Date post: | 17-Feb-2019 |
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SEZIONE 1
IL LESSICO
Il linguaggio scientifico La scienza si esprime … come? In formule: E=Mc2 F=ma V= S/T E=1/2mv2 L=fs y= ax+b y=ax2+bx+c x1,2= -b ± sqrt( b2-4ac)/2a A= b*h Gli scienziati nell’immaginario sono spesso raffigurati davanti a una lavagna di formule.
Eppure la scienza si può esprimere anche in parole. Molte parole (termini specifici) della scienza impariamo a conoscerle dalle elementari con la matematica, la geometria e le scienze naturali: punto, retta, angolo, circonferenza, equinozio, cellula, pianeta, orbita… Sono tutti termini scientifici. Funzionano un po’ come una scatola di montaggio: ogni termine è un pezzo che può essere associato per definire altri termini o costruire il discorso in senso scientifico. Es: La retta è un insieme infinito di punti Ogni pianeta descrive una sua orbita
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Le parole della scienza molte volte sono parole composte. Es: Atomo, che deriva da due parole greche: a=non temno=taglio, divido: dunque atomo significa che non si può dividere (o così almeno la pensavano gli antichi e molti scienziati prima delle recenti scoperte). Le parole della scienza a volte sono composte con dei prefissi che indicano: quantità: poli (polinomio, polisaccaride) mono (monomio, monosaccaride) relazioni di uguaglianza o diversità: (omo, iso, etero, auto, equi, sin…) relazioni di opposizione: (anti…) Spesso per distinguere le scienze si usano delle parole composte con il suffisso-logia (studio di) come nel caso di molte specializzazioni della medicina, ma anche di altri campi. Le parole della scienza, come in tutti i campi che usano un linguaggio preciso, possono risultare con la pratica abbastanza semplici da comprendere; è più difficile imparare ad impiegarle attivamente quando si parla e si scrive perché spesso si preferisce ricorrere al linguaggio comune, più immediato e a portata di mano. Però le parole della scienza sono necessarie e servono ad economizzare tempo e spazio. Prendiamo ad esempio il teorema di Pitagora:
La somma dei quadrati costruiti sui lati minori di un triangolo rettangolo è equivalente al quadrato costruito sull’ipotenusa.
Immaginiamo di doverlo esporre a una persona che non conosce il significato dei termini precisi, scientifici, contenuti al suo interno. Andiamo per gradi cominciando dai cateti: La somma dei quadrati costruiti sui lati minori di un triangolo rettangolo è equivalente al quadrato costruito sull’ipotenusa. Adesso cerchiamo di rendere più accessibile il significato di ipotenusa: La somma dei quadrati costruiti sui lati minori di un triangolo rettangolo è equivalente al quadrato costruito sul lato maggiore. Ma il nostro ascoltatore non sa che cosa è un quadrato
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Allora: La somma delle figure di quattro lati uguali costruite sui lati minori di un triangolo rettangolo è equivalente al quadrato costruito sul lato maggiore. A questo punto chiede che cos’è un triangolo rettangolo Allora: La somma delle figure di quattro lati uguali costruite sui lati minori di un triangolo con un angolo di 90 gradi è equivalente al quadrato costruito sul lato maggiore. Ma il concetto di equivalenza non lo conosce Allora: La somma delle figure di quattro lati uguali costruite sui lati minori di un triangolo con un angolo di 90 gradi ha la stessa area del quadrato costruito sul lato maggiore. Potremmo continuare ancora a lungo, espandendo il teorema, perdendo cioè tempo e impiegando sempre più spazio. Perciò è indispensabile nel linguaggio scientifico (e non solo) sapere utilizzare con esattezza i termini essenziali. Tentiamo un’applicazione con un testo più vicino agli allievi del triennio seguendo le indicazioni del docente di materia. Definizione di protocollo in sistemi e reti: “Insieme di regole che permettono di governare lo scambio virtuale di informazioni tra livelli paritari”.
Incominciamo con “paritari” “Insieme di regole che permettono di governare lo scambio virtuale di informazioni tra livelli che svolgono le stesse funzioni in una rete”. E “livelli”? “Insieme di regole che permettono di governare lo scambio virtuale di informazioni tra partizioni di rete che svolgono le stesse funzioni in una rete”. E “rete”? “Insieme di regole che permettono di governare lo scambio virtuale di informazioni tra partizioni di rete che svolgono le stesse funzioni in un insieme di dispositivi che comunicano tra loro”. E “scambio virtuale”: “Insieme di regole che permettono di governare la comunicazione ideale di informazioni tra partizioni di rete che svolgono le stesse funzioni in un insieme di dispositivi che comunicano tra loro”. E “governare”? Governare: “Insieme di regole che permettono di gestire la comunicazione ideale di informazioni tra partizioni di rete che svolgono le stesse funzioni in un insieme di dispositivi che comunicano tra loro”.
