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IL LESSICO - itiszuccante.gov.it · Le parole della scienza molte volte sono parole composte. Es:...

Date post: 17-Feb-2019
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5 SEZIONE 1 IL LESSICO Il linguaggio scientifico La scienza si esprime … come? In formule: E=Mc 2 F=ma V= S/T E=1/2mv 2 L=fs y= ax+b y=ax 2 +bx+c x 1,2 = -b ± sqrt( b 2 -4ac)/2a A= b*h Gli scienziati nell’immaginario sono spesso raffigurati davanti a una lavagna di formule. Eppure la scienza si può esprimere anche in parole. Molte parole (termini specifici) della scienza impariamo a conoscerle dalle elementari con la matematica, la geometria e le scienze naturali: punto, retta, angolo, circonferenza, equinozio, cellula, pianeta, orbita… Sono tutti termini scientifici. Funzionano un po’ come una scatola di montaggio: ogni termine è un pezzo che può essere associato per definire altri termini o costruire il discorso in senso scientifico. Es: La retta è un insieme infinito di punti Ogni pianeta descrive una sua orbita
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SEZIONE 1

IL LESSICO

Il linguaggio scientifico La scienza si esprime … come? In formule: E=Mc2 F=ma V= S/T E=1/2mv2 L=fs y= ax+b y=ax2+bx+c x1,2= -b ± sqrt( b2-4ac)/2a A= b*h Gli scienziati nell’immaginario sono spesso raffigurati davanti a una lavagna di formule.

Eppure la scienza si può esprimere anche in parole. Molte parole (termini specifici) della scienza impariamo a conoscerle dalle elementari con la matematica, la geometria e le scienze naturali: punto, retta, angolo, circonferenza, equinozio, cellula, pianeta, orbita… Sono tutti termini scientifici. Funzionano un po’ come una scatola di montaggio: ogni termine è un pezzo che può essere associato per definire altri termini o costruire il discorso in senso scientifico. Es: La retta è un insieme infinito di punti Ogni pianeta descrive una sua orbita

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Le parole della scienza molte volte sono parole composte. Es: Atomo, che deriva da due parole greche: a=non temno=taglio, divido: dunque atomo significa che non si può dividere (o così almeno la pensavano gli antichi e molti scienziati prima delle recenti scoperte). Le parole della scienza a volte sono composte con dei prefissi che indicano: quantità: poli (polinomio, polisaccaride) mono (monomio, monosaccaride) relazioni di uguaglianza o diversità: (omo, iso, etero, auto, equi, sin…) relazioni di opposizione: (anti…) Spesso per distinguere le scienze si usano delle parole composte con il suffisso-logia (studio di) come nel caso di molte specializzazioni della medicina, ma anche di altri campi. Le parole della scienza, come in tutti i campi che usano un linguaggio preciso, possono risultare con la pratica abbastanza semplici da comprendere; è più difficile imparare ad impiegarle attivamente quando si parla e si scrive perché spesso si preferisce ricorrere al linguaggio comune, più immediato e a portata di mano. Però le parole della scienza sono necessarie e servono ad economizzare tempo e spazio. Prendiamo ad esempio il teorema di Pitagora:

 La   somma   dei   quadrati  costruiti  sui  lati  minori  di  un  triangolo  rettangolo  è  equivalente   al   quadrato  costruito  sull’ipotenusa.  

Immaginiamo di doverlo esporre a una persona che non conosce il significato dei termini precisi, scientifici, contenuti al suo interno. Andiamo per gradi cominciando dai cateti: La somma dei quadrati costruiti sui lati minori di un triangolo rettangolo è equivalente al quadrato costruito sull’ipotenusa. Adesso cerchiamo di rendere più accessibile il significato di ipotenusa: La somma dei quadrati costruiti sui lati minori di un triangolo rettangolo è equivalente al quadrato costruito sul lato maggiore. Ma il nostro ascoltatore non sa che cosa è un quadrato

