Chimica fisica superiore
Modulo 1
Il metodo Rietveld
Modulo base
Sergio Brutti
Raffinamento Rietveld: key factors
Metodo Rietvel: formalismo matematico In termini generali il metodo Rietveld di basa su 2 teoremi:
TEOREMA DELL’UNICITA’
Ipotesi 1: dato un diffrattogramma sperimentale registrato tra q1 e q2
con intervallo minimo pari a Dq che corrisponde ad una funzione
matematica:
Ipotesi 2: dati N modelli strutturali cristallini corrispondenti al 100%
dei componenti del materiale di cui a XRDexp.
Tesi: è sempre sempre possibile calcolare un solo diffrattrogramma
teorico secondo un equazione matematica dipendente dai
parametri strutturali/morfologici delle fasi presenti e da fattori
strumentali.
q
qqq,
2,,
hkl
scale bkgrhklFFWHMhklprofilekI
qexpexp IXRD
N
i
n
j
jjjjjjiiiiii
i
BzyxZcba1 1
,,%,,,,,,,,,
Metodo Rietvel: formalismo matematico TEOREMA DELLA REVERSIBILITA’
Ipotesi 1: dato un diffrattogramma teorico calcolato tra q1 e q2 con
intervallo minimo pari a Dq che corrisponde ad una funzione
matematica:
Ipotesi 2: dati N modelli strutturali cristallini corrispondenti al 100%
dei componenti del materiale di cui a I(q).
Tesi: è sempre possibile determinare un unico insieme di parametri
variabili che determinano l’eq. Di cui all’ipotesi 1 per i quali il
diffrattrogramma teorico si approssima al diffrattogramma
sperimentale del corrispondente materiale reale.
q
qqq,
2,,
hkl
scale bkgrhklFFWHMhklprofilekI
qq expII
N
i
n
j
jjjjjjiiiiii
i
BzyxZcba1 1
,,%,,,,,,,,,
Diffrattogramma teorico Dato quindi un modello strutturale è possibile calcolare il
diffrattogramma complessivo come una sommatoria di contributi
provenienti ciascuno da ogni picco di diffrazione atteso.
q
qqq,
2,,
hkl
scale bkgrhklFFWHMhklprofilekI
In cui il fattore F(hkl) è il cosiddetto fattore di struttura
Il fattore di struttura è una quantità specifica per ogni piano
cristallino e quindi governa l’intensità specifica di ogni picco di
diffrazione identificato da una terna di Miller (hkl)
Il fattore di struttura dipende dalle caratteristiche della base
atomica di una data struttura cristallina ovvero dagli atomi presenti
nella cella elementare.
Intensità di uno spettro di diffrazione Il fattore di struttura per ogni piano reticolare rappresentato dalla
terna di indici di Miller hkl sarà:
Che è ulteriormente semplificato considerando che:
(la seconda relazione è
l’equazione di Bragg per
la diffrazione)
22sin2 q hkljjjj Bj
lzkyhxi
hkljeeQfhklF
hklhklhkl
hkldQ q
qsin2
sin4
L’equazione dei fattori di struttura si intende ovviamente specifica
per ciascuna terna (hkl) ovvero per ciascun piano cristallino (e
corrispondente picco di diffrazione).
Intensità di uno spettro di diffrazione
Fattore di scattering
atomico
22sin2 q hkljjjj Bj
lzkyhxi
hkljeeQfhklF
Il fattore di struttura per ciascun piano cristallino è dato da una sommatoria
estesa a tutti gli atomi presenti nella cella elementare di una data struttura
cristallina del prodotto di 3 termini (scattering atomico, posizione, agitazione
termica).
Posizione atomica
Agitazione termica
Scattering da una nube elettronica.
I raggi X quando interagiscono con un atomo vengono deviati
dalla nube elettronica (scattering).
Consideriamo lo scattering di un onda X in un volumetto
infinitesimo dV nel quale è presente una densità elettronica ρ.
