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II mistero delle stelle - Federico Nati · la vetta di un vulcano a 5200 metri. E lì ... Cercavo...

Date post: 16-Aug-2020
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1 / 8 Data Pagina Foglio 04-2020 66/73 MIND MENTE & CERVELLO -abakTafreshi SP AG• DIALOGHI II mistero delle stelle Lo studio del cielo ci indica la via, sia nel senso stretto di una rotta marina, sia in senso scientifico. Ma soprattutto in senso metaforico, facendoci riflettere su noi stessi di ANTONIO PASCALE 66 APRILE 2020 Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile. 136186 Mensile
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DIALOGHI

II misterodelle stelle

Lo studio del cielo ci indica la via, sia nel senso strettodi una rotta marina, sia in senso scientifico. Ma soprattutto

in senso metaforico, facendoci riflettere su noi stessi

di ANTONIO PASCALE

66 APRILE 2020

Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile.

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Tra rocce e stelle

Una straordinaria immagine della Via Lattea vista dal desertodi Atacama. che si estende tra il Perù e il Cile.

MIND

Federico Nati è un astrofisico spe-rimentale dell'Università di Mila-no-Bicocca. Ha scritto un libro bel-

lo, avventuroso, pieno di suggestioni,emozioni, dettagli tecnici e scientifici, sichiama L'esperienza del cielo. Diario diun astrofisico (La nave di Teseo).

Si racconta, a mo' di diario, appun-to, di particolari e difficili missioni tral'Antartide e il deserto di Atacama, co-me quella di spedire nella stratosfe-ra un telescopio di 3 tonnellate per stu-diare la nascita delle stelle e le originidel cosmo. L'ho letto, mi è piaciuto mol-to e l'ho chiamato mentre era proprio inAntartide. Ci siamo fatti due chiacchie-re, sul cielo, il passato, il futuro, la natu-ra umana.

Ciao, che tempo fa oggi lì?Il tempo oggi non è soleggiato, co-

me d'altronde per gran parte del temponell'ultimo mese e mezzo, cioè da quan-do sono arrivato a McMurdo. Invece loscorso anno godemmo di molti giorni dicielo terso.

Ci racconti meglio delle condizioniclimatiche della base antartica?

Diciamo che per lo scopo per cui so-no qui ci basterà una mezza giornata dicondizioni meteo favorevoli, del restoci importa poco. Quanto ai numeri suitermometri, dato che la stazione statu-nitense di McMurdo si trova al livellodel mare, sull'isola di Ross, e che siamonell'estate australe, le temperature nonsono estreme come quelle che si trova-no d'inverno nell'altopiano antartico.Un'enorme differenza comunque la fail vento, che quando soffia da sud, do-po essere sceso dagli altipiani ghiaccia-ti del continente, attraverso la catena deimonti transantartici, e dopo aver cor-so per centinaia di chilometri sul tavola-to di Ross, investe la stazione sulla costacon violenza costante e climi rigidi, infi-landosi ovunque.

Senti Federico, io la prima volta che dabambino ho guardato bene il cielo -ero in montagna sul Matese - mi sonomesso paura, mi è venuta l'angoscia e,sai, credo che non mi abbia più lasciato.

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DIALOGHI

Quindi con molta curiosità ti chiedo: ate, con il cielo, come è andata? La primavolta, dico...

Il cielo in montagna, dove l'aria è me-no umida e lo strato atmosferico soprale nostre teste più trasparente, è natu-ralmente più spettacolare che in pianu-ra o al mare, quindi capisco che la sug-gestione tra le vette del Matese sia stataper te così intensa. Eppure uno dei pri-mi ricordi associati alla visione del cielonotturno per me è legato alla mia infan-zia al mare.

