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Il Fantuttone - F.Merlo - Introduzione

Date post: 09-Mar-2016
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Introduzione del libro Brunetta il Fantuttone di francesco Merlo (Aliberti editore)
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  • di Renato Brunetta lidea di raccogliere tutti i miei articoli su Renato Brunetta. Quando si

    polemizza con lui, e non importa su quale argomento, arriva sempre il momento in cui Brunetta

    grida: Razzista, sei un razzista. Basta infatti un accenno, diretto o indiretto, alla sua statura, basta

    pronunziare le parole basso o piccolo o soltanto dire che il progresso umano dovuto allo

    sforzo dei piccoli proprio perch insofferenti del poco spazio che occupano, e Brunetta tira fuori

    largomento che gli sta pi a cuore: Razzista urla al telefono, quello razzista racconta in tv e

    nei libri che scrive. E qualche volta lo fa con ironia: Dica la verit, lei mi trova ancora pi piccolo

    che in televisione? Pi spesso ricorre al tono stizzoso e bisbetico che lo ha reso famoso, Come

    reagirebbe lei, se avesse un figlio al quale dicessero continuamente nano, sei un nano? Ma

    sempre si avverte, neppure tanto fuori scena, il compiacimento per il disagio sopportato, per le

    presunte umiliazioni subite, per la grandine di dileggi e di sciagurate persecuzioni che si sarebbero

    abbattute sulla sua vita di piccolo ma ingombrante genio. la prova di una grande fragilit, prima

    ancora di unossessione?

    vero che la sua insistenza facilmente pu far venire in mente lidea il luogo comune direi che

    ci sia una voglia di risarcimento, anche fisico, oltre che psicologico e sociale, alla base delle sue

    sparate: Avrei preso il Nobel per lEconomia se non avessi scelto di servire il mio Paese con la

    politica. E sono sicuramente materia di psicanalisi i mille insulti pronunziati non al bar ma nei

    convegni pomposi, nelle sedi istituzionali, da cattedre solenni e prestigiose: fannulloni, ignoranti,

    siete la peggiore Italia, vi prenderei a calci, la sinistra di merda Quel ridere che subito degenera in

    sghignazzata, il carattere rancoroso, il malanimo che si percepisce nei suoi sfoghi sempre violenti,

    esprimono davvero lanimoso bisogno di un risarcimento, la rabbia che cerca riscatto. Sicuramente

    c qualcosa di andato a male. Ma si tratta evidentemente di una furia sociale, culturale e politica.

    Quella della statura fisica invece una trappola nella quale Brunetta cerca sempre di far cadere i

    suoi critici per poter appunto dare una legittimit, nientemeno antirazzista, al disprezzo infantile che

    non riesce a governare ma dal quale, al contrario, si fa completamente dominare.

    Fortunatamente quasi nessuno lo prende sul serio come vittima di razzismo, se si escludono i

    giornalisti che lavorano per lui. Nessuno per esempio pu davvero pensare che Massimo DAlema

    gli abbia detto che un energumeno tascabile per razzismo. difficile immaginare che DAlema

    coltivi forme di disprezzo che, come quelle di Brunetta del resto, non siano intellettuali ma legate

    alla struttura fisica. Anche perch DAlema, il quale umorale e spocchioso quanto Brunetta

    anche se non vive di dinamite come lui ma semmai di veleno a vista docchio piccolo di statura.

    Viviamo in un Paese che ha costruito semmai un razzismo al contrario, trasformando la bassa

    statura in un punto di forza, a partire dallo sport dove Gianni Brera ha inventato la teoria degli

    abatini vincenti. Con cura e attenzione letteraria abbiamo sottolineato, insistito, martellato e magari

  • un po stufato su quanto sia basso e tuttavia alto il genio italiano, e siamo tutti innamorati del Rascel

    corazziere: Mamma ti ricordi quando ero piccoletto E difatti Brunetta, quando apparve sulla

    scena italiana, fu subito simpatico. Gi nella prima foto di gruppo del governo Berlusconi sembrava

    appunto incarnare la figura retorica del piccolo che grande e dai grandi merita lomaggio. Lidea

    fissa quella della terribile potenza del piccino che ha dominato il Novecento.

