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IL NUOVO SALDO DI COMPETENZA - asfel.it · ... finanza e controllo ... esperto di contabilità...

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Management locale Rivista di amministrazione, finanza e controllo ISSN 2420-7845 Anno IV • numero 01 • Gennaio 2016 IL NUOVO SALDO DI COMPETENZA Il nuova pareggio di bilancio, la messa in soffitta del patto di stabilità interno Legge di stabilità 2016: novità per i tributi locali La riduzione della spesa di personale Rapporto tra politica e amministrazioni negli enti pubblici locali
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Management localeRivista di amministrazione, finanza e controlloISSN 2420-7845

Anno IV • numero 01 • Gennaio 2016

IL NUOVO SALDO DI COMPETENZAIl nuova pareggio di bilancio, la messa in soffitta del patto di stabilità interno

Legge di stabilità 2016: novità per i tributi locali

La riduzione della spesa di personale

Rapporto tra politica e amministrazioni negli enti pubblici locali

2 MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 2016

5 “Il nuovo saldo di competenza” di Eugenio Piscino

11 “Legge di stabilità 2016: novità per i tributi locali” di Luciano Catania

20 “La riduzione della spesa di personale.” di Luigi Oliveri

25 “Mancato rispetto dei tempi medi di pagamento. La sentenza della corte costituzionale n. 272 del 22 dicembre 2015” di Liliana Cirillo

39 “La nuova disciplina dell’autotutela nella legge 124/2015” di Tiziano Tessaro

57 “Rapporto tra politica e amministrazioni negli enti pubblici locali.” di Antonio Gisolfi

63 “Etica e “Codici di comportamento”. La rinascita delle istituzioni pubbliche nella “Giornata della legalità e della trasparenza”? (seconda parte)” di Rosario Scalia

RUBRICHE

“Tasi, abitazioni principali escluse dal prelievo”a cura di a cura di Sergio Trovato

“I controlli dell’Organo di Revisione in materia di Opere Pubbliche – Il Rendiconto dei contributi ricevuti ed erogati” a cura di Paolo Longoni e Rosario Poliso

“Il soccorso istruttorio: il procedimento e l’ invariazione della soglia di anomalia (quarta ed ultima parte)” a cura di Stefano Usai

Collaboratori Comitato Scientifico Contatti

IN QUESTO NUMERO

3 MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 2016

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Hanno collaborato a questo numeroEugenio Piscino esperto di finanza locale e fiscalità locale, dirigente di enti locali, Presidente dell’A.S.F.E.L. email: [email protected]

Luciano Catania segretario generale, componente di nuclei di valutazione email: [email protected]

Liliana Cirillo funzionario di enti locali, esperto in gestione del personale email: [email protected]

Antonio Gisolfiuniversità di Foggia email: [email protected]

Paolo Longonicommercialista, esperto di contabilità pubblica e di servizi pubblici locali email: [email protected]

Luigi Oliveri dirigente di enti locali, esperto e autore di numerose pubblicazioni email: [email protected]

Rosario ScaliaPresidente della Sezione regionale di controllo della Basilicata della Corte dei conti

Tiziano Tessaromagistrato della Corte dei conti, Sezione regionale Veneto

Sergio Trovato pubblicista, consulente di Italia Oggi, esperto per 15 anni de Il Sole 24 Ore, consulente Anci email: [email protected]

Stefano Usai vice segretario, responsabile gestione risorse email:[email protected]

Gennaio 2016 • numero 01 • Anno IV • MANAGEMENT LOCALE 4

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Il comitato scientificoAntonini Luca Avvocato Professore ordinario di Diritto Costituzionale presso l’Università di Padova - Presidente della Copaff

Barbiero Alberto Consulente amministrativo-gestionale in materia di appalti e di società partecipate

