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Il fondo del Mandracchio

Date post: 11-Mar-2016
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Questa raccolta di articoli vuole testimoniare dodici anni di vita del foglio informativo quindicinale in lingua italiana Il Mandracchio, che esce come inserto del Mandrac, settimanale di cronaca isolana in lingua slovena.
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Comunità Autogestita della Nazionalità Italiana di Isola A cura della Redazione de “Il Mandracchio” Edizioni “Il Mandracchio” Isola, dicembre 2005 Il Fondo del Mandracchio Il Fondo del Mandracchio Il Fondo del Mandracchio Il Fondo del Mandracchio Il Fondo del Mandracchio Fondo del Mandracchio
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Comunità Autogestita della Nazionalità Italiana di Isola

A cura della Redazione de “Il Mandracchio”

Edizioni “Il Mandracchio”Isola, dicembre 2005

Il Fondo del MandracchioIl Fondo del MandracchioIl Fondo del MandracchioIl Fondo del MandracchioIl Fondo del MandracchioIl Fondo del MandracchioIl Fondo del MandracchioIl Fondo del MandracchioIl Fondo del MandracchioIl Fondo del MandracchioIl Fondo del MandracchioIl Fondo del MandracchioIl Fondo del MandracchioIl Fondo del MandracchioIl Fondo del MandracchioIl Fondo del Mandracchio

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PREFAZIONE

Questa raccolta di articoli vuole testimoniare dodici anni di vita delfoglio informativo quindicinale in lingua italiana Il Mandracchio, che escecome inserto del Mandraè, settimanale di cronaca isolana in lingua slovena.Sono pagine che espongono fatti della vita civile e sociale della nostraComunità, commenti e punti di vista su eventi che incidono sulla nostracondizione di minoranza. Il Mandracchio nasce per iniziativa di alcuniconnazionali, quasi tutti giornalisti, come Silvano Sau, Gianfranco Siljan,Roberto Siljan, Andrea Šumenjak, Claudio Chicco, Marino Maurel e altriche collaborano o hanno collaborato occasionalmente.

Quando ho accettato di scrivere l’introduzione alla raccolta non eroconvinta del suo valore intrinseco, ma ritenevo comunque di estremaimportanza il solo fatto che Il Mandracchio arrivasse a tutte le istituzionipubbliche ed entrasse nelle case di tutti i cittadini di Isola interessati alMandraè, e che dunque venisse sfogliato anche da coloro che non usanol’italiano nella comunicazione quotidiana. Ho apprezzato fin dall’inizio lastrategia della redazione di inserire le poche pagine del Mandracchio in unfoglio sloveno per far arrivare in ogni ambito del vivere civile la testimonianzadella nostra presenza attiva, delle nostre idee, dei nostri atteggiamenti sufatti locali e globali, per esprimere amarezza o compiacimento, dissenso oapprovazione, senza mai sfociare nell’accusa ma stimolando spesso il lettorea trarre le conclusioni più logiche agli argomenti proposti.

Tuttavia, più mi inoltravo nella lettura degli articoli, anno dopo anno,e più forti diventavano il mio interesse e il mio coinvolgimento; mi accorgevo,infatti, di avere tra le mani del materiale apprezzabile non soltanto dal puntodi vista informativo, ma anche storiografico e politico, che partiva dal nostromicrocosmo minoritario per arrivare a contesti internazionali o viceversa,che da vicende internazionali approdava a riflessioni direttamente legate alnostro vivere quotidiano, veri frammenti di storia. Sfogliando questapubblicazione ci si può rendere conto di quanto sia stato lungo, difficile e

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sofferto il percorso per vedere completata la ristrutturazione di CasaManzioli; di quanto impegno politico pluriennale sia stato speso per lacostruzione della nuova scuola elementare Dante Alighieri; degli attacchiperiodici mossi all’autonomia di TV Capodistria; delle nostre speranze edelle nostre delusioni ad ogni cambio di governo dello Stato di cui siamocittadini; di tanti altri eventi che hanno segnato la nostra vita di minoranza edi popolazione di confine.

Ritengo particolarmente interessanti gli articoli di Silvano Sau, scrittiin occasione di giubilei, ricorrenze, anniversari (e ce ne sono stati tantinegli ultimi anni) per approfondire vicende storiche che ci hanno trasformatoinesorabilmente in minoranza etnica ma anche per ragionare sulla nostracondizione attuale e sulle prospettive future della nostra Comunità.

Leggendo questa raccolta si ripercorre oltre un decennio di vita dellaComunità Italiana in Slovenia, e non soltanto di quella di Isola: poche peròsono le occasioni di soddisfazione e tante, invece, quelle di preoccupazionee di amarezza.

Concludo con l’auspicio di poter leggere il Mandracchio per tantianni ancora, di vederlo crescere, arricchirsi di collaboratori e di pubblicarearticoli che riportino soprattutto eventi lieti.

Lilia Peterzol

Presidente della Comunità Autogestita

della nazionalità Italiana di Isola

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INTRODUZIONE

Non è poco!

“Il Mandracchio” è un giornale talmente piccolo che sembra addiritturaun azzardo ritenerlo appartenente al mondo dell’informazionecontemporanea. Più diffìcile, ancora, se indicato come “quindicinale”. Èun foglio che, ospitato dal fratello maggiore in lingua slovena e settimanaleisolano “Mandraè”, è riuscito a sopravvivere bene o male fino a questosuo 250.esimo numero. E non è poco!

Anche la Redazione è una redazione per modo di dire, piccola, avolte nervosa, tuttofare, ma sempre puntuale nel portare avanti un discorsoche - almeno fino ad oggi -non risulta essere ancora stancante o, peggio,noioso. E non è poco!

E quante altre cose ha fatto questa redazione, oltre a pubblicare ognidue settimane quello che definisce essere “il foglio della Comunità Italianadi Isola”. Quasi a voler significare un ormai quasi impossibile tentativo diriunificazione dei diversi soggetti minori tari che sono presenti sulla scenaisolana e che, giocando sulle miserie del ‘magari poco ma tutto mio’,credono di rappresentare chissà chi. E stata questa redazione ad inventarel’editoria minoritaria isolana. Ad inventare la ricerca della realtà locale,passata e recente. Ad organizzare serate. A pubblicare libri. A presentareautori. Ed a cercar di far conoscere i propri prodotti anche fuori dallespesso ingombranti frontiere comunali e minoritarie. E anche questo non èpoco!

Il Mandracchio, tuttavia, ha cercato soprattutto di fare opinione sulleproblematiche più importanti della nostra Comunità e della nostra cittadina.Spesso maldestramente. A volte sbagliando indirizzo. Anche ostentandopoca obiettività, quando il tema trattato avrebbe potuto innescare unaqualche polemica di carattere nazionalista. Sempre, però, e lo crediamo

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fermamente, con molta onestà e professionalità. Anzi, è stato proprio suitemi più scabrosi, quelli che in qualche maniera avrebbero potuto ledere lanostra dignità civile e nazionale, che la risposta di chi ci leggeva è stata piùchiara e inequivocabile. Quando, per esempio, la nostra Comunitàminoritaria veniva strumentalmente portata in campo e inserita a forza nellepolemiche, storiche e non, con la vicina Italia. Oppure, quando il non volersiadeguare al conformismo ideologico di determinate strutture politiche,aprivano nuove brecce di ostilità nei sentimenti della popolazione con cuiconviviamo.

Noi amiamo illuderci che tutti coloro che acquistano o sono abbonatial Mandraè, ogni quindici giorni leggano anche il nostro inserto intitolato”IlMandracchio”. Forse è davvero un’illusione che scaturisce dal presuppostoper cui tutti gli Isolani dovrebbero conoscere anche la seconda linguaufficiale della nostra città. Che per noi è la prima. Perché è la nostra e, poi,anche, per diritto d’anzianità. Tuttavia, se le nostre righe sono lette ancheda solo una parte degli Isolani, lo scopo sarebbe raggiunto: per aiutarci aduscire dall’isolamento forzato nel quale da decenni ormai si sta cercandodi spingerci in tutti i settori. E non si tratta soltanto di un’impressione.

Provate a vedere a quali risultati concreti ha portato, prima ed ora, lacosiddetta categoria dei “diritti particolari”. A ben ragionare, in fondo, lacosiddetta categoria costituzionale con la quale, attraverso l’art. 64 dellaCostituzione slovena, questo Stato cerca di contrabbandare la sua presuntademocraticità e tolleranza nei confronti delle minoranze nazionali autoctone,non è altro che un ben congegnato sistema di emarginazione, disegregazione, di degenza assistita - anche se non sempre indolore e nonsempre incosciente. Per un motivo molto semplice: l’applicazione e larealizzazione delle norme di tutela, quelle appunto che vanno sotto il nomedi “diritti particolari”, sono esclusivamente a senso unico, a carico, cioè,dell’appartenente alla Comunità nazionale italiana. Una condizionefrustrante e, spesso, anche penalizzante. A distanza di oltre un decennio, ineffetti, il sistema di tutela delle comunità nazionali autoctone messo a regimedalla Slovenia, anche attraverso i contenuti dell’art. 64 della Costituzione,ha dimostrato la sua totale inefficienza. La miriade di norme che, secondole argomentazioni pubbliche, dovrebbero assicurare alle comunitàminoritarie una piena soggettività in campo culturale, politico, economico

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e sociale, in realtà si sono dimostrate particolarmente adeguate nell’agevolarequel processo di costante e neanche tanto silenziosa assimilazione e disnazionalizzazione. Il ruolo delle due minoranze autoctone nell’ambito delsistema legislativo, di quello economico, di quello culturale, a livello stataleed a livello delle autonomie locali, è rimasto sostanzialmente eindiscutibilmente precario, in assenza di una qualsiasi precisa volontà politicadel potere costituito di promuovere un possibile miglioramento dellasituazione. Anzi, giunge il sospetto, quando non addirittura la certezza, cheil sistema sia stato ideato ad arte, proprio per conseguire i risultati che,ahimè, si stanno realizzando. E facendo in modo che fosse possibilecolpevolizzare e indurre ad autocolpevolizzarsi la minoranza stessa.

Il periodo preso in considerazione dai fondi pubblicati dal foglio dellaComunità Italiana di Isola vanno praticamente dal 1993 alle ultime settimanedi questo 2005. Sostanzialmente si tratta degli anni che in qualche manierahanno caratterizzato il percorso della Slovenia nel suo cammino diconsolidamento dell’ indipendenza e sovranità nazionale e, contem-poraneamente, di avvicinamento e di adesione all’Unione Europea. Uncammino che ha, in molte occasioni, visto partecipi in prima persona anchenoi e tutta la nostra Comunità. Dalle prime schermaglie con la vicinaRepubblica Italiana, via via, attraverso tutti i meandri di formazione delnuovo sistema politico e giuridico nonchè della posizione che al suo internosarebbe venuta ad occupare anche la minoranza italiana, in quantoComunità Nazionale autoctona. Una comunità, tutto sommato, tutelatapiù da accordi internazionali prima ancora che da un suo diritto naturale diresidenza e di appartenenza storica al territorio (pur se potrebbe sembrarelogico ed ovvio). Un periodo, di conseguenza, che ha visto la comunitàitaliana attraversare, essendone coinvolta, tutto il processo di adeguamentoalle regole della democrazia, del pluralismo politico, della libertà di pensieroe di fede, ma anche alle prepotenze, alle arroganze, alle supponenze di unpotere intento a dimostrare a sé stesso e al mondo la propria presuntasupremazia e le proprie capacità. Processi di liberazione, oltre che diliberalizzazione, che per noi non sono stati sempre forieri di buone novelle.Spesso hanno costretto la minoranza a reagire con forza, quando nonaddirittura a rinchiudersi a riccio, per non lasciarsi travolgere dai tentatividi trasformarla in spicciola moneta di scambio nelle controversie con iPaesi vicini, sia che si trattasse della Croazia o dell’Italia.

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Ritengo che proprio i commenti delle singole situazioni che ilMandracchio ha formulato nel giro di dodici-tredici anni, rappresentinouna specie di cartina tornasole, di scheda della verità per una generalevalutazione della nostra posizione in tutti i settori. Da quello politico, aquello linguistico, a quello culturale, a quello più generalmente sociale e direciproca tolleranza con il resto della cittadinanza e, soprattutto, con chiquesta cittadinanza rappresenta politicamente e amministrativamente.

L’unico risultato che veramente conta in questo decennio, o pocopiù, di esperienza minoritaria all’interno della sovranità statale del Paese dicui siamo cittadini, è quello che è venuto a galla - come una libecciatad’agosto - con le cifre del Censimento della popolazione del 2002. Lapresenza italiana si è ridotta di un terzo nel giro di un decennio. Un periodoche - grosso modo - coincide proprio con l’acquisizione della Sloveniadella piena sovranità statale.

Certo, probabilmente hanno ragione gli esperti del governo sloveno,quando ribadiscono che, secondo loro il numero degli Italiani (ed anchedegli Ungheresi) non è affatto diminuito. Anzi, sulla base degli elenchielettorali, sulle dichiarazioni inerenti l’uso della lingua madre, sarebbeaddirittura aumentato. Vogliamo crederlo. In fondo, lo constatiamo anchenoi.

Il problema è un altro: ed è molto più insipido e pericoloso di quelloche potrebbe essere identificato in un processo di lenta, inesorabile,costante, silenziosa assimilazione. Il problema va identificato soprattuttonella risposta che bisognerebbe dare alla domanda: perché in un regime direstaurate libertà democratiche, alcuni cittadini sloveni di diversaappartenenza nazionale, preferiscono optare per l’anonimato e nondichiararsi appartenenti ad una nazionalità diversa da quella in cui si identificalo Stato-Nazione?

Crediamo che i commenti che pubblichiamo in questo volumetto eche per dodici anni sono comparsi come fondo del “Mandracchio” possonodare una risposta abbastanza precisa e coerente. Così l’abbiamo capitanoi. E se assieme a noi l’hanno compresa anche quelle decine o centinaiadi concittadini che assieme al “Mandraè” acquistano anche il“Mandracchio” e - di tanto in tanto - ci telefonano per farci pervenire il

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senso della loro solidarietà, allora vuoi dire che - nel nostro piccolo, comesi suoi dire - abbiamo fatto un buon lavoro. Vuoi dire che, la volontà disepararci, di emarginarci, di tutelarci isolandoci non è ancora riuscita. Anche,forse, grazie al Fondo del Mandracchio!

E anche in questo caso, non è poco!

Dicembre 2005 Silvano Sau

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Terra amara

Dopo l’ultimo avvertimento del Fondo per il demanio agricolo eforestale della Repubblica di Slovenia, che prorogava il termine utile perpresentare domande di concessione in affitto dei terreni nel comune diIsola dal 15 settembre al 30 ottobre, la redazione del “Mandracchio” haritenuto opportuno informarsi sull’attuale stato di cose.

Durante un colloquio telefonico con la responsabile di Lubiana per ilnostro Comune, signora Marija Lukaèiè, abbiamo appreso che entro ilprimo termine erano pervenute 835 domande e un altro centinaio ne eranogiunte entro il 30 ottobre.

Tuttavia, come ha assicurato la signora Lukaèiè, vista la situazioneparticolare venutasi a creare a Isola, se vi sono dei ritardatari che permotivi giustificabili non hanno ancora presentato domanda (magari perchéconfidano nella validità del vecchio contratto) sono pregati di mettersi incontatto con la sede capodistriana del Fondo (Tel.: 38-280) entro e nonoltre il mese di dicembre di quest’anno. Ogni domanda verrà trattatasingolarmente e, se possibile, risolta positivamente. Va comunquesottolineato che tutti i contratti a suo tempo stipulati con il Comune diIsola, indipendentemente dalla loro durata, scadranno definitivamente conil 31 dicembre di quest’anno.

Entro la stessa data, il Fondo si impegna a dar comunicazione scrittaa tutti coloro che nei termini previsti dalla Legge e dal Concorso abbianopresentato regolare domanda di concessione in affitto dei terreni.

Il nuovo contratto verrà definito, invece, nel 1994 con tre possibiliscadenze di 10, 15 o 25 anni, a seconda del periodo valutato perl’ammortamento degli impianti e delle piantagioni esistenti. Con il prossimoanno prenderà il via anche la possibilità di acquisto dei singoli appezzamenti,naturalmente, valutati caso per caso.

La redazione del “Mandracchio” invita i propri lettori interessati aulteriori chiarimenti a far pervenire le loro richieste alla nostra testata, condomande precise e circostanziate. Sarà nostro dovere e impegno cercardi fornire tutte le informazioni che riusciremo ad avere presso gli organicompetenti.

11 novembre 1993 Silvano Sau

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Cerimonia per l’inaugurazione della Biblioteca Besenghi che dopoalcuni decenni è ritornata nella propria sede originaria: PalazzoBesenghi

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Vertenza TV Capodistria: Un gioco pesante

Violentata ma non piegata. La redazione italiana di TV Capodistriaha risposto con lo sciopero ai potenti di turno che operano sistematicamenteper staccare la spina dell’autonomia di programma. La decisione delConsiglio della RTV della Slovenia di affidare la preparazione del nuovopalinsesto per la testata italiana al redattore capo della televisione di Lubianarappresenta un fatto di estrema gravità.

Immediate le reazioni delle massime istituzioni della comunitànazionale, ovvero Unione italiana e Comunità autogestita costiera. Neicomunicati si sottolinea che tale delibera è palesemente contraria ai dettamicostituzionali e alle disposizioni di legge slovene e che viola gli accordiinternazionali sui diritti delle minoranze, nonché le attuali forme e procedureistituzionali per l’inclusione del gruppo nazionale nella gestione e nellaprogrammazione dell’emittente istriana.

Ma tutta l’orchestrazione della vicenda, che data già da parecchimesi, riporta alla mente i metodi usati in un recente passato che si pensavasuperato. Invece ci troviamo di fronte ad una sconcertante mancanza deipiù elementari codici di dialogo e civiltà. Sono segnali inquietanti che seconfermati potrebbero far temere davvero per la crescita e l’esistenzadella comunità italiana. Casi creati ad arte ma che finiscono per ripercuotersicome macigni sui valori della tolleranza e della convivenza.

A questo punto gli sguardi si spostano chiaramente sul governo e sulparlamento statali. Mentre scriviamo non sappiamo ancora quale piegaabbiano preso gli avvenimenti a Lubiana nei riguardi della vertenza di TVCapodistria e quali saranno le indicazioni dei vertici del Paese.

Certo è che appare difficile credere che le forze che hanno provocatola giusta reazione dei dipendenti della testata italiana abbiano fatto un favoreall’immagine internazionale della Slovenia. Il biglietto per l’Europa che contasi stacca anche da queste parti. Intanto alla redazione capodistriana sonoarrivati attestati di solidarietà da diversi indirizzi e a questo coro si unisceanche la redazione del Mandracchio.

25 novembre 1993 Claudio Moscarda

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Penelope story

Abbiamo a più riprese dichiarato che Isola ama i parti lunghi. Ce loconfermano i progetti “Marina”, “Ospedale” e ultimamente pure “CasaManzioli”. La cosa ci preoccupa. Perchè? Per il semplice fatto che lamedicina c’insegna che nel parto lungo c’è anormalità. E ciò in barba acoloro che nella lunghezza vedevano la sicurezza, la garanzia delle cosefatte bene. Noi, sinceramente, avremmo anche sopportato qualcheallontanamento nel tempo in favore del bel nascere. Ma il troppo, si sa,stroppia. E gli storpi fanno, si, tenerezza, ma non, sicuramente, piacere. Apensarci bene, lo “storpio” Casa Manzioli non fa neanche tenerezza. Anzi,fa ribrezzo, visto che è assurto a “ostello” per mammiferi di limitatedimensioni, però estremamente ripugnanti. Tenerezza, caso mai, fa chi cicrede ancora nel suo recupero, nella sua trasformazione in sede dellaComunità degli italiani di Isola e, soprattutto, in Centro di restauro. Dopodieci anni di “penelopiane” esperienze uno deve sentirsi sazio dei “fusseche fusse la volta bona”, tranne che non si tratti di un “Pozzo di San Patrizio”.Dell’ingenuità, naturalmente.

9 dicembre 1993 Gianfranco Siljan

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Didascalia: La prof.ssa Amalia Petronio,responsabile della sezione di storia patria dellaBiblioteca Centrale di Capodistria, che ha seguitol’opera di restauro dei tremila volumi della Biblioteca

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Una partenza lunga dieci anni

1983: La Comunità degli italiani di Isola inoltra formale richiestaall’UIIF e all’UPT per il sanamento della propria sede situata in PalazzoBesenghi. La richiesta entra nella lista di priorità della collaborazione,immediatamente dopo la conclusione del restauro di “Palazzo Milossa” diRovigno e dopo “Casa Tartini” di Pirano.

1984: Le strutture comunali pongono alla Comunità degli italiani ildilemma: rinnovare Palazzo Besenghi o ristrutturare a sede della ComunitàPalazzo Manzioli? Viene scelta la seconda.

1985: Assieme alle competenti autorità comunali e repubblicane insettembre viene costituito un Comitato di coordinamento per PalazzoManzioli.

1986/7: Si lavora “intensamente” sulla progettazione e sullaelaborazione del piano di ristrutturazione di palazzo Manzioli.

1988: Finalmente il progetto di ristrutturazione è completato e vienepresentato alla Comunità degli italiani che lo approva (il famoso “librorosso”).

1989: Il progetto “Palazzo Manzioli”, ampliato con la previstacostituzione di un Centro di restauro per l’arte veneta, entra nelle liste del“Memorandum C” dell’Accordo Mikuliè-Goria. Per la realizzazione delprogetto del governo italiano è previsto uno stanziamento di 3 miliardi dilire.

Il progetto riceve il benestare di tutti gli organi competenti locali,repubblicani e (allora) federali. Viene nominato un gruppo di lavoro mistoa livello governativo (Italia-Slovenia).

1990: Ha inizio la proceduta per il rilascio dei permessi necessariper l’avvio dei lavori. Viene preparato anche un dettagliato preventivo.Contemporaneamente vengono studiati i progetti per la costituzione delCentro di restauro assieme al Centro restauri di Lubiana.

1991: In base alle clausole del memorandum Mikuliè-Goria, laComunità degli italiani chiede all’Assemblea comunale il passaggio diproprietà dello stabile alla Comunità.

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1992: Con adeguata delibera il Comune di Isola stipula il contrattosul passaggio di proprietà di Palazzo Manzioli alla Comunità. Viene propostala nomina di un comitato edile operativo.

1993: Il comitato edile viene confermato nelle persone di BrunoOrlando (presidente), Aleksander Lozej, Aleksander Golob, RobertoBattelli, Bo•idar Guštin e Franc Mikša. In base al concorso pubblico ilavori di ristrutturazione di Palazzo Manzioli vengono affidati all’Architectadi Pirano. Inoltre, Unione Italiana e CAN costiera esaminano la propostainerente la creazione della Scuola di restauro di arte veneta abbinata alprogetto e che dovrebbe coinvolgere direttamente la Scuola mediaprofessionale di Isola.

Il 12 novembre dello stesso anno, il ministro plenipotenziario delMAE italiano, Ercole Pietro Ago, alla cerimonia di premiazione del concorsi“Istria Nobilissima” a Grisignana, annuncia che il progetto “PalazzoManzioli” è prossimo alla linea di partenza.

1994: Il progetto “Manzioli”, in pista ormai da dieci anni, riusciràfinalmente a decollare?

9 dicembre 1993 Silvano Sau

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Casa Manzioli, ormai prossima al crollo, dopo anni diattesa, sembra finalmente pronta per l’opera direstauro. Tuttavia, quella che nel corso degli annisuccessivi è stata definita ‘la storia infinita’ , non eraancora pronta. Dopo qualche mese l’impalcaturavenne nuovamente smantellata.

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Legge sulle Comunità nazionali autogestite:Competenze e diritti più precisi

Qualche giorno fa il governo della Slovenia ha approvato il testodella Legge sulle comunità nazionali autogestite che ora, in seconda lettura,può intraprendere il normale iter per affrontare il dibattito alla Camera diStato ed essere definitivamente approvato.

Rispetto alle vecchie C.N.A., tuttora in vigore, la nuova legge stabiliscealcune importanti novità per le tutela degli interessi delle minoranze italianae ungherese in Slovenia. Innanzitutto queste Comunità diventanoautomaticamente soggetto di diritto pubblico, quindi categoria costituzionalee sono chiamate ad esprimersi su tutta una serie di importanti competenzeper il gruppo nazionale.

Così, per esempio, il loro consenso sarà determinantenell’approvazione di quelle misure che riguardano direttamente i dirittiparticolari della minoranza a livello di autonomie locali. Esse collaborerannocon i rappresentanti della minoranza eletti negli organi delle autonomielocali e nella Camera di Stato(art. 5).

Anche per le elezioni nel Consiglio della Comunità Nazionale sonopreviste alcune novità. Per esempio - contrariamente alle elezioniamministrative precedenti - soltanto gli appartenenti alla minoranza potrannodare il proprio voto ai candidati sulla base di elenchi elettorali comprendentitutti i condizionali del territorio. Si presume, quindi, che anche i seggi elettoraliverranno organizzati presso le nostre comunità, contemporaneamente eusando gli stessi criteri adottati per le elezioni amministrative della Slovenia.

La Comunità costiera, ultimamente eletta a suffragio universale ediretto, rappresenterà invece un organo di coordinamento tra le singolecomunità comunali e diventerà il rappresentante delegato della minoranzanei rapporti con la Regione e lo Stato.

L’approvazione della Legge, prevista per il prossimo mese,naturalmente, non risolve ancora tutti i problemi. Però, non appenaapprovata, si potrà incominciare a lavorare sulle proposte di Statuto esugli altri documenti necessari per farla funzionare. Un lavoro che riguarda

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in primo luogo proprio i connazionali nelle nostre Comunità. In attesa delleelezioni che, come abbiamo appreso ultimamente, da aprile sono staterinviate a fine novembre.

3 febbraio 1994 Silvano Sau

Il neoeletto Consiglio della Comunità Autogestita della NazionalitàItaliana di Isola

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Isola a pezzi

Con grande stupore abbiamo scoperto che Isola è una cittadinadispari. Tra le tante sue piazze che dovevano cambiare nome, è stata presain considerazione soltanto la numero uno, cioè l’ex Piazza dell’APJ che èstata ribattezzata Piazza grande. Le colonnine e le relative palle in memoriaal grande cartografo Pietro Coppo, per motivi ancora sconosciuti, da duesi sono ridotte a una.

In Via Lubiana gli edifici riportati all’antico splendore sono per lamaggior parte nel filare dispari. Al pari, invece, e precisamente dal numero34 al numero 38, c’è un grande pericolo pubblico. Enormi massed’intonaco, infatti, pendono sulle teste degli ignari passanti. Almeno qualcunosi fosse ricordato di esporre l’avvertenza, come fatto dall’Ufficioparrocchiale in S. Mauro e in S. Maria di Alieto, “CADE L’INTÓNACO”.

Ora la Via Lubiana verrà sottoposta a lavori di scavo, a vibrazioni diogni intensità, che dovrebbero ridarle un selciato agibile. E con gli intonaciimputati? Apriti cielo! Perciò si faccia qualcosa se non si vuole “ch ‘l taconrisulti peso del buso”.

17 marzo 1994 Gianfranco Siljan

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La sindrome delle strade

A intervalli di tempo più o meno regolari, quasi sempre alla vigilia delbel tempo primaverile e della stagione turistica c’è qualcuno che riporta inballo il problema della strada costiera da Capodistria a Pirano e oltre.Quest’anno una indagine in tal senso si è svolta mentre eravamo intenti adiscutere in non affollate assemblee sulle nostre future autonomie locali.Inchiesta portata avanti da un’affabile e gentile signora o signorina che,con tanto di carta e matita, girava per le nostre case chiedendo cosa nepensavamo, se eravamo d’accordo che la futura strada passasse attraversoil nostro cortile, se eravamo eventualmente proprietari di terreni limitrofi econ quali argomenti contrastavamo un probabile progetto del genere. Iltutto una domenica pomeriggio del mese di marzo. Pare effettivamenteche in Slovenia si viva con la sindrome delle strade a tutti i costi edappertutto. Perché - dicono - le strade sono sinonimo di progresso e diciviltà. Rappresentano il lasciapassare per l’Europa. Costi quel che costi.Quindi un’autostrada anche per collegare Malio a Saletto e, dall’altra unastrada super veloce per collegare Saletto a Costerlago. Quella checoncretamente si vorrebbe progettare dovrebbe tagliare effettivamente indue il comune di Isola: da una parte la zona urbana, dall’altra il contado.

Da parte nostra abbiamo esposto molto precisamente i motivi per iquali siamo decisamente contrari.

- Perché riteniamo che la zona costiera non abbia bisogno diun’autostrada, visto che le sue necessità di collegamenti anche turisticipossono essere benissimo espletate dalle strutture esistenti, naturalmentese opportunamente rimodernate e, dove necessario, ampliate.

- Perché riteniamo un crimine eliminare l’unica zona ecologicamenteancora intatta che è rappresentata dalla Corgnoleda, cioè la valle che daSaletto-Lavorè finisce a Strugnano.

- Perché significa infierire anche su quel poco di popolazioneautoctona che nella zona è rimasta, devastando un’altra volta il rapportotra popolazione e ambiente, tra zona urbana e zona rurale.

Alla faccia dell’Europa e dei suoi valori.

31 marzo 1994 Silvano Sau

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50.esimo UIIF: Ricordi scomodi

Il prossimo mese la nostra comunità nazionale, che lo voglia o meno,dovrà pronunciarsi su un avvenimento che, comunque ha segnato la suaesistenza. Nella prima decade di luglio, infatti, ricorrono i cinquant’annidalla fondazione a èamparovica dell’Unione degli Italiani dell’Istria e diFiume. L’organizzazione che, bene o male, ha rappresentato fino a tre annifa la nostra minoranza e di cui l’attuale Unione Italiana si è dichiaratalegittima erede. Indipendentemente da come lo farà, rappresenteràcomunque una presa di posizione: sia che celebri l’anniversario, sia che lofaccia passare in silenzio, sia che si serva del cinquantenario per larivisitazione storica della sua nascita e della sua funzione nei decenni cheseguirono. Anche in funzione di un dibattito di piena attualità, su fascismoe antifascismo.

Personalmente ritengo auspicabile la terza variante: fare una analisistorico-politica-nazionale dell’UIIF che abbracci tutti i 47 anni della suaesistenza per poterla collocare tra le cose vissute e tra le cose che,comunque, ci hanno permesso di vivere. Sarebbe pure auspicabile un’analisidi quelle che erano storicamente le prerogative che hanno portato alla suacreazione. Senza false demagogie e senza ipocrite pedagogie.

Alcune domande, alle quali a distanza di cinquant’anni, sarebbeopportuno saper e poter rispondere:

- L’Unione degli Italiani è stata creata su basi ideologiche (fascismo-antifascismo), oppure è stata creata come strumento ideologico in funzionedella prevedibile spartizione territoriale postbellica?

- È stata la volontà degli Italiani dell’Istria e di Fiume a volerla, oppureè stata la volontà del Partito Comunista croato?

- Quanta parte della popolazione italiana si è riconosciuta in essa,almeno negli anni immediatamente successivi alla fine della guerra?

- È stata sempre strumento imposto e controllato dal potere oppure,con il passare degli anni, è diventata anche unico elemento di coesione e diformazione nazionale? E anche di identificazione nazionale, non fosse altroperché era l’unico strumento che comunque era permesso e a disposizione.

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- Da non dimenticare, poi, che in origine l’UIIF non comprendeva gliitaliani del mai realizzato T.L.T., i quali fino al 1954 sul territorio non eranominoranza, ma maggioranza.

2 giugno 1994 Silvano Sau

Isola

“Stiamo attraversando un brutto momento. Il clima che si respira aIsola è di rassegnazione, non certo di entusiasmo. Il Comune, infatti, stasubendo un progressivo processo di emarginazione.” Un tanto ce l’ha dettoun consigliere comunale che non vediamo da tempo partecipare ai lavoridell’Assemblea comunale. L’emarginazione, però, è anche fruttodell’assenteismo suo e di quello degli altri. Siamo consapevoli che Isola èuna cittadina senza “attributi tosti”, perciò fin troppo arrendevole neiconfronti di Lubiana; che nella nostra cittadina i parti sono quasi sempretroppo lunghi e dolorosi; che certe cose che la caratterizzavano - come lapesca - sono ormai finite nel libro dei ricordi; che c’è diffidenza per ilnuovo; che si vive nella più assoluta confusione partitica, nella quale unodalla mattina alla sera dimentica qual’è il suo partito di appartenenza. Peròè altrettanto vero che Isola “gode” di un invidiabile potenziale intellettualee che di questo nemmeno se ne accorge; che Isola è una cittadina baciatadalla fortuna per quanto riguarda la sua collocazione geografica; che Isolavanta tradizioni non indifferenti in più di qualche settore dell’economia. Inaltre parole, Isola è come una bella donna che tutti vorrebbero conquistare.Spetta però a noi evitare gelosamente che ce la conquistino, perciòdobbiamo abbandonare, se ci riesce, l’arma del pianto, della rassegnazione,dell’attendismo e l’ormai fin troppo diffusa “arte” del discreditare,dell’etichettare, del “se tutto va bene siamo rovinati”. Aiutiamoci che Dioci aiuta.

6 ottobre 1994 Gianfranco Siljan

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La sede della Polizia in una delle più belle ville di Isola: forse ilsegnale in bella mostra sta ad indicare il divieto della lingua italiana?

In tema di toponimi: Un gioco kafkiano

Giorni fa sono stato amichevolmente redarguito da un amico perchésecondo lui mi ero trasferito da Isola senza prima informarlo e senzacomunicargli - almeno - il mio nuovo numero di telefono. Gli risposi subito,che le ultime modifiche all’elenco telefonico, per quanto mi riguardavano,erano state effettuate circa un anno fa e che da allora niente era mutato.

Comunque, sarebbe bastato prendere in mano un qualsiasi elenco o,eventualmente, verificare presso il servizio informazioni. L’amico mi guardòcome dire: “Ma chi vuoi prendere in giro?” e sostenne che effettivamenteaveva guardato anche l’elenco, ma del sottoscritto nessuna traccia. Presodal panico pensai che si stesse avverando a mia insaputa un processo dilenta ma inesorabile cancellazione del mio nome dalla vita civile. Del tipo“Il processo” di Kafka: è vivo, ma non esiste perché agli atti non risulta.

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Invece, era successo l’inverso. Sull’elenco telefonico è una parte di Isolache non esiste più, perché rinata sotto altro nome. Chi vive sopra la vecchiastrada Capodistria - Pirano non è più un isolano, ma è un abitante diJagodje. Quindi un jagodjano. E chi sta cercando il mio numero di telefonodeve cercarlo sotto la voce “Jagodje”. Anche sui documenti personali,come la carta d’identità, è riportata la stessa dicitura. Improvvisamentenon sono più un isolano - vanto e orgoglio - ma un jagodjano. E per di più,nel pieno rispetto delle norme che regolano anche il bilinguismo nel Comune.Infatti, accanto al termine JAGODJE (versione slovena del nuovo centroabitato) sta scritto anche il termine nella versione italiana che è, appunto,JAGODJE. Andando avanti nella ricerca di nuovi eventuali toponimi e dinuovi centri abitati, scoprii che esisteva anche DOBRAVA (versioneslovena) e DOBRAVA PRESSO ISOLA (versione italiana). Mentremantengono soltanto la versione slovena KORTE e MALIJA. Non percercare il pelo nell’uovo, ma ricordo che già dieci o vent’anni fa si discutevase era il caso di mantenere i toponimi di Jagodje e Dobrava, visto che nonavevano il corrispettivo nella lingua della minoranza italiana. Ma si sa, allorai tempi erano diversi e si viveva all’ombra del Grande Fratello che tuttosapeva e di tutto disponeva. Oggi le cose sono molto più semplici: si fa enon si discute. Nemmeno in sede di quarta camera che, per chi non losapesse, era lo strumento, per fortuna defunto anch’esso, inventato dalregime per ‘tutelare’ gli interessi della comunità nazionale italiana.

20 ottobre 1994 Silvano Sau

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Costituita la CNA: Siljan, “doppio” presidente

“Elaborazione dei documenti interni e contributo alla stesura degliStatuti comunale e della CNA costiera, nonché modifiche alla bozza diquello dell’Unione italiana. Avvio di tutto il necessario per la realizzazionedella tanto agognata sede a Casa Manzioli o revisione di tutti i progettiriguardanti gli attuali vani di Palazzo Besenghi. Massimo impegno per laconcretizzazione del nuovo edificio dell’elementare e dell’asilo italiani eper il completamento della scuola media. Ed ancora analisi della posizionesociale dei nostri connazionali e garanzia di un’assistenza legale anche invirtù delle nuove leggi in materia di denazionalizzazione.” Sono questi gliimpegni immediati prospettati dal neo presidente della Comunità autogestitadella nazionalità, Gianfranco Siljan. Eletto alla riunione costitutivadell’organismo con sette voti a favore su otto presenti, Siljan ricoprirà orala doppia veste di presidente del direttivo della C.I. “Besenghi” e dellaCNA. Una soluzione, come rilevato nell’occasione, che “eviterà dualismie rivalità tra le due realtà istituzionali anche per quanto concernono lecompetenze, guadagnando in razionalità”. A tale proposito è stato nominatauna commissione che dovrà proporre regole e contenuti da inserire nelnuovo Statuto della CNA. Fari puntati anche su Casa Manzioli, progettoche secondo alcune voci potrebbe partire il prossimo anno, nonché sullasistematizzazione della struttura professionale comunitaria. Argomenti questiche verranno trattati in modo più completo ad un prossimo incontro.

22 dicembre 1994 C.M.

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Costituito il Consiglio comunale di Isola:

1995, un anno di speranze e di lavoro

“La speranza, ha detto il Foscolo nei Sepolcri, è l’ultima Dea adabbandonare l’uomo”, ed è proprio armati di questa che affrontiamo leavventure del 1995. Sappiamo che non sarà un anno facile, che molti deiproblemi che gravano sulla nostra comunità e sul nostro comune in generalenon potranno essere risolti in tempi brevi. Però i risultati dello scorso SanNicolò ci rendono un tantino più ottimisti che nel passato.

Le ultime elezioni, ossia le prime elezioni amministrative nello Statosloveno, hanno decretato la fine delle Assemblee comunali, di quell’apparatolegislativo mastodontico e proporzionalmente caotico, e hanno aperto lastrada a forme organizzative più consone alle esigenze dei giorni nostri.Spetterà a noi farne tesoro.

Per quanto concerne la nostra comunità nazionale i risultati delle stesseelezioni possono essere ritenuti particolarmente lusinghieri. Il Sindaco, infatti,è un nostro connazionale e quattro dei 23 seggi in Consiglio comunalesono stati occupati pure da nostri connazionali.

Questi dati alimentano in noi la speranza di vedere immediatamenteavviati i progetti edilizi riguardanti la nuova sede della Comunità italiana diIsola nella vetusta Casa Manzioli, della nuova Scuola elementare di linguaitaliana, nonché dell’ampliamento del Centro scuole medie “Pietro Coppo”.E che Dio ce la mandi buona.

12 gennaio 1995 Gianfranco Siljan

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Lavori in corso per il restauro parziale del Duomo di Isola

Chiaroscuri delle autonomie locali

Poche leggi approvate in Slovenia hanno destato tanti dubbi emalumori quanto quella sulle autonomie locali.

Nella lettera di dimissioni dalla carica di presidente della Commissionedella Camera di Stato per le autonomie locali il deputato della Lista UnitaCiril Ribièiè rileva che “la legge non può certamente fare onore alla Cameradi Stato perché non ha rispettato la volontà espressa dai cittadini neireferendum”. Così sono nati anche numerosi piccoli comuni chenormalmente non potrebbero e non dovrebbero avere questo status, mentrein altri casi si volevano frantumare comuni esistenti chissà da quando.

La legge inoltre è poco o per niente chiara in alcune questioni essenziali.E come un boomerang subito dopo le elezioni amministrative, già all’attostesso della costituzione degli organismi comunali, si sono confermati itimori di chi diceva che sarebbe stato meglio aspettare ancora qualche

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mese e mettere il documento a punto. Il neoeletto sindaco di Isola dott.Mario Gasparini nel suo primo intervento al Consiglio comunale è statocostretto ad esprimere rammarico per il fatto della non chiarezza della legge,in particolar modo per quanto riguarda il rapporto fra sindaco e consigliocomunale che vengono eletti, il primo in modo diretto, i secondi sulle liste deipartiti. Un dualismo questo che ha già destato non soltanto perplessità, maanche notevole insoddisfazione pure nel recente incontro di Lubiana fra ineoeletti sindaci e il ministro per le autonomie locali Boštjan Kovaèiè. SecondoGasparini, il sindaco dovrebbe condurre anche le riunioni del consiglio, incaso contrario la sua sarebbe soltanto una funzione di capo dell’am-ministrazione comunale, funzione che nessuno dei neoeletti sindaci sarebbedisposto ad assumere. Gasparini ha aggiunto che presenterà il proprioprogramma dopo che da Lubiana giungeranno i debiti chiarimenti sui varipunti della legge.

Dal canto suo il ministro Kovaèiè, che prima di assumere l’incarico erapresidente del consiglio esecutivo del comune di Novo Mesto, ammette chela legge contiene dei “buchi” e che bisognerà risolvere i dilemmi. La leggedovrebbe così venir modificata in due fasi.

La prima, entro il prossimo giugno, dovrebbe chiarire lo status e irapporti non solo fra sindaco e consiglio ma anche fra amministrazionecomunale e unità amministrativa dello stato, visto che ai comuni è stata toltala stragrande maggioranza delle funzioni statali trasferite, appunto, alle unitàamministrative. C’è poi la questione del finanziamento dei comuni che rischianodi dipendere esclusivamente dallo stato (ovviamente centralizzato).

Le questioni meno urgenti dovrebbero venir risolte entro la fine dell’annoin corso o al più tardi l’anno prossimo. La Commissione della Camera diStato per le autonomie locali, che dovrà preparare gli emendamenti dapresentare ai deputati alla Camera e che ora è presieduta dalla nostraconcittadina Breda Peèan, è in attesa delle proposte da parte del ministeroche, a detta dello stesso Kovaèiè, ne ha già diverse.

Nel frattempo, come rilevato dal sindaco di Capodistria Aurelio Juri,ognuno cerca di risolvere i problemi a modo suo.

26 gennaio 1995 Andrea Šumenjak

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Cinquanta anni dopo: Jalta 1945 – 1995

Dovremo abituarci, in questo 1995, a seguire quasi ogni settimanasui giornali il resoconto di avvenimenti di 30, 40 o cinquanta anni fa. Chehanno fatto la storia del mondo in quest’ultimo mezzo secolo e, nel nostropiccolo, hanno condizionato anche la nostra vita. E continuano acondizionarla.

Uno dei primi che abbiamo rivangato, la Conferenza di Jalta, tantolontana nel tempo e geograficamente, eppure – almeno per noi – ancorapresente nella perfida logica che proprio allora aveva introdotto, e dellaquale – nonostante i cambiamenti degli ultimi anni – la politica internazionalenon è ancora riuscita a liberarsi. Come sottolinea, nella sua concisione, undizionario storico, alla Conferenza di Jalta Churchill, Roosvelt e Stalinfissarono a grandi linee l’assetto postbellico dell’Europa. Un incontro chesi protrasse per una settimana e iniziò il 4 febbraio 1945. Fu inquell’occasione, come rilevano i cronisti del tempo, che con un tratto dimatita su un semplice pezzo di carta, che i tre grandi crearono le premesseper buona parte della storia accaduta in Europa nei successivi 50 anni. Ilmuro di Berlino, sinonimo di cortina di ferro, la divisione loccarla del mondoin ben delimitate sfere d’influenza, la guerra fredda e la corsa agli armamenti.

E, nel nostro piccolo, come dicevamo, il problema dei confini traItalia e l’allora Jugoslavia. Le Zone A e B, il Territorio Libero di Trieste, ilMemorandum di Londra, gli Accordi di Osimo e, via, fino ai giorni nostri.Una pace durata mezzo secolo, ma basata su delicati equilibri di forza e,più ancora, su delicati equilibri di paura. Equilibri che, noi gente di confine,abbiamo sofferto anche in prima persona. Le nostre genti – di qua e di làdella frontiera, che demagogicamente veniva definita la più aperta d’Europa– spesso usate come merce di scambio o come agnello sacrificale traopposte ideologie e tra non compatibili sistemi giuridici ed economici.

Una specie di cerniera tra est ed ovest che soltanto il buonsenso o lapaura avevano impedito di chiudere come in altre zone d’Europa. Unasituazione che – ancora a distanza di mezzo secolo – non vede risolti alcuniproblemi, come quello dei rapporti tra Italia e Slovenia, o come quellodelle due minoranze, italiana in Istria e slovena nel Friuli-Venezia Giulia. E

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per il quale alle responsabilità dei rispettivi governi, molte causali vannoricondotte proprio alle ormai mitiche giornate della Conferenza di Jalta delfebbraio 1945.

9 febbraio 1995 Silvano Sau

Anche i Pastori del Signore sembrano preferire una lingua soltanto

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Unione Italiana: Struttura da rivedere

Posizione della comunità nazionale italiana in Slovenia, in base aldettame della Legge sulle Comunità autogestite della nazionalità, e unitarietàdella minoranza su tutto il territorio del suo insediamento storico. Questo iltema di fondo affrontato la settimana scorsa presso la nostra Comunitàcon il presidente del gruppo di lavoro incaricato di stendere il nuovo Statutodell’Unione Italiana, Valerio Zappia.

Creare una forte organizzazione minoritaria nel rispetto delle singolerealtà territoriali, politiche e statali non significa rompere la più volteauspicata unitarietà del nostro corpo nazionale. Anzi, soltanto legittimandoe rafforzando il proprio potere contrattuale a livello locale è possibilegarantire anche una maggiore incisività e operatività dell’organismo comunerappresentato dall’Unione Italiana. Questo il messaggio di fondo scaturitodalla consultazione che ha trovato in Valerio Zappia un interlocutoredisponibile e aperto alle soluzioni più logiche e realistiche. Ma è proprioper questo che lo Statuto dell’Unione Italiana deve essere sottoposto adulteriori verifiche prima di approdare all’approvazione dell’ Assemblea.Va rivista, in particolare, la struttura organizzativa dell’Unione che dovràadeguarsi a quella che è una tendenza ormai generale dellademocratizzazione interna ed esterna della nostra realtà comunitaria.Occorre, cioè, garantirel’unitarietà con l’introduzione di elementi didecentramento e di rafforzamento della nostra capacità d’azione erappresentativa nelle singole realtà territoriali, politiche ed economiche,oltre che di appartenenza statale. Una sfida, quindi, che spetta agli Stati,ma che riguarda anche la nostra comunità, se saprà accoglierla e affrontarlasenza esclusivismi e senza inutili spargimenti di energie.

Ed è proprio per questo - è stato sottolineato nel corso dellaconsultazione - che i preparativi per la proposta di Statuto dell’UnioneItaliana vanno portati avanti in parallelo e contemporaneamente aipreparativi per la proposta di Statuto delle Comunità autogestite che, perlegge, hanno ben precise competenze a livello comunale e statale.Auspicabile, quindi, che questa realtà venga recepita anche dalle altreComunità degli Italiani per portare ad una definizione dell’organismo comune

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quanto più aderente alle necessità e alle possibilità concrete chel’appartenenza a due legislazioni statali comportano. Senza dimenticareche l’unitarietà può essere garantita dalla volontà delle persone e non dacome sarà, in base allo statuto, la sua organizzazione, per massima che sia.E senza dimenticare i messaggi che ci vengono da antichi detti popolari,secondo cui la politica è certamente figlia di buona donna, ma anche - piùsaggiamente - che è l’arte del possibile.

23 febbraio 1995 Silvano Sau

L’inquieto cantore isolano

Perché le inquietudini di Pasquale Besenghi degli Ughi? Oltre aimomenti storici determinati dal Trattato di Campoformio, influirono su dilui le tradizioni legate al suo casato, che lo sappiamo nobiliare, e, soprattutto,la figura di suo padre, Giovanni Pietro Besenghi. Questi era una personarozza, per niente amabile al suo prossimo. Una gobba lo rendeva quasideforme. Però era una persona dotata di una intelligenza superiore, la qualcosa lo aveva portato a diversi incarichi pubblici pure di alto prestigio. Incasa era un despota dal cuore peloso, una persona che non conosceva lagentilezza e l’indulgenza. Il figlio Pasquale, però, era di tutt’altra pasta, unapersona sensibile e così porterà tutta la vita in giro e in patria e per ilmondo, quella inquietudine derivante da profonde carenze affettive.

“Non di servi protervia e di cavalli

Ma virtù vera e amor di sacri ingegni,

e nelle liberali arti eccellenza

Eterno fanno e glorioso un nome.

Numero gli altri sono, pecore o zebe:

Chi è peso inutil della terra, è plebe”.

Pur vivendo una vita convulsa, repentinamente pellegrina, il nostropoeta non trascura mai di studiare, di leggere gli storici, di frequentare

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biblioteche, di scrivere poesie e brani di prosa. Così di lui Oscarre deHassek - il miglior biografo di Pasquale Besenghi degli Ughi - che parlandodelle sue letture le enumera: “...di storia antica, greca e romana, di storiadel basso impero, di storia veneta e friulana, di archeologia, digiurisprudenza, di linguistica e di filosofia, a tacere degli estratti fatti damolte opere così italiane come straniere, di filosofia e di letteratura amena.Chi ebbe una sol volta in mano quei manoscritti non sa capire dovequell’uomo trovasse il tempo per fare degli studi così ampi e severi”.

23.marzo.95 Gianfranco Siljan

Nuovi spazi per la scuola

Il nuovo edificio scolastico per il giardino d’infanzia e la scuola dibase in lingua italiana, secondo le ultime delibere del Consiglio comunaledovrebbe sorgere nella zona tra il viale Primo Maggio e la via Rivoluzioned’Ottobre. L’intera area destinata alla Scuola elementare Dante Alighiericomprende una superficie di 4300 metri quadrati. La superficie assegnataall’edificio dovrebbe essere di circa 400 mq² destinati alle sezioni delgiardino d’infanzia, mentre 2300 metri quadrati dovrebbero soddisfare leesigenze della scuola elementare, in previsione anche dei cambiamentiprevisti dalle nuove riforme scolastiche in Slovenia.

Oltre alle aule, che dovrebbero ospitare 28 alunni, è prevista lacostruzione di una palestra, che secondo le esigenze degli operatori ha daessere di media grandezza, di una cucina per la preparazione di pasticompleti con annessa mensa e sala polifunzionale e spazi sufficienti per leesigenze della cooperativa scolastica. L’edificio dovrebbe svilupparsi sudue piani e avere le entrate separate per le due istituzioni della comunitànazionale. Le aree comuni interne (corridoi, spogliatoi, guardaroba) sonogiudicate sufficienti e confacenti alla normative vigenti.

Le aree esterne a disposizione verranno adibite alla ricreazione e allosvago separati dei bambini prescolari e scolari. Non è stato possibilearricchire le vicinanze della scuola con qualche campo sportivo in più,mentre i parcheggi per le esigenze degli operatori e dei fruitori sarannocondivisi con il resto della cittadinanza.

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A detta delle autorità scolastiche, le esigenze dell’Istituto non sono incontrasto con le normative previste per una scuola come la nostraelementare, anche se saranno ancora necessari patteggiamenti per singoliaspetti della nuova costruzione. Il 28 marzo è stato nominato il Comitatoedile che come primo compito dovrà valutare e scegliere le proposte diprogetto presentate al bando di concorso, il cui termine scade il 10 april.Poi la strada per la costruzione della nuova scuola dovrebbe diventare piùcomoda e agevole.

6 aprile 1995 Marino Maurel

Cittadinanza amara

Morte civile. È la drammatica situazione nella quale sono costretti avivere alcuni nostri connazionali. Quelli più anziani che non hanno presentatola richiesta di cittadinanza slovena nei termini prescritti dalla legge. Pocoimporta ai funzionari di Lubiana se ormai risiedono nella regione costierada trenta e più anni.

Dovevano inoltrare domanda ai tempi del referendum sull’indipendenza, ovvero entro dicembre ’90. Poco importa ora i motivi per iquali non l’hanno fatto. Ma perché umiliare questa gente? Nei luoghi diresidenza non figurano più, anche volendo ottenere, ad esempio, lacittadinanza croata ciò non è possibile perché data l’età e i tanti decenni dilontananza dal luogo natio non sono più compresi nei registri. Ecco che inmancanza di una risposta in termini accettabili da parte slovena si ritrovanoad essere apolidi. Senza passaporto o altro documento ad esempio perviaggiare da Isola, Capodistria o Pirano fino a Muggia o Trieste. E perfortuna che al momento dispongono della carta d’identità rilasciata a vita.

