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Il Bosco gestito · Il bosco è un luogo dove è possibile trovare molte deli-zie alimentari come:...

Date post: 19-Aug-2020
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Il bosco gestito è una risorsa per tutti
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Il bosco gestitoè una r i s o r s aper t u t t i

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EditoreCompagnia delle ForesteVia A. Guadagnoli, 39 - 52100 ArezzoTel. e Fax 0575.370846E-mail [email protected] Internet www.compagniadelleforeste.it

Finito di stampare nel Novembre 2002

Coordinamento editorialeSILVIA BRUSCHINI e PAOLO MORI - Compagnia delle Foreste

Autori testiSILVIA BRUSCHINI - Compagnia delle ForesteMASSIMO BIDINI - Compagnia delle ForesteMARCO CORGNATI - Regione Piemonte - Settore Politiche ForestaliVITTORIO ROSSI - Compagnia delle Foreste

Progetto Grafico, Impaginazione e Scelta ColoriELENA PALAZZINI - Ecoalleco s.r.l. (AR)

IllustrazioniENRICO CETICA (personaggi), PAQUITO FORSTER (soggetti naturalistici)

FotografieCHIARA ALTERINI, ANDREA BARGHI, LORENZO CAMORIANO, MARCO CORGNATI, ENRICO MARCHI, PAOLO MORI, ELENA PALAZZINI, FABRIZIO POLVANI, VITTORIO ROSSI, LEDA TIEZZI

Revisione testiREGIONE PIEMONTE - SETTORE POLITICHE FORESTALI

PAOLO MORI - COMPAGNIA DELLE FORESTE

Distribuito daRegione Piemonte - Settore Politiche ForestaliCorso Stati Uniti, 21 - 10128 TorinoFax 011.4325910E-mail [email protected]

Questa pubblicazione è stata realizzata per iniziativa e con il finanziamento della

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Per gestireo c c o r r ec o n o s c e r e

Roberto VaglioAssessore politiche per la montagna,

foreste e beni ambientali

Due anni fa la Regione Piemonte realizzò

SELVIPIEMONTE, un opuscolo divulgativo

dedicato ai ragazzi. Oggi presentiamo questa

nuova pubblicazione destinata ad un pubblico

più vasto. Stessi argomenti ma trattati con

maggiore approfondimento, concetti, riferi-

menti e dati statistici riportati con semplicità e

mantenendo uno stile agile e di facile consulta-

zione.

Ci addentriamo nelle problematiche forestali

con un approccio tecnico ma non accademico.

In questi ultimi anni la materia forestale ha

conosciuto una significativa evoluzione: c’è

stato ovviamente il perfezionamento delle

conoscenze e delle pratiche forestali, ma

soprattutto è maturata una moderna conside-

razione del bosco, non solo bene collettivo da

proteggere ma anche come risorsa da valoriz-

zare. Il patrimonio forestale è dunque prezioso

per il valore paesaggistico, per la funzione che

esercita di difesa del suolo, per i suoi innumere-

voli utilizzi.

Il bosco è un ambiente naturale delicato e com-

plesso ma generoso: il legname – fonte di ener-

gia rinnovabile e materia prima di grande pre-

gio per l’industria manifatturiera e per l’arti-

gianato – il paesaggio, il turismo, le attività

ricreative, la stabilità dei versanti, la garanzia

per il clima sono le risorse a disposizione della

collettività. Ma queste risorse dipendono stret-

tamente dallo stato di salute delle foreste, cioè

dalla cura e dalla manutenzione che l’uomo

deve costantemente fornire. Il bosco è bello,

sano e produttivo nella misura in cui si inter-

viene riducendo la densità di soggetti arborei,

favorendo la crescita degli esemplari, mante-

nendo sui versanti la massa legnosa utile a

rinforzare il terreno evitando che l’incremento

eccessivo del peso sia causa prima di dissesti.

Questa pubblicazione si prefigge lo scopo di

spiegare i motivi per cui l’intervento umano è

indispensabile e di riqualificare la figura dell’o-

peratore forestale, del boscaiolo, vero prota-

gonista della qualità e della salute del nostro

patrimonio forestale.

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Aria

Il bosco migliora la qualità dell’aria. Gli alberi trattengono le polveri e, graziealla fotosintesi clorofilliana, immagazzi-nano la CO2 (uno dei gas ritenuti respon-sabile dell’effetto serra) atmosferica pro-ducendo ossigeno come “scarto”.

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Il bosco è un sistema naturale potenzialmente in grado di fornire una vasta

gamma di benefici alla società, sia sotto forma di prodotti che di servizi. Di

alcuni possiamo godere grazie alla sola presenza del bosco, altri sono otte-

nibili unicamente interagendo con questo tramite interventi realizzati con

competenza tecnica e senso di responsabilità. Non tutti i benefici possono

essere richiesti allo stesso bosco nello stesso momento e neppure si può

pensare di massimizzarne uno solo, poiché ciò potrebbe portare all’impos-

sibilità di ottenerne altri. Tuttavia, l’uomo può intervenire per ottenere in

maggior misura alcuni benefici ritenuti prioritari, senza ridurre le potenzia-

lità del bosco.

Biodiversità e protezione di habitat

Il bosco è l’ambiente in cui vivono molte spe-cie vegetali e animali. Rappresenta per que-sto una sorta di banca del patrimonio gene-tico naturale. Ogni bosco ha una propria bio-diversità che ne determina la capacità di rea-zione alle perturbazioni esterne.

Bosco:non solol e g n o

Energia

Il bosco è un “accumulatore” di energia solare che viene immagazzinata nel legnodurante tutta la vita degli alberi. Questa energia viene restituita all’ambiente o con ladecomposizione della sostanza organica o, più rapidamente, attraverso la combustio-ne. L’energia fornita dal legno è pulita, rinnovabile e non altera il ciclo del carbonio(vedi Box).

Clima

Il bosco influenza il clima poi-ché mitiga le escursioni termi-che, sia giornaliere che stagio-nali, frena la velocità del ventoe accresce l’umidità atmosferi-ca, sia al suo interno che nelleimmediate vicinanze.

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Legno e derivati

Il bosco produce legno, materia prima rin-novabile, dal quale si ricavano molti ogget-ti di uso comune: travi, bottoni, parquet,matite, barche, staccionate e strumentimusicali... e molto altro ancora. Anche lefibre della carta su cui è scritta questa pub-blicazione una volta facevano parte di unbosco, così come molte resine e tannini chevengono utilizzati dall’industria chimica.

Prodotti non legnosi

Il bosco è un luogo dove è possibile trovare molte deli-zie alimentari come: funghi, tartufi, castagne, nocciole,ecc.. Anche la selvaggina trova rifugio e cibo nel bosco.

Paesaggio

Il bosco è una componente importantedel paesaggio, soprattutto in aree forte-mente antropizzate, dove si alternaall’ambiente agrario e a quello urbano.

Protezione del territorio

Il bosco, specialmente inmontagna, svolge impor-tanti funzioni di protezione:- riduce il pericolo di frane;- diminuisce la possibilità di distacco delle valanghe o ne frena la discesa;- limita l’azione battente della pioggia;- rallenta il deflusso dell’acqua piovana che viene prima assorbita dalsuolo, reso più poroso grazie alla presenza di radici e sostanza organica,e poi rilasciata lentamente. Tale azione, chiamata “regimazione delle acque”, riduce anche la velocitàdi scorrimento dell’acqua e di conseguenza l’erosione superficiale e ilrischio di alluvioni.

Turismo e attività ricreative

Il bosco è l’ambiente ideale per ritemprare il corpo nello spi-rito e nel fisico, soprattutto per chi abita in città. Il richiamoturistico delle zone forestali ha favorito lo sviluppo di attivitàcollaterali (artigianato locale, produzione di specialitàgastronomiche, attività sportive, ecc.) fonti di lavoro e di red-dito per aree altrimenti marginali.

BOX - Il ciclo del carbonio e l’assorbimento di CO2 da parte delle piante La CO2 è considerata uno dei gas

maggiormente responsabili dell’effetto serra e dei cambiamenti climatici

che ad esso sembrano collegati. Con l’impiego di combustibili fossili si

immettono nell’atmosfera molecole di CO2 che erano state sottratte al ciclo

del carbonio decine di migliaia di anni fa, causandone così un incremento

della concentrazione. Le piante, con la fotosintesi, sottraggono CO2 dall’at-

mosfera, la trasformano attraverso processi chimici e la immagazzinano nei

tessuti sotto forma di sostanza organica (fusto, chioma, radici). Quando un

albero muore, i suoi tessuti nel corso di alcuni anni vengono decomposti da

batteri e funghi e la CO2 immagazzinata nel legno ritorna nell’atmosfera. Il

carbonio viene così prima accumulato e poi rilasciato nella stessa quantità,

senza che il suo ciclo venga alterato. La stessa situazione, ma in tempi più

brevi, si verifica quando il legno viene impiegato come combustibile. La

quantità di CO2 rilasciata è la medesima. Se invece il legno viene utilizzato

per oggetti, come elementi strutturali, mobili, infissi ed altro, la CO2 rimane

immagazzinata per un periodo di tempo più lungo. L’uso di combustibili fos-

sili può essere solo parzialmente e temporaneamente compensato con

l’aumento della superficie forestale. La strada migliore per diminuire la con-

centrazione di CO2 è rappresentata dall’impiego del legno e di altre risorse

rinnovabili in sostituzione di materiali la cui produzione e il cui smaltimento

incidono nel bilancio del carbonio.