    E si va da Lenin (1,68) a Stalin (1,63). Da Hitler (1,69) a Francisco Franco (1,66). Per non parlare

    di Al Capone (1,63) e di Tot Riina (1,50). E della regina Elisabetta che, coi tacchi, supera appena

    laltezza dellamatissimo re Hussein di Giordania. E di Hirohito, sulla cui bassissima statura

    esistevano, quando limperatore del Giappone era in vita, diverse versioni, tutte apocrife,

    mormorate e insolenti perch non c sistema metrico che possa misurare la levatura di un dio in

    Terra.

    Negli anni dei teorici della razza, il gi dotto e fantasioso Amintore Fanfani (1,63) scrisse un

    autorevole elogio dei brevilinei che, pubblicato nel 1936 a cura dellUniversit Cattolica, dove

    Fanfani insegnava Storia economica, fu cos giudicato dal Duce (1,66): magnifico, ma con un

    unico difetto: un po lungo. Fanfani, che da leader democristiano avrebbe poi affrontato i

    giornalisti impertinenti con il classico vile, tu uccidi un uomo corto, scrisse il suo saggio, oggi

    reperibile solo nella biblioteca Sormani a Milano (ne pubblichiamo un estratto qui, in appendice) in

    un fascicolo riassuntivo del dodicesimo Congresso internazionale di Sociologia, che si era tenuto a

    Bruxelles dal 25 al 29 agosto del 1935. Larticolo verteva su Levoluzione costituzionalista delle

    classi dirigenti ed era accompagnato dagli interventi di altri costituzionalisti, tutti specialisti di

    Costituzione, ma nellovvio senso di costituzione fisica. Ed sorprendente come, in quegli studi di

    allora, si ritrovino purgati degli aspetti cosiddetti scientifici tutte le convinzioni e i luoghi

    comuni di oggi, ai quali non si pu negare una certa verit, anche a quelli nascosti nella retorica del

    piccolo perci grande. La vulgata popolare, che si spinge sino alle barzellette sui nani, attribuisce

    infatti al longilineo unintelligenza contemplativa, analitica e mesta, da taciturno indeciso e

    sognatore malinconico, con la chioma folta e le sopracciglia corrugate nello sconforto, mentre

    dallaltra parte c il faccione pieno e sorridente con il cranio quasi calvo, il doppio mento e il collo

    massiccio del brevilineo energico, persuasivo, ottimista, sintetico. NellItalia di Mussolini e Vittorio

    Emanuele iii, i cantori dei brevilinei non si limitavano, come implicitamente fanno oggi i cantori del

    piccolo-grande Brunetta, a invocare la rivincita sulla natura avara e ingiusta dei vari Napoleone

    (1,53), Luigi xiv (1,56), Alessandro il Grande (1,50), Carlo Magno (1,51), Attila (1,54) e Tamerlano

    (1,45). NellItalia dominata dalla alta personalit brevilinea astenica, con la sagoma fisica

    quadrata, la mente cesarea, la volont incrollabile e la duttilit delle risorse, non poteva certo

    bastare lipotesi, di povero buon senso, che il piccoletto si rivolti contro la fisica e la metafisica e

    sfrutti il suo astio in cerca di un risarcimento, e che diventi dunque tenace e irresistibile, e magari

  • cattivo, ma pur sempre infine grande grazie allinesauribile tensione e alla voglia di rivalsa. Invece,

    studiando i quadri di Gentile Bellini e di Tintoretto, il ventottenne professor Fanfani elabora tabelle

    e scopre che nei ritratti del primo sono prevalenti i brevilinei e in quelli del secondo i longilinei e da

    qui spiega il rigoglio dellItalia del Trecento-Quattrocento e la crisi dellItalia del Quattro-

    Cinquecento. Allora Fanfani leggeva la storia come lotta tra brevilinei e longilinei, e vedeva nella

    vittoria degli uni sugli altri il prevalere della produzione sul consumo, dellaccumulazione sulla

    dissipazione, della crescita sulla crisi, in definitiva del Bene sul Male. Anche nel mondo doggi,

    dominato dalleffimero e dallo spettacolo, si rimane sbalorditi misurando i piccoli-grandi miti del

    Secolo (breve): da Marilyn (1,62) a Marlon Brando (1,65), da Dustin Hoffman (1,58) a Woody