La variazione infinitesima dell’ampiezza dello scattering prodotto
dall’interazione della radiazione con la nube elettronica nel
volumetto dV sarà:
Lo scattering complessivo ovvero l’ampiezza di scattering
prodotto dall’intera nube elettronica sarà:
dVerQdF jrQi
rderQF
dxdydzerdVerQF
j
jj
rQi
zyx
rQirQi
,,
Fattori di scattering atomico dei raggi X Come abbiamo visto l’ampiezza di un’onda post-scattering da
parte di un insieme di particelle (atomi) di natura diversa (speci
atomiche) è data da:
D’altronde lo scattering nell’intorno di ciascun atomo dipende dalla
distribuzione continua della nube elettronica e quindi il fattore di
scattering atomico dei raggi X sarà dato da:
Il fattore di scattering dipende non solo dalla natura dell’atomo
(densità elettronica) ma varia anche con il vettore di
scattering.
In assenza di deflessione (Q=0) il termine exp(iQr)=1 ed esso
coincide con la carica nucleare Z.
Qfrderf jrQijj j
N
j
rQi
jjefQF
1
ZrdrQf jj 0
Fattori di scattering atomico dei raggi X Usualmente l’andamento del valore dei fattori di scattering viene
rappresentato con una funzione algebrica in funzione dell’angolo
di diffrazione.
In cui i parametri ai bi e c sono specifici per ogni specie atomica o
ionica dando andamenti specifici (vedi figura per specie
isoelettroniche)
4
1
sin
i
b
i ceaQfi
q
• Il fattore di scattering cresce al
crescere di Z
• Il fattore di scattering diminuisce al
crescere dell’angolo di diffrazione.
I segnali di diffrazione aumentano di
intensità per strutture con atomi
pesanti e sono più intensi a bassi
angoli di deflessione
Agitazione termica
Ciascun atomo nella base cristallina sarà soggetto naturalmente ad
una sua agitazione termica. Essa sarà tanto più piccola quanto più i
legami chimici saranno rigidi/forti
Ne consegue che ogni atomo nella base cristallina sarà
caratterizzato da una specifica funzione che ne descriva l’agitazione
termica.
Assumiamo che i moti atomici siano armonici e isotropi di ampiezza
quadratica media : la funzione che le descrive è una gaussiana:
2
2
2
1,
jur
j
eu
rjAT
2
2
,Qu
j
j
eQTrjATFT
Agitazione termica
nello spazio diretto
Agitazione termica
nello spazio di Fourier
2
ju
La cui trasformata di Fourier è il fattore termico presente
nell’equazione dei fattori di struttura:
Trasformata di Fourier delle agitazione
termica L’equazione precedente può essere semplificata considerando
l’angolo di deflessione theta esplicitamente.
22
sinsin8
8
2
2
2
222
22
jj
Bu
Qu
j
uB
eeeQT
jj
j
q
q
In cui lambda è la lunghezza d’onda della radiazione incidente.
I termini sono le ampiezze quadratiche medie di oscillazione;
esse sono dette FATTORI TERMICI e sono proporzionali alla
temperatura e specifici per ogni atomo presente in una specifica
struttura cristallina.
I termini Bj sono detti Fattori di Debye Waller e sono utilizzati per
comodità algebriche. Hanno la dimensione di una lunghezza al
quadrato (tipicamente A2) e come i fattori termici sono specifici
per atomo e per struttura cristallina.
Diffrattogramma teorico Torniamo all’equazione generale di un diffrattogramma teorico.
q
qqq,
2,,
hkl
scale bkgrhklFFWHMhklprofilekI
In cui la funzione profile(hkl,FWHM,q) consente di calcolare la
forma di ciascun picco di diffrazione la cui intensità relativa è data
dal quadrato dei fattori di struttura.
Il fattore moltiplicativo kscale è un fattore di scala costante che
consente di convertire le intensità assolute misurate con i valori di
intensità teorici.
Ai contributi provenienti dalla struttura è necessario aggiungere
una funzione di background (bkgr(q)) che dipende dal solo angolo
di diffrazione per descrivere ‘andamento della linea di base.
Funzione di background
nnaaaabkgr qqqq ...2
210
Ai contributi provenienti dalla struttura è necessario aggiungere
una funzione di background (bkgr(q)) che dipende dal solo angolo
di diffrazione per descrivere ‘andamento della linea di base.
La linea di base di un diffrattogramma è tipicamente rappresentata
con un polinomio di grano n-esimo in funzione dell’angolo di
diffrazione.
Sono possibili altre soluzioni funzionali (espansione in serie dei
coseni di theta ad esempio) ma si tratta di varianti non
particolarmente significative.
Analisi del profilo completo di diffrazione • Ampiezza e forma dei picchi di diffrazione.
