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Il Foglietto dell'Istituto dei Canossiani - n. 4 - 2015

Date post: 25-Jul-2016
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Trimestrale della Congregazione dei Padri Canossiani, nato 82 anni fa come strumento di comunicazione per i tanti amici dell’Istituto e i sostenitori delle opere e delle Missioni canossiane e dei loro progetti
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FOGLIETTO il dell’Istituto dei Canossiani Anno 84 n. 4 Ottobre - Dicembre 2015 PUBBL. TRIMESTRALE ANNO 84 - N. 4 - Ottobre - Dicembre 2015 Poste Italiane spa - Sped. in Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB Verona In caso di mancato recapito restituire all’ufficio di Verona C.M.P. detentore del conto, per la restituzione al mittente previo pagamento resi. ATTRAVERSARE LA PORTA SANTA CI FACCIA SENTIRE PARTECIPI DI QUESTO MISTERO DI AMORE, DI TENEREZZA. ABBANDONIAMO OGNI FORMA DI PAURA E DI TIMORE, PERCHÉ NON SI ADDICE A CHI È AMATO; VIVIAMO, PIUTTOSTO, LA GIOIA DELL’INCONTRO CON LA GRAZIA CHE TUTTO TRASFORMA. dall’Omelia di Papa Francesco, 8 dicembre 2015 ANNO SANTO DELLA MISERICORDIA
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Page 1: Il Foglietto dell'Istituto dei Canossiani - n. 4 - 2015

FOGLIETTOildell’Istituto dei Canossiani

Anno 84 — n. 4 Ottobre - Dicembre 2015

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AttrAversAre lA PortA sAntAci fAcciA sentire PArteciPidi questo mistero di Amore, di tenerezzA.AbbAndoniAmo ogni formA di PAurA e di timore,Perché non si Addice A chi è AmAto;viviAmo, Piuttosto, lA gioiA dell’incontrocon lA grAziA che tutto trAsformA.

dall’omelia di Papa francesco, 8 dicembre 2015

Anno sAnto dellA misericordiA

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Sommario

AVVISO AL LETTOREL’ente morale Congregazione dei Figli della Carità – Canossiani la informa che i suoi dati (indirizzo) fanno parte dell’archivio elettronico del nostro Istituto allo scopo di poterle spedire il nostro periodico. Nel rispetto di quanto stabilito dalla legge n. 675/1996 sulla tutela dei dati personali (privacy) la informiamo che i suoi dati (indirizzo) saranno utilizzati solo per l’invio del bollettino e non saranno oggetto di comunicazione o diffusione a terzi. Per essi lei potrà richiedere, in qualsiasi momento, modifiche, aggiornamenti, integrazione o cancellazione, scrivendo all’attenzione del Direttore Responsabile de “Il Foglietto”:

P. Antonio PapaVia Santa Giuseppina Bakhita, 1 – 37142 - Poiano - VERONA

Direttore resp.: Padre Antonio PapaCon approvazione ecclesiastica

Registrato al Tribunale di Venezia n. 333 – 22-05-1962In redazione: Francesca Mauli

Stampa: Edizioni Stimmgraf – Verona Tel. 045 8731282

FOGLIETTOildell’Istituto dei Canossiani Anno 84 — n. 4 Ottobre - Dicembre 2015

DIVENIRE MINISTRI DI MISERICoRDIa pag. 1“FaTE quESTo IN MEMoRIa DI ME!” – Ordinazione presbiterale e Prima Messa di p. Shyam Prasad Vagolu » 6“I gIVE ThaNkS To My goD aT EVERy REMEMbRaNCE oF you” » 8JouRNEy TowaRD PRIESThooD – Ordinazione sacerdotale di p. Rocky Libang » 9“aND EVERy ToNguE PRoCLaIM ThaT JESuS ChRIST IS LoRD!” – Professione perpetua di fr. Allan Dizon » 11PaDRE FRIDo E FRaTEL EDgaR: DuE NuoVI aCquISTI PER La SquaDRa MISSIoNaRIa a TIMoR EST! » 12uNa FaMIgLIa PIù gRaNDE, La “FaMIgLIa CaRISMaTICa” - Dalla Lettera di Papa Francesco ai Consacrati » 14TEMPo DI CRISI, SFIDa aL CaMbIaMENTo! - Incontro dei Coordinatori territoriali A.L.C. » 16VI CoNVEgNo INTERNaZIoNaLE FaMIgLIa LaICaLE CaNoSSIaNa » 18uN NuoVo uMaNESIMo a PaRTIRE Da gESù CRISTo – Convegno Ecclesiale Nazionale della Chiesa Italiana » 19VITa CoNSaCRaTa, VITa MISSIoNaRIa – Dal Messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale 2015 » 22“uN Po’ aLLa VoLTa SI CoMINCIa a VEDERE… uNa ChIESa NuoVa” – Parrocchia S. Pablo Apostol (Manila) » 24aNo JubILaR CaNoSSIaNo – Delegação do Brasil “Nossa Senhora Aparecida” » 26“abRaço aMIgo: uN uNIVERSo DI PoSSIbILITà” – VI incontro nazionale del progetto “Abraço Amigo” » 28PoPE FRaNCIS’ PaSToRaL VISIT IN kENya – Papa Francesco pellegrino e apostolo di speranza in Africa » 31“PRogETTo PaSTIgLIa”– Comunità formativa di Nairobi - Dicembre 2015 » 33“I NoSTRI oCChI haNNo VISTo La SaLVEZZa…” – Gli auguri della comunità di Igoma, Mwanza (Tanzania) » 40RICoRDo DI PaDRE gIuSEPPE VaLENTE » 42RICoRDo DI MaRIa oRSaTo » 44

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FOGLIETTOil

C arissimi,Pace nel Signore Gesù.Si conclude un anno ricco di tan-

ti eventi. Sta per chiudersi l’Anno della Vita Consacrata che ci ha fatto rivisitare il nostro passato carico di una storia di carità, un presente pieno di sfide, avendo davanti un futuro che definirei “carismati-co” e che, pur con i nostri limiti, ci chiama ad una carità apostolica vissuta sempre più generosamente. Penso al lavoro del-le nostre case di formazione. Il noviziato ha contato, pur con periodi diversi, ben 9 novizi tra Filippine, Africa, Italia, Brasi-le. Bella festa in Italia per la professione di due fratelli, fra Christian e fra Simone. Evento “storico” perché arriva a 25 anni dall’ultima professione di un fratello, quella di fr. Fabio. L’ultima gioia è stata la professione perpetua di Edgar, primo fratello timorese, lo scorso 21 novembre a Dili, e che speriamo apra il cammino dei fratelli nella delegazione filippina. Ma so-

gniamo i fratelli anche in Africa! Prima di lui fratel Allan aveva emesso i voti perpe-tui a Manila. L’anno che si chiude ha visto poi le tre ordinazioni sacerdotali: p. Rocky a Tondo, p. Shyam a Vasai e p. Frido a Dili. Un elenco di eventi che mostrano la vi-talità della Congregazione e della voca-zione canossiana in tempi di profondi cambiamenti ecclesiali e sociali, e pure in un momento di carenza di vocazioni. La celebrazione l’Anno della Vita Consacrata è stata una grande opportunità per ritor-nare sul valore della fedeltà quotidiana, nascosta ma efficace. Un anno poi, che ci ha coinvolti tutti nell’esperienza della Consulta di metà sessennio. Ora facciamo un nuovo passo con l’AN-NO SANTO DELLA MISERICORDIA. Lo celebriamo con la Chiesa, ma anche illu-minati interiormente dal nostro carisma. Soffermiamoci su come è possibile vive-re questo Giubileo in una maniera no-stra, carismatica. È proprio la Fondatrice

Divenire miniStri Di miSericorDia

editoriale

Tondo. Foto ricordo col p. Generale e p. Carlo nella cappella di St. Bakhita a Happy Land

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S. Maddalena che nel suo PIANO e nelle prime righe dei RIFLESSI cosi esprime quanto lo Spirito le ispirava per la nostra vocazione:

“La Divina Misericordia, che sempre a te-nore dei particolari bisogni della Chiesa, sua Sposa, volle far sorgere Sante Istituzio-ni, e quando particolari idonei Soggetti che a norma delle circostanze la difendessero e sostenessero, ha voluto pure negli ultimi calimitosissimi tempi sostenere la Fede, e presidiare il costume dei suoi fedeli susci-tando molte Persone sia Religiose, che se-colari, le quali… si dedicassero chi all’edu-cazione… chi alla frequenza delle Cristiane Dottrine… altri a soccorrere gli infermi... chi a prestare la loro opera in ciascheduno di questi ministeri di Carità” (Piano, n. 1 in RdV, pag. 195).

“..quelle pie persone le quali a tenore del già descritto Piano aspirano a formare parte della Congregazione dei Figli della Carità… dai quali ricavasi sia lo Spirito… e quali mezzi… per disporsi a divenire idonei Ministri delle divine Misericordie in que-sta Istituzione" (Riflessi n. 1, in RdV, pag. 203).

Bastano queste due citazioni per dire che la Congregazione deve ricordarsi che la DIVINA MISERICORDIA è tema carisma-tico strutturale della nostra spiritualità, tanto che siamo chiamati a divenire e essere “MINISTRI DELLE DIVINE MISE-RICORDIE”. Forse non abbiamo chiarito e colto sufficientemente la centralità di questo tratto carismatico. La Chiesa ci offre l’opportunità di ritornarci sopra per avere coscienza più chiara del nostro ca-risma. Celebriamo con la Chiesa l’Anno Santo della Misericordia approfondendo questa dimensione carismatica. In questo approfondimento ci è di gran-de aiuto riprendere alcuni passaggi dalla MISERIDORDIAE VULTUS di papa Fran-cesco:

“Gesù Cristo è il volto della misericordia del Padre. Misericordia: è la parola che rivela il mistero della SS. Trinità. Misericordia è l’at-to ultimo e supremo con il quale Dio ci viene incontro. Misericordia è la legge fondamen-tale che abita nel cuore di ogni persona quando guarda con occhi sinceri il fratello che incontra nel cammino della vita. Mi-sericordia è la via che unisce Dio e l’uomo, perché apre il cuore alla speranza di essere amati per sempre nonostante il limite del nostro peccato.La sua persona non è altro che amore, un amore che si dona gratuitamente. Le sue re-lazioni con le persone che lo accostano ma-nifestano qualcosa di unico e di irripetibile. I segni che compie, soprattutto nei confronti dei peccatori, delle persone povere, escluse, malate e sofferenti, sono all’insegna della misericordia. Tutto in Lui parla di misericor-dia. Nulla in Lui è privo di compassione.Ciò che muoveva Gesù in tutte le circostan-ze non era altro che la misericordia, con la quale leggeva nel cuore dei suoi interlocu-tori e rispondeva al loro bisogno più vero.La misericordia di Dio è la sua responsabi-lità per noi. Lui si sente responsabile, cioè desidera il nostro bene e vuole vederci felici, colmi di gioia e sereni. È sulla stessa lun-ghezza d’onda che si deve orientare l’amore misericordioso dei cristiani. Come ama il Padre così amano i figli. Come è misericor-dioso Lui, così siamo chiamati ad essere mi-sericordiosi noi, gli uni verso gli altri. Siate misericordiosi come il Padre vostro è mise-ricordioso" (1-8).

È importante contemplare la misericor-dia di Gesù, perché - scrive S. Maddalena - dobbiamo “copiare in noi Gesù Cristo”: copiando in noi i suoi sentimenti natural-mente avremo la misericordia nel cuore, sul volto, nelle nostre mani, e così diven-teremo suoi ministri. Dalla misericordia sgorga la gratuità, la dedicazione totale, perché è il cuore che comanda osservan-do le miserie del nostro fratello. Miserie educative, caritative, pastorali, familiari,

FOGLIETTOil editoriale

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FOGLIETTOil

personali ecc... Se in Lui tutto parla di misericordia, quest’anno dobbiamo cre-scere e sviluppare maggiormente questa dimensione. Ecco allora alcuni orienta-menti concreti.Le nostre comunità siano “comunione nella misericordia”: nei nostri rapporti dovremo respirare una reciprocità miseri-cordiosa che vorrà dire perdono nei no-stri difetti, comprensione nelle debolez-ze. Amabilità, dolcezza, mansuetudine, devono essere di casa nei nostri rapporti. Che sia un Anno della Misericordia tra noi confratelli, tra noi canossiani. Approfit-tiamo di tanti stimoli che ci vengono da molte parti. Ma stiamo attenti a non abi-tuarci a cambiare parole senza cambiare i nostri atteggiamenti, per non meritare il rimprovero di S. Giacomo: “ci guardiamo allo specchio e dopo rimaniamo come pri-ma”!Il nostro apostolato deve avere gli in-gredienti della misericordia; come dice papa Francesco: “Pertanto, dove la Chiesa è presente, là deve essere evidente la mise-ricordia del Padre. Nelle nostre parrocchie,

nelle comunità, nelle associazioni e nei mo-vimenti, insomma, dovunque vi sono dei cristiani, chiunque deve poter trovare un’o-asi di misericordia" (12).

Allora tutti i rami del nostro apostolato saranno impregnati di misericordia:- Misericordia educativa: un cuore

buono, giustamente misericordioso, anzitutto accoglie bene. Così dovre-mo accogliere chiunque entra nel nostro oratorio. Così dobbiamo edu-care ad essere i laici collaboratori-educatori, con chiunque cerca i nostri oratori come “oasi di umanità”. Indiffe-renza, durezza, maniere che non sono impregnate di amabilità, di dolcezza, non vanno d’accordo con la nostra missione educativa.

