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Il linguaggio delle amministrazioni pubbliche 32 Il ... · C’è poi un terzo aspetto, un terzo...

Date post: 25-May-2020
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L a semplificazione del linguaggio amministrativo La semplificazione del linguaggio amministrativo – disci- plina di confine fra il diritto, la linguistica e la sociolingui- stica – in Italia nasce quando, era il 1993, Sabino Cassese – professore di Diritto amministrativo all’Università “La Sapienza” di Roma – venne nominato Ministro della Fun- zione Pubblica. Nell’arco di 8-10 mesi, si cominciò a dar vita ad una riforma complessiva delle pubbliche ammini- strazioni italiane pensata come la ricostruzione di un pro- getto complesso, da disegnare con pazienza: la scommes- sa era quella di pensare alla riforma dell’amministrazione come un tutto unitario, per costruire un nuovo edificio, solido, che non trascurasse neppure uno degli elementi necessari alla sua completa funzionalità. In quest’ottica, all’interno della riflessione sulla riforma della pubblica amministrazione, si inserì allora un ragionamento sulla comunicazione pubblica e, sulla scia dell’esempio di altri Stati, sul linguaggio usato dalle amministrazioni. Per un giurista, in effetti, occuparsi di comunicazione non è una novità assoluta: nelle diverse discipline del diritto esistono già molti atti di comunicazione che svolgono un ruolo non formale ma sostanziale, nel senso che sono un passaggio obbligato per consentire agli atti di esplicare tutti i loro effetti. Senza pubblicità, notificazioni, affissioni ad albi, ecc., gli atti non sono in grado di produrre alcun effetto. Tuttavia, possiamo dire che quello sia un tipo di comunicazione esclusivamente formale: la preoccupazio- ne principale è quella di trasmettere, notificare un atto, un procedimento, un bando ad altri soggetti, prescindendo dalla reale comprensibilità di tale comunicazione. Durante quegli anni si capì che c’era bisogno di fare un passo in avanti e trasformare una comunicazione esclu- sivamente formale in una vera e propria comunicazione. Occorreva preoccuparsi non soltanto di applicare le norme sulla notifica o sulla pubblicità degli atti, ma occorreva preoccuparsi in maniera concreta del fatto che, una volta trasmessi, quegli atti fossero effettivamente compresi dai cittadini, cioè dai destinatari reali della comunicazione amministrativa. Da allora sono iniziati studi e progetti sulla comunicazio- ne e sulla semplificazione del linguaggio cha hanno pro- dotto alcune norme, come quelle che hanno istituito gli Uffici per le relazioni con il pubblico inseriti nel Decreto 29 del 1993, che si sono sviluppate fino a sfociare nella recente Legge 150 del 2000 che istituisce la figura profes- sionale del comunicatore pubblico. Sono nati filoni di ricerca e progetti finalizzati, che hanno portato a realizza- RI D’ 32 RAGIONAMENTI Il linguaggio delle amministrazioni pubbliche Come imparare a comunicare gli atti Il linguaggio delle amministrazioni pubbliche 1 DI ALFREDO FIORITTO
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L a semplificazione del linguaggio amministrativo

La semplificazione del linguaggio amministrativo – disci-plina di confine fra il diritto, la linguistica e la sociolingui-stica – in Italia nasce quando, era il 1993, Sabino Cassese– professore di Diritto amministrativo all’Università “LaSapienza” di Roma – venne nominato Ministro della Fun-zione Pubblica. Nell’arco di 8-10 mesi, si cominciò a darvita ad una riforma complessiva delle pubbliche ammini-strazioni italiane pensata come la ricostruzione di un pro-getto complesso, da disegnare con pazienza: la scommes-sa era quella di pensare alla riforma dell’amministrazionecome un tutto unitario, per costruire un nuovo edificio,solido, che non trascurasse neppure uno degli elementinecessari alla sua completa funzionalità. In quest’ottica, all’interno della riflessione sulla riformadella pubblica amministrazione, si inserì allora unragionamento sulla comunicazione pubblica e, sullascia dell’esempio di altri Stati, sul linguaggio usatodalle amministrazioni. Per un giurista, in effetti, occuparsi di comunicazione nonè una novità assoluta: nelle diverse discipline del dirittoesistono già molti atti di comunicazione che svolgono unruolo non formale ma sostanziale, nel senso che sono un

passaggio obbligato per consentire agli atti di esplicaretutti i loro effetti. Senza pubblicità, notificazioni, affissioniad albi, ecc., gli atti non sono in grado di produrre alcuneffetto. Tuttavia, possiamo dire che quello sia un tipo dicomunicazione esclusivamente formale: la preoccupazio-ne principale è quella di trasmettere, notificare un atto, unprocedimento, un bando ad altri soggetti, prescindendodalla reale comprensibilità di tale comunicazione.Durante quegli anni si capì che c’era bisogno di fare unpasso in avanti e trasformare una comunicazione esclu-sivamente formale in una vera e propria comunicazione.Occorreva preoccuparsi non soltanto di applicare lenorme sulla notifica o sulla pubblicità degli atti, maoccorreva preoccuparsi in maniera concreta del fatto che,una volta trasmessi, quegli atti fossero effettivamentecompresi dai cittadini, cioè dai destinatari reali dellacomunicazione amministrativa. Da allora sono iniziati studi e progetti sulla comunicazio-ne e sulla semplificazione del linguaggio cha hanno pro-dotto alcune norme, come quelle che hanno istituito gliUffici per le relazioni con il pubblico inseriti nel Decreto29 del 1993, che si sono sviluppate fino a sfociare nellarecente Legge 150 del 2000 che istituisce la figura profes-sionale del comunicatore pubblico. Sono nati filoni diricerca e progetti finalizzati, che hanno portato a realizza-

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RAGIONAMENTIIl linguaggio delle amministrazioni pubbliche

Come imparare a comunicare gli atti

Il linguaggio delle amministrazionipubbliche1

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re pubblicazioni e strumenti specifici per le amministra-zioni pubbliche – tra cui il Codice di Stile, il Manuale distile, il software Errata Corrige – e contemporaneamente sisono avviate, in tutta Italia, esperienze di formazione spe-cifiche sui temi della semplificazione del linguaggioamministrativo. Nel maggio del 2002 il Ministro della Funzione Pubbli-ca Franco Frattini2 ha reso ancora più concreti i passicompiuti dai suoi predecessori attraverso l’emanazionedi una direttiva: per la prima volta, lo Stato italiano godedi un testo ufficiale che contiene regole redazionali,suggerimenti, esempi per la semplificazione della lin-gua burocratica.