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Allora: La somma delle figure di quattro lati uguali costruite sui lati minori di un triangolo rettangolo è equivalente al quadrato costruito sul lato maggiore. A questo punto chiede che cos’è un triangolo rettangolo Allora: La somma delle figure di quattro lati uguali costruite sui lati minori di un triangolo con un angolo di 90 gradi è equivalente al quadrato costruito sul lato maggiore. Ma il concetto di equivalenza non lo conosce Allora: La somma delle figure di quattro lati uguali costruite sui lati minori di un triangolo con un angolo di 90 gradi ha la stessa area del quadrato costruito sul lato maggiore. Potremmo continuare ancora a lungo, espandendo il teorema, perdendo cioè tempo e impiegando sempre più spazio. Perciò è indispensabile nel linguaggio scientifico (e non solo) sapere utilizzare con esattezza i termini essenziali. Tentiamo un’applicazione con un testo più vicino agli allievi del triennio seguendo le indicazioni del docente di materia. Definizione di protocollo in sistemi e reti: “Insieme di regole che permettono di governare lo scambio virtuale di informazioni tra livelli paritari”.

Incominciamo con “paritari” “Insieme di regole che permettono di governare lo scambio virtuale di informazioni tra livelli che svolgono le stesse funzioni in una rete”. E “livelli”? “Insieme di regole che permettono di governare lo scambio virtuale di informazioni tra partizioni di rete che svolgono le stesse funzioni in una rete”. E “rete”? “Insieme di regole che permettono di governare lo scambio virtuale di informazioni tra partizioni di rete che svolgono le stesse funzioni in un insieme di dispositivi che comunicano tra loro”. E “scambio virtuale”: “Insieme di regole che permettono di governare la comunicazione ideale di informazioni tra partizioni di rete che svolgono le stesse funzioni in un insieme di dispositivi che comunicano tra loro”. E “governare”? Governare: “Insieme di regole che permettono di gestire la comunicazione ideale di informazioni tra partizioni di rete che svolgono le stesse funzioni in un insieme di dispositivi che comunicano tra loro”.

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Stiamo cominciando a notare che la sostituzione di un termine tecnico con termini più semplici provoca l’aumento del numero di parole impiegate, i termini vengono rimpiazzati con sinonimi più o meno specifici (a volte di uso più ampio, altre volte più ristretto). Quest’operazione assume un carattere ricorsivo nel senso che la spiegazione di un termine richiede un processo ciclico dando luogo ad altri termini da chiarire a loro volta, come un serpente che si morde la coda.

Quindi la formulazione in termini scientifici è motivata: 1) da motivi di economia del linguaggio; 2) dalla precisione dei termini che devono contenere significati non ambigui ma univoci. (Esercitazione svolta in classe IV IB, con l’aiuto della LIM e scritta insieme agli allievi discutendo la scelta dei termini da impiegare nell’esposizione, ha occupato due ore di lezione in giorni distinti). Ci si può domandare se si può sempre parlare di argomenti nuovi in termini accessibili a tutti e che derivano dall’esperienza e dall’uso di tutti i giorni. Ecco come se la cavò il capo delle isole Samoa che, dopo un viaggio compiuto in Europa negli anni Venti del secolo scorso, raccontò agli altri indigeni ciò che aveva visto e conosciuto impiegando appunto i termini della loro vita quotidiana.

� Il capo parla dell’uomo europeo e delle sue abitudini definendolo nella sua lingua “papalagi”  

…  il  corpo  del  Papalagi  è  ricoperto  dalla  testa  ai  piedi  di  panni,  stuoie  e  pelli,  in  maniera  così  fitta  e  spessa   che   non   un   occhio   umano   vi   può   giungere,   non   un   raggio   di   sole,   così   che   il   suo   corpo  diventa  smorto,  bianco  e  appassito  come  i  fiori  che  crescono  nel  profondo  della  foresta  vergine.  Lasciate  che  vi  descriva,  più  ragionevoli  fratelli  delle  molte  isole,  quale  peso  un  solo  Papalagi  porta  sul   suo   corpo.   Prima   di   tutto,   sotto   ogni   altra   cosa,   egli   avvolge   il   suo   corpo   nudo   in   una   pelle  bianca,   ottenuta   con   le   fibre   di   una   pianta,   chiamata   pelle   di   sopra.   La   si   solleva   e   la   si   lascia  ricadere   dall'alto   verso   il   basso,   da   sopra   la   testa,   sul   petto   e   sulle   braccia,   fino   all'altezza   dei  fianchi.   Sopra   le   gambe   e   le   cosce   e   fino   all'ombelico,   tirata   dal   basso   verso   l'alto,   viene   la  