Racconta...Il legame tra il firmamento e la navi-

gazione, come si sa, è antichissimo: aiu-ta l'uomo a orientarsi da sempre. Il diso-rientamento e l'abisso possono generareangoscia, ma lo studio del cielo è anchein grado di indicarci la via, sia nel sen-so stretto di una rotta marina sia in sen-so scientifico, mostrandoci fenomeniche portano a nuove scoperte, sia in sen-so metaforico, magari facendoci riflette-re su noi stessi, sia in senso escatologico,fornendoci risposte sul destino dell'uo-mo o su quello del cosmo.

Quindi nel tuo caso l'angosciasi è sciolta nella passione perl'esplorazione?

Sì, forse, anche per via di questa di-mensione esplorativa associata alla na-vigazione astronomica, per me il cielostellato che sovrasta le onde scure restala visione più ipnotica: come se per bre-vi istanti riuscissi ad afferrare la consa-pevolezza che il nostro pianeta sia labarca su cui navighiamo nell'oscuritàdel cosmo punteggiato di stelle. Poi peròho visto anche il cielo in montagna.

Sì, hai lavorato in Cile, no?Al telescopio ACT. Nel deserto più al-

to del mondo, la regione di Atacama, sul-la vetta di un vulcano a 5200 metri. E lì

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ho ritrovato la potenza della notte chemi investì da bambino.

Ok, restiamo su questa particolaresensazione, mi interessa il punto di vistadel bambino.Bambino preadolescente, diciamo

così...

Va bene lo stesso...Una notte d'estate, sul terrazzo della

casa di villeggiatura al mare a Nettuno,avrò avuto circa 12 anni, guardavo il cie-lo stellato. Nel contemplarlo mi sembròdi poter valutare la profondità, la tridi-mensionalità dello spazio. L'immagina-zione di un bambino, potente e galop-pante, distribuiva quei punti luminosia diverse distanze, immergendo la Ter-ra nel buio dell'universo, tra un'infinitàdi altri sistemi solari.

E che cosa pensavi di quello che vedevi?Cercavo di modellare la mia fantasia.

Da un lato c'era quello che avevo letto oche sapevo dí come fosse fatto il cosmo,dall'altro quello che veniva offerto aimiei sensi da quello sguardo verso il fir-mamento, raccogliendo così una subli-me sensazione di stupore in un ricordoche non mi avrebbe mai abbandonato.

A me sembra che venga fuori un doppiosguardo, uno puntato verso il futuro,cioè, voglio raggiungere quel luogo,lassù in alto, l'altro verso il buio delpassato. Voglio dire, a me quel doppiosguardo dava angoscia...

Sì, associamo spesso l'idea di spazioal futuro: tecnologie all'avanguardia, sa-telliti, sonde, rover, esplorazioni plane-tarie e teorie fisiche ancora da scopri-re. Ma il cielo che ci sovrasta nelle nottisenza nome arriva da un profondo pas-sato. È una luce ancestrale, una reliquia,un'eco di mondi ormai non più esisten-ti o profondamente mutati. Osservare il

Ai confini dei mondo

Una suggestiva panoramica della stazione dí McMurdo,importante centro di ricerca in Antartide, che sorge

sulla punta sud dell'Isola di Ross.

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DIALOGHI

cielo è come leggere una lettera postu-ma, studiare un fossile, riflettere su co-me andarono le cose. Il desiderio e la no-stalgia sono aspetti connaturati a questaricerca.

Aspe', spiega...L'etimologia stessa della parola «de-

siderio», dal latino de e sideria, vale a di-re «privato della visione della luce side-rale», associa l'umano anelito verso ciòche non possiamo avere, ma continuia-mo a volere, al mistero dell'intoccabilebellezza delle stelle.

Persino alle stelle cadenti, che nonsono stelle, alcune tradizioni accosta-no desideri da esprimere e altre il piantoper la nostalgia di persone perdute. Lanostalgia, il desiderio del passato, per-mea il fascino del cielo notturno.

Vedi, non Io sapevo...Il passato lo possiamo studiare, do-

cumentare, interpretare, ricordare, mamai toccare, mai rivivere. E lo possiamo,appunto, desiderare: lo vorremmo in-dietro a volte, mentre a volte lo vorrem-mo dimenticare. Ma ciò che è trascorsoè allo stesso tempo impalpabile e pre-sente ogni notte, come la radiazione checi raggiunge dalle fredde insondabilitàdell'universo.