Ma mettiamo il caso che occorra sostituirla - come del restoannunciato - cosa succedera? Meglio non pensarci. Ma questo è soltantoun esempio. Ci sono altri connazionali più giovani che hanno il consortesloveno e loro invece figurano quali stranieri. Anche in tali casi le domandedi cittadinanza sono ferme da qualche parte con conseguenze immaginabili.Soprattutto nel campo lavorativo dove ci si arrangia - i più fortunati - concontratti a termine, ma di posto fisso non è il caso di parlare. Insomma

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disagi a non finire. “Lei è in lista - così più o meno la risposta che si sentonodare a Lubiana - ma bisogna attendere.” E intanto i mesi, gli anni passano.

20 aprile 1995 Claudio Moscarda

50º della Vittoria: Apprendistato di Democrazia

Gli anniversari che stiamo celebrando in questi giorni, o che ciapprestiamo a celebrare nei prossimi, almeno per noi, gente che viviamo esiamo vissuti in queste zone, devono rappresentare momento di riflessione.Perché se è vero che date come il 25 o il 27 aprile hanno rappresentato unmomento storico nella lotta contro l’imperante fascismo, e se è vero che il9 maggio rappresentò la fine del secondo conflitto mondiale, è altrettantovero che, per noi, le conseguenze e le tensioni non sono terminate nemmenoai giorni nostri.

Nella nostra visione della memoria storica, però, forse in maniera unpo’ ingenua e dilettantesca, vogliamo continuar a credere che proprioanniversari come questi significhino un’occasione per riprendere conoscenzae coscienza dei valori e degli ideali di mezzo secolo fa, che la realtà dellecose accadute nel frattempo ha contribuito ad annebbiare o a fartrasbordare verso l’una o l’altra della ideologie. Falsando, nella loro stessaessenza, i valori stessi della Resistenza e dell’antifascismo, quasi fosseroun’ingombrante remora che ostacola il passo dei tempi. Concetti che, unavolta per uno, sono stati rapinati dalla politica di turno per trasformarli damemoria della collettività in strumento del potere.

E se anche è vero, come ha ribadito un importante statista europeoin questi giorni, che nessuno ha il diritto di stabilire che cosa un uomo deveo non deve pensare ricordando i fatti di mezzo secolo fa, va comunqueposto in risalto che da quei fatti nacque l’Europa odierna, e su quei principivenne costruita quella che oggi definiamo “la democrazia del Duemila”. E- per dirla con un nostro importante collega - se la Resistenza e l’antifascismosono stati l’apprendistato della democrazia, allora è un apprendistato il cuiricordo ha ancora un senso.

5 maggio 1995 Silvano Sau

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Finché la barca va...

Sembra che a qualcuno non piaccia l’idea di darsi uno Statuto, il che- in democrazia - significa stabilire delle regole di comportamento e dicontenuti, preferendo una situazione fluida, tanto... finché la barca va,lasciamola andare. E questo può valere per gli statuti comunali, ma ancheper alcuni statuti delle nostre organizzazioni minoritarie. Indipendentementedal fatto, incontestabile, che la mancanza di questi documenti ci rendeindubbiamente più deboli ed inefficaci nella nostra azione e nelcoordinamento delle nostre attività. Come interpretare diversamente lesorti del documento fondamentale della Comunità autogestita costiera che,a distanza di mesi, non riesce ad approdare ad una soluzione positiva? Esi, che di problemi da affrontare ce ne sono, a tutti i livelli: di coordinamentotra le singole Comunità anche in vista dell’approvazione degli Statuticomunali, ma soprattutto di azione congiunta nei confronti del potere checerca di predicare bene, ma si vede lontano che razzola molto male. Apartire dai finanziamenti alle nostre istituzioni, per arrivare alla garanzia diquei diritti che riteniamo non solo legittimi, ma necessari per la nostrasopravvivenza. Siamo ormai a metà maggio. In base alla legge, l’ultimotermine per dar vita a questo nostro organismo costiero è la fine di maggio.Allora cesserà di essere valida anche la Delibera statutaria provvisoriaadottata dalle tre comunità proprio per darsi tempo e arrivare allo Statutocostiero. E allora? Ciascuno per conto proprio? Lasciando che,impunemente, a parlare per noi sia chi ha più voglia di gridare? Tanto,almeno per qualcuno, fin che la barca va...

18 maggio 1995 Silvano Sau

Nessuna sorpresa

Le dimissioni di Silvano Sau dagli organi dell’Unione italianacertamente non possono essere considerate un fulmine a ciel sereno. Eranonell’aria, e da tempo. Il suo mandato, infatti, era vincolato al riordinamentodell’UI, all’aggiornamento dei suoi atti fondamentali. Cose non avvenute,

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anzi testardamente rifiutate dalla dirigenza dell’UI. Questa, il più delle volte,addirittura snobbava le richieste da lui avanzate in nome della sua Comunitàdi appartenenza. In altre parole, si è visto ripetutamente costretto adaffrontare la sempre triste e neanche lontanamente democratica politicadel “o sei con me, o sei contro di me”. Politica che, francamente, nononora il nostro gruppo nazionale.

Se a ciò aggiungiamo alcuni tentativi di discredito personale tramitele pagine dei giornali, per opera di qualche penna di dubbia eticaprofessionale, allora non ci si poteva aspettare altro che questo suo attoche lascia dell’amaro in bocca a chi credeva che l’UI sarebbe prestodivenuta un’organizzazione capace di muoversi al passo con l’evoluzionedel mondo.

15 giugno 1995 Gianfranco Siljan

Un matrimonio che non s’ha da fare

Su queste pagine abbiamo scritto più volte che Isola è votata ai partilunghi e possibilmente dolorosi. Uno di questi si sta rivelando pure il progettodel nuovo edificio della Scuola elementare di lingua italiana “Dante Alighieri”.Quando sembrava tutto pronto per l’avvio dei lavori, ecco apparire sulle“Primorske novice” un articolo in cui il sindaco di Isola, Mario Gasparini,rifletterebbe sulla possibile esclusione dal progetto dell’ala destinata aospitare l’asilo di lingua italiana integrato nella “Dante Alighieri”. Un fulminea ciel sereno; questo magari è un po’ difficile, visto che negli ultimi tempi ilsereno è una chimera. La nuova soluzione del problema ambienti per l’asilodi lingua italiana, secondo quanto apparso sul giornale, andrebbe ricercatanello stabile dell’asilo di lingua slovena, dove c’è eccedenza di spazi. Noi,a riguardo della questione, abbiamo interpellato la direttrice della “DanteAlighieri”, Amina Dudine, che così ha reagito: “Qua non si tratta neanchedi reagire, si tratta semplicemente di non prendere assolutamente inconsiderazione una simile proposta. È una cosa che non si puòassolutamente effettuare. Lo abbiamo provato tantissimi anni fa e abbiamovisto quanto di negativo è successo. E questo non per un fatto di discordia

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con l’istituzione slovena. Con quest’ultima, del resto, abbiamo rapportioltremodo amichevoli e di ampia collaborazione. Noi dobbiamo operareper mantenere la nostra identità. Perciò, soltanto stando in un edificioseparato e collaborando con le istituzioni di tutela dell’infanzia di linguaslovena noi possiamo mantenere la nostra lingua, possiamo mantenere lanostra cultura”. Insomma, un matrimonio che non s’ha da fare.

19 ottobre 1995 Gianfranco Siljan

Raus!

Non fosse altro che per questo, dovremmo dare atto al nostro Sindacodi essersi comportato con coerenza, nel rispetto del ruolo istituzionale cheè chiamato a ricoprire. Assieme agli altri due sindaci, di Capodistria e diPirano, ha preso una chiara posizione nei confronti della ventilata propostadi legge sul rilascio a richiesta di carte di identità bilingui. E ha preso altresìposizione nei confronti dell’iniziativa di abrogare l’art. 40 della Legge sullacittadinanza, con valore retroattivo. Un atto dovuto nel rispetto, comedicevamo, del suo ruolo di Primo cittadino tra cittadini con pari diritti euguale dignità, pur nella loro diversità nazionale, linguistica, politica oreligiosa. Nel rispetto delle norme e delle regole che contribuiscono aformare uno Stato di diritto. A riprova che, nonostante simili iniziative, laSlovenia è ancor sempre legata a quelle profonde aspirazioni storiche,culturali e nazionali che di fatto la inseriscono nel contesto più ampio delmondo civile.

Il Parlamento sloveno - anche se con ritardo - ha demandato allaCorte Costituzionale il compito di stabilire quanto una iniziativa del generesia anticostituzionale e lesiva dei diritti umani fondamentali. Per questo nonpossiamo non esprimere soddisfazione. Rimane il fatto che, comunque, undanno notevole è stato già arrecato. Perché ha introdotto un germe chepotrebbe avvelenare ulteriormente gli animi. Potrebbe introdurre - se nonl’ha già fatto - un profondo senso di insicurezza in decine di migliaia dicittadini. Potrebbe instaurare una reazione a catena di quella tragica esciagurata sindrome del cittadino ariano e di quello che, se non può essereeliminato, va comunque emarginato, ghettizzato, espulso dal vivere civile e

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comunitario. Come rileva un comunicato della C.N.A. Costiera, la comunitànazionale italiana, da sempre sostenitrice e foriera di rapporti che sirichiamano alla convivenza e alla tolleranza, anche in questa occasioneesprime la propria convinzione che le forze realmente democratichevorranno e sapranno far fronte a qualsiasi tentativo che si pone come finela disintegrazione dello Stato di diritto e il ripristino di un modello di societàche si richiama ai periodi più oscuri di una storia neanche tanto lontana eche tanti disastri e vittime ha provocato pure in queste terre. Ed i primi chene subirebbero le conseguenze saremmo proprio noi, appartenenti ad unaminoranza nazionale, quindi per definizione appartenenti ad una categoriadi “diversi”.

Per il momento, oltre ad esprimere la nostra preoccupazione, nonpossiamo fare altro che invitare i cittadini a declinare l’invito a firmare perl’introduzione di una nuova stella di Davide.

9 novembre 1995 Silvano Sau

Ventesimo compleanno del coro misto ‘Haliaetum’ della C.I. PasqualeBesenghi degli Ughi. A dirigerlo il maestro Strudhoff

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Osimo: vent’anni dopo...

Si è riparlato di Osimo in queste settimane, in forma più o menocelebrativa e commemorativa. Per sottolinearne i valori di civiltà e diintegrazione a vent’anni dalla loro firma, in un contesto politico, statuale einternazionale completamente diverso. Osimo, con le sue luci e le sue ombre:per far brillare le luci e dissipare le ombre. Per superare queste ultime evalorizzare le prime. Per far riemergere quei valori che, per noi appartenentiad una minoranza, ribadiscono nuovamente la convinzione di unaprospettiva possibile soltanto nell’ambito di una politica che, riconoscendoi confini, agisca e introduca regole e strumenti capaci di ridurne al minimola loro presenza reale. Guidati come siamo, per esperienze maturate neidecenni, dalla consapevolezza che la storia non è un libro contabile fatto diaddizioni e sottrazioni, perché indubbiamente noi finiremmo nella colonnadelle sottrazioni. E anche perché siamo convinti che i “deficit” registrati nelpassato da una parte non possono essere addebitati nel futuro dall’altraparte.

Nei rapporti e nelle relazioni tra Paesi vicini in questo secolo ci sonostate certamente delle ingiustizie, e violenze sono state subite da tutte leparti. Le ingiustizie, però, per quanto dolorose, non possono esseremisurate, pesate, saldate e restituite. Raramente la storia e la giustizia vannodi pari passo ed hanno criteri comuni di valutazione. La storia è semprestata ingiusta con qualcuno. Lo è stata anche con noi, appartenenti ad unacomunità nazionale che altri, nel tracciare i confini, hanno voluto minoritaria.Come lo è stata per tutte le genti che in quest’area di confine avevano,hanno e – speriamo - continueranno ad avere dimora.

Per noi, quindi, è indispensabile che gli Stati, ai quali facciamoriferimento, nel tracciare proprie strategie e nel progettare il viaggio versoil futuro, non mercanteggino con il nostro essere e non ci costringano voltaper volta ad affiancare ora l’uno e ora l’altro, visto che, comunque, domanicome oggi, saremo costretti a vivere assieme. E da queste entità statalidipenderà se diventeremo elemento di ostacolo o elemento di opportunitàpropositiva.

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La consapevolezza, quindi, che l’unica via oggi percorribile è quelladi cercare responsabilmente un accordo per il futuro, affinché le ingiustiziedi ieri non si trasformino in nuove ingiustizie di oggi e di domani.

23 novembre 1995 Silvano Sau

Vicenda EDIT: Giochi pericolosi

I cittadini di Isola si rendono perfettamente conto dell’importanzache, al giorno d’oggi, riveste l’informazione, anche quella piccola, cittadinae rionale. Se ne rendono conto perché è proprio essa - se libera eindipendente - che permette un maggiore e costante coinvolgimento dellapopolazione nella gestione della cosa pubblica e nel controllo di chi detienele leve del potere. Ed è proprio per soddisfare queste esigenze, che sonoanche un diritto fondamentale, che a Isola sono nate e continuano a vivereiniziative come il “Mandraè” o - per conto nostro - “Il Mandracchio”.

Rimaniamo sconcertati, quindi, alle notizie che ci arrivano dalla Croaziae che riguardano direttamente, in maniera pesante, anche il nostro quotidiano“La Voce del Popolo”.

Noi, comunque, siamo convinti che questa burrasca momentanea,prima di trasformarsi in un uragano vero e proprio, finirà necessariamenteper calmarsi e normalizzarsi. Anche perché, ripetendo le parole del direttoredell’ EDIT, Ezio Mestrovich, le vicende doganali fiumane di questi giornisono talmente paradossali, da impedirci di prenderle seriamente inconsiderazione. Per tutta una serie di motivi: per l’assurda enormità dellesanzioni comminate, per il contenzioso che rischia di aprirsi nei rapporti traCroazia e Italia, visto che si tratta sempre di un progetto bilateraleconcordato tra i due Paesi. Ma anche perché, se attuata, quella sentenzasignificherebbe togliere definitivamente e senza possibilità di ricorso undiritto garantito alla minoranza italiana anche dalla costituzione croata, oltreche da tutte le convenzioni e trattati internazionali. Infine perché questodiritto non verrebbe tolto soltanto a quella parte della minoranza italianache vive dall’altra parte del Dragogna, ma anche a noi che viviamo in

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Slovenia e che nell’Edit riconosciamo una delle istituzioni minoritarie comunidi importanza fondamentale e insostituibile. E, come tale, è riconosciutaanche dallo Stato sloveno che provvede, per la sua parte, a finanziarla.Proprio perché rappresenta l’adempimento di un nostro dirittocostituzionale.

Ecco il perché del nostro forzato ottimismo. Perché il danno sarebbetalmente enorme da sconfinare nell’assurdità. Ma, sapendo che non deveessere certamente piacevole ritrovarsi in situazioni del genere, soprattuttose senza pena né colpa, ai colleghi de “La Voce del Popolo” e a tutti icoinvolti da queste assurdità va la piena solidarietà della nostra redazionee di tutti i connazionali di Isola

18 aprile 1996 Silvano Sau

Consiglio comunale: luce verde alla vendita dialcuni immobili

Il Consiglio comunale ha approvato il decreto con il qualel’amministrazione viene autorizzata ad iniziare la procedura di vendita dialcuni immobili, tra cui gli edifici in cui hanno sede attualmente la scuolaelementare e l’asilo italiani. Su proposta dei nostri consiglieri, nel decretoè stata inserita la clausola che, indipendentemente da quando verrà stipulatol’atto di vendita, questo verrà reso esecutivo solo dopo che gli attuali fruitoriavranno trovato adeguata sistemazione. Come è noto, è in fase direalizzazione la nuova sede della “Dante Alighieri”, ivi inclusa la sede delnuovo asilo, e l’aggiunta al decreto garantisce che il passaggio di proprietànon potrà avvenire prima della sua ultimazione e prima del completotrasferimento dell’istituo scolastico nei nuovi vani. Approvata senza grossidibattiti anche la bozza di bilancio di previsione del Comune per il 1996che, comunque, dovrà venir presentato in Consiglio in seconda letturaprima di essere approvato.

Al punto riguardante le domande dei consiglieri ci sono state anchealcune che riguardano direttamente la nostra comunità e le sue istituzioni. Ilconsigliere Zadel ha chiesto se è vero che agli alunni della “Dante Alighieri”sia stato espressamente proibito di usare la lingua slovena nelle

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comunicazioni personali all’interno dell’edificio scolastico. In replica, daparte dei nostri consinglieri, è stato rilevato che non è verosimile trattarsi diun divieto, quanto - forse - di un invito rivolto alla scolaresca per facilitarel’apprendimento della lingua italiana e la necessaria dimestichezza con essa,anche ai fini dello studio. Come abbiamo avuto modo di verificaresuccessivamente, infatti, si è trattato di un invito rivolto neanche agli alunni,ma ai genitori, durante una regolare riunione, visto che alcuni studentidimostrano non poche difficoltà nell’esprimersi nella lingua della scuolache frequentano. Se così è, probabile che quell’invito sia stato maleinterpretato - in buona o cattiva fede - se non addirittura usatostrumentalmente.

All’amministrazione comunale è stato chiesto, inoltre, quale servizioamministrativo abbia concesso i permessi di affissione di scritte pubbliche,visto che alcune aree di servizio recentemente aperte o ricostruite a Isolanon rispettano le clausole statutarie sull’ufficialità delle lingue slovena eitaliana nelle zone nazionalmente miste.

Infine, sempre da parte dei nostri consiglieri, è stata nuovamente postala domanda su quando verrà presentata in Consiglio la proposta didenominazione bilingue di alcune Comunità Locali, visto che il Consigliostesso aveva posto a suo tempo un termine di sei mesi, ormai ampiamentesuperato, e visto che la stessa domanda è stata presentata più volte senzaavere una risposta.

9 maggio 1996 S.S.

Noi e i 50 anni della Repubblica italiana

Domenica scorsa, due giugno, la Repubblica italiana ha celebrato ilsuo cinquantesimo anniversario. Un evento che riveste grande importanzaanche per noi, comunità nazionale italiana minoritaria, cittadini di un paesevicino e sovrano, che però, nei valori culturali e di civiltà democratica dellavicina penisola ci riconosciamo per origini e appartenenza.

Un avvenimento importante, perché rappresenta la conclusione dellevicende belliche e postbelliche di mezzo secolo fa, anche se allora, almomento della nascita della repubblica, non si erano ancora concluse le

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traversie su questa parte dei confini europei. Ma già allora - ad un annodalla fine del secondo conflitto mondiale - eravamo diventati cittadini diun’entità diversa e, di fatto, già minoranza nazionale. Pure se, anche noi,residenti nell’allora zona B della Regione Giulia, avevamo contribuito allanascita di questa Italia, democratica e repubblicana.

Una repubblica - e ci piace ricordare le parole di quel grandeintellettuale che fu Piero Calamandrei - nata dal patto giurato tra uominiliberi, che si adunarono per dignità, non per odio. È per questo che il duegiugno deve essere vissuto come una festa anche per noi, che siamo statipartecipi o testimoni diretti, o discendenti di quei connazionali, oggi sparsidall’una e dall’altra parte dei confini successivamente sorti e che,contrariamente alle aspettative, hanno diviso più di quanto avrebbero potutounire. Ma anche se, come appartenenti ad una minoranza, siamo cittadinidi uno Stato vicino e sovrano, il nostro interesse è legittimo, perché legittimie autentici sono i nostri sentimenti.

Anche se non possiamo rivendicare diritti concreti nei confronti delloStato della nostra matrice nazionale, da questo possiamo rivendicare ilriconoscimento di un suo preciso e permanente dovere nei nostri confronti.Quello di aiutarci, con tutte le sue potenzialità, nel mantenimento dellanostra identità nazionale, culturale e linguistica. Approfondendo,incentivando e promuovendo tutte quelle forme di interventi e di attivitàche possono contribuire ad un nostro sviluppo presente e futuro, nell’ambitodi un rapporto cosciente, voluto e auspicato con la nostra matrice nazionale.

6 giugno 1996 Silvano Sau

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Presente pure il Sindaco di Isola, Mario Gasparini, prima riunionenella sede di Palazzo Besenghi con esponenti del Ministero degliesteri italiano per definire l’inizio dei lavori di restauro di PalazzoManzioli.

Cinque anni dopo: obiettivo Europa

Tra qualche giorno la Slovenia celebrerà il quinto anniversario dellasua indipendenza. Lo farà con una importante nuova nota positiva: nelruolo di membro associato all’Unione Europea. E lo farà a pochi giorni didistanza dall’incontro che il primo ministro Janez Drnovšek ha avuto con ilsuo omologo italiano, Romano Prodi.

Non è poco, se si pensa che ancora un anno fa gli alti e bassi deirapporti con l’Italia facevano prevedere tempi ben più lunghi. A distanza dicinque anni, dunque, Lubiana è riuscita a collocare un altro importantetassello sul suo cammino, avviato ormai decisamente sulla strada delleintegrazioni europee ed occidentali. Sabato scorso, inoltre, c’è stato già il

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primo incontro ufficiale, come dicevamo, tra i capi di governo di Sloveniae Italia per affrontare concretamente la lista dei problemi ancora aperti neirapporti bilaterali. E anche se l’incontro è stato promettente, almeno standoalle notizie di stampa, certo la strada per un accordo definitivo non sarà néfacile, né breve. Pensiamo anche al capitolo che riguarda la posizione dellerispettive minoranze. E, a proposito di liste di problemi da risolvere, unaabbastanza consistente è stata presentata al primo ministro Drnovšek, proprioalla vigilia della sua partenza per Roma, dalla delegazione della ComunitàAutogestita Costiera della nostra nazionalità, di cui facevano parte anche ipresidenti delle CAN comunali,. Una specie di promemoria verbale su tuttii problemi che la nostra comunità incontra sul suo cammino minoritario intutti i settori della vita sociale, economica, culturale e scolastica. Un incontro,dunque, che non ha voluto adempiere ad un rito, quanto piuttosto fornire alledue diplomazie argomenti e dati sulla nostra posizione, in modo che durantele trattative si possa giungere effettivamente a soluzioni adeguate e specifiche.Per evitare, in pratica, che a improntare il corso delle trattative sia un nonmeglio definito principio della reciprocità, tanto caro alle diplomazie, quanto,invece, la necessità di offrire alle minoranze quel ruolo di soggettività e -quindi - soluzioni specifiche che la loro posizione richiede.

Negli ultimi anni e decenni, le due realtà minoritarie (italiana in Sloveniae slovena in Italia) hanno potuto evolversi, o soltanto sopravvivere, in situazionisostanzialmente diverse e difficilmente paragonabili. Di conseguenza sarebbeauspicabile identificare, per ciascuna, quelle misure che potrebbero garantire- nello specifico - uguali opportunità. Un tanto sarà possibile soltanto se ledue diplomazie vorranno assumersi in prima persona le responsabilità cheloro derivano dall’essere contemporaneamente lo Stato di diritto di unacategoria di cittadini particolarmente debole e lo Stato della matrice nazionaleche deve mantenere vivo e costante il proprio rapporto con esso. Dallasomma di queste precise responsabilità, tenendo conto del ruolo di soggettodelle realtà minoritarie, non dovrebbe essere poi tanto gravoso e difficilearrivare a delle soluzioni comuni, gratificanti per le minoranze, ma allo stessotempo, anche per gli Stati, perché starebbero a dimostrare il loro grado dimaturità politica e di volontà democratica nei confronti di un organismoinfinitamente più debole.

20 giugno 1996 Silvano Sau

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Nel 1996 hanno inizio anche i lavori di costruzione della nuovascuola elementare italiana ‘Dante Alighieri’, che prenderà il postodell’edificio ormai vecchio di un secolo di via Gregorèiè, prima viaBesenghi e, prima ancora, via Santa Caterina.

A colloquio con il Presidente

Per una comunità nazionale minoritaria i rapporti tra Paesi confinantisono sempre elemento di grande rilevanza, perché dall’andamento dellerelazioni bilaterali dipende in buona parte anche la sua posizione ed il rispettodei suoi diritti. Per cui la visita di un Capo dello Stato ed i colloqui con laparte vicina vanno certamente inseriti in un contesto di rapportiistituzionalmente già propositivi e stabili, nonché improntati ad un loroulteriore miglioramento. Questo il messaggio di fondo che la delegazionedella Comunità autogestita costiera della nostra nazionalità ha volutosottolineare al presidente della Repubblica di Slovenia, Milan Kuèan,durante l’incontro avvenuto a Lubiana proprio alla vigilia della sua partenza

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per Roma. Nell’occasione al presidente Kuèan sono stati illustrati tutti iproblemi che riguardano la nostra comunità e che ancora attendono diessere risolti in tutti i settori della nostra presenza, da quello culturale, aquello dell’istruzione, a quello economico, a quello della necessità di arrivarequanto prima ad accordi bilaterali sia con lo Stato della nostra matricenazionale, sia con la Croazia, dove hanno sede alcune delle più importantiistituzioni comuni.

Nel corso del colloquio, protrattosi per oltre un’ora, il Presidente siè dimostrato particolarmente attento e informato su tutti i problemi chesono stati portati in campo ed ha espresso la sua piena disponibilità adimpegnarsi per una loro soluzione. Ed anche i dispacci pubblicati a seguitodella sua visita nella capitale italiana dimostrano che proprio i problemiminoritari dall’una e dall’altra parte sono stati sempre al centro dei colloquicon le massime cariche dello Stato italiano. In particolare, sia da partedella delegazione, che del nostro deputato alla Camera di Stato, al Capodello Stato è stata espressa profonda preoccupazione per i tentativi dialcune forze politiche di limitare fortemente quelli che sono i diritti garantitialla nostra comunità dalla Carta costituzionale, ivi compresa la legittimitàdel nostro deputato eletto al seggio specifico. Di questo presunto contrastotra quanto stabilito dalla Costituzione e da come viene attuato dalle singoleleggi, è stata informata la Corte Costituzionale, che proprio in questi giorniha indetto un pubblico dibattito, al quale sono stati invitati anche i nostrirappresentanti.

Come è stato rilevato anche durante l’incontro con il presidente dellaRepubblica, accettare questo tipo di logica e di intervento significherebbefare un salto indietro di cinquant’anni per quanto riguarda la posizionedelle comunità nazionali minoritarie. Sospendere un loro preciso diritto,ricorrendo alla formula proposta di un presunto danno allo Stato,significherebbe criminalizzare tutto il corpo minoritario.

19 dicembre 1996 Silvano Sau

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Sorpresa invernale, ma non tanto: neve in riva a Isola

Salute e bori!

“Anno nuovo, vita nuova” si usava dire ancora non molto tempo fa,quando i ritmi individuali e collettivi sembravano scanditi dal trascorreredei mesi e degli anni. Quando gli avvenimenti per succedere e per entrar afar parte della memoria storica, avevano bisogno di un determinato periododi tempo che non andava misurato in ore giorni o, al massimo, in settimane,come puntualmente succede oggi.

Se provassimo a fare un piccolo calcolo, ci sarebbero almeno unpaio di dozzine di fatti che dai dodici mesi del vecchio 1996 andrebberotrasferiti nel computer delle cose da non dimenticare. Tra un anno o tracinquant’anni. Tenendo conto soprattutto del fatto, che la popolazione diqueste zone di confine, in questo secolo, è stata spesso e volentierimanipolata, se non addirittura cancellata del tutto. È stata rimossa dallacoscienza comune, per esempio, la presenza austroungarica perché

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privilegiava la classe borghese, il capitale e l’irredentismo italiano. Conadeguate operazioni di bisturi storico è stata eliminata la venticinquennalepresenza italiana, perché identificata con il mostro fascista. Poco è rimastopure del periodo succeduto alla seconda guerra mondiale: la Regione Giulia,il Territorio Libero di Trieste, le battaglie internazionali in cui nessuno maisi preoccupò di chiedere alla gente che cosa ne pensasse e che cosa inrealtà avrebbe preferito. Gli esodi, le paure, le speranze e, nonostantetutto, i sogni.

Proprio l’anno che stiamo iniziando, il 1997, potrebbe rappresentareil momento della riflessione: a cinquant’anni di distanza - che cosa nesappiamo del 1947? Che cosa ne sanno in particolare i più giovani, coloroche oggi stanno incominciando a costruire la memoria storica del presentee del futuro? Che cosa ne sanno dell’anno in cui venne deciso il nostrodestino di minoranza nazionale?

Il 1947 è stato l’anno del Trattato di pace di Parigi. L’anno in cuivenne costituito il mai realizzato Territorio Libero di Trieste, con le sueZone A e B. L’anno in cui vennero praticamente smantellati i conservificidell’Arrigoni e dell’Ampelea, nonché la flotta isolana dei pescherecci. L’annoin cui venne assalito, perché filoitaliano e fascista, il vescovo Santin. Equando nel giro di pochi giorni tutte le scuole italiane si ritrovarono senzainsegnanti. Quando si incominciò a preparare quello che fu poi denominatoil “processo Drioli”. E quando la “grande patria socialista” approntò learmi per il grande scontro con il revisionismo anticominformista jugoslavo,scoppiato l’anno dopo e che colpì inesorabilmente anche una buona partedella nostra gente.

Frammenti di storia, o meglio, frammenti di piccole storie checontribuirono a scrivere un grande capitolo della Storia internazionale diquest’ultimo mezzo secolo: che sarebbe bene conoscere per conosceremeglio anche noi stessi. Non per tirare delle somme, nemmeno per cercardi identificare chi allora si trovasse dall’una o dall’altra parte, perché lepaure e le sofferenze non si possono pesare e fatturare, ma semplicementeper poter affrontare con maggiore serenità i mesi e gli anni che devonoancora venire. Pur sapendo che la storia non viene creata dalla volontàdelle migliaia di persone che la vivono quotidianamente, ma da interessi -più o meno palesi - comunemente definiti superiori.

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Importante, comunque, è la speranza e la voglia di cambiare. Percui, anche in questo 1997, a pochi passi dal fatidico Duemila, l’auspicioche sia migliore dell’anno che ci lasciamo alle spalle, per noi e per quellaparte della futura memoria storica che sono e saranno chiamati a costruirei nostri discendenti.

A tutti quindi, connazionali e concittadini, auguri di prosperità e salute.

Oppure, come dicevano i nostri vecchi, “SALUTE E BORI!”

9 gennaio 1997 Silvano Sau

L’inciucio del “gratta e vinci”

Mentre stiamo scrivendo questo pezzo non sappiamo ancora qualesia stata la risposta definitiva dei partiti sloveni alla proposta avanzata dalpresidente incaricato per un governo cosiddetto di “unità nazionale”, comesuggerito dalla coalizione di destra una volta vista sfumare la possibilità didisporre della maggioranza in parlamento grazie ad un voto transfugo. Nésappiamo la risposta del presidente alle loro osservazioni.

Fermi restando i nostri dubbi su un governo così formulato, ancheperché sinceramente non ne intravediamo la necessità, c’è da chiedersi sein Slovenia non ci si trovi sulla strada di una coalizione di governo alquantostrana.

Per quel poco che siamo riusciti a imparare delle regole democratiche,eravamo convinti che una democrazia parlamentare si regga sostan-zialmente su un principio fondamentale, che è quello di una maggioranzache ha il compito di governare, e di un’opposizione che ha il compitoistituzionale di controllare l’attività del governo.

Anche se una soluzione definitiva sembra ancora di là da venire,tuttavia abbiamo l’impressione che la Slovenia stia adottando una specificavariante di quella che nella ricca terminologia del politichese italiano vienedefinita come la “politica dell’inciucio”. Una variante, cioè, nella quale nonè chiaro chi si trovi al governo e chi all’opposizione. O, per meglio dire,l’attuazione di quella regola secondo cui il potere logora soprattutto chinon si trova nella stanza dei bottoni.

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Una situazione che ha presto trovato ramificazioni anche a livellolocale. Questa almeno l’impressione avuta dopo l’ultima seduta delConsiglio Comunale di Isola. Anzi, dopo la continuazione della sedutache, anche questa volta - dopo sei ore di sterili dibattiti - non ha conclusoancora niente ed è stata nuovamente interrotta.

Chiamati ad esprimersi per un sindaco professionista (quindi elezioniquanto prima) o un sindaco part-time (quindi votazione su modificastatutaria), gli schieramenti presenti in aula hanno capovolto completamenteil loro atteggiamento. Chi fino a ieri appoggiava il sindaco si è trovatoall’opposizione e chi, non più tardi di una settimana fa chiedeva ancora agran voce le sue dimissioni, si è improvvisamente inventato suo grandesostenitore.

Finirà magari, così a Lubiana come a Isola, il Presidente o il Sindacosi troverà a governare contro coloro che inizialmente l’hanno portato nellastanza delle leve del potere. Un potere che ha tutta l’aria di essereimprontato all’insegna - come rileva spesso un nostro connazionale - del“gratta e vinci”.

23 gennaio 1997 Silvano Sau

L’inciucio...

Ad un certo punto bisogna avere il coraggio di ammetterlo. Da quasitre mesi e mezzo eravamo in attesa della lieta novella: il presidente Drnovšekè finalmente riuscito a mettere assieme il suo governo. In fondo, non eraimportante con chi e con quali forze politiche sarebbe riuscito a farlo.L’unica cosa certa era ed è, che sarebbe stato lui a concepirlo. Governodi maggioranza del centro-sinistra, governo di unità nazionale governo disinistra con qualche pesante accentuazione lasciata alla destra. Un voto ditroppo o un voto che mancava. Tutto è stato provato in questi novantagiorni. Tuttavia, e questo è un dato di fatto, tutto è ruotato sempre attornoalla figura del presidente Drnovšek ed al fatto che, comunque, sarebbestato lui a formare il nuovo governo. Tanto da poter dire, con il senno dipoi, che non è mai stato il presidente “incaricato”, come vuole una vecchiae ormai stantia formula, ma è sempre stato il presidente “designato”.

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Per la verità, già un mese fa abbiamo parlato da queste stesse colonne,di un possibile “inciucio” alla slovena. Solo che, nella nostra ingenuità, nonpotevamo prevedere le dimensioni di questa specifica variante del verbo“inciuciare”. Forse anche perché ha origini vicine nel tempo e tutte le sueaccezioni si vanno ancora completando. Una variante che nel giro di pochigiorni ha sciolto alleanze che sembravano granitiche. Vi ricordate - sembraun secolo fa - le testimonianze di fedeltà reciproca rilasciate a gran vocedai cosiddetti partiti che si autorichiamavano alla primavera: tutti per uno euno per tre? Sembra che oggi, improvvisamente si ritrovino in pieno autunno,almeno due di essi. Vi ricordate il transfugo che per un voto riuscì a darforza alla coalizione di sinistra e che assieme all’imponderabile e indefinibileJelinèiè permetteva la designazione del presidente? Vi ricordate - era ancoraieri - i contratti di coalizione e le liste dei ministri che, pur con unamaggioranza di un voto, si preparavano ad assumere il governo del Paese?Oppure le nostre perplessità sul futuro ministro degli interni? Per il qualesuggerivamo al nostro deputato di chiedere garanzie formali prima diesprimere il suo sostegno. E vi ricordate, infine - era la vigilia di Carnevale- durante il voto sulla nuova compagine governativa, il 46.esimo voto cheera venuto improvvisamente a mancare?

Ora, finalmente, il governo si fa. Sembra non ci siano più dubbi.Accantonate le vecchie alleanze, esprimendo dei “mi dispiace” a destra ea sinistra, ma, come stanno cercando di convincerci, gli interessi del Paeselo esigono. È nella natura delle cose e della politica. Probabilmente, tantoper non sentirsi fuori, anche chi rappresenta la nostra comunità si sentirà indovere di esprimere il proprio consenso. Anche perché è meglio esserevicini piuttosto che fuori, in sala d’attesa pur se - a parte la buona volontà- non è che questo cambi qualcosa. Volendo concludere, tanto per restarenel campo di una possibile saggezza popolare, il tutto conferma ancorauna volta che la politica è indubbiamente l’arte del possibile. E qualchevolta anche dell’impossibile. Soprattutto tenendo conto, come dicevano inostri vecchi, che la politica è una gran figlia di p….. Per cui, se una manolava l’altra, aiutati che Dio t’aiuta. In questo caso, anche la mano che haaiutato a far sparire il famoso 46.esimo voto potrebbe essere - ma sappiamoche non è pensabile - la mano designata dalla Provvidenza..

20 febbraio 1997 Silvano Sau

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Comunità italiana: un chiarimento

A ragione o a torto, la Comunità degli Italiani “Pasquale Besenghidegli Ughi” di Isola si trova ad occupare in questi giorni intere colonne digiornali nostrani e non. Se ciò succede, indipendentemente da quante“verità” questi articoli contengano, crediamo che il sodalizio abbia il compitodi informare i suoi soci sul reale stato delle cose. Non fosse altro che pertranquillizzare coloro che di fronte a tante polemiche possono sentirsipreoccupati. Senza entrare nel merito di chi e perché sia stato sollevato ilcaso, e senza cercar di capire a chi può interessare la creazione di unconfronto così duro e così aspro, nel momento in cui questo rischia didiventare un “problema”, è necessario trovare la forza per analizzarlo,discuterlo e, se possibile, risolverlo.

Un problema, quindi, che avrebbe potuto e dovuto essere affrontatoproprio nell’ambito degli organi direttivi della Comunità, nel rispetto deidocumenti fondamentali che essa si è data, e che se lasciato aperto rischiadi ripercuotersi negativamente sugli stessi connazionali e, magari, portareacqua al mulino di chi, dietro le quinte, sta operando per raggiungere lostadio del “tanto peggio-tanto meglio”. Tanto più se a trovarsi da una partedella palizzata si trova uno degli esponenti di spicco della stesso organodirettivo. Già la settimana scorsa, all’annuncio che si sarebbe riunito ildirettivo della Comunità, ci aspettavamo una presa di posizione che,nell’ambito di un dibattito sereno e argomentato fra le parti, portasse aduna proposta di conciliazione e di reale volontà di soluzione del problema.Invece, vuoi per la mancanza di capacità di dialogo, vuoi per l’assenza dialcuni membri, che pur hanno accettato di far parte del direttivo e chesono quasi sempre assenti, vuoi per l’intolleranza dimostrata da parte dichi è solito discutere con gli argomenti della forza e non con la forza degliargomenti, la confusione è rimasta, i dubbi - se possibile - sono ancora piùnumerosi. Al di là di quelli che possono essere i reali contenuti e contornidella polemica e, come dicevamo prima, senza entrare nel merito di chi haavuto interesse a provocarla, visto che, pur facendo parte del sodalizio epur essendo stato eletto ad una delle cariche più prestigiose, non crediamopossa vantare meriti particolari per le sue attività, rimane il fatto, che spettaproprio agli organi direttivi il compito di dare una risposta chiarificatrice.

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Magari convocando un’assemblea. Per un senso di necessario rispettoper coloro che verso questo direttivo ed i suoi componenti, nessunoescluso, hanno dimostrato fiducia.

Ma anche perché, a lungo andare, invece di un impegno nellarealizzazione delle finalità c’è il pericolo che il tutto si esaurisca in unapolemica senza fine, in una dimostrazione di corde vocali gonfiate e dimuscoli tesi. Con il risultato finale, che sul ring dello scontro non solo nonci sarà più il pubblico, ma verrà a mancare anche l’arbitro.

Quindi, con un pizzico di sale, un invito a smorzare i toni ed i decibel,affrontando un dibattito serio che possa portare ad una soluzione. In fondogli statuti ed i regolamenti, nonché gli organi direttivi, esistono proprio perquesto. Per essere rispettati e, nel caso si dimostrino manchevoli o sbagliati,per essere migliorati. Senza togliere niente a nessuno, ma anche senzaoffrire niente a coloro che vorrebbero aver ragione senza aver primaappurato se di ragione si tratta.

6 marzo 1997 La redazione

Finalmente, sembra che anche per Palazzo Manzioli sia finita lastagione delle attese. Tutto pronto per dare inizio ai lavori di restauro.

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Slovenia-Italia – Palazzo Manzioli: che sia la voltabuona...

Cinque giorni memorabili quelli della settimana scorsa perchéimprontati quasi completamente ai rapporti bilaterali tra Slovenia e Italia,alla collaborazione economica e all’approfondimento delle tematicheeuroatlantiche. Uno sforzo non indifferente che – a parte le eccezioni checi sono sempre – ha contribuito a creare nell’opinione pubblica, ma anchetra la maggioranza delle forze politiche, un’atmosfera di rinnovatacomprensione e di abbattimento delle diffidenze che, bisogna ammetterlo,per troppo tempo qualcuno si era impegnato a costruire dall’una e dall’altraparte.

Dunque,ci sono stati la visita a Lubiana del Presidente del Consiglioitaliano, Romano Prodi, ed i colloqui con il collega sloveno Drnovšek, maanche con le altre massime cariche dello Stato. Dobbiamo ricordare ancheil nutrito gruppo di imprenditori italiani guidati dal presidente della RegioneFriuli – Venezia Giulia, Giancarlo Cruder, e l’incontro definito a carattereprivato di giovedì scorso con il presidente della Repubblica, Milan Kuèan,a Capodistria. Infine, venerdì, si è avuta la visita ufficiale del presidentedella Camera dei deputati Luciano Violante e l’incontro con il presidentedella Camera di Stato, Janez Podobnik. A livello bilaterale, ma anche piùgeneralmente internazionale, una riconferma di una ben precisa volontàespressa da entrambe le parti di proseguire sulla strada intrapresa neancheun anno fa, con l’avvento alla guida del governo italiano del premier Prodie dopo l’incontro del giugno scorso con il presidente Drnovšek.

Una ripresa, o una continuazione intensiva del dialogo che non si erainterrotto nemmeno durante i quattro mesi in cui la Slovenia si era ritrovatasenza il nuovo governo. E che, indubbiamente, ha portato una ventata diottimismo anche per la nostra comunità nazionale. Per due motivi,sostanzialmente. In primo luogo, perché anche noi abbiamo avuto mododi incontrare il premier Drnovšek e il presidente della Camera di StatoPodobnik, e successivamente, il presidente italiano Prodi accompagnatodall’ambasciatore Spinetti e dall’infaticabile sottosegretario agli esteri, PieroFassino. Ai quali abbiamo sottoposto una lista con tutti i nostri problemi.

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In secondo luogo, perché proprio questi incontri e il fatto stesso che cisono stati dimostrano chiaramente che le questioni minoritarie sono parteintegrante dei rapporti bilaterali e che, in fondo, nessuna delle due partidovrebbe potersi permettere che siano proprio le minoranze a mettere inforse l’evoluzione generale di questi rapporti. Coscienti, dopotutto, che civuole molto poco e un minimo di buona volontà affinché le comunitànazionali da elemento di possibile confronto e conflitto si trasformino,finalmente, in fattore di convergenza e di propulsione.

Per quanto riguarda concretamente la nostra Comunità di Isola: sonostate fornite le assicurazioni più ampie che non esiste più alcun intoppo, népolitico né burocratico, per l’inizio dei lavori di restauro di Casa Manzioli.Considerando il livello da cui sono giunte le conferme, che sia la voltabuona?

20 marzo 1997 Silvano Sau

Fassino a Lubiana

È ormai una verità universale quella secondo cui la posizione di unaminoranza, indipendentemente dagli strumenti giuridici di tutela di cuidispone, è oggettivamente condizionata dall’andamento, in positivo o innegativo, che registrano i rapporti tra Paesi vicini.

Non diciamo niente di nuovo, quindi, se affermiamo che a Lubiana,ma anche a Capodistria, Isola e Pirano, si è tirato un sospiro di sollievoalle notizie che il governo del premier Prodi stia superando con successola burrasca provocata dal voto sulla spedizione in Albania. Questo, nonperché dalla spedizione albanese – pur meritoria – noi ci si possa attenderequalcosa di concreto, quanto invece perché nessun altro governo italianofinora si è dimostrato tanto ricettivo e disponibile al miglioramento deirapporti bilaterali con la Slovenia. E, questo, certamente rientra nel campodei nostri interessi esistenziali. Volontà del governo Prodi, che ha trovatoconferma anche nella nuova visita lampo compiuta a Lubiana dalsottosegretario agli esteri italiano, Piero Fassino.

Una visita, tutto sommato, annunciata, come annunciati praticamentelo erano anche i possibili risultati.

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In primo luogo un accordo sulla posizione delle rispettive minoranze.Come ebbe a dire nel corso di una conferenza stampa, buona notizie perla legge di tutela della comunità slovena in Italia, che ha già iniziato il suoiter parlamentare. E accordo anche per quanto riguarda la comunità italiana.In particolare per quanto riguarda la presenza dell’Unione Italiana anchein Slovenia. L’Unione dovrebbe acquisire un ruolo di collegamento tra lacomunità italiana e la nazione madre e quello di coordinamento per leattività della minoranza presente in Slovenia e in Croazia. Senza che la suafunzione rappresenti una sovrapposizione o una sostituzione di quella perlegge assicurata alle Comunità autogestite.

Certo, non è che un accordo possa diventare operanteimmediatamente. Ma è indubbio che ora la ricerca delle soluzioni è piùfacile.

17 aprile 1997 S.S.

Ciacole no fa fritole

“Ciacole no fa fritole” potrebbe essere la morale finale per coloroche ultimamente si divertono a inventare polemiche riguardanti la nostracomunità nazionale. C’è sempre qualcuno che si ritiene chiamato a dire ilproprio Vangelo e la propria Verità su questioni esistenziali e, naturalmente,si credono in diritto di usurpare pagine o fondi pagina del nostro quotidiano“La Voce del Popolo”. Sperando, poi, che la polemica trasbordi anchesulle pagine dell’altro quotidiano e contribuisca così a dare un momento dipubblicità all’autore.

Fino a poco tempo fa era presa di mira la nostra Comunità degliItaliani “Pasquale Besenghi degli Ughi”, bersagliata da tutta una serie dipresunti messaggi e di non richiesti consigli.

Negli ultimi giorni, invece, non si sa né perché né per chi, è statatirata in ballo addirittura l’autoctonia degli appartenenti alla nostra comunitànazionale. Con delle argomentazioni che sembrano uscire addirittura daun lessico ormai dimenticato. Come se si volesse o si dovesse dare unapagella del buon minoritario, con valutazioni dall’uno al dieci. Mistificando

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il concetto di minoranza, di istrianità, di diritti, di appartenente ad unacomunità che già di per sé è sinonimo di debolezza e di diversità. E facendo,naturalmente, il gioco di coloro che su queste polemiche vorrebberocostruire le proprie fortune politiche. In tal senso esistono già alcunedenunce sui diritti che dovrebbero essere garantiti alla nostra comunitàsoltanto se può dimostrare di essere “autoctona” fino alla terza generazione.Denuncia che porterà magari il dibattito fino alla Corte Costituzionale. Equando questa, per ironia della sorte, darà magari ragione a questo tipo diragionamento, ci accorgeremo che di autoctoni veraci ormai siamo rimastiin tre. Come i somari di modugnana memoria. E poi, dove finiscel’autoctonia? Io, isolano, mi posso ritenere autoctono a Pirano? E sempreio, che in base all’elenco telefonico non sono più di Isola, ma di Jagodje,sono ancora “autoctono”?

Certo, sono riflessioni che non meriterebbero lo spreco della cartasu cui sono scritte, se in questo dilungare di botte e risposte non si cercassedi invischiare anche chi non ha nessuna colpa, né ha mai pensato di dividerela comunità nazionale italiana in base alla provenienza dei suoi componenti.In tutta questa baraonda, per esempio, perché viene tirata in ballo laComunità autogestita costiera e una sua delibera che riguarda la nominadel direttore del Ginnasio italiano di Pirano?

Probabilmente, soltanto perché in questo modo chi attizza le polemichecrede di essersi meritato più autorevolezza. Ma, come abbiamo rilevatogià la settimana scorsa, prima o dopo le bugie dimostrano di avere legambe corte. Alla faccia di chi ci vuol dividere in autoctoni e alloglotti.

8 maggio 1997 Silvano Sau

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La costruzione dell’edificio che ospiterà la nuova scuola elementareitaliana ‘Dante Alighieri’ sembra a buon punto.

Chi gode?

La proposta di una nuova legge per le scuole dei gruppi nazionaliminoritari avrebbe dovuto essere pronta verso la fine del 1995 e, tenendoconto dell’iter parlamentare necessario, approvata entro la primavera del1996. Prima, cioè, che avesse inizio la bagarre preelettorale, prevista perle elezioni dell’autunno.

Questo almeno erano state le conclusioni della Commissione per lenazionalità della Camera di Stato, presente, naturalmente, anche l’alloraministro per l’istruzione, Slavko Gaber, sulla cui serietà nessuno avevaniente da ridire. Tanto è vero che, assieme ad un altro, è l’unico ministroche sia rimasto al suo posto per tutta la legislatura e, addirittura, è statoriconfermato alla stessa carica anche nella nuova compagine governativa,versione 1997.

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Certo, se la Legge sull’istruzione delle scuole minoritarie fosse stateapprovata secondo i tempi allora previsti, probabilmente oggi la scuolaelementare “Dante Alighieri” di Isola non si vedrebbe costretta ad affrontareuna situazione drammatica come quella odierna, per cui a tre mesi dall’iniziodel prossimo anno scolastico, non si sa - o meglio, si sa! - se gli alunnipotranno finalmente insediarsi nel nuovo edificio in via di costruzione, ma icui lavori sono bloccati ormai da qualche mese.

Tra le cose che la nuova legge avrebbe dovuto necessariamenterisolvere, in sostituzione di quella del 1982, i criteri di finanziamento degliinvestimenti, suddivisi al 50% tra Comune e Stato.

Criteri - era stato detto allora - ormai insostenibili in seguito allaristrutturazione delle amministrazioni locali, alle quali lo Stato aveva portatovia buona parte delle entrate, senza preoccuparsi, però, di acquisire anchele relative voci di spesa. Una situazione anomala e preoccupante soprattuttoper i comuni nazionalmente misti, i cui bilanci venivano e vengono tuttora“appesantiti” dalle necessità legate proprio alla presenza delle comunitànazionali minoritarie.

Di questo, la Comunità autogestita costiera ha voluto informare ilMinistro Gaber durante un recente incontro a Lubiana, chiedendo un direttointervento per porre rimedio ad una situazione allarmante.

Visto il perdurare della situazione e visto che niente si è ancora mosso,la Comunità costiera ha inviato in questi giorni una richiesta anche allaCommissione per le nazionalità della Camera di Stato, affinché convochicon urgenza una riunione con all’ordine del giorno proprio la situazionevenutasi a creare con il blocco dei lavori all’edificio della scuola “DanteAlighieri”.

Affinché tra i due litiganti (Stato e Comune) a rimetterci le penne nonsia proprio il terzo, in contrasto con quanto sancisce anche la saggezzapopolare.

5 giugno 1997 Silvano Sau

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A proposito di memoria storica

Abbiamo sempre seguito con molta attenzione le ricorrenze a tuttotondo che si presentano di volta in volta e che, soprattutto in questi ultimianni, sono diventate particolarmente numerose. Vuoi perché gliavvenimenti importanti conseguenti alla Seconda guerra mondiale sonoraccolti proprio in quei pochi anni che la seguirono immediatamente,vuoi perché - comunque - al centro di essi, direttamente o indirettamente,erano proprio questi territori e queste popolazioni di frontiera.Avvenimenti, quindi, che pur se decisi e definiti altrove hanno sempre ein ogni caso influito sui nostri destini e sul nostro quotidiano vivere.

In questa, a volte morbosa attenzione, va naturalmente inserito anchequesto cinquantesimo anniversario dell’entrata in vigore del Trattato diPace di Parigi. Attenzione che vuol soprattutto ricondurci ad una presadi coscienza di quella che è stata la storia e di quelli che sono stati imeccanismi che prima e dopo hanno contribuito a modificare la nostraesistenza. Non per tracciare una linea tra ragione e sentimento, e nemmenoper identificare colpe o meriti che, in ogni caso, risultano essere sempredi parte. Quanto piuttosto per ridare legittimità civile e giuridica ad unapopolazione che, proprio quegli avvenimenti, hanno sostanzialmentemodificato nell’essere collettivo e personale. Quindi anche storico.

Giustamente, a parer nostro, non molto tempo fa, un giovane storicotriestino, parlando proprio della storia di questo secolo della nostra areageografica, ha sottolineato che essa ha dato vita ad una memoriacollettiva, quindi conosciuta e accettata da tutti perché in quel passatostorico tutti si riconoscono, e ad una memoria inconciliata, perché fruttodi esperienze, di valutazioni e di risultanti conseguenze diverse dall’una odall’altra parte. Niente di strano, quindi, che anche le manifestazioni chein questi giorni si susseguono dalle due parti del confine per ricordare ilcinquantesimo del Trattato di Pace assumano toni diversi, se nonaddirittura opposti. Perché partendo da un fatto che è indubbiamentememoria collettiva (il fatto che, comunque, il Trattato di Pace ci sia stato),esso viene ricondotto nell’ambito della memoria inconciliata, perché

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sostanzialmente diverse sono state le conseguenze sulle singole personee sulle singole collettività.

