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© NetConsulting 2013 1 Avanti Cloud Il Cloud Computing e le PMI in Italia Maggio 2013 Realizzato da NetConsulting per Repubblica Affari & Finanza e Microsoft Evento Territoriale di Bari
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Avanti Cloud

Il Cloud Computing e le PMI in Italia

Maggio 2013

Realizzato da NetConsulting

per

Repubblica Affari & Finanza e Microsoft

Evento Territoriale di Bari

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INDICE

1 Introduzione: obiettivi e metodologia ................................................................................. 4

2 Il contesto di riferimento: il tessuto imprenditoriale di Bari ................................................... 6

3 Le piccole e medie imprese in Italia ................................................................................. 14

3.1 Le priorità business delle piccole e medie imprese Italiane .......................................... 16

3.2 Il ricorso alla tecnologia delle piccole e medie imprese Italiane .................................... 19

4 Il Cloud Computing: definizioni, principali servizi e modelli ................................................. 23

4.1 Definizioni ............................................................................................................... 23

4.2 Principali servizi e modelli Cloud................................................................................ 25

5 L’adozione attuale e prevista di servizi Cloud da parte delle PMI Italiane ............................. 27

5.1 Principali fattori di freno all’adozione del Cloud Computing .......................................... 31

5.2 Principali fattori di spinta all’adozione del Cloud Computing ......................................... 34

5.3 Principali benefici derivanti dall’adozione del Cloud Computing .................................... 35

5.4 Caratteristiche e ruolo richiesti ai fornitori di servizi Cloud ........................................... 36

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INDICE DELLE TABELLE

Tabella 1 Nati-mortalità delle imprese nel Comune di Bari, in Puglia e in Italia, 1Q2013 ........ 10

INDICE DELLE FIGURE

Figura 1 Numero di imprese registrate e attive nel Comune di Bari, 2008-2012 ........................ 6

Figura 2 Composizione 2012 del numero di imprese registrate nel Comune di Bari per settore di

attività per settore di attività .................................................................................................... 7

Figura 3 Variazione 2012-2011 del numero di imprese registrate nel Comune di Bari per settore

di attività per settore di attività ............................................................................... 8

Figura 4 Il tessuto imprenditoriale del Comune di Bari e le principali iniziative a sostegno del

business in sintesi ................................................................................................ 13

Figura 5 Caratteristiche delle PMI in Italia ........................................................................... 14

Figura 6 Indice di fiducia delle PMI in Italia ......................................................................... 15

Figura 7 Le sfide competitive e le criticità delle PMI.............................................................. 18

Figura 8 Il ruolo della digitalizzazione .................................................................................. 20

Figura 9 Il Global Digital Market nelle PMI in Italia ............................................................... 21

Figura 10 I sistemi informativi delle PMI ............................................................................ 22

Figura 11 Cloud Computing: una nuova concezione dell’ICT ................................................ 23

Figura 12 Caratteristiche, servizi e possibili tipologie di fruizione dei servizi ........................... 24

Figura 13 Processo di adozione del Cloud Computing presso le PMI in Italia ......................... 28

Figura 14 Servizi infrastrutturali che le PMI ritengono di portare in Cloud nei prossimi 3-5 anni ..

....................................................................................................................... 29

Figura 15 Modelli di Cloud esistenti ad oggi presso le PMI ................................................... 30

Figura 16 Localizzazione dei dati aziendali all’interno di architetture di Cloud Computing ........ 31

Figura 17 I principali dubbi da parte delle PMI Italiane nell’adozione dei servizi Cloud ............ 32

Figura 18 Alcuni miti da sfatare: il Cloud è sicuro? .............................................................. 33

Figura 19 I principali fattori di spinta nell’adozione di servizi Cloud da parte delle PMI italiane 34

Figura 20 La parola alle PMI in Cloud: benefici ottenuti ....................................................... 35

Figura 21 Caratteristiche ideali di un fornitore di servizi Cloud Iaas/PaaS .............................. 36

Figura 22 Il ruolo dei fornitori di Cloud Computing: cosa devono chiedere le PMI ai Provider di

Cloud Computing ............................................................................................... 38

Figura 23 Il Cloud è un percorso che si sviluppa nel tempo a passi successivi ....................... 39

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1 Introduzione: obiettivi e metodologia

Negli ultimi anni il paradigma del Cloud Computing ha conquistato un ruolo di sempre maggiore

importanza nell’ambito dello scenario tecnologico grazie all’impatto che questa nuova modalità di

fruizione delle risorse IT – infrastrutture e applicazioni - può esercitare sui processi e sulle attività

delle aziende che decidono di adottarla. Gran parte dell’attuale dibattito che caratterizza i servizi di

Cloud Computing deriva, infatti, proprio dalla necessità di stabilire in quale misura questi servizi

possano fornire una risposta valida all’esigenza delle imprese di disporre di dotazioni tecnologiche

evolute, flessibili, sicure e che siano, al tempo stesso, a diretto supporto dei loro processi di

business nonché delle strategie di riduzione della complessità tecnologica e di razionalizzazione

della spesa IT.

I trend di crescita relativi all’adozione del paradigma Cloud da parte delle aziende italiane

suggeriscono come la risposta fornita dal paradigma on demand alle loro priorità tecnologiche e

business sia ritenuta sempre più adeguata. Indipendentemente dalle fonti che lo hanno

monitorato, lo sviluppo che ha caratterizzato il mercato Cloud in Italia, a partire dalla sua

comparsa all’interno del panorama ICT fino all’anno scorso, appare estremamente significativo,

così come notevole appare anche il tasso di adozione previsto per il 2013, pari - secondo le ultime

stime di NetConsulting – al +40%, con riferimento alla sola componente del Public Cloud.

Tuttavia qualsiasi analisi relativa all’utilizzo del Cloud Computing non può prescindere da una serie

di variabili legate alle caratteristiche delle singole aziende che stanno valutando l’opportunità di

adottare o meno questo modello di fruizione delle tecnologie IT. Di particolare rilevanza appaiono,

in particolare, la dimensione aziendale, la complessità del business, il contesto geografico di

appartenenza, le caratteristiche dei sistemi informativi, le policy aziendali e la tipologia stessa dei

servizi Cloud che vengono presi di volta in volta in considerazione. In altre parole, il fenomeno del

Cloud va studiato nelle sue differenti declinazioni al fine di descrivere nel modo più completo

possibile le principali tendenze in atto e i comportamenti delle aziende utenti.

A questo proposito, il presente White Paper pone l’accento sull’utenza di piccole e medie

dimensioni, che viene analizzata con riferimento sia al tessuto economico locale sia al contesto

imprenditoriale nazionale, e sugli elementi a supporto o meno dell’introduzione dei servizi Cloud, in

particolare di quelli a carattere infrastrutturale, nella loro realtà business.

In dettaglio, i contenuti del White Paper – presentati nel seguito - possono essere così sintetizzati:

� descrizione del contesto economico locale di riferimento;

� analisi del tessuto imprenditoriale di piccole e medie dimensioni in Italia;

� definizione di Cloud Computing e dei principali servizi;

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� individuazione del livello di adozione attuale e della propensione all’utilizzo dei servizi Cloud da

parte delle PMI italiane;

� identificazione delle principali criticità che le PMI devono considerare in un processo di

introduzione dei servizi Cloud;

� indicazioni sui benefici che una PMI potrebbe ottenere grazie all’adozione di servizi di Cloud

Computing;

� caratteristiche e ruolo che vengono maggiormente richiesti ai fornitori che erogano servizi

Cloud per le PMI.

Le informazioni fornite nel White Paper fanno riferimento ad analisi effettuate nel corso dell’ultimo

anno da parte di NetConsulting sull’offerta e sulla domanda di servizi di Cloud Computing.

Si ringraziano Repubblica - Affari & Finanza e Microsoft per il supporto all’iniziativa. Un

ringraziamento particolare va, inoltre, alle aziende che hanno fornito il loro prezioso contributo

partecipando alle indagini di NetConsulting relative al Cloud Computing.

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2 Il contesto di riferimento: il tessuto imprenditoriale di Bari

A fine 2012, il numero di imprese registrate alla Camera di Commercio di Bari, incluse le realtà

artigianali, era pari a 151.587. Restringendo il perimetro di osservazione alle sole aziende attive, il

numero scende a 131.333 imprese. Negli ultimi cinque anni, tra il 2008 e il 2012, il tessuto

imprenditoriale attivo nel Comune di Bari e provincia ha registrato un trend in calo in relazione sia

alle imprese registrate, il cui numero si è ridotto con un tasso di crescita medio annuo pari al -

0,9%, sia alle realtà attive, il cui volume si è contratto con un’intensità lievemente superiore con

un tasso del -1,0%. Il picco negativo è stato registrato nel 2009 in corrispondenza del periodo di

crisi che tra il 2008 e il 2009 ha interessato l’intero scenario economico globale. Il 2010 ha al

contrario registrato un ripresa, soprattutto per quanto riguarda le realtà attive, mentre tra il 2011 e

il 2012 si è assistito ad un ulteriore calo del numero di imprese a causa dell’inasprimento delle

condizioni economiche mondiale particolarmente evidente a partire proprio dalla seconda metà del

2012 (Fig. 1).