Bellesia Mauro Dirigente Enti Locali, Docente di corsi

Buscema Angelo Presidente di coordinamento delle Sezioni riunite di controllo

Cascone Gennaro Dirigente enti locali, Docente di corsi

Caterini Enrico Professore ordinario di Diritto Privato preso l’Università della Calabria

D’Aristotile Ebron Professore a contratto di Economia delle aziende ed amministrazioni pubbliche Università G D’Annunzio Chieti Pescara

Fabiano Santo Docente universitario e formatore

Fissi Silvia Assegnista di ricerca e docente a contratto di Economia Aziendale presso l’Università degli Studi di Firenze

Giordano Biagio Mef - Ragioneria Generale dello Stato - Dirigente Ispettorato Generale di Finanza- Servizi ispettivi di finanza pubblica-Settore IV

Gori Elena Ricercatore di Economia Aziendale presso l’Università degli Studi di Firenze

Graffeo Maurizio Presidente della Sezione Regionale di controllo della Corte Conti - Sicilia

Jorio Ettore Professore di Diritto Sanitario presso l’Università della Calabria

Miele Tommaso Magistrato della Corte dei conti - Presidente dell’Associazione Magistrati della Corte dei conti

Occhiena Massimo Professore associato di diritto amministrativo presso l’Università Bocconi

Piperata Giuseppe Professore associato di diritto amministrativo presso l’Università Iuav di Venezia

Piscino Eugenio Dirigente enti locali, esperto di finanza e fiscalità locale

Pizziconi Giampiero Magistrato della Corte Conti, Sezione Regionale di controllo del Veneto

Sorci Antonio Assistant professor di Economia Aziendale presso l’Università Kore di Enna

Tessaro Tiziano Magistrato della Corte Conti, Sezione Regionale di controllo del Veneto

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 20165

Il nuovo saldo di competenzadi Eugenio Piscino

La legge di stabilità per il 2016 ha introdotto il saldo di competenza, che sostituisce completamente il patto di stabilità interno. A parte le modalità di calcolo, il nuovo strumento per la realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica ha modalità operative molto simili a quelle del patto di stabilità, così come per la certificazione e le sanzioni, in caso di inadempimento.

PREMESSA

Con la legge di stabilità per il 2016 il patto di stabilità interno, applicato ai comuni dal 1999 è sostituito con il nuovo vincolo del pareggio di bilancio, di competenza finale. La legge n. 208 del 28 dicembre 2015 ha introdotto tale novità, nei commi da 707 a 729 dell’articolo unico, con applicazione parziale della legge n. 243 del 2012 sul pareggio di bilancio costituzionale.

La novella legislativa si applica a tutti i comuni, compresi quelli con meno di mille abitanti che erano, finora, esclusi dall’assoggettamento al patto di stabilità interno, alle province, alle città metropolitane e alle regioni. L’unica esclusione riguarda le unioni di comuni.

Come vedremo, è necessario conseguire un saldo non negativo in termini di competenza tra le entrate finali – i primi cinque titoli del nuovo bilancio armonizzato – e le spese finali – i primi tre titoli. Soltanto per quest’anno, tra le entrate e le spese finali, è considerato il Fondo pluriennale vincolato – FPV – di entrata e di spesa, al netto della quota proveniente dal ricorso all’indebitamento.

IL NUOVO SALDO DI COMPETENZA: SOGGETTI E, COMPOSIZIONE

Il comma 707 della legge di stabilità dispone che non trovano più applicazione l’insieme delle

necessario conseguire un saldo non negativo

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 20166

Eugenio Piscino

Il nuovo saldo di competenza

norme sul patto di stabilità interno1. Restano, invece, fermi gli adempimenti degli enti locali concernenti il monitoraggio e la certificazione del patto di stabilità per il 2015 e l’applicazione delle sanzioni in caso di mancato rispetto dello stesso per il 2015 o per gli anni precedenti2. La disposizione fa, ulteriormente, salvi gli effetti, per gli anni 2014 e 2015, dei patti orizzontali3.