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Stiamo cominciando a notare che la sostituzione di un termine tecnico con termini più semplici provoca l’aumento del numero di parole impiegate, i termini vengono rimpiazzati con sinonimi più o meno specifici (a volte di uso più ampio, altre volte più ristretto). Quest’operazione assume un carattere ricorsivo nel senso che la spiegazione di un termine richiede un processo ciclico dando luogo ad altri termini da chiarire a loro volta, come un serpente che si morde la coda.
Quindi la formulazione in termini scientifici è motivata: 1) da motivi di economia del linguaggio; 2) dalla precisione dei termini che devono contenere significati non ambigui ma univoci. (Esercitazione svolta in classe IV IB, con l’aiuto della LIM e scritta insieme agli allievi discutendo la scelta dei termini da impiegare nell’esposizione, ha occupato due ore di lezione in giorni distinti). Ci si può domandare se si può sempre parlare di argomenti nuovi in termini accessibili a tutti e che derivano dall’esperienza e dall’uso di tutti i giorni. Ecco come se la cavò il capo delle isole Samoa che, dopo un viaggio compiuto in Europa negli anni Venti del secolo scorso, raccontò agli altri indigeni ciò che aveva visto e conosciuto impiegando appunto i termini della loro vita quotidiana.
� Il capo parla dell’uomo europeo e delle sue abitudini definendolo nella sua lingua “papalagi”
… il corpo del Papalagi è ricoperto dalla testa ai piedi di panni, stuoie e pelli, in maniera così fitta e spessa che non un occhio umano vi può giungere, non un raggio di sole, così che il suo corpo diventa smorto, bianco e appassito come i fiori che crescono nel profondo della foresta vergine. Lasciate che vi descriva, più ragionevoli fratelli delle molte isole, quale peso un solo Papalagi porta sul suo corpo. Prima di tutto, sotto ogni altra cosa, egli avvolge il suo corpo nudo in una pelle bianca, ottenuta con le fibre di una pianta, chiamata pelle di sopra. La si solleva e la si lascia ricadere dall'alto verso il basso, da sopra la testa, sul petto e sulle braccia, fino all'altezza dei fianchi. Sopra le gambe e le cosce e fino all'ombelico, tirata dal basso verso l'alto, viene la
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cosiddetta pelle di sotto. Entrambe sono poi ricoperte da una terza pelle, più spessa, intessuta con i peli di un animale, un quadrupede lanoso, che viene allevato appositamente a questo scopo. Questi sono i veri e propri panni e consistono per lo più di tre parti, una che copre il busto, l'altra l'addome e la terza le cosce e le gambe. Le tre parti sono tenute insieme da conchiglie e funi fabbricate con i succhi disseccati dell'albero della gomma, così che da ultimo sembrano fatte di un pezzo solo. Questi panni sono nella maggior parte dei casi di un colore grigio come la laguna nella stagione delle piogge. Non devono mai essere colorati. Tutt'al più quello di mezzo, e anche qui soltanto per gli uomini che amano far parlare di se e corrono molto dietro alle donne. l piedi infine vengono avvolti in una pelle morbida e in una molto rigida. Quella morbida è per lo più elastica e si adatta facilmente al piede, al contrario di quella rigida. Anche questa è fatta con la pelle di un robustissimo animale, la quale viene lasciata a bagno nell'acqua, poi raschiata con un coltello, battuta e stesa al suolo fino a che si è completamente indurita. Con questa il Papalagi si costruisce poi una sorta di canoa dal bordo molto alto, grande giusto quanto basta per farvi entrare il piede. Queste barche da piedi vengono poi legate e allacciate con cordoni e ganci intorno alla caviglia, così che il piede resta chiuso in un rigido guscio, come il corpo di una lumaca di mare. Queste pelli da piedi il Papalagi se le porta addosso dal levar del sole fino al tramonto, con esse fa i suoi viaggi, danza e le porta anche quando fa caldo come dopo la pioggia tropicale. Poiché tutto ciò è assai innaturale, come il bianco del resto ben comprende, e rende i piedi come morti, tanto che cominciano a puzzare, e poiché in effetti la maggiore parte dei piedi europei non sanno più afferrare una cosa o arrampicarsi su una palma, per tali ragioni il Papalagi cerca di nascondere la sua follia ricoprendo la pelle di questo animale, che al naturale sarebbe rossastra, con molto sudiciume, che poi rende lucido a furia di strofinare, così che gli occhi non possono sopportarne il luccichio e si volgono altrove. Una volta, in Europa viveva un Papalagi che divenne famoso e dal quale andava molta gente, perché diceva loro: «Non è bene che portiate ai piedi pelli così strette e pesanti, andate a piedi nudi sotto il cielo, fintanto che la rugiada della notte copre i prati, e tutte le malattie si allontaneranno da