Il follow-up dei NEO
L’osservazione dei NEO, i corpi minori che si muovono in prossimità dell’orbita della Terra, è
un’attività svolta giornalmente da innumerevoli osservatori, professionisti e non, sparsi in tutto il
mondo. Ecco come partecipare.
Albino Carbognani, Ph.D.
Versione del 15 agosto 2017
In questo articolo discuteremo un progetto osservativo che può essere portato avanti sia da studenti
sia da astrofili con un minimo d’attrezzatura ed impegno: il follow-up dei NEO (near-Earth Object).
I NEO possono essere corpi sia di natura asteroidale sia cometaria, ma la seconda è la componente
minoritaria. Spesso si parla anche di NEA (near-Earth Asteroid), in questo caso s’intende la sola
componente asteroidale.
In sintesi vedremo quali sono gli strumenti e le metodologie indispensabili per osservare gli
asteroidi che possono rappresentare un potenziale rischio impatto per la Terra: si tratterà di
riprendere immagini CCD dei NEO, misurarne la posizione sulla sfera celeste rispetto ad un certo
insieme di stelle di riferimento (astrometria) e inviare, via email, i risultati al Minor Planet Center
(MPC). Il MPC provvederà a calcolarne/aggiornarne l’orbita utilizzando tutte le osservazioni
raccolte a livello internazionale. Dalla conoscenza delle orbite si possono ricavare/aggiornare i
valori delle probabilità d’impatto dei NEO con la Terra per i prossimi anni. Si tratta di una attività
di ricerca scientifica interessante che può dare soddisfazione e, in certe situazioni particolari, anche
molte emozioni.
Figura 1 – Il NEA 2012 DA14 ripreso mentre sfrecciava in cielo durante il flyby con la Terra del
15 febbraio 2013, avvenuto alla distanza di circa 27.700 km dalla superficie terrestre. L’asteroide,
che ha un diametro di circa 45 m, poteva essere osservato anche con un piccolo binocolo.
I NEO
Gli asteroidi/comete che con le loro orbite si trovano ad una distanza minima dall’orbita terrestre
inferiore alle 0,3 UA sono classificati come NEO. Nell’agosto 2017 erano noti circa 16.500 NEO
(di cui solo 106 comete), ma le nuove scoperte fatte dalle survey statunitensi come la CSS (Catalina
Sky Survey) e Pan-STARRS (Panoramic Survey Telescope And Rapid Response System), si
susseguono ininterrotte mese dopo mese e la lista si allunga costantemente di circa 1000 NEO in più
all’anno. Un NEO è considerato anche un PHO (Potentially Hazardous Object), quando la distanza
minima con l’orbita terrestre (o MOID, Minimum Orbit Intersection Distance), scende sotto le 0,05
UA (circa 7,48 milioni di km), e il diametro del corpo è di almeno 150 m. I PHO attualmente noti
sono circa 1800. Le dimensioni tipiche dei NEO vanno dalla decina di metri di diametro di quelli
più piccoli fino ai 32 km di (1036) Ganymed. Ad oggi sono stati scoperti il 95% degli asteroidi con
diametro superiore ad 1 km. Nei prossimi anni si vuole raggiungere la stessa percentuale per gli
oggetti dai 140 m in su.
Figura 2 – La superficie della Luna (qui ripresa il 21 agosto 2015 con un rifrattore da 15 cm di
diametro), è letteralmente crivellata da crateri da impatto, risultato delle collisioni con i NEO
avvenute nel corso di miliardi di anni. La Terra ha subito un bombardamento analogo ma l’attività
geologica del nostro pianeta ha cancellato la maggior parte dei crateri.
Negli ultimi anni la Terra ha subito centinaia di flyby (cioè passaggi ravvicinati), con piccoli
asteroidi e si sono verificati anche alcuni eventi rimarchevoli. Il primo è la caduta dell’asteroide
2008 TC3 avvenuta il 7 ottobre 2008. In questo caso un piccolo corpo roccioso di circa 5 metri di
diametro si è disintegrato durante la caduta in atmosfera, senza fare danni, nel cielo del Sudan. Si è
trattato della prima collisione di un asteroide con la Terra prevista con circa un giorno di anticipo
Questo evento è stato vissuto “in diretta”, tramite il sito web del MPC e la Minor Planet Mailing
List (MPML), da tutti gli osservatori che fanno astrometria d’asteroidi. L’altro evento notevole è
stato quello di Chelyabinsk del 15 febbraio 2013, quando un piccolo asteroide di circa 20 metri di
diametro è entrato in atmosfera ed esploso a circa 30 km di quota. L’onda d’urto generata
nell’esplosione ha provocato circa 1500 feriti, principalmente per la rottura dei vetri delle finestre.
