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Il 22 novembre a Imola alla sala Cesi la presentazione del libro … · modo perfetto, come Dio ci...

Date post: 23-Feb-2019
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Sabato 9 novembre 2013 6 Vita ecclesiale Il nuovo Diario Messaggero Il nostro destino è l'eternità La parola della domenica 2 Mac 7,1-2.9-14; Sal 16; 2 Tess 2,16-3,5; Lc 20,27-38 C’era un grande partito religioso, in Palesti- na, che gareggiava con i farisei nello studiare la legge e nel godere la stima della gente: il partito dei sadducei. La parola sadduceo si- gnifica giusto: e i sadducei si ritenevano i più giusti di tutti, perché erano rimasti legati alla legge antica, senza accettare le novità venute dopo, come invece avevano fatto i farisei. Per capire il Vangelo di oggi bisogna tenere pre- sente che tra queste dottrine nuove, rifiutate dai sadducei, c’era anche quella della risurre- zione dei morti, che i giudei avevano formu- lato solo molto tardi nella loro storia. I sad- ducei dunque, per mettere in imbarazzo Ge- sù, che si era schierato a favore della risurre- zione, gli prospettano una situazione para- dossale: se una donna ha avuto sette mariti, alla sua risurrezione di chi sarà moglie? Gesù nella sua risposta invece fa capire che nella vita eterna non c’è una logica di possesso, che quella donna non apparterrà a nessuno se non a Dio. Ecco la scossa che dà Gesù ai sad- ducei e anche a noi: se credi davvero che Dio ama la vita, che lui ti custodisce come «la pu- pilla degli occhi», allora non puoi pensare che la tua vita si spezzi con la morte fisica, non puoi ritenere che tutto ciò che hai costruito, sofferto, gioito, progettato, sognato, realizza- to, vada perduto per sempre. La risurrezione è fondata su questa fiducia nel Dio della vita: come un genitore non può mettere in conto la morte fisica dei suoi figli - e quando questo purtroppo accade, crea una ferita così pro- fonda che difficilmente si rimargina, perché è contro ogni logica e ogni calcolo - così Dio non può mettere in conto la morte eterna del- le sue creature: poiché egli è l’eterno, anche il destino dei suoi figli - il nostro destino - è l’eternità. Don Alexander Grillini [email protected] Sono uguali agli angeli XXXII Domenica tempo ordinario (anno C) «La grazia del matrimonio è in primo luogo la santificazione del- la vita dei due coniugi, in quanto attribuisce all’altro e rende per lui fecondo quanto uno di essi possiede. Attraverso la fede, l’amore e i sacrifici dell’uno vengono santificati sempre ambe- due. Inoltre essi hanno la possibilità di essere uniti in due nel no- me di Cristo, cosicché il Signore, come ha promesso, è in mez- zo a loro. Tutto ciò si verifica tuttavia solo sulla base del loro pri- mo ‘sì’, che si sono scambiati espressamente in Dio e con cui si sono affidati e rimessi l’un l’altro nelle sue mani. In questo reci- proco abbandono nelle mani di Dio, effettuato mediante il ‘sì’, è fondato il mistero della fecondità naturale e soprannaturale del matrimonio cristiano» (Caffarra). Nel matrimonio, dunque, i due sono, insieme, in cammino verso Dio, sono di sostegno reciproco, non solo, ma sono strumenti l’uno per l’altro verso la vita eterna. Ma, una vol- ta raggiunto Dio, avvolti nella luce che non tramonta, non c’è più bisogno dell’altro: Dio è tutto in tutti! Allora saremo come gli angeli, non ci sarà più bisogno di un cammino di morte per la vita, ma ogni uomo sarà in una relazione beatissima con Dio! Questo non esclude che ci sarà, in modo sublimato, anche la dimensione orizzontale: ci ameremo in modo perfetto, come Dio ci ama. E Dio certamente non dividerà coloro si sono amati sul- la terra e si sono aiutati a conoscerlo e a raggiungerlo. Essi continueranno ad amarsi in