Perché semplificare?

Da dove nasce la necessità di chiarire il linguaggio nellapubblica amministrazione? Da un punto di vista giuridico, il linguaggio burocratico èun linguaggio molto diverso degli altri: attraverso di essonon si comunicano soltanto informazioni, spesso si incidesulla sfera giuridica dei cittadini. È un quadro che impe-gna molto chi lo scrive, e per questo è importante partire

da un punto di vista che è per certi aspetti nuovo per i giu-risti, ma è nuovo anche per chi si occupa di comunicazio-ne in senso stretto: imparare ad ottemperare due esigenze,l’esigenza dell’efficacia comunicativa e l’esigenza dellalegittimità giuridica. Fino ad ora nelle amministrazioni pubbliche si è preferitoprivilegiare il punto di vista della legittimità giuridica e,quindi, nella maggior parte dei casi si sono scritti atti, testi,documenti corretti ed efficaci dal punto di vista giuridico,cioè legittimi. Oggi bisogna spostare l’accento sull’aspettocomunicativo degli atti e cioè guardare al processo dellacomunicazione in senso sostanziale. È diventato assoluta-mente necessario imparare a comunicare gli atti che le ammi-nistrazioni scrivono, ovvero scriverli in modo che siano effi-caci non solo dal punto di vista giuridico, ma anche dal puntodi vista comunicativo e quindi comprensibili per tutti coloroche li leggono, siano essi interni o, come nella maggior partedei casi, esterni alle amministrazioni che li scrivono.

Semplificare è difficile

Il linguaggio burocratico, il linguaggio delle amministra-zioni è un linguaggio antico, forte e molto tradizionale;occorre una grande competenza e soprattutto una grandevolontà di trasformarlo per renderlo più chiaro, più sem-plice, più comprensibile. Occorre essere allo stesso tempobuoni conoscitori dell’argomento e buoni garanti dellalegittimità, ma occorre anche avere la capacità di mettersinei panni di chi riceverà l’atto amministrativo in questione.A partire dalla Legge 241 del 1990, la parola “semplifica-zione” nei testi di diritto amministrativo è diventata unconcetto, una nozione giuridica: il principio di semplifica-zione è uno dei principi che regolano il diritto ammini-strativo attuale.Ma “semplificazione” non è semplicismo. Il semplicismo è l’atteggiamento superficiale di chi, difronte alla complessità delle cose, pretende di usare l’ac-cetta o la spada, e quindi di tagliare i nodi piuttosto chescioglierli. La complessità, invece, non va tagliata conl’accetta e questo è particolarmente vero nel caso della

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Oggi bisogna spostare l’accento sull’aspetto comunicativo degli atti e cioè guardare al processo della comunicazione in senso sostanziale

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semplificazione del linguaggio usato nei testi della pub-blica amministrazione. Molto spesso la pubblica amministrazione trasmette mes-saggi complessi ai cittadini: non si può far finta che sianosemplici le cose che dice o che semplice sia il complessodelle leggi dello Stato. Per cominciare, chi nella pubblicaamministrazione vuole essere chiaro e semplice deveaffrontare prima di tutto la complessità della normativa,data anche dalla cattiva legislazione, all’interno di un con-testo – quello italiano – che è forse tra i peggiori in Euro-pa quanto a confusione. Quando si parla di linguaggio amministrativo si parladell’identità profonda dell’amministrazione. Il linguag-gio, in genere, è parte integrante della nostra identità,della nostra identità profonda, perché racconta chisiamo, parla del nostro modo di intrecciare relazioni,manifesta la nostra visione del mondo, dice il nostrosguardo sulle cose, indica in modo peculiare il nostromodo personale di esprimerci all’interno della comunitàlinguistica a cui apparteniamo. Considerazioni analoghe si possono fare, naturalmente,anche per i linguaggi settoriali ovvero quelle porzioni dilingua utilizzate per lo più da persone che hanno interes-si simili, lavorano nello stesso ambito, condividono unostesso “gergo”. Il linguaggio amministrativo viene consi-derato dai sociolinguisti un linguaggio settoriale e quindiun linguaggio fortemente connotato nelle scelte lessicali esintattiche ma a rischio di comprensibilità per i “nonaddetti ai lavori”. Ma anche i linguaggi settoriali, essendodei sottocodici subordinati al codice generale della lingua,toccano le corde personali dell’identità personale e profes-sionale e, nel nostro caso, della tradizione culturale dellesingole amministrazioni. È per questo motivo, quindi, che molto spesso si riscon-trano due atteggiamenti, diversi e opposti, quando siparla di semplificazione del linguaggio amministrativo:da una parte, un atteggiamento teorico di condivisionedel problema – è vero, l’amministrazione parla in modooscuro per i cittadini, deve essere più chiara più sempli-ce; dall’altra, un atteggiamento pratico che è refrattario

al cambiamento. Infatti, quando si analizzano nel con-creto i documenti particolari scritti da un’amministra-zione, emerge un atteggiamento molto forte di difesadel proprio linguaggio. Per i motivi descritti sopra,quando si incide sul linguaggio si incide sulla sferaprofonda dell’identità di una persona e, per estensione,di una pubblica amministrazione. Questo è uno dei motivi principali per cui semplificare illinguaggio usato per scrivere gli atti amministrativi è un’o-perazione particolarmente difficile. Non si tratta di unfatto squisitamente tecnico, per cui si imparano le regolenecessarie, le si applicano e si ottengono dei testi sempli-ficati. In Italia sono dieci anni che lo Stato si è dato questoobiettivo (altrove sono 20-30 anni, come ad esempio neipaesi scandinavi) ma la fase più complicata è quella dellasensibilizzazione, proprio perché è complicato incideresull’identità antica delle strutture amministrative.