    Allen (1,63), da Paul Newman (1,62) a Humphrey Bogart che misurava 1,64 e si rialzava coi tacchi,

    come il Berlusca e come Sarkozy. Sono elenchi inspiegabili se non si accetta sommessamente, a

    mani alzate, lelogio del brevilineo, magari evitando di spingersi troppo in l come il

    costituzionalista Fanfani che trovava i longilinei ipertiroidei, iposurrenalici e ipogenitali e i

    brevilinei ipotiroidei e, ovviamente, ipergenitali

    Ecco: se mi sono dilungato su questo punto e ho riproposto le scientifiche corbellerie che fanno

    per parte dello spirito di un popolo, perch Brunetta, dando del razzista a tutti i suoi antagonisti,

    rivali e competitori e dunque pure a me, meritava una risposta definitiva o, per dirla con ironia, una

    soluzione finale. Anche io del resto sono piccolo di statura, ma non mi agito come lui. Perci ogni

    volta che mi ha dato del razzista la mia reazione sempre stata: suvvia Brunetta, non fare cos.

    E adesso ho portato a termine io quel che lui aveva solo cominciato e minacciato: ho detto s alla

    gentile sollecitazione delleditore Aliberti e ho raccolto qui i miei articoli su Brunetta, bench io non

    ami i libri dei giornalisti e meno che mai i libri che dei giornalisti ripropongono gli articoli. Ma lho

    fatto per ribadire con convinzione che la statura probabilmente la cosa migliore che Brunetta ha.

    Sicuramente la pi simpatica. E non la sola.

    Si tratta di simpatie che ha dissipato. Al contrario di quel che va sostenendo, la sua bassa statura era

    infatti la tipica risorsa italiana, il suo straordinario piedistallo. Ma lui ne ha fatto una gabbia. Ha

    individuato il pregiudizio e invece di smentirlo lo ha confermato, ed diventato come quel

    personaggio del libro di Achille Campanile (Il povero Piero) che sfidava tutti a duello e viveva con

    la sciabola in mano ma a ogni scontro invece di diventare pi grande perdeva pezzi e diventa pi

    piccolo, sempre pi piccolo. Fin a vivere dentro un portapillole.

    Quando ancora non era diventato ministro e la sua antropologia di agitatissimo fantuttone non si era

    cos bene espressa, mi piacque molto il racconto che Brunetta faceva delle sue origini, la storia del

    padre che vendeva oggetti vari su una bancarella a Venezia, e di come lui, da ragazzo, lo aiutasse.

    Insomma, i difficili inizi e la fame patita. Vedevo nel socialmente basso che diventa socialmente

    alto una rottura, un ingorgo di impulsi, un eccesso di sollecitazioni, il punto debole trasformato in

  • forza, lelemento strategico di una personalit che ha dato scacco al destino. Il modello vincente

    Vittorio Gassman che entra al liceo timidissimo e addirittura balbuziente perch ingolfato di

    pensieri e ne esce poeta e attore, tecnico della fon: da tartagliatore a fine dicitore.

    Ebbene ancora pi sociale ed edificante il salto dalla bancarella al governo del Paese. C infatti la

    prova che la democrazia funziona, e che anzi proprio questo il bello della democrazia: lascensore

    sociale, la possibilit di farcela, la scalata dal bisogno al merito. Ma Brunetta ha sporcato tutto con

    lastio, con il desiderio di fargliela pagare. Non sogna che tutti i venditori ambulanti diventino

    ministri, ma che tutti i non ministri diventino venditori ambulanti.

    Inoltre Brunetta era socialista di formazione, il che significa romanticismo e utopia, il luogo del

    risarcimento ideale e reale, la voglia di altrove che nel comunismo si coniugava con il partito, la

    disciplina e il cinismo, ma nel socialismo aveva limprinting dellavventura e della fantasia.

    Tutto questo in Brunetta andato a male: la simpatia della statura e lesemplarit della formazione.

    E certo c anche lidea infelicissima di mettere il socialismo al servizio di Berlusconi. Non si pu

    fare il socialista agli ordini di Berlusconi. come se il capitano di una nave corsara si mettesse al

    servizio di un armatore. Il corsaro cerca limprevisto, la creativit, il riscatto sociale, la libert.

    Larmatore vuole la produttivit, lefficienza, il cartellino, lorario, la gabbia e la punizione.

    tutta qui la storia di Brunetta. la storia di un rancore. un bene deteriorato dalla bile. un vino

    inacidito. unacqua avvelenata.

    Altro che piccolo! Il rancore grande. E forse ogni volta che un ministro o, pi genericamente, un

    potente si fa debordante e dunque impresentabile, bisognerebbe condannarlo allautodimezzamento,

    fargli praticare lautoriduzione. Devesser questo il senso del portapillole nel quale Campanile

    costringe a vivere quel suo agitato personaggio autoridotto a miniatura.