Nel novero di coloro che non sono conciliabili con l’una o conl’altra parte, o con nessuna delle due, certamente anche la nostra comunitànazionale: per un fatto molto preciso. Il Trattato di pace è stato sicuramentelo strumento che ha comportato la trasformazione di una entità nazionalee culturale come quella italiana sul territorio, da maggioritaria a minoritaria.Ed è stato - non volendo entrare nelle ragioni che ad esso hanno portato- il movente che ha provocato il cataclisma dell’esodo e la conseguentetrasformazione demografica di tutto il territorio.

Comprensibile, quindi, che anche gli organizzatori di questemanifestazioni, coscientemente o incoscientemente, abbiano preferito nonincludere direttamente la componente nazionale italiana, proprio perchéminoritaria, quindi non opportuna, nell’atmosfera celebrativa ocommemorativa che sia.

E c’è un altro elemento che ci riconduce a queste riflessioni. Almenoper le cittadine di Capodistria, Isola e Pirano, il Trattato di Pace non haancora significato l’annessione alla Slovenia (allora alla Jugoslavia), maha comportato la nascita di quel piccolo staterello che, pur se diviso trazona A e Zona B, avrebbe dovuto diventare il Territorio Libero di Trieste,con uno Statuto democratico, che avrebbe garantito pari dignità a tuttele componenti nazionali.

Certamente, oggi non possiamo sapere quali sarebbero state lepossibili evoluzioni di questo staterello se si fosse realizzato, ne è nostraintenzione spargere lacrime su qualcosa che, come dicono gli storici, eragià nata male. Rimane il fatto, però, e questo è certamente memoriacollettiva, quindi accettata, che anche dopo il 1947 la popolazione italianadi Capodistria, Isola e Pirano non volle scegliere la strada dell’esodo.Lo fece solo dopo la firma del Memorandum di Londra del 1954.

A distanza di mezzo secolo, forse, queste riflessioni non hanno piùmotivazioni concrete. Il tempo, si dice, riesce a sistemare tutto. Anchese, almeno per questo territorio, la politica non ha fatto molto.

Troppo spesso, per motivi e interessi propri, ha preferito cavalcare

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le ondate risentite di questa inconciliabilità dall’una o dall’altra parte. Edabbiamo il timore che le cose non siano poi tanto cambiate. Ancor oggi,cittadini di questo Stato, o dello Stato vicino, vengono valutati e identificatisulla base di valori che qualcuno vuol continuare a mantenere inconcilianti.

Per fortuna che nel novero delle nostre identità - questa la speranzaper il futuro - c’è anche quella di un’identità europea, che non devecancellare l’appartenenza statale, perché è quella che ci permette direalizzarci come cittadini, ma che non deve infierire nemmeno sulla diversitàetnica, linguistica e culturale, perché è in quella che c i permette diidentificarci culturalmente, storicamente e nazionalmente.

11 settembre 97 Silvano Sau

Il grande circo

“Poveri ma belli”, recitava il titolo di un divertente film di Dino Risiprodotto nel 1956, film che cavalcava il filone neorealista. Il titolo di questofilm rispecchia perfettamente la realtà isolana. Poveri lo eravamo, lo siamoe lo saremo fin quando non riusciremo a modificare l’attuale nostracondizione di fruitori del bilancio statale. Oggi, infatti, stiamo pagando loscotto della nostra scarsa intraprendenza nel momento della creazione dellanuova politica geo-amministrativa in Slovenia. Così, non solo siamo riuscitia farci sfuggire lo status di città comune, ma pure quello di comune diprima fascia. Ed ecco che la fetta del bilancio si è rimpicciolita, la qualcosa, naturalmente, non ci consente un armonico sviluppo. Di conseguenzatutti i progetti proposti a Isola vengono sottoposti a lunghi periodi digestazione -delle interruzioni non vogliamo nemmeno parlare- e richiedonosempre grosse doti di equilibrismo da parte di chi amministra la finanzapubblica locale. Belli, grazie a Dio, lo siamo. Ce lo testimonia la nostragiovane concittadina Mateja Toma•inèiè che ha rappresentato la Sloveniaal recente concorso di bellezza a Salsomaggiore Terme dove si eleggevala “Miss Italia nel mondo”. Questo fatto è certamente motivo di orgoglioper la nostra cittadinanza, però, a nostro avviso, sarebbe bello che allabellezza si aggiungesse anche un tantino di ricchezza. In altre parole, non

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vorremmo diventare sempre più belli, sempre più poveri e sempre piùequilibristi: con un futuro circense.

25 settembre 1997 Gianfranco Siljan

Bastone senza carota?

La proposta di programma culturale e la proposta di piano finanziarioper le spese funzionali e materiali della Comunità autogestita costiera dellanazionalità italiana per il 1998: sono stati i due punti principali all’ordinedel giorno del Consiglio riunitosi la scorsa settimana. Per il primo puntosono stati preventivati complessivamente 9.250.000 Talleri, suddivisi inattività libraria, attività editoriale (tra cui la ristampa della storia di Isola delMorteani), contatti con la Nazione madre. Quasi 16 milioni e mezzo, invece,l’importo richiesto per i mezzi funzionali e materiali. In buona parte, tuttavia,per entrambi i capitoli di spesa, va sottolineato il fatto che comprendonotutte quelle iniziative già previste per l’anno in corso e che non sono staterealizzate, visto che il bilancio di previsione per il 1997 non è stato ancoraapprovato dal Parlamento.

Tuttavia, è stato sottolineato nel corso del dibattito, la Comunitàautogestita costiera della nostra nazionalità, nel preparare il piano diprevisione per l’anno prossimo ha voluto tener conto sia dell’indice diaumento che era stato assicurato per quest’anno, sia di quello che sarebbelogico e necessario fosse l’indice di aumento previsto per il ’98. Altrimenti,dopo un’annata di vacche magre, come è stata non solo quella attuale, maanche quelle precedenti, si rischia veramente di non essere più nellecondizioni di un qualsiasi recupero qualitativo o quantitativo.

Pur coscienti della difficoltà che comporta il dover pianificare un’attivitàsenza aver ancora presente come si concluderà l’esercizio dell’anno incorso, il Consiglio costiero ha sostenuto la necessità di incontrare quantoprima i responsabili dei singoli dicasteri, dai quali dipende il finanziamentodelle attività, per cercar di stabilire in tempo regole e metodi dicomportamento. Per non ritrovarsi, come quest’anno, nella difficilesituazione di dover continuare per tutto l’anno a ridurre le iniziative previsteper mancanza di mezzi. E per non trovarsi alla fine dell’anno con un

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programma ridotto all’osso, senza possibilità di nuove iniziative e di possibilisviluppi. Oppure, come è stato detto, se il governo ha deciso di usare neiconfronti della comunità nazionale, il sistema della carota e del bastone, ese finora ha voluto usare soltanto il bastone, forse è l’ultima occasione pertirar fuori anche la carota.

9 ottobre 1997 S.S.

Ancora a proposito di anniversari

Appena qualche settimana fa, sulle pagine del Mandracchio, avevamopubblicato una piccola riflessione a proposito di memoria storica. Ciriferivamo, allora, al cinquantesimo del Trattato di Pace, e alle manifestazioniin corso per celebrarlo o commemorarlo, a seconda della parte in cui sitrovava l’organizzatore.

Nell’occasione avevamo fatto una distinzione tra memoria collettiva,quella diventata patrimonio comune, e memoria inconciliata, quella cheancor sempre si cerca di emarginare o cancellare, perché in contrasto conle versioni di una delle parti in causa. Anche a distanza di mezzo secolo.

Eppure, proprio in questi giorni, ci troviamo a fare i conti con un altroanniversario, ancora più distante nel tempo. Ma che ci riguarda pur sempreda vicino e che, ugualmente, non è entrato a far parte della memoriacollettiva.

L’ultima battaglia sul Fronte dell’Isonzo e del Carso della Prima GuerraMondiale, svoltasi fra il 24 ed il 26 ottobre del 1917. La dodicesimaoffensiva, quella che è passata alla storia come la disfatta di Caporetto.Quella che ha segnato lo sfondamento delle linee italiane lungo tutto ilfronte da parte dell’esercito austro-ungarico, affiancato da unità tedeschedel Kaiser Guglielmo Secondo. Una ritirata che dopo tre giorni si è fermatasul Piave e sul Tagliamento. Un pezzo di storia che per quasi mezzo secoloè stato relegato nel dimenticatoio della storia ufficiale italiana, proprioperché legato al concetto della disfatta militare. Delle cose cioè che nonfanno onore alla storia militare di un Paese. Anche se, nel vivere quotidiano,proprio quegli avvenimenti hanno lasciato una traccia che è rimasta intatta.

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Espressioni come vivere un’alba tragica, vivere in trincea, esserebombardati, e la stessa denominazione di Caporetto sono diventate luoghicomuni della lingua italiana ed hanno la loro origine proprio in quegliavvenimenti.

Soltanto negli ultimi dieci-quindici anni quelle vicende e quegli annisono stati ripresi in esame dagli storici. Per capire se si è trattato veramentedi una disfatta, e se non è stata tale perché gli stessi Stati Maggiori l’hannopresentata come tale. Oppure è stata una sconfitta militare che, però, havisto subito dopo i soldati nuovamente in trincea a fermare l’avanzataaustriaco-tedesca. E per capire, anche, i risvolti che i massacri avvenutitra il 1915 e il 1917 sul Carso e sul Fronte dell’Isonzo hanno comportatoper le popolazioni locali. In Istria, a Trieste, in Friuli e in tutto l’Isontino.

Per cercar di capire quanto e in che modo proprio le popolazioni diquesti territori sono state usate nelle strategie militari e politiche delle parti,in particolare dell’impero asburgico. Certo - a parer nostro - non a difesadei loro interessi, quanto piuttosto a tutela di calcoli ben diversi.

Sulla Grande Guerra sono stati scritti ormai migliaia di volumi. Anchesulle trincee del Carso e dell’Isonzo, a pochi chilometri dalla casa deinostri nonni. Eppure è stato necessario più di mezzo secolo per incominciarea parlare seriamente di quei fatti. Dei motivi per cui il 97.esimo Reggimentoaustro-ungarico (quello che conosciamo dalla canzone Demoghela), in cuivennero reclutati quasi tutti gli uomini di leva del nostro territorio, sia statoinviato a combattere in Galizia.

Oppure dei motivi per cui l’imperatore Francesco Giuseppe preferìinviare su questo fronte unità composte per oltre il 50 per cento da soldatireclutati tra la popolazione slovena e croata. Tanto che addirittura ilcomandante stesso delle truppe austro-ungariche fu quel famoso generaleBorojeviè von Bojna, serbo della Krajina.

Forse, a ottant’anni di distanza, sarebbe il momento giusto affinché,con l’aiuto degli storici, anche questo pezzo di storia inconciliata entri a farparte del patrimonio comune della storia collettiva di questa parte d’Europa.

23 ottobre 1997 Silvano Sau

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Il dopo Schengen: Europa, dove sei?

È nata una nuova cortina di ferro, oppure l’Europa dei Dodici vuoleintorno a sè un cordone sanitario? Grossi disagi per le popolazioni che intempi “assai più duri” potevano vantarsi di vivere lungo uno dei confini piùaperti d’Europa.

Per noi, che generalmente veniamo definiti gente di frontiera, la sindromedel confine si sta trasformando in un vero e proprio senso di frustrazione,per non dire in un senso di colpa dovuta a chissacché e a chissachi. Hascritto in questi giorni un giornale: siamo tornati indietro di quarant’anni. Forseanche di più, ai primi anni della cosiddetta “cortina di ferro”, a quella lineache divideva l’Europa da Stettino a Trieste, e che oggi si ripresenta in vesterinnovata con il Trattato di Schengen.

Abbiamo voluto provarla direttamente, dimenticando per un giorno ivantaggi - questo sì che è un vantaggio - che ci derivano dall’essere possessoridei lasciapassare per il piccolo traffico di frontiera, e ci siamo trovati immersinelle colonne chilometriche, nei controlli meticolosi, nei timbri su timbri, nelleattese snervanti.

Quello che non più di cinque - sei anni fa veniva arbitrariamente definitoil confine più aperto d’Europa, perché nonostante tutto divideva due mondieconomicamente ed ideologicamente diversi e non compatibili, ci vieneriproposto come il confine più chiuso d’Europa. Ed il trauma non poteva cheessere moltiplicato, dopo che ci eravamo ormai abituati all’idea che i confinidevono diventare un’occasione di incontro e non di divisione. Dopo cheavevamo incominciato a credere che, con l’idea europea, la nostramaledizione di essere gente di confine sarebbe stata finalmente riposta nelcassetto delle memorie da riportare a galla soltanto in occasione di qualcheanniversario. Tanto per dimostrare ai più giovani il cammino che nel frattempoha compiuto la civiltà e la comprensione fra gli uomini e le nazioni.

Noi, appartenenti alla Comunità nazionale italiana, quindi appartenentiad una comunità minoritaria, siamo stati guardati anche con sospetto quandogridavamo il nostro desiderio di avvicinamento della Slovenia all’Europa, equando argomentavamo questa nostra speranza come un toccasana per lanostra sopravvivenza. Ma anche come elemento sicuro di sviluppo di tutte learee limitrofe, dall’una e dall’altra parte. Lo facevamo, e continuiamo a farlo,convinti come siamo che è proprio l’esperienza del passato a dimostrare

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che non esistono altre alternative di vita, se non quella di organizzare econsolidare la massima apertura tra vicini. Succede, invece, che proprioquell’Europa ai cui valori ci siamo e ci stiamo richiamando, per garantire lapropria sicurezza interna, abbia innalzato un nuovo muro di incomunicabilitàe di difficile superamento.

Certamente, sapevamo che l’accordo di Schengen avrebbe comportatoqualche intoppo, ma la realtà di questi giorni, per chi vuol andare dall’altraparte del confine a fare acquisti, o più semplicemente a comperare un giornaleo ad assistere ad una rappresentazione teatrale, difficilmente riusciremo aconvincerlo che si tratta soltanto di un intoppo momentaneo. Della cuiprovvisorietà, come ebbe a dire qualcuno, ne parleremo tra qualche anno.

Domande, naturalmente, che non possiamo che indirizzare ai governanti,grandi o piccoli che siano, nella speranza che possano trovare assieme tantasaggezza da offrire una risposta concreta nella quale, pur senza dimenticareil bisogno di garantire la sicurezza interna, trovino un sistema abbastanzarapido per non trasformare noi, cittadini e appartenenti ad una minoranza, incittadini dai quali bisogna guardarsi.

6 novembre 1997 Silvano Sau

A Isola, come in Istria e a Trieste, sembrano sempre più rare le giornatedi Bora. Quando vengono, però…..

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Presidenziali ‘97

Domenica si va a votare per il Presidente della Repubblica. Per quantolimitate possano essere le sue competenze nell’influire e nel gestire la vitadel Paese, si tratta comunque della massima carica dello Stato. Quellache, in base alla Costituzione, dovrebbe garantire l’ordinamentodemocratico e rappresentare il punto d’incontro degli interessi di tutti icittadini. Anche di quelli che appartengono a categorie diverse dallamaggioranza e che, proprio per questo, sono più deboli e necessitano dimisure di tutela particolari. Come, per esempio, le Comunità nazionaliminoritarie.

Il voto di domenica, dunque, riveste una grande importanza ed esigeda parte di tutti la consapevolezza che deve essere gestito con senso diresponsabilità. Anche dopo aver assistito a questa campagna elettorale,nella quale alcuni dei candidati ed alcune forze politiche hanno fatto ditutto per convincerci che, più che di una competizione elettorale, si trattassedi un gioco a quiz.

Per fortuna è durata poco. Non tanto poco, però, da non farci capire- proprio per l’immagine del Capo dello Stato che si è cercato di imprimerenell’opinione pubblica - che si tratta di un momento politico estremamentedelicato per tutto il Paese. Quando, per eliminare le conseguenze provocateda regimi passati, si tenta di introdurne uno nuovo, che eventualmente sipotrebbe indovinare come, dove e quando avrebbe inizio, ma certamentenon come andrebbe a finire. Si sa, che i regimi, anche quelli che si formanoin nome della democrazia, sempre regimi sono. Oppure, ripetendo le paroledi un noto giornalista, certo non si può affermare che il regime proletariosia uguale a quello reazionario, rimane il fatto però che si assomiglianotanto!

La nostra Comunità nazionale di regimi ne ha conosciuti tanti. Quasitutti quelli che si sono presentati sulla scena in questo secolo. E sempre hadovuto lottare per non soccombere. Anche oggi, deve accettare le regoleche sono imposte dalla maggioranza. È una delle regole della democrazia.Ma è altrettanto cosciente che democrazia non significa soltanto il prevaleredella maggioranza sulla minoranza. Perché in questo caso, già il fatto stesso

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di essere una comunità minoritaria comporterebbe logicamente l’accettarele regole del più forte e soccombere nuovamente. Vuol ritenere, invece, lademocrazia come elemento del vivere civile, nel quale è proprio lamaggioranza a farsi carico degli interessi della minoranza.

Su questi presupposti, che per noi sono fondamentali, speriamo sisvolgano anche le elezioni di domenica. Ed è su questi principi che, nesiamo convinti, rifletteranno anche i nostri connazionali quando siaccingeranno a deporre il loro voto nell’urna per il prossimo presidentedella Repubblica.

20 novembre 1997 Silvano Sau

Presidente, congratulazioni...noi siamo ancora qui!

Da ormai una settimana sappiamo chi è il Presidente della Repubblicaper i prossimi cinque anni. E sappiamo anche chi ci rappresenterà alConsiglio di Stato. Se per il primo è prevalsa la logica della saggezzapopolare per cui “chi lascia la via vecchia per la nuova, sa quello che lasciama non quello che trova”, per il secondo a prevalere è stata la logica delpiù forte. Il candidato di Isola, infatti, aveva ben poche possibilità di superarequello capodistriano. Anche in democrazia, e forse soprattutto indemocrazia, i numeri contano.

Al Presidente della Repubblica neoeletto, tuttavia, al quale facciamole nostre più vive felicitazioni, vorremmo far presente che l’ultima volta cheha avuto l’opportunità di incontrarsi con la Comunità nazionale italiana e diascoltarla risale a più di tre anni fa. E che, nel frattempo, anche i tradizionaliincontri di Capodanno, che pur rappresentavano una possibilità diconoscenza e di informazione, sono diventati soltanto un ricordo simpaticosempre più distante nel tempo.

Oltre agli auguri, quindi, vorremmo anche suggerire al PresidenteKuèan, visto che si trova all’inizio del suo mandato quinquennale, e vistoche ci siamo avvicinando rapidamente anche all’inizio di un nuovo anno,che forse sarebbe opportuno prevedere la possibilità di un nuovo incontro.Senza dover aggiungere tra le occasioni perdute anche quella di fine secolo

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e di fine millennio. Già dall’ultima volta le cose sono cambiate parecchio.Qualche volta in meglio, più spesso in peggio. E ritenendo il Presidentecomunque responsabile e garante dello Stato di diritto nei confronti di tuttii suoi cittadini, anche se appartenenti ad una minoranza, crediamo che unatestimonianza diretta sarebbe auspicabile. Tanto per non trovarsi domania dover dire... “ma io non ne sapevo niente e nessuno ha provveduto adinformarmi”.

Noi siamo pronti e, nonostante i calcoli di qualcuno, siamo ancoraqui!

4 dicembre 1997 Silvano Sau

1998: la botte mezza vuota o mezza piena?

Penultimo anno prima del fatidico Mille e non più Mille. E, come siconfà, ogni inizio d’anno deve essere improntato all’ottimismo, pur se iproblemi che ci trasciniamo dietro sono sempre gli stessi, né alcuno hadimostrato particolare volontà di modificare qualcosa nei contenuti o nellemodalità di comportamento. Per cui riprendiamo il discorso più o meno là,dove l’abbiamo interrotto qualche giorno prima di abbandonarci all’illusioneche, dopo le festività, si sarebbe avverato il detto “anno nuovo - vita nuova”.

Certo, è con uguale legittimità che la botte può essere ritenuta mezzapiena o mezza vuota. Noi, che viviamo spesso di speranze, siamo portatia considerarla mezza piena, anche se sappiamo che il “mezza piena”presuppone che un tempo avrebbe dovuto essere anche piena. La speranza,come dicevamo, ci aiuta a guardare con ottimismo alla prospettiva che inun prossimo futuro possa tornare nuovamente come era. Ed è semprel’ottimismo che non ci permette di accettare il “mezza vuota”, perché ciporterebbe ad accettare il fatto che inizialmente la botta fosse stata vuotadel tutto.

La botte di cui stiamo parlando, naturalmente, è l’insieme dei diritti,particolari e non, che lo Stato assicura alla nostra Comunità nazionale.Diritti, beninteso, che vanno comunque suddivisi in tre categorie ben distinte.La prima comprende i diritti dichiarati e sanciti dalla Carta costituzionale

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(art. 64, ovvero la botte piena). La seconda comprende i diritti che, inapplicazione della Costituzione, lo Stato ci assicura promulgando Leggi eDecreti (la botte mezza piena). La terza categoria, che poi è quella reale,riguarda i diritti che lo Stato in tutti i suoi segmenti fa rispettare in rispondenzadelle Leggi e della Costituzione (e qui siamo alla botte mezza vuota, quandonon addirittura in evidente e continuo processo di svuotamento).

Prassi e tradizione vogliono che l’inizio di ogni anno venga vissutoall’insegna dell’ottimismo. Se il 1997 è stato un anno da non ricordare,che almeno il 1998 sia foriero di quelle novità che ci porteranno finalmentea constatare, tra dodici mesi, che il livello della botte, se proprio non èsalito di qualche centimetro, almeno è rimasto dov’era.

8 gennaio 1998 Silvano Sau

E il nostro 50-esimo anniversario?

Proprio in questi primi giorni del 1998 un connazionale, dopo i solitiauguri di Buon principio, mi ha chiesto se nel corso di quest’anno laComunità “Pasquale Besenghi degli Ughi” celebrerà - come tante altre - icinquant’anni della sua fondazione.

Risposi che, innanzitutto, quella era una domanda che andava rivoltaal direttivo della Comunità. Comunque, visto che proprio poco tempoprima avevo fatto, assieme ad altri, una breve ricerca sull’argomento, gliho esposto il mio modesto parere.

Prima di tutto, il 1998, pur se anno di importanti anniversari chehanno coinvolto anche la popolazione italiana di Isola, certamente nonpoteva rappresentare un anniversario a tutto tondo per la Comunità inquanto erede dei più anziani Circoli di Cultura. E questo per un fatto moltosemplice. Perché il Circolo Italiano di Cultura di Isola è nato qualche tempodopo, quando ormai era chiaro, che la popolazione italiana della cittadinaavrebbe perso la sua predominanza numerica per diventare “minoranza”.Da qui anche la necessità di quell’ “Italiano” nella sua denominazione: perdifferenziarla dalle altre istituzioni che nel frattempo si stavano creando sulterritorio dell’allora ancora formalmente esistente Territorio Libero di

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Trieste. E, anche, per differenziarla da quel “Circolo di Cultura Popolare”,che senza alcuna colorazione nazionale aveva operato a Isola fin dal 1945ed aveva smesso la sua attività nel 1948, nel pieno della burrasca per ilCominform. In pratica, dopo che il potere popolare aveva preso atto chela maggioranza della popolazione “progressista” isolana stava seguendo lalinea vidaliana piuttosto che quella babiciana, e che proprio nel Circolo diCultura Popolare, oltre che nel suo bar “Il Lavoratore”, trovava la suanaturale base di dibattito e di raduno.

Va detto, che la prima forma organizzata di attività culturale a Isolarisale alla fine del secolo scorso, al 1895, e che praticamente senzainterruzioni, nonostante i cambiamenti statali e ideologici avvenuti nelfrattempo, nonostante i cambiamenti di nome, proseguì fino - appunto - al1948. Prima come Gabinetto Operaio di Lettura, poi con le diverse formuledel Dopolavoro Arrigoni e Ampelea, per arrivare nel 1945, come dicevamo,al Circolo di Cultura Popolare. Circolo, che ancora nel 1947 era addiritturaproprietario al 50 per cento, assieme all’organizzazione sindacaledell’Arrigoni, dell’omonimo Cinema.

Queste le ragioni per cui ritengo non sia opportuno celebrareanniversari. Perché questi non esistono. Ma anche perché celebrarlisignificherebbe accettare la logica di una popolazione italiana minoritariaprima ancora che questa divenisse tale. Significherebbe legittimare unastoria che non è la nostra. Significherebbe far nostri i calcoli di coloro che- questo sì - già allora operavano per ridurre la popolazione italiana diIsola a minoranza, sia nella nostra città, sia nell’ambito della Zona B delTerritorio Libero di Trieste.

D’altra parte non mi sembrerebbe opportuno ricordare con cerimonieparticolari il fatto che esattamente cinquant’anni fa a Isola venne eliminatauna delle più vecchie forme organizzate di cultura di tutta l’Istria. Sarebbeperlomeno di cattivo gusto.

22 gennaio 1998 Silvano Sau

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Ci siamo!

Sabato 24 gennaio 1998, una data che i bambini, gli alunni e ilavoratori della Scuola Elementare “Dante Alighieri” non dimenticherannomai. Una giornata intensa, colma di emozioni, memorabile per la nazionalitàitaliana ma anche per tutti gli Isolani i quali, in molte centinaia erano presentialla cerimonia svoltasi nella palestra del nuovo edificio, mentre altrettantiaffollavano le aree esterne. Per non contare le migliaia di persone incollatedavanti agli schermi di TV Capodistria per assistere, in diretta,all’avvenimento storico che si compiva ad Isola, in un bel pomeriggio disole. Alla presenza di due Capi di Stato e di tantissimi ospiti illustri, si èsvolta l’inaugurazione solenne della nuova sede della “Dante Alighieri”. Inquell’atmosfera tanto eccitante, il Presidente della Repubblica di SloveniaMilan Kuèan e il Presidente della Repubblica Italiana Oscar Luigi Scalfarohanno effettuato, in perfetta sincronia, il tradizionale taglio del nastro.

La notizia dell’arrivo dei due Presidenti era stata resa nota dieci giorniprima della loro venuta. È facile immaginare con quale frenesia si sia iniziatoa organizzare la loro accoglienza. In quei dieci giorni sono state messe inazione tutte le strutture comunali. Ognuno nel suo settore, con l’unico efermo intento di dare il meglio di sé stessi, si è operato in grande armoniae collaborazione. Tutti assieme per un’unica meta comune. Ed è propriograzie a questa concordanza di intenti che l’intera manifestazione si ètrasformata in un vero successo.

Ora però, l’edificio che è stato inaugurato così solennemente devediventare SCUOLA, e lo sarà soltanto quando i corridoi e gli ambientitutti, saranno invasi dall’allegria e dalla spensieratezza dei bambini e deglialunni. Il trasloco è pianificato per la fine di febbraio e il primo giorno dilezione nei nuovi ambienti sarà un’altra data che bambini, alunni e lavoratoridella “Dante Alighieri” non scorderanno così facilmente.

5 febbraio 1998 Amina Dudine

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Gennaio 1998: Isola in festa. Alla presenza dei Capi di Stato diSlovenia, Milan Kuèan, e d’Italia, Oscar Luigi Scalgaro, solenneinaugurazione della nuova scuola italiana ‘Dante Alighieri’. Dopocento anni il vecchio edificio di via Gregorèiè viene mandato in pensionee destinato ad altre attività

Amina Dudine, direttrice della scuola elementare italiana ‘DanteAlighieri’, sembra impartire una ‘lezione’ ai presidenti Scalfaro eKuèan, diligentemente seduti in classe durante la visita alle nuoveaule.

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La non informazione

Ci sono tanti modi per informare l’opinione pubblica, e ce ne sono,purtroppo, altrettanti, se non di più, per disinformare. Tra questi ultimi unodei più fortunati è certamente quello della provocazione fatta quasisottovoce, che poi si gonfia a dismisura, acquisendo una portata nonimmaginata nemmeno da chi l’ha provocata inizialmente. Prendete comeesempio l’articolo abbastanza stupido e razzista che un giornale,chiaramente di parte, e forse per questo non classificabile proprio tra quelliche potrebbero creare opinione, ha dedicato ad un nostro connazionalechiamato a coprire un grosso e importante incarico di governo. Ebbene,finché quell’articolo non è stato ripreso da un altro giornale per esserecommentato e condannato, nessuno sapeva che fosse mai stato scritto.Solo in seguito ha avuto l’onore di battute e controbattute che si sonoseguite per alcune settimane. Tanto da chiederci, ad un certo momento, senon fosse stato più opportuno e più saggio non rispondere a quella chepoteva essere soltanto una provocazione o un semplice frutto di un idiotismoimbevuto di forti dosi di nazionalismo razzista.

Un altro esempio tipico di disinformazione, purtroppo usato moltospesso anche dai nostri mezzi d’informazione, è quello della voluta noninformazione, quando la notizia potrebbe intaccare o ledere qualcosa cheriguarda i nostri diretti interessi.

L’ultima visita del ministro degli esteri italiano, Lamberto Dini, aLubiana. Nessuno ha voluto rimarcare il fatto che il capo della diplomaziaitaliana non si è incontrato con una delegazione della Comunità nazionaleitaliana. Come pure che anche la diplomazia slovena non ha ritenutonecessario avere un abboccamento con la stessa, anche se soltanto il giornoprima aveva avuto un incontro con i rappresentanti della Comunità slovenadel Friuli-Venezia Giulia. Si potrebbe obiettare che sarebbe stato difficileriportare qualcosa che non era successa, anche se proprio per questocostituiva notizia. Ma la disinformazione vera e propria, attuata proprio daalcuni nostri mass media, è stata perpetrata proprio dal silenzio assolutocon il quale sono state seguite alcune parti del discorso pronunciato dalministro Dini alla conferenza stampa. Per esempio, quando ebbe a ribadire

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le sue aspettative in merito alla sempre presente richiesta di registrazionedell’Unione Italiana in Slovenia. Il ministro degli esteri italiano, a precisadomanda, ebbe a rispondere testualmente:

“Per quanto riguarda la registrazione dell’Unione Italiana, dobbiamotrovare il modo che emerga molto chiaramente che queste sono associazionidi carattere culturale e che non hanno una rilevanza transnazionale, anchese l’Unione Italiana è presente in Croazia e non soltanto in Slovenia.Dobbiamo trovare il modo che queste non siano viste come organizzazioniche, in qualche modo, possono avere dei connotati politici, perché non nehanno. Sono associazioni di cittadini, quindi di una minoranza, che vuoleavere il modo di stare assieme, di riunirsi, di parlare, di discutere. Dobbiamomettere a punto questo meccanismo, cosicché anche la parte slovena,come noi desideriamo che la minoranza slovena abbia soddisfazione, sonocerto che vi sono gli stessi sentimenti che esistono qui in Slovenia a questoriguardo per la minoranza italiana: di vivere in pace, insieme e quindi in unaconvivenza pacifica e proficua.”

A questo punto sembra evidente che le dichiarazioni del ministro Dininon seguivano quelle che erano le aspettative di alcuni nostri connazionali.Per cui l’unica soluzione era quella di non farlo parlare. E, come si sa, sei giornali non ne parlano l’evento non è mai accaduto. E chi ha parlato ècome se fosse rimasto zitto. Più disinformazione di così....

19 febbraio 1998 Silvano Sau

Ancora tanti gli angoli oscuri...

Alla serata che la Comunità italiana di Isola ha voluto dedicare allasua memoria storica è intervenuta molta gente e, guarda caso, anche qualcheamico non connazionale.

A testimonianza del fatto che le cose se sono fatte con serietà e senzaprevenzioni di sorta, soprattutto senza l’arroganza del voler imporrequalcosa, sono gradite e godibili da un pubblico più numeroso. Proprioper questo riteniamo che la serata sia pienamente riuscita. Per letestimonianze su un passato nemmeno troppo lontano che è stato possibile

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recepire, per le immagini ormai quasi dimenticate di un’Isola che pochi piùricordano, ma soprattutto per quell’intrecciarsi di opinioni e di valutazioniche si sono susseguite a presentazione finita. Tutte concordi nel giudicareche iniziative del genere vanno continuate e che, eventualmente, abbraccinoperiodi di storia più delimitati e specifici. Non mancano le occasioni eanche chi è disposto a collaborare. Affinché, come è stato detto durante laserata, non si diventi noi stessi complici di una storia che altri vorrebberoraccontarci e che, per noncuranza o per semplice negligenza, finiremmoalla fine con il legittimare.

Questo secolo che ormai va rapidamente avviandosi alla suaconclusione ha portato alla nostra popolazione di tutto, anche se è difficilevalutare con il senno di poi, che cosa è stato bene e che cosa è stato male.È successo e, per molti, è successo senza che avessero mai avuto lapossibilità di esprimere il proprio parere, senza che nessuno si fosse maipreso la briga di chiedere se forse avrebbero preferito un decorso diverso.Le guerre, gli imperi, gli stati, i confini, i regimi, le ideologie, chi è rimasto,chi è dovuto andar via, chi è venuto ed ha trovato a Isola la sua nuovacasa. Tutto avrebbe potuto esser diverso. Rimane il fatto, ed è il solo checonta, che tutto è cosi come è. Ma perché l’oggi e il futuro possano esseremigliori è necessario sapere che cosa è successo e perché è successo.Non per recriminare, perché chi ha sofferto non può pesare il propriodolore sulla bilancia ed emettere una fattura. Nemmeno per vendicare,perché la storia non conosce sconfitte o vittorie. Soltanto il presente ed ilfuturo le conoscono. Ed allora sono drammi e tragedie, come quelle cheabbiamo conosciuto nel passato. Ma per dare una giusta dimensione aquella che è stata la nostra vita, per quel poco che siamo riusciti a influiresu di essa e per quel poco che essa è riuscita ad influire sugli eventi. E,soprattutto, per continuare a esprimere con dignità la propria presenzaumana, civile, culturale, tradizionale.

Questa volta siamo arrivati al 1954, la prossima volta dovremmoandare avanti. Ma anche tornare indietro, perché sono tanti gli angoli oscuriche aspettano di essere illuminati.

5 marzo 1998 Silvano Sau

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Corte Costituzionale: Finalmente la sentenza!

Dopo due anni di attesa, e a un anno dal dibattito preliminare, la CorteCostituzionale della Slovenia ha finalmente pubblicato la sentenza in meritoall’iniziativa inoltrata da un gruppo di cittadini del Capodistriano volta atogliere, quando non ad eliminare, alcuni dei diritti garantiti alle comunitànazionali minoritarie. In particolare, il diritto al proprio rappresentante nellaCamera di Stato parificato a tutti gli altri deputati e il diritto ad esprimere ilproprio voto anche sulle liste generali. Inoltre, il diritto che anche gliappartenenti alle comunità minoritarie viventi al di fuori del territorionazionalmente misto possano essere inseriti negli elenchi elettorali particolariper l’elezione del proprio rappresentante negli organi rappresentativirepubblicani e locali.

Come è noto, la Corte Costituzionale ha respinto tutti i punti, negandouna loro presunta anticostituzionalità.

Nel corso della conferenza stampa indetta dalla Comunità autogestitacostiera della nazionalità italiana è stato ribadito che, vista la chiarezzadell’articolo 64 della Costituzione e visti gli articoli tacciati di presuntaanticostituzionalità delle singole leggi esecutive, soprattutto di quella elettorale,nessun altro tipo di sentenza sarebbe stato possibile per chi è chiamato atutelare le norme di uno Stato di diritto. Di conseguenza, tutto il sistemaelettorale in Slovenia, compresa quella parte che garantisce alle minoranzel’elezione di un proprio rappresentante alla Camera di Stato e deirappresentanti ai Consigli comunali, è pienamente legittimo e in armonia conlo spirito e la lettera della Carta costituzionale.

Rimane comunque da chiederci se i due anni trascorsi prima di esprimersinon siano stati troppo lunghi. Soprattutto per chi, pur sapendo di essere nelgiusto, in assenza di un pronunciamento della Corte, avrebbe potuto pensareche la conclusione avrebbe potuto essere anche diversa. Tenendo conto chel’iniziativa avanzata dal sedicente gruppo di cittadini, pur mascherandosi dietroclausole legali e di diritto costituzionale, era di evidente marca politica voltanon tanto a tutelare il dettame costituzionale, quanto - eventualmente - amodificarlo in quella parte che riguarda i diritti delle comunità nazionali.

19 marzo 1998 Silvano Sau

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Chi sono i veri Isolani?

“Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi!” Forti di questo vecchioadagio, nei giorni delle festività dei giorni scorsi molti Isolani da decenniormai residenti oltre frontiera, per trascorrere una giornata in compagnia,varcarono la frontiera per un pranzo presso una delle tante trattorie dellazona. E qualcuno, vuoi per curiosità, vuoi per passare il tempo, ha visitatoanche la nostra Comunità, nonostante gli orari limitati del bar. Per provare,come dissero alcuni, un buon bicchiere di nero e per vedere se era ancoracome quello di una volta.

Certo, né il vino, né le persone sono più quelle di una volta. C’è statoaddirittura chi si sentì in dovere di chiedere se poteva parlare in italiano. Einvece che in italiano si parlò in istro-veneto. Uno dei più anziani, in Isolano.Quasi tutti gli altri con cadenze dialettali triestine, venete o della bassaIstria. A parlare l’Isolano, ormai, sono rimasti talmente in pochi! Anche trai rimasti, tra coloro che frequentano la nostra Comunità quasi ogni giorno.L’influsso dell’Italiano, del triestino, degli altri dialetti istriani, dello slovenoormai si sente.

Una parola tira l’altra. Lentamente, anche se non del tutto, la diffidenzalascia spazio alla voglia di raccontare le proprie esperienze. È umano.

Sinceramente, per un momento, io che ho vissuto quasi tutta la miavita a Isola e dintorni, e che - pur se bambino - ho vissuto buona partedelle esperienze di coloro che mi stavano di fronte, stentavo a riconoscerela cittadina di cui mi parlavano. Troppi anni e troppe cose erano trascorsenel frattempo. Di molte località, di molti fatti, di molti nomi ormai avevoimmagazzinato soltanto quella parte che mi serviva nel vivere quotidiano.

“Vier? “ - Ah, la piazza del monumento ai caduti! Là, dove c’è ancoraquella casetta sull’angolo dove si andava a comperare la gomma americanae le s’cinche! E dove c’era il marangon Taiasuche! Ecco un soprannomeche ricompariva dal fondo della memoria. Anche perché ho ancora unacucina che prima del 1954 i miei genitori avevano ordinato da Taiasuche.E serve ancora.

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Una domanda mi venne spontanea nei giorni seguenti. A feste pasqualifinite. Ma l’Isolano sono io o lo sono loro? La risposta potrebbe sembrarefacile: lo siamo gli uni e gli altri. Con esperienze, con dolori, con speranzediverse. Ma tutte risultato dall’essere originari di questa cittadina. Forsesarebbe bene incontrarci più spesso! Non per scoprire chi ha sofferto dipiù. Non per vedere chi ha fatto la scelta giusta. Soltanto per constatareche, in fondo, se non si tenterà di parlare, magari davanti a un bicchiere dinero, forse con il tempo finiremo anche per parlare due linguecompletamente diverse!

Dopotutto, mentre di qua e di là si guarda all’Europa, come dice unamico che ormai da tempo frequenta la nostra Comunità, ma di cui nonfaccio il nome perché non so se lo gradirebbe, per una semplice visita eper un tentativo di possibile dialogo, ormai da tempo nessuno ti chiede piùla tessera dell’UAIS!

16 aprile 1998 Silvano Sau

Andiamo avanti!

Le elezioni per l’Unione Italiana sono terminate. I risultati sono ormainoti e, purtroppo, il polverone sollevato in quest’occasione nei confrontidella Comunità degli Italiani “Pasquale Besenghi degli Ughi” non si è ancoradissipato. Anzi, probabilmente continuerà a provocare confusione epolemiche. All’insegna di chi aveva e chi non aveva il diritto di votare. E dichi è e di chi non è legittimato a rappresentare la popolazione italiana diIsola.

A questo punto, non ha molta importanza quali sono i risultati scaturitidalla consultazione. Non ha importanza chi ha avuto il maggior numero dipreferenze. L’unico dato che in questo momento assume una rilevanzanotevole è il fatto che, nonostante il polverone, nonostante gli appelli a nonvotare perché il voto sarebbe stato “congelato”, nonostante le polemicheportate avanti fino all’ultimo momento, il popolo italiano della nostra cittadinaha preferito pensare con la propria testa. Non delegando ad alcuno il poteredi decidere al suo posto.

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L’unico dato importante in questo momento è che il numero di coloroche si sono recati a votare è indubbiamente alto. Più alto addirittura che intante altre Comunità. Addirittura il 61 per cento degli aventi diritto al voto,cioè di tutti i connazionali, Italiani dichiarati, di maggiore età. E venga qualcunoa dire, che il loro voto non conta, che la loro volontà può essere congelata.

Ai “guru” che predicano l’universalità in nome dell’unitarietà dellacomunità nazionale italiana, che inneggiano all’abbattimento dei confini tra gliStati - battaglia peraltro giusta e meritevole, quando non demagogica - malsi addice il tentativo di creare confini e muri all’interno dello stesso Comune.Fece bene quel connazionale, all’ultima Assemblea della Comunità degli Italianidi Isola, a sottolineare che prima di riempirsi la bocca di principi altisonanticontro le barriere imposte dagli altri, bisogna stare attenti a non creare barrierenel nostro piccolo mondo minoritario.

Da questo punto di vista, gli appartenenti alla Comunità nazionale diIsola, pur sottoposta ad una campagna denigratoria martellante protrattasiper mesi, hanno risposto con coscienza, dignità e responsabilità. Senza usareterminologie ingiuriose, ma con pacatezza, con l’unica risposta che veramentenon può venir accantonata: andando ad esprimere la propria adesioneall’unitarietà della minoranza italiana con il voto. Rispondendo così a tutticoloro che, come dicevamo qualche giorno fa, in sostituzione delle tesseredell’UAIS di storica memoria, vorrebbe introdurne delle altre, forse altrettantodannose.

Che cosa c’entra l’UAIS?

C’entra, c’entra! L’ultima volta che si volle chiudere ed emarginarel’attività organizzata della comunità italiana di Isola fu proprio a quei tempi.Infatti, proprio cinquant’anni fa, in nome dell’unità e della fratellanza, l’alloraCircolo di Cultura Popolare veniva soppresso d’autorità. Ci vollero tre anniper ripristinarlo. Ma erano i tempi del Cominfom, del potere popolare, quandoo eri con o eri contro. E se eri contro, erano guai!

Ricordate? Allora, una buona fetta di Isolani preferì andarsene. L’altrafetta, ancora più grossa, se ne andò qualche anno più tardi. Ma erano tempilontani, mezzo secolo fa. Non devono più riaffacciarsi!

30 aprile 1998

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Euro, Euro…

Siamo testimoni a volte di avvenimenti che, per la loro importanza ela loro valenza, non è esagerato definirli storici. Eppure passano quasiinosservati, nella generale indifferenza, semplicemente perché nonsuccedono sotto casa nostra o nelle immediate vicinanze.

È successo anche in occasione del primo maggio di quest’anno.Eravamo talmente occupati a goderci le giornate di festività, ad ascoltare iresoconti dei vari raduni organizzati per la Festa internazionale del lavoro,e a ricordarci che nel traffico stradale è necessario tenere gli anabbagliantiaccesi, che non abbiamo prestato la dovuta attenzione a quanto avvenivaa un’ora d’aereo da casa nostra. A Bruxelles i Capi di Stato e di governodell’Unione Europea decidevano l’entrata in vigore della moneta unica,l’Euro.

Veniva stabilita anche la data e le modalità, oltre ai paesi chedell’accordo erano firmatari dal primo momento. Ma, tanto si sa che nelgiro di qualche anno sarà la moneta che in Europa, e forse anche nel mondo,riuscirà a dettar legge su tutte le economie. Per cui, una moneta unica chenon vuol significare soltanto un’operazione finanziaria e bancaria, per quantoimportante anche questa, ma rappresenterà sempre di più anchel’integrazione dei capitali, dei mercati, delle economie, del mondo dellavoro. Il primo passo, forse il più importate, per arrivare ad un’effettivaintegrazione anche politica, molto al di là di quelli che sono oggi gli accordidi Maastricht o quelli di Schengen.

Vuol dire che, volenti o nolenti, associati o integrati, anche noi cittadinidello Stato sloveno non dobbiamo aspettare il 2003 o il 2006 per potercidichiarare anche cittadini euro-pei. Sarà la forza propulsiva dell’Euro checi obbligherà a renderci tali, perché condizionerà concretamente il nostrostesso modo di vivere e di lavorare. Pena, diversamente, il totale isolamentodal contesto civile mondiale. Ed è una variante, questa, che come cittadini- ma soprattutto come appartenenti ad una comunità nazionale minoritaria- non vogliamo nemmeno prendere in considerazione.

14 maggio 1998 Silvano Sau

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Province si - province no?

Pare non ci sia una spiccata volontà, né da parte del governo, né daparte delle forze politiche, di dar fiato a quelle clausole della Costituzioneslovena che, nell’ordinamento amministrativo dello Stato, tra potere centraleed autonomie locali, prevedono anche la possibilità di istituire una faseintermedia, ovvero la regionalizzazione del territorio tramite le province.Per il momento, anzi, sembrano ancora impegnati nell’ulterioreframmentazione dei comuni.

Ciononostante, a metà aprile ha visto finalmente la luce una propostadi Legge sulle Province, anche se è comprensibile che la sua strada versol’approvazione sarà lunga e tortuosa. Una legge che riguarda direttamenteanche la comunità nazionale italiana e la sua presenza nei futuri organismiprovinciali. Ma non solo. Si tratterà di vedere pure in quale misura e inquale modo verranno divise le competenze nei confronti delle problematicheminoritarie tra Stato e Comune.

A questo punto, però, prima di aprire un dibattito su un capitoloconcreto del nuovo documento, vorremmo avanzare una proposta dicarattere più generale, diretta soprattutto ai deputati della nostra regione.

È indubbio che non tutte le regioni, future province, hanno le stessecaratteristiche. Infatti, scopo principale della legge dovrebbe essere anchequello di valorizzare e tutelare le specificità, che possono riguardare laposizione geografica, ambientale, storica o demografica.

Perché allora non prevedere già in questa fase la possibilità di istituiredelle provincie che, per le loro peculiarità, meritano lo status di Provinciaa Statuto Speciale? Speciale nel senso che, per determinate particolarità,non possono essere trattate con i criteri validi per tutte le altre.

Per i tre comuni della fascia costiera (Capodistria, Isola e Pirano), diparticolarità non riscontrabili in altre regioni ne possiamo già fin d’oraelencarne qualcuna: la presenza del mare e di tutto quanto è ad essocollegato, l’ubicazione su un’area confinaria con le vicine Italia e Croazia,con valenza di complementarietà economica, demografica e culturale, e,

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infine, la presenza della comunità nazionale italiana, che già da sola potrebberappresentare un valido argomento per una diversificazione statutaria. Nonper togliere qualcosa a qualcuno, ma per tutelare qualcosa che è di tutti.

28 maggio 1998 Silvano Sau

I 52 anni della Repubblica Italiana

La settimana scorsa, grazie ai ricevimenti offerti dalle rappresentanzediplomatiche italiane a Capodistria e a Lubiana, abbiamo celebratol’anniversario della Repubblica Italiana. Cinquantadue anni portatiabbastanza bene e, certamente, occasione per ripensare ancora una voltaalla nostra condizione minoritaria.

Come ci sembra di aver già ribadito negli anni scorsi, per gliappartenenti alle comunità nazionali, pur tra le tante magagne e difficoltà,c’è stata anche la possibilità di poter godere pure di qualche piccoloprivilegio ricompensatore. Non sempre riconosciuto e vantato apertamente,ma che ciascuno è libero di professare almeno a livello personale, intimo.Uno di questi è indubbiamente quello di sentirsi appartenente con pienalegittimità a due entità culturali, senza per questo dover rinunciare alla propriaidentità e alle proprie peculiarità.

Un avvenimento, quindi, che oltre ad essere celebrato nell’ambitodelle manifestazioni ufficiali organizzate dai rappresentanti dello Stato,dovrebbe portare questo nostro senso di appartenenza ad un popolo, aduna lingua, ad una tradizione di civiltà, a concretizzarsi in un qualcosa diautonomo e particolare. Proprio l’anniversario della Repubblica Italianapotrebbe diventare il momento più opportuno e favorevole per organizzarenell’ambito delle nostre Comunità manifestazioni che possano esprimerequesto nostro sentimento di appartenenza culturale e nazionale. Non perdimostrare la nostra matrice originaria, ma per proporsi come effettivoelemento di congiunzione e di stimolo tra realtà diverse che la storia, nonsempre buona maestra di vita, ha portato comunque a vivere assieme. Eche, alle soglie del Duemila, sembra essere finalmente acquisito anche dachi ha il potere di condizionare il nostro presente ed il nostro futuro.

11 giugno 1998 Silvano Sau

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Ristrutturazione di Palazzo Manzioli: una veduta dello spazio internoche, a lavori ultimati, è diventato uno degli elementi più simpaticidell’edificio.

Dopo un’estate torrida una doccia fredda...

Se l’estate è stata indubbiamente torrida - si parla di temperaturemedie mai raggiunte negli ultimi secoli - già l’inizio di settembre haprovveduto a procurarci una bella doccia fredda. Anzi gelata. Per tutta lanostra comunità nazionale. Ed è prevedibile che nei giorni e nei mesi cheseguiranno altri piovaschi freddi, se non grandinate, ci verranno addosso.Infatti, già entro la fine di quest’anno dovremo affrontare nuovamente ibilanci di previsione comunali e repubblicano, le elezioni amministrative equelle per le nostre Comunità autogestite, il rapporto con Unione Italianache, comunque vada, dovrà essere ripristinato sull’onda della comprensionee della saggezza comuni.

Il torrente in piena, dal quale siamo stati investiti già all’inizio di questomese, tuttavia, era prevedibile, pur se non nella misura attuale: dei problemi

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del settore scolastico ormai se ne parla da molto tempo, tutti consapevoli,che proprio la scuola si trova alla base di tutta la struttura che comprendela nostra comunità nazionale. E se viene a mancare questa è tutto il restoche diventa insicuro, instabile e privo di reali prospettive. Il dato secondocui nelle prime classi delle scuole elementari italiane del Capodistriano èstato registrato un calo di iscrizioni del cinquanta per cento rispetto l’annoscorso è drammatico. Scioccante. Funesto. Non perché sia succedutoproprio quest’anno, ma perché rappresenta l’apice di una tendenza ormaipresente da qualche tempo. A risentirne meno delle altre località è propriola Scuola “Dante Alighieri” di Isola, dove questa percentuale è notevolmenteinferiore. Anche questo, però non ci autorizza ad essere più ottimisti, perchéin ogni caso pure la nostra cittadina rientra nella logica di una situazione innegativo presente su tutto il territorio.

Un sintomo inequivocabile, del quale la comunità italiana e tutte lestrutture scolastiche avevano coscienza e che ad ogni passo andavanodenunciando. Senza ricevere mai risposte adeguate, e senza veder realizzatiquegli interventi più che necessari per evitare una situazione del genere.Denunce che riguardavano soprattutto un diverso impegno da parte delgoverno sloveno e una diversa politica negli aiuti didattico-materiali daparte della Matrice Nazionale. Certamente alcune responsabilità vannoricercate anche all’interno della stessa comunità nazionale, ma non possonoessere ritenute quelle determinanti, tenuto conto che una minoranza -proprio per la sua stessa posizione - difficilmente può superare un ostacolodi tale portata senza interventi mirati e voluti da parte di coloro che hannoil diritto, ma soprattutto il dovere, di offrire gli strumenti necessari perpermetterle di vivere e sopravvivere. Impegno e interventi che sicuramentesono di immediata necessità per il mondo scolastico, ma che dovrebberocomprendere anche tutti gli altri settori del nostro operare. Visti i risultati,credo si possa affermare che da parte di Slovenia e di Italia, per il momentoe finora si è fermi a livello di promesse, ma come dice un vecchio proverbio,“campa cavallo ...”

10 settembre 1998 Silvano Sau

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Tempo di elezioni. Il neoeletto Consiglio della Comunità Autogestitadella Nazionalità Italiana di Isola

In cerca di maggiore chiarezza e unità

Per ogni comunità nazionale minoritaria i problemi di fondo, quelliesistenziali, quelli che ne determinano a breve e a lunga scadenza il ruolo,la posizione e le prospettive, vanno identificati in due elementi portanti: nelrapporto che nei suoi confronti e nei confronti delle sue istituzioni è statoinstaurato dalla cosiddetta “Matrice Nazionale”, o come vienecomunemente definita, dalla “Nazione Madre”, da un lato, e dal Paese diresidenza o domiciliare, dall’altro. Nel caso della nostra comunità nazionaledall’Italia e dalla Slovenia.

