizione 2014. Iltema è ancora top secret ma, promette Gottfried,“sarà molto affascinante”.

    Due i momenti di Memoria che hanno maggiormentesegnato la vita della Comunità ebraica di Firenze nelleultime settimane. Il riconoscimento del titolo di Giustotra le Nazioni a Vittoria Valacchi e a sua zia ElenaCecchini, che nasco‐sero la famiglia Sal‐mon dagli aguzzini;la presentazione dinuove testimonian‐ze sull'azione di co‐raggio svolta dallesuore francescane dipiazza del Carmine(nell'immagine).Momenti di dialogocon l'intera cittadi‐nanza che hannoemozionato e porta‐

    to alla ribalta personaggi straordinari. Come VittoriaValacchi, appunto. Novantotto anni di simpatia, spon‐taneità e determinazione, non ha voluto mancare allacerimonia in sinagoga commuovendo tutti i presenti

    per la sua forzad'animo. Hanno la‐sciato il segno an‐che le parole di LeaReuveni, che haraccontato congrande lucidità ilmodo rocambole‐sco in cui riuscì asalvarsi dalla retatanazista che pose fi‐ne all'attività clan‐destina delle reli‐giose del Carmine.

    Duemila spettatori per NessiahPISAIl coraggio delle suore del Carmine

    FIRENZEEBRAICA

  • Italia Ebraica la voce delle Comunità

    pag. 8 gennaio 2014

    Negli scorsi giorni la Comunità ha commemorato isuoi cari che 70 anni fa furono deportati verso undestino atroce in quanto ebrei. In questa occasionecolma di significato, è stato presentato il ritrova‐mento del testamento autografo di Giu‐seppe Jona, documento ritenuto perdutofino a oggi, ma scoperto di recente grazieall’opera di ricerca della storica Nelli Ele‐na Vanzan Marchini.Giuseppe Jona nacque a Venezia nell’ot‐tobre del 1866, quarto di cinque fratelli.Dopo aver conseguito nel 1892 la laureain medicina all’Università di Padova, di‐venne assistente di anatomia patologicae poi primario presso l’Ospedale Civiledi Venezia dove si dedicò anche all’insegnamentocon il sogno di rendere l’ospedale lagunare un centrodi alta cultura per le scienze mediche. Per Jona che non ha né moglie né figli l’ospedalerappresentò una seconda famiglia dove visse il suo

    Quest’anno ricorre il centenario della nascita di Ma‐rio Finzi (Bologna 1913‐Auschwitz 1945): magistratoe musicista di talento, egli si impegnò nel tentativodi soccorrere gli ebrei perseguitati, fino al sacrificiodella sua vita, conclusasi tragicamente nel campo diAuschwitz. A Mario Finzi, il Museo ebraico e la Comunità ebraicadi Bologna hanno voluto dedicare un concerto e unamostra per celebrarne il coraggio ed esaltarne l’altovalore morale.Mario Finzi nasce a Bologna nel 1913 da famigliaebrea borghese. Il padre, docente del Liceo Minghetti,è stato allievo del Carducci. Per amore del padre, finda ragazzo Mario conduce una doppia vita: una car‐riera “seria” da una parte, la passione per la musicadall’altra. In entrambi dimostrò il suo genio e la sua precocità:a 16 anni conseguì il diploma liceale classico e a 17il diploma in pianoforte al conservatorio. Laureatosi

    nel 1933 in giurisprudenza, diventa magistrato gio‐vanissimo. Negli stessi anni avvia la sua carriera concertisticacon successo e compone alcune partiture musicaliper pianoforte, arrivate fino a noi, e che sono stateeseguite dal maestro Carlo Mazzolidurante un concerto in sinagoga anovembre.Nel 1940, Mario diventa delegato perBologna della Delasem: in collabora‐zione con il rabbino capo Angelo Or‐vieto e con Eugenio Heiman, riescea portare aiuto e salvare ebrei per‐seguitati, facilitandone anche l’espa‐trio.In quegli anni, Mario prende anche contatti con l’an‐tifascismo clandestino bolognese e aderisce al grup‐po Giustizia e Libertà, che successivamente costituìil Partito d’Azione.