- Misericordia caritativa: “Non cadia-mo nell’indifferenza che umilia, nell’a-bitudinarietà che anestetizza l’animo e impedisce di scoprire la novità, nel cinismo che distrugge. Apriamo i no-stri occhi per guardare le miserie del mondo, le ferite di tanti fratelli e sorelle

famiglia canossiana

I ragazzi della catechesi gremiscono la chiesa di Lavis per una celebrazione

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privati della dignità, e sentiamoci pro-vocati ad ascoltare il loro grido di aiuto. Le nostre mani stringano le loro mani, e tiriamoli a noi perché sentano il calore della nostra presenza, dell’amicizia e della fraternità. Che il loro grido diventi il nostro e insieme possiamo spezzare la barriera di indifferenza che spesso regna sovrana per nascondere l’ipocri-sia e l’egoismo" (15). Parole che non hanno bisogno di commento.

- Misericordia pastorale: le persone sono già spesso afflitte da tanti pro-blemi, debolezze, e quando vengono da noi hanno tanta speranza nella Chiesa e si aspettano di trovare luce e conforto ed essere riconciliati con se stessi e con quanto vivono. È fonda-mentale accogliere con cuore aperto anziché con l’indifferenza, con atteg-giamento di ascolto più che di giudi-zio. Esaminiamo durante quest’anno come accogliamo e ascoltiamo i fede-

li; chi si allontana non sempre ci dice il perché; ma un gesto può allonta-nare per sempre una persona, e noi esistiamo per cercare i fedeli, non per allontanarli. Non mettiamo le nostre regole e le nostre vedute, davanti a chi si aspetta ascolto, comprensione, e speranza!

- Misericordia sacramentale: un tema un po’ in disuso è la Confessione: “Non mi stancherò mai di insistere perché i confessori siano un vero segno della misericordia del Padre. Non ci si im-provvisa confessori. Lo si diventa quan-do, anzitutto, ci facciamo noi per primi penitenti in cerca di perdono. Non di-mentichiamo mai che essere confessori significa partecipare della stessa mis-sione di Gesù ed essere segno concreto della continuità di un amore divino che perdona e che salva. Ognuno di noi ha ricevuto il dono dello Spirito Santo per il perdono dei peccati, di questo siamo

famiglia canossiana

Gruppo di giovani al campo scuola si prepara alla Riconciliazione

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FOGLIETTOil famiglia canossianafamiglia canossianaresponsabili. Nessuno di noi è padrone del Sacramento, ma un fedele servito-re del perdono di Dio. Ogni confessore dovrà accogliere i fedeli come il padre nella parabola del figlio prodigo: un padre che corre incontro al figlio no-nostante avesse dissipato i suoi beni. I confessori sono chiamati a stringere a sé quel figlio pentito che ritorna a casa e ad esprimere la gioia per averlo ritro-vato. Non si stancheranno di andare anche verso l’altro figlio rimasto fuori e incapace di gioire, per spiegargli che il suo giudizio severo è ingiusto, e non ha senso dinanzi alla misericordia del Padre che non ha confini. Non porran-no domande impertinenti, ma come il padre della parabola interromperanno il discorso preparato dal figlio prodigo, perché sapranno cogliere nel cuore di ogni penitente l’invocazione di aiuto e la richiesta di perdono. Insomma, i con-fessori sono chiamati ad essere sempre, dovunque, in ogni situazione e nono-stante tutto, il segno del primato della misericordia” (17).

- Catechesi e predicazione misericor-diosa: per la nostra formazione non sempre siamo capaci di coniugare la verità con la comprensione. È più di impatto parlare di castighi che di gioia, parlare del diavolo che della bontà del Signore. Siamo chiamati a verificare come si orienta la nostra catechesi e predicazione. Ricordo che nella Evangelii Gaudium ben nove nu-meri orientano la prospettiva della catechesi e predicazione.

Maria, Madre di misericordia: “Maria in-sieme a Giovanni, il discepolo dell’amore, è testimone delle parole di perdono che esco-no dalle labbra di Gesù. Il perdono supremo offerto a chi lo ha crocifisso ci mostra fin dove può arrivare la misericordia di Dio. Maria attesta che la misericordia del Figlio di Dio non conosce confini e raggiunge tutti senza escludere nessuno. Rivolgiamo a lei

la preghiera antica e sempre nuova della Salve Regina, perché non si stanchi mai di rivolgere a noi i suoi occhi misericordiosi e ci renda degni di contemplare il volto del-la misericordia, suo Figlio Gesù” (24). Con Lei, Madre della Carità e Regina di Mise-ricordia, viviamo quest’Anno Santo della Misericordia che ci è dato come prezioso tempo di grazia!

P. Giorgio Valente, Superiore generale (dalla Lettera all’Istituto,

8 dicembre 2015)

Venezia - Casa Madre. Il Calvario al'ingresso dell'Oratorio di S. Giobbe

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Difficile avere il tempo e la cal-ma per rielabo-

rare e immagazzinare nella memoria tutti i momenti e i particolari della festa per la solen-ne Sacra Ordinazione, che ha avuto luogo do-menica 11 ottobre nel-la chiesa di St. Rocque a Gokiware, parrocchia nel cui territorio rientra la nostra comunità di Vasai. Il vescovo Felix Machado, che ci è ami-co, nell’omelia, ha ricor-dato a padre Shyam la storia e il senso della sua vocazione com-mentando il Vangelo della chiamata del gio-vane ricco, mettendo in luce come per avere il “Tutto” bisogna avere il coraggio di lasciare tutto. Grande parteci-pazione dei fedeli, ami-ci e benefattori della comunità, religiosi di Vasai, le Sorelle canos-siane di Manikpur e delle comunità vicine, tanti giovani che Shyam ha accompagnato in parrocchia. Presente anche un bel grup-po di suoi compaesani guidati fino a Vasai dal loro parroco p. Chandalswami, i quali improvvisano con i loro semplici doni un suggestivo secondo offertorio che com-muove anche il Vescovo. Dopo la messa di Ordinazione festa per tutti sul grande sagrato della chiesa. Il tutto concluso feli-cemente appena in tempo prima che un rovescio torrenziale di pioggia dia l’ultima

benedizione alla memorabile giornata. E non c’è tempo per riposarsi. L’indomani la nostra comitiva si trasferisce ad Andhe-ri (casa provincializia delle Canossiane a Mumbai) da dove si parte in pullman per Hyderabad, capitale del Telangana, pra-ticamente nel cuore dell’India. Dopo la sosta turistica, interessantissima, ad Hyde-rabad, e dopo un’altra notte di viaggio in pullman, siamo finalmente arrivati di mat-tina presto a Amalapuram, stato dell’Andra Pradesh. È questa la cittadina di origine e

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“Fate queSto in memoria Di me!”IndIa - OrdInazIOne e PrIma S. meSSa dI P. Shyam PraSad

Gli zii lavano i piedi a Padre Shyam

India

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di abitazione della famiglia del nostro novello sacerdote p. Shyam. Siamo a una decina di km dalla costa orien-tale dell’India, in mezzo alla grande foce di uno dei tanti fiumi sacri agli Indù, il fiume Godawri. Terra ricca di acqua e quindi verde di piantagioni di cocco, di banane e campi di riso che già ondeggiano per le spighe cariche pronte per la mietitura. L’accoglienza è calorosa come e più del clima, cordiale e premurosa da parte di tutti: le suore Canossiane venute da Draksaram per aiutare, il simpaticissimo p. Chandalswami, bro. John, la mamma e la famiglia tutta di p. Shyam. Ogni particolare, profumi, suoni, decorazioni, tutto si stampa nella memoria meglio che nel-la memoria digitale della macchina foto-grafica. Siamo sistemati nelle belle stanze dell’ospedale adiacente la missione curata dai padri Gesuiti. La famiglia di p. Shyam ci vuole a pranzo e cominciamo a speri-mentare il piccantissimo e speziato cibo di questa parte dell’India. Ma anche la dolcezza dei suoi frutti, soprattutto delle deliziose banane, che completano la dieta di p. Bruno!Intanto fervono i preparativi per la prima messa. Il camioncino bardato a festa per il trasporto solenne. Arrivano molti sacer-doti amici per concelebrare. La comunità cristiana si accalca nella bella chiesa nuova in attesa. I giovani e le ragazze sono pronti per le danze. La festa avrà inizio con la pro-cessione che porterà il novello sacerdote dalla sua casa alla chiesa. Li ci dirigiamo, e quando la piccola banda inizia a suonare, ha inizio la festa e la processione. Ma quel-lo che si imprime e non mi lascia è un gesto tanto antico e tanto nuovo, tanto tradizio-nale per questa cultura, quanto per il Van-gelo: il neo ordinato sacerdote P. Shyam, che nel tragitto festoso che lo porta dalla sua casa verso la chiesa, deve fermarsi ad ogni porta e ricevere l’onore dello scialle e la benedizione, riceve un onore particola-

re. Lo zio paterno – in luogo del papà che è tragicamente mancato alcuni anni fa – gli si china davanti, gli lava i piedi con il latte, poi li risciacqua con l’acqua, glieli asciuga, li bacia e imponendogli poi le mani sul capo pronuncia una benedizione. Pagina di Vangelo vivo che si stampa negli occhi e nel cuore. Non si può non pensare al Maestro nel momento del suo insegna-mento supremo agli apostoli nel cena-colo: ricevete questo segno da me. E fate questo in memoria di me! Quando poi il parroco p. Chandalswami, all’inizio della liturgia, a sorpresa mi chiama a dare una intenzione alla prima messa di p. Shyam, sono ancora preso dall’immagine di quel-la lavanda sacramentale di poco prima: quanto onore, p. Shyam, quanto amore per te, per il prete, per il pastore! Ma d’ora innanzi, sarai tu a lavare i piedi, a onorare del tuo servizio il Maestro, nella persona degli ultimi, dei più piccoli. In ogni messa che celebrerai farai memoria del Suo amo-re supremo per te e per il mondo, del suo servire umile. E riascolterai soprattutto per te stesso il comando di Gesù sommo sa-cerdote: fate questo – non altro! – in me-moria di me!

A.P.

India

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“i give thankS to my goD at every remembrance oF you”

I l grazie di padre Shyam Prasad Vagolu per il dono della sua ordinazione sacerdota-le. Dono immeritato di poter portare Gesù alle persone e accompagnare le persone a Gesù, dono da custodire e mettere a frutto mantenendosi sotto la mano protettrice del

Padre e l’ombra del suo Spirito effuso durante la sacra Ordinazione.

I truly give thanks to God for calling me to be a priest, unworthy as I was and am. I am grateful to my parents, who

taught me the basics of faith and who modeled living that faith; to so many form-ators through the years of priestly forma-tion, to brother priests, canossian brothers and many religious men and women and outstanding friends and faithful where I have learned the Ministry to serve. It has been such a privilege to draw people closer to Jesus: to proclaim His Word which is life-saving: to celebrate the sacraments, especially the Eucharist, for what better gift can I offer than Jesus Himself; to care for people in good times and in bad, to stand by them, hopefully allowing the love of Jesus to touch them through my pres-ence and support, however inadequate it may have been.

My priestly ordination is an experience, to lift up and proclaim the “gift and mystery of the priesthood” as Jesus Christ has willed it to be in my life. The imposition of hands during my Ordination I have felt that God wants me to be under his protective hands, kept safe under the palm of His hands to experience the immensity of His love and become servant. Every moment during Or-dination I have been thinking of God for his countless blessing. THANK YOU LORD.I am grateful and humbled by the support of the Congregation, especially by the pres-ence of the Vicar general Fr. Antonio Papa, Fr. Bruno Moras, pioneer of Indian mission, Fr. Reynaldo Daguitera who were sent by Fr. Giorgio Valente, our Superior General. Special THANKS for the selfless service and support by Canossian Sisters in India, espe-cially their prayers.

India

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FOGLIETTOil

Journey towarD PrieSthooD

U n senso di gratitudine pervade l’animo di chi riceve un dono così grande, come quello di essere configurati a Cristo Pastore e Sacerdote. P. Rocky Libang, condi-vide il suo dialogo con il Card. Rosales, arcivescovo emerito di Manila, che lo ha

guidato nel ritiro di preparazione immediata e che poi lo ha ordinato prete nella nuova chiesa della parrocchia di Tondo. Il suo grazie va a tutti coloro – confratelli, formatori, familiari, amici e benefattori – che lo hanno sostenuto e aiutato nel cammino verso il sacerdozio. Il dono ricevuto diventi dono condiviso nella missione umile e quotidiana di far conoscere e far amare Gesù!