I comuni, le province, le città metropolitane, le regioni, le province autonome di Trento e Bolzano, ai fini della tutela dell’unità economica della Repubblica concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, previsti dai commi dal 707 al 729, che costituiscono principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica4.

Ai fini del contenimento di tali saldi, gli enti indicati debbono conseguire un saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali. Il comma 711 chiarisce che le entrate finali sono quelle ascrivibili al Titolo 1 - Entrate correnti di natura tributaria, contributiva e perequativa – Titolo II – Trasferimenti correnti – Titolo III – Entrate extratributarie – Titolo IV – Entrate in c/capitale – Titolo V – Entrate da riduzione di attività finanziarie. Mentre le spese finali sono quelle di cui al Titolo I – Spese correnti – Titolo II – Spese in c/capitale – Titolo III – Spese per incremento di attività finanziaria. Per il solo anno 2016, nelle entrate e nelle spese finali è considerato il FPV, di entrata e di spesa, al netto della quota derivante dal ricorso all’indebitamento.

Al bilancio di previsione è allegato obbligatoriamente un prospetto contenente le previsioni di competenza triennali, rilevanti in sede di rendiconto, ai fini della verifica del rispetto del saldo. Il prospetto non considera gli stanziamenti del fondo crediti di dubbia esigibilità e dei fondi spese e rischi futuri, che, in quanto non impegnabili, confluiscono nel risultato di amministrazione5. Per l’esercizio corrente, il prospetto è allegato al bilancio di previsione già approvato con successiva deliberazione di variazione, che deve essere approvata dal Consiglio, entro 60 giorni dalla data di adozione del prospetto.

ESCLUSIONE DAL SALDO DI COMPETENZA

Il comma 713 della legge di stabilità esclude, per il solo anno 2016, dal saldo le spese sostenute per gli interventi di edilizia scolastica, con utilizzo dell’avanzo di amministrazione o con il ricorso all’indebitamento, nel limite massimo complessivo di 480 milioni di euro.

1Ci si riferisce all’articolo 31 della legge 12 novembre 2011, n. 183 e a tutte le norme concernenti la disciplina del patto di stabilità interno degli enti locali nonché i commi 461, 463, 464, 468, 469 e i commi da 474 a 483 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190.

2 Adempimenti previsti dai commi 19, 20 e 20-bis e sanzioni previste ai sensi dei commi 28, 29 e 31 dell’articolo 31 della legge 12 novembre 2011, n. 183.

3Il riferimento è al comma 141 dell’articolo 1 della legge 13 dicembre 2010 n. 220, al comma 483 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, e al comma 7 dell’articolo 4-ter del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44.

4 Il comma 734 della legge di stabilità per il 2016 dispone che: Per gli anni 2016 e 2017, alle regioni Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige, alla Regione siciliana e alle province autonome di Trento e di Bolzano non si applicano le disposizioni di cui al comma 723 del presente articolo e resta ferma la disciplina del patto di stabilità interno recata dall’articolo 1, commi 454 e seguenti, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, come attuata dagli accordi sottoscritti con lo Stato.

5Il prospetto concernente il rispetto del predetto saldo è definito secondo le modalità previste dall’articolo 11, comma 11, del d.lgs. n. 118 del 23 giugno 2011. La norma prevede che gli schemi siano adottati con decreto del Ministero dell’economia edelle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato,di concerto con il Ministero dell’interno - Dipartimento per gliaffari interni e territoriali e la Presidenza del Consiglio deiministri - Dipartimento per gli affari regionali, su proposta dellaCommissione per l’armonizzazione contabile degli enti territoriali.