    Nel contempo, continua instancabilmente la sua at‐tività nella raccolta di denaro e beni necessari persoccorrere metodicamente i profughi e gli internatia lui affidati, per far fronte alle emergenze, per coo‐perare alla gestione della sede centrale della Delasem

    a Genova. In particolare, il 1942 fu perMario l’anno “dei profughi di Rodi” ‐510 ebrei cecoslovacchi e austriaci chenaufragarono in fuga verso la Palestinae che prima internati a Rodi, furono poitrasferiti a Ferramonti di Tarsia – e deiragazzi di Villa Emma, il gruppo di 50giovani orfani che, arrivati da LesnoBrdo (Lubiana), furono ospitati e salvatiin una grande villa disabitata a Nonan‐

    tola, in provincia di Modena.In carcere una prima volta nel maggio 1943 comesospetto sovversivo, il 31 marzo 1944, a seguito diuna delazione, Mario è arrestato dalla polizia fascista.

    Il 4 maggio viene trasferito dal carcere di Bolognaal campo di Fossoli e da qui, il 16 maggio, è deportatoverso Auschwitz.La mostra documentaria sulla figura e sulle vicendebiografiche di Mario Finzi, è visitabile al Museo ebrai‐co di Bologna fino al 12 gennaio 2014 e si basa suidocumenti del fondo archivistico “Finzi‐Castelfran‐chi”, che è stato donato al Museo nel 2004.Nella sinagoga di Bologna, la figura di Mario Finzi èstata ricordata sia da Franco Bonilauri, direttore delMEB, che da Francesco Arnoaldi Berti Veli, partigianodi Giustizia e Libertà, anche attraverso la lettura dibrani di lettere e ricordi di Mario e di testimonianzedi chi in quegli anni lo conobbe e ne apprezzò il ta‐lento e il coraggio.Il programma del concerto del Maestro Carlo Mazzoliha proposto, oltre a brani composti da Finzi, musichedi Ottorino Respighi, Robert Schumann e FryderykChopin, autori particolarmente amati e interpretatidall’artista.

    Vincenza Maugeri

    Omaggio in musica per il centenario di Mario Finzi

    Sala gremita e grandi emozioni per la prima ese-cuzione moderna di una cantata per armonium delcompositore di musica sinagogale Bonajut Treves,attivo a Vercelli nel diciannovesimo secolo e ispi-ratore di un processo di riscoperta melodica chepotrebbe portare a nuove sperimentazioni e sco-perte. Il concerto, svoltosi nei locali comunitari per la ras-segna ViaFoaInConcerto, ha visto protagonista ilmusicista varesino Giuliano Bellorini che ha rein-

    terpretato, in forma di fantasia, l’opera di Treves. A salutare i tanti ospiti ritrovatisi negli spazi co-munitari il presidente della Comunità ebraica ver-cellese Rossella Bottini Treves e la direttrice artisticadi ViaFoaInConcerto Simonetta Heger. Parallelamente alla riscoperta di Bonajut Treves,un altro elemento di grande significato ha arricchitol’iniziativa: è stata infatti la prima utilizzazione, inepoca recente, dell’antico armonium Mannborgusato fino agli anni Quaranta per l’asilo ebraicoLevi e poi successivamente trasferito in sinagoga enella Sala Foa dove era ubicata un tempo la localescuola rabbinica.

    L’antico armonium Mannborg torna a suonare in via Foa

    quotidiano affettivo e professionale. Congedandosidai suoi allievi per i sopraggiunti limiti di età, macon l’approssimarsi delle leggi razziste, dichiarò conamarezza: “La mia origine ebraica mi viene rinfac‐

    ciata come se l’essere nato fosse una col‐pa e un delitto il sopravvivere”.Nel 1940 venne radiato dall’albo dei me‐dici, come avvenne in altri campi a moltisuoi correligionari, e il 16 giugno dellostesso anno assunse la carica di presi‐dente della Comunità ebraica di Venezia.L’8 settembre del 1943, con l’occupazio‐ne della città da parte dei tedeschi, la si‐tuazione precipitò. I nazisti per attuareil loro piano di deportazione, avevano