I thank the Lord for the gift of voca-tion and the gift of Priesthood. Before the ordination I had a lot of prepara-

tion, from making the invitation, letter to Cardinal Tagle and Cardinal Rosales for the schedule of ordination. There was a meeting with the community of Tondo and some people who helped to organ-ize the Church for decoration, chairs and food. And part of the preparation for or-dination to have a retreat and I had the privilege to meet once again Cardinal Ro-

sales because He was the one who gave the retreat to me. During my retreat, Car-dinal Rosales explained and deepen the four important aspect of being a Priest. First, he asked me, “What do you mean by Priesthood?” and He said that it is a gift from God, it is a gift from the Holy Spirit. Second, He explained the importance of Eucharist in the life of the priest: as a Priest we should be the man of Eucharist and Christ is the center of our life. Third, it is also very important in the life of the Priest

(Il cammInO verSO Il SacerdOzIO)

TOndO (manIla), 24 OTTObre 2015 OrdInazIOne SacerdOTale dI P. rOcky lIbang

Filippine

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our relationship our Blessed Mother Mary. To get inspiration from her and her con-stantly saying of “YES” to God. As a priest we should commit ourselves every day to her love. And fourth, He said that do not forget the example of St. Paul who made his life an example of our ministry as a Priest, his courage, strength and passion for evangelization.I am so grateful to the Lord for giving me the opportunity to serve His people, to serve the Church. I pray to the Lord that He will continue to guide me in this new ministry, new responsibility as a shepherd

of Christ. To be a Priest, according to the Canossian charism, is also a way of being available, open-minded, mature, rooted in the gospel values, simple and humble. I ask the guidance of our foundress St. Magdalene of Canossa so that I can con-tinue to proclaim what she wanted for her sons and daughters: “To make Jesus known and Loved”. My gratitude to my Canossian family, friends and those people who journeyed with me during my formation years. May the Lord bless you all!

Fr. Rocky C. Libang

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FOGLIETTOil

Sopra: foto di gruppo al termine dell'ordinazione di P. Rocky Libang, a Tondo (Manila)

A destra: foto di gruppo con familiari e amici di Fratel Allan Dizon, al termine della sua professione perpetua (Tondo - Manila)

Filippine

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“anD every tongue Proclaim that JeSuS chriSt iS lorD!”

(PhIl. 2-11)

manIla, 7 nOvembre 2015 - PrOfeSSIOne PerPeTua dI fraTel allan dIzOn

A ll have just started in a small be-ginnings! According to William Wilberforce

"things great have small beginnings. Every downpour is just a raindrop; every fire is just a spark; every harvest is just a seed; every journey is just a step because without that step there will be no journey; without that raindrop there can be no shower; without that seed there can be no harvest." When God planted a seed in our lives, the next step that we do is to give an extra care for that seed. Be sure that there is enough sun light, water and look that the surroundings of the seed is free from any kind of weed. The seed that He planted in the uniqueness of our very lives, it is the vocation that He entrusted to us. If every man would give deeper sense and mean-ing to that vocation, he will find true joy and connections within the world that he live in.Our foundress St. Magdalene of Canossa says that there is one very important rule among the other rules of our Institute. It is the rule of gratuitousness which serves as a reflection of our name itself as Sons

of Charity. St. Magdalene says that since all these works will practice for free, and for charity, the Congregation will be named the Sons of Charity.Last November 7, 2015 I received a grace from God, I offered my entire life to live the evangelical vows together with my religious family the Canossian Sons of Charity. During that celebration I asked God to send the Holy Spirit to sanctify my offering, an offering of myself in the light of the one who offered himself first, Jesus Christ.The perpetual vows that I professed is not only an act of my offering but above all is an expression of my readiness to receive, to follow, and to have the same senti-ments of Jesus. A Canossian must know and live out the same style of his Master in doing his service.Being a perpetually professed brother is a sign of God’s great and unfading love for me and to His Church. I am and I want to be always more, a living sign of hope in His mission and an envoy of His mercy.

Fratel Allan Dizon

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Filippine

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FOGLIETTOil

PaDre FriDo e Fratel eDgar: Due nuovi acquiSti Per la SquaDra miSSionaria a timor eSt!

DILI (Timor Est), Becora - Casa Provincializia

I l gruppo dei nostri aspi-ranti di Timor Est si pre-para ad accogliere il p.

Generale al suo arrivo a Dili il 17 novembre scorso. In mezzo a loro, con la chitar-ra, padre Frido Abel Verdial, novello sacerdote, ordina-to nella cattedrale di Dili lo scorso 17 settembre dal Ve-scovo Mons. Basilio do Na-scimento.

Cattedrale di Dili

U n momento della celebrazione pre-sieduta dall’ammi-

nistratore apostolico di Dili, il vescovo di Baucau, Mons. Basilio Do Nascimento.

Aitutu-Rina

P adre Frido, non ha molto tempo per scri-vere… è già in sella

alla moto per raggiungere i villaggi della nostra missione in Timor alla quale è stato as-segnato per il suo ministero missionario.

Timor Leste

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FOGLIETTOil

Dili, 22 novembre 2015

I l nostro p. Generale P. Giorgio Va-lente nella sala VIP dell'aeroporto di Dili, prima della partenza per

rientrare in Italia. Accanto a lui, M. Ma-ria Chioda, ultima canossiana missio-naria italiana a Timor; M. Gulhermina, Provinciale delle Canossiane di Timor e p. Clemente Moreira, nuovo dele-gato della nostra delegazione delle Filippine. Alle loro spalle fratel Edgar Filomeno Soares, che il giorno pri-ma ha fatto a Dili la sua professione perpetua come fratello canossiano, anche lui assegnato alla missione in Timor Est.

Q ui accanto, nel momento della festa seguita alla celebrazio-ne, attorniato dal gruppo dei

nostri aspiranti timoresi e da p. Frido. Dopo la prima formazione e l’esperien-za apostolica nelle nostre comunità del Brasile, e la preparazione alla profes-sione perpetua fatta in Italia lo scorso anno insieme a Fratel Allan Dizon nella nostra comunità di Poiano, ora fratel Edgar è statto assegnato alla missione di Timor est, affiancando i confratelli p. Adriano, p. Yosef e p. Frido. Auguri!

Mons. Basilio do Nascimento, Vescovo di Baucau, attual-mente anche Amministratore

apostolico di Dili, che è stato il diretto-re spirituale di fratel Edgar, ha voluto presiedere la celebrazione eucaristica durante la quale il padre generale p. Giorgio Valente ha ricevuto la sua pro-fessione perpetua. Alla festa, per feli-ce coincidenza, ha presenziato anche il Cardinale João Braz De Aviz, Prefet-to della Congregazione dei Religiosi, presente a Timor per le celebrazioni del V Centenario dell’evangelizzazio-ne di Timor Est.

Timor Leste

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FOGLIETTOil

III – GLI oRIzzontI DeLL’Anno DeLLA VItA ConSACRAtA

1. Con questa mia lettera, oltre che alle persone consacrate, mi rivol-go ai laici che, con esse, condivi-

dono ideali, spirito, missione. Alcuni Isti-tuti religiosi hanno un’antica tradizione al riguardo, altri un’esperienza più recente. Di fatto attorno ad ogni famiglia religiosa,

come anche alle Società di vita apostoli-ca e agli stessi Istituti secolari, è presente una famiglia più grande, la “famiglia cari-smatica”, che comprende più Istituti che si riconoscono nel medesimo carisma, e soprattutto cristiani laici che si sentono chiamati, proprio nella loro condizione laicale, a partecipare della stessa realtà carismatica.Incoraggio anche voi, laici, a vivere quest’Anno della Vita Consacrata come

una Famiglia Più granDe, la “Famiglia cariSmatica”

annO della vITa cOnSacraTa

dalla leTTera aPOSTOlIca dI PaPa franceScOa TuTTI I cOnSacraTI In OccaSIOne dell'annO della vITa cOnSacraTa

laici canossiani

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FOGLIETTOil laici canossianilaici canossianiuna grazia che può rendervi più consa-pevoli del dono ricevuto. Celebratelo con tutta la “famiglia”, per crescere e rispon-dere insieme alle chiamate dello Spirito nella società odierna. In alcune occasio-ni, quando i consacrati di diversi Istitu-ti quest’Anno si incontreranno tra loro, fate in modo di essere presenti anche voi come espressione dell’unico dono di Dio, così da conoscere le esperienze delle altre famiglie carismatiche, degli altri gruppi laicali e di arricchirvi e sostenervi recipro-camente.

2. L’Anno della Vita Consacrata non riguarda soltanto le persone con-sacrate, ma la Chiesa intera. Mi

rivolgo così a tutto il popolo cristiano perché prenda sempre più consapevo-lezza del dono che è la presenza di tante consacrate e consacrati, eredi di grandi santi che hanno fatto la storia del cristia-nesimo. Cosa sarebbe la Chiesa senza san Benedetto e san Basilio, senza sant’Ago-stino e san Bernardo, senza san Francesco e san Domenico, senza sant’Ignazio di Lo-yola e santa Teresa d’Avila, senza sant’An-gela Merici e san Vincenzo de Paoli. L’e-lenco si farebbe quasi infinito, fino a san Giovanni Bosco, alla beata Teresa di Cal-

cutta? Il beato Paolo VI affermava: «Senza questo segno concreto, la carità che anima l’intera Chiesa rischierebbe di raffreddarsi, il paradosso salvifico del vangelo di smussar-si, il “sale” della fede di diluirsi in un mondo in fase di secolarizzazione» (Evangelica te-stificatio, 3).Invito dunque tutte le comunità cristiane a vivere questo Anno anzitutto per ringra-ziare il Signore e fare memoria grata dei doni ricevuti e che tuttora riceviamo per mezzo della santità dei Fondatori e delle Fondatrici e della fedeltà di tanti consa-crati al proprio carisma. Vi invito tutti a stringervi attorno alle persone consacra-te, a gioire con loro, a condividere le loro difficoltà, a collaborare con esse, nella mi-sura del possibile, per il perseguimento del loro ministero e della loro opera, che sono poi quelli dell’intera Chiesa. Fate sentire loro l’affetto e il calore di tutto il popolo cristiano.Benedico il Signore per la felice coinci-denza dell'Anno della Vita Consacrata con il Sinodo sulla famiglia. Famiglia e vita consacrata sono vocazioni portatri-ci di ricchezza e grazia per tutti, spazi di umanizzazione nella costruzione di rela-zioni vitali, luoghi di evangelizzazione. Ci si può aiutare gli uni gli altri.

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FOGLIETTOil

N ei giorni 10 e 11 ottobre, nella splendida cornice dell'Istituto Ca-nossiano di Costalunga (Brescia),

si è tenuto l'incontro annuale dei Coor-dinatori Territoriali dei Laici Canossiani. Erano presenti anche Madri e Padri; ec-cezionalmente questa volta ha parteci-pato anche la Madre Provinciale M. Luisa Merlin, non solo per cogliere e valorizzare tutte le possibili forme di espressione del Carisma, ma per esprimere la volontà di procedere insieme nella complementa-rietà dei doni.Il weekend è stato un'importante occasio-ne sia formativa che di confronto. I punti da focalizzare erano due: la missione del formatore laico davanti ai cambiamenti e il prossimo Convegno Internazionale 2016.L'esito di un questionario, riguardante le risposte alle nuove sfide, era già pervenu-

to al Coordinamento Nazionale da parte di ogni singolo gruppo locale. Sabato mattina, dopo un gioioso momento di accoglienza, del ritrovarsi con alcuni e del conoscersi con altri, madre Santina Mari-ni ha presentato la sua relazione sul tema, orientandoci a riflettere sulla necessità di cambiamento, in un periodo di crisi. Si è dato spazio al bisogno di confronto e ciascuno dei partecipanti ha espresso il suo punto di vista in modo critico e co-struttivo. Ma la vera pista risolutiva l'ha offerta ancora una volta Maddalena di Canossa. La relatrice ci ha fatto rivivere un momento molto delicato del cammino della Fondatrice. La sua grande forza mo-trice era quell'INSPICE ET FAC, non a caso anche messo a tema del prossimo Conve-gno. Infatti, quando l'anima riceve degli impulsi e il cuore è animato da desideri, questi prendono forma reale solo se ci si

temPo Di criSi, SFiDa al cambiamento!

IncOnTrO deI cOOrdInaTOrI TerrITOrIalI a.l.c. - ITalIacOSTalunga (bS), 10-11 OTTObre 2015

laici canossiani

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FOGLIETTOillaici canossiani laici canossianilascia profondamente abitare dallo Spiri-to del più Grande Amore; diversamente è facile cedere alle resistenze che sicura-mente si presentano all'inizio di qualsiasi impresa.Da quest'energia divina che opera in chi si lascia trasformare dalla Grazia della vo-cazione, scaturisce la premura di curare le relazioni con grande impegno, punto basilare, su cui si giocano le prospettive future. Queste giornate hanno favorito il con-solidarsi tra noi dei legami di fraternità e

amicizia; abbiamo vissuto un clima parti-colare, come quando ci si ritrova in fami-glia in occasione delle feste. Credo di non essere stata l'unica a godere di questa sensazione. È stata una boccata d'ossige-no per tutti. Per non costruire muri, ma per creare ponti e varcare soglie – come insiste papa Francesco! - è necessario tro-vare nell'altro quella forza in più che ci oc-corre per non fermarci. In serata, dopo la celebrazione eucaristica e la condivisione della cena, si è trovato il tempo per uno scambio di idee e suggerimenti in vista

del prossimo Convegno. La domenica è sembrata un attimo per-ché la partenza era prevista dopo pranzo. Le Lodi e la celebrazione della Messa han-no aperto la giornata; è seguito poi l'in-tervento di Padre Gianluigi Andolfo che ci ha parlato di Maddalena formatrice, argo-mento non nuovo ma utile sia per com-prendere che il laicato è nato come l'altro braccio di un corpo solo, sia per chiarire ancora in quale modo esso è chiamato a contribuire all'opera pensata da Madda-lena.