Figura 1 Numero di imprese registrate e attive nel Comune di Bari, 2008-2012

Fonte: elaborazione NetConsulting su Unioncamere - Movimprese, 2013

Tali dinamiche collocano Bari e provincia al di sotto non solo della media regionale ma anche di

quella Italiana - caratterizzate da una contrazione meno intensa sia delle realtà registrate sia di

quelle attive. In maggior dettaglio, il tasso di crescita medio annuo 2008-2012 del numero di

imprese in Puglia risulta pari a -0,4% e a -0,5% per quanto riguarda rispettivamente le aziende

registrate e quelle attive; a livello nazionale, nello stesso periodo, il numero delle imprese

registrate si è mantenuto sostanzialmente inalterato, sebbene orientato al calo, mentre il volume di

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aziende attive è calato dello 0,4%.

mostrato più debole rispetto al tessuto economico regionale e nazio

con una struttura imprenditoriale

riconducibili al comparto Commercio

buona concentrazione di aziende di Costruzioni

Figura 2 Composizione 2012 del numero di imprese registrate nel Comune di Bari per settore di attività per settore di attività

Fonte: elaborazione NetConsulting su dati Camera di Commercio di Bari, Aprile 2013

Secondo i dati della Camera di Commercio di Bari, i

crisi di consumi e investimenti degli utenti finali,

aziende registrate del Comune di Bari e provincia

� nel settore Commercio opera il 29,7% delle imprese registrate con un peso più elevato del

Commercio al dettaglio (17,2%)

calo del numero di realtà registrate pari a 216, di cui 127 riconducibili alle sole attività di

vendita al dettaglio;

� il 18,1% delle aziende registrate svolge attività agricole in senso lato

Questa tipologia di attività ha

registrate di 902 unità a causa, soprattutto, delle difficili condizioni del settore agricolo che ha

assistito, infatti, ad una fuoriuscita di 892 realtà aziendali

© NetConsulting 2013

aziende attive è calato dello 0,4%. Negli ultimi anni, l’ecosistema di Bari e dintorni si è pertanto

al tessuto economico regionale e nazionale. Tale risultato è coerente

imprenditoriale che da sempre presenta una spiccata polarizzazione

Commercio, soprattutto al dettaglio, una forte vocazione agricola

nde di Costruzioni (Fig. 2).

Composizione 2012 del numero di imprese registrate nel Comune di Bari per settore di

su dati Camera di Commercio di Bari, Aprile 2013

ati della Camera di Commercio di Bari, in questi comparti, peraltro tra i più

crisi di consumi e investimenti degli utenti finali, opera complessivamente il 60% circa delle

del Comune di Bari e provincia così suddivise:

nel settore Commercio opera il 29,7% delle imprese registrate con un peso più elevato del

Commercio al dettaglio (17,2%). In questo comparto, tra il 2011 e il 201

calo del numero di realtà registrate pari a 216, di cui 127 riconducibili alle sole attività di

% delle aziende registrate svolge attività agricole in senso lato (silvicoltura, pesca etc.)

Questa tipologia di attività ha subito nell’ultimo biennio 2011-2012, una riduzione delle aziende

registrate di 902 unità a causa, soprattutto, delle difficili condizioni del settore agricolo che ha

ad una fuoriuscita di 892 realtà aziendali;

7

’ecosistema di Bari e dintorni si è pertanto

. Tale risultato è coerente

presenta una spiccata polarizzazione su attività

una forte vocazione agricola ed una

Composizione 2012 del numero di imprese registrate nel Comune di Bari per settore di

peraltro tra i più sensibili alla

opera complessivamente il 60% circa delle

nel settore Commercio opera il 29,7% delle imprese registrate con un peso più elevato del

e il 2012, si è assistito ad un

calo del numero di realtà registrate pari a 216, di cui 127 riconducibili alle sole attività di

(silvicoltura, pesca etc.).

2012, una riduzione delle aziende

registrate di 902 unità a causa, soprattutto, delle difficili condizioni del settore agricolo che ha

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� il 12% delle imprese registrate opera nel settore delle Costruzioni; il comparto tra il 2011 e il

2012 ha subito una flessione del numero di aziende registrate pari a 475 unità (Fig. 3).

Figura 3 Variazione 2012-2011 del numero di imprese registrate nel Comune di Bari per settore di attività per settore di attività

Fonte: elaborazione NetConsulting su dati Camera di Commercio di Bari, Aprile 2013

L’Industria manifatturiera, con il 9,6% delle aziende registrate, e i Servizi di alloggio e ristorazione,

con il 5,0% delle imprese registrate, rappresentano rispettivamente il quarto e il quindi settore del

tessuto imprenditoriale di Bari e provincia:

� l’industria manifatturiera della zona appare frammentata e non mostra, pertanto, polarizzazioni

significative ad eccezione dei comparti alimentare e abbigliamento. Il primo comparto è

dominato dalla produzione di olio per la quale è stata istituita da tempo la Denominazione di

Origine Protetta “Terra di Bari”; il settore dell’abbigliamento è espressione di uno dei più

importanti distretti industriali a livello nazionale (Filiera Moda Puglia). Il settore manifatturiero

ha assistito ad una riduzione del numero di imprese registrate complessivamente pari a 447

unità;

� il settore dei Servizi di alloggio e ristorazione appare in controtendenza e, infatti, tra il 2011 e il

2012 è stato caratterizzato da un incremento pari a 213 nuove realtà aziendali registrate. Ciò

riflette la vocazione turistica in crescita dell’area barese evidente negli ultimi dati

dell’Osservatorio sul Turismo della Regione Puglia, relativi all’estate 2012, che infatti per Bari e

provincia mostrano un incremento degli arrivi nel mese di agosto pari al +1% rispetto ai trend

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in calo delle provincie di Foggia e Lecce (-5,9% e -6,3% rispettivamente), aree su cui

tradizionalmente si concentra la maggioranza dei visitatori e per le quali la domanda turistica

appare decisamente più matura.

Da segnalare, inoltre, il comparto dei Trasporti in cui opera complessivamente il 2,9% delle

imprese registrate, riconducibili prevalentemente a operatori di trasporto via terra. Il comparto ha

subito complessivamente un calo di aziende registrate pari a 216, causato dalla flessione non solo

delle attività di trasporto via terra ma anche di quelle marittime. A questo proposito, secondo i dati

dell’Autorità Portuale del Levante tra il 2011 e il 2012, il traffico traghetti è calato del 6% circa, con

riferimento ai passeggeri, e del 9% circa, con riferimento alle auto mentre il traffico merci ha

subito una riduzione in volume di oltre il 17%. Infine, vanno evidenziate le aziende ICT,

riconducibili al comparto dei Servizi di informazione e comunicazione che rappresentano una quota

dell’1,3% sul totale delle imprese registrate a Bari e dintorni. Il comparto ICT appare in

controtendenza positiva: in questo settore, nell’ultimo biennio 2011-2012, nel Comune di Bari si

sono aggiunte 52 nuove realtà. Alla dinamica, hanno, senza dubbio, contribuito le attività svolte

dal Distretto Produttivo dell’Informatica dirette a incrementare il ruolo delle imprese ICT locali nel

tessuto produttivo della Puglia, a rappresentare le esigenze e le necessità di crescita della aziende

dell'Information Technology pugliese, a favorirne lo sviluppo, a porsi come interlocutore della

Regione Puglia nella programmazione delle politiche di sviluppo regionale.

In linea con la situazione Italiana, secondo gli ultimi dati della Camera di Commercio di Bari relativi

al 2012, la netta maggioranza delle aziende registrate nel Comune di Bari, pari al 99,55%, si

colloca nella fascia dimensionale inferiore ai 50 addetti. All’interno di questo target dimensionale, le

micro imprese del territorio di Bari – come meno di 10 addetti - rappresentano il 95,27% del totale

delle imprese registrate, peso significativamente superiore a quello rilevato a livello nazionale pari

al 94,6%. Le aziende di medie dimensioni, con una forza lavoro compresa tra i 50 e i 249 addetti,

rappresentano lo 0,40%. Sostanzialmente trascurabile, pari allo 0,05%, è la quota delle aziende

con oltre 250 addetti.

Una struttura aziendale così sbilanciata sulle fasce dimensionali inferiori fa sì che il tessuto

imprenditoriale del Comune di Bari sia influenzato in modo particolarmente negativo dal permanere

delle difficili condizioni economiche: basti pensare che la netta maggioranza delle fuoriuscite

registrate tra il 2011 e il 2012 dall’ecosistema di Bari (complessivamente pari a 1.600) ha

interessato proprio le aziende di minori dimensioni, soprattutto la componente di micro imprese,

per le quali le problematiche di tipo finanziario appaiono particolarmente critiche.

Da questo punto di vista, gli ultimi dati rilasciati da Unioncamere ad Aprile 2013 relativi al primo

trimestre 2013, non lasciano particolari speranze per una ripresa nel breve periodo. Alla fine dello

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scorso Marzo, infatti, nel territorio di Bari il saldo tra imprese iscritte e cessate - su uno stock di

150.880 aziende - si è confermato negativo, pari a -639, e corrispondente ad un calo dello 0,42%.