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cosiddetta  pelle  di  sotto.  Entrambe  sono  poi  ricoperte  da  una  terza  pelle,  più  spessa,  intessuta  con  i   peli   di   un   animale,   un   quadrupede   lanoso,   che   viene   allevato   appositamente   a   questo   scopo.  Questi  sono  i  veri  e  propri  panni  e  consistono  per  lo  più  di  tre  parti,  una  che  copre  il  busto,  l'altra  l'addome   e   la   terza   le   cosce   e   le   gambe.   Le   tre   parti   sono   tenute   insieme   da   conchiglie   e   funi  fabbricate  con  i  succhi  disseccati  dell'albero  della  gomma,  così  che  da  ultimo  sembrano  fatte  di  un  pezzo  solo.  Questi  panni  sono  nella  maggior  parte  dei  casi  di  un  colore  grigio  come  la  laguna  nella  stagione   delle   piogge.  Non   devono  mai   essere   colorati.   Tutt'al   più   quello   di  mezzo,   e   anche   qui  soltanto  per  gli  uomini  che  amano  far  parlare  di  se  e  corrono  molto  dietro  alle  donne.  l  piedi  infine  vengono  avvolti   in  una  pelle  morbida  e  in  una  molto  rigida.  Quella  morbida  è  per  lo  più  elastica  e  si  adatta  facilmente  al  piede,  al  contrario  di  quella  rigida.  Anche  questa  è  fatta  con  la  pelle  di  un  robustissimo  animale,   la  quale  viene   lasciata  a  bagno  nell'acqua,  poi  raschiata  con  un  coltello,  battuta  e  stesa  al  suolo  fino  a  che  si  è  completamente  indurita.  Con  questa  il  Papalagi  si   costruisce   poi   una   sorta   di   canoa  dal   bordo  molto   alto,   grande  giusto   quanto   basta   per   farvi  entrare  il  piede.  Queste  barche  da  piedi  vengono  poi  legate  e  allacciate  con  cordoni  e  ganci  intorno  alla  caviglia,  così  che  il  piede  resta  chiuso  in  un  rigido  guscio,  come  il  corpo  di  una  lumaca  di  mare.  Queste  pelli  da  piedi  il  Papalagi  se  le  porta  addosso  dal  levar  del  sole  fino  al  tramonto,  con  esse  fa  i  suoi  viaggi,  danza  e  le  porta  anche  quando  fa  caldo  come  dopo  la  pioggia  tropicale.  