Dall’intreccio di questi due elementi fondamentali, e dai problemiche quest’intreccio ha comportato, scaturiscono buona parte delle difficoltà,delle incomprensioni e delle strumen-talizzazioni che hanno investito tuttoil nostro corpo minoritario negli ultimi anni. Acutizzando la situazione in

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particolare in alcune comunità, come per esempio in quella di Isola.

Andando alle origini: da una parte, il governo italiano ha fatto saperea chiare lettere che suo interlocutore è e lo sarà anche in futuro, UnioneItaliana, che crea la sua soggettività sul territorio appoggiandosi alleComunità degli Italiani. Dall’altra, la Slovenia ha sancito con Costituzionee leggi particolari che interlocutore dello Stato a tutti i livelli, compresoquello delle autonomie locali, sono le Comunità autogestite della nazionalità.

Una situazione che non poteva non provocare disguidi, interpretazionidiverse, anche forzature e strumentalizzazioni, portando addirittura allacreazione di due fronti quasi opposti.

L’ultimo incontro avvenuto a Isola nella sede della Comunità “PasqualeBesenghi degli Ughi” tra soci e dirigenti dell’Unione Italiana, ha cercato didipanare la matassa alquanto complessa. Probabilmente un analogo incontrosi avrà anche con i soci dell’altra Comunità intitolata a “Dante Alighieri”,formalmente non ancora costituita. Per cercare di ricostituire e ritessere unlegame che - indipendentemente dalle parti - assicuri a tutto il corponazionale omogeneità d’intenti e soggettività.

Il risultato, nonostante i problemi in campo ed i tentativi delle singoleparti di avvalorare le proprie ragioni, è stato saggio soprattutto per gliinterventi dell’assemblea. Se ci sono state manchevolezze o sbagli siamodisposti a rimediare, come siamo disposti a dialogare con chiunque siadisposto al dialogo. In fondo siamo troppo pochi, e troppi sono “gli amici”da cui guardarsi, per permetterci di seguire strade divisorie, per le quali sisa dove incominciano e - purtroppo - si sa anche dove andrebbero afinire.

24 settembre 1998 Silvano Sau

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80 anni dopo…

La scorsa settimana è trascorsa all’insegna delle celebrazioni perricordare la giornata dei defunti e, qualche giorno prima, a Caporetto, perricordare l’anniversario della dodicesima battaglia sul Fronte dell’Isonzo.Presenti autorità di Italia e Slovenia, la cerimonia è stata organizzatadall’Ambasciata italiana a Lubiana e dal Consolato Generale di Capodistria.

Ma è stata un’occasione per ricordare pure l’ottantesimo anniversariodella fine della Prima Guerra mondiale, che ricorre proprio in questi giorni.

»Chi salva una vita umana è come se avesse salvato tutto il mondo«,racconta il regista americano Spielberg nel giustificare la carneficina dellosbarco in Normandia durante il secondo conflitto mondiale, descritta nelsuo ultimo film.

Certo, quante centinaia di volte è stato salvato il mondo nel corsodelle due guerre mondiali? Ma, purtroppo, quante centinaia di migliaia divolte è stato distrutto? Soltanto nel corso della Grande Guerra ci sonostati 37 milioni di vittime. Un conflitto che è durato 4 anni, 3 mesi e 14giorni, alle cui statistiche vanno aggiunti altri dieci milioni di morti provocatiindirettamente tra la popolazione civile.

Per questi territori, e in particolare per tutta la popolazione italiana, lafine della Prima Guerra mondiale non significò soltanto la fine di un’epocache l’aveva vista suddita più o meno fedele dell’impero asburgico, marappresentò anche il primo impatto con lo Stato della propria matricenazionale, l’Italia. Checché se ne possa dire oggi, quando la storia hasconvolto a più riprese governi e governanti, non è stato un impattogradevole.

Il ventennio del regime fascista ha fatto in modo che per molti lapatria si sia trasformata in matrigna, anche se – per tradizione – siamoabituati a considerare tutte le mamme p…, fuorché la nostra. Ma è statal’unica volta e l’unico periodo nel quale gli italiani poterono dire di esserea casa. Quanto questa casa fosse poco solida l’hanno dimostrato gli eventisuccessivi. Rimane il fatto che quando crollò, quasi tutti i suoi inquilinipreferirono andarsene. E anche questi, a conti fatti, possono essere

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annoverati tra le vittime provocate indirettamente dalla Grande Guerra,poiché non si è saputo gestire saggiamente le esperienze acquisite in queiquattro anni, pure se le ragioni dirette vanno ascritte alle conseguenze delconflitto che insanguinò l’Europa ed il mondo trent’anni più tardi. Tant’èvero che alcuni storici nelle loro valutazioni, invece di parlare della Prima edella Seconda guerra mondiale, preferiscono parlare dell’ultima, disastrosa,e speriamo irripetibile, »guerra dei trent’anni«.

Nel celebrare gli anniversari l’auspicio che l’ultima guerra sia stataveramente l’ultima.

5 novembre 1998

La redazione del Mandracchio presenta una delle sue prime opere diricerca sulla storia di Isola con il volumetto ‘La nostra storia –Calendario storico di Isola dino al 1954’.

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Presidenti, e noi?!

Visita lampo del presidente del Consiglio italiano D’Alema allaSlovenia la scorsa settimana. È durata qualche ora, ma il tempo è bastatoper affrontare alcuni dei temi più importanti che riguardano i rapportibilaterali e per un breve colloquio con il presidente della Repubblica. Conil premier sloveno Drnovšek ha discusso di cooperazione economica, direte viaria e di minoranze nazionali.

Per noi che siamo, appunto, appartenenti ad una comunità nazionaleminoritaria, già il fatto che due Capi di governo di Paesi vicini decidano diincontrarsi rappresenta una segnale positivo, che poi nel breve spazio ditempo che hanno a disposizione decidano addirittura di dedicarne unaparte alle sorti delle rispettive minoranze assume un significato oltremodopropositivo. Se il tutto, infine, avviene addirittura il giorno in cui ricorre ilcinquantesimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani,anche se si tratta semplicemente di un caso, beh, vogliamo credere che lecose non potrebbero andare meglio.

Tuttavia, avremmo altamente apprezzato se il presidente del ConsiglioD’Alema avesse disposto la sua pur brevissima visita anche per unrapidissimo incontro con gli esponenti della nostra Comunità nazionale.

Per felicitarci con lui a poche settimane dall’importante carica cui èstato chiamato e per augurargli di mantenerla a lungo. Ma anche, tempopermettendo, per dirgli di quei due o tre problemi che vorremmo venisserorisolti con il concorso diretto dei due Paesi. Siamo convinti che chi didovere l’avrà certamente informato di tutto, ma venirne informatodirettamente dagli interessati è ben altra cosa.

Però, come dicevo, ci saremmo accontentati anche di un saluto“lampo”, visto che si trattava di una visita “lampo”, magari quei due-treminuti prima di salire in macchina e ripartire, per una semplice stretta dimano. Se non altro, per sentirci un po’ meno soli e isolati.

17 dicembre 1998 S.S.

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Noi e France Prešeren

Da qualche giorno, esattamente dal primo febbraio, è in vigorel’accordo che associa la Slovenia all’Unione Europea, inserendola di fattoin una nuova dimensione internazionale e giuridica.

Tra qualche giorno, l’otto febbraio, in Slovenia si celebra la Giornatadella cultura, in onore al massimo poeta sloveno France Prešeren.

Forse, con un piccolo sforzo d’immaginazione, le due date andrebberoaddirittura accomunate nello spirito di quel messaggio europeista euniversale lanciato tanti decenni fa proprio dal poeta, quando vollepronosticare che al confine avremo dei buoni vicini. Una profezia che,toccando ferro, si va realizzando in maniera irreversibile.

Proprio per questo, dal nostro piccolo mondo minoritario, ci sentiamoautorizzati a fare alcune considerazioni e avanzare alcune proposte: perrafforzare la coscienza che sarà proprio la cultura a liberarci da tutti i limitiche ancora ci costringono ad operare in campi diversi, quando nonaddirittura avversi.

Perché, per esempio, con un altro piccolo sforzo d’immaginazione,non dovremmo identificare un motivo per celebrare anche noi una »nostra«giornata della cultura, legata alla nostra tradizione nazionale, che pur sempresi vanta di specifici agganci al territorio, alla tradizione, alla storia, allalingua, ad una creatività che affonda le sue origini nei secoli? Non inalternativa a quella del popolo sloveno, ma come un nuovo arricchimentointegrativo di valori e messaggi che dovrebbero coinvolgere tutta lapopolazione del territorio del nostro insediamento storico. Non per crearenuove frontiere e nuove ideologie, ma per superarle con un auspicabiletravaso e incrocio di conoscenze in cui ciascuna identità, per quanto piccola,troverebbe lo stimolo e la forza per consolidarsi ulteriormente e rafforzarsi.

Conoscere il vicino e, grazie alla conoscenza, apprezzarlo,rappresenterebbe il primo passo verso quella volontà di convivenza e dirispetto reciproco, senza il quale anche il cammino verso l’Europa sarebbepiù impervio e difficoltoso.

4 febbraio 1999 Silvano Sau

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Dio ce la mandi buona

Potremmo anche far finta che quanto sta succedendo a qualche oradi macchina da casa nostra non ci riguardi, né abbiamo intenzione di spargerelacrime sulla sorte di quelle popolazioni, da qualsiasi parte della barricataesse si trovino. Con una certa dose di cinismo potremmo addiritturaaffermare che, in fondo, le guerre ci sono sempre state e che, si sa, dove cisono guerre ci sono anche morti e feriti, pure tra i civili.

In quanto appartenenti ad una minoranza nazionale e ad unapopolazione di frontiera, risultato di due guerre mondiali e dellosgretolamento di Stati e di ideologie, non possiamo non percepire i pericoliche questi avvenimenti rappresentano, al di là del loro aspetto bellico, giàdi per sé tragico. Negli ultimi decenni e, soprattutto, negli ultimi anni cieravamo spinti a credere che il processo di distensione e didemocratizzazione fosse ormai irreversibile. Che la cultura della pace fossediventata parte della coscienza generale, tutelata da norme internazionali eda organismi quali l’ONU, nei quali volevamo riporre la nostra fiducia. Iltraguardo era l’Europa Unita, la Casa comune di tutti gli europei, permeatadalla tolleranza, dal dialogo, dalla volontà di rispetto reciproco, eredità diun millennio di traversie, ma anche di conquiste e di lezioni, dure, ma checredevamo di aver imparato. La Bosnia e quanto successo poco tempofa, dicevamo, era uno delle ultime scosse di assestamento.

Quanto sta succedendo in questi giorni, però, va ad aprire un nuovocapitolo di estrema instabilità e di precarietà dalle conseguenze imprevedibili.È ritornata in auge, legittimandosi di fronte all’opinione pubblica, la leggedel più forte. Quella dello sceriffo con licenza d’uccidere perché ha lepistole più potenti ed è il più rapido nell’estrarle. Una specie di nuova,drammatica e tragica versione del film “Mezzogiorno di fuoco” che tuttiricordiamo. Lo sceriffo, naturalmente sono gli Usa. Ma dove si trova ilpersonaggio “buono” della vicenda, quello che ritenevamo personificassel’Europa? Certo non l’ex pacifista Solana. Lui prende gli ordini dallosceriffo. Dove sono i vari Consigli d’Europa, i vari primi ministri, lediplomazie. Le capitali della nostra cultura e della nostra civiltà? Sono tuttiin viaggio d’affari?

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Inutile nascondercelo, se questo è lo scenario dell’Europa che stiamoauspicando, finora abbiamo sognato e, come si diceva ingenuamente unavolta, che Dio ce la mandi buona!

1 aprile 1999 Silvano Sau

Marzo 1999: continuano i lavori di restauro di Palazzo Manzioli.Nella foto quello che più tardi sarebbe diventato il salone dei concertial Piano Nobile.

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Una guerra che fa paura

Possiamo anche far finta di niente, ma a noi la guerra in Jugoslavia fapaura: sta superando tutti i limiti, se di limiti in una guerra è possibile parlare.E seppure nei primi giorni, senza entrar nel merito delle ragioni e dellegiustificazioni, si poteva ancora pensare alla “guerra lampo”, nel momentoin cui scriviamo le fasi dell’escalation stanno assumendo caratteristiche piùche preoccupanti e drammatiche.

Ormai è evidente, che già la prima fase, quella delle trattative, è statagiocata barando, probabilmente da tutte le parti, visto che nessuno cicredeva seriamente. Anche quella dei bombardamenti con “precisionechirurgica” ormai è soltanto un racconto del tempo che fu. All’ordine delgiorno attualmente la fase delle centinaia di migliaia di profughi e delledecine di morti e feriti tra i civili. Una fase che si sta lentamente esaurendolasciando spazio alla successiva che è quella dell’arroganza, provocatadalla coscienza che tutte le vie per arrivare ad una soluzione si stannoperdendo.

Quella che ci fa realmente paura, dopo tre lunghissime settimane, èche si sta entrando nell’ultima fase, quella del non-ritorno, del panicoisterico. Provocato dalla sensazione del “tutto è perduto”, dalla perditadell’orgoglio nazionale, dall’ impossibilità di giustificarsi di fronte ai propricittadini e all’opinione pubblica mondiale per i disastri e le vittime provocate.

Come sempre, dall’una e dall’altra parte. Né ci aiuteranno a superarequesta fase le decine di tavole rotonde che quotidianamente dal teleschermoimprovvisati esperti pretendono di presen-tarci verità assolute, se nonaddirittura di avere la soluzione sottomano. La realtà di una guerra è moltopiù tragica. Noi, che in fondo siamo il risultato di un secolo che ha vistoaddirittura due conflitti mondiali, lo sappiamo bene. Ed è per questo cheabbiamo paura anche oggi.

15 aprile 1999 Silvano Sau

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Il libro e la nostra identità

Il numero dei presenti e la viva partecipazione che venerdì scorsoabbiamo riscontrato durante la presentazione del volume “Isola in 200cartoline”, pubblicato dalla nostra Redazione, abbiamo voluto interpretarlocome una precisa manifestazione di attaccamento alle nostre radici e allanostra identità nazionale. La presenza poi di personalità, a partire dalSindaco e dal Console Generale d’Italia a Capodistria, e di ospiti venutida Trieste e dalle vicine località e di rappresentanti della maggioranza, havoluto significare che certe barriere e certi ostacoli che ancora eranopresenti, lentamente, ma inesorabilmente stanno scomparendo. E la storiadi Isola, pur se rappresentata soltanto da duecento cartoline, sta diventandola storia di tutti noi, di coloro che vi sono vissuti, di coloro che vi vivono e- crediamo - anche di coloro che vi vivranno domani.

L’identità - è stato detto durante la presentazione - non è qualcosache si può acquisire, perché nasce con noi. L’importante è saperla usare,affinché non diventi strumento di sopraffazione e di divisione, quantopiuttosto veicolo di comprensione e di arricchimento.

Le vecchie panoramiche, alle Porte, il Mandracchio, Piazza Grande,Porto Apollo, le Industrie conserviere, nate secoli o decenni fa sono ancoralì a testimoniare una storia ricca di umanità e di partecipazione. Forse sonocambiate nel nome, ma l’aspetto non può trarre in inganno. Basta raccogliereil racconto che sono disposte a farci perché diventino patrimonio di tutti ememoria collettiva. Perché diventino un elemento di quella identità chescaturisce dal nascere, dal vivere un certo ambiente, dal respirareun’atmosfera, dal riconoscersi in tutti quei mille e mille elementi che lacompongono. E, cosa ancora più importante, farsi riconoscere.

Affinché - come è sempre stato detto durante la presentazione - lagrande onda d’urto della globalizzazione e delle integrazioni non finiscacon il capovolgere e affondare una realtà così piccola come quella isolanae, in questa già minima proiezione, non penalizzi ulteriormente la presenzaitaliana già sufficientemente castigata dagli uomini e dalla storia.

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Se la nostra Redazione, pubblicando il volume sulle cartoline di Isola,ha almeno in parte contribuito a far navigare questa barchetta dellasperanza, ha fatto molto.

29 aprile 1999 La Redazione

La redazione del Mandracchio è particolarmente impegnata nonsoltanto nell’informazione e nell’editoria, ma anche nell’organizzaremanifestazioni per ricordare e celebrare importanti anniversari delpassato. Assieme al Comune di Isola e alla Scuola Italiana venneroricordati i 580 anni della prima scuola pubblica della nostra città.

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Inquietudine e preoccupazione

C’è una certa inquietudine nel nostro piccolo mondo minoritario. Eanche preoccupazione. Dura ormai da qualche settimana la polemica chevede su fronti opposti esponenti della nostra Comunità nazionale,rappresentanti e non delle istituzioni, con in primo piano il quotidiano “LaVoce del Popolo” e la direzione della Casa editrice EDIT di Fiume. Unapolemica che ha sollevato molti dubbi e molti interrogativi, ma che non haportato alcuna certezza. A parte quella, che per un determinato periodo(speriamo breve) e per una certa parte (speriamo minima) i mezzi stanziatidal governo italiano in nostro favore sono stati bloccati. A questo punto,per non esasperare ulteriormente l’atmosfera di crisi, riteniamo sarebbeutile una breve pausa di riflessione, da tutte le parti. Per fare un esame dicoscienza e per tirare le somme di una situazione che altrimenti rischia disfuggire di mano e rompere definitivamente i legami che ancor sempretengono assieme gli interessi, le istituzioni e le persone della nostra Comunitànazionale.

Far finta che non sia successo niente, senza voler entrar nel meritodelle accuse e delle controaccuse, è quasi impossibile. Il problema materialee finanziario in questo contesto è, in fondo, marginale. Mentre assume unarilevanza determinante il problema dei rapporti interni alla minoranza e dichi è chiamato a rappresentarla. Ed assume importanza il rapporto che daquesta pesante polemica interna verrà ad instaurarsi con la MatriceNazionale e con gli enti che a suo nome continueranno a collaborare connoi. Di non poco conto anche l’immagine che, comunque, presenteremoalle forze politiche degli Stati domiciliari, non fosse altro che per assicurarciancora, o ancora di più, capacità contrattuale.

È necessario quindi che gli animi si plachino: il muro contro muro nonrisolverà assolutamente niente, né la creazione di eventuali nemici al nostrointerno riuscirà a portarci lontano. Chi ha rivendicazioni da presentare, lofaccia nell’ambito di un dialogo sereno e democratico. Chi è chiamato incausa risponda, tenendo presente che in questo caso non vale il detto percui “chiedere è lecito, rispondere è cortesia”.

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In fondo si tratta di domande e di risposte che sono troppo importantiaffinché ci si possa permettere il lusso di perdere qualche connazionaleper strada. O, peggio ancora, che prenda piede un processo didisintegrazione che, vogliamo credere, nessuno vuole.

13 maggio 1999 Silvano Sau

Auguri, Presidente Ciampi!

Il giorno del suo insediamento al Quirinale, la Comunità AutogestitaCostiera della nazionalità italiana ha inviato al neoeletto presidente dellaRepubblica Italiana, Carlo Azeglio Ciampi, un messaggio auguraleesprimendo le più sentite congratulazioni per la nomina alla più alta caricadello Stato. Nel messaggio, tra l’altro, viene auspicato che la Nazioned’origine prosegua, anche sotto la Sua alta guida, a prestare la necessariaattenzione alla Comunità Nazionale Italiana in Slovenia. Una minoranzanazionale autoctona, la nostra, come è stato sottolineato, che attraversaun momento particolarmente problematico della propria esistenza, e che,negli ultimi anni, grazie anche al sostegno dell’Italia, ha conseguito alcunisignificativi risultati. Si esprime quindi la speranza di poter incontrare ilPresidente al fine di informarlo direttamente dei nostri problemi e dellenostre aspettative.

Un messaggio è stato inviato anche al Presidente uscente, OscarLuigi Scalfaro, esprimendo i più cordiali sentimenti di riconoscenza perl’attenzione con la quale ha sempre seguito la nostra Comunità Nazionale.

”Ricorderemo sempre con gratitudine – è detto nella missiva – gliincontri che in questi anni abbiamo avuto il piacere di avere con la Sua altacarica nel corso delle visite effettuate in Slovenia e in Istria, durante i qualiha sempre trovato il tempo e la sensibilità di ascoltare l’esposizione dellenostre problematiche e l’enunciazione dei nostri progetti futuri, tesi avalorizzare i nostri diritti minoritari, e a mantenere l’unitarietà della ComunitàNazionale Italiana sul territorio del suo insediamento storico, guardando aiprocessi d’integrazione europea, da noi sempre sostenuti.

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Nel messaggio al Presidente Scalfaro, inoltre, si esprime un particolareringraziamento per la Sua partecipazione all’inaugurazione, assieme alPresidente della Repubblica di Slovenia, Milan Kuèan, del nuovo edificiodella Scuola italiana ”Dante Alighieri“ di Isola.

Il Consiglio della Comunità autogestita della nostra nazionalità,riunitosi la scorsa settimana a Capodistria, ha discusso pure della situazioneattuale all’interno della Comunità nazionale italiana. È stata espressapreoccupazione per i toni assunti dalle polemiche sulle pagine della nostrastampa, polemiche che rischiano di incidere sull’immagine stessa dellenostre istituzioni, ed è stato auspicato che il dibattito si trasferisca nellesedi appropriate e delegate al dibattito e al confronto democratico.

27 maggio 1999

Comunque auguri, Delamaris!

Ammettiamolo pure: eravamo in attesa della celebrazione del120.esimo anniversario dell’industria conserviera di Isola che l’unico eredeodierno, la “Delamaris”, aveva annunciato da tempo. Ed eravamo in attesaanche della pubblicazione promessa. Non sono tante le città grandi e piccoleche possono permettersi ricorrenze del genere. È vero, nel frattempo tantecose sono cambiate, in fondo si tratta di 120 anni, ma Isola è sempre quicon le ciminiere di allora, con le case che forse sono più confortevoli, mache mantengono sempre il loro aspetto originario. Ad essere cambiatesono soltanto le persone: la stragrande maggioranza perché ha intrapresola strada dell’esodo, molte perché la legge della natura è inflessibile, maquelle che negli anni e nei decenni si sono stabilite a Isola hanno fattoproprio quel patrimonio di vita e di tradizioni che proprio la presenza deiconservifici ha comportato.

Eppure, noi Isolani di vecchio e nuovo stampo, non ci siamo sentiticoinvolti. Anzi...

Lasciamo andare la cerimonia. Non sappiamo come si è svolta perchénon eravamo presenti: con tante personalità, a partire dal Capo del Governo,vogliamo credere che il suggerimento inviato vent’anni fa (si festeggiava il

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secolo) di rispettare anche la presenza autoctona degli italiani sia statarispettata. Forse... anche se l’invito allora era stato inviato daun’organizzazione politica che ormai è relegata nel cassetto dell’oblio e dicui nessuno è intenzionato a ripresentarsi come erede.

La nostra curiosità, pertanto, è andata soprattutto al volumepubblicato per l’occasione, frutto di una ricerca commissionata allo studiosoBruno Volpi Lisjak, per lunghi anni, come scrive nella presentazione,capitano di lungo corso. Uno che il mare l’ha vissuto in prima persona.

La copertina promette bene: una vecchia immagine delle antiche“fabbrichine” mentre stendono le sardine per la dovuta essiccazione. Poi,le altre immagini della vita nelle fabbriche e nella cittadina, che con questefabbriche ha vissuto un intero secolo e più? Macché! Tutto il primo capitolo,intitolato “Descrizione storica della pesca sulla costa slovena”, parla ditutto fuorché della pesca e della conservazione del pesce a Isola. Parlainvece dei pescatori sloveni presenti sull’altra costa, quella triestina, daServola a Barcola, a Contovello a Duino. Che certamente avranno avutoi loro meriti per lo sviluppo dell’industria conserviera di Isola, ma gli Isolani?

Beh, come si sa, la carta si lascia scrivere! Almeno le foto ed idocumenti non si possono sostituire. Lo credereste? La prima foto presentadei campi a terrazza sulla costa slovena di Trieste. Poi, Isola? No: è lavolta del porticciolo di Barcola, poi Contovello, poi Santa Croce.

Anche nel capitolo “Nascita e sviluppo dell’industria conserviera delpesce”, le immagini sono quelle di Duino, Aurisina e Santa Croce.

Infine, e finalmente, nel capitolo “Storia della Delamaris”, a pag. 40,la prima immagine di Isola, seguita da tante altre.

E la ricerca del capitano Volpi Lisjak? Sull’impatto che la nascitadell’industria conserviera ebbe con la nostra città, nemmeno una parola.Fu tutto questione di proprietari: la popolazione isolana c’entra poco. Lacrescita del movimento operaio, le grandi conquiste sociali, le battaglie, gliscioperi, anche i morti (chi ricorda lo sciopero in piena era nazista?) leCase del Popolo, le varie sale di lettura. Niente di niente!

È probabile che una chiave di lettura di questa ricerca, forse, ci vengaofferta dallo stesso autore quando, nello spiegare le vicende seguite alla

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seconda guerra mondiale, dice che gli abitanti di Isola se ne sono andatiper libera scelta.

È evidente che il capitano Volpi Lisjak, piuttosto che parlare dellapresenza italiana a Isola, preferisce navigare in altre acque. A dimostrazione,appunto, che la carta può sopportare questo ed altro. Come spiegare,altrimenti, che pure il sommario della pubblicazione ha dimenticato l’altralingua ufficiale di Isola: l’italiano. È stato steso soltanto in inglese. Forseperché deve navigare verso altri porti.

Congratulazioni Delamaris! E, comunque, auguri!

23 settembre 1999 La Redazione

I numeri contano...

“Perché all’interno della Comunità nazionale italiana si parla tanto spessodi problemi inerenti alla storia ed al passato, quando i problemi legati alcontingente quotidiano sono tanti? Non è che così si cerca semplicemente dievitare un impegno più diretto e incisivo sui problemi attuali? Si affrontino,piuttosto, i problemi della mancata attuazione del bilinguismo odell’insufficiente sovvenzionamento delle nostre attività!”

Così, ci è stato riferito, si è espresso un nostro connazionale.

È un punto di vista certamente legittimo, anche se, secondo il nostromodesto parere, è un atteggiamento che potrebbe anche essere fuorviante,semplicistico e - non me se ne voglia - alquanto demagogico.

Come si fa a proporre e ad esigere soluzioni che riguardano la nostraposizione minoritaria senza confrontarsi con il retaggio del passato, visto chenoi stessi, in quanto minoranza nazionale, siamo il risultato di un passato che,volenti o nolenti, in questa condizione ci ha costretti?

Inutile far finta di non saperlo: per quanto con lo sguardo orientato aldomani, e per quanto oberati dai problemi dell’oggi, siamo ancor sempreostaggi del passato! Lontano e recente. Come gruppo nazionale minoritariopossiamo esistere e trovare la forza di lottare soltanto se di questo ci rendiamoconto e se abbiamo acquisito la coscienza che alle spalle abbiamo, appunto,un passato. Soltanto così possiamo permetterci di pretendere unalegittimazione anche nell’oggi e nel domani!

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Dopo la battaglia - si usa dire - siamo tutti generali! Per la nostraComunità nazionale, senza andare alla ricerca di colpevoli o nemici, questosecolo ha avuto conseguenze che, per la verità, nessuno di noi prevedeva.Innanzitutto, perché a partire dagli ultimi cinquant’anni siamo stati ridottiprima a minoranza, poi a minoranza numericamente esigua. Poi, perché nellagestione della nostra condizione minoritaria ci siamo lasciati condurre permano con troppa facilità da demagogie, ideologie e pedagogie che, pur se aloro tempo comprensibili e giustificabili, alla resa dei conti hanno dimostratola loro totale inconsistenza, quando non specchi per le allodole. Ed è conquesti risultati che oggi siamo costretti a fare i conti. Non soltanto in nomedella democrazia e della civiltà che stanno avanzando, perché anche le regoledi queste vengono “democraticamente” dettate dalla maggioranza (i numericontano, altroché!), quanto in nome di una presenza sul territorio che nessunopuò negare e la cui testimonianza più sicura ci viene proprio dal passato edalla sua conoscenza!

7 ottobre 1999 S.S.

Parallelamente a Palazzo Manzioli venivano portati avanti anche ilavori di pavimentazione dell’antistante piazza. Durante la rimozionedelle lastre di pietra del selciato venne alla luce una pavimentazioneancora più antica. Dopo averla studiata, fotografata e documentata èstata nuovamente ricoperta.

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Tempi di ricordi…

I ricordi, gli affetti, i legami che il tempo rischia di far sbiadireritornano una volta all’anno nella giornata dedicata ai nostri defunti. Cosìè stato anche questa prima giornata di novembre, tiepida e soleggiatacome una giornata di primavera. Abbiamo reso omaggio ai caduti dellaGrande Guerra, indipendentemente dalla parte in cui si trovavano acombattere. Ci siamo inchinati ai caduti della Seconda Guerra Mondiale,di qualunque colore siano stati. Ma, soprattutto, abbiamo fatto visita e cisiamo raccolti in meditazione di fronte alle tombe dei nostri cari nei cimiterisparsi per l’Istria. Il tempo che scorre sempre più veloce e inesorabilelascia sempre meno spazio alla possibilità, a volte anche alla necessità,di dedicare un pensiero a coloro che hanno rappresentato una parteimportante della nostra vita e dai quali, inesorabilmente, le leggi dellanatura hanno provveduto a separarci. Ma anche ad amici o sempliciconoscenti. Rimane, per fortuna, quella lapide, quel nome, a voltequell’immagine, che da una tomba continua a testimoniare della suapresenza in questo mondo, uno, dieci, cento anni fa.

Anno dopo anno, chi visita il nostro Camposanto, come tradizionecristiana e cattolica comanda, o perchè si riconosce ormai soltanto nellatradizione, può constatare come tutto stia mutando. Anche quello che,per logica, dovrebbe rimanere immutabile nel tempo. Dopo un solo annoè possibile vedere che pure il Cimitero è sempre diverso. Cambia la suasuperficie, costretti a occupare nuovi lotti per far spazio a sempre nuovetombe. Cambia l’immagine e la fisionomia dei monumenti: marmo nuovoe lucente che sostituisce quello antico in pietra grigia. Cambia l’originedei nomi e dei cognomi. Cambia anche l’appartenenza religiosa: nonsoltanto nelle parti nuove del Cimitero, ma anche in quelle appartenentia tempi più remoti. È l’inevitabile scorrere del tempo che ci trova costrettia non far più distinzioni, almeno tra i morti.

Eppure i cimiteri e le loro pietre tombali rappresentano un pezzoimportante della nostra memoria storica e, in omaggio a chi ha trovatosepoltura in esso dopo aver contribuito a costruire, nel bene e nel male,le vicissitudini di queste terre, meriterebbe di non venir semplicemente

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cancellato. È vero: i morti hanno fatto quello che hanno potuto. Spetta aivivi fare in modo che tutto ciò non venga dimenticato: anche salvandodal degrado il loro nome scolpito su una lapide.

4 novembre 1999 Silvano Sau

Futuro senza vita?

Per le voci che riguardano i gruppi nazionali minoritari il preventivo dibilancio della Slovenia per il 2000 è il peggiore degli ultimi anni. L’haconstatato la Commissione per le nazionalità italiana e ungherese dellaCamera di Stato e – ed è tutto dire – questa è anche la valutazione delresponsabile dell’Ufficio governativo per le nazionalità. Non è una novità,tanto che abbiamo avuto modo di constatarlo già al momento in cui erastata pubblicata la proposta della Legge Finanziaria. L’indice di aumentorispetto al 1999 va dal 101 al 105 per cento, un tasso quindi notevolmenteinferiore a quello previsto per l’inflazione e, soprattutto, notevolmenteinferiore all’indice di aumento generale previsto per tutto il bilancio delprossimo anno, che sembra ammontare al 109,4 per cento. Senza tenerconto degli obblighi che non sono stati onorati già quest’anno nei confrontidei Comuni nazionalmente misti e che prevedono una refusione dei bilancicomunali per le voci riguardanti la presenza delle comunità nazionaliautoctone e l’attuazione delle norme sul bilinguismo. E senza tener contodelle nuove necessità che si stanno presentando, vedi Casa Manzioli.

Per non bloccare la procedura parlamentare, la Commissione haprovveduto comunque a deliberare che la proposta di bilancio 2000rappresenta una valida base di dibattito, invitando il governo a rivedere lesingole voci di spesa e incaricando la presidenza della Commissione apreparare una serie di emendamenti con i quali cercar di risolvere lasituazione.

Dobbiamo dire, sinceramente, che ad un possibile miglioramento deicapitoli minoritari in fase di approvazione della Finanziaria ci crediamopoco. Anche perché le stesse conclusioni sono state approvate – più omeno – da tutti gli altri organi della Camera di Stato, per cui alla fine si

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finirà con il concludere che la pentola è quella che è, che gli ingredientidisponibili ormai sono definiti, con un’unica possibilità di scelta: o si mangiala minestra o si rimane senza pranzo e senza cena.

Anche il richiamo all’Europa ha provocato reazioni poco stimolantida parte di qualche deputato della coalizione di governo. Pare che, neisuoi numerosi viaggi nei diversi Paesi europei, sia giunto alla conclusioneche nessuno discuta volentieri delle proprie minoranze, forse perché sirende conto di avere qualche scheletro nascosto negli armadi. Che siaquesto il destino che qualche forza politica intende riservarci per il futuro?Quello di scheletro da venir rinchiuso in un armadio che, come cimeliostorico sarebbe certamente ben tutelato e ancora meglio conservato, mainesorabilmente senza vita?

28 novembre 1999 Silvano Sau

La scuola elementare italiana di Isola ‘Dante Alighieri’ celebra icento anni trascorsi nell’edificio di via Gregorèiè. A ricordo dellaricorrenza una lapide commemorativa è stata inaugurata nella sededella nuova scuola che porta lo stesso nome.

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Attenti alla porta!

Sul Secondo Congresso degli Istriani, che dovrebbe svolgersi ilprossimo ottobre a Isola, non siamo stati interpellati, né siamo stati coinvoltialtrimenti. Tuttavia, visto che ormai se ne parla, desideriamo dire la nostra– per quel che ne sappiamo e per quello che finora abbiamo sentito dallediverse parti.

Il primo Congresso, svoltosi cinque anni fa a Pola, non ha dato grossirisultati, né le polemiche allora scaturite a livello politico hanno avutostrascichi determinanti nel tempo. Tuttavia, e questa è la prima constatazione,già il fatto che – bene o male – quasi tutte le componenti istriane fosserostate presenti, ha rappresentato certamente un primo passo versoquell’auspicato dialogo, di cui tutti sentiamo il bisogno. Se anche a Isola,tutti i convenuti, in veste ufficiale o da osservatori, potranno dire la propriain piena serenità e in piena legittimità, e se alla fine sarà comunque possibiletirare una serie di conclusioni accettabili per tutti, allora anche il secondopasso sarà fatto. E, forse, sarà il più importante di tutti i precedenti: forsealtri si renderanno conto che l’essere Istriano non è una maledizione,nonostante la storia che ci portiamo alle spalle. Che una riconciliazioneideale è ancora possibile. E che le diverse componenti nazionali dell’Istrianopossono trovare una civile forma di contatto, di dialogo e, quando possibile,anche di convivenza. Di là dagli Stati, di là dalle ideologie, di là dalleseparazioni che la storia in nome proprio degli Stati e delle ideologie hacompiuto nel suo tessuto sociale, economico e demografico.

Quindi parliamo pure di storia, di torti subiti, di dolori sopportati e diabusi sofferti, ma – se proprio vogliamo questo congresso – stiamo almenoattenti a non sbatterci la porta in faccia. Potrebbe essere l’ultima occasione.Ed è una responsabilità che chi si è addossato il compito di organizzare ilCongresso deve comprendere.

2 dicembre 1999 S.S.

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1999+1=2000?

È confermato anche ufficialmente: per celebrare il nuovo millenniobisognerà aspettare ancora un anno esatto. Infatti, come assicurano imatematici, è con il numero Uno che tutto ha inizio. Ciononostante, dopoaver pronosticato l’avvento del fine secolo e del fine millennio per interidodici mesi, credo che abbiamo fatto bene a festeggiare l’avvenimentoanche alla fine del vecchio anno: troppe le attese e troppi i mezzi spesi perpoter annullare tutto con un semplice “ci siamo sbagliati”!

In fondo, ammettiamolo, non ci dispiace nemmeno tanto che l’attesasi proroghi di altri 366 giorni. Quelli del 1999 hanno portato troppe notiziepoco incoraggianti per servire da stimolo e da speranza per il prossimo elontano futuro.

Ci rimane, così, ancora una speranza di poter concludere questo XXsecolo un po’ meglio di quanto non sia successo finora. Dodici mesi nonsono tanti, ma potrebbero bastare – se percorsi con saggezza – permigliorare una media alquanto disastrosa e, comunque, per darci almenol’illusione che il cammino, finora in salita, incominci lentamente a diventaremeno faticoso.

Anche per la nostra Comunità Nazionale, il 1999 non è stato prodigoed i presupposti annunciati per il prossimo anno non risultano essere migliori.Anzi! Senza voler fare bilanci di fine d’anno e senza voler progettare destinifuturi, vogliamo sperare che, nonostante tutto, già nel prossimo anno avremocompiuto un altro passo verso la mèta comune dell’Europa Unita. Cheriusciremo, comunque, a consolidare la nostra posizione materiale egiuridica. Che la coscienza del diverso comporterà effettivamentel’acquisizione di valori che ancor sempre sono spinti verso i margini dellasocietà civile e della cultura.

Per tutti questi motivi, e per tanti altri, facciamo finta allora che ilprimo Gennaio del 2000 rappresenti la prova generale per toglierci didosso la secolare maledizione del “Mille e non più mille”, trasformandolain una semplice e più stimolante porta d’entrata verso un periodo di civiltàe di tolleranza di cui tutti abbiamo bisogno.

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A tutti i connazionali, alle nostre istituzioni, ai nostri concittadini, imigliori auguri di un felice Anno Nuovo 2000.

E, come dicevano i nostri vecchi, a tutti salute e bori.

..30 dicembre 1999

L’incognita dei corsi e dei ricorsi

Dopo tanti tira e molla, l’incognita dei finanziamenti per quest’annosta arrivando alla conclusione. Dopo che il Bilancio di previsione dellaSlovenia ha ricevuto il benestare del Parlamento, sappiamo che non moltidegli emendamenti proposti dalle Comunità nazionali minoritarie hannoavuto luce verde. Niente indicizzazioni, niente mezzi aggiuntivi per l’arredoe per le spese di funzionamento di Palazzo Manzioli. Tuttavia, l’ultima parolanon è ancora detta: certamente questo sarà ricordato come l’anno deicorsi e ricorsi. Infatti, l’ultimo ricorso al Ministero per la cultura (più cheun ricorso è un tentativo di arrivare comunque ad un compromessoaccettabile per entrambe le parti) è stato inoltrato lunedì scorso. A quantosembra, una piccola aggiunta potrebbe essere possibile se il ministroaccettasse di finanziare alcune voci dai suoi fondi di riserva. Secondo lesolite voci bene informate, sembra che una qualche possibilità concretaesista. Sempre secondo le solite voci bene informate, pare che qualcosasarà possibile tirar fuori anche per inaugurare decentemente PalazzoManzioli: se non altro perché si tratta di un progetto che vede coinvolti duePaesi, come si dice, vicini ed amici, e sarebbe certamente poco opportunoche, una volta terminati i lavori edilizi e di restauro, il tutto rimanesse chiusoin attesa di tempi migliori.

A questo punto, quindi, non ci rimane altra alternativa che continuara sperare ancora per qualche giorno. La risposta dovrebbe arrivare moltopresto. In ogni caso, vogliamo credere che un’informazione adeguata epositiva arrivi prima dell’otto febbraio, per poter anche noi festeggiareadeguatamente la Giornata della Cultura Slovena.

Certo, noi abbiamo sempre sottolineato, anche con un certo orgoglioche lo Stato di cui siamo cittadini, la Slovenia, è uno dei pochi che dedica

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tanta importanza alla cultura: tanto da dedicarle addirittura una giornata difesta, in occasione dell’anniversario del suo più grande Poeta. Peccatoche questo interesse non incontri adeguata rispondenza anche quando siparla di finanziamenti. Come giustificare, altrimenti, il fatto che proprio alMinistero per la cultura, in questo fatidico anno 2000, l’indicizzazioneprevista dal Bilancio è la più bassa rispetto a tutti gli altri? Che dipenda dalfatto che siamo entrati nell’anno in cui si svolgeranno le elezioni politiche?

3 febbraio 2000 Silvano Sau

Palazzo Manzioli: 30 giugno 2000!

A guardarlo dall’antistante piazzetta, e ancor meno visitandolodall’interno, sarebbe impossibile assicurare che entro il prossimo 30 giugnoPalazzo Manzioli sarà definitivamente completato, ristrutturato e restaurato.A dir la verità, anche la piazza che sta di fronte sembra essere lontana daltermine stabilito per il completamento dei lavori. Eppure noi vogliamoessere fermamente convinti che le date verranno effettivamente rispettatedagli esecutori, dagli esperti, dai restauratori, dai tecnici e, soprattutto, daifinanziatori.

Un tanto è stato confermato e sottoscritto alla riunione del Comitatomisto italo-sloveno guidato dai rappresentanti dei due Ministeri degli esteri,presenti, nell’ambito delle due delegazioni, tutti i soggetti direttamenteinteressati. A scanso di equivoci, gli esperti delle due parti hanno sottoscrittoanche l’elenco dei materiali previsti e lo scadenziario dei singoli lavori,giorno per giorno, fino alla conclusione prevista, come si diceva, per lafine di giugno. A stimolare il nostro ottimismo il fatto che da qualche tempoeffettivamente i lavori sono ripresi e non passa giorno che non si vedaqualcosa di nuovo che, ancora ieri, non c’era. Anche il corso di formazioneper il restauro, sotto l’attenta guida del Dipartimento di architetturadell’Università di Reggio Calabria, è in pieno svolgimento con pienasoddisfazione dei professori e degli studenti.

Rimangono tutt’ora, comunque, aperte altre due sostanzialiperplessità. La prima riguarda la domanda se, una volta chiusi tutti i cantieri,

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saranno assicurati anche i mezzi necessari per l’arredo e il funzionamentodello stabile, rendendo possibile una sua agibilità funzionale da parte deisuoi fruitori finali, cioè la Comunità autogestita della nazionalità italiana contutte le sue innumerevoli attività. La seconda è collegata al progetto inizialeche ha giustificato tutto l’intervento e che è alla base stessa del Protocollofirmato dai governi di Italia e di Slovenia. Concluso il corso di formazioneattuale, voluto e previsto dal Protocollo di accordo che scade, appunto, il30 giugno sarà possibile prospettare qualche altro tipo di iniziativa che noninterrompa un progetto che si è dimostrato certamente positivo?

Su entrambi i fronti, sia la Comunità autogestita sia l’amministrazionecomunale e gli altri soggetti coinvolti stanno cercando possibili sbocchi.Alcuni sono già stati evidenziati e sono all’esame. L’unico problema è cheper la loro attuazione non basta la disponibilità. Quando si tratta diassicurare qualche baiocco, tutti cercano di far orecchio da mercante.Però, come si dice, un passo dopo l’altro… naturalmente senza aspettarelo scoccare del 30 giugno. Allora si potrà soltanto discutere come e quandoeffettuare la cerimonia solenne dell’inaugurazione. Naturalmente con tutti iproblemi già risolti.

2 marzo 2000 Silvano Sau

Signori ministri, e noi?

Seguiamo sempre con grande interesse gli incontri tra i governantidei Paesi vicini, in particolare tra quelli di Slovenia, Italia e Croazia, convinticome siamo che le porte dell’Europa potranno realmente spalancarsisoltanto in un’atmosfera di reale fiducia, comprensione, rispetto e pienacollaborazione. Tanto più quando nei colloqui vengono trattati ancheproblemi inerenti la posizione delle singole comunità nazionali. Abbiamoseguito e atteso i risultati anche della recente visita che il ministro degliesteri sloveno, Rupel, ha compiuto a Roma e dei colloqui avuti conl’omologo italiano, Dini. Un’attesa tanto più giustificata, perché era statoannunciato che in quell’occasione i due capi diplomazia avrebbero postola loro firma anche in calce all’accordo bilaterale per la collaborazione

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culturale. Un accordo che, se ben ricordiamo, contiene anche tutta unaserie di clausole inerenti alcuni impegni dei due Paesi a favore delle rispettiveminoranze. Dalle agenzie stampa abbiamo appreso con soddisfazione chela firma c’è stata e che l’accordo quindi entrerà in vigore non appenapubblicato dalle Gazzette Ufficiali.

Ciononostante, pur nel nostro piccolo, oseremmo avanzare unaperplessità: l’accordo c’è ed è stato sottoscritto, ma perché nessuno néprima né dopo ha ritenuto opportuno, non dico consultarsi con gli esponentidella Comunità nazionale italiana in Slovenia, ma almeno informarli deicontenuti che l’accordo prevede? È una domanda, naturalmente, cherivolgiamo ad entrambe le Parti, perché, come dicono, chiedere è legittimoe rispondere è cortesia.

Non per tornare all’antica prassi, quando in vista di incontri cosìimportanti, la minoranza veniva interpellata sui problemi e sulle aspettative,ma per continuar a tener in vita – se non è chiedere troppo – quel minimodi considerazione che porti le Comunità minoritarie a legittimarsi ancorsempre quali soggetti. O, almeno, uno di quei piccoli soggetti che purvorrebbero poter passare attraverso le porte spalancate dell’Europa.

16 marzo 2000 Silvano Sau

La CAN? Per qualcuno non c’è o non conta…

In questi ultimi giorni ci sono stati due importanti appuntamentiriguardanti il mondo minoritario e di conseguenza anche la nostra comunitànazionale: la Conferenza internazionale sui rapporti interetnici e le questionidelle minoranze nel sud-est europeo, tenutasi a Portorose e organizzatadal ministero degli esteri sloveno, e la celebrazione del centenario dell’Università popolare di Trieste. Due avvenimenti diversi, tutti e due dinotevole importanza, anche e soprattutto politica, che hanno avutocomunque un punto in comune: l’assenza dei rappresentanti della massimaorganizzazione comunitaria degli italiani di Slovenia, la Comunità autogestitacostiera della nazionalità italiana.

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Alla Conferenza di Portorose il Consiglio d’Europa aveva suggeritoche le varie delegazioni degli Stati presenti comprendessero anche unrappresentante delle proprie minoranze e forse qualcuno avrà ancherispettato questo suggerimento. La Slovenia, in qualità di organizzatoreavrebbe dovuto dare l’esempio, ma non lo ha fatto. Si è comunquepremurata si organizzare una visita (opzionale) dei partecipanti alla Comunitàdegli Italiani di Pirano dove una cinquantina di ospiti sono stati ricevuti dalpresidente della CAN Silvano Sau e dal presidente della locale ComunitàBoris retoni. Un momento promozionale più che sentito, che si è inquadratobene con alcune considerazioni fatte nel discorso d’apertura del ministrodegli esteri Dimitrij Rupel che ha illustrato l’alto grado di tutela che laSlovenia riserva alle sue due minoranze, tanto che non ci sono problemiaperti. Ma allora, la legge sulle scuole minoritarie che attendiamo da anni,il costante ridimensionamento dei mezzi per la cultura non sono davveroproblemi grossi? Se è così, allora perché non vengono risolti?

Anche alla cerimonia dei cent’anni dell’Università popolare di Triestec’è stata, secondo noi, una grave dimenticanza. Alla CAN costiera non ègiunto nessun invito di partecipazione. Eppure c’è una lunga e fruttuosacollaborazione da moltissimi anni ed in diversi settori di attività, da quelloculturale a quello scolastico, dove la CAN costiera è cofondatrice dellenostre scuole medie e tramite la quale arrivano sui banchi i libri di testo peri nostri ragazzi. Tanto per dirne una.

30 marzo 2000 Flavio Forlani

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Il coro misto ‘Haliaetum’ della C.I. Pasquale Besenghi degli Ughicelebra il suo primo quarto di secolo. Sul palcoscenico il maestroClaudio Strudhoff

Il Paese delle meraviglie

Definire fluida la situazione politica in Slovenia, almeno stando a quantosta avvenendo in queste ultime settimane, sarebbe come dire che l’acqua èumida. Tra colpi e contraccolpi, chi ci capisce qualcosa deve avereindubbiamente delle qualità medianiche. Quello che è certo, è che, alla fine -comunque - a decidere sarà l’elettorato, ma solo dopo che i vari partitisaranno riusciti a modellarlo in modo da far uscire vincitrice la formula adattaa tutti i tempi: al comando si troveranno sempre loro. Quelli che dellademagogia si sono fatti un mestiere.

A questo punto, tuttavia, visto che le alternative sono tutte aperte, evisto che i nostri problemi sono pure ancora tutti aperti, che cosa ci si puòaspettare? Il ministero per la cultura, ora che il governo non ha avuto lafiducia richiesta, affronterà seriamente le nostre richieste, oppure rimanderà

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il tutto a quando la situazione sarà più chiara? Tra quindici giorni, tra unmese, tra due mesi, oppure appena a nuove elezioni avvenute? Il che puòsuccedere pure tra un mese, tra due, tra sei, ecc. ecc.

Nel frattempo, le nostre Comunità rimangono senza i finanziamenti perle attività culturali, e siamo già al quarto mese. Fino quando è possibileaspettare senza compromettere del tutto ogni possibilità di realizzarle?

Meno male che nel frattempo è stato già pubblicato il concorso per il2001. Le richieste vanno presentate - coordinate a livello comunale e poi alivello costiero - entro e non oltre il 31 maggio!

Sembra di essere nel paese dei balocchi, o in quello delle meraviglie diAlice. A meno che da noi non ci si aspetti proprio questo: dimenticare che imesi passano, e, magari, proporre le iniziative del 2000 per il 2001. E poiavanti così. Ma vi sembra una cosa seria?

Di tutto questo, naturalmente, i rappresentanti della Comunità italianain Slovenia hanno certamente informato il sottosegretario agli esteri italiano,Umberto Ranieri, durante la sua visita in Slovenia. Sperando che, tramite isuoi canali, voglia farlo presente agli interlocutori di Lubiana. E sempre cheal governo sloveno ci sia ancora qualcuno disposto ad ascoltare seriamente.

E poi dicono che la politica è l’arte del possibile. Anche se a noi sembrapiù giusta e più veritiera la definizione secondo cui la politica è figlia delladonna addetta al mestiere più antico del mondo.

13 aprile 2000 Silvano Sau

Funesti presagi?

Ce la farà o non ce la farà il dottor Andrej Bajuk ad assicurarsi i 46voti della Camera di Stato per approvare il suo governo, messo assiemedopo una tormentata trattativa? Visto che ci sono stati per la sua elezione,logica farebbe supporre che lo stesso numero verrà garantito anche per lasua compagine. Come si sa, però, in politica niente è mai scontato, tantopiù in una situazione come quella slovena attuale, dove le maggioranze siformano con voti clandestini di cui nessuno - o quasi - conosce laprovenienza.

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Oltre a questo dilemma, almeno per quanto ci riguarda, c’è puretutta una serie di valutazioni su cosa e su come questo eventuale futurogoverno, se confermato, influirà sulla posizione della nostra comunitànazionale. In questo campo le cose diventano più serie: con alcuni di questiministri la nostra minoranza ha già avuto a che fare in passato, vuoi perchégià esponenti di governi precedenti, vuoi perché personaggi della vitaculturale e sociale slovena, vuoi perché membri di importanti organismistatali, come per esempio la Corte costituzionale. E se per alcuni il giudiziopotrebbe essere sostanzialmente positivo, per altri prima di formulare ungiudizio bisognerebbe usare molta cautela.

Se è vero - come si sostiene - che la Slovenia è uno Stato di diritto eche ha risolto sostanzialmente bene la tutela delle proprie minoranze nazionalisia con la Carta costituzionale, sia con apposite norme di legge, allora ilproblema dovrebbe avere un’importanza marginale. In fondo, uno Statodi diritto con una tradizione democratica ormai consolidata, il fatto che altimone di comando si trovino forze di destra o forze di sinistra, nondovrebbe incidere sulla posizione sociale, economica, culturale e politicadi una comunità nazionale. Ciononostante delle perplessità esistono, e noiche viviamo all’interno di questa comunità, le percepiamo quotidianamente,e non è questione di ipersensibilità. Il governo che ci siamo lasciati allespalle non ha dimostrato eccessiva disponibilità nei nostri confronti: parliamodi quanto e di come lo ha fatto, ma soprattutto di quanto non ha potuto ovoluto fare. Ed era un governo di centro-destra. Ora, il governo potrebbeessere completamente di destra. Anzi, come ha detto uno dei più altiesponenti di questa coalizione, sarà tanto a destra che più a destra, per chisi richiama alla democrazia, non ci sarà più spazio.