Considerando le sole imprese artigiane, su uno stock di 30.798 aziende, il saldo risulta pari a -480

corrispondente ad una contrazione del -1,53%, meno intensa rispetto alla media regionale ma più

significativa della media Italiana (Tab. 1).

Tabella 1 Nati-mortalità delle imprese nel Comune di Bari, in Puglia e in Italia, 1Q2013

Stock Saldo Tasso di crescita

Bari 150.880 -639 -0,42%

di cui imprese artigiane 30.789 -480 -1,53%

Puglia 380.707 -2.602 -0,68%

di cui imprese artigiane 75.376 -1.244 -1,62%

Italia 6.050.239 -31.351 -0,51%

di cui imprese artigiane 1.416.847 -21.185 -1,47%

Fonte: Unioncamere - Movimprese, Aprile 2013

Per questo motivo, è importante che Enti ed attori pubblici, non solo locali e regionali ma anche

nazionali, continuino a promuovere azioni e misure dirette a favorire l’avvio, da parte delle aziende

del territorio, di strategie di crescita agendo su una serie di strumenti che possano rendere meno

intense le criticità, particolarmente pesanti per le PMI, derivanti dall’eccessivo peso fiscale, dalla

complessità del mondo del lavoro, dal difficile accesso al credito, dagli intralci burocratici e dalla

mancanza di infrastrutture moderne.

Da questo punto di vista, le più importanti iniziative in tal senso sono così sintetizzabili:

� lo scorso Marzo, la Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Bari la reso

nota l’istituzione di una serie di voucher, ovvero contributi a fondo perduto, che possano

supportare le strategie di internazionalizzazione di micro, piccole e medie imprese attraverso

l’acquisto di servizi consulenziali e la partecipazione a missioni economiche e a fiere

internazionali all’estero;

� a Gennaio 2013, la Regione Puglia ha lanciato un bando volto a stabilire una serie di

agevolazioni pensate specificatamente per le piccole e medie imprese attive nel settore del

commercio al dettaglio a supporto, in particolare, delle spese finalizzate alla realizzazione di

nuovi impianti oppure all’ammodernamento, all’ampliamento, alla ristrutturazione o al

trasferimento di una unità locale già esistente. Il bando intende favorire anche lo sviluppo e

l’innovazione delle imprese attraverso incentivi all’ eCommerce. Le risorse disponibili sono pari

a 6.579.387,24 euro di cui 1.000.000,00 euro riservati ad interventi presentati da associazioni

di imprese. In maggior dettaglio, il supporto è concesso nella forma di contributo a fondo

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perduto nella seguente misura: nel limite massimo di 25.000 Euro, pari al 70% sulle spese

ammesse per i programmi di investimento presentati dalle PMI del commercio; nel limite

massimo di 50.000 Euro, pari al 70% sulle spese ammesse, per i programmi di investimento

presentati da associazioni temporanee di impresa o da consorzi;

� a Settembre 2012, la Camera di Commercio di Bari ha lanciato un progetto sperimentale,

chiamato Valore Assoluto, finalizzata a supportare iniziative imprenditoriali particolarmente

innovative nella loro fase più critica di avvio;

� sempre a Settembre 2012, la Camera di Commercio di Bari ha lanciato un bando per la

concessione di contributi in conto interesse alle PMI nel più ampio quadro delle attività svolte a

favore della promozione dell’informazione ed assistenza sul sistema dei finanziamento pensati

non solo le piccole e medie imprese ma anche per le aziende dei settori manifatturiero,

commercio, turismo, per le realtà artigiane e per l’imprenditoria femminile.

Vanno poi citate tutte le iniziative riconducibili al vasto ambito di progetti finalizzati a fare di Bari

una vera e propria Smart City. Si tratta di piani che coinvolgono anche interlocutori a livello

nazionale e che sono stati avviati a partire dall’inizio del 2011, quando Bari ha ufficialmente

assunto la definizione di Smart City con l’obiettivo di evolvere verso un modello di città creativa,

inclusiva, dinamica, sostenibile e perfettamente calata nell’area internazionale, Europea e

Mediterranea. In questo contesto, di particolare rilievo appare il finanziamento del MIUR all’interno

del bando “Smart Cities and Communities and Social Innovation” di una serie di progetti finalizzati

alla formulazione di un insieme di servizi innovativi in materia di energia, sanità, educazione e

servizi telematici. Sono quattro i progetti di ricerca che tra Giugno e Luglio 2012 hanno ricevuto i

finanziamenti del MIUR e che nei primi mesi del 2013 hanno assistito ad una prima

concretizzazione. In tutti i casi, la città di Bari rappresenta il luogo primario per le attività di ricerca

e sperimentazione:

� Smart Health e Cluster OSDH, Smart FSE, Staywell: gruppo di attività sui principali temi della

sanità 2.0. Sono coinvolte nella sperimentazione, oltre alla Puglia, la Calabria, la Campania e la

Sicilia; il contributo complessivo è di 31.690.049,11 Euro;

� Progetto Prisma: sviluppo di una piattaforma Open di Cloud Computing per i servizi di

eGovernment su cui realizzare una serie di applicazioni per la PA. Il contributo assegnato in

questo caso risulta pari a 20.388.195,87 Euro. Le Regioni coinvolte sono Campania, Puglia e

Sicilia;

� Progetto Edoc@Work 3.0: il progetto si propone di offrire una soluzione strutturata e solida a

tutta la filiera dell’istruzione, dalla scuola primaria fino alla formazione professionale, operando

su modelli didattici e organizzativi, contenuti multimediali e interattivi, infrastrutture

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tecnologiche abilitanti per l’erogazione di servizi in Cloud a docenti, studenti, famiglie e istituti

di ogni ordine e grado. Le Regioni coinvolte sono Campania, Puglia e Sicilia e il contributo

ammonta a 21.310.980,12 Euro;

� Progetto “Res Novae”, Sinergreen, Sem – Smart Energy Master: attività di ricerca sui sistemi di

produzione e gestione dell’energia, sulle reti di distribuzione e storage a livello locale. Sono

coinvolte nella sperimentazione, oltre alla Puglia, la Calabria, la Campania e la Sicilia; il

contributo complessivo è di 38.699.312,97 Euro.

L’ambito energetico assume da sempre una particolare rilevanza all’interno delle strategie Smart

City di Bari. Si segnala, a questo proposito, il lancio nel Giugno 2012 di un progetto volto a favorire

la riduzione dei consumi energetici degli edifici e finalizzato a creare un quartiere modello nella

zona di Japigia completamente realizzato con pannelli solari e reti elettriche integrate (Smart Grid).

Continuano ad essere allo studio progetti “green” anche per il porto e l’aeroporto con l’obiettivo

ultimo di ridurre l’emissione di gas serra del 36% entro il 2020.

Inoltre, a partire da Settembre 2012, si sono susseguite una serie di altre iniziative così

sintetizzabili:

� Settembre 2012: formulazione di un nuovo regolamento edilizio che renda obbligatorio il

miglioramento dell’isolamento termico degli edifici presenti nel Comune di Bari;

� Dicembre 2012: STP Bari è stata la prima azienda di trasporto pubblico del Sud Italia a mettere

a disposizione dei propri passeggeri un servizio accessibile da cellulare e smartphone che

consente l’acquisto del biglietto dell’autobus in formato elettronico attraverso il credito

telefonico inviando un SMS e enza alcun bisogno di registrazioni o di altre operazioni

aggiuntive;

� Gennaio 2013: avvio di un network di distributori/ colonnine per la ricarica di veicoli elettrici

collocate in ambiti strategici della città individuati sulla base di un’analisi approfondita del

territorio e dei flussi di traffico;

� Maggio 2013: Bari, insieme a Ancona, Firenze, Genova e Settimo Torinese, ha firmato il Piano

Nazionale per le Città, un programma - formulato dal Ministero delle Infrastrutture e dei

Trasporti – che risponde all’esigenza di rigenerazione urbana di aree periferiche e

particolarmente depresse. Pur non essendo legato direttamente al tema delle Smart Cities, il

Piano affronta aspetti come lo sviluppo e la riqualificazione implicitamente rilevanti per le città

intelligenti. A fronte di un cofinanziamento nazionale di 318 milioni di Euro (224mln provenienti

dal Fondo Piano Città e 94 dal Piano Azione Coesione per Zone Franche Urbane dove si

concentramo programmi di defiscalizzazione per le PMI) è prevedibile che le singole iniziative

nell’ambito del Piano attiveranno progetti per un valore di oltre 4 miliardi di Euro, tra fondi

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pubblici e privati. Nel caso di Bari, il focus dei progetti è rappresentato da un insieme articolato

di interventi, per un valore complessivo di 8,2 milioni di Euro, finalizzati alla valorizzazione del

litorale ovest e alla progettazione di una serie di collegamenti a favore della mobilità sostenibile

centrati su due assi principali: aeroporto-città e porto-stazione.

La Figura 4 mostra una sintesi delle principali caratteristiche del tessuto imprenditoriale barese e

delle iniziative più importanti avviate a vari livelli a sostegno delle piccole e medie imprese così

come dell’informatizzazione del territorio.