Poiché  tutto  ciò  è  assai  innaturale,  come  il  bianco  del  resto  ben  comprende,  e  rende  i  piedi  come  morti,  tanto  che  cominciano  a  puzzare,  e  poiché  in  effetti  la  maggiore  parte  dei  piedi  europei  non  sanno   più   afferrare   una   cosa   o   arrampicarsi   su   una   palma,   per   tali   ragioni   il   Papalagi   cerca   di  nascondere  la  sua  follia  ricoprendo  la  pelle  di  questo  animale,  che  al  naturale  sarebbe  rossastra,  con  molto   sudiciume,   che   poi   rende   lucido   a   furia   di   strofinare,   così   che   gli   occhi   non   possono  sopportarne  il  luccichio  e  si  volgono  altrove.  Una   volta,   in   Europa   viveva   un   Papalagi   che   divenne   famoso   e   dal   quale   andava  molta   gente,  perché  diceva   loro:  «Non  è  bene   che  portiate  ai  piedi  pelli   così   strette  e  pesanti,   andate  a  piedi  nudi   sotto   il   cielo,   fintanto   che   la   rugiada   della   notte   copre   i   prati,   e   tutte   le   malattie   si  allontaneranno  da   voi».  Quest'uomo  era  molto   sano  e   saggio;  ma   tutti   hanno   sorriso  di   lui   e   lo  hanno  presto  dimenticato.  Anche  la  donna  porta  come  l'uomo  molte  stuoie  e  panni  intorno  al  corpo  e  intorno  alle  gambe.  La  sua  pelle  è  perciò  tutta  segnata  da  cicatrici  e  ferite  a  causa  dei  lacci.  I  seni  sono  vizzi  e  spenti  e  non  danno  più   latte,   per   l'oppressione  di   una   stuoia   che   lei   si   lega   intorno  al   petto,   dal   collo   fino  al  basso  ventre,  e  anche  sulla  schiena,  una  stuoia  indurita  e  irrigidita  con  ossa  di  pesce,  filo  di  ferro  e  vari   legacci.  Perciò   la  maggior  parte  delle  madri  non  possono  più  allattare   i  propri   figli  e  devono  dare  loro  il  latte  in  un  rotolo  di  vetro,  chiuso  sotto  e  munito  al  di  sopra  di  un  capezzolo  finto.  E  non  e  neppure  il  proprio  latte,  quello  che  danno  loro,  ma  il  latte  di  brutti  animali  rossastri  e  cornuti  ai  quali  viene  tolto  con  la  forza,  premendolo  fuori  da  quattro  tappi  che  hanno  sotto  la  pancia.  Per   il   resto   i   panni   delle   donne   e   delle   fanciulle   sono   molto   più   sottili   e   leggeri   di   quelli   degli  uomini,   e   possono   anche   essere   variopinti   e   luccicare   tanto   da   essere   visti   da   lontano.   Inoltre  lasciano  anche  spesso  intravedere  collo  e  braccia  e  più  carne  di  quelli  degli  uomini..  