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Come ottenerebenef ici dalb o s c oSe l’uomo non avesse bisognodei benefici del bosco… non esisterebbe la selvicoltura!Sebbene il bosco non abbia bisogno dell’intervento dell’uomo, l’uomo non può fare a meno dei bene-fici che derivano dal bosco. Se possiamo godere di alcuni di questi grazie alla sola presenza di aree fore-stali (es. biodiversità e mitigazione del clima), altri invece si possono ottenere solo attraverso l’interven-to dell’uomo (es. legno). Ci sono poi altri benefici, come la protezione dei centri abitati, di cui si potreb-be usufruire grazie alla sola esistenza del bosco, ma che vengono migliorati e soprattutto resi continuida una corretta gestione forestale.

Assecondare le dinamiche naturalirende sostenibile il rapporto uomo-boscoIl bosco è un sistema vivente complesso e in grado di fornire materie prime e benefici immateriali (ser-vizi) in relazione alle caratteristiche dell’ambiente fisico, allo stadio evolutivo in cui si trova e alla sua loca-lizzazione nei confronti dei fruitori. Con idonee pratiche colturali l’uomo può potenziare alcuni beneficiin funzione dei propri bisogni e della naturale dinamica evolutiva di ogni bosco. In ogni caso ciascunaazione deve essere finalizzata, nel lungo periodo, ad armonizzare i benefici che il bosco produce attra-verso un ecosistema flessibile e per questo in grado di reagire meglio alle perturbazioni.

È infatti indispensabile interagire con il bosco assecondando il più possibile le dinamiche naturali, cosìda ottenere i benefici cercati senza intaccare la sua capacità di riprodurli nel futuro.

La Selvicoltura si puòdefinire come la scienza e l’insiemedi tecniche che hanno come scopola “coltivazione” dei boschi finaliz-zata ad ottenere i benefici attesi, amantenere l’ecosistema in grado diriprodurli indefinitamente e, sepossibile, in maggior misura.

protezione del territorio

biodiversità

qualità dell’aria e del clima

paesaggio

turismo

protezione del territorio

biodiversità

qualità dell’aria e del clima

energia

legnoCiascun intervento o pratica selvi-

colturale deve tener conto che la capacitàdei boschi di produrre benefici può esaurirsia seguito di interventi non adatti, o meglio,utili soltanto in determinate circostanze. Adesempio la pratica della “pulizia del bosco”che, se non in caso di reali rischi d’incendio,costituisce soltanto un impoverimento del-

l’ecosistema.

prodotti non legnosi

paesaggio

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Tra bosco e societàPer poter usufruire dei prodotti e dei servizi del bosco è

necessario interagire con esso. Ci sono dei soggetti che lo

fanno di professione operando in vari ambiti che, semplifi-

cando, si possono così suddividere:

ambito politico

• I politici devono dare indicazioni sugli obiettivi da perse-

guire tenendo conto delle esigenze e degli impegni a livel-

lo locale, regionale, nazionale, europeo e globale;

ambito scientifico

• I ricercatori del settore forestale, attraverso lo studio e la

sperimentazione in bosco, mettono a punto, valutano e

diffondono nuove tecniche e metodologie di gestione e col-

tivazione dei boschi (in Piemonte: Corso di Laurea in Scienze

Forestali e Ambientali dell’Università di Torino; Istituto

Sperimentale per la Pioppicoltura);

ambito della pubblica amministrazione

• I pianificatori forestali traducono le linee guida dall’ambito

politico al territorio e danno indirizzi concreti su dove, come

e quando intervenire;

• gli addetti al controllo (guardie e funzionari) verificano che

gli interventi che si realizzano nei boschi rispettino le nor-

mative nazionali e regionali (in Piemonte: Corpo Forestale

dello Stato, guardiaparco);

ambito gestionale

• I proprietari boschivi possono essere pubblici o privati,

persone fisiche o giuridiche. In ogni caso i proprietari sono

il motore di qualsiasi iniziativa d’uso del bene forestale (in

Piemonte: circa il 68% delle foreste sono private, il restante si

divide tra proprietà comunali (28,5%), statali e regionali (1%)

e appartenenti ad Enti Consorzi e Aziende (2,5%));

• I tecnici forestali: laureati in Scienze Forestali e Scienze

Agrarie, liberi professionisti o dipendenti di Enti pubblici,

che, basandosi sulla loro preparazione, operano le scelte

selvicolturali facendo riferimento alle leggi e applicando la

pianificazione (in Piemonte: i Dottori forestali iscritti agli

Albi professionali provinciali sono circa 200 e i Dottori agro-

nomi circa 600);

ambito operativo

• Gli imprenditori forestali: titolari di ditte di utilizzazioni

boschive, a volte anche proprietari dei terreni forestali.

Traggono il loro reddito dall’acquisto di boschi in piedi e

dalla vendita di legname abbattuto (in Piemonte le ditte

boschive attive sono circa 880);

• gli operai forestali possono essere dipendenti di Enti pub-

blici, di ditte private o di cooperative (In Piemonte gli operai

dipendenti della Regione sono circa 500).

Esistono poi molte figure che hanno a che fare in modo più

o meno diretto con le attività che si svolgono in bosco, basti

pensare a: raccoglitori di funghi e tartufi, guardie venatorie

e guardaparco, guide naturalistiche, educatori ambientali,

cacciatori, commercianti di legname e trasportatori, produt-

tori di macchine ed attrezzature per il lavoro in bosco ecc..

“Non intervenire” non significa ottenere un ambiente migliore

Una scelta gestionale potrebbe essere quella di non intervenirelasciando seguire ai boschi le proprie dinamiche evoluitve. Manell’attuale società europea non interagire attraverso un correttointervento selvicolturale e rinunciare a qualsiasi attività all’internodei boschi provocherebbe, almeno inizialmente, un invecchia-mento generalizzato dei soprassuoli, fino ad arrivare ad una fasein cui la maggior parte delle piante cadrebbe a terra. Boschimolto invecchiati non sarebbero più in grado di fornire gran partedei benefici richiesti dall’uomo e si potrebbero riscontrare alcuniinconvenienti come:- riduzione periodica della funzione protettiva dei centri abitati;- riduzione della fruibilità turistico-ricreativa;- sospensione del prelievo legnoso, con ovvie ripercussioni per leeconomie locali (es. riduzione del reddito nelle aree montane emarginali).Ma sarebbe anche un danno per l’ambiente stesso, ad esempioper:- l’aumento del materiale combustibile a terra e la difficoltà di cir-colazione per la prevenzione e la lotta agli incendi boschivi;- l’incremento delle immissioni di CO2 nell’atmosfera dovuto adun crescente impiego di combustibili fossili per il riscaldamento;- l’ulteriore pressione sulle foreste extraeuropee (tropicali e non)sfruttate in maniera irrazionale, se non distruttiva, per l’ingenteprelievo di legname;- l’aumento dell’impiego di materiali non legnosi come plastica,alluminio, acciaio, ecc., con maggior impatto ambientale per laloro produzione e per il loro smaltimento.

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La selvicolturasi adatta alle esigenze della s o c i e t à

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Per l’uomo la necessità di definire tecniche adeguate e di regolamentare l’interazione con le risorse naturali nasce nel momento in cui si rende conto

che queste sono limitate rispetto alla domanda e ai suoi futuri sviluppi.

L’alba della selvicolturaAll’incirca nella seconda metà del XVIII secolo, in seguito alla rivoluzio-

ne industriale, cambiò in Europa l’approccio dell’uomo nei confronti

del bosco. Non si facevano più soltanto prelievi per uso domestico o

utilizzazioni per ottenere terreni agricoli. La legna iniziò ad essere usata

per l’attività mineraria e poi anche dall’industria e dai trasporti, come

combustibile per le macchine a vapore. L’uomo, abituato fino a quel

momento a prelevare legname senza limiti, si rese conto che le super-

fici forestali stavano diminuendo troppo rapidamente e che questo

non solo comprometteva la disponibilità futura della materia prima,

ma aveva anche altre gravi conseguenze ambientali. Si cominciò allo-

ra a vedere il bosco come un sistema da “coltivare”, con cui interagi-

re; non più soltanto come una sorgente da cui prelevare.