Al bilancio di previsione è allegato obbligatoriamente un prospetto contenente le previsioni di competenza triennali

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 20167

Eugenio Piscino

Il nuovo saldo di competenza

Il comma in esame determina, inoltre, un ordine di priorità per l’attribuzione degli spazi finanziari e, precisamente, per le:

a) spese sostenute per gli interventi di edilizia scolastica avviati dai comuni a seguito dell’esclusione dal patto di stabilità prevista in precedenza6 e spese sostenute dalle province e dalle città metropolitane per interventi di edilizia scolastica, nell’ambito delle risorse assegnate7;

b) spese sostenute dagli enti locali a valere su stanziamenti di bilancio ovvero con ricorso a mutui passivi, per interventi di edilizia scolastica finanziati con le risorse di cui all’articolo 10 del decreto-legge 12 novembre 2013, n. 104;

c) spese per interventi di edilizia scolastica sostenute da parte degli enti locali.

Ai sensi del comma 716 sono escluse, per il solo anno 2016, dal saldo le spese sostenute per gli interventi di bonifica ambientale, derivanti da attività minerarie, effettuate con l’utilizzo dell’avanzo di amministrazione e con contrazione di indebitamento. L’esclusione è prevista per 20 milioni di euro.

Ai fini dell’ottenimento delle due esclusioni sopra indicate, gli enti locali comunicano alla Struttura di missione (competente) presso la Presidenza del consiglio dei ministri, entro il 1° marzo di ogni anno, gli spazi finanziari di cui necessitano.

Con decreto del P.C.M., da emanare entro il prossimo 15 aprile, sono individuati gli enti locali che beneficiano dell’esclusione e l’importo della stessa. Nell’ipotesi in cui la richiesta degli spazi finanziari sia superiore alla disponibilità, gli stessi saranno attribuiti in misura proporzionale rispetto alle richieste8.

MONITORAGGIO E CERTIFICAZIONE DEL RISPETTO DEL SALDO

Ai fini del monitoraggio, previsto dal comma 719, gli enti trasmettono alla Ragioneria generale dello Stato le informazioni sulle risultanze del saldo, con modalità e tempi definiti con decreti del Ministero dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città e autonomie locali.

Per la verifica del rispetto dell’obiettivo di saldo, ogni ente è tenuto a inviare, con l’utilizzo del sistema web, entro il 31 marzo di ogni anno, alla RGS, una certificazione dei risultati conseguiti, firmata digitalmente dal rappresentante legale, dal responsabile del servizio finanziario e dall’organo di revisione economico-finanziaria9. Il decreto di cui al monitoraggio definisce, inoltre, il prospetto e le modalità per la certificazione.

Il mancato invio della suddetta certificazione entro il termine equivale a inadempimento all’obbligo del pareggio di bilancio. Nel caso in cui, la trasmissione è effettuata entro 30 giorni dal termine fissato per l’approvazione del rendiconto e attesti il conseguimento dell’obiettivo di saldo, si applicano soltanto la sanzione del divieto di assunzioni di personale a qualsiasi titolo

6Previste dall’articolo 48, comma 1 del d.l. n. 66 del 24 aprile 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89.

7Ai sensi dell’articolo 1, comma 467, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, nonché’ spese sostenute dai comuni a compartecipazioni e finanziamenti della Banca europea degli investimenti destinati ad interventi di edilizia scolastica esclusi dal beneficio di cui al citato articolo 48, comma 1 del d.l. n. 66 del 24 aprile 2014, n. 66.

8Il monitoraggio degli interventi di edilizia scolastica avviene ai sensi del decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229.

9La trasmissione per via telematica della certificazione ha valore giuridico ai sensi dell’articolo 45, comma 1, del codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.

gli enti trasmettono alla Ragioneria generale dello Stato le informazioni sulle risultanze del saldo

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 20168

Eugenio Piscino

Il nuovo saldo di competenza

e con qualsiasi tipologia contrattuale (di cui alla lettera e) del comma 723).

