Il mondo agricolo lariano nel passaggio tra i due
secoli
Bando CariploPresentazione realizzata da Cantaluppi
Martino; Casarico Mattia; Negri Veronica; Salvadè Giulia
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La crisi agricola
Alla fine del XIX secolo nell’aria lariana iniziò una grandissima e
gravissima crisi dell’agricoltura, già presente in tutta Europa.
Tratto da Inchiesta Agraria in Bollettino Agrario di Como XIII sec. 1884
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La crisi agricolaI contadini cominciarono a lamentarsi della
bassa rendita delle colture e il comizio
agrario di Como sosteneva l’inconvenienza
dell’allevamento del baco da seta. La
gelsibachicoltura era un’attività che
interessava i proprietari fondiari della zona.
Era anche fortemente penalizzata
l’agricoltura nel lecchese a causa del
diffondersi della fillossera che causava un
crescente deperimento delle viti coltivate.
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L’allevamento
All’inizio del 1880, si poteva rilevare un incremento del numero
di bovini allevati, però erano piuttosto arretrate le strutture
adibite all’allevamento che impediva a questo settore di
affermarsi come settore trainante.
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L’allevamentoL’allevamento bovino era molto penalizzato sia per la morfologia del
territorio e dei pascoli alpini, sia per il sistema agrario in atto che
ostacolava gli allevatori.
Le condizioni del bestiame erano assai precarie a causa della mancanza
di un adeguato servizio veterinario e a causa dell’assenza di pratiche di
miglioramento dei soggetti allevati.
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La nascita delle latterieLa nascita delle latterie riportata in una citazione del Comizio
Agrario di Como del 1883:
« pare incredibile eppure è vero, che non possa entrare, specialmente nei
nostri montanari il buon principio dell’associazione per la fabbricazione dei
formaggi, e così si fa ciascuno per proprio conto un formaggio impossibile, un
burro quasi acido, perché il vaso di deposito del latte viene riempito in
parecchie riprese, con una perdita di tempo e consumo di legna eccessivo.
La diffidenza è la causa che mantiene segregati tanti elementi che riuniti
darebbero ottimi frutti, ecco perché non si hanno latterie sociali »
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La crisi agricolaL’andamento negativo dei prezzi dei cereali
e dei bozzoli era causato da una progressiva
crisi della coltivazione della vite, numerose
avversità atmosferiche, le distruzioni
provocate dalla peronospora, la carenza di
forza lavoro e la concorrenza dei vini
piemontesi e meridionali.
Nel settore gelsobachicolo arrivò un nuovo
parassita del gelso chiamato «diaspis pentagona», dapprima notato a Erba e
successivamente in zone limitrofe. 8
La crisi della viteLe aree interessate dalla infezione della fillossera
erano state oggetto di accurate ispezioni e il
ministero dell’agricoltura scelse di imporre
l’estirpamento delle piante infette, anche se questo
sistema si dimostrava inefficiente.
I viticoltori denunciavano raramente la presenza della
fillossera sulle loro viti temendo di dover assistere
alla distruzione delle proprie viti, senza adeguato
risarcimento. Un altro metodo per arginare quest’
infezione era di impiantare viti americane innestate
con vitigni tipici della zona. 9
La crisi della viteLa fillossera della vite è un insetto della
famiglia dei Phylloxeridae. È un fitofago
associato alla specie del genere Vitis che
attacca delle specie europee e l’apparato
aereo di quelle americane. Quest’insetto è
originario del Nordamerica ed è comparso
in Europa nella seconda metà Ottocento.
Provoca in breve tempo gravi danni alle
radici e la conseguente morte della pianta
attaccata. Non attacca solo alcuni vitigni
dell’America.10
La crisi della viteQuesti metodi non arrestarono la
propagazione della fillossera e
l’invasione poté così proseguire lungo
la sponda orientale del Lario fino a
toccare Bellano e alcuni centri nel
Varesotto.
Intorno al 1890 risultavano colpiti
circa 90 comuni e all’inizio del 900 il
Dottor Cesare Forti dovette
denunciare la presenza del parassita
nel 70% dei comuni vitiferi. 11
La crisi della viteI metodi tentati per arginare la fillossera furono:
Uso del solfuro di carbonio iniettato nel terreno per uccidere le
gallicole sulle radici, la sommersione dei vigneti per distruggere tramite
asfissia le gallicole ibernanti (cosa praticabile naturalmente solo in zone
pianeggianti e irrigabili), e in ultimo l'insabbiamento delle vigne, dato
che si notò che in terreni sabbiosi di particolare origine marina la
fillossera era molto meno virulenta se non addirittura incapace di
svilupparsi. Ma il vero passaggio risolutivo si ebbe quando si comprese
che l’immunità radicale sviluppata da alcune specie americane poteva
essere utilizzata per costruire una pianta bimembra con piede
americano ma apparato vegetativo e riproduttivo europeo, nasceva la
nuova viticoltura.12
La crisi agricolaI contadini più intraprendenti
colsero l’opportunità di nuovi
sbocchi commerciali, creati
dall’apertura del traforo del
Gottardo, si iniziò la coltivazione
del luppolo, si tentò di
introdurre il sorgo zuccherino,
la barbabietola ed il tabacco.