(Come si è potuto capire il capo Samoa sta facendo riferimento al modo di vestire degli europei, mentre i samoani erano stati così ritratti da Paul Gauguin (1848-1903) pochi decenni prima)

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 Il   Papalagi   vive   in   un   guscio   solido   come   una   conchiglia   marina.   Vive   fra   le   pietre   come   la  scolopendra  fra  le  fessure  della  lava.  Le  pietre  sono  tutt'intorno  a  lui,  accanto  e  sopra  di  lui.  La  sua  capanna  somiglia  a  un  cassone  di  pietra  messo   in  piedi.  Una  cassa  che  ha  molti   scomparti   ed  è  tutta  bucata.  C'è   un   solo   punto   in   cui   si   può   entrare   e   uscire   da   questa   cassa   di   pietra.   Questa   apertura   il  Papalagi   la   chiama   ingresso   quando   entra   nella   capanna,   uscita   quando  ne   esce   fuori,   sebbene  entrambe  siano  una  sola  e  unica  cosa.  In  questa  apertura  c'è  una  grande  ala  di  legno  che  bisogna  spingere   con   forza   per   poter   entrare   nella   capanna.  Ma   anche   così   si   è   soltanto   al   principio   e  bisogna  spingere  ancora  parecchie  ali  prima  di  essere  veramente  nella  capanna.  La   maggior   parte   delle   capanne   sono   abitate   da   più   persone   di   quante   ne   vivano   in   un   solo  villaggio  delle  Samoa,  perciò  è  necessario  sapere  con  esattezza  il  nome  della  famiglia  che  si  vuole  andare  a  trovare.  Poiché  ogni  famiglia  ha  per  sé  una  parte  speciale  della  cassa  di  pietra  o  cassone,  secondo  l'ora  e  il  momento.  I  suoi  figli  crescono  qui,  alti  sopra  la  terra,  spesso  più  alti  di  una  palma  adulta,   in  mezzo   alle   pietre.  Di   tanto   in   tanto   il   Papalagi   lascia   i   suoi   cassoni   privati   come   lui   li  chiama,   per   trasferirsi   in   un   altro   cassone,   riservato   ai   suoi   affari,   per   i   quali   non   vuole   essere  disturbato  e  non  vuole  avere  intorno  donne  e  bambini.  In  queste  ore  le  donne  e  le  fanciulle  stanno  nella   cucina   e   cuociono   il   cibo,   o   tirano   a   lucido   le   pelli   da   piedi,   o   lavano   panni.  Quando   sono  ricche  e  possono  tenere  dei  servi,  sono  questi  che  fanno  il  lavoro,  mentre  loro  vanno  a  fare  visite  o  a  prendere  nuove  provviste.  In  questa  maniera  vivono  in  Europa  tante  creature  quante  sono  le  palme  che  crescono  a  Samoa,  anzi,   molte   di   più.   Alcune   hanno   il   desiderio   di   boschi   e   di   sole   e   di   molta   luce,   ma   questa   in  generale  e  considerata  una  malattia  che  bisogna  combattere  dentro  di  sé.  Quando  qualcuno  non  è  soddisfatto  di  questa  vita  di  pietra,  si  usa  dire  che  non  è  normale.  Questi   cassoni   di   pietra   si   trovano   spesso  molto   numerosi   l'uno   accanto   all'altro,   come   uomini  spalla  a  spalla,  e  in  ciascuno  vivono  tanti  Papalagi  quanti  ce  ne  sono  in  un  villaggio  delle  Samoa.  A  un  tiro  di  pietra,  dalla  parte  opposta,  si  leva  un'altra  fila  di  uguali  cassoni,  anch'essi  spalla  a  spalla,  e  anche  in  questi  abitano  tante  persone.  Così  fra  le  due  file  c'è  soltanto  una  sottile  fessura,  che  il  Papalagi  chiama  strada.  Questa  fessura  spesso  e  larga  quanto  un  fiume  e  coperta  di  dure  pietre.  Bisogna  camminare  a  lungo  per  trovare  un  tratto  libero;  ma  qui  sfociano  altre  fessure  frammezzo  ad  altre  case.  Anche  queste  sono  lunghe  come  ampi  corsi  d'acqua  dolce  e  le  loro  aperture  laterali  sono  anch'esse  fessure  di  pietra  del  la  stessa  lunghezza.  Così  si  può  camminare  per  giorni  interi  in  queste  fessure  fino  a  perdersi,  prima  di  arrivare  a  vedere  un  bosco  o  un  pezzo  di  cielo  azzurro.  Fra  le  fessure  solo  di  rado  si  vede  il  vero  colore  del  cielo  poiché,  dal  momento  che  in  ogni  capanna  si  trova  un   fuoco  e   spesso  anche  molti   fuochi,   l'aria  e   sempre  piena  di   fumo  e  di   cenere  come  per  l'eruzione  di  un  grande  cratere.  Quest'aria  piove  giù  nelle  fessure,  così  che  gli  alti  cassoni  di  pietra  sembrano  melma  delle  paludi  e  gli  uomini  hanno  terra  nera  negli  occhi  e  nei  capelli  e  sabbia  fra  i  denti.  

(In questo passo sta raccontando come e dove vive il “papalagi”, mentre Gauguin aveva così rappresentato le loro case)