Caratteristiche strumentali
(fenditure, finestre ottiche,
geometria)
Caratteristiche del
campione (dimensione
cristalliti, internal strain)
Forma tipica del picco e sua
ampiezza in funzione
dell’angolo di diffrazione.
Geometria
strumentale
Dimensione dei
cristalliti
Strain interno dei
cristalliti
Forma Ampiezza angolare
q
qqq,
2,,
hkl
scale bkgrhklFFWHMhklprofilekI
Forma dei picchi di diffrazione La forma di un picco di diffrazione è determinata principalmente
da caratteristiche geometriche dello strumento ovvero:
1. Ampiezza delle fenditure divergenti
2. Presenza e ampiezza delle maschere di Soller
3. Ampiezza e caratteristiche delle slitte incidenti e riceventi
4. Presenza di monocromatori e loro caratteristiche
5. Presenza di filtri e loro caratteristiche
6. Tipologia di sorgente e sue caratteristiche (RX, RX non
convenzionali, Neutroni)
7. Dimensione degli archi goniometrici
8. Tipologia di misura (theta-theta, theta-2theta, omega-theta,
etc)
E’ anche determinata da caratteristiche complesse della morfologia
del campione (e.g. size-strain, texture).
In generale la forma di un picco di diffrazione è data da una
sommatoria complessa di una curva Laurenziana e una Gaussiana
Forma dei picchi di diffrazione
In un diffrattogramma teorico, lo spettro complessivo è dato quindi
dalla sommatoria di tante funzioni TCHZ quanti sono i picchi di
diffrazione presenti, ciascuna moltiplicata per il corrispondente
fattore di struttura al quadrato.
L’equazione tipica che descrive ognuno dei picchi di diffrazione è la
cosiddetta PSEUTO-VOIGT (TCHZ).
GLTCHZ 1
q
qqq,
2,,
hkl
scale bkgrhklFFWHMhklTCHZkI
In cui il parametro è il fattore di mescolamento
gaussiano/laurenziano.
Forma dei picchi di diffrazione
Andando più nel dettaglio, L è una funzione Laurenziana:
GLTCHZ 1
2
2
1
1
221
1
HC
H
CL
hklqqq
Dipendente dalla costante numerica C1=4
Nella precedente H è in prima approssimazione β=FWHM e qhkl la
corrispondente posizione angolare di Bragg del picco considerato
mentre q è la variabile angolo.
Forma dei picchi di diffrazione
Andando più nel dettaglio, G è una funzione Laurenziana:
GLTCHZ 1
2200 22exp HCH
CG hklqq
q
Dipendente dalla costante numerica C0=4ln2
Nella precedente H è in prima approssimazione β=FWHM e qhkl la
corrispondente posizione angolare di Bragg del picco considerato
mentre q è la variabile angolo.
Ampiezza angolare del picco di diffrazione Dimensione dei
cristalliti
Strain interno dei
cristalliti
La dimensione dei cristalliti ovvero la loro estensione geometrica
nelle 3 dimensioni determina che esistono solo un numero finito di
piani paralleli che danno diffrazione e questo influenza direttamente
l’allargamento dei picchi di diffrazione
Lo strain interno di un cristallo deriva dall’esistenza di compressioni
o espansioni casuali lungo qualunque direzione cristallina. La
deformazione elastica corrispondente avrà una sua distribuzione
nell’insieme dei cristalliti e determinerà non uno spostamento dei
picchi ma un loro allargamento (incremento dell’ampiezza angolare).
Geometria
strumentale
Chiamato allargamento strumentale di banda, si osserva per cristalli
quasi-infiniti (dimensioni micrometriche) primi di strain intento.
Dimensione dei cristalliti
L’ampiezza a mezza altezza dei picchi di diffrazione è legata alla
dimensione fisica dei domini cristallini che diffrangono.
L’equazione di Scherrer nella sua forma èpiù semplice consente
la stima della dimensione dei cristalliti a partire dall’ampiezza
angolare dei picchi di diffrazione.:
In cui Δ(2θ) è FWHM ovvero l’ampiezza di un dato picco a mezza
altezza e θ è metà dell’angolo 2θ a cui cade il picco di diffrazione
stesso. La lunghezza d’onda λ è ovviamente quella della radiazione
incidente.
cos2 D
Microstrain dei cristalliti
Lo strain intero (o microstrain) deriva dall’esistenza di
deformazioni casuali a lungo raggio, nelle varie direzioni
cristalline, all’interno di ciascun cristallite.