Sorsero però le prime difficoltà
e queste iniziative vennero del
tutto abbandonate. 13
La ribellione dei contadiniA partire dal 1882 si ebbero agitazioni da parte dei contadini
nell’area lariana con epicentro nel basso comasco, ad Olgiate.
All’origine delle proteste contadine vi era il peggioramento delle
condizioni di vita causate dalla crisi agraria e anche a causa dei
proprietari terrieri che aumentavano il numero delle «giornate
coloniche» cioè le giornate in cui il contadino era tenuto a
lavorare a tariffa ridotta per il padrone.
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La ribellione dei contadiniLa polemica sul peso delle giornate
coloniche per i contadini era molto
accesa quindi i contadini richiedevano un
aumento delle paghe giornaliere e un
rapporto più leale con il padrone il quale
spesso dichiarava eseguite meno
giornate coloniche di quelle reali, nacque
il libretto colonico su cui riportare il
numero delle giornate passate a
lavorare per il padrone.
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Le proteste dei contadiniNonostante le richieste dei contadini di condizioni di vita e
lavoro migliori al padrone, questi prese un ruolo di intransigenza
e l’infelicità tra i contadini persistette nonostante il Comizio
Agrario di Como sosteneva un miglioramento a quanto pare
inesistente delle condizioni dei contadini.
Con l’avvento dell’ ultimo decennio del secolo il moto sembrò
placarsi ma restò una situazione congelata che avrebbe poi
alimentato i conflitti di inizio 900.
Le proteste e le rivendicazioni dei proprietari fondiari si
manifestavano attraverso le petizioni del parlamento nazionale.16
Le proteste dei contadiniComo si inserì nell’ ampio movimento di opinioni che porterà alla
approvazione di disposizioni normative capaci di fornire una risposta
alle richieste degli agrari della penisola italiana. Nel 1886 venne
promulgato il riordinamento del imposta fondiaria con la quale si
affrontava il problema del tributo prediale; nel medesimo anno con una
nuova legge si ponevano limitazioni alle province e ai comuni di
sovrimporre l’imposta fondiaria. Queste due leggi recavano importanti
benefici alla società. Ci fu anche la domanda di revisione della politica
doganale.
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Nel 1887 gli agricoltori volevano la promozione di istituti capaci
di rispondere alle esigenze ambientali. La crisi agricola
continuava, ma solo grazie alla ripresa dei prezzi la società fu in
grado di rianimare un sistema produttivo statico. Nel 1901 ci fu
una riduzione del prelievo fiscale quindi anche un notevole
alleggerimento della prediale. Durante l’età Giolittiana, una
sostanziale immobilità caratterizzava i caratteri delle valli
alpine, solo i pascoli continuavano ad aumentare la produttività,
attraverso l’uso di concimi chimici. Questa innovazione favorì
l’ampliamento del patrimonio zootecnico.
L’agricoltura del 1800
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L’agricoltura del 1800Oltre alla crescita quantitativa e qualitativa ci fu anche una persistente
debolezza strutturale. Nelle regioni dell’altopiano e di collina ci fu una
progressiva scomparsa della viticoltura e un declino della
gelsobachicoltura, inoltre la produzione di foraggio non soddisfava le
richieste degli allevatori e la concimazione veniva usata da un numero
limitato di operai.
I contadini rimasero molto legati al lavoro attivo che richiedeva molta
forza lavoro.
Le manifatture presenti sul territorio aumentavano.
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L’agricoltura del 1800Il rafforzamento dell’industrializzazione
permise una drastica diminuzione dalla
manodopera disponibile, cosa che fu
negativa per la viticoltura e la
gelsobachicoltura.
La zona di Como rimase una zona dove le
potenzialità produttive venivano sfruttate
solo in parte.
La concorrenza industriale pose un deciso
ostacolo per lo sviluppo qualitativo
dell’agricoltura lariana.
Con lo scoppio della prima guerra mondiale
ci fu una radicale trasformazione.
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L’agricoltura del 1800Nelle zone montuose, l’incapacità di
sfruttare i vantaggi offerti da una nuova
congiuntura, aveva provocato l’iniziale
abbandono delle vallate alpine dei circondari
di Como e Varese.
Il parziale insuccesso di modernizzazione e
di declino della gelsobachicoltura, aveva
creato nelle regioni di collina e di pianura un
radicale mutamento del rapporto esistente,
che favori la riduzione dell’attività agricola
a semplice fonte di redditi integrativi. 21