Il comma 721 prevede la nomina del presidente dei revisori (o del revisore unico) quale commissario ad acta nel caso in cui siano trascorsi oltre 30 giorni dal termine per l’approvazione del rendiconto senza che vi sia stata la trasmissione della certificazione. In caso di inerzia del commissario ad acta o di mancato invio entro i successivi 30 giorni vi è la decadenza dal ruolo di revisore.

Nel caso in cui la certificazione sia trasmessa dal commissario ed attesti il conseguimento dell’obiettivo di saldo si applicano le sole sanzioni previste dalle lett. e) ed f) del comma 723 e precisamente, il divieto di assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsiasi tipologia contrattuale e la riduzione delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza del 30 per cento.

Fino alla trasmissione della certificazione da parte del commissario ad acta i trasferimenti del Ministero dell’interno sono sospesi e, allo scopo, la RGS trasmette al Ministero la comunicazione degli enti inadempimenti. L’invio della certificazione oltre 60 giorni dal termine fissato per l’approvazione del rendiconto della gestione non determina alcun diritto all’erogazione dei trasferimenti sospesi.

Gli enti locali non possono trasmettere, decorsi 60 giorni dal termine per l’approvazione del rendiconto, nuove certificazioni a rettifica di quelle precedenti, a meno che non si registri un peggioramento del proprio posizionamento.

Il comma 733 della legge di stabilità per il 2016 prevede che il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città e autonomie locali, può proporre misure di contenimento della spesa, nel caso in cui, anche sulla base del monitoraggio, risultino andamenti di spesa degli enti che non sono coerenti con gli impegni assunti con la UE.

LE SANZIONI PER IL MANCATO RISPETTO

Il mancato conseguimento del pareggio di bilancio determina, nell’anno successivo all’inadempimento, una serie di sanzioni:

a) l’ente registra una riduzione del Fondo di solidarietà comunale in misura parli all’importo corrispondente allo scostamento registrato. Nel caso di incapienza, gli enti sono tenuti a versare le somme residue10. Il mancato versamento determina, nell’anno

10 Il versamento avvienepresso la competente sezione di tesoreria provinciale dello Stato, al Capo X dell’entrata del bilancio dello Stato, al capitolo 3509, articolo 2.

i trasferimenti del Ministero dell’interno sono sospesi

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 20169

Eugenio Piscino

Il nuovo saldo di competenza

successivo, che il recupero è operato dall’Agenzia delle entrate che trattiene le relative somme all’atto del riversamento dell’IMU11. (la lett. b è relativa alle regioni).

c) l’ente locale non può impegnare spese correnti in misura superiore all’importo degli impegni registrati nell’anno precedente;

d) l’ente non può ricorrere all’indebitamento per gli investimenti. I mutui e i prestiti obbligazionari con tutte le istituzioni creditizie, così come le aperture di linee di credito debbono essere corredati da una certificazione attestante il conseguimento dell’obbiettivo del rispetto del pareggio di bilancio, in mancanza l’istituto finanziatore non può procedere;

e) non si possono effettuare assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsiasi tipologia contrattuale, compresi i rapporti di co.co.co. e di somministrazione, anche con riferimento a processi di stabilizzazione in atto. L’ente non può stipulare contratti di servizio con privati che si configurino elusivi della disposizione;

f) l’ente riduce le indennità di funzione e i gettoni di presenza del sindaco e della giunta in carica nell’esercizio in cui è avvenuta la violazione, con una riduzione del 30 per cento rispetto all’ammontare al 30 aprile 2014. La decurtazione è acquisita al bilancio dell’ente.

Nel caso in cui il mancato conseguimento del saldo è accertato in un anno successivo, le sanzioni indicate sopra, si applicano nell’anno successivo a quello della comunicazione del mancato conseguimento dell’obiettivo. La riduzione delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza è applicata al sindaco e agli assessori in carica nell’esercizio in cui si è avuto l’inadempimento.

Questi enti sono tenuti a comunicare il tutto entro 30 giorni dall’accertamento della violazione, con l’invio di una nuova certificazione alla RGS.