Solo una selvicoltura flessibile può essere adattata a tutti i boschiLa presa di coscienza di queste oggettive difficoltà è stata alla base di un nuovo approccio gestio-nale sviluppatosi già a partire dalla fine del 1800: la “selvicoltura naturalistica”.Tutti sono in grado di capire come sia limitante stabilire un’unica dieta (rigida nelle scelte e nellaquantità) per un’intera popolazione. Un adolescente ha bisogno di un’alimentazione diversa daquella di una persona anziana, come chi fa un lavoro fisico e dello sport necessita di un numerodi calorie maggiori rispetto ad un bambino o a chi fa vita sedentaria. Allo stesso modo risulta limi-tante gestire i boschi di una Regione o peggio ancora di uno Stato con la stessa regola e misura.All’interno di uno stesso bosco la variabilità è tale che una scelta gestionale valida per una zonadi impluvio può essere improponibile 50 m più in là, in una zona di displuvio! Solo una selvicol-tura flessibile, basata sulla conoscenza del singolo bosco e dei meccanismi naturali che ne deter-minano le dinamiche, è in grado di rispettare e di valorizzare al massimo le potenzialità che si tro-vano in ogni ecosistema forestale.

Una selvicoltura schematica non valorizza il boscoDovendo individuare e definire delle tecniche di “coltivazione” dei boschi, mai applica-te in precedenza, se non in rari casi ed in aree molto ristrette (come per es. in Piemonteil Bosco della Partecipanza di Trino), la scelta più semplice ed immediata è stata quelladi realizzare interventi mirati a massimizzare la sola produzione legnosa, salvaguardan-do il bosco come sistema produttivo di legname. Tali interventi si presentavano sche-matici e, come quelli effettuati per le colture agrarie, miravano alla realizzazione di unaserie di azioni ad intervalli di tempo predeterminati. Fu così che si cominciarono a segui-re e codificare delle vere e proprie regole di gestione dei boschi che, se da una parteavevano il pregio di limitare lo sfruttamento indiscriminato della risorsa e di essere disemplice applicazione e controllo, dall’altra tendevano ad appiattire e semplificare unecosistema per sua natura fortemente complesso, non potendo tenere conto dellavariabilità tra i boschi e all’interno degli stessi.

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La selvicoltura prossima allanatura: il bosco visto dal boscoLa selvicoltura naturalistica più che un insieme di tecniche e di interventi deve essere con-siderata come un approccio alla gestione del bosco. Fare selvicoltura significa, in ognicaso, interagire con il bosco per ottenere da esso benefici. La definizione prossima allanatura sta ad indicare che questi benefici si vogliono ottenere massimizzando la funzio-nalità bio-ecologica della foresta e gestendo quest’ultima attraverso la conoscenza e l’im-piego permanente delle dinamiche naturali. In altre parole, partendo dall’osservazione dellostato attuale di un popolamento forestale, si punta a valutare le dinamiche evolutive in atto(accrescimento, invecchiamento, rinnovazione, variazioni nella composizione specifica e/onei rapporti strutturali, ecc.) e i potenziali benefici ottenibili. Successivamente è possibilestabilire su quali dinamiche si può contare per ottenere i benefici attesi e quali invece, rima-nendo nei limiti della funzionalità ecologica dell’ecosistema, devono essere “corrette” coninterventi selvicolturali. Tra gli elementi fondamentali che concretizzano questo approccioci sono:

- la preferenza per la rinnovazione naturale;

- la realizzazione di interventi mirati ad ottenere la maggior mescolanza possibile di speciearboree indigene;

- la preferenza per strutture(1) irregolari o variamente articolate;

- la tendenza ad assecondare al massimo le dinamiche spontanee, riducendo al minimo gliapporti di energia esterna (lavoro e capitale).

Selvicoltura polifunzionale: un’esigenzadella società modernaLe necessità che la società moderna si aspetta di risolvere attraverso

l’interazione con il bosco sono molteplici e variano rapidamente nello

spazio e nel tempo. Per soddisfare in ogni momento tali aspettative è

necessario disporre di boschi con alberi di più specie e di più età, capa-

ci di produrre, in piccole quantità, ma con continuità nello spazio e nel

tempo, i benefici di carattere ambientale, economico e sociale richie-

sti. Boschi con tali caratteristiche possono essere ottenuti solo grazie

ad una selvicoltura attenta agli equilibri ecologici e alle reali potenzia-

lità di ogni foresta.

Il Bosco delle Sorti della Partecipanza di Trino è un chiaro esempio di gestione

forestale collettiva e continuata nel tempo. Infatti dal 1275 i “partecipanti” (soci), oggi circa 1.400, gestisco-

no e amministrano collettivamente oltre 550 ettari di foresta planiziale nel rispetto delle seguenti finalità: uti-

lizzo del legname (ad ogni partecipante spettava ogni anno il taglio di una porzione di bosco estratta a

“sorte”) e protezione del bosco da un’eventuale trasformazione a coltivo.

Dal 1991 il bosco fa parte dell’omonimo Parco Naturale Regionale (L.R. n. 38/91).

(1) Struttura: per struttura di un bosco si intende ladisposizione spaziale delle piante sia in senso verticale cheorizzontale. La struttura verticale è il modo con cui lepiante distribuiscono le chiome nello spazio. La strutturaorizzontale indica come le chiome si dispongono nellospazio orizzontale a copertura del suolo.

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Biodiversitàe gestionef o r e s t a l e

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Il bosco: non solo alberi Con l’avvento di discipline come l’ecologia, si è cominciato a vedere il bosco non solo come un insieme di alberi, ma come uno degliecosistemi terrestri più complessi. Qui, oltre alle piante e agli altri organismi vegetali (autotrofi), primo gradino di tutte le catene alimen-tari, vivono anche mammiferi, uccelli, insetti, funghi e bioriduttori (eterotrofi). Questi non sono più considerati come singoli elementi scol-legati ma come un sistema vitale complesso, dove gli organismi presenti intrecciano rapporti e relazioni sociali di vario genere (simbiosi,parassitismo, commensalismo) e interagiscono tra loro e con l’ambiente che li circonda, determinandone caratteristiche ed equilibri.

L’utilità dellabiodiversitàLa diversità biologica (biodiversità) di unbosco può assumere vari aspetti che, insie-me, determinano la capacità funzionale diquesto ecosistema:

• diversità compositiva: ogni ecosistemaforestale è caratterizzato da un numerovariabile di specie (vegetali ed animali) chedipende dall’ambiente in cui si sviluppa edalle perturbazioni, naturali e provocatedall’uomo, che ha subito;

• diversità genetica: all’interno di unaspecie gli individui sono di norma genetica-mente diversi tra loro. Le condizioniambientali selezionano oltre le specie piùidonee a vivere in una determinata area,anche i singoli individui, di una stessa spe-cie, geneticamente più adatti. La diversitàgenetica consente l’affermazione di popo-lamenti locali e può contribuire alla perpe-tuazione della specie in caso di eventi cata-strofici (es. pullulazioni impreviste di insetti,variazioni climatiche repentine);

• diversità strutturale: la presenza, nellapiù piccola superficie possibile, di alberi infasi evolutive diverse (giovani, maturi, vec-chi, morti) permette un migliore utilizzo diluce ed elementi nutritivi, dando origine aun maggior numero di micro-habitatrispetto a strutture omogenee su tutta lasuperficie del bosco.

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La Gestione Forestale SostenibileSi può definire come l’interazione pianificata tra società e bosco finalizzataa mantenere o accrescere le possibilità dell’ecosistema di produrre beneficiambientali, economici e sociali, per le generazioni presenti e per quellefuture, sia a livello locale che globale.

Una buona gestione favorisce l’efficienza funzionale del bosco

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Un bosco gestito produce piu’ beneficiAffermare e promuovere la biodiversità, come

elemento fondamentale per l’esistenza del

bosco, spesso va ben oltre agli immediati

bisogni dell’uomo. La gestione forestale deve

tener conto della stabilità bio-ecologica del-

l’ecosistema in quanto ciò significa avere un

bosco sano e ricco di vita. E un bosco sano è

anche un bosco da cui è più facile ottenere

benefici senza alterarne le potenzialità e le

dinamiche evolutive. Tutelare la biodiversità

può consentire una diversificazione dei pro-

dotti ottenibili riducendo i rischi economici.

Secondo le dichiarazioni sulla biodiversità enun-ciate nella Conferenza di Rio (1992), gli obietti-vi di una gestione sostenibile del bosco sono:

- conservare ed aumentare la diversità biologica;

- assecondare la disomogeneità strutturale e lamescolanza, favorendo le specie rare o a rischiodi estinzione;

- accrescere la capacità di autorganizzazione eintegrazione tra gli esseri viventi che fanno partedell’ecosistema (componente biotica) e tra que-sti e l’ambiente fisico (clima e suolo - compo-nente abiotica).