I NEO rappresentano un problema per il nostro pianeta, ed essendo oggetti relativamente piccoli e a
bassa riflettività superficiale (cioè scuri), possono essere scoperti solo quando già transitano in
prossimità della Terra. Le piccole dimensioni non devono trarre in inganno. In un impatto quello
che conta è l’energia cinetica del proiettile e questa dipende, oltre che dalla massa, dal quadrato
della velocità. Sfortunatamente le velocità geocentriche tipiche dei NEO sono dell’ordine di 15-20
km/s, e le energie in gioco possono essere centinaia o migliaia di volte superiori a quella rilasciata
nell’esplosione della bomba atomica di Hiroshima dell’agosto 1945. Come se non bastasse, le orbite
dei NEO sono caotiche ed è difficile prevedere con accuratezza la loro posizione nello spazio anche
dopo solo qualche decina d’anni. Per questo motivo è necessario un monitoraggio continuo di
questa popolazione di corpi, sia per scoprire nuovi membri sia per tenere sotto controllo quelli già
noti. Non è l’argomento di quest’articolo ma vale la pena ricordare che, nel malaugurato caso di una
collisione certa, la possibilità d’intervento dipende fortemente dal tempo di preavviso. Con decenni
d’anticipo si possono prendere adeguate contromisure, con una settimana si può solo “incassare il
colpo”. Per fortuna, non sono necessari grossi strumenti per contribuire alla determinazione
accurata delle orbite dei NEO.
Figura 3 – Le scoperte nel tempo dei NEA di diametro superiore o pari a 1 km mostrano un
massimo negli anni 2000 seguiti da un calo, segno che sono stati scoperti quasi tutti gli oggetti
possibili (NASA1).
1 http://cneos.jpl.nasa.gov/stats/
Figura 4 – Le scoperte dei NEA con diametro pari o superiore a 140 m sono rimaste stazionarie fra
il 2000 e il 2013 per poi subire un balzo in avanti, in particolare grazie al contributo dei telescopi
Pan-STARRS (NASA).
L’astrometria e i suoi cataloghi
Prima di proseguire con l’illustrazione del follow-up è bene vedere alcuni concetti di base a
proposito dell’astrometria. L’astrometria è la parte dell’astronomia che si occupa della
determinazione di posizione e distanze dei corpi celesti ed è alla base della Meccanica Celeste, la
disciplina che si occupa del calcolo delle orbite e della previsione delle posizioni dei pianeti e dei
corpi minori del Sistema Solare (ma non solo).
Per poter misurare la posizione di un corpo sulla sfera celeste occorre un sistema di riferimento. Fra
i sistemi di riferimento più usati in astronomia c’è quello equatoriale. In questo sistema, come
piano e asse fondamentali, si assume il piano equatoriale della Terra e l’asse di rotazione terrestre. Il
piano equatoriale terrestre interseca la sfera celeste secondo un cerchio massimo, l’equatore
celeste. Le coordinate equatoriali sono due: l’ascensione retta o AR (di solito indicata con la lettera
greca α, alfa) e la declinazione o Dec (indicata dalla lettere greca δ, delta). L’AR, è la proiezione
ortogonale dell’astro sull’equatore celeste ed è misurata in ore, minuti e secondi siderali dal punto γ
(gamma) verso est (in senso opposto alla rotazione apparente della sfera celeste).
Il punto γ è definito dalla posizione del Sole sulla sfera celeste all’equinozio di primavera, quindi si
colloca in una delle due intersezioni fra il cerchio massimo dell’equatore celeste e quello
dell’eclittica (a sua volta intersezione fra il piano dell’orbita terrestre e la sfera celeste).
Il valore dell’AR può andare da 0 a 24 ore siderali, quindi 1 ora in AR è pari ad un angolo di 15°
sull’equatore celeste. La Dec, è l’angolo che la direzione d’osservazione del corpo celeste forma
con il piano equatoriale. La declinazione è misurata in gradi, primi e secondi ed è positiva per
l’emisfero celeste nord, negativa per l’emisfero celeste sud (può andare da -90° a +90°).