lui, ma non nel modo di marito e moglie, ma in quell’amore che ormai non è più eros, cioè bisogno, ma solo agape cioè dono. O Maria, tu che sei immersa nell’amore in ani- ma e corpo, aiutaci a vivere, già in questo cammino terreno, come figli di Dio che, men- tre condividono il cammino umano, vanno insieme verso la visione beatissima di Dio. Suor Marta Biasi Il 22 novembre a Imola alla sala Cesi la presentazione del libro Vita di don Giussani Monsignor Dalpane ricorda il sacerdote di cui è in corso la causa di beatificazione «Quando don Gius venne a Imola» Dania Tondini on Luigi Giussani, fondatore del movi- mento di Comunione e Liberazione, ha incontra- to migliaia di persone in tutti i continenti e ha se- gnato la vita di tantissime persone (e ancora tantissi- me ne conquista alla fede, attraverso coloro che lo se- guono), ma aveva un rap- porto particolare con la cit- tà di Imola, fin dai primi anni, quando conobbe don Carlo Dalpane (nella foto con don Giussani). Nel libro Uomini segnati da un incontro. Una storia lun- ga 50 anni (Itacalibri 2011) sulla storia di Cl a Imola si racconta l’inizio di quella lunga amicizia: «Il 15 otto- bre 1961 don Carlo Dalpa- ne, allora non ancora tren- tenne, accompagnato da tre ragazzi - tra questi Ugo Selvatici - si recò a Milano per conoscere don Giussa- ni e il suo metodo educati- vo non attraverso un dialo- go personale, ma la parte- cipazione al ‘raggio’ del Berchet, la scuola dove don Giussani insegnava, una sorta di ‘vieni e vedi’ (…). Fu questa ra- gionevolezza della fede, umanamente persuasiva, ad attrarre don Carlo quel giorno e, dopo di lui, quanti hanno in- contrato il movimento sorto da don Giussani». Monsignor Carlo Dalpane, ricorda vivi- damente tanti momenti e incontri con «il don Gius», ne snocciola le date, i det- tagli, le sensazioni personali e ancor più l’impatto del rapporto con quell’intra- prendente sacerdote sui giovani imole- si a lui affidati. Nel libro Vita di don Giussani di Alberto Savorana, appena uscito e che sarà pre- sentato a Imola il prossimo 22 novem- bre alla sala Cesi, si parla di don Giussa- ni a Imola: «Alla folla radunata al palaz- zetto dello sport il 17 gennaio 1988, in occasione della partenza per Manaus, in Brasile, di Pierpaolo Pasini, sacerdote del movimento Giussani ricorda: ’È sta- to nel ’61 o ’62 la prima volta che sono venuto a Imola in una giornata nebbio- sa e piovigginosa, invitato dal carissimo D e amicissimo don Carlo Dal- pane e dai suoi studenti che non sapevo dove fossero e li ho visti per caso uscire dalla cattedrale in una trentina, una quarantina, e da allora da quaranta sono diventati molti di più’». Anche don Carlo ricorda be- ne quello stesso episodio: «Don Giussani, dopo ripetu- ti inviti, venne ad Imola il 19 marzo 1962. Era una dome- nica mattina. Celebrò per noi in cattedrale, poi ci par- lò nella sala del vescovado. Fu un incontro determinan- te sia per aiutarci ad entrare più coscientemente e com- piutamente nella ricchezza del metodo educativo che ci veniva proponendo, sia per l’entusiasmato consenso che la sua parola, bella nel- l’esposizione e suadente per i contenuti, aveva suscitato nei molti giovani presenti». A quei tempi le occasioni di incontro erano frequenti: «Nel 1963 con alcuni stu- denti imolesi partecipai alla quattro giorni di fine set- tembre a Varigotti, sul litora- le ligure. Don Gius aveva ap- pena concluso un’altra quat- tro giorni con i ragazzi lom- bardi. Noi invece eravamo romagnoli, piemontesi, liguri, veneti. Fu un vero ba- gno nella bellezza della verità divina, in- carnata nella umanità di Cristo ed an- nunciata con la suadente vivacità di una fede concretamente vissuta. Alla fine don Gius mi disse: ‘Non posso conti- nuare a reggere alla fatica di otto giorni così intensi.’ Fu allora che io lo invitai a ridurre quella fatica a quattro giorni per tutti, milanesi ed altri, prendendo allog- gio sulla riviera romagnola, a fine set- tembre ormai completamente libera da ospiti amanti di vacanze al mare. Infatti l’anno successivo ci trovammo a Mira- mare in milleduecento». Successivamente a don Carlo viene affi- data la parrocchia di Toscanella, e il rap- porto con don Giussani continua: «A To- scanella don Gius venne a parlare in due occasioni e, di passaggio, a salutarmi più volte. Addirittura avendo iniziato, negli stessi anni, incontri sistematici con i preti aderenti al movimento nell’Italia del nord, fissò in Imola i locali degli in- contri». E non solo i sacerdoti si incon- travano a Imola con don Giussani: «Ne- gli anni sessanta - continua don Carlo - gli incontri per gli studenti universitari delle diocesi romagnole si trovavano mensilmente con don Gius negli am- bienti della Gs imolese grazie al consen- so paterno di monsignor Carrara, a quel tempo unico vescovo in Romagna favo- revole al movimento». Don Carlo completa il suo racconto: «I miei incontri, personali o comunitari, con don Gius furono per oltre vent’anni pressoché mensili. Verso la fine degli an- ni ottanta andarono rarefacendosi, sia per le frequenti visite di don Gius fuori dall’Italia, nei molti paesi dove si anda- va diffondendo il movimento, sia per le sue condizioni di salute sempre più pre- carie. L’ultima volta ci incontrammo ad un Meeting di Rimini a fine anni novan- ta». Chiediamo a don Carlo quale siano a suo avviso il valore e l’effetto del carisma di don Giussani per la diocesi di Imola: «Agli inizi ci fu da parte di zelanti sacer- doti e di laici impegnati nell’Ac e nelle loro parrocchie un rifiuto forte ed espli- cito. Sembrava a costoro che questa no- vità di vita cristiana, proveniente da Mi- lano, fosse uno dei tanti tentativi del caotico dopoguerra di sostituire le tra- dizionali verità di fede, sempre annun- ciate dalla Chiesa, con iniziative e pro- poste, rette e divulgate da facili ed effi- meri entusiasmi, che, una volta esauri- ti, avrebbero lasciato un doloroso e sconcertante seguito di delusioni. Con l’andare degli anni - prosegue - molti si sono ricreduti di fronte alla decisa testi- monianza di giovani radicati nella fede, pronti al servizio nella Chiesa, alla testi- monianza nella scuola, negli ambienti di lavoro, in famiglia, nei quartieri dove abitavano». Don Carlo tiene a spiegare: «Le iniziali ostilità si erano estinte so- prattutto di fronte alla decisa testimo- nianza di fedeltà a Cristo e alla Chiesa dei ciellini nei torbidi anni del movi- mento studentesco e del bieco terrori- smo. Nelle università e nelle scuole me- die superiori la presenza dei ciellini si af- fermava come l’unica evidente presen- za di Chiesa». E termina: «Con questa premessa è ovvio che oggi in diocesi, so- prattutto a Imola ed a Lugo, esistono nu- trite e operose comunità cielline, come pure in varie parrocchie come Castelbo- lognese, Massalombarda, Toscanella, Dozza, Riolo Terme… Il piccolo seme s’è fatto notevole pianta». L’effetto del carisma di don Giussani per la diocesi? «Agli inizi - dice monsignor Dalpane - ci fu da parte di zelanti sacerdoti e laici impegnati nell’Ac e nelle loro parrocchie un rifiuto esplicito. Sembrava a costoro che questa novità di vita cristiana fosse uno dei tanti tentativi del caotico dopoguerra di sostituire le tradizionali verità di fede con iniziative rette e divulgate da facili ed effimeri entusiasmi, che, una volta esauriti, avrebbero lasciato un doloroso seguito di delusioni. Con l’andare degli anni molti si sono ricreduti»
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Sabato 9 novembre 20136 Vita ecclesiale Il nuovo Diario Messaggero