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Il   Papalagi   ama   il  metallo   rotondo   e   la   carta   pesante,   ama  mettersi   nella   pancia  molto   liquido  tratto  da  frutti  uccisi  e  molta  carne  di  maiale  e  bue  e  di  altri  terribili  animali,  ma  sopra  ogni  cosa  ama  ciò  che  non  si  può  afferrare  e  che  pure  è   sempre  presente:   il   tempo.  E  di  questo   fa  grande  scalpore  e  sciocche  chiacchiere.  Sebbene  non  ce  ne  sia  mai  più  di  quanto  ne  può  stare  fra  il  levarsi  e  il  cadere  del  sole,  lui  non  ne  ha  mai  abbastanza.  Il  Papalagi  è  sempre  scontento  del  suo  tempo  e  si  lamenta  con  il  Grande  Spirito  perché  non  gliene  ha   dato   abbastanza.   Sì,   arriva   a   bestemmiare   Dio   e   la   sua   grande   saggezza,   dal  momento   che  taglia   e   ritaglia   e   divide   e   suddivide   ogni   nuovo   giorno   secondo   un   preciso   sistema.   Lo   taglia  proprio  come  si  squarcia  con  il  coltello  una  molle  noce  di  cocco.  E  tutte  le  parti  che  taglia  hanno  un  nome:  secondi,  minuti,  ore.  Il  secondo  è  più  piccolo  del  minuto,  questo  è  più  piccolo  dell'ora;  tutti  insieme  fanno  le  ore  e  bisogna  avere  sessanta  minuti  e  molti  più  secondi  prima  di  avere  un'ora.  Questa  è  una  faccenda  molto  complicata,  che  non  sono  mai  riuscito  a  comprendere  bene,  perché  mi  fa  star  male  rimanere  più  a  lungo  del  necessario  a  riflettere  su  cose  così  infantili.  Ma  il  Papalagi  fa   di   questo   un   grande   sapere.   Gli   uomini,   le   donne   e   persino   i   bambini   piccoli,   che   appena   si  reggono  sulle  gambe,  portano  nei  loro  panni  una  piccola  macchina  rotonda  appesa  a  una  grossa  catena  che  pende  dal  collo  o  è  legata  a  un  polso  con  una  striscia  di  pelle,  e  in  essa  sanno  leggere  il  tempo.   Questa   lettura   non   è   affatto   facile.   La   si   insegna   ai   bambini,   tenendo   loro   la  macchina  vicino  all'orecchio  perché  si  divertano.  Questa  macchina,  che  si  può  facilmente  portare  su  due  dita  tese,  ha  all'interno  l'aspetto  di  una  di  quelle  macchine   che   stanno  nella  pancia  delle  grandi  navi,   che   voi   tutti   conoscete.  Ci   sono  però  anche  macchine  del  tempo  grandi  e  pesanti,  che  stanno  ritte  in  piedi  all'interno  di  una  capanna  o  sono  appese  sulla  punta  più  alta  della  casa  e  si  possono  vedere  da   lontano.  Quando  è   trascorsa  una  parte  del   tempo,   piccole  dita  poste   sulla   parte   esterna  della  macchina   lo  mostrano,   e   nello  stesso  momento   la  macchina  si  mette  a  gridare,  come  se  uno  spirito  battesse  con  forza  contro   il  ferro  del  suo  cuore.  Sicuro,  in  una  città  europea  c'è  sempre  un  gran  fragore  quando  è  passata  una  certa  parte  del  tempo.  Quando   risuona   questo   baccano,   il   Papalagi   si   lamenta:   «È   un   gran   guaio   che   sia   già   passata  un'ora»  

(Qui infine si parla di orologi e di concezione del tempo, che per i samoani non doveva ricoprire una dimensione così importante…)

Simpatico, pieno di riflessioni anche acute, ma comodo? comprensibile? Discussione in classe sul testo: Quali sono gli aspetti positivi della ‘semplificazione’ del capo Samoa? “È comprensibile, i suoi sudditi lo ascoltano incantati.”

