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Il Giornale dei ragazzi - Milano, Bookcity 2014

Date post: 07-Apr-2016
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Il Giornale dei Ragazzi di Bookcity è un progetto – ideato e curato da Isabella Di Nolfo - che coinvolge 90 ragazzi tra i 15 e i 18 anni, studenti di due scuole superiori milanesi. Come veri e propri cronisti, con tanto di redazione fissa al Castello Sforzesco, i ragazzi raccontano Bookcity con interviste, cronache e pezzi di approfondimento, con una parte in lingua inglese, essendo bilingue una delle due scuole coinvolte (il Liceo Giulio Casiraghi e l'International School of Milan).
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BookCity, 14-16 novembre 2014 Milano Cittá Del Libro UN’INVASIONE DI LIBRI SOTTO LA MADONNINA Una redazione di ragazzi per Bookcity Filippo Del Corno l’assessore alla cultura di Milano intervistato dal Giornale dei ragazzi David Grossman intervista allo scrittore impegnato nel processo di pace in Medio Oriente Dario Fo intervista esclusiva allo scrittore premio Nobel, novita’ sul suo ultimo libro! LICEO STATALE #BCM2014 Mario Golizia ©
Transcript

BookCity, 14-16 novembre 2014 – Milano Cittá Del Libro

UN’INVASIONE DI LIBRI

SOTTO LA MADONNINA

Una redazione

di ragazzi per

Bookcity

Filippo Del Corno l’assessore alla

cultura di Milano

intervistato dal

Giornale dei ragazzi

David Grossman intervista allo scrittore

impegnato nel

processo di pace in

Medio Oriente

Dario Fo intervista esclusiva allo

scrittore premio Nobel,

novita’ sul suo ultimo

libro!

LICEO STATALE

#BCM2014

Mari

o G

oliz

ia ©

PROGETTO PER BOOKCITY a cura di Isabella Di Nolfo

REDAZIONE Lucia Affaticati, Giulia Aloe, Bianca Antonelli, Martino Armanini, Francesco Assi, Sabrina Barca, Niccolò Barlocher, Costanza Barrai, Marta Barzasi, Umberto Battistin, Giacomo Bedeschi, Sara Bergomi, Sveva Berto, Manfredi Bizzarri, Celine Buccomino, Giacomo Caimi, Allegra Caleffi, Valentina Calvi, Elena Caselli, Isabella Catapano, Costanza Chittaro, Lucrezia Cogliati, Anna Colnago, Edoardo Colombo, Alexa Consonni, Lorenzo Dall'Omo, Alice De André, Giulia De Cesare, Filippo Del Bo, Noemi Deligios, Andrea Del Ton, Riccardo De Michelis, Valentina Di Lernia, Carlotta Di Sabato, Luca Dossena, Ilaria Ferrari, Serena Frau, Marco Gaffo, Benedetta Gaggio, Matteo Ghiringhelli, Lorenzo Gianni, Gaia Giove, Stefano Grassi, Francesca Guarneri, Ralitsa Ivanova, Michela Leva, Mattia Livraghi, Davide Longheu, Federico Magri, Pietro Manasse, Giulia Manca, Mattia Mantovani, Ginevra Massari, Bianca Mazzucco, Alessandro Melgrati, Federica Monaco, Riccardo Musso, Seunghi Nam, Alice Nani, Joshua Nemni, Elia Noseda, Pietro Orlandi, Alexa Pallante, Beatrice Palma, Giulia Panzeri, Sofia Parri, Riccardo Pasquali, Marta Pastori, Marco Pedretti, Carla Pelosoff, Letizia Pessina, Martina Pezzotta, Giovanni Pignatelli, Beatrice Pisaniello, Davide Pisaniello, Julius Pisati, Sebastian Plana, Vittoria Radaelli, Tommaso Ressia, Laura Rodano, Laura Rognoni, Cesare Rosa, Francesca Rubino, Vittoria Ruozi, Francesco Savanco, Guglielmo Sirolli, Chiara Sironi, Riccardo Soldatini, Niccolò Speroni, Leone Trascinelli, Mario Trotter, Filippo Ugo, Giulia Veschi, Alessandro Viapiana, Cedric Willekens , Mariam Yassa, Federica Yu, Masataka Yu, Eleonora Zané, George Zinsenheim

FOTOGRAFIE Bianca Antonelli, Sveva Berto, Giacomo Caimi, Isabella Catapano, Alice De Andre’, Luca Dossena, Benedetta Gaggio, Lorenzo Gianni, Mario Golizia, Seunghi Nam, Alice Nani, Giovanni Pignatelli, Cesare Rosa

ART DIRECTORS Alice Nani e Alessandro Viapiana con la collaborazione di Giulia De Cesare, Alexa Pallante, Marta Pastori, Giovanni Pignatelli

IL GIORNALE DEI RAGAZZI

DI BOOKCITY 2014

I ragazzi del Liceo Classico Giulio Casiraghi

I ragazzi dell’International School of Milan

I RAGAZZI DEL GIORNALE

DI BOOKCITY 2014

SOMMARIO

1 DAY ONE 1 VOCI DAL CASTELLO di N. Deligios, B. Mazzucco

2 PRIMO PIANO 2 DAVID GROSSMAN di N. Barlocher 3 DAVID GROSSMAN di M. Pastori 4 DAVID GROSSMAN di C. Chittaro, P. Manasse, V. Radaelli, M. Yassa 5 GIULIA MALDIFASSSI di S. Parri 6 DEL CORNO di G. Pignatelli, F. Ugo, G. Caimi, I. Catapano, R. Pasquali, A. Viapiana, G. Veschi 7 DEL CORNO di M. Gaffo 8 DARIO FO E SCIOTTO di G. Panzeri, F. Del Bo 9 DARIO FO di G. Panzeri, F. Del Bo

10 DAY TWO 10 CATERPILLAR di G. Aloe 11 D’AVENIA SI COMMUOVE di F. Guarneri, L. Cogliati 12 “READ! READ! READ!” by L. Rognoni, B. Palma, C. Di Sabato, A. Caleffi 13 THE SECRET BEHIND KINSELLA’S

WORLDWIDE SUCCESS! by L. Cogliati 14 ICONA DEL GLAM O ICONA DI VITA? di A. Colnago, E. Caselli 14 BOOKCITY A TEATRO: CI

DIVERTIAMO CON WILDE di M. Barzasi, R. Ivanova 15 ALEX GOETLING di G. De Cesare, M. Pastori 15 IL TEATRO E’ L’ARTE DEL PRESENTE di G. Aloe, L. Rodano 16 LA MERAVIGLIOSA MACCHINA DEI

SOGNI di G. De Cesare, M. Pastori

16 LA CA’ GRANDA DEI MILANESI di A. Pallante, F. Rubino 17 A DAY IN THE LIFE: A YOUNG

BOOKCITY JOURNALIST by C. Buccomino 17 DALLA TAC ALLA BRAIN INITIATIVE di M. Pezzotta, C. Sironi, F. Monaco, S. Nam 18 ULISSE ARTEMISIA di S. Barca, S. Frau, A. Pallante, L. Pessina 18 VOYEUR di F. Rubino 19 TANTI TESORI A MILANO di F. Magri, S. Plana, F. Savanco 20 ISIS, IS IT ONLY HISTORY? by V. Calvi, L. Dall’Omo 20 CHAOS, CONFUSION,

PANDEMONIOM by V. Radaelli, S. Willekens 21 PIAZZA DEI MERCANTI: UNA

TESSERA FONDAMENTALE NEL

MOSAICO STORICO MILANESE di F. Ugo, G. Pignatelli 22 CHE PECCATO #RICARICATI di J. Pisati, M. Pedretti, G. Zinsenheim 22 IL GENIO E LO SQUILIBRIO DI

DOSTOEVSIJ di A. De Andre’ 23 “COM’E’ MESSO L’AMORE

NELL’EPOCA DEL DIVERTIMENTO?” di M. Armanini, G. Sirolli, M. Bizzarri 23 “ESISTEVA IL RAPPORTO CON LO

SCRITTORE MA NON LA PAROLA” di V. Radaelli, S. Parri 24 PIU’ SPAZIO ALLA LETTURA NELLE

SCUOLE di V. Ruozi 24 ABBIAMO VISTO GLI INVISIBILI! di C. Barrai, S. Bergomi, G. Giove, M. Leva, G. Panzeri, G. Massari, M. Yassa 25 PRIMO EUROPEO SULLA STAZIONE

SPAZIALE di M. Ghiringhelli, N. Barlocher

SOMMARIO

25 ALDO CAZZULLO: LA GRANDE

GUERRA di L. Dossena, G. Bedeschi, S. Grazzi 26 FRITZ GARDNER di G. Rosa, L. Pessina, S. Barca, F. Assi, S. Frau 26 SOLDATI E ARTISTI di G. Rosa, L. Pessina, S. Barca, F. Assi, S. Frau 27 LA GRANDE GUERRA OGGI, UNA

STORIA NUOVA di F. Savanco, A. Melgrati 27 HOW IS DEATH TALKED ABOUT

TODAY? by V. Calvi 28 LA MORTE E’ UNA DELLE POCHE

CERTEZZE DELLA VITA di L. Cogliati 28 COME PARLARE DELLA MORTE di L. Rodano 29 BIBLIOTECA ON THE ROAD di E. Colombo

30 DAY THREE 30 UNA STORIA DI JUDO E CAMORRA di A. Nani, B. Gaggio 31UN VIAGGIO ALLA SCOPERTA DEL

CIBO CON CARLO CRACCO di F. Ugo, A. Del Ton, M. Trotter, J. Nemni, M. Musso 31 NEANCHE LA PIOGGIA FERMA GLI

APPASSIONATI DI DE CARLO di M. Yassa 32 IL SOLO ED UNICO MAESTRO DEL

BRIVIDO di A. Nani, B. Gaggio 33 DEEP WITHIN THE MASTERMIND OF

HORRORS di B. Antonelli 33 THE ESSENCE OF LIFE di V. Di Lernia, L. Affaticati 34 MA CHE SHAMPOO USA? di L. Dossena, L. Rodano 34 COMICI SI NASCE. O SI DIVENTA? di C. Barrai, S. Bergomi, G. Massari, L. Leonici 35 FRA LE MURA DEL CASTELLO

RIECHEGGIANO MEMORIE DEL

PASSATO di R. Pasquali 36 QUEL DANTE PLATONICO di A. De Andre’ 37 DANTE E’ IN CITTA’ di T. Ressia, S. Plana 37 DAL PRESENTE AL PASSATO di R. Ivanova 38 INSEGUIAMO ANCORA D’AVENIA di G. Giove, G. Panzeri 38 IL BELLO E’ CIO’ CHE INFERNO NON

E’ di G. Aloe, L. Rodano 39 RITORNO AL MEDIOEVO di M. Ghiringhelli 39 LA STORIA DEL FUMETTO di F. Del Bo, N. Barlocher, M. Ghiringhelli 40 LA SOCIETA’ INFLUENZA I MEDIA, O I

MEDIA INFLUENZANO LA SOCIETA’? di C. Barrai 41 MAFIA E CRISI di G. Bedeschi, P. Orlandi 41 IL NUTRIMENTO DEL PIANETA di A. Viapiana, G. Caimi 42 GROENLANDIA di F. Assi, S. Barca, S. Frau, L. Pessina, C. Rosa 42 I MISTERI DI DANTE di A. Pallante, F. Rubino 43 LEGGERE PER VIVERE di V. Calvi, P. Manasse 43 VEDERE CON LE MANI di I. Catapano, M. Pastori 44 UN SALTO NEL BUIO di S. Grassi, R. Pasquali 45 DIECI ANNI DI FANTASY di I. Catapano, M. Pastori, G. Veschi

46 DAY FOUR 46 WILBUR SMITH di R. Pasquali, G. Bedeschi 47 LA BELLA E LA BESTIA di T. Ressia, S. Plana 47 VORREI DECIDERLO IO di C. Pelosoff, F. Yu

SOMMARIO

48 NATI PER SERVIRE LA ‘NDRANGHETA di A. Nani, B. Gaggio 48 SI SELFIE CHI PUO’ di L. Rognoni, B. Palma, C. Di Sabato, A. Caleffi 49 E’ TUTTO UN MOSAICO di L. Dossena 49 MALERBE: LA NATURA NON MUORE

MAI di F. Guarneri, G. Manca, A. Consonni 50 TI VOGLIO PASSARE LA BELLEZZA di S. Grassi, A. Pallante, F. Rubino 50 DALLA MUSICA ALL’AMORE di D. Longheu 51 AMORE E RIVOLTA AL TEMPO DI ROCK di I. Catapano, M. Pastori 51 IL BAMBINO VESTE PRADA di A. Colnago, E. Caselli, G. De Cesare 52 ITALIANI APRITE GLI OCCHI! di L. Cogliati 53 L’IMPATTI DI HARRY SUL MERCATO

DELLA NOSTRA LETTERATURA di G. Veschi 53 L’UCRAINA E LE MIRE

ESPANSIONISTICHE DELLA RUSSIA di F. Assi 54 LA FISICA QUANTISTICA PIACE ANCHE

AI GATTI di A. Nani, B. Gaggio

55 LE NOSTRE RUBRICHE 55 GLI IMPERDIBILI - 10 LUOGHI

SCOPERTI ATTRAVERSO I LIBRI -

CONSIGLIATI DA NOI

56 GRAZIE A BOOKCITY ABBIAMO

IMPARATO A…

57 CI SONO PIACIUTI – COSA ABBIAMO

SCOPERTO DEL CASTELLO – QUICK

QUIZ

58 FOR A CULTURE WITHOUT

FRONTIERS di A. Nani 59 EN DAG I LIVET SOM EN UNG

BOGBYS JOURNALIST di H. Christoffer 60 DAI SEGRETI DELLA CUCINA A QUELLI

DELLA MAFIA di S. Nam 61 LA CALLIGRAFIA CINESE ARRIVA

ANCHE QUI A MILANO di L. Cogliati 62 L’ECRIVAIN DU LIVRE “EN FINIR AVEC

EDDY BELLEGUEULE” NOUS RACONTE

SES EXPERIENCES DANS SON OEVRES di S. Parri 63 UN NOMBRE SOBRE EL MURO di L. Trascinelli, F. Savanco, L. Gianni, A. Melgrati 64 EEN OOG OPENER VOOR DE WERELD

VAN LITERATUUR EN TAAL di C. Willekens 65 LA CINA SONO IO, SIAMO NOI. IL

POPOLO, NON LO STATO. di F. Yu 66 EL SECRETO: UN QUIMICO O UN

COCINERO? di M. Pezzotta, M. Trotter, F. Monaco, C. Sironi 67 LA STORIA E L’INFLUENZA

OCCIDENTALE SULLE ANIME MANGA di S. Murakami

68 RINGRAZIAMENTI

BUONA

LETTURA…

VOCI DAL

CASTELLO

di Noemi Deligios, Bianca Mazzucco

Passeggiata letteraria tra

i classici di ieri e di oggi

Ingresso del Castello Sforzesco. Giovedì 13 novembre, una sera finalmente limpida dopo tanti giorni di maltempo. È il momento dell’apertura di Milano Bookcity, l’evento dedicato alla letteratura e alla cultura che la città ospita dal 2012. Il piazzale antistante la Torre del Filarete è immerso nella penombra; poi il cancello del Castello si apre e a poco a poco emergono delle figure: alcune tengono in mano un libro aperto illuminato da una piccola luce da lettura, altre degli strumenti musicali. Si fermano di fronte al pubblico e per prima cosa ci offrono un assaggio accompagnato dalla musica del romanzo “Vedi alla voce: amore” di David Grossman, l’autore che più tardi verrà intervistato al Teatro Dal Verme, per poi mescolarsi a noi del pubblico e accompagnarci verso il luogo dell’incontro, allietando il nostro percorso con passi tratti dai libri che rappresentano. Lungo la strada ci avviciniamo a “Madame Bovary” e cerchiamo di capire qualcosa di più sul conto di questi misteriosi “uomini-libro”, ma non riusciamo a ottenere informazioni soddisfacenti: dalle parole con cui ci congeda sembra quasi sia tenuta a rispettare un qualche “segreto professionale”. Ma proseguendo con le nostre indagini capiamo che le personalità degli uomini libro sono tanto diverse quanto le opere che impersonano: infatti “Il Gattopardo” si mostra molto più aperta e disponibile al dialogo. Scopriamo così che gli uomini libro sono attori dell’Accademia milanese Campo Teatrale, che collabora al progetto sin dalla prima edizione; dando vita ad una performance originale e coinvolgente, sono ormai diventati il simbolo dell’evento stesso. Così, con la speranza di averci trasmesso un po’ della loro passione per la letteratura antica e contemporanea, si separano da noi, che ci accingiamo a partecipare al prossimo dei numerosissimi eventi in programma per questa edizione di Bookcity.

#BCM14 Bookcity inizia oggi con i

suoi primi eventi, ma i

giovani del Giornale dei

ragazzi non hanno ancora

cominciato la loro avventura.

Tranne qualcuno. Infatti tra

il primo pomeriggio, già denso

di eventi, e la serata di

inaugurazione alla presenza

delle più alte cariche

cittadine e di David Grossman,

alcuni di loro si sono

prestati per documentare le

prime battute di questa

manifestazione e sono riusciti

ad intervistare il famoso

scrittore israeliano.

All’inizio timidi e un po’

impacciati, questi primi

pionieri del Giornale sembrano

già aver compreso cosa li

aspetterà nei prossimi,

intensi, giorni

day one

Il Diario: Giovedì

di Luca Dossena

1

L’INCONTRO al Teatro del Verme

Primo Piano

inaugura Bookcity 2014 di Niccolo’ Barlocher

DAVID GROSSMAN

a sera del 13 novembre, presso il Teatro Dal Verme, si è tenuta l’inaugurazione di Bookcity Milano 2014, ospite d’onore David Grossman. Un evento importantissimo che non solo ha coinvolto gli adulti e gli appassionati di lettura, ma ha cercato anche di avvicinare i ragazzi alla letteratura, alla cultura e all’arte. I social network, per esempio con la pagina Facebook di Bookcity, hanno svolto un ruolo fondamentale nel progetto, pubblicizzandolo e dando ai ragazzi la possibilità di esprimere le proprie idee. Al teatro siamo rimasti stupefatti dal gran numero di amanti del mondo dei libri, giovani e meno giovani, raccolti lì per l’occasione. Si respirava l’entusiasmo dei presenti. Noi del Giornale dei ragazzi eravamo molto emozionati di partecipare all’inaugurazione: per la prima volta abbiamo avuto l’opportunità di dimostrare le nostre abilità di giornalisti. L’atmosfera all’interno del teatro era piuttosto rilassata, ma non per questo è stato meno impegnativo lavorare per tutta la durata dell’evento a raccogliere notizie, scattare foto e girare video. La serata si è aperta con un discorso del presidente di Bookcity Piergateno Marchetti, che ha tenuto a sottolineare come in questa manifestazione culturale la “quantità è sinonimo di qualità” in termini di eventi. Presente anche il Sindaco di Milano Giuliano Pisapia, che ha consegnato il Sigillo della città a David Grossman, il quale lo ha accolto con una battuta: “se mai qualche milanese rimanesse chiuso fuori dalla città, saprebbe a chi rivolgersi!” Quando Grossman ha preso la parola per presentare il suo ultimo romanzo, Applausi a scena vuota, ha destato sorpresa il modo ironico e limpido con il quale ha voluto introdurre il suo mondo, cioè la realtà che vive il popolo israeliano, solo parzialmente conosciuta da chi non ne ha mai vissuto la quotidianità. Grossman ha voluto spiegarci le ragioni delle scelte linguistiche della sua opera, cioè l’uso di diversi registri, certo per dare maggiore veridicità al testo e mantenere vivo l’interesse del lettore, ma soprattutto perché le parole possono avere una forza straordinaria anche in situazioni di conflitto. L’autore ha successivamente

introdotto argomenti di attualità che interessano il mondo intero. Come quello della guerra in Medio Oriente, la continua lotta tra il popolo ebraico e quello palestinese. Grossman ha parlato con equilibrio, per lasciare il pubblico libero nel suo giudizio sui fatti. Allo stesso tempo ha cercato di coinvolgere la platea e alleviare la tensione con delle battute, per alleggerire la descrizione di una realtà così tragica e difficile da risolvere. Ha rievocato un episodio accadutogli all’età di tredici anni: poiché il Presidente egiziano Nasser aveva minacciato gli israeliani di buttarli tutti in mare il giovane Grossman iniziò a prendere lezioni di nuoto. Non poteva che colpirci la serenità e l’ironia di una persona nata e cresciuta in un ambiente dove la vita va vissuta quotidianamente senza certezze riguardanti il futuro, ricordandoci la fortuna che abbiamo, cioè di essere nati in un paese in pace, nel quale si può progettare pensando a un futuro tranquillo perché, nonostante la crisi economica, la vita dei cittadini non è in pericolo ogni giorno. Ne è nata una riflessione sul valore della letteratura e delle parole per conoscere la realtà, e per questa ragione consigliamo fortemente la lettura dei capolavori di David Grossman, che danno l’opportunità di conoscere un mondo come il Medio Oriente, considerato da troppi come solo un focolaio di violenza.

L

Il Presidente di Bookcity, Piergaetano Marchetti, con l’assessore alla cultura Filippo Del Corno

Il Sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, consegna le chiavi della città a David Grossman

Edoardo Vigna intervista David Grossman

2

DAVID GROSSMAN

L’INCONTRO al Teatro Dal Verme

Primo Piano

Il Giornale dei ragazzi intervista

A l Teatro Dal Verme una folla gremita aspetta l’arrivo dello scrittore israeliano David Grossman. Noi siamo dietro le quinte, e lui è difronte a noi. Si presenta tranquillo, mentre noi non lo siamo per niente. Ci stupiamo quasi della sua disponibilità e colloquialità, che sicuramente aiuta a sciogliere la tensione. Senza indugiare oltre, iniziamo subito con le domande. Cosa ne pensa di Bookcity? «Trovo che Bookcity sia una grande opportunità perché sono presenti autori di tutto il mondo, e riesce a suo modo ad avvicinare molte persone alla lettura di libri». Preferisce scrivere storie o saggi letterari? «Decisamente storie. Mi piace molto inventare e descrivere sempre nuovi personaggi, nuove personalità. Scrivendo storie è possibile creare situazioni empatiche interessanti». Nei sui libri lei inserisce personaggi con forti caratterizzazioni, ma qual è il suo preferito? «Questo non posso dirlo, perché altrimenti gli altri ne sarebbero sminuiti. Tuttavia posso affermare che credo profondamente in ogni personaggio, sento che le loro storie mi appartengono, mi identifico completamente con la loro indole, anche se so che per buona o cattiva fortuna non potrò mai essere uguale a loro» Come nascono le sue storie? «Le mie storie nascono in maniera totalmente naturale. Percepisco la realtà narrativa come l’unica realtà che io conosca.» Ha sempre amato scrivere? «Decisamente. Fin da piccolo, ho sempre amato sia la scrittura sia la lettura » E non a caso, una volta conclusa l’intervista, si presenta sul palco di una conferenza dal titolo «La forza delle parole»

di Marta Pastori

«percepisco la realtà narrativa come l’unica realtà che io

conosca»

David Grossman, 60 anni scrittore israeliano, è in prima linea nel processo di pace in Medio Oriente, anche a causa della morte del figlio in un’operazione militare I suoi libri più famosi? Qualcuno con cui correre, Vedi alla voce Amore, Ad un cerbiatto somiglia il mio amore, tutti editi da Mondadori

Marta Pastori intervista David Grossman

3

his event had a massive impact on the city, engaging thousands of people of all ages. "Our goal" said Milan’s councilor for culture Filippo del Corno "is to attract people from every social background to maintain Milan's prestigious record regarding literature". Thousands of people invaded the streets surrounding the Teatro Dal Verme. Adults, children and students were passionately involved in the countless projects initiated by the Book City staff. David Grossman was one of the many celebrities of the literary world who has certainly contributed to increasing the popularity of the event. As students, we were particularly intimidated by this celebrity writer and the waiting that proceeded our meeting amplified our anxiousness. The red carpet and dim yellow lights foreshadowed the greatness of this man who stands as an example to all. However, as soon as we ran backstage we were pleasantly stunned by the author’s simplicity who welcomed us warmly. Some of us were lucky enough to interview Grossman and he came to confide in us that he has had a fascinating relationship with literature and the world that it opens ever since he was a child: "I have always loved reading as I consider it a parallel reality to the world we live in, but with infinite possibilities." By talking to him it was possible to comprehend this magic world that novels have the power to create.

With regard to the setting of his stories, he said that all of his novels are set in Israel, because he finds it a way of rediscovering and re-living his childhood, which was a very special one indeed. Two words that would sum up this Book City opening are unique and humorous. Unique as no one would have dreamt of meeting, interviewing or being able to spend some time with David Grossman. Although, at the same time the whole event was full of humor as Grossman recounted how much he loved including jokes in his novels even though he is not a great joke teller. Towards the conclusion of the event he told his favorite joke: "A cow enters a bar, and asks the barman: "can I have a glass of whiskey?", he replies "with a straw?" And the cow says "with a lot of straw." The event concluded with a standing ovation. The audience was then encouraged to attend the buffet where we had time to discuss and reflect on his powerful words. Grossman signed thousands of copies of his new book: Applausi a scena vuota which is now available in every good bookshop.

L’INCONTRO al Teatro Dal Verme

Primo Piano

Il Giornale dei ragazzi meets

by Costanza Chittaro, Pietro Manasse, Vittoria Radaelli and Mariam Yassa

T

DAVID GROSSMAN David Grossman, the world renowned

Israeli writer was given the keys of

the city of Milan yesterday, 13th

November, at the inauguration

of Bookcity 2014 where he was

the special guest

David Grossman’s new book, Falling out of time

David Grossman

4

L’INCONTRO alle sale Panoramiche

Primo Piano

Il Giornale dei ragazzi intervista

di Sofia Parri

omenica 16 Novembre, è passata a trovarci in redazione Giulia Maldifassi, l’ex responsabile dell’Ufficio Relazioni Estere e attuale segretaria editoriale dell’Ufficio Stampa di Feltrinelli. Questa signora, che è entrata a far parte della storia delle relazioni fra gli editori di tutto il mondo, ci ha rilasciato un’intervista rivelatrice, parlandoci del suo lavoro presso Feltrinelli e dei rapporti che si creano tra la casa editrice e i gli scrittori. Giulia Maldifassi ha iniziato raccontandoci del processo editoriale e delle capacità necessarie per essere un buon responsabile di dipartimento. Questo mestiere è un vero e proprio “mercato” mondiale, in continuo mutamento, dove si avvicendano scrittori, generi, lingue e trend diversissimi. Le case editrici devono mantenersi aperte e disponibili non solo verso gli editor e gli scrittori affermati, ma anche verso autori emergenti e nuove scoperte, che potrebbero riscuotere un successo sorprendente, come nel caso di Pennac. È proprio in queste circostanze che entra in gioco la segretaria editoriale della casa editrice, che deve avere non solo grandi capacità organizzative, indispensabili per riuscire a stare al passo con la moltitudine di responsabilità di cui si deve occupare, ma anche intuito e creatività, per capire subito ciò che potrebbe funzionare editorialmente. Bisogna saper distinguere i talenti nella massa di aspiranti scrittori, imparare a riconoscere il diamante grezzo a cui serve soltanto essere ripulito per splendere. E anche essere molto pazienti e generosi, per dare valore al proprio lavoro e quello degli altri, che sia dello scrittore o dell’editor. Alla domanda “Qual è l’autore che più le interessa?”, Maldifassi non ha saputo rispondere. Secondo lei, ogni autore è interessante e particolare, magari per la sua originalità nella trama del libro, per lo stile o per particolari dettagli del testo. Per lei l’importante è che l’autore piaccia ed emozioni il pubblico. Ha inoltre aggiunto che ora, rispetto a prima, è cambiato il modo in cui gli scrittori e i libri vengono presentati e resi noti al pubblico. Un tempo non c’erano festival ed eventi pubblicizzati

sui social network, e le case editrici dovevano promuovere i libri solo attraverso eventi interattivi con il pubblico, per esempio nelle librerie. L’uso dei social network ha incrementato l’uso dei tablet e degli smartphone, e conseguentemente la lettura degli E-book, facendo calare quella dei libri cartacei. Il libro non è più solo quello stampato su carta. È ovvio che quella cartacea è la sua forma originale, ma il futuro sta anche nel sapersi adattare alle invenzione che potrebbero facilitare la vita di tutti. Per concludere la nostra intervista, abbiamo chiesto a Maldifassi che cosa pensa di BookCity Milano 2014. Ecco la sua risposta: “Animare la città con scrittori stranieri ed eventi sparsi dappertutto, nei bar, nei negozi, in case importanti e in spazi culturali di cui ci dimentichiamo spesso, e a cui non si può accedere in altre situazioni, è stata una sfida vinta da BookCity, che ha permesso a tutti di conoscere meglio la città, ma anche di scoprire il mondo del che esiste dietro la creazione di un libro. È stato magnifico anche vedere come la tradizione del libro persista ancora, anche per le generazioni più giovani come voi, e come questa passione possa accumunare tutti”. Questa intervista non solo ci ha dato l’opportunità di parlare con una persona che ricopre un ruolo importantissimo in ambito editoriale, e che probabilmente ha influenzato molti dei libri che abbiamo letto, ma ci ha anche fatto accostare a una realtà che di solito non vediamo. Ora siamo più attrezzati non solo come futuri potenziali giornalisti e scrittori, ma come futuri “esploratori” del mondo.

D

GIULIA MALDIFASSI

Giulia Maldifassi con Carlo Feltrinelli

5

FILIPPO DEL CORNO

L’INCONTRO al Castello Sforzesco

Primo Piano

Il Giornale dei ragazzi incontra

di Giacomo Caimi, Isabella Catapano, Riccardo Pasquali, Giovanni Pignatelli, Filippo Ugo, Giulia Veschi, Alessandro Viapiana,

enerdì 14 Novembre si è reso disponibile, per un’intervista con il Giornale dei Ragazzi di Bookcity, l'assessore alla cultura del Comune di Milano Filippo Del Corno. Sullo sfondo delle merlature del Castello, nelle Sale Panoramiche, a pochi passi dalla messa in onda di Radio Popolare, Filippo Del Corno ha risposto ad alcune nostre domande a proposito del rapporto fra Milano e manifestazioni culturali come appunto Bookcity. La nostra prima domanda mirava a capire se lui pensasse che il nostro punto di vista, di giovani giornalisti, potesse essere diverso da quelli adulti. Ci è sembrato che fosse molto ottimista riguardo al progetto del Giornale dei ragazzi. Ci ha spiegato che il nostro lavoro potrebbe contribuire in modo decisivo a convincere altri nostri coetanei a riscoprire il piacere di leggere. Sperava che come ragazzi non avremmo avuto i pregiudizi che invece spesso hanno i giornalisti adulti prima delle interviste. Con la seconda domanda abbiamo quindi chiesto chiarimenti riguardo alle recenti notizie di infiltrazioni di associazioni malavitose nel progetto Expo 2015, altra importante iniziativa della quale sarà protagonista la città di Milano. Come si sa, tali notizie hanno avuto una grande eco, complice soprattutto il passaparola della stampa, e da queste è derivato lo sconcerto e lo sdegno pubblico. Per questo abbiamo ritenuto opportuno approfittare dell’occasione per avere l’opinione di una personalità autorevole e che sicuramente ne sa più di noi. La risposta dell'assessore non ha lasciato dubbi o incertezze. “Bisogna entrare nella notizia”, ha dichiarato subito, intendendo dire che per capire a fondo la questione

non bisogna fermarsi alla superficie delle informazioni, ma esaminare più attentamente il caso e giudicare i suoi reali effetti. Emergerebbe così la realtà: le presunte implicazioni della criminalità organizzata nelle gare per gli appalti di Expo 2015 non sono stati che tentativi falliti. Abbiamo poi scelto di chiedere all’Assessore quale motivazione lo abbia spinto ad entrare in politica, oltre a svolgere la professione di docente universitario e compositore. Del Corno ha esplicitato che il suo obiettivo non è tanto quello di intraprendere una carriera in politica, quanto quello di mettere a disposizione del comune le sue competenze e conoscenze. Milano è una città che deve crescere dal punto di vista culturale, fino a divenire uno dei principali poli europei in quest’ambito, dunque si deve dare tutto quel che si può per contribuire a quest’ambizioso obiettivo. Sull’onda di questa risposta abbiamo voluto sapere quale importanza sia attribuita all’Assessorato alla Cultura, che Del Corno rappresenta, nell’amministrazione comunale di Milano. Con orgoglio l’Assessore ha parlato di un ruolo chiave, legato a tre principali obbiettivi. Innanzi tutto arricchire il patrimonio culturale milanese, che è in costante aumento fin dall’immediato dopoguerra. In secondo luogo far tornare Milano una delle capitali europee della cultura. Infine ridare energia al popolo milanese. L’Assessore ha infatti concluso citando e parafrasando il sindaco della ricostruzione di Milano, Antonio Greppi: la città ha bisogno di pane e cultura, l’essenziale per vivere è il pane, ma l’energia viene dalla cultura. Infine una delle nostre

curiosità era quella di sapere quale valore abbia avuto la figura del padre, Dario del Corno, nella sua infanzia e nella sua formazione, e se per via di tale figura sia stato in qualche modo forzato verso una scelta di vita all’insegna della cultura. Dario del Corno è stato infatti un uomo di vastissima conoscenza, grande esperto del mondo classico, greco in particolare, nonché autore di testi scolastici che una delle nostre scuole ha adottato. L’assessore ha dichiarato che sicuramente la figura di suo padre ha contribuito a indirizzarlo verso un certo tipo di professione, ma che non ha mai avvertito alcun tipo di costrizione od obbligo in questo senso. Anzi, avere un padre di tale calibro è stata certamente una fortuna e un’opportunità enorme; gli ha consentito per esempio di accedere a una biblioteca vastissima, di discutere delle sue letture e di confrontarsi con una persona vicina, con cui parlare con disinvoltura, e di entrare in contatto con grandi personalità in ambito culturale. Sicuramente questa intervista con l’assessore Dario del Corno ci è stata utile per comprendere che la cultura, di qualsiasi tipo essa sia, è un bene di vitale importanza, soprattutto per un paese come il nostro, dove ogni cosa parla di arte e passato. Eventi come Bookcity e l’Expo, coinvolgendo molte persone in un progetto culturale, possono diventare un modo per costruire una città migliore e più accogliente per tutti.

V

Filippo Del Corno, nato a Milano nel 1970, attualmente ha competenze e deleghe che includono la Politica della Cultura, la gestioni di grandi eventi, e la programmazione inerente le attività di produzione cinematografica

Intervista a Filippo Del Corno

6

n Friday 14th of November, the Councillor for Culture of the Municipality of Milan, Filippo Del Corno, was available for an interview with the “Giornale dei Ragazzi di Bookcity”. The background was the battlements of the Castle, in the Panoramic Rooms, a short distance from the airing of Radio Popolare. Filippo Del Corno answered some of our questions about the relationship between Milan and cultural events like Bookcity. Our first question aimed to understand if he thought our point of view, us being young journalists, could be different from that of adult journalists. It appeared to us as if he was very optimistic about the project “Giornale dei Ragazzi”. He hoped that, since we are young people, we would not have any of the prejudices that adult journalists normally have before interviewing someone. He explained that our work could contribute decisively to convincing our peers to rediscover the pleasure of reading. With the second question, we asked for clarification regarding the news of the possible involvement of ill-intentioned organisations in the EXPO 2015 project, another important initiative the city of Milan will host. Such news have indeed had a great echo, mainly because of the press coverage, and understandably caused the bewilderment and disdain of the public. We therefore thought it appropriate to take advantage of the opportunity to ask such an authoritative personality for an insightful opinion. The Councillor’s response did not leave any doubts or room for uncertainty. “You have to enter the news”, he declared instantly, meaning that to fully comprehend the problem one must not stop and only gain information throughout journalists, but must examine the case more closely and judge its real effects. In this way, it will emerge that, in reality, there were only unsuccessful attempts by organised crime to become involved in tenders for contracts for EXPO 2015. Later, we thought of asking the Councillor what made him initiate a career in politics, even though he is a University lecturer and composer. Del Corno explained that his goal is not primarily to undertake a career in politics, but rather to put his skill and knowledge to the service of the city. In Del Corno’s opinion, Milan must grow culturally until it becomes one of the main cultural poles in Europe, therefore, one must do everything possible to contribute to the reaching of such an ambitious goal. Following up on the previous question, we were interested in learning about the importance of the office of Councillor of Culture within the City of Milan. With pride, he stated that his is a key role, with three main objectives. First, it is to enrich Milan’s cultural heritage, which has been in constant increase since WWII. Second, he spoke about reputation, meaning to make Milan one of

Europe’s capitals again. Third, his role is to give energy and strength to Milan’s population. Lastly, our curiosity was to learn what significance the figure of his father, Dario Del Corno, has had in his childhood and in his cultural shaping, and if because of this he was, in some way, “forced” to choose a life and career to the service of culture. Dario Del Corno was a man of wide knowledge, broad expertise in classical culture, Greek especially, as well as an author of educational textbooks that some schools have adopted. The Councillor emphasized that his father’s work could be a way to bring Milan’s population closer to culture, therefore to build a better and more welcoming city for everyone.