■ Il nostro destino è l'eternità

La parola della domenica2 Mac 7,1-2.9-14; Sal 16; 2 Tess 2,16-3,5; Lc20,27-38

C’era un grande partito religioso, in Palesti-na, che gareggiava con i farisei nello studiarela legge e nel godere la stima della gente: ilpartito dei sadducei. La parola sadduceo si-gnifica giusto: e i sadducei si ritenevano i piùgiusti di tutti, perché erano rimasti legati allalegge antica, senza accettare le novità venutedopo, come invece avevano fatto i farisei. Percapire il Vangelo di oggi bisogna tenere pre-sente che tra queste dottrine nuove, rifiutatedai sadducei, c’era anche quella della risurre-zione dei morti, che i giudei avevano formu-lato solo molto tardi nella loro storia. I sad-ducei dunque, per mettere in imbarazzo Ge-sù, che si era schierato a favore della risurre-zione, gli prospettano una situazione para-dossale: se una donna ha avuto sette mariti,alla sua risurrezione di chi sarà moglie? Gesùnella sua risposta invece fa capire che nella

vita eterna non c’è una logica di possesso, chequella donna non apparterrà a nessuno senon a Dio. Ecco la scossa che dà Gesù ai sad-ducei e anche a noi: se credi davvero che Dioama la vita, che lui ti custodisce come «la pu-pilla degli occhi», allora non puoi pensare chela tua vita si spezzi con la morte fisica, nonpuoi ritenere che tutto ciò che hai costruito,sofferto, gioito, progettato, sognato, realizza-to, vada perduto per sempre. La risurrezioneè fondata su questa fiducia nel Dio della vita:come un genitore non può mettere in conto lamorte fisica dei suoi figli - e quando questopurtroppo accade, crea una ferita così pro-fonda che difficilmente si rimargina, perché ècontro ogni logica e ogni calcolo - così Dionon può mettere in conto la morte eterna del-le sue creature: poiché egli è l’eterno, anche ildestino dei suoi figli - il nostro destino - èl’eternità.

Don Alexander [email protected]

■ Sono uguali agli angeliXXXII Domenica tempo ordinario (anno C)

«La grazia del matrimonio è in primo luogo la santificazione del-la vita dei due coniugi, in quanto attribuisce all’altro e rende perlui fecondo quanto uno di essi possiede. Attraverso la fede,l’amore e i sacrifici dell’uno vengono santificati sempre ambe-due. Inoltre essi hanno la possibilità di essere uniti in due nel no-me di Cristo, cosicché il Signore, come ha promesso, è in mez-zo a loro. Tutto ciò si verifica tuttavia solo sulla base del loro pri-mo ‘sì’, che si sono scambiati espressamente in Dio e con cui sisono affidati e rimessi l’un l’altro nelle sue mani. In questo reci-proco abbandono nelle mani di Dio, effettuato mediante il ‘sì’, èfondato il mistero della fecondità naturale e soprannaturale del

matrimonio cristiano» (Caffarra).Nel matrimonio, dunque, i due sono, insieme, in cammino verso Dio, sono di sostegnoreciproco, non solo, ma sono strumenti l’uno per l’altro verso la vita eterna. Ma, una vol-ta raggiunto Dio, avvolti nella luce che non tramonta, non c’è più bisogno dell’altro: Dioè tutto in tutti! Allora saremo come gli angeli, non ci sarà più bisogno di un cammino dimorte per la vita, ma ogni uomo sarà in una relazione beatissima con Dio! Questo nonesclude che ci sarà, in modo sublimato, anche la dimensione orizzontale: ci ameremo inmodo perfetto, come Dio ci ama. E Dio certamente non dividerà coloro si sono amati sul-la terra e si sono aiutati a conoscerlo e a raggiungerlo. Essi continueranno ad amarsi inlui, ma non nel modo di marito e moglie, ma in quell’amore che ormai non è più eros,cioè bisogno, ma solo agape cioè dono. O Maria, tu che sei immersa nell’amore in ani-ma e corpo, aiutaci a vivere, già in questo cammino terreno, come figli di Dio che, men-tre condividono il cammino umano, vanno insieme verso la visione beatissima di Dio.