    bisogno degli elenchi degli appartenenti alla razzaebraica, aggiornati rispetto a quelli consegnati nel1938. Giuseppe Jona, pur di non diventare strumentodella questura contro le stesse persone che fino aquel momento aveva aiutato, decise di porre fine

    alla sua vita conun’iniezione di mor‐fina. Il 14 settembredel 1943, tre giorniprima della sua mor‐te, stilò le sue ultimevolontà.Emerge così dallepagine del suo testa‐mento la storia di unuomo, medico anatomopatologo e filantropo, chealla barbarie contrappose l’umanità dei comporta‐menti virtuosi, la riconoscenza verso le persone chearricchirono il suo quotidiano finché fu possibile.Il percorso di ricerca su Jona iniziò nella bibliotecadell’Ospedale Civile di Venezia nel 1986 durante l’in‐ventariazione del patrimonio librario, quando NelliVanzan trovò in uno dei documenti l’indicazione dellascito di Giuseppe Jona. Una collezione di 1684 vo‐lumi della sua biblioteca privata accumulati in tre

    generazioni da suo nonno Moisè Giuseppe Levi, dasuo padre Moisè Levi e da lui stesso. Incuriosita dalla figura di quest’uomo Nelli Vanzandecise di approfondire la storia della sua vita primaricercando informazioni negli archivi dell’Ateneo Ve‐neto, di cui Jona fu presidente tra il 1921 e il 1925,e poi all’Istituto veneto di Scienze, Lettere e Arti dicui fu socio fino all’introduzione delle leggi razzistenel 1938. Infine poco più di due mesi fa la scopertadel testamento autografo di Giuseppe Jona, rinvenuto

    L’ultima lezione del professor Giuseppe Jona

    BOLOGNA EBRAICA

    VERCELLI EBRAICA

    VENEZIAEBRAICA

  • C'è l'impegno “affinché tragedie e orrori del passatonon si ripetano” dietro all'impegno della Comunitàebraica di Trieste affinché sia conservata e portataall'attenzione di tutti, anche nel più ampio contestonazionale, la locomotiva a vapore che fu utilizzataper il trasporto di deportati (in gran parte ebrei trie‐stini) verso i campi di sterminio nazisti e che è oggicustodita presso il museo ferroviario cittadino. Arafforzare questo impegno una convenzione stipulatacon il coinvolgimento delle massime rappresentanzelocali e di sigle e associazioni ritrovatesi sotto il cap‐

    pello della direzione regionali per i beni culturali epaesaggistci del Friuli Venezia Giulia. L'iniziativa nasce su impulso del ministero, che in‐tende promuovere l'azione intrapresa dal RotaryClub di Trieste attraverso il finanziamento dello Statosul prossimo piano triennale di spesa. Gli interventiavranno due direttrici: saranno cioè rivolti sia al‐l'aspetto esteriore della macchina che al funziona‐mento della stessa. Nel suo intervento il presidente della Comunità ebrai‐ca Alessandro Salonichio ha ricordato quale signi‐

    ficato sia racchiuso nella locomotiva e come questapossa rappresentare un monito per tutte le genera‐zioni. Tra gli obiettivi di medio‐lungo termine so‐stenuti da Salonichio, una volta terminato i lavori diripristino della macchina, la valorizzazione del museoferroviario come meta di uno specifico itinerarioculturale dedicato alla storia degli ebrei triestini.

    Italia Ebraica la voce delle Comunità

    pag. 9gennaio 2014

    Il filo conduttore è l'ispirazione alla kabal-lah luriana e al suo “Uomo e dio sono soci”.Un concetto che l'artista Tobia Ravà ripro-pone nelle oltre settanta opere esposte nellamostra Codici trascendentali appena inau-gurata al Centro Culturale S.Gaetano a Pa-dova. A segnare l'unicità di questo evento,che prende il testimone dalla grande mostra sulle pit-

    trici ebree curata da Marina Bakos, è l'in-tenso percorso affrontato dall'artista negliultimi 13 anni con un costante dialogo traforma e numeri che pone la mistica ebraicaal centro di ogni realizzazione.Una produzione 'alta', complessa, interio-rizzante. Ma fruibile anche dal grande pub-