La distribuzione statistica di tali deformazioni casuali
(compressioni o espansioni) influenza l’ampiezza dei picchi di
diffrazione.
L’esistenza di una compressione (o espansione) casuale determina
una variazione delle distanze interplanari lungo una direzione hkl
all’interno di un singolo cristallite. Coppie di piani paralleli
differenti che riflettono la stessa radiazione incidente daranno
quindi diffrazione ad angoli lievemente differenti corrispondenti a
distanze interplanari livemente differenti.
Data tale definizione il microstrain si definisce come:
d
d
Microstrain dei cristalliti
Poiché la quantità d/d coincide con la risoluzione dello
strumento ed essendo quest’ultima dipendente dall’angolo di
diffrazione si avrà che anche il microstrain dipende dall’angolo di
diffrazione secondo la seguente relazione:
Come sappiamo 2q è approssimabile con la FWHM da cui:
qq cot
q tan2 FWHM
Quest’equazione è molto simile all’equazione di Scherrer per la
dimensione dei cristalliti ma la dipendenza angolare
dell’allargamento del picco dovuto al microstrain è differente
rispetto a quella dovuta all’ampiezza dei cristalliti.
Ampiezza dei picchi - sommario
Nei casi reali le dimensioni dei cristalliti e il microstrain
contribuiscono entrambi alla definizione dell’ampiezza complessiva
dei picchi di diffrazione in funzione dell’angolo.
Da cui:
GL
In cui abbiamo sottratto ai due contributi all’ampiezza del picco i
corrispondenti valori ottenuti da un campione di riferimento
(cristalli micrometrici privi di microstrain) che approssimano
l’allargamento strumentale di banda.
refLLS , refGGD ,
q
cosSx
D q cot4
1D
Ampiezza dei picchi - sommario
La separazione dei due contributi viene effettuata facendo la
deconvoluzione delle dipendenze angolari nei due termini del
coseno inverso e della tangente ma è un aspetto tecnico che
tralasciamo (strain-size analysis).
Ai fini del calcolo di un diffrattogramma teorico tuttavia si
preferisce descrivere l’andamento dell’ampiezza angolare dei picchi
di diffrazione non in funzione del coseno inverso e della tangente
ma usando l’equazione di Caglioti:
In cui i parametri U,V,W sono detti parametri di Caglioti e
influenzano l’andamento dell’allargamento angolare dei picchi di
diffrazione in funzione dell’angolo di diffrazione.
Tali parametri sono tipici per ciascuna fase presente.
WVUFWHM qqq tantan2
Diffrattogramma teorico - sommario Data l’equazione generale che consente di calcolare un
diffrattogramma teorico:
Esso dipende da una serie di parametri.
q
qqq,
2,,
hkl
scale bkgrhklFFWHMhklTCHZkI
Bkgr(q)
{a0,a1,a2,…,an}
Gruppo spaziale e
parametri di cella
{SG,a,b,c,,,}
Linea di base
Posizione
angolare dei
picchi
Parametri atomici
{Z,x,y,z,occupancy, B} Fattori di struttura
Strumento
{}
Conversione
angolo-distanza
Diffrattogramma teorico - sommario Data l’equazione generale che consente di calcolare un
diffrattogramma teorico:
Esso dipende da una serie di parametri.
q
qqq,
2,,
hkl
scale bkgrhklFFWHMhklTCHZkI
FWHM - Caglioti
{U,V,W}
TCHZ – pseudo voigt
{}
Ampiezza angolare
dei picchi di
diffrazione
Forma dei picchi
di diffrazione
Fattore di scala
{kscale}
Intensità
sperimentali
Analisi del profilo completo di diffrazione L’analisi dell’intero pattern di diffrazione sperimentale consente di
caratterizzare in modo approfondito il campione mediante:
1.Quantificazione delle fasi presenti
2.Derivazione delle proprietà strutturali delle fasi presenti (parametri
di cella, morfologia, distanze interatomiche e agitazione termica).
Operativamente?
• Si realizza quello che è chiamato un “profile fitting”
mediante un software (GSAS, Powdercell, Maud, Topas..)