Suor Marta Biasi

Il 22 novembre a Imola alla sala Cesi la presentazione del libro Vita di don GiussaniMonsignor Dalpane ricorda il sacerdote di cui è in corso la causa di beatificazione

«Quando don Gius venne a Imola»Dania Tondini

on Luigi Giussani,fondatore del movi-mento di Comunione

e Liberazione, ha incontra-to migliaia di persone intutti i continenti e ha se-gnato la vita di tantissimepersone (e ancora tantissi-me ne conquista alla fede,attraverso coloro che lo se-guono), ma aveva un rap-porto particolare con la cit-tà di Imola, fin dai primianni, quando conobbe donCarlo Dalpane (nella fotocon don Giussani).Nel libro Uomini segnati daun incontro. Una storia lun-ga 50 anni (Itacalibri 2011)sulla storia di Cl a Imola siracconta l’inizio di quellalunga amicizia: «Il 15 otto-bre 1961 don Carlo Dalpa-ne, allora non ancora tren-tenne, accompagnato datre ragazzi - tra questi UgoSelvatici - si recò a Milanoper conoscere don Giussa-ni e il suo metodo educati-vo non attraverso un dialo-go personale, ma la parte-cipazione al ‘raggio’ delBerchet, la scuola dove donGiussani insegnava, unasorta di ‘vieni e vedi’ (…). Fu questa ra-gionevolezza della fede, umanamentepersuasiva, ad attrarre don Carlo quelgiorno e, dopo di lui, quanti hanno in-contrato il movimento sorto da donGiussani».Monsignor Carlo Dalpane, ricorda vivi-damente tanti momenti e incontri con«il don Gius», ne snocciola le date, i det-tagli, le sensazioni personali e ancor piùl’impatto del rapporto con quell’intra-prendente sacerdote sui giovani imole-si a lui affidati.Nel libro Vita di don Giussani di AlbertoSavorana, appena uscito e che sarà pre-sentato a Imola il prossimo 22 novem-bre alla sala Cesi, si parla di don Giussa-ni a Imola: «Alla folla radunata al palaz-zetto dello sport il 17 gennaio 1988, inoccasione della partenza per Manaus, inBrasile, di Pierpaolo Pasini, sacerdotedel movimento Giussani ricorda: ’È sta-to nel ’61 o ’62 la prima volta che sonovenuto a Imola in una giornata nebbio-sa e piovigginosa, invitato dal carissimo

De amicissimo don Carlo Dal-pane e dai suoi studenti chenon sapevo dove fossero e liho visti per caso uscire dallacattedrale in una trentina,una quarantina, e da allorada quaranta sono diventatimolti di più’».Anche don Carlo ricorda be-ne quello stesso episodio:«Don Giussani, dopo ripetu-ti inviti, venne ad Imola il 19marzo 1962. Era una dome-nica mattina. Celebrò pernoi in cattedrale, poi ci par-lò nella sala del vescovado.Fu un incontro determinan-te sia per aiutarci ad entrarepiù coscientemente e com-piutamente nella ricchezzadel metodo educativo che civeniva proponendo, sia perl’entusiasmato consensoche la sua parola, bella nel-l’esposizione e suadente peri contenuti, aveva suscitatonei molti giovani presenti».A quei tempi le occasioni diincontro erano frequenti:«Nel 1963 con alcuni stu-denti imolesi partecipai allaquattro giorni di fine set-tembre a Varigotti, sul litora-le ligure. Don Gius aveva ap-pena concluso un’altra quat-tro giorni con i ragazzi lom-