voi». Quest'uomo era molto sano e saggio; ma tutti hanno sorriso di lui e lo hanno presto dimenticato. Anche la donna porta come l'uomo molte stuoie e panni intorno al corpo e intorno alle gambe. La sua pelle è perciò tutta segnata da cicatrici e ferite a causa dei lacci. I seni sono vizzi e spenti e non danno più latte, per l'oppressione di una stuoia che lei si lega intorno al petto, dal collo fino al basso ventre, e anche sulla schiena, una stuoia indurita e irrigidita con ossa di pesce, filo di ferro e vari legacci. Perciò la maggior parte delle madri non possono più allattare i propri figli e devono dare loro il latte in un rotolo di vetro, chiuso sotto e munito al di sopra di un capezzolo finto. E non e neppure il proprio latte, quello che danno loro, ma il latte di brutti animali rossastri e cornuti ai quali viene tolto con la forza, premendolo fuori da quattro tappi che hanno sotto la pancia. Per il resto i panni delle donne e delle fanciulle sono molto più sottili e leggeri di quelli degli uomini, e possono anche essere variopinti e luccicare tanto da essere visti da lontano. Inoltre lasciano anche spesso intravedere collo e braccia e più carne di quelli degli uomini..
(Come si è potuto capire il capo Samoa sta facendo riferimento al modo di vestire degli europei, mentre i samoani erano stati così ritratti da Paul Gauguin (1848-1903) pochi decenni prima)
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Il Papalagi vive in un guscio solido come una conchiglia marina. Vive fra le pietre come la scolopendra fra le fessure della lava. Le pietre sono tutt'intorno a lui, accanto e sopra di lui. La sua capanna somiglia a un cassone di pietra messo in piedi. Una cassa che ha molti scomparti ed è tutta bucata. C'è un solo punto in cui si può entrare e uscire da questa cassa di pietra. Questa apertura il Papalagi la chiama ingresso quando entra nella capanna, uscita quando ne esce fuori, sebbene entrambe siano una sola e unica cosa. In questa apertura c'è una grande ala di legno che bisogna spingere con forza per poter entrare nella capanna. Ma anche così si è soltanto al principio e bisogna spingere ancora parecchie ali prima di essere veramente nella capanna. La maggior parte delle capanne sono abitate da più persone di quante ne vivano in un solo villaggio delle Samoa, perciò è necessario sapere con esattezza il nome della famiglia che si vuole andare a trovare. Poiché ogni famiglia ha per sé una parte speciale della cassa di pietra o cassone, secondo l'ora e il momento. I suoi figli crescono qui, alti sopra la terra, spesso più alti di una palma adulta, in mezzo alle pietre. Di tanto in tanto il Papalagi lascia i suoi cassoni privati come lui li chiama, per trasferirsi in un altro cassone, riservato ai suoi affari, per i quali non vuole essere disturbato e non vuole avere intorno donne e bambini. In queste ore le donne e le fanciulle stanno nella cucina e cuociono il cibo, o tirano a lucido le pelli da piedi, o lavano panni. Quando sono ricche e possono tenere dei servi, sono questi che fanno il lavoro, mentre loro vanno a fare visite o a prendere nuove provviste. In questa maniera vivono in Europa tante creature quante sono le palme che crescono a Samoa, anzi, molte di più. Alcune hanno il desiderio di boschi e di sole e di molta luce, ma questa in generale e considerata una malattia che bisogna combattere dentro di sé. Quando qualcuno non è soddisfatto di questa vita di pietra, si usa dire che non è normale. Questi cassoni di pietra si trovano spesso molto numerosi l'uno accanto all'altro, come uomini spalla a spalla, e in ciascuno vivono tanti Papalagi quanti ce ne sono in un villaggio delle Samoa. A un tiro di pietra, dalla parte opposta, si leva un'altra fila di uguali cassoni, anch'essi spalla a spalla, e anche in questi abitano tante persone. Così fra le due file c'è soltanto una sottile fessura, che il Papalagi chiama strada. Questa fessura spesso e larga quanto un fiume e coperta di dure pietre. Bisogna camminare a lungo per trovare un tratto libero; ma qui sfociano altre fessure frammezzo ad altre case. Anche queste sono lunghe come ampi corsi d'acqua dolce e le loro aperture laterali sono anch'esse fessure di pietra del la stessa lunghezza. Così si può camminare per giorni interi in queste fessure fino a perdersi, prima di arrivare a vedere un bosco o un pezzo di cielo azzurro. Fra le fessure solo di rado si vede il vero colore del cielo poiché, dal momento che in ogni capanna si trova un fuoco e spesso anche molti fuochi, l'aria e sempre piena di fumo e di cenere come per l'eruzione di un grande cratere. Quest'aria piove giù nelle fessure, così che gli alti cassoni di pietra sembrano melma delle paludi e gli uomini hanno terra nera negli occhi e nei capelli e sabbia fra i denti.