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Quando si parla di linguaggio amministrativo si parla dell’identitàprofonda dell’amministrazione

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La complessità del linguaggio giuridico e amministrativo

C’è poi un terzo aspetto, un terzo livello della complessitàdel linguaggio burocratico che è dato dalle sue caratteristi-che intrinseche: il linguaggio della pubblica amministra-zione, il “burocratese”, non è un linguaggio eminente-mente tecnico-specialistico ma, come si è scritto, è un lin-guaggio di settore. Il burocratese, in particolare, nasce dal-l’incrocio di più linguaggi diversi: il linguaggio del diritto– che è un linguaggio tecnico a tutti gli effetti, comune atutte le amministrazioni – e le abitudini linguistiche parti-colari di ciascuna amministrazione o settore amministra-tivo. Una metafora può aiutare a comprendere meglio laparticolarità del linguaggio amministrativo. Si pensi ad untessuto costituito da una trama e da un ordito: la trama, unlinguaggio comune a tutte le amministrazioni pubbliche,

è il linguaggio del diritto, che è un linguaggio tecnico-spe-cialistico, un linguaggio scientifico; su questa trama, cia-scuna amministrazione, anzi ciascun ufficio di ciascunaamministrazione, tesse un suo ordito, un suo linguaggioverticale creato da vocaboli, frasi, modi di dire particolariche costituiscono appunto il “gergo” dell’ufficio o della sin-gola amministrazione.Chi si occupa di gare d’appalto usa un certo vocabolario,chi si occupa di contabilità ne usa un altro simile – ma dif-ferente –, chi si occupa di pensioni usa un altro gergoancora, e via dicendo. Quello che ne risulta è un linguag-gio composito e poco omogeneo, un tessuto fatto di tanticolori e di tante macchie che conduce ad una seria consi-derazione: non esiste solo un problema di comunicazionetra l’interno di un’amministrazione ed il suo esterno, cioèil cittadino; esistono profondi problemi di comunicazioneanche all’interno degli uffici di una stessa amministrazio-ne e, per le grandi amministrazioni, fra uffici e agenziedislocate sul territorio. Un notevole elemento di comples-sità del linguaggio burocratico è la sua grande vastità, ilfatto di essere un linguaggio così eterogeneo, fatto di tantemacchie di colore diverso.Il linguaggio del diritto è, poi, un linguaggio tecnico-spe-cialistico, ma ha degli aspetti molto diversi dagli altri lin-guaggi tecnici, perché è un linguaggio che ha la capacità,da solo, di incidere sulla realtà, ha un carattere performa-tivo molto forte. Il linguaggio del diritto non è soltanto unlinguaggio descrittivo della realtà, è un linguaggio in gradodi modificare la realtà. Nelle altre discipline, attraverso illinguaggio si spiegano gli aspetti della realtà, le relazioniche sussistono fra i vari elementi, si fanno comparazioni eanalogie, e così via; nel diritto, il linguaggio in virtù dellasua forza modifica le cose, incide sulla realtà. Si pensi atesti, documenti, atti scritti da funzionari pubblici; si pensialla sentenza di un magistrato, ad un provvedimento diespropriazione o di concessione, ad un matrimonio civile.Quando vogliamo chiarire, semplificare il linguaggio deldiritto3 ci troviamo di fronte a questa sua enorme forza cheha radici nei tempi più remoti quando, nelle civiltà piùarcaiche, la figura del sacerdote e la figura del giudice si

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Il burocratese nasce dall’incrocio di piùlinguaggi diversi: il linguaggio del dirittoe le abitudini linguistiche particolari di ciascuna amministrazione o settoreamministrativo

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incarnavano nella stessa persona; quando non c’era unabarriera tra religione e diritto ed il diritto, era così forte checonsentiva da solo di trasferire il diritto di proprietà da unsoggetto all’altro, oppure di condannare a morte. Ancora oggi il linguaggio del diritto conserva questa tradi-zione e si caratterizza per il fatto di essere un linguaggio“anticomunicativo” perché non rispetta i requisiti classicidi un atto di comunicazione secondo il quale il messaggioprodotto da un’emittente A raggiunge un destinatario Bche lo codifica e, a sua volta, produce un messaggio diret-to ad A. La comunicazione, infatti, perché sia veramentetale, non può rimanere un flusso unidirezionale che va daA a B, ma dovrebbe essere un flusso continuo e bidirezio-nale che da B torna verso A.Nel campo del diritto, tuttavia, si tende ancora a pensareche la comunicazione sia a senso unico – che va da A a Be non viceversa – e si ha la tendenza a pensare che una tra-smissione gerarchica di informazioni sia efficace, quandoin effetti non lo è dal punto di vista comunicativo. Questoprincipio, stigmatizzato dal celebre proverbio latino Igno-rantia legis non excusat, è codificato nell’articolo 5 delnostro Codice Penale. Di fronte ad un giudice o ad un fun-zionario di polizia non si può porre come scusante il fatto