Ringrazio il Signore per quanto ho vis-suto in questo incontro, e per quanto ho ricevuto nella riflessione e nell’esperienza della fraternità; sono tornata a casa ricca e carica di entusiasmo. Spero di coltivare i semi di speranza che ho portato con me, mentre stringo tra le mani una castagna che ho ritrovato in tasca, un dono che Paolo, laico di Roma, ha fatto a tutti dopo una passeggiata nel parco di Costalunga, e la considero un segno di un impegno!

Mariapia Raja

Un momento dell'incontro

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FOGLIETTOil

C arissimi, con tanta gioia, chieden-do la guida e la luce dello Spirito Santo, vi annunciamo:

vI cOnvegnO InTernazIOnale famIglIa laIcale canOSSIana

24-31 luglIO 2016 cenTrO dIOceSanO

dI SPIrITualITà S. fIdenzIO vIa Pradelle, 62 . nOvaglIe –

37034 verOna (ITalIa) Tema: “InSPIce eT fac” nel cuOre del mOndO

cOn la gIOIa del vangelO La Commissione ha proposto, come crite-rio di partecipazione, che ogni Provincia o Delegazione sia presente con la Coordina-trice o il Coordinatore Provinciale, un’altra Laica Canossiana o Laico Canossiano e l’A-nimatrice o l’Animatore Provinciale. La prima parte del Convegno Internazio-nale della Famiglia Laicale Canossiana sarà dedicata all’Associazione Laici Ca-nossiani e, nei giorni 30-31 luglio 2016, si continuerà l’incontro in comunione con i rappresentanti dei Fratelli e Sorelle Laici Canossiani e delle Missionarie Secolari di S. Maddalena per un cammino insieme di animazione e condivisione carismatica. Questo è un tempo forte, è un'esperienza di Chiesa e di comunione, durante la qua-le i Delegati sono chiamati a condividere, nella fraternità evangelica, la preghiera, l'ascolto della Parola di Dio, le celebrazioni eucaristiche, le testimonianze canossiane provenienti da varie parti del mondo, la formazione, le prospettive nuove, affin-ché la vita laicale canossiana possa esse-

re ovunque strumento per far conoscere Gesù, l'Amore Più Grande, farlo amare, cer-cando di amare come Lui ci insegna, nella realtà di oggi, secondo il cammino segna-to dalla Chiesa. La Commissione Formativa annuncia “questo tempo favorevole” dopo un cam-mino di preghiera, di “unione di cuore” e di preparazione. Rinnoviamo a tutti l’invito alla “Preghiera del Mercoledì” per la buona riuscita del Convegno 2016, come Maddalena ci ricor-da: “Su tutto è sempre necessario pregare”. Proponiamo la preghiera, in allegato, come voce unanime della Famiglia Laica-le Canossiana in preparazione a questo evento. Ricordandoci nella preghiera, chiediamo a Maria, Madre della Carità sotto la Croce, di accompagnare il nostro cammino verso il Convegno e il carisma di Maddalena sia guida in questo particolare evento. Con tanta fraternità e stima,

La Commissione Formativa della Famiglia Laicale Canossiana

vi convegno internaZionale Famiglia laicale canoSSiana

laici canossiani

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FOGLIETTOillaici canossiani

un nuovo umaneSimo a Partire Da geSù criSto

cOnvegnO eccleSIale nazIOnale della chIeSa ITalIanafIrenze, 9 - 13 nOvembre 2015

“In GeSÙ CRISto IL nUoVo UMAneSI-Mo” è il tema del V Convegno Ecclesiale Nazionale (Firenze, 9-13 novembre). La Chiesa italiana ha scelto di assumere il per-corso del Convegno e di mettersi in gioco, in un impegno di conversione per individuare le parole più efficaci e i gesti più autentici con cui portare il Vangelo agli uomini di oggi. Quello fatto insieme è stato un cam-mino sinodale, che ci ha fatto sperimenta-

re la bellezza e la forza di essere parte viva del popolo di Dio”. Così il Card. Bagnasco a conclusione del 5° Convegno Ecclesiale Nazionale. Martedì 10 novembre ha visto la partecipazione di Papa Francesco: “Per un discepolo di Gesù - ha detto il Santo Pa-dre - nessun vicino può diventare lontano; anzi, non esistono lontani che siano troppo distanti, ma soltanto prossimi da raggiun-gere”.

Italia

riSonanZe Di un ParteciPante al convegno Della chieSa italiana

P rima di tutto esprimo la mia grati-tudine al Patriarca Francesco di Ve-nezia ed ai suoi Collaboratori, per

avermi chiamato a partecipare al V Con-vegno della Chiesa italiana, che si è tenu-to a Firenze a metà Novembre. Il conve-

gno che aveva come tema: UNA NUOVA UMANITà A PARTIRE DA GESù CRISTO, chiamava ciascuno dei partecipanti a ri-flettere su 5 verbi - uscire, abitare, annun-ciare, educare, trasfigurare - come 5 vie per far rinascere l’umanità di ogni uomo

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FOGLIETTOil

P. Vincenzo con altri due sacerdoti di Venezia partecipanti al Convegno

Italia

e donna a partire dall’umanità di Gesù Cristo. Le mie aspettative all'inizio non era del-le migliori. Pensavo che come al solito capita in questi grandi eventi, saremmo andati a fare le statuette, a far numero in una grande assemblea, che vedeva in programma gli esperti addetti ai lavori pronti a condividere con noi, chiamati ad ascoltare, le loro riflessioni. Tutto in un cli-ma un po’ pesante. Ma da subito sono stato costretto a riva-lutare i miei pensieri. Fin dall’arrivo a Fi-renze ho percepito un clima accogliente, coinvolgente e soprattutto desideroso di coinvolgere ciascun convegnista. Da subito gli organizzatori ci hanno chie-sto di essere segno… di una Chiesa in USCITA: l’apertura del convegno è inizia-ta con il formarsi di quattro processioni silenziose lungo le vie della città, con par-tenza dalle quattro basiliche di Firenze, tutte destinate ad confluire nella Catte-drale. Un momento forte è stato l'incontro con il Papa martedì 10 novembre. Era appena il secondo giorno, ma già nell’aria si respi-rava un clima di fratellanza. Ricordo an-cora l’attesa alle prime ore dell’alba fuori della Basilica di S. Maria in Fiore, sembra-

va davvero che fossimo un solo gruppo, non delegati di varie diocesi d’Italia. Alle 7.30 del mattino aprono i portoni e cominciano i controlli; ci si chiedeva: cosa penserebbe Papa Francesco se sapesse che ci sono tutti questi controlli per en-trare in chiesa? La risposta non si è lascia-ta attendere. Egli stesso nel discorso a noi convegnisti in mattinata ha affermato: «Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piut-tosto che una Chiesa malata per la chiusu-ra e la comodità di aggrapparsi alle pro-prie sicurezze» (riferimento alla Evangelii gaudium, 49). E tra le tante belle e calde parole che ci ha rivolto, ha detto che «una Chiesa che presenta i tratti di – umil-tà, disinteresse, beatitudine – è una Chiesa che sa riconoscere l’azione del Signore nel mondo, nella cultura, nella vita quotidiana della gente».Sembrava veramente che il papa parlasse alla quotidianità della gente, e oggi dico non solo lui. Da martedì a venerdì, è stato il linguaggio semplice e della vita di tutti i giorni a rendere stupendo il clima tra i convegnisti di Firenze, e a farci sentire tutti partecipi. Il massimo è stato quando tutta la giornata di mercoledì e il giovedì mattina, siamo stati divisi in tavoli da 10,

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FOGLIETTOil Italia

«PreferIScO una chIeSa accIdenTaTa, ferITa

e SPOrca Per eSSere uScITa Per le STrade, PIuTTOSTO

che una chIeSa malaTa Per la chIuSura e la cOmOdITà

dI aggraPParSI alle PrOPrIe SIcurezze»

e per incanto ci siamo sentiti realmente protagonisti del V Convegno della Chiesa italiana. Ognuno di noi è stato chiamato a partecipare ai lavori dando il proprio apporto piccolo ma concreto. L’umanità di ciascuno è stata valorizzata, e nelle re-lazioni finali esposte il venerdì mattina in assemblea generale, pur non ritrovando le tue precise parole o espressioni, sentivi di essere stato coinvolto, reso partecipe, responsabile.Ora siamo a casa, immersi in questa cit-tà, nel quotidiano impegno ad uscire, e spero che il Convegno non rimanga solo

un “bel ricordo” personale e per la Chie-sa italiana. Se prima di partire avevo dei dubbi e perplessità, ora posso dire di aver visto e sperimentato una Chiesa realmen-te in cammino tra gioie e fatiche. La co-siddetta “sinodalità” si è respirata a pieni polmoni. Ho visto una Chiesa in cammino e al lavoro, insieme, con vescovi, preti e laici pronti a mettere in discussione non la dottrina, ma le relazioni. Relazioni che hanno reso singolare il convegno di Fi-renze.

P. Vincenzo torrente - Venezia

Il patriarca di Venezia Mons. Moraglia e il gruppo dei delegati della diocesi di Venezia

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FOGLIETTOil

L a Giornata Missionaria Mondiale 2015 avviene sullo sfondo dell’An-no della Vita Consacrata e ne riceve

uno stimolo per la preghiera e la rifles-sione. Infatti, se ogni battezzato è chia-mato a rendere testimonianza al Signo-re Gesù annunciando la fede ricevuta in dono, questo vale in modo particolare per la persona consacrata, perché tra la vita consacrata e la missione sussiste un forte legame. La sequela di Gesù, che ha determinato il sorgere della vita consa-crata nella Chiesa, risponde alla chiamata a prendere la croce e andare dietro a Lui, ad imitare la sua dedicazione al Padre e i suoi gesti di servizio e di amore, a perdere la vita per ritrovarla. E poiché tutta l’esi-stenza di Cristo ha carattere missionario, gli uomini e le donne che lo seguono più da vicino assumono pienamente questo medesimo carattere. La dimensione missionaria, appartenen-

do alla natura stessa della Chiesa, è intrin-seca anche ad ogni forma di vita consa-crata, e non può essere trascurata senza lasciare un vuoto che sfigura il carisma. La missione non è proselitismo o mera stra-tegia; la missione fa parte della “gramma-tica” della fede, è qualcosa di imprescindi-bile per chi si pone in ascolto della voce dello Spirito che sussurra “vieni” e “vai”. Chi segue Cristo non può che diventare missionario, e sa che Gesù «cammina con lui, parla con lui, respira con lui. Sente Gesù vivo insieme con lui nel mezzo dell’impegno missionario» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 266). La missione è passione per Gesù Cristo e nello stesso tempo è passione per la gen-te. Quando sostiamo in preghiera davanti a Gesù crocifisso, riconosciamo la gran-dezza del suo amore che ci dà dignità e ci sostiene; e nello stesso momento perce-piamo che quell’amore che parte dal suo

vita conSacrata, vita miSSionariadal “meSSaggIO del SanTO Padre franceScO Per la

gIOrnaTa mISSIOnarIa mOndIale 2015”

P. Tarcisio Pescarolo e P. Giordano Zen, due dei primi quattro missionari canossiani in viaggio per il Brasile nel lontano dicembre 1965

missione

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FOGLIETTOil

cuore trafitto si estende a tutto il popolo di Dio e all’umanità intera; e proprio così sentiamo anche che Lui vuole servirsi di noi per arrivare sempre più vicino al suo popolo amato (cfr ibid., 268) e a tutti co-loro che lo cercano con cuore sincero. Nel comando di Gesù: “andate” sono presenti gli scenari e le sfide sempre nuovi della missione evangelizzatrice della Chiesa. In essa tutti sono chiamati ad annunciare il Vangelo con la testimonianza della vita; e in modo speciale ai consacrati è chie-sto di ascoltare la voce dello Spirito che li chiama ad andare verso le grandi perife-rie della missione, tra le genti a cui non è ancora arrivato il Vangelo. Ci poniamo l’interrogativo: “Chi sono i de-stinatari privilegiati dell’annuncio evange-lico?”. La risposta è chiara e la troviamo nel Vangelo stesso: i poveri, i piccoli e gli in-fermi, coloro che sono spesso disprezzati e dimenticati, coloro che non hanno da ricambiarti (cfr Lc 14,13-14). L’evangeliz-zazione rivolta preferenzialmente ad essi è segno del Regno che Gesù è venuto a portare: «Esiste un vincolo inseparabile tra la nostra fede e i poveri. Non lasciamoli mai soli» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 48). Ciò dev’essere chiaro specialmente alle per-sone che abbracciano la vita consacrata missionaria: con il voto di povertà si sce-glie di seguire Cristo in questa sua pre-ferenza, non ideologicamente, ma come Lui identificandosi con i poveri, vivendo come loro nella precarietà dell’esistenza quotidiana e nella rinuncia all’esercizio di ogni potere per diventare fratelli e sorel-le degli ultimi, portando loro la testimo-nianza della gioia del Vangelo e l’espres-sione della carità di Dio. (…) Cari fratelli e sorelle, la passione del missionario è il Vangelo. San Paolo pote-va affermare: «Guai a me se non annuncio il Vangelo!» (1 Cor 9,16). Il Vangelo è sor-gente di gioia, di liberazione e di salvezza per ogni uomo. La Chiesa è consapevole di questo dono, pertanto non si stanca di annunciare incessantemente a tutti

«quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi» (1 Gv 1,1). La missione dei servitori della Parola – vescovi, sacer-doti, religiosi e laici – è quella di mettere tutti, nessuno escluso, in rapporto per-sonale con Cristo. Nell’immenso campo dell’azione missionaria della Chiesa, ogni battezzato è chiamato a vivere al meglio il suo impegno, secondo la sua personale situazione. Una risposta generosa a que-sta universale vocazione la possono offri-re i consacrati e le consacrate, mediante un’intensa vita di preghiera e di unione con il Signore e col suo sacrificio reden-tore. Mentre affido a Maria, Madre della Chie-sa e modello di missionarietà, tutti coloro che, ad gentes o nel proprio territorio, in ogni stato di vita cooperano all’annuncio del Vangelo, di cuore invio a ciascuno la Benedizione Apostolica.

missione

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FOGLIETTOil

Sono già passati più di tre anni dal-la posa della prima pietra (Gennaio 2012) e quando sono stato in Italia

lo scorso Aprile-Giugno per la Consulta e per le vacanze, ho portato per i confratelli, parenti, amici e benefattori alcune foto del progresso dei lavori della nostra nuova Chie-sa che ne mostravano lo scheletro e le travi del tetto. Il 24 Gennaio scorso il nostro arcivescovo Car-dinale Tagle, in occasio-ne delle festa patronale aveva celebrato dentro la nuova struttura vedendo il cielo sopra la sua testa ma con tanta gente attorno! Ora dopo mesi di lavoro si possono vedere altri se-

gni del progresso fatto: è già stato fatto il tetto e stesa la gettata di cemento per il pavimento. Adesso si sta lavorano alle

due pareti laterali e alla facciata.Certo realizzare il nostro sogno di una nuova e più ampia chiesa è lavoro lungo non solo per la dif-ficoltà di raccogliere fondi ma anche per la necessità di coinvolgere costante-mente la gente di Tondo così che senta come “sua” la chiesa che sta sorgen-do. Da parte mia tocco con mano ogni giorno la presenza della Provviden-za, non solo attraverso

l’aiuto di persone dall’ Italia - e l’ho visto durante la mia permanenza in Italia, so-

ParrOcchIa San PablO aPOSTOl – TOndO, manIla (fIlIPPIne)

“un Po’ alla volta Si comincia a veDere… una chieSa nuova”

Filippine

"tanti Sono quelli ancora lontani Dalla chieSa e Da criSto, Da

cercare e raggiungere, SoPrattutto giovani. ma abbiamo FiDucia:

un Po’ alla volta, nonoStante la PocheZZa

Delle noStre ForZe, anche a tonDo

Si veDe creScere una chieSa nuova"

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prattutto a Coste di Maser, mio paese, e nei paesi vicini - ma anche qui nelle Filip-pine. Solo un esempio: un’Impresa edile locale sta lavorando da due mesi gratis procurando materiale e operai per com-pletare le due pareti laterali! Così che in questo momento abbiamo due gruppi che portano avanti i lavori!Il 24 ottobre scorso, dentro questa strut-tura non completa, il Card. G. Rosales, arcivescovo emerito di Manila e nostro grande amico, ha ordinato sacerdote un nostro Padre Canossiano filippino: p. Ro-cky Libang, e per fortuna è stata una bella giornata di sole! Ora ci stiamo prepa-rando per avere nella nuo-va chiesa le celebrazioni del “Simbang Gabi” (la novena) e la festa del santo Natale. Certo, siamo lontani dalla conclusione dei lavori: man-cano porte, finestre, l’impian-to elettrico, il controsoffitto, i banchi ecc.; come pure è ancora da costruire la parte della canonica, uffici, sacre-stia; ma per adesso godiamo e ringraziamo il Signore per quanto è stato realizzato e le tante persone generose che

sono state strumento del suo aiuto. Andiamo avanti con tante iniziative... sempre cre-dendo nella Provvidenza! Ma la vita e l’impegno nostro in parrocchia non si limita alla costruzione della chiesa di mattoni! Sono tante le esi-genze pastorali e umane pre-senti: sacramenti, catechesi, comunità di base, pastorale giovanile, familiare, formazio-ne dei gruppi, il progetto del-la scholarship, la clinica, Cari-tas, il “feeding program” ecc.Con l’arrivo in comunità di fratel Allan Dizon, con la col-

laborazione delle Sorelle e dei laici impe-gnati, cerchiamo di dare qualche risposta alle tante sfide che che Tondo continua a offrirci. Tanti sono quelli ancora lontani dalla Chiesa e da Cristo, da cercare e rag-giungere, soprattutto giovani. Ma abbia-mo fiducia: un po’ alla volta, nonostante la pochezza delle nostre forze, anche a Tondo si vede crescere una Chiesa nuova!Assieme ai padri, suore e gente di Tondo, assicuro la preghiera e l’augurio a tutti.

P. Carlo Bittante

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FOGLIETTOil Filippine

Al piano terra, la sede della Scuola Materna parrocchiale e al piano 1° la nuova sede dello "Scholarship Program" di Tondo

Due bambini della missione assistiti con il "Feeding program"

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FOGLIETTOil

delegaçãO dO braSIl “nOSSa SenhOra aParecIda”

ano Jubilar canoSSiano06 de dezembrO de 2015 - 06 de dezembrO de 2016

Nella foto i primi quattro missionari canossiani partiti per il Brasile: p. Tarcisio Pescarolo, p. Giordano Zen, p. Giuliano Todesco e fra Tarcisio Verza

C on una felice coincidenza con l’an-no del Giubileo della Misericordia indetto da papa Francesco, la no-

stra Delegazione del Brasile celebra il suo giubileo: 50 anni dello sbarco dei primi Canossiani al porto di Santos. Un cam-mino di fedeltà, di realizzazioni materiali, un bagaglio di esperienza missionaria, un tesoro di testimonianza generosa nell’an-nuncio del Vangelo, sempre osando uscire in alto mare, uscire verso le periferie della missione stessa. Un giubileo quindi all’in-segna del ringraziamento al Signore, di memoria grata dei Confratelli che fanno

parte di questa storia, venuti dall’Italia o da altre comunità, entrati a far parte della famiglia canossiana attraverso le case di formazione impiantate in Brasile, anco-ra operanti nella missione o già viventi in Cristo. E tempo anche di osare una fedeltà più grande alla missione. Per questo l’an-no giubilare, con i vari momenti in pro-gramma e in tutte le sue manifestazioni, dovrà essere “vocazionale”, cioè mirato a rivitalizzare la nostra vocazione e la nostra fedeltà, e a suscitare nuove vocazioni per garantire alla missione un futuro pieno di speranza.

A Delegação dos Filhos da Caridade Canossianos, sob a proteção de Nossa Senhora Aparecida, se une-

num só coro, para dizer em alta voz, "Ren-

dam graças ao Senhor, pois ele é bom." (1 Cr 16, 34a) e não somente dizê-lo, mas tam-bém celebrá-lo com toda a família canos-siana, com os paroquianos, colaborado-

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FOGLIETTOil

06 de dezembrO de 2015 - 06 de dezembrO de 2016

res, amigos e benfeitores, este Ano Jubilar Canossiano, de 06 de dezembro de 2015 a 06 de dezembro de 2016, festejando os 50 anos da chegada dos primeiros religio-sos canossianos ao Brasil. É momento de fazer memória e recordar tudo o que foi vivenciado desde o início desta longa caminhada que vai comple-tar 50 anos, trazer para o presente cada religioso, desde os quatro primeiros ita-lianos que corajosamente disseram sim ao apelo da Igreja e da congregação, ao aspirante mais novo que hoje permite que esta história continue viva. Lembrar dos religiosos já falecidos que doaram suas vidas nesta terra, dos padres gerais que mantiveram viva esta delegação, en-fim de cada religioso que faz parte desta linda história. É momento também de ousadia, ousar mais significará para nós neste ano jubilar não só festejar os 50 anos vividos, mas so-nhar com os 50 anos que virão, e por isso este ano deve ser todo ele vocacional: vocacional, pensando em novos consa-grados que olhando a alegria que trans-mitimos por fazer parte desta família re-ligiosa, queiram doar as suas vidas como nós; vocacional para os leigos, voluntários e educadores que partilham o mesmo carisma, vivenciando-os nas suas reali-dades mais diversas, alastrando o nosso jeito de amar e servir a todos os cantos do mundo; vocacional para as paróquias que atualmente a nós são confiadas, para que o padre canossiano deixe sua marca como um consagrado humilde a serviço dos amados pobres, e os religiosos irmãos enriqueçam as comunidades religiosas vi-vendo o amor maior na fraternidade. Queremos que cada obra nossa, cada ora-tório, cada casa reflita a gratidão que sen-timos ao Pai e ao povo santo de Deus, que tanto nos providenciou em todos estes anos, e que nunca nos faltou. Sem dúvi-das a melhor forma de celebrar é agrade-cendo. Rendemos graças ao Senhor porque nos

toca viver esta data tão singular, a Ele louvamos cheios de emoção e fervor, e a Ele também rogamos para que saiba-mos aproveitar cada dia deste ano jubilar, transparecendo ao mundo o maravilhoso dom que recebemos de sermos consagra-dos canossianos.A Maria Santíssima nossa Mãe, a Dolorosa, rogamos saber imitá-la na perseverança e na fidelidade, à Aparecida, que sendo a mesma mãe nos ensine a estar sempre do lado dos menos favorecidos. à Santa Madalena de Canossa recorremos como mãe, fundadora e patrona para que nos auxilie neste caminhar e como canossia-nos do Brasil convidamos todo a família canossiana espalhada nos cinco conti-nentes a celebrar junto com pequena de-legação esta dádiva tão grande. O ano jubilar todo está cheio e intenso de encontros e outras atividades que vão nos ajudar a valorizar ainda mais o que es-tamos festejando. Se não é possível com a presença (para aqueles que estão geograficamente lon-ge) que seja com a oração a vossa partici-pação em tudo aquilo que nos propomos viver nestes doze meses de jubileu.

Pe. Diego e Ir. Daniel (responsáveis do Ano Jubilar)

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“abraço amigo: un univerSo Di PoSSibilità”

vI IncOnTrO nazIOnale del PrOgeTTO “abraçO amIgO” araraS, 3-4 OTTObre 2015

L o scorso 3 e 4 ottobre, 96 partecipanti si sono incontrati presso il Cento Sociale della Gioventù “Ir. Tarcisio Verza” di Araras, per l’Incontro Nazionale del Progetto “Abraço Amigo”, per approfondire l’identità del Volontario inteso come “amico”, animato dal

fuoco della carità. Di fronte alla realtà di tanti fratelli nella povertà, soprattutto i minori e le loro famiglie, si apre nel quotidiano ad un universo di possibilità, ad una fantasia della carità che sa dare risposte concrete, soprattutto sa farsi vicino e sa accompagnare come amico. È l’eredità antica e sempre nuova che S. Maddalena lascia a laici e religiosi: la carità è un fuoco che arde e vuole avvampare in una missione senza confini.

O Conselho Nacional do Projeto Abraço Amigo, constituído pelos Religiosos Canossianos Respon-

sáveis pelo Projeto nas 7 cidades, onde estão presentes os Canossianos no Brasil, juntamente com a Secretária Nacional, Maria Zilda, realizou nos dias 03 e 04 de outubro de 2015, na cidade de Araras-SP, o VI Encontro Nacional do Projeto Abra-

ço Amigo, o qual aconteceu no Centro Social da Juventude Irmão Tarcísio.Estiveram presentes nos dois dias de for-mação, voluntários e religiosos das co-munidades de Araras-SP, Ribeirão Preto--SP, Santa Rita do Passa Quatro-SP, Nova Odessa-SP, Piabetá (Magé)-RJ e São de Meriti (Agostinho Porto)- RJ, num total de 96 participantes.