(In questo passo sta raccontando come e dove vive il “papalagi”, mentre Gauguin aveva così rappresentato le loro case)
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Il Papalagi ama il metallo rotondo e la carta pesante, ama mettersi nella pancia molto liquido tratto da frutti uccisi e molta carne di maiale e bue e di altri terribili animali, ma sopra ogni cosa ama ciò che non si può afferrare e che pure è sempre presente: il tempo. E di questo fa grande scalpore e sciocche chiacchiere. Sebbene non ce ne sia mai più di quanto ne può stare fra il levarsi e il cadere del sole, lui non ne ha mai abbastanza. Il Papalagi è sempre scontento del suo tempo e si lamenta con il Grande Spirito perché non gliene ha dato abbastanza. Sì, arriva a bestemmiare Dio e la sua grande saggezza, dal momento che taglia e ritaglia e divide e suddivide ogni nuovo giorno secondo un preciso sistema. Lo taglia proprio come si squarcia con il coltello una molle noce di cocco. E tutte le parti che taglia hanno un nome: secondi, minuti, ore. Il secondo è più piccolo del minuto, questo è più piccolo dell'ora; tutti insieme fanno le ore e bisogna avere sessanta minuti e molti più secondi prima di avere un'ora. Questa è una faccenda molto complicata, che non sono mai riuscito a comprendere bene, perché mi fa star male rimanere più a lungo del necessario a riflettere su cose così infantili. Ma il Papalagi fa di questo un grande sapere. Gli uomini, le donne e persino i bambini piccoli, che appena si reggono sulle gambe, portano nei loro panni una piccola macchina rotonda appesa a una grossa catena che pende dal collo o è legata a un polso con una striscia di pelle, e in essa sanno leggere il tempo. Questa lettura non è affatto facile. La si insegna ai bambini, tenendo loro la macchina vicino all'orecchio perché si divertano. Questa macchina, che si può facilmente portare su due dita tese, ha all'interno l'aspetto di una di quelle macchine che stanno nella pancia delle grandi navi, che voi tutti conoscete. Ci sono però anche macchine del tempo grandi e pesanti, che stanno ritte in piedi all'interno di una capanna o sono appese sulla punta più alta della casa e si possono vedere da lontano. Quando è trascorsa una parte del tempo, piccole dita poste sulla parte esterna della macchina lo mostrano, e nello stesso momento la macchina si mette a gridare, come se uno spirito battesse con forza contro il ferro del suo cuore. Sicuro, in una città europea c'è sempre un gran fragore quando è passata una certa parte del tempo. Quando risuona questo baccano, il Papalagi si lamenta: «È un gran guaio che sia già passata un'ora»
(Qui infine si parla di orologi e di concezione del tempo, che per i samoani non doveva ricoprire una dimensione così importante…)
Simpatico, pieno di riflessioni anche acute, ma comodo? comprensibile? Discussione in classe sul testo: Quali sono gli aspetti positivi della ‘semplificazione’ del capo Samoa? “È comprensibile, i suoi sudditi lo ascoltano incantati.”