Figura 4 Il tessuto imprenditoriale del Comune di Bari e le principali iniziative a sostegno del business in sintesi

Fonte: elaborazione NetConsulting su dati Camera di Commercio di Bari e su fonti varie

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3 Le piccole e medie imprese in Italia

Nel contesto economico Italiano, la fascia di aziende di piccole (fino a 50 addetti) e medie

dimensioni (50-249 addetti) rappresenta il segmento imprenditoriale più importante non solo in

termini di numerosità di imprese ma anche di valore aggiunto prodotto.

Questa caratteristica rende sostanzialmente unica la base produttiva Italiana soprattutto se

confrontata con le dimensioni delle aziende che operano in Europa. Ma ciò che rende ancor più

particolare il tessuto imprenditoriale Italiano è la significativa concentrazione di realtà aziendali di

dimensioni minime. Infatti, all’interno della fascia 1-249 addetti, sono in particolare le

microimprese, ovvero le realtà aziendali con organici inferiori a 10 addetti, a mostrare il peso e

l’incidenza maggiori all’interno del sistema produttivo Italiano (Fig. 5).

Figura 5 Caratteristiche delle PMI in Italia

Fonte: elaborazione NetConsulting su dati Ministero per lo Sviluppo Economico, Cambridge Econometrics (dati previsionali) e ISTAT

(*) Nota: la classe dimensionale è definita secondo il Decreto del Ministero delle Attività Produttive 18 aprile 2005 (G.U.R.I. 12 ottobre 2005, n. 238)

In maggior dettaglio, secondo le elaborazioni condotte dal Ministero per lo Sviluppo Economico sui

dati previsionali di Cambridge Econometrics e di ISTAT, in Italia il numero delle imprese

dell’industria e dei servizi di mercato (ad esclusione del comparto dell’intermediazione monetaria e

finanziaria) risulta pari a 3.792.279. Tali realtà impiegano poco più di 15 milioni di addetti e

producono un valore aggiunto complessivo pari a circa 619 miliardi di euro.

Di queste aziende, il 99,9% è costituito da realtà di piccole e medie dimensioni il cui organico

rappresenta l’80% circa del totale della forza lavoro per un valore aggiunto pari a 422 miliardi di

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euro, ovvero oltre il 68% del valore aggiunto prodotto a livello nazionale. La quota di microimprese

risulta, invece, pari al 94,6% e scende sensibilmente nei principali Paesi Europei. Tale percentuale

appare significativamente più contenuta soprattutto nel Regno Unito e in Germania dove è pari,

rispettivamente, all’89,4% e all’83,3%.

A causa delle dimensioni mediamente molto contenute, il segmento delle piccole e medie imprese

Italiane si è mostrato particolarmente sensibile alle difficili condizioni economiche globali e, quindi,

vulnerabile. Ciò appare evidente dall’andamento dell’indice di fiducia complessivo delle PMI che

Unicredit monitora a partire dal 2004 e che negli ultimi anni ha evidenziato un peggioramento

significativo delle opinioni degli imprenditori toccando, nel 2012, il picco negativo in assoluto,

corrispondente ad un calo di 10 punti dall’anno di inizio delle rilevazioni.

Se nel 2011, per la prima volta dal 2004, tutti i fattori costituenti la fiducia si sono collocati sotto la

soglia dell’ottimismo, nel corso del 2012, oltre alla conferma di questa tendenza, si è evidenziato

un ulteriore peggioramento su ogni singolo elemento. I giudizi peggiori sono stati espressi riguardo

all’andamento dei ricavi (-10 punti rispetto al 2011) e alla situazione del settore di appartenenza (-

9 punti rispetto al 2011). I due fattori esogeni (andamento dell’economia generale e situazione del

settore) anche quest’anno risultano oggetto dei pareri più negativi, senza dubbio resi ancor più

critici da un assetto politico che fino ad adesso non è stato in grado di risolvere le principali

problematiche economiche del Paese e dei principali comparti economici (Fig. 6).

Figura 6 Indice di fiducia delle PMI in Italia

Fonte: Osservatorio Unicredit Piccole Imprese, 2012

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Le opinioni degli imprenditori attivi nel comune di Bari appaiono maggiormente orientate

all’ottimismo (77 contro il 73 rilevato a livello nazionale). Le risposte fornite dagli imprenditori

baresi evidenziano, quindi, come il territorio del capoluogo pugliese, nonostante le difficili

condizioni economiche che lo appesantiscono, mostri comunque alcuni spazi di crescita sebbene

non uniformemente distribuiti su tutti i comparti economici. Sono tre i fattori caratterizzati da

opinioni maggiormente ottimiste rispetto alla situazione nazionale:

� andamento occupazionale, tale elemento beneficia delle dinamiche demografiche positive

registrate nel 2012 non solo dalle aziende dei comparti riconducibili alle attività turistiche e

all’erogazione di servizi professionali ma anche dalle realtà del settore ICT;

� propensione agli investimenti, in quest’ambito la fiducia degli imprenditori locali dipende molto

probabilmente dall’insieme articolato di iniziative che gli Enti locali e gli attori nazionali hanno

avviato nel corso del 2012 a supporto delle loro strategie di crescita (internazionalizzazione,

supporto a start-up e a finanziamenti, agevolazioni per le PMI del settore Commercio etc.);

� situazione economica generale, pur essendo il fattore caratterizzato dal minor livello di fiducia,

il maggior ottimismo degli imprenditori baresi rispetto alla media nazionale può essere

determinato da una percezione di maggiore stabilità della politica economica locale, in

particolare a livello comunale, soprattutto se confrontata con quella Italiana.

Tutti gli altri elementi alla base della fiducia degli imprenditori locali si sono attestati su livelli

inferiori a quelli medi nazionali. Si segnalano, a questo proposito, le attese sui tempi dell’incasso e

sull’andamento dei ricavi che appaiono particolarmente negative a dimostrazione di posizioni

creditizie generalmente precarie e di situazioni economiche in specifici comparti tuttora molto

critiche. Permangono, infine, le difficoltà di accesso al credito.

3.1 Le priorità business delle piccole e medie imprese Italiane

In linea con l’inasprimento delle condizioni economiche nazionali e dello scenario mondiale, le

principali sfide business delle piccole e medie imprese Italiane appaiono polarizzate sull’avvio di

iniziative finalizzate alla razionalizzazione dei costi che, evidentemente, continuano a

rappresentare, anche per questo target dimensionale, le principali contromisure in risposta alla

difficile congiuntura.

Tra le altre sfide competitive, va segnalata anche la necessità di innovare prodotti e servizi e,

contestualmente, di migliorare le relazioni con i propri clienti. Nello specifico, si rileva una

crescente diversificazione delle offerte nel tentativo di rispondere in modo più efficace alle

esigenze dei propri clienti, tematica particolarmente cara a tutte quelle realtà che godono di un

rapporto diretto con i consumatori finali.

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Continuando ad analizzare le principali leve endogene alla base delle strategie business, le

iniziative delle PMI si concentrano, in egual misura, su attività volte all’ottimizzazione dei processi

interni in termini sia di incremento dell’efficacia, con riferimento alle attività commerciali e, in

generale, alle operation aziendali, sia di miglioramento dell’efficienza, in linea con le misure di

razionalizzazione dei costi

Seguono gli interventi diretti all’innovazione di specifici processi con riferimento, in particolare, ai

processi produttivi – per molte realtà unico vero fattore competitivo aziendale - e a tutti quei

processi di business che impattano in modo significativo l’efficienza e l’efficacia aziendali come ad

esempio quelli che caratterizzano le aree amministrativo-contabile e commerciale.

La revisione del modello di business così come il miglioramento dei processi decisionali non si

configurano come priorità business particolarmente critiche: le dimensioni limitate delle PMI e la

loro flessibilità non richiedono, generalmente, l’avvio di strategie particolarmente complesse in

questi ambiti.

L’adozione delle leve esogene, ovvero di strategie basate sul coinvolgimento di elementi esterni

alle aziende, appare complessivamente meno sviluppata rispetto alla formulazione di strategie

endogene, che sono al contrario legate all’utilizzo e alla gestione di fattori interni.

La strategia esogena più citata è rappresentata dall’avvio di iniziative di internazionalizzazione

spinte dall’interesse che, da tempo, i mercati esteri mostrano per il “Made in Italy”, ovvero per

quell’aggregato di prodotti e servizi su cui le imprese Italiane possono vantare un effettivo grado di

specializzazione evidente in livelli qualitativi ed innovativi superiori alla media.

Negli ultimi dieci anni, quindi, un numero crescente di piccole e medie realtà ha avviato attività

all’estero. Con l’avvento della crisi, la presenza all’estero si è intensificata in modo significativo

come reazione ad un mercato interno sempre più stagnante. L’apertura dei confini aziendali verso

l’estero ha spinto, infatti, le PMI a rinnovarsi e a migliorarsi con esiti positivi che in molti casi si

sono estesi anche al mercato nazionale.

Seguono acquisizioni e alleanze/ partnership commerciali, molto spesso riconducibili a strategie di

internazionalizzazione che, infatti, sono basate frequentemente sull’acquisizione di filiali

commerciali e produttive così come su alleanze con partner locali. Tali iniziative sono fondamentali

per le PMI che generalmente non dispongono delle risorse finanziarie e materiali necessarie per

creare ex novo una presenza internazionale.