INTERVIEW WITH

FILIPPO DEL CORNO

O by Marco Gaffo

Primo Piano

«Milan is a city that has to grow from a cultural point of view, and become one of the major

European sites»

7

L’INCONTRO al Piccolo Teatro Studio Melato

Primo Piano

di Filippo Del Bo, Giulia Panzeri,

a presentazione dell’ultimo libro di Dario Fo e Piero Sciotto, Ciulla il grande malfattore, con cui si è conclusa Bookcity 2014, è stata il pretesto per uno spettacolo, improvvisato ma neanche troppo, con protagonisti i due autori che insieme collaborano da anni. Durante lo spettacolo, abbiamo avuto un assaggio del nuovo libro, in cui è presentato un breve periodo della storia italiana, dall'Unità d'Italia fino ai primi del Novecento, che per corruzione e scandali ricorda quello attuale. Pretesto è il caso particolare di Paolo Ciulla, un genio, come definito dai due autori, sebbene sia stato tra i più grandi malfattori italiani. Il libro di Fo e Sciotto narra infatti la storia del cieco, omosessuale e anarchico Ciulla, famoso per aver falsificato somme ingentissime di denaro e per aver donato, da grande gentiluomo, parte delle lire che produceva ai meno fortunati tra i suoi concittadini catanesi. Processato e successivamente incarcerato per vari anni, al suo rilascio fu spedito in una casa di riposo per il resto dei suoi giorni. La storia di Ciulla parla di un fuorilegge maestro nella sua arte, sfruttata per ribellarsi contro un potere che non gli permetteva di essere un artista. Un uomo di buon cuore che ha sempre vissuto in una zona di confine della società. L'evento ha attirato un grandissimo pubblico, tanto che il Piccolo Teatro Studio Melato si è riempito completamente, lasciando numerosi spettatori seduti a terra, e molti fuori dalla sala. Appena i protagonisti della serata sono entrati in scena, il pubblico è esploso in un applauso che ha accolto il premio Nobel per la letteratura e la sua spalla e co-autore. La serata è iniziata con una canzone, scritta da Fo e Sciotto, che sintetizzava il libro con entusiasmo e creatività. In particolare è stata straordinaria l'energia sprigionata da Dario Fo, ottantotto anni all'anagrafe. Con quest’apertura abbiamo visto ancora una volta scatenarsi il lato entusiastico e travolgente dell’attore-autore. A metà serata, Dario Fo e Pietro

Sciotto hanno rappresentato una scena tratta dal libro: uno dei numerosi interrogatori in tribunale. Fo impersonava Ciulla con garbo ma anche grande energia, Sciotto era invece il giudice. Come ha ricordato la scena rappresentata, il malfattore si difendeva cercando sempre di catturare con ironia e battutte spiritose la simpatia del pubblico presente nel tribunale. In questo modo è riuscito per la prima volta nella storia italiana a trasformare un dibattimento giudiziario in un evento popolare. Infatti Ciulla racconta nei minimi dettagli la vicenda al giudice, non permettendo quasi a quest'ultimo di intervenire nel suo discorso. La scena si conclude con la sentenza di condanna da parte del giudice, e la conseguente reclusione di Ciulla. Fo e Sciotto hanno poi raccontato come, considerata l’età e lo stato di salute ormai precario di Ciulla, divenuto quasi completamente cieco, gli sia stato consentito di lasciare la prigione ed essere trasferito in un ricovero per anziani, dove ha poi fondato un’università con i suoi compagni. Dario Fo ha chiuso lo spettacolo con il monologo del personaggio principale, che spiega al pubblico i benefici di perdere uno o più sensi. Infatti Ciulla, perdendo la vista, afferma di aver acquisito più sensibilità negli altri sensi, imparando così a cogliere aspetti della vita meno evidenti e sconosciuti ai più, traendone arricchimento personale. Le emozioni suscitate da questa messa in scena sono state forti, in particolare grazie alle toccanti parole di Ciulla sulla sua condizione. Dario Fo conclude la magnifica serata e Bookcity con una profonda riflessione sulla vita, riportando parte del diario di Paolo Ciulla: “Gli anni passano veloci soprattutto quando stai bene con la gente e sei apprezzato. Non so quanto mi resti ancora da vivere, ma non è questo che mi spaventa. Come diceva quel grande saggio: ‘Non mi dispiace morire, mi dispiace solo non vivere più!’”.

L

Dario Fo e Pietro Sciotto sul palcoscenico durante la conferenza

al Piccolo Teatro Studio Melato

Ciulla, il grande mattatore, edito da Guanda, il nuovo libro di Dario

Fo e Pietro Sciotto presentato ufficialmente a Bookcity

chiudono Bookcity 2014

DARIO FO E SCIOTTO

8

L’INCONTRO al Piccolo Teatro Studio Melato

Primo Piano

Il Giornale dei ragazzi intervista

DARIO FO di Filippo Del Bo, Giulia Panzeri

opo lo spettacolo di Dario Fo, che ha chiuso Bookcity con la presentazione del suo ultimo libro Ciulla il grande malfattore, abbiamo avuto la fortuna di porre qualche domanda al premio Nobel. L'incontro è iniziato con una domanda semplice, per noi essenziale per capire a fondo gli intenti dell'autore: “Quando ha ideato il romanzo?”. Fo ha risposto con passione che il libro era stato pensato e progettato molto tempo prima della sua pubblicazione. Ci ha rivelato che l'idea è stata del collaboratore Piero Sciotto, il quale ha raccolto fatti e storie dell'epoca in cui è ambientato il romanzo. Ma ha anche aggiunto che, sebbene Sciotto gli abbia proposto la stesura di questo

romanzo solo recentemente, lui aveva già pensato a qualcosa di simile cinquant’anni fa, senza però realizzare il progetto. L'interesse del libro risiede anche nel fatto che si affronta la storia da un punto di vista inusuale, quello di un emarginato, raramente raccolto dai testi ufficiali. Abbiamo quindi chiesto che cosa rappresenta il personaggio di Ciulla: per Fo questo personaggio è simbolo della genialità dell'uomo, e nel risponderci l’autore ha sottolineato che la cultura e l'istruzione sono fondamentali per sviluppare le proprie abilità. Alla domanda se si possa quindi dire che l'intento del libro è anche quello di mostrare quanto la cultura sia

importante, Fo ha replicato che uno dei messaggi dell’opera è di non fermarsi di fronte agli ostacoli che ci pone la vita, continuando ad andare avanti, analizzando con senso critico le situazioni e scavando sempre oltre la superficie nella ricerca della verità.

«non bisogna fermarsi di fronte agli ostacoli che ci

pone la vita, dobbiamo continuare ad andare avanti»

D

Dario Fo ritira nel 1997 il Premio

Nobel per la letteratura

9

di Giulia Aloe

V

Giulia Aloe intervistata da Radio Due

CATERPILLAR Caterpillar ed Il Giornale dei ragazzi

enerdì 14 novembre tre ragazzi della nostra redazione hanno avuto l'opportunità di partecipare alla diretta di Radio 2 “Caterpillar” alla Triennale di Milano. La puntata era incentrata sul tema “libri mattone”, i libri quasi impossibili da finire che hanno tormentato generazioni di lettori. Con un risultato non certo sorprendente il pubblico ha decretato stra-vincitore del premio "mattone d'oro" l'Ulisse di James Joyce. Al termine della diretta abbiamo colto l'occasione per intervistare Marco Malvaldi (autore di gialli) e Lella Costa (attrice, scrittrice e doppiatrice italiana), che hanno preso parte alla trasmissione. Intervista flash a Marco Malvaldi Per quale motivo un ragazzo dovrebbe dedicarsi alla lettura? Anzitutto perché leggere è un modo per vivere tutte le vite che non potremo mai vivere: grazie alla lettura possiamo decidere di interpretare ogni giorno un personaggio diverso. Inoltre, penso che, leggendo, voi ragazzi possiate capire che anche le persone con i capelli brizzolati con cui vi confrontate e scontrate sono state giovani come voi e che, di conseguenza, possono aiutarvi ad affrontare l'adolescenza. Il suo libro preferito? Sicuramente Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa Intervista Flash A Lella Costa Cosa ne pensa del fatto che meno del 50% degli italiani legga almeno un libro all'anno? Ritengo che molti pensino che leggere sia una cosa molto faticosa e che richieda molto tempo e che, inoltre, siano intimoriti dal fatto che nel nostro paese Cultura e Letteratura sono scritte con la maiuscola e si chiedano dove sia la noia e la fregatura. Tutto ciò che possono fare i lettori è contagiare gli altri, trasmettere la bellezza della lettura, la grandiosità e l'unicità del patrimonio culturale italiano (che ci può essere utile anche per affrontare le più svariate situazioni quotidiane); si potrebbe iniziare a scuola, rendendo più confidenziale e meno punitivo il rapporto con i libri. Altrimenti, temo che gli scrittori supereranno il numero dei lettori! Cosa rappresenta per lei Bookcity Milano? Per me, che da quando è nato il Festival della Letteratura di Mantova non ne ho mancata neanche un'edizione, vedere che anche Milano finalmente si apre al mondo della lettura e vive quest'occasione con grande trepidazione è una gioia e un grande orgoglio da cittadina.

#BCM14

Secondo giorno di questa nuova

esperienza (primo ufficiale).

Dovunque per Milano si respira

cultura. Grandi nomi, grandi

storie. E tocca a noi

raccontarle. Decine di piccole

squadre si muovono alla

spicciolata per tutto il

centro della città: dovranno

compiere un incarico del tutto

nuovo per loro, documentare i

moltissimi eventi di questa

kermesse e intervistarne i

protagonisti. Carta, penna e

reflex alla mano, si e vista

una grande voglia di fare da

parte di tutti, e il risultato

non ha tardato ad arrivare. In

poche ore sono stati prodotti

decine di post su due diversi

social network, sono stati

registrati video per svariate

ore e scattate centinaia di

foto, sono già pronti

tantissimi articoli e

interviste da pubblicare.

Pur essendo il primo giorno

tutti si sono impegnati in

questa avventura: tanta

fatica, tantissima

soddisfazione.

day two

Il Diario: Venerdì

di Luca Dossena

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enerdì 14 Novembre Alessandro D’Avenia ha tenuto una conferenza alla Biblioteca Centrale dell’Università Cattolica di Milano. Non solo ha letto e commentato alcuni passi del suo nuovo romanzo Ciò che inferno non è (Mondadori), ma ha anche dato alcune preziose lezioni di vita derivanti dalle sue esperienze personali. D’Avenia ha iniziato il discorso con la toccante storia di una sua lettrice appassionata di libri. Lo scrittore ha raccontato della commovente vicenda del fidanzato di questa giovane, morto proprio la notte prima, dopo aver letto il nuovo romanzo dell’autore, che l’ha aiutato a lasciare la vita in modo più sereno. Questo episodio gli ha permesso di dire che la letteratura ha degli effetti sulla vita reale, arriva davvero alle persone, “serve per vivere meglio”. Parallelamente, la vita reale ha un effetto sulla letteratura. D’Avenia è nato a Palermo. Nonostante non abbia vissuto tutta la sua vita nel capoluogo siciliano, vi ha trascorso quella che è secondo lui l’età più importante, da zero a sei anni. L’autore si è più volte soffermato sull’importanza della sua città natale, protagonista del libro. Ha spiegato ai presenti il significato dei titoli delle prime due parti del romanzo: “Tutto porto” e “Spasimo”. Palermo ha due volti totalmente differenti: uno per coloro che ci vivono e uno per coloro che ci arrivano. Per chi non conosce la città, Palermo si presenta come un bellissimo e accogliente abbraccio dal mare. I suoi abitanti sono invece abituati alla sua bellezza, non riescono più ad apprezzarne l’unicità, e anzi provano un forte desiderio di superare l’orizzonte che li tiene quasi prigionieri nelle loro case. Questa riflessione ha catturato tutti i presenti e siamo certi che li abbia anche invogliati ad esplorare la città in ogni angolo. Parlando di Palermo, D’Avenia ha anche fatto riferimento ad un tema attuale e drammaticamente rilevante al giorno d’oggi non solo in Italia, ma in tutto il mondo: la mafia. Secondo l’autore, questo terribile fenomeno ha avuto inizio nel momento in cui il Conte di Spasimo ha barattato un inestimabile quadro di Raffaello con un semplice titolo più prestigioso, che per lui evidentemente valeva molto di più. La superficialità del Conte, che ha rinunciato a qualcosa di così prezioso, è l’atto di nascita della mentalità mafiosa. Il lunghissimo e

caloroso applauso che è seguito ha segnato il totale consenso e l’acquisita consapevolezza dei presenti, affascinati dalle parole dello scrittore. Sul libro D’Avenia ha voluto serbare il mistero, leggendo solo alcuni passi tratti da punti diversi del testo. Durante la presentazione ha messo in rilievo il personaggio di Don Pino, figura realmente esistita ed essenziale per la sua crescita. In particolare ha dimostrato di tenere molto alla lettura del dialogo tra Francesco, un piccolo bambino, e Don Pino, definendo tale dialogo il “cuore” della seconda parte del libro. In quel momento D’Avenia si è commosso per la sua forte identificazione con il personaggio. Guardandoci intorno, abbiamo notato che anche tra il pubblico c’erano volti emozionati. La nostra partecipazione e quella di tutti i presenti ha garantito il giusto sostegno perché l’autore riuscisse a continuare la lettura del libro. Terminato l’incontro, Alessandro D’Avenia ha cercato di autografare tutti i libri nonostante la coda interminabile, prova dell’immenso successo di questo giovane ma apprezzatissimo autore. D’Avenia ha avuto un successo incredibile a Bookcity 2014 e numerosi ragazzi e ragazze, non conoscendo bene l’autore ed i suoi libri, si sono incuriositi molto e sono stati spronati dalle sue parole a comprare il suo nuovo libro, al quale sembra tenere particolarmente.

D’AVENIA SI COMMUOVE

Una lezione di vita per i moltissimi giovani presenti

alla Biblioteca dell’Universita’ Cattolica

«non basta evitare

il male. Il bene

bisogna farlo»

V di Lucrezia Cogliati, Francesca Guarneri

La copertina del nuovo libro di Alessandro D’Avenia, Ciò che inferno non è (Mondadori)

Alessandro D’Avenia autografa delle copie del suo nuovo libro appena

uscito all’Università Cattolica

Il Diario: Venerdì

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“READ, READ, READ!” An afternoon with a young inspirational

author

who reaches out to our generation

“Read, read, read. I repeat: read, read, read!” through these words Alessandro D’Avenia, a well known Italian author, has been able to reveal the key to becoming a successful writer. Our first meeting with Alessandro D’Avenia took place on Friday 14 November 2014 at the Central Library of the Catholic University of Milan. After a stimulating lecture filled with many emotional reflections, during which he presented his last book Ciò che inferno non è, we tried to bypass the crowd in order to meet the writer and ask him some questions. We initially felt disappointed with his hurried and uninterested manner, and with his underestimation of our project Il giornale dei ragazzi di Bookcity. In fact, he implied that it was just a way “of not going to school for a day”. However, we definitely changed our minds when we met him the second time, in the afternoon, in the courtyard of the Sforzesco Castle. Without the crowd of fans and journalists surrounding him, he appeared much more relaxed and approachable. Alessandro D’Avenia gave up his time to answer all of our questions in detail and gave us useful advice for our future. The career of D’Avenia as an author, apparently, was a by-product of his teaching at the San Carlo School. The author admitted he had always been “good at telling stories and making sure that everybody understood their message”. Since his childhood, he had always been the type of child who “talked and talked and talked all day”. Expressing his feelings, his ideas and opinions about the world around him has always been easy and natural for him. Unsurprisingly, he admitted how often his daily life and experiences affect the stories he writes. Most of the characters and events in his first book Bianca come il latte, rossa come il sangue, are inspired by situations recounted to him by his own students “ One of my students told me, that year, of how he had lost his friend due to cancer. Yet, this friend had been helping him get through this situation, sustaining him to bear the suffering. This made me realize the strength that most young boys and girls like you have. The friend dying from cancer should have been the one helped out and supported, but she decided to be the one helping her loved ones to accept her death”. Similarly, the female protagonist in the book, who suffers from cancer, helps Leo, the male protagonist, to understand and accept the fact that she is about to die. His three books, in fact, all focus on the emotional strength of teenagers, such as his ex students, who had shown him how our world is just as difficult and full of challenges as the adult world. This author, is therefore able to realistically portray our generation, the problems that arise in our lives and the way we resolve them. D’Avenia, also illuminated us with one of the deepest and most frightening truths: “young

people, like you, expect only happiness from life because you do not know that it is life which expects happiness from you!” An ode to the fact that we are the masters of our destiny, and above all, of our happiness! As our interview with D’Avenia progressed, we realized how the atmosphere had become much more comfortable and we were definitely able to appreciate him as an amazing author and, at the same time, as a sincere and truthful philosopher. We were able to feel his passion for literature as he called his characters his sons and daughters”. However, instead of giving them names before discovering who they were, just like real parents do with their children at their birth, D’Avenia offers them a name only when the book is finished and when he has understood who they are from top to bottom. Even the title of the book is a consequence of the story itself: he is only able to give it a title once he has reached the last page and has therefore understood the key concept. He also confided to us that he never knows the ending of his book in advance, he starts writing and then “ what is meant to happen will happen!”. “Writing a book is like entering a new huge house; you know it’s all yours but you need to decide on which room to discover first and which room to discover last” He also told us that this process of writing a book is very similar to a labyrinth, “you need to slowly discover your way through the book until you get to the end of it”. He is, therefore, an author who follows the concepts of creativity, personal expression, and literary freedom! An idol and an inspiration for all students devoted to writing! Having had the opportunity of meeting an author like D’Avenia, full of interesting anecdotes and advice, was an experience that we will carry for a lifetime. D’Avenia has taught us to write what we know, what we are and what we experience everyday. He reached out to us to showed us how we should write with freedom and without patterns and schemes and, above all, to love what we write and love what we read! Of course, he can be considered a great and inspiring symbol of Bookcity, and a master in literature. A great and inspiring start to our experience in Bookcity Milano 2014!

by Allegra Caleffi, Carlotta Di Sabato, Beatrice Palma, Laura Rognoni

Il Diario: Venerdì

«The strangest thing is that I use words to anchor myself, and it is the words themselves that push me towards the unknown, just like blank maps fulfill your eyes, because every word said with precision opens an empty space around us, like a deck in an harbour»

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Il Diario: Venerdì

THE SECRET BEHIND SOPHIE

KINSELLA’S WORLDWIDE SUCCESS! Becky Bloomwood is back in bookstores all around the

world and her acclaimed British creator surprises Italian

fans with a delightful evening of anecdotes

he historic Castello Sforzesco played host to Sophie Kinsella’s 2014 Bookcity conference which was introduced by the renowned Italian author Luca Bianchini. Shopaholic to the stars was released on 25 September in the UK and is still holding second place in the best seller list for contemporary books on amazon.co.uk. In front of more than 200 listeners, who braved the inclement weather and transport strike, the author revealed her inspiration for the shopaholic series and how much fun she had in writing this last installment of the series. Kinsella confessed that many of Becky Bloomwood’s traits are actually inspired by her own character as she received Visa letters similar to the ones of her protagonist. She also admitted that she often found herself making irresponsible decisions such as accepting an accountancy job for which she was not really qualified. However the author did not only inspire Becky’s not so positive traits, Kinsella also revealed that the protagonist’s stubbornness is also one of her signature characteristics. The British author defines this quality as tenaciousness rather than stubbornness because, just like Becky, when she really wants something, she doesn’t bang her head against a wall, rather she tries to find ways to get over the wall in a creative way. Through a very interesting analogy, Kinsella was able to show how the character of Becky, often regarded as superficial, actually has dynamic aspects which make her a positive role model. The autobiographical elements don’t stop at Becky though. The “antagonist” of the series is called Alicia and at the question of who inspired this character, Kinsella revealed that it is a mixture of a number of people in her life who have tried to stop her from being happy and successful. The author brought on a bout of laughter when she told listeners that the best way to your free your emotions is to create a character with a mixture of all the

people you have absolutely hated in your life and write a book about it! Despite being best known for the Shopaholic series, which she wrote under the pen name of Sophie Kinsella, the author’s real name is Madeleine Wickham. She had written seven books under her real name when she came up with the idea of Shopaholic, she confided “it was so different, like a new voice” so she felt that she needed to come up with a new identity, and therefore a different name, so that readers would not associate her previous novels, which had a more serious content, with the innovative and quite risky new series she was working on. For those of you out there still wondering why a series about a young woman who has serious problems in controlling her spending habits has had so much success over the years, the truth is actually quite simple. Autobiographical elements, creativity and a truly genuine and sweet personality is what makes Sophie Kinsella one of the best contemporary authors of the twenty-first century and if you still haven’t, you should definitely pick up one of her many novels, you won’t regret it!

by Lucrezia Cogliati

T

Sophie Kinsella signs us some copies of her oh-so-

famous books in Milan’s Castle: il Castello Sforzesco

Shopaholic to the Stars, Kinsella’s last book, already a huge success

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ICONA DEL GLAM

O ICONA DI VITA? di Anna Colnago, Elena Caselli

Di Marta Barzasi, Ralitsa Ivanova

L’immagine di Sophie Kinsella è spesso offuscata dal pregiudizio di molti che la ritengono solo in grado di dare consigli glamour riservati ad un’élite di fanatiche della moda. Sfatiamo questo mito! Madeleine Wickham, in arte Sophie Kinsella, si presenta puntualissima nella Sala Viscontea del Castello Sforzesco indossando un abito dallo stile retrò accompagnato da un bolero nero all’ultima moda ed elegantissimi tacchi a stiletto. Intervistata dallo scrittore Luca Bianchini, risponde alle numerose domande riguardati il rapporto tra lei e la protagonista della più famosa serie di romanzi “I love shopping”. Come poi lei stessa affermerà, lei e la giovane protagonista dei suoi romanzi, Becky condividono la medesima naturalezza e ironia: Sophie, infatti, considera Becky il suo “alter ego”, e per questo, ci racconta divertita, anche nella sua quotidianità, arriva spesso a chiedersi:”Cosa farebbe Becky in questo momento?”. L’autrice di “I love shopping” aggiunge alcuni particolari della sua vita privata svelando il suo asso nella manica: scopriamo così che presenza costante e sostegno morale

del suo successo è il marito, sempre pronto a darle consigli e spunti interessanti. Nonostante la fama ottenuta negli ultimi anni con la vendita di oltre trentasei milioni di copie, Sophie incarna perfettamente l’immagine di una semplice ragazza fiera di ciò che fa, in grado di trasmettere il proprio affetto e la propria riconoscenza nei confronti delle sue ammiratrici, senza quella fastidiosa allure da diva che sfoggiano molte sue colleghe. Dal suo modo di scrivere e di confrontarsi con i lettori capiamo che il suo scopo non è inventare storie piacevoli da leggere ma nelle quali è poi difficile immedesimarsi: il suo obiettivo principale, invece, è quello di far agire i suoi personaggi nel modo stesso in cui agirebbe lei e quindi, probabilmente, anche le sue lettrici. Ciò la rende non solo un’icona di glam e di stile ma anche un’icona di vita. Grazie a Bookcity per questa bellissima opportunità!

di Marta Barzasi, Ralitsa Ivanova

Madeleine Wickham, 44 anni in arte Sophie Kinsella, è una scrittrice inglese nota soprattuto per il suo libro”I Love Shopping”

Marta Barzasi e Ralitsa Ivanova in un selfie con i Depramirao

Bookcity incontra lo spettacolo "L'importanza di chiamarsi Ernesto" di Oscar Wilde interpretato dalla compagnia teatrale I Depramirao presso il cen- tro culturale Il Pertini di Cinisello Balsamo. E’ venerdì 14 novembre, nell'auditorium del centro culturale Il Pertini, la compagnia teatrale deI Depramirao ha messo in scena uno spettacolo di OscarW ilde, “L'importanza di chiamarsi Ernesto”. La compagnia è composta da nove ragazzi, Filippo Tampieri, Giacomo Pratelli, Claudia Garavello, Chiara Natali, Sarah Ferrante, Daniele Castelli, Stefano Riva, Laura Belluardo e Luca Garavello. Dopo l'entusiasmante rappresentazione, nella quale gli attori sono riusciti ad interpretare personaggi di un'altra epoca con modernità e molta comicità e nonostante la folla, tutti sono stati disponibili a rispondere alle nostre domande: -Perché è stato scelto proprio questo testo di Oscar Wilde? -Claudia: "Perché abbiamo sempre rappresentato spettacoli abbastanza semplici e quindi quest'anno abbiamo provato a lavorare su un testo un po' più complicato e di un autore più importante". -Giacomo: " È stato un crescendo, siamo partiti da autori minori, fino ad arrivare a Goldoni, di cui abbiamo scelto un testo poco conosciuto, e quest'anno abbiamo detto: -siamo pronti per buttarci con Oscar Wilde-". -Avevate preferenze nell'interpretazione dei personaggi? Se si, sono state soddisfatte? -Chiara: "Nella nostra compagnia l'importante é recitare, qualsiasi parte si abbia la si fa sempre con gioia e piacere. Tutti siamo rimasti soddisfatti proprio perché vige questa regola di base." -Filippo: "Devo dire che i personaggi erano molto simili alle persone che li hanno poi rappresentati. Inizialmente ciascuno di noi dichiara le sue preferenze, però l'ultima voce in capitolo ce l'ha la regista, che è stata molto brava a captare tutte le caratteristiche del carattere di tutti noi".

-Avete progetti per uno spettacolo futuro? -Sarah:"So che Cosetta, la regista, sta iniziando a pensare a qualche commedia di De Filippo, perché quest'anno ricorre il trentesimo anniversario della sua morte. Non so se lo faremo, anche perché spero saremo molto impegnati con le repliche di questo spettacolo".

BOOKCITY A

TEATRO: CI

DIVERTIAMO CON

OSCAR WILDE

Il Diario: Venerdì

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IL TEATRO È

L’ARTE DEL

PRESENTE

di Giulia Aloe, Laura Rodano

Andrée Ruth Shammah, fondatrice e responsabile del teatro "Franco Parenti" (ex Salon Pier Lombardo), al termine dell’evento svoltosi venerdì 14 novembre presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, che l’ha vista protagonista di una lettura animata insieme a Massimo Loreto, si è resa disponibile ad essere intervistata dal Giornale dei Ragazzi di Bookcity. Ecco come è andata. Secondo Lei, perché le persone dovrebbero andare a teatro? Consiglio a chiunque di andare a vedere uno spettacolo teatrale perché, in una società come la nostra, in cui i momenti di condivisione sono sempre più condizionati dai mezzi di comunicazione virtuale, il teatro è ciò che più ci ricorda i rapporti umani veri, in quanto in ogni rappresentazione si crea empatia tra attore e spettatore. Io apprezzo molto il lavoro di tutti i professori che coinvolgono i propri studenti in progetti legati al mondo del teatro, perché esso è l’arte del presente ed è il tramite tra la verità e la realtà. Quindi Lei si sente di consigliare ad un ragazzo di avvicinarsi al mondo del teatro? Assolutamente, anche perché il mondo del teatro, come diceva il maestro Paolo Grassi, coinvolge più ambiti (sociologia, architettura, comunicazione, psicologia, psicoanalisi…) e fornisce quindi molte più possibilità di quanto si pensi. Inoltre, vorrei prendere le distanze da chi ritiene che un artista sia necessariamente un genio che vive una vita sregolata e fatta di trasgressioni: il teatro è un lavoro di artigianato, e richiede molto impegno e studio.

Incontro con André Ruth

Shammah ALEX

GOETLING

di Giulia De Cesare, Marta Pastori

.

n una sala del Castello Sforzesco siamo andati a intervistare Alex Goetling, un giovane scrittore d'origine americana, subito disponibile a rispondere alle nostre domande. Autore di un romanzo dark fantasy, Eutopia (Youcanprint), Goetling per le descrizioni di ambienti e personaggi si ispira “ai classici dei fantasy, ai film, anche non di genere, e alle tradizioni popolari (soprattutto per quanto riguarda le creature)”. Ci racconta che la sua tesi di laurea era sulle creature fantastiche dell'immaginario popolare italiano, da cui è stato molto influenzato, insieme alle tradizioni inglese ed irlandese. L'ambientazione che predilige per i suoi romanzi è pseudo-storica, d'ispirazione medievale. Ma, per gli inesperti del genere, cosa significa esattamente il termine "dark fantasy"? "Innanzitutto dark fantasy è una classificazione che ho scelto io, tra molte possibili. "Dark perché ha una connotazione oscura, per quanto riguarda l'ambientazione, e parti a tratti orrorifiche, vicine ad un concetto di letteratura horror. Inoltre le creature, le situazioni e le descrizioni sono abbastanza spaventose. In più, la distinzione tra Bene e Male è meno accentuata, caratteristica tipica del genere dark fantasy, le due realtà vengono contaminate l'una dall'altra e non sempre è la parte positiva a prevalere su quella negativa." Cosa ne pensa del grande classico fantasy "Il signore degli anelli"? "Innanzitutto l'opera di Tolkien mi è cara in quanto è stato uno dei primi libri di genere che io abbia mai letto. È innegabile che sia un must non solo fantasy ma anche della letteratura in generale. Mi sono dedicato a questa lettura più volte nella vita anche in lingua originale." Al termine dell'intervista l'autore ci ha anche fornito dei consigli nel caso in cui volessimo avvicinarci alla scrittura: leggere molti libri di generi differenti e dedicarsi allo scrivere con costanza ed esercizio.

I

Andrée Ruth Shammah (a destra) interviene durante l’evento

Il Diario: Venerdì

«leggere molti libri di generi differenti e dedicarsi allo scrivere con costanza ed esercizio»

L’astro nascente del fantasy italiano

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LA

MERAVIGLIOSA

MACCHINA DEI

SOGNI di Giulia De Cesare, Marta Pastori

lla scoperta della meravigliosa macchina dei sogni del teatro e della lirica”: già il titolo è tutto un programma. L’incontro, destinato ai bambini, ha chiamato a raccolta anche i più grandi, per coinvolgere tutti nella scoperta del mondo del teatro, un mondo non solo ideale, ma anche reale. Per spiegarlo meglio, un libro per bambini: “I mestieri del teatro” (casa editrice Sillabe, in collaborazione con il Teatro alla Scala), un piccolo manuale dell’opera lirica che racconta in maniera divertente e molto informale come nasce uno spettacolo di lirica e chi lavora nel backstage, dal coreografo all’addetto al ristoro e punto bar. L’incontro si è aperto con un breve video di presentazione del Teatro alla Scala e dell’Accademia collegata ad esso. Successivamente la parola è passata alla presidentessa dell’Accademia, Luisa Vinci, che ha brevemente parlato del corso AMA, ormai giunto alla sua nona edizione; esso si preoccupa di garantire a musicisti professionisti e non un’accurata gestione della propria attività musicale. Come ha spiegato successivamente Maddalena Winspeare, dal corso è nata l’idea della creazione della collana per bambini “In viaggio s’impara”, collana di cui fa parte anche il libro presentato. Infine la parola è passata alle due autrici del libro,

Francesca Lazzeroni e Benedetta Meoni, due ragazze toscane giunte a Milano grazie al corso AMA, accomunate da una forte passione per il pianoforte e il teatro lirico. Di fronte alla domanda: qual è la vostra opera lirica preferita, dopo un attimo di indecisione, ci stilano la loro personale classifica: le nozze di Figaro, Turandot, Rigoletto, Tosca, Suor Angelica, Otello. Cosa ci portiamo a casa da questo incontro? Tante suggestioni e una certezza: anche al giorno d’oggi, malgrado la crisi e una generale svalutazione della carriera artistica, esiste ancora chi riesce a trasformare in mestiere la propria passione.

LA CA’ GRANDA

DEI MILANESI

di Alexa Pallante e Francesca Rubino

Conoscere, valorizzare

e rivivere i luoghi storici

della citta’

L'evento, presentato dalla ricercatrice e archeologa medievale Francesca Vaglienti si è tenuto alle 10:30 del 14 novembre presso l'Università Statale. Con le sue parole la studiosa ci ha guidato nella lunga storia delle trasformazioni dell’Ospedale, a partire dalla sua fondazione, non senza aneddoti e curiosità che hanno contribuito a ravvivare l'atmosfera. Nel complesso l’incontro è stato interessante, soprattutto quando è stato rievocato il periodo in cui l’ospedale ha visto un particolare coinvolgimento delle donne, le quali svolsero per la prima volta tutti i compiti necessari per aiutare i malati di entrambi i generi i per accogliere i poveri e i bambini esposti. Peccato soltanto per alcuni fattori esterni disturbanti: i cortili dove si svolgeva l'evento erano infatti molto affollati e rumorosi.

A

La Ca’ Granda negli anni ‘50 e

la locandina dell’evento

«esiste ancora chi riesce a trasformare in mestiere la propria passione»

Il Diario: Venerdì

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Il Diario: Venerdì

Tutte le meraviglie da scoprire

nascoste dietro i raggi X

DALLA TAC ALLA

BRAIN INITIATIVE

Presso la Sala Napoleonica dell'Università degli Studi di Milano, si è tenuta una conferenza che ha visto protagonista Giuseppe Scotti e il Professor Giorgio Cosmacini. Il primo è un neuro-radiologo presso l'Ospedale San Raffaele di Milano, dove lavora da più di ventiquattro anni, mentre secondo è un medico radiologo e storico della medicina. Con Quale provvidenza, il nuovo libro pubblicato dalla casa editrice Sedizioni e nato dalla collaborazione dei due protagonisti dell’evento, gli autori hanno voluto narrare l’affascinante storia della neuroradiologia contemporanea. Nell’opera Giuseppe Scotti ha usato come espediente la sua esperienza personale nel campo della neuroradiologia diagnostica, pediatrica ed interventistica, per offrire al pubblico la storia di questo affascinante campo. Scritto in forma autobiografica, il libro è il risultato della trascrizione di un diario di riflessioni che Scotti ha accumulato in anni di studi mentre si trovava in America settentrionale. Durante l’incontro l’autore non ha mancato di sottolineare la profonda ironia di “un cervello che studia se stesso”. Ma, è stato chiesto dal pubblico, esisterà mai un’equazione scientifica che segnerà la fine della ricerca nel campo dello studio del cervello? Cosmacini e Scotti hanno risposto di no in modo netto, dicendo che ogni scoperta in questo campo apre a ulteriori quesiti. Da ogni scoperta emergono ulteriori possibilità, ed è precisamente questa la bellezza di tali studi. Quando sono stati interrogati su cosa manchi da scoprire e quali saranno i prossimi passi in questo affascinante campo, i due specialisti hanno risposto cosi: “il componimento del cervello umano è ormai conoscenza acquisita, ma

il suo funzionamento rimane un’incognita, su questo ci stiamo concentrando e continueremo a farlo finché non avremo raggiunto una conoscenza completa, un traguardo che vedo ancora distante anni luce”. Durante la conferenza è emerso anche il tema della rivoluzione biotecnologica, ovvero l’applicazione della tecnologica alla biologia, per esempio facendo riferimento alle innovazioni portate dalla TAC. Anche riguardo a questi temi, con la sua testimonianza Giuseppe Scotti ha illuminato tutti i presenti con la storia di un medico eccezionale che, dopo aver soggiornato nell’America settentrionale dove si è formato sia a livello specialistico che a livello umano, è tornato con coraggio a Milano. Qui, con l’aiuto di colleghi appassionati come il Giorgio Cosmacini, ha diretto per conto di Don Luigi Verzè l’Università Vita-Salute San Raffaele, esempio di un istituto accademico privato che, armato di una forte volontà di innovazione e di senso di libertà, è diventato un ateneo di riferimento. Attraverso questa esperienza abbiamo imparato che la rivoluzione biotecnologica ha fatto fare un un grande passo avanti alla storia della medicina. Inoltre abbiamo appreso quanto il componimento del cervello umano sia complicato e intrigante. E, come gli scienziati che si dedicano a queste ricerche, attendiamo ora con impazienza le future scoperte che la biotecnologia porterà in ambito neurologico.

di Federica Monaco, Seunghi Nam, Martina Pezzotta , Chiara Sironi,

ookCity has been an opportunity like no other so far. It has been an honour for us to interview important figures of the international literary scene and we have been able to experience what it is like working as journalists. The numerous events running through the four days provide a myriad of perspectives and help to make this whole experience a very worthwhile one, motivating us to take responsibility for our own work and contribute as much as we can. Our tasks include listening to presentations, interviewing writers, quickly writing up the articles and subsequently editing them after feedback as well as updating social media to make sure followers are aware of what is happening during BCM14. Participating in this event has given us a better understanding of all the work that goes on behind the articles for an online paper in real time and how frenetic it can be. It is both exhilarating and frustrating! However, the consensus is unanimous: there’s nothing more satisfying than writing up a piece and seeing it come up on a screen where others can respond to it and share the experience.

by Céline Buccomino

B

A DAY IN THE

LIFE: A YOUNG

BOOKCITY

JOURNALIST

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di Sabrina Barca, Serena Frau, Alexa Pallante, Letizia Pessina

Viaggi reali e viaggi immaginari nel

mondo classico

Il Museo di Storia Naturale per Bookcity 2014 si è occupato anche di antichità greca. A introdurci a questo mondo sono stati in primo luogo il professore di letteratura comparata della Sapienza di Roma Pietro Boitani, il quale al solo sentirsi definire un filologo ha risposto « Tutto sono meno che un filologo, anche se amo le parole ». Poi è stato il turno di Eva Cantarella, giurista italiana, figlia dell’illustre antichista Raffaele Cantarella, che nonostante il fatto di non aver mai studiato lettere – come non ha mancato di ricordarci lei stessa – ha saputo far immergere tutti nel mondo del suo nuovo libro ‘Ippopotami e sirene’, riuscendo a coinvolgere anche chi ha meno dimestichezza con questa cultura. Al centro il tema del viaggio: da quello mitico e favoloso di Ulisse a quello storicamente attendibile di Erodoto. L’autrice ha voluto accostare i due personaggi perché, pur molto diversi, sono stati entrambi ispirati da un grande desiderio di ricerca e di conoscenza: se da una parte il viaggio di Ulisse rappresenta l’esperienza del mondo attraverso il mito, in quello di Erodoto vi è la coscienza di un viaggiatore, che modella il proprio mestiere a quello dell’epico eroe dell’Odissea. Ma non sono mancati riferimenti ai personaggi che ruotano attorno a queste due figure: dal giovane Telemaco, del quale la Cantarella ha criticato l’utilità all’interno della trama del poema, attraverso la bella Elena, si è giunti alla figura di Artemisia, che rappresenta un’importante svolta nella storia del pensiero umano. Erodoto pare quasi avere nei suoi confronti una sorta di ammirazione: Artemisia è infatti una delle prime donne a interpretare un ruolo di potere e ciò dimostra la straordinaria modernità di questo autore. Si tratta di personaggi facenti parti di un mondo lontano e tuttavia sono i precursori dell’ideale dell’uomo moderno: ed è qui che sta il genio di Omero e successivamente di Erodoto, genio che li ha resi entrambi immortali nel corso dei secoli.