Torno a ripetere che per noi, destra o sinistra, non dovrebbe fare unagran differenza. Ma... sì, c’è un ma... che scaturisce da quanto è emersonel corso del dibattito parlamentare che, alla fine, ha portato a questanuova maggioranza. Importanti esponenti di questa coalizione, riferendosialla nostra comunità e al nostro deputato al Parlamento, hanno lanciatostrali talmente pesanti che se non fossimo premuniti di una forte dose diottimismo, potremmo dire che sono stati messaggi portatori di funesti presagi.

18 maggio 2000 Silvano Sau

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Slovenia: tra i due litiganti, chi gode?

Dicono che ogni Paese ha il Parlamento che si merita. E anche se ilvecchio detto non sempre regge, è certamente vero, che siamo stati proprionoi, cittadini, ad eleggere democraticamente i deputati che oggi cirappresentano nel massimo organo rappresentativo e legislativo dello Stato.Che ora questi non si comportino sempre come saggezza e opportunitàcivile vorrebbero, quindi, una parte delle responsabilità sono certamenteanche nostre, che con troppa leggerezza abbiamo dato il nostro voto oraa questa ora a quella formazione politica, senza chiederci se le personeche venivano presentate rispondevano effettivamente a quella parte deldettame costituzionale, secondo il quale ogni deputato ha l’obbligo dirappresentare innanzitutto gli interessi del Paese e di tutta la sua popolazione.E non invece, di diventare semplice strumento di una compagine politica edelle sue strategie politiche il cui fine ultimo non è il benessere dei cittadini,ma soprattutto la voglia di potere.

Certo è, visto quanto sta succedendo in questi giorni nella Camera diStato, che i cittadini della Slovenia, tra i quali un posto pur se modestospetta pure a noi, meriterebbero dai propri rappresentanti uncomportamento più decoroso e responsabile, tanto per non legittimarequella funesta massima lanciata tempo fa da un importante personaggiopolitico, secondo il quale “il potere logora soprattutto chi non ce l’ha!”.Perché in questo caso sarebbe chiaro che l’attuale situazione sta fortementelogorando soprattutto chi il potere effettivo non l’ha mai avuto ne,probabilmente, mai l’avrà, nonostante le leggi e le garanzie costituzionali: icittadini.

Quanto stiamo osservando ultimamente ci fa venire in mente situazioniben più banali che difficilmente potrebbero far onore a delle compaginipolitiche che – ora l’una ora l’altra – pretendono di governare il Paese. Ciricordano certe beghe giuridiche tra piccoli contadini che, per decidere ildiritto all’uso di un viottolo di campagna, ricorrono ai tribunali in estenuantipratiche giudiziarie. Con il risultato finale che, in nome di una pretesa volontàdi giustizia, come sottolineato in questi giorni da un opinionista, finiscono

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con il perdere non soltanto la faccia, ma spesso anche il podere. Con ladifferenza che in questo caso non si tratta di alcuni metri di terreno, madella vita di un paio di milioni di persone.

1 giugno 2000 Silvano Sau

L’apparizione del fenomeno della mucillagine nell’Adrtiatico anchea Isola non offriva uno spettacolo molto invitante per la stagioneturistica. Per qualcuno il fatto doveva venir collegato all’imminente‘Mille non più Mille’

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Il voto è diritto e dovere!

Domenica, 15 ottobre si andrà a votare per il rinnovo del Parlamento.

Il voto è un diritto che ogni cittadino è libero di esercitare secondo leproprie convinzioni e la propria volontà. Ma, come per tutti i diritti, ancheil diritto di voto se non esercitato corre il rischio di essere vanificato e,magari, usato contro le nostre stesse convinzioni e aspirazioni.

L’assenteismo, il non presentarsi all’appuntamento con le urne,potrebbe rappresentare il pretesto perché qualcuno incominci ad insinuareche, in fondo, si tratta di un diritto inutile o che non trova il consenso dicoloro cui è destinato. Oltre che un diritto, dunque, votare è anche unpreciso dovere!

Per noi, cittadini dello Stato di Slovenia e, contemporaneamente,appartenenti alla comunità nazionale italiana, le elezioni per il rinnovo dellaCamera di Stato rappresentano una doppia sfida e un doppio impegnoche vanno affrontati con massima serietà e senso di responsabilità.

In primo luogo, perché con il nostro voto potremo influire sulle forzepolitiche e sui personaggi che troveremo domani a gestire il massimo organolegislativo e a guidare l’esecutivo. Avendo sempre presente – non cistancheremo mai di ripeterlo – che un voto non assegnato va sempre einesorabilmente a favore di chi non vorremmo mai venisse eletto. Il nostrovoto, quindi, può contribuire all’elezione di deputati e di forze politiche piùvicine e più sensibili alle nostre necessità di comunità nazionale minoritaria,quindi più disponibili ad assicurarci condizioni e strumenti che ci permettanodi godere, per quanto possibile, delle stesse opportunità di vita e di sviluppo.

Il voto di domenica, però, ci consentirà anche di contribuireall’elezione del nostro rappresentante al seggio specifico del Parlamento edi esprimere o meno il nostro gradimento. È vero, che in questa tornataelettorale la situazione per quanto riguarda la lista dei nostri candidati èalquanto anomala, trovandosi in corsa una sola persona, il che, in pratica,ci toglie qualsiasi possibilità di scelta. Il nostro, quindi, non vuol essere uninvito a sostenerlo: votate come vi pare, ma recatevi al seggio elettorale evotate! La nostra presenza alle urne deve rappresentare una chiara risposta

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a tutti coloro che vorrebbero identificare la scarsa presenza di candidaticon una disaffezione della comunità nazionale italiana nei confronti del votoe dell’istituto del seggio specifico al Parlamento. Il numero delle schede,che voteremo come ci sembra più giusto, deve testimoniare l’importanzache la nostra comunità assegna a questo diritto. Va ricordato, che permantenerlo nella sua integrità, la nostra Comunità ha dovuto difenderloaddirittura di fronte alla Corte Costituzionale, quando alcune forze politicheavevano tentato di delegittimarlo. Cerchiamo, ora, di non offrire il fiancoper nuove strumentalizzazioni.

Ecco perché il voto di domenica 15 ottobre non è soltanto un diritto,ma è anche – e forse soprattutto – un dovere per tutti gli appartenenti allaComunità nazionale italiana!

5 ottobre 2000 Silvano Sau

Il dado è tratto!

Il voto di domenica per il nuovo Parlamento in Slovenia ha dimostratoche, per fortuna, il corpo elettorale sa essere più responsabile della suaclasse politica, o almeno di una parte di essa. Infatti, se una considerazioneè possibile fare ancora a caldo, è che ad una situazione di governo anormalel’elettorato ha risposto chiedendo un ritorno alla normalità: non potevaesserci indicazione più esplicita nei confronti di quella coalizione che si ètrovata alla guida del Paese negli ultimi sei mesi.

L’altra considerazione che ci sentiamo in grado di fare è che ilprossimo premier incaricato non potrà non tener conto che, almeno per iprossimi quattro anni, il voto ha espresso un orientamento che bocciainequivocabilmente l’opzione di governo di destra, privilegiando la sinistrao, quantomeno, il centro-sinistra.

Infine, per quanto riguarda il voto degli appartenenti alla Comunitànazionale italiana per il seggio specifico alla Camera di Stato, va puredetto che è stato un voto pienamente responsabile e cosciente, con unarisposta inequivocabile sull’importanza che il corpo elettorale minoritarioattribuisce all’istituto del seggio specifico e una risposta altrettanto chiaraalle varie strumentalizzazioni cui è stato sottoposto nell’ultimo mandato da

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alcune forze politiche che, giocando sull’anomalia dell’unico candidato,avrebbero voluto inficiarne la legittimità.

A questo punto, l’auspicio che la Camera di Stato riesca a costituirsiquanto prima, che quanto prima il partito di maggioranza relativa riescaquanto prima ad esprimere un premier incaricato e, infine, che questo riescanel minor tempo possibile a mettere in piedi un governo che riprenda leredini del Paese. E, soprattutto, che il governo ancora in carica, si limitieffettivamente al solo disbrigo delle faccende correnti, senza intraprendereazioni che, trovandoci alla fine dell’anno, potrebbero comportareconseguenze estremamente negative per il prossimo futuro. Azioni che sonostate già avviate nei mesi precedenti e che, per fortuna, non sono stateancora portate a termine, ma che riguardano anche la nostra posizioneminoritaria. Ricordiamo l’esito negativo in merito alla Legge sul nostrosistema scolastico, ma ricordiamoci anche di alcuni tentativi di non onorareben precisi obblighi di legge nei finanziamenti delle nostre istituzioni. E danon dimenticare ancora, che proprio in questi mesi si sta approntando lanuova legge finanziaria per il prossimo anno.

Per quanto riguarda concretamente i risultati del voto a Isola,nonostante l’appoggio sostanzioso che l’elettorato ha offerto ad alcunicandidati isolani, purtroppo con rammarico va constatato che se nelmandato precedente la nostra cittadina poteva contare addirittura su duedeputati, questa volta a uscirne privilegiati sono certamente le vicine Piranoe Capodistria: per questa volta Isola rimane senza un suo direttorappresentante al Parlamento.

Il voto riguardante il quesito referendario sulla ristrutturazioneurbanistica di Punta Gallo, infine, ha portato ad un risultato che moltipronosticavano, al di là delle forze politiche che lo sostenevano o meno.Anche in questo caso, l’elettorato ha saputo ben distinguere a chi dare lapropria preferenza, nonostante i timori secondo cui l’invito ad andare alleurne nello stesso giorno avrebbe potuto portare l’elettore a lasciarsitrascinare dal voto politico. Va ripetuto ancora una volta quindi che, moltospesso, l’elettore sa essere più saggio di colui che pretende di amministrarloe prima di deporre la scheda nell’urna ci pensa due volte e poi vota secondocoscienza e con responsabilità.

19 ottobre 2000 Silvano Sau

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Il mondo, nonostante tutto, va avanti!?

Il 4 novembre scorso l’Europa democratica ha celebrato a Roma ilprimo mezzo secolo della Convenzione sui diritti umani. L’ha fattoapprovando tra l’altro anche un memorandum contro la discriminazionerazziale: un altro importante strumento a tutela della dignità umana. Mariuscirà ad arginare il degrado civile che ormai sta avviluppando tutti igangli della società locale e internazionale?

Ieri, con adeguata cerimonia alla presenza del Presidente dellaRepubblica, Milan Kuèan, è stato ricordato il 25.esimo anniversario dellafirma degli Accordi di Osimo tra l’allora Repubblica Federativa Socialistadi Jugoslava e la Repubblica Italiana, accordi di cui la Slovenia si è dichiaratalegittima erede, facendo sue le clausole che riguardano la tutela dellaminoranza italiana che si rifanno allo Statuto speciale allegato alMemorandum di Londra del 1954.

In questi giorni si sta vivacemente discutendo nei Paesi membridell’Unione Europea della Carta dei diritti fondamentali, una specie diCostituzione della nuova entità di cui, speriamo tra qualche anno, entrerà afar parte pure la Slovenia.

Sempre in questi giorni è stata diffusa la notizia che è pronta perentrare in procedura parlamentare la proposta di Legge sull’uso pubblicodella lingua slovena in quanto lingua ufficiale dello Stato. Da quantoapprendiamo, alcune disposizioni riguardano anche l’uso delle lingueminoritarie (italiano e ungherese) nei territori che per legge sono definitinazionalmente misti.

Su tutte queste ricorrenze di vicende passate e annunci di vicendefuture soltanto una breve considerazione: ai diretti interessati, che sianocittadini di uno Stato o che siano appartenenti a corpi e comunità nazionali,mai è stato chiesto cosa ne pensano: le convenzioni, i memorandum, leleggi sono sempre state approvate in conformità dei diversi compromessicui le parti erano disponibili. Così la Convenzione europea, così ilMemorandum di Londra e gli accordi di Osimo (qualcuno s’è mai chiestoin quale misura sono stati realizzati?), così la Carta dei diritti fondamentali

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dell’Unione Europea nella quale all’art.22 si stabilisce che L’Unione rispettale diversità culturali, religiose e linguistiche (a chi il dovere di tutelarle?),così - è probabile - anche la proposta di Legge sull’uso pubblico dellalingua slovena, visto che nessun appartenente alle due comunità nazionaliminoritarie è stato chiamato a dare un parere.

Ciononostante e nonostante tutto il resto, per fortuna, il mondo vaavanti: forse siamo noi a non rendercene conto.

9 novembre 2000 Silvano Sau

Lavori in corso per Palazzo Manzioli e per la pavimentazionedell’omonima piazza

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Cosa cambia?

Poco più di un mese fa, alla vigilia delle recenti elezioni parlamentari,avevamo ribadito che se il governo attualmente in carica (quello insediatosidurane i mesi estivi, tanto per intenderci) è stato per la comunità nazionaleitaliana negativo, neanche quello precedente, in carica per quasi tutta lalegislatura, poteva ritenersi, dal nostro punto di vista positivo. Ricordiamol’acuirsi delle difficoltà nei finanziamenti e la sempre più disastrosaburocratizzazione introdotta per potervi accedere, tanto che i primiversamenti sono stati effettuati con addirittura sei mesi di ritardo,costringendo i fruitori a spostare o a dimezzare, quando non a cancellareiniziative culturali previste un anno e mezzo prima. Ricordiamo gli enormiritardi nella presentazione in procedura delle leggi riguardanti settori vitaliper le comunità nazionali minoritarie (Legge particolare sui diritti particolarinel campo dell’istruzione), tanto che a tutt’oggi non sono state ancoravarate. Ricordiamo, infine, il non lavoro o la mancanza di reali competenzedi quegli organi di cui lo stesso governo si era attrezzato e che, invece, nonhanno svolto appieno il loro compito (Ufficio per le nazionalità eCommissione intermini-steriale per le comunità nazionali).

Ora ci troviamo alla vigilia dell’assunzione dei poteri da parte delnuovo governo. Speriamo che tra giorni il premier incaricato presenti alParlamento la lista dei nuovi ministri: così, finalmente, sapremo a chidovremo rivolgerci per risolvere i nostri problemi. Tra i nomi che finorasono circolati sulla stampa, alcuni potrebbero essere anche di notevolegradimento, se non altro perché - si presume - conoscono la nostrasituazione e le nostre specificità. Soprattutto nel settore della scuola e dellacultura. Tuttavia, visto che la coalizione di maggioranza dalle ultime elezionine è uscita ulteriormente rafforzata, pur con una notevole modifica strutturalee politica con l’inserimento della Lista Unita, la domanda cheragionevolmente ci poniamo, è se per i prossimi quattro anni possiamodormire sonni tranquilli? Certo, molto dipende dai personaggi che sarannochiamati a svolgere i diversi ruoli all’interno dell’esecutivo. Nondimentichiamo, però, che la logica del vincitore è sempre quella: dare quanto

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meno a chi non ha la forza e la capacità di un potere contrattuale che siesprima in voti. E in questo campo, dobbiamo ammetterlo, siamo semprestati molto deboli.

23 novembvre 2000 Silvano Sau

Comunità italiana: mille e non più mille?

Da qualche giorno siamo entrati nel nuovo e, per tanti aspetti, atteso2001. Non fosse altro perché rappresenta anche l’inizio del XXI secolo el’inizio del III millennio. L’inizio di un periodo, se vogliamo di un’epocache, per la Comunità Nazionale Italiana, acquista un valore e una dimensionealtamente simbolici e, perché no?, anche profetici. La presenza culturale,etnica e linguistica dell’elemento italico in questi territori è stata una costanteed un punto di riferimento importante, quando non dominante, degli ultimiventi secoli. Ridotta ad esigua minoranza negli ultimi cinquant’anni, hapurtuttavia resistito fino a questo fatidico principio del terzo millennio.

Giunti a questo punto della nostra storia, però, si presentanecessariamente una domanda: ce la farà a sopravvivere nei prossimi centoanni? E in quanti di quelli successivi l’elemento italiano, o istro-veneto-italico (tanto per non suscitare eruzioni cutanee tra i tanti estimatori didelimitazioni confinarie etniche), potrà ancora vantare diritto di domicilioautoctono? Oppure, nella prospettiva dilagante della purezza nazionaleche vuole rinchiudersi entro i confini di uno Stato, o in quella, altrettantosubdola, della globalizzazione che, al contrario, vuole l’appiattimento deldiverso, siamo entrati nella fase conclusiva? Una specie di “mille e non piùmille” della nostra consistenza minoritaria! Destinati nell’uno e nell’altrocaso – pur se collocati agli estremi opposti – destinati a scomparire dallamemoria storica, prima da quella individuale, poi anche da quella collettiva.

Una domanda, crediamo, cui nessuno saprà, o forse, piùsemplicemente vorrà dare una risposta. Riguarda, tuttavia, una concretaresponsabilità di cui non si può far carico la sola Comunità Italianaminoritaria, già percorsa da proprie debolezze, divisioni e mali che alcuni,magari, vorrebbero insuperabili e irreversibili. Una responsabilità, invece,

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che dovrebbe diventare impegno e obbligo comune degli Stati diriferimento, nel nome di quei valori civili e culturali sui quali si vuole ricostruireuna comune identità europea e che ha le sue fondamenta proprio nel rispettoe nello sviluppo delle identità locali e delle diversità, per quanto piccolepossano essere. Per non ridurre una presenza bimillenarie ad un sitoarcheologico, ma per assicurarle un futuro in quanto patrimonio eirrinunciabile risorsa umana.

11 gennaio 2001 Silvano Sau

Giornata della cultura

La Slovenia è uno dei pochi Paesi che ha ritenuto necessario dedicareuna giornata all’anno alla cultura. Lo ha fatto proclamando l’8 febbraio,anniversario del suo più grande poeta Prešeren, festa nazionale. Conscia,ne siamo convinti, che per una Nazione tutto sommato abbastanza piccola,è stata proprio la cultura l’elemento determinante che le ha fatto superarenei secoli le insidie dell’integrazione a popoli certamente più grandi e condisponibilità divulgative di molto superiori, sia nel campo linguistico che inquello strettamente creativo. Legata, come è sempre stata, ad un fortesentimento di appartenenza ad una ben precisa identità, che senza il collantedella lingua e della cultura avrebbe finito, col tempo, per disperdersi neivari rivoli delle altre culture centroeuropee. In questo, certamente, non èstata aiutata dagli eventi storici. Anzi. Ma è stata proprio questa costantepuntigliosità che le ha permesso di arrivare all’inizio di questo terzo millennioe di guardare con un certo ottimismo verso i decenni ed i secoli che devonoancora arrivare.

Di questo spazio culturale, pur se appartenenti ad un’altra matrice ea diversi punti di riferimento, dopo quasi mezzo secolo di convivenza,bene o male ne facciamo parte anche noi, appartenenti alla Comunità italiana,nella nostra non sempre facile condizione di minoranza nazionale.Contribuendo, c’è da sperarlo, con la nostra specificità e - come si dicevanon a torto una volta - con la nostra funzione di collante tra le due realtàvicine. La domanda che ci poniamo è se in questo ruolo riusciamo ad

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esprimere tutte le nostre potenzialità. Che da una parte dovrebberoassicurarci un ulteriore più forte legame di appartenenza alla nostra identitàe, grazie a questa, contribuire anche a implementare la conoscenza traqueste due realtà. Un discorso che, necessariamente, è implicito se si parladi cultura e della sua universalità, quand’anche si tratti di culture nazionali.

È chiaro che, per dare una risposta, bisognerebbe innanzituttomisurare il livello di ricettività presente dalle due parti, che in questo momentonon ci sembra molto stimolante. C’è una tendenza a chiudersi su entrambii fronti: quello maggioritario forse non ancora disposto ad offrirsi, memoredi antiche battaglie, ma le integrazioni europee dovrebbero aver ormaicancellato ogni possibile diffidenza; quello minoritario, materialmente eorganizzativamente non ancora pronto ad un incontro così impegnativo.

È su questi aspetti che vorremmo, proprio nel giorno dedicato allacultura, discuterne con i responsabili dello Stato di cui siamo cittadini.Affinché la nostra, per quanto piccola, creatività diventi punto d’incontroe di conoscenza, e non, come spesso succede, occasione per incensaresé stessi. Per un simile discorso è necessario soprattutto che vi sia ladisponibilità di entrambi. Da parte nostra, lo garantisco, questa c’è! Provareper credere!

A proposito, congratulazioni a Dario Scher, presidente della “DanteAlighieri”, insignito quest’anno di uno dei riconoscimenti del Fondo slovenoper le attività culturali.

7 febbraio 2001 Silvano Sau

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CNI: nuova progettualità

All’ultima riunione del Consiglio della Comunità autogestita costieradella nazionalità italiana, pur discutendo del consuntivo del bilancio per il2000, Gianfranco Siljan ha posto un problema che ha ravvivato un po’ ildibattito, anche se non strettamente legato all’ordine del giorno: l’importanzadi assicurare finanziamenti adeguati anche per le attività sportive e la necessitàdi superare i vari campanilismi per arrivare ad un coordinamento più efficacedelle attività culturali tra i tre comuni costieri. Probabilmente perché si èespresso male e, pure, perché è stato capito ancor peggio, il dibattito non èsfociato in una proposta concreta. A parte quella di tentare una consultazionetra tutti i soggetti interessati per evidenziare una qualche possibile soluzione.

Il problema, tuttavia, non è di poco conto, tenendo presente che la vitaassociativa della nostra comunità nazionale trova un notevole riscontro,soprattutto tra i giovani, proprio nelle attività sportive, con il conseguimentodi risultati di tutto rilievo. Eppure, nei criteri e nelle modalità di finanziamentoda parte dei bilanci comunali e statali, la categoria dello sport minoritario ècompletamente assente, visto che siamo presenti soltanto ed esclusivamentenel settore culturale.

Anche per quanto riguarda il campo della creatività culturale il discorsoandrebbe affrontato seriamente a livello regionale, per offrire ai connazionalie al contesto sociale circostante iniziative che superino il piccolo ambitocomunitario o comunale. Tenendo conto pure del fatto che il livello delladomanda culturale è notevolmente aumentato negli ultimi anni, per non direnegli ultimi decenni. Il folklore e le piccole iniziative del “facciamo tutto dasoli e per noi” non riescono più a contrastare l’offerta culturale presente sulterritorio, della quale pure noi siamo costanti fruitori, e che se non affrontataseriamente ci costringerà sempre di più ad una emarginazione senza ritorno.Da qui il bisogno di impostare un discorso di nuova progettualità che siproietti nel nostro interno, ma che abbia anche uno sbocco diretto su tutta lacittadinanza e diventi alternativa, quando non competizione, a uso e consumodi tutto il territorio.

Successivamente, il problema è stato ripresentato dal piranese Lusaanche durante la presentazione del volume “Lo statuto in lingua volgare di

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Isola” a Palazzo Besenghi. Giustamente, gli rispose il relatore, dott. FrancoDegrassi, che pur vivendo a Trieste ha avvertito la necessità di uno sforzocomune per arrivare ad una convergenza di potenzialità che altrimenti rischiala dispersione.

Una rivalsa in termini di quantità e di qualità che ci ponga sullo stessopiano degli altri creatori di prodotto culturale. È chiaro, che chiusi nelle nostrequattro mura e senza un confronto diretto con le nuove potenzialità creative,il nostro risulterebbe un discorso senza prospettive. Impellente, diconseguenza, trovare delle forme di coordinamento e di integrazione capacidi progettare e produrre assommando le potenzialità e garantendoprofessionalità e competenza. Senza dimenticare i rispettivi campanili, mafacendo in modo che la loro presenza non comporti limitazioni, quanto inveceun rafforzamento.

Non per riunire le poche cose che facciamo bene o male, ma per tirarfuori da esse il meglio e creare qualcosa di nuovo.

8 marzo 2001 Silvano Sau

Isola è tutta un cantiere: prima dell’estate venne completamenteristrutturato il giardino pubblico intitolato a Pietro Coppo

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Aspettando Godot

È quasi sicuro che in maggio, mentre saremo a discutere ed a preparareil programma delle attività culturali per il 2002, come disposizioni del Ministeroper la cultura dettano, non sapremo ancora di quanti mezzi disponiamo perla realizzazione del programma 2001, che lo stesso ministero ci ha impostodi preparare nel maggio dell’anno scorso. Sembra una storia tratta da quelfamoso romanzo che è “Il Castello” di Franz Kafka. Tanto è vero che, mentrei vari organismi della Camera di Stato della Slovenia sono impegnati neldiscutere la nuova finanziaria, e anche la Commissione per le nazionalità haprovveduto a inoltrare tutta una serie di emendamenti per cercar di correggerela situazione, il ministro competente ha pensato bene di non attendere i risultatidel voto finale ed ha già inviato alla nostra comunità la richiesta di ridurre iprogrammi portandoli a quanto proposto in prima lettura. A meno che, alivello di governo, non si siano dati regole di ferro all’insegna del “no pasaran!”

Naturalmente, la nostra risposta è stata chiara: non solo abbiamo chiestovenga corretto l’indice, nel rispetto dei programmi e dell’inflazione ricorrente,ma abbiamo chiesto che vengano stanziati pure mezzi aggiuntivi per l’arredodi Palazzo Manzioli (se Dio vuole, in autunno dovrebbe essere finalmenteterminato). E, come ebbe a dire qualcuno, si cerchi di fare in modo che idiritti sanciti dalla Costituzione non si trasformino in una semplice raccolta difavole. Tenendo conto che, chi è costretto a vivere e sopravvivere avendo adisposizione i soli mezzi stanziati dallo Stato, difficilmente riesce a prospettareuna qualsiasi progettualità a media o lunga scadenza.

Cosa c’entra la Costituzione? Se non andiamo errati, all’articolo 64,parlando di cultura garantisce non soltanto la sopravvivenza delle comunitànazionali, ma anche il loro sviluppo. Uno sviluppo che è difficilmenteconseguibile se i mezzi rimangono a livello dell’anno scorso, senza nemmenotener conto che nel frattempo l’inflazione - pur se non ancora galoppante - simantiene comunque al trotto. E a quella dell’anno scorso, va aggiunta anchequella dei primi sei mesi di quest’anno, visto che comunque i “baiocchi” nonli vedremo prima di giugno-luglio. E nel frattempo? Campa cavallo...

22 marzo 2001 Silvano SauSilvano Sau

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Rispetto delle regole o partenza in orario - è questoil dilemma?

Il Parlamento sloveno, nella sua corsa di adeguamento al sistemagiuridico dell’Unione Europea, sta sfornando leggi a getto continuo, moltedi queste approvate con procedura d’urgenza. Alcune di queste propostedi legge, naturalmente, riguardano anche alcuni diritti della nostra comunitànazionale. Come quella sul censimento della popolazione che, sembra, èstata già approvata, anche se il censimento verrà effettuato appena nellaprimavera del prossimo anno, per mancanza di mezzi finanziari. Oppure,come quella sui mass-media, per la quale abbiamo presentato tutta unaserie di proposte, buona parte delle quali sono state prese in considerazione,anche se alcuni emendamenti avanzati ultimamente da alcune forze politichepotrebbero vanificare tutto l’impegno profuso finora, e non soltanto quello.

Oppure, ancora, quella sulla biblioteconomia. La legge, cioè, cheregola il funzionamento e lo status delle biblioteche. Anche in questo caso,la nostra comunità è stata sempre presente e propositiva, fino all’ultimomomento, anche perché per una comunità nazionale minoritaria il libro, ifondi librari, le biblioteche sono parte integrante del patrimonio culturale edell’identità nazionale. La proposta che è arrivata in dibattito al Parlamento,delle nostre proposte non fa cenno, per cui sarà necessario intervenire conqualche emendamento. E se non dovesse passare? Si sa, la democrazia èbella, ma ha il piccolo difetto che, a conti fatti, determinanti sono i numeri:quelli dei deputati che sono disposti a supportare le nostre richieste e inostri diritti.

Noi ci rendiamo perfettamente conto, che il treno europeo non è unaccelerato che si ferma ad ogni stazione. E sappiamo anche, che chi fatardi alla partenza è costretto ad aspettare il prossimo convoglio, se maice ne sarà un’altro. Sul percorso delle integrazioni europee non sonopreviste coincidenze, né tragitti abbreviati. Ma sappiamo anche che ilpercorso e l’orario sono stati stabiliti nel rispetto delle regole democratiche.E una partenza senza aver rispettato queste sarebbe, a dir poco,un’infrazione abbastanza grave. Ciononostante, questa corsa potrebbeindurre qualcuno a fare i bagagli troppo in fretta, ritenendo che il rispetto

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delle regole sia meno importante della partenza in orario. Oppure, qualcunaltro, potrebbe essere indotto ad approfittare proprio della fretta per farpassare qualche clausola, sperando nella disattenzione altrui.

5 aprile 2001 Silvano Sau

Passato difficile - e il futuro?

Il documento sulle vicende degli ultimi cent’anni che hanno interessatole nostre popolazioni, scritto congiuntamente da storici italiani e sloveni ecommissionato dai governi di Italia e di Slovenia, finalmente è di dominiopubblico. Ha provocato, e sta provocando, commenti e prese di posizioneanche se, detto francamente, non dice molto più di quanto non si sapesse.

La novità, eventualmente, sta nel fatto che ora certe valutazionipossono esser portate in campo anche dai governi senza che il solito“benintenzionato” si senta autorizzato ad accusare l’altra parte distrumentalizzazioni varie, e, soprattutto, senza per questo assumersene laresponsabilità. Tuttavia, seppur ammettiamo che le colpe del passato,conseguenza di ideologie e regimi defunti e sconfessati, non possono pesaresu chi è chiamato oggi a reggere i nostri destini, a qualche insegnamento ea qualche ripensamento questa nuova-vecchia storia dovrebbe pur aprirela strada. Se non altro, perché alcune responsabilità verso chi ha subito isoprusi maggiori rimangono scoperte, a livello individuale e a livellocollettivo: magari per offrire almeno qualcuna di quelle opportunità chesono state loro negate nel passato.

In più di cent’anni di storia - tanti ne analizza il documento - molte levittime, molte le violenze, molte le tragedie. Quelle più vive nella memoriacertamente quelle più vicine nel tempo. Alcune provocate proprio nelperiodo in cui termina l’analisi degli storici, e che i decenni successivi nonhanno contribuito a mitigare o correggere. Tra queste, il drammadell’odierna popolazione italiana dell’Istria. Costretta in una condizione diesigua minoranza, privata degli enzimi della democrazia, ridotta aproletariato intellettuale, culturale ed economico. Divisa una, due tre volte.Ai margini dell’esistenza e della sopravvivenza: a nostro avviso esiste per

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il suo futuro una responsabilità oggettiva degli Stati di riferimento. A menoche non si intenda riparlarne tra qualche decennio, magari incaricando unanuova commissione mista di esperti, composta da storici, ma anche daarcheologi e da antropologi.

Per il momento, anche per noi Isolani, rimane da rivedere quella partedi storia finora relegata agli archivi e alla memoria delle poche personeancora in vita e che va dal 1945 a tutto il 1955, ma anche ai decennisuccessivi. Quali le domande che ancora non hanno avuto risposta? Almenoquesto, per il momento, è concesso. Forse, proprio grazie a queldocumento che, come dicevamo, non contiene molte nuove verità. Ingenerale, ma nel particolare potrebbe voler dire molto.

19 aprile 2001 Silvano Sau

La tutela virtuale

Tutte le feste, comandate e non, di questo primo semestre del 2001sono ormai nel cassetto dei ricordi. E invece di trovarci - a metà maggio- a preparare un primo consuntivo delle attività svolte, siamo ancora asperare di poter dare il via al programma approntato più di un anno fa, e atracciare un possibile piano per l’anno che verrà.

Ci sono tanti modi per far soccombere una comunità nazionaleminoritaria. Tra i più subdoli, e probabilmente tra quelli ad effetto più sicuro,quello di assicurarle una moltitudine di diritti sanciti da altrettante norme dilegge, e poi, volta per volta, portargliene via un pezzetto. Quasiinavvertitamente. Visto il comportamento del governo sloveno negli ultimidue-tre anni, sembra questa la tattica adottata per costringerci alla corda.

Facciamo brevemente il sunto di come la nostra comunità viene trattatanel settore dei finanziamenti delle sue attività culturali:

- a fine maggio dell’anno scorso, in seguito a pubblico bando diconcorso, abbiamo preparato il programma per questo 2001, stando beneattenti a non sforare quello che si presumeva avrebbe potuto essere l’indiceraggiunto dall’inflazione;

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- il programma è stato valutato positivamente da tutti i gruppi ecommissioni di esperti del Ministero per la cultura;

- poiché la Legge finanziaria, in seguito alle elezioni politiche di fineanno 2000, stentava ad essere preparata ed approvata dal Parlamento, inmarzo ci viene inviato il contratto per il finanziamento provvisorio per iprimi tre mesi, che - secondo prassi usuale - avrebbe dovuto corrisponderead un quarto del realizzato nell’anno precedente (25%). Il contratto prevedeinvece soltanto un’erogazione di poco superiore all’undici per cento (11%);

- la bozza della Finanziaria prevede per i gruppi nazionali un importopari a quanto realizzato nell’anno precedente. Vengono presentatiemendamenti dalla Commissione per le nazionalità, approvati anche dallaCommissione Finanze del Parlamento;

- prima che il Parlamento possa dire la sua, il Ministero per la culturaci invita a ridurre il piano di lavoro, portando l’importo a quanto previstodalla finanziaria in prima lettura. La CAN Costiera e quelle comunaliprotestano;

- il governo emette un secondo decreto per il finanziamentoprovvisorio per i primi sei mesi, con i quali sostituire il primo che si fermavaal primo trimestre. Ai gruppi nazionali viene concesso un importo pari azero Talleri. Alle proteste sostengono che si tratta di uno sbaglio.

- a fine aprile, la Legge finanziaria viene finalmente approvata e,naturalmente, ai gruppi nazionali viene concesso quanto previsto già dallabozza. Quanto realizzato l’anno scorso e niente più. Nemmeno il normaleaumento per far fronte al tasso d’inflazione;

- fino ad oggi dalle casse dello Stato non è arrivato nemmeno unTallero per le attività previste per questo 2001. E siamo a metà maggio.

Sarà anche vero che siamo la minoranza più tutelata d’Europa. Bastasapere chi è che lo afferma. Noi, sempre meno!

10 maggio 2001 Silvano Sau

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Importanti lalvori anche per l’ampliamento delle dighe a difesa delporto e dell marina.

Elezioni italiane: futuro meno europeo?

All’indomani delle recenti elezioni in Italia ci era stato chiesto un giudiziosull’esito del voto. Rispondemmo che, anche se appartenenti alla comunitànazionale italiana, non spettava a noi valutare come si erano espressi icittadini della nostra matrice nazionale nei confronti del loro futuro governo.Potevamo soltanto auspicare che la nuova compagine esecutiva che nesarebbe scaturita continuasse un discorso che per noi era fondamentale.Innanzitutto che mantenesse e sviluppasse ulteriormente l’interessedimostrato negli ultimi anni verso di noi e, in secondo luogo, se non inprimo, che non modificasse l’atteggiamento di sostegno nei confrontidell’allargamento delle integrazioni europee: in entrambi i casi si trattava esi tratta di problemi che ci investono direttamente nel nostro essereappartenenti alla minoranza italiana e cittadini di una regione che ha tuttol’interesse a proseguire la strada europea.

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Le ultime notizie, purtroppo, che apprendiamo dalla stampa, non ciconfortano in queste nostre aspettative. Uno dei candidati a subentrarealla guida di uno dei ministeri del prossimo governo ha dichiaratodirettamente che nel prossimo periodo l’Italia cercherà di frenare l’inclusionea tempi brevi in Europa di nuovi Paesi, tra cui anche la Slovenia. Il motivosembrerebbe essere di natura esclusivamente economica, in quanto i nuovimembri potrebbero far dirottare parte dei mezzi europei destinati alle zonemeridionali meno sviluppate verso altre destinazioni.

Noi abbiamo sempre inteso le integrazioni europee come un processo,prima che economico, di carattere politico, culturale e civile. Ed in quantotale l’abbiamo sempre sostenuto. Riportare questo grande ideale ad unlivello meramente materiale significherebbe svuotarlo dei suoi significatipiù pregnanti che verrebbero negati ad una parte dei cittadini che sono giàparte integrante della civiltà europea. Sarebbe come se, di fronte ad unatavola riccamente imbandita, gli attuali commensali stabilissero che altripotrebbero prendervi posto solo dopo che avessero soddisfatto le proprienecessità. Agli altri, fino ad allora, pane e acqua. In questo caso, però, ledisuguaglianze già esistenti potrebbero ancora aumentare.

24 maggio 2001 Silvano Sau

Un buon inizio?

Si è svolta finalmente la riunione della Commissione per le minoranzeistituita presso il governo sloveno con decreto del premier Drnovšek.Seduta costitutiva, dopo che a presiederla è stata chiamata il ministroper la cultura, signora Andreja Rihter. Riunione attesa, anche perché laCAN Costiera in questi ultimi mesi aveva inviato al Ministero per lacultura tutta una serie di solleciti riguardanti la poco felice situazionefinanziaria.

Molti i temi trattati, tra cui, appunto, la situazione finanziaria e laproposta di legge sulle biblioteche. Interessanti gli interventi e, vorremmopoter dire, importanti le conclusioni:

- necessità di riesaminare e rivedere tutto il sistema di finanziamento

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delle comunità minoritarie;

- prima dell’approntamento della prossima legge finanziaria,coordinare in commissione le necessità minoritaria in modo da garantireuna certa sicurezza finanziaria che non provochi incomprensibili tagli eritardi;

- fissare termini e modalità di esecuzione che non penalizzino lecomunità chiamate a preparare e a realizzare i programmi;

- di concerto con il Ministero per le finanze vedere se è possibilecoprire anche l’ammanco per le attività culturali in seguitoall’approvazione della finanziaria 2001;

- integrare la proposta di legge sulle biblioteche con l’emendamentoproposto dalla Comunità autogestita costiera onde assicurare l’esistenzae lo sviluppo delle attività bibliotecarie minoritarie con il supporto materialee finanziario del Ministero per la cultura;

- approntare un nuovo decreto sull’uso dei mezzi destinati allosviluppo della base economica delle minoranze;

- invitare il Ministro per l’istruzione a rivedere i programmi e glistandard delle scuole minoritarie nel rispetto della nuova legge, da pocoapprovata, e che richiede il consenso delle comunità autogestite dellenazionalità;

- assicurare che le domande, le richieste e le iniziative avanzatedalle comunità nazionali in sede di commissione abbiano risposta diritorno da parte dei Ministeri competenti. Tra queste sono stati chiestichiarimenti sui destini di Palazzo Besenghi, di cui la nostra CAN è parteinteressata, e sui mezzi necessari per il funzionamento e l’arredo di PalazzoManzioli, visto che i lavori di ristrutturazione e di restauro, secondol’Accordo bilaterale tra Italia e Slovenia, dovrebbero essere quasi aconclusione.

Come si diceva: dibattito e conclusioni importanti. Se nonpeccassero di un notevole vizio di forma e di contenuto. A presiedere lariunione e a garantire l’attuazione di quanto concordato, grazie allecompetenze e all’autorità, non era il Ministro per la cultura, la cui assenzasi è protratta per tutta la durata della riunione.

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Ma allora? Siamo di nuovo di fronte ad un elenco di problemi che,se tutto va bene, verrà inserito in un verbale, ma che nessuno dei presentisi sentirà autorizzato ad aprire, supportare e risolvere? E si, che buonaparte dei problemi trattati erano e sono soprattutto di competenza delMinistero per la cultura. A buon intenditor…

7 giugno 2001 Silvano Sau

Ahi, ahi, ahi - Piove di nuovo, Governo...

Abbiamo seguito, anche se da lontano, le elezioni politiche in Italiache hanno portato ad un cambiamento del governo. Abbiamo visto arrivare,fermarsi quel tanto che è bastato per scambiare quattro chiacchiere, eripartire Bush e Putin. Ci siamo lasciati coinvolgere nel referendumsull’inseminazione artificiale.Ci siamo spiritualmente attrezzati ad affrontarele cerimonie per il prossimo decennale della Repubblica di Slovenia, chericorre tra un paio di giorni. Abbiamo applaudito agli spettacoli di fineanno delle nostre scuole per gioire dell’ impegno profuso, almeno in questeoccasioni, dai nostri figli, nipoti e amici, oltreché, naturalmente dagliinsegnanti.

E, mentre stiamo assistendo ai primi intasamenti del traffico dei finesettimana per l’arrivo di migliaia di turisti (ma sono poi veramente tanti?),la redazione del Mandracchio va a godersi le meritate (si fa per dire)vacanze. Avremmo voluto andarci dandovi l’ultima buona notizia: che ilgoverno (ma è mai possibile che debba sempre piovere?), dopo averstanziato mezzo miliardo per il referendum di domenica, è riuscito anche atrovare quei cinque milioni per le nostre attività culturali per l’anno in corso:non solo per Isola, intendiamoci, ma per tutti e tre i Comuni costieri. Mabasterebbero a non farci retrocedere all’indice dell’anno precedente, cheera già scarso di proprio e che con l’inflazione che ci ritroviamo diventamagro di brutto. Invece niente! Anzi! Dopo aver mollato qualcosa per iprimi cinque mesi, ora sta aspettando che noi si riveda piani, iniziative eprogrammi, per inviarci la proposta di contratto, per poi - dopo il solito eragionevole (!) termine di tempo - inviarci anche i soldi. Se tutto va bene in

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luglio o in agosto, quando non solo la nostra redazione, ma anche tutti glialtri saranno in ferie.

Alla fine, magari qualcuno dirà, che la burocrazia in Slovenia non èefficiente. Sono convinto che è stata progettata in tempo di pioggia econtinua a funzionare come se piovesse sempre, anche in agosto.

Comunque, non è detta l’ultima parola. Chissà che alla ripresa deilavori in settembre, nel nostro primo numero autunnale, non si abbia lafortuna di uscire a quattro colonne annunciando che tutti i mezzi richiestisono stati assicurati e (udite, udite!) che anche il protocollo italo-slovenoper il restauro di palazzo Manzioli è stato rispettato e che entro l’anno ilavori saranno definitivamente terminati!

Con questo auspicio (che ci sa tanto di primo aprile) auguriamo a noie a tutti voi, che avete avuto la pazienza e la costanza di seguirci, buonevacanze e, speriamo sempre più numerosi, arrivederci a settembre.

21 giugno 2001 Silvano Sau

Deserti e paludi

Quella che ci siamo lasciati alle spalle, se non è stata l’estate piùcalda degli ultimi anni e decenni, è stata certamente una delle più secche.Per quanto riguarda la situazione della nostra comunità nazionale, invece,sembra abbia piovuto abbondantemente - se non proprio a dirotto - afavore del governo. Almeno stando a quello che è l’antico detto dellenostre regioni. Con le modifiche alla Legge sui mezzi per la creazione diuna base economica delle comunità nazionali, approvate con procedurad’urgenza dal Parlamento, l’unica base che ci è rimasta è per ora presentesimbolicamente soltanto nel titolo della legge, perché i mezzi che avrebbedovuto garantire sono stati indirizzati verso altre strade e altre finalità.

Anche le sovvenzioni, già decurtate in fase di approvazione delBilancio per quest’anno, e che avrebbero dovuto finanziare le nostreattività culturali, per il momento non superano il 15-20 per cento, rispettoal 75 % dovuto tenendo conto che ormai siamo a metà settembre. Poi,

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magari, verranno a dirci che se non riusciremo a realizzarli entro la fine dinovembre, il Ministero per la cultura si sentirà autorizzato a cassarli. E celi farà pesare, in negativo naturalmente, sul bilancio di previsione per l’annoprossimo. Anzi, per i prossimi due anni, visto che nella Capitale sembra sistia lavorando alacremente per armonizzare le risorse finanziarie per il 2002e per il 2003.

Siccità sui nostri destini minoritari, anche per quanto riguarda i lavoridi ristrutturazione di Palazzo Manzioli. Per essere portati a terminedefinitivamente, le aziende edili chiedono un minimo di circa 80 milioni diTalleri, ma il governo ne ha previsti soltanto 50. E i restanti 30? Come sidiceva una volta: Dio veda e provveda! Per non parlare delle spese digestione e di funzionamento, oltre a quelle dell’arredo e degli impiantinecessari.

A proposito, mentre stiamo discutendo amaramente su quantoavremmo dovuto ricevere, il Ministero per la cultura non ha ancorapubblicato il concorso per le attività da svolgere l’anno prossimo. E siprospettano - come hanno già annunciato - grosse modifiche nel sistemadi finanziamento. Purché non si tratti ancora una volta di una previsione dipiogge torrentizie, magari con qualche piccola grandinata, tanto per nonsmentire l’altro detto nostrano, secondo cui piove sempre sul bagnato.

Di questo, naturalmente, i rappresentanti della nostra Comunità nehanno parlato anche con il ministro degli esteri italiano, Ruggero, in visitaufficiale martedì scorso a Lubiana. Chiedendo che l’interesse della Nazionemadre per questa sua minoranza trovi uno spazio, pur se piccolo, anchenei colloqui con i partner dello Stato di cui siamo cittadini. Se non altro,affinché il governo di Lubiana, se proprio ha deciso di far piovere soltantonelle sue casse, si renda conto che non è che riuscirà a risolvere i propriproblemi finanziari con il nostro misero raccolto. Almeno che non si trattidi un discorso di tutt’altra natura, per cui, facendo piovere sempre e soltantoa scapito di qualcuno, non voglia significare che da qualche parte si desidericreare o un piccolo deserto o una piccola palude.

13 settembre 2001 Silvano Sau

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Chi no gà sàntoli, no gà bussolài!

Un antico proverbio istriano, molto usato in tempi passati anche dallenostre parti, recita: “chi no gà sàntoli no ga bussolài”, a indicare che chi nonpuò portare in campo qualche protettore difficilmente può attendersi di essereascoltato e, ancor meno, aiutato. Un proverbio, che spesso si trova in antitesia quell’altro, secondo cui “carta canta, villan dormi”. Due proverbi che,nella loro contrastante valenza, sembrano adattarsi alla perfezione alla nostrasituazione di comunità nazionale minoritaria. Secondo una voce, messa ingiro da non si sa chi, la minoranza italiana in Slovenia sarebbe tra le piùtutelate d’Europa. Sulla carta, naturalmente. Peccato che, come raccontaun altro detto, “la carta si lascia scrivere” soprattutto quando non c’è unsàntolo a preoccuparsi che quanto scritto venga poi anche realizzato.

Con termini meno localistici e coloriti, ma crediamo altrettanto chiari,abbiamo illustrato la nostra condizione minoritaria al Ministro degli esteriitaliano, Renato Ruggero, nei quindici minuti che a una delegazione dellanostra Comunità sono stati messi a disposizione durante la sua visita ufficialea Lubiana. Siamo convinti che il messaggio lanciato a colui che riteniamoessere il nostro sàntolo sia stato pienamente compreso, anche se a tutt’ogginon riusciamo a capire quanta volontà avesse e abbia di assumersi l’ingratafunzione del sàntolo nel garantire che il villan rispetti quanto sta scritto sullacarta.

Vedendo quanto sta succedendo in quest’ultimo scorcio di settembre,pare non molto. Tant’è vero che stiamo ancora aspettando i finanziamentipromessi dalla carta per questo 2001, a partire da aprile-maggio, senza chealcuno si preoccupi almeno di rispondere alle numerose richieste. Quel cheè ancora peggio, senza che nessuno si preoccupi di informarci e di informarsisulle prospettive per l’anno prossimo. Infatti, se non andiamo errati, il governoproprio in questi giorni sta presentando la proposta di bilancio per il 2002/3in procedura parlamentare. E non ci si venga a dire che non siamo intervenutiin tempo a tutte le istanze di cui, secondo le carte, saremmo provvisti.

Mi pare che nel nostro caso preferiscano dormire sia il sàntolo che ilvillan.

27 settembre 2001 Silvano Sau

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Sempre più orfani

Abbiamo sempre sentito sinceramente e profondamente la nostraappartenenza alla comunità europea. L’abbiamo sperata ed auspicata.Eppure, quanto più il processo d’integrazione si sta avvicinando, tanto più,come corpo nazionale minoritario, ci sentiamo orfani e, osservando le vicendedegli ultimi anni, privi di reali prospettive. Oppure, per usare un modoespressivo più colorito, ci sentiamo sempre più in “braghe de tela”. Negliultimi dieci anni è cambiato il mondo, per cui anche la nostra Comunità nonpuò pretendere di continuare a svolgere il proprio ruolo usando gli stessischemi e le stesse strategie che erano valide in condizioni politiche e geografichecompletamente diverse. I tempi in cui si veniva usati dall’una e dall’altraparte come strumento di opposte ideologie e di opposti interessi sono ormaidefinitivamente tramontati.

L’eliminazione delle frontiere porterà i nostri connazionali e le nostreistituzioni a dover operare non più come guado e ponte di valori diversi, macome valore già acquisito e, in condizioni di totale apertura, dovrà sapermantenere e sviluppare questa sua opportunità. Una comunità italianaminoritaria, quindi, non più chiusa dentro le quattro mura delle proprie sedi,non più chiamata a difendere strenuamente le proprie peculiarità nazionali eculturali, ma capace di inserirsi con le proprie potenzialità nel grande flussoculturale ed economico che ormai, insistentemente e irresistibilmente, staattraversando tutto il vecchio continente. In condizioni di assenza di frontiere,giustamente, sarà difficile continuar a parlare di minoranza nazionale: quelloche conterà sarà la presenza culturale, linguistica ed economica su undeterminato territorio. Una presenza culturale e linguistica che dovrà trovarsbocco anche e soprattutto nella possibilità di diventare progetto economico.

Cultura, quindi, come risorsa economica. Sta all’odierna minoranza, diconseguenza, decidere se mantenersi statica su valori, sistemi e strategie chehanno fatto il loro tempo, oppure, con un notevole atto di coraggio, attrezzarsiper cambiare tutto, adeguandosi alle necessità e possibilità che sono in arrivo.Attendersi aiuti e suggerimenti dai governi, conoscendo i loro tempi e le loroburocrazie, sarebbe tempo sprecato e inconcludente, a meno che non sianostimolati da una grande forza propulsiva che deve partire soprattutto dal

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corpo minoritario, dai suoi rappresentanti e dalle sue istituzioni. Diversamente,per le minoranze nazionali, anche la prospettiva europea potrebberappresentare un rischio da non sottovalutare. Che le cose stiano così, infondo, lo sta a dimostrare quanto sta succedendo in questi giorni e in questimesi, sia mentre stiamo seguendo i preparativi per l’approvazione della Leggefinanziaria slovena per i prossimi due anni, sia per quanto sta avvenendo sulfronte dei rapporti della Nazione Madre con alcune nostre istituzioni. Infondo non ha importanza che siano dislocate in Slovenia o in Croazia. Unariflessione, questa, che è venuta chiaramente in superficie anche durantel’incontro che abbiamo avuto durante la visita alla nostra Comunità delConsole generale d’Italia a Capodistria, Bruno Scapini.

La domanda che ci poniamo, dunque, è se vogliamo diventare cittadinidi un’Europa che apprezzerà e gratificherà la nostre risorse culturali, oppurecontinueremo a ritenerci soddisfatti della nostra “diversità”, ma condannatiad esprimerla al nostro interno e fra le nostre mura? La risposta dovrebbeessere abbastanza facile.

11 ottobre 2001 Silvano Sau

In avanzata fase i lavori di ampliamento della scuola media italiana‘Pietro Coppo’

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Finanziaria: promesse da marinaio?

Possiamo ben dire che quest’anno S. Nicolò ha portato alla nostraComunità una finanziaria sofferta come mai. Anzi, una doppia finanziaria,visto che è stata approvata sia per il 2002, sia per il 2003. E anche seall’ultimo momento alcune cifre sono state emendate, lungi da noi l’idea dicantare vittoria.

La sola valutazione che in questo momento ci sentiamo di poter fareè che, forse, staremo un po’ meno peggio di quanto si prospettava all’iniziodell’iter parlamentare delle due proposte. Come noto, le sovvenzionipreviste per le comunità nazionali minoritarie per le due prossime annateerano tanto scarne e andavano tanto al ribasso, da indurre la Comunitàautogestita costiera e il nostro parlamentare alla Camera di Stato asottoscrivere e inviare un appello alla massima carica dello Stato, alPresidente della Repubblica, e a indire una conferenza stampa persensibilizzare l’opinione pubblica. Sembra sia stato proprio l’interventodel Presidente a convincere il governo a promettere, in fase di voto, unaumento delle somme previste per il 2003, equiparandole ai valori del2002.

Si tratta di una promessa, ma sinceramente, avremmo preferito vederele cifre corrette già inserite nei singoli capitoli della finanziaria. E anche senon ci aiuterà a recuperare quanto comunque perso nel 2001 e nel 2002,vogliamo credere che parola di ministro non è parola di marinaio, soprattuttose supportata dal Capo dello Stato.