Infine, sostanzialmente trascurabili, sono le priorità relative al miglioramento delle relazioni con i

fornitori che evidentemente per le PMI non rappresentano un aspetto critico viste le dimensioni

generalmente contenute delle loro reti di partner e provider esterni (Fig. 7).

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Figura 7 Le sfide competitive e le criticità delle PMI

Fonte: NetConsulting, 2013

Il perseguimento da parte delle PMI Italiane degli obiettivi business precedentemente delineati

viene reso ancor più difficoltoso dall’esistenza di una serie di criticità che tipicamente costellano il

percorso di sviluppo delle aziende Italiane e che sono in gran parte riconducibili alle relazioni

esistenti tra aziende e Pubblica Amministrazione. In tal senso, sono, in particolare, la pressione

fiscale e l’eccessiva burocrazia, che si manifesta a vari livelli – dagli adempimenti normativi, alle

modalità di selezione e assunzione del personale, a frenare in modo significativo le strategie di

crescita delle aziende.

Un altro fattore che appesantisce le performance delle aziende è rappresentato dalle crescenti

difficoltà che caratterizzano l’accesso al credito. Il fenomeno del credit crunch sta di fatto

rallentando la ripresa delle piccole e medie realtà che a causa delle difficili condizioni economiche

sono state colpite da una riduzione notevole della loro redditività e della capacità di

autofinanziamento.

Da segnalare, inoltre, una serie di aspetti legati alle risorse umane sotto due diversi punti di vista:

� da un lato, alcune aziende sono da sempre maggiormente focalizzate sugli aspetti di

amministrazione del personale e non sono quindi preparate ad affrontare anche strategie di

gestione delle proprie risorse umane che facciano leva su elementi legati alla gestione dei

percorsi di crescita professionali con un’attenzione spinta su molteplici fattori come, ad esempio,

motivazione, impegno e partecipazione. Secondariamente, altre realtà di piccole e medie

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imprese si trovavo ad operare con personale scarsamente professionali e non adeguatamente

formate. Entrambi gli aspetti hanno impatti negativi sullo svolgimento delle mansioni aziendali

con conseguenze sfavorevoli sui risultati e sulle performance business;

� dall’altro, gli imprenditori alla guida delle piccole e medie realtà Italiane a volte mostrano un

approccio culturale poco illuminato mostrandosi poco propensi a mettere in atto iniziative e

misure puntuali in risposto alle difficoltà che caratterizzano il mercato in cui operano.

Infine, vanno segnalate le criticità derivanti dal ritardo dei pagamenti da parte dei grandi clienti.

Tale tematica, in realtà, non appare particolarmente frequente per le piccole e medie imprese

Italiane che evidentemente nei rapporti commerciali che li legano a realtà aziendali di grandi

dimensioni non riscontrano frequentemente questo tipo di problema che, al contrario, è molto più

presente nelle trattative con la Pubblica Amministrazione o con target aziendali più piccoli.

3.2 Il ricorso alla tecnologia delle piccole e medie imprese Italiane

L’apertura delle imprese alle nuove tecnologie e a processi di digitalizzazione rappresenta un

fattore imprescindibile a supporto del loro percorso di sviluppo e all’avvio di strategie competitive

determinati per poter superare il periodo di stallo dell’economia globale, come ad esempio quelle

dirette a alla riorganizzazione aziendale o all’internazionalizzazione delle attività.

E la gestione digitale dell’azienda e delle sue principali divisioni ha generalmente ripercussioni

positive sull’andamento del clima di fiducia. A tal proposito, i dati provenienti dall’indagine

Unicredit sulla fiducia mostrano come le piccole imprese digitalizzate esprimano un indice di fiducia

superiore di 6 punti a quello espresso dalle realtà non digitalizzate. Per le medie imprese tale

fenomeno è ancor più evidente e lo scostamento del clima di fiducia di imprese digitalizzate e non

aumenta, infatti, a 7 punti.

Ciò suggerisce come l’innovazione digitale applicata ai processi di business possa costituire un

volano per superare l’incertezza e il rallentamento dell’economia creando nuove opportunità di

crescita occupazionale, incrementando la crescita e le esportazioni fino ad influenzare

positivamente l’andamento del PIL a livello nazionale.

Molto interessante è anche l’analisi dell’andamento della fiducia a seconda delle funzioni aziendali

che vengono di volta in volta digitalizzate. In tal senso, i dati dell’indagine Unicredit evidenziano

come l’innovazione apportata nelle varie divisioni e aree aziendali contribuisca generalmente ad un

miglioramento del sentiment delle imprese.

Ciò è vero, in particolare, per le aziende che hanno dichiarato di adottare sistemi di eCommerce

nella gestione della funzione vendite (Fig. 8). In questi casi le aziende mostrano un indice di

fiducia nettamente più elevato, pari a 82 sia per le piccole sia per le medie imprese). Questo

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risultato non stupisce: da un punto di vista commerciale le vendite via web hanno ridotto se non

addirittura cancellato i confini, le aziende che si avvalgono di questo strumento sono riuscite a

crescere anche in contesti di recessione proprio perché sono approdate in mercati diversi da quello

locale ormai saturo e stagnante.

Figura 8 Il ruolo della digitalizzazione

Fonte: indagine Unicredit sulla fiducia, 2012

Nonostante l’importanza della tecnologia nella crescita delle aziende sia stata ampiamente

dimostrata, gli investimenti tecnologici delle piccole e medie imprese Italiane, vista la loro minore

disponibilità di spesa, appaiono piuttosto contenuti in valore, e – elemento senza dubbio più

preoccupante - sono caratterizzati da dinamiche in calo.

Nel 2012, secondo le ultime stime di NetConsulting, la spesa riconducibile al Global Digital Market

sostenuta da queste aziende ha raggiunto un valore pari a poco più di 16,7 miliardi di Euro per

effetto di una contrazione pari al -2,6% rispetto al 2011, confermando una tendenza ormai

strutturale (Fig. 9).

A tale risultato hanno concorso, in prima battuta, le difficoltà economiche vissute, negli ultimi anni,

dalle piccole e medie imprese Italiane che ne hanno, senza dubbio, frenato gli investimenti

tecnologici. A questa situazione ha però contribuito anche il tradizionale approccio di molte realtà

Italiane di piccole dimensioni che ritengono che la tecnologica sia unicamente un centro di costo

piuttosto che un elemento fondamentale a supporto delle loro strategie di crescita.

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Inoltre, le piccole e medie realtà mostrano generalmente una minore propensione a collaborare

con altri soggetti, tipicamente università e centri di ricerca, nell’avviare progetti e processi

innovativi.

Le stime di mercato di NetConsulting appaiono allineate ai dati di un’indagine Unicredit volta a

quantificare la spesa ICT sostenuta dalle PMI come quota del fatturato generato. Secondo questa

analisi, una percentuale molto elevata di piccole e medie realtà - poco meno del 46% - ha

dichiarato addirittura di non sostenere alcuna spesa di tipo tecnologico.

Figura 9 Il Global Digital Market nelle PMI in Italia

Fonte: Assinform/ NetConsulting, 2013, e Osservatorio Unicrediti Piccole Imprese, 2012

Per effetto di questo approccio ancora poco sviluppato alla tecnologia, i sistemi informativi delle

PMI mostrano numerose criticità trasversali alle principali tipologie di dotazioni IT, applicazioni e

infrastrutture, così come alle modalità di aggiornamento e sviluppo applicativo (Fig. 10).

In maggior dettaglio, l’area di debolezza che ricorre con maggior frequenza è rappresentata

dall’obsolescenza che assume diverse caratteristiche a seconda delle risorse considerate:

� nel caso delle applicazioni, l’obsolescenza si traduce in un mancato aggiornamento delle release

e in dotazioni applicative, spesso customizzate, stratificate nel tempo che rendono difficile una

piena ed efficace integrazione applicativa;

� nel caso delle infrastrutture, l’obsolescenza si riflette nell’adozione di macchine poco innovative

generalmente non adeguate alle esigenze aziendali del momento.

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Tutto ciò genera un incremento dei costi di manutenzione, elemento tanto più critico in un periodo

economico difficile come quello attuale.

Da migliorare appaiono anche le modalità di sviluppo del software che è spesso delegato a terze

parti, con una conseguente perdita di controllo delle attività da parte delle PMI, particolarmente

critica nel caso in cui le applicazioni in uso siano customizzate.

I fornitori esterni si occupano generalmente anche di svolgere le fasi di test senza coinvolgere i

diretti utenti delle applicazioni rendendo difficile il raggiungimento di un’effettiva efficacia dei

prodotti sviluppati.

A causa di questi aspetti, una gran parte dei sistemi informativi in uso presso le piccole e medie

aziende Italiane ad oggi non appare in grado di indirizzare in modo adeguato le sfide del business.

Figura 10 I sistemi informativi delle PMI

Fonte: NetConsulting, 2013

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4 Il Cloud Computing: definizioni, principali servizi e modelli

4.1 Definizioni

La definizione di Cloud Computing, ai fini del presente White Paper, ha l’obiettivo di stabilire un

linguaggio comune, necessario per evitare che possano generarsi dei fraintendimenti, ad esempio,

sui differenti servizi o sulle diverse modalità di fruizione che caratterizzano questo nuovo

paradigma.