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FOGLIETTOil BrasileO objetivo principal do Encontro Nacio-nal é criar um espaço de integração en-tre todos os voluntários, fomentar a dis-cussão sobre as famílias atendidas pelo Projeto e manter viva a chama da Carida-de que deu origem ao projeto.Caridade que é compreendida como o amor recebido e dado, porque é “graça” que vem de Cristo, desce sobre nós, tor-na-nos destinatários do amor de Deus e nos faz homens e mulheres sujeitos de caridade, chamados a sermos instru-mentos da graça para difundir o amor e tecer redes de caridade. Redes que pos-sam entrelaçar e transformar a vida de todos que estão numa situação marginal ou em qualquer tipo de vulnerabilidade. Por isso, todos os Voluntários do Projeto foram convidados a ser, não somente vo-luntário, mas “Voluntário Amigo”, o qual é pró-ativo na construção da grande rede de Caridade, que abre “um universo de possibilidades”.A motivação que inspirou o tema central do VI Encontro Nacional: “Abraço Amigo: um universo de possibilidades” tinha a intenção de fazer memória e aprofun-dar ao Voluntário Amigo, o fundamen-to carismático que norteia o Projeto e o amplo horizonte de perspectivas que se abre no cotidiano das experiências vivi-das por eles junto às famílias assistidas; a fim de perceberem, que o Projeto Abra-ço Amigo é uma das extensões dessa grande rede de Caridade, e nasceu com a missão de ser uma expressão viva de ajuda e amor ao próximo. Pois ela anun-cia a Caridade como um instrumento capaz de criar consciência, apontar para o futuro, abrir perspectivas, despertar ci-dadania, dialogar com o diferente, ques-tionar e abrir-se para todos.A abertura ao outro, concretiza-se ini-cialmente, na acolhida que os Volun-tários da cidade sede favorecem aos voluntários participantes que vêm das outras cidades, os quais são acolhidos nas residências dos voluntários da cida-

de de Araras-SP, para dormir e fazer algu-ma refeição.Os primeiros voluntários a chegar em Araras foram os da cidade de Piabetá e Agostinho Porto, ambos do Estado do Rio de Janeiro, os quais viajaram a noi-te anterior e chegaram no sábado pela manhã. Eles foram recepcionados com um delicioso café-da-manhã e, em se-guida tiveram a oportunidade de fazer um passeio pela cidade e interagir com os voluntários de Araras.O Encontro teve início às 15h00 com a chegada das outras cidades. Os voluntá-rios de Araras prepararam uma calorosa acolhida, repleta de muita alegria, diver-são e descontração. Logo depois, pro-cedeu-se a apresentação do Conselho Nacional, em que o Assessor Nacional – Irmão Daniel – deu as boas-vindas a to-dos os participantes e abriu oficialmente o IV Encontro Nacional; posteriormente apresentou os Religiosos Assessores do Projeto nas 6 comunidades dos Ca-nossianos no Brasil, juntamente com os Voluntários coordenadores, a Secretária Nacional – Maria Zilda; e finalmente deu a palavra ao Delegado dos Canossianos, Padre Octavio.O VI Encontro Nacional foi dividido em três módulos formativos: Fundamento Carismático do Projeto Abraço Amigo; Abraço Amigo: um universo de possibi-lidades; e Reflexão e trabalho em grupo.O primeiro momento formativo foi di-rigido pelo Pe. Octavio (Delegado dos Canossianos no Brasil), o qual relembrou a vida de Santa Madalena de Canossa, e todo seu espírito de caridade. Enfatizou que o Projeto Abraço Amigo, nasce do carisma Canossiano, e por isso tem como mística a contemplação de Jesus Crucifi-cado no olhar de Santa Madalena de Ca-nossa, que revela um amor humilde, vol-tado ao serviço aos pobres e excluídos, visando a felicidade destes necessitados, pois não há maior prova de amor que possa suscitar nos seguidores de Cristo

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o apelo a doar um pouco de seu tempo e das suas energias na promoção da vida para todos, pois Deus nos cumula com seu amor e esse amor deve ser comuni-cado aos outros por nós.A noite teve a tenda de adoração dirigi-da pelo Pe. Diego, que falou a respeito do trabalho com as famílias do projeto, destacando que independente das limi-tações do projeto e das problemáticas que as famílias apresentam, as visitas de-vem ser realizadas com amor. Esse sen-timento tão bonito e tão citado no Evan-gelho deve estar presente em todas as ações dos voluntários, e principalmente no seu contato com a família. No segundo momento formativo refle-tiu-se sobre o tema central do Encontro Nacional: “Um Universo de Possibilidades”, abordado pela Secretária do Projeto – Maria Zilda. A facilitadora deu ênfase para os modelos de família da contem-poraneidade. A mesma usou as seguin-tes citações para definir família: “Elemen-to essencial do desenvolvimento humano e social sustentável” (Papa Francisco); “Fa-mília é gente com quem se conta” (ONU 1994); “A família pode ser pensada como um grupo de pessoas que são unidas por laços de consanguinidade, de aliança e de afinidade. Esses são laços constituídos de representações, práticas e relações de obrigações mútua...” (Plano Nacional de Proteção Promoção e Defesa do Direito de Crianças e Adolescentes à Convivên-cia Familiar e Comunitária). Através dessas citações os voluntários foram provocados a pensar nas famílias das crianças que fazem parte do Projeto e todas as situações de vulnerabilidades que elas estão expostas, sejam essas vul-nerabilidades sociais, emocionais, finan-ceiras etc., que fizeram com que chegas-sem até o projeto.Outra situação evidenciada pelo tema: “Um Universo de Possibilidades” foi a questão das parcerias que o Projeto pode fazer para contribuir de forma ple-

na com o desenvolvimento e superação das vulnerabilidades vivenciadas pelas famílias. Essas parcerias podem ser feitas tanto com o poder público, ONGS, em-presas e demais organismos da socieda-de.O terceiro momento formativo foi orien-tado pelo Ir. Daniel (Assessor Nacional do Projeto), que propôs aos voluntários um trabalho de grupo, a fim de propor-cionar um espaço onde os mesmos, divi-didos em grupos, puderam refletir e tro-car experiências sobre as práticas atuais do projeto nos respectivos territórios e levantar propostas com o intuito de qua-lificar o serviço de voluntariado e de as-sistência às famílias, de modo que estas possam se emancipar.Após a discussão em grupo, todos se reuniram novamente para apresentar as propostas. Dentre as muitas apresenta-das cabe destacar: a busca de parcerias com a comunidade e governo; a capa-citação e orientação dos voluntários do projeto; a disponibilidade dos voluntá-rios para uma escuta atenta e respeitosa das famílias assistidas; a inclusão de uma assistente social para cada território, onde o Abraço Amigo está presente; o atendimento psicológico para as famí-lias e voluntários; e a busca de padrinhos brasileiros.O Encontro chegou ao fim no domin-go após uma belíssima missa, presidida pelo Pe. Octavio e, em seguida foi servi-do um almoço de confraternização. A ri-queza das partilhas, os diversos momen-tos formativos de espiritualidade foram muito significativos, verdadeiros sinais da boa nova de Cristo, que nos reúne e congrega para a missão, e aponta um jeito novo de caminhar, para sentirmos vivos na atualidade o vigor da missão que Sta. Madalena de Canossa nos dei-xou como herança – de caminhar com os tempos – sem perder as nossas raízes.

Maria zilda Ananias e Ir. Daniel Anchieta

Brasile

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FOGLIETTOil Kenya

PoPe FranciS’ PaStoral viSit in kenya

P ope Francis’ pastoral visit to Kenya was an historical event that did not only mark the Catholic Church

of Kenya, but also other denominations present here as well. In fact, one of the clearest evidences to sustain the above affirmation would be a mixing up of at-tendants in the mass that took place in the graduation ground of the University of

Nairobi, which included both the Catholic Christian faithful as well as Christians from different denominations to the extent of even having some Muslims. Furthermore, this very event was even promoted to a national level whereby, Thursday 26th November, 2015 was declared Public Ho-lyday and called off to be a pray day for Kenya as a nation. In this perspective,

PaPa franceScOPellegrInO e aPOSTOlO dI SPeranza In afrIca

I l nostro novizio Bernard, della comunità formativa di Nairobi, racconta la sua espe-rienza della recente visita del papa Francesco in Kenya. Un evento di grande impatto non solo sui cattolici del paese, ma su tutti i Keniani, di ogni denominazione religiosa,

musulmani compresi, che hanno accolto papa Francesco come apostolo di pace e di spe-ranza. A tutti, e soprattutto ai religiosi, sacerdoti e seminaristi, il Santo Padre ha lasciato il compito di vivere appieno la loro vocazione, che è essenzialmente chiamata a servire il popolo di Dio.

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Pope’s visit to Kenya did not only blesse and rejoice the lives Catholic Christians, but mostly Kenya as a nation.On our side, as the Canossian community of Nairobi, we did not show up a passive attitude towards this event. Indeed, we took part in two of the Pop’s meetings, that is, the Eucharistic Celebration which was held on the graduation ground of the University of Nairobi, as well as the meet-ing for all religious and priests, seminar-ians and novices, that took place in St. Mary’s at the school ground of Msongari. These two meetings proved to be very impressive and comforting in such a way that, it could have been hard for someone to silence himself on them. In this way, I was struck by two points. My first impression was that the visit of the Holy Father really strengthened the faith of the Catholics in Kenya, encouraged them and mostly comforted all religious including even seminarians, diocesan priests and novices that live here in Kenya. Secondly and most impressively was his message to all religious that struck deep into the heart of our charism and spiritu-

ality as I may paraphrase it: “To be a reli-gious or a priest is not to be above others, nor is it a prestige, but rather to be at the service of the people of God, to sacrifice oneself for others as Jesus did on the cross. Hence, a religious’ model of life should be Jesus on the cross…, which is the only way and door to penetrate the life of ser-vice as a consecrated person or cleric; a vocation to which Jesus call us. Therefore, we should all strive to enter into this spe-cial vocation through the door but not the window, that is, we should not try to avoid our crosses… A religious should be at the service of the little ones following the example of Jesus”.This was again a great message that strengthened and comforted us as a com-munity since it was exactly and directly related to our theme of the year: “The Cross as our way of salvation.”In brief, we really enjoyed the presence of the Holy Father here in Kenya and would wish him to come back again as soon as possible.

Bernard Monde

Kenya

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FOGLIETTOil Kenya

“Progetto PaStiglia”cOmunITà fOrmaTIva dI naIrObI - dIcembre 2015

Q uesto piccolo progetto si chiama ‘pastiglia’, per diversi motivi. Lo promuoviamo noi padri Canos-

siani della comunità di Nairobi, in Kenya. È indirizzato ad amici e benefattori, che ringraziamo fin d’ora, anche solo per la pazienza di leggerci.Questa iniziativa si intitola in questo modo, anzitutto, a motivo della speciale ‘intelligenza’ di cui sembra essere dotata la ‘pastiglia’: ‘piccola pasta’, ovvero “pre-parazione farmaceutica solida, in forma di piccolo disco lenticolare o anche ellis-soidale, tipicamente del peso di 1 grammo, costituita da sostanze medicamentose in polvere mescolate con zucchero, inumidi-te e pressate o incorporate in una pasta di zucchero e sostanze mucillaginose” (dizio-nario Treccani).Un esempio, tanto per capirci. In un pic-colo dispensario dalle parti di Baragoi, lassù nel Maralal, il dottore proprio non riusciva a convincere un anziano Pokott a prendere la pastiglia che gli aveva mes-so tra le mani. Secco ed ossuto, austero e saggio come sono gli ‘wazee’ (gli an-ziani), l’impaziente paziente presentava una guancia palesemente rigonfia, come se tenesse in bocca un uovo di struzzo,

P. Angelo Bettelli, responsabile della comunità di formazione di Nairobi – dallo scor-so ottobre coadiuvato da P. Pierantonio Valente - col suo stile brioso e accattivante, ci presenta un “progetto” ideato e cresciuto nella realtà quotidiana del loro apo-

stolato semplice e nascosto tra le baracche dello slum di Kibera, periferia delle periferie di Nairobi, come Kangemi, visitata da papa Francesco nella sua recente visita in Africa. Così conosciamo qualcosa di più dell’ambiente e delle periferie in cui la nostra comunità for-mativa sta cercando di impiantare e tradurre il carisma della Congregazione.

PaSTIglIa

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Una casa dello slum di Kibera

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C ome sanno tutti gli wikipedisti di questo mondo (virtuale e/o rea-le), il Kenya è uno stato dell’Africa

Orientale (East Africa), confinante con l’Etiopia ed il Sud Sudan (a nord), con l’U-ganda (ad ovest), con la Tanzania (a sud), con la Somalia (a nord-est), e bagnato dall’Oceano Indiano. Nairobi è la capitale, e pure la città più importante.Posizionato appena sotto la fascia sub-sa-hariana, tra l’Oceano e l’interno, il Kenya è stato storicamente luogo di arrivo, di pas-saggio e di convergenza di popolazioni e civiltà molto diverse. Abitato tradizionalmente da tribù di cep-po bantu (tra le quali occorre nominare almeno i Kikuyu, gli Wakamba, gli Swahi-li, gli Wakisii…) e cushita (Somali, Boran, Rendile…), il territorio nel quale ora si estende il Kenya ha conosciuto nel corso dei secoli movimenti notevoli ed intensi di popoli e culture, tanto provenienti dall’ ‘interno’ (per esempio, la grande migra-zione delle popolazioni nilotiche nel 17°-18° secolo: Masai, Luo, Samburu, Pokott, Turkana, Kalenjin…), quanto dall’ ‘esterno’ (gli arabi, gli indiani, e poi gli europei e gli ‘occidentali’ in genere; recentemente, i cinesi). Collocato nel cuore degli stati dell’East Africa Community (ovvero: Ken-ya, Uganda, Rwanda, Burundi e Tanzania), tra nazioni lievitanti grazie alle recenti scoperte di ingenti risorse petrolifere e minerarie (in Tanzania in primis), avendo

come ‘vicino di casa’ il Congo, il vero gi-gante addormentato di questa porzione di mondo, il Kenya gode di tassi di crescita economica non trascurabili (5-6% annuo), di progetti ed iniziative di notevole entità per grandi infrastrutture, di prospettive di sviluppo economico-strategico più real- che fanta-politiche. Insieme con Nigeria e

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FOGLIETTOil Kenyaa motivo di un ascesso dentale. Nono-stante nulla manifestasse, il pover’uomo doveva provare un dolore lancinante, tanto da lasciarsi convincere a lasciare il villaggio per andare al dispensario, even-to davvero rarissimo in tutta la sua vita. Ora però, l’anziano Pokott, rimirava la pastiglia bianca che aveva nel palmo di mano, per nulla risoluto ad ingoiarla, in-curante degli incoraggiamenti di medico e parenti. “Se la mangio, la pastiglia va

nello stomaco…, ma io non soffro allo sto-maco!…, è in bocca che mi fa male!”.C’è stato un momento nella vita in cui tutti ci siamo chiesti: ma come fa la pa-stiglia a sapere esattamente dove mi fa male, su che parte del mio corpo deve agire? Bella domanda.Il secondo motivo per la scelta di questo nome apparirà più chiaro dopo un breve ‘giro di prova’ in questo posto meraviglio-so che si chiama Kenya.

kenya

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FOGLIETTOil KenyaSudafrica, il Kenya è una delle tre nazio-ni più ricche e ‘sviluppate’ del continente africano.La popolazione del Kenya supera i 44 mi-lioni, ed è più che raddoppiata negli ulti-mi 20 anni, con una percentuale altissima di persone sotto i 15 anni. Le etnie/tribù che compongono il tessuto sociale del Kenya sono circa 40, e la convivenza non è sempre pacifica. Il tribalismo è uno de-gli aspetti più fragili della società keniana, e si manifesta in lotte di potere, in conflit-ti per la spartizione delle risorse (specie dove e quando queste scarseggiano), in emarginazione delle etnie più piccole e politicamente ‘indifese’. Recentemente, durante i periodi di crisi politica e socia-le, i conflitti sono sfociati in scontri arma-ti, con centinaia di vittime. A dispetto di questo, dal punto di visto politico il Kenya è una democrazia consolidata, nella qua-le i meccanismi democratici ed il costante ricambio di leadership sono dinamiche

radicate e stabili. Sul versante economi-co, la società keniana è effervescente di attività e di intraprendenza, malgrado la stridente sperequazione nella suddivisio-ne delle risorse/ricchezze generate e pre-senti nel Paese: il 2% della popolazione possiede circa il 45% della ricchezza, un altro 45% di risorse è appannaggio del 15% di coloro che costituiscono la ‘classe media’, con il restante 83% delle persone a spartirsi le briciole del l0% rimasto. La scuola primaria e l’assistenza sanitaria di base sono gratuite solo sulla carta, le cure mediche specialistiche e l’istruzione superiore costano salatissime. A Nairobi, i prezzi dei beni di consumo ed il costo del-la vita sono non di rado più cari che in una qualunque delle città italiane. Un dato su tutti illustra in maniera lampante la situa-zione sociale ed economica del Paese: meno del 20% delle persone che vivono in Kenya dispone di un ‘bagno’ (toilet, per capirci) in casa.