La battaglia ora dovrà convincere chi di competenza (governo eministeri) a stilare norme e criteri conformi ad un sistema di finanziamentoadeguato alle necessità dei gruppi nazionali minoritari, in modo da garantiresovvenzioni regolari, costanti e consoni. Non sarà una corsa in discesa,ma che dovrà esser fatta, se non si vuole che, tra due anni, parlando del2004 e del 2005, tutta la storia non abbia a ripetersi. E non è detto cheallora avremo ancora a che fare con un Presidente disposto a muoversiper tutelare gli interessi di una comunità nazionale.

6 dicembre 2001 Silvano Sau

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2002: ‘poca paia e sai gran’ o ‘tanta paia e pocogran’?

Con il numero odierno chiudiamo un anno che, per la nostraComunità, potremmo sintetizzare nel detto “Sai paia, poco gran!” pur se illavoro e l’impegno sono stati meritevoli di ben altri risultati. Ma, come sisa, non sempre e non tutto dipende da come e quanto avremmo volutonoi, ma da come e quanto hanno voluto coloro che comunque hanno inmano buona parte delle nostre fortune materiali.

Proprio per questo, invece delle solite analisi di fine d’anno e dellepossibili indicazioni per il prossimo futuro, preferiamo affidarci all’anticasaggezza che, attraverso i secoli, ci è stata tramandata per via orale daimodi di dire e dai proverbi dei nostri avi. Sperando che vi sia almenoqualcuno improntato all’ottimismo.

Ogni ano pàsa un ano.Un ano gà più giorni che lugànighe.Mèio sudàr che tosìr.Tempo e pàia madurìsi anca le nèspole.Nadàl al fògo, Pasqua al sògo.Tre calìghi fa una piòva.Co tòna, poco o sài piòvi.Pàn de mulìn, polènta de pistrìn.Chi gà gà, chi no gà varda.Casa quanta se pòl star, campagna quanta se pòl vardàr.El càro còri se se ghe ònsi le ròde.In Paradiso no se và in caròsa.Chi no pòl bàter el mùs, bàti el bàsto.Chi gà santoli, gà busolài.Col gnènte se fà gnènte.Per comodàrse bisogna scomodàrse.Ogni piàda sbùrta avanti.Fin che xè fià, xè speransa.

20 dicembre 2001 Silvano Sau

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Censimento 2002 - in quanti saremo?

Dal primo al quindici di aprile, in Slovenia, si svolgerà il censimentodella popolazione. Pur se con un anno di ritardo sul dovuto, in quelle duesettimane ogni famiglia deve aspettarsi la visita, di norma annunciata intempo, di un rilevatore abilitato nelle due lingue ufficiali, sloveno e italiano,a porre le domande previste dai formulari e a registrare le risposte. Tra ledomande anche quella riguardante l’appartenenza nazionale, anche se noncomporta l’obbligatorietà della risposta. Ed è proprio su questo argomentoche nei prossimi due mesi la nostra Comunità dovrà assumere unatteggiamento comune ed uniforme. Dichiarare o non dichiarare la proprianazionalità? È vero che le risposte sono tutelate dal segreto d’ufficio. Èanche vero che la consistenza numerica non dovrebbe influiresull’applicazione dei diritti minoritari. Ma è anche vero che, da quandosiamo minoranza nazionale, proprio queste cifre ci sono state sbattute infaccia innumerevoli volte.

Se ben si ricorda, l’ultimo censimento, quello del 1991, si svolse inun periodo storico e politico particolare, nel momento in cui la defuntaFederativa si stava sfaldando. Un elemento che certamente non ha potutonon influire su di noi, nel momento in cui ci apprestavamo a dichiarare lanostra appartenenza nazionale, se non altro per la situazione d’incertezzache ci trovavamo di fronte.

Anche il censimento del 2002 si svolgerà in un momento particolare,infatti la Slovenia si appresta ad entrare nell’Unione Europea. Certo, lasituazione oggi è radicalmente diversa e, se non altro, non si può parlare disituazione d’incertezza. Anzi. Ma che cosa diremo, e che cosa diranno, sela nostra consistenza risulterà ulteriormente ridotta? Con quale patrimonioentreremo a far parte del grande consesso europeo? E, ancora, con qualepagella vi entrerà la Slovenia che in tutti questi anni ha sventolato la bandieradella miglior tutela possibile e auspicabile?

Tutte domande alle quali, prima di decidere se dichiarare o meno lanostra appar-tenenza nazionale, dovremmo saper dare una risposta e, sullabase di questa analisi, rivolgere un chiaro invito a tutti i nostri connazionali.

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A coloro che si sono sempre dichiarati, a coloro che già in passato hannopreferito sorvolare su questo quesito, e a tutti coloro che, pur avendosegnalato l’italiano come propria lingua d’uso, italiani non si sono dichiarati.Ed è proprio il censimento del 1991 che ci offre una prima risposta: ilnumero di coloro che come propria lingua d’uso hanno dichiarato l’italianoè più alto di coloro che hanno dichiarato di appartenere alla nazionalitàitaliana.

24 gennaio 2002 Silvano Sau

Pochi soldi - poca musica

Domani in Slovenia si celebra la giornata della cultura. Vogliamoricordarlo anche noi, perché la cultura nella sua accezione più vastarappresenta la base insostituibile sulla quale è nata e si è sviluppata e continuaa crescere ogni identità nazionale. Riteniamo logico, quindi, che ogni popoloe ogni nazione adotti misure che garantiscano la salvaguardia e ilmantenimento, nonché ulteriore sviluppo, di queste basi. Tanto più per unpopolo numericamente e geograficamente non molto consistente, e inparticolare in un periodo di galoppante globalizzazione e di continua crescitaespansionistica. Ma riteniamo anche che queste misure, proprio perchéchiamate a tutelare uno dei patrimoni umani e civili più antichi, quindi chedevono contenere valori universali, devono comprendere con la stessaincisività anche le peculiarità di gruppi e comunità sociali minori che lastoria ha portato a convivere sullo stesso territorio. Come appunto, quellodella nostra Comunità Nazionale Italiana.

La cultura oggi, come lo è stata nel passato, ma come lo sarà ancoradi più nel futuro, è anche risultato di risorse materiali, economiche efinanziarie. Cultura è pure sinonimo di imprenditorialità, di industria, dimercato. Le grandi opere del passato non sarebbero state possibili senzail grosso impegno materiale profuso dai magnati delle varie epoche. Edancor meno lo sarebbero oggi. Pretendere, in un mondo ormai planetario,una diffusione letteraria, artistica senza tener conto delle leggi imposte dalmercato significherebbe condannarsi all’emarginazione.

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È per questo, crediamo, che proprio alla vigilia della giornata dellacultura in Slovenia è stato avviato il dibattito sul progetto di legge chiamatoa definire, una volta approvata, l’attuazione dell’interesse pubblico nellacultura. Trattandosi di una normativa che comunque verrà approvata dalParlamento su proposta del governo, è auspicabile che oltre a stabilireforme organizzative e materiali per lo sviluppo della cultura, la legge -proprio perché si richiama all’interesse pubblico nel settore - non trascuriche lo Stato dovrebbe intervenire in favore di tutti i suoi cittadini, dimaggioranza (di potere) e di minoranza, perché tutti hanno la necessità ditutelare le proprie peculiarità e le proprie identità individuali e collettive.Anzi, il più piccolo è anche il più debole e, di conseguenza, necessita dicure particolari.

Negli ultimi anni, la Comunità italiana, che pur ha ritrovato il sensodella dignità della propria appartenenza nazionale, non sempre ha trovatoriscontro adeguato nelle preoccupazioni dei singoli Ministeri. Anzi, e suqueste pagine ne abbiamo parlato spesso e a lungo. Se non altro in occasionedell’approvazione delle leggi finanziarie, sempre risultate penalizzanti. Lanuova legge riuscirà a dare una risposta positiva affinché anche la nostracultura minoritaria possa disporre delle stesse opportunità? In fondo, evogliamo ripeterci, anche l’antica saggezza popolare era a conoscenza delfatto che per produrre e creare da qualche parte i mezzi finanziari devonopur venir assicurati. Chi non ricorda il proverbio “Pochi soldi - pocamusica?”

7 febbraio 2002 Silvano Sau

Dichiariamoci Italiani!

Tra una decina di giorni avrà inizio in tutta la Slovenia il censimentodella popolazione. Poiché la Corte Costituzionale non ha avuto niente daobiettare, tra le domande che i rilevatori rivolgeranno ai cittadini anchequella sull’appartenenza nazionale. Va ribadito subito con forza che gliappartenenti alla nostra Comunità nazionale, nonostante l’avvertimento cherispondere sarà facoltativo, dovrebbero comunque esprimersi. Anche in

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questa occasione la dichiarazione di appartenenza nazionale deverappresentare elemento cosciente di orgoglio della propria identità, dellapropria lingua, delle proprie tradizioni, della propria cultura. Testimonianzadella nostra presenza sul territorio e inconfutabile prova del nostroradicamento nel tessuto sociale ed economico di questa regione.

Con altrettanta forza, però, va anche ribadito subito che pure questocensimento non ci trova del tutto rinfrancati di fronte alle promesse che, infondo, si tratta soltanto di un rilevamento di dati ad uso esclusivamentestatistico. Tutti i censimenti finora, statistici o meno, almeno nei nostriconfronti, hanno sempre avuto anche una non indifferente rilevanza politica.I numeri che ne sono venuti fuori ci sono stati sempre sbattuti in faccia,come a dire: visto quanti siete, cosa altro pretendete? E non va dimenticatoche anche in democrazia - checché se ne dica - i numeri contano. Maproprio per questo vogliamo mettere le mani avanti. I numeri chescaturiranno da questo censimento non potranno rappresentare alcunelemento comprovante della nostra consistenza numerica. In primo luogoperché la dichiarazione di appartenenza è facoltativa, quindi non potràesser tirata in ballo quando si parlerà dei nostri diritti. Quanti connazionaliavranno preferito non dichiararsi o, addirittura, dichiarare qualcosa didiverso? I condizionamenti politici, psicologici, materiali e chi più ne ha piùne metta, non sono scomparsi dalla nostra vita quotidiana. Anzi. Proprioper questo, il censimento va affrontato, oltre che con senso di responsabilità,anche con animo e spirito coraggioso. Per dimostrare che alla libertà e aiprincipi di democrazia noi ci crediamo: non esiste condizionamento o intimotimore che ci possa far retrocedere dai nostri sentimenti e dal nostro sentirciparte integrante di questo territorio e di questa società. Elemento provantedella nostra presenza onde poter dire e sostenere che ai nostri diritti nonsolo non rinunciamo, ma - al contrario - vogliamo che vengano attuaticoerentemente e, dove necessario, ulteriormente ampliati e codificati.

Per tutti questi motivi, ma anche per essere in pace con la nostracoscienza, dichiariamo liberamente e apertamente la nostra identitànazionale, la nostra lingua d’uso, la nostra appartenenza ad una cultura, aduna storia, ad una tradizione, ad un territorio. Dichiariamoci Italiani!

21 marzo 2002 Silvano Sau

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Marzo 2002: presenti autorità slovene e italiane arriva finalmente ilgiorno dell’inaugurazione della ristrutturata e ampliata scuola mediaitaliana di Isola ‘Pietro Coppo’

Verso l’Europa

La Slovenia sta procedendo con una certa rapidità all’adeguamentodel proprio sistema giuridico alle norme europee, in vista del termine previstoper la sua entrata definitiva nel nuovo ordinamento. Termine, che nondovrebbe andare al di là dell’ormai prossimo 2004. In questa corsa vengonoriportate in procedura al Parlamento anche molte leggi che con alcuneclausole regolano la posizione ed i diritti delle comunità nazionali minoritarie.E, pur trattandosi di normative che, in pratica, dovrebbero migliorare ledisposizioni, può succedere che qualche disposizione venga modificata senon addirittura dimenticata. Da qui la necessità, senza nulla togliere allabuona volontà del proponente e del legislatore, di vigilare attentamenteaffinché quanto dovuto non venga cambiato o trascurato.

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Così la Legge sull’amministrazione statale, dove vanno mantenute leclausole che riguardano l’uso della lingua minoritaria, in quanto una delledue lingue ufficiali, nei territori nazionalmente misti. Così la Legge sugliimpiegati pubblici e quella sui loro stipendi, che comprendono tutto il settorepubblico con clausole riguardanti la conoscenza obbligatoria della linguaminoritaria e la gratifica prevista nel loro stipendio. Così la Leggesull’anagrafe, dove senza un nostro diretto e preciso intervento sarebbestata modificata la disposizione che garantiva la presenza di attestati eformulari bilingui sui territori nazionalmente misti. Così, ancora, la Leggesull’interesse pubblico nel settore della cultura - già in proceduraparlamentare, e così la Legge sull’uso della lingua slovena come linguaufficiale dello Stato, che, a quanto dicono, sta per intraprendere il suo iterparlamentare.

In particolare le ultime due rivestiranno un’importanza particolareper la nostra Comunità, in quanto stabiliranno modalità e finalità dei mezzidestinati alle nostre attività culturali e definiranno come, quando e dove lalingua minoritaria deve essere presente in rispetto alla disposizionecostituzionale che volle sancirla con dignità di lingua ufficiale sui territoriche gli Statuti comunali hanno stabilito come territori nazionalmente misti.

Per la nostra Comunità questo lavoro di verifica e di propositività neiconfronti dello Stato e delle sue proposte rappresenta un compito di nonindifferente conoscenza della materia e del linguaggio legislativo, di cuimolto spesso siamo sprovvisti. Ne è possibile attingere dalla prassi altrui,anche perché in materia minoritaria, pure la legislazione europea è tutt’altroche esauriente. Ma è un impegno che va portato avanti se vogliamomantenere la nostra presenza sul territorio e se vogliamo, da cittadini slovenie futuri cittadini europei, continuar a sentirci e ad essere italiani con tutte lenostre particolarità.

18 aprile 2002 Silvano Sau

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La vittoria del bene

Oggi, nove Maggio, giornata della Vittoria, che segnò la fine delSecondo Conflitto mondiale. Si disse allora, e per molto tempo ancora: lavittoria delle forze del bene su quelle del male. Se ne ricorda ancoraqualcuno?

Per noi, Comunità Nazionale Italiana in Slovenia e in Croazia, è statauna vittoria oppure una disfatta? Ha rappresentato la fine del regime fascistae della disumana religione del nazismo. Ha significato la fine di anni disangue e distruzioni. Ma ha rappresentato anche l’inizio di un nuovo regimeche soltanto mezzo secolo dopo la storia ha saputo condannare. Hasignificato lotta per la propria identità e per il proprio territorio. Hacomportato la trasformazione del proprio essere comunità e soggettostorico, economico, culturale e linguistico in gruppo minoritario all’internodi nuove entità statali. Ha portato la nostra dimensione all’interminabilegioco di rimbalzo tra un potere e l’altro, tra una Patria che, per fortuna, sisente ancora vincolata da lontani Trattati Internazionali, ed una Matria chedell’amor filiale non ha mai avuto coscienza preferendo richiamarsi, di voltain volta, a formule di comodo: prima figli indesiderati, perchépresumibilmente conniventi con il nemico, oggi osteggiati perché - si dice -dilapidatori di beni pubblici messi a disposizione dal contribuente delloStato della Matrice Nazionale.

Comunque sia, questo 9 Maggio vogliamo celebrarlo ugualmente,proprio perché si richiama alla Vittoria. E il fatto che noi, oggi, a distanzadi oltre sessant’anni, siamo ancora a gridare la nostra presenza e la nostravolontà di sopravvivenza, nonostante tutto e tutti, vogliamo interpretarlocome una grande vittoria, tanto più meritata e sicura, perché conseguitacontro le demagogie delle Patrie e delle Matrie.

Che la Comunità italiana continui ad essere considerata ancoraelemento di disturbo da tutte le parti, lo dimostrano anche gli avvenimentidelle ultime settimane. Soprattutto quando questi segnali arrivanodirettamente dal seno materno: segnali che, secondo un antico slogansessantottino, vorrebbero farci intendere che il latte distribuito va gestitoda chi te lo offre. Per fortuna, dico io, con una storia alle spalle come la

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nostra, il periodo dello svezzamento è ormai passato da un pezzo. Abbiamoraggiunto l’età della ragione e dell’autonomia, per cui se per l’aiuto che civiene offerto dobbiamo pagare un prezzo troppo alto, dovremmo stringerela cinghia e ribadire il nostro rifiuto. Malaugurata quella madre, che per untozzo di pane, esige che il figlio rinunci alla propria personalità.

Certo, per portare la nostra Comunità anche oggi alla vittoria, i generalidebbono essere i primi convinti che essa è possibile. Al di là dei sacrifici edei prezzi, piccoli o grandi, che comunque sarà necessario pagare. Noisiamo sempre stati Italiani, anche quando l’Italia stessa ce lo negava. Econtinueremo ad esserlo e ad amare la nostra Matrice anche se e quandoquesta - per ragioni sue - vorrà toglierci quel pezzo di pane. Non saràcertamente un pezzo di pane, anche se abbondantemente condito, che alungo termine potrà ripagarci della nostra dignità.

9 maggio 2002 Silvano Sau

Inaugurazione? quando...

Un percorso ad ostacoli protrattosi per una quindicina di anni e,finalmente, sembrerebbe che il traguardo si trovi appena dietro l’angolo.Alcuni di coloro che si trovavano alla linea di partenza per dare il via,ormai, non ci sono più, altri hanno intrapreso strade diverse e lo stessoprogetto, nel frattempo, ha modificato parte delle sue finalità.

I soli ad essere rimasti sempre in campo, nella speranza che un giornocomunque si potesse arrivare al traguardo, siamo stati noi: la Comunitàìtaliana di ìsola. Ora sembra proprio che i lavori di ristrutturazione e direstauro di Casa Manzioli stiano per arrivare alla fine. Anche gli ultimimezzi mancanti per portare a termine tutti i lavori edili entro i prossimi duemesi pare siano stati assicurati dalla Direzione per i beni culturali delMinistero per la cultura della Slovenia. Anzi, a sentire chi ha partecipatoagli incontri che il Ministro ha avuto nelle località costiere, il contrattodovrebbe essere già pronto e in viaggio per la firma definitiva. Tanto èvero che l’amministrazione comunale si è sentita in dovere di procedere aipreparativi per la solenne inaugurazione nell’ambito delle manifestazionipreviste per la prossima festa del Comune di Isola.

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Tutto bene, dunque?

Noi, come al solito, continuiamo a sperare che sia realmente così,anche se ci sentiamo autorizzati ad esprimere qualche non piccola perplessità.Poca cosa, se si vuole, rispetto alla complessità del progetto che si staportando a termine. Ma, visto che comunque in Casa Manzioli dovremmotrasferirci noi, tutto compreso, alcune importanti domande finora non hannoavuto risposta.

Primo: i muri da soli non bastano a garantire le necessità minime dilavoro e delle attività che una Comunità nazionale deve svolgere. Per ilmomento da nessuna parte, nonostante le nostre continue richieste e proposte,sono previsti mezzi per l’arredo e la necessaria tecnologia. Sebbene il progetto,a suo tempo comprendente anche questa voce di spesa, fosse stato approvatoe sottoscritto dall’allora ministro per la cultura.

Secondo: rispetto alle condizioni attuali il trasferimento nella nuova sedecomporterà una serie di spese notevolmente superiori a quelle attuali: pulizia,riscaldamento, luce, acqua, manutenzione. Anche questa voce è stata a suotempo debitamente preparata, approvata e, di conseguenza, proposta intempo per una adeguata soluzione. Per il momente, niente di nuovoall’orizzonte.

Terzo: a seguire il corso dei lavori in tutto questo periodo, ma soprattuttoin seguito alla firma del Protocollo tra Slovenia e Italia, è stata nominata unaCommissione mista facente capo ai due Dicasteri degli esteri. Effettivamente,è grazie ad essa, nonostante tutti i problemi, che i lavori sono proseguiti tramille difficoltà. All’ultima riunione, credo nella primavera dello scorso anno,si stabilì la necessità di un ultimo incontro in vista della conclusione dei lavori,per constatarne l’esito e per stabilire modalità e livelli concordati perl’inaugurazione.

Pur sapendo, quindi, che il tempo a disposizione è estremamente ridotto,tuttavia crediamo che gli accordi vadano rispettati anche per evitare possibilireazioni negative da una delle parti chiamate in causa. Di conseguenza, primadi pensare alla cerimonia d’inaugurazione, forse, sarebbe opportuno chiederealle due parti cosa ne pensano. Rimanendo ben chiaro che i primi interessatia concludere quanto prima tutto, ma proprio tutto, siamo proprio noi.

23 maggio 2002 Silvano Sau

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Una delle prima manifestazioni culturali organizzate nella sede diPalazzo Manzioli (ancora non del tutto agibile) la celebrazione del1070.esimo anniversario della prima menzione storica di Isola

Palazzo Manzioli: storia infinita

Si era alla vigilia del nuovo secolo e del nuovo millennio, probabilmente– se la memoria non fa scherzi – nella primavera del 1999. La commissionemista sloveno-italiana per la realizzazione del protocollo d’accordoriguardante la ristrutturazione ed il restauro di Palazzo Manzioli constatavache ormai i lavori erano a buon punto e che probabilmente entro la primaverasuccessiva avrebbe potuto aver luogo la solenne inaugurazione. Comepossibile termine, per dare il giusto peso all’avvenimento – si pronosticavatra l’altro anche la Festa della Repubblica Italiana. Poi – eventualmente –la giornata della Festa Comunale. Naturalmente con ospiti di riguardo,come si conviene, portati a Isola dalle due diplomazie. L’avvenimentoavrebbe avuto un duplice significato: quello inerente agli ottimi rapporti trai due Paesi vicini, che proprio nella Comunità nazionale italiana avevano

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trovato ulteriore supporto e soggetto della propria collaborazione, e –visto che si parlava del 2000 – anche un pregnante significato bi buonauspicio. Un progetto pensato e siglato in origine tra due entità statali dellequali una era ormai tramontata e quella succeduta aveva intrapreso ilcammino irreversibile delle integrazioni europee ed occidentali.L’inaugurazione del restaurato Palazzo Manzioli, quindi, avrebbe dovutoservire anche a suggellare questa nuova atmosfera.

I presupposti naturalmente sono rimasti e l’atto dell’inaugurazionerappresenterà comunque tutto questo, ma verrà a mancare la magia deltermine legato all’inizio del secolo e del millennio.

È passata la Festa della Repubblica del 2000, è passata quella del2001 e, ormai, è passata anche quella del 2002. E sono passate anche leFeste del Comune di Isola. Un primo annuncio apparso sulla stampa localeaveva fatto sperare almeno per il 30 giugno di quest’anno. Termine poiregolarmente smentito già la settimana scorsa. Forse, se tutti i problemiverranno risolti, se ne riparlerà a settembre. Noi non ne siamo pienamenteconvinti. In ogni caso, quando ostarda, sarà sempre una festa. E noi,appartenenti alla Comunità Nazionale Italiana di Isola, che stiamoaspettando l’evento da quindici anni, lo dedicheremo sempre ai buonirapporti tra Italia e Slovenia e, perché no?, al nostro futuro che nello sviluppodi questi vedono ancora una propria possibilità di vita.

6 giugno 2002 Silvano Sau

Sperare e sognare per sopravvivere

Non sappiamo ufficialmente quale sarà la composizione della prossimaAssemblea dell’Unione Italiana perché, dicono, i risultati verranno annunciatia partire da domani. Per Isola già sappiamo che a rappresentarci sarannoSiljan per la Pasquale Besenghi degli Ughi e ostarda per la Dante Alighieri.Non è proprio in base ai principi del defunto sistema delegatario, ma cimanca poco. Per la verità tutti i dati di cui disponiamo non potranno esseresostanzialmente modificati dall’annuncio ufficiale: la vecchia UI si èripresentata indenne. Sostanzialmente i due nuovi rappresentanti di Isola,finora assenti, non potranno cambiare una logica ed una volontà presenti

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ormai da un decennio: così come stanno le cose, nessuna elezione odiernao futura potrà mai generare altro che questa Unione nei suo contenuti,nelle sue formule e nei suoi personaggi. Come dire che, prima e durante lacampagna elettorale, la montagna aveva incominciato a tremare, ma a contifatti ha finito per partorire il solito topolino. Oggi come oggi, sappiamo cheniente è cambiato nella composizione dell’Assemblea e, probabilmente,niente cambierà nel suo organo più importante, anzi nell’unico organo cheè contemporaneamente legislativo ed esecutivo, la Giunta Esecutiva.

Comunque, visto che siamo arrivati alla vigilia dell’estate – come sidice – prendiamoci un po’ di riposo e prepariamoci alle battagli autunnali.Prima fra tutte le elezioni amministrative e, in quest’ambito, per i nostrirappresentanti nei Consigli Comunali e per i nostri rappresentanti nelleComunità Autogestite della Nazionalità italiana, comunemente definite leCAN. Ripeteremo la logica seguita nelle elezioni per l’UI e per le CI?Speriamo vivamente di no, a parte le persone. Gli appuntamenti autunnalisono per la nostra Comunità estremamente importanti. Non soltanto quelliriguardanti i piani culturali e finanziari, ma anche le nuove leggi che il Governodella Slovenia sta portando con rapidità accelerata al Parlamento. Primafra tutte quella riguardante il settore culturale, nel quale, si spera, dovrebberotrovare adeguata collocazione anche i nostri interessi. E poi, per noi Isolani,l’ultima puntata della Storia Infinita, la conclusione dei lavori di PalazzoManzioli e, possibilmente, il trasferimento delle nostre Comunità, mezzi edaltro permettendo.

Infine, perché no?, la riconciliazione ideale, non il ricongiungimento,ma la riconciliazione tra i nostri connazionali isolani per arrivare ad unprimo allentamento delle tensioni tra le due Comunità degli italiani. Tappeche sono tutte indubbiamente impegnative, ma almeno alla fine di un periododi lavoro, anche qualche speranza o qualche sogno possono far bene allospirito e fornirci nuove energie, in settembre, per riprendere.

20 giugno 2002 Silvano Sau

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Elezioni: l’uovo del cuculo?

Di solito è proprio al caffè, seduti tranquillamente dopo una riunione,che vengono dette le cose che qualcuno non vorrebbe mai dire: spintodalla voglia di dimostrare quanto è bravo lui o quanto è forte il suo partito,quasi sempre finisce con il dire qualche parola di troppo. E a buonintenditore, solitamente, basta sommare due più due.

È così che, in attesa dell’inizio della campagna elettorale, l’esponentedi uno dei più grossi partiti nazionali e locali manifestò il proprio interesseper quei tre o quattrocento voti che alle prossime elezioni verranno espressidai nostri connazionali. Intendiamoci, non è che siano interessati a chi entreràa far parte del Consiglio della Comunità autogestita della nazionalità italiana.Il voto minoritario, per lui, è importante solo per le elezioni al ConsiglioComunale, visto che disponiamo di due seggi per i quali possono votaresoltanto gli appartenenti alla nostra nazionalità. I partiti, di conseguenza,ne sono esclusi in partenza. Così almeno dovrebbe essere a rigor di logica,poiché le formazioni politiche non possono presentare delle proprie liste dicandidati per quei due seggi. Tuttavia, disporre di uno o due voti in piùpotrebbe certamente far comodo, soprattutto se assicurati in precedenzacon un preciso accordo con una delle liste di candidati.

Noi abbiamo sempre detto che gli appartenenti alla nazionalità italiana,individualmente, sono liberi di aderire e sostenere il Partito che più si avvicinaalla loro “Weltanschaung”, e proprio per questo ci è stato concesso ildiritto di votare per una qualsiasi lista partitica ma, per non confondere leacque, ci è stato concesso anche il diritto di votare liste che siano espressionedel nostro sentimento nazionale. Per ribadire la diversità di questo, chesoltanto in apparenza sembra un “doppio voto”, abbiamo sempre ribaditoil concetto che le nostre istituzioni, pur essendo fortemente impegnatepoliticamente, sono anche rigorosamente apartitiche. Il connazionale, quindi,che si presterebbe ad un simile gioco affiancato da uno qualsiasi dei partiti,sfruttando uno strumento minoritario costituzionale per scopi non finalizzatie non riconducibili al nostro essere comunità nazionale, incorrerebbe perlo meno in una valutazione etica e morale poco consona al ruolo che inveceintenderebbe svolgere.

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Può darsi che questa riflessione, nata tra una chiacchiera ed un caffè,sia troppo allarmistica, e che invece il bravo funzionario di partito intendessesoltanto vendere con ottimismo l’impegno del suo partito. Ma, come si sa,la politica è da sempre figlia di buona donna e può succedere che qualcheconnazionale si abbandoni alle sue lusinghe.

Comunque, tra non molto le liste dei candidati saranno pubbliche e,tra tutte quelle proposte che, prevediamo, non saranno poche, forseriusciremo anche a identificare se tra noi c’è qualche piccolo “Giuda”.Liberissimo di candidarsi sulle liste dei connazionali per garantire un votoin più ad una formazione politica, quanto liberissimi siamo noi di non votarlo!

3 ottobre 2002 La Redazione

A Palazzo Besenghi celebrazione del centenario della prima bibliotecapubblica circolante di Isola. Nell’occasione inaugurata pure unamostra del libro.

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Minoranze autoctone: diritti sempre più ridotti?

“Stanno succedendo cose turche” si diceva una volta, quando lasituazione tendeva a prendere una piega che certo non prometteva unfuturo di normale tranquillità. Anche la nostra Comunità nazionale, almomento attuale, dovrebbe constatare che – per lo meno – non tutte leciambelle che si stanno preparando sono fornite del regolare “buco”. Forsenon è ancora arrivato il momento per gridare, come scrisse il nostro quasicorregionale P. P. Pasolini, “Mamma, li turchi”. Però sembra siano moltovicini.

Facciamo un solo esempio.

La Slovenia si è sempre vantata, e continua a farlo, visto che ciòrappresenta una delle carte di legittimazione per l’entrata in Europa, delsuo sistema di tutela delle minoranze nazionali. All’uopo ha predispostotutta una serie di clausole costituzionali, di leggi e di organismi chedovrebbero vigilare sulla sorte delle comunità nazionali minoritarieautoctone. Seggio specifico al Parlamento, seggi garantiti nei ConsigliComunali, leggi che assicurano l’autogoverno minoritario (compresi il dirittoall’uso della propria lingua, un sistema scolastico adeguato, un’informazionea tutti i livelli), commissione per le minoranze alla Camera di Stato,Commissione per le minoranze presso il Governo e – infine, ma non ultimo– l’Ufficio per le Nazionalità, sempre presso il Governo. Un sistema, chenoi stessi, anche se con qualche cautela, definivamo esauriente esoddisfacente pur se con notevoli discrepanze tra quanto prescritto e quantoconcretamente realizzato. Eppure, nonostante tutte queste valvole disicurezza (se possiamo definirle così), è bastato che il Parlamento slovenoapprovasse il suo nuovo Regolamento di procedura, perché una consistenteparte delle possibilità che avevamo per intervenire sulle proposte di leggein dibattito ci venisse negata. Così la Legge sull’interesse pubblico nellacultura, che ci riguarda molto da vicino, non può essere discussa dallaCommissione per le nazionalità. Eventuali emendamenti potevano esserepresentati soltanto dal nostro parlamentare. Per fortuna l’ha fatto, ma se inquei giorni fosse stato assente o indisposto? Ciononostante pare che, suemendamento presentato da altri parlamentari, la nuova legge accorpi sotto

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la stessa voce non soltanto le comunità minoritarie autoctone (italiana eungherese), ma anche tutti gli altri gruppi linguistici presenti in Slovenia. E,così abbiamo avuto modo di sentire, anche gli altri gruppi specifici definitidi minoranza, come quelli religiosi o quelli che appartengono alle diversecategorie sociali (handicappati, sordomuti, ecc.). Niente in contrario alfatto che lo Stato si impegni per la loro tutela, anzi si tratta di un benpreciso dovere civile. A patto che i mezzi necessari non vengano attinti,come è successo negli ultimi due anni, dai già carenti mezzi destinati alleminoranze autoctone.

17 ottobre 2002 La Redazione

Ricordiamo…

Cerimonie meste, semplici e raccolte in tutto il Paese, e anche nellanostra piccola città, per ricordare e onorare i defunti. Parenti, amici,conoscenti in particolare.

Cerimonie meste, ma solenni, per ricordare coloro che la storia havoluto definire ora eroi, ora vittime, ora martiri, a seconda se identificatidalle rispettive ideologie e demagogie, amici o nemici.

Noi, in tutta sincerità, vorremmo adottare un antico detto frutto dellasaggezza popolare, per cui dei morti non si dovrebbe mai parlare male.Tanto più quando sono stati trascinati nelle vicende da odi e passioni chepoco avevano a che fare con la ragione e con la civiltà come ce lo insegnala nostra cultura occidentale, fondamentalmente cristiana.

Onoriamo, quindi, colui che successive demagogie hanno volutoricordare ai posteri con un cippo, una lapide, ma ricordiamo anche chi lestesse demagogie hanno voluto privare del ricordo, del nome, della suapresenza nel passato e della sua testimonianza per il presente e per il futuro.

Onoriamo Giovanni Zustovich, sulla cui tomba leggiamo che fu vittimadell’odio settario, ma onoriamo anche coloro, ai quali vicende successivedi odii altrettanto settari, la terra natia non ha potuto fornire nemmeno laconsolazione dell’ultimo riposo.

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Ricordiamo le cocenti sconfitte e le decantate vittorie, tutte con i loromorti, tutti innocenti nella loro dignità umana, perché, come disse qualcuno,vanno perdonati perché non sapevano quel che facevano. Coloro chesapevano, visto che riposano all’ombra di imponenti e fastosi monumenti,probabilmente sono già riusciti a riscattare il perdono nonostante il severogiudizio degli uomini e della storia.

E diventi il Primo Novembre il simbolo della Nuova Europa, diquell’Europa cui anche noi guardiano con speranza, perché – lo si ammettao meno – è con quei morti, con quelle vittime, con quegli eroi, che è statacostruita. In questa prospettiva, in fondo, non ha importanza oggi da cheparte stavano, per chi hanno sofferto e chi hanno fatto soffrire. Il dolorenon può esser pesato e quantificato per farne uso domani. Può esser usatosoltanto da ammonimento e lezione ai posteri affinché ne evitino dei nuovi.

30 ottobre 2002

Elezioni 2002: tutto come prima?

Ormai è praticamente chiaro chi sarà il nuovo presidente dellaRepubblica che, con un paio di settimane di ritardo, sarà chiamato asostituire Milan Kuèan: a nostro avviso il prossimo ballottaggio noncomporterà sorprese, come del resto non le ha comportate finora rispettoalle previsioni generali prima del voto di domenica scorsa.

Sappiamo pure chi è il nuovo vecchio sindaco di Isola. Anche inquesto campo previsioni e risultati senza sorprese: Breda Peèan era partitaal trotto ed è arrivata galoppando.

Anche nel nostro piccolo mondo minoritario, a conti fatti, poche lesorprese, nonostante il venticello leggermente impetuoso della campagnaelettorale, le numerose liste e certe improvvise velleità politiche troncateper fortuna sul nascere e che, se hanno sollevato non poche perplessità,non hanno avuto il tempo di provocare danni di una certa consistenza.

Si potrebbe dire, dunque, che nel nostro Stato, nel nostro Comune enel nostro piccolo la vita continuerà, come hanno sottolineato in molti,all’insegna della stabilità e della continuità. Ciononostante, ne siamo

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convinti, molte cose cambieranno a tutti i livelli. Per quanto riguarda laSlovenia, Drnovšek avrà il compito di farci diventare cittadini europei senzagrossi traumi, e non sarà cosa da poco. Riuscirà ad attrezzarsi diquell’autorità morale e di quella capacità di governare, nonostante le limitatecompetenze che gli derivano dalla Costituzione, che nel presidente uscenteha rappresentato per noi e per la comunità internazionale elementofondamentale di stabilità interna e di propositività in politica estera? Certoè, usando una battuta dello stesso Kuèan di dieci anni fa, nonostante ladecantata continuità, niente sarà più come prima.

A livello comunale, il settanta e oltre per cento dei voti ottenuticonsentiranno a Breda Peèan di costituire un Consiglio Comunale capacedi esprimere una maggioranza consistente e duratura nel tempo? Vistocome stanno i risultati conseguiti dalle singole forze politiche e dalle listeindipendenti, credo che i nostri due Consiglieri dovranno fare uno sforzocomplementare di fantasia e di pragmaticità, visto che saranno moltoprobabilmente chiamati a svolgere il ruolo non sempre piacevole dell’agodella bilancia.

Per il nostro piccolo mondo, invece, oltre a tutte queste, bisognaaggiungere le normali sfide, spesso ancora più pesanti, del vivere quotidiano.Riusciremo a superare le incomprensioni e ad intavolare un serio discorsoed un dialogo costruttivo, quali sole alternative alle incertezze del nostrofuturo prossimo? Logica, intelligenza e senso di responsabilità dovrebberodarci una chiara risposta positiva che, ne siamo convinti, non mancherà diarrivare.

14 novembre 2002 Silvano Sau

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Seduta costitutiva del neoeletto Consiglio della Comunità Autogestitadelle Nazionalità Italiana di Isola

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Comunità nazionale italiana al Comune:

autonomia e indipendenza

La tornata elettorale vera e propria si concluderà domenica delprossimo primo dicembre. Un tanto vale per alcuni Comuni e vale per ilnuovo Presidente della Repubblica. Per Isola, invece, i giochi sono ormaiquasi terminati: si sa che il nuovo Sindaco sarà per altri quattro anni BredaPeèan, si sa chi ha perso e chi ha vinto. L’unico elemento che rappresentaancora un’incognita è quello riguardante la consistenza della maggioranzadi cui il Sindaco potrà disporre nel Consiglio Comunale. E non è faccendadi poco conto. Ora che tutti i calcoli elettorali sono stati portati a termine,possiamo constatare che i due seggi ai quali sono stati eletti i nostriconnazionali, non solo rappresentano l’ago della bilancia, ma, per volontàdell’elettorato – e scusatemi se uso parole forti – possono determinarequale sarà la maggioranza presente in Consiglio. Una posizione tutt’altroche simpatica e tuttaltro che invidiabile.

Tuttavia, i nostri connazionali che sono stati chiamati a rappresentarela Comunità italiana nel parlamentino comunale, oggi come ieri, hannosempre agito con senso di responsabilità ogni qualvolta hanno dovuto votarein favore o contro le delibere ed i decreti che erano in dibattito. Fermorestando il principio della propria assoluta autonomia e della propriaindipendenza da qualsiasi legame partitico e da qualsiasi coalizione dimaggioranza o meno.

Alla domanda, quindi, che ci viene rivolta da più parti, se supporteremola coalizione legata ai partiti di sinistra o di centro-sinistra, rispondiamo inmaniera molto chiara: continueremo a mantenere con rigorosità la nostraautonomia e la nostra indipendenza da tutti gli schieramenti partitici, macontribuiremo a garantire le condizioni affinchè il Sindaco possa esercitarein pieno le sue mansioni istituzionali. Questa, in fondo, potrebbe essere lanostra dichiarazione di voto oggi pomeriggio, alla seduta costitutiva delConsiglio Comunale. Questo crediamo di doverlo fare proprio grazie alsenso di responsabilità di cui siamo investiti nei confronti di quel voto deinostri concittadini, che sulla persona del Sindaco non ha avuto dubbi quando

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il dieci novembre scorso ha voluto riconfermarlo in carica assicurandogliben il 75 per cento dei suffragi. Ogni altro comportamento da parte nostrasignificherebbe introdurre uno svilimento della volontà popolare, ivi inclusaanche quella della stragrande maggioranza dei nostri connazionali.

28 novembre 2002 Silvano Sau

La calunnia, è un venticello…

Un mese, questo dell’ultimo scorcio dell’anno, che dovremmo averedifficoltà a mettere nel dimenticatoio almeno per un lustro. Dell’ancora incarica presidente della Repubblica, Milan Kuèan, ormai si parla al passatoe poco manca che riferendosi a lui non si faccia riferimento “ai bei tempiandati che non tornano più”. Ed è un peccato, perché sono convinto che ilpresidente uscente non abbia ancora scaricato le sue batterie, né che siadeguerà al ruolo di chi osserva in silenzio. Del neoeletto Capo dello Statosi dice che rappresenta la continuità voluta da tutti, Europa compresa, percui era una vittoria scontata. Però fa bene a sottolineare la sua direttacontendente fino a dieci giorni fa, Barbara Brezigar, per la quale l’inattesoconsistente numero di voti che si è vista piovere addosso rappresenta perla Slovenia una sostanziale novità: forse vuol far intendere che l’elettoratosloveno si va avviando ad un inevitabile bipolarismo, del quale la primavittima potrebbe essere proprio la formazione politica incarnata (nel verosenso della parola), dal presidente Drnovšek. Un percorso, tra l’altro,auspicato da molti anche se realmente voluto da nessuno, ma che verràcertamente stimolato anche dai prossimi appuntamenti internazionali. Danon sottovalutare il recente invito rivolto alla Slovenia di entrar a far partedella NATO. E ancor meno le sfide ancora aperte prima e dopo la suaentrata in Europa.

E che dire del recente incontro-tavola rotonda organizzato dal ministroper la cultura con gli omologhi degli Stati-nazionali slavofoni? Tutti asottolineare che non aveva niente a che fare il il pan-slavismo di anticamemoria, né con il neo-slavismo di memoria più recente, né ecc…ecc…Ma allora, di che tipo di slavismo si tratta? Noi francamente non l’abbiamocapito, ed è per questo che ci sentiamo leggermente preoccupati: da

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minoranza nazionale di ‘ismi’ o di fenomeni che ad essi si richiamano e inessi si rispecchiano per buona parte del secolo passato ne abbiamo avutoabbastanza. Che succederebbe se si dovessero riunire in congrega anchetutti gli germano-anglofoni, oppure tutti i latinofoni (ma esiste un terminedel genere?)?

E a Isola? Per il momento abbiamo eletto al primo turno con addiritturail 75 % dei suffragi il nuovo-vecchio Sindaco, ma il Consiglio Comunaleper costituirsi in tutte le sue funzioni ha avuto bisogno di ben tre sedute, enon è detto che sia finita: lo vedremo il prossimo 19 dicembre. Intanto sista già parlando della dittatura della minoranza sulla maggioranza (quellapolitica, non quella nazionale). E fin qui potrebbe anche andar bene, sesempre più spesso non ci fosse qualcuno a sobillare che la maggioranza(quella politica) non sarebbe maggioranza se ad essa non aderisse anchela minoranza (quella nazionale). E si sa, come dice quell’aria di una famosaopera, la calunnia è un venticello che fa presto a trasformarsi in burrasca.E, come diceva un celebre imbonitore di aste televisive, aspettare pervedere e vedere per credere.

12 dicembre 2002 Silvano Sau

Italiani o Upitiani?

Potremmo anche far finta che le vicende degli ultimi tempi tra UnioneItaliana e Università Popolare di Trieste non ci riguardano. Anzi, stando asentire i soliti generali del dopo battaglia, era inevitabile che si arrivasse adun acutizzarsi della situazione che, ormai, perdura da un paio d’anni in unsusseguirsi di accuse e contraccuse, di minacce e di delegit-timazionireciproche.

Secondo noi, a parte le cifre in campo, a parte i personaggi in campo,a parte le gius-tificazioni che si vogliono far adottare per avvalorare leproprie posizioni, il problema di fondo è essenzialmente uno: lo StatoItaliano, e chi per lui, dal Ministero degli esteri in poi, considera la Comunitànazionale italiana una Comunità di Italiani, oppure una Comunità di Italioti,di quasi italiani, di italiani per sbaglio o di italiani con qualche gene delproprio DNA nazionale mancante?

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I mezzi che l’U.P.T stanzia ogni anno, sono coscientemente evolutamente devoluti alla nostra Comunità perché raggruppa in manieraorganizzata degli Italiani, buona parte dei quali anche cittadini italiani, comedel resto lo Stato Italiano fa ogni anno per tutte le categorie di Italiani?Oppure sono mezzi che vengono devoluti per una qualsiasi associazionefilantropica straniera? Come fece e come continua a fare, diciamo, per iprofughi albanesi, o per le popolazioni colpite da carestia dell’Africa?

Il nocciolo del problema sta tutto in questa differenza diinterpretazione, cui né la Farnesina, né la Regione FVG, né lo Stato italianohanno voluto ancora dare una risposta. Ma soltanto con una risposta aquesto quesito sarà chiaro in che ruolo deve svolgere le proprie attivitàl’Università Popolare di Trieste. È un ruolo simile a quello della CroceRossa o di alcune associazioni di volontariato, che del proprio operato edel consumo dei propri mezzi devono rendere conto a chi di dovere, essendomezzi attinti a fondi pubblici? Oppure è uno strumento del Ministero degliesteri chiamato a supportare le esigenze di una Comunità di italiani che lastoria ha portato a vivere fuori dai propri confini nazionale e statali? E che,in quanto Italiani hanno diritto a questi mezzi, e che lo Stato è in dovere diassicurarli secondo i controlli che valgono per tutte le organizzazioni e gliorganismi fruitori dei mezzi pubblici?

Se così è – e secondo noi, così dovrebbe essere – chi ha autorizzatol’UPT a proclamarsi sostituto dello Stato Italiano nel confronto di altriItaliani, pur se residenti oltre confine?

Volendo sintetizzare al massimo il problema, agli appartenenti allaComunità nazionale italiana e a chi li rappresenta, va chiesto: SiamoITALIANI oppure siamo UPITIANI? Per quanto ci riguarda, credo chela risposta sia inequivocabile. Ma, forse proprio per questo, andrebberivolta anche allo Stato Italiano e a chi per Esso: vuole che la nostraComunità sia composta da Italiani, oppure gli viene più comodo ritenerciUpitiani?

23 gennaio 2003 Silvano Sau

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Gennaio 2003: le nevicate invernali non rappresentano una sorpresa,ma riescono sempre a trovare gli Isolani impreparati.

Ancora la giornata della cultura...

È stato il massimo poeta sloveno, France Prešeren, nel suo famosoBrindisi diventato anche inno nazionale della Slovenia, a scrivere queimeravigliosi versi, secondo i quali, domani, ai confini avremo buoni amici.Ed è per ricordare e celebrare quel messaggio di poesia e di civiltà che traun paio di giorni anche noi festeggeremo e celebreremo la Giornata dellaCultura. All’indomani di un secolo di ideologie e demagogie che rischiavanodi riportare l’uomo alla barbarie dell’oscurantismo più truce, ma anchealla vigilia di una ritrovata fede nella tolleranza, nella convivenza, nel rispettoe nella fiducia reciproci: a pochi mesi dalla firma del Patto che ci vuole tutticittadini di una cultura, di una civiltà e di una comunità occidentale chemolti hanno voluto definire come la nostra comune casa europea.

Proprio alla vigilia di quest’importante giornata, per noi appartenentiad una comunità nazionale minoritaria, che nella cultura vogliamo affondare

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la nostra diversità e la nostra identità, ci è stato imposto dal massimo organorappresentativo dello Stato sloveno, l’obbligo di non rispettare la nostraidentità. L’obbligo di non poter usare sempre e dovunque la nostra linguanel rispetto della nostra dignità e nel rispetto della Carta Costituzionaleche questa dignità è chiamata a tutelare. Un obbligo tanto più amaro perchélegato alla creazione della più importante istituzione scientifica e culturaledi qualsiasi territorio: la nascita del nuovo centro universitario.

Credevamo che i fantasmi del nazionalismo fossero ormai sepolticon la fine delle ideologie, crollate alla fine del secolo scorso. Ritenevamoche le piccole schermaglie ancora presenti tra alcuni personaggi nei territoria cavallo di un confine che sta per comparire fossero soltanto l’eco dicoscienze non ancora maturate. Ma ci siamo dovuto ricredere, quandopretesti antistorici sono stati assunti a livello di credo politico da unParlamento che vuol definirsi democratico, che si dice rispettoso dell’altruidiversità e che sulla propria decantata tolleranza ha stampato il propriobiglietto da visita europeo. Come tattica per imprigionare una piccolaminoranza nell’impossibilità di chiamare con il proprio termine una Regioneche ancora Regione non è? Oppure con ancora presente nell’animo l’odiosecolare che ha trasformato questo territorio tra i più difficili degli ultimicent’anni? Perché voler costringere noi, minoranza, e il mondo intero ausare parole che nostre non sono? Per paura di chi e di che cosa?

Come altrimenti spiegare la decisione della Camera di Stato che nelDecreto di fondazione del terzo polo Universitario, la “Univerza Primorske”,non si sia voluta adottare la giusta e universalmente nota traduzione italianadi “Università del Litorale”, come da noi richiesto e proposto invece dellastorpiatura di una “Università della Primorska”? Non si tratta soltanto diuna decisione in contrasto con le Leggi e con la Costituzione della Slovenia.Si tratta di una grave offesa della nostra dignità nazionale, linguistica eculturale. Proprio alla vigilia della Giornata della Cultura! Dalle nostre partisi dice che il buon giorno si vede dal mattino: va detto che se questo èstato il mattino di quell’importante istituzione che dovrà essere l’Universitàdel Litorale, esso si è presentato con una coltre di nebbia che certamentelimita la vista dell’orizzonte e della strada da percorrere.

6 febbraio 2003 Silvano Sau

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Insieme: sui monti dell’Afganistan...

L’uomo sembra essere l’unico appartenente alla specie animale chedalle esperienze del passato non abbia mai saputo trarre insegnamenti diuna qualche consistenza per il suo futuro.

I secoli che l’hanno visto dominatore assoluto del nostro pianeta sonostati sì secoli di grande sviluppo, di emancipazione e di presa di coscienzadelle proprie potenzialità, ma sono stati anche i secoli delle più terribilisofferenze, delle guerre più disastrose, dei più assurdi tentativi di distruzionedella stessa dignità umana. E non perché questa fosse stata la volontà dellamaggioranza degli uomini, ma perché sempre una piccola minoranza si èarrogata il diritto di decidere in suo nome. Una verità che conosciamo tuttie che, nonostante tutto, continua nel suo tragico percorso storico: oggicome ieri, e – probabilmente – domani come oggi, secondo il principioper cui oggi a me, domani a te.

“Bisogna ricordare per non dimenticare” è stato ripetuto all’infinitodurante la Giornata della Memoria con la quale in molte regioni e città anoi vicine, la settimana scorsa, si sono ripercorsi i drammatici annidell’immediato dopoguerra. Per chiedere scusa e perdono a chi hamaggiormente sofferto. Anche se il dolore – come diceva qualcuno – nonpuò essere pesato e rispedito al mittente. Anche se il dolore – quando ègrande e collettivo – non può essere appannaggio di una parte soltanto,ma comprende tutto il corpo della collettività interessata: chi se ne è andato,perché costretto o aiutato, e chi è rimasto, perché costretto o aiutato.

Avremmo preferito che in occasioni come queste chi è chiamato oggia rappresentare le due parti offendenti di allora, avesse chiesto scusa comecomune e responsabile gesto di coscienza verso tutta una popolazione cheha subito decisioni non sue: perdendo casa, affetti e territorio andandosene,e perdendo patria, affetti, identità e consistenza rimanendo.

Sarà la Comune Casa Europea, è stato ribadito nei giorni scorsi, aricomporre tutte le sofferenze nell’ambito di quell’auspicato processointegrativo che presto ci vedrà tutti cittadini europei. Vogliamo crederlo,purché – come qualcuno ebbe a rilevare a Pirano durante la presentazioni

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del volume di Stefano Lusa “Italia-Slovenia: 1990-1994” – i due Paesivicini in futuro non si sentano obbligati a vivere in amicizia perché vedrannoi propri figli combattere spalla a spalla in formazioni militari che rispondonoa comandi lontanissimi, contro un nemico che ancora non conoscono, magarisulle montagne dell’Afganistan.

20 febbraio 2003 Silvano Sau

Referendum sull’entrata della Slovenia nelleintegrazioni euroatlantiche: Perché votare SÌ

La domanda che mi rivolgo spesso in merito ai processi di integrazionieuroatlantiche in corso è se, come appartenente alla Comunità NazionaleItaliana, potrei avere interessi diversi da quelli che naturalmente ho comecittadino della Slovenia. Credo che la risposta possa risultare abbastanzalogica e scontata: l’associazione all’Unione Europea l’abbiamo sempreauspicata, voluta e sostenuta perché rappresenta anche la nostrareintegrazione in quella civiltà basata sui valori occidentali di cui abbiamosempre fatto parte. Scontata, di conseguenza anche la risposta su comevoteremo domenica 23 marzo al referendum indetto dalla Slovenia. Nonvotare o votare negativamente significherebbe andare contro i nostri direttiinteressi di cittadini e di appartenenti ad una Comunità nazionale minoritaria.Votare contro significherebbe essere contro l’eliminazione dei confini cheancora – ormai da oltre mezzo secolo – ci separano dal corpo della nostraMatrice Nazionale. Significherebbe dare un addio definitivo ad una volontàdi riunificazione ideale che è non solo legittimo, ma anche naturale.