Dal punto di vista concettuale, il Cloud Computing consente di rendere i servizi IT una commodity:

da questo punto di vista, l’IT è vista in misura crescente come una risorsa simile alla corrente

elettrica che si utilizza solo quando serve.

Da un punto di vista generale, inoltre, i servizi Cloud permettono alle aziende di archiviare,

elaborare e trasportare informazioni rendendo trasparente per gli utenti la complessità tecnologica

sottostante a queste attività e, allo stesso tempo, migliorandone l’esperienza d’uso.

Analizzando, infine, le tecnologie abilitanti e propedeutiche, il Cloud Computing si sta affermando

grazie alla crescente diffusione dei protocolli di connessione ad Internet a banda larga così come ai

processi di virtualizzazione (Fig. 11).

Figura 11 Cloud Computing: una nuova concezione dell’ICT

Fonte: NetConsulting, 2013

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Le caratteristiche essenziali del Cloud Computing sono così sintetizzabili (Fig. 12):

� Elasticità: rapida scalabilità delle risorse sia in crescita che in riduzione in allineamento ai carichi

di lavoro dell’azienda utente come se la disponibilità delle infrastrutture che risiedono nella

nuvola a disposizione dell’azienda fosse infinita;

� Servizio misurabile: consente di fatturare il servizio, di controllare l’accesso alle risorse, di

ottimizzarle e di gestire aspetti di capacity planning;

� On-Demand e Self-Service: l’utente può accedere alle risorse nella nuvola senza nessuna

necessità di interagire con il provider;

� Accesso ubiquo alla rete: le risorse erogate dal provider sono accessibili in qualsiasi momento e

da qualsiasi luogo accedendo con i client alla rete attraverso protocolli standard;

� Resource pooling: consente ai provider di servire più utenti contemporaneamente attraverso un

modello multi-tenant.

I servizi Cloud che rispettano tutti le caratteristiche e gli elementi distintivi del paradigma on

demand possono essere definiti, in modo più o meno proprio, puri.

Nelle realtà aziendali, tuttavia, si rilevano situazioni miste: è il caso, ad esempio, di servizi che si

pongono a cavallo tra l’hosting e il Cloud vero e proprio piuttosto che varianti alle caratteristiche

elencate precedentemente riconducibili a modelli single-tenant o a modalità di accesso alle risorse

intermediate dal fornitore dei servizi e, quindi, non propriamente “on-demand”.

Figura 12 Caratteristiche, servizi e possibili tipologie di fruizione dei servizi

Fonte: NetConsulting, 2013

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4.2 Principali servizi e modelli Cloud

Quando si parla di Cloud Computing si fa riferimento a tre ambiti principali di servizio che vengono

indicati dai seguenti acronimi, IaaS, PaaS, SaaS:

� i servizi IaaS (Infrastructure as a Service) hanno una caratterizzazione prettamente

infrastrutturale e permettono l’utilizzo di risorse hardware in remoto. Questi servizi interessano

sia le componenti hardware (server, switch, router, storage, etc.) sia il layer di gestione che

comprende l’infrastruttura software per la gestione delle risorse, i nodi computazionali e quelli di

storage. La caratteristica distintiva dei servizi IaaS è rappresentata dal fatto che le risorse

vengono utilizzate su richiesta al momento in cui una piattaforma ne ha l’esigenza e non

vengono assegnate a prescindere dal loro utilizzo effettivo;

� i servizi PaaS (Platform as a Service) insistono invece sulle piattaforme software preposte al

deployment delle applicazioni e al loro test. Queste piattaforme sono costituite da diversi servizi,

programmi, librerie, etc.;

� i servizi SaaS (Software as a Service) permettono di utilizzare applicativii installati su un server

remoto, cioè al di fuori del computer fisico o dalla LAN locale, spesso attraverso un server Web.

Con l’evolvere delle offerte Cloud, lo spettro dei servizi indirizzati si amplia ad altri ambiti che

vengono definiti con ulteriori acronimi. Tra i principali servizi emergenti è interessante segnalare i

servizi DaaS (Desktop/Device as a Service) che fanno riferimento a servizi in Cloud per la gestione

delle postazioni di lavoro.

Individuato l’ambito di servizio di interesse, le aziende devono scegliere la modalità di fruizione più

adeguata. Le principali modalità di fruire dei servizi Cloud sono riassumibili in tre modelli di

architetture Cloud:

� Cloud Pubblico: fornita tipicamente attraverso un accesso Internet diretto mediante una URL

pubblica, questa modalità di fruizione dei servizi si caratterizza per un approccio self-service/

eCommerce, per la facilità di configurazione e immediatezza di utilizzo e per la richiesta di

praticamente nessuna competenza tecnologica per il set-up. La fatturazione del servizio avviene

in modalità pay-per-use o flat (canone mensile/ annuale). Nel modello Public l’utente utilizza gli

stessi servizi di altri utenti, accedendovi quando lo ritiene necessario e sulla base di livelli di

servizio concordati con il provider del Cloud;

� Cloud Privato: è una modalità di fruizione dei servizi Cloud basata su una soluzione di proprietà

dell’utente che offre servizi esclusivamente per quello stesso utente. Le architetture

(infrastrutturali e applicative) possono risiedere direttamente nei Data Center di proprietà

piuttosto che in quelli di proprietà del fornitore. In quest’ultimo caso, la fruizione dei servizi

viene denominata di tipo Virtual o External Private Cloud, ovvero un Cloud privato esterno al

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firewall aziendale che risiede presso il Cloud provider che dedica una porzione specifica delle

sue infrastrutture ad uso esclusivo del cliente;

� Cloud ibrido: con Hybrid Cloud si intende la combinazione dei servizi e delle tecnologie Cloud

che l’azienda utilizza mixando opportunamente ciò che resta tecnologicamente e funzionalmente

all’interno della sua struttura Private Cloud e quanto invece viene appaltato all’esterno tramite i

servizi Public. Al momento, l’Hybrid Cloud è da considerarsi come il «punto d’atterraggio» di

quasi tutti i progetti e iniziative in corso all’interno delle aziende italiane.

La descrizione delle differenti modalità legate alla fruizione di servizi in Cloud richiede un’ulteriore

puntualizzazione. In genere, per quanto riguarda il panorama italiano - ma il concetto è estendibile

quantomeno ai confini europei, l’adozione di servizi di Private Cloud è scelta in particolar modo da

organizzazioni di grandi dimensioni, che dispongono di sistemi informativi complessi e che possono

sostenere investimenti significativi giustificati da un’esigenza di flessibilità e time-to-market.

Queste aziende, in genere, hanno al loro interno anche gli skill necessari quantomeno per

governare le tecnologie e il processo di transizione verso il Cloud.

Al contrario, i servizi di public Cloud rappresentano un’interessante soluzione soprattutto per le

aziende di media e piccola dimensione che hanno la possibilità di delegare la complessità

tecnologica a una terza parte a fronte del miglioramento in termini di efficienza, sicurezza e

funzionalità dei propri sistemi.

In mezzo a questi due estremi è certamente presente un’ampia gamma di situazioni intermedie.

Non è, infatti, raro individuare una grande organizzazione che ha affidato quota parte dei propri

sistemi a servizi Cloud di tipo prettamente Public.

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5 L’adozione attuale e prevista di servizi Cloud da parte delle PMI

Italiane

I servizi Cloud rappresentano, per le PMI, un’interessante modalità di fruizione di risorse e sistemi

IT alternativa a quella tradizionale per una serie di ragioni polarizzate su due macro fattori:

� in primo luogo, nella situazione attuale, questa tipologia di aziende è maggiormente concentrata

nel capire come fare fronte a problematiche di accesso al credito e di incasso dei pagamenti e,

per le aziende maggiormente lungimiranti, nel comprendere come riposizionare le proprie

attività all’interno di un’arena competitiva sempre più aggressiva e globalizzata. I sistemi

informativi rappresentano certamente un supporto ai processi di business ma il loro

funzionamento e la loro gestione interna comporta un onere significativo, spesso aggravato

dalla mancanza delle competenze necessarie. La scelta del paradigma Cloud consente, pertanto,

alle PMI di disporre di sistemi informativi adeguati;

� secondariamente, il Cloud Computing dà la possibilità di ridurre (e/o potenzialmente annullare)

la componente di investimento a favore di una spesa corrente variabile o basata su canoni

mensili/annuali.

Ma nonostante i benefici del Cloud Computing siano ormai evidenti, l’utilizzo del paradigma on

demand da parte delle piccole e medie imprese appare disomogeneo, frenato dall’esistenza di

sistemi informativi concentrati, per quanto riguarda le componenti infrastrutturali, su server di

proprietà, dedicati e non ottimizzati e, per quanto concerne l’ambito applicativo, su soluzioni

sviluppate in house o su pacchetti altamente customizzati da software house presenti sul territorio.

Tuttavia, lungi dall’essersi pienamente concretizzato, il processo di adozione del paradigma Cloud

presso le piccole e medie imprese Italiane appare ormai decisamente avviato.