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Quali sono gli aspetti negativi che al giorno d’oggi potrebbero essere molto importanti sul piano della comunicazione? Niccolò B: “Ci sono molte ripetizioni” Nicola R.: “Il discorso risulta molto più lungo rispetto ai contenuti che deve esporre” Mattia B. “Non siamo sicuri che gli ascoltatori abbiano un’idea rispondente alla realtà di ciò che il capo vuole esprimere perché usa perifrasi, non possedendo termini specifici una perifrasi ne implica poi un’altra”. Esempi di perifrasi tratti dal testo. - egli avvolge il suo corpo nudo in una pelle bianca, ottenuta con le fibre di una pianta, chiamata pelle di sopra -sopra le gambe e le cosce e fino all'ombelico, tirata dal basso verso l'alto, viene la cosiddetta pelle di sotto. -entrambe sono poi ricoperte da una terza pelle, più spessa, intessuta -con i peli di un animale, un quadrupede lanoso, che viene allevato appositamente a questo scopo. (L’esercitazione è proseguita individuando altre perifrasi o ripetizioni negli altri passi citati: a proposito, dal libro “Il papalagi” disponibile in ‘.pdf’ nel sito www.gianfrancobertagni.it/materiali ) Esercizio 1.1 Nel testo che riguarda il modo di vestire individuare - il numero di ripetizioni a cui ricorre il capo Samoa - le perifrasi utilizzate Esercizio 1.2 Nel testo relativo alle abitazioni del “papalagi” individuare -le espressioni sostitutive (fessura, ala di legno…) e i termini corrispondenti (strada, porta…) -le frasi che sono state formate combinando queste espressioni sostitutive Esercizio 1.3 Nel testo riguardante l’orologio e la sostituzione dl tempo individuare - la definizione dell’orologio - le manifestazioni del trascorrere del tempo Esercizio 1.4 Al termine delle esercitazioni produrre un breve testo espositivo nel quale si “guida” il lettore alla comprensione del linguaggio del capo Samoa con esempi e citazioni cercando di dare un nome alle “tecniche” (ripetizione…) usate da questo originale personaggio aiutandosi con le parole usate nella formulazione degli esercizi 1, 2 e 3. A volte non siamo costretti anche noi a lunghi giri di parole per indicare un concetto di cui non conosciamo il termine preciso? Esempi dall’esperienza degli allievi Oppure ci troviamo nella difficoltà ben più grave di non sapere cominciare e organizzare il nostro discorso perché non possediamo le parole specifiche e quindi non sappiamo come partire, e/o come proseguire. Esempi dall’esperienza degli allievi. E nelle scienze moderne come funziona l’aspetto del linguaggio? Nelle discipline tecnico-scientifiche studiate a scuola è necessario l’uso di termini precisi o basta averli compresi? Esercizi sul lessico scientifico
1. Con l’aiuto del dizionario elettronico effettuare uno spoglio dei termini che iniziano con prefissi produttivi (poli, mono, iso, sin, omo, etero ecc…)
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2. Distinguere i termini scientifici da quelli di uso comune o impiegati in altri settori della lingua. (ex: polinomio ma non poliambulatorio).
3. Formare dei gruppi e costruire tabelle secondo indicando il prefisso e il campo scientifico cui appartengono i termini.
4. Analizzare l’origine dei termini con l’aiuto del vocabolario e del web (per quasi tutti greca)
Al termine di questa esercitazione il docente illustra sinteticamente i motivi dell’influenza del greco antico nella lingua scientifica illustrando i seguenti punti:
- sviluppo delle scienze nel mondo greco - passaggio della cultura greca al mondo romano - prevalenza del latino nella cultura per tutto il medioevo fino a Galilei e oltre (max 20’)
5. Gli allievi dopo l’esposizione orale compongono un testo espositivo scritto che riporta il lavoro svolto sul lessico e sintetizza l’esposizione del docente aggiungendola al testo prodotto con opportune espressioni di collegamento o di inserzione. Ad es: dopo quanto è stato osservato, in base al materiale raccolto, i dati da noi così catalogati… La relazione risultata più chiara e completa verrà allegata al presente scritto.
2. Esercizi di composizione lessicale Dati una serie di prefissi e una serie di termini collegare correttamente gli elementi dei due insiemi in modo da formare parole di senso compiuto. Nelle due colonne più a destra segnare il significato e la disciplina scientifica in cui si applica la parola ottenuta
prefisso termine significato campo, materia, disciplina Mono- Zigote Poli- Cellulare A-An Saccaride Fono Tonico Trofo Ovulare Omo Cromo Morfo Allergico Alcolico sin Crono iso Crono Morfo
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1. Dati una serie di termini per la maggior parte di origine greca e il suffisso-logia (scienza di, studio di), costruire le parole realmente esistenti rintracciandone il campo di appartenenza
parola greca suffisso termine preciso campo d’applicazione Cardio Mio Termo Elettro Minerale Podo (piede) Stoma (bocca) Alcool Astro Ittio (pesce) 3.. Esercizi… (ri)creativi - Esempi di teoremi da ‘espandere’ come Pitagora o il protocollo delle reti - Esempi di ‘espansioni’ alla maniera del capo Samoa. - Indovinare a quale teorema o a quale teoria si riferisce un’espansione (Attività che possono produrre gli allievi in forma ludica)