- evitare, in alcuni casi, qualsiasi forma di prelie-vo in vista di un migliore equilibrio bio-ecologico.

I soggetti preposti alla gestione forestale chevogliono perseguire una gestione sostenibiledevono:

- considerare l’ecosistema forestale nella sua glo-balità;

- analizzare puntualmente tutte le sue compo-nenti;

- scegliere, di volta in volta, gli obiettivi prioritarie gli interventi in funzione delle condizioni dipartenza.

Non esiste il boscoma esistono... i boschi Due ecosistemi forestali simili, in cui

sono presenti le stesse specie vegetali,

le stesse famiglie di insetti, gli stessi

mammiferi, non saranno mai completa-

mente uguali. Ognuno seguirà le pro-

prie dinamiche evolutive e svilupperà,

di volta in volta, i propri equilibri in fun-

zione delle perturbazioni esterne e

delle interazioni con gli ecosistemi a

loro più vicini. Ciascun bosco, perciò,

presenta delle proprietà intrinseche

non riconducibili direttamente a quelle

dei suoi componenti, ma strettamente

legate al complesso di tutti i fattori bio-

tici e abiotici che vi agiscono.

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Ogni boscoha le suecaratteristiche

La capacità di emettere polloni non è eternaNel taglio del ceduo si devono rispettare delle regolebiologiche: la capacità di emettere polloni non è eternae dipende dalla specie. Nel caso del faggio, per esempio,tagliando una pianta oltre i 35-40 anni si rischia di avereemissione di nuovi polloni molto deboli o di non averneper niente (Box 1). Nel caso del castagno questo proble-ma non esiste, addirittura nascono ricacci sufficiente-mente vigorosi da ceppaie di piante centenarie.

BOX 1 La Deliberazione della

Giunta Regionale (D.G.R.) n. 66-884 del 18

settembre 2000 ha stabilito un’età massima

di taglio per i boschi cedui pari a 35 anni

(turno massimo), superato il quale il bosco

è da gestire con norme specifiche per le

fustaie. Per robinia, nocciolo e castagno,

non è previsto il turno massimo, dato che

queste specie mantengono molto a lungo la

capacità di emettere polloni.

Le matricineGeneralmente nei cedui, al momento del taglio, vengono rilasciate un certo numero di piante(meglio se originate da seme) chiamate matricine. La funzione delle matricine è quella digarantire la produzione di seme per sostituire, con nuove piantine, le vecchie ceppaie manmano che muoiono. Inoltre forniscono protezione al suolo, alla rinnovazione e, in alcuni casi,assortimenti di dimensioni maggiori, apprezzati soprattutto se di specie in grado di produrrelegname da lavoro. La presenza delle matricine in un ceduo può essere molto variabile, in quan-to dipende dalla specie, ed il numero minimo è regolato dalla normativa regionale (Box 2).Quando matricine e polloni convivono uniformemente distribuiti nello spazio senza che le unesiano marcatamente minoritarie rispetto agli altri si può parlare di ceduo sotto fustaia ofustaia sopra ceduo.

Forma di governoModo in cui il popolamento ha origine a seguito dell’intervento dell’uomo

I boschi chiamati ad altofusto o fustaie sono costi-tuiti, quasi esclusivamente, da alberi nati da seme (rin-novazione gamica o sessuata). Poiché questo tipodi riproduzione è attuata da tutte le specie arboree, lefustaie possono essere costituite sia da conifere che dalatifoglie. Il governo a fustaia permette di ottenereassortimenti legnosi di grandi dimensioni. Tuttavianelle fustaie il selvicoltore deve intervenire tenendosempre presente che non dovrà precludersi la possibi-lità di ottenere la rinnovazione da seme.

Si chiamano boschi cedui quelli costituitiprevalentemente da polloni, cioè piantenate dalla germinazione di gemme (rin-novazione agamica o vegetativa) pre-senti alla base di fusti (ceppaie) di moltelatifoglie. In questi boschi il selvicoltorecon un solo taglio utilizza il soprassuolopresente ed innesca la rinnovazione diquello futuro. Il governo a ceduo si usaper boschi da cui si vogliono ottenereassortimenti legnosi di piccole dimensioni,come paleria o legna da ardere.

Al fine della gestione selvicolturale è necessario inqua-

drare ciascun bosco attraverso la descrizione di alcuni

elementi che forniscono indicazioni sulla possibilità e

sulla necessità di interagire con un popolamento fore-

stale, per ottenere i benefici voluti. Sapere, per esempio,

l’età delle piante di un bosco, ci è utile per capire che

tipo di interventi sono possibili e necessari nel breve ter-

mine. Per gli stessi motivi è indispensabile conoscere le

specie presenti, le dimensioni delle piante rapportate

all’età e molto altro ancora.

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EtàBoschi coetanei: sono quelli in cui tutte le piante hanno la stessa età. Boschi disetanei: sono quelli in cui in una superficie relativamente limitata convivono piantedi diverse età.

Tipo di rinnovazioneQuando un bosco o una pianta si rigenera seguendo meccanismi biologici, spontanei o indotti dal-l’uomo, si parla di rinnovazione naturale. A volte può essere necessario dover ricorrere alla rinno-vazione artificiale. Cioè ottenere il soprassuolo futuro attraverso la semina o la collocazione a dimo-ra di piantine di specie forestali prodotte in vivaio. Ciò comporta tecniche diverse e soprattutto costimaggiori, è quindi più economico puntare ad ottenere la rinnovazione naturale.

Struttura verticaleDistribuzione spaziale delle chiome

I boschi a struttura monoplana o monostratificati sono quelli incui tutti gli alberi dispongono le chiome su un unico livello, cioè circaalla stessa altezza. Generalmente questa struttura è il risultato di untipo di trattamento selvicolturale che tende ad uniformare il bosco,spesso con piante apparentemente della stessa età. I boschi a struttura irregolare o pluristratificati sono quelli in cuile chiome occupano irregolarmente lo spazio aereo a diverse altez-ze dal suolo. In genere ciò deriva dalla convivenza di specie diversee/o di piante di età differenti.

BOX 2 Il numero

di matricine da lasciare in

occasione del taglio di utiliz-

zazione del bosco ceduo è

regolato dalle Prescrizioni di

Massima e di Polizia Fore-

stale (PMPF) e in Piemonte

è di 50 piante ad ettaro;

fanno eccezione alcune

specie quali il castagno, per

cui sono sufficienti 20 pian-

te ad ettaro.

Per ontano, salice, robinia,

nocciolo e pioppo invece

non è obbligatorio rilasciare

matricine

Composizione specificaSpecie vegetali presenti in un soprassuolo

I boschi si dicono puri o monospecifici quando sono costituiti da una sola speciearborea. Ciò può essere una scelta colturale (per l’ottenimento di un determinatoassortimento legnoso) o una condizione naturale (per es. alcune specie come il faggionel loro ambiente ottimale tendono a formare “boschi puri”).I boschi misti o polispecifici sono invece i soprassuoli in cui si mescolano più speciearboree. Dal punto di vista ecologico questa è una condizione che favorisce la biodi-versità, da quello economico può rendere possibile la diversificazione dei rischi attra-verso l’ottenimento di più assortimenti legnosi.

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Intervenire significa:c o n o s c e r es c e g l i e r et a g l i a r e

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L’uomo per ottenere tutti

i benefici che si possono

ricavare dal bosco e per

garantirne la continuità,

deve inevitabilmente rea-

lizzare degli interventi sel-

vicolturali che si concre-

tizzano prevalentemente

nella scelta degli alberi da

tagliare.

I tagli di abbattimento:stesse azioni ma scopi diversi

La D.G.R. n. 66-884 del 18 settembre2000 ha definito alcuni aspetti relativi al taglio di alberi

in bosco non trattati in altre normative. In particolare:

• nelle fustaie

- si definisce taglio raso: il taglio di tutta la vegetazione arbo-

rea su una superficie superiore a 1.000 m2;

- per il taglio di un numero di piante di alto fusto infe-

riore a 20 non è richiesta l’autorizzazione di cui alla

L.r. 57/79 sui tagli boschivi, ma la semplice

comunicazione scritta al Corpo Forestale dello

Stato da far pervenire 30 giorni prima dell’ini-

zio dei lavori;

• nei cedui

- per i tagli di superficie superiore a 5.000 m2 è neces-

sario dare, 30 giorni prima dell’inizio dei lavori, comu-

nicazione scritta al Corpo Forestale dello Stato.

Tagli di rinnovazione: quando l’eliminazione di alcunialberi è finalizzata a favorire la rinnovazione o la cresci-ta delle giovani piantine già presenti.