    blico in virtù, spiega Ravà, delle molte chiavi di accesso

    disseminate. Tra i vari macrotemiche caratterizzano la narrazione ci sono architetture,vortici e figure zoomorfe. Più in piccolo, questa sud-divisione la si ritrova anche nella mostra “gemella”allestita nella galleria B4 a Bologna. “Vedere le crea-zioni di Tobia – scrive Roy Doliner nel catalogo – ècome indossare occhiali mistici che ci permettono divedere le risonanze spirituali dei soggetti: rane, galli,

    puff quadrati, strumenti musicali,palazzi, strade, pianeti e corridoiinfiniti. Per lo spettatore non ad-detto ai lavori, cioè non iniziato

    alla kabbalah, si intuisce che queste opere contengonomondi interni, una marea di sensi stratificati”. Unaselezione delle opere sarà presto esposta nelle galleriedi Ermanno Tedeschi. Prima a Tel Aviv, in marzo, equindi a partire da metà maggio a Roma. L'allesti-mento padovano sarà invece visitabile fino al 16 feb-braio 2014.

    Linee, colori, mistica: i codici trascendentali di Ravà

    Dialogo, il valore del tempo umanoAffinità e complessità dell’essere ebreo e cristiano. Valori comuni, ma anche divergenze. Di questosi è discusso in occasione della visita del vescovo di Vicenza Beniamino Pizziol in sinagoga a Verona.Per la Comunità presenti il rabbino capo Cesare Moscati, il presidente Carlo Rimini e il consigliereUCEI Roberto Israel. “Tra un tempo tecnico-politico che della velocità deve fare uno strumento divitalità e crescita – riflette a margine dell'incontro Paola Farina, anima vicentina della Comunità – eun tempo 'umano' fatto di rapporti con altri, di dialogo, di affetti, di sguardi, di complicità di consensi e anche di dissensi, che non deve proprio essereimpostato su ritmi telematici e da fast food, prevale ancora il tempo umano”. La visita segue di alcune settimane l'incontro svoltosi nella sede ecclesiasticadi Vicenza tra il monsignore e il rabbino. Entro la fine dell'anno la Comunità ospiterà inoltre il vescovo di Verona Giuseppe Zenti.

    Cordialità e comune visione di futuro a caratterizzarela visita in sinagoga del prefetto di Modena, MicheleDi Bari, e del suo vice, Mario Ventura, nell'ambitodelle iniziative della Prefettura di Modena legate allaconoscenza del territorio e delle sue molteplici realtàassociative, culturali, religiose. Ad accogliere gli ospitiuna delegazione della Comunità ebraica guidata dalpresidente Rino Rovatti e dal rabbino capo Benia‐mino Goldstein. Tra i vari temi affrontati nel corso dell'incontro ilruolo e la funzione delle minoranze nel tessuto so‐ciale, l'importanza ineludibile del patrimonio di

    valori custodito dalla comunità ebraica, la trasmis‐sione della Memoria per un futuro di autentica con‐sapevolezza nelle nuove generazioni.

    A questo proposito lungo e proficuo è stato il con‐fronto sulle iniziative che verranno organizzate incittà in occasione del prossimo Giorno della Memoria.Tra gli eventi di maggior richiamo la mostra che,sotto l'egida del Ministero degli Interni, sarà allestitain parte nei locali della Fondazione Collegio SanCarlo e in parte in sinagoga. A poche settimane dal‐l'inaugurazione il dialogo su questo specifico puntoha permesso di individuare le migliori e più soddi‐sfacenti soluzioni logistiche. “È stato un incontrosoddisfacente e ricco di concretezza. Sono certo chesarà possibile proseguire su questa strada anche infuturo”, il commento del presidente Rovatti. Integra‐vano la delegazione comunitaria Efraim Coen e Be‐niamino Stern.