    Di sicuro Brunetta stato il governante pi stalinista che lItalia abbia mai avuto: ha messo la sua

    collera antropologica al servizio di un modello di societ che ordinata e giusta solo se regolata

    dalla frusta. Ha trattato i temi dellinnovazione, del mercato, della flessibilit, dellinefficienza nel

    pubblico impiego come se fossero materia di delinquenza sociale.

    legittimo sostenere, per esempio, che ci sono privilegi che spesso sono spacciati per conquiste

    sindacali. Ma solo il governo Prodi ha tentato, sia pure malamente, di far partire un processo di

    smantellamento di quelle rendite di posizione, di quelle incrostazioni e di quei privilegi che rendono

    pi costosa e pi pesante la vita quotidiana, dal prendere un taxi al comprare le medicine, dallaprire

    un negozio al fare impresa. E infatti i tassisti romani ce lhanno ancora con Veltroni e con Bersani.

    Eppure le liberalizzazioni erano il sogno dellelettore di centrodestra. Sono state uno dei tanti

    tradimenti del governo Berlusconi.

    E Brunetta, che pure ha strepitato sui grandi temi del mondo del lavoro, alla fine, nellItalia dei

    raccomandati inetti, dai banchieri ai macellai, dai giornalisti ai tabaccai, dai pizzicagnoli ai notai, ha

  • preferito ordinare lo sterminio dei precari come fossero kulaki.

    Eppure in Italia non si entra nei mestieri, vale a dire nelle corporazioni, se non per cooptazione

    familistica. Ed questo un filo che unisce fascismo, regime democristiano, berlusconismo e persino

    sindacato. La corporazione in Italia una famiglia allargata, tribalismo ristretto, cosca feroce.

    Ma Brunetta ha dichiarato guerra ai poveri impiegati, ha cavalcato la demagogia qualunquistica de

    il dottore fuori stanza e il suo famoso fannullone diventato luomo delinquente di Lombroso.

    E, anche l, il suo obiettivo non stato laccoglienza allo sportello ma lassalto allo sportello. Non

    vuole cambiare e migliorare limpiego, vuole fargliela pagare allimpiegato.

    Nessuno pu negare che lItalia sia incapace di misurarsi con il mercato, in nome della famiglia,

    della clientela, del clan, per la salvaguardia delle prerogative e degli interessi costituiti si tratti di

    pescivendoli che fanno incetta di licenze o di politici che si aumentano gli stipendi e mettono a

    carico degli italiani mogli, figli e parenti, tutti da eleggere nella corporazione dei parlamentari, o si

    tratti di universit dove la successione nelle cattedre sembra la dinastia dei Luigi di Francia, i quali

    si accanirono ben sedici volte, sino alla ghigliottina. Ebbene cosa ha fatto Brunetta? Nel 2011 ha

    dichiarato guerra, nientemeno, al 1968. Il Sessantotto stato il suo fantasma, al Sessantotto doveva

    fargliela pagare.

    Nelle universit i figli subentrano ai padri nella titolarit degli insegnamenti in consapevole

    opposizione alle regole del mercato e con la faccia tosta di ritenere che il criterio cooptativo-

    corporativo assicuri la qualit professionale. Ma Brunetta vorrebbe tagliare gli stipendi dei

    professori di liceo meno pagati dEuropa. Sono infatti quasi tutti di sinistra, quella sinistra che

    lo tenne ai margini, la sinistra che non lo cap, la sinistra che gli chiuse le porte delle grandi case

    editrici, della cultura alta, dei salotti: bisognava fargliela pagare.

    legittimo sostenere che la famosa flessibilit sia un valore di libert. E si pu flettere la

    flessibilit sino a includervi il pubblico impiego. Largomento serio. E merita un po di ri-flessione

    prima di arrivare allin-flessibilt di Brunetta. Un ministro socialista comincerebbe con lammettere

    che la flessibilit, pensiero importato, certamente un valore epocale che comporta tuttavia rischi

    gravi, trasforma la vita degli uomini in unavventura, estirpa radici e ci costringe tutti a fletterci

    secondo il soffio delle opportunit, senza pi le rigidit della certezza, senza la protezione e il

    conforto, per quanto frustranti siano, degli scatti di anzianit e di tutto il resto.