La domanda che, eventualmente, ci dovremmo porre è se in questipochi mesi che ancora rimangono sapremo attrezzarci per far fronte alprocesso di globalizzazione generale, dove sembra esserci poco spazioper le peculiarità e le specificità proprie di ogni corpo nazionale minoritario.E, ancora: sapremo sfruttare al meglio le possibilità, che comunque verrannoofferte, affinché l’ancor presente separazione da quella parte della CNIche vivrà fuori dal contesto europeo, anche se solo temporaneamente,non rappresenti un ulteriore indebolimento dei nostri legami umani eistituzionali.

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Anche la risposta per il referendum di adesione alla NATO, in fondo,non può avere altra risposta. Pur conoscendo il difficile momento che staattraversando per causa della crisi irakena, rimane il fatto che una sceltava fatta proprio in questo momento e non è possibile dilazionarla. Sarebbetroppo comodo star prima a vedere come va a finire per poi decidere: nonsi può star alla finestra sperando che tutto il male ne rimanga fuori. Non sivuol dire con questo che approviamo gli atteggiamenti USA, né in meritoalla crisi irakena, né nel voler impostare un certo tipo di rapporto di forzaall’interno della Nato. Vogliamo però dire che a far parte della NATO èanche la Germania come lo è la Francia. Probabilmente domani lo saràpure la Russia. E perché no già oggi anche la Slovenia? Proprio pergarantire oggi e domani il ruolo predominante delle istituzioni europee emondiali, a partire dall’ONU. Un ruolo che auspichiamo sempre piùdemocratico, ma che non possiamo pretendere sia portato avanti daglialtri, mentre noi stiamo a guardare.

Il problema della pace ormai è un problema globale ed esige l’impegnodi tutti: chi ne rimane fuori ne viene emarginato. Si tratta, quindi, di sapereoggi da che parte si vuol stare e, soprattutto, assieme a chi vogliamo domanidiscutere e decidere. In fondo, il mondo che ci siamo lasciati alle spalle nelcorso del “secolo breve” ha rappresentato per tutti una seria lezione. Lapace va assicurata integrando la forza e la volontà di tutta quella parte delmondo che si riconosce nei valori della civiltà occidentale e dellademocrazia. È in favore di questa scelta, quindi, che non ha alternative,che oggi bisogna decidere se vogliamo far parte del mondo occidentale,pur sapendo che è ancora lontano dall’essere ideale. Essendone partecipi,per poco che potremo fare, potremo sempre cercar di influire affinché ledecisioni siano in armonia con le nostre aspettative. Essendone fuori potremosoltanto illuderci che i problemi degli altri non ci riguardino, se mai a qualcunoverrà in mente di chiedercelo.

20 marzo 2003 Silvano Sau

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I lavori di ristrutturazione e di restauro di Palazzo Manziolisembrano esser giunti al termine. Si è in attesa del collaudo edell’inaugurazione ufficiale. Un’attesa, naturalmente, che èandata per le lunghe, tanto che stiamo ancora attendendol’inaugurazione.

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Terra, dove vai?

Dovrei commentare il voto dei referendum di pochi giorni fa perl’integrazione della Slovenia nell’Unione Europea e nella Nato. Ma comesi fa a parlare di qualcosa che era ormai scontato in un momento quandoè l’incertezza a dominare i giorni e le ore di queste ultime due settimane? Ècome se il referendum si fosse svolto qualche anno fa: si è tirato un belsospiro di sollievo e si è rimasti imbrigliati dall’apprensione chequotidianamente suscitano le immagini e le notizie di guerra. Lontana finchési vuole, ma coinvolgente come mai, perché sappiamo che avràconseguenze nefaste anche nel nostro piccolo mondo adriatico. Il seguirecostantemente l’avanzamento a rilento delle truppe anglo-americane e laresistenza dei fedelissimi del dittatore iracheno non è il risultato di unamorbosa curiosità per uno spettacolo pirotecnico trasmesso in diretta datutte le emittenti televisive, sia di giorno che di notte, quanto invecel’espressione cosciente che qualcosa nel nostro mondo sta cambiando esta cambiando in peggio. A spaventare sono le ripetitive inquadrature dicivili inermi che rimangono vittime di bombardamenti intelligenti. A provocareprofondo disagio sono le interminabili e massicce manifestazioni per lapace, al di là di qualsiasi coloritura politica o ideologica. A farci inorridiresono i trionfanti bollettini di guerra che accennano soltanto a prevedibiliquanto inevitabili “effetti collaterali”. A farci imbestialire sono i nostrigovernanti che non si sa bene da che parte stiano, sempre in bilico tra ildire e il non dire, tra il fare e il non fare, mentre stanno cercando diconvincerci che, invece, sanno bene quel che stanno dicendo e facendo:sarà anche vero, ma nessuno ci toglie dalla mente l’impressione che stianofacendo soprattutto il proprio tornaconto. A pesare sulla nostra coscienzadi uomini impegnati in una continua battaglia per i valori civili, di solidarietà,di tolleranza, di rispetto, la convinzione che proprio questa guerra chehanno voluto presentare come estrema difesa di questi valori, si stadimostrando di essere intesa e voluta come la negazione più clamorosa diquegli stessi valori. Valori di civiltà che sono stati costruiti lentamente e condifficoltà nel corso del secolo precedente, con due guerre mondiali e conun lungo dopoguerra chiamato eufemisticamente “guerra fredda”, e cheora rischiano di non contare più nulla.

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Noi abbiamo creduto e continuiamo a credere in quei valori. Proprioper questo siamo convinti che il voto del referendum dell’altra domenicaabbia rappresentato la decisione di altrettanto convinta dei cittadini slovenidi voler far parte di due organismi che dovranno e sapranno organizzarsiper far fronte all’alternativa di un mondo senza valori e, ancor peggio,senza morale.

3 aprile 2003 Silvano Sau

9 maggio

Domani, 9 maggio, giornata della Vittoria sul nazifascismo, che moltiormai identificano con la giornata dell’Europa. A partire da domani, dunque,dall’essere a pieno titolo cittadini europei e membri a tutti gli effettidell’Unione Europea, ci separeranno esattamente 356 giorni, oppure circa8500 ore. Per arrivare a questo traguardo, noi che ci siamo sempre sentitieuropei, ci sono voluti ben 59 anni per un totale di oltre 700 mesi eaddirittura 21.500 giorni.

Festeggiamo e celebriamo dunque questa giornata, vigilia della nostraintegrazione in un mondo dal quale ideologie e demagogie ci hanno separatoper tanto tempo. In particolare, siamo chiamati a celebrarla noi, appartenentiad una minoranza nazionale, cittadini residenti su territorio in cui, pur nonabbandonando la speranza, abbiamo visto crescere in noi la sindrome delmondo di frontiera, delle divisioni più assurde, dell’essere costantementechiamati in ballo ora per suffragare questa tesi ed ora quell’altra, a secondadella permeabilità dei confini e della volontà politica dei governanti.

L’Europa, dicono, sta attraversando un brutto momento di crisi e dinuove divisioni, ma va detto che queste ultime non riguardano i valori sucui si basa il vecchio continente, quanto invece il rapporto che rischia diinstaurarsi tra vecchio (chiamalo Europa) e nuovo mondo (chiamaloAmerica). Dalla nostra parte la coscienza e la convinzione che i pilastri diuna civiltà costruita nei secoli, attraverso immani tragedie e sofferenze,non possono essere distrutti semplicemente con gli strumenti della forza edell’arroganza. È per questo che sono tuttora validi gli insegnamenti degli

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antichi filosofi greci, di quelli latini, di quei personaggi che hanno contribuitoa costruire l’Umanesimo e su di esso la grande stagione del Rinascimentoe dell’Illuminismo. Nessun sistema, nessun impero, nessuna ideologia sonoriusciti a distruggerli e a farli dimenticare.

Vogliamo credere, pertanto, che proprio dagli elementi di crisi odierni,per quanto preoccupanti, i cittadini europei – noi compresi – riusciranno acreare un mondo nel quale verranno ripristinati e aggiornati i valori delRinascimento, con piena fede nella capacità dell’uomo di porsi conresponsabilità di fronte ai problemi che si presentano volta per volta. Eche su questi valori e su questi principi abbia inizio – pur se con difficoltà –il mondo del terzo millennio.

Anche perché vorremmo – ed è questo il nostro sogno – che leminoranze di qualsiasi genere e tipo non vengano più trattate da minoranzeche contano soltanto se le maggioranze hanno la compiacenza di tollerarlee considerarle, ma godano, come tutti i cittadini, di quei diritti che assicuranoil rispetto della loro diversità linguistica, nazionale e culturale e garantiscanopari opportunità e libertà.

8 maggio 2003 Silvano Sau

Dalle parole ai fatti!

Ne abbiamo parlato spesso in questa colonna del nostroMandracchio. Torniamo a riparlarne all’inizio di questo torrido mese,quando ci stiamo apprestando a interrompere per le sudate e meritateferie estive, coscienti del fatto che molto di quanto avremmo dovuto portarea termine nei nostri progetti culturali è rimasto lettera morta per mancanzadi sovvenzioni. Siamo dunque alle solite lagnanze sui ritardi dei vari ministeriincaricati di slacciare le proprie borse a favore della nostra comunitànazionale? Il problema, crediamo, è molto più serio di un semplice ritardo!

Durante tutto il periodo che ha contrassegnato il processo di adesionedella Slovenia all’Unione Europea, lo Stato di cui siamo cittadini haprovveduto a sfornare misure di legge a decine per adeguarsi a quella che,come si sottolinea, è la normativa europea. In questo contesto molti anche

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i testi e le clausole che nei diversi settori legislativi riguardavano direttamentei diritti delle comunità nazionali minoritarie. A partire dalla Costituzione(art. 64), al pacchetto delle leggi scolastiche, alla legge sulle ComunitàAutogestite, alle leggi sulle Autonomie locali, a quelle sul funzionamentodei servizi pubblici e chi più ne ha più ne metta.

Tutto sommato, come si diceva, leggi riguardanti la posizione delleComunità minoritarie in piena armonia con lo spirito democratico e di tuteladei più deboli, volute dalla civiltà occidentale cui sentiamo di far parte. E diqueste leggi la Slovenia ha stampato innumerevoli elenchi e copie che haprovveduto a inviare a tutti gli organismi europei e internazionali, a volteanche – ci sia permesso dirlo – pavoneggiandosi di fronte a Paesi di benpiù lunga tradizione democratica. Tutto materiale che è servito anche comecarta d’identità a testimonianza e a dimostrazione della propria volontàeuropea. Avvalorata e stimolata pure da noi stessi e dalle nostre istituzioniminoritarie, forti del nostro desiderio di diventare finalmente cittadinieuropei,. Anche perché, con una buona dose di ingenuità, credevamo –ribadendolo spesso – che stavamo aiutando il Paese a diventare uno Statodi diritto, dove le leggi vengono approvate per trovare applicazione nellaprassi.

A undici mesi dall’entrata della Slovenia in Europa, purtroppo, siamopresi dal dubbio per cui la nostra Carta d’identità non serva più: ormai ilpercorso d’integrazione è arrivato al traguardo. Le leggi, le clausole, lenorme – pur valide – sono andate a finire in qualche cassetto e nessuno deiresponsabili si sente in dovere di applicarle. In breve, le nostre rimostranzeche partono proprio dall’osservanza di quelle misure chiamate a tutelare inostri bisogni ed i nostri diritti non trovano più un interlocutore da partedello Stato, dei suoi organi e di coloro che sono chiamati a gestirli. LaComunità Nazionale Italiana in Slovenia ha a che fare con uno Statofantasma, evanescente, assente, imprendibile, sordo e invisibile. Decide ditagliare i fondi per le attività culturali? Lo fa con il sistema “o mangi questaminestra o salti dalla finestra”. Ritiene necessario eliminare uno deglistrumenti importanti per le comunità minoritarie come l’Ufficio per leNazionalità? Formalmente ti chiede cosa ne pensi, ma poi decide per contoproprio. Ti promette i mezzi per portare a termine Palazzo Manzioli? Manco

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a dirlo se ne dimentica, si fa latitante e lascia che il problema – bontà sua –venga risolto nell’ambito delle modeste possibilità del bilancio comunale.

Qualcuno dice: bisogna protestare con i responsabili di Lubiana edenunciare tutto alla Corte Costituzionale per mancato rispetto delle normevigenti. Potremmo anche farlo, pur sapendo che non esiste più sordo dichi non vuol sentire e sapere. L’altra strada? Quella di un interventodiplomatico da parte della nostra matrice nazionale e – perché no? – degliorganismi preposti alla tutela dei diritti civili dell’Unione Europea primache questa situazione si trasformi, a partire dal primo maggio del 2004, inun diritto acquisito della Slovenia nei nostri confronti.

5 giugno 2003 Silvano Sau

Sorpresa estiva con forte libecciata

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Autunno freddo in vista...

In tempi neanche tanto remoti, per consolarci si usava dire “piove,governo ladro”. Con l’estate che ci stiamo lasciando alle spalle anchequesto modo di dire, di antica e saggia provenienza, diventa un controsenso:vista la situazione finanziaria in cui ci ha costretto il governo nel corso diquesto 2003 verrebbe da pensare che l’esperienza imparata nelle tediosegiornate di pioggia si stia trasferendo e accreditando soprattutto nellegiornate di sole di afa, cioè durante la stragrande maggioranza dei 365giorni di cui – ancora – è composto sia l’anno solare che quello finanziario.

Nonostante le disposizioni di legge, a monte di tutte le dichiarazionidi miglioramento, con una montagna di promesse che, evidentemente,nessuno aveva intenzione di onorare, i finanziamenti statali per le attivitàculturali sono stati sbloccati a fine agosto. Il che significa che saranno adisposizione in settembre e che dovranno essere consumati – in base allefinalità previste – entro e non oltre la fine di dicembre. In tutto tre mesi perrealizzare un programma che, secondo la norma, avrebbe dovuto esplicarsinel corso dei dodici mesi. Nel frattempo ciascuno si arrangi come può esa! Una specie di variante dell’altro antico detto istriano, secondo cui “chiha c’è, e chi non ha non c’è”! E neanche il “neverin” di qualche giorno fa èriuscito a modificare la situazione, visto che oltre ai danni provocati per lebordate di tramontana, di pioggia non ne abbiamo vista nemmeno per unapiccola campionatura.

Sarebbe quindi un controsenso affermare oggi che nel prossimo futuropossiamo aspettarci un “autunno caldo”. Secondo tutte le previsioni delmomento avremo a che fare – in quanto Comunità Nazionale – con unautunno estremamente freddo, di quelli che ti fanno battere i denti: perrisolvere, come è nelle intenzioni, la presa di possesso della futura sede diCasa Manzioli; assicurare i mezzi per le spese di funzionamento (compresoil riscaldamento) e di manutenzione; affrontare le richieste di mezzi piùconsistenti da parte delle singole associazioni minoritarie, che vedono (forseanche giustamente) soltanto le proprie necessità ed ambizioni; interveniresul contesto sociale e pubblico per assicurare un adeguato rispetto di quellenorme di cui lo Stato si è fatto garante di fronte alla Comunità internazionale

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e che ora, dati del censimento alla mano, afferma che le colpe sonosoprattutto – quando non – soltanto nostre.

A coloro che hanno la bocca piena di invettive e rimostranze control’attuale leadership minoritaria a Isola e in Slovenia un appello: si faccianoavanti! È sempre possibile – se credeno di poter far meglio – mettercid’accordo per elezioni anticipate. Per vincerle, però, bisogna candidarsie, oltre alla propria convinzione di essere i migliori (ma è umano), è necessarioanche assicurarsi un adeguato numero di preferenze basate sulla fiduciadei connazionali. Su qualsiasi proposta la redazione del Mandracchio, cheproprio con l’edizione odierna festeggia il proprio duecentesimo numero,sarà ben lieta di offrire lo spazio necessario: in fondo siamo nati e abbiamoresistito, nonostante tutto, per quasi dieci anni.

11 settembre 2003 Silvano Sau

Addio, vecchia cara “Arrigoni”

Non vogliamo entrare nelle polemiche sui piani regolatori di alcunezone di Isola, a parte una generale logica constatazione – secondo noi –per cui il futuro sviluppo urbanistico, economico e sociale della nostra cittàdovrebbe tener conto essenzialmente di alcuni elementi fondamentali, tracui le risorse umane locali, la tutela – per quanto possibile – dell’identitàculturale e storica dell’ambiente, la creazione di un ambiente a misurad’uomo valida oggi come in futuro.

Una riflessione questa, sulla quale ci siamo soffermati durante unabreve passeggiata sul lungomare, nei pressi di quella che un tempo eral’orgoglio di Isola, la fabbrica Arrigoni, ora in demolizione. Certo, queicapannoni non avevano alcun valore né architettonico, né culturale, néstorico, anzi erano proprio brutti. Ma rappresentavano quasi un secolo emezzo di vita della nostra cittadina: un periodo, durante il quale tutto ilcomune ha visto crescere le sue prospettive di sviluppo, che ha dato lavoroa decine di migliaia di persone, che ha significato una riconversione culturale,economica e politica dei suoi abitanti. Noi, che ormai abbiamo superatoper ben tre volte gli “anta”, di quei capannoni, di quella ciminiera e del

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fumo acre e fastidioso che emetteva ogni giorno, dei suoni delle sue sireneall’inizio e alla fine del lavoro, della fila interminabile delle “fabbrichine”che uscivano dai suoi portoni portandosi dietro l’odore del pesce che perotto ore al giorno avevano manipolato a mani nude, sentiremo la mancanza.Sarà una parte di noi che se ne sarà andata per sempre, senza una paroladi rimpianto, senza una qualche modesta manifestazione che, almeno, neillustri i suoi diversi aspetti: umani, tecnologici, storici, culturali, politici.Attorno e all’ombra di quella fabbrica, e della sua consorella “Ampelea”,Isola ha affrontato il ventesimo secolo con tutti i drammi e le tragedie cheesso ha comportato. Sono in pochi a saperlo: nuove genti stanno scrivendola storia presente di Isola e poco o niente sanno del suo passato. Né pocoo niente sapranno domani coloro che – probabilmente – verranno ad abitarenei nuovi “capannoni” che nuovi e ignoranti (nel senso che poco sanno)stanno costruendo. Eppure, chi a suo tempo ha costruito quegli stabilimentiha portato sì del nuovo a Isola, ma non ne ha stravolto l’anima. Sarannocapaci di altrettanta sensibilità ed acume anche gli odierni sostenitori delcapitale a tutti i costi? Per ora è certo che a testimonianza di ciò che ilcomplesso Arrigoni ha rappresentato per Isola rimarranno soltanto laciminiera e la porta d’entrata, dichiarati monumenti di archeologia industrialeda tutelare. Anche se, a detta degli esperti, se il camino non verràadeguatamente conservato, rischia di essere passibile di crollo, e quindicostringere chi di dovere ad abbatterlo. Sarà necessario arrivare a tanto?

A commento, due immagini che la dicono lunga, senza nulla toglierealla necessaria e auspicabile avanzata del progresso.

25 settembre 2003 Silvano Sau

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Addio vecchia Arrigoni. Il capitale e le ruspe hanno provveduto a farpiazza pulita (si fa per dire – l’amianto sembra essere ancora sulposto), lasciando dietro di sé una lunga e ancora non finita polemicasulla destinazione futura dell’area.

Vita da ... minoranza ...

Credo di averlo già ribadito qualche volta, ma , forse, repetita iuvant,come dicevano i nostri antenati di qualche secolo fa: non è né facile, nécomodo appartenere da una comunità nazionale minoritaria. Non è facilenel confronto quotidiano con l’ambiente sociale che tenta di emarginarti,quando non segregarti all’interno delle tue quattro mura in una specie diisolamento linguistico e culturale. Non è comodo nel confronto con gliappartenenti alla tua stessa comunità, dove tutti sanno tutto e meglio ditutti e dove gli interessi particolari si cerca di farli passare come interessigenerali della collettività in nome di non precisati, pur se altisonanti, diritti.

Sono note a tutti le vicende e le difficoltà che le nostre Comunitàautogestite, chiamate a interloquire con lo Stato per le nostre necessità,

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hanno dovuto affrontare nel corso di quest’anno per farsi assegnare i ridottifinanziamenti che, sembra, a fine settembre hanno finalmente imboccatoanche per Isola le vie che portano a Palazzo Besenghi. È noto, altresì, chei finanziamenti, disponibili a partire da ottobre, avrebbero dovuto coprirei bisogni a partire da gennaio. Non è un mistero, pure, che questi mezzinon sono aumentati, anche se le necessità sono di ben lunga superiori:vedi, per esempio, l’imminente insediamento delle nostre organizzazioni edelle nostre attività nella ristrutturata Casa Manzioli-Lovisato che hacostretto la CAN a fare di necessità virtù e coprire il fabbisogno riducendoda qualche parte per assicurare il minimo anche dove si era a zero.

Tuttavia, come si diceva, per qualcuno il particolare dovrebbe averela priorità sul generale, purché vengano mantenuti i piccoli – pur seimportanti, per carità! – interessi di parte. Per il resto, chi è chiamato(bontà sua) ad amministrare il poco di tutti, si arrangi come meglio sa epuò. Come definire altrimenti la richiesta di un soggetto, fruitore dei mezziper le attività culturali, che di fronte ad una generale riduzione dei mezzidisponibili, compreso il suo piccolo orticello – pensò bene di inviare periscritto alla Comunità autogestita la richiesta, visto che i mezzi a disposizionesono ridotti, di ricerca di nuove fonti, in modo che “il soggetto” possatranquillamente portare a termine le sue attività. Guai poi a dire che certeattività così finanziate con denaro pubblico dovrebbero corrispondere airigorosi criteri imposti dallo stesso Ministero per la cultura e della cuiosservazione è responsabile non il “soggetto”, ma la Comunità autogestitafirmataria del contratto con il governo. Come dire, tu datti da fare a reperirei baiocchi, non importa come e dove, che a spenderli ci penso io!

A questo punto, visto le decine di rivoli nei quali vanno a finire i mezziper le attività culturali senza possibilità di intervenire concretamente suicontenuti, bisognerà ripensare seriamente a nuove forme e nuove modalitàper accedervi. Con responsabilità e cognizione di causa di tutti coloro chedicono di operare per il bene e per lo sviluppo della nostra Comunità

9 ottobre 2003 Silvano Sau

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Buona fine e buon inizio

Alla fine di questo interminabile 2003 è giocoforza lasciare spazioall’ottimismo e alla speranza perché rimangono i soli elementi che possonoancora spingerci a credere che l’anno prossimo forse potremmo essereprotagonisti di una qualche piccola risalita.

Dicevano i vecchi che, ad essere ottimisti, un bicchiere non è mai mezzovuoto, ma è sempre mezzo pieno. Ed avevano ragione, perché – in fondo –è sempre la speranza a farti cercare una nuova possibilità ed una nuova viad’uscita, per quanto lontana possa sembrare. Però, se il bicchiere contieneappena un terzo di vino, si è ancora ottimisti nel voler sostenere che è pienoper un terzo e non voler constatare che, invece, è vuoto per ben due terzi?

Alla chiusura di quest’anno la nostra Comunità non dispone di moltielementi per sostenere che, in fondo, tutto sommato, malgrado le polemiche,nonostante le difficoltà, anche se poteva andar meglio, comunque cel’abbiamo fatta. Ce l’abbiamo fatta con la coscienza che, fatti i conti, siamopiù poveri e che non esistono parametri per un giudizio che ci possa farsperare che nel 2004 le cose andranno meglio e ci si potrà rifare di quantoperso negli ultimi anni.

Tra 133 giorni esatti diventeremo cittadini europei, pur se non ancoraattrezzati di una Carta costituzionale. La domanda che ci potremmo quindirivolgere è se sarà ancora il caso di parlare di minoranze nazionali, visto chei confini che da oltre mezzo secolo ci separano dal nostro corpo nazionale,spariranno? Detto tra noi, non credo che cambieranno molte cose – a partel’euforia iniziale. Rimarranno soprattutto le divisioni mentali che sono statecostruite in decenni di vicissitudini storiche e politiche. E rimarranno anche lenostre piccole divisioni interne che, a volte, risultano essere più disastrose diquelle esterne. Una piccola collettività per far fronte alle sfide del futuro ealla routine del quotidiano ha bisogno di una grande compattezza e di unagrande solidarietà che nel nostro piccolo sono andate perse per strada, nellarincorsa di precari autoincensamenti, secondo cui ognuno si sente il migliore.E chi vuole esprimere un parere contrario viene subito tacciato di essereopportunista, di fare equilibrismo politico, di appartenere alla categoria deipoliticoni. Alla faccia di quello che pensa e auspica la maggioranza di questa

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pur piccola collettività. Una risposta – pur se parziale – questa settimanaviene dalla seconda puntata dell’indagine conoscitiva promossa dal nostrofoglio “Il Mandracchio”. Anche se non crediamo che un tanto riuscirà a farcambiare idea a chi dovrebbe essere il primo a rendersi conto che – come sidiceva una volta – “l’unità fa la forza”, l’unico commento che ci sentiamo difare in quest’occasione è quello di riprendere un antico motto francese,secondo il quale “Honni soit qui mal y pense”, che non credo abbia bisognodi essere tradotto per essere compreso. Oppure, volendo restare a casanostra, “El mus anca col basto de oro a xè sempre mus”.

E, visto che siamo in vena di motti e proverbi, concludiamo quest’ultimonumero del Mandracchio di un lungo e insidioso 2003 ripetendo che “tempoe paia fa madurir anca le nespole” e, soprattutto, “che no servi darghe fogoal finil par copàr le pantigane”.

18 dicembre 2003 Silvano Sau

Palazzo Manzioli, non ancora arredato, incomincia a diventare metadi visite ufficiali e non. Tra quelle più importanti quella del ministrosloveno della cultura, Andreja Rihter, e del sindaco di Lubiana, DanicaSimšiè

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Il ferro va battuto finché caldo

Le dimissioni del nostro deputato al seggio specifico della Camera diStato dalla presidenza della Commissione per le nazionalità, bisognaammetterlo, ha provocato un vero e proprio scompiglio nella vita politicadella Slovenia. Oltre che negli organismi amministrativi e politici la decisionedi Roberto Battelli ha provocato anche – possiamo ben dire, finalmente! –un enorme interesse da parte dei mezzi d’informazione, con commenti ditutti i tipi: favorevoli, indifferenti, ma c’era d’aspettarselo, e nettamenteostili. Tutto sommato, l’esito sembra essere moderatamente positivo, vistol’interessamento diretto da parte dei primi chiamati a rispondere, ilPresidente del Governo e il Capo dello Stato, che hanno promessoprovvedimenti a tempo di record.

Una volta dicevano che il ferro va battuto finché caldo, prima cioèche la temperatura ridiscenda ai livelli normali. Nel nostro caso prima chela problematica minoritaria, dopo le ondate di questi giorni, rientrinell’indifferenza e nella dimenticanza. E prima che anche noi si rientri nelgrigiore del “tanto non serve a niente”. La Comunità autogestita Costieradella nazionalità italiana, nel documento che ha approvato all’unanimità giànei primi giorni di questo mese, ha stilato tutta una serie di proposte e diinterventi che ha già sottoposto all’attenzione di chi di dovere, a Lubiana.Ci sarà una risposta adeguata nei prossimi giorni, settimane e mesi? Oppure,fingendo uno sforzo enorme, il tutto si risolverà tirando fuori dalla calzaqualche misero milioncino, tanto per ridurre la fame, qualche piccolofunzionario governativo verrà spostato dal suo ben stipendiato ruolo, etutto tornerà come prima?

Noi abbiamo sempre sostenuto che, indipendentemente da come sievolvono le cose nella capitale, come Comunità nazionale minoritariadobbiamo dedicare la massima attenzione anche all’atmosfera cherespiriamo nel nostro ambiente di residenza, nel piccolo del nostro Comune,auspicando di trovare comprensione morale, culturale e materiale tra iconcittadini che sono nostri vicini di porta, di contrada o di paese. Laconvivenza va certamente tessuta con politiche anche a grandi distanze,

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ma va vissuta spalla a spalla in quello spirito di solidarietà che – l’abbiamosempre detto – dalle nostre parti non è ancora venuto a mancare.

In fondo lo dimostra anche la piccola indagine conoscitiva che il nostrofoglio ha promosso qualche settimana fa e della quale oggi pubblichiamol’ultima parte. Alla domanda se le norme sul bilinguismo visivo e parlatonel nostro Comune siano rispettate, hanno risposto positivamente il 56%degli interlocutori, mentre soltanto il 40 per cento ha risposto positivamentealla domanda se siamo sufficientemente tutelati da parte dello Stato. Undato, questo che sostanzialmente è emerso anche dall’analisi portata atermine dai servizi ispettivi del Comune sul rispetto delle norme sulbilinguismo e dal dibattito che finora è stato svolto in sede di ConsiglioComunale e che continuerà alla prossima seduta prevista per il 29 di questomese.

21 gennaio 2004 Silvano Sau

Minoranze: piccoli grandi problemi

Non sappiamo quanto tempo i primi ministri di Slovenia e Italia, Rope Berlusconi, durante l’incontro della quadrilaterale a Brdo presso Kranj,abbiano dedicato al tema delle rispettive minoranze nazionali, né sappiamoin che termini l’argomento sia stato affrontato e se sia stato seriamenteaffrontato. Più probabilmente – nell’ambito del colloquio a quattrocchi –avranno soltanto elencato quelle due o tre frasi di circostanza che in casidel genere i due protocolli avranno ritenuto opportuno inserire nell’agendadelle trattative. L’importante, comunque, è che i due capi di governo hannoribadito nel corso delle conferenze stampa, che l’argomento minoranzenon è stato dimenticato. Anzi, a quanto abbiamo sentito dalla viva vocedel Presidente Berlusconi, entrambi si sarebbero impegnati a risolvereadeguatamente i piccoli – “anzi piccolissimi” – problemi che in questosettore sono ancora presenti e dei quali sembrano essere a conoscenza.

Ma è proprio sulla valutazione di questi problemi che non riusciamoa farci un’idea chiara! Rispetto ai grandi problemi della collaborazionebilaterale e quadrilaterale, delle integrazioni europee, della globalizzazione,

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di un mondo nuovo e complesso che si sta prefigurando i problemi di dueminoranze sono certamente “piccoli, anzi piccolissimi”. Ed è in questospirito che vogliamo interpretare le parole del Presidente del Consiglioitaliano, per cui c’è da aspettarci che con un piccolo sforzo di buona volontàItalia e Slovenia si sono impegnate a risolverli. Consci che problemi anche“piccoli, anzi piccolissimi”, per delle comunità nazionali minoritarie, se nonaffrontati e risolti, possono diventare problemi “grandi, anzi grandissimi”.Per le minoranze, naturalmente, non certo per gli Stati di cui esse sonocittadini.

5 febbario 2004 Silvano Sau

Il Consiglio comunale di Isola discute sull’attuazione del bilinguismo.Approva all’unanimità una serie di conclusioni che, in gran parte,attendono ancora di essere realizzate.

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Sono incazzato!

In questi giorni di grandi attività minoritarie, suscitate dalle dimissionidel nostro deputato Battelli, mi sono divertito leggendo una raccolta dibattute di Gino & Michele intitolata “Anche le formiche nel loro piccolos’incazzano”. E mi sono accorto che, praticamente, tutta la settimana èstata segnata oltre che dalle nostre faccende minoritarie, anche da notizie,tavole rotonde, dibattiti, opinioni sulla giornata della memoria e, in genere,sulla memoria storica. A quel punto, mi sono accorto che, anch’io nel miopiccolo mi sentivo incazzato: per la miseria, io in quale contenitore dellacosiddetta memoria storica rientro? In quella che ormai per legge si celebreràin Italia, o in quella che ormai a più riprese viene celebrata ogni anno inSlovenia? Visto e considerato che, nonostante gli storici, nonostante i politici,nonostante i confini aperti, nonostante i confini che spariranno, nonostantela prossima comune cittadinanza europea, nonostante tutto questo e tantoaltro, il sottoscritto cittadino della Repubblica di Slovenia, dichiaratameneappartenente alla minoranza italiana, non riesce a trovare un contenitore dimemoria storica disposto ad accettarlo. Anche se il sottoscritto è statosempre stato convinto, e lo è tuttora, di essere detentore di una ricca,importante, spesso dolorosa memoria storica vissuta e sopportata per oltremezzo secolo.

Convinto anche che le sofferenze non si possono rimandare a chi leha provocate, magari un tanto al chilo. Convinto, altresì, che la memoriastorica di un territorio, di una popolazione, deve superare il richiamo dellavendetta, deve saper accettare le proprie colpe se vuole che anche l’altroriconosca le sue. Perché memoria storica non può essere semplicementeun sommare le colpe degli uni alle colpe degli altri. Anche perché lesofferenze dell’altro risultano esser state spesso motivo di vittoria per ilprimo.

Poichè credo di aver subìto le colpe dell’una e dell’altra parte possosperare che, domani, qualcuno si sentirà disposto a riconoscere che anch’iofaccio parte di questa memoria storica comune anche se non condivisa,per cui forse nel mio piccolo non avrò più ragione d’incazzarmi? Forse.

19 febbraio 2004 Silvano Sau

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Perché ci sono poche gite?

Nei numeri 206, 207 e 209 del nostro foglio abbiamo pubblicato irisultati dell’indagine conoscitiva fra i nostri lettori con la quale abbiamocercato di trovare delle risposte o, meglio ancora, delle indicazioni su alcunequestioni che interessano da vicino la nostra Comunità. Complessivamentesono stati inviati 260 questionari ad altrettante famiglie di connazionali.Abbiamo ricevuto ben 138 risposte - due delle quali ci sono pervenutedopo l’analisi delle singole risposte. Giustamente, qualcuno si è chiestoperché nelle buste non abbiamo inviato più questionari, visto che non pochinuclei familiari sono composti da diverse persone che non necessariamentela pensano allo stesso modo. Normalmente le indagini demoscopiche deivari istituti di ricerca si basano su campioni che spesso non raggiungonol’uno per cento della popolazione e il loro risultati contano, e come.

La nostra piccola ricerca abbraccia un campione che tradotto inpercentuali significa quasi il 21 % dell’intera popolazione dichiaratasiitaliana. Inoltre, il numero delle risposte ha superato ogni nostra previsione,visto che il 53 % dei nostri lettori ha ritenuto opportuno dedicare qualcheminuto del proprio tempo per rispondere alle domande che sono stateposte. Il 76,5 % dei nostri intervistati ritiene che il “Mandracchio” riescanel suo intento di informare gli appartenenti alla Comunità sugli avvenimentipiù importanti che la riguardano.

Opinioni divise, invece, sul fatto se il “Mandracchio” riesca a informaree sensibilizzare sui problemi della nostra Comunità anche il restodell’opinione pubblica isolana. Nel secondo gruppo di domande abbiamochiesto che cosa ne pensano dell’esistenza a Isola di due comunità degliItaliani. Ebbene, il 74,3 % degli intervistato, ritiene che ciò non sia unbene, mentre addirittura il 91,7 per cento vedrebbe con favore ilricongiungimento delle due Comunità. Per il 68,7 % la presenza di duecomunità non rappresenta un arricchimento culturale della ComunitàNazionale Italiana di Isola, anche perché comporta un dispendio delle giàmagre risorse finanziarie. Il 62,6 % degli intervistati ritiene che la nostracomunità nazionale non sia sufficientemente tutelata da parte dello statosloveno. Per il 30,7 % degli intervistati, tra i fattori che hanno contribuito al

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calo numerico della nostra comunità all’ultimo censimento della popolazionerisultano i cosiddetti “italiani fasulli” - cioè coloro che nel precedentecensimento si erano dichiarati italiani ma non lo sono effettivamente.

Un’analisi particolare la meriterebbero probabilmente le risposte alladomanda No. 16: Dopo aver risposto a queste domande, ne avrebbe Leiqualcuna da rivolgere a noi o a chicchessia ?

Eccone alcune:

“Il Mandracchio dovrebbe dare notizie riguardanti strettamente lanostra comunità: decessi, nascite, matrimoni, diplomi, lauree, nozze d’oro,meriti che riguardano la sfera del lavoro.” “È una vergogna tramare fraitaliani e poi vi lamentate del censimento.” “A casa mia mi sento forestiero!”“Domanda alla dirigenza: fin dove ci porterà la vostra testardaggine e lamancanza di dialogo? Suggerimento: dimettetevi e date spazio ai giovanidi menti aperte e senza pregiudizi!” “Prego chi di dovere di riunire primapossibile il nostro gruppo nazionale in una sola comunità per non essereridicoli di fronte a tutti, cancellando le due presidenze e formandone unanuova.” “Perché si è permesso che le due comunità diventino monopoliodi alcuni?” “Perché ci sono poche gite?”

Come già rilevato, la valenza delle risposte merita un dibattitoapprofondito tra i nostri connazionali, per cui la redazione si è impegnataad organizzare, non appena sarà possibile, un dibattito pubblico al qualeverranno invitati tutti coloro che erano destinatari del questionario. Saràpossibile, quindi, trattare e discutere dei singoli argomenti oggettodell’indagine e, sempre a livello di proposta, arrivare non soltanto ad unasintesi che indichi l’attuale situazione della nostra Comunità, ma ancheprospettare un eventuale indirizzo futuro di attività e di propulsioneminoritaria.

4 marzo 2004 Andrea Šumenjak

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Europa: come siamo attrezzati?

Esattamente tra un mese, dopo qualche anno di conto alla rovescia,diventeremo anche formalmente cittadini europei. Non questione di mesi,dunque o di anni, quasi nemmeno di ore, visto che ne mancano ancoracirca 700. Il nostro Mandracchio, in tutto, ce la farà ad uscire ancorasoltanto altre due volte, prima di diventare pure esso giornale piccolo, ma– oltre che Isolano e minoritario – anche europeo.

E visto che ci siamo: Europa come certezza o Europa come incognita?In particolare per quanto riguarda la nostra condizione e la nostra posizioneminoritaria, non più a cavallo di un confine, non più a cerniera di due mondipolitici, di due popoli, di due culture?

Non più, crediamo, ostaggio ora dell’una e ora dell’altra parte, e nonpiù elemento necessario per riportare il dialogo o il confronto tra vicinivolonterosi, ma non sempre rispettosi l’uno dell’altro? Sono domande checi vengono forse perché sappiamo di uscire con queste righe proprio ilprimo aprile, e, nel caso, potremo sempre dire che si è trattato del solito“pesce”.

Ma sono anche domande per le quali vorremmo sinceramente avereuna risposta esauriente da offrire. Un’incertezza, la nostra, che ha pensatobene di porla in rilievo l’ambasciatore italiano a Lubiana, Norberto Cappello(da ieri già ex), durante la sua visita di commiato nei nostri centri costieri ealla nostra Comunità. Ce l’ha fatto capire con la solita diplomazia,sottolineando che in tutto questo periodo non siamo riusciti ad attrezzarcisufficientemente con degli strumenti materiali e organizzativi adeguati ecapaci di affrontare il nuovo che sta arrivando. È vero, come dicono molti,che le novità non subentreranno improvvisamente dall’oggi al domani eche ci vorrà del tempo, forse degli anni, ma è anche vero, che i meccanismiper avviare questi mutamenti sono in funzione ormai da parecchio tempo.D’altra parte, né Slovenia, né Italia sono interessati a indicarceli e,soprattutto, ad aiutarci ad entrare nel giro dei fruitori.

1 aprile 2004 Silvano Sau

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“Nobil natura è quellache a sollevar s’ardiscegli occhi al comun fato,e che con franca lingua,nulla al ver detraendo,confessa il mal che ci fu dato in sorte,(…) l’uomo incolpandodel suo dolor, ma dà la colpa a quellache veramente è rea, che de’ mortalimadre è di parto e di voler matrigna.”

Chissà per quale motivo questi primi versi della “Ginestra” delLeopardi, da più di quarant’anni, da quando cioè frequentavo con unacerta turbolenza il Liceo di Pirano, mi hanno sempre portato a pensareche in fondo i confini e le divisioni che allora eravamo costretti a superareper sentirci europei non avrebbero potuto durare per sempre. Ci vollecomunque più di mezzo secolo. Erano gli anni (quelli miei) quando il mondoavrebbe dovuto e potuto essere a portata di mano, ed erano gli anni (di chiera rimasto dopo l’esodo) in cui l’Europa veniva identificata con lo spazioche subentrava dopo la sbarra e dopo il controllo del posto di blocco diScoffie.

Qualche pomeriggio, con pochi Dinari cambiati in Lire da Bolaffio, cisi recava a Trieste per sederci all’aperto in piazza Goldoni e sorseggiare –o gaudio! – una Coca Cola. Era la nostra personale, anche se temporanea,immersione in un mondo che sentivamo nostro, pur se tremendamentelontano, addirittura proibito, alla faccia della Jugo-Cockta.

L’Europa è arrivata: non so se siamo noi che l’abbiamo inseguita eraggiunta, oppure, più semplicemente, se è soltanto ritornata là, dove neisecoli aveva piantato le sue profonde radici. Ma se quarant’anni fa, otrenta o venti anni fa, bisognava fare qualche chilometro, oltrepassare unasbarra, sopportare qualche controllo doganale e illuderci che in fondopoteva bastare una Coca Cola per far rifiorire la speranza, oggi di qualestimolo avremmo bisogno per credere che il passato duro, pesante,

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doloroso non tornerà mai più? Dando voce e forza, magari non ai versiimpegnativi di un Giacomo Leopardi, quanto forse a quelli – sempreretaggio dei lontani anni di scuola – di un più modesto e più vicino AngioloSilvio Novaro:

“Passata è l’uggiosa invernata,Passata, passata!Di fuor dalla nuvola nera,Di fuor dalla nuvola bigiaChe in cielo si pigia,Domani uscirà Primavera!”

29.04.04 Silvano Sau

Il primo Maggio

A proposito dell’imminente ricorrenza legata all’ormai tanto attesoPrimo Maggio, dalla fine dell’anno scorso è depositata in ConsiglioComunale una proposta del consigliere Igor Franca (coadiuvata dalle firmedi numerosi altri consiglieri) per una modifica dell’art. 9 dello Statutocomunale, onde introdurre il primo maggio come festa del Comune diIsola, in aggiunta magari a quello ormai consuetudinario dell’undici luglio.L’iniziativa che, se non andiamo errati, è stata appoggiata anche dairappresentanti della nostra Comunità, prenderebbe lo spunto dagliavvenimenti isolani di sette secoli e mezzo fa, per l’esattezza nel 1253,quando proprio in questa data del primo giorno di maggio il ConsiglioGenerale di Isola, nella Loggia comunale, in seduta congiunta con ilConsiglio Maggiore e con quello Minore, assieme ai sindaci, al notaio eda tutti i rappresentanti del potere isolano, autorizzarono “coram populi”dei propri rappresentanti a servirsi di tutti i mezzi leciti per sottrarre la cittàal nefasto potere medievale del patriarcato e della badessa di Aquileia.Giustamente, il consigliere Franca sottolinea che la ricorrenza storica meritaadeguato riconoscimento, perché rappresenta l’inizio del libero Comunedi Isola e, soprattutto, valorizza la volontà del popolo isolano di

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incamminarsi sulla strada dell’incivilimento d’Europa, allora in pieno corsocon l’avvento dell’Umanesimo e del Rinascimento. Data, quindi, più chegiustificata, perché ancora una volta, per Isola, proprio il Primo Maggiorappresenta una nuova conferma della sua appartenenza non solo spirituale,ma anche formale, all’Europa e di cui proprio in questi giorni saremochiamati ad essere testimoni da liberi e convinti cittadini europei.

Alla fine, aggiungiamo noi, rimanga pure anche la festa del PrimoMaggio, come festa del Lavoro, che nei decenni trascorsi - a partire dallaseconda metà dell’Ottocento – ha voluto significare proprio per Isola unaricorrenza importante legata al suo sviluppo sociale, culturale ed economico,di cui uno dei suoi ultimi testimoni – la fabbrica Arrigoni – è ormai destinatonon più al mondo del lavoro, ma a quello rigoroso per quanto iniquo delcapitale.

29 aprile 2004

Continuano le polemiche su come utilizzare e cosa costruire sull’areache per oltre un secolo era occupata dalla fabbrica ‘Arrigoni’

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El porton (A mia nona)

Xé el porton de l’Arigoni.Me piaxi pensar

Che’l restarà sempre làVedo le man, i pié e tante anime passar

per quei portone qualcossa me se strenzi forte de drento

che no ve so dir.Sti corpi zovani o veci

stanchi e spussolenti de sardele,che i toca sto porton.

“I lo lassarà su el porton?”ga domanda’ una che la xe vegnuda fin de

Trieste.Vecia.

La vardava ste ruspee i sui venti ani passai là.

I sui oci velaii vedeva la fia che correva in tela bora

col scial sula testaper no far tardi ala sirena.

Quel’altra vissincole man rovinade dei reumi,

la ghe disi coi oci fissi su ste ruspe:“I ga dito de no. I lo lassarà là.”

La sentiva drento de ela,i sui monti,

le stradele piene de piere e de fango,l’odor dele bestie de casa,

le creature lassade intel leto de sole -per vignir qua a netar le sardelee portar casa un toco de pan.

El iera là sto porton

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che bisognava rivarve.Cole savate bagnade

o col fassoleto brusà del sol,ma se doveva passar sto porton.

No go mai capìsel xe bruto o bel.

Ma manca vardà no lo go ben.So solo chel iera de sempre, là.

Tanto, ma tanto pianzere anca un fià de rider el ga sentù.

Lasselo star là dove chel xe.Almeno quel.

29 aprile 2004 Dorina

Buon giorno Europa!

Da tredici giorni siamo cittadini europei e siamo qui a chiederci sequalche cosa sia cambiata.

Troppo presto per avvertire una qualsiasi modifica? Forse. Anchese, crediamo, è nel nostro rapporto con lo Stato, con la società, con tuttele comunità che qualcosa è certamente mutato. Al confine di Scoffie lesbarre ci sono ancora, ma, dicono, tra qualche tempo (un paio d’anni?)verranno rimosse anche queste: il posto di blocco, come lo abbiamoconosciuto per più di mezzo secolo, cioè come frontiera invalicabile tradue mondi diversi, che metteva in soggezione e infondeva una sensazionedi impotenza, sta già scomparendo. Dalle colline circostanti Isola, dalBelvedere o da Ronco, da dove come bambini si ammiravano le grossenavi bianche che dall’altra sponda partivano per l’Australia e per l’America,oggi, è possibile guardare oltre Punta Grossa, e non pensare più chedall’altra parte c’è un mondo a noi negato: vicinissimo, eppure tanto lontanoda essere quasi irraggiungibile. Da cittadini europei, noi che europei cisiamo sempre sentiti, abbiamo il diritto di sentirci più liberi, senza per questocadere nella facile demagogia o nelle frasi ripetute dei luoghi comuni?

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Certo, ci sentiamo più pieni e più gratificati da questa rinnovataappartenenza alla comune civiltà europea, nati e vissuti come siamo semprenel nostro cortile, nel quale via via nei decenni abbiamo visto cambiare piùvolte la nostra cittadinanza, per approdare finalmente sotto il comune tetto,allietato dalle gioiose note di Beethoven. Quando, è questa la nostrasperanza, dovremmo poter respirare a pieni polmoni la sensazione di nonincontrare più alcun ostacolo nell’ostentare e manifestare la nostraappartenenza culturale, linguistica e nazionale, con la certezza di essere daquesta riconosciuti come figli legittimi e apprezzati per il pur piccolocontributo che siamo riusciti e riusciamo ancora a offrire alla sua già riccae importante cultura.

Ed è nostra speranza pure che anche lo Stato domiciliare di cui siamocittadini, la Slovenia, voglia apprezzare questa nostra presenza e il nostrocontribuito, pur con le nostre magre risorse di cui disponiamo, ma essendostati capaci a volte di mettere in campo anche il nostro stesso esserenazionale, per rendere più agile e rapido il non sempre facile cammino diavvicinamento all’Unione Europea.

È chiedere troppo, a soli tredici giorni dall’acquisita cittadinanzaeuropea? È quanto chiediamo a coloro che sono impegnati nella campagnaelettorale in Slovenia e in Italia e che verranno eletti al Parlamento Europeo.Tra questi, forse, anche un nostro connazionale, Aurelio Juri, per farcisentire subito l’Europa a portata di mano.

13 maggio 2004 Silvano Sau

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Primo Maggio: la Slovenia diventa membro dell’Unione Europea.Gli Isolani festeggiano la nuova cittadinanza con un solenne concertodella Banda di ottoni nel parco intitolato a Pietro Coppo che, quasimezzo millennio fa, proprio a Isola, disegnò una delle prima cartegeografiche dell’Istria, dell’Europa e del mondo.

Io sono contrario!

Non so di chi sia l’idea di scoprire a Isola un monumento in occasionedel 50.esimo anniversario della firma del Memorandum di Londra. E nonso nemmeno di chi sia l’idea di porre alla sua base alcune parole dell’ormaiquasi dimenticato “rivoluzionario” di professione Moša Pijade. Ma appenane sentii parlare, mi sentii in dovere di esprimere tutte le mie perplessità,per tutta una serie di motivi.

In primo luogo, perché il Memorandum di Londra – pur se positivonel suo aspetto più generale di regolazione dei rapporti tra Paesi confinanti– non ha avuto lo stesso esito anche a livello locale, avendo provocato neimesi ed anni successivi, un esodo della popolazione quasi totale, in primoluogo di quella italiana, ma non solo. Uno sconvolgimento demografico,

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culturale e materiale del territorio che non ha avuto la pari nemmeno neiperiodi più bui della sua lunga storia plurisecolare. Da chiedersi, quindi,perché celebrare con un monumento un periodo che è stato drammatico edoloroso per tanta parte della locale popolazione? Diventa poi addiritturadi cattivo gusto e offensivo il volerlo corredare con le parole di MošaPijade, sembra pronunciate proprio in occasione della firma, secondo cuisi sarebbe trattato di un atto che confermava la “sovranità del popolo!” Diquale popolo? Non certamente di quello che allora viveva su questoterritorio, quindi anche a Isola, e che proprio in seguito al Memorandum fucostretto ad abbandonare la propria casa.

Non mi si verrà a dire che anche questo monumento e la previstacelebrazione sono stati pensati per esaudire la volontà del popolo? Infine:perché proprio a Isola? Per riaprire ancora una volta ferite che ritenevamoormai completamente rimarginate, anche se non dimenticate?

27 maggio 2004 Silvano Sau

Polemica sul monumento fatto innalzare dal Comune per celebrare lafirma del Memorandum di Londra che, nel 1954, decretò la fine delTerritorio Libero di Trieste. Contestata soprattutto la motivazionescolpita alla base del monumento, secondo cui sarebbe stata la volontàdel popolo a volerlo

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Palazzo Manzioli: l’interminabile storia della storiainfinita

Chi, un paio di settimane fa, si è dimostrato scettico sull’annunciatainaugurazione di Palazzo Manzioli, prevista in pompa magna per lo scorso24 maggio, purtroppo aveva ragione: non perché ne sapesse qualcosa piùdegli altri, ma semplicemente perché sembrava impossibile che – dopotanti anni – un appuntamento tanto atteso trovasse finalmente riscontronella realtà. Se fosse successo, avrebbe smentito l’interminabile storia diquella che noi abbiamo definito la storia infinita, la storia legata alle vicendedel restauro dell’antico edificio destinato a diventare sede oltre che proprietàdella Comunità Nazionale Italiana di Isola.

Certo è, che quando si tratta di mettere assieme diplomazie,commissioni miste di due Paesi e presenze di Ministri fortemente impegnatinel costruire futuri destini europei, le nostre vicende isolane diventano pocacosa. Anche quando siamo lì a sostenere che proprio Palazzo Manzioli –nato come idea quando l’Europa era ancora divisa dalla Churchilliana cortinadi ferro, oggi potrebbe rappresentare simbolicamente un esempio concretodi collaborazione tra Paesi vicini come Italia e Slovenia, sulla base deivalori europei, cui sempre più spesso facciamo riferimento, soprattuttoquando riguardano le comunità nazionali minoritarie.

In questo senso ci eravamo espressi anche durante i colloqui che ilnuovo ambasciatore italiano a Lubiana, Verga, ebbe a Isola durantel’incontro con il nostro Sindaco e durante la breve visita a Palazzo Manzioli.

In ogni caso, per le future sorti e finalità del Palazzo, la data e laconsistenza della cerimonia di inaugurazione, pur se importanti, per la nostraComunità non sono né determinanti, né vitali. Possono servire da bigliettoda visita e da augurio di buon auspicio, ma l’importante è che nel frattempone sia stata assicurata l’agibilità ed il collaudo tecnico, pure questi rimandatifino all’ultimo. È con questi che la nostra Comunità, oltre che dell’attestatodi proprietà, potrà prenderne possesso anche fisicamente con il legittimoinsediamento delle sue istituzioni.

A proposito, siamo sicuri che almeno queste formalità sia state portatea termine in tempo debito?