• Calcola il diffrattogramma teorico a partire dalle strutture
cristalline delle fasi presenti nel campione
• Confronta il diffrattogramma sperimentale con quello
teorico e calcola dei “fattori di convergenza” (residui).
• Ottimizza i parametri strutturali (parametri di cella, posizioni
atomiche, etc) fino a minimizzare i fattori di convergenza
ME
TO
DO
RIE
TV
ELD
Analisi del profilo completo di diffrazione
Al fine di effettuare il cosiddetto PROFILE FIT di un
diffrattogramma sperimentale con una struttura cristallografica è
necessario assemblare nel programma di analisi dati gli INPUT.
Diffrattogramma
sperimentale
Modello
strutturale
CIF FILE
Software di analisi Rietveld
GSAS
Parametri
strumentali
PRM FILE
Esercitazione in laboratorio In questa esercitazione verrà effettuato il full profile fitting di uno
diffrattogramma sperimentale mediante il cosiddetto metodo
Rietveld e l’uso del software GSAS.
Al fine di procedere con questa esercitazione seguire passo passo
le istruzioni proposte.
1. Scaricare il file anatase.cif e implementare la struttura in
powdercell. Salvare il file della struttura come anatase.cel nel
folder C:\Rietveld1
2. Scaricare il file anatase_corr.raw (diffrattogramma sperimentale)
e salvarlo nel folder C:\Rietveld1
3. Scaricare i file inst_xry1.prm (file strumento) e slavarlo nel folder
D:\Rietveld1
4. Lanciare il programma expgui cliccando sull’icona
5. Selezionare il folder Rietveld1 e nella finestra in basso
denominare il file come anatase, dare invio e confermare
mediante il comando CREATE; compare una finestra in cui
digitare nuovamente il nome del composto anatase.
6. Si apre automaticamente la finestra EXPGUI interface to GSAS.
IMPLEMENTAZIONE DELLA STRUTTURA 6. Si apre automaticamente la finestra EXPGUI interface to GSAS.
7. In alto ci sono 3 righe sovrapposte:
• Riga dei menù generali
• Riga dei comandi
• Riga dei menù di raffinazione
8. Andare nel menù Phase della terza riga
9. Cliccare ADD PHASE
10. Cliccare IMPORT PHASE FROM powdercell .CEL file
11. Selezionare il file anatase.cel che avete creato in precedenza
12. Dare ok alla traslazione dell’origine degli assi
13. Cliccare CONTINUE per approvare l’acquisizione di gruppo
spaziale e parametri di cella
14. Cliccare CONTINUE per approvare l’acquisizione delle
operazioni di simmetria sui siti atomici
15. Cliccare ADD ATOMS per approvare l’implementazione dei 2 siti
atomici inequivalenti contenenti gli atomi di titanio e ossigeno
16. LA STRUTTURA E’ STATA IMPLEMENTATA NEL PROGRAMMA DI
RAFFINAMENTO STRUTTURALE DA DATI DI DIFFRAZIONE
Implementazione dei dati sperimentali
17. Andare nel menù HISTOGRAM della terza riga
18. Cliccare su ADD NEW HISTOGRAM per caricare nel programma
il diffrattogramma sperimentale e il file dello strumento
19. Compare la finestra ADD NEW HISTOGRAM
20. Nella riga DATA FILE cliccare SELECT FILE e caricare il file
anatase_corr.raw
21. Nella riga INSTRUMENT PARAMETER FILE cliccare SELECT
FILE e caricare il file inst_xry1.prm
22. Al centro della finestra compare in blu la dicitura CW X-ray
(constant wavelenght X-ray diffraction data)
23. Cliccare ADD
24. IL DIFFRATTOGRAMMA SPERIMENTALE E IL FILE DEI
PARAMETRI DELLO STRUMENTO SONO STATI IMPLEMENTATI
NEL PROGRAMMA DI RAFFINAMENTO STRUTTURALE DA DATI
DI DIFFRAZIONE
25. E’ possibile procedere con il PROFILE FIT.
Diffrattogramma teorico Data l’equazione generale che consente di calcolare un
diffrattogramma teorico:
Esso dipende da una serie di parametri.