    Ci dicono che nel mondo della flessibilit una folata di vento potrebbe farci perdere il lavoro, ma

    che la successiva ci rimetterebbe subito sul mercato, con la possibilit di avere tanti primi giorni, di

    provare vite nuove, di reincarnarci senza ricorrere al sogno della metempsicosi. Proprio come vuole,

    almeno in teoria, il modello americano, che appunto la bibbia della flessibilit.

    Slogan, tormentone culturale, parola dordine e messaggio subliminale, la flessibilit dovrebbe

  • segnare anche la fine delleroe forzuto, del mi spezzo ma non mi piego, del tempo delle ideologie,

    dei padroni e delle fabbriche, del comunismo e del fascismo. La flessione moderna infatti il

    contrario delle flessioni di Starace. Lacciaio e il cemento armato hanno ceduto il posto alla

    flessibile plastica. La letteratura, la saggistica e il cinema sono ritornati a esaltare i nomadi e persino

    i vagabondi, le doppie identit, la sfumatura, lambiguit, le flessibilit anche sessuali. Il Papa

    chiede continuamente scusa per le violenze dellinflessibilit cattolica e la sua inflessibilit sui temi

    etici rischia di spezzare la Chiesa, che tutti auspicano pi flessibile. Nel calcio si fluidifica e nella

    pallavolo anche lalzatore si inarca, si flette, schiaccia e si riflette. Mai lappartenenza politica

    destra-sinistra era stata cos flessibile o, se preferite, cos trasversale. Persino la natura, flettendo le

    stagioni, sovrappone estati e inverni, rendendoli irriconoscibili.

    Ebbene qual la ricetta dellinflessibile Brunetta? la via italiana alla flessibilit, una violenza

    nostrana che serve solo a nascondere, con la retorica della flessibilit, linflessibilit del solito

    rancore sociale che ripropone la pi antica e la pi arrogante delle legnate, cio il licenziamento

    facile Al solito Brunetta dunque che vuole fargliela pagare giusto che sia stato contrapposto il

    vecchio motto dei rigidi: Qui nessuno flesso.

    In Italia il tratto distintivo del mercato del lavoro, anche del lavoro usurante, non il clientelismo,

    come qualcuno ha sostenuto, ma il familismo, la corporazione che si difende e si riproduce con

    la famiglia, la premodernit come incapacit italiana di misurarsi con il mercato. Ma Brunetta ce

    lha invece con gli studenti che manifestano per strada. Li odia, vuole fargliela pagare. E ha

    rivendicato a s il diritto-dovere, vale a dire larroganza, di disciplinare il mondo. La sua

    intelligenza vivace diventata bile, ha disegnato un universo vessatorio, intollerante e sbrigativo, e

    nel paese dei ladri, dellabuso di stato, delle leggi ad personam, del familismo e delle corporazioni,

    ha dichiarato guerra ai sindacati che lo bocciano e si ostinano a difendere il lavoro anche contro la

    produttivit: qualcuno doveva fargliela pagare.

    Quella di Brunetta la storia di un odio, di un malessere privato e personale proposto come

    filosofia di governo. Ma non bisogna pensare che sia solo pittoresco. Brunetta, infatti, uno snodo

    importante e significativo dellItalia nellera del berlusconismo. Esponente di quella che fu la gens

    nova berlusconiana, Brunetta non per un mascalzone, non sta dentro una cricca per sgraffignare.

    Non appartiene allantropologia dei Verdini, dei Bertolaso, non telefona a Bisignani, non arraffa. A

    muoverlo non linteresse privato ma la vendetta privata. Il suo orizzonte, che poteva essere quello

    dellenergia, stato quello della rivalsa, della rappresaglia: Se i precari vogliono lavorare perch

    non si alzano alle 5 e vanno a scaricare cassette ai magazzini della frutta? Il suo modello sono le

    bancarelle di gondole nelle calli di Venezia.

    E in tutti questi anni di potere Brunetta ha sempre urlato. Lui non espone, fa schiamazzo. E non

    vuole confrontarsi con chi lo contesta ma vuole annullarlo. Non vuole cambiare ma distruggere. In

  • questo senso peggio dei mascalzoni: ci crede.

    Le polemiche con Brunetta si aprirono nel godimento dialettico e si chiusero nel patimento.