Per una data stella i valori delle coordinate equatoriali cambiano lentamente nel tempo sia a causa
della precessione degli equinozi scoperta da Ipparco di Nicea (190-120 a.C.), sia a causa del moto
proprio della stella, riflesso del suo movimento reale nello spazio. La precessione degli equinozi è
dovuta al movimento conico nello spazio dell’asse di rotazione terrestre, a sua volta causato
dall’attrazione gravitazionale di Luna e Sole sulla Terra. Una rotazione completa ha un periodo di
circa 25.700 anni, dopo la quale la direzione dell’asse torna vicino all’orientamento di partenza. Per
questo motivo, quando si indicano le coordinate equatoriali di un astro, bisogna sempre specificare
l’equinozio, cioè la data, a cui si riferisce la posizione dell’asse di rotazione terrestre preso come
riferimento. Attualmente, l’epoca di riferimento è quella del 1 gennaio 2000 alle ore 12 UT, indicata
con la sigla J2000.0.
Una volta definito il sistema di riferimento, si possono misurare, con la maggiore precisione
possibile, le posizioni di un certo insieme di stelle di riferimento fondamentali. In questo modo si
viene a creare un insieme di punti “fondamentali” da cui si può partire per la misura delle
coordinate di corpi celesti con posizione sconosciuta. Esistono tutta una serie di cataloghi che
contengono le coordinate astrometriche di decine di milioni di stelle riferite all’equinozio J2000.0 e
che possono essere usate per interpolare le coordinate equatoriali di un qualsiasi altro corpo celeste,
fra cui gli asteroidi. Fra i cataloghi si possono ricordare l’UCAC 4, che contiene posizione,
magnitudine e moto proprio di circa 113,78 milioni di stelle fino alla magnitudine +16. L’incertezza
sulla posizione è dell’ordine di 0,02" per le stelle dalla +10 alla +14, mentre arriva a 0,1" per quelle
di +16 nel rosso. Altro catalogo molto importante per l’astrometria degli asteroidi è il Gaia DR1, la
prima release del catalogo stellare della missione Gaia dell’ESA. Questo catalogo contiene la
posizione di circa 1,14 miliardi di stelle fino alla magnitudine apparente +21. In questa prima
versione del catalogo non sono presenti i moti propri delle stelle.
Una volta ottenute diverse misure di posizione dell’asteroide sulla sfera celeste, spalmate su un arco
temporale convenientemente lungo, se ne potranno calcolare i sei elementi orbitali, cioè i sei numeri
che ne caratterizzano l’orbita eliocentrica. Dall’orbita si potrà stimare la data dei prossimi flyby con
la Terra e la relativa probabilità di impatto.
Gli strumenti
Vediamo quale può essere la strumentazione ideale per il follow-up dei NEO. Si avrà a che fare con
oggetti mediamente deboli (magnitudine dalla +15 alla +21), in veloce moto proprio sulla sfera
celeste, anche di 30-60 secondi d’arco al minuto. Per questo motivo il telescopio dovrà avere un
buon diametro, come minimo 25 cm, ma sono preferibili valori di 30-40 cm e più. Ottimi i riflettori
Newton per il favorevole rapporto prestazioni/prezzo. La montatura, ovviamente equatoriale, dovrà
essere sufficientemente stabile e robusta da consentire pose di almeno 60 secondi e in grado di
reggere senza problemi la camera CCD e l’eventuale telescopio di guida (diametro di 60-90 mm).
Per ridurre al minimo i tempi morti e facilitare il puntamento, la montatura deve essere
computerizzata e in grado di portare il tubo ottico nella posizione desiderata con un’incertezza
massima di alcuni primi d’arco.
La camera CCD dovrà essere raffreddata a –30°C/-40°C al di sotto della temperatura ambiente per
ridurre al minimo il rumore termico e massimizzare il rapporto segnale/rumore. La cosa importante
è che il controllo della temperatura del CCD non consenta oscillazioni macroscopiche, ma solo
piccole variazioni entro il decimo di grado. Il sensore della camera deve avere la più alta efficienza
quantica possibile in modo da sfruttare al massimo ogni fotone catturato dal telescopio. La
magnitudine limite da raggiungere è almeno la +18/+19 con pose di 60-120 secondi in condizioni di
cielo ideali. Sotto questo punto di vista sono ottime le camere CCD in B/N dotate di microlenti sulla
superficie del sensore. Le microlenti svolgono la funzione di collettori di luce, convogliando la
radiazione verso la zona centrale del pixel (la più sensibile). In questo modo, anche un CCD ad
illuminazione frontale, il tipo più diffuso e facile da utilizzare, può raggiungere un’efficienza
quantica di picco di 0,8 (cioè rivelerà l’80% della radiazione incidente ad una data lunghezza
d’onda). Il sensore della camera CCD dovrà avere dimensioni tali da inquadrare una zona di cielo di
almeno 15′×15′, ampiezza inferiori potrebbero rendere difficile il follow-up dei NEO, la cui
posizione può avere un’incertezza di diversi primi d’arco. Per minimizzare i tempi di scaricamento
delle immagini, che possono avere dimensioni di qualche Mbyte, è meglio orientarsi verso camere
CCD con un’interfaccia veloce con il PC, come l’USB 2.0/3.0. La camera CCD sarà gestita da un
apposito software per il download e il trattamento delle immagini in formato fits. Naturalmente,
prima di passare alla fase di misura astrometrica, le immagini dovranno essere opportunamente
calibrate quindi corrette per master dark e master flat field. Per la procedura da seguire bisogna
consultare il manuale del software che accompagna la camera CCD.