In alto a destra la copertina del libro di Caroli Voyeur. Qui sopra Eva Cantarella, autrice del libro Ippopotami e sirene, edito da Utet

ULISSE E

ARTEMISIA

di Francesca Rubino

Il 14 novembre alle 18 presso il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnica si è tenuta la presentazione del libro Voyeur (Mondadori), scritto dal critico d'arte Flavio Caroli, in cui si racconta la vita di Fabrizio, un fotografo di guerra. L'evento è stato mediato da Anna Nogara, la quale in modo molto coinvolgente, quasi commovente, ha letto alcuni passi del libro, riconducibili alle tappe più significative della vita del fotografo. È stata in grado di attirare l'attenzione di tutto il pubblico e si percepiva come il silenzio che c'era fosse dettato dal fatto che tutti erano concentrati sulla sua voce L'autore racconta che in questo libro ha cercato, non senza incontrare difficoltà, di far percepire lo scorrere della vita di Fabrizio attraverso la scrittura. Operazione complessa tanto più considerando che nella storia raccontata non c'è nulla di autobiografico, tranne l’episodio dell'incontro che Fabrizio ha con Andy Warhol, avvenuto anche nella vita di Caroli. Conclusosi l'evento, nonostante il poco tempo a disposizione, sono riuscita a scambiare qualche parola con l'artista. In particolare, gli ho chiesto come, secondo lui, il mondo dell'arte deve essere tutelato e conservato, visto che ultimamente si ha l'impressione che non gli si dia più la giusta importanza. Caroli mi ha risposto che, in realtà, ci sono ancora molti ragazzi che si emozionano davanti a un dipinto e che solo governanti ignoranti possono credere che l’arte non sia importante per la vita di tutti. Quando infine gli ho chiesto se esiste un mezzo più efficace del colore, lui mi ha risposto: "la parola". Per una manifestazione come Bookcity2014 che si è aperta con il richiamo di Grossman al potere delle parole, non c’è chiusura più adatta di questa.

Incontro con Flavio Caroli

VOYEUR Raccontare la vita, raccontare l’arte

Il Diario: Venerdì

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Il Diario: Venerdì

enerdì 14 novembre una delle sale della biblioteca dell’Università Cattolica di Milano è stata aperta al pubblico per l’esposizione di alcuni best seller del ‘900. Nella biblioteca Negri da Oleggio alcuni ragazzi ed adulti hanno potuto ascoltare le curiose informazioni del professor Paolo Senna e di alcune studentesse universitarie. I presenti hanno potuto ascoltare Anna Lanfranchi, un membro del Laboratorio di editoria che ha dato un’interessante spiegazione di cosa vuol dire editoria e qual è il lavoro di un editore. Il Laboratorio di Editoria dell’Università permette agli studenti di conoscere i libri non solamente per quanto riguarda il testo e il contenuto, ma anche sotto il profilo della storia del manoscritto originale, dei cambiamenti apportati alle bozze e delle varie edizioni. La Lanfranchi ha poi tenuto a specificare che l’editoria dell’università ha anche una vasta sezione digitale, altro deposito della collana di capolavori. Quando, poco dopo, la parola è passata a Paolo Senna, egli ha voluto spiegare che, per quanto riguarda il lavoro di un editore, è certamente più importante un libro cartaceo, del quale si possono analizzare a fondo persino i materiali scelti. Successivamente ai discorsi del professor Senna e di Anna Lanfranchi, la parola è passata ad alcune studentesse dell’università. Esse hanno condiviso i loro studi ed approfondimenti su alcuni capolavori italiani. La prima allieva ha raccontato interessanti informazioni sul libro Notturno di Gabriele d’Annunzio. Questo famoso scrittore Italiano è maggiormente conosciuto per le sue opere dedicate allo sfarzo, tuttavia quest’opera risulta particolarmente interessante poiché scritta dopo un disastro aereo, in cui egli perse in parte la vista. Un altro aneddoto raccontato da una delle studentesse è quello riguardante il libro Se questo è un uomo di Primo Levi. Al giorno d’oggi quest’opera viene studiata in varie scuole, ma pochissime persone sanno la storia del libro in sé. Dopo averlo completato, Primo Levi decise di pubblicarlo, ma due case editrici lo rifiutarono. L’autore non fu scoraggiato da questo evento e decise di produrlo privatamente. Il libro ebbe moltissime critiche, ma uno scrittore del calibro di Italo Calvino apprezzò l’opera. Grazie a lui l'autore ritrovò fiducia e la prima edizione del libro fu pubblicata da una piccola casa editrice torinese, la de Silva. La seconda edizione del libro ebbe successo e fino ad oggi Se questo è un uomo è uno dei libri più letti non solo in Italia.

V

TANTI TESORI A MILANO Un bestseller indimenticabile in esposizione all’Universita’

Cattolica di Milano

di Federico Magri, Francesco Savanco, Sebastian Plana

All’evento è stata anche esposta la copia originale del capolavoro Il Gattopardo. Il romanzo ha avuto un successo tale da essere conosciuto non solo dai suoi lettori, ma anche da chi potrebbe aver solo visto il famoso film del 1963. La trama è molto complessa e il testo fu rifiutato per il suo messaggio da due importanti case editrici, Mondadori ed Einaudi. Un anno dopo la morte dell’autore Giuseppe Tomasi di Lampedusa, il libro fu pubblicato dall’editore Feltrinelli. Nonostante alcune critiche, tutte le copie furono esaurite in un mese. Alla fine dell’evento i vari organizzatori hanno svelato i costi dei vari capolavori, che hanno reso chiaro anche ai più superficiali membri del pubblico il valore di questi esemplari. Molti partecipanti, come loro stessi ci hanno confidato alla fine dell'evento, hanno trovato la conferenza di grande interesse. La rappresentazione ha centrato completamente il suo obiettivo, avvicinandoci ai bestseller del Novecento e facendoci conoscere una delle biblioteche più fornite di Milano, quella dell'Università Cattolica del Sacro Cuore.

Paolo Senna

Il tavolo dei relatori

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Il Diario: Venerdì

owadays we hear about ISIS everywhere, on the television, on the radio and even on our social networks. But how was it possible for Abu Bakr al-Baghdadi to initiate and strengthen a rebellion so powerful, so swift in one of the most guarded places on our globe? The answer came from three experts in the field: Lorenzo Cremonesi, a well-reputed war front journalist, Andrea Plebani and Stefano Torelli, professors of Università Cattolica. On Friday 14 November, the three gave a talk at Palazzo Clerici. The event, sponsored by ISPI (Institute for the Study of International Politics), was held in the central ballroom of the magnificent palace, brimming with an audience attracted by the current and interesting topic of the discussion. The event was opened by a presentation of their new book, Non Solo ISIS, Il Ritorno del Jihadismo Mondiale (Not only ISIS, the return of Global Jihadism), written over the course of the past year. The book contains the answers to many questions one may wish to ask and covers the beginning and rise of modern Jihad. The audience listened very attentively as the professors explained that, in fact, the dream of an independent Islamic State is not a new idea. The first rebellious movements started in the early 20th Century, as a response to colonialism and were later reprised and reshaped by many Islamic leaders, such as the Ayatollah Khomeini. One question would naturally come to mind when confronted with this sensitive subject: Why would a group of people feel the need to be so oppressive and shove their religion down everybody’s throats? Why would they choose to record their atrocities and post them online? According to these experts, the techniques they use are very similar to Hitler’s game of fear. These terrorists play on the fear of people, constantly terrifying them, especially in the countries where tragedies find home (like in Northern Africa, where the terrorist group operates). However, is that enough for ISIS to be a threat to the rest of the world? As the experts stated, ‘’ISIS is only a vulnerable reality that is tightly linked to their territory’’, meaning that if they step out of their ‘’comfort zone’’ they are virtually harmless. At the same time, we ‘’cannot afford the luxury to underestimate them’’ since the ISIS group is like a herd of chameleons: they know the territory around them (especially in the Middle East) and have a network of connections, similar to organized crime which we know more of, like the mafia. The experts explain that, even though they seem like an unstoppable force, there is a root to their evil that can be destroyed, and it is all based on belief. ISIS fights against Sunni (a branch of Islam), and in order for it to be defeated, more Sunni representatives need to be included in either the Syrian or Iraqi government. This will send a clear message that ISIS is a plague that we must fight against. When will it eventually be cured? Maybe soon, maybe never.

ISIS, IS IT ONLY

HISTORY? An enlightening talk about

one of the most threatening

terrorist group of the moment

that revolutionizes this second

day

haos, confusion, pandemonium: do these words all have the same meaning? Biancamaria Gismondi was involved in a passionate discussion on how complicated words can be and how our interpretation of them is continuously undergoing changes throughout time. On Friday 14 November 2014, "Libreria Internazionale" had the pleasure of hosting a renowned chief of the department of lexicography: Biancamaria Gismondi. Lexicography is the activity or occupation of compiling dictionaries. At first, it seemed as if it were to be a rather intimidating topic since it takes into consideration aspects we normally don't tend to question. However, as soon as the discussion was opened, the public felt at ease since all of the arguments constituted a part of every day life. It may be complex to comprehend the importance of enriching our vocabulary, but Gismondi enlightened the audience with insightful anecdotes on how fundamental it is for an individual to fully comprehend the definition hidden behind what can appear as a simple group of letters. Understanding a word does not simply imply the usage of it; a writer, both professional or not, must be on the continuos search for the construction of a basic level of knowledge behind the word. A "full" and well rounded author carries the responsibility of utilising the best fitting terms in order to entertain and involve the reader. In order to choose which words are best for every case, the writer must be aware of the numerous shades of meaning the expression has. When one is informing an audience of a specific event or situation, they hold an enormous responsibility since the public will perceive the idea based on how it is transmitted to them. When writing a book, an article or even a song, the creator forms a metaphorical connection with the reader which allows both to travel in the same direction. Nevertheless at present times with the introduction of Internet and digital medias, our manner of communicating with and between each other is radically mutating. Neologisms are becoming a daily practice and the pace at which they are increasing is alarming, almost unsettling for some. It's peculiar how humans have the tendency of turning things around, modifying their initial meaning, giving distinct tones to certain sentences in order to convey something in particular. Something which characterises every language is the use of dialectal sayings such as "It's raining cats and dogs". How many have questioned where this comes from and why we still use it? How many have searched why cats and dogs have got anything to do with rain? Biancamaria Gismondi actively invites everyone to challenge their present level of knowledge, questioning their clarities to evolve what they believe in. This will lead them to a growth, both psychological and skilful. Language is the fundamental principle that builds a society, without it where would we be now?

CHAOS,

CONFUSION,

PANDEMONIUM by Vittoria Radaelli, Cédric Willekens

by Valentina Calvi, Lorenzo Dallomo

N

C

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Il Diario: Venerdì

PIAZZA DEI MERCANTI: UNA

TESSERA FONDAMENTALE NEL

MOSAICO STORICO MILANESE

Alla scoperta di uno dei tesori della nostra citta’

enerdì 15 novembre, alle 9.30, si è tenuto al Palazzo dei Giureconsulti di Milano un incontro speciale per scoprire il valore storico di Piazza dei Mercanti. La storia di questa importante piazza e il suo ruolo nell’ambito economico hanno enormemente influenzato lo sviluppo della nostra città. Un gruppo d’inviati del Giornale dei Ragazzi ha assistito a quest’evento, che vedeva ospiti l’Assessore della cultura di Milano, Filippo Del Corno, il Presidente della Camera di Commercio di Milano, Carlo Sangalli, e Maria Canella, docente dell’Università degli studi di Milano. Proprio quest’ultima ha sottolineato la ragione per la quale partecipiamo a Bookcity Milano, per “riscoprire le bellezze e la potenzialità di una città piena di cultura inesplorata.” L’incontro è nato dalla collaborazione della Camera di Commercio con l’Assessorato alla Cultura di Milano ed ha approfondito la centralità storica di Piazza dei Mercanti per la cultura milanese. La docente di storia Marina Gazzini ha raccontato come la nascita di una piazza, che era luogo d’incontro per i mercanti provenienti da tutta Europa, abbia creato le basi per l’economia di una città fiorita sul settore terziario e sul commercio. Inoltre, ha spiegato come Bookcity ci dia la possibilità di vedere Milano con un’altra lente, quella che si focalizza su angoli che normalmente tralasciamo e ignoriamo. Carlo Sangalli ha annunciato che la Camera di Commercio intende collaborare con l’Assessore Del Corno per rilanciare l’immagine di una città con un potenziale culturale immenso. Una delle proposte più interessanti per coinvolgere più persone possibili in quest’opera è quella di sviluppare un’applicazione per cellulari che informi gli utenti in tempo reale dei lavori di restauro del patrimonio culturale milanese. In quest’ottica, il Presidente Sangalli ha puntualizzato l’importanza in ambito economico di Piazza dei Mercanti, perché crede fermamente nell’importanza della storia, in quanto “in ogni istante siamo ciò che siamo stati”. La storia genera il presente e la piazza è stata il nucleo commerciale che ha portato ricchezza e prosperità a Milano. Egli ha ribadito che nel quartiere del Broletto sono nate le regole per la trasparenza bancaria e le transazioni garantite, dando molta importanza alla nostra città. Il nome “Milano” deriva

appunto da “Mediolanum”; terra di mezzo, sviluppatasi ispirandosi al principio di creare una città all’avanguardia scientifica e per la creazione di un polo moderno e globale riconoscibile dal resto del mondo. Ha poi concluso affermando che Piazza dei Mercanti è un luogo importantissimo, che racconta il passato e il presente della città. È stato un incontro molto interessante, soprattutto per noi studenti. La partecipazione del Giornale dei ragazzi è stata definita dall’Assessore Del Corno come un’ispirazione e la rassicurazione di un futuro solido. Queste preziose parole dell’Assessore ci hanno incoraggiato e spinto a contribuire per preservare la cultura della nostra città, di cui l’evento ci ha dato la possibilità di conoscere meglio uno dei luoghi più simbolici. Piazza dei Mercanti, che agli occhi di noi giovani può apparire come un posto come tanti, è invece uno dei luoghi di maggior valore e un vero elemento essenziale di Milano.

di Giovanni Pignatelli, Filippo Ugo

L’assessore alla cultura, Filippo del Corno (secondo da sinistra) all’incontro di Piazza Mercanti

V

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ipotesi ancora più solida, aggiunge che lo scrittore aveva patito gli stessi problemi dei fratelli Karamazov con il padre, suggerendo che Dostoevskij si riveda nei personaggi delle sue opere, raccontandosi attraverso i suoi romanzi. Ciò che si evince è che l'uomo Dostoevskij deve aver sofferto, perché molti personaggi dei suoi racconti soffrono di distimia: ammettono infatti di detestarsi, di essere delle nullità, fino ad arrivare all'odio massimo verso se stessi, che è il suicidio. Viene mostrata una spiccatissima tendenza all’autodistruzione. Sono tantissimi gli autori che hanno trattato con declinazioni diverse il tema della bipolarità; ricordiamo Italo Calvino con Il Visconte dimezzato, Robert Louis Stevenson con Lo strano caso del dottor Jekyll e Mr Hyde e tanti altri. Semerari ha scelto di analizzare la psiche dei fratelli Karamazov, sfidando Dostoevskij e applicando la tradizione critico-letteraria di stampo psicoanalitico. Nel romanzo di Semerari Il delirio di Ivan, in diversi punti sono evidenti gli sdoppiamenti dei personaggi dostoevskijani. In questo modo viene mostrata la tendenza di Dostoevskij a sviluppare una contraddittorietà nella maggior parte dei personaggi che animano i suoi romanzi. Nonostante questi personaggi siano particolarmente contorti e irrisolti, essi sono in grado di dire qualcosa riguardo alla oggettiva realtà della natura umana, risultando così modelli antropologici. Questo è un altro esempio della profondità dello scrittore nel mostrare i lati più oscuri della mente Antonio Semerari, nelle vesti di psichiatra, con il libro Il delirio di Ivan si propone di aiutare i tre fratelli a trovare la giusta chiave per liberarsi dalle catene di un passato che li rende schiavi. È per questo che Semerari rielabora la storia de I fratelli Karamazov, ricreando una serie di vicende nelle quali, per esempio, i personaggi diventano antagonisti del proprio padre, liberandosi così da una gran parte del loro malessere. Il suo lavoro è stimolante, curioso, ricco d'amore per la psicologia e la letteratura e induce a volgere uno sguardo clinico e umano al tempo stesso verso questi personaggi, con una comprensione nuova e diversa riguardo alle loro azioni. Questo approccio così fresco e differente nell'affrontare degli aspetti della psiche umana è affascinante e aiuta a comprendere e a non giudicare, come si sol dire, un libro dalla sua copertina.

Lo scrittore e i suoi

personaggi sul lettino

dello psicoanalista

ookcity, nella giornata di venerdì, presso l'Università degli Studi di Milano, ci ha regalato un memorabile viaggio nella mente del genio sregolato che ha partorito le opere più intricate e affascinanti della storia della letteratura russa, Fedor Dostoevskij. Come diceva Sigmund Freud: "Dostoevskij è un genio nella descrizione psicologica, ma non delle persone normali, di quelle patologiche”. Proprio per questo, lo psicologo e scrittore Antonio Semerari, ha preso in prestito i personaggi dell'intrigante romanzo I fratelli Karamazov, mettendoli sul suo lettino da psicoanalista e iniziando un'indagine approfondita sui disturbi della loro personalità e della loro coscienza, trattandoli come pazienti reali. È così che è riuscito a far emergere la coerenza psicopatologica alla base dell'apparente caos della loro condotta, sottolineando le orribili conseguenze che i tre fratelli patiscono a causa delle molteplici vicissitudini negative con il padre Fedor Pavlavic. Una figura paterna amorale, violenta, ubriacona, spendacciona, infedele, incapace di amare anche i propri figli. Quest'uomo, se così si può definire, mosso solo dai suoi bassi istinti, non risparmia al suo primogenito Dimitrij l'orrore e il dolore di avere proprio suo padre come antagonista in amore. Tutti i figli presentano delle personalità ben distinte , ognuno di loro ha reagito e metabolizzato i modelli negativi e il dolore della mancanza d'amore paterni a proprio modo. Il primogenito Dimitrij, privato anche dell'amore materno, è l'esempio di un uomo dominato da una passione irrefrenabile, che, se priva di freni posti dalla mente e dalla morale, conduce a compiere i peggiori misfatti. Ma è proprio lui l'esempio di come si possa raggiungere la pace dopo una lunga ed estenuante lotta tra bene e male. Ivan, nato da un secondo matrimonio così come il fratello Aleksej, è prigioniero della ragione che non lascia spazio al cuore, soffoca l'amore e rifiuta la fede. Vive nell'utopistica ricerca di quella che è la sua idea di perfezione, questo lo porta a non godersi nessun aspetto della vita. Aleksej è la bontà fatta persona, è un insieme di buone qualità, leale, fedele, puro e credente, desidera isolarsi chiudendosi in un monastero per poter sfuggire alla malizia umana. Un tema ricorrente che contraddistingue i personaggi Dostoevskijani è l'altissimo grado di contraddizione interna, quasi bipolare. Sigmund Freud sosteneva che Dostoevskij stesso fosse affetto da bipolarità, in quanto era suo uso e costume passare da una forma di assoluto ateismo ad una fede ortodossa. Freud, per rendere la sua

di Alice De Andrè

IL GENIO E LO

SQUILIBRIO DI

FEDOR

DOSTOEVSKIJ

Il Diario: Venerdì

B Antonio Semerari

di Julius Pisati, Marco Pedretti, George Zinsenheim

A tutto relax

Noi del Giornale dei ragazzi siamo stati incuriositi, sin dal primo giorno, dall’evento #ricaricati. Abbiamo subito pensato, leggendo il programma degli eventi, che potesse essere una buona iniziativa per chi avesse voglia di rilassarsi e passare del tempo a leggere in un luogo diverso dal solito. Si trattava infatti di diverse postazioni, sparse per il Castello Sforzesco, nelle quali i visitatori potevano ricaricare il proprio cellulare ed ingannare l’attesa leggendo dei libri messi a disposizione dall’organizzazione di Bookcity. Che peccato notare che l'evento non ha riscosso molto successo.I luoghi dove si sarebbe dovuta svolgere l'iniziativa sono rimasti deserti per tutta la prima giornata di Bookcity, nonostante il continuo flusso di persone che passavano da quella zona del Castello. Forse l'evento non è stato pubblicizzato sufficientemente ed il luogo non era facile da trovare se non se ne conosceva già l'esistenza. Certamente una campagna pubblicitaria migliore e magari qualche iniziativa in più avrebbero permesso a questo evento di raggiungere il suo potenziale.

CHE PECCATO

#RICARICATI

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Il Diario: Venerdì

COM’È MESSO

L’AMORE NELL’EPOCA DEL DIVERTIMENTO?

more. Quante volte viene nominata questa parola? Quante volte si cerca di definire il significato di queste tre semplici sillabe? Ognuno risponde in maniera diversa alla domanda “Che cos’è l’amore?”, ma fatto sta che nel 2014, dopo millenni e millenni di storia, nessuno sa qual è la risposta corretta. Questione di punti di vista, di esperienze personali e di sentito dire. Vito Mancuso, noto teologo, durante la conferenza di presentazione del suo ultimo libro Io amo, presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca, cerca di dare una risposta a questa domanda esistenziale, oltre a inquadrare l’epoca in cui viviamo sotto questo punto di vista. La sala, gremita di persone di tutte le generazioni, quasi sottolinea da sé l’importanza di questo tema e come esso rappresenti tutte le età. Tutti ascoltano rapiti le parole di Mancuso, che definisce quest’epoca come quella del divertimento, affidandosi esclusivamente all’etimologia di questa parola, derivata dal latino e composta dal suffisso “di” e dal verbo “verto-vertere”. Quest’ultimo, traducibile in italiano con “avvicinarsi”, accompagnato da un suffisso con valore negativo acquisisce il significato di allontanarsi o divergere. Il filosofo infatti osserva come i giovani di oggi tendano ad allontanarsi rispetto alla “retta via” della vita. A questo punto si entra nel fulcro del discorso e subentra la domanda posta da Mancuso: “Come è messo l’amore nell’epoca del divertimento?”. Egli non si limita a dare una risposta, bensì coinvolge il pubblico, invitando i presenti a intervenire offrendo un loro punto di vista sull’argomento. Il primo ad alzarsi è un ragazzo di una ventina d’anni, studioso universitario di filosofia, che chiede al teologo se l’amore può essere influenzato da fattori esterni, come ad esempio la tecnologia, che secondo lo studente accelera le relazioni di oggi, rendendole “meno vere”. La risposta di Mancuso è chiara: egli definisce l’amore come un

“fenomeno cosmico, un’attrazione irresistibile”, che non può essere, non è mai stato, e non potrà mai essere condizionato da nulla. Egli sostiene inoltre che in amore non possiamo fare scelte: tutto ciò che amiamo deve essere vissuto come un dono, e bisogna approfittare di ciò che riceviamo. La maggior parte dei presenti non interviene, probabilmente molti temono che il teologo smonti la loro teoria con la nonchalance che lo caratterizza, essendo esperto di questo argomento. Pertanto Mancuso prosegue in un monologo riguardante sempre il tema amoroso. Questa volta assume però un punto di vista più oggettivo, in contraddizione con quanto detto fino a quel momento, classificando l’amore in tre gruppi: l’amore erotico, l’amore psicologico e l’amore spirituale. Il primo di questi coinvolge solamente l’attrazione fisica tra due esseri, il secondo l’attrazione verso il carattere del partner, mentre l’ultimo coinvolge la condivisione degli stessi principi e ideali in una coppia. Ma è veramente così semplice e diretto questo tema? Noi non crediamo, forse perché siamo giovani o forse perché abbiamo poca esperienza. Fatto sta che Mancuso è riuscito nel suo obbiettivo, espresso al principio del suo discorso, quando ha detto: “Io voglio creare un caos nella vostra testa, voglio che torniate a casa pieni di dubbi e senza certezze, perché non esiste una risposta diretta a questo argomento”. Così torniamo a casa con tanti dubbi, poche certezze e con un comune obbiettivo: imparare a conoscere e vivere l’amore.

di Marino Armanini, Manfredi Bizzarri, Guglielmo Sirolli

A Nella mattinata di Venerdì 14 Novembre, il Museo della Scienza e della Tecnologia Leonardo Da Vinci ha ospitato l'evento Mestieri del libro: l’editing. Mediato da Chiara Valerio, all’incontro hanno partecipato gli editori Ginevra Bompiani, Alberto Rollo e Daniela Di Sora, con i propri scrittori Maria Pace Ottieri, Paolo Di Paolo e Giorgio Manacorda. Si è parlato del ruolo dell'editor, cioè di colui che aiuta a modificare e a migliorare il libro fino a renderlo perfetto. Inizialmente, eravamo molto intimiditi dalle innumerevoli persone presenti, perché non ci aspettavamo così tanta gente di prima mattina, ma soprattutto perché noi eravamo i più giovani presenti all’evento. Inoltre, molti sembravano lì per uno scopo preciso che a noi era sconosciuto, ma che poi con il susseguirsi delle domande finali abbiamo compreso. La domanda posta da molti dei partecipanti era infatti: “Come si fa a trovare un buon editor?” La risposta di editori e scrittori è stata che l’importante non è tanto trovarlo, ma instaurare con lui un rapporto di confidenza, in cui editor e scrittore lavorano al massimo per creare un’opera eccellente. Secondo Alberto Rollo di Feltrinelli, un editor dovrebbe "sparire come la matita cancellata dalla gomma sul foglio". Non deve opprimere, ma al contrario sviluppare e arricchire le abilità dell'autore. Per questo può essere considerato un allenatore, che con interventi delicati sviluppa il libro senza cambiarlo, così che rimanga sempre figlio dello scrittore. L’editor non lavora soltanto con il testo, ma anche con lo scrittore stesso. Questo perché l’opera nasce dalla creatività dell’autore, che anch’essa deve essere modellata e migliorata, ed infatti il curatore deve lavorare di pari passo con le insicurezze e la superbia dell’autore, incoraggiandolo a conseguire i propri obbiettivi ed a sconfiggere le sue paure per arrivare al prodotto finale. Sorprendentemente, grazie a questo evento abbiamo avuto l'opportunità di esplorare diversi aspetti riguardanti la scrittura e il libro. Secondo Paolo Di Paolo, che nasce come critico letterario e successivamente si dedica alla scrittura, l'editor "ti tira fuori le cose da dentro e ti dà il coraggio per scrivere ". Però bisogna tener anche presente che lo scrittore non deve mai essere messo troppo sotto pressione, per non intralciare il processo creativo. Inoltre, quando l'editor evidenzia un difetto, deve farlo rispettando la “logica di giudizio” . Nato come poeta e saggista, Giorgio Manacorda è a favore dell'arricchimento della creatività dello scrittore attraverso uno scambio equo di osservazioni tra le due figure, che secondo lui migliora e amplia l’opera creativa. Succede a volte però che lo scrittore non trovi giusto modificare un testo, perché sente che i cambiamenti potrebbero compromettere il suo stile. Qui entra in gioco il tono, che può essere modificato per rendere il lavoro della scrittura più o meno chiaro, o il messaggio del testo più o meno implicito. Una bella metafora della mediatrice Chiara Valerio esprime bene il rapporto scittore-editor, "un ring in cui ci sono due combattenti che si prendono a pugni con guantoni di piume". Il ring è il libro per cui i due contendenti combattono, una lotta di opinioni, di sfumature, di dettagli. I due contendenti tendono però allo stesso obbiettivo: creare e pubblicare un buon libro. Perché, come sottolinea Alberto Rollo, l’editor deve essere un “giudice complice”, in modo da valutare il lavoro come un critico, ma anche ascoltare e assecondare l’autore come un amico.

ESISTEVA IL

RAPPORTO CON

LO SCRITTORE

MA NON LA

PAROLA di Sofia Parri, Vittoria Radaelli

Vito Mancuso

23

di Vittoria Ruozi

Forum del libro

PIÙ SPAZIO

ALLA LETTURA

NELLE SCUOLE

Il Diario: Venerdì

ABBIAMO VISTO

GLI INVISIBILI! Un incontro con gli invisibili che lavorano dietro le quinte nel mondo dello spettacolo.

Q

di Costanza Barrai, Sara Bergomi, Gaia Giove, Michela Leva, Ginevra

Massari, Giulia Panzeri,, Mariam Yassa

Foto di gruppo con il

doppiatore Maurizio Merluzzo

uattro esperti nel settore dello spettacolo che illustrano le responsabilità che comporta lavorare dietro le quinte. Ecco la formula dell'evento che ha avuto luogo venerdì 14 novembre presso l’Università Bocconi, ospiti il regista di webseries su youtube Paolo Cellamane, il doppiatore Maurizio Merluzzo, la direttrice del corso di laurea in Economia per le Arti, la Cultura e la Comunicazione (CLEACC - Bocconi) Paola Dubini ed infine Marco Ademagni, tecnico del suono di Radio 2. Attraverso un confronto di idee, questi quattro esperti hanno illustrato i “ruoli invisibili”, rendendoli manifesti ed importanti agli occhi di tutti. Ognuno di loro ha condiviso la propria esperienza lavorativa facendo riferimento ad esempi concreti tratti ed ispirati dal romanzo “Invisibili. Dietro le quinte del successo” di David Zweig. Ma perché si sta dietro le quinte senza il riconoscimento che tutti oggi desiderano? Paola Dubini risponde a nome dei quattro ospiti: “Quando una persona che sta dietro alle quinte è abbastanza brava e competente, diventa visibile agli occhi altrui - dei colleghi. Capita quindi di avere l'occasione di essere più visibile, ma spesso si rinuncia per paura di non essere all'altezza del ruolo.” “Io sono totalmente invisibile, ma sono allo stesso tempo artefice nascosto di un grande successo”, con queste parole Maurizio Merluzzo fa luce sull'importanza dei dettagli che stanno alla base del lavoro dei cosiddetti invisibili. Il loro ruolo non è sempre gratificante, perché al giorno d'oggi la visibilità è “overrated”, come afferma Marco Ademagni. Assistendo alla conferenza, tutti in sala hanno però potuto apprezzare il loro apporto al mondo dello spettacolo. Chi appare maggiormente – i cosiddetti “visibili” – gode in

genere di tutta la popolarità e si vede riconoscere tutto il merito di uno spettacolo, ma venerdì i veri protagonisti sono stati gli invisibili: ecco la forza della conferenza, che ci ha insegnato a non sopravvalutare chi appare. Dopo l’incontro, noi del Giornale dei ragazzi abbiamo chiesto ad alcuni dei protagonisti dell'evento se essi avessero mai voluto cambiare lavoro per acquisire più visibilità e se potessero dare dei consigli ai giovani non solo sulla lettura, ma anche riguardo la loro professione. Per primo abbiamo intervistato Maurizio Merluzzo, estremamente incuriositi dal suo mestiere di doppiatore. Ci ha detto che non cambierebbe mai la sua professione, di cui è innamorato, e ha lanciato un messaggio ai giovani come noi: “Sono dell’idea che una volta che realizzi il tuo sogno e non ne trovi un altro è la fine.” Alla domanda: “Lei si pone dei limiti?”, ha scherzosamente paragonato la vita ed i suoi limiti ad un Pokemon in evoluzione: “Non esistono limiti ma solamente punti di riferimento che vanno fissati e superati.” Paolo Cellamane ha detto però che gli piacerebbe ricevere più gratificazione per la sua dote artistica. Ha poi chiuso la nostra intervista consigliandoci la lettura del libro “Invisibili”. L’incontro ci ha permesso di accostarci a un argomento estremamente interessante e originale che non viene spesso trattato, invitandoci a non soffermiamoci su ciò che vediamo poiché spesso molto è “invisibile”. Questa metafora estesa ci ha accompagnato per tutto l’evento e ha fatto riflettere tutti noi su quello che è veramente il mondo, non solo dello spettacolo. Questo è solo un piccolo assaggio di quello che ci ha aspettato e VI aspetta nelle lettura dei successivi incontri!

La lettura tra i giovani è sempre meno frequente e più trascurata. Venerdì 14 novembre al Castello Sforzesco di Milano, Bookcity, un progetto mirante alla rivalutazione della funzione del libro e quindi del suo uso per la formazione delle persone, ha organizzato un incontro dedicato al Forum del libro. Si tratta di un’associazione che sostiene e promuove il libro e la lettura specialmente nel mondo giovanile. Il Forum collabora con molte scuole e istituzioni per poter instaurare un organica politica di promozione del libro e della lettura presso i giovani. Ad introdurre l’incontro è stato Giovanni Solimine, presidente del Forum del libro. Egli ha illustrato i principi e gli obiettivi dell’associazione ossia il rilancio dell’importanza della lettura in un periodo in cui le scuole continuano ad introdurre nuove tecnologie di informazione e comunicazione, riducendo nel contempo l’utilizzo dei libri. La loro lettura è infatti non solo utile ma addirittura necessaria per tutti gli studenti. Come ha detto il presidente del Forum “solo la lettura ha il potere di migliorare le competenze linguistiche ed espressive degli studenti”. Antonella Agnoli, consulente bibliotecaria che ha coordinato l’incontro, ha sottolineato l’importanza che a questi fini possono avere le biblioteche scolastiche. In particolare ha affermato che “il ruolo della biblioteca scolastica è fondamentale” e che essa, assieme alla lettura a scuola “costituisce una componente essenziale delle pratiche educative”. Nell’incontro è stato poi fatto riferimento ad un documento intitolato “La buona scuola” recentemente elaborato dal governo italiano. Vi è stata una profonda discussione sui contenuti di tale documento che sostiene l’uso delle tecnologie, trascurando invece il ruolo fondamentale della lettura. I relatori all’incontro hanno sostenuto tesi opposte. Per sviluppare tali tesi il Forum del libro sta organizzando la settimana della lettura. In quella settimana le attività di lettura sostituiranno interamente la didattica tradizionale. In questo modo si sviluppa il pensiero di Roberto Casati il quale ha affermato che “usare il tempo della scuola per leggere significa dare un segnale forte sull’importanza della lettura. Infatti: se la lettura è veramente importante, perché chiedere agli studenti di leggere a casa, o durante le vacanze? Se la consideriamo veramente importante, mostriamolo con il dedicarle uno spazio istituzionale”. Noi del giornale dei ragazzi abbiamo trovato la presentazione particolarmente interessante in quanto si basava proprio sull’effetto che la lettura ha su noi giovani. Tuttavia, nella sala le persone della nostra età erano ben poche. Erano invece presenti genitori, insegnanti e presidi. Attraverso una presentazione PowerPoint è stato possibile anche vedere alcune immagini di alunni partecipanti ai progetti dell’associazione, è stato quindi anche un incontro interattivo e la noia del tutto inesistente.