Secondo un’indagine campionaria svolta da NetConsulting, infatti, l’adozione attuale o prevista del

Cloud Computing riguarda una percentuale di medie aziende oscillante tra il 33,2%, se si

considerano le realtà con progetti già terminati o in corso e con iniziative previste per il 2013, e

l’80,8%, se si includono anche le aziende che stanno prendendo in forte considerazione la

possibilità di adottare questo nuovo modello di utilizzo dell’IT più avanti nel tempo, oltre l’anno in

corso.

Tali percentuali scendono, rispettivamente al 27,5% e al 72,8%, nel caso di realtà di piccole

dimensioni, tradizionalmente meno propense all’innovazione tecnologica.

Ad ulteriore conferma di quanto il Cloud Computing rappresenti ormai una priorità tecnologica a

tutti gli effetti, la quota di imprese (soprattutto quelle di medie dimensioni) assolutamente non

interessate all’utilizzo del Cloud risulta decisamente trascurabile (Fig. 13).

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Figura 13 Processo di adozione del Cloud Computing presso le PMI in Italia

Dati in %, risposte singole

Fonte: NetConsulting - indagine campionaria, 2013

I progetti di Cloud Computing futuri riguardano molteplici ambiti IT e, in prevalenza, le dotazioni

infrastrutturali delle aziende, compresi gli strumenti che indirizzano le esigenze di sviluppo e

deployment applicativo.

A dimostrazione di questa tendenza, si segnala che il 47% circa delle imprese di piccole e medie

dimensioni ha indicato un interesse elevato nei confronti dei servizi infrastrutturali di tipo IaaS e

PaaS.

Guardando al dettaglio dei servizi più frequentemente citati, appare evidente che la logica on

demand trova una maggiore applicazione nella componenti puramente infrastrutturali in

corrispondenza di servizi di Disaster Recovery e di gestione delle risorse storage, che beneficiano

così di un più rapido deployment delle macchine necessarie, così come della capacità e della

potenza elaborativa, gestibili con il Cloud in modo più adeguato ed efficiente a seconda dei carichi

di lavoro.

Meno citati appaiono i servizi di Desktop as a Service, modalità ancora poco diffusa vista la tuttora

scarsa maturità della domanda e dell’offerta di soluzioni, e i database, di cui le aziende

preferiscono mantenere il controllo soprattutto nel caso di dati particolarmente critici.

Il PaaS è stato, invece, segnalato unicamente dal 17,2% del campione coerentemente con la

minore consuetudine delle PMI nello svolgere attività di sviluppo e test al proprio interno (Fig. 14).

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Figura 14 Servizi infrastrutturali che le PMI ritengono di portare in Cloud nei prossimi 3-5 anni

Fonte: NetConsulting - indagine campionaria, 2013

Per quanto riguarda le aziende di medie dimensioni, l’adozione del Cloud Computing riguarda – ad

oggi e in prospettiva - più frequentemente l’avvio di modelli di Private Cloud (42,1%) - in cui le

risorse sono dedicate al singolo cliente, che quindi non le condivide con nessun’altra azienda - e di

Hybrid Cloud (31,6%), dove più nuvole - pubbliche e private - interagiscono. Le realtà di medie

dimensioni tipicamente scelgono di utilizzare risorse dedicate per i sistemi core e risorse pubbliche

per tutte le componenti non strategiche.

L’utilizzo di Public Cloud è stato dichiarato da una quota inferiore di aziende (26,3%) e, in

prevalenza, da quelle realtà che trovano vantaggioso usare la nuvola pubblica soprattutto per

accedere ai dati contenuti in applicativi di posta elettronica e in siti di social networking o in portali.

Le risposte delle piccole imprese mostrano una tendenza in una certa misura opposta. Tali aziende

hanno, infatti, citato in misura particolarmente significativa – nel 39,1% dei casi -

l’implementazione di architetture di Public Cloud e, al contrario, hanno segnalato con minor

frequenza il ricorso a modelli di Private Cloud (25,4% dei casi).

Tale scelta è coerente con l’utilizzo da parte di questo target dimensionale di dotazioni IT che sono

mediamente meno articolate di quelle che caratterizzano le medie imprese e con disponibilità di

spesa generalmente più contenute (Fig. 15).

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Figura 15 Modelli di Cloud esistenti ad oggi presso le PMI

Fonte: NetConsulting - indagine campionaria, 2013

Per la maggioranza delle realtà di medie dimensioni che hanno implementato o che stanno

implementando il Cloud Computing (42,1%), i dati aziendali alla base delle architetture on demand

devono risiedere nei Data Center aziendali, a dimostrazione della volontà di tali aziende di

mantenere al loro interno il controllo e la governance delle proprie informazioni incrementandone,

quindi, anche il livello di sicurezza.

Il 19,5% di questo stesso target aziendale, invece, prevede un graduale spostamento dei dati

aziendali, almeno di quelli meno critici, verso la nuvola parallelamente al miglioramento delle

condizioni di sicurezza delle architetture di Cloud Computing.

Il restante 38,4% del panel di medie dimensioni ha indicato che i dati aziendali possono risiedere

nella nuvola, nella maggioranza dei casi nell’ambito di architetture di Private Cloud (22,6%) e, in

un numero inferiore di casi, all’interno di modelli di Public Cloud (15,8%).

Analogamente a quanto esposto in precedenza, le realtà più piccole si mostrano, al contrario, più

aperte ad un utilizzo più esteso della nuvola vista la minore disponibilità di Data Center

dimensionati in modo adeguato. Solo il 15,4% di queste aziende ha, infatti, dichiarato l’uso di

architetture centrate unicamente sui Data Center aziendali.

Tuttavia, l’utilizzo della nuvola, anche per le piccole imprese, è mediato, in un numero significativo

di casi, dalla formulazione di architetture di Private Cloud (39,6%) o poggia temporaneamente sui

Data Center interni (34,7%).

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L’utilizzo esclusivo di piattaforme Public Cloud appare trascurabile in linea con una minore

presenza all’interno delle piccole aziende di risorse interne in grado di gestire e monitorare l’utilizzo

di questa tipologia di architetture (Fig. 16).

Figura 16 Localizzazione dei dati aziendali all’interno di architetture di Cloud Computing

Dati in %, risposte singole

Fonte: NetConsulting – indagine campionaria, 2013

5.1 Principali fattori di freno all’adozione del Cloud Computing

Il principale fattore di freno all’adozione del Cloud Computing è rappresentato dal tema della

sicurezza e della privacy dei dati che riguarda oltre il 60% delle PMI intervistate (Fig. 17).

I timori relativi alle modalità di trattamento dei dati e alla individuazione e localizzazione del Data

Center su cui essi risiedono sono emersi nel momento in cui il Cloud Computing ha fatto il suo

ingresso nello scenario tecnologico e continuano ancora ad occupare la prima posizione tra le

perplessità degli utenti nei confronti di un pieno utilizzo del paradigma on demand.

In seconda posizione, va segnalata la preoccupazione che l’adozione del Cloud Computing possa

portare ad un calo occupazionale nell’ambito delle divisioni business preposte alla formulazione e

gestione, anche operativa, delle strategie IT aziendali.

A seguire si colloca il timore che l’integrazione con le soluzioni on premise non sia semplice (42%

circa delle citazioni). Tale tematica appare particolarmente critica nel caso di applicativi ad hoc o

fortemente customizzati che potrebbero richiedere un grosso sforzo in fase di start up del progetto

o interventi lato sistemi on premise per abilitare una reale integrazione.

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Tra gli altri fattori di freno sono stati citati l’effettiva continuità del servizio (rispetto degli SLA),

elemento importante al crescere della criticità dei servizi adottati in Cloud, e la scarsa possibilità di

customizzazione, timore tipico delle aziende Italiane e soprattutto di quelle di piccole e medie

dimensioni che ritengono tradizionalmente che le loro esigenze non possano essere

adeguatamente soddisfatte attraverso soluzioni standard.

Seguono le difficoltà legate alla necessità di adottare nuove metriche di pricing, da concordare

necessariamente con i vendor per poter usufruire di un modello di fruizione IT on demand, e,

parallelamente, le criticità derivanti dal bisogno di formulare strumenti di monitoraggio del servizio

che rendano più agevole il controllo del rispetto degli SLA.

Infine, alcune aziende hanno indicato l’assenza di business case che possano mettere in luce i

benefici effettivi che altre imprese hanno ottenuto dall’adozione del Cloud.

Figura 17 I principali dubbi da parte delle PMI Italiane nell’adozione dei servizi Cloud

Fonte: NetConsulting – indagine campionaria, 2013

I timori relativi alla sicurezza del Cloud Computing appaiono, quindi, ancora molto intensi e

sostenuti, oltre che dagli elementi precedentemente delineati, anche da fattori culturali,

riconducibili essenzialmente al fatto che per le aziende italiane e il relativo Top Management i dati

e le informazioni costituiscono parte del patrimonio aziendale ed un asset strategico, da cui

difficilmente si separano.