di non conoscere una certa norma, perché la legge, per unprincipio di certezza del diritto, si applica al di là dellareale conoscenza. Qualcosa però sta cambiando: nel 1998 la corte costituzio-nale ha precisato con una sentenza che, per essere appli-cabile, la legge deve essere almeno conoscibile e cioè nonsolo pubblicata in Gazzetta Ufficiale, ma redatta in mododa essere comprensibile; scritta in modo chiaro, non devecontenere troppi rinvii (quelle norme fatte di modifiche acommi di articoli di legge che in pochi conoscono).Negli Stati moderni il rapporto tra amministrazioni e cit-tadini non è più basato sulla gerarchia e sull’imposizio-ne perché il cittadino è parte integrante dello Stato; ilprincipio democratico scritto in tutte le costituzionimoderne sancisce che non c’è una distanza gerarchicatra istituzioni e cittadini. Tutto ciò implica il passaggio dauna cultura ad un altra; le amministrazioni sono abitua-te ancora a pensarsi come gerarchicamente sopraordina-te rispetto ai cittadini, anche se questo, negli Statimoderni, non è più vero: anche la comunicazione deveessere a livello dei cittadini, paritaria, e deve diventare unflusso comunicativo bidirezionale. Un aspetto da non sottovalutare riguarda il ruolo asse-gnato alle amministrazioni pubbliche che sono, infatti,al servizio della nazione, cioè dei cittadini. L’articolo 98della nostra Costituzione afferma che gli impiegati sonoal servizio esclusivo della nazione – e non è un caso cheil legislatore costituente abbia usato il termine “nazio-ne” al posto di “Stato” o “Repubblica”–, cioè la pubblicaamministrazione è al servizio dei cittadini e la nazioneè al servizio dei cittadini attraverso un legame direttocon questi ultimi4.Le amministrazioni in genere si rivolgono a pubblicimolto vasti, qualche volta a pubblici indistinti – comead esempio tutti i cittadini di una regione o di un comu-ne – qualche volta a persone particolari, imprese, sin-gole famiglie o associazioni. Chi scrive un testo ammi-nistrativo non conosce il livello culturale dei destinata-ri, ma se si analizzano i risultati dell’ultimo censimen-to ISTAT – quello del 2001 – emerge una situazioneculturale del nostro Paese piuttosto complessa e troppocritica per continuare a non tenerne conto. Il 26% dellapopolazione (pari a circa 13.600.000 individui) è fermoalla licenza elementare e solo il 32% (pari a 16.200.000individui) raggiunge la licenza media. Il diploma è pos-seduto dal 22,4% della popolazione (13.900.000 indivi-dui) mentre solo il 6,8% di persone hanno conseguitola laurea. A ciò si aggiunga che ci sono circa 6 milionidi persone che non hanno alcun titolo di studio perchéfermi alla terza elementare o perché analfabeti. Facen-

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do i dovuti calcoli, solo il 30% circa dell’intera popola-zione possiede, sulla carta, le competenze necessarie adusare le informazioni scritte in forme elaborate e diffi-cili. Ancora oggi, in Italia, a causa delle particolarivicende storiche, linguistiche e culturali cha hannocaratterizzato il nostro Paese, ci troviamo a livelli dialfabetizzazione tra i più bassi d’Europa e del mondooccidentale. Senza contare che negli ultimi anni si staregistrando, da noi come in altri Paesi, l’incremento diun fenomeno noto come “illetteratismo” o analfabeti-smo di ritorno: l’Ocse (l’Organizzazione per la coopera-zione e lo sviluppo economico) è arrivata a stimare,attraverso numerose indagini internazionali, che il 65%circa della popolazione adulta è a rischio alfabetico. Benpiù della metà della popolazione, cioè, mostra – a tutti ilivelli socioeconomici – serie difficoltà nell’uso del codi-ce scritto della lingua, scrive con difficoltà e non riescea leggere testi complessi né ad utilizzare l’informazionescritta in tutta la sua interezza. Sostanzialmente, la maggioranza dei nostri interlocutori,quelli per i quali siamo al servizio in quanto amministra-zione pubblica, sono culturalmente deboli ed hanno unlivello di comprensione dei testi molto basso.

Un’obiezione che spesso si fa in questi casi è quella dipensare che la semplificazione del linguaggio ammini-strativo contribuisca, in ultima analisi, ad abbassare illivello culturale del nostro Paese. In realtà, questa non èun’obiezione valida, seppur apparentemente legittima.Innanzitutto ci sono delle amministrazioni dello Statoitaliano specializzate in istruzione e formazione chedovrebbero preoccuparsi di aumentare il livello cultura-le del nostro Paese: la scuola, l’università, la ricerca pub-blica dovrebbero essere messe in condizione di svolgereal meglio le loro funzioni specifiche e di raggiungere iloro obiettivi. In secondo luogo, come si è visto in pre-cedenza, la lingua usata dall’amministrazione non è

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La maggioranza dei nostri interlocutori,quelli per i quali siamo al servizio in quanto amministrazione pubblica,sono culturalmente deboli ed hanno un livello di comprensione dei testi molto basso

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propriamente una lingua letteraria, né è più condivisadalla comunità linguistica attuale nella sua globalità; alivello linguistico, incentivare l’uso di una forma di lin-gua standard e rafforzare l’uso della porzione di linguacosiddetta “di base” è piuttosto un’operazione estrema-mente colta che risale a Dante Alighieri e agli scrittorifiorentini del Trecento5.Dal punto di vista amministrativo, le amministrazionidovrebbero prima di tutto essere efficienti ed efficaci equindi porsi il problema di raggiungere l’obiettivo. Se l’o-

biettivo si raggiunge attraverso un’informazione scrittain modo elementare, usando parole condivise e com-prensibili dalla cittadinanza, quella dovrebbe essere lastrada da percorrere. Attenzione agli equivoci: quando siparla di chiarezza, di semplificazione di linguaggio, dicomprensibilità dei testi e via dicendo non si pensi chel’amministrazione debba scrivere utilizzando uno stilebasso, povero o limitato. Si pensi al Codice di Stile o alManuale di stile: il messaggio che il dipartimento dellaFunzione pubblica voleva trasmettere è che l’ammini-strazione deve sì avere un suo stile – senza quindi invol-garire il suo linguaggio –, ma questo stile deve essereimprontato a chiarezza, semplicità, precisione e soprat-tutto ad efficacia comunicativa. Questi sono i quattro ele-menti del nuovo stile amministrativo per essere al servi-zio dei cittadini, e se i cittadini non capiscono o non sonomessi in grado di capire che cosa siano i “diritti irrefra-gabili”, non dovrebbe essere possibile continuare adusare questo tipo di parole e queste frasi.

Come semplificare

La Direttiva sulla semplificazione del linguaggio deitesti amministrativi è suddivisa in due parti: le regole dicomunicazione e struttura giuridica; le regole di scrittu-ra del testo.