SlumS

T ra queste non ci sono cer-tamente quelli che vivono negli ‘slums’, termine ingle-

se ‘che indica i quartieri urbani costituiti di abitazioni povere e malsane, privi di adeguati servizi igienici e sociali; in portoghese si dice ‘favela’, in italiano ‘baraccopo-li’. Nairobi è circondata di slums, le periferie delle periferie che le fan-no corona: Kibera, Kayole e Dan-dora e Kariobanghi e Korogocho e Mathare, Kangemi e Kawangware, e di nuovo Kibera, facendo tutto il giro della circonferenza di Nairobi, da sud a sud in senso anti-orario. Si stima che circa la metà dei 5 milioni e passa di abitanti di Nai-robi viva negli slums. Il più vecchio è Mathare, Kibera è lo slum più grande; non solo di Nairobi, ma di tutta l’Africa.

Kibera

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FOGLIETTOil KenyaKenya

K ibera conta dai 600 mila a 1 mi-lione di abitanti (e in questo caso, il termine gli abi-‘tanti’ non è solo

un modo di dire), secondo calcoli che nessuno sa fare con certezza, e nessuno può confermare (né smentire). Il terri-torio su cui si estende è relativamente ridotto, ed occupa le sponde della valle dove scorre il torrente-scolo che separa Nairobi da Lang’ata, ai piedi del pianoro che scende da Ngong-Karen, ad un passo dalla depressione che immette nella Rift Valley. Le ‘unità abitative standard’ di Ki-bera sono costituite da casupole di legno e fango, 4x4 metri di ‘grandezza’ (‘picco-lezza’ sarebbe l’aggettivo più corretto), in una distesa scoscesa di tetti di lamiera arrugginita. All’opposto, le ‘unità familiari’ che vivono all’interno delle ‘unità abita-tive’ sono sempre decisamente al di so-pra dello standard: almeno 8 persone, o anche più, per casa. Nello slum, le strade larghe sono larghe quanto basta per fare passare due persone, molto spesso una soltanto. Per dire: a Kibera, l’ambulanza è una carriola, ovvero l’unico mezzo di trasporto ‘ruotizzato’ che riesce ad intru-folarsi per i vicoli ed gli anfratti dello slum.

I bagni pubblici e le cisterne per l’acqua sono disseminati qua e là: 5 centesimi un secchio d’acqua, 5 centesimi una doccia, 2 centesimi l’uso dello sciacquone.

kIbera

La casa dove viviamo noi Canossia-ni sta sull’orlo di Kibera, a Dagoretti Corner. La nostra comunità è in effet-

ti una casa di formazione (un ‘seminario’), composta di 2 padri e 6 seminaristi.Il parroco di Nostra Signora di Guadalupe, sotto cui ricade la cura pastorale di questa porzione di Kibera, ci ha affidato la cura della chiesetta intitolata a Santa Bakhita, una delle out-stations della sua immensa parrocchia. Santa Bakhita si trova in una delle tante ‘Soweto’ di cui è popolata Kibe-ra, quella a ridosso della Jamhuri Forest. La Soweto di Santa Bakhita è Kibera al 100%, dove la povertà è suddivisa e moltiplicata

SanTa bakhITa

Le strade di Kibera

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FOGLIETTOil Kenyain millemila piccole terribili storie di mise-ria, dove la speranza corre sulle gambe di moltissimissimi bambini, dove scorre in-cessante la quotidiana altalena tra pianti e sorrisi. A Santa Bakhita diciamo Messa, partecipiamo alla vita delle jumuye (le Pic-cole Comunità Cristiane), visitiamo gli am-malati.A Kibera la povertà diventa miseria reale, miseria nera e dal sapore di condanna, quando ci si ritrova ammalati. Dentro ed attorno allo slum non mancano certo né farmacie né ospedali. Addirittura, alcuni degli ospedali di Nairobi sono delle vere e proprie ‘eccellenze’ internazionali. Il pro-blema è che la salute costa, e che la malat-tia è una catastrofe, umana ed economica. Un posto letto e l’operazione di chirurgia ortopedica per la riduzione di una frattura alla gamba è costata più di 800 euro, un er-nia 500 euro. Quando poi le malattie sono

croniche (diabete, AIDS…), o particolar-mente aggressive e complicate da diagno-sticare (tumori), o colpiscono i bambini, tutta la famiglia ne risulta affetta, spesso con risultati drammatici, se non tragici.

L a nostra attività con i malati di Santa Bakhita consiste soprattutto nella visita e nella preghiera: a molti por-

tiamo la Comunione, con molti altri con-dividiamo il tempo, le preoccupazioni, le invocazioni. Ci accompagna il ‘catechi-

sta’ responsabile della chiesetta di Santa Bakhita, il buon ‘mwalimu’ Michael. Oltre a ciò, cerchiamo di non chiudere gli occhi di fronte agli stati di necessità dei malati, e di non far mancare di aggiungere un po’ di ‘com-panatico’ al cibo eucaristico.Grazie alla generosità di moltissimi ami-ci e benefattori, la nostra comunità è riuscita a farsi carico del sostegno di al-cuni di questi ammalati. È solo grazie ai molti che molto ci aiutano che riusciamo a sfamare le nostre 8 bocche (e che boc-che!), a provvedere alle necessità della casa, a mandare a scuola i nostri semina-risti, e a non restare insensibili di fronte alle tante situazioni di estrema necessi-tà che bussano alle palpebre dei nostri occhi. Per questo vogliamo condividere con voi questo ‘progetto pastiglia’: per continuare ad aiutare alcune persone in grave stato di necessità, e per continuare a rimanere disponibili a non far mancare il ‘contorno’ ai malati ai quali portiamo il pane eucaristico.

Pane (eucarISTIcO) e cOm-PanaTIcO

Bambini di una scuola all'interno dello slum di Kibera

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FOGLIETTOil Kenya

Queste sono alcune delle persone, tra le moltissime che incontriamo, tra le mol-te che aiutiamo, per le quali stiamo già sostenendo spese mediche ed altre forme di aiuto:

album dI famIglIe

Hellen. È una giovane mamma di 26 anni; è stata colpita da bambina da una forma di po-liomielite che le ha invalidato l’uso degli arti della parte sinistra del corpo, ed è poi rimasta completamente inabile a camminare e ad usare il braccio sinistro dopo aver dato alla luce la sua figlioletta, Faith; Hellen e la piccola Faith vivono con la mamma di Hellen, e dipendono comple-tamente da lei, che campa peraltro di lavoret-ti sporadici. Abbiamo finora aiutato Hellen a completare tutto il percorso diagnostico neces-sario per valutare l’entità della sua malattia, e ad iniziare il percorso di riabilitazione fisioterapica; abbiamo anche contribuito all’acquisto dei di-spositivi di assistenza al movimento (tutori per braccia e gambe, scarpe ortopediche, un ‘carrel-lo’ per la deambulazione) in modo da consenti-re ad Hellen di essere almeno parzialmente au-tosufficiente nei movimenti più elementari. Al momento attuale Hellen necessita di aiuto per continuare nella riabilitazione fisioterapica, che costa circa 250 €uro al mese.

Mama Rose. È una signora di circa 40 anni, affetta da tumore al seno. La malat-tia è stata trattata chirurgicamente con l’asportazione, e con un ciclo chemiotera-pico che consiste in una serie di 6 iniezio-ni. Ogni iniezione costa 300 €uro. Mama Rose ha 6 figli, ed accoglie in casa il figlio di un fratello, per il quale provvede anche alle spese scolastiche. Prima della malattia Mama Rose aveva un banchetto in uno dei mercati di Kibera, e vendeva vestiti e le ti-piche coperte ‘masai’; ora campa dell’aiuto dei familiari e dei vicini. Per aiutare mama Rose a pagarsi le medicine, i cristiani han-no organizzato ad ottobre un ‘harambee’, ovvero una colletta pubblica. Abbiamo contribuito e ancora stiamo aiutando mama Rose a pagare il trattamento che-mioterapico.

Hellen

Mama Rose

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E ccoci tornati alla nostra ‘pastiglia’ di partenza.La storia non dice se l’anziano

pokott abbia poi preso l’antibiotico che il medico gli ha depositato nel palmo di mano. Forse è ancora là che si interroga sui misteriosi meccanismi per i quali una pastiglia faccia effetto esattamente lì dove serve. Chissà poi come si spiegano, in lingua pokott, i principi di armonia e benessere che regolano il funzionamento del corpo umano.

Noi sappiamo ed abbiamo provato che fare del bene fa bene a chi lo fa. Per que-sto vi invitiamo a continuare a far parte del ‘progetto pastiglia’! Grazie mille a tutti.

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FOGLIETTOil KenyaMama Christine. È la mamma di 6 bam-bini, l’ultimo dei quali appena nato. È sieropositiva e vedova; il marito è morto a giugno di incidente stradale. Campa vendendo ‘charcoal’, la carbonella che si ottiene dagli alberi. Tutti i figli vanno, o dovrebbero andare a scuola. In realtà, mama Christine non ha i soldi per pagare le tasse scolastiche per nessuno di essi, e nemmeno per provvedere al suo stato incerto di salute. Paghiamo la scuola dei suoi 3 figli più grandi: Brian, Stephen e Teresia.

Brian, Stephen e Teresia

PaSTIglIa

Bambini di una scuola all'interno dello slum di Kibera

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FOGLIETTOil

“i noStri occhi hanno viSto la SalveZZa…”

l’augurIO naTalIzIO e Per Il nuOvO annO dalla cOmunITà dI IgOma, mwanza (TanzanIa)

“I l Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”, sono le parole più comuni nel tempo

di Natale. Parole che usiamo in tutte le omelie, circostanze, dai biglietti di auguri alle scritte fuori dalle porte della chiesa. Parole solenni, Parola di Dio! Per noi cre-denti Parola che rivela una presenza non un’idea. Ed è proprio qui ad Igoma, a casa no-stra, che questo pensiero teologicamen-te inappuntabile si fa storia, sapore… si fa odore, l’odore delle pecore, direbbe qualcuno! Qui la Grazia si fa presente, si fa presente ogni giorno! Qui l’omelia di Natale sono le persone che incontriamo! Non è facile romanticismo missionario, non è pensierino buonista prenatalizio. È la forza della Verità! Noi siamo davvero fortunati, ci sentiamo mille volte fortu-nati! Non abbiamo bisogno del ritiro in qualche luogo suggestivo, per contem-

plare la Salvezza che si fa carne, non c’è tanto bisogno di disquisire sulle povertà di oggi o di ieri, sulle povertà dello spiri-to o del corpo. Siamo davvero avvantag-giati! Perché quel Gesù che ha scelto di nascondersi tra la gente come uno di noi e che per trent’anni ha vissuto come un buon e onesto falegname, qui lo incon-triamo senza bisogno di tante esegesi o riflessioni. È sempre lì, a portata di incon-tro: è quella mamma che ci viene a chie-dere un aiuto per il bambino a scuola, è in lei, magari anche un po’ scontrosa. È nel bambino che ci saluta con il suo sten-tato “shikamoo”. Lui è quella nonna che aiutiamo per il cibo, che viene ogni mese, si siede, e con una pazienza inesauribile aspetta il suo turno. Ogni giorno, carissimi amici, qui ad Igo-ma nelle attività che si portano avanti: la scuola materna ed elementare, la classe per disabili e sordomuti, la classe per gli

Tanzania

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FOGLIETTOil Tanzania

studenti un po’ in ritardo e per gli adulti, la cesta basica, il doposcuola con i nostri ragazzi, la catechesi, l’evangelizzazione, la visita ai malati… ogni giorno, lo incon-triamo. A volte i nostri occhi sono chiu-si e lo cercano nel tutto facile e colorato di rosa: chi ti ringrazia, chi ti gratifica... a volte i nostri occhi, per merito tutto Suo, sono ben aperti e lo riconoscono – pur con un po’ di impegno - in chi ti ha preso in giro, imbrogliato o che ti vede come il missionario o il padre che ha i soldi! Per questo ogni mattina, uscendo dalla porta di casa proviamo a ricordarci che, come i pastori del presepio, siamo chiamati ad andare nel-le varie capanne della nostra Igoma per incontrarlo e sen-tire il Suo “odore”! E alla sera, se ci siamo riusciti… la gioia è tanta e ci fa tornare a casa “glorificando Dio”! …“perché i nostri occhi hanno visto la Sal-vezza preparata da Dio davan-ti a tutti i popoli…” e di tutti i tempi, come ci fa pregare il cantico di Simeone a fine gior-nata. La speranza più bella allora

per il nuovo anno, è che la nostra vita possa continuare ad accogliere il molto che Igoma ci regala, quell’abbondanza che è Sua grazia. A voi amici, che ci segui-te e leggete, una richiesta: una preghiera ogni giorno, perché il nostro sguardo sia sempre capace di incontrare tutti i “Cri-stoforo” che la vita qui, con tanta benevo-lenza, ogni giorno, ci regala. Buon Natale e Buon Anno!