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In questo contesto, è necessario evidenziare quanto le architetture Cloud siano in realtà

caratterizzate da livelli di sicurezza molto più elevati di quelli che caratterizzano le tradizionali

modalità di protezione delle infrastrutture in uso presso le PMI che presentano, infatti, numerose

aree di miglioramento tra cui spiccano:

� l’inadeguatezza delle configurazioni e delle facilities dei Data Center, che molto spesso non si

collocano allo stato dell’arte;

� la mancanza di piani di contingenza anche in risposta alla compromissione dei server, all’uso

non adeguatamente controllato degli hot spot Wi-Fi, peraltro spesso non aggiornati nelle

soluzioni software che ne regolano il funzionamento;

� la scarsa presenza di attività di Intrusion Detection;

� i costi elevati delle licenze connesse ai firewall e alla gestione delle patch (Fig. 18).

Figura 18 Alcuni miti da sfatare: il Cloud è sicuro?

Fonte: NetConsulting, 2013

La gestione della sicurezza nelle architetture di Cloud Computing risulta, al contrario, ottimale non

solo in confronto alle criticità evidenziate all’interno dei sistemi informativi delle PMI ma anche in

assoluto grazie sia ad aspetti tecnici sia ad elementi legati alle competenze delle risorse umane

dedicate alla gestione delle infrastrutture:

� dal primo punto di vista, vale la pena segnalare come i Data Center su cui poggia gran parte

delle architetture Cloud beneficino di elevati investimenti in Ricerca & Sviluppo e siano Tier 4,

ovvero soddisfino tutti i requisiti tecnici richiesti in termini di ridondanza, availability, consumi

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energetici, raffreddamento e fault-tolerance, presentino soluzioni di sicurezza estese a

transazioni e comunicazioni, presentino ampie possibilità di ridondanza funzionali al Disater

Recovery;

� per quanto riguarda le risorse umane, da segnalare la presenza di team esperti in ambito

sicurezza in grado di mettere in pratica relative policy e metodologie.

5.2 Principali fattori di spinta all’adozione del Cloud Computing

Scalabilità (56,9% del panel) e flessibilizzazione dei costi (55,6%) sono i due criteri che guidano la

scelta del Cloud Computing da parte delle piccole e medie imprese Italiane.

Di seguito si segnala la possibilità di adottare un’infrastruttura agile più adatta alla riduzione del

time to market richiesto dal business (51,4%, Fig. 19).

Figura 19 I principali fattori di spinta nell’adozione di servizi Cloud da parte delle PMI italiane

Fonte: NetConsulting – indagine campionaria, 2013

Il Cloud Computing quindi sembra rispondere in primo luogo alle esigenze di rendere più efficiente

la macchina operativa. Il dato è coerente con la propensione ad adottare, in prima battuta,

architetture Cloud di tipo IaaS.

Meno enfasi viene posta sulla riduzione del TCO complessivo, rilevante per il 27,8% del campione.

Ancor più trascurabili appaiono i fattori di spinta legati alla possibilità di ampliare il portafoglio

aziendale di servizi IT, di aumentare il livello di Business Continuity e l’incremento delle

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performance infrastrutturali, forse perché elementi in qualche modo “ovvi” o, in altre parole, fattori

distintivi delle architetture Cloud.

Per quanto riguarda il risparmio atteso dall’utilizzo del Cloud, il 30% delle aziende del panel non si

aspetta ritorni in termini di saving – e questa risposta è sostanzialmente trasversale tra chi già

utilizza soluzioni in Cloud e quindi ha già effettuato un monitoraggio sui costi complessivi, e chi

non ha ancora implementato il servizio.

Per il 44% del campione il risparmio si colloca tra il 10 e il 30%. Fasce di risparmio più basse, tra

lo 0 e il 10%, sono state indicate complessivamente dal 22% delle aziende. Solo il 4% ha citato

percentuali superiori al 30%.

5.3 Principali benefici derivanti dall’adozione del Cloud Computing

L’analisi di alcuni casi di piccole e medie imprese che hanno già proceduto all’implementazione di

architetture Cloud mostra come i benefici derivanti dall’adozione concreta di architetture on

demand siano molteplici (Fig. 20).

Figura 20 La parola alle PMI in Cloud: benefici ottenuti

Fonte: NetConsulting – indagine campionaria, 2013

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In particolare, dalle risposte fornite da queste aziende in tal senso, appaiono evidenti benefici

riconducibili a tre ambiti principali:

� miglioramento dell’efficacia delle operation e delle mansioni business (produttività,

riposizionamento delle risorse);

� ottimizzazione estesa delle attività legate alla gestione dei sistemi informativi;

� miglioramento delle dotazioni e architetture IT in uso.

5.4 Caratteristiche e ruolo richiesti ai fornitori di servizi Cloud

I fornitori di servizi Cloud infrastrutturali, di tipo IaaS e/o PaaS, devono assicurare, secondo le PMI

che hanno partecipato all’indagine di NetConsulting, una forte attenzione verso le tematiche di

sicurezza e privacy, garantire elevatissimi SLA e mettere a disposizione dei propri clienti un’elevata

granuralità e scalabilità dell’offerta (Fig. 21).

Figura 21 Caratteristiche ideali di un fornitore di servizi Cloud Iaas/PaaS

Fonte: NetConsulting – indagine campionaria, 2013

Le risposte appaiono pertanto coerenti con i principali fattori di freno che – come visto - ancora

caratterizzano l’adozione del Cloud Computing e, allo stesso tempo, con uno dei più importanti

elementi distintivi delle architetture on demand, ovvero la scalabilità dell’infrastruttura IT.

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Tali caratteristiche sono state indicate con frequenza particolarmente elevata sia dalle aziende che

stanno già adottando architetture Cloud sia dalle imprese che ne prevedono l’utilizzo a breve.

Analizzando, invece, le risposte fornite da queste due tipologie di aziende in modo separato, le

richieste delle aziende che stanno già adottando architetture on demand appaiono concentrate

anche sulla disponibilità:

� di servizi di supporto 24x7, che consentano un miglioramento ulteriore della continuità del

servizio;

� di un’offerta di Private Cloud, in genere a complemento dell’offerta Public che indirizzi sistemi

maggiormente critici;

� di competenze storiche e consolidate nell’erogazione di servizi di Outsourcing che fungano da

ulteriori garanzie delle capacità del fornitore di gestire risorse e infrastrutture da remoto.

D’altro canto, le imprese ancora in attesa di implementare le piattaforme Cloud risultano

maggiormente interessate all’economicità dell’offerta e a stabilire un buon rapporto con il vendor

grazie soprattutto alla disponibilità di referenze spendibili dal vendor come garanzia dell’efficacia

delle soluzioni fornite.

Da un punto di vista più generale, nella scelta di un fornitore di servizi Cloud le piccole e medie

imprese devono porre un focus significativo su una serie di aree di attenzione volte a valutarne

una serie di caratteristiche:

� in prima battuta, la solidità - prevalentemente in termini di dimensioni e situazione finanziaria -

e la reputazione;

� secondariamente, l’abilità nel supportare il percorso di crescita dei clienti con un’offerta

adeguata alle loro dimensioni e attraverso una rete di partner in grado di offrire supporto a

livello locale, anche in un’ottica futura, in previsione di possibili cambi nelle strategie di

sourcing;

� infine, l’efficacia dell’offerta in termini sia di facilità di utilizzo sia di garanzie verso i principali

fattori di freno che complicano tuttora l’adozione del Cloud Computing, come ad esempio la

protezione dei dati, gli SLA e i meccanismi di pricing.

Prima di scegliere il vendor, pertanto, le aziende devono focalizzarsi su una serie di

approfondimenti in questo senso in modo da ridurre il rischio di scelte sbagliate e di non mettere a

rischio l’esito positivo delle proprie strategie Cloud (Fig. 22).

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Figura 22 Il ruolo dei fornitori di Cloud Computing: cosa devono chiedere le PMI ai Provider di Cloud Computing

Fonte: NetConsulting – indagine campionaria, 2013

La scelta del vendor di servizi Cloud deve, comunque, tenere anche conto della capacità del

fornitore di accompagnare l’azienda lungo il percorso di adozione del Cloud che, infatti, è

progressivo e si sviluppa nel tempo per passi successivi (Fig. 23).

Il processo di Cloud Transformation, infatti, richiede che vengano implementati una serie di

processi, in modo consequenziale o parallelo, di rightsizing, ovvero di virtualizzazione,

standardizzazione ed automazione, diretti in prima battuta alle componenti infrastrutturali (Data

Center e risorse storage) per interessare successivamente anche le dotazioni applicative.

L’automazione è un tassello fondamentale di questo processo perché consente la concretizzazione

dei benefici del Cloud legati al provisioning e de-provisioning dei servizi. Altro tema critico a questo

livello riguarda l’orchestrazione dei servizi stessi.

Il ruolo del fornitore consiste, quindi, nel supportare le aziende nell’affrontare ogni fase del

percorso fino ad arrivare all’implementazione dei paradigmi legati alla mobility, che vedono nel

Cloud un elemento fortemente abilitante, e alla dismissione della piattaforma hardware di

partenza. Solo in questo modo, quindi, le aziende possono ottenere i risultati e i ritorni di business

che si sono preposte quando hanno preso in considerazione l’opportunità di evolvere verso il

paradigma del Cloud.

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Figura 23 Il Cloud è un percorso che si sviluppa nel tempo a passi successivi

Fonte: NetConsulting, 2013


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