Il comma 726 dispone, in via generale, che tutti i contratti e altri atti che si configurano come elusivi delle regole in tema di pareggio di bilancio, sono nulli.

Inoltre, nel caso in cui la Corte dei conti accerti che il rispetto dell’obiettivo è stato conseguito in maniera artificiosa, con una non corretta applicazione dei principi contabili di cui all’armonizzazione o tramite altre manovre elusive, irroga, agli amministratori che hanno posto in essere le predette azioni, una sanzione pecuniaria fino a 10 volte l’indennità di carica percepita al momento dell’elusione e, al responsabile amministrativo, individuato dalla sezione giurisdizionale della stessa Corte, una sanzione pari a 3 mensilità del trattamento retributivo, al netto degli oneri previdenziali e assistenziali. Tali sanzioni sono acquisite al bilancio dell’ente.

SALDO REGIONALE VERTICALE E ORIZZONTALE

Così come per il patto di stabilità interno, anche per il pareggio di bilancio è previsto il saldo regionale verticale e orizzontale. In tal senso il comma 728 prevede che le regioni possono autorizzare gli enti locali del proprio territorio a peggiorare il saldo, al solo fine di incrementare gli impegni di spesa in conto capitale, a condizione che l’obiettivo complessivo a livello regionale sia garantito con un miglioramento, dello stesso importo, del saldo degli altri enti locali della regione e dello stesso ente regionale12.

11Il recupero è operato con le procedure di cui ai commi 128 e 129 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228.

12Per gli anni 2016 e 2017, la Regione siciliana e le regioni Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta operano la

La riduzione delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza è applicata al sindaco e agli assessori

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201610

Eugenio Piscino

Il nuovo saldo di competenza

Gli spazi finanziari del saldo regionale sono assegnati con priorità ai comuni con popolazione fino a mille abitanti e ai comuni nati dalla fusione di più enti, a partire dal 2011.

Per la rideterminazione degli obiettivi, le regioni definiscono i criteri di virtuosità e le relative modalità operative, con confronto presso il Consiglio delle autonomie locali, se costituito, o con i rappresentanti degli enti locali.

Per tale finalità, gli enti comunicato all’ANCI e all’UPI, entro il 15 aprile ed entro il 15 settembre, gli spazi finanziari di cui necessitano ovvero quelli che sono disposti a cedere. Entro il 30 aprile e il 30 settembre, le regioni comunicano agli enti interessati i saldi obiettivo rideterminati e al MEF, gli elementi informativi per la verifica del mantenimento dell’equilibro dei saldi di finanza pubblica. Gli spazi finanziari attribuiti e non utilizzati per impegni in conto capitale non rilevano ai fini del conseguimento del saldo.

Gli enti locali che cedono spazi finanziari hanno diritto, nel biennio successivo, a una modifica migliorativa del saldo, pari al valore degli spazi ceduti. Gli enti, che invece, acquisiscono spazi finanziari, debbono, nel biennio successivo, peggiorare i saldi obiettivo per un importo pari agli spazi acquisiti. La somma algebrica degli spazi finanziari concessi e attribuiti deve risultare, annualmente, pari a zero.

SALDO ORIZZONTALE NAZIONALE

Gli enti locali che prevedono di conseguire un differenziale negativo possono richiedere, dopo il saldo regionale, tramite il sito web della RGS, entro il 15 giugno, gli spazi di cui hanno necessità, per impegni in conto capitale. Di contro, gli enti che prevedono di conseguire un differenziale positivo rispetto al saldo possono comunicare, sempre tramite il sistema web, gli spazi che intendono cedere.