q
qqq,
2,,
hkl
scale bkgrhklFFWHMhklTCHZkI
Bkgr(q)
{a0,a1,a2,…,an}
Gruppo spaziale e
parametri di cella
{SG,a,b,c,,,}
Linea di base
Posizione
angolare dei
picchi
Parametri atomici
{Z,x,y,z,occupancy, B} Fattori di struttura
Strumento
{}
Conversione
angolo-distanza
Diffrattogramma teorico Data l’equazione generale che consente di calcolare un
diffrattogramma teorico:
Esso dipende da una serie di parametri.
q
qqq,
2,,
hkl
scale bkgrhklFFWHMhklTCHZkI
FWHM - Caglioti
{U,V,W}
TCHZ – pseudo voigt
{}
Ampiezza angolare
dei picchi di
diffrazione
Forma dei picchi
di diffrazione
Fattore di scala
{kscale}
Intensità
sperimentali
Descrizione dei menù di raffinazione
26. Nella finestra EXPGUI interface to GSAS sulla terza riga sono
riportati gli 8 menù di raffinazione che contengono i vari
parametri da ottimizzare.
27. Il primo LS CONTROLS contiene dei parametri generali
riguardanti il metodo di raffinazione del profilo
28. Il secondo PHASE contiene tutti i parametri strutturali
riguardanti le fasi presenti (cella e posizioni atomiche). Questi
parametri possono essere ottimizzati selezionando le caselline
GIALLE vicine a ciascun parametro. Per ottimizzare i parametri
atomici è necessario cliccare sugli atomi nella lista e selezionale
le corrispondenti caselline in basso. TUTTE LE CASELLINE
GIALLE SONO VUOTE.
29. Il terzo menù POWDER contiene i parametri del BACKGROUND
(linea di base), le costanti del diffrattometro e una sezione per le
correzioni di assorbimento che attualmente ignoreremo. TUTTE
LE CASELLINE GIALLE DEVONO ESSERE VUOTE (de-
selezionare quella del background).
Descrizione dei comandi base 30. Il quarto menù SCALING contiene il fattore di scala e nel caso di
miscele di fasi le abbondanze relative delle fasi. TUTTE LE
CASELLINE GIALLE SONO VUOTE e quindi è necessario
deselezionare la casellina della variabile SCALE
31. Nel quinto menù PROFILE sono contenuti i parametri che
determinano i profili dei picchi di diffrazione (caglioti
coefficients e altri). TUTTE LE CASELLINE GIALLE SONO
VUOTE
32. Trascuriamo per ora i 3 menù restanti.
33. Per calcolare il diffrattogramma teorico è necessario cliccare nel
menù dei comandi (seconda riga) prima POWPREF (seguendo le
istruzioni successive) e poi GENLES (seguendo le istruzioni
successive)
34. Cliccando LIVEPLOT compare il grafico di confronto tra il
diffrattogramma sperimentale e quello calcolato nonché la curva
della differenza tra i 2 (che teoricamente dovrebbe essere nulla
per un raffinamento di successo).
35. Questo orribile confronto è il punto di partenza
Analisi del profilo completo di diffrazione
processing
Ottimizzo i parametri del modello
strutturale al fine di minimizzare la
funzione dei resti. Valuto la convergenza
con i fattori di convergenza (devono
tendere a 0)
Diffrattogramma
sperimentale
Diffrattogramma
teorico
Parametri da
ottimizzare
BACKGROUND
FATTORE DI SCALA
CELLA
ATOMI
PROFILO
punti
punti
calc
BI
II
Rexp
exp
Descrizione dei comandi base 36. I primi parametri da ottimizzare sono:
• Il fattore di scala
• Il background
37. Selezionare le corrispondenti caselline gialle e cliccare GENLES
38. Vengono effettuati 3 cicli di raffinazione e alla fine compare:
Descrizione dei comandi base 39. Dopo aver caricato i nuovi risultati il corrispondente liveplot è:
Descrizione dei comandi base
40. Poiché nella finestra nera appariva la dicitura CONVERGENCE
WAS ACHIEVED è possibile procedere al raffinamento dei
successivi parametri
41. Deseleziono il BACKGROUND
42. Nel menù PHASE seleziono la casellina REFINE CELL (e
controllo che nel menù profile siano de-selezionate TRNS e
SHFT) per ottimizzare i valori dei parametri di cella.