Fortunatamente, per l’astrometria in senso stretto, non si devono usare filtri ottici standard BVRI
(con banda passante, rispettivamente, nel blu, verde, rosso ed infrarosso) e si evita così un
assorbimento extra della radiazione che, specie per i NEO, è sempre troppo poca. Tuttavia, se oltre
all’astrometria si vuole ottenere un valore non troppo incerto della magnitudine apparente
dell’asteroide, è consigliabile l’utilizzo di una ruota portafiltri motorizzata con almeno i filtri C
(clear), V (verde) e R (rosso). Naturalmente, a parità di tempo di posa, questo porterà ad una
diminuzione della magnitudine limite raggiungibile.
Oltre al computer per il controllo della camera, è molto comodo avere un secondo computer (di
puntamento) che s’interfacci con la montatura e il telescopio di guida. Con due computer, nel caso
di crash di uno dei due, si dimezzano i tempi di ripristino del sistema. Il telescopio di guida potrà
essere dotato di una telecamera (non raffreddata) ad alta sensibilità in grado di rivelare le stelle di
magnitudine +10/+11, utilissima per monitorare la precisione di puntamento del telescopio
principale ed eseguire l’autoguida per correggere, se necessario, gli errori d’inseguimento della
montatura. L’immagine inviata da questa telecamera potrà essere visualizzata sul monitor del
computer di puntamento per un controllo in tempo reale della zona di cielo sotto osservazione. Sul
PC di guida non dovrà mancare un software di rappresentazione della sfera celeste come l’ottimo
Cartes du Ciel2 (Skychart). I planetari sono in grado di leggere i cataloghi stellari di cui abbiamo
parlato prima, di interfacciarsi con la montatura del telescopio e di visualizzare sul cielo virtuale la
posizione su cui è puntato lo strumento e il campo stellare inquadrato dalla camera CCD. Inoltre,
scaricando il catalogo MPCORB3 (che contiene gli elementi orbitali di tutti gli asteroidi noti), dal
sito del MPC, si potranno visualizzare sul monitor le posizioni di tutti gli asteroidi noti. Come si
può immaginare, il supporto all’osservazione fornito da un buon software di questo tipo è
impagabile.
Altro elemento indispensabile per il perfetto follow-up è un software in grado di sincronizzare, via
Web con il tempo atomico internazionale, l’orologio interno del PC che gestisce la camera CCD (un
buon software free di questo tipo è Dimension 44). Questa sincronia è necessaria. Gli orologi interni
dei PC non hanno una grande costanza e le derive temporali possono essere di diversi secondi al
giorno, uno scarto eccessivo per l’osservazione d’oggetti veloci come i NEO.
Se un tipico NEO veloce si sposta con una velocità di 60 arcsec/minuto, allora un errore anche solo
di 1 s nella misura temporale significa introdurre un errore sistematico sulla posizione in cielo di
circa 1 secondo d’arco, quando la precisione richiesta dal MPC è di 0,1 secondi d’arco. Per essere
sicuri di usare sempre il tempo universale (UT), come fuso orario del PC va impostato quello di
Greenwich. Le misure astrometriche sono fortemente dipendenti dall’accuratezza temporale e un
errore, anche di pochi secondi, potrebbe compromettere la precisione delle misure. Non è
infrequente che misure astrometriche su NEO veloci debbano venire scartate a causa di piccoli
errori sul tempo di ripresa.
Oltre al software per la sincronia dell’orologio del PC è necessario un programma in grado di
compiere le misure astrometriche sulle immagini CCD. Il software più potente e facile da utilizzare
in campo astrometrico è Astrometrica5 di Herbert Raab. L’utilizzo è abbastanza intuitivo e non è
necessario soffermarsi su quest’aspetto. Al contrario, le impostazioni di partenza sono critiche, ma
un’attenta lettura dell’help del programma potrà chiarire ogni dubbio. Astrometrica può gestire tutti
i cataloghi citati sopra e anche altri. Ovviamente, l’incertezza sulle misure sarà dello stesso ordine
di grandezza dell’incertezza sulla posizione delle stelle del catalogo che si utilizza. Con
Astrometrica la misura delle coordinate equatoriali è molto veloce, inoltre c’è il gran vantaggio che
le misure sono salvate in un file di testo nella codifica adatta per essere subito spedite via email al
MPC.