Tagli colturali: quando l’eliminazio-ne di alcuni alberi va a vantaggio dialtri che restano in quanto più funzio-nali agli obiettivi da perseguire (specieda salvaguardare, disseminazione,protezione della rinnovazione, “edu-cazione” di altri alberi, ecc.).

Tagli di raccolta: quando gli alberi,superata una certa età (stabilita perlegge) o comunque una certa sogliadimensionale, vengono abbattutiper ricavare legname.

La distinzione dei diversi tagli nella pratica non è sem-pre così netta, perché l’eliminazione di piante adulteper qualsiasi motivazione ha, in ogni caso, moltepliciconseguenze (creazione di spazi “vuoti”, nascita dinuove piantine, espansione delle chiome degli indivi-dui circostanti, ecc.). Così come l’utilizzazione di albe-ri a fini produttivi in molti casi coincide decisamentecon l’innesco dei processi di rinnovazione.

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Interventi in sequenzaoppurecontemporaneiNelle fustaie coetanee gli interventi sonoeffettuati sulla stessa porzione di boscosecondo. Prima si punta ad ottenere la rinno-vazione, poi si effettuano le cure colturali(uno o più diradamenti) infine si procede all’u-tilizzazione di fine turno. A questo puntosaranno predisposte azioni mirate a favorire lacostituzione del nuovo popolamento (rinno-vazione). Nelle fustaie gestite con criteri prossimi allanatura, dovranno essere pianificati degli inter-venti di prelievo (moderati), ad intervalli ditempo relativamente brevi (es. 4-8 anni) in cuiutilizzazione e cure colturali coincidono.Questi interventi mirano a: produrre legnamedi pregio, differenziare età e struttura,aumentare la biodiversità, incrementare lastabilità e quindi migliorare la funzionalitàcomplessiva del bosco.

Quando tagliare significa migliorareTutti gli interventi selvicolturali finalizzati a migliorare la produzione di un qualsiasi beneficio (qualità dei fusti, stabilità meccanica dellepiante, protezione del suolo, ecc.) sono chiamati cure colturali. Tecnicamente si tratta di interventi mirati alla riduzione della densitàdegli alberi (sfolli e diradamenti). Questi interventi, simulando ed anticipando le naturali dinamiche di competizione, permettono aglialberi che rimangono di accrescersi più velocemente e in maniera più equilibrata, perché dispongono di una maggiore quantità di luce,acqua ed elementi nutritivi.

ValorizzareLe cure colturali possono favoriredeterminate specie, oppure alberi chehanno fusti con migliori caratteristichestrutturali (forma regolare, grandevigore, scarsa presenza di rami sulfusto) e, potenzialmente, con valoreeconomico più elevato.

SalvaguardareLe cure colturali servono anche a limi-tare o evitare danni causati dalla pro-pagazione di funghi, insetti e parassi-ti. Con i tagli fitosanitari vengonoabbattute ed asportare dal bosco lepiante più malate e instabili, che pos-sono rappresentare un pericolo pergli altri alberi e per chi frequenta ilbosco anche a scopi ricreativi.

DiversificareLe cure colturali possono essere effet-tuate per motivi di ordine biologico(es. per il mantenimento e lo sviluppodi specie eliofile in popolamentimisti). In questo caso gli interventipossono assumere anche l’aspetto ditagli a raso su piccolissime superfici.

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I boschidel Piemontec r e s c o n o

In Piemonte, come un po’ ovunque in Europa, si sta assistendo

ad un incremento delle foreste sia in termini di volume di albe-

ri in piedi, che di superfici boscate. Questo dipende dai cam-

biamenti socio-economici degli ultimi decenni, durante i quali

da una parte si è tagliato ogni anno molto meno di quanto le

foreste potessero produrre, e dall’altra si sono originati nuovi

boschi per invasione spontanea di zone abbandonate dall’agri-

coltura e dalla pastorizia.

Le utilizzazioni forestaliOgni anno in Piemonte i boschi utilizzati sono pari a circa l’1,3%della superficie forestale regionale. In termini di volume si ricava-no ogni anno circa 750.000 m3 di legname, ciò vuol dire che siutilizza solo un terzo di quanto si accrescono tutti insieme glialberi del Piemonte in un anno. Il legname tagliato ogni anno proviene per circa il 50% da col-ture specializzate di pioppo, il 40% da boschi governati aceduo e per il 10% da fustaie.

I tipi forestaliVolendo fornire ai tecnici idonei stru-

menti di classificazione della vegetazione forestale, la Regione Piemonte ha predisposto larealizzazione dei Tipi forestali del Piemonte. Si tratta di un sistema di inquadramento dellavegetazione forestale nel quale ciascun bosco piemontese viene distinto in base alle spe-cie (arboree e non) presenti, alla loro ecologia, allo stadio evolutivo del popolamento, alletendenze evolutive osservate, nonché agli interventi antropici più frequentemente attuati.L’unità di base è il tipo (es. lariceto a megaforbie) che subordinatamente può essere sud-diviso in eventuali sottotipi (es. basifilo a Sesleria varia) e varianti (es. con abete); mentre più tipi affini si raggruppanoin categorie (es. lariceti e cembrete). Questo sistema permette di mettere in relazione due boschi posti in zone anchemolto distanti tra loro, ma che per caratteristiche vegetazionali, ambientali ed evolutive risultino abbastanza simili. Le tipologie, se correttamente interpretate, costituiscono la base per la pianificazione di singole aree forestali e, in sensopiù ampio, del territorio. Infatti ogni scheda corrisponde a un tipo di bosco e, oltre a caratterizzarlo dal punto di vistaecologico-vegetazionale, fornisce una serie di informazioni (es. particolari problemi di tipo ambientale o di malattie inatto, indicazioni sulla struttura) e suggerimenti utili per la sua gestione.

Una gestione dei boschi vicina alla natura, pre-

vede l’inquadramento di questi ultimi in fun-

zione delle caratteristiche dell’ambiente e della

vegetazione presente (arborea, arbustiva ed

erbacea) al fine di basare gli interventi su cor-

retti presupposti ecologici.

altrofustaie cedui pioppeti ecastagneti

formazionirupestri,

riparie edarbusteti

24,8

46,0

7,6

18,6

3,0

50454035302520151050

%

La superficie forestaleLa superficie forestale del Piemonte è pari a 743.400 ettari (quasi il 30% della superficie territoriale complessiva); di questa circa il 25% è rappresentato dafustaie e il 46% da cedui mentre la restante superficie è catalogata come pioppeti, castagneti da frutto ed altre formazioni particolari. Questi dati si riferi-scono all’Inventario Forestale Nazionale realizzato nel 1985 e non ancora aggiornato. Ma rilievi eseguiti a partire dal 1997 e tutt’ora in corso, ai fini dellapianificazione regionale, evidenziano un aumento della superficie forestale di almeno il 10% nelle zone montane ed ancor più in collina. Negli ultimi 40anni in Piemonte si è verificata una costante e spontanea diffusione del bosco su pascoli e coltivi, in seguito all'abbandono delle attività agro-pastorali.

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Intervento o non intervento?

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Boschi di neoformazioneNuove realtà da gestire

Il ritorno della vegetazione forestale negli ex-coltivi e nei pascoli abbandonati può dar luogo alla nascita di nuovi soprassuoli forestali. È bene tenere conto che, per legge, il bosco è una desti-nazione d’uso del suolo irreversibile. Nel caso di boschi di neoformazione, una volta definibili come tali in base alla normativa forestale, non è più possibile tornare alla condizione prece-dente di pascolo o terreno agricolo. È importante quindi valutare in precedenza quali possono essere le conseguenze di un abbandono e scegliere piuttosto che subire!

In base al DM 227/2001

si definiscono ”bosco”: i popolamenti arborei oarbustivi di origine naturale,le aree boscate temporanea-mente prive di soprassuolo acausa di utilizzazioni, avver-sità o eventi accidentali, leformazioni riparie o rupe-stri con una superficie mini-ma di 2.000 m2 e larghezzaminima, misurata al piededelle piante di confine, di 20m, salvaguardando comun-que la continuità e l’omoge-neità delle aree. La copertu-ra minima delle chiomedeve essere del 20%.

Come per la selvicoltura applicata a soprassuoli forestali giàaffermati, anche per i boschi in fase di costituzione occorreràintervenire, o non intervenire, valutando attentamente:

• La diversità biologica: le zone di transizione tra bosco edex-coltivi e/o ex-pascoli sono ambienti in cui la biodiversità èelevata e in cui tendono a concentrarsi numerosi micro-habi-tat ricchi di specie appartenenti ai due ecosistemi.

• Il controllo delle dinamiche ecologiche: il mantenimen-to di radure vicine ai soprassuoli forestali, o al loro interno,può ridurre notevolmente la pressione degli ungulati ed altrierbivori sul bosco (che possono danneggiare e compromette-re la rinnovazione) fornendo loro aree di pascolo alternate azone di rifugio.