Regole di comunicazione e struttura giuridica

Non è un caso che la parte che riguarda la struttura deltesto sia chiaramente distinta dalla parte che riguarda lascrittura vera e propria dei contenuti: per scrivere un attoche sia efficace giuridicamente ed efficace a livello comu-nicativo, ossia chiaro, semplice e preciso, occorre perprima cosa fermarsi a pianificare il testo. Non si tratta più,quindi, di usare un atto precedente per riadattarlo, si trat-ta – almeno all’inizio – di “inventare” un nuova tipologiaformale di testo, una nuovo tipo di struttura che vada versoil cittadino e si distacchi dai modelli correnti. Si tratta diimpostare una nuova tradizione a cui attingere, una tradi-zione che mostri sensibilità nei confronti del profilo cul-turale medio della popolazione a cui si rivolge. Due sono le regole d’oro che sono presupposte dalla Diret-tiva, anche se non vi compaiono scritte a chiare lettere: ■ pensare chiaro per scrivere chiaro;■ individuare sempre il destinatario del testo.

“Pensare chiaro per scrivere chiaro” significa aver benchiaro in mente quello che si vuole comunicare, cioè

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Pensare chiaro per scrivere chiaro

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conoscere la materia di cui si sta scrivendo nella manie-ra più completa possibile, non solo a livello teorico maanche, e soprattutto, nei risvolti pratici che essa com-porta. Questo passaggio è fondamentale per abbandona-re la logica autoreferenziale assai comune nelle ammi-nistrazioni. È chiaro che quando si condivide uno stes-so contesto molti elementi possono rimanere implicitisenza che questo vada ad inficiare la validità o l’efficaciadi una comunicazione; ma quando non si appartieneallo stesso contesto lavorativo o sociale, l’efficacia comu-nicativa viene raggiunta solo e soltanto se tutti gli ele-menti necessari alla comprensione di un concetto ven-gono espressi chiaramente. Per questo motivo è tanto importante avere sempre inmente la seconda delle due regole appena enunciate,quella di individuare sempre il destinatario dell’atto, dellalettera, del documento che si sta scrivendo. Quando si haben presente chi sarà il ricevente della comunicazioneallora si può calibrare il messaggio in modo tale da ren-derlo comprensibile. Certamente non è sempre possibile raffigurarsi il destina-tario concreto della comunicazione amministrativa: se èfacile farlo nel caso delle lettere o delle comunicazioni per-sonali non è possibile trovare un’unica tipologia di desti-natario nel caso di atti amministrativi. In questi ultimi casiè necessario allora avere ben presente il profilo culturalemedio della popolazione italiana (vd. a p. 36) e pianificaree scrivere il proprio documento privilegiando coloro chesono più deboli nell’uso della lingua scritta (come si èvisto, il 65% circa della popolazione). Come si pianifica un testo amministrativo? Innanzituttobisogna organizzare le informazioni: i testi delle pubbli-che amministrazioni contengono, molto spesso, tanteinformazioni diverse nel senso che, oltre all’informazioneprincipale motivo della comunicazione, ve ne sono altresecondarie ma altrettanto essenziali. È necessario quindiindividuare le diverse unità informative – cioè tutte leinformazioni necessarie – e verificare che tipo di relazionec’è tra le informazioni. Ci può essere una relazione tem-porale – si fa prima A, poi B, poi C e così via – oppure cipuò essere una concatenazione logica delle informazioni –da quelle generali ai casi particolari. Bisogna appurare lalogica delle informazioni, la concretezza dell’informazione(è stato scritto tutto? si è messo il cittadino in condizionidi fare quello che deve fare senza che debba chiedere ulte-riori informazioni o fare telefonate?), la correttezza delleinformazioni, in particolar modo se le informazioni sonorilevanti da un punto di vista giuridico. Un aiuto alla progettazione della struttura logica del docu-mento viene anche dagli strumenti grafici che sono a

disposizione di chiunque usi un personal computer ed unprogramma di videoscrittura. Anche la forma grafica chesi sceglie di dare ad un atto aiuta, sia colui che scrive siacolui che legge, a sciogliere le eventuali ambiguità o incer-tezze. In questo senso, una soluzione per comunicareinformazioni complesse in modo chiaro e ben strutturatopuò venire dall’uso di una buona tabella o della forma del-l’elenco (i punti elenco).

Regole di scrittura del testo

I suggerimenti che riguardano le regole di scrittura deltesto si rifanno a due concetti basilari per chiunque vogliascrivere testi o documenti che siano effettivamente com-presi da chi legge: la comprensibilità e la leggibilità. La leg-gibilità e la comprensibilità sono le due caratteristiche lin-guistiche capaci di garantire ad un testo, in questo caso untesto amministrativo, semplicità, chiarezza e precisione,ovvero l’efficacia comunicativa.

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La leggibilità stabilisce, da un punto di vista quantitativo ein base ad alcuni parametri6, se un testo è più o meno faci-le da leggere, mentre la comprensibilità riguarda il modoin cui è organizzato e presentato il contenuto di un testoed è indice della maggiore o minore facilità con cui untesto viene capito da chi lo legge: nel caso della comunica-zione amministrativa, dal cittadino. La leggibilità non coincide con la comprensibilità, ma è lacondizione di base, il punto di partenza, per arrivare adavere un testo comprensibile. Perché un testo sia effettiva-mente comprensibile è necessario che sia pianificato conmolta cura, sapendo che cosa dire e a chi e riflettendo sulmodo adeguato di dare una forma linguistica a ciò che sivuole comunicare. La leggibilità è garantita in primo luogo dal ricorso a frasibrevi e a parole di base; ecco perché i primi due suggeri-menti delle regole di scrittura del testo riguardano esatta-mente questi due punti. Una frase7 breve, che non con-tenga cioè più di 20-25 parole, aiuta chi legge a processarele informazioni in essa contenute in modo corretto. Unafrase non eccessivamente lunga è una frase che, di norma,

esprime un solo contenuto, non abbonda di proposizionicomplesse, contiene poche frasi subordinate o “incassate”una dentro l’altra. Rispettare la regola di scrivere frasibrevi è un aiuto per chi legge, ma anche per chi scrive per-ché “costringe” ad usare una sola frase per ciascuna infor-mazione da comunicare. Il criterio della brevità delle frasi,inoltre, aiuta chi scrive a limitare la presenza eccessiva dicatene di parole senza un verbo in forma finita, caratteri-stica assai tipica del linguaggio amministrativo8.Vi sono alcune scelte linguistiche di base che guidano lascrittura di un documento nella direzione della sua leggi-bilità e comprensibilità. I suggerimenti che seguono sonospesso il frutto di studi linguistici approfonditi e di ricer-che condotte in diversi Paesi. Preferire la forma attiva del verbo a quella passiva aiutachi legge ad individuare immediatamente qual è il sog-getto dell’azione; spesso la scrittura amministrativa pri-vilegia invece la forma passiva o il “si” passivante(impersonale): “si trasmette”, “si comunica”, “dovràessere inserito, a cura degli ispettori, l’esito positivo onegativo dell’ispezione”.