2 http://www.ap-i.net/skychart/it/start
3 http://www.minorplanetcenter.net/iau/MPCORB.html
4 http://www.thinkman.com/dimension4/
5 http://www.astrometrica.at/
Figura 5 – La finestra di Astrometrica durante una sessione di misura della posizione di un NEA.
Le stelle circondate da un cerchio verde sono state identificate con quelle del catalogo (il Gaia DR1
in questo caso) e utilizzate per la misura di posizione dell’asteroide.
La scala dell’immagine
Per rispettare lo standard di precisione della misura richiesto dal MPC (incertezza dell’ordine del
decimo di secondo d’arco), la scala θ dell’immagine fornita dalla camera CCD deve essere
compresa fra 0,5 e 2 secondi d’arco per pixel. Questi valori sono adeguati per campionare bene i
dischi stellari in condizioni di seeing medio. Se la scala è superiore ne risentirà la precisione
dell’astrometria, se è inferiore il rapporto segnale/rumore sarà più basso perché la stessa quantità di
radiazione verrà sparsa su un numero maggiore di pixel. Tenuto presente questo vincolo, la
lunghezza focale f del telescopio e il lato l dei pixel (supposti quadrati), della camera CCD, vanno
scelti di conseguenza. Per il calcolo di θ (in secondi d’arco per pixel), si può usare la seguente
formula:
⋅=
f
l8,206264θ (1)
Ad esempio, con uno strumento con focale di 1200 mm e una camera CCD con un pixel quadrato di
lato 9 µm (cioè 0,009 mm) si ha una scala θ = 1,55″/pixel, un valore ottimale per riprese
astrometriche.
Il tempo di esposizione e il “track and stack”
Una volta nota la scala dell’immagine, conoscendo la velocità angolare v dell’asteroide sulla sfera
celeste, si può calcolare il tempo di posa massimo per avere ancora un’immagine puntiforme del
NEO. Si può considerare puntiforme un oggetto che ha un allungamento massimo pari alla FWHM
(Full Width Half-Maximum, vale a dire alla ampiezza a mezza altezza), del profilo gaussiano della
stella. Nel follow-up dei NEO appena scoperti v è un parametro noto. Se la velocità v è misurata in
secondi d’arco al minuto, allora il tempo di esposizione massimo in secondi sarà dato da:
v
FWHMtMax 60= (2)
In questa equazione la FWHM deve essere espressa in secondi d’arco. Se si usa un tempo di posa
superiore a quello fornito dall’equazione (2), l’immagine dell’asteroide non sarà più di aspetto
stellare e ne soffrirà la precisione delle misure. D’altra parte, se la posa rispetta la (2), ma è troppo
breve per raccogliere abbastanza segnale, il NEO non potrà essere visibile sull’immagine perché
sarà affogato dal rumore! Come conciliare queste due opposte esigenze? Per raggiungere
magnitudini elevate, quindi fare il follow-up anche d’asteroidi deboli, basta riprendere una sequenza
d’immagini in modo che sia rispettata la Eq. (2), ad esempio 10 pose da 30 s ciascuna, e poi
sommarle traslandole una rispetto all’altra della stessa velocità e direzione a cui si muove il NEO
(tecnica del track and stack).
In questo modo, ogni volta che si somma una immagine alla successiva, il rumore si media mentre
il segnale dell’asteroide si intensifica e il corpo celeste si renderà visibile come un oggetto
puntiforme, quindi misurabile! Questa procedura è quasi equivalente ad avere ripreso un’unica
immagine, con posa pari alla somma delle esposizioni delle singole immagini, con l’asteroide
fermo.