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Se la risposta è positiva, un altro capitolo del libro intitolato “Lastoria infinita di Palazzo Manzioli” potrebbe ritenersi concluso. Comedire, che l’opera sarebbe stata portata a termine – bene o male – e chemancherebbe ancora da rilegare la copertina e, se si vuole, scriverne laprefazione ed i ringraziamenti.

27 maggio 2004 Silvano Sau

Le ferie son finite... e “de talian gnanca l’ombra”

È difficile lasciarsi alle spalle il periodo estivo che, per rendere la vitapiù sopportabile, è legato alle vacanze e alle ferie. Bisogna ammetterlo: èdifficile

riprendere il vivere quotidiano, con la prospettiva che ci vorrà unaltro anno per poter dire nuovamente: stacco tutto e per un mese non cisono! Anche se, tutto sommato, i mesi di luglio e agosto, quest’anno, sonostati vivibili, almeno dal punto di vista meteorologico. E anche la nostraIsola, crediamo, ha fatto la sua parte in quanto a risultato turistico. Forseavrebbe potuto andare anche meglio, come dice qualcuno, ma credo nonci si debba lamentare: le spiagge erano piene, pieni pure gli alberghi, gliaffittacamere, i ristoranti e le trattorie, i bar e le gelaterie nonché lepasseggiate serali fino a tarda ora lungo le rive, da Punta Gallo alla radurasotto Belvedere.

Novità? Agli inizi di luglio da registrare l’ormai dimenticata festacomunale, in onore a non si sa più quale importante avvenimento del recentepassato, senza tener conto dei duemila anni di storia precedenti. Poi, PalazzoManzioli, dopo una quindicina di anni, è stato finalmente dichiarato agibilecon tutti i crismi dell’ufficialità, bar compreso: l’unica incognita è tuttorarappresentata dalla data del nostro trasferimento in questa nuova e tantosospirata sede.

Infine, dopo trequarti di secolo, a Isola è ritornato anche l’alloroolimpico di Vasilij •bogar con la medaglia di bronzo. Per un soffio èmancato quello di Vesna Dekleva, ma per noi è come se l’avesse avuto.Naturale che ad accoglierli con solennità al loro rientro vi fosse tutta lacittadinanza e buona parte delle autorità e degli sponsor, tutti ben allineati

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sul palco d’onore, chi in prima, chi in seconda fila. Peccato, che dopo tuttiquesti decenni, nel festeggiare e celebrare questo importante avvenimento,si sia voluto ricalcare il copione del 1928, quando – anche allora – erastata allestita degna accoglienza agli eroi olimpionici: ma allora come oggii vincitori sono stati salutati soltanto nella lingua maggioritaria – ma nel1928 si era in pieno fascismo! E si sa che all’ombra nefasta del Fascio,“nella patria de Rossetti no se parla che talian”. Da allora sono passatialcuni decenni, quasi un secolo. Della patria di Rossetti e del Fascio aIsola non se ne parla più da sessant’anni, resta da chiederci comunquenella patria di chi stiamo vivendo ora, perché “de talian gnanca l’ombra”?

9 settembre 2004 Silvano Sau

Elezioni e minoranze: bocca amara e pive nelsacco...

A giudicare dal tempo, l’estate è ormai finita da un pezzo. Sembraquasi di assistere ad un accordo tra le vicissitudini terrene e quelle astrali.Finite le vacanze, riprese in pieno tutte le attività. Concluse le elezioni,fermento generale per la formazione del nuovo governo. Il voto del 3 ottobreha decretato un vincitore senza ombra di dubbio: è il partito Democraticodi Janez Janša che, praticamente, si è portato via un terzo dei voti delPartito Liberaldemocratico di Anton Rop. Se ci trovassimo in un sistemadi tipo anglosassone, la formazione di un governo sarebbe questione diqualche giorno. Un sistema pluripartitico, invece, come quello sloveno,comporta qualche difficoltà in più. Sono cambiate le percentuali dei duepartiti leader, l’uno a scapito dell’altro, ma non si sono modificate lepercentuali che già prima formavano le due possibili coalizioni di governo– destra o sinistra. Moralmente vincitrice è la destra, con a capo Janša,ma assieme alle altre forze che guardano a destra non riesce a mettereinsieme quei 46 voti in Parlamento, necessari per guidare un governo –pur se con la spia della riserva sempre accesa.

A questo punto, la domanda che ci poniamo è se i due voti dei seggispecifici occupati dai rappresentanti delle comunità nazionali italiana eungherese sono voti di destra, di sinistra o quant’altro? E, ancora, se il

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premier incaricato vorrà tirarli in ballo? A nostro giudizio, ma anche nelnostro interesse, forse sarebbe meglio ci lasciasse fuori da ogni possibilecombinazione: l’esperienza finora ha dimostrato che, usati o meno, siamosempre rimasti con la bocca amara e con le pive nel sacco. Per noi, nonsarà certo un cambio al timone del governo a cambiare le cose. Non sonocambiate nemmeno con l’entrata della Slovenia nell’Unione Europea. Siamodiventati cittadini europei, ma per il resto la stagione delle vacche magrecontinua e si inasprisce.

21 ottobre 2004 Silvano Sau

Matrie e Patrie

Vogliamo riprendere, per una volta ancora, il discorso della memoriastorica per noi, gente vissuta con la sindrome della frontiera e con il marchiodella minoranza. Dopo l’indigestione di queste ultime settimane, traanniversari di storici “ritorni” e anniversari di altrettanto storiche“annessioni”. Con noi che siamo rimasti a guardare e a chiederci perchémai, dall’una e dall’altra parte, avessero deciso di festeggiare ricorrenzeche per altri sono state motivo di dolore e sofferenza?

Per fare un esempio: la giornata odierna, il 4 novembre, per me, oggicittadino sloveno di nazionalità italiana, è un anniversario da celebrare,oppure è una data che segna un avvenimento, da ricordare sì, ma non dafesteggiare? Insomma, il 4 novembre 1918, che rappresentò la conclusioneufficiale della Prima guerra mondiale e il conseguente annuncio della vittoriafinale dell’Italia sull’Austria-Ungheria, mi mette inesorabilmente dalla partedi chi la guerra l’ha persa (mio nonno era cittadino austriaco e fu inviato asmaltire la guerra in Galizia), oppure mi mette dalla parte di chi alla fine laguerra l’aveva vinta, vedendosi così finalmente ricongiunto con laMadrepatria (sempre lo stesso mio nonno diciamo che era di sentimentiitaliani e che proprio per questo venne inviato a combattere in Galiziaassieme al 14.esimo Reggimento di fanteria denominato “Demoghela”enon a morire sul Fronte del Carso e dell’Isonzo contro l’Italia)?

E’ vero, che i poco più che vent’anni trascorsi in braccio alla Madredal vessillo verde- bianco-rosso non hanno significato un periodo

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entusiasmante, anzi, possiamo dire senza tema di essere smentiti chepiuttosto di un rapporto materno, il fascismo instaurò un rapporto diintolleranza, di paura, di povertà materiale e intellettuale, spingendo unabuona parte dei suoi cittadini a scegliere la strada dell’antifascismo, dellaclandestinità, della lotta armata.

Capodistria, Isola e Pirano – pur italiane - erano cittadine dovel’elemento contrario al regime era preponderante. Ma basta per rinnegare,ieri e oggi, la validità di un legame anche giuridico avuto per un quarto disecolo con lo Stato della propria matrice nazionale e culturale? Pur secontrastato, difficile e, spesso, anche doloroso. E, ancora: basta questoper abbracciare e inneggiare ad un’altra Madre, avvolta nel vessillo bianco-blu-rosso, che in mezzo secolo ha dimostrato non solo di non saper e nonvoler sostituire una buona madre, ma nemmeno di svolgere onestamente ecorrettamente il proprio ruolo di tutrice legale? Una risposta, forse,riusciremo a trovarla tra qualche decennio, quando ci sentiremo menoostaggi della sindrome nazionale e più appartenenti alla stessa matriceculturale europea di cui, finalmente, tutti siamo cittadini.

4 dicembre 2004 Silvano Sau

Bechi e bastonai!?

Probabilmente, quando questo foglio sarà nuovamente in edicola traquindici giorni, saremo già a conoscenza del nuovo governo che, ormai ècerto, sarà guidato dal premier incaricato Janez Janša. E per quantoinizialmente potesse sembrare poco verosimile, viste le esperienze passate,sarà un governo che disporrà anche del voto dei due deputati ai seggispecifici minoritari. Tutto bene, dunque? Vogliamo credere che, proprioperché con alcune forze politiche non tanto tempo fa abbiamo avuto rapportia dire poco difficili, l’accordo sull’appoggio al nuovo governo abbiacomportato per lo meno una serie di promesse concrete a favore delledue comunità nazionali, italiana e ungherese. Assicurazioni che, crediamo,saranno contemplate in un capitolo a parte – come è stato ribadito daglistessi deputati minoritari - già nel discorso programmatico che il premier

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incaricato presenterà in Parlamento il giorno del suo insediamento definitivo.È vero che le promesse in politica sono come l’araba fenice, ma, forse,proprio perché arrivano da una parte che non ci saremmo mai aspettativogliamo far finta di crederci. In fondo, proprio all’indomani della vittoriaalle recenti elezioni, sempre Janša ebbe a dire a proposito di minoranzenazionali, che mentre il governo precedente era prodigo nel promuovereatti normativi che poi non rispettava, il suo si darà da fare soprattutto perrealizzare quelli di cui già disponiamo.

Un tanto avremo occasione di constatarlo abbastanza presto, traqualche settimana, quando si discuterà del piano finanziario per il prossimoanno. Sarà l’occasione per verificare se nell’assicurare il voto al nuovogoverno siamo stati saggi oppure, semplicemente, creduloni. Come lo siamostati nel credere nella professionalità e competenza della CorteCostituzionale che ora, invece, sta rimettendo in discussione alcuni principiche per noi sono fondamentali e che, ciononostante, qualcuno – sempredei nostri – sta constatando che in fondo i giudici costituzionali non hannofatto altro che il loro lavoro! Come dire: “bechi e bastonai”!

18 novembre 2004 Silvano Sau

Tempo e paia madurisi anca le nespole

La settimana scorsa è statofirmato a Lubiana l’accordo di coalizionefra i partiti che daranno vita al nuovo governo della Slovenia. Al punto 11hanno stabilito che:

“La coalizione si impegna a trattare le problematiche delle comunitànazionali italiana e ungherese attuando con coerenza i documentidell’indipendenza, la Costituzione della Repubblica di Slovenia e gli impegniinternazionali (accordi internazionali e documenti internazionali ratificati).

In questo senso la coalizione sottolinea che l’attuale livello difinanziamento dei diritti particolari delle comunità nazionali rappresenta unpunto di partenza per un suo ulteriore sviluppo.

La coalizione si impegna ad attuare misure contro l’assimilazione intutti i settori di vitale importanza per l’esistenza e lo sviluppo di entrambe

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le comunità nazionali, qui compreso il sostegno allo sviluppo economico einfrastrutturale delle zone nazionalmente miste, con un accento sull’aperturadi nuovi posti di lavoro e la creazione della base economica per le comunitànazionali.

Particolare attenzione sarà dedicata al consolidamento delle istituzionidelle comunità nazionali, della loro lingua e cultura.

La coalizione si impegna a creare un clima sociale favorevole per larealizzazione delle politiche per le comunità nazionali italiana e ungherese.

In base a quanto elencato sopra, il governo della Repubblica diSlovenia entro sei mesi preparerà una proposta di Risoluzione sulle comunitànazionali italiana e ungherese, dopo di che, trascorsi tre mesi ed effettuatal’armonizzazione del testo con le comunità italiana e ungherese, presenteràla Risoluzione alla Camera di Stato.

L’operazionalizzazione di questi impegni per singoli settori e gliinterventi principali della coalizione relativi alle comunità nazionali italiana eungherese saranno parte integrante di un’aggiunta all’accordo di coalizione,che sarà sottoscritta da tutti i partner della coalizione e da entrambi i deputatidelle comunità nazionali, oppure di un accordo a parte che sarà sottoscrittodal presidente del governo della Repubblica di Slovenia e da entrambi ideputati delle comunità nazionali al più tardi entro tre mesi dall’entrata invigore dell’accordo di coalizione.”

C’è da crederci? Speriamo di sì, anche se un nostro antico proverbiostabiliva che “tempo e paia madurisi anca le nespole”. Come dire:aspettiamo e vedremo.

2 dicembre 2004 Silvano Sau

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Ve lo diamo noi lo Stato di diritto!

Mi sembra di aver letto qualche tempo fa una definizione delnazionalismo che si adatta perfettamente ad alcune situazioni nostre. Se nonvado errato, questa estrema deformazione dell’orgoglio nazionale venneparagonata ad un tumore maligno, capace di assoggettare e corrompereanche quegli organi che, per loro stessa natura, dovrebbero essere chiamatia combatterlo. Come prevedevamo ancora un paio di settimane fa, la deliberadella Corte Costituzionale della Slovenia sulla sospensione temporaneadell’articolo 2 della Legge sulla tutela dei consumatori continua a tener banco:in negativo, naturalmente! È di qualche giorno fa la notizia, che anche ilComitato per il commercio della Camera di Stato ha voluto sostenere lacausa promossa da una delle Due Sorelle Slovene (la Petrol) contro l’usodella lingua ufficiale minoritaria nei territori nazionalmente misti, ribadendo,in sostanza, che il valore del soldo non ha confronti! Lascia, infatti al liberoarbitrio dei soggetti economici il diritto di scegliere se e quale lingua usare neisuoi esercizi pubblici, sempre valutando quante svanziche la decisionepotrebbe o dovrebbe portare nelle sue tasche.

Proprio per questo, anche la Comunità autogestita costiera dellanazionalità italiana, nella riunione di venerdì scorso, ha voluto – dopo averespresso riconoscimento ai Sindaci e ai Consigli Comunali di Capodistria,Isola e Pirano per le coerenti e ferme posizioni assunte in merito all’interaproblematica –esprimere ancora una volta la sua forte preoccupazione pergli effetti negativi che la delibera della Corte Costituzionale comunquecomporterà per la Comunità Nazionale Italiana, con il pericolo che avvii unacatena di ulteriori comportamenti negativi con l’effetto di una partita di domino.

Ed è sempre per questo che, dopo aver invitato la Corte Costituzionalead esprimersi quanto prima in merito, ha deciso di inviare una lettera alpresidente del Parlamento affinché non inserisca all’ordine del giorno deilavori le richieste di modifica delle leggi di merito, come richiesto da alcuniparlamentari, finché la Corte non avrà detto la sua!

Alla fine: ma allora è proprio vero che siamo stati degli ingenui nelcredere che il diventare cittadini europei ci avrebbe consentito, finalmente,di essere anche cittadini di uno Stato di diritto!

16 dicembre 2004 Silvano Sau

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Ottimismo? Si, però...

Nelle trascorse giornate mi è stato spesso chiesto un parere sull’ormaiestinto 2004, e un pronostico sul nuovo 2005. Un esercizio della materiagrigia, che, volta per volta, mi ha portato a modificare quanto sentenziatoancora poche ore prima, risultato di nuovi ragionamenti e di nuoveconstatazioni. Ma, come si dice, soltanto chi è stupido non riesce a cambiarele proprie opinioni. Lasciamo perdere l’ormai estinto 2004, con tutto quelche di positivo e di negativo ha comportato. Ma il 2005, a noi, da sempreconsiderati minoranza e popolazione di confine, offre davvero qualchespunto di ottimismo? Se non altro alla luce delle dichiarazioni del nuovogoverno, uscito dalle recenti elezioni politiche, e in seguito al tanto osannato“accordo di coalizione”?

Diciamo subito, che la mossa dell’allora ancora premier incaricatoJanša è stata positiva ed ha contribuito a stemperare parte della sfiduciache la nostra Comunità ha storicamente nutrito nei confronti della destra.

Ci è stato chiesto pure se ritenevamo di poter credere a chi, ancorapochi mesi prima, si trovava arroccato su posizioni completamente diverse,quando non addirittura contrapposte. Rispondemmo, se non andiamoerrati, che chiunque, una volta al posto di comando, ha l’obbligo e il doveredi esprimersi e di agire con la responsabilità che la nuova condizionecomporta.

Però… Sì, rimane sempre un però…

È indubbio che la destra, per sua antica e naturale tradizione, tenda acondurre una politica conservatrice e liberale in netto contrasto con i principidello Stato sociale. Non è una novità nemmeno constatare che le forzeoggi al governo hanno sempre sostenuto la necessità di portare avanti conritmi sostenuti la privatizzazione di tutto il settore sociale, come sanità,istruzione, cultura, informazione. La nostra Comunità minoritaria è parte,pur se piccola, del sociale: in assenza di una politica che nei bilanci delloStato favorisca il sociale noi dove andremo a sbattere il naso? Nel privato?Ma per carità. Non facciamoci illusione: è tutto questione di tempo!

13 gennaio 2005 Silvano Sau

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Minoranza italiana: qualche piccola considerazione

Abbiamo partecipato recentemente ad un dibattito sull’attuale situazionedella minoranza italiana in Slovenia. Ne è venuta fuori una valutazioneabbastanza desolante, soprattutto se inquadrata nell’ambito delle nuoveprospettive globalizzanti europee e in quelle, certamente meno globalizzanti,di una forte volontà di autodifesa nazionale dello Stato di cui siamo cittadini.

Prima constatazione: ad otto mesi dall’integrazione nell’Unione Europeanon è diminuita la tendenza che vuol indicare nella presenza della ComunitàItaliana uno degli elementi di spreco delle risorse materiali della Slovenia. Atal punto che si è tentato addirittura di precedere una necessaria valutazionedella Corte Costituzionale sul quesito se l’uso della lingua italiana negli esercizicommerciali ha da essere considerato legittimo o meno.

Seconda constatazione: a due anni abbondanti dalla pubblicazione deidati del censimento della popolazione, che hanno visto una pericolosa riduzionedella nostra consistenza numerica, niente e nessuno si è ancora mosso peroffrire non solo una risposta, ma anche una proposta di misure con le qualialmeno tentar di rientrare nella normalità. La famosa relazione che il governo(ormai defunto) avrebbe dovuto approntare su ordine del Parlamento è finitaprobabilmente in qualche profondo cassetto. Forse è un bene, perché, comeha riferito chi ha avuto la possibilità di darci un’occhiata, era un po’ comevagabondar per un sentiero fangoso in una notte senza luna e senza stelle.

Terza considerazione: Il neonato governo sloveno, che ha promessoaddirittura un capitolo a favore delle minoranze nell’accordo firmato tra ipartiti che compongono la coalizione di maggioranza, per il momento si èlimitato à prender atto delle nostre richieste, con la promessa che entro iprossimi mesi avrebbe dato anche una risposta.

Quarta considerazione: il 2005 rischia di essere per la nostra comunitàun anno molto delicato. Si stanno portando in ballo giornate della memoria,giornate dei ricordi, propositi belli e propositi meno belli legati alle vicende disessant’anni fa. Come l’anno scorso, del resto, durante il quale ne abbiamovisto delle belle per vicende legate ad altri anniversari. E come al solito,rischiamo di venir intrappolati in logiche che ci vogliono ostaggi ora dell’unae ora dell’altra parte.

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Quinta (ma non ultima) considerazione: Qualche giorno fa, ai lavori diuna commissione mista Slovenia-Friuli Venezia Giulia, un alto esponente delgoverno di Lubiana, nell’esporre le sue rimostranze per le difficili condizionicui sembra essere sottoposta la minoranza slovena in Italia, ebbe l’ardire dichiedere che fine avrebbe fatto la minoranza italiana se in Slovenia fossestata sottoposta alle stesse misure repressive cui era costretta da mezzosecolo la minoranza slovena. Purtroppo non ebbe adeguata risposta. Noi,però, oseremmo pensare che, se per cinquant’anni fossimo vissuti in un regimedi pluralismo e di democrazia, forse sul nostro territorio non saremmo maistati ridotti in minoranza.

27 gennaio 2005 Silvano Sau

E se vi foste permessi?...

Secondo i soliti calendari che non dimenticano mai le ricorrenze daportare in campo, domenica prossima, 27 febbraio, dovremmo ricordarcitutti che è la giornata mondiale dedicata alla lingua materna! Una giornatacon la quale portare alla coscienza degli uomini, che la lingua materna ed ilsuo libero uso rappresentano uno dei valori fondamentali dei diritti umani ecivili del mondo contemporaneo. Ma vi siete mai chiesti in questi ultimi giornidi isterismo polemico generale che ha preceduto e succeduto la proiezionedel film “Il cuore nel pozzo “, quante volte avreste preferito non farviriconoscere in quanto appartenente ad una comunità nazionale diversa equindi con diritto d’uso di una lingua diversa rispetto alla maggioranza? Perchéper molti saremmo stati logicamente identificati con le malefatte del fascismo,con le provocazioni dei ministri Fini e Tremaglia, con i ritardi del governoBerlusconi nell‘attuare la Legge di tutela della minoranza slovena, con tutto ilmondo politico italiano che non perde occasione per offendere e tentar diallungare le mani sul Paese vicino del quale siamo cittadini e, naturalmente,con alcuni degli esponenti della nostra minoranza che continuano a non volerriconoscere che la nostra Comunità è la meglio tutelata al mondo.

Quante volte avreste preferito non dover rispondere a domande dellequali poco sapevate e delle quali, infondo, anche poco avrebbe dovutoimportarvi se chi ve le rivolgeva non vi avesse ritenuto comunque

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corresponsabile di una parte delle vicende storielle che lo sceneggiato avevaportato maldestramente in luce. Come avrebbero reagito se vi foste permessodi rispondere che del fascismo ne sapevate quello che avevate letto o viavevano insegnato, che delle foibe ne sapevate ancora meno perché fino auna decina d’anni fa era tabù parlarne, che dell‘esodo ne sapevate qualcosa,perché la vostra famiglia era nella lista di coloro che avrebbero volutoandarsene e poi, per ragioni di povertà estrema, aveva preferito rimanere.

Ma, soprattutto, come avrebbero reagito se infine aveste risposto chedel passato ne sapevate abbastanza, per diretta esperienza, del cosiddettopotere popolare e del cinquantennio legato all’edificazione del socialismo. Eche - almeno per i primi dieci anni - eravate convinto che fossero staticommessi anche dei crimini, non sempre giustificabili con le malefatte delfascismo? Tutto questo, soltanto perché volete continuare a parlare la vostralingua materna?

24 febbraio 2005 Silvano Sau

Una delegazione del neoeletto governo sloveno, con a capo il primoministro, Janez Janša, si incontra a Capodistria con una delegazionedella Comunità Autogestita Costiera. Molte le promesse fatte, pochequelle mantenute.

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Governo Janša: i primi 100 giorni e la nostracomunità

Si dirà che i termini non sono ancora scaduti del tutto. Il primo ministroJanez Janša, nell’assumere le redini del governo, ai rappresentanti delledue minoranze nazionali nel Parlamento sloveno aveva promesso che, nelgiro di tre mesi, avrebbe dato una risposta sulle misure che avrebbe intesoapprontare da lì a novanta giorni per risolvere i problemi minoritari.

Non che si voglia essere pignoli fino al punto da contare i giorni e leore, in fondo si sa che per un governo qualche giorno in più o in meno nonè che significhi molto: l’importante é la volontà. Per il momento, in un certoqual senso, il governo ha dimostrato di volersi muovere nei confronti dellaminoranza ungherese con un incontro organizzato a margine di quello piùgenerale con tutta la regione del Pomurje. Non conosciamo i risultati dellamossa anche se non abbiamo avuto sensazione che dalle file dei magiari sisia sentito gridare al miracolo! Ma si sa che gli appartenenti alla minoranzaungherese sono meno propensi a lasciarsi andare a sentimenti di giubilo odi gratitudine. In fondo, sono radicati in una delle zone meno sviluppatedello Stato e, probabilmente, ha fatto bene il primo ministro a incontrarsidapprima con loro. Anche nei confronti della Comunità italiana ilneopromosso governo Janša ha dimostrato qualche elemento positivo: peresempio con il Decreto riguardante il lavoro dell’amministrazione statale,dove ha recepito le nostre osservazioni sull’uso della lingua minoritaria inquanto lingua ufficiale.

Lasciateci dire però che, ugualmente, non ci sentiamo del tuttotranquilli: d’accordo non staremo lì a contare le ore ed i giorni, ma rimaneil fatto che, almeno dal punto di vista delle finanze pubbliche i giochisembrano essere ormai fatti per tutto il 2005. Non crediamo che le nostreesigenze, pur fatte pervenire adeguatamente e a tempo debito a chi didovere, possano trovare risposta positiva al di là di quelle che sono lenormative esistenti. Ma, allora, se le cose stanno effettivamente così, qualetipo di risposta possiamo attenderci dal governo: quella che ci ha dato findall’inizio, cioè che non proporrà misure nuove, ma realizzerà quelle già invigore?

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In quali settori? Nel settore dell’amministrazione pubblica? Oppurenel rispetto rigoroso dell’uso della lingua minoritaria? E per tutto il resto?Settore culturale, settore informativo, settore economico, settore..... Checi si debba accontentare di una risposta che non arriverà mai?

10 marzo 2005 Silvano Sau

Bilancio approvato

Siamo stati presenti a quasi tutti i dibattiti pubblici inerenti la propostadi bilancio di previsione del nostro Comune per il 2005. Ebbene, toltealcune osservazioni fatte dai rappresentanti dei partiti d’opposizione,possiamo ben dire che, praticamente, non c’è stato dibattito: tutto è filatoliscio fino all’approvazione definitiva in sede di Consiglio Comunale l’altrasettimana. Il che ci fa pensare a due possibili conclusioni: o la proposta eratalmente obiettiva e ragionevole da non suscitare perplessità, oppure lacoalizione di maggioranza ed i partiti che la sostengono sono riusciti cosìbene a soddisfare le proprie esigenze da votare compattamente per ildocumento.

In fondo, anche i rappresentanti della nostra Comunità nazionalehanno votato a favore, ritenendo – crediamo giustamente – che la propostadi bilancio avesse recepito le nostre richieste portandole aquell’indicizzazione che ormai sembra caratteristica di tutti i nostrifinanziamenti. In ultima istanza, proprio sul filo del voto finale, è stata accoltaanche la proposta avanzata dai nostri consiglieri per un’ulteriore seriaverifica della voce presente nel bilancio riguardante l’inaugurazione a Isoladi un nuovo monumento.

Va detto – a proposito - che appena sentiamo parlare di monumentici sentiamo a disagio, dopo quello inaugurato l’anno scorso e dedicato adeventi che nella popolazione isolana di allora avevano provocato sofferenzee dolori. La proposta presente nel bilancio di quest’anno prevede un nuovomonumento, questa volta dedicato alle cosiddette “fabbrichine” isolane,alle migliaia di operaie che nei decenni del secolo scorso hanno lavorato efaticato nei locali conservifici. Fin qui la proposta potrebbe essere

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interpretata positivamente: se stiamo assistendo alla scomparsa degli impiantiche hanno ospitato le fabbriche, rimanga a testimonianza di un’importanteattività che aiutò in maniera determinante lo sviluppo della città almeno unmodesto monumento. Il dubbio però viene fuori quando nella spiegazione siribadisce che – su proposta di alcuni circoli culturali e di “valenti” storici – ilmonumento dovrebbe esser dedicato soltanto alle “fabbrichine” che venivanodalle località e dai villaggi circostanti dimenticando quelle residenti nel centrourbano. A nostro parere una differenziazione tra operaie insostenibile einaccettabile, con il sospetto che il criterio adottato fosse stato ancora unavolta quello nazionale. Se non altro perché, secondo noi, anche le opereartistiche ed i monumenti dovrebbero rappresentare un chiaro segno dellavolontà di convivenza che le popolazioni locali hanno sempre sostenuto:oggi come ieri e come, demagogie permettendo, anche domani.

24 marzo 2005 Silvano Sau

Anche dal nostro piccolo mondo: grazie Karol!

La nostra lunga tradizione che sa esprimere tanta saggezza non è maistata ricca per quanto riguarda i papi. Troppo importanti, troppo lontani e,contemporaneamente, troppo poco terreni e reali per poter alimentare lapiccola e bonaria fantasia del nostro popolo. Tutto quanto ha saputo mettereinsieme nella sua plurisecolare storia orale sa soltanto recitare che “morto unPapa se ne fa un altro”. È successo negli ultimi duemila anni e succederàcertamente anche nei prossimi secoli.

Eppure, la morte di papa Giovanni Paolo II non è stato un eventonormale: nemmeno per noi, nel nostro piccolo mondo isolano e minoritario.Anzi, il papa stesso ancora in vita – e oggi già definito “Il Grande” - è statodi grandissima rilevanza politica per tutti, a prescindere dal credo politico oreligioso. Tra i personaggi più grandi, se non il più grande, tra quelli chehanno contribuito a costruire in positivo la storia degli ultimi cento anni.

Anche noi, come si diceva, nel nostro piccolo mondo isolano eminoritario gli siamo debitori di riconoscenza. Posti a vivere dalla parte spinosadi un confine che, pur definito il più aperto d’Europa, era pur sempre ilconfine che chiudeva a pochi passi da casa nostra quello che un altro grande,

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Churchill, aveva definito “la cortina di ferro”. E se nell’ultimo decennio,abbiamo potuto finalmente respirare a pieni polmoni libertà, democrazia epluralismo, lo possiamo fare anche perché Karol Woityla, dal giorno in cui èstato eletto papa 26 anni fa, è riuscito a dare le spallate definitive a quelMuro delle ideologie totalitarie facendolo crollare come fragili tessere di undomino che invece sembrava essere indistruttibile ed eterno. Senza nullatogliere ai meriti di coloro che in altri campi e in altre regioni hanno contribuitoa costruire un possibile presente per un altrettanto possibile futuro, è a questopapa e alla sua visione di libertà e di solidarietà che dobbiamo gratitudine seoggi siamo cittadini europei. Cittadini di un’Europa che, pur se ancor semprelegata ai falsi miti dello Stato Nazione, va comunque acquisendo gli ideali delrispetto, della solidarietà, del diverso da tutelare. Non perché lo insegna laChiesa, ma perché questo è il messaggio di civiltà che vogliamo insegnarenell’Europa dell’avvenire. Anche con l’aiuto del Papa.

7 aprile 2005 Silvano Sau

Il rappresentante dell’Unione Europea in Slovenia, Fuarèe, in visitadi congedo a Palazzo Manzioli, a conclusione del suo mandato.

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I generali sorridono - i caporali?

“Vi abbiamo visti tutti sorridenti al termine dell’incontro con il primoministro sloveno, Janša!” – È stata questa la prima osservazione lanciatail giorno dopo da un collega commentando, le immagini viste al TG. “Certo– è stata la risposta – con i generali le foto di gruppo riescono semprebene. I problemi arrivano quando bisogna discutere con i sergenti ed icaporali!”

Si aspettava con una certa impazienza, effettivamente, questoincontro con il governo, facendo fede alle promesse scritte nel Contrattodi coalizione stipulato prima che il premier incaricato prendesse in manole redini della compagine governativa. I termini di tempo allora eranostati abbastanza chiari e su di essi la nostra Comunità aveva assuntotutta una serie di impegni anche materiali. Giustificata quindi l’impazienza,anche se ora parzialmente attenuata dalla promessa che entro la fine diquesto mese ci sarebbe comunque stato un duplice incontro con alcuniministri, quello per l’economia, quello per lo sviluppo regionale e quelloper la cultura. Con il primo per discutere della necessità di trovare deifondi con i quali proseguire alcune iniziative legate ai progetti europei;assieme al secondo per verificare la possibilità di modificaresostanzialmente la gestione dei mezzi derivanti dalla privatizzazione eche, formalmente, dovrebbero servire proprio per dare vita ad una baseeconomica della nostra comunità minoritaria; con il ministero per la cultura,infine per discutere della possibilità di portare in vita, come previsto dallaLegge, un Ente pubblico culturale, e – non per ultimo, visto che è uscitadai suoi uffici – anche della proposta di Legge sulla Radiotelevisione chetante polemiche ha suscitato nell’opinione pubblica slovena e anche trale file della nostra Comunità.

Al primo ministro, accompagnato dal ministro degli esteri e da quelloper la cultura, i rappresentanti della nostra Comunità hanno esposto Inoltretutta una serie di problemi che richiedono un intervento da parte delleautorità. Gli interlocutori si sono dimostrati attenti e – come si usa dire –disponibili. Che non sarà facile risolverli, come dicevamo all’inizio,dipenderà dalla disponibilità dei funzionari nei singoli ministeri, ai qualiverrà certamente demandata la responsabilità di verificare se, come e

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quando darci ascolto. Presidenti e ministri, naturalmente, ci tengono aconservare l’immagine del sorriso bene in mostra!

21 apile 2005 Silvano Sau

E Napoleone? No, lui no ... per ora!

Ad un anno dall’entrata della Slovenia nell’Unione Europea e a pocopiù di un anno dal momento previsto per il primo gennaio 2007, quandoscompariranno definitivamente anche le sbarre ai valichi di frontiera e quandol’Euro diventerà l’unica moneta pure per noi, forse si sperava che dellesciagure del passato si sarebbe parlato e discusso di meno, dando spaziopiuttosto ai progetti del presente e del futuro.

Certo non ci saremmo aspettati che, dall’una e dall’altra parte diquesto martoriato confine, gli ultimi mesi sarebbero stati nuovamentescompigliati da aspre polemiche nazionali e nazionalistiche. L’ultima in ordinedi tempo la bravata di alcuni ragazzacci nel Goriziano e nella Selva diTarnova. Credevamo fermamente che la volontà di convivenza avesse ormaimesso radici salde su tutto il territorio e speravamo che le varie giornatedella memoria e del ricordo non fossero altro che momenti per porre inrisalto la necessità del rispetto reciproco delle popolazioni di confine. Invece,sembra che la voglia di dimostrarsi ad un tempo vittima ed eroe, una voltada destra e una volta da sinistra, non abbia ancora fatto il suo tempo:sparite le ideologie, sono rimasti i nazionalismi che sembrano essere durida morire tra i giovani, ma, anche tra i più anziani, tra coloro che amanotrincerarsi dietro il fatidico: “Non è per questo che abbiamo combattuto!”.

Per una volta, quindi, lasciatemi essere semplicemente e solamentequello che ho sempre sognato di essere. Non appartenente ad un minoranzanazionale. Non uomo di frontiera. Non essere bilingue e pluriculturale.Non tanti aggettivi che, messi assieme, stanno a disegnare la mia diversitàe la mia complessità personale, storica, culturale, sociale, economica. Nonpersona che ha bisogno di tutelare la propria identità individuale e collettivaper dimostrare di esistere.

Ora, che da un anno sono cittadino europeo, vorrei sentirmi cittadinoalla pari dell’italiano nato e vissuto a Firenze, alla pari del veneto nato e

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vissuto a Venezia, Mestre, Padova, Verona, o meglio ancora, alla paridello sloveno, nato a Lubiana ed ora vivente a Capodistria, Isola, Pirano.

All’indomani delle celebrazioni del 25 e del 27 aprile, all’indomanidei festeggiamenti per il Primo Maggio, festa internazionale del lavoro eprimo anniversario della mia rinascita europea, alla vigilia del 9 Maggio,giornata della Vittoria e giornata dell’Europa, alla vigilia e all’indomani diimportanti anniversari era necessario, come elemento di disturbo storico,portare in campo anche il 90.esimo dell’entrata dell’Italia in guerra control’Austria nel maggio del 1915 per cercar di dimostrare, a chi ne è giàconvinto, che anche allora qualcuno ha sofferto di più per colpa dell’altro?E meno male che, per il momento, nessuno ha voluto portare in campo lavenuta di Napoleone: magari per dimostrare che, anche in quell’occasione,l’Italia si stava avviando alla sua unità a danno dei propri vicini.

5 maggio 2005 Silvano Sau

Conoscere la storia per non ripeterla

Potremmo definirlo, questo 2005, l’anno delle memorie e dellepassioni controverse. In particolare questa prima decade di maggio, quandosembra si siano dati appuntamento tutti gli anniversari più scomodi, maproprio per questo anche pìù importanti, dell’ultimo secolo. Controversi eimportanti tanto di più se rapportati alla nostra regione e alle nostrepopolazioni, quelle di oggi e quelle di ieri.

Noi abbiamo voluto seguire con una certa attenzione soprattutto quelletestimonianze che in qualche maniera riguardavano il presente e il passatodella nostra piccola realtà isolana. Per quanto piccoli anche noi abbiamocercato di darvi un pur modesto contributo, convinti che il passato è beneconoscerlo per non cadere in futuri equivoci, perché – come ebbe a direqualcuno – chi non conosce la storia è condannato a ripeterla. E cometutte le piccole storie della nostra regione, che messe assieme hanno costituitouna parte della Grande storia del secolo scorso, pure la nostra ha portatoalla luce valutazioni e valori diversi. Proprio per questo è necessarioconoscerli, per trarne alla fine una valutazione di massima per quantopossibile giusta, obiettiva e non offensiva per una parte di quelle genti chegià la storia ha provveduto a far soffrire.

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L’ultima testimonianza in ordine di tempo, quella di un Isolano che –pur nel suo piccolo – parte di questa storia l’ha vissuta e costruita.

Il volume “Dall’armistizio all’esodo – Ricordi di un esule d’Isolad’Istria” di Olinto Parma, pubblicato dall’IRCI e dalle Edizioni Italo Svevodi Trieste, merita di essere ricordato perché rappresenta una delle operepiù complete e – possiamo ben dirlo – anche più imparziali e obiettive suquelle che sono state le vicende della nostra cittadina in quel periodo ditempo che andò, appunto, dall’armistizio al 1954/56. Episodi che l’una ol’altra parte avevano provveduto a mascherare rivestendoli delle varieideologie di comodo, vengono presentati nella loro reale dimensione. Avolte addirittura nella loro disarmante banalità. Ma, soprattutto, il librorappresenta una preziosa raccolta di documenti e di fonti per una successivaricerca che potrebbe far piena luce anche su altri avvenimenti di Isola che,per il momento, sono ancora avvolti nelle pastoie della storia confezionatada qualcuno a proprio uso e consumo.

19 maggio 2005 Silvano Sau

2 giugno: Festa della Repubblica Italiana

Ce lo siamo chiesti alcune volte, in occasioni come questa, qualesignificato avesse per noi il 2 giugno, Festa della Repubblica Italiana. Avevamoproposto pure che la ricorrenza venisse ricordata da parte della nostraComunità con qualche manifestazione che ne segnasse il valore affettivo, maanche quello storico e politico. In fondo, dicevamo, le nostre radici, cheaffondano profondamente nei valori dell’antifascismo più autentico, hannocontribuito alla nascita di questo Stato moderno e democratico dal quale,non per nostra volontà, siamo stati esclusi. Oggi, con la nostra inclusionenelle integrazioni dell’Europa Unita, possiamo sostenere di esserecompartecipi di una cittadinanza comune e collettiva, che soltanto in parte cigratifica di quanto ci è stato sottratto nei decenni trascorsi: in fatto dipartecipazione alla vita del territorio, di mantenimento della propria lingua ecultura, di tutela delle proprie tradizioni e della propria identità.

Al di là della retorica e delle demagogie, quindi, il 2 giugno potrebbe edovrebbe diventare il momento di reciproco riconoscimento tra una matricenazionale alquanto distratta ed una sua componente – pur se minoritaria –

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ancora lontana e con sentimenti spesso avvizziti dal lungo e doloroso distacco.Non per rivangare deludenti giornate della memoria o del ricordo, che oratrovano la contromedaglia anche dall’altra parte del confine con l’istituzionedel 15 settembre a giornata di festa nazionale, ma piuttosto per rinsaldareimportanti vincoli di amicizia e di parentela culturale che la lunga lontananzaha ormai compromesso in molti dei suoi aspetti più significativi. Per ripristinare,in chi ne è rimasto per troppo tempo a secco, un normale sentimento diorgoglio, di appartenenza ad un corpo nazionale e culturale che, dopo tutto,proprio in nome di questa comune appartenenza, ha saputo nel passatoaffrontare importanti prove di sacrificio e di umiltà.

2 giugno 2005 Silvano Sau

Durante la cerimonia per la Festa della RepubblicaItaliana, il Console generale d’Italia a Capodistria,Bruno Scapini, mentre consegna l’onorificenza diCommendatore della Repubblica a Lilia Peterzol permeriti conseguiti nel mondo della scuola minoritaria.

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Governo e minoranza: non c’è motivo disoddisfazione

Insomma, questo governo di centro-destra o di destra, dipende dacome usa definirsi da solo in determinate occasioni, è più o meno apertonei confronti della nostra comunità nazionale, rispetto a quello precedentedi centro-sinistra o di sinistra, dipende da come usava definirsi da solo indeterminate occasioni?

È una domanda che ricorre spesso nei dibattiti tra i nostri connazionali,sia a livello istituzionale che privato, colloquiale. A nostro parere, è unadomanda che non comporta alcuna risposta seria, in quanto fa il paio conil quesito d’antica memoria popolare sul bicchiere mezzo pieno o mezzovuoto, né può essere adottato quale metro di misura, in positivo o innegativo, la generale sensazione per cui tutti, ma proprio tutti, si aspettavanoun trattamento ben peggiore rispetto a quello in atto. Il fatto che questogoverno e questa coalizione di maggioranza non ci abbia preso ancora acalci in faccia non vuol dire che sia disposta a concedere qualcosa di più,in fatto di diritti, rispetto a quello che già oggi le disposizioni normative e laprassi (manchevole quanto mai) già non prevedano e non dispongano. Infondo, anche il famoso articolo undici dell’Accordo firmato dai partiti dellacoalizione in vista della formazione del nuovo governo, pur rappresentandoun’importante novità rispetto alle coalizioni dei governi precedenti, nonpromette niente di diverso. Abbiamo sottomano due esempi molto chiaridi quanto stiamo cercando di dire: la proposta di Legge sulla RTV, ormainella fase finale della procedura di approvazione in Parlamento, e la propostadi revisione del bilancio per il 2005, pure al traguardo dell’iter parlamentare.Affermare, a conti fatti, che le due proposte possano esser definite giusteed eque nei nostri confronti sarebbe certamente una grossa forzatura.Perché? Semplicemente, perché chiedevamo cento, e ci è stato concessosoltanto venticinque (cioè un quarto).

La generale sensazione che comunque ci sia stato offerto moltodipende dal fatto che, già in partenza, non speravamo più di cinque odieci. Fate un po’ il conto: se chiedevamo cento, vuol dire che le nostrenecessità non erano molto al di sotto. Il fatto che ci è stato concesso

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soltanto un quarto, vuol dire che anche questo governo ha preferito nicchiareper il 75 per cento. Magra consolazione, poi, sottolineare che, in fondo,avrebbe potuto negarci anche quel quarto che, comunque, ci è statoconcesso. Come ebbe a dire un nostro antico conoscente: date tempo altempo, non sarebbe saggio togliersi i sassolini dalle scarpe in un solo colpo.C’è anche domani!

16 giugno 2005 Silvano Sau

A settembre...?

È stata dura resistere tutto l’anno e raggiungere la fine di giugno,termine quando la redazione del Mandracchio decide di andare in feriefino ai primi giorni del prossimo settembre. È stata dura anche decideredi smettere, perché come sempre, proprio nei mesi più caldi gli argomentiche riguardano la nostra Comunità diventano ancora più caldi e numerosi.Purtroppo, e non è soltanto un modo di dire, riguardano appunto solo lanostra Comunità, nella sua piccola o grande soggettività che sia: gli altri,la cosiddetta collettività di maggioranza si guarda bene dal farsi avanti,anche quando è chiamata in prima persona e a viva voce a intervenire efar rispettare quanto Costituzione, leggi e normative vigenti assicurano.Gli ultimi esempi? Abbiamo voluto sintetizzarli in due domande posteall’ultimo Consiglio Comunale?

Primo esempio: Un dibattito pubblico riguardante un importanteprogetto edilizio (la prevista autostrada), che interessa direttamente lapopolazione locale che per statuto comunale è dichiarata nazionalmentemista, può esser ritenuto valido se non organizzato secondo le normevigenti che garantiscono – appunto – l’uso delle due lingue ufficiali sulterritorio?

Secondo esempio: un bando di concorso, pubblicato da un EntePubblico di proprietà del nostro Comune, che si rivolge alla popolazionein cerca di un possibile concessionario di una sua attività specifica, puòesser ritenuto valido se non in armonia con le clausole statutarie e dilegge riguardanti l’uso delle due lingue ufficiali sul territorio?

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Non sappiamo se riceveremo una risposta soddisfacente. Nonsappiamo, soprattutto, se le nostre proteste verranno accolte e le storturedel sistema riparate.

Abbiamo l’impressione che ormai territorio e popolazione ci sianosfuggiti completamente di mano e – dove necessario – siamo ancoratollerati: ma stando bene attenti a non fare anche il minimo passo a menoche non sia strettamente necessario.

Un po’ come l’asino al quale il contadino ha cercato di imparare asopravvivere mangiando sempre meno. Finché…..

…. Comunque fino al prossimo settembre, quando – speriamo – ciritroveremo!

30 giugno 2005 Silvano Sau

E noi, che cosa dovremmo celebrare?

In questo scorcio piovoso di questa altrettanto piovosa e inconsuetaestate, il nostro Mandracchio si ripresenta proprio nel giorno quando laSlovenia ha deciso di celebrare per la prima volta il 15 settembre comefesta nazionale, o, come l’ha definita, giornata del ritorno del Litorale allaMadrepatria.

Noi abbiamo avuto più volte occasione di esprimerci in merito allevarie giornate, che siano della memoria, del ricordo o – come in questocaso – del ritorno. Abbiamo rilevato che nelle vicende storiche trapopolazioni nazionalmente miste lungo fasce confinarie solitamente le ragionisi trovano spesso contrapposte e contrastanti, per cui, quando assurgonoa motivo di celebrazione, possono provocare inutili sentimenti di discordiae di sofferenza. In particolare, quando si tratta di vicende storiche svoltesiall’indomani di sanguinosi conflitti armati che hanno sconvolto non soltantola regione, ma tutto il mondo, il richiamarsi alle vittorie o alle sconfittesubite per innalzarle a simbologia nazionale, potrebbe significare unarinnovata volontà di non proseguire sulla via della comprensione,dell’amicizia, della reciproca fiducia.

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In questo senso negli ultimi anni abbiamo avuto esempi non troppoedificanti né dall’una né dall’altra parte, anche se pensavamo che ormai –all’insegna dell’Europa e della comune cittadinanza – sarebbe stato ormaiun capitolo da relegare effettivamente alla storia ed agli storici.

Noi, che queste vicende le abbiamo vissute sulla pelle per mezzosecolo – è questa la domanda che ci poniamo – che cavolo mai avremmoda celebrare?

Una risposta per niente stimolante e propositiva ci viene proprio dallamanifestazione centrale di questa sera a Portorose, da come è stataorganizzata e dall’impronta ideologica che le è stata data. Noi, inquell’impronta non ci siamo riconosciuti, né come cittadini, né comeappartenenti ad una comunità nazionale minoritaria che ha le proprie originiproprio negli eventi che ora si vogliono festeggiare.

15 settembre 2005 Silvano Sau

Il Console Generale d’Italia a Capodistria, Carlo Gambacurta, invisita di cortesia a Isola, a colloquio con il sindaco, Breda Peèan.

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Dimmi dove vivi, ti dirò chi sei…

Si dice che con il passare degli anni l’uomo finisca con l’identificarsicon l’ambiente che lo circonda e con il quale è cresciuto e vissutodiventando parte integrante di esso. Anzi, si dice, che con il passare deidecenni l’uomo finisce con l’acquisire le stesse caratteristiche e le stessesembianze del territorio che l’ha ospitato e visto crescere nel corso dellasua vita.

Probabilmente c’è qualche fondo di verità in tutto questo, poichénon raramente succede che si riesca a definire l’origine campanilistica diuna persona, al di là delle conoscenze, delle sembianze fisiche e dei modidi dire.

Tuttavia, pur avendo trascorso quasi tutta la mia esperienza di vita inquesto piccolo territorio, dalla storia lunga e non sempre entusiasmante,negli ultimi anni sento crescere un disagevole distacco tra il mio sentimentodi appartenenza ad una struttura sociale e urbana e quello della miaappartenenza ad un suo presunto tessuto storico e umano. Presunto, perchéormai passato, scomparso, inesistente.

È probabile che questo senso di profondo disagio sia il risultato deigrossi mutamenti che, soprattutto nell’ultimo decennio, sono intervenutinell’assetto territoriale ed urbanistico della mia città. Forse addirittura piùche a causa dei tumultuosi cambiamenti avvenuti nell’ultimo mezzo secoloa livello demografico, economico e sociale. Si dice che negli ultimi decennila vita ed i processi che ad essa sono collegati – quindi anche le città –cambiano più rapidamente di quanto l’uomo sia capace di adeguarvisi.Sarà vero, ma è anche vero che a modificare l’ambiente è sempre ecomunque l’uomo. Quindi costruisce un ambiente nel quale sa di doversiinsediare e nel quale sa di dover domani abitare. A meno che….

Ecco, a meno che… a meno che l’ambiente che sta progettando ecostruendo non lo costruisca per sé, ma lo destini ad un ipotetico mercato,del quale pensa di interpretare i gusti e le capacità materiali, prima cheintime e spirituali. Ed ecco allora… che può subentrare quel senso di distaccoche è risultato di interventi su un territorio che, rapidamente, sta perdendole sue caratteristiche storiche, culturali, ambientali e naturali originarie.

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Sono queste perplessità che dovrebbero essere all’ordine del giornodell’odierna seduta del Consiglio Comunale, quando discuterà delle diverseproposte di importanti e non sempre giustificati e ponderati interventisull’ambiente e sul territorio. Partendo dal principio che non sempre, seconfrontato con quanto ti offre ancora la natura, il cemento è portatore disviluppo.

29 settembre 2005 Silvano Sau

Una lettera d’amore

Giornali e riviste, facendo seguito all’ultima riunione del ConsiglioComunale di Isola, si soffermano in questi giorni sugli aspetti più vistosi e –oseremmo dire – esotici delle proposte trattate e riguardanti l’assettoterritoriale del Comune. Noi ne abbiamo parlato già nel numero precedente.Per non ripeterci – a mo’ di commento – vogliamo presentarvi di seguitoun riassunto della lettera che nel lontano 1854, il Capo Seattle della tribùpellerossa Suwamish inviò al Gran capo bianco di Washington, il Presidentedegli Stati Uniti Franklin Pierce, che propose l’acquisto di una grandeestensione di territorio sul quale vivevano i pellerossa. Ancor oggi la letteraviene considerata come la più bella e profonda dichiarazione d’amore allanatura e all’ambiente.

La dedichiamo a chi ha a cuore il futuro della nostra città.

“Il Grande Capo a Washington ci manda a dire che desidera comprarela nostra terra. Come possiamo comprare o vendere il cielo? Il caloredella terra? Se non sono nostri la freschezza dell’aria e lo scintilliodell’acqua, come potete comprarli? Ogni parte della Terra per noi è sacra.Ogni lucente ago di pino, ogni spiaggia sabbiosa, ogni bruma nei boschioscuri è santa nella nostra memoria e nella nostra esperienza. La linfa chescorre attraverso gli alberi trasporta la nostra memoria e la nostra esperienza.La linfa che scorre dentro gli alberi trasporta le nostre memorie. Noi siamoparte della Terra ed essa è parte di noi. I fiori profumati sono le nostresorelle, il cervo, il cavallo, la grande aquila, questi sono nostri fratelli. Lecreste rocciose, la rugiada dei prati, il corpo caldo del cavallo, e dell’uomo,tutto appartiene alla stessa famiglia. L’acqua lucente che si muove in torrenti

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e fiumi non è semplicemente acqua, ma il sangue dei nostri antenati. Ilmormorio dell’acqua è la voce del padre di mio padre. I fiumi sono nostrifratelli, estinguono la nostra sete. Le onde trasportano le nostre barche enutrono i nostri figli. L’aria è preziosa per l’uomo, perché tutte le cosecondividono lo stesso respiro - l’animale, l’albero, l’uomo, tutticondividono la stessa aria. Il vento che diede il primo respiro ai nostriantenati, riceve anche il loro ultimo sospiro. Questo sappiamo - la Terranon appartiene all’uomo - l’uomo appartiene alla Terra. Tutte le cose sonoconnesse come il sangue che unisce una stessa famiglia. Quello che accadealla Terra - accade ai figli della Terra. L’uomo non tesse la trama della vita- è semplicemente un filo in essa. Quello che fa a Lei, lo fa a se stesso.Così, se vi vendiamo la nostra terra, amatela come noi l’abbiamo amata.Conservate nella vostra mente la memoria della terra come era quandol’avete ricevuta. Conservate la terra per tutti i vostri figli e amatela comeDio ama tutti voi.Come noi siamo parte della terra, anche voi siete partedella terra. Siamo fratelli dopo tutto. E’ la fine della vita e l’inizio dellasopravvivenza?”

13 ottobre 2005 Silvano Sau


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