• Potenzialità produttive: nei terreni abbandonati in cui siè già insediato un bosco di neoformazione, vista la frequen-te presenza di latifoglie che possono produrre legname di

pregio (frassino, tiglio, ciliegio e aceri, dette anche latifoglie nobi-li) e la buona fertilità che generalmente caratterizza queste aree, èimportante considerare la possibilità di pianificare interventi selvi-colturali mirati alla valorizzazione del legname.

• Impatto sul paesaggio: anche gli ex-coltivi, i prati e i pascoliabbandonati e le radure sono importanti componenti naturali delmosaico di differenti ecosistemi che costituiscono il paesaggio per-cepito. Pertanto la loro gestione dovrà tenere conto dell’impattovisivo che l’intervento, o il non intervento, avrà sul territorio.

L’abbandono all’evoluzione naturale dei boschi di neoformazioneinfluirà molto sui futuri benefici che questi di conseguenza potran-no fornire alla società. Interventi selvicolturali precoci e puntualiche tengano conto delle originali condizioni di partenza, tipiche diogni stazione, possono evitare che vengano tralasciati, o addirit-tura persi, alcuni dei benefici essenziali che questi boschi sonopotenzialmente in grado di produrre.

Attenzione!I boschi di neoformazione e d’invasione non costitui-

scono ceduo in quanto mai ceduati in passato e pre-

valentemente originati da seme (rinnovazione gami-

ca) Per questo devono essere gestiti come boschi ad

alto fusto!

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• pianificare tenendo conto sia dei vincoli naturali (morfologia estabilità dei versanti) che dei vincoli amministrativi (frammenta-zione fondiaria e confini). Per ottenere, dalla viabilità, il massimoservizio con il minor impatto possibile è importante inoltre valu-tare a priori la necessità di strade, sia per quanto riguarda i siste-mi di esbosco che per l’accessibilità delle aree.Pianificare la viabilità forestale significa inserire in un quadrogenerale tutte le iniziative di proprietari privati, Comuni, Province,Regione e Comunità Montane, ma anche integrare le necessitàdei mezzi di trasporto (autocarri e trattori) con quelle dei sistemidi esbosco (canalette, gru a cavo);

• progettare in un’ottica di riduzione degli impatti. E’ importantescegliere tracciati e caratteristiche tecnico-costruttive (larghezze,pendenze, raggi di curvatura, ecc.) idonee sia ai mezzi forestaliusati per gli interventi e l’esbosco, che agli assortimenti ritraibili.

• costruire una viabilità a basso impatto implica l’impiego dimacchinari e tecniche costruttive conformi alle caratteristichemorfologiche e geologiche del territorio (es. su versanti l’escava-tore lavora in modo più efficace e meno impattante dell’apripi-sta), nonché materiali naturali come legno e pietre (opere di inge-gneria naturalistica). Per evitare successive onerose manutenzioniè indispensabile realizzare i sistemi di regimazione delle acquesuperficiali ed i consolidamenti e i rinverdimenti delle scarpate.

• utilizzare solo a fini selvicolturali la maggior parte della reteviaria forestale, limitando la frequentazione per altri fini. Ciò ridu-ce notevolmente le azioni di disturbo che l’uomo arreca al boscoe agli animali che ci vivono ogni volta che vi entra con mezzi mec-canici (rumore, gas di scarico). Inoltre riduce l’usura di questeinfrastrutture e le successive opere di manutenzione.

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Supportialla selvicoltura:i n f r a s t r u t t u r ee p r o f e s s i o n a l i t àNiente strade e piste, niente selvicoltura prossima alla naturaLa possibilità di accedere facilmente al bosco è uno dei principali presupposti affinché si possa realizzare una gestione forestale. Per poter fare selvicoltura prossima alla natura, è necessarioche macchine, attrezzature e operai possano arrivare e lavorare nei luoghi d’intervento, in maniera agile e con il minor impatto ambientale possibile. Un sistema adeguato e diffuso di infra-strutture (strade, piste, aree di deposito temporaneo, rifugi) permette, infatti, di effettuare interventi selvicolturali moderati, ecologicamente sostenibili ed economicamente vantaggiosi.

Per predisporre una viabilità forestale a basso impatto è necessario seguire quattro passi fondamentali: Le strade contro il fuoco

La viabilità forestale oltread essere utile per rendereeconomicamente fattibiligli interventi selvicolturalimoderati, svolge un impor-tante ruolo per la preven-zione e la lotta agli incendiboschivi.

Viabilità: quali autorizzazioni?In Piemonte, per la realizzazione di interventi di manutenzione

straordinaria o di nuova apertura di viabilità forestale, nella gran-

de maggioranza dei casi, occorrono:

a) autorizzazione ad intervenire in terreni sottoposti a vincolo

idrogeologico, in base alla L.r. 45/89. Tale norma, unitamente

alla “legge delega” n. 44/2000, stabilisce, in base all’entità e alle

caratteristiche degli interventi, l’Ente cui rivolgersi: Regione,

Provincia o Comune. La documentazione di dettaglio da presen-

tare è descritta nella D.G.R. n. 112-31886/89;

b) autorizzazione ad intervenire in zone sottoposte a vincolo pae-

saggistico dal D.lgs. 490/99. Le procedure e gli adempimenti opera-

tivi sono chiariti nella L.r. 20/89 e nella successiva circolare del

Presidente della Giunta Regionale n. 18/PET del 22/08/1989;

c) “concessione edilizia” da richiedere in Comune, come indi-

cato dalla L.r. 56/77 in materia di “Tutela ed uso del suolo”.

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Una serie di scelte impegnativeLa selvicoltura si attua in bosco e si concretizza con una serie di scelte che definiscono lepiante da abbattere (martellata) e quelle che invece devono essere rilasciate. L’interventoselvicolturale è l’azione tecnico-operativa con cui si mettono in pratica le decisioni prese infase di pianificazione. Il risultato di tale interazione dipende dalla preparazione di chi piani-fica, di chi gestisce e di chi utilizza il bosco e dalla capacità di interpretazione che questihanno delle caratteristiche ambientali, sociali ed economiche locali.

Un settore forestale più flessibilePer far progredire l’intero settore forestale, creando un mercato stabile per la filiera foresta-legno e migliorando la flessibilità dell’offerta lavorativa, è necessario che anche la catego-ria imprenditoriale sia aggiornata. Molte, infatti, sono le tematiche che possono permet-tere ad un imprenditore di incrementare i ritorni economici e sociali della sua attività boschi-va, come: - utilizzare i giusti canali di finanziamento;- conoscere i flussi di mercato (nazionale ed estero) del legname; - formare il personale; - commercializzare il legno e gli altri prodotti forestali;- conoscere i vantaggi e gli svantaggi delle nuove tecniche per la trasformazione del legno;- usare mirate strategie e strumenti di marketing di prodotto e d’impresa.

Più formazione, più lavoroMigliorare il livello professionale di chi lavora in bosco può portare vantaggi all’intero set-tore.Un operaio tecnicamente preparato e psicologicamente motivato non limiterà la sua atti-vità ai soli interventi selvicolturali della stagione silvana, ma vedrà allungare il suo perio-do lavorativo a tutto l’anno solare grazie alla capacità di effettuare azioni di manutenzio-ne del territorio. In altre parole formazione e aggiornamento possono apportare:- aumento dell’occupabilità;- incremento della redditività;- rafforzamento del presidio nelle aree forestali montane e collinari.

Il bosco ha bisogno di professionistiLa formazione professionale di tecnici ed operai forestali è determinante per applicareuna corretta selvicoltura, aumentare la produttività, rendere minimi i danni arrecati al suoloed alle piante destinate a rimanere, a ridurre i rischi di incidenti e salvaguardare l’incolumitàpersonale degli operatori stessi. L’aggiornamento è un’opportunità per conoscere stru-menti e metodi di lavoro che possono consentire all’operatore forestale di migliorare e diampliare le proprie capacità operative così da rendere il lavoro in bosco più gratificante,meno faticoso e meno pericoloso.

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I piani di gestione forestaleI piani di gestione forestale sono ilmezzo attraverso il quale si individuanole scelte e gli obiettivi gestionali. Per redigere un piano di gestioneoccorre avere innanzitutto un’attenta eapprofondita conoscenza del territoriointeressato. Per riuscire a calibrare ipiani sulle reali caratteristiche ecologi-che e socio-economiche del territorio sidevono analizzare sia le caratteristicheambientali (clima-suolo-vegetazione),sia tutti gli aspetti storici, economici esociali. Infatti sarebbe inutile program-mare interventi selvicolturali tecnica-mente realizzabili senza sapere se cisono ditte boschive che operano nelterritorio in grado di effettuarli. I piani sono articolati in carte temati-che, tabelle e schede descrittive. Sonodocumenti che vengono realizzati datecnici forestali e riportano le indicazio-ni su dove intervenire nel periodo divalidità del piano, quando, come e conquale intensità. Il piano non si limita aprogrammare gli interventi selvicoltura-li, ma da indicazioni per la gestione deipascoli, della fauna, della rete viaria (es.realizzazione e manutenzione di strade)e la gestione di altre infrastrutture (sen-tieri, aree di sosta, fontane, ecc.).