Quindi c'entra la tua prima notte aNettuno, diciamo così...

Sì, anche dopo aver speso molte not-ti nel deserto di Atacama mi tornò inmente quel momento da bambino, e diquel momento il desiderio, di quell'e-mozione la nostalgia. Perché sì, la fisi-ca, l'astronomia, la matematica, sono in-credibilmente belle. Ma in questa miaavventura fatta di nozioni e di immagi-nazione, di ragionamenti e lavoro fisi-co, tutto scaturiva da quella fascinazio-ne iniziale.

Lo stupore è la benzina del tuo lavoro...Il resto sarebbe stato solo il modo in

cui la mente cercava di capire, di rag-giungere, di essere vicina al cielo cheinesauribilmente avrebbe continuato acolpirmi con la sua bellezza attraversodistanze incolmabili. Avevo attraversatoil mondo forse per il tentativo di soddi-sfare un desiderio insoddisfacibile.

Immagino, nell'insoddisfazione spesso

c'è tutto.

Come dire: il vano sforzo di far rivive-re quel momento di stupore sul terraz-zo da bambino, di riavvicinarmi a quellaluce inesauribile che ognuno porta consé dall'infanzia e alla quale sempre vor-rà ricondursi. Ritrovare una magia d'in-fanzia è quasi impossibile, ma quandoil Sole si ritirava oltre le alture e la Lunanon illuminava a giorno l'altopiano in-cominciava qualcosa che gli si avvicina-va. Un incanto di stelle, pianeti, galassiee nebulose veniva ad abitare il buio dellanotte togliendo il respiro.

Bene, resto in questo sentimentod'angoscia, ìn bilico tra passato che

non si può modificare e futuro da

prevedere, ma solo per chiederti: ma noi,

francamente, che sappiamo del nostro

universo e che cosa non sappiamo

ancora e forse mai sapremo?

Rispondo sia sul cosa che sul come,perché il sapere scientifico è in continuomutamento e si affida alla bussola di unapproccio sperimentale anch'esso sog-getto a cambiamenti. Il metodo stesso èun insieme di procedure che muta neltempo: solo per fare un esempio, oggi siusano tecniche statistiche che necessi-tano di potenti calcolatori, cosa impossi-bile fino a qualche decennio fa.

Vai con il cosa...

Sul cosa, in estrema sintesi, sappiamo

L'AUTORE

Antonio Pascolo Scrittore, autore televisivo e da 30 anni ispettore agrario presso ilMIPAF. Ha scritto molti libri, ha vinto (un tempo) molti premi. Si concentra su troppecose nel tentativo di capire i fili che uniscono le varie trame del mondo. E intanto iltempo passa e le trame. inesorabilmente, sfuggono.

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MIND

che viviamo in un universo in evoluzio-ne, che probabilmente ha avuto un ini-zio molto caldo quasi 14 miliardi di an-ni fa, dopo il quale si è raffreddato edespanso, e che questa espansione è at-tualmente in accelerazione.

Ok...Le strutture compatte, come i pianeti,

le stelle, le galassie, si sono formate suc-cessivamente, e hanno anche loro unastoria e una fine. Sappiamo anche che leforme di materia e di energia che com-pongono il cosmo ci sono note solo inpiccola parte. Alcuni principi fisici ci di-cono persino che alcune cose non potre-mo mai vederle o saperle: per esempioche cosa c'è in regioni così distanti che laloro luce non ci raggiungerà mai.