Come conseguenza del track and stack, le stelle sono traslate e assumono l’aspetto di strisce ma
questo non è un problema per la misura astrometrica perché come stelle di riferimento (puntiformi),
vengono prese quelle della prima immagine. Con questa tecnica si possono riprendere asteroidi di
magnitudine +20, con 10 minuti di posa equivalente, anche con telescopi relativamente piccoli
come può essere un Newton da 30 cm di diametro. Naturalmente, anche così, è necessario avere un
cielo buio e un buon seeing, cioè una bassa turbolenza atmosferica. Astrometrica è un software
molto efficiente nel track and stack, ma è necessario un computer abbastanza potente, altrimenti
l’elaborazione di decine d’immagini può richiedere del tempo. La stessa tecnica di ripresa può
essere utilizzata anche con gli asteroidi della Fascia Principale, ma qui le velocità angolari sono
molto più basse (dell’ordine di 0,5"/minuto) ed è molto più facile che il tempo di posa dato dalla (2)
sia sufficiente per riprendere l’asteroide già su una singola posa. Una volta individuato l’asteroide,
che appare come un puntino di luce in mezzo alle stelle strisciate, se ne potrà misurare la posizione
senza problemi a patto che il rapporto segnale/rumore sia almeno pari a 4 o superiore.
Come ottenere il codice osservatorio dal MPC
Una volta in possesso della strumentazione necessaria e di un minimo di pratica nella ripresa delle
immagini CCD e nell’uso di tutto il software di cui abbiamo parlato sopra, si possono iniziare le
osservazioni vere e proprie degli asteroidi e dei NEO in particolare. Sconsiglio di iniziare ad
osservare i NEO se non si ha acquisito l’esperienza necessaria nell’uso della strumentazione e del
software. Ci si può allenare riprendendo e misurando le coordinate degli asteroidi luminosi che si
trovano nella Fascia Principale, la zona di spazio compreso fra le orbite di Marte e Giove.
Per far sì che i risultati del proprio lavoro di follow-up siano utili alla comunità scientifica
internazionale e non restino chiusi nel cassetto (il che servirebbe a poco…), è necessario diventare
osservatori accreditati presso il MPC. Il MPC si trova presso lo Smithsonian Astrophysical
Observatory (SAO) di Cambridge, Massachusetts (USA). Questo ente opera sotto gli auspici della
Divisione III dell’Unione Astronomica Internazionale e ha come compito la raccolta, l’elaborazione
e il controllo di tutte le osservazioni astrometriche fatte su asteroidi e comete, oltre all’assegnazione
dei nomi.
Per ottenere un codice per il proprio sito osservativo, bisogna dimostrare che l’accuratezza delle
misure astrometriche sugli asteroidi è pari o inferiore al secondo d’arco. A questo scopo basta
osservare per qualche giorno un asteroide numerato (quindi di orbita nota), con numero d’ordine
superiore a 3000 (magnitudine fra la +16 e la +17), e inviare le osservazioni astrometriche, secondo
l’apposita codifica, al MPC via email all’indirizzo: [email protected]. Come soggetto si può
mettere Code request. In quest’email, che dovrà essere in ASCII puro, vanno anche indicati: il
nome dell’osservatorio, la longitudine (in gradi, minuti e secondi, E o W da Greenwich), la
latitudine (in gradi minuti e secondi, N o S), la quota sul livello del mare (in metri) e i dettagli sulla
strumentazione utilizzata.
Se gli scarti fra la posizione osservata e quella calcolata sono inferiori al secondo d’arco sarà
assegnato un codice alfanumerico di 3 caratteri che identifica univocamente l’osservatorio.
Attenzione: se si cambia la località d’osservazione bisogna chiedere un nuovo codice, il codice è
legato al sito osservativo. Mediamente, il tempo d’attesa per avere il codice è di qualche giorno, se
ci sono problemi si verrà avvisati via email. Per l’invio delle osservazioni astrometriche successive,
va sempre indicato il codice assegnato. Per maggiori dettagli tecnici è consigliabile leggersi con
attenzione la Guida all’Astrometria6 scaricabile dal sito del MPC, un agile manuale in inglese in
continuo aggiornamento. Superata questa fase preliminare, se vogliamo un piccolo “esame” delle
nostre capacità tecniche, si è osservatori accreditati e ci si può lanciare nell’eccitante mondo del
follow-up dei NEO.
Il follow-up dei NEO
Per tutti quelli interessati al follow-up dei NEO il punto di riferimento per la propria attività è la
NEOCP7, la mitica NEO Confirmation Page mantenuta dal MPC. Questa pagina Web è aggiornata
ora per ora, quindi è necessario avere un collegamento in rete sempre attivo, sia per l’invio delle
osservazioni astrometriche appena fatte sia per monitorare l’inserimento di nuovi oggetti da
confermare segnalati dalle grandi survey.
Nella NEOCP vengono elencati tutti i nuovi oggetti, potenziali NEO, che sono stati appena scoperti
e che necessitano di conferma. Per lo più si tratta di nuovi NEO, ma non sempre. Gli oggetti che
compaiono in questa lista, non hanno ancora ricevuto una designazione provvisoria ufficiale dal
MPC, quindi sono indicati con la designazione temporanea assegnata direttamente dall’osservatore.