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Quali sono gli aspetti negativi che al giorno d’oggi potrebbero essere molto importanti sul piano della comunicazione? Niccolò B: “Ci sono molte ripetizioni” Nicola R.: “Il discorso risulta molto più lungo rispetto ai contenuti che deve esporre” Mattia B. “Non siamo sicuri che gli ascoltatori abbiano un’idea rispondente alla realtà di ciò che il capo vuole esprimere perché usa perifrasi, non possedendo termini specifici una perifrasi ne implica poi un’altra”. Esempi di perifrasi tratti dal testo. - egli avvolge il suo corpo nudo in una pelle bianca, ottenuta con le fibre di una pianta, chiamata pelle di sopra -sopra le gambe e le cosce e fino all'ombelico, tirata dal basso verso l'alto, viene la cosiddetta pelle di sotto. -entrambe sono poi ricoperte da una terza pelle, più spessa, intessuta -con i peli di un animale, un quadrupede lanoso, che viene allevato appositamente a questo scopo. (L’esercitazione è proseguita individuando altre perifrasi o ripetizioni negli altri passi citati: a proposito, dal libro “Il papalagi” disponibile in ‘.pdf’ nel sito www.gianfrancobertagni.it/materiali ) Esercizio 1.1 Nel testo che riguarda il modo di vestire individuare - il numero di ripetizioni a cui ricorre il capo Samoa - le perifrasi utilizzate Esercizio 1.2 Nel testo relativo alle abitazioni del “papalagi” individuare -le espressioni sostitutive (fessura, ala di legno…) e i termini corrispondenti (strada, porta…) -le frasi che sono state formate combinando queste espressioni sostitutive Esercizio 1.3 Nel testo riguardante l’orologio e la sostituzione dl tempo individuare - la definizione dell’orologio - le manifestazioni del trascorrere del tempo Esercizio 1.4 Al termine delle esercitazioni produrre un breve testo espositivo nel quale si “guida” il lettore alla comprensione del linguaggio del capo Samoa con esempi e citazioni cercando di dare un nome alle “tecniche” (ripetizione…) usate da questo originale personaggio aiutandosi con le parole usate nella formulazione degli esercizi 1, 2 e 3. A volte non siamo costretti anche noi a lunghi giri di parole per indicare un concetto di cui non conosciamo il termine preciso? Esempi dall’esperienza degli allievi Oppure ci troviamo nella difficoltà ben più grave di non sapere cominciare e organizzare il nostro discorso perché non possediamo le parole specifiche e quindi non sappiamo come partire, e/o come proseguire. Esempi dall’esperienza degli allievi. E nelle scienze moderne come funziona l’aspetto del linguaggio? Nelle discipline tecnico-scientifiche studiate a scuola è necessario l’uso di termini precisi o basta averli compresi? Esercizi sul lessico scientifico

1. Con l’aiuto del dizionario elettronico effettuare uno spoglio dei termini che iniziano con prefissi produttivi (poli, mono, iso, sin, omo, etero ecc…)

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2. Distinguere i termini scientifici da quelli di uso comune o impiegati in altri settori della lingua. (ex: polinomio ma non poliambulatorio).

3. Formare dei gruppi e costruire tabelle secondo indicando il prefisso e il campo scientifico cui appartengono i termini.

4. Analizzare l’origine dei termini con l’aiuto del vocabolario e del web (per quasi tutti greca)

Al termine di questa esercitazione il docente illustra sinteticamente i motivi dell’influenza del greco antico nella lingua scientifica illustrando i seguenti punti:

- sviluppo delle scienze nel mondo greco - passaggio della cultura greca al mondo romano - prevalenza del latino nella cultura per tutto il medioevo fino a Galilei e oltre (max 20’)

5. Gli allievi dopo l’esposizione orale compongono un testo espositivo scritto che riporta il lavoro svolto sul lessico e sintetizza l’esposizione del docente aggiungendola al testo prodotto con opportune espressioni di collegamento o di inserzione. Ad es: dopo quanto è stato osservato, in base al materiale raccolto, i dati da noi così catalogati… La relazione risultata più chiara e completa verrà allegata al presente scritto.

2. Esercizi di composizione lessicale Dati una serie di prefissi e una serie di termini collegare correttamente gli elementi dei due insiemi in modo da formare parole di senso compiuto. Nelle due colonne più a destra segnare il significato e la disciplina scientifica in cui si applica la parola ottenuta

prefisso termine significato campo, materia, disciplina Mono- Zigote Poli- Cellulare A-An Saccaride Fono Tonico Trofo Ovulare Omo Cromo Morfo Allergico Alcolico sin Crono iso Crono Morfo

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1. Dati una serie di termini per la maggior parte di origine greca e il suffisso-logia (scienza di, studio di), costruire le parole realmente esistenti rintracciandone il campo di appartenenza

parola greca suffisso termine preciso campo d’applicazione Cardio Mio Termo Elettro Minerale Podo (piede) Stoma (bocca) Alcool Astro Ittio (pesce) 3.. Esercizi… (ri)creativi - Esempi di teoremi da ‘espandere’ come Pitagora o il protocollo delle reti - Esempi di ‘espansioni’ alla maniera del capo Samoa. - Indovinare a quale teorema o a quale teoria si riferisce un’espansione (Attività che possono produrre gli allievi in forma ludica)


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