    Visita in sinagoga per il prefetto

    fortuitamente tra le carte di un archivio privato.Quattro fogli di carta da lettere ripiegati in 16 facciate,di cui 15 autografe, con una scrittura precisa in cuiviene chiaramente scandita la gerarchia degli affettidi Jona attraverso la ripartizione del consistente pa‐trimonio liquido e in buoni del tesoro. Dona unasomma considerevole in buoni del tesoro all’Ospe‐dale civile e destina una parte per l’istituzione di al‐cune borse di studio per dottorandi e infermieri. Di‐spone poi di lasciare alcune proprietà e buoni deltesoro ai nipoti, alla cara sorella Amalia e alle tredomestiche che hanno reso gioiosa la sua vita quo‐tidiana. Un pensiero è rivolto anche alla casa di ri‐covero israelitica e alle famiglie bisognose della Co‐

    munità ebraica e della parroc‐chia di San Felice.Non dimentica infinedi predisporre unadonazione per i suoiesecutori testamentaricome espressione digratitudine per il com‐pito difficile che affidavaloro.“Per Giuseppe Jona –spiega Nelli Vanzan ‐ lasolidarietà era al di sopra

    delle differenze di fede, unuomo dall’alta statura morale e generosità che nelmomento estremo ha pensato nuovamente al pros‐simo organizzando in maniera estremamente precisai suoi lasciti prima di togliersi la vita”.Il 17 settembre intorno alle 4 del mattino venne re‐datto l’atto di morte con in evidenza il timbro “Ap‐partiene alla razza ebraica”: l’indirizzo indicato èquello di Castello 6778, l’Ospedale. Il 19 settembrela salma lasciò il gabinetto di Anatomia alla voltadel cimitero ebraico del Lido. Le autorità temevanoche Jona potesse diventare un simbolo, che il suogesto potesse smuovere le coscienze, così anchenella morte lo privarono della partecipazione di chilo aveva amato, limitando a dieci persone in tutto ilnumero di presenze al funerale.Il parere controverso di alcuni storici vedeva nel sui‐cidio di Giuseppe Jona il gesto estremo di un ebreoche si sentì accerchiato, messo alle strette; ma allaluce del suo testamento, che denota un’estrema lu‐cidità non può reggere la tesi dell’atto di viltà. Si im‐pone invece il rifiuto della barbarie, la morte comeatto di protesta contro un destino privato di qualsiasidignità, un bagliore di rettitudine in quegli anni diprofonda oscurità.

    Michael Calimani

    Una locomotiva per la Memoria

    VERONA EBRAICA

    TRIESTE EBRAICA

    MODENAEBRAICA

    PADOVA EBRAICA

  • CASALE MONFERRATO

    Italia Ebraica la voce delle Comunità

    pag.10 gennaio 2014

    U n emozionante momento di spiritualità, un'imperdibile occa-sione per gli appassionati di arte o semplicemente una festain cui si ritrovano tanti amici con qualcosa in comune. Forse è l'unione di queste tre cose a calamitare ogni anno alla Comunitàebraica di Casale Monferrato sempre più folla in occasione della do-menica di dicembre in cui cade Chanukkah. Folla è un termine anonimo,sono amici: una specie di best of di scrittori, musicisti, artisti in genere,sostenitori e pubblico interessato che per tutto l'anno frequenta gli ap-puntamenti culturali attorno alla sinagoga monferrina e ai musei chene fanno capo. Tutte persone con “diversi cappelli” come ricorda spessoElio Carmi, vicepresidente della Comunità, che in questa giornata faanche da maestro di cerimonie. “In questo periodo i bambini mi guar-dano e dicono mamma, guarda, Babbo Natale” racconta per introdurreil momento più ecumenico della giornata che da ormai da quasi ven-t’anni è divisa in due parti. Da un lato c'è l'accensione dei lumi: decinedi Chanukkiot riservate agli amici delle principali religione monoteiste;dall'altra il momento artistico. Il complesso del ghetto di Casale Mon-ferrato ospita infatti un museo unico al mondo: la raccolta, di oltre 160Chanukkiot (e ogni anno in questa giornata il numero aumenta) rea-lizzate dai più grandi artisti internazionali. Un valore riconosciuto alivello internazionale dai tanti prestiti di pezzi che la Comunità casaleseconcede ai musei di tutto il mondo e quest'anno ribadita dal messaggioche l'assessore alla Cultura della Regione Piemonte Michele Coppolaha voluto consegnare a Claudia De Benedetti come rappresentante del-l'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. In un attimo Elio Carmi raduna intorno al presidente della ComunitàGiorgio Ottolenghi gli artisti che nel 2013 hanno donato al museo leloro lampade. La foto di gruppo comprende Riccardo Levi, Tony Tedesco,Anna Santinello, Massimo Salvadori, Armanda Verdirame, Carlo Cat-taneo, Valerio Saracco, Giovanni Saldì. Assenti giustificati Arnaldo Po-modoro e Giuseppe Maraniello che hanno presentato la propria Cha-nukkiah del 2013 nei mesi scorsi. E poi naturalmente c'è l'artista ospite,