bardi. Noi invece eravamo romagnoli,piemontesi, liguri, veneti. Fu un vero ba-gno nella bellezza della verità divina, in-carnata nella umanità di Cristo ed an-nunciata con la suadente vivacità di unafede concretamente vissuta. Alla finedon Gius mi disse: ‘Non posso conti-nuare a reggere alla fatica di otto giornicosì intensi.’ Fu allora che io lo invitai aridurre quella fatica a quattro giorni pertutti, milanesi ed altri, prendendo allog-gio sulla riviera romagnola, a fine set-tembre ormai completamente libera daospiti amanti di vacanze al mare. Infattil’anno successivo ci trovammo a Mira-mare in milleduecento».Successivamente a don Carlo viene affi-data la parrocchia di Toscanella, e il rap-porto con don Giussani continua: «A To-scanella don Gius venne a parlare in dueoccasioni e, di passaggio, a salutarmi piùvolte. Addirittura avendo iniziato, neglistessi anni, incontri sistematici con ipreti aderenti al movimento nell’Italiadel nord, fissò in Imola i locali degli in-

contri». E non solo i sacerdoti si incon-travano a Imola con don Giussani: «Ne-gli anni sessanta - continua don Carlo -gli incontri per gli studenti universitaridelle diocesi romagnole si trovavanomensilmente con don Gius negli am-bienti della Gs imolese grazie al consen-so paterno di monsignor Carrara, a queltempo unico vescovo in Romagna favo-revole al movimento».Don Carlo completa il suo racconto: «Imiei incontri, personali o comunitari,con don Gius furono per oltre vent’annipressoché mensili. Verso la fine degli an-ni ottanta andarono rarefacendosi, siaper le frequenti visite di don Gius fuoridall’Italia, nei molti paesi dove si anda-va diffondendo il movimento, sia per lesue condizioni di salute sempre più pre-carie. L’ultima volta ci incontrammo adun Meeting di Rimini a fine anni novan-ta».Chiediamo a don Carlo quale siano asuo avviso il valore e l’effetto del carismadi don Giussani per la diocesi di Imola:«Agli inizi ci fu da parte di zelanti sacer-doti e di laici impegnati nell’Ac e nelleloro parrocchie un rifiuto forte ed espli-cito. Sembrava a costoro che questa no-vità di vita cristiana, proveniente da Mi-lano, fosse uno dei tanti tentativi delcaotico dopoguerra di sostituire le tra-dizionali verità di fede, sempre annun-ciate dalla Chiesa, con iniziative e pro-poste, rette e divulgate da facili ed effi-meri entusiasmi, che, una volta esauri-ti, avrebbero lasciato un doloroso esconcertante seguito di delusioni. Conl’andare degli anni - prosegue - molti sisono ricreduti di fronte alla decisa testi-monianza di giovani radicati nella fede,pronti al servizio nella Chiesa, alla testi-monianza nella scuola, negli ambientidi lavoro, in famiglia, nei quartieri doveabitavano». Don Carlo tiene a spiegare:«Le iniziali ostilità si erano estinte so-prattutto di fronte alla decisa testimo-nianza di fedeltà a Cristo e alla Chiesadei ciellini nei torbidi anni del movi-mento studentesco e del bieco terrori-smo. Nelle università e nelle scuole me-die superiori la presenza dei ciellini si af-fermava come l’unica evidente presen-za di Chiesa». E termina: «Con questapremessa è ovvio che oggi in diocesi, so-prattutto a Imola ed a Lugo, esistono nu-trite e operose comunità cielline, comepure in varie parrocchie come Castelbo-lognese, Massalombarda, Toscanella,Dozza, Riolo Terme… Il piccolo seme s’èfatto notevole pianta».

L’effetto del carisma di don Giussaniper la diocesi? «Agli inizi - dicemonsignor Dalpane - ci fu da partedi zelanti sacerdoti e laici impegnatinell’Ac e nelle loro parrocchie unrifiuto esplicito. Sembrava a costoroche questa novità di vita cristianafosse uno dei tanti tentativi delcaotico dopoguerra di sostituire letradizionali verità di fede coniniziative rette e divulgate da facilied effimeri entusiasmi, che, unavolta esauriti, avrebbero lasciato undoloroso seguito di delusioni. Conl’andare degli anni molti si sonoricreduti»

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