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Il Diario: Venerdì

’astronauta ha tenuto una conferenza al planetario raccontando della sua esperienza nello spazio. Venerdì 14 Novembre. Umberto Guidoni, l’astronauta ed astrofisico italiano, ha voluto raccontare e spiegare la sua esperienza sulla stazione spaziale al pubblico di Bookcity, raccolto nell’appropriata sede del Planetario di Milano, in Corso Venezia. Numerose sono state le tematiche trattate, seguendo il filo di un cortometraggio che mostrava il procedimento che un astronauta deve percorrere prima, durante e dopo il viaggio con la navicella spaziale. L’astrofisico ha commentato tutte le scene presenti nel video, spiegando nel dettaglio la sequenza di fasi e prove che questi uomini devono superare per prepararsi a sostenere le sfide che possono incontrare nello spazio. Una di queste è l’assenza di gravità, per affrontare la quale è necessario, per esempio, fare esercizio fisico per ridurre i sintomi legati alla riduzione del tono muscolare. Abbiamo chiesto al Signor Guidoni qual è l’impatto psicologico, oltre a quello fisico, che un’esperienza nello spazio può provocare. Un esempio riguarda il periodo di “quarantena”, in realtà una settimana, durante la quale si viene isolati da tutti (soprattutto i bambini) e si possono vedere i

propri parenti solo a una certa distanza, affinché gli astronauti non si ammalino. Abbiamo anche chiesto a Guidoni quale consiglio darebbe ad un aspirante astronauta. La risposta è stata che ci vuole tanta passione e, soprattutto, tanta determinazione, perché un astronauta deve essere abituato a gestire situazioni per niente famigliari. Per esempio potrebbe essere abbandonato in mezzo al mare per diverse ore, per testare la sua capacità di sopravvivere indipendentemente. Oltre a questo, l’astronauta ci ha detto che lui ha studiato per diventare un astrofisico, ma ha dovuto svolgere anche altre attività che non avrebbe mai immaginato di dover fare, come per esempio essere in grado di pilotare un aereo oppure buttarsi col paracadute da un aereo in quota. Siamo stati molto onorati di aver assistito alla conferenza del primo europeo sulla stazione spaziale che orbita attorno alla terra, e abbiamo appreso quanto lavoro ci vuole per diventare un astronauta anche dal periodo alla fine della conferenza in cui permetteva agli spettatori di fargli delle domande.

Umberto Guidoni

PRIMO EUROPEO

SULLA STAZIONE

SPAZIALE di Niccolò Barlocher, Matteo Ghiringhelli

L

L’astronauta e astrofisico italiano Umberto Guidoni

bbiamo incontrato il giornalista e scrittore Aldo Cazzullo, venuto a #BCM14 per promuovere il suo nuovo libro La guerra dei nostri nonni, un lavoro innovativo nel suo genere, che esula dalle note vicende belliche e si pone nei confronti della Grande Guerra in un’ottica inedita: quella dei soldati semplici, delle donne rimaste a casa e andate al fronte, e delle famiglie ¬-tante- che furono colpite da questa immane tragedia. Le donne della Grande Guerra furono una componente determinante per l’esito finale del conflitto: il loro contributo dimostrò alla società le capacità femminili nei più svariati settori. A partire da quello agricolo, dove con tenacia e dedizione si scontrarono contro fatica e intemperie fino a quello dell’industria pesante (molte morirono per le esalazioni tossiche delle fabbriche). Non poche infine, sfidando la paura e la morte, andarono al fronte come crocerossine o perfino travestite da uomini per combattere al fianco dei loro compagni. Inoltre, essendo la maggior parte degli uomini al fronte, vennero impiegate anche come postine, autisti e persino agenti segreti. E’ anche così che nacque una prima coscienza identitaria delle donne, che iniziarono a scioperare e a manifestare per i loro diritti. Insomma la Grande Guerra fu involontario motore del processo per l’emancipazione femminile del ‘900. Uno spazio viene anche dedicato alla triste vicenda delle giovani donne istriane, meno nota ai più, vittime di brutalità da parte dei soldati austroungarici, cosa che cagionò innumerevoli sofferenze sia alle

donne sia ai figli che spesso furono generati da queste violenze. L’intento di questo libro è preservare la memoria del passato e farla rivivere attraverso la scrittura, addentrandosi nelle strazianti vicende personali dei soldati e dei loro dolori. Come sostiene Cazzullo “la Grande Guerra non ha eroi, i protagonisti non sono re, imperatori, generali. Sono i fanti-contadini: i nostri nonni”. Ed è per mezzo della loro unione che l’Italia odierna si è formata come stato nazionale e non mera definizione geografica: rimangono i principali testimoni di un messaggio universale ed eterno di fratellanza e solidarietà.

Siamo usciti vittoriosi, risultato non scontato, dal primo conflitto mondiale grazie alla sinergia umana, ed è con questa che dobbiamo muoverci per fronteggiare la nostra guerra, “la guerra contro la crisi”.

ALDO CAZZULLO: LA

GRANDE GUERRA

Aldo Cazzullo, classe ‘66 è autore di numerosi romanzi riguardanti l’identità nazionale. Sopra, il suo ultimo lavoro La guerra dei nostri nonni (Mondadori) nel quale lo scrittore ripercorre il cammino

dei giovani contadini italiani impegnati sul fronte alpino durante la prima guerra

mondiale

Contadini italiani durante la prima guerra mondiale

A di Giacomo Bedeschi, Luca Dossena, Stefano Grassi

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FRITZ GARDNER

di Francesco Assi, Sabrina Barca, Serena Frau, Letizia Pessina,

Cesare Rosa

Il coraggio di rappresentare la

guerra con le immagini

o scelto di aprire questo approfondimento proponendovi una riflessione che prima ancora della grande guerra, protagonista di questa mostra, parla di arte. "Chi è Fritz Gärtner?" e, soprattutto, quanti di voi sono in grado di rispondere a questa domanda? È questa una delle caratteristiche che più colpiscono riguardo a questo artista, l'assoluta indifferenza che gli fu dimostrata e che tutt'ora persiste nei suoi confronti, tanto che non viene degnato di memoria neppure nell'enciclopedia “libera, più accessibile al mondo: Wikipedia. Neanche una citazione nei manuali di storia dell'arte. Il nulla più assoluto. Eppure è autore di tre portfoli, composti ciascuno da oltre cinquanta opere, impregnate di un valore artistico che prescinde da una mero giudizio critico e getta le sue radici nella straordinaria testimonianza di una delle realtà storiche più efferate del Novecento. Scene di guerra che si riversano sulle tavole conservando intatta la loro essenza, grazie ad un artista che non solo può vantare un apprendistato eccellente (svolto nell'accademia di Monaco), ma anche, e forse prim'ancora, un' esperienza diretta di quelle situazioni. Provate ad immaginare come deve aver reagito Fritz, un giovane artista di Aüssing, quando ha aperto la lettera di arruolamento obbligatorio vedendo così pregiudicati tutti i suoi sogni artistici, le sue passioni, gli studi a cui tanto diligentemente si era dedicato fino ad allora. E invece, proprio un evento di questo genere, impedimento che a molti sarebbe parso insormontabile, lo dota di uno spirito nuovo, creativo, energico che gli avrebbe permesso di integrare le esperienze di una guerra senza precedenti con un genio artistico che si risolve in tecniche di pittura basilari, quelle a cui era in grado di accedere da soldato semplice. Questo dovrebbe, a mio avviso,

essere il paradigma dell’arte: passione, emozioni, coraggio. E Gardner certamente riesce ad esprimerlo appieno nelle sue opere. Di grande effetto per esempio è l'incisione “Fiori e Filo Spinato”, acquaforte del 1916, una delle tante esposte il 14 Novembre nella piccola libreria Libet in prestito dalla Biblioteca Militare di Milano. L'opera è divisa in due registri fortemente antitetici e contrastanti, che costituiscono un ossimoro in grado di rappresentare con un certo effetto il carattere illogico e contraddittorio della guerra. In primo piano è rappresentato un filo spinato in pendenza,sopra, accasciato il corpo inerte di un soldato in una posa scomposta e innaturale; probabilmente uno sfortunato stroncato dal fuoco nemico mentre tentava di scavalcare per salvarsi. Questa immagine, di forte impatto psicologico, rappresenta la dimensione più tragica e cruda della guerra, il destino di molti uomini racchiuso in quello di uno solo, il grado di distruttività a cui può giungere l'atto umano. Sullo sfondo troviamo invece una scena del tutto diversa: un tronco sinuoso si staglia sopra l'orrore della guerra e da esso si dirama una chioma di fiori bianchi che occupa tutto il secondo piano in un candore abbagliante. E' incredibile come l'artista riesca a far intuire i colori e le tinte della cornice floreale pur servendosi solamente di inchiostro nero. Certo è preponderante l'immagine immediata degli effetti della guerra, follia umana che oscura e piega a sé le opere di madre natura. Se però non ci si ferma all'aspetto più superficiale e si spinge lo sguardo oltre all'immanenza delle situazioni più toccanti, si può vedere che la vita continua, che la natura, nonostante tutto, continua a crescere rigogliosa e a dare la speranza di un futuro migliore. Lavoro realizzato da Pietro Orlandi e Riccardo Pasquali

H

Il Diario: Venerdì

L’arte dispersa

SOLDATI E

ARTISTI di Francesco Assi, Sabrina Barca, Serena Frau,

Letizia Pessina, Cesare Rosa.

In via Terraggio 21, oggi la libreria Libet si tinge dei colori della Grande Guerra: bianco e nero. Messe a disposizione dalla Libreria Militare, tra scaffali traboccanti di libri, spiccano le opere d’arte protagoniste di questo evento, che con le loro immagini crude e veritiere dicono più di mille parole. Tutte realizzate durante i tristi anni del conflitto, comunicano le sconvolgenti scene a cui i soldati dovevano quotidianamente assistere. La maggior parte delle opere sono litografie o acqueforti, tecniche che trasmettono grazie ai colori cupi e spenti quella sensazione di angoscia comune tra i soldati in trincea. Sparsi per la libreria, ci sono anche dei reperti risalenti alla Prima Guerra Mondiale. Elmetti, filo spinato, borracce e baionette si mescolano in modo perfetto all’atmosfera creata dai vari disegni. L’ambiente intimo e familiare della libreria Libet, giusta cornice all’evento, ci ha particolarmente colpiti. Un posto da non perdere.

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Il Diario: Venerdì

n occasione del centesimo anniversario dell’inizio della prima guerra mondiale Venerdì 14 Novembre 2014 nelle librerie “Militare” e “Libet” si è tenuta una presentazione di litografie, acqueforti, disegni a matita e acquarelli di soldati della prima guerra mondiale. Fino a pochi anni fa quello che veramente succedeva in battaglia, nelle trincee e nelle città, rimaneva un’incognita. Grazie all’Organizzazione Arte Grande Guerra sono stati recuperati alcuni rarissimi esemplari di opere letterarie e artistiche che riportano la visione del conflitto da parte dei soldati. La discussione e le opere, entrambe estremamente interessanti, hanno fatto riflettere il pubblico su un’importante particolarità: persone che passavano la giornata nelle trincee con feriti e morti, trovavano la forza, nei momenti di pausa, di rappresentare queste truci immagini. Carol Morganti, a capo della sezione artistica dell’organizzazione, ha spiegato al piccolo, attento e vario pubblico come molte opere dei soldati fossero schizzi fatti sul campo che poi venivano ultimati ed arricchiti di significato quando trovavano il tempo tra un assalto e l’altro o in ospedale. Esempi frequenti di opere significative sono le rappresentazioni di campi e distese vastissime coperte di cadaveri. Inoltre, sono frequenti le immagini delle trincee dove i soldati aspettano, anche feriti, l’attacco di un nemico che non si

vede nemmeno all’orizzonte. Un esemplare unico e di particolare rilievo è quello che mostra non solo la crudeltà della guerra verso gli uomini, ma anche quella verso gli animali: un cavallo morente, con il muso rivolto verso il cielo e trafitto dal filo spinato dimostra come il conflitto non risparmi nessuno. L’idea che si ha della censura, su immagini e informazioni di guerra, è di una legge severissima che al tempo non permetteva ai soldati di raccontare quello che veramente succedeva in battaglia, con lo scopo di far sembrare ogni evento un passo in più per la vittoria. Un soldato artista francese è riuscito, tuttavia, ad esporre una serie delle sue opere di trincea a Parigi, portando un’immagine che poteva essere considerata disfattista. Questo è un segno del valore dell’arte a prescindere da divieti e leggi. Dario Malini, responsabile invece del materiale letterario, è riuscito a recuperare dei diari privati dei soldati, unici nel loro genere. Le storie non sono infatti solo racconti di guerra ma contengono un significato ed un messaggio profondo sull’orrore di quest’ultima. L’esperto ha poi raccontato la storia che guida la raccolta di opere creata per il centesimo anniversario dell’inizio del conflitto. Gli eventi raccontati dagli occhi di Otto, soldato tedesco, attraverso il suo diario, sono molto diversi sia dalla versione degli storici, che

riguarda maggiormente i fatti, che da quella che viene classicamente trasmessa come la tragedia più atroce della storia. Questo è un testo scritto da un ebreo combattente per l’esercito tedesco, che spera in questo modo di riuscire a solidificare il legame tra la nazione e la sua religione. Questo diario, dal significativo valore letterario, contiene anche le lettere della fidanzata di Otto a quest’ultimo. Qui Esther esprime il suo favore riguardo all’allontanarsi dalla Germania, che la ragazza non ritiene ancora pronta ad accettarli nella comunità. Si legge però che il soldato è fiducioso e non ha intenzione di lasciare quello che egli considera il suo paese. Tale testo letto oggi mantiene il suo messaggio originale ed ha anche un valore aggiunto dagli avvenimenti successivi, per via dei quali l’ideologia di Esther si rivela anticipatrice dei tempi, mentre la fatica e la sofferenza di Otto si rivelano, purtroppo, inutili. Tutt’oggi, la maggior parte di opere di questo genere e di quel periodo non sono ancora state recuperate. Il ritrovamento delle opere aiuterebbe una più approfondita conoscenza di quell’epoca attraverso i punti di vista delle varie fazioni coinvolte.

Riscoprire la prima guerra mondiale con gli occhi di chi l’ha

vissuta e ne ha tratto ispirazione

LA GRANDE GUERRA

OGGI, UNA STORIA NUOVA

I di Alessandro Melgrati, Francesco Savanco

ow should we approach death today? A very difficult question that many of us will have to come to terms with sooner or later, due to personal curiosity or because a loved one has died. On Friday 14 November, a team of three professors at Villa Borgonuovo tried to answer our questions, but the event did not go as we expected. As anthropologists they explored the physical aspect of dying, and how different cultures approach death. Death is the only thing we can be sure of in life. We will die, just as humans before us have died since the beginning of time. Our approach to death, the honors we dedicate to our dead and the rituals we invest, tell us a lot about our society. In the last 5 years the percentage of burials has been halved while cremation has rocketed upwards. This is an index of an ever changing society and world, but most of all this data underlines the fact that there is always less space for death nowadays. We confine it in

hospitals and later we hide the deceased away in an urn. However in Congo things are very different. Life and death are seen as an ever-continuing cycle, where the earth gives but eventually wants back. As a result the dead are buried in orchards of bananas, which will then not be touched for one month to give the body the possibility of returning and ‘reliving’ in the tree tops. This lecture was undoubtedly interesting, the professors and writers involved were all very knowledgeable on this subject but our group of journalists was quite disappointed in not having touched the spiritual part of death, the part that deals with our souls. What happens to those? Unfortunately when we asked them questions about this the experts did not share our interest and they did not answer. As a result we felt the event was somehow superficial and we exited the building feeling that the subject was left incomplete.

HOW IS DEATH TALKED

ABOUT TODAY?

«a new and alternative view on death is what we need»

H by Valentina Calvi

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Il Diario: Venerdì

a morte è una delle poche certezze della vita.” così Francesco Remotti, antropologo, spiega questo paradosso. La morte è divenuta un argomento da sfuggire, nonostante ci abbia sempre accompagnato per tutta la storia dell’umanità. Grazie alle testimonianze delle antiche sepolture riusciamo a distinguere il livello di civilizzazione dei popoli antichi. Allora perché è così difficile parlarne in pubblico? La conferenza ‘Come parlare della morte oggi’ ci insegna ad affrontare questo tema, ormai divenuto tabù nella società occidentale odierna poichè cupo e drammatico. L’incontro con i due antropologi, Francesco Remotti e Alessandro Gussman, presieduto da Luca Prestia (Responsabile editoriale presso Fabretti) ha riscosso molto successo. Il pubblico e' rimasto affascinato dalla complessità dello studio antropologico. Il modo migliore per affrontare l’argomento è farlo in modo cauto ed indiretto. Ovvero, avvicinarsi al tema della morte mediante discorsi strettamente collegati...”, spiega Alessandro Gussman, il quale enfatizza il bisogno di attribuire alla morte un significato simbolico; lo stesso che possiamo riscontrare nel diciottesimo secolo, prima che diventasse un argomento proibito. Pur essendo un argomento spaventoso e cupo, è anche di grande importanza ed i tre antropologi sono stati infatti in grado di coinvolgere gli spettatori permettendo loro di porre delle domande riguardanti le principali tematiche legate all'idea del trapasso. Alla fine della conferenza tutti sono stati coinvolti nella discussione, rispondendo alle domande poste da altri spettatori. Luca Prestia ci ha informato che a Milano il 70% delle persone si fa cremare invece che seppellire. La notizia ci ha lasciati a bocca aperta, non avremmo mai immaginato che la cremazione fosse così diffusa. Il dato ha sollevato una discussione da parte del pubblico, il quale cercava di comprendere le motivazioni sottese a tale scelta. Francesco Remotti ha risposto che le ragioni non erano chiare, difatti molti sono pervasi dal terrore di essere sepolti vivi, per altri sembrerebbe derivare da convinzioni di ordine ecologico. Entrati nella sala, eravamo convinti che l’evento sarebbe stato molto lungo e impegnativo. Invece, grazie ai tre antropologi, la discussione e ' stata leggera, non assumendo mai connotazioni cupe. Questo evento ci ha anche permesso di comprendere come la questione della morte negli ultimi cinquanta anni sia stata mutata così tanto. La visione di questo argomento è cambiato radicalmente poichè le convenzioni morali di ogni individuo ma soprattutto della società si sono evolute. Al termine dell'evento siamo stati rapiti da questo studio così complesso. Non avremmo mai immaginato che la tanantologia potesse essere così interessante, poiché “nella società di oggi il tema della morte è tabu” e viene "trascurato" da tutti noi. La discussione ci ha invece permesso di comprendere tutto il processo del dopo morte, ed anche come i rituali di morte cambino attraverso i secoli ed a seconda delle credenze religiose dei vari popoli.

Una discussione delicata,

non necessariamente

accessibile ai giorni nostri

LA MORTE È UNA

DELLE POCHE

CERTEZZE DELLA

VITA

di Lucrezia Cogliati

L ”

COME

PARLARE

DELLA MORTE di Laura Rodano

questa domanda molto complicata hanno cercato di rispondere tre delle personalità più in vista nell’ambito della tanatologia: Alessandro Gusman, Luca Prestia e Francesco Remotti. Tante le suggestioni, proviamo a riassumerle. La morte molto spesso viene considerata come un concetto astratto quando in realtà è estremamente concreto. Non si affronta la morte ma molto spesso si cerca di nasconderla. Della morte si parla in maniera metaforica e celata anche se poi attraverso i media ci viene anche presentata cruda e violenta. Nella società europea il distacco dalla morte è dovuto alla medicalizzazione che ha creato un’individualizzazione della morte: le persone molto spesso si ritrovano ad affrontare la fine della propria vita in un letto di

ospedale, con molte probabilità da soli. La morte è quindi anche un problema sociale. Grazie anche agli enormi progressi della medicina, molti pensano che la morte possa essere cancellata e la vita debba continuare per l’eternità, in un paradossale desiderio di immortalità. Ma, dicono gli specialisti, tutto questo non ha senso. La morte è sia la fine della vita, sia il processo che permette una nuova vita. Insomma, il primo passo per accettare la morte è quello di vederla come l’esito di un processo naturale e necessario e distaccarsi da un’idea di immortalità che è profondamente innaturale e non umana. Parlare della morte è un modo per imparare a vivere: quindi perché evitarla?

A

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Il Diario: Venerdì

#BCM14

Dopo l’attesissima inaugurazione di giovedì 13 novembre con il celebre scrittore David Grossman, gli eventi del primo giorno di BookCity ’14 sono riusciti subito a coinvolgerci. Noi giovani giornalisti eravamo nervosi all’idea di dover svolgere un lavoro così “vero”. Avevamo davanti una giornata in cui avremmo parlato con persone importanti. Che cosa succede se sbaglio a dire qualcosa? E se mi dimentico di usare il condizionale correttamente? Per fortuna ci è andata bene. Niente brutte figure. E poi c’è stato lo sciopero dei mezzi pubblici… spostarsi non è stata la cosa più semplice, ma "come dei supereroi" ci siamo riusciti! E’ stato davvero divertente poter condividere le nostre opinioni riguardo agli eventi che più ci hanno entusiasmato ed anche su quei pochi che invece non erano proprio il massimo, diciamocelo. E poi, quale modo migliore per terminare la giornata se non con l’incontro con la ‘shopaholic’ Sophie Kinsella? Insomma, possiamo ben dire che è stato davvero un buon inizio.

at the end of the day…

di Celine Buccomino

Il Bibliobus

BIBLIOTECA

ON THE ROAD di Edoardo Colombo

All'interno del Castello Sforzesco era stato parcheggiato un curioso camioncino: Bibliobus. Questo strano veicolo ha attirato l'attenzione di diversi visitatori che si sono avvicinati per scoprire cosa c'era al suo interno. Lo scopo del Bibliobus è quello di girovagare per la città pubblicizzando e vendendo libri, un po' come un incrocio tra una biblioteca e una libreria. Dopo un giro all'interno del bus abbiamo capito come anche una mini libreria può portare la passione per la lettura in giro per Milano. Bibliobus offre svariati generi letterari e grande varietà di opere e autori famosi. A noi dei del "giornale dei ragazzi" è piaciuta molto l'idea del bibliobus, pensiamo che attraversando la città possa attirare l'attenzione di tutti, così da suscitare o risvegliare l'interesse per la lettura in tutti noi

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UNA STORIA DI

JUDO E CAMORRA di Benedetta Gaggio, Alice Nani

Intervista a Luigi Garlando

#BCM14 Terzo giorno di lavoro (secondo ufficialmente, dalla inaugurazione) per i novanta giovani de Il Giornale dei ragazzi di Bookcity ma, come si confà ad una citta’ quale Milano, non poteva non piovere. Tuttavia, come si confà a dei veri reporter, i nostri non si sono arresi e, sfidando il freddo e il maltempo hanno documentato anche oggi numerosissimi eventi ed ottenuto importanti interviste dai molti protagonisti per mantenere sempre il contatto con i followers sui social networks. Anche oggi l’entusiasmo per questo bellissimo progetto ha avuto la meglio sui vari ostacoli che si sono presentati.

day three

Il Diario: Sabato

ggi alla Società Umanitaria, sport e mafia hanno coesistito. L’ospite della conferenza, Luigi Garlando, è l’autore di Per Questo Mi Chiamo Giovanni e la serie Gol!, ma nasce come giornalista di quel “giornale rosa” di cui sono innamorati tutti gli sportivi: La Gazzetta dello Sport. È stato determinato a chiarire che gli argomenti considerati “da grandi” vanno spiegati anche ai bambini; e cosi è stato. Il suo pubblico di giovani e più giovani sono stati incantati dalle parole di Garlando, il quale è riuscito ad aprire un mondo a questi bambini, di non più di 10 anni, tramite parabole e metafore semplici ma efficaci. Ha affrontato temi come la politica, paragonandola ad una partita di calcio; la mafia, descrivendola attraverso gli strati di un carciofo; infine, la corruzione, esponendola con la dinamite. Avendo letto Per Questo Mi Chiamo Giovanni, eravamo già a conoscenza delle abilità di Luigi Garlando nello spiegare concetti concreti ed astratti con semplicità, ma vedere bambini così piccoli apprezzare questo suo metodo ci ha veramente colpite. La presentazione di Garlando ci è sembrata innovativa e rilevante per una nuova generazione che ha voglia di risolvere questi tre problemi trattati e già citati da noi. Un evento che ha avuto successo e che si vedeva veniva apprezzato anche dai genitori, i quali si scambiavano cenni di riconoscenza. Prima della conferenza, illuminante anche per noi ragazzi, Luigi Garlando è stato gentilissimo ad offrirci un paio di minuti per porgli delle domande: In molti pensano che i giovani non siano abbastanza maturi da affrontare argomenti come la mafia e perciò non sempre il tema è affrontato in maniera approfondita. Lei cosa ne pensa a riguardo? Non sono d’accordo, non credo che ci siano argomenti da grandi e argomenti da piccoli, c’è magari un modo diverso di affrontarlo. Credo quindi che si può anche parlare di mafia; io l’ho fatto per esempio dieci anni fa con un libro dedicato alla figura del magistrato Giovanni Falcone (Per Questo mi Chiamo Giovanni ndr). Inoltre, i meccanismi di un fenomeno complesso come la mafia magari un bambino o un ragazzo non possono capire fino in

fondo, però sono simili ad altri fenomeni, per esempio il bullismo, che invece tocca i ragazzi. Quindi parlare di mafia è utile anche ai ragazzi stessi. Pensa che i giovani d’oggi riusciranno a sconfiggere del tutto la mafia, la camorra e gli altri tipi di criminalità organizzata in un futuro? Io credo di sì perché, come pensava Giovanni Falcone, se si cresce, appunto, affrontando i temi della legalità, allenati contro le piccole ingiustizie, abituati a non sopportarle, allora a lunga scadenza si potrà battere la mafia. Ripeto, era quello che pensava Giovanni Falcone, il quale diceva che le generazioni più mature sono abituate a convivere con la criminalità organizzata, un po' come si fa con le zanzare: tanto tornano, la mafia ci sarà sempre. Invece se un giovane cresce convinto che la mafia è qualcosa che si può estirpare per sempre, quando sarà grande e più influente nella società, allora avrà più forza e forse si raggiungerà quest’obiettivo. Perché ha scelto di scrivere libri per ragazzi e non per un pubblico più adulto? Io scrivo un po’ per entrambi, ma è vero, scrivo soprattutto per ragazzi. È un po’ una mia vocazione, nel senso che, nonostante il mio lavoro sia il giornalista sportivo, ho anche fatto l’insegnante a scuola. Quando mi sono laureato in lettere, ho cominciato per due, tre anni a insegnare. Ero portato, mi piaceva stare in classe con i ragazzi e scrivere libri è un po’ come tornare dietro la cattedra, quindi è, diciamo, una mia inclinazione naturale. Ultima domanda legata invece a questo evento, cosa l’ha convinta a partecipare a BookCity e cosa ne pensa di questa iniziativa? Quando ne ho possibilità, partecipo sempre, anche se il mio lavoro mi toglie parecchio tempo. Qui ho l’occasione di incontrare i ragazzi, di parlare dei miei libri, sapere cosa ne pensano loro, quindi confrontarmi per me è utilissimo perché magari scopro percezioni del mio libro diverse rispetto alla mia.

O

di Luca Dossena

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Sabato 15 novembre, in un piovoso pomeriggio, abbiamo avuto la possibilità di incontrare ed intervistare il noto chef pluristellato Carlo Cracco. L'evento è iniziato, con un po' di ritardo, nella stupenda sala degli affreschi in via San Barnaba a Milano. In questa occasione noi del Giornale dei Ragazzi abbiamo avuto l'occasione di intervistare il noto giudice e cuoco di Masterchef, scoprendo un personaggio diverso da quello che appare in televisione e approfondendo la sua passione per la cucina con qualche anticipazione del suo nuovo libro Dire, Fare, Brasare. Aprendo l’evento, dopo delle sincere scuse per il ritardo, Cracco ci accoglie con grande entusiasmo e simpatia, e le idee che avevamo su di lui, influenzate dalle diverse trasmissioni televisive di cui è protagonista, subito cambiano del tutto: la sua apparente severità in realtà è solo buona recitazione.

Lo chef ha iniziato affermando che “scrivere una ricetta è normale per un cuoco” ma “spiegare come si fa una ricetta è la cosa più complicata”. Il suo libro Dire, Fare, Brasare è scritto nel formato di 11 lezioni, e “non serve per diventare un cuoco ma per acquisire la giusta sicurezza in cucina”. L’inizio della conferenza ci ha permesso di sapere più della passione per il cibo e la scalata verso il successo di Carlo Cracco, secondo cui per raggiungere un obbiettivo bisogna lavorare sodo ed imparare dai propri errori. “Da ragazzi”, ha detto, “si sbaglia maggiormente e bisogna far tesoro dei propri errori”. Lo chef ha avuto la possibilità di sperimentare su se stesso questa lezione del mestiere molto presto, infatti ha incominciato a lavorare ai soli quattordici anni.

Raccontando aneddoti divertenti della sua giovinezza, Cracco ha

appassionato le duecentocinquanta persone presenti in sala. Per esempio abbiamo scoperto che a scuola prendeva sempre quattro in cucina, ma grazie alla sua determinazione è riuscito a raggiungere obbiettivi impensabili. Si è immediatamente presentato ai nostri occhi come una persona gentile, colta, ma soprattutto piena di umorismo, facendoci ridere e passare una piacevole ora durante un lungo e cupo pomeriggio piovoso. Gli applausi calorosi e la standing ovation finale hanno manifestato l’entusiasmo del pubblico. Dopo l’evento, Carlo Cracco si è messo a disposizione di tutti, firmando i suoi libri e rispondendo gentilmente e sinceramente a tutte le domande.

In una breve intervista che abbiamo potuto fargli in questa occasione, Cracco ci ha raccontato di più sul suo lavoro in cucina e su come nascono le idee geniali. Sperimentare è la parola chiave, “avere tanti cassettini” che servono per memorizzare più gusti e sapori possibile, che serviranno per combinarli tra di loro e creare ricette nuove ed originali. Per esempio, una delle sue ultime creazioni, presente all’interno del libro, è l’ananas con la crema di zucca. Questo curioso piatto nasce dalla combinazione di acidità, dolcezza e freschezza, che creano un giusto equilibrio che soddisfa i palati. Certamente Dire, fare, brasare, che noi del Giornale dei ragazzi siamo riusciti a farci firmare in diverse copie, sarà un libro utile a tutti gli appassionati di cucina, e noi lo consigliamo vivamente!

UN VIAGGIO ALLA

SCOPERTA DEL

CIBO CON CARLO

CRACCO di Andrea Del Ton, Riccardo Musso, Mario Trotter, Filippo Ugo

di Mariam Yassa

Il Diario: Sabato

Sarà un caso che l'incontro si chiamasse proprio "Come quando fuori piove"? Non si sa, ma malgrado la pioggia battente è stata creata una bella atmosfera grazie a delle coperte e del risotto caldo, mettendo a proprio agio il pubblico e facendolo sentire a casa; un aperitivo a mezzogiorno e mezzo di sabato 16 novembre con un autore ammirevole, Andrea De Carlo. “Nessuna parola è sorda, ma la persona che la usa potrebbe essere sorda.” Questo è solo uno dei tanti insegnamenti che ci ha trasmesso all’incontro di Bookcity. Infatti, essendo non solo scrittore, ma anche musicista, De Carlo riesce a creare delle sinergie tra le due arti e includerle nei suoi romanzi. Questo lo differenzia da tutti gli altri, rendendolo unico nel panorama letterario. Nel portico dell'Elefante al Castello Sforzesco ci ha introdotto al suo nuovo romanzo “Cuore primitivo”. Un libro con una semplice immagine iniziale: Craig, il protagonista, che dopo un temporale estivo, sale sul tetto della sua casa di vacanza vicino a Canciale per controllare da dove sia entrata la pioggia il giorno prima. Cercando di fare ciò cade attraverso il tetto rischiando di spezzarsi la gamba. Questo è solo un assaggio di un libro così unico per l'inconfondibile stile narrativo di De Carlo. Un’immagine iniziale che ci ha reso ancora più curiosi di leggere il suo nuovo romanzo. Chi non lo vorrebbe? Dopo l'incontro, nonostante qualche inconveniente perché De Carlo aveva vari appuntamenti, noi piccoli giornalisti siamo riusciti a intervistare l'autore di

"Due di due", libro che alcuni di noi stanno leggendo proprio in questo periodo. Solo l'idea di poterlo fare ci faceva emozionare: eravamo agitatissimi. Ci avrebbe consentito di intervistarlo nonostante il tempo limitato? Sarebbe stato felice? Saremmo riusciti ad avere una risposta alle nostre domande? Questo è quello cui pensavamo, aspettandolo con la signora Isabella di Nolfo, che ci ha permesso di avere quest’occasione irripetibile. Come in un lampo eravamo lì, con il cuore in gola. Man mano che il tempo passava, ci siamo sentiti più a nostro agio e abbiamo ascoltato le sue parole con attenzione. Ci ha particolarmente colpiti la sua risposta alla domanda: “Lei è uno scrittore, musicista, pittore e fotografo. Come pensa che tutte queste arti possano essere collegate fra loro?”. Questo è quello che ci ha detto: “Sono tutti dei modi di raccontare delle storie. No? Uno può raccontare una storia attraverso una canzone, con un romanzo e in fondo anche una fotografia può raccontare una storia se cogli il momento giusto. Io trovo molto interessante che un romanziere conosca vari linguaggi perché se ne conosce solo uno rischia di dare un senso di soffocamento, come essere chiusi in una biblioteca un po’ polverosa e invece mi piace l’idea di avere varie fonti. Questa è la mia opinione.” E come si fa a non essere d’accordo con queste parole? Sembra quasi che sia un consiglio diretto a tutti gli aspiranti romanzieri.