    Tony TedescoFrammento di una stella adimensionale 40 x 43 x 20 cm Legno di abete dipinto con colori acrilici e coperchi di metallo

    L’opera realizzata in legno, come due triangoli in congiunzione, èattraversata da forme della natura adimensionali: piante, foglie eanimali dipinti con colori acrilici. La disposizione dei lumi è sui duelati della base dell’elemento in legno posto orizzontalmente, lo sham-mash, è posto sopra i frammenti di stella in ricongiungimento.

    Giuseppe Maraniello Candelabro 67,5 x 98 x 13,50 cmBronzo e acciaio

    L’opera appare come una stratificazione di parti aggregate ma-terialmente al fine di ottenere una sorta di organicità naturale.Nel corpo centrale si distingue una delle “cifre” della poeticadell’artista, concretizzata in una figura mitologica. La strutturache l’accompagna alloggia otto lumi a olio su una prima geome-tria fra di loro disassati al punto estremo. Sul lato sinistro si in-castra un ramo di acciaio armonico che sostiene lo shammash,costruito anch’esso come una coppa per l’olio.

    Valerio SaraccoDirce’s Chanukkah 35 x 75 x 40 x 40 cmGrucce industriali, per un totale di 12 pezzi, filo di ferro dolce,filo di rame smaltato, lumini di cera, bicchierino d’alluminio

    L’opera si sviluppa come un candelabro longitudinale a due grup-pi di quattro lumini paralleli e opposti di colore nero e arancione.Un lumino, di colore bianco, distanziato da questi rappresentalo shammash. Il tutto è appoggiato su tre appendiabiti in ferrodisposti a raggera. La forma dell’appendiabiti capovolto richiamala sagoma del candelabro.

    Armanda VerdirameStalagmite 130 x Ø 40 cm Terra refrattaria, ferro, semi di farro, monocottura a 930°

    L’opera è formata da tre elementi sovrapposti di colore naturalerosato in terra refrattaria speciale, con inserimento di semi difarro. Un disco in ferro è posizionato a metà altezza della sta-lagmite, fermato da viti, trattato a ruggine naturale, con noveportacandele saldate in superficie, attorno al centro.

    La luce di Chanukkah e un nuovo trionfo I materiali sono i più disparati: dal bronzo al ferro, dal rame al legno. A trionfare sonoancora una volta linee, forme e colori. Una tradizione di Chanukkah che la Comunitàebraica di Casale condivide ormai da anni con l'intera cittadinanza: con l'arrivo dellafesta delle luci nuovi candelabri, con grandi firme d'artista, vanno infatti ad arricchirel'imponente collezione allestita all'interno del Museo dei Lumi (a oggi si contano piùdi 160 opere). Undici gli ingressi per l'anno 2013: opere straordinarie che pubblichiamo,per il terzo anno consecutivo, con il prezioso accompagnamento testuale di CristinaMancini. Le fotografie sono di Dario Ca-nova.

    Anna SantinelloPer non dimenticare 19 x 50 x 33 cmFilo di rame smaltato intrecciato, plexiglass

    L’opera, realizzata con sottili fili di rame smaltato e intrecciatomanualmente, propone due serie di quattro piccole bocche ur-lanti accostate a otto lumi di cera bianca sferica inseriti su sup-porti circolari trasparenti e posati su uno specchio a rappresen-tare la chanukkiah. Le bocche si rivolgono verso una più grandefigura centrale anch’essa con espressione sofferente, sulla qualeè fissato un lume, posta all’apice della base su cui poggia, a rap-presentare lo shammash. Lo specchio che aderisce a una baserettangolare in plexiglass sostenuta da quattro piccoli cubi co-stituiti dallo stesso materiale, con il suo riflesso delle forme, necattura l’anima e amplifica la luminosità dei lumi.