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È prassi comune, nella scrittura amministrativa, omet-tere di scrivere il soggetto dell’azione. Dal momento cheil mittente della comunicazione viene indicato nell’inte-stazione, si avverte come superfluo, e poco elegante alivello stilistico, ripetere nuovamente il soggetto all’in-terno del testo e si preferisce usare la forma impersona-le o il passivo. Spesso, inoltre, colui che scrive un attonon è la stessa persona che lo firma e quindi, per untacito accordo interno, si preferisce non specificare ilsoggetto. Tuttavia, una scelta stilistica che salvaguarda irapporti interni ad un’amministrazione quando vieneapplicata nei testi rivolti verso l’esterno penalizza seria-mente il lettore che spesso, a differenza di chi scrive,non ha chiari quali siano realmente i protagonisti del-l’azione e quale ruolo abbiano. Quando si sceglie di nonspecificare – a livello grammaticale – il soggetto e siusano verbi in forma passiva o impersonale si generaconfusione a scapito della chiarezza e, analogamente,tanto più è possibile usare il verbo all’indicativo tantopiù si conferirà concretezza all’azione. Invece di scrive-re “Le disposizioni ricevute dal Ministero sono applicate inosservanza della legge”, sarebbe meglio scrivere “QuestoDipartimento applica le disposizioni del Ministerosecondo la legge” e invece di “Saranno attivati controllida parte degli appositi uffici del Comune circa la veridicitàdelle autocertificazioni” meglio “Il Comune verificherà leautocertificazioni”.La forma affermativa è meno ambigua della forma negati-va: invece di scrivere “si avvalgono in via non occasionale”, èmeglio scrivere “usano regolarmente”; invece di usare ladoppia negazione e scrivere “non è impossibile”, megliousare la forma affermativa “è possibile”. Da ultimo, è bene ricordare un fattore sintattico assaicomune nei testi amministrativi che, se esagerato, rischiadi provocare serie difficoltà di comprensione nel lettore. Sitratta della cosiddetta “nominalizzazione”, ossia quel feno-meno linguistico per cui si forma un nome facendolo deri-vare dal verbo. In altre parole, si aggiungono al verbo deisuffissi e si ottengono dei sostantivi; nel caso del linguag-gio amministrativo, i suffissi sono abbastanza tipici -zione,-mento, -tura: “cancellare” diventa effettuare la cancellazio-ne, “pagare” diventa pagamento, “aumentare” diventaaumento, “timbrare” diventa timbratura, e così via. Il nome tende a sostituire intere frasi e assume un’impor-tanza maggiore rispetto al verbo: tanto più è presente lostile nominale, tanto più si riducono le forme verbali. Macon i verbi si indicano delle azioni e le azioni richiedonodei soggetti concreti, espliciti. Con la nominalizzazione,invece, si privilegia uno stile impersonale, astratto, pocodiretto e poco efficace a livello comunicativo.

Le nominalizzazioni in sé non sono incomprensibili, maper chi non ha un grado di istruzione elevato può risulta-re difficile comprendere un documento amministrativoche contiene molti termini astratti, perché è un testo chepoco si aggancia all’esperienza; pur essendo nelle inten-zioni un testo di servizio, che fornisce cioè indicazioni pra-tiche, si rivela un testo oscuro che ha bisogno di interme-diari per essere compreso. Per aumentare la chiarezza di un testo, e quindi la sua effi-cacia comunicativa, è una buona abitudine ridurre lenominalizzazioni riportandole, dove possibile, alla formaverbale di partenza: invece di scrivere “effettuare la richie-

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La leggibilità è garantita in primo luogo dal ricorso a frasi brevi e a parole di base

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sta” è meglio scrivere richiedere; invece di scrivere “ricevi-mento della raccomandata” è meglio scrivere ricevere laraccomandata, invece di “accedere alla consultazione”meglio consultare, invece di “procedere all’accertamento”meglio accertare, e così via. Bisogna precisare, tuttavia, che la nominalizzazione è unarisorsa fondamentale della lingua e che la soluzione stanella moderazione: il problema sorge infatti nel momentoin cui si abusa della nominalizzazione, che da risorsarischia di diventare ostacolo alla comprensione del testo.Il secondo aspetto fondamentale perché un testo sia leg-gibile e comprensibile per il maggior numero di perso-ne possibile è quello lessicale. Si è visto finora qualisono le scelte sintattiche appropriate – cioè il modo chesi sceglie per legare fra loro parole e frasi; è necessarioora soffermarsi sulla scelta delle parole da usare peresprimere un concetto. Fra gli anni Settanta e i primi anni Ottanta del secoloappena passato sono state svolte preziose misurazionistatistiche sulle lingue – misurazioni effettuate su testiprevalentemente scritti – che hanno consentito agli stu-diosi di sapere che ogni lingua, tra le decine di migliaiadi parole che la costituiscono, possiede un nucleo diparole di altissima frequenza, che tutti i parlanti usanoabitualmente: questo nucleo è il vocabolario di base,ovvero l’insieme delle parole conosciute da tutte le per-sone di una comunità linguistica, indipendentementedalla loro professione e con grado di istruzione corri-spondente alla scuola di base.Il vocabolario di base costituisce il nucleo essenziale diuna lingua e comprende le parole in assoluto più utilizza-te dalla comunità dei parlanti. Per la lingua italiana, il vocabolario di base è stato curatodal linguista Tullio De Mauro e pubblicato nel 19889. Teo-ricamente, ogni testo può essere scritto utilizzando paroledel vocabolario di base: si calcola che, normalmente, leparole del vocabolario di base costituiscono l’ossatura ditutti i testi in lingua italiana e la loro percentuale può arri-vare al 95%. Anche nel caso del linguaggio amministrati-