Pianificazioneè organizzazione

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Pianificare significa formulare e attuare un documento di programmazione nel quale vengo-no individuati gli obiettivi e gli interventi da perseguire nell’arco di validità del piano. Il Piano Regolatore è un esempio di pianificazione; esso è obbligatorio per legge in ogniComune e disciplina gli interventi ammissibili nelle aree urbane e su qualsiasi edificio dell’in-tero territorio. Analogamente la pianificazione forestale è lo strumento che permette larazionale gestione delle risorse forestali allo scopo di ottimizzare tutti i benefici ottenibili.

Compito della pianificazione forestale è quello di dare indicazioni precise su come, dove equando realizzare interventi selvicolturali in funzione dello stadio evolutivo del bosco, dellesue caratteristiche e delle aspettative della società.Attraverso la pianificazione è possibile inserire foreste con caratteristiche differenti, apparte-nenti a proprietari diversi, in un unico piano di gestione.

Unire le esigenze dell’uomo a quelle del territorio

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Conoscere prima di intervenirePrima di effettuare qualsiasi scelta pianificatoria è necessario conoscere le risorse forestali, le loro potenzialità e le relazioni che intercorrono tra gli aspetti ambientali e quelli socio-economici.Tali informazioni di base permettono di attuare una gestione finalizzata a massimizzare i benefici richiesti al bosco senza intaccare la possibilità di poterli ottenere anche in futuro.

Non si possono ottenere tutti i benefici possibili nello stesso momento,al massimo livello e dallo stesso boscoA causa della grande variabilità ecologica e socio-economica che caratterizza le aree forestali delPiemonte, non si possono ottenere contemporaneamente e al massimo livello tutti i benefici possibili datutti i boschi. Tuttavia con la pianificazione si può puntare ad ottenere benefici prioritari in zone diversedel bosco. In alcuni casi sarà esaltata la funzione di protezione rispetto a quella di produzione, in altri potràessere preferita la fruizione turistica e il paesaggio rispetto all’ingresso del bosco sui pascoli. In altri casi lascelta gestionale potrebbe essere quella di lasciare all’evoluzione naturale superfici di bosco più o menoconsistenti per motivi: naturalistici (protezione di particolari specie), di studio degli ecosistemi o a causadell’inaccessibilità di certe zone. Ciò non significa che in futuro un bosco non possa essere gestito e uti-lizzato con l’obiettivo di esaltare altre caratteristiche, oggi meno importanti. La scelta è infatti dettata dallecondizioni del popolamento forestale nel momento in cui si interviene e dalle priorità sociali, prima a livel-lo locale e poi a livello globale. Affinché ciò sia possibile è necessario che i boschi, nei limiti delle loropotenzialità, siano mantenuti in condizione di permettere una gestione flessibile, in grado di mutare rapi-damente i propri obiettivi al variare delle condizioni ambientali e socio-economiche.

Fare gestione significa sviluppoFare gestione forestale permette anche di creare delle opportunità perlo sviluppo economico delle aree montane, in cui la presenza di zoneboscate è un elemento fondamentale. Uno dei principali benefici pro-dotti dal bosco è il legno. La vendita del legno rappresenta una fontedi reddito per i proprietari di boschi ed un’opportunità di lavoro per leditte boschive, per le imprese di trasformazione del legno e per tutticoloro che operano nella filiera legno (cioè in tutti i settori collegatial prodotto legno). La gestione di un’area forestale permette quindi dicreare e mantenere un mercato, favorendo occupazione, sviluppo,benessere economico e determina i presupposti necessari affinchél’uomo possa rimanere ad abitare nelle aree montane. Gestire il terri-torio permette anche di sviluppare nuovi legami tra foreste e società“urbanizzata”. Aspetti diversi come l’eco-turismo e il mercato dei pro-dotti locali artigianali possono infatti avere importanti ricadute econo-miche sul territorio montano.

Boschi di protezioneAncora oggi nella “Bandita di Chambons” (Comune di Fenestrelle-TO) sono previsti inter-

venti selvicolturali (sfolli, diradamenti e tagli sanitari) che devono ridurre al minimo i rischi

di scivolamento (reptazione) della neve verso valle.

Infatti, l’altezza del taglio delle piante, assegnate secondo criteri ben precisi, non deve

essere inferiore al metro, proprio per garantire alle ceppaie di svolgere la loro importante

funzione di protezione del versante.

Le altre pratiche selvicolturali permesse sono la raccolta di ramaglia e di alberi morti o

deperienti al fine di soddisfare le richieste di legna da ardere (usi civici), oltre che per man-

tenere in efficienza il popolamento forestale.

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La pianificazioneforestale in P i e m o n t e

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Essere a conoscenza delle norme e delle attività svolte dalla Regione e dagli Enti che hanno competenze nel settore forestale, è di fondamentale

importanza per tutti coloro che lavorano o che in qualche modo interagiscono con il "sistema bosco”.

Come si staorganizzando la pianificazionein PiemonteA partire dalla metà degli anni ’90 la Regione,in collaborazione con l’IPLA (Istituto per lePiante da Legno e l’Ambiente), ha sviluppatouna metodologia innovativa, concretizzata conla stesura di Norme Tecniche per la pianificazio-ne forestale e pastorale. Questa si articola in trelivelli: Regione, Area Forestale, Proprietà.

La pianificazione è lo strumento che recepisce le linee guida e tiene conto delle decisioni tecnico-politiche emanate

a livello regionale, nazionale e internazionale. Quando si realizza un piano di gestione forestale è comunque fonda-

mentale che le scelte e le azioni siano calate nella realtà locale.

A livello regionale è previsto un documen-to programmatico pluriennale di pianificazio-ne forestale in cui sono indicati gli obiettivi set-toriali, gli interventi da perseguire e le risorsenecessarie per raggiungerli.

Il Piano Forestale Territorialeè stato previsto come lo strumento pratico perla tutela e la valorizzazione del patrimonio fore-stale e pascolivo, pubblico e privato, in cui ven-gono presi in considerazione anche la viabilitàforestale, le aree naturali non forestali, la faunaed altre problematiche inerenti al territorio. In esso infatti, tenendo conto degli indirizzi alivello regionale, delle aspettative e delle esi-genze delle comunità locali, vengono definite lefunzioni e le destinazioni prevalenti dei diversiboschi e delle aree a pascolo. Successivamentevengono formulati gli indirizzi e le prescrizioni

ProtezioneNaturalisticaFruizioneEvoluzione liberaProduzioneProduzione-protezione

Cure colturaliCeduazioneConversioneDiradamento e conversioneRicostituzione boschivaEvoluzione controllataEvoluzione naturaleDiradamentoTaglio a sceltaTagli successiviTaglio a bucheTrasformazione

Carta degli interventi forestali Valle Grana (CN)

Carta delle destinazioni Valle Grana (CN)d'intervento, illustrati in apposite mappe tema-tiche. Al fine di tale programmazione ilPiemonte è stato suddiviso in 47 Aree Forestali(33 montane, 7 collinari o pedemontane e 7planiziali), che hanno, in media, una superficieterritoriale di 35.000-45.000 ettari, di cui alme-no 10.000-15.000 ettari di superficie boscata.

Per le grandi proprietà pubbliche, private e con-sortili, per i parchi, le riserve naturali e tutte lealtre aree che necessitano di pianificazione didettaglio sono previsti il Piano ForestaleAziendale e i progetti esecutivi d’intervento. Il Piano Forestale Aziendale consiste in un pro-gramma particolareggiato che contieneapprofondimenti tematici in analogia ai pianidi assestamento, elaborato seguendo le lineedettate dai Piani Forestali Territoriali di compe-tenza.

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- se la superficie da tagliare è inferiore a 5.000 m2 nonoccorrono autorizzazioni;- se la superficie da tagliare è superiore a 5.000 m2

occorre dare comunicazione al Corpo Forestale delloStato con almeno 30 giorni di anticipo sull’inizio deilavori;- per le ceduazioni di una superficie maggiore a 10 ha ènecessaria l’autorizzazione ai sensi della legge di tuteladei beni culturali, ambientali e paesaggistici (L.r. 20/89).ATTENZIONE! Ad eccezione di nocciolo, robinia ecastagno, se il bosco ha più di 35 anni di età (= ceduoinvecchiato) la ceduazione non è più possibile! Il bosco deve essere coltivato come una fustaia.