  • Italia Ebraica la voce delle Comunità

    pag.11gennaio 2014

    Carlo CattaneoRiflessi di luce 19 x 55 x 40 cm Tecnica mista su panforte, legno, MDF, carta da parati

    Lampada realizzata con base in listelli e panforte. A sinistra in-tervento con carta a rilievo su pannello in MDF (Medium DensityFibreboard), così pure l’opera con tasselli sovrapposti in acrilico,smalti, colla, china, resina. Sulla base superiore si trovano ottolumi rossi simbolo del fuoco. Il nono lume sempre di colorerosso, lo shammash, è in basso a destra su basamento in legnoe carta a rilievo.

    Riccardo Levi Lieta festa di Chanukkah 7 x 35 x 5 cmOttone

    Le lettere dell’alfabeto ebraico in stile Kabelim sono, per la loroforma, geometricamente e graficamente molto interessanti: perquesto motivo l’artista le ha scelte. Ha cercato una didascaliacomposta da nove lettere come il numero dei lumi di Chanukkah,“Hag Chanukkah Sameah” (gioiosa festa di Chanukkah), e harealizzato il modello in legno. Con esso è stato fatto il getto fusodi ottone, poi le lettere sono state staccate, rifinite e lucidate.Anche la base è una fusione. I portacandele sono tornite da barradi trafilato. Lo shammash è collocato lateralmente, all’estremitàsinistra dell’opera, in posizione leggermente rialzata.

    Giovanni SaldìTestimonianza d’asfalto 55 x 15 x 5 cm Asfalto, ciottoli di fiume, ferro

    Lampada realizzata con l’asfalto, materiale comunque affine al-l’olio e al petrolio che ben si presta a ospitare nelle sue asperitànaturali l’olio con i suoi stoppini. L’artista ha usato il verso del-l’asfalto, quello che per sua natura era a contatto diretto con iciottoli dell’antica pavimentazione del piazzale della stazione.Il titolo del lavoro è Testimonianza d’asfalto poiché il materialepuò celare sotto la sua superficie testimonianze di un passatostorico sul quale per anni è stato poggiato. L’asfalto può in questocaso conservare ed essere considerato una copia al negativo diciò che aveva ricoperto.

    Massimo SalvadoriM2G6466,5 x 69 x 6,5 cmAcrilici su tela, legno, vetro e luminiL’opera è composta da una rappresentazione di Chanukkah di-pinta su tela utilizzando tre diverse gradazioni di colore viola aformare otto bracci della lampada. Il nono, al centro, è indicatoda una losanga dipinta color rame. I bracci si moltiplicano poiin una ripetizione degradante verso il basso unitamente ai colorirame, arancio chiaro e bianco, completando così la parte dipinta.Il tutto è compreso in una cornice in legno laccato bianco sullacui sommità, in corrispondenza dei bracci dipinti, si trovano iportacandele in vetro contenenti lumini di cera color rame conbordo viola. Lo shammash si trova al centro ed è composto daun lumino di cera color arancio chiaro con bordo rame.

    Arnaldo PomodoroChanukkiot 11 x 97 x 25 cmFusione in bronzo a cera persa e ferro

    L’oggetto è formato da due fusioni in bronzo, trattate, lucidatee materizzate tali da essere fronti sui due lati principali dell’ope-ra. Il corpo centrale è ottenuto con una putrella d’acciaio trattatocon finitura tipo cor-ten. L’asse centrale alloggia le sedi per iportacandele in acciao inox, a loro volta le candele sono orga-nizzate in un’unica linea che lo attraversa completamente. Loshammash è al centro rappresentanto da una candela più alta.