Nel caso in cui gli spazi richiesti siano superiori a quelli resi disponibili, si effettua un’attribuzione proporzionale. La Ragioneria generale dello Stato, entro il 10 luglio, aggiorna gli obiettivi degli enti interessati al saldo orizzontale nazionale, con riferimento all’anno corrente e al biennio successivo. Infatti, agli enti che acquisiscono spazi l’obiettivo è peggiorato, nel biennio successivo, per un importo annuale pari alla metà della quota acquisita; mentre per gli enti che hanno ceduto l’obiettivo di ogni anno del biennio successivo è migliorato in misura pari alla metà del valore degli spazi finanziari ceduti. Anche in questo caso la somma algebrica, per ogni anno, deve essere pari a zero.

compensazione mediante la riduzione dell’obiettivo del patto di stabilità in termini di competenza eurocompatibile di cui all’articolo 1, comma 454, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, e la regione Trentino-Alto Adige e le province autonome di Trento e di Bolzano mediante il contestuale miglioramento, di pari importo, del proprio saldo programmatico riguardante il patto di stabilità interno.

Gli enti locali che cedono spazi finanziari hanno diritto, nel biennio successivo, a una modifica migliorativa del saldo

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201611

Legge di stabilità 2016: novità per i tributi localidi Luciano Catania

La legge 28 dicembre 2015, n. 208, introduce delle modifiche sui tributi locali. Tra le novità dettate dalla legge di stabilità 2016, vi sono le esenzioni IMU e TASI per l’abitazione principale ed il nuovo trattamento per i terreni agricoli. Per quanto riguarda la valutazione catastale degli immobili aziendali viene introdotta una nuova disciplina che esclude i macchinari, i congegni, le attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo, dall’ambito della valutazione catastale (attraverso stima diretta) alla quale rimangono invece soggetti il suolo, le costruzioni ed i soli impianti ad essi strutturalmente connessi che accrescono normalmente la qualità ed utilità dell’unità immobiliare. Gli Enti Locali subiscono il divieto di deliberare per l’anno 2016 aumenti di prelievo sui tributi propri, con esclusione della tassa sui rifiuti TARI nonché dei Comuni che deliberano il pre-dissesto o il dissesto.

La legge di stabilità 28 dicembre 2015 n. 208 (G.U. 30/12/2015) è la prima degli ultimi anni a non cambiare il nome dei tributi locali, così che persino la denominazione della tassa sulla raccolta per i rifiuti urbani invecchierà, finalmente, di un anno.

Con il provvedimento appena entrato in vigore, il legislatore si limita ad intervenire su alcune questioni che hanno interessato dottrina e giurisprudenza.

La tecnica legislativa utilizzata subisce un regresso costante, con la presenza di una serie di richiami e di rimandi a norme, per altro già più volte modificate, che rendono difficoltosa la

il legislatore si limita ad intervenire su alcune questioni che hanno interessato dottrina e giurisprudenza

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201612

Luciano Catania

Legge di stabilità 2016: novità per i tributi locali

lettura.

Il comma 26 prevede il blocco degli aumenti dei tributi e delle addizionali per l’anno 2016, rispetto ai livelli deliberati entro il 31 luglio 2015 (l’ultimo giorno del mese è stato oggetto di sanatoria) e, solo per i Comuni della Sicilia, entro il 30 settembre 2015.

Il blocco non si applica alla TARI e agli enti locali che deliberano il dissesto e pre-dissesto ai sensi del decreto legislativo 18 agosto 2000 n.267.

La finalità è di contenere il livello complessivo della pressione tributaria, in coerenza con gli equilibri generali di finanza pubblica.

L’efficacia delle leggi regionali e delle deliberazioni degli enti locali nella parte in cui prevedono aumenti dei tributi e delle addizionali attribuiti alle regioni e agli enti locali è, pertanto, sospesa e rimangono in vigore le aliquote o le tariffe applicabili per l’anno 2015.