Per ogni oggetto presente nella NEOCP è riportata la designazione temporanea, la data, le
coordinate equatoriali e la magnitudine apparente. Il valore della magnitudine apparente è solo
indicativo e può succedere che oggetti teoricamente troppo deboli per essere seguiti dalla propria
strumentazione siano più luminosi del previsto, specialmente se l’asteroide ruota rapidamente su se
stesso. Attenzione, a volte accade anche il contrario!
Alla fine della stringa di dati è indicata la data d’inclusione e se si tratta di un oggetto osservato una
sola notte. Per avere le effemeridi complete basta selezionare l’oggetto o gli oggetti che s’intendono
seguire, scegliere l’intervallo temporale (di solito è un’ora, ma si possono scegliere anche 20
minuti, 10 minuti o 1 minuto, utile per oggetti veloci), inserire il codice del proprio osservatorio (si
può scegliere di calcolarle anche per una posizione geocentrica o per un qualsiasi punto della
superficie terrestre di cui si conoscano le coordinate geografiche) e cliccare sul pulsante “Get
Ephemerides”. Le effemeridi, del tutto indicative (l’oggetto è ancora da confermare!), sono solo per
uso personale e non possono essere diffuse e, naturalmente, sono calcolate usando il tempo
universale (UT). Nell’ultima riga a sinistra delle effemeridi può comparire un “!” se l’oggetto si
trova ad una distanza geocentrica stimata compresa fra 0,05 e 0,01 UA, mentre compare “!!” se
l’oggetto si trova al di sotto delle 0,01 UA. In generale, vale la regola che più l’oggetto è vicino alla
Terra, maggiore è la sua velocità angolare (salvo casi con orientazioni dell’orbita particolari).
Usando le effemeridi così ottenute, bisogna cercare di riprendere per confermare l’oggetto indicato
dalla NEOCP. Attenzione: può capitare che la posizione nominale differisca anche di diversi primi
dalla posizione reale dell’oggetto. In questo caso la ricerca può diventare laboriosa e il compito è
facilitato se si ha un CCD con un grande campo di ripresa. Può capitare che la velocità angolare del
NEO sia talmente elevata che in pochi minuti attraversa il campo del CCD, quindi è essenziale
6 http://www.minorplanetcenter.net/iau/info/Astrometry.html
7 http://www.minorplanetcenter.net/iau/NEO/toconfirm_tabular.html
riprendere al posto giusto nel momento giusto (sembra una battuta ma è così!). Nel caso di mancata
conferma si può cercare il NEO in un intorno della posizione nominale.
Ora, supponiamo di avere trovato il nostro NEO da confermare. Per poter ottenere un’orbita
discretamente precisa è necessario avere diverse misure di posizione spaziate nel tempo. Per questo
motivo è bene compiere almeno 3 misure di posizione separate di circa 15-20 minuti. Inutile fare
molte misure a distanza di pochi minuti l’una dall’altra, non sarebbe un gran contributo all’orbita
complessiva perché l’arco coperto è troppo ridotto inoltre se le nostre osservazioni sono affette da
un errore sistematico un numero eccessivo di posizioni sarebbe deleterio per il calcolo dell’orbita
corretta. Il ritrovamento e le misure vanno compiute usando la tecnica del track and stack di cui
abbiamo parlato sopra, a meno che il NEO non sia particolarmente luminoso. In quest’ultimo caso
può bastare una posa singola. Una volta fatte le misure astrometriche, vanno subito spedite, con la
formattazione corretta, al MPC. Come si vede, si tratta di un lavoro da svolgere in tempo reale, non
si può rimandare al giorno dopo la riduzione astrometrica e l’invio dei dati.
A mano a mano che affluiscono nuove osservazioni astrometriche, gli elementi orbitali e le
effemeridi nella NEOCP vengono aggiornate. Un oggetto resta nella NEOCP fino a quando non
sono state raccolte abbastanza osservazioni astrometriche da permettere la preparazione di una
Minor Planet Electronic Circular (MPEC8). Di solito, il tempo di permanenza è di circa 2-3
giorni. Tutti gli osservatori che, fino a quel momento, hanno contribuito con le loro osservazioni
astronomiche alla definizione dell’orbita saranno inclusi e citati esplicitamente (con codice
dell’osservatorio, strumentazione, nome dell’osservatore e di chi ha compiuto le misure) nella
MPEC dell’asteroide. Nella MPEC l’asteroide riceve la designazione provvisoria ufficiale del MPC,
inoltre sono riportati gli elementi orbitali, la MOID (Minimum Orbit Intersection Distance) con la
Terra, i residui (la differenza fra le posizioni osservate e calcolate) e le effemeridi per i giorni
successivi. Le MPEC sui singoli asteroidi sono riportate nell’Astrophysics Data System (ADS9), la
libreria digitale d’astronomia e fisica (un posto ideale per le ricerche bibliografiche), mantenuta dal
SAO con finanziamenti NASA e hanno dignità di pubblicazione scientifica. Il che non guasta.