    Questo libro comincia dalla fine: dal patimento va al godimento Il Brunetta perdente infatti

    malinconico. Il lettore vedr, per esempio, che c un articolo sulla sua candidatura a sindaco di

    Venezia ma non c un articolo sulla sua bocciatura, quando appunto Brunetta fu trombato dai

    suoi concittadini che si divertirono ( il verbo giusto) a non votare le sue sbruffonate. Non gli

    rinfacciarono certamente gli umili natali, ma proprio quella sua antropologia da fantuttone appunto,

    un caratteraccio che non pi carattere ma ormai caricatura. Nel suo piccolo di deit minore,

    Brunetta incarna il peggio del berlusconismo per bene. Perci, nel disastro finale di un mondo e di

    un regime, sarebbe elegante una rovina senza troppo rumore. Entrato nel potere come un

    mangiafuoco, tra polvere di zolfo e lampi di magnesio, sarebbe bello accompagnarlo fuori con

    dolcezza, e guardarlo allontanarsi con la grazia di una nuvola che esce da un paesaggio.

    Temo invece che gliele faranno pagare tutte, che gli chiederanno il conto anche delle colpe che

    non ha e dei debiti che non ha mai contratto. Brunetta si prepara a pagare di persona perch non

    nascosto e protetto dalla gang. un kamikaze che si fatto esplodere in mezzo ai precari, ai

    professori, agli impiegati Ma la precaria che egli ha maltrattato diventata uneroina mentre lui

    per sempre su YouTube, protagonista dei video italiani pi derisi, una specie di nichilista infilato

    appunto in un tubo senza uscita, un budello di immagini dal quale verrebbe voglia di tirarlo fuori

    tendendogli una mano. Come tutta unepoca pu essere contenuta in un aforisma o in una

    barzelletta, e come la storia pu essere scandita da singole ore fatali, dai celebri Momenti di Stephen

    Zweig, cos Brunetta tutto dentro quei video cliccatissimi, spasso di milioni di internauti.

    Condannato dentro un piccolo video-recipiente dove sbraita, sbuffa, si batte a duello, sempre con la

    sciabola in mano come appunto il personaggio di Campanile: Brunetta finito dentro YouTube

    come quello fin dentro il portapillole.

  • Francesco Merlo

    BRUNETTAIL FANTUTTONE

    Aliberti editore

    Fantozzi ogni tanto aveva bisogno di correre lontano per liberarsi con un urlo;

    Brunetta invece corre in televisione e libera il suo oltranzismo ideologico

    con una bella scarica di insulti agli italiani

    Mai nella storia del nostro Paese, che pure piena di personaggi pittoreschi, un ministro aveva

    insultato cos tanto gli italiani che avrebbe dovuto governare invece di insolentire: lite di merda,

    fannulloni, ignoranti Figlio di un venditore ambulante, professore universitario, socialista di

    formazione, Renato Brunetta luomo di governo che ha invitato i laureati disoccupati ad andare a

    scaricare cassette di frutta, che ha mandato a morire ammazzata quella sinistra per male che non

    gli piaceva, che ha dichiarato guerra ai precari, ai professori, agli studenti, agli impiegati, ai bidelli,

    insomma a molti di quegli elettori che pure lo avevano votato. Francesco Merlo racconta in un

    saggio introduttivo la storia di Brunetta come la storia di un rancore e ripercorre, attraverso una

    raccolta di articoli, lettere e corsivi allegramente polemici (spesso corredati dalle repliche dello

    stesso Brunetta), lepopea, le altezze e le bassezze di uno degli uomini politici pi discussi degli

    ultimi anni: luomo che aveva promesso di cambiare lItalia peggiore, ma che riuscito a

    diventare invece il peggiore dei ministri, probabilmente il ministro dei peggiori, certamente il pi

    agitato, il pi caricaturale e, alla fine, il pi malinconicamente comico. E in appendice una

    sorpresa: lestratto di un elogio dei brevilinei scritto da Amintore Fanfani nel 1936, quando

  • Brunetta non era ancora nato. Animato sempre da una frenesia in bilico tra il desiderio di vendetta e

    la corsa utopica allinnovazione, dal desiderio di far espiare al Paese le sue frustrazioni

    ammantandole di battagliero iperattivismo, Brunetta incarna lidealtipo dellitaliano che pensa di

    sapere fare tutto meglio di tutti, in una parola il fantuttone, che non per il contrario del suo odiato

    fannullone ma ne semmai la perfezione: il fantuttone il fannullone indaffarato.

    Francesco Merlo editorialista di Repubblica.

    Aliberti editore SrlSede operativa: Via Meuccio Ruini, 74 42100 Reggio Emilia - Tel 0522 272494 Fax 0522 272250

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