NEANCHE LA PIOGGIA

FERMA GLI APPASSIONATI

LETTORI DI DE CARLO

Foto di gruppo con Carlo Cracco

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Il Diario: Sabato

a sera di sabato 15 novembre, allo storico Piccolo Teatro Grassi, la platea centrale era quasi piena, nonostante il diluvio universale che si scatenava all’esterno. Sul palco due sedie e due fari, destinati al “cinemaniaco” Gianni Canova ed al Maestro del brivido Dario Argento. Quest’ultimo ha presentato la sua autobiografia intitolata nientemeno che Paura. Un sentimento che, proprio grazie ai suoi film abbiamo, davvero compreso. Il terrore ci ha perseguitato per giorni e notti dopo aver visto Profondo Rosso, Suspiria ed Inferno, per citare solo alcuni dei suoi capolavori. Avendo già iniziato a leggere la sua autobiografia, ci aspettavamo un Dario Argento cupo e pauroso, proprio come i suoi film. Colpo di scena, invece: ad ogni sua affermazione o risposta il pubblico scoppiava a ridere incredulo. Esistono forse due Argento? Uno che si rinchiude, isolandosi, in una stanza buia, aspettando i suoi mostri per fissarli sul foglio con la sua macchina da scrivere, l’altro invece che condivide le sue esperienze con autoironia e simpatia? Nato letteralmente sotto i riflettori, il piccolo Dario, figlio di Salvatore Argento e di Elda Luxardo del famoso Studio Luxardo, cresceva un passo avanti a tutti i suoi compagni di scuola. Mentre i coetanei leggevano i fumetti, lui assorbiva i grandi classici della letteratura avanguardistica e, piuttosto che rimanere incantato per gli atti eroici del Principe Azzurro di Biancaneve, si innamorava della regina cattiva. La sua insegnante di italiano però lo odiava, e un anno lo aveva respinto. “Proprio a me!!! L’unico che leggeva! E mi boccia… roba da non credere..!” ha esclamato il regista durante la conferenza, facendo scoppiare la platea in una risata generale. Ci ha raccontato poi di essere riuscito a vendicarsi, quando, durante il periodo in cui lavorava al Paese Sera, si è presentata alla sua porta proprio la terribile professoressa di italiano con un articolo che doveva essere coretto: “Gliel’ho fatto riscrivere venti volte, le dicevo che questo e quello non andavano bene e ‘ma no, così non va!’ ‘Si', però io cambierei questo’, proprio come faceva con me” ci ha raccontato simpaticamente e con un certo orgoglio. Guidato dalle domande di Canova, Argento ha confessato che, da giovane, molti lo consideravano una persona “senz’animo”. Alternava mesi in cui si abbuffava, ingurgitando di tutto, ad altri in cui diventava improvvisamente vegano. C'erano giorni in cui fumava, e periodi in cui non toccava nemmeno una sigaretta. Ha anche trascorso uno sfortunato periodo intrappolato nel mondo della droga. Insomma, gli unici elementi costanti nella sua esistenza sono stati proprio l'amore per il cinema ed il senso di solitudine. Una solitudine

che nasce dal profondo del suo animo e che, a parere suo, è la ragione del suo successo: “io racconto le cose dal mio profondo, che alla fine è lo stesso profondo di tutti”. I suoi film hanno sempre rispecchiato solo ed esclusivamente la sua anima, non la realtà circostante. Anche durante gli anni più cupi della storia d’Italia, Argento si ripiegava su se stesso e scriveva quei gialli horror che terrorizzavano il mondo e, forse, gli facevano da specchio. Uscito un paio di mesi dopo la strage di Piazza Fontana, L’Uccello dalle piume di cristallo rimase in vetta alle classifiche del giornale Varietà per ben due settimane. Tutto torna nella sua autobiografia, dal ricordo del corridoio di casa sua, che da bambino lo terrorizzava, alle discussioni sul cinema con il direttore del giornale, che considerava Alfred Hitchcock un regista da due soldi. Ogni elemento ha contribuito, in un modo o in un altro, a guidare Argento verso il cinema horror. Per due fan come noi, cresciute (e talvolta traumatizzate!) coi racconti dei genitori sui film di Argento, è stata una grande emozione e un’incredibile opportunità poter conoscere di persona un mito della cinematografia noir internazionale che ha segnato la storia del cinema. Non dimenticheremo mai quel giorno e il selfie col regista! Certamente abbiamo visto un Dario Argento che non ci aspettavamo e che ci ha stupito. Dopo la conferenza lui stesso ci ha confidato di non aver mai conosciuto il vero Dario Argento. Chissà, allora, se abbiamo veramente incontrato il Maestro del brivido o il suo fantasma!

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IL SOLO ED UNICO

MAESTRO DEL BRIVIDO

Alice Nani con il mitico Dario Argento subito dopo la presentazione del suo nuovo libro

La copertina del nuovo libro autobiografico di Dario Argento, Paura (Eiunaudi)

di Alice Nani

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by Bianca Antonelli .

An intriguing journey in the minds of the fathers of Horrors

hat is reality and how do we know it? Why is life worth living and how should it be lived? How can we distinguish right from wrong?

The conference we attended this morning at the Biblioteca Sormani was an extended argument exploring the complex idea that neuroscience matters when trying to explain the most fundamental philosophical issues about knowledge, reality, morality and the meaning of life.

Arnaldo Benini, one of the lecturers, argued that the brain is equipped with enough observational and inferential capabilities to provide answers to the aforementioned questions, hence that scientific approaches to philosophical questions have more explanatory power than do faith-based or abstract thinking-based approaches. In simpler terms, neuroscience is the only possible way to give a definite, concrete answer to the philosophical questions posed. This can be summed up with the assertion that “minds are brains, not souls”.

If all of this sounds depressing and utterly daunting to you, lighten up! The answer to the quintessential question “what is the meaning of life” is accessible to everyone, and according to Mario De Caro it can simply be found in these three things: work, leisure and, of course, love.

by Valentina Di Lernia, Lucia Affaticati

THE ESSENCE OF LIFE The meaning of life “simplified” through philosophy and neuroscience

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Il Diario: Sabato

DEEP WITHIN THE MASTERMIND

OF HORRORS

ho is Dario Argento? This is the question the master of horror tried to answer while presenting his newly published autobiography: Paura (Fear). Dario Argento is an Italian Director and screenwriter famous for his thought-provoking thrillers, which left many generations speechlessly gaping at the screen. This is what many critics claim to be the fascination with Argento’s films, they are so far from reality that they reach deep within the persons’ subconscious and find their repressed fears.

“I write about things deep inside of me”, Argento states, “Which in the end are fears that everyone shares”. This, we could argue, is one of the many reasons why Argento decided to start his career as a director and leave journalism, which was his first job after he ended school, since he did not go to college. He thought he could touch people with fiction instead of with facts. In his autobiography he also discusses the fact that he was always directly connected to the world of film because of his mother’s job as a famous photographer and how this world had always intrigued and fascinated him. “Loneliness is my passion”: this

feeling has surrounded Argento’s existence and conditioned all of his passed relationships, he tell us this while narrating his current and new experience of living alone, which he is finding very peaceful and cleansing. This incredibly Kafkaesque theme is explored in all of Argento’s films, like in the masterpiece internationally renown Deep Red, which has an amazingly limited amount of dialogue to immerse the audience into the character’s loneliness and to create a feeling of solitude which makes the whole experience much more terrifying and horror-stricken. The other element which makes Argento’s horrors so terrifying yet beloved by all adult audiences is that they are all very far from reality and certainly not things you can find in the ordinary. An example of this would be his famous trilogy of the three mothers, a trilogy started in 1977 and ended in 2007 which follows the stories of three witches.

The Master of Horrors guided us through a journey that lead us to try and understand who he really is and how he became who he is. Argento confesses in his autobiography the many reasons why he did not go to university, which is very peculiar, given his renowned culture of literature, cinema and art. He discloses many amusing

anecdotes, of his school life. Many of these being his disagreement about literary material with different teachers at different ages, which always considered the books he was reading inappropriate for his age.

He recounted the year when his Italian literature teacher failed him and forced him to repeat the school year, he stated that this happened “Only because she hated me and thought I was too informed (more than she was) on literature!”.

Every Italian horror passionate knows Dario Argento, has seen or at least heard of one of his films, this shows us how influential this man was on certainly two, but maybe even three, generations. A man who escaped constrictions of modern society by bringing to the big screen his deepest fears, which may be considered by many too controversial. Even though people may like or dislike Dario Argento’s films, one can’t simply watch Deep Red and not have it eternally carved into his own brain. What I am trying to say is that Argento, like his films, may be appreciated and unappreciated because of his contentious style of filmmaking, but will most certainly never be forgotten or remembered as insignificant.

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abato 15 novembre 2014 il comico Claudio Bisio tiene una conferenza insieme a Marta Perego, Walter Fontana e Federico Baccomo Duchesne nella sala Balla del Castello Sforzesco, in occasione della presentazione del libro Peep Show di Federico. A fine conferenza incontriamo Bisio e lo sottoponiamo ad alcune domande. Come e dove nasce la sua voglia di fare arte? L’ho avuta un pochino da sempre, già da ragazzino, poi però ho percorso altre strade:: il liceo scientifico, l’università agraria, che se ci pensi, non c’entra assolutamente niente. Dentro di me, però, mi rodeva il fatto di provarci. Quando avevo vent’anni, non più giovanissimo, dopo aver fatto il militare, di nascosto ho provato a fare l’esame della scuola del Piccolo Teatro di Milano: volevo fare l’attore! Mi hanno preso e da lì è stato tutto in discesa. Lei è molto noto in teatro, in televisione e anche come scrittore, dove si trova meglio? L’attore, no … l’attore! Io sono un attore, quindi mi esprimo al meglio nelle varie possibilità che ha un attore. Dapprima il teatro, da sempre, da quando ancora non c’erano tutti questi mezzi tecnologici del cinema, della televisione. Nasce tutto da lì sicuramente, dal teatro. Che vuol dire anche cabaret, live, dal vivo, lo stesso Zelig era uno spettacolo televisivo che riprendeva il live. Come crede si possa far ridere la gente di oggi? Questa è una domanda da mille punti: difficilissima! Un po’ di dote naturale ci vuole, poi … un suggerimento: una delle cose fondamentali è il ritmo, avere l’idea del ritmo. La comicità è quasi come un’improvvisazione jazzistica. Oggi per esempio eravamo in tre, più la presentatrice, quindi in quattro, con quattro microfoni; non avevamo provato niente, però ci conosciamo abbastanza, io ho letto i loro libri; alla base ci vuole la conoscenza, anche perché se non sai niente, se sei un ignorante non ce la fai, invece se conosci le cose in una situazione così, in uno spettacolo live, è più semplice. Per esempio io credo che i freestyle dei rapper siano esercizi, che sarebbero utilissimi per un comico: saper dire la battuta al momento giusto, fermarsi, avere il ritmo. Questo è un suggerimento che posso dare. Da piccolo si immaginava di intraprendere questa strada da artista e di riscuotere tanto successo? No, assolutamente no! Ho fatto diverse scuole, pensavo di fare

un altro lavoro, magari in campagna, legato, appunto, a quello che mi piaceva. Soprattutto non pensavo di farlo come lavoro, magari come hobby, io facevo qualche cosa di artistico: suonavo il pianoforte, strimpellavo la chitarra. Cose così mi sono sempre piaciute, ma come hobby, non avevo mai pensato di farlo come lavoro. Che consigli si sente di dare ad un giovane che intende intraprendere la sua carriera e in generale che consigli si sente di dare sulla recitazione? Beh, intanto studiare, perché ci vogliono un po’ di doti naturali come dicevo prima, il senso del ritmo, però lo studio è fondamentale. Io stesso forse avevo delle doti naturali, ma ho fatto la scuola del Piccolo Teatro, tre anni a tempo pieno che è stata utilissima, per poi rinnegarla magari, nel senso di cancellare le cose di impostazione, di dizione. Però lo studio si deve fare, ci sono scuole di cinema, di recitazione, di teatro, stanno facendo anche scuola di comicità, di doppiaggio, però una scuola, un insegnante, secondo me è fondamentale. Nel libro di Federico Baccomo, Peep show, vengono fatte varie parodie di personaggi di spicco italiani. Lei si sente oggetto di questo tipo di parodie?. Visto che ha detto che ha creato un pezzo parodico su di lei, ma non l’ha inserito nel libro … Mi aveva citato curiosamente senza che ci conoscessimo, perché è giusto che sia così, nel suo libro precedente: c’era una festa mascherata in cui c’erano giochi mascherati in cui c’era una che voleva essere Bisio. Quando ci siamo conosciuti mi ha fatto vedere quella pagina, dicendomi che aveva già pensato a me. Abbiamo fatto il film da quel libro. Mi divertirei se ci fosse qualcuno che facesse la mia parodia, non l’ho ancora visto! Ma sai le parodie vanno fatte su personaggi che hanno un certo grado di popolarità, ma anche un certo grado di “potere”, i politici sicuramente sono i primi, oppure su quelli “sul piedistallo”, come Benigni che non è serissimo anche se con Dante un po’ lo è diventato, e quindi Baccomo lo ha inserito nel libro, come la Pausini che vende milioni di dischi. Io sono una via di mezzo, non sono così un’icona, però se dovesse accadere mi divertirei tantissimo! E infine vorremmo chiederle, lei che shampoo usa? Garnier alle erbe!

Il Diario: Sabato

MA CHE

SHAMPOO

USA? di Luca Dossena, Laura Rodano

S

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Intervista a Claudio Bisio

Il 16 Novembre 2014 si è tenuto al Castello Sforzesco l’evento “L’arte dell’umorismo nella vita quotidiana”. Gli ospiti Gianni Ferrario, Carlo Amatetti, Matteo Andreone, Rino Cerritelli, Marcello Cesa Bianchi, Almberto Dionigi e Giovanntonio Forabosco hanno tenuto un dialogo interrattivo con il pubblico, facendo crescere sia il numero dei partecipanti che il loro entusiasmo. Ciò che ha reso questo simpatico incontro così allettante è stata la capacità dei relatori di educare il pubblico attraverso parole ma soprattutto misurandosi con esso in modo interattivo. Ad esempio, il divertente attore, performer e autore teatrale Gianni Ferrario ha divertito il pubblico attraverso le cosidette “application” cioè esercizi teatrali con lo scopo di far ridere e allo stesso tempo di trasmettere una forte energia positiva. Un modo per comunicare questa energia positiva, come ci insegnano gli esperti, è utilizzare i nostri difetti e trasformarli in una forma umoristica. Ci siamo poi soffermati per vari minuti su un’interessantissima domanda posta da il signor Ferrario “Comici si nasce. O si diventa?” Nonostante le diverse opinione sorte, la risposta degli esperti è stata semplice e molto diretta: “La comicità è una virtù che tutti possediamo dalla nascita ma ognuno la manifesta in maniera diversa”. In seguito, ci hanno elencato i diversi stili di umorismo: dietro a questa arte, che appare così spontanea, c’è in realtà un vero e proprio studio che richiede non solo naturalezza ma anche approfondimento. Al termine dell’incontro, noi del giornale dei ragazzi abbiamo avuto l’occasione di scambiare due parole con Carlo Amatetti, il quale durante l’evento abbiamo ha maggiormente intrattenuto il pubblico. Gli abbiamo chiesto quale fosse, secondo lui, il tipo di umorismo più efficace e più diffuso, egli ha risposto: “Non esiste un tipo di umorismo più divertente poiché dipende da ogni individuo e dalla sua interpretazione, nonostante ciò in un rapporto coniugale credo che l’umorismo dinamico sia fondamentale.” Quest’ultimo si basa infatti sullo scambio continuo ed improvvisato di battute pungenti usate per stuzzicare seguite da contro risposte altrettanto satiriche. Abbiamo assistito ad un evento diverso e innovativo che ha cambiato la nostra percezione sull’arte del ridere. Grazie all’intervento di questi esperti, non solo abbiamo imparato a conoscere l’umorismo umano, ma anche a saperlo interpretare.

di Costanza Barrai, Sara Bergomi, Livia Leoncini,

Ginevra Massari

COMICI SI

NASCE O SI

DIVENTA? Quella della risata e’ una vera e propria arte, soprattutto se raccontata da sette

professionisti nel loro campo

Quella della risata è una vera e proprio arte, soprattuto se raccontata da 7 professionisti nel campo

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FRA LE MURA DEL CASTELLO

RIECCHEGGIANO MEMORIE

DEL PASSATO di Riccardo Pasquali

abato 15 Novembre il Portico dell’Elefante, al Castello Sforzesco, ha accolto l’archeologo, storico e scrittore Valerio Massimo Manfredi per un intrigante aperitivo con l’autore. All’ombra del porticato, con gli spettatori comodamente seduti ai tavolini a sorseggiare vino, Manfredi ha condotto il suo pubblico fra le meraviglie del mondo classico dalla guerra di Troia al viaggio di Odisseo. Prima che iniziasse l’evento, siamo riusciti a intervistare brevemente l’autore. Così ha chiarito le nostre curiosità. Manfredi, prima che un valente scrittore, è un noto e affermato archeologo e, sapendo di questa sua attività, abbiamo voluto approfondire il lavoro nascosto dietro la stesura del libro L’armata Perduta, che ha come soggetto la spedizione dei 10 000 già narrata da Senofonte nell’Anabasi. Abbiamo scoperto che dietro a quest’opera c’è un lavoro di ben vent’anni, vent’anni durante i quali Manfredi, in veste di archeologo e studioso della storia, ha ripercorso tappa per tappa l’itinerario dell’esercito guidato da Senofonte, dal luogo della disfatta di Cunassa (attuale Iran) fino alla patria greca, rilevando le varie quote altimetriche e un’infinità di altri dati. Al termine del lavoro, però, ne è valsa la pena, tanto che l’opera di Manfredi è stata dichiarata punto di partenza per chiunque altro voglia riprendere l’Anabasi di Senofonte. Nelle sue opere Manfredi ha creato e rielaborato i profili di personaggi storici rendendoli indimenticabili e vividi nella memoria di ognuno, addentrandosi nella loro psicologia e rivelando gli aspetti più intimi e oscuri della loro vita. Abbiamo pensato di chiedergli quale personaggio storico lo abbia più affascinato e ispirato per personalità e carattere. L’autore ha confessato con un sorriso che “prima di un personaggio si deve avere una grande storia da raccontare”: infatti, a ben guardare, sono pochi i personaggi storici a emergere come protagonisti indiscussi nei suoi romanzi, sono più gli eventi storici in sé a farla da padrone.

Comunque, dovendo scegliere, ha dichiarato che fra i profili storici che preferisce ci sono Alessandro Magno, protagonista della trilogia Alexandros, per la sua forza di carattere e la determinazione dimostrate dalle sue gesta, e l’enciclopedista romano Plinio il Vecchio, per la sua sterminata cultura e il coraggio con cui ha affrontato la morte, alle falde del Vesuvio in fiamme. Infine, con una domanda più generale, gli abbiamo chiesto cosa pensasse dell’attuale situazione dei siti archeologici in Italia e della loro evidente trascuratezza. ”Prima ancora del governo – ci ha risposto - siamo noi comuni cittadini a doverci rendere conto che l’Italia è una superpotenza culturale, che la cultura è la nostra massima risorsa e che dovremmo sfruttarla al massimo. Dobbiamo imparare ad amare il nostro paese e a vederlo come la nostra casa, renderci conto che lo abitiamo da più di trenta secoli, trenta secoli di cui non c’è stato un solo giorno che non abbia prodotto meraviglie. Detto questo, spesso i media tendono a ingigantire anche il minimo crollo nel sito di Pompei, “dimenticandosi” di ricordare ai fruitori che negli ultimi anni le precipitazioni sono state quadruplo rispetto al solito. Dunque non dobbiamo lasciarci abbattere dal pessimismo e dalle notizie frammentarie dei media, ma credere nell’Italia e nelle sue possibilità”. Parole preziose, che ricorderemo.

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Valerio Massimo Manfredi, 71 anni, archeologo, storico, conduttore televisivo e scrittore

L’ultimo libro di Manfredi, Le meraviglie del mondo antico, Mondadori

Intervista a Valerio Massimo Manfredi

Il Diario: Sabato

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uesto viaggio illuminante tra gli eventi che ci ha offerto Bookcity ci ha affascinato e ci ha spinti ad approfondire la nostra conoscenza sul più intrigante degli argomenti: la bellezza dell'amore. Ci siamo ritrovati ad ascoltare, completamente rapiti da una sorta di magia della parola, personaggi illustri come il magistrato Turone, lo scrittore Giulio Leoni e vari attori e professori universitari, che hanno voluto condividere con noi e col resto del pubblico la loro conoscenza in materia, rendendoci partecipi del loro pensiero, approfondito grazie ai lunghi anni di studio e di introspezione che li hanno portati ad essere le persone "illuminate" che abbiamo avuto l'immensa fortuna di incontrare. Così, sfidando la pioggia e il maltempo che ha colpito Milano, sabato ci siamo recati ad ascoltare la maratona dantesca, che si è svolta presso la nuova struttura dell'Expo al Castello Sforzesco. L'evento si è aperto con l'intervento del magistrato poliglotta Giuliano Turoni, che in onore a Dante si è dilettato a recitare le prime due terzine dell'Inferno dantesco in diverse lingue: italiano, inglese, francese, spagnolo e tedesco, ricordando che una delle tante passioni di Dante erano appunto gli idiomi. Infatti, affermò che la lingua è il veicolo della bellezza, perché è il prodotto del senso estetico di chi la parla. Le parole di Dante, recitate da chi sa esaltare ogni stato d'animo che il sommo poeta ha provato e ha voluto trasmetterci con il suo capolavoro, arrivano dritte al cuore, senza filtri. Il pubblico di tutte le età ascolta e appare assorto. Tutti noi stiamo accompagnando Dante nel suo viaggio, in assoluto silenzio, guidati dalla voce di chi sa raccontare. L'amore è il sentimento che rende forti e allo stesso tempo vulnerabili; muove e smuove il mondo, gli animi, i corpi e l'intelletto. Dante, all'età di nove anni, vedendo Beatrice è immediatamente travolto dall'amore, ma questo sentimento, che non si affievolisce nel tempo e anzi resterà vivo anche dopo la morte della “gentilissima” amata. Egli non supererà mai la fase platonica, restando puro e inviolato da qualsiasi pensiero carnale. Per Dante si tratta di una forma d'amore divina. Quest'amore, privo di carnalità, immutato anche dopo la scomparsa dell'amata, induce Dante ad inseguire il suo desiderio, intraprendendo il meraviglioso viaggio dagli Inferi al cielo solo per rivedere la sua amata. Giunto di nuovo al cospetto di Beatrice, Dante le dice: "Volgi, Beatrice, volgi li occhi santi al tuo fedele che, per vederti, ha mossi passi tanti! Per grazia fa noi grazia che disvolle a lui la bocca tua, sì che discerna la

seconda bellezza che tu cele"Come dice Jacqueline Risset, "l'amore [è] un'emozione così forte, così essenziale, che merita che ognuno gli consacri un lavoro interno, che arrivi a fare una sorta di fiore di parole, che è la poesia, per Dante". Dante è l’esempio classico di uomo che ha capito cosa significa amare secondo Platone, siccome egli afferma che la battaglia della vita la vince chi trova la vera passione e il vero desiderio quando incontra e riconosce la vera bellezza. Desiderare veramente qualcosa è ciò che ci tiene in vita, metaforicamente parlando, per questo Platone consiglia di tenere sempre un desiderio insoddisfatto. Questo aspetto l'ho approfondito recandomi all'Università degli Studi di Milano, dove tre appassionati professori di filosofia ci hanno introdotto nel mondo di Platone; un mondo di positività, improntato sulla ricerca della vera bellezza, del desiderio e dell'amore. L'amore platonico... che strana forma d'amare. Dante fa suo il pensiero di Platone, che asserisce che l'amore non può finire in nulla. L'amore, nel suo accadere, è promessa di un eterno ritorno. Ho scoperto che quello che noi definiamo "amore platonico" , cioè amore concepito come pura esperienza spirituale, non rappresenta quello che è la vera concezione di amore del grande filosofo Platone. Per lui il primo stadio dell’amore è "l'innamoramento", che nasce dalla visione della bellezza di un corpo, di un viso. Questo è il primo richiamo: la scintilla, che fa nascere il desiderio. Non sono le parole o un approccio intellettuale a far nascere la prima emozione, ma la vista di un qualcosa di piacevole, di attraente. Gli occhi sono la porta d'accesso che dovrà varcare l'amore, per poi arrivare all'interiorità. Solo dopo, in seconda fase, l'amore cattura e coinvolge la spiritualità. Questo sentimento è la salvezza dell'uomo, in tutta la sua bellezza ed energia lo esorta ad abbandonare il lato nero dell'anima, ad uscire dal buio e a concentrarsi sul lato bianco, luminoso, che porta in sé i sentimenti positivi ed il sapere. Dopo questa immersione nella visione dell'amore platonico dantesco, ci vengono in mente le parole di Pessoa: "chi ama non sa mai quello che ama, né sa perché ama, né cosa sia amare… amare è l'eterna innocenza, e l'unica innocenza è non pensare".

QUEL DANTE PLATONICO

di Alice De Andrè

Q

«al tocco dell'amore tutti diventano poeti»

Giuliano Turoni omaggia Dante recitando le prime due terzine dell’Inferno

dantesco in italiano, inglese, francese, spagnolo e tedesco

Il Diario: Sabato

L’Inferno di Dante Alighieri come

raffigurato nella Divina Commedia

Giuliano Turoni

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ookcity Milano 2014 dedica ampio spazio ai grandi classici. Nella lunga lista degli autori non poteva quindi mancare la Divina Commedia di Dante Alighieri, gloria indiscussa della letteratura italiana e mondiale. L’evento si è tenuto nell’Expo Gate di Piazza Castello, nella sala sul retro dell’imponente struttura di forma triangolare. Tantissimi amanti della letteratura e dei grandi classici, giovani e anziani, si erano riuniti nella sala per ascoltare un gruppo di volontari, composto da esperti ed attori più o meno famosi, leggere canto dopo canto l’Inferno.

La maratona di lettura è iniziata alle 14:10 del 15 novembre 2014. La sala era gremita. Il primo "lettore" è stato Alberto Turone, esperto del primo canto dell’inferno dantesco. Lo ha presentato in numerose lingue, dal russo all’inglese, dallo spagnolo al tedesco, sbalordendo immediatamente l'uditorio. È stata da tutti particolarmente apprezzata la versione tedesca, interpretata con grande bravura. La traduzione di Turone è stata seguita da un discorso di Silvano Ciprandi, Presidente del comitato milanese della Società Dante Alighieri. Egli, a sua volta, ha proposto una traduzione della Divina Commedia in dialetto, lingua a lui cara essendo un milanese doc. Ha poi concluso presentando al pubblico il primo lettore Giuliano Leoni.

Egli, declamando il famosissimo verso “Nel mezzo del cammin di nostra vita” ha chiaramente mostrato il suo impegno e la sua passione, come del resto tutti gli altri "lettori", che hanno saputo trasmetterci le loro emozioni, in modo appassionato e coinvolgente, proprio attraverso le terzine del grande poeta.

La società Dante Alighieri ha deciso di presentare l’opera con vari lettori sia per la lunghezza del poema, sia per permettere ad ognuno di interpretare in modo personale i vari personaggi del poema. Ogni lettore dava intonazioni e sfumature diverse alle terzine. Ad esempio una lettrice ha declamato la vicenda di Paolo e Francesca e ha letto i versi con una tale enfasi da riuscire a immedesimarsi e mostrare la sofferenza dei personaggi.

All’evento il pubblico poteva prendere una copia dell’Inferno e seguire la lettura anche se la maggior parte ascoltava attentamente i lettori, osservandone i vari movimenti interpretativi. A volte è meglio solo ascoltare chi legge, anche perché l’intonazione, i movimenti e le espressioni, possono rendere la lettura decisamente più piacevole e sicuramente diversa da quella silenziosa personale.

di Sebastian Puigserver Plana, Tommaso Ressia,

DANTE È IN

CITTÀ Maratona di lettura dell’Inferno

dantesco in piazza Castello a

Milano

B

Il Diario: Sabato

Ralitsa Ivanova eTzvetan Todorov

Intervista a Tzvetan Todorov

DAL PRESENTE

AL PASSATO di Ralitsa Ivanova

Domenica 16 novembre 2014, Bookcity ha avuto l'onore di ospitare lo scrittore-critico Tzvetan Todorov (Цветан Тодоров). Nato a Sofia (София) nel 1939 e successivamente trasferitosi a Parigi dove studia filosofia e linguaggio con Roland Barthes, Todorov è noto soprattutto come critico letterario con forti interessi nei confronti della storia e della filosofia concepita come parte della semiotica. L’incontro con lo scrittore è per me particolarmente emozionante perchè apparteniamo alla stessa patria, forse anche per questo ha risposto con particolare attenzione alle mie domande pur avendo pochissimo tempo a disposizione. -È nato come critico letterario e studioso di filosofia, come mai ha indirizzato i suoi studi verso l'analisi storica? "Tutto ció è accaduto in modo molto veloce dopo essermi trasferito a Parigi: ben presto ho capito che era necessario mettere il presente in relazione al passato. Sono stato mosso anche dall'ammirazione per la cultura, la tradizione e, appunto, la storia parigina, è da qui che ho avviato il mio interesse per l'analisi storica." -Qual è il rapporto con la nostra (нашaта) patria ? "La Bulgaria è sempre rimasta nel mio cuore(моето сърце), anche se con il trascorrere degli anni sono ritornato sempre meno: ormai sono 54 anni che vivo in Francia e mi considero più francese che bulgaro, ma nonostante ciò non trascuro mai la mia origine. L'anno scorso dopo molti anni sono ritornato a Sofia e l'ho trovata veramente bella (красива) e affascinante (очарователна) rispetto ad altre volte. L'ho vista con occhi diversi, forse questo è dovuto al fatto che era da tempo che non vi tornavo. La Bulgaria è davvero un paese bello,pieno di cose e posti da scoprire, sebbene ora non stia attraversando un periodo politico e economico favorevole, è un paese che ce l'ha sempre fatta e ce la farà." -Cosa ne pensa della vita al di fuori della Bulgaria e come emigrante? "Devo dire che io non ho incontrato grosse difficoltà: mi sono recato a Parigi nel 1977 con l'intenzione di studiare. Le persone che ho via via incontrato nel mio viaggio di formazione sono sempre state gentili e comprensibili nei miei confronti, erano molto interessati a me, alla mia patria e alla mia cultura, mai nessuno di loro mi ha fatto sentire a disagio dicendomi che il mio posto non fosse lì o discriminandomi perché emigrante. Posso ritenere di essere stato davvero fortunato rispetto ad altri che si trovavano nella mia stessa situazione." Todorov continua, sottolineando come sia importante che ciascuno di noi trovi la propria strada, aldilà delle difficoltà che si possono incontrare. Perché. E questa è la perla che mi lascia in conclusione della nostra chiacchierata, “Хората не са растения,могат да решат къде да отидат” (Gli uomini non sono piante, perciò sta a loro decidere quale sia il cammino da seguire).

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INSEGUIAMO

ANCORA

D’AVENIA

di Gaia Giove e Giulia Panzeri

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ro al mio primo anno del triennio del liceo, in italiano avevo solo sei o sei e mezzo, e, quando il mio professore di lettere mi ha paragonato ad una macchina con cinque marce che si ostinava però ad andare in terza, la sua immagine mi è rimasta tanto impressa da aiutarmi a migliorare.” Esordisce così il professor Alessandro D'Avenia il 15 Novembre 2014 durante la conferenza per l'evento di Bookcity Milano al Teatro Franco Parenti. La storia dell'autore viene raccontata in un dialogo con il simpaticissimo Giacomo Poretti, del trio Aldo, Giovanni e Giacomo, in occasione della presentazione del suo nuovissimo libro “Ciò che inferno non è”. Il personaggio principale del romanzo è Federico, ragazzo di 17 anni che frequenta il liceo classico, ma il vero protagonista è la città che lo vede crescere, ovvero Palermo: “Se ci arrivi è tutto porto, se ci nasci è tutta partenza”. La storia narra anche dell'uomo che seppe morire sorridendo ai suoi assassini, il sacerdote Pino Puglisi. D'Avenia spiega le vicende di padre Puglisi e dei tanti ragazzi a cui salvò la vita pagando con la propria nelle strade di luce e lutto di Palermo. Durante la conferenza sono stati trattati temi come la santità, la sacralità, il barocchismo, l'infanzia e molto altro ancora. Al quesito se D'Avenia col suo libro intendesse mostrare, con uno stile particolare e un racconto inusuale, che cosa siano la santità e l'amore, l'autore replica che, sebbene “santità” sia una parola fastidiosa, sia per i credenti che per non credenti, il vocabolo “santo” ha a che fare con il sacro. La santità è già insita nelle persone, ma difficilmente riusciamo a vederla. Infatti, "il santo è colui che ha occhi per vedere, per servire quel che definiamo sacro e nessuno di noi ha il potere di rallentare il passo dell'anima. Nemmeno Milano, con la sua pioggia, perché l'alba torna, e così la primavera", afferma appassionatamente il brillante scrittore. Tale riflessione diventa uno spunto per il racconto di un episodio personale dell'autore. Questi infatti ricorda quando, dopo tanto tempo dalla fine del liceo, andò a ringraziare il suo professore di lettere per la sua “santità”, per aver messo in evidenza un talento che aveva visto, nonostante fosse innocente, scomposto e nascosto in un giovane di sedici anni dalla faccia brufolosa. Sono state parole molto belle da parte dello scrittore, che è riuscito a sorprendere tutti per la sua umiltà e la sua riconoscenza. La conferenza si conclude con il tema della scuola, affrontato con ironia e comicità dai due protagonisti. Lo scrittore racconta del suo dramma “del sette per otto”, una domanda alla quale non riuscirebbe a rispondere tuttora. Quindi ci spiega il suo trucco per rilassarsi, lo stesso che usava alle elementari per abbandonare l'aula con la mente, allontanarsi dalla matematica, la materia ostica. Si estraniava guardando i cartelloni colorati con le lettere dell'alfabeto e i disegni, “f“ di farfalla, “g” di gnomo e molti altri... e la mente volava via in un mondo intimo e parallelo. Crediamo che sia valsa veramente la pena partecipare all’evento, perché riteniamo che ogni volta che D’Avenia racconta di questo libro ci dica qualcosa in più. È bello vedere l’impegno e la voglia che egli mette non solo nello scrivere ma anche nell’insegnamento, ciò s’intuiva da come e cosa ci raccontava. Se ne avete l’opportunità vi consigliamo vivamente di andarlo ad ascoltare.

“Alessandro, tu sei come una macchina che ha cinque marce, ma si ostina ad andare in terza in autostrada”

D’Avenia che firma le nuove copie del

suo libro

E “

Il Diario: Sabato

IL BELLO È CIÒ CHE

INFERNO NON È

di Giulia Aloe, Laura Rodano

Vi siete mai chiesti come una persona possa diventare santa? Oppure dove qualcuno possa trovare il coraggio di non fermarsi neanche davanti alle minacce? Una risposta vera e propria a queste domande non esiste: tuttavia è evidente il fatto che coloro che hanno scoperto il segreto della santità sono stati un esempio per tutti. Ma cos’è la santità? Alessandro D’Avenia prova a spiegarlo nel suo nuovo romanzo Ciò che inferno non è, la cui trama verte intorno al personaggio di Don Pino Puglisi (ucciso dalla mafia nel 1993 e proclamato beato nel 2013), di cui lo stesso autore è stato allievo. Più ci si addentra nelle pagine del libro, più la definizione di santità si delinea: è servirsi del sacro e della bellezza che ciascuno ha in sé per fare opere d’amore. Don Pino, a Brancaccio, veniva chiamato “u parrì”, che in siciliano significa sia “padrino” che “prete”, la sua missione era quella di opporsi ai padrini della

mafia, il cui unico obiettivo era esercitare il controllo sui ragazzi di Palermo: voleva liberarli e creare un luogo in cui potessero essere accolti. Venne eliminato proprio per questo motivo, poiché voleva far rinascere la vita e la libertà dove c’era deserto e schiavitù morale. Perché la vera santità è liberare la bellezza delle cose intorno a noi: il bello è ciò che inferno non è.

Il nuovo libro di D’Avenia

Don Pino Puglisi

Alessandro D’Avenia, nel tondo Padre Pino Puglisi, ucciso dalla Mafia nel 1993, figura centrale dell’ultimo libro di D’Avenia, Ciò che inferno non è, Mondadori

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RITORNO AL

MEDIOEVO

di Matteo Ghiringhelli

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on poteva mancare una visita a questo luogo meraviglioso dopo aver scoperto che le merlate del Castello Sforzesco aprivano al pubblico esclusivamente per Bookcity. La fatica delle scale da salire viene immediatamente ripagata dalla vista che si può notare. Il primo elemento, infatti, che colpisce è la magnifica vista che si ha dalla cima del castello, cioè il panorama che si ha dall’alto del parco che lo circonda e della maggior parte della città. Una delle costruzioni che si vedono chiaramente da quel punto è proprio il Duomo, simbolo di Milano.

Grazie alla visita alle merlate abbiamo imparato molte cose del periodo medioevale a Milano, della famiglia Visconti e di Ludovico il Moro della famiglia Sforza. Il fatto che ci ha colpito di più è che Leonardo Da Vinci si sentisse a suo agio a Milano nella corte di Ludovico il Moro e che i due divennero grandi amici. Infatti, Da Vinci rimase vent’anni a Milano, periodo in cui progettò la maggior parte delle sue invenzioni e dipinse il Cenacolo nella chiesa di Santa Maria delle Grazie. Per completare quest’opera, chiese a Ludovico il Moro di costruire un passaggio sotterraneo che partiva dal castello e arrivava proprio a quella chiesa.

Oggi si può ancora trovare intatto ed è inoltre visitabile.

Il castello ha sofferto numerose guerre ed ha avuto diversi occupanti nel passato, poiché fu sotto il dominio straniero per quattro secoli: prima gli spagnoli e poi gli austriaci. Tornò sotto la protezione milanese ed italiana soltanto dopo le Cinque Giornate di Milano tra il 18 e il 22 Marzo 1848. Subì danni considerevoli e fu in parte restaurato soltanto negli anni ‘20 del secolo scorso quando il comune di Milano decise che era necessario riparare le parti distrutte del Castello Sforzesco, dopo numerose discussioni tra famiglie che sostenevano fosse di loro proprietà.

Ora è un luogo in cui ci si potrebbe stare delle ore ad ammirare la vista della città dall’alto ed espandere la propria cultura imparando numerosi fatti del passato del castello. Peccato che la visita sia durata solamente un’ora!