Chi manda le osservazioni dopo la pubblicazione della MPEC relativa all’asteroide confermato,
vedrà pubblicate le proprie osservazioni nella MPEC giornaliera (la DAILY ORBIT UPDATE) che
riassume tutte le osservazioni astrometriche ricevute su asteroidi già noti. In questo caso però sarà
citato solo il codice dell’osservatorio. Se un oggetto messo nella NEOCP non è confermato da altri
osservatori, è tolto dalla lista dopo 5 giorni esservi stato incluso.
8 http://www.minorplanetcenter.net/mpec/RecentMPECs.html
9 http://adsabs.harvard.edu/abstract_service.html
Figura 6 - Il file di testo, scritto nella codifica del MPC, di una tipica sessione di misura fatta con
Astrometrica. In questo caso si tratta del NEA 2008 YF3, ripreso e misurato il 3 gennaio 2009.
Figura 7 – Dopo avere ottenuto un buon numero di misure di posizione su un arco temporale di
diversi giorni ci si può divertire a calcolarne gli elementi orbitali usando il software Find Orb10
di
Bill Gray. Find Orb è gratuito ma le cose che riesce a fare sono sorprendenti!
Se non ci sono NEO da confermare?
Può capitare che nella NEOCP non siano riportati nuovi oggetti da confermare, ad esempio perché
la fase della Luna è prossima al plenilunio, oppure che quelli riportati siano oltre le possibilità della
strumentazione in nostro possesso. In questo caso vale la pena passare alla NEA Observation
Planning Aid11
, per vedere se ci sono NEO già noti che necessitano di nuove osservazioni
astrometriche per ridurre le incertezze sugli elementi orbitali. Nella NEAObs, si può scegliere la
zona di cielo in cui cercare potenziali target, la magnitudine limite, la velocità angolare,
l’elongazione dal Sole e l’incertezza attuale sulla posizione. Ovviamente si sceglieranno incertezze
che si è in grado di migliorare con le proprie osservazioni astrometriche. Inutile scegliere 0,01″ se la
precisione delle proprie misure è di 0,2″. In questo caso è molto più ragionevole scegliere 1″ come
errore minimo. Una volta scelte le opzioni, premendo il pulsante “Produce object list” si otterrà
l’elenco dei NEO noti che necessitano di nuove osservazioni astrometriche secondo i parametri
impostati. Dall’elenco, cliccando su “Get ephemerides”, si avranno le effemeridi di tutti i NEO
scelti. Le effemeridi possono essere salvate su file e usate offline, non c’è la necessità di lavorare in
tempo reale come nel caso della NEOCP. Per la priorità d’osservazione è bene dare la precedenza ai
VI (virtual impactor), cioè agli asteroidi che hanno una certa probabilità di impattare con la Terra
nel prossimo futuro e ai PHO di cui abbiamo già parlato.
Un’altra lista importante da cui attingere NEO che hanno bisogno di essere osservati è la Priority
List mantenuta dal NEO Coordination Centre dell’ESA12
, (l’ESA è la European Space Agency).
10
https://www.projectpluto.com/find_orb.htm 11
http://www.minorplanetcenter.net/cgi-bin/neaobs.cgi 12
http://neo.ssa.esa.int/neo-home
Qui i NEO già noti (non si tratta di oggetti da confermare), sono divisi in 4 categorie: urgente,
necessario, utile e a bassa priorità. Con questa classificazione si riesce a focalizzare i propri sforzi
sugli oggetti che più hanno bisogno di essere osservati per non andare persi (cosa non infrequente!).
Per ogni NEO non sono fornite le effemeridi, quindi dovranno essere calcolate in proprio oppure
usando il Minor Planet & Comet Ephemeris Service13
del MPC.
Come si vede le liste di NEO da confermare/osservare non mancano, basta avere un buon cielo, una
discreta strumentazione e tanta passione per trascorrere delle notti entusiasmanti al telescopio. Per
contribuire a proteggere il nostro fragile pianeta questo ed altro!
13
http://www.minorplanetcenter.net/iau/MPEph/MPEph.html