“Sono un imprenditore boschivo edho acquistato un bosco ceduo inpiedi “maturo” da tagliare perfarne legna da ardere: devo richie-dere l’autorizzazione?”

In base all’Art. 5 delle PMPF èpossibile fare utilizzazioni nei

boschi cedui:- dal 16 ottobre al 31 marzo per altitudini non supe-riori agli 800 m;- dal 1° ottobre al 30 aprile per altitudini fra gli 800ed i 1.200 m; - dal 15 settembre al 31 maggio per altitudini supe-riori ai 1.200 m.ATTENZIONE! Entro le stesse date occorre farelo sgombero delle tagliate!

Non serve autorizzazione, se il tagliointeressa solo piante o loro partimorte. L’intervento può essere fattosempre in qualunque stagione.

“La mia famiglia possiede un bosco ma da moltianni nessuno se ne occupa più. Sarebbe un belbosco ma ci sono molte piante cadute, altremorte in piedi e altre ancora con grossi ramisecchi. Vorrei farlo ripulire, tagliando tutte leparti morte e secche. Devo chiedere l’autorizza-zione e quando è possibile fare i lavori?”

“Ho una fustaia di faggio ormaiadulta e intendo abbattere le pian-te per ottenere e vendere il legname;devo chiedere l’autorizzazione?”

Non in modo specifico (né ai sensi della L.r. 57/79, né aisensi della L.r. 20/89). In boschi ad alto fusto, se si devonoabbattere alcune piante per la realizzazione della linea,queste devono essere inserite nel progetto di taglio per ilquale si richiede l’autorizzazione.

- Mai per tagli fino a 20 piante. - Sempre negli altri casi, ai sensi della legge sui tagli boschi-vi (L.r. 57/79). Inoltre per tagli a raso (abbattimento di tutte

le piante su una superficie maggiore di 1.000 m2) occorreanche l’autorizzazione ai sensi della legge di tutela dei beni

culturali, ambientali e paesaggistici (L.r. 20/89).

“...e dovendo, in un’altra fustaia,fare degli interventi di migliora-mento e di diradamento?”

Per i diradamenti non ènecessaria l’autorizzazio-ne, purché l’intervento

non si riduca al tagliodi piante di grandidimensioni sceltesoltanto per il lorovalore commerciale,perché in questocaso occorre l’auto-rizzazione ai sensi

della L.r. 57/79.

Nei boschi ad

alto fusto è possibile

fare utilizzazione e

diradamenti in qualsiasi

stagione dell’anno.

“Le linee di esbosco perimpianti a fune (gru a cavo)sono da autorizzare?”

Non è necessaria autorizzazioneed è possibile tagliare in qual-siasi stagione dell’anno.

“Possiedo un bosco ceduo ma non hointeresse a gestirlo come tale, vorreiintervenire per convertirlo all’alto fusto.Devo richiedere l’autorizzazione e quan-do posso tagliare?”

RIFERIMENTI • Per le autorizzazioni ai sensi della L.r. 57/79, per il rispetto di quanto previsto dalle Prescrizioni

di Massima e Polizia Forestale e per ogni parere preventivo relativo ai tagli boschivi occorre rivol-

gersi al Corpo Forestale dello Stato.

• Per le autorizzazioni ai sensi della L.r. 20/89 occorre rivolgersi alla Regione Piemonte - Settore

Gestione Beni Ambientali, corso Regina Margherita, 304 - Torino.

• Per la consultazione della normativa forestale in vigore e per informazioni generali sui boschi del

Piemonte è possibile consultare il sito Internet della Regione

www.regione.piemonte.it/montagna/foreste/home.htm

A domandar i s p o s t a

“Quando posso tagliarlo?”

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Corpo Forestale dello StatoPer conto della Regione: • verifica le comunicazioni relative agli interventi ai sensi della D.G.R. n.66-884/00;• effettua istruttorie sulle richieste di taglio boschivo (L.r. 57/79);• accoglie le istanze relative agli interventi di cambio di destinazione d’uso del suolo in terreni sottoposti a vincolo idrogeologico (L.r. 45/89);• fornisce pareri in merito alle autorizzazioni relative ai beni ambientali(L.r. 20/89).

Su richiesta dei Comuni: • effettua progetti di taglio (martellata e stima dei lotti boschivi);• coordina le azioni Antincendio Boschivo;• ha funzioni di vigilanza e potere sanzionatorio riguardo all’applicazione dellenormative di interesse forestale.

ProvinceHanno in delega la competenza per il rilascio delle autorizzazioni per gliinterventi da realizzare in terreni sottoposti a vincolo idrogeologico (L.r. 45/89).

Comunità MontaneSvolgono attività di coordinamento e/o di supporto tecnico nei confronti deiComuni appartenenti. In relazione a quanto previsto nella Legge sulla monta-gna (L. 97/94) e in quella di riforma delle autonomie locali (D. Lgs. 267/2000)possono svolgere in modo associato funzioni amministrative comunali e, traqueste, anche la gestione delle foreste.

Istituto di Sperimentazione per la PioppicolturaE’ un Istituto specifico per la ricerca e la sperimentazione sul pioppo e sul sali-ce. Svolge studi rivolti alla creazione di nuovi cloni di pioppo. Inoltre realizzaattività di consulenza e assistenza tecnica ai pioppicoltori e di formazione infavore di tecnici italiani e stranieri. www.populus.it

Ordini Professioniali dei Dottori Agronomi e ForestaliGli iscritti agli Albi provinciali svolgono il ruolo di consulenza tecnica e di pro-gettazione su tutti gli specifici problemi del mondo forestale.

“Chi fa cosa”i n P i e m o n t e

Università degli Studi di Torino La Facoltà di Agraria di Torino è sede di uno dei nove Corsi di Laurea italiani inScienze Forestali e Ambientali. I Dipartimenti di Agronomia, Selvicoltura eGestione del Territorio (Agroselviter www.agroselviter.unito.it), di Economiae Ingegneria Agraria, Forestale ed Ambientale (Deiafa ww.agraria.unito.it/dip/deiafa/homedeiafa.htm), di Valorizzazione e Protezione delle risorseAgroforestali (Divapra www.divapra.unito.it) e di Colture Arboree(www.arboree.unito.it) svolgono un ruolo istituzionale per quanto riguardala formazione e la ricerca in campo forestale e dell’arboricoltura da legno.

Forme associative forestaliConsorzi fra Comuni o fra soggetti pubblici e privati e Associazioni di impreseforestali o di filiera, svolgono attività gestionali, di rappresentanza di interessicollettivi e di offerta di servizi agli associati. Queste forme di associazionismosono state recentemente incentivate dalla Regione.

ComuniSono spesso proprietari di superfici forestali.Hanno in delega la competenza amministrativa relativa al rilascio di autorizza-zioni per i più semplici interventi da realizzare in terreni sottoposti a vincolo idro-geologico (L.r. 45/89) e per alcuni interventi in cui sono interessati i beniambientali (L.r. 20/89).Hanno la titolarità del rilascio della concessione edilizia (L.r. 56/77 - Tutela eduso del suolo), necessaria per interventi sulla viabilità forestale.

I.P.L.A. S.p.A.L’Istituto per le Piante da Legno e l’Ambiente, in qualità di Ente Strumentaledella Regione, svolge attività di supporto tecnico per quanto concerne la defi-nizione delle tipologie forestali, l’inventario regionale, la pianificazione, la for-mazione professionale. www.ipla.org

Regione Piemonte1) Direzione Economia Montana e Foreste (Assessorato politiche per la monta-gna, foreste e beni ambientali):

• realizzazione di norme per la gestione del patrimonio forestale (L.r. 57/79 ePrescrizioni di Massima e Polizia Forestale), sulla vivaistica forestale, sulle sistema-zioni idraulico forestali e in materia di Antincendio Boschivo;

• gestione delle proprietà forestali regionali;• coordinamento squadre di operai forestali;• gestione dei finanziamenti pubblici nel settore forestale (es. Piano di Sviluppo Rurale 2000-2006).

2) Direzione Pianificazione e Gestione Urbanistica – Settore Gestione BeniAmbientali:

• rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche (L.r. 20/89 – Tutela di beni culturali, ambientali e paesistici) di competenza regionale su viabilità forestale e su alcuni tipi di tagli boschivi.

3) Direzione Turismo Sport Parchi – Settore Pianificazione Aree Protette:• redazione dei Piani Forestali all’interno delle Aree Protette Regionali.

4) Direzione Servizi Tecnici di Prevenzione:• istruttorie per la parte geologica, relative al rilascio delle autorizzazioni per gli interventi da realizzare in terreni sottoposti a vincolo idrogeologico (L.r. 45/89). www.regione.piemonte.it/montagna


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