vo, fatti salvi i termini tecnici che conferiscono validità giu-ridica agli atti, i termini settoriali possono essere sostituiticon sinonimi presenti nel vocabolario di base e quindicomprensibili da tutti10.Usare il più possibile parole che appartengono al vocabo-lario di base della lingua italiana (le cosiddette parole dellinguaggio comune) aiuta la comprensione del testo e, seil testo è ben pianificato e strutturato, non costituisce unrischio per la validità giuridica dell’atto. Infatti, una voltastabilito con certezza quali sono i concetti giuridici e i ter-mini del diritto che devono essere usati, si ha la libertà ditradurre le parole fittiziamente tecniche – chiamate anchetecnicismi collaterali11 – dal burocratese all’italiano stan-dard o comune. Qualche esempio: invece di “pervenire”meglio scrivere giungere, che appartiene al vocabolario dibase; invece di “istanza” meglio richiesta, invece di “obla-zione” meglio pagamento, invece di “apporre la firma”meglio firmare, invece di “mancato accoglimento” megliorifiuto, e così via.

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Usare il più possibile parole che appartengono al vocabolario di basedella lingua italiana aiuta la comprensione del testo e non costituisce un rischio per la validità giuridica dell’atto

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Quando, tuttavia, la complessità giuridica di un atto è ele-vata e i termini tecnici o i concetti giuridici sono parecchiè bene prevedere un glossario a fine testo che spieghi lenozioni giuridiche con parole comuni e di facile accessibi-lità per tutti.

Conclusioni

Il problema della semplificazione del linguaggio ammi-nistrativo non è tuttavia una questione di regole: gli ele-menti e le variabili in gioco sono tali e tante che sarebbeingenuo pensare che basti applicare poche regole perottenere un cambiamento sostanziale. Tutto ciò che èstato scritto finora costituisce i principi della semplifica-zione del linguaggio dei testi amministrativi; spetta allesingole amministrazioni – una per una – maturare lasensibilità che i tempi e le democrazie attuali richiedonoper avviare un cambiamento che abbia sì la sua forza

nella tradizione, ma che contribuisca in modo esempla-re a creare una tradizione nuova, quella di un’ammini-strazione pubblica vicina al cittadino e consapevole delruolo che essa ha all’interno della nazione. Un’ultima notazione sui vantaggi della scrittura semplice,una notazione pratica. Perché ci sono vantaggi non trascu-rabili per le amministrazioni che scelgono di cominciare asemplificare il linguaggio che usano per comunicare:innanzitutto, il miglioramento dei rapporti con i cittadinie il miglioramento dell’immagine complessiva dell’ammi-nistrazione e della pubblica amministrazione in genere12.In secondo luogo, il notevole risparmio economico. Scri-vere in modo chiaro e semplice fa risparmiare tempo edenaro: un testo chiaro, semplice, preciso e legittimo dalpunto di vista giuridico è anche un testo più economicoe insieme alla semplicità, l’economicità è un altro princi-pio guida che regola le attività delle amministrazioni.Come si calcola il risparmio che si ottiene attraverso untesto semplice e chiaro? Meno tempo per le revisioniinterne dei testi, meno passaggi tra gli uffici dei dirigen-ti e quelli dei funzionari, meno tempo per le spiegazioni,meno tempo per i chiarimenti ai cittadini, alle imprese,agli studenti, alle famiglie che chiedono ulteriori infor-mazioni rispetto a ciò che è scritto. Meno errori nellacompilazione dei moduli e maggior risparmio di carta; ese la documentazione è chiara, se il modulo è scrittobene, questo si traduce in tempi minori e più rapidi perl’istruttoria. Maggiori risparmi, infine, dal contenzioso:un linguaggio chiaro e semplice risparmia il contenzio-so, lo riduce drasticamente. Il giudice amministrativo è un giudice di piena giurisdi-zione che, oltre ad annullare gli atti, può anche condan-nare le amministrazioni al risarcimento dei danni: esi-stono numerose sentenze di giudici amministrativi cheannullano atti amministrativi e condannano l’ammini-strazione al risarcimento del danno per documenti scrit-ti male, ambigui e oscuri. Il giudice, cioè, analizza da unpunto di vista linguistico gli atti prodotti dall’ammini-strazione; i casi su cui c’è più giurisprudenza sono gene-

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Scrivere in modo chiaro e semplice farisparmiare tempo e denaro: un testochiaro, semplice, preciso e legittimo dal punto di vista giuridico è anche un testo più economico

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ralmente i bandi di concorso e i bandi di gara: moltospesso, infatti, le imprese vengono estromesse da unagara perché, sulla base di un bando scritto in manieraambigua, non hanno presentato tutta la documentazioneo tutti i requisiti, oppure non hanno compreso la corret-ta maniera di presentare le domande e così via. In molticasi, il giudice amministrativo ha annullato gli atti digara ed ha anche condannato l’amministrazione a risar-cire i danni all’impresa esclusa. L’atteggiamento tipico delle amministrazioni di untempo di mantenersi caute, sul generale e senza esporsitroppo sta diventando un atteggiamento che viene sem-pre più condannato dai giudici. La chiarezza nella moti-vazione, l’esaustività delle informazioni, la precisione, lasemplicità della struttura comunicativa aiutano a scrive-re un atto che non solo raggiunge pienamente il cittadi-no e centra il suo obiettivo perché il cittadino lo capisce,ma giova anche all’amministrazione che crea meno con-tenzioso e corre meno rischi.