Mi sembra che sia già tanto, visto lanostra natura umana. Non ci resta cheil come...E sul come, sempre in estrema sinte-

si, sappiamo qualcosa in senso scientifi-co se abbiamo preso delle misure, usatomodelli teorici e statistici per interpre-tarle, fornito una spiegazione dei feno-meni osservati su cui ipoteticamentescommetteremmo parecchi soldi, con-sapevoli che è una scommessa che po-tremmo anche perdere se nuove misu-re o nuove interpretazioni la dovesserorimettere in discussione. »La felicità èreale solo se condivisa», scriveva ChrisMcCandless, il protagonista di Into TheWild, e parafrasando questo concettopotremmo anche aggiungere che il sa-pere è reale solo se condiviso.

Principio del metodo scientifico, no?Sì, in altre parole deve esistere una

comunità di esperti che attraverso di-scussioni e confronti arriva a condivide-re una visione delle cose, che non è og-gettiva, ma intersoggettiva.

Una finestra sull'universo

Una straordinaria immagine

della Via Lattea dall'osservatorio

di La Silla, ai margini del deserto

di Atacama.

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DIALOGHI

Il problema, per come la vedo io, è chenon ci siamo abituati alla grande novità(non siamo al centro ma in periferia, eforse nemmeno padroni dei nostro io).Insomma, non so se siamo fatti (ancora)per il metodo scientifico...

Sì. Va sottolineato che così come è sta-to difficile accettare, nell'arco di secoli omillenni di storia, che l'uomo, la Terra, ilSole, la nostra galassia non ricoprono al-cuna posizione privilegiata nell'univer-so, altrettanto difficile è stato accettarein tempi molto più recenti che, invece,ci troviamo in una particolare posizio-ne nel tempo, per certi versi privilegiata.

Spiega. Perché privilegiata?Detto in altri termini, è stato difficile

credere, prima dell'arrivo di prove spe-rimentali, che l'universo non è semprestato identico a se stesso, ma che anzi haavuto un inizio, che va sotto il nome dibig bang, seguito da un'evoluzione chelo ha fatto cambiare molto. Queste sco-perte sono avvenute durante il secoloscorso. Cioè ieri nella storia del pensieroumano, e proprio attraverso l'approcciocombinato di scoperte teoriche e misu-re astrofisiche, in particolare della teoriadella relatività di Einstein e delle misuredi Hubble, fino alla scoperta della radia-zione cosmica di fondo da parte di Pen-zias e Wilson e ai successivi sviluppi del-la cosmologia.

E veniamo alla parte oscura, guardi ilcielo di notte, indovini (più o meno) concertezza dei confini, e che cosa invece titurba, cioè, cosa non sappiamo?

Diversi fenomeni che si pensava diosservare mancano all'appello. Inoltrealcuni dei valori dei parametri cosmolo-gici misurati mettono in luce una tramalacunosa del quadro complessivo chesiamo stati in grado di costruire sin qui.Dobbiamo fare altre misure, inventarcinuove ipotesi: a questo servono gli espe-rimenti su cui lavoro, come ACT e comeBlast.

Ce li racconti brevemente?Sono telescopi sensibili alla luce che

proviene dal cosmo, in particolare la lu-ce infrarossa e le microonde. Misuran-

done anche la polarizzazione, questa ra-diazione ci racconterà meglio le origini el'evoluzione dell'universo e degli oggettiin esso contenuti, come stelle e galassie.

Ma i telescopi, in sostanza, sonospecchi, vero?

Sì, sono formati da diversi specchi:nel caso di ACT lo specchio più grandeha un diametro di 6 metri, mentre perBLAST di due metri e mezzo.

Ok, e gli specchi? A che servono?Gli specchi convogliano la radiazione

su sensori che producono segnali elet-trici in funzione della luce che li colpi-sce. I sensori funzionano dentro un crio-stato, cioè un cilindro frigorifero di circaun metro di diametro e due metri di al-

tezza che raggiunge temperature vicinoallo zero assoluto.