Storia e panorami mozzafiato uniti in

un’unica visita delle merlate della

sede principale di Bookcity

Una vista spettacolare del castello in una serena mattinata di BookCity

di Niccolò Bärlocher, Filippo Del Bo, Matteo Ghiringhelli

LA STORIA DEL

FUMETTO Sabrina Sala presenta la storia dei

manga e degli anime ed il loro

impatto sull'occidente.

l nome di Sabrina Sala non è molto conosciuto, ma certamente è valsa la pena di ascoltare la rapida storia del manga da lei tracciata nell'ambito di Bookcity. Venerdì pomeriggio, Biblioteca Zara: entrando si assiste alla lezione di disegno improvvisata con cultori del genere. Sabrina Sala, appassionata degli anime sin dall'infanzia, ha cominciato a disegnare “non appena è riuscita a tenere una matita in mano”, perché voleva cambiare i personaggi o i finali dei cartoni animati. Attualmente è una disegnatrice di manga professionista, che si è cimentata in vari generi, da quello sportivo a quello romantico, con la storia Mome. È una donna sui 35 anni, vivace, interessante, rapidissima nel parlare. La “lezione” si apre alle note della sigla di un cartone notissimo, Lady Oscar. Segue poi una veloce presentazione in powerpoint, che ritrae le immagini di vari famosi cartoni animati giapponesi. L'introduzione si chiude con una breve spiegazione sui termini corretti nel linguaggio dei manga e sui comuni fraintendimenti: “ Anime vuol dire cartone animato. Manga significa fumetto, quindi è insensata l'espressione «fumetto manga», con cui spesso ci si riferisce a queste opere, visto che significa fumetto fumetto!”. Sabrina Sala parla poi dei due primi grandi autori di manga, Osamu Tezuka e Go Nagai, e di come si siano ispirati a famosi scrittori della lingua italiana, per esempio Dante e Collodi, tanto da creare delle versioni a fumetti dei loro scritti. La relazione tra il manga e la letteratura occidentale continua con l’adattamento manga di grandi capolavori quali Il conte di Montecristo, Cuore, Sherlock Holmes e Les Misaerables. Oltre che dei grandi classici, Sala ha parlato della centralità dei personaggi femminili negli anime, che hanno prodotto molte eroine amate specialmente tra il pubblico occidentale. Ha citato il cartone animato Candy Candy come fondamentale nella definizione degli idoli femminili, ma ha aggiunto che il manga che mostra con più forza la capacità d’indipendenza e lo spirito di avventura della figura femminile è certamente Lady Oscar. L’incontro si è chiuso con un riferimento ai manga più moderni, alle loro innovazioni e a come anch'essi rievocavano alcuni dei romanzi più famosi del mondo. Per esempio, One Piece ricorda le storie di Salgari o di Jules Verne, Detective Conan ha tratto ispirazione dai libri di Sir Arthur Conan Doyle, creando un giovane detective col nome di uno degli scrittori più importanti nella storia della letteratura. Davvero interessante questo viaggio tra fumetti e cartoni animati giapponesi: ha fatto luce anche su inaspettati legami con la letteratura occidentale e ci ha incuriosito con riferimenti ad anime e manga che ci erano sconosciuti, e che certamente avremo il piacere di seguire.

Lady Oscar

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Il Diario: Sabato

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LA SOCIETÀ INFLUENZA I MEDIA,

O I MEDIA INFLUENZANO

LA SOCIETÀ?

di Costanza Barrai

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Il mondo della pubblicita’ incontra il mondo della moda per

discutere dello stretto collegamento tra i due.

ssistere all’incontro con degli esperti del giornalismo e della pubblicità, ma anche con stilisti e specialisti di moda, è stato estremamente interessante per quanto abbiano idee ed opinioni simili, ma allo stesso tempo completamente diverse per quanto riguarda l’immagine che i media attribuiscono alla donna. Protagonisti dell’evento, che si è tenuto Sabato 15 Novembre al Palazzo Reale di Milano, sono cinque esperti nel loro settore che presentano in modo auditivo e visivo la loro professioni e le loro idee. Da una parte la vicedirettrice di Vanity Fair Antonella Bussi e la stilista di moda Stella Jean, e dall’altra la scrittrice ed illustratrice Valentina d’Urbano, il direttore di Pubblicità Progresso Alberto Contri e la scrittrice e giornalista Isabella Bossi Fedrigotti. La conferenza la apre Alberto Contri mostrando diversi video pubblicitari di Pubblicità Progresso dove vengono trattate in modo ironico ed esagerato problematiche molto comuni: qu]ella dalla dipendenza dai social network, quella della televisione che mostra qualsiasi cosa, quella del maschilismo e molte altre. Interviene poi la famosa scrittrice e giornalista del Corriere Della Sera Isabella Bossi Fedrigotti la quale ammette che, nonostante abbia lavorato anche per giornali femminili, le donne ritratte in essi la “spaventano” dicendo che sono esageratamente esposte e che implicitamente insegnano alle donne ad essere aggressive. A questo punto il dibattito è iniziato con la risposta dell’esperta di moda Antonella Bussi che ha colpevolizzato maggiormente la famiglia e l’educazione rispetto ai social media, poiché crede che l’immagine femminile si sia evoluta e di conseguenza il concetto di femminilità sia cambiato e dovremmo accettarlo. Isabella Bossi Fedrigotti si pone una domanda: “Perché le modelle non sorridono più?” e nuovamente Antonella risponde in un modo inaspettatamente sincero: “Gli sguardi seri sono più sexy, i sorrisi mostrano le rughe”. Per sostenere questo medesimo pensiero, la stilista autodidatta Stella Jean giustifica il comportamento dei media aggiungendo che, nonostante le polemiche siano indirizzate a questo stereotipo di bellezza estremamente esagerato ed “impossibile” da raggiungere, è proprio l’estetica che ci colpisce nella passerella come nelle riviste. Così espone una breve presentazione della sua collezione

dicendo che le sue creazioni hanno lo scopo di unire culture differenti, raccontare una storia e mandare un messaggio. Inoltre aggiunge: “La moda deve mandare un messaggio positivo, non dovrebbe essere un disturbo”, così facendo tocca un argomento delicato come lo è quello della bulimia e dell’anoressia. Tuttavia non sono solamente le modelle e la loro esposizione a contribuire a questa immagine che i media lanciano, ma anche il digital editing fa la sua parte. Questo concetto viene approfondito dall’esperta Valentina d’Urbano in quanto prima di diventare scrittrice lavorava nel settore grafico delle riviste dover modificava drasticamente le foto di modelle con Photoshop. Lei stessa si rendeva conto della differenza colossale tra la foto originale e la foto modificata. Si è dedicata dunque alla scrittura dove sente di potersi esprimere più liberamente, qui crea personaggi che non rispecchiano l’idea di bellezza odierna ma che lei considera in ogni caso “avere una bellezza diversa” poiché afferma che la vera bellezza sta nella forza. L’incontro si conclude con Alberto Contri che definisce gli spot pubblicitari sulla moda avere “crisi di immaginazione” spesso privi di storia e fantasia. Noi del giornale dei ragazzi abbiamo avuto il privilegio di rubare cinque minuti alla famosa giornalista Isabella Bossi Fedrigotti che ci ha consigliato di non sottometterci ai media: bisogna essere forti e colti per comprendere che i media non danno una verità completa. E’ stata una conferenza estremamente originale e coinvolgente soprattutto perché è stato istruttivo vedere le due parti contrastanti dello stesso argomento. Difatti, le esperte di moda e le giornaliste di riviste femminili difendono l’immagine che i media lanciano poiché credono che sia fondamentale per il successo degli stilisti e delle loro vendite. Dall’altra parte, però, i giornalisti o gli esperti di pubblicità vedono questa immagine come una falsa ed irraggiungibile interpretazione di ciò che viene considerato: femminilità e perfezione. E’ stato sorprendente sentire l’opinione di tanti esperti soprattutto perché noi giovani ci siamo sentiti maggiormente coinvolti visto che hanno trattato di temi molti attuali dove la pubblicità ed i social media ci circondano.

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Il Diario: Sabato

Antonella Bussi

Stella Jean

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MAFIA E

CRISI

di Giacomo Bedeschi, Pietro Orlandi

Il valore e il reimpiego di beni

confiscati

A

Il Diario: Sabato

Bookcity non si viene sono per leggere libri. A Bookcity si parla, si discute, si crea. E quale momento migliore di questo, delle gare d'appalto falsate per l'Expo 2015 e dell'inarrestabile ascesa delle organizzazioni criminali in tutto il tessuto sociale italiano, per discutere di mafia? E, finalmente, non in un'ottica esclusivamente morale o giuridica, che ha il limite di affrontare il fenomeno essenzialmente con l'intento di criminalizzare ciò che tutti riconosciamo come tale, ma in un'ottica pragmatica, che trova il suo fine ultimo nella ripresa economica nel paese. Perché attualmente questo rappresentano i beni confiscati alle mafie: una ricca risorsa da cui ripartire. La conferenza che si è tenuta oggi al Palazzo dell'Archivio ha parlato proprio di questo: un approccio diretto al nucleo della questione, che non si ferma all'analisi dei problemi strutturali e gestionali che spesso pregiudicano la sopravvivenza di un'azienda confiscata, ma che presenta diverse soluzioni alla questione nei termini più concreti e materiali possibili. A questa trattazione economica del problema, si affiancano diversi esempi di aziende che, dopo essere state confiscate, ed aver perso quindi ogni tipo di credibilità finanziaria presso gli istituti di credito, sono state reintegrate sul mercato, in modo da porre fine alle infiltrazioni mafiose, estirpare questo male che spesso sembra incurabile, senza però mettere in ginocchio le centinaia di famiglia per le quali queste aziende rappresentano l'unica fonte di reddito. L'obbiettivo del reintegro deve identificarsi, infatti, nell'istituzione di strutture dedicate alla comunità, che si prestino ad iniziative di

assistenza sociale o di carattere culturale. Anche quando si apre il tema dell'utilità e dell'impiego a favore della cittadinanza di tali beni, l'ottica rimane sempre quella di un secco quanto necessario realismo, che ci ricorda che, fino a prova contraria, un'azienda non sopravvive senza profitto, e poco conta che la comunità ne tragga vantaggio quando si tratta di sanarne i conti in rosso. Beni che rappresentano, dati alla mano, solo negli ultimi tre anni quasi l'1% del PIL. Oltre un miliardo di euro. E, beninteso, non si tratta di un miliardo di euro sudati e meritati, ma di un patrimonio costruito a discapito di un mercato libero ed equo, nel quale le aziende gestite dai clan partono indiscutibilmente avvantaggiate, grazie ai prezzi di favore che ottengono sulle materie prime e alla concorrenza sleale, condotta spesso senza scrupoli e in modo violento. Bookcity, in definitiva, mi sta facendo scoprire ogni giorno una cultura che non sta solo scritta nei libri, esclusivamente fine a se stessa, ma che trova un'effettiva completezza solo quando riesce a ridare vitalità a tutti quei valori che, da un tempo di crisi come il nostro, risultano ridimensionati e privati della loro originaria essenza.

Il Cardinale Angelo Scola Vescovo

di Milano

«chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola»

Paolo Borsellino

Tra filosofia e fede

IL NUTRIMENTO

DEL PIANETA

Per la kermesse culturale di Bookcity, proiettandosi verso il macrotema di Expo, il Cardinale Scola e il professor Giorello discutono di nutrimento materiale e spirituale dell’uomo. Nella bella cornice dell’Università Statale, il professore ha introdotto l'argomento parlando dell'illuminismo a Milano, sottolineando in particolare gli aspetti ad esso connessi della tolleranza e della non discriminazione. Il Cardinale, invece, citando Sant'Agostino (Nutre la vita solo ciò che la rallegra) si è riagganciato al tema Expo da un punto di vista spirituale: considerare il cibo come una merce genera la cultura dello scarto e dell'esclusione, che discrimina chi non può permetterselo; invece, se lo consideriamo un bisogno, l’espressione di una fragilità e di una mancanza, riportiamo al centro la solidarietà. Un episodio evangelico serve a rinforzare il concetto: nell’incontro con la Samaritana Gesù infatti parte dal bisogno, l’acqua, per poi aprirsi ad un vero incontro con la persona che ha davanti. La scommessa che va giocata nel XXI secolo è dunque quella di mettere l'Io in relazione con gli altri senza che ciò sia una limitazione della libertà: ragionare in questo senso risulta necessario perchè anche le più piccole abitudini dei singoli cambino in favore della conservazione del Creato.

di Alessandro Viapiana , Giacomo Caimi

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di Francesco Assi, Sabrina Barca, Serena Frau,

Letizia Pessina, Cesare Rosa

Una vita tra i ghiacci: la Groenlandia e’

arrivata a Milano

er BookCity la Groenlandia è arrivata a Milano. Robert Peroni oggi al Museo di Storia Naturale presenta il suo nuovo libro I colori del ghiaccio in cui continua l’affascinante storia della sua vita tra gli Inuit. Tra desolati paesaggi e distese di ghiaccio, l’autore è riuscito a trovare una popolazione che sembra essersi fermata nel tempo, per la quale la caccia è ancora la fonte di sostentamento principale. Ma il loro futuro sembra essere incerto, messo in pericolo dall’invadente cultura occidentale, come viene messo in evidenza da alcune recenti campagne, per esempio quella promossa da alcune organizzazioni ambientaliste per la sensibilizzazione contro la caccia alla foche, ostacolo alla piccola economia dei villaggi indigeni. Durante il suo intervento Peroni ha condiviso con il pubblico presente alcune delle sue esperienze più significative tra i ghiacci, che hanno toccato il pubblico per la loro intensità emotiva. Grazie alle immagini spettacolari che ha trasmesso, Peroni ci ha lasciato una grande voglia di scoprire questa terra straordinaria, questa isola misteriosa.

di Alexa Pallante, Francesca Rubino

l 15 novembre all'Expogate di Piazza Castello Giulio Leoni ha tenuto una conferenza sui molteplici misteri che circondano la figura di Dante, per esempio: qual era il suo aspetto? Beatrice è esistita veramente? È vero che Dante apparteneva all'ordine dei Templari? Qual era la sua idea politica e quale quella religiosa? Ma soprattutto, "cosa ha fatto di così grave da sentirsi destinato all'inferno?" Le ipotesi sono diverse: dall'omicidio alla partecipazione a una congiura contro Papa Giovanni XXII alla possibile relazione avuta con la cognata; la tesi sostenuta da Leoni è però un'altra ancora: secondo lui, Dante avrebbe sposato, seguendo l'esempio di Guido Cavalcanti, le tesi epicuree e quindi si sarebbe allontanato dalla religione. Mistero! E di misteri parla anche il suo nuovo libro, in cui il Sommo Poeta appare nelle insolite vesti di un investigatore, mestiere che, sempre secondo l'autore, avrebbe potuto svolgere "magnificamente", data la sua mente acuta.

Il nuovo libro di Roberto Peroni , I colori del ghiaccio (Sperling & Kupfer) e un’immagine dell’evento

Giulio Romano e il suo nuovo libro La sindone del diavolo, Nord Editore

Il Diario: Sabato

I MISTERI

DI DANTE

P

I

GROENLANDIA

Giulio Romano

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Incontro all’Istituto dei Ciechi

VEDERE CON

LE MANI di Isabella Catapano, Marta Pastori

L'incontro, tenutosi in una magnifica sala dell'Istituto dei Ciechi e volto a sensibilizzare il pubblico all'iniziativa di LIA (Libri Italiani Accessibili), comincia con una breve introduzione alla lingua Braille. Il linguaggio dei ciechi è giunto in Italia nel 1963, pur essendo stato creato a metà Ottocento. Successivamente è stata fatta una dimostrazione di nuove tecnologie che permettono a non vedenti e ipovedenti di poter leggere qualsiasi libro. Uno dei relatori, portando l'esempio di un pittore cieco americano, John Branlitt, ha affermato che la lettura, così come la pittura, non è una questione di vista ma di immaginazione. In seguito è stato approfondito il progetto di LIA "Acce(n)di un libro", che promuove una lettura accessibile a tutti, soprattutto tramite mezzi tecnologici come smartphone, tablet e computer. Infine, giunti al momento clou dell'evento, due non vedenti dell'Istituto, insieme alla scrittrice Chiara Gamberale, hanno letto alcuni passi tratti dal romanzo di quest'ultima, "Arrivano i pagliacci", tutti e tre tramite l'utilizzo sia del formato cartaceo sia di quello digitale. Un aspetto sorprendente per tutto il pubblico è stata la velocità e l'agilità con cui i due non vedenti hanno saputo leggere. A dimostrazione che la forza di volontà è superiore ad ogni impedimento fisico e morale.

Il Diario: Sabato

a lettura e il piacere che essa ci procura sorpassa ogni difficoltà, anche gli handicap fisici, ecco quello che gli inviati del nostro giornale hanno imparato alla presentazione del nuovo libro di Chiara Gamberale Arrivano i pagliacci (Mondadori). Già alle 10:30 la più grande e sontuosa stanza del palazzo dell’istituto dei ciechi, in via Vivaio al 5, era gremita di gente curiosa come noi. Il mondo del buio infatti ci è sconosciuto e chi ci vive è considerato una specie di super eroe. L’evento è cominciato con una presentazione del progetto LIA (Libri Italiani Accessibili), nato dal desiderio di rendere più accessibili i testi italiani a persone colpite da ipo-visione o cecità. Il progetto si è poi concretizzato in un sito web ed in un'applicazione attraverso cui si possono scaricare i-book che hanno la peculiarità di poter essere letti da una voce registrata oppure da un apposito macchinario che trasforma i caratteri di stampa in caratteri Braille. L’evento si proponeva di promuovere una raccolta fondi per ampliare la biblioteca del LIA, e rendere accessibili i libri a tutti, anche a chi non ha mai pensato di poter leggere davvero. La lettura è incominciata quando sono state abbassate le luci e la stanza è stata immersa nella penombra. In quel momento la stessa autrice ha iniziato a leggere il libro, presentandoci una donna di venti anni, fantasiosa ed ancora ingenua. Subito dopo, due ospiti con handicap visivi hanno continuato la lettura sorprendendoci tutti con la loro velocità e capacità di decodificare un alfabeto che a noi pare quasi alieno. Il pubblico e' stato toccato dal timbro emozionato della voce di una persona che legge per continuare a vedere. Nonostante si veda con gli occhi, come dice lo slogan di LIA , si legge col cuore. Per questo e' stato particolarmente commovente assistere non solo ad una lezione incredibile, in cui osserviamo con i nostri occhi come la speranza sia davvero l’ultima a morire. Nel caso specifico, essa riguarda la lotta dei non vedenti contro la loro menomazione, ed è un esempio di volontà ferrea da parte di chi, per amore dei libri non ha mai smesso di leggere. “Leggere mi consente di uscire dalla prigione dei miei occhi” ha rivelato più tardi una dei due ospiti con handicap visivo, “Leggere è il mio modo di evadere la realtà.” Ed è proprio su questa affermazione che vogliamo terminare, “leggere per continuare a sognare".

LEGGERE

PER VIVERE

L di Valentina Calvi, Pietro Manasse

La sala dove si è svolto l’evento; in alto Chiara Gamberale

Chiara Gamberale

Arrivano I pagliacci (Mondadori), l’ultimo libro di Chiara Gamberale

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Il Diario: Sabato

UN SALTO NEL BUIO di Stefano Grassi, Riccardo Pasquali

ioggia torrenziale, tuoni e lampi che illuminano di una luce spettrale le merlature , strade allagate e poco trafficate, doccioni che dai tetti lasciano cadere cascate d'acqua nei cortili del Castello: non c'è dubbio, è tempo di parlare di noir e di gialli, di intrighi e arcani, e quindi di andare a scoprire tutti i principali autori qui a Milano, qui a Bookcity! Per farsi un'idea iniziale e sommaria basta recarsi alla provvisoria libreria all'ingresso del cortile principale del Castello Sforzesco, allestita sotto un tendone. Sul mobile subito all'ingresso troverete già un vasto assortimento, con tutti i principali noir usciti di recente e presentati qui a Bookcity. Potete farvi consigliare dal gestore della libreria, che sarà ben lieto di esservi utile e disposto a consigliarvi la lettura che più fa per voi. A noi ha consigliato vivamente l'acquisto di "Uccidi il padre", thriller di Sandrone Dazieri, uno dei più originali usciti recentemente di questo genere. Comunque consigliati anche "La pioggia fa sul serio" di Francesco Guccini, che verrà presentato in un evento di domani al Castello Sforzesco alle 13, "Il convento sull'isola" di Marco Polillo, "Il male non dimentica" di Roberto Costantini, "L'ultima cena del commissario Luciani?" del genovese Claudio Paglieri. Ovviamente ce ne sono molti altri che meritano di essere scoperti, e l'occasione migliore per farlo è partecipare a "Il giro d'Italia in 30 noir", una monumentale maratona di noir che ha come obiettivo un tour ideale lungo lo stivale attraverso i libri e le indagini dei protagonisti. L'evento si terrà domani al Castello Sforzesco dalle 10 in poi, fra gli altri saranno presenti anche Claudio Paglieri e Marco Polillo. Essendo la scelta talmente sterminata e varia che non sarebbe stato possibile seguire ogni singolo evento del genere, abbiamo deciso di sceglierne uno da approfondire in particolare. Così ieri ci siamo recati al Museo della Scienza e della Tecnica per partecipare alla presentazione del libro:"Il cacciatore del buio" di Donato Carrisi, l'autore di thriller italiano più letto e conosciuto all'estero. Donato Carrisi, in una suggestiva conferenza nella quale ha rappresentato e interpretato in maniera teatrale le sue storie, le sue fantasie e i ricordi di una vita dedicata alla scrittura e alla ricerca dei "segnali" di una realtà coesistente e celata, si è addentrato in una inquietante riflessione sulla natura sfaccettata del suo animo: il lato oscuro, il male, la "metà oscura", come direbbe Stephen King. Ma cos'è il male, da chi e cosa è alimentato? Domande che sorgono spontanee ma che in realtà non lo sono affatto . Come ci spiega lo scrittore, il male è un elemento sempre presente, nato all'alba dei tempi e del mondo. Carrisi afferma - " il male è necessario per l'esistenza del bene , senza il male tutte le cose sarebbero neutre, nè buone nè cattive. Il male è motore di tutto, sempre identico a sè "-. Un motore primo, direbbe Aristotele.L'uomo ha avuto necessità di creare il male , per contrapporlo al bene , per sentirsi completo. L'uomo l'ha cercato e l'ha trovato: esso è dappertutto.In Italia, come nel resto del mondo, molti luoghi portano con se' la malvagità dell'uomo , al loro interno riecheggiano morte e sofferenza. Luoghi di cui ignoriamo la carica negativa, come il Colosseo a Roma, città simbolo dei satanisti e insieme anche sede pontificia. Sono questi i segnali nei quali Carrisi si addentra nel corso delle sue storie, sono gli elementi che rievocano vicende e tradizioni legati ad un passato remoto e misterioso, che spesso deve essere riesumato dalle sabbie del tempo. Com'è possibile dimenticare quello che il male è stato, rimanere indifferenti di fronte al fascino del mistero? Intento dello scrittore in questione è fornire al lettore un nuovo modello di thriller: le sue storie sono profonde, complesse, rimandano a nuclei originari dell'umanità, scavano nella sua stessa storia , nella sua psiche, nel suo animo. I nostri sentimenti, nonché gli istinti primordiali , vengono rievocati con la lettura, in noi riemerge la paura dell'ignoto , del male, dell'oscuro . Carrisi ne è pienamente consapevole. E' in grado anzi di coinvolgere il lettore all'interno del suo cammino senza creare niente di nuovo: è tutto dentro di noi , basta solo prestare attenzione. Bisogna

solo cogliere i segnali, gli indizi. A fine presentazione, Donato Carrisi ci ha concesso una breve intervista, della quale abbiamo approfittato per delle domande più personali sull'autore e la sua esperienza di scrittore. Per prima cosa abbiamo voluto chiedergli cosa l'ha ispirato da ragazzo per diventare l'autore di thriller che conosciamo oggi. Carrisi ha dichiarato che per lui sono stati di grande ispirazione le opere di Giorgio Faletti e Il Nome della Rosa, capolavoro di Umberto Eco, secondo lui i grandi pilastri del thriller italiano. "Non è vero che gli italiani non sanno scrivere thriller", ha affermato orgogliosamente, aggiungendo che la scelta di dedicarsi a questo genere è stata anche una scommessa e una sfida a questo luogo comune. Altro suo grande ispiratore, in campo cinematografico, è sicuramente stato Alfred Hitchcock, "per il modo di tessere le trame e di tenere la suspance": infatti ciò che lo ha sempre stupito particolarmente dei suoi film è che "il pubblico passava dal riso al terrore in pochi attimi", cosa senza dubbio anomala e eccezionale. Gli abbiamo poi chiesto di spiegarci cosa differenzia i suoi thriller dagli altri, qual è secondo lui la chiave del suo successo. Ha affermato che per lui è difficile dirlo con esattezza, ma ha riconosciuto che una delle caratteristiche più spiccate del suo stile è la forte immaginosità, che fa assomigliare le sue storie a dei film. Infine eravamo curiosi di sapere quanto la sua esperienza personale influisca sulle trame dei suoi romanzi. A sorpresa, ci ha confessato che in realtà cerca di ridurre al minimo l'intrusione di elementi personali nei suoi lavori: "lo scrittore deve uscire il più possibile dalla storia, non deve proprio apparire". Noi siamo stati molto soddisfatti di questa esperienza, ora tocca a voi scoprire il giallo a Milano in tutte le sue tinte e sfaccettature: rimarrete sicuramente appagati.

P

Intervista a Donato Carrisi

Donato Carrisi con Stefano Grassi e Riccardo Pasquali

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Il Diario: Sabato

at the end of the day…

di Isabella Catapano, Marta Pastori, Giulia Veschi

Il ritorno di Nihal

S abato 15 novembre, presso la Società d'Incoraggiamento d'Arti e Mestieri, l'astrofisica, più conosciuta come scrittrice fantasy, Licia Troisi è stata intervistata dallo scrittore e sceneggiatore Sandrone Dazieri, in ricorrenza del decennale dalla pubblicazione del suo primo libro, facente parte della saga "Le cronache del mondo emerso". Si inizia con l'ultimo libro, uscito di recente nelle librerie, nel quale l'autrice torna a parlare del mondo emerso: qui la situazione è stabile e piuttosto tranquilla, anche se i suoi abitanti portano ancora le cicatrici delle rovinose guerre del passato. Il romanzo è suddiviso in tre racconti, che vertono sul personaggio di Nihal, protagonista della saga del mondo emerso. La figura della donna emancipata è centrale in tutti i romanzi della Troisi: le eroine create dall'autrice sono autonome, in grado di combattere senza l'intervento di personaggi maschili e sanno costruirsi da sé un percorso definito. Successivamente la discussione si è spostata su un problema tipico della letteratura fantasy: il pregiudizio diffuso che questo genere di narrativa sia finalizzato soltanto all'intrattenimento dei lettori. In realtà, secondo la scrittrice, ogni autore cerca di trasmettere dei precisi valori morali e lei si concentra principalmente sulle questioni delle guerre e del razzismo, che fin dall'infanzia l'hanno toccata da vicino. Infine, rispondendo a una domanda del pubblico, l'autrice ha elencato una serie di consigli per entrare a far parte dell'albo degli scrittori: leggere libri di ogni genere, esercitarsi nella scrittura, confrontarsi con un pubblico e capire per quale motivo si vuole diventare scrittori. La personalità di Licia ci ha affascinato e ci ha insegnato quanto poco distanti siano il mondo della scienza e quello dell'immaginazione.

10 ANNI

DI FANTASY

I famosissimi di libri di Licia Troisi

di Céline Buccomino

Licia Troisi e Sandrone

Dazieri

#BCM14

Pioggia. Tanta, tantissima pioggia. Per tutto il giorno abbiamo camminato in giro infreddoliti con "laghi" nelle scarpe ma... chi si è scoraggiato? Noi no di certo. Per consolarci ci siamo bevuti tante buone cioccolate calde e siamo andati a tanti eventi di diverso tipo: dalla discussione delle nuove immagini della donna allo spiritoso incontro con Claudio Bisio. Anche voi siete passati all’Expogate di Piazza Castello per ascoltare qualche canto dell’Inferno di Dante? Noi si … anche se non ci siamo rimasti molto. Prima di cena, come antipasto, abbiamo assistito all’evento particolarmente delizioso con Carlo Cracco. Alla fine della giornata eravamo davvero felici e fieri per non esserci scoraggiati per la pioggia intensa. Noi siamo forti!!!

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WILBUR

SMITH La voce dell’Africa si racconta…

#BCM14 In un climax ascendente, oggi

erano presenti a Bookcity i

personaggi più noti al grande

pubblico, da Vittorio Sgarbi

a Piero Angela. E la ormai

rodata macchina del Giornale

dei ragazzi ha svolto ancora

una volta un lavoro

eccellente. Come nei giorni

precedenti, immancabili,

anche oggi non poche

difficoltà (perfino a

carattere di ordine pubblico)

hanno tentato di ostacolare

il lavoro dei giovani

reporter, che tuttavia non

hanno avuto molti problemi.

day four

Il Diario: Domenica

di Giacomo Bedeschi, Riccardo Pasquali

omenica 16 Novembre, giorno di chiusura dell’esperienza Bookcity, la sala Viscontea era gremita di gente, uomini e donne di ogni età giunti per conoscere finalmente da vicino un autore leggendario: Wilbur Smith. La scelta di questo scrittore, definito all’unanimità “Maestro dell’avventura”, di venire proprio in Italia in occasione dell’uscita del suo ultimo bestseller, Il Dio del Deserto, non è casuale. Wilbur Smith ha infatti venduto dall’inizio della sua carriera e del suo successo, con Il Destino del Leone, nel lontano 1964, più di 122 milioni di copie, di cui 23 solo in Italia: un dato significativo, che mette il nostro paese al primo posto nella classifica dei suoi più affezionati lettori. Dunque Wilbur Smith è venuto qui in Italia, paese con cui ha un forte legame affettivo, per parlarci di un altro suo forte legame: quello con l’Africa, suo continente natio. Egli infatti è nato nell’ex Rhodesia del Nord (attuale Zambia) e per tutta la giovinezza ha vissuto in quei luoghi lontani e selvaggi, il cui fascino riecheggia ed emana dai suoi romanzi. Nonostante ora viva a Londra, ha affermato all’incontro, il suo cuore è ancora in Africa, con la gente, gli animali e la natura selvaggia di questo meraviglioso continente. Continente che ha sempre avuto una storia difficile e travagliata, con fasi di cui Wilbur Smith stesso è stato testimone e narratore in prima persona. Molti lo hanno definito “la voce dell’Africa”, per il ruolo di mediatore fra cultura africana e occidentale che ha svolto grazie ai suoi romanzi e alle sue storie appassionanti. Lui con modestia ha dichiarato che non è sua pretesa e obiettivo farsi carico di un titolo così gravoso e importante ma che, semplicemente, con le sue opere, intende omaggiare e far rivivere una terra e una cultura a cui deve molto. Ruolo molto importante per esempio ha avuto sua madre, la prima a farlo appassionare alla lettura e alla scrittura e ad introdurlo nell’ambiente dei siti archeologici egizi (da qui nascerà l’idea del ciclo di romanzi egizio), tanto che ancora oggi tiene una sua foto sopra il PC quando è all’opera. Ambiguo invece il rapporto con il padre, uomo che aveva fondato la sua vita nel duro lavoro manuale e che di conseguenza vedeva nelle aspirazioni del figlio qualcosa di volatile e inconsistente, di totalmente distante dai suoi ideali. Come però ci ha assicurato Smith stesso, quando ormai l’autore era all’apice del successo, il padre ha riconosciuto che ci si può guadagnare da vivere dignitosamente anche con l’opera intellettuale e ha chiesto scusa al figlio per la sua cecità. Come Bookcity ci ha più volte ricordato, ecco dunque l’ennesimo esempio che la cultura non è qualcosa di astratto e da cui non si può ricavare altro che aria, ma qualcosa da valorizzare al massimo per ricavarne frutti e miglioramenti per tutti. E come Wilbur Smith ha amato e creduto nella sua Africa e si è fatto suo portavoce e divulgatore, così anche l’Italia deve tornare a credere in se stessa e nella sua tradizione millenaria: questo è il punto da cui ripartire.

D

Wilbur Smith presenta a

BookCity il suo nuovo libro Il Dio

Del Deserto

di Luca Dossena

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Il Diario: Domenica

di Carla Pelosoff, Federica Yu

Liberarsi dallo stress

Come possiamo allontanare lo stress dalla vita quotidiana? Facendo finta di tenere in mano un bicchier d’acqua e poi fingendo di berla! Questo è quanto abbiamo imparato alla conferenza tenutasi il 16 dicembre presso il Castello Sforzesco. Presentata dall’autrice Ludovica Scarpa e dal sociologo Alberto Terzi, la conferenza trattava appunto della scoperta del potenziale di noi stessi e di come prendere le decisioni giuste, senza stress. Tutto questo grazie al libro Liberi di scegliere. 52 scelte per mettersi alla prova. La parte che più ha coinvolto sia noi che tutto il pubblico, sia mentalmente che fisicamente, è stata senza dubbio quella pratica, ovvero alcuni esercizi di rilassamento: inizialmente ci hanno fatto alzare in piedi ed applaudire normalmente, poi ci hanno fatto applaudire cambiando la posizione delle mani, o muovendo il corpo, e infine ci hanno fatto urlare versi liberatori come “Ooh, Aah”. Mentre applaudivamo e ridevamo, abbiamo dovuto fare finta di tenere un bicchiere d'acqua in mano, di berlo, di mischiarlo oppure di trasferire l'acqua dentro un altro bicchiere immaginario. L’attività non solo è stata divertente, ma anche utile per sfogarsi. Ma perché stavamo facendo questi esercizi? Per renderci conto delle nostre risorse, liberarci dall’ansia e dal catastrofismo. E imparare a prendere delle decisioni. La conferenza è stata davvero illuminante. Ora siamo consapevoli di poter cambiare e sappiamo come affrontare i cambiamenti in modo più leggero e meno snervante.

VORREI

DECIDERE IO

n occasione di Bookcity, il 14 novembre 2014 l'argenteria Dabbene di Largo Treves si è trasformata in un luogo magico e variopinto in cui sono stati collocati costumi e tessuti raffinati e colorati, accompagnati da particolareggiate descrizioni di ogni pezzo esposto. In Largo Treves, infatti, è stata organizzata l’esposizione dei costumi originali del nuovo film di Christophe Gans, La bella e la bestia, con Lea Seidoux e Vincent Cassel, la cui uscita nelle sale italiane è prevista per il mese di febbraio del 2015. La pellicola si basa su una nota fiaba francese da cui è stato tratto un film d’animazione nel 1991. La mostra è stata realizzata grazie alla collaborazione dell’argenteria Dabbene, de La bella e la bestia, show-room di arredamento situato in Via Solera Mantegazza 7, e dello Studio dell'Architetto Ezio Riva. Gli ospiti presenti all’inaugurazione hanno potuto appagare la propria curiosità grazie alla disponibilità degli organizzatori che hanno risposto con pazienza a tutte le domande che sono state poste. Al tempo stesso, i partecipanti hanno avuto l’immensa fortuna di poter ammirare i costumi originali della nuova produzione cinematografica. Tali costumi sono stati cuciti in seta stampata a mano, pezzo per pezzo. Nelle vetrine si potevano ammirare abiti splendidi: uno che ci ha particolarmente colpiti era di colore arancione e nero, posizionato accanto ad altri abiti viola e verdi, artisticamente drappeggiati su due manichini. Sullo sfondo delle vetrine risaltavano paesaggi raffiguranti boschi ricchi di colori ed animali di ogni genere, che avevano lo scopo di richiamare gli scenari magici della fiaba. I partecipanti hanno anche potuto ammirare poster e tessuti usati nel film: molti erano fatti della stessa seta usata per gli abiti. Inoltre, abbiamo avuto la possibilità di osservare un manichino con un abito bordato dai tessuti di vari tendaggi originali, che caratterizzavano lo sfondo di alcune scene della pellicola. Ciò ha fatto sì che ci sentissimo circondati da un ’atmosfera fiabesca che ha reso tutti noi partecipi della vicenda che ha allietato la nostra infanzia. Al termine della presentazione, i partecipanti all’evento si sono recati all’open cocktail il quale offriva una degustazione di vini dell’azienda agricola Sada, del cioccolato e dei biscotti. Questa magnifica giornata si è conclusa con una breve conferenza sulle esperienze della signora Tiziana Rozzi Plana nel mondo dei tessuti. La fondatrice de L’arte dei tessuti ha fornito agli ospiti informazioni importanti e ha rivelato molte curiosità riguardanti gli abiti. Per chi si fosse perso l’evento e desiderasse vedere gli abiti, c’è la possibilità fino a metà Dicembre di recarsi allo showroom L’arte dei tessuti.