1 Questo testo riproduce la relazione tenuta al Convegno su “Scrittura esocietà” che si è svolto presso il Dipartimento di Scienze Umane, Stori-che e Sociali dell’Università del Molise nell’ottobre 2005 i cui atti sonoora pubblicati in G. Fiorentino (a cura di), Scrittura e società, Storia, Cul-tura e Professioni, Aracne, Roma, 2007. 2 Direttiva sulla semplificazione del linguaggio dei testi amministrativi,pubblicata in Gazzetta Ufficiale l’8 maggio 2002. 3 Il linguaggio del diritto è un linguaggio complicato non solo in Italiao in Europa. Il linguaggio del diritto, per le sue caratteristiche intrinse-che e per ciò che rappresenta, è un linguaggio assolutamente comples-so in tutte le lingue, in tutti gli Stati, in tutti gli ordinamenti giuridici. 4 C’è nella nostra Costituzione anche un altro modello di pubblicaamministrazione; infatti nell’articolo 95 si dice che l’amministrazione èanche al servizio del governo, essendo l’apparato che traduce in com-portamenti concreti decisioni degli apparati politici. Esistono duemodelli nella nostra Costituzione, ma il modello dell’amministrazione aservizio della nazione è certamente quello più attuale, più corrispon-dente alla realtà.5 Dagli anni dell’unificazione e fino al periodo bellico dei primi delNovecento, la lingua burocratica italiana e il linguaggio dello Stato, cosìcome si usava nelle leggi, nei bandi, nei decreti e così via, hanno contri-buito a diffondere la lingua nazionale. La nostra lingua italiana, a diffe-renza di altre lingue europee, non nasce dai parlanti e dall’uso, ma è unalingua letteraria, una lingua per lo più scritta che diventa, in virtù dellesue caratteristiche storiche, la lingua nazionale. Nel 1870, al momentodell’Unità, l’italiano era conosciuto dal 20% circa della popolazione e uti-lizzato come unica lingua solamente dal 3% circa. Gli stessi Savoia e lostesso Cavour parlavano abitualmente il dialetto piemontese o il france-se e non utilizzavano mai l’italiano. Se oggi parliamo tutti l’italianocomune lo si deve anche al linguaggio ufficiale – e all’esercito –, alme-

no fino all’avvento della radio e della televisione che sono diventati deiveri e propri mezzi di unificazione linguistica. 6 La leggibilità di un testo si stabilisce utilizzando un indice che misurala lunghezza delle parole e il numero di parole per frase e si basa sul-l’assunto che esista una relazione precisa tra la qualità di un testo e laprobabilità che questo testo sia compreso. L’indice di leggibilità si basa su due variabili, quella lessicale e quella sin-tattica: più le parole e le frasi di un testo sono brevi, più il testo risultaleggibile. Le analisi statistiche sulla lingua che si rifanno a G.K. Zipf(1935) ci mostrano come le parole più frequenti, cioè le parole utilizzatee comprese dalla maggior parte di coloro che parlano una lingua, sianoanche le più brevi. In Italia, gli indici più utilizzati per misurare la leg-gibilità di un testo sono quello di R. Flesh (1946), riadattato per la lin-gua italiana da R. Vacca (1978), e l’indice Gulpease (1988).7 Per praticità e necessità divulgative intendiamo indicare qui con“frase” una sequenza di parole dotata di senso compiuto e compresa fradue punti. 8 Un esempio di frase che contiene una “catena di parole” è la seguen-te: “Stanti le urgenti ed indifferibili esigenze di personale in grado digarantire adeguata e qualificata attività di assistenza tecnica ai lavori edagli interventi programmati del Settore dipartimentale 8 (Mobilità e Deco-ro Urbano) e conseguenti alla grave situazione che sul territorio comuna-le si è venuta a creare a causa del maltempo degli ultimi giorni…”.9 T. De Mauro, Guida all’uso delle parole, Editori Riuniti, Roma, 1980. 10 Si calcola che la lingua italiana corrente sia composta da circa130.000 parole; il vocabolario di base ne comprende circa 7.000 suddi-vise nelle tre fasce o classi: parole Fondamentali (FO), parole di Alto Uso(AU), parole ad Alta Disponibilità o Familiarità (AD).La porzione di vocabolario fondamentale è costituita da circa 2.000parole. Si tratta di parole che adoperiamo, sentiamo o leggiamo conestrema frequenza e di cui non abbiamo mai bisogno di chiedere ilsignificato. Per farci un’idea più precisa, si tratta di parole gramma-ticali che innervano ogni enunciato, verbi dal significato generale,verbi usati normalmente nella vita quotidiana. La fascia di Alto Usoè costituita da circa 3.000 parole, note a tutti quanti abbiano un livel-lo di istruzione pari a 7/8 anni di scuola. Esempi di queste parolesono gli aggettivi più comuni, i verbi di relazione, i vocaboli cheindicano i concetti principali. Infine, la fascia di Alta Disponibilità oFamiliarità: si tratta di circa 2.000 parole che tutti i parlanti percepi-scono di frequenza pari o superiore ai gruppi FO e AU perché assaivive nella coscienza. Sono parole che raramente compaiono nei testiscritti, ma che risultano essenziali nelle situazioni quotidiane speci-fiche e sono legate all’esperienza: sapone, forchetta, bolletta, sbuc-ciare, e così via.11 Si veda, in proposito, la parte che riguarda la scrittura amministrati-va in L. Serianni, Italiani scritti, il Mulino, Bologna, 2004.12 L’amministrazione in genere – non solo in Italia – soffre di un imma-gine polverosa, canuta; in Svezia, in seguito ad un serio problema diricambio della dirigenza, lo Stato ha intrapreso una forte campagna perreclutare i giovani a lavorare nella pubblica amministrazione. Infatti, aparità di condizioni economiche, i giovani svedesi preferiscono lavorarein altri settori che non nella pubblica amministrazione, proprio perchél’amministrazione rimanda di sé un’immagine antica, obsoleta, a voltescoraggiante. Il punto di forza della campagna è stato il cambiamento el’innovazione degli schemi comunicativi e si è agito molto sul linguag-gio, proprio per dare un’immagine diversa e moderna dell’amministra-zione. In Svezia, inoltre, la semplificazione del linguaggio amministra-tivo è divenuta obbligatoria per legge ed ogni amministrazione si è dota-ta di un ufficio linguistico preposto alla revisione dei testi.

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