43. Clicco GENLES e ottimizzo i parametri
44. Deseleziono REFINE CELL e nel menù PROFILE seleziono
anche le caselline TRNS e SHFT per ottimizzare eventuali errori
nel posizionamento del campione
45. Clicco GENLES e ottimizzo i parametri
46. Ripeto la sequenza 42-45 un’altra volta
47. Nel momento in cui leggo CONVERGENCE WAS ACHIEVED
anche questi parametri sono stati ottimizzati
Descrizione dei comandi base 46. Cliccando nella seconda riga dei comandi LSTVIEW compare un
file di testo con l’elenco dei parametri di convergenza.
Descrizione dei comandi base
47. Nel menù PHASE de-seleziono la casellina REFINE CELL
48. Nel menù PROFILE de-seleziono anche le caselline TRNS e
SHIFT
49. Nel menù PROFILE seleziono i Coefficienti di Caglioti ovvero U
V W . Tuttavia poiché questi parametri sono MOLTO sensibili e
possono facilmente mandare in divergenza il refinement
aumento il DAMPING (rallentamento) portandolo a 9 per fare in
modo che l’ottimizzazione proceda lentamente.
50. Clicco GENLES e al termine dei 3 cicli osservo nella maschera
nera che non è riportato nessun commento riguardo la
convergenza seppure i parametri R sono migliorati
51. Per raggiungere la convergenza è necessario ripetere il
refinment. Per farlo vado nel menù LS CONTROLS e aumento il
numero di cicli da 3 a 10. Clicco poi GENLES.
52. Acquisisco i nuovi parametri e ripeto GENLES fino a che non
leggo CONVERGENCE WAS ACHIEVED.
Descrizione dei comandi base
53. CONVERGENCE WAS ACHIEVED.
Descrizione dei comandi base
54. Nel menù PROFILE de-seleziono I COEFFICIENTI DI CAGLIOTI U
V W
55. Nel menù PROFILE seleziono LX che regola parzialmente il
grado di mescolamento tra profilo laurenziano e gaussiano dei
profili dei picchi. Conservo il DAMPING (rallentamento) a 9 per
fare in modo che l’ottimizzazione proceda lentamente.
56. Clicco poi GENLES e acquisisco i nuovi parametri. Ripeto
GENLES fino a che non leggo CONVERGENCE WAS ACHIEVED.
Descrizione dei comandi base
57. Nel menù PROFILE de-seleziono LX.
58. Nel menù PHASE selezioni gli atomi e ottimizzo X e U ovvero le
posizioni atomiche e i parametri termici mettendo per entrambi
DAMPINGS a 9.
59. Clicco poi GENLES e acquisisco i nuovi parametri. Ripeto
GENLES fino a che non leggo CONVERGENCE WAS ACHIEVED.
Descrizione dei comandi base 60. Nel menù PHASE de-selezioni X e U per entrambi gli atomi.
61. Nel menù HISTOGRAM seleziono l’ottimizzazione del
background
62. Nel menù phase seleziono REFINE CELL
63. Clicco poi GENLES e acquisisco i nuovi parametri. Ripeto
GENLES fino a che non leggo CONVERGENCE WAS ACHIEVED.
Descrizione dei comandi base 55. Nel menù HISTOGRAM de-seleziono l’ottimizzazione del
background; nel menù phase sde-eleziono REFINE CELL
56. Nel menù PROFILE seleziono U V W
57. Nel menù PHASE seleziono U e X per i 2 atomi.
58. Clicco poi GENLES e acquisisco i nuovi parametri. Ripeto
GENLES fino a che non leggo CONVERGENCE WAS ACHIEVED.
Descrizione dei comandi base 69. Nel menù PROFILE de-seleziono U V W; nel menù PHASE de-
seleziono U e X per i 2 atomi.
70. Nel menù PROFILE seleziono LX.
71. Clicco poi GENLES e acquisisco i nuovi parametri. Ripeto
GENLES fino a che non leggo CONVERGENCE WAS ACHIEVED.
72. SALVO IL REFINMENT E ANCHE UNA COPIA DI SICUREZZA.
Descrizione dei comandi base 73. Continuate l’ottimizzazione raffinando gli stessi parametri che
sono stati considerati finora (salvando di tanto in tanto anche
copie di sicurezza) cercando di minimizzare i coefficienti di
convergenza wRp Rp R(F2). Quando la convergenza è raggiunta
e i coefficienti di convergenza sono sostanzialmente insensibili
ad ulteriori cicli di ottimizzazione il refinement è COMPLETATO.