I

LA BELLA E LA BESTIA Un viaggio nel passato, un tuffo nell’infanzia

di Tommaso Ressia e Sebastian Plana

La presentatrice della collezione di abiti indossati durante le riprese del film La bella e la bestia che uscirà nelle sale cinematografiche a Febbraio 2015

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NATI PER SERVIRE

LA 'NDRANGHETA Giovanni Tizian parla di un salto di

qualita’ della mafia

quello bisogna sparargli in bocca". Così minacciavano apertamente fino a poco tempo fa Giovanni Tizian, che oggi ci ha parlato della 'Ndrangheta che conosce lui. Poche persone erano presenti all’archivio di Stato di via Senato, ma tutte sono state "catturate" dalle parole di Tizian, il quale, nel suo nuovo libro Il Clan Degli Invisibili (Mondadori), parla di tutti quegli avvenimenti che ogni giorno sui quotidiani leggiamo passivamente. E' un romanzo che contiene moltissimi elementi reali, alcuni comprensibili a tutti, altri, invece, riconoscibili facilmente solo da chi ha avuto, in prima persona, esperienze attinenti a tali situazioni. Nel romanzo "i nomi dei personaggi sono di fantasia ma le dinamiche, le logiche criminali, la spregiudicatezza, la ferocia sono purtroppo terribilmente reali" (disclaimer). Vengono descritte vicende vere che aprono gli occhi anche a chi tende a generalizzare ed a pensare che la 'ndrangheta sia composta da molte famiglie "tutte potenti e ricche", come riporta l'autore, quando i clan veramente potenti sono al massimo una trentina. Nella conferenza di oggi è stata anche sottolineata la differenza tra la 'Ndrangheta di ieri e quella di oggi. Giovanni Tizian parla di una "evoluzione" e di un "salto di qualità" di questo tipo di criminalità organizzata, iniziata negli anni 90. I protagonisti ed i ruoli sono gli stessi, ma i livelli del crimine si sono innalzati. Prima si dedicavano ai sequestri di persone ed a crimini ben visibili, ora, invece, si rendono invisibili, dando vita a truffe e corruzione. Qualche tempo fa staccavano teste a colpi di mitra e ci giocavano a calcio, ora i membri della 'Ndrangheta sono manager che si relazionano con i poteri dello stato, abbandonando i crimini plateali per non uscire allo scoperto e non rischiare di essere riconosciuti e denunciati. E' stata una conferenza chiara e diversa da ciò che ci aspettavamo

perché esponeva senza mezzi termini argomenti ed avvenimenti dimenticati che devono essere invece ricordati per il bene del nostro futuro. Riprova dell'interesse suscitato sono stati gli interventi del pubblico che variavano da toccanti esperienze personali a opinioni più distaccate. La conferenza è durata troppo poco, fortunatamente però siamo riuscite a intervistare brevemente Tizian prima dell'inizio. Secondo lei il tema della Criminalità Organizzata non viene affrontato abbastanza seriamente nelle scuole italiane? Ultimamente viene affrontato abbastanza a fondo nelle scuole dell'Emilia Romagna (dove attualmente l'autore risiede ndr) nel quale si tengono conferenze ed incontri grazie anche ad alcuni docenti. Insomma, rispetto al passato c'è un'attenzione maggiore, ripeto. Ovviamente dipende dai docenti. In Lombardia immagino sia più o meno così. Collegandoci alla sua risposta, non pensa che i giovani di oggi non diano importanza alla mafia, in particolare nei territori del nord Italia dove c'è l'idea che la criminalità organizzata sia meno presente che nel resto dell’Italia? Questo purtroppo è ancora vero. Non sono state sufficienti le inchieste passate e presenti per comprendere quanto le organizzazioni criminali si siano infiltrate nel nostro tessuto sociale ed economico. Probabilmente perché fin quando non si arriva al sangue e alla violenza, ci sembra che vada tutto bene e che non ci riguardi, senza renderci conto della pericolosità di avere un'economia sporca ed inquinata, forse ancora più pericolosa della mafia che uccide platealmente. Rispetto all'economia, quanto è influente la 'ndrangheta nella politica attuale? Quanto è influente? In Lombardia lo sapete bene, dato

A ”

di Benedetta Gaggio, Alice Nani

Il Diario: Domenica

di Laura Rognoni, Beatrice Palma,

Carlotta Di Sabato, Allegra Caleffi

Incontro con Ferdinando

Scianna

Domenica 16 novembre 2014 presso il circolo filologico di Milano abbiamo avuto il piacere di assistere ad una conferenza diretta da Ferdinando Scianna, fotografo di fama, laureato in Lettere e Filosofia, sul selfie e l'autoritratto. Il circolo filologico milanese ha sede nel cuore di Milano, in via Clerici, ed è la più antica associazione culturale della città ed una delle prime in Italia. Sorprendentemente abbiamo scoperto che c'è una grande differenza tra l'immagine che riflette uno specchio e quella ritratta da un autoscatto: il selfie. Lo specchio è pura realtà mentre il selfie ritrae una finzione che noi vorremmo fosse realtà. Il concetto può essere riassunto nella frase 'un bambino ci mette tanto tempo a capire come riconoscersi in uno specchio ma ci mette ancora più tempo a riconoscersi in un ritratto fotografico'. Un selfie, secondo Scianna, porta infatti tutti noi ad una sorta di angoscia pirandelliana. Scattandoci un selfie desideriamo apparire in un certo modo, ma, inevitabilmente, esso verrà percepito in maniera diversa a seconda di chi lo osserva. Diventiamo quindi vittime di profonda incertezza, a causa della quale perdiamo la concezione di chi siamo veramente. Un argomento apparentemente leggero e frivolo si è così trasformato in una discussione profonda, ricca di verità a cui spesso non vogliamo credere. Il selfie può dunque avere ripercussioni negative sulle nostre vite ma soprattutto sulla nostra autostima. Questo argomento ci ha particolarmente interessati perché ci tocca direttamente. Nella nostra generazione, infatti, il selfie è una moda ricorrente ed è considerato da tutti i giovani, principalmente dalle ragazze, un modo per scacciare la noia. Un altro motivo per cui la nostra attenzione si è rivolta particolarmente a questo discorso, è il fatto che spesso noi giudichiamo una persona da una sua fotografia, un suo selfie, talvolta senza mai averla incontrata dal vivo. Ci soffermiamo quindi all’apparenza, credendo a quello che vediamo da un autoscatto come realtà. Scianna ci ha quindi aperto gli occhi sulla superficialità della nostra generazione. Dopo questa presentazione abbiamo capito che il selfie non è realtà e che non si può conoscere veramente l’aspetto esteriore di una persona attraverso questo mezzo. Tutti questi pensieri sono riportati nel libro Lo Specchio Vuoto (la Terza) presentato da Scianna durante la conferenza. Il fotografo Scianna, descrivendo la realtà che ci circonda come un mondo costituito da una serie di immagini, esprime la sua passione per il suo lavoro, la fotografia. I selfie sono " di gran moda” in quanto al giorno d'oggi la società enfatizza l'apparenza, la forma anziché la sostanza. Mentre Scianna parlava il pubblico ascoltava rapito in una sala piena. Probabilmente perché è un argomento con cui riusciamo a confrontarci facilmente, una moda della nuova generazione e, soprattutto, un discorso intenso ma interessante da seguire.

SI SELFIE

CHI PUÒ

che i casi di corruzione della 'ndrangheta sono numerosi nei piccoli paesi quanto a Milano. Insomma è molto forte ma perché la 'ndrangheta è attiva in Lombardia ormai da trenta o quarant'anni. Ultima domanda, legata invece a questo evento. Che cosa l'ha convinta a partecipare a BookCity e cosa ne pensa di questa iniziativa? Sono stato felice di prendervi parte perché la trovo una bellissima iniziativa ed un'ottima occasione per presentare il mio libro in un luogo dove c'è attenzione per questi temi.

Giovanni Tizian

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19

uesta è stata forse la più particolare delle interviste: infatti l’evento presieduto dal grande giornalista si teneva in un’aula del Museo di Storia Naturale dalla capienza decisamente limitata, circa centoventi persone. Ce n’erano almeno trecento. E i centottanta rimasti fuori erano abbastanza agguerriti. Quindi, per correttezza, non ci è stato permesso, pur essendo giornalisti, di entrare. Rimasti dunque fuori, siamo tuttavia riusciti, grazie alla disponibilità dell’addetta all’ufficio stampa di Piero Angela e perfino della direttrice del museo, ad ottenere un’intervista esclusiva nelle sale chiuse al pubblico. Lei fa il divulgatore da moltissimi anni. Quanto ha dovuto combattere negli ambienti televisivi per portare un programma culturale in prima serata sui canali nazionali? La televisione, molto più oggi che ieri, funziona anche in base ai risultati che i programmi danno. Allora bisogna che siano sì programmi culturali, ma che abbiano anche un pubblico, e noi riusciamo a fare entrambe le cose: raccontare cose a volte difficili, ma avere un pubblico numeroso. Le sue trasmissioni spaziano in diversi campi. Da cosa nasce questo suo interesse per la varietà? Io penso che tutte le cose siano intrecciate; ho scritto trentasei libri, nessuno uguale all’altro, ma in fondo è sempre la stessa cosa: in fondo tutto quello che esiste è fatta di cento soli atomi, ricombinati in modo diverso. Ho capito, anche parlando con la gente, che tutte le cose sono collegate. Oggi l’importante […] è vedere questi collegamenti, è come un mosaico: ogni tessera conta ma poi è l’insieme che funziona Ormai spopolano sulle televisioni programmi a carattere pseudo-scientifico o pseudo-storico, la

maggior parte delle quali è di scarso valore. Qual è il percorso di formazione che dovrebbe seguire un divulgatore e quale linea deve adottare nei suoi programmi? Io ho una formula molto semplice: dalla parte degli scienziati per i contenuti, dalla parte del pubblico per il linguaggio. Il primo aspetto è molto importante per avere credibilità, da parte del pubblico ma anche della comunità scientifica, e per fortuna abbiamo questa buona fama, anche perché siamo molto pignoli [...] Poi per il linguaggio dobbiamo parlare noi:, magari in modo creativo: la divulgazione, si sa, deve passare per delle gimcane, essere più creativa, ma sempre con la correttezza scientifica dietro. Penso che in questo modo si riesca a spiegare quasi tutto in modo abbastanza comprensibile, se si fa uno sforzo di creatività. Che importanza può avere Bookcity come veicolo di diffusione di libri e di cultura? Andrebbe riportato anche in altre città? Ognuna di queste manifestazioni -ce ne sono tante e di vario tipo in Italia- sono importanti perché richiamano pubblico a leggere libri, ma poi perché è un’occasione per scambiare con gli autori un colloquio; il suo compito è riuscire a seminare alcuni di questi concetti. Poi uno va a casa, ci riflette, e decide di comprare il libro. Serve quindi per allargare una cerchia di lettori, ai quali mandare le proprie idee. Agli autori non interessa guadagnare, lo fanno per il piacere di seminare idee: è importante invitare il pubblico a leggere ma anche a discutere con gli autori.

È TUTTO

UN MOSAICO

Piero Angela con Giulia Veschi, Letizia Pessina, Luca Dossena

Il Diario: Domenica

di Luca Dossena

Q

“MALERBE”: LA

NATURA NON

MUORE MAI Miraglia dipinge nei suoi scatti la

forza e potenza della natura in

contrasto con l’urbanizzazione di

Milano

ircondata dalla verde e magica natura di parco Sempione, una piccola biblioteca ospita una singolare mostra fotografica. La protagonista è la fotografa Fiammetta Miraglia, milanese di nascita, amante di scatti che ritraggono giardini e periferie urbane. L’artista, dopo aver studiato filosofia, è diventata una ritrattista e fotografa di reportage, ma nonostante i diversi cambiamenti nella sua vita, il tema principale delle sue opere rimane sempre il rapporto tra natura e urbanizzazione. La scelta della location è particolarmente vincente e mirata, perché fornisce maggiore suggestività alle foto, inserendole nella natura stessa del parco. Le immagini che fanno parte di questa raccolta fotografica, presentano il “verde” della frenetica città di Milano, in zone di non particolare rilevanza, come fermate di metro, cantieri di lavoro, zone industriali e così via. La fotografa cattura in luoghi urbani la semplice bellezza della natura, le “malerbe” che crescono spontanee e che al giorno d’oggi sono spesso sottovalutate dai milanesi. Fiammetta Miraglia gioca con i colori e racconta storie bellissime attraverso immagini che sarebbero banali senza la freschezza della natura e del verde che le valorizza. Queste fotografie possono essere interpretate come dei paradossi che ritraggono due realtà opposte, ovvero il mondo naturale ed il mondo artificiale, nello stesso scatto, con evidente scopo provocatorio nei confronti dell’osservatore. Il tema centrale di questa mostra è la forza della natura che riesce comunque a sovrastare l’urbanizzazione di questa città. Abbiamo avuto la possibilità di intervistare una delle bibliotecarie responsabili della mostra, che ci ha gentilmente aiutato ad interpretare il forte messaggio delle fotografie. Ci ha fatto notare che queste immagini presentano tutte un elemento comune: i confini. Questi sono presentati sotto forma di strisce pedonali, recinti e costruzioni. “La natura dirompente che va a sradicare questi confini”, così ci dice la responsabile della biblioteca, “è uno dei motivi ricorrenti che più colpisce l’occhio dello spettatore”. Un interessantissimo tema di riflessione, che traspare da queste fotografie di grande impatto. Noi del Giornale dei ragazzi consigliamo vivamente, a tutti coloro che ne hanno l’opportunità, di visitare questa rassegna nella sua prossima location.

C di Alexa Consonni, Francesca Guarneri, Giulia Manca

La mostra fotografica di Fiammetta Miraglia

Intervista a Piero Angela

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IO, NEL TEMPO

CHE ABBIAMO, TI

VOGLIO PASSARE

LA BELLEZZA

Il Diario: Domenica

di Stefano Grassi, Alexa Pallante, Francesca Rubino

I la musica la grande protagonista delle conferenze “La parola è un suono” e “Quirino Principe incontra Wagner – Viaggio in musica e parole con il grande compositore tedesco” che si sono tenute domenica 16 novembre nella sala Radetzky di Palazzo Cusani. Nella prima è stato presentato il romanzo “Una parete sottile” di Enrico Regazzoni. Ospite d'onore Piero Gelli, noto critico letterario e musicale che, insieme all'autore, ha commentato i punti salienti di questo brillante romanzo il cui protagonista è un ragazzo di periferia del nord Italia, la cui vita ruota attorno al suono di un pianoforte; un ascolto costante che gli tocca l’anima nel profondo e dal quale scaturiscono molteplici esperienze. Un libro ricco di istanti e di ragionamenti fatti ad alta voce in cui si mescolano i timori e le emozioni del protagonista e in cui i temi trattati sono tutti di grande spessore emotivo. Ciò che emerge è una sorta di alienazione, di dipendenza morbosa che porta questo ragazzo a una incapacità di contatto con il mondo reale e alla convinzione che un'esperienza così forte, così intima, non sia il punto di partenza per la sua crescita emotiva ma anzi, il punto di arrivo. Di grande effetto, inoltre, è stata la scelta di inserire, tra la lettura di un capitolo e l’altro, delle “pause musicali” durante le quali la pianista Maria Perrotta ha eseguito con magistrale bravura Chopin, Schubert e Bach, immergendo così gli spettatori in quell’atmosfera travolgente tanto citata da Enrico Regazzoni. Nella seconda conferenza, Quirino

Principe, noto critico musicale e musicologo, ha iniziato il suo monologo con una lode al libro, fonte di nutrimento dello spirito, e ha poi presentato la casa editrice “Jaca Book” che dietro suo suggerimento ha dato vita a una nuova linea editoriale di carattere musicale. Il primo progetto è un omaggio a Richard Wagner e comprende 14 volumi dedicati alle “Musikdramen” del compositore tedesco, inclusi l’incompiuto “Die Hochzeit” e il “Parsifal”. Motivo di questa scelta è il desiderio di rivalutare l'opera, la più grande forma di teatro esistente al mondo, sempre meno amata dagli italiani che ne conoscono solo i caratteri generali e ignorano tutto il lavoro che sta dietro di essa. Particolare menzione merita il bravissimo Marco Cecchinelli, docente del Conservatorio G. Verdi di Milano, che ha eseguito quattro trascrizioni per pianoforte del 1854 di Franz Liszt, tratte da “Lohengrin” (opera di apertura del progetto di Principe) e da “Tristan und Isolde”. Principe ha evidenziato come, sebbene le trascrizioni in genere impoveriscono di significati le opere, in questo caso non solo vengono sottolineati ma sono addirittura amplificati. Tema di chiusura è stato l'amore, che egli divide in tre gradini: libido, eros e agape, quest'ultima, la forma più nobile di amore, è sempre presente nelle opere wagneriane sotto vari aspetti. Principe conclude portandoci a pensare che nella vita il nostro obiettivo deve essere quello di innalzare la nostra anima all’Estremo e che il mezzo migliore per farlo è la musica.

DALLA MUSICA

ALL’AMORE Bookcity si trasforma in sinfonia di Davide Longheu

E ’

Intervista a Roberto Vecchioni

l 16 novembre si è tenuto presso la sala viscontea del Castello Sforzesco l’incontro con il professore e cantautore Roberto Vecchioni, che ha presentato il suo nuovo libro, Il mercante di Luce. L’autore ha sottolineato come tutte le scoperte, da quelle matematiche, a quelle scientifiche, agli ideali di uguaglianza e di dialogo tra i diversi ceti sociali, non ci sarebbero potute essere senza la cultura greca: questo perché la Grecia, dice l’autore, è il punto, dal quale tutto ebbe inizio. Questo patrimonio viene trasmesso direttamente nel suo libro, dove un ragazzo malato in stadio terminale dovrà scoprire se stesso e l’umanità intera in un viaggio condotto dal padre, professore di letteratura greca, il quale vuole lasciare al figlio il dono più grande che ha, che non è altro che quello che più ama nella sua vita: la tragedia e la lirica greca. Quello che si percepisce è un grande amore da parte di Vecchioni non solo per la cultura greca in generale, ma per ogni singola parola, caratterizzata da suoni e armonie, di un popolo che avrebbe influenzato tutto il mondo a venire. Prima dell’incontro, ha risposto a qualche nostra domanda: Lei è stato cantautore e professore: c’è un punto d’incontro e le è mai successo che una professione attingesse dall’altra? No, questo è abbastanza difficile, però il punto d’incontro è la comunicazione. Non importa la forma in cui si tenta di comunicare, importa la comunicazione. Cosa comunicare? La cultura, che non ci si deve perdere nei particolari, che ci sono delle persone che hanno lottato per la vita .. E questo lo si può fare sia insegnando sia scrivendo canzoni. È molto diverso cantare una canzone e scrivere un romanzo, ma l’obiettivo è sempre quello, comunicare. Quanta parte del suo io è

presente nel libro? Beh molta, moltissima, anche se i personaggi non rappresentano me. Io sono un professore di letteratura, come il personaggio del libro, anche se non mi assomiglia moltissimo, io non sono cosi antipatico, come lui, e poi non ho i difetti che ha lui, ma lo stesso amore incondizionato per quello che è la letteratura classica e per quello che è la sua modernità. Poi io ho messo qualcosa della malattia di mio figlio, il quale anche lui ha dei problemi, anche se non di quel tipo, e quindi mi era molto vicina come storia. Ma quasi sempre io metto qualcosa di me anche fisicamente, ma soprattutto spiritualmente. Frequentando il liceo classico, ci siamo accorti che alcuni valori dell’età antica greco-latina, come il valore di Humanitas, sono applicabili ai giorni nostri. Lei è d’accordo e in che modo? Credo che possano salvare, devono salvare. Non solo i valori positivi ma anche i valori negativi sono interessanti, cioè tutta la dubbiosità della vita, l’incertezza, l’insicurezza, lo scontro tra ceti, la libertà: tutte queste cose loro ce le hanno passate e il dibattito è cominciato lì e ciò che è importante è che prima non c’era nulla, prima c’erano dei magnifici re che facevano quello che volevano. Quando sono arrivati i greci, si è cominciato a parlare di democrazia, di idee degli altri, di pensiero comune o non comune ed è questa la trasmissione ereditaria che ha avuto la civiltà occidentale dalla Grecia. Lezione davvero indimenticabile di uno scrittore, poeta, musicista, professore, ma, prima di tutto, di un uomo, quale è Roberto Vecchioni, il quale attraverso il suo libro ha voluto trasmettere un messaggio molto intenso: “Non importa quanto a lungo si vive, fondamentale è con quanta intensità, con quanta luce dentro”.

La pianista Maria Perrotta

Roberto Vecchioni

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IL BAMBINO VESTE

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omenica 16 novembre, presso il teatro Dal Verme, si è svolto un incontro che verteva sulla storia degli hippie, una generazione visionaria, fondata su valori quali pace e amore, e che, tramite questi, cercò di contrastare la società del tempo. Il corso degli eventi che si succedettero in California dal 1964 al 1969 è stato trattato con attenzione e raccontato nel libro Amore e rivolta al tempo di rock (NoReply) di Luca Pollini, il quale con l’aiuto dell’attrice Lucia Vasini e degli altri personaggi che con loro tenevano la conferenza (Matteo Guarnaccia, Enrico Maria Papes, Stefano Laffi e Giorgo Maimone), ha esposto gli episodi salienti della storia degli hippie, delineandone anche le principali caratteristiche. Il movimento hippie nacque nell’università di Berkeley (California) nel 1964, in un periodo che vedeva gli Stati Uniti in una situazione assai complicata: incombevano infatti i pericoli della guerra fredda e, inoltre, la maggior parte dei soldati americani era impegnata della sanguinosa guerra del Vietnam. A tutto questo, i giovani hippie si ribellarono, ma lo fecero in un modo che non aveva mai avuto precedenti, lo fecero tramite l’amore. Ciò che li caratterizzò maggiormente e che distinse la loro ribellione da ogni altra è il completo distaccamento dalla politica: essi, in realtà, non si riconobbero mai come un movimento vero e proprio, ma sostennero che il loro unico portavoce fosse l’arte, più precisamente la musica. I loro valori risultarono subito manifesti: pace, amore, ecologia, niente violenza, niente consumismo e niente marchi commerciali. Nel loro modo di vestire l’unica regola era non avere regole; “il vestito doveva partire dalla necessità” ha espresso con chiarezza l’autore del

libro “e doveva essere inventato anziché subito”. La moda hippie, di cui possiamo vedere espressioni anche al giorno d’oggi, era caratterizzata dall’accostamento di vari stili, con la predilezione per colori, frange, fiori e blue jeans. Secondo i relatori della conferenza, questo fu un movimento fondamentale nella storia del Novecento, in quanto portò alla formazione di una nuova categoria sociale, ben distinta da tutte le altre: la categoria dei giovani. Il picco del movimento hippie si ebbe nel 1967, l’anno della cosiddetta Summer of love, durante la quale centinaia di giovani americani, avendo sentito parlare di quello che vi stava accadendo, si recarono a San Francisco, ansiosi ed entusiasti di prendere parte a questa sommossa radicale e pacifica, che raccoglieva sempre più seguaci, ma allo stesso tempo cominciava ad essere malvista dai vertici del governo. Quello che possiamo definire flower power (letteralmente, il potere dei fiori), non andò a buon fine, dal momento che tutto il movimento hippie ben presto cominciò ad essere commercializzato dai media, spinti dai politici con l’obiettivo di stroncare questi giovani, che erano considerati soltanto dei nullafacenti privi di prospettive. L’ultimo evento, e forse anche il più importante e memorabile, che segnò la storia degli hippie fu il concerto tenutosi a Woodstock nel 1969: questo sancì lo scioglimento definitivo del movimento, ma, al tempo stesso, rappresentò (e continua tuttora a rappresentare) l’emblema di tutti quei valori che gli hippie cercarono di portare avanti nel corso di sei anni di storia. Anche questo è stato per noi Bookcity: conoscere i giovani ai tempi dei nostri nonni.

AMORE E

RIVOLTA AL

TEMPO DI ROCK

Il Diario: Domenica

Il fenomeno culturale degli hippie

di Elena Caselli, Anna Colnago, Giulia De Cesare

Incontro con la moda

Piazza Castello 21. Questa è la celebre sede della redazione di Vogue bambini e Vogue Sposa. Giunte al quarto piano, veniamo ricevute da giovani redattrici disponibili e sorridenti indaffarate, ad accogliere i piccoli ospiti, protagonisti dell'evento, e i loro genitori. Inizialmente poniamo domande proprio a quest’ultimi, che ci spiegano di essere giunti a conoscenza dell'evento mediante la mail list di Vogue e il programma di Bookcity. L'evento, dedicato a 'fantasia e riciclò, viene presentato dalla direttrice delle riviste Giuliana Parabiago e dall'illustratrice Silvia Bonanni che spiegano i passaggi che portano dall'ideazione di un abito alla sua pubblicazione su una rivista. I bambini, impazienti di incominciare e pieni di domande, invitati a ritagliare immagini da riviste, vengono incoraggiati a creare un abito con la fantasia. Una delle redattrici ci spiega le motivazioni per le quali si è voluto creare un evento capace di conciliare il mondo della moda con quello dei bambini. Ci accoglie nel suo studio anche la direttrice, ben disposta a rispondere alle nostre domande: per prima cosa ci racconta come, fin da bambina, abbia sempre amato e seguito la moda, passione che l'ha portata a ricoprire il ruolo di capo redattrice. La scelta di dedicarsi della sezione infantile e nuziale della rivista, ci dice, è stata il frutto di una decisione non casuale ma voluta: conciliare moda ed emozioni. Questa esperienza ci ha permesso di conoscere ancora meglio un mondo del quale spesso si sottovalutano lo sforzo e il lavoro. Non solo immagini.

IL BAMBINO

VESTE PRADA

di Isabella Catapano, Marta Pastori

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omenica 16 Novembre la Triennale di Milano ha fatto da sfondo alla presentazione “Riservato a chi non sopporta la pubblicità”, condotta dal giornalista di Repubblica Riccardo Stagliano, ospite Giuseppe Mazza, autore di Bernbach pubblicitario umanista (Franco Angeli). Da poco pubblicato, il libro è una raccolta degli scritti più importanti del grande pubblicitario. Uomo veramente rivoluzionario non solo in ambito professionale, unico ebreo nel Bronx a New York, Bernbach ha aperto la prima azienda multietnica sulla West Avenue dopo aver sposato una italoamericana di religione cattolica. Il primo grande cambiamento portato dalle sue idee, ha spiegato Mazza, fu proprio nel modo di trattare la pubblicità. Prima di lui, infatti, le campagne pubblicitarie delle macchine ritraevano semplicemente automobili gigantesche che a malapena riuscivano a stare dentro uno schermo. Bernbach cominciò invece a pubblicizzare le macchine come se fossero tascabili. Ma davvero diverso nei suoi metodi era il fatto che cominciasse a vedere il pubblico come un insieme di persone competenti, con le quale dialogare, decidendo di farle riflettere attraverso le pubblicità, in modo da attirarle verso il prodotto in questione. Per rendere l’idea di quanto Bernbach abbia davvero cambiato il suo campo, a Mazza è bastato dire che Steve Jobs decise di includerlo nella sua campagna di Apple con protagonisti gli uomini più rivoluzionari della storia, insieme a figure come Einstein. Dopo aver presentato Bernbach al pubblico, Mazza ha anche spiegato il problema della pubblicità in Italia. Molti in questo periodo chiamano Renzi un grandissimo comunicatore, elogiando questa sua qualità e i suoi metodi piuttosto innovativi, come parlare con il popolo italiano attraverso il talk show di Barbara D'Urso. Mazza ha spiegato molto chiaramente la differenza tra comunicatore ed intortatore, spesso poco chiara ai giorni nostri. Il primo è uno che manda un messaggio al pubblico nel modo più chiaro ed esplicito possibile, per cercare di far capire a tutti le sue intenzioni o i suoi ideali, come Churchill. Il secondo invece parla del nulla, finché gli ascoltatori non possono fare altro che dargli ragione e ritrovarsi a sostenerlo. Secondo Mazza, quest’ultima figura è più corrispondente a quella del Presidente del Consiglio che partecipa ai talk show. Successivamente, Mazza ha parlato di una delle figure più discusse del ventunesimo secolo: il Papa Bergoglio. Molti non sapranno che il Papa ha pronunciato la parola "pubblicità" alla finestra della Chiesa di San Pietro; già questo di per sé fa capire

chiaramente quanto questo termine sia importante per la società contemporanea. Papa Bergoglio di recente ha cominciato una particolare iniziativa, con la quale sceglie il numero di telefono del mittente di una delle migliaia di lettere che riceve ogni giorno, e lo chiama per parlargli. Ricevere una chiamata e sentirsi dire "Pronto, sono il Papa" dev'essere piuttosto scioccante: secondo Mazza, Papa Bergoglio ha avuto un’idea rivoluzionaria come quelle di Bernbach. Come Bernbach, ha iniziato a vedere il pubblico non più come passivo e incapace di comprendere, ma come attivo e meritevole di una comunicazione diretta. E questo è uno dei grandi segreti di Bergoglio, perché i suoi contenuti sono gli stessi di quelli dei papi precedenti, la differenza sta semplicemente nel modo in cui li comunica. Uno degli attentissimi membri del pubblico ha poi posto una domanda a Mazza, chiedendogli la sua opinione sull'ISIS e sul suo modo di comunicare. Anche in questo caso, secondo Mazza la comunicazione è ciò che rende così diverso e così spaventoso questo governo terrorista. Infatti, nel passato i rapimenti venivano ripresi in modo veramente barbaro, con qualità audio e video pessime e questo, secondo Mazza, ha sempre fatto sì che potesse sembrare un mondo distante dalla nostra realtà. Al contrario, ISIS gira i suoi video con scenografie paragonabili a set di film, e l’autore ha svelato come, nel video della decapitazione di Foley, il momento che più l'ha scioccato è stato il cambio di videocamera. Ha spiegato che questo momento l'ha davvero colpito perché' in quell'istante ha realizzato davvero la professionalità di queste persone. Secondo Mazza, l'uso dei social network come Twitter per postare foto di teste mozzate, o la ripresa delle decapitazioni con videocamere da centinaia di euro, è ciò che davvero rende l'ISIS così spaventoso. Questo perché non possiamo più negare la vicinanza di questi uomini al nostro mondo, non possiamo più fingere che il problema sia lontano e, ancora una volta, la comunicazione cambia totalmente il loro impatto sul pubblico. La conferenza si è conclusa con un applauso davvero sentitissimo da parte del pubblico, che è rientrato a casa con una maggiore conoscenza riguardo la pubblicità. Noi del Giornale dei ragazzi abbiamo davvero apprezzato questo incontro, che ci ha fatto scoprire come la pubblicità oggi sia fondamentale e come, senza che noi ce ne accorgiamo, abbia effetto su moltissimi dei problemi fondamentali della società. Mazza ci ha davvero aperto gli occhi e lo ringraziamo davvero di cuore perché sentiamo di poter vedere il mondo da un’altra prospettiva grazie alle sue parole.

ITALIANI APRITE GLI OCCHI! Da Papa Bergoglio all'ISIS passando per Matteo Renzi,

una conferenza veramente illuminante di Lucrezia Cogliati

Il Diario: Domenica

D «in Italia ci sono troppi intortatori e nessun comunicatore»

Incontro sulla comunicazione con Giuseppe Mazza

Giuseppe Mazza; in alto il suo ultimo libro

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Attualita’

L’UCRAINA E

LE MIRE

ESPANSIONISTICHE

DELLA RUSSIA di Francesco Assi

L’IMPATTO DI HARRY POTTER

SUL MERCATO DEI LIBRI PER RAGAZZI

Il Diario: Domenica

di Giulia Veschi

ggi 16 novembre 2014 presso la biblioteca rionale “Chiesa Rossa” Marina Lenti,in assoluto la più autorevole esperta italiana della saga fantasy di Harry Potter, ha evidenziato i momenti salienti della storia della pubblicazione e della diffusione dei libri di J.K.Rowling. La relatrice ha subito mostrato come le avventure di Harry Potter abbiano portato un grande e positivo cambiamento: ”la Rowling utilizza circa 90 000 vocaboli nella stesura del primo episodio della saga in un periodo in cui un libro per ragazzi ne possedeva circa 40 000”. E come non parlare poi delle circostanze grazie alle quali l'autrice riuscì a inviare il suo manoscritto agli editori? Percorso fortunoso, certo, ma sicuramente fruttuoso se si pensa al successo planetario che hanno acquisito i libri di Harry Potter. Successo cha ha portato anche grattacapi: il brand del famoso maghetto con gli occhiali ha dovuto infatti affrontare innumerevoli battaglie legali e editoriali che hanno visto la “povera” J.K. Rowling essere citata o citare in giudizio, quasi sempre per plagio. A questo propositi viene ricordato in particolare uno dei casi più eclatanti in cui la scrittrice scozzese accusava il russo Dmitri Yemets, autore di “Tanya Grotter and the Magical Double Bass”, che, per la stesura del suo libro aveva largamente e esageratamente preso ispirazione dalla saga di Harry Potter. Nonostante i numerosi processi che furono indetti tra USA e Gran Bretagna, i libri della Rowling hanno raggiunto la vetta delle classifiche dei bestseller, rappresentando una vera e propria novità editoriale. La “madre” di Harry Potter è stata infatti, come spiega l'esperta, la prima scrittrice a diventare miliardaria e a rendere accessibile a tutti un genere che prima vantava di un pubblico di nicchia. L'intervento di Marina Lenti ha sicuramente centrato i punti fondamentali della storia editoriale della saga e, infine, ha ricordato un altro lato della positività di questo fenomeno: J.K. Rowling è stata infatti una delle poche persone in grado di distogliere parzialmente l'attenzione dei giovani dai giochi elettronici e dalla TV e riportarli finalmente a leggere.

O

I quattro stemmi delle quattro casate di Harry Potter:

Griffondoro, Serpeverde, Corvonero, Tassorosso

È il 16 novembre 2014, al Castello Sforzesco di Milano si svolge una conferenza sulla delicata situazione in Ucraina; a parlarne sono Marco Buttino, professore di storia contemporanea all'Università di Torino, Alberto Masoero, ricercatore presso l'Università Ca' Foscari, esperto di storia russa, Anna Zafesova, giornalista russa e Simone Bellezza autore del libro “ Ucraina: insorgere per la democrazia”. Si parte con un'analisi della situazione attuale e del recente passato dello Stato ucraino: l'Ucraina, parte del URSS dal 1922 fino all'indipendenza, ottenuta nel 1990, ad oggi conserva una struttura politica del territorio simile a quello russo con la divisione in regioni (oblast'). La politica del Paese dall'indipendenza in avanti è stata quella di puntare sullo sviluppo di soli alcuni Oblast, e su tutti uno in particolare, quello di Kiev, la capitale, mentre gli altri, quelli di confine, furono “abbandonati”: da ciò ne è derivato, ovviamente, povertà e arretratezza. Per queste ragioni la popolazione di confine ha chiesto aiuto ai Paesi vicini e di questa situazione ha approfittato la Russia con le sue mire espansionistiche e il suo obbiettivo di formare un nuovo grande continente, l'Eurasia. Aiutata anche dal fatto che quelle regioni sono russofone e con l'obiettivo dichiarato di portare loro aiuto, la Russia ha però invaso nel vero senso della parola il territorio Ucraino e imposto al governo uomini russi di Mosca. L'analisi è interessante e accende un dibattito fra i giornalisti presenti. Alla domanda su come si possa risolvere questa intricata situazione Marco Buttino risponde che l'unico modo è lasciare che se ne occupi l'Ucraina stessa, senza, come invece sta avvenendo, l'intervento di Nato e Russia. E' a questo punto che si accendono i toni e qualcuno arriva addirittura a sostenere che la guerra sia tutta una montatura: la replica arriva da una ragazza ucraina che racconta che alcuni poliziotti di nazionalità ucraina ma filorussi, nell'oblast di Donetsk, hanno fermato lei e i suoi parenti, hanno sequestrato e bruciato la bandiera ucraina che portavano con loro e li hanno arrestati. Lo scontro sembra essere quindi reale e purtroppo molto doloroso. Anche questo insegna e offre Bookcity: un'occasione importante per sentire vive testimonianze e, insieme, un momento per scambiarsi idee e cercare un modo comune per uscire da un incubo che coinvolge anche noi europei.