I padri di Igoma - Mwanza (tanzania)

P. Kessy battezza un bambino in un villaggio di Igoma

Mamma di Igoma con i suoi due bambini

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FOGLIETTOil

P. Giuseppe è figlio di questa terra e di questa comunità cristiana. Nasce infatti il 9 febbraio 1924 al

Colombaron, la casa paterna, e in questa chiesa è battezzato il 19 febbraio. Il papà Pietro lavora i campi e la mamma Teresa si occupa della casa e dei figli. In casa c’è la nonna Margherita, rimasta vedova. Tre zie di P. Giuseppe si sono consacrate tra le Sorelle della Misericordia.La fede e le sue pratiche di pietà sono parte della vita di famiglia insieme al la-voro che assicura il sostentamento. An-che Giuseppe e il fratello Angelo, appena grandicelli, hanno il compito di accudire

gli animali. Mamma Teresa e nonna Mar-gherita si premurano di insegnare le pre-ghiere ai piccoli. Ogni giorno si prega in-sieme il rosario. Alle feste comandate ci si alza che è ancora buio per venire alla messa e nel pomeriggio si partecipa alle funzioni. In parrocchia si viene anche per il catechismo e i sacramenti. Lo zio Giu-seppe riceve qui la Prima Comunione nel 1930 e l’anno seguente riceve la Cresima a Cologna.Fin da ragazzo Giuseppe sente il deside-rio di consacrarsi al Signore. Ma la strada della vocazione non sarà facile per lui. Dif-ficoltà e fatiche lo mettono alla prova. En-

ricorDo Di PaDre giuSePPe valente

M ercoledì 30 settembre scorso, presso la chiesa parrocchiale di S. Andrea di Co-logna (VI), sono state celebrate le esequie di p. Giuseppe Valente. A presiedere il nipote p. Pierantonio, oggi missionario a Nairobi. Presenti un bel numero di

confratelli Canossiani insieme con P. Giorgio, il superiore generale. La Congregazione dei Canossiani è stata la famiglia di P. Giuseppe per tanti anni, dopo che lui ha lasciato la sua famiglia di origine per seguire la chiamata del Signore. Così il nipote p. Pierantonio ha ricordato lo zio p. Giuseppe - che gli era stato accanto il giorno della sua Prima Messa a S. Andrea - ripercorrendo le tappe della sua vita. Fa parte ormai del passato carico di bene che impreziosisce la storia della Congregazione canossiana e per il quale rendiamo grazie!

in memoria

Nella foto, p. Giuseppe con i suoi compagni di ordinazione, p. Marcello Gianola e p. Lino Specia

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FOGLIETTOil in memoriain memoriatra dai Missionari Comboniani a Padova, ma viene rimandato per difficoltà negli studi. Lui non demorde e chiede aiuto. Lo trova in don Giovanni Cattelan già parro-co di Sant'Andrea, che aveva conosciuto Giuseppe e le sue qualità. Pur trasferito come arciprete a Santorso, si prende a cuore il giovane e scrive a P. Angelo Pasa, direttore del seminario dei Canossiani. P. Angelo accoglie Giuseppe e il 15 settem-bre 1939, a 15 anni, può entrare nel Colle-gino di Feltre.Incontrerà ancora difficoltà nello studio, ma con la sua forza di volontà e applica-zione riuscirà ad essere promosso ogni anno. Nell'ottobre 1942 entra in Novizia-to a Castelli, e il 20 ottobre 1943, emette la Prima Professione religiosa. Prosegue gli studi per il sacerdozio a Venezia. Ma la salute gli gioca un brutto scherzo. Si ammala di tubercolosi ed è costretto a sospendere gli studi e a stare a riposo. Dal maggio 1949 al settembre 1951 lui e altri due confratelli suoi coetanei, sono a Feltre a curarsi. Sono gli anni del dopo-guerra. Il cibo è scarso, anche in semina-rio. Il fisico indebolito non sa difendersi dalle malattie. Ed così è per P. Giuseppe e i due compagni Fra Emilio e fra Vincenzo. Fortunatamente guariranno tutti e tre. Fu un’esperienza dura, che i tre ricorderan-no sempre con allegria, dandosi appun-tamento negli anni a venire, il 6 marzo di ogni anno per un brindisi e celebrare “i tre che iera marsi” ed erano guariti. Per la cronaca, tutti e tre raggiungono la vec-chiaia, e P. Giuseppe è l’ultimo dei tre che ci lascia.Completati gli studi di teologia a Mon-selice, lì riceve l’Ordinazione sacerdotale il 13 giugno 1954 dal vescovo di Pado-va, Mons. Bortignon. Pochi giorni dopo, p. Giuseppe celebrò in questa chiesa la Messa di ringraziamento, con grande par-tecipazione e gioia del popolo e della fa-miglia.Nei suoi 60 anni di vita religiosa e sacer-dotale, P. Giuseppe prestò il suo servizio

in diversi luoghi con dedizione e umiltà, sempre disponibile alle richieste dei su-periori. Iniziò il suo ministero in oratorio a Voghera, poi fu a Senigallia, ad Asolo, Salerno, Bellano, Venezia, Rovereto, Fel-tre e infine ancora a Voghera. Da qui nel 2008 fu ricoverato a Casa Clero di Negrar. Fu spesso superiore di comunità, respon-sabile di oratorio, prestandosi con senso di responsabilità anche ai servizi più umi-li. Fu anche insegnante in seminario ad Asolo: era ricordato e anche lui ricorda-va volentieri di essere stato il “professore delle quattro storie”. Negli ultimi anni a Voghera passava ogni giorno molte ore in confessionale in Duomo, dedicandosi alle persone che quotidianamente si accosta-vano alla misericordia del Padre, non per dovere o obbedienza, ma per attenzione e amore verso i penitenti. Le persone ave-vano bisogno di incontrare il Signore e la sua misericordia, e P. Giuseppe era lì ad aspettarle e accoglierle. I confratelli che ebbero modo di vivere e lavorare con lui, conservano tutti un buon ricordo e ne danno testimonianza. P. Giu-seppe era persona di compagnia, sapeva tener allegra la comunità. Era sì rigido in certe sue posizioni, soprattutto se si trat-tava di argomenti morali o dottrinali, ma cercava sempre l’armonia con gli altri ed era sensibile e pronto ad comprendere.

Con i familiari, durante il ricovero a Negrar (VR)

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FOGLIETTOil in memoriaAl Colombaron P. Giuseppe veniva ogni estate per le sue vacanze, almeno fino a quando le gambe glielo consentirono. Era atteso da tutta la famiglia. Passava le sue giornate a leggere e a togliere l’erba dall’orto. Ogni sera veniva in parrocchia a celebrare la messa. Ci teneva a celebra-re nella chiesa della sua fanciullezza. Ha celebrato qui anche la messa di ringra-ziamento per il suo 50° di sacerdozio nel luglio del 2004.Dal giugno 2008 è ricoverato in Casa Cle-ro a Negrar, e lì trascorre gli ultimi sette anni, fino al 28 settembre scorso quando ci ha lasciati. Nonostante la pena dell’in-fermità, accetta e offre la sua sofferenza al Signore, insieme con le sue preghiere, e si fa animatore del canto e della preghiera comune.Affidiamo P. Giuseppe alle mani miseri-cordiose di Dio Padre. Ciò che ci sorregge è la fede. Noi sappiamo che cercò sem-pre nella sua vita di compiere la volon-tà divina; le debolezze umane possono

averlo ostacolato in questo proposito, ma ugualmente lui scelse di vivere secondo lo Spirito, e ora lo crediamo unito nell’a-more al Padre celeste. Ora lui contempla in pienezza la gloria del cielo. Gloria che per Gesù non coincide con il concetto tutto umano di successo o di trionfo, ma è dono dal Padre, per la sua piena obbe-dienza alla missione di far conoscere agli uomini il volto del Padre pieno di mise-ricordia. L’amore del Padre raggiunge il suo apice nella donazione del Figlio che si offre sulla croce. Lì è la gloria di Gesù. «Padre, voglio che quelli che mi hai dato si-ano anch'essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato» (Gv 17,24). P. Giuseppe ha con-templato Gesù già in questa vita, nell’a-scolto della Parola, nella celebrazione dei sacramenti, nella preghiera, nel volto dei fratelli e nella sofferenza. Ora lo contem-pla in maniera piena e perfetta, insieme a tutti i confratelli, familiari e amici che ci hanno preceduto.

A l termine di una lunga vita spesa nella fede e nell'amore alla sua famiglia, lo scorso 19 settembre

ci ha lasciati per il Cielo, mamma Maria Orsato in Facchinello. Ci uniamo al ren-dimento di grazie di tutti i suoi figli - tra i quali il nostro p. Luciano Facchinello - per questa mamma santa che ci ha ono-rato del suo affetto e della sua amicizia. Amava Cima Loreto e amava trascorrervi qualche tempo di ferie insieme alla figlia Rita, e pregare presso la Grotta. Siamo certi che dal Cielo, accanto alla Mamma Celeste, veglierà sui suoi cari e sulla Con-gregazione canossiana che ha sempre tanto amato.

ricorDo Di maria orSato

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in memoriacarISSImI amIcI leTTOrI del fOglIeTTO...“IL FOGLIETTO” è un periodico di notizie e di collegamento, iniziato dal Servo di Dio padre Ange-lo Pasa per far conoscere l’Istituto Canossiano e per chiedere aiuto per il sostegno del nascente seminario che avrebbe garantito lo sviluppo della Congregazione. Nel tempo è stato continuato grazie all’opera dei Superiori che si sono succeduti, in particolare negli ultimi anni dall’indimen-ticabile padre Modesto Giacon.Attualmente, grazie alla collaborazione di quanti ci inviano gli articoli e della redazione, possia-mo continuare a far uscire questo semplice strumento di comunicazione per tanti amici dell’Isti-tuto e sostenitori delle nostre opere e delle Missioni Canossiane e dei loro progetti.

Per ricevere IL FoGLIetto non c’è bisogno di abbonamento; se non siete ancora iscritti e de-siderate riceverlo o per segnalare un cambio di indirizzo, compilate il modulo e rispeditelo a

Il fOglIeTTO dell’ISTITuTO deI canOSSIanIvIa S. gIuSePPIna bakhITa, 1 – 37142 - POIanO verOna

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IL FOGLIETTODELL’ISTITUTO DEI CANOSSIANI

Pubblicazione trimestrale n. 4— Anno 84 — Ottobre - Dicembre 2015Spedizione in abbonamento postale Art. 2 — Comma 20/c — L. 662/96 — Filiale di Verona

La corrispondenza all’Istituto dei Canossiani:Via S. Giuseppina Bakhita, 1 - 37142 Poiano - VERONA — Tel 045 528857 — Fax 045 534047

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intestato a Congregazione Figli della Carità CanossianiPresso Banco Popolare di Verona - sede di Verona - 0001

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chiediamo al signore di concedere a tutte le persone che stanno compiendo un cammino vocazionale una profonda adesione alla chiesa; e che lo spirito santo rafforzi nei Pastori e in tutti i fedeli la comunione, il discernimento e la paternità e maternità spirituale.

Padre di misericordia, che hai donato il tuo Figlio per la nostra salvezza e sempre ci sostieni con i doni del tuo Spirito, concedici comunità cristiane vive, ferventi e gioiose, che siano fonti di vita fraterna e suscitino fra i giovani il desiderio di consacrarsi a Te e all’evangelizzazione. Sostienile nel loro impegno di proporre una adeguata catechesi vocazionale e cammini di speciale consacrazione. Dona sapienza per il necessario discernimento vocazionale, così che in tutto risplenda la grandezza del tuo amore misericordioso. Maria, Madre ed educatrice di Gesù, interceda per ogni comunità cristiana, affinché, resa feconda dallo Spirito Santo, sia fonte di genuine vocazioni al servizio del popolo santo di Dio.

Foto di sfond

o: i prim

i missionari canossiani in p

artenza per il B

rasile, sulla nave And

rea Doria (1965)

Dal VaTicano, 29 noVeMbre 2015, i DoMenica Di aVVenToPaPa FranceSco


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