Perché così freddo?Perché la luce infrarossa che voglia-

mo vedere è molto più debole della ra-diazione termica emessa dall'ambien-te terrestre, dobbiamo quindi isolarei sensori in un ambiente freddissimo,in modo che sia davvero buio e in gra-do di vedere solo ì deboli segnali astro-fisici. Inoltre i sensori operano sfruttan-do il fenomeno della superconduzione,una proprietà che si verifica solo a bas-sissime temperature. I sensori elettroni-ci convertono l'informazione giunta sot-to forma di luce da mondi remoti in unfenomeno terrestre: una tensione misu-rata in un circuito, per esempio. Questi

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segnali vengono infine digitalizzati e sal-vati sul disco rigido di un computer.

Ok. Blast segue questi canoni?Sì. Blast per la cronaca è il telescopio

di tre tonnellate che stiamo per lanciaredall'Antartide, volerà appeso a un enor-me pallone del diametro di 100 metriper quasi un mese attorno al Polo Sud, a40 chilometri di quota.

Ma perché dovete usare un pallone, e

perché lanciarlo proprio in Antartide?

Il nostro telescopio rivela segna-li debolissimi, facilmente contaminatidall'atmosfera terrestre: per questo an-che con strumenti sempre più innova-tivi, sensibili e accurati siamo costretti auscire dall'atmosfera, o con satelliti spa-

MIND

Osservare il cielo è come leggere una lettera

postuma, studiare un fossile, rifletteresu come andarono le cose

Movimenti

celesti

Grazie a un più

lungo tempo di

esposizione, questa

fotografia scottata

sull'altopiano

Chajnantor, a 5000

metri nelle Ande

cilene, mostra il

movimento delle

stelle nel cielo

notturno attorno

al polo celeste

meridionale.

ziali, o usando palloni stratosferici, cheè il caso di Blast. I palloni non sono go-vernabili, quindi per fare voli lunghi,quasi un mese nel nostro caso, andiamoin Antartide. Infatti attorno al Polo Sudsi instaura un vortice costante di ventiche rende la traiettoria del pallone rela-tivamente prevedibile e circolare, con-sentendo all'esperimento di tornare alpunto di partenza senza perdersi sull'o-ceano. E dato che d'estate il Sole non tra-monta mai possiamo usare pannelli sola-ri per alimentare il tutto.

E tu ti occupi...Io mi occupo soprattutto di costrui-

re e mettere in funzione questi telesco-pi e di raccoglierne e analizzarne le mi-sure, cioè del complicato, a volte fatico-

so e quasi sempre frustrante mestiereche consiste nel trasformare la natura innumeri, la luce del cosmo in dati su unhard disk. La fiducia che abbiamo sullaqualità dei dati raccolti, a sua volta basa-ta sulla calibrazione, la sensibilità e l'affi-dabilità degli strumenti utilizzati, è fon-damentale per la conseguente fiduciache avremo nella loro interpretazione,insomma, per la consistenza di quel sa-pere di cui mi chiedevi. È un lavoro incui, oltre alla preparazione accademica,conta moltissimo anche la capacità di in-dividuare e risolvere i problemi, di colla-borare in una squadra, o anche le capa-cità manuali e persino la resistenza allafatica fisica e alla pressione psicologica.

Finiamo con noi due che guardiamo

il cielo e ci confidiamo delle cose.

lo ti dico che sono ateo, e spesso non

capisco lo scopo della vita. Siamo

figli del Caos e del Tempo, sono le due

divinità che ci sballottano su e giù.

Però mantengo un forte senso del

mistero. Tu che mi confidi?

Credo che l'essere umano abbia biso-gno di significati quanto di bere o respi-rare: dobbiamo dare senso alla vita, allamorte, o semplicemente alla giornata, allavoro, alle relazioni. La religione, comealtre cose, risponde a questa esigenza, aquesto horror vacui. Il vuoto siderale mifa tornare alla mente la frase di Nietz-sche: "Se guardi a lungo l'abisso, l'abissoti guarda dentro". Per questo credo che isignificati che cerchiamo debbano avereorigine e fondamento interiore, affinchéquell'abisso possa e debba essere, nondico riempito, ma perlomeno affrontatocon cose estremamente terrene: l'amo-re, la cura, il rispetto che coltiviamo pernoi stessi e il nostro prossimo. ■

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