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Il Diario: Domenica

opo una conferenza veramente illuminante, noi del Giornale dei ragazzi abbiamo avuto la fortuna di intervistare la giovane Monica Marelli, laureata in fisica quantistica. Durante la conferenza ci ha avvicinato ad un mondo complesso dal quale noi studenti spesso scappiamo, senza aver neanche il tempo di scoprirlo. A che età ha veramente iniziato ad apprezzare la fisica quantistica? La fisica quantistica è diventata la mia passione durante gli studi universitari. Fin da piccolina avevo la passione per l’astrofisica e l’astronomia; poi piano piano, durante gli studi di fisica, ho cominciato ad apprezzare anche la quantistica e da li è diventato il mio grande amore. Da dove è nata l’idea di scrivere un romanzo di questo genere e non un saggio? Prima di tutto di saggi ce ne sono tantissimi e anche molto belli. In secondo luogo, a me piace raccontare storie, e mi piace mettere in mezzo i gatti, allora ho pensato a qualcosa che mescolasse la narrativa con i mici. E come mai questa passione per i gatti? Io adoro i gatti. Avevo due anni quando ho capito che mi piacevano: mia nonna mi aveva regalato un pupazzo a forma di gatto che era verde e arancione. Da li ho detto: io amo i gatti! Ci ha detto che gli scienziati e teorici avevano diverse teorie sull’esperimento del gatto dello scienziato Schröndinger. Qual è la sua opinione invece? Ah, caspita questa è una domanda difficilissima. In effetti, il gatto di Schröndinger mostra l’assurdità della quantistica, pero è anche vero che fino ad ora la quantistica ha sempre dimostrato di avere ragione. Quindi, mi dispiace per Einstein e per Schröndinger (i quali erano entrambi contro la fisica quantistica ndr) e viva Bohr, il quale aveva una grande “fede” nella sua quantistica, effettivamente la quantistica funziona eccome. Cosi come la fisica cambiò da come si studiava ai tempi di Newton ai tempi di Schröndinger, lei crede cambierà ancora? Le porte della fisica sono veramente infinite quindi chissà. Speriamo succedano altre cose, per esempio manca l’unificazione delle forze fondamentali e ci sono ancora un sacco di misteri e di cose insolute quindi stiamo a vedere. Infine, perché ha scelto di partecipare a BookCity e cosa ne pensa dell’iniziativa? È’ stato un evento molto interessante; io sono stata anche alla biblioteca di Rozzano, dove ho parlato di un altro libro, cioè Hanno Taggato Biancaneve. Tutte le iniziative legate ai libri e questo genere di cose sono sempre belle, speriamo che ce ne siano sempre di più.

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#BCM14

L’ultimo è stato sicuramente il giorno più bello. E’ stato strepitoso vedere quanta gente interessata è venuta agli eventi. Con BookCity si è creata una comunità fantastica! Ah, e con il sole! Il tempo è stato meraviglioso, niente a che vedere con il brutto tempo dei giorni precedenti. “L’Arte del ridere” è stato l’evento più coinvolgente. Tutti noi ne eravamo entusiasti. Quasi quasi si faceva a gara per chi avrebbe scritto l’articolo per raccontare tutto al riguardo. La sera abbiamo chiuso con Dario Fo e Pietro Sciotto i quali hanno creato un’atmosfera esilarante perché hanno parlato di temi molto complessi e forti, rendendoli però facilmente comprensibili. Fo ha terminato con uno strabiliante, emozionante e incredibile monologo. Insomma, quest’anno BookCity ci ha lasciato tutti senza parole!

at the end of the day…

LA FISICA QUANTISTICA

PIACE ANCHE AI GATTI

di Benedetta Gaggio, Alice Nani

La fisica quantistica non e’ complicata

di Celine Buccomino

Incontro con Monica Marelli

Monica Marelli con il suo amato gatto

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GRAZIE A BOOKCITY

ABBIAMO IMPARATO A…

Migliorarci nel lavoro di squadra Conoscere il mondo del giornalismo

Capire che è essere un giornalista non è semplice, richiede passione e grande impegno

Capire il mondo del lavoro Scrivere meglio

Conoscere meglio gli autori e i motivi delle loro scelte letterarie

Muoverci nel territorio milanese Ottimizzare tempi e risorse

Amare ancora di più la letteratura Essere più responsabili

Essere pazienti, discreti e perseveranti

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CI SONO PIACIUTI…

SOPHIE KINSELLA Gentile, elegante, disponibile, di classe

CARLO CRACCO Chef dei libri, un vero personaggio non solo per il mondo culinario

GIULIANA PARABIAGO Scorza dura, poi dolce come il miele

ROBERTO VECCHIONI Affabulatore, professore “di luce”

PIERO ANGELA In una parola: #evergreen

DAVID GROSSMAN Un uomo veramente eccezionale

LICIA TROISI Sorprendente, capace di rendere il fantasy reale

GIOVANNI STORTI Ovviamente simpaticissimo, acuto e affabile

VALERIO MASSIMO MANFREDI Fascino greco, eloquenza ciceroniana

DARIO ARGENTO Carismatico, spiritoso, simpatico: non ce lo aspettavamo!

DARIO FO Simpatico, dolce, di un’intelligenza sopraffina, colto, elegante

Risposte:

1. b

2. a

3. c

4. a

5. a

FILIPPO DEL CORNO Disponibile, aperto, interessato a noi

1) Dire, fare, brasare è il nuovo libro di:

Benedetta Parodi Carlo Cracco

Alessandro Borghese

2) Che cosa ha ricevuto David Grossman all’inaugurazione di

Book City ’14? La chiave della città Il premio Book City

La corona del comune di Milano

3) Quale shopaholic abbiamo intervistato noi ragazzi il 14

novembre? Isla Fisher

Francesca Lazzeroni Sophie Kinsella

4) All’Expogate di piazza Castello il 15 novembre, cosa è stato letto di

Dante? L’inferno

Il purgatorio Il paradiso

5) Qual è stato un grande inconveniente il 15 novembre?

La forte pioggia Lo sciopero dei mezzi pubblici

La partecipazione di troppa gente

QUICK QUIZ

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For a Culture Without Frontiers

FOR A CULTURE

WITHOUT

FRONTIERS

L’INCONTRO con il Mondo

Il Giornale dei ragazzi dedica quest’ultima sezione a tutti gli stranieri. Una selezione di articoli di punta è stata tradotta in inglese dagli studenti dell’International School of Milan. Altri pezzi sono stati scritti per l’occasione in spagnolo, francese,

cinese, coreano, giapponese, danese ed olandese. Riteniamo che la cultura italiana del libro e della letteratura sia troppo ricca per tenercela tutta per noi. Vogliamo fare in modo che la nostra cultura non abbia frontiere né limiti. Non a caso,

questa sezione si chiama For a Culture Without Frontiers (Per una Cultura Senza Frontiere). Buona lettura! Goed lezen! Feliz

lectura! Bonne lecture! 阅读快乐!God læsning! 행복한 독서!

di Alice Nani

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L’INCONTRO con la Danimarca

For a Culture Without Frontiers

EN DAG I LIVET SOM EN UNG

BOGBYS JOURNALIST Un giorno nella vita di un giovane giornalista a #BCM14

Bog by har været en mulighed som ingen anden hidtil. Det har været en ære for os at interviewe vigtige figure af den international litterære scene, og vi har været i stand til at opleve, hvordan det er at arbejde som en journalist. De mange begivenheder, som kørte i de fire dage, giver utallelige af perspektiver og hjælper til at lave hele denne oplevelse noget værd; den motiverer os til at tage ansvar for vores eget arbejde og bidrage, så meget vi kan. Vores opgaver inkluderede at lytte til præsentationer, at interviewe forfattere, hurtigt at skrive artiklerne og efterfølgende redigere dem efter

tilbagemeldinger samt at updatere sociale medier, for at sikre følgere var bevidst om, hvad der skete i løbet af BCM14. Deltagende i denne begivenhed har givet os en bedre forståelse af alt arbejde, der foregår bag artiklerne af en online redaktør in den virkelige verden, og hvor hektisk det kan være. Det er både spændende og frustrerende! Dog er konsensus enstemmig: der er intet, som er mere tilfredsstillende end at skrive et stykke og se, at det kommer op på en skærm, hvor andre kan svare og dele oplevelsen.

di Holm Voldsgaard Christoffer

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L’INCONTRO con la Corea

For a Culture Without Frontiers

DAI SEGRETI DELLA CUCINA

A QUELLI DELLA MAFIA di Seunghi Nam

지난 11 월 13 일 부터 16 일 까지 북시티라는 이벤트가 진행되었습니다. 2012 년부터 밀라노 시가 북시티를 개최했고, 시민들과 학생들 위해서 열였습니다. 이 나흘 동안 주로 책 작가들이 자기가 쓴 책을 설명하는 시간을 가졌습니다. 2014 년에는 약 900 명의 작가들이 참여했습니다. 그 작가들 중에서 가장 기억에 남은 사람은 Carlo Cracco 입니다. 유명한 요리사인데다가 2 성급 미슐랭 레스토랑을 갖고 있고, Master Chef Italia 와 Hell’s Kitchen Italia 의 심사위원이기도 합니다. 지난 11 월 15 일 토요일에 Via S. Barnaba, 48 에서 그는 Dire, Fare, Brasare 라는 책을 소개 했습니다. 주로 본인이 부엌에서 쓰는 조리기술에 대해 설명했습니다. 30 분동안은 자기 책 대해서 얘기하고, 또 남은 30 분동안은 관객들의 질문에 답을 했습니다. Q: 셰프님은 처음부터 요리를 잘하셨읍니까? A: 아니요, 사람은 처음부터 요리를 잘하는게 아니라, 자기가 관심을 갖고 노력해야지만, 잘하는 요리사가 될수 있는것입니다. 그리고 기본부터 시작되어야합니다, 제가 Dire, Fare, Brasare 를 통해서 설명하는 것은, 기본이 얼마나 중요한지를 강조하는 것입니다. 또한 실수가 레시피의 비결입니다. 즉, 실수를 하지 않다면 절대 배울수가 없습니다. Q: 셰프님은 모든 재료를

좋아하세요? A: 물론이죠! 저는 외국가서 음식 쇼핑하는 것을 제일 좋아해요. 독특한 재료에서 맛있는 레시피가 나오거든요. Q:요리하면서 포기하려는 생각은 해 본 적이 없으세요? A:포기라는 생각은 한번도 한 적이 없습니다. 저는 틀리거나 실수할 때 다시 일어납니다. 요리사라는것은 저한테 직업이기도 하지만, 제 생활 입니다. 제가 즐기는 일이어서 아직까지는 그런 생각한 적이 없습니다. 하여튼 이 이벤트를 통해서 Carlo Cracco 씨는 관객들의 많은 관심을 끌어냈습니다. 두번째로 기억에 남는 작가는 Luigi Garlando 씨 입니다. 그는 내가 어린 나이 부터 성장하는 동안 계속 관심있게 읽어온 책들의 작가이기도 합니다. Per questo mi chiamo Giovanni (2004) 부터 'O maé. Storia di judo e di camorra (2014)까지 계속해서 책들을 쓰고 있습니다. Garlando 씨가 출판했던 책 ('O maé. Storia di judo e di camorra)의 설명회를 지난 11 월 15 일 토요일에 Via S. Barnaba, 48 에서 했습니다. 이 책의 특징은, 이 사회에서 마피아들이 어떻게 조직을 만들어가는지와 스포츠에 대해서 얘기하는 것입니다. 이 두 테마를 근거로 열네살 아이가 마피아에 들어갈지 아니면 유도를 선택할지. 결정해야 되는 주제로 내용이 전개됩니다. 책에 대한 설명 후에는 관객들의 질문에 답했다. Q:왜 작가가 되기로 결정하셨어요? A:사실은 전 처음에는 축구선수가 되려고 했는데, 아쉽게도 능력이

없어서 못 되었습니다. 그대신, 축구에 대한 기사를 쓰는 기자가 되기로 했어요; 글쓰는게 재미있어서, 책도 써봤는데, 사람들이 좋아해서 계속 쓰게 됐어요 : 책 한권 쓰신다고 대략 몇일 걸려요? A: 일년 걸리는것도 있고, 한달 걸리는것도 있고, 일주일 걸리는 것도 있습니다. 가장 짧은기록은 3 일이였습니다, 그 이유는 그 다음날에 제 결혼식이 있기 때문이었죠. Q: 마피아 같은 테마는 쓰는게 참 어려운데, 어떻게 선택 하셨어요? A: 제가 그 테마에 대해서 쓰는 이유는 단지 학생들한테 이런 일들이 사회에서 벌어진다는 사실을 공유하고 싶어서 썼습니다. 예를 들면 Per questo mi chiamo Giovanni 에서, 그 유명한 검사 Giovanni Falcone 가 마피아와 싸우다가 죽었는 사실은 우리 어린 친구들은 알지 못합니다. 그래서 이 책을 통해서, 인식을 다시 환기시키고 싶었습니다. 이런 책 이벤트를 통해서 작가와의 직접적인 만남은 매우 의미심장한 경험이었습니다. 주제도 다양하여 요리, 스포츠, 여행, 음악, 미술, 가족, 디지털, 마피아 등등 여러가지 방면의 주제들을 다루기 때문에 매우 흥미진진합니다. 내년에도 아는 사람들에게 알려서 꼭 다시 참석하고 싶습니다. 남승희

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For a Culture Without Frontiers

di Lucrezia Cogliati

星期日,在米兰的 Gallaratese 图书馆 ,一位学习汉语 的老师 Alessandra Lavagnino 为 我们讲 述了 中文的奥秘和历 史。 她是中文的专 家,有四十年学习汉语 的经验 。她在本次讲 座中向人们讲 述了汉语 的渊源。 Alessandra Lavagnino 提到,汉语 文字的初次出现 是在动 物的骨头 和甲壳上,比如龟 甲,于是人们 把这 种最初出现 的文字叫做甲骨文。同时 ,人们还 将这 些写有文字的骨片当作占卜的工具。

Alessandra Lavagnino 也探讨 了汉语 言与西方的不同之处 。她提到了两种语 言的很多不同点,例如 她认为 中文更富有哲学意味,而相对 的,西方的语 言就听起来更直接实际 。 她说 意大利人常常觉 得汉语难 以理解,由此他们觉 得这 是一门 他们 无法学会的语 言。 但是,她认为 这 是一个误 区;因为对 她而言,中文是一种极有魅力的语 言,同时 它又充满 挑战 性,所以她觉 得学 习汉语 很有好处 。 在讲 座中,Alessandra Lavagnino 还为 听众展示了部分汉 字,并简单 地介绍 了这 些汉 字所表达的含 义 。她以‘山’字为 例,向大家解释 了汉 字的演变过 程。 讲 座的内容生动 有趣,它加深了人们对汉语 的了解,也通过对汉 字演变 的诠释 ,使人们 看到了汉语 语 言和文字的博大精深。

LA CALLIGRAFIA CINESE

ARRIVA ANCHE QUI A MILANO

L’INCONTRO con la Cina

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Samedi 15 novembre s'est tenu auprès de l'Institut Français Milan l'événement "Un Thé Avec l'Ecrivain Edouard Louis". Grâce à la collaboration de Federico Chiara qui lui posait des questions, Edouard Louis a parlé de son livre autobiographique, donc de sa vie et de la réaction des gens de ceux qui lui sont proches. Comme décrit dans le titre de l'événement, on nous a offert à boire un thé excellent avant que ne commence la présentation de l'auteur, apte à la situation vu qu'il pleuvait des cordes et que de nombreux spectateurs comme nous, étaient trempés. Pour commencer, la manière dans laquelle Edouard Louis était entré dans la salle m'a frappé. Si je ne l'avais jamais rencontré, je n'aurais jamais pensé que c'était un auteur de succès avec une vie si complexe. Un garçon jeune, de seulement vingt ans, haut et frêle, deux yeux bleus curieux, comme ceux d'un enfant. "Il est un peu plus âgé que moi et il a déjà eu du succès, je pensai. Quand il a commencé à parler j'ai commencé à voir Eddy Bellegueule prendre vie. En effet, vu que j'avais fini de lire son livre, de petits détails comme la manière dans laquelle il gesticulait, sa voix très basse et son mouvement continu du corps me revenaient à l'esprit comme dans son livre. Après ce premier impact, il a ouvert le dialogue. L'écrivain a voulu expliquer le titre français "En finir Avec Eddy Bellegueule" en disant qu'il a changé le nom d'Eddy Bellegueule à Edouard Louis pour changer de vie, vu que celle d'Eddy ne lui appartient plus, qu’il n'est plus cet enfant et en affirmant donc que tous les faits racontés dans le livre se sont vraiment produits. Il a été très émouvant lorsqu’ il a dit "Ce livre parle d'une horreur quotidienne, des parents qui ne te comprennent pas et de tes camarades de classe qui se moquent de toi. La maison devient l'enfer par ta faute, par faute de ce qui est. Je ne veux pas qu’un autre souffre comme moi j'ai souffert. Pour "ce qui est" Edouard Louis entend être homosexuel, parce qu'il avait compris qu'il était différent depuis son plus jeune

âge, que les garçons -et non pas les filles lui plaisaient, et pour cette raison tous se moquaient de lui. Celle-ci est la vérité qui se cache derrière ce livre, l'horreur d'une persécution qui existe vraiment, qui pourrait se produire en milieu quelconque et que presque personne ne voit. Le livre commence en outre, avec une scène de violence de la part de ses camarades de classe dans les couloirs. Une scène de premier d'impact, qui fait comprendre tout de suite qu'il ne comprend pas ce qu'il est, et que la violence est un sujet récurrent qui l’a animé pendant tout le livre. Edouard Louis nous a aussi raconté qu’après la publication du livre, de nombreux courriels lui sont arrivés de tous les coins du monde afin de le remercier pour ce livre. Il se rappelait d'une fille allemande qui lui avait écrit que réellement, ce livre racontait pratiquement toute sa vie, même si elle était une fille et vivait en Allemagne. Ceci montre comment une histoire peut tous nous concerner, pas seulement l’auteur lui même et comment cette histoire peut aider les lecteurs à se sentir moins seuls. Toujours concernant le livre on a parle de sa structure, parce qu'il apparaît comme un roman philosophique avec des titres qui rappellent les lectures de sociologie. Edouard Louis a dit qu’il en a décidé ainsi parce que "pour comprendre la vérité il faut la mettre dans une structure", dans ce cas en chapitres précis qui décrivent le parcours d'Eddy. Pendant tout l'événement, on a discuté du rapport avec ses parents et comme eux, ils avaient réagi au livre et à son succès conséquent. Les réactions des parents sont de façon surprenante, restées différentes de celles à quoi il s’attendait, en montrant comment les gens au cours de leur vie peuvent changer. Seulement celui qui a lu le livre pouvait éprouver une telle stupéfaction en apprenant que le père avait acheté 30 copies du livre pour les distribuer dans tout le village, alors que la mère était embarrassée par un livre de ce genre. « Je ne pourrai jamais être ce que les

autres veulent que je sois » est pour moi la phrase la plus importante prononcée par Edouard Louis et un peu la morale même du livre. Etant donné que personne ne l'acceptait pour ce qu’il était vraiment, Edouard s’est toujours échappé pour tâcher de se sauver, mais c’est seulement quand il est allé vivre à Paris pour étudier à l'université qu’il a compris que seulement s'il s’acceptait lui- même, il pourrait vraiment vivre. Vers la fin, Edouard Louis a commencé à raconter les motifs qui l'ont poussé à écrire ce livre. Il a dit que "L'autobiographie est quelque chose de vrai, cela s’est vraiment passé et on ne peut rien changer", et c’est pour cette raison qu’il a décidé de ne pas raconter ces événements comme un roman mais comme une autobiographie, en mettant dans la préface « je romance, seulement ainsi ils auront compris le vrai message du livre à la fin ». Pour conclure, grâce à cet événement j'ai eu la possibilité de rencontrer un grand écrivain si jeune mais avec une vie si animée et pleine de tristesse. Cela a été en outre une expérience magnifique, qu’il n’est pas tous les jours permis de rencontrer l'auteur d'un livre que nous lisons en ce moment, en ayant aussi la possibilité de mieux comprendre le livre et l'écrivain lui-même. Pour finir, Edouard Louis m'a enseigné comment un écrivain prend ses idées pour son livre, cela pourrait être personnel ou de la propre imagination, et il nous a montré tout ce contribue à créer un livre qui raconte les vérités de tous les jours et que, bien heureusement nombreux d’entre nous ne verront jamais, et comment un livre peut avoir des effets imprévus sur sa propre vie et sur celle des autres.

For a Culture Without Frontiers

L’INCONTRO con la Francia

L’ÉCRIVAIN DU LIVRE "EN FINIR AVEC

EDDY BELLEGUEULE"

NOUS RACONTE SES EXPÉRIENCES

DANS SON ŒUVRE de Sofia Parri

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Durante el segundo dia de Book City se celebró a las seis de la tarde en la galeria Triennale de Milán, un evento con la presencia del autor español Arturo Pérez-Reverte, que presentó su nuevo libro “El Francotirador Paciente”. La conferencia se realizó en dos idiomas, italiano y castellano, con la asistencia de un intérprete. El tema central de la conferencia fue la nueva novela de Pérez-Reverte y su tema principal, el mundo del grafiti un tipo de arte que para algunos no está lejos del vandalismo. Arturo Pérez-Reverte se considera un “artista de la calle”, y por eso aprecia el coraje del que escribe su nombre en los vagones del metro o en sus túneles. “Los writers” son los que hacen el arte de hoy” dice el escritor: a diferencia de los artistas establecidos, que sólo pintan para ganar dinero, los temerarios “writers” se expresan en los túneles del metro movidos por el simple deseo de expresarse, como hacen los verdaderos artistas. De hecho en “El Francotirador Paciente” el protagonista es un joven, apodado Sniper, que deja el arte para convertirse en un “writer”, entrando en un mundo de ilegalidad en el que el dinero ganado sirve solamente para pagar multas, y no para hacerse rico. Pérez-Reverte explica que lo que al escribir se ha inspirado en personas, ambientes y experiencias verdaderas. Aunque algunas de sus observaciones sean acertadas, su visión del arte

moderno no convencerá a los espectadores o críticos de arte. De hecho, ser grafitero es ilegal, pero pese a ello para Pérez Reverte el "writer" es un artista limpio, con una ética artística que no se pliega a las leyes del mercado, y eso es lo que hace su arte algo valioso. "El contacto con la ilegalidad es crucial para un "writer" ", dice Arturo , que pasó mucho tiempo entre ellos para preparar la novela llegando a hacer grafitis él mismo. El "código" de estos artistas del grafiti se fundamenta en la ilegalidad de sus acciones, lo cual les mantiene alejados de la pintura tradicional y de las exposiciones. De hecho, muchos “writers” han seguido el trayecto opuesto, de la calle a las exposiciones, pero por el camino han perdido el respeto de los “writers” originales. La estupenda novela de Arturo Pérez-Reverte es la historia de un chico que empieza escribiendo su nombre sobre un vagón del metro para acabar creando verdadero arte sobre paredes o cualquier superficie disponible. Pero la conferencia del autor español hizo reflexionar al público sobre cuestiones más generales, como lo que es verdaderamente el arte y en qué se ha transformado, sobre quién merece ser considerado un artista y sobre los que se dedican al arte sólo por el dinero o la fama. Para el autor, los “writers” son artistas verdaderos, un mundo de jóvenes y adultos que se desahogan, divierten e interaccionan plasmando sus

pensamientos sobre cualquier objeto. Algunos crean obras asombrosas; algunos, que quizás sólo estén empezando, escriben simplemente un nombre o un “te quiero”, como a menudo vemos en la hermosa ciudad de Mián. Pero para Pérez-Reverte no importa qué está escrito: lo que cuenta es la planificación y el gesto de escribir en público. Pensar, como sugiere el autor, que detrás de cualquier graffiti de Milán hay un estudio detallado sobre la elección de los tiempos para evitar ser pillado en el acto, aporta una perspectiva nueva y fascinante. Para Arturo Pérez-Reverte un grafiti, sólo por ser una obra planificada y realizada en una situación de riesgo, debería de valer más que una obra de arte de las que se venden por doscientos mil euros. Una afirmación que define bien a la novela y a su escritor.

For a Culture Without Frontiers

de Lorenzo Gianni, Alessandro Melgrati, Francesco Savanco, Leone Trascinelli,

UN NOMBRE SOBRE EL MURO

L’INCONTRO con la Spagna

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For a Culture Without Frontiers

L’INCONTRO con l’Olanda

Bookcity milano is een jaarlijkse vier daagse bijeenkomst van schrijvers en taalkundige. Deze drie daagse bijeenkomst vond dit jaar plaats van 13 november tot 16 november in Milaan, op verschillende locaties in Milaan, zoals bijvoorbeeld de Institut Francais Milan waar de voorstelling van het boek van Edouard Louis, Case Eddy Bellegueule. Het idee achter Bookcity is om mensen samen te brengen met een passie voor taal en literatuur, om samen tijdens deze dagen hun passie voor taal te kunnen delen met elkaar, maar ook met hun favoriete auteurs en taalkundige. Voor mensen met een passie voor taal, boek city is een echte verijking van hun kennis omdat de grootste schrijvers van Italië, en omstreken hier aanwezig zijn om hun kennis te delen. Natuurlijk was dit niet het eenigste bedoeling, men kon er ook naar toe gaan als nieuweling in de sectie literatuur en taal. In deze omstandigheden was Bookcity een leerrijke ervaring voor jong en oud, en ook om meer

te weten te komen over de leterkunde, zelfs al waren sommige van deze lezingen over nog al heel zware onderwerpen zoals de filosophie van het lezen, en hoe het on brein stimuleert en verbetered. En voor wie niet geintereseert was in de filosophie van het lezen, waren er natuurlijk ook altijd nog lezingen over hoe wij onze taal gebruiken, en hoe dit verandert is door de jaren heen, dit onderwerp was anderzijds een heel simple onderwerp sinse de problemen voorgesteld in deze lezing waren heel simple en alledaagse problemen waar de alledaagse mensen mee geconfronteerd werden. Ten laaste, voor de mensen die helemaal niet geintereseerd in ons taalgebruik, waren er natuurlijk ook nog lezingen over boeken, zo was er bijvoorbeeld een lezing over het boek van Edouard Louis, ‘Case Eddy Bellueule’, dat meer gericht was naar mensen die meer te weten willen komen over dit boek en het onstaan van dit boek, en de best wel jonge schrijver,

Edouard Louis. Voor de kinderen, was er zelfs nog een speciale activiteit dat werd georganizeerd in samenwerking met Bookcity, ‘Giornale Dei Ragazzi’. Dit was een samenwerking tussen verschillende scholen en Bookcity zelf om kinderen een idee tegeven hoe het er aan toegaat op een redactie. De kinderen die dus aan deze activiteit mee deden, waren de opdracht gegeven om rond te gaan in Milan en verschillende lezingen bij te wonen, en hierna dus een kort artikel over te schrijven, deze artikels werden hierna dus ook op de facebook pagina van ‘Giornale Dei Ragazzi’

geplaatst.

Un giorno nella vita di un giovane giornalista a #BCM14 van Cédric Willekens

EEN OOG OPENER VOOR

DE WERELD VAN LITERATUUR

EN TAAL: BOOKCITY14

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LA CINA SONO IO, SIAMO NOI.

IL POPOLO, NON LO STATO. Incontro con le scrittrici Xiaolu Guo e Annarita Briganti

L’INCONTRO con la Cina

For a Culture Without Frontiers

《最蔚蓝的海》—— 旅英女作家郭小橹

余忠思 40 岁的华人女作家兼电影导演郭小橹的打扮很东方女性式:素颜, 黑长直发, 白裙, 黑丝袜与黑皮鞋。今日,十一月十六 (13:00),我们很荣幸地邀请了这位聪 慧的女士参加“Bookcity”的活动。就在 La Società di Incoraggiamento Arti e Mestieri, Santa Marta 街, 18 号,郭小橹,在意大利女记者 Annarita Briganti 的帮 助下,完成了她完美的演讲。 相信大家多多少少都知道关于郭小橹的一些事。如果你一点儿都不了解她的话,我下面来跟你简单地介绍一下。郭小橹出生于中国浙江省温岭市石塘(1973)。 2000 年获得北京电影学院理

论研究室电影美学硕士学位。如今,她兼具小说家,评 论家,编剧,导演数种身份。2006 年,她因她的第一部长片 《How is your fish today?》 而夺得鹿特丹影展亚洲影评人奖。而 2009 年,她因《中国姑娘》获得瑞士 电影节的最高荣誉最佳影片金豹奖。今天,郭小橹跟我们介绍了她的新书《最蔚蓝的 天》。 郭小橹在文学节上的发言非常踊跃,她的观点鲜明而独特——譬如当其他作家 在争论中国,印度或欧美将统治未来世界时,她认为大自然才是未来的统治者。她也 非常痛惜很多的国家大力发展经济的同时严重地在破坏环境。她的发言给印度和欧美 的观众留下了深刻的印象。同时,郭小橹是个不怕困难的人。她从小就被寄养在海边 的村庄里。远离父母的她从未感受到家的温暖。这也使她变得更坚强,更独立。如果 说作家创造的人物身上往往都有自己的影子,那么读郭小橹的小说,这种感觉就更加 明显:一个雄心勃勃想要从农村到大城市当编剧的女性,一个东方女孩在西方陌生语 言文化中的探索。。。 Federica Yu 与其他的华人作者相比,郭小橹更加聪明,更加勤奋,更加会把握机会。“我 是从

乡村来的人。因为当你表达与说话的权利是通过漫长的奋斗而得来时,是你受过 很多绝望和压抑的感觉而争取来的时,你会特别地珍惜这种说话权(机会)。“ “在一个没有自由的共产党社会中成长会使你变成怒气冲冲的老鼠。”这句话 在郭小橹的演讲中有提到。她也跟我们讲述了她爸爸的亲生经历。她的爸爸曾经是一 位非同寻常,拥有着丰富想象力的画家。但大约在 30 年前,郭小橹的爸爸因画了一 幅不应该画的图而被共产党逼得进了监狱。一关就是 15 年。 虽然郭小橹当时还是一 个小姑娘,但她已有了自己的想法。她讨厌中国政府的严格决定与做法。那个时候, 连谈恋爱也不是自由的。这些,她在《最蔚蓝的海》里都有表明。 “在此,我还要感谢我的文学老师,Italo Calvino,如果不是他,我就不会拥有 今天的成就。”——郭小橹。她非常感激那些曾经帮助过她,以及默默支持她的人°

di Federica Yu

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For a Culture Without Frontiers

de Federica Monaco, Martina Pezzotta, Chiara Sironi, Mario Trotter

L’INCONTRO con la Spagna

EL SECRETO:

¿UN QUÍMICO O UN

COCINERO?

El sábado 15 de noviembre a las dos y media de la tarde, en la sala de cine ubicada en via San Barnaba 48, asistimos al evento "Los secretos de la pastelería". Esta presentación se basa en la química de la preparación de la repostería. Los protagonistas eran Dario Bressanini, investigador universitario y experto en nutrición, y Gianluca Fusto, cocinero de gran experiencia, que hicieron una estupenda introducción a este “dulce” mundo. Como se explicó en la presentación, Bressanini decidió empezar su carrera profesional con la pastelería porque era la especialidad que más le interesaba. Su libro, Scienza della pasticceria. Basi e ricette, comienza con lo básico y consta de cinco capítulos. El primero está dedicado a los azúcares, que son la parte más importante de la pastelería, el segundo a los huevos, el tercero está dedicado a la química de proteínas, el cuarto a la harina y finalmente el capítulo cinco habla del aire. Cada uno de ellos está lleno

de conceptos científicos y todas las recetas ilustran la ciencia que hay detrás de la pastelería. Dario explicó que "los dulces crecen más en las montañas porque la presión atmosférica es más baja", de hecho, en la ciudad los dulces crecen menos. Uno de los máximos exponentes de la cocina química y molecular es el cocinero Ferrán Adrià que ha hecho de la química y física un verdadero arte culinario. Sus platos son tan espectaculares y misteriosos que parecen pociones mágicas. De hecho, para la preparación y la presentación de sus alimentos hace uso del nitrógeno líquido, es capaz de freír en el azúcar y utilizar el vacío para la preparación de mousse y merengues. Una de las mayores satisfacciones de Bressanini, según nos contó, fueron los merengues que creó utilizando sus conocimientos químicos inspirándose en el cocinero español. De todas maneras, la tarta que más le gusta es la de su abuela hecha con los albaricoques.

El cocinero nos reveló al final de la presentación que los hornos domésticos no son como los que se utilizan en una cocina de alto nivel, porque cuando en el horno de casa se elige la temperatura, en realidad ésta no se mantiene constante, mientras que en los de alto nivel la temperatura no varía, haciendo que las tartas no se quemen. El ambiente que vivimos durante este evento fue muy familiar, Bressanini es un buen orador capaz de interesar a la audiencia. Aunque a veces los temas eran un poco difíciles, Bressanini ha encontrado una manera de explicarlos fácilmente. Gracias a esta presentación nos enteramos de que la cocina molecular es un conjunto de nuevas técnicas y recetas. Las nuevas técnicas de la cocina provienen del mundo de la ciencia, incluso de ámbitos alejados de la alimentación.

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サブリーナ・サラ女史の名前は、まだそれほど知られてはいない。だが、彼女がBook Cityで語った漫画の歴史についてのスピ―チは一聴に値した。 ある金曜日の午後、Zara図書館で私は、女

史が漫画の教室を開催していたところに出くわした。

小さい頃から漫画やアニメが大好きだったサラ女史は、鉛筆を握れるようになってすぐ、漫画を書きだしたという。なぜなら大好きな登場人物のキャラクターやその物語の結末を変えたかったから。

現在、彼女はプロの漫画家としてロマンチックな少女物語からスポーツ物語まで様々なジャンルの作品を執筆している。35才にして活発でおもしろく、話すのがとても速い女性である。

彼女の授業はとても有名なアニメ・『レディー・オスカル』(ベルサイユのばら)のテーマソングから始まった。

イントロダクションは、パワーポイントで日本の有名なマンガ(アニメ)の画像を紹介した後、勘違いされやすい漫画アニメ用語の簡単な説明で閉められた。それは、「Mangaというのはイタリア語でfumetto(まんが)という意味で、イタリア語で『fumetto manga』というのは『まんが マンガ』という

意味になって、奇妙な表現である」というものだった。 そして、まず、日本マンガの巨匠である2人、手塚治虫と永井豪について紹介した。

次に、例えば、ダンテやコッローディなどの有名なイタリア語作家の文学が漫画に着想を与え、彼らの作品の漫画版が創作されたこと、さらにその後、『モンテ・クリスト

伯』や『クオレ』『シャーロックホームズ』『レ・ミゼラブル』等の素晴らしい漫画作品が描かれ、漫画とヨーロッパ文学の関係は、「マンガによって名作を描くこと」で続けられていることなどを語った。

その後、サブリーナ・サラ女史は古典的な漫画から離れたアニメ、特に西洋の読者に愛された女の子ヒロインのキャラクター像を生んだ少女漫画について説明を始めた。『キャンディ♥キャンディ』を例に挙げ、少女漫画のヒロイン像の定義・イメージの基礎を築いたと説明した。しかし、その対極のような女性の独立、冒険心のシンボルとして、同じ少女漫画で描かれた『レディー・オスカル』(ベルサイユのばら)のヒロイン像も例として明示した。

最後に、サラ女史は、最近の漫画アニメ作品について語った。最近の漫画の新考案や新しい作品では、世界で有名ないくつかの物語作品を思い出させるものが多いことであり、その例として、漫画『ワン ピース』

は、ジュール・ヴェルヌやエミリオ・サルガーリの書いた物語を彷彿とさせ、そしてアニメ『名探偵コナン』は、有名な作家「コナン・ドイル」の作品からの着想であり、主人公の若い探偵の名前は、文字通りこの作家の名前から付けられたことなどをあげた。 原文;フィリッポ・デル・ボー、 ニコロ・バルロチャー、 マテオ・ギリンゲッリ

For a Culture Without Frontiers

L’INCONTRO con il Giappone

翻訳(tradutttore): 村上 槇 (Shin Murakami)

サブリーナ・サラ女史が語る漫画とアニメの歴史と欧米の影響

La storia e l’influenza occidentale sulle anime manga

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UN

a ISABELLA DI NOLFO, per aver ideato, realizzato e coordinato il progetto Il Giornale dei ragazzi di Bookcity

alle professoresse LAURA BARTOLINI, FRANCESCA BETTONI,

ELENA BORGARELLI, MIMMA CONGEDO, CRISTINA

MAZZINI e CRISTINA TRAVERSO per averci accompagnato con l’impegno di sempre

al preside MARIO MAESTRI e al resto del corpo docenti del Liceo

Classico Casiraghi, al preside TERRY HAYWOOD ed al resto del corpo docenti dell’International School of Milan per averci

sostenuto durante questa esperienza

alle nostre FAMIGLIE per il loro costante supporto

a LORENZA DELUCCHI e FRANCESCO MAGNANI per averci svelato i segreti del mestiere

a tutti gli SCRITTORI e ai PROTAGONISTI di questo evento che si

sono resi disponibili a rispondere alle nostre domande

…e a tutti voi che avete dedicato

il vostro tempo alla lettura

del nostro Giornale

UN GRAZIE SPECIALE…

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