    Roger SeldenChanukkah lamp 95 x 76 cmFerro, legno e stoffa dipinta

    La materia che compone l’opera lavora sui contrasti sia cromaticisia fisici. La struttura in ferro che determina la geometria dellavoro rispetta l’immaginario della chanukkiah. Le candele, vo-lutamente rosse e blu, sono l’omaggio dell’artista agli Stati Unitid’America, sua terra d’origine. Gli stracci ricordano il lavoro deicenciaioli, uno dei pochi tollerati dai governanti che consentivanoagli ebrei europei di risiedere nelle loro terre.

    una personalità che oltre a donare la propria lampada realizza unamostra nelle sale a fianco della sinagoga. L'incarico quest'anno è toccatoa Roger Selden, ben conosciuto nel mondo ebraico, visto che ha firmatole 23 vetrate per la sinagoga "Hechal David U-Mordechai” di Milanorealizzate dai maestri di Murano. A Casale la sua coloratissima Cha-nukkiah è stata circondata dalle sue opere: pannelli dalle allegre geo-metrie altrettanto vivaci che non si fatica affatto a vedere realizzate inmateriali più diafani e trasparenti. L'accensione di tutte le opere dellenuove lampade in sala Carmi fa da preludio alla parte religiosa nelCortile delle Api. Si accende la grande lampada della Comunità in una

    cerimonia condotta da Vittorio Bendaud che ha il compito di intonarebenedizioni e salmi e ricordare il significato della festa e la forte sim-bologia della luce presente in tutte le religioni.L'aspetto più toccante di Chanukkah a Casale è infatti la presenza delleautorità cittadine e dei rappresentanti delle varie religioni monoteistedel territorio: anche loro mai così tanti come quest’anno. Così oltre alsindaco di Casale Monferrato Giorgio Demezzi e al commissario diPolizia Athos Vecchi, hanno acceso i lumi don Paolo Cassano per ladiocesi di Casale, Abd Allatif Cocilovo per il Coreis di Milano, StefaniaDolce per la Chiesa Avventista, Paolo Livrè della Chiesa metodista di

    Bassignana, Arnaldo Pisano della Comunità ecumenica, Marco Cavallerodella Comunità cristiana evangelica. Tutto questo reso ancora più toc-cante dai canti tradizionali dei ragazzi del Coro Ghescer - Opera deiRagazzi diretti da Erika Patrucco.Poi tutti i presenti, specie i bambini, sono stati invitati ad accendere lelampade sparse in ogni angolino del cortile, sotto un melograno caricodi frutti. Interrotti solo dall’arrivo del famoso castagnaccio della signoraAdriana Ottolenghi. Anzi, a pensarci bene è un ulteriore motivo per cuicelebrare Chanukkah a Casale.

    Alberto Angelino

    di forme, creatività e colori per il Museo

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    direttore Joel Hazan

    HaTikwa – periodico di attualità e cultura dell’Unione Giovani Ebrei d’Italia | [email protected] – www.ugei.it | supplemento a Pagine Ebraiche - n. 1 - 2014 reg. Tribunale di Roma 218/2009 ISSN 2037-1543 (responsabile a termine di legge: Guido Vitale)

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    Lo scorso 5 dicembre si è spento a pocopiù di 95 anni Nelson Rolihlahla Mandela,detto Madiba, che fu il primo presidentenero del Sud Africa alla fine del regimedell’apartheid. Non voglio di certo dilungarmi sulla vitadi Mandela, parlando della sua militanzae del periodo passato in prigione per poivenir liberato da De Klerk; vorrei piuttostoconcentrare l’attenzione sul pensiero delquale credo che Mandela sia uno dei prin-cipali portatori, se non quello che più pre-diligo. Mandela rappresenta in pienol’idea di libertà e di uguaglianza che ogniciviltà dovrebbe possedere: cresce in unasocietà dove gli uomini non hanno gli stes-si diritti, ma vengono divisi da leggi e tri-bunali, costretti anche a vivere in luoghidiversi e svolgere attività diverse in baseal colore della loro pelle. Bianchi da unaparte neri dall’altra.Mandela dedica una vita intera ed è pron-to a sacrificarla più volte in nome dellalibertà per i neri e di un’uguaglianza didiritti per tutti. Non è intenzionato a nes-sun tipo di vendetta, come sarebbe pre-vedibile; lo si vede pure quando durantela finale della coppa del mondo di rugby

    (lo sport per eccellenza dei bianchi in SudAfrica) premia da presidente, indossandouna maglia da rugby, il capitano FrancoisPienaar. Non dimentichiamo inoltre chedecise di non cam-biare il nome agliSpringboks, che si


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