L’imposta municipale propria istituita nel 2011 (che sostituiva, per la componente immobiliare, l’imposta sul reddito delle persone fisiche e le relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non locati, e l’imposta comunale sugli immobili) viene estesa, dal periodo d’imposta 2014, anche all’imposta municipale immobiliare della provincia autonoma di Bolzano, istituita dalla legge provinciale 19 aprile 2014, n. 3, ed all’imposta immobiliare semplice della provincia autonoma di Trento, istituita dalla legge provinciale 30 dicembre 2014, n. 14.

A decorrere dall’anno 2016, l’esenzione dall’IMU, prevista per i terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina delimitate (lettera h, comma 1, articolo 7, D.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504) si torna ad applicare sulla base dei criteri individuati dalla circolare del Ministero delle finanze n. 9 del 14 giugno 1993, pubblicata nel supplemento ordinario n. 53 alla Gazzetta Ufficiale n. 141 del 18 giugno 1993.

La circolare ministeriale, emanata in materia di Imposta comunale sugli immobili (ICI), individua nell’allegato i Comuni nei quali insistono territori agricoli esenti dall’imposta. Non sono interessati, invece, a detto elenco, in quanto non agricole, le aree fabbricabili in base agli strumenti urbanistici così come i terreni diversi dalle aree fabbricabili sui quali le attività agricole, intese in senso civilistico, non vengono esercitate o sono svolte in forma non imprenditoriale.

Nell’elenco sono inseriti Comuni sui quali l’esenzione opera sull’intero territorio (se accanto all’indicazione del Comune non è riportata alcuna annotazione) e quelli sui quali opera parzialmente (se accanto all’indicazione è riportata l’annotazione parzialmente delimitato, sintetizzata con la sigla “PD’, significa che l’esenzione opera limitatamente ad una parte del territorio comunale; per l’esatta individuazione delle zone agevolate occorre rivolgersi agli uffici regionali competenti).

Sono, altresì, esenti dall’IMU i terreni agricoli posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, iscritti nella previdenza agricola, indipendentemente dalla loro ubicazione.

L’imprenditore agricolo professionale (IAP) è chi, in possesso di conoscenze e competenze professionali, dedica alle attività agricole di cui all’articolo 2135 del codice civile, direttamente o in qualità di socio di società, almeno il cinquanta per cento del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricavi da dette attività almeno il cinquanta per cento del proprio reddito globale da lavoro. Le pensioni di ogni genere, gli assegni ad esse equiparati, le indennità e le

esenti dall’IMU i terreni agricoli posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201613

Luciano Catania

Legge di stabilità 2016: novità per i tributi locali

somme percepite per l’espletamento di cariche pubbliche, ovvero in associazioni ed altri enti operanti nel settore agricolo, sono escluse dal computo del reddito globale da lavoro. Nel caso delle società di persone e cooperative, ivi incluse le cooperative di lavoro, l’attività svolta dai soci nella società, in presenza dei requisiti di conoscenze e competenze professionali, tempo lavoro e reddito di cui al primo periodo, è idonea a far acquisire ai medesimi la qualifica di imprenditore agricolo professionale e al riconoscimento dei requisiti per i soci lavoratori. Nel caso di società di capitali, l’attività svolta dagli amministratori nella società, in presenza dei predetti requisiti di conoscenze e competenze professionali, tempo lavoro e reddito, è idonea a far acquisire ai medesimi amministratori la qualifica di imprenditore agricolo professionale.

A dovere accertare il possesso dei requisiti sono, a norma di legge, le Regioni.

Le società di persone, cooperative e di capitali, anche a scopo consortile, sono considerate imprenditori agricoli professionali qualora lo statuto preveda quale oggetto sociale l’esercizio esclusivo delle attività agricole di cui all’articolo 2135 del codice civile e siano in possesso dei requisiti di legge.

Sono altresì esenti dall’IMU i terreni ubicati nei comuni delle isole minori e quelli ad immutabile destinazione agrosilvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e in usucapibile.

A decorrere dall’anno 2016, sono abrogati i commi da 1 a 9-bis dell’articolo 1 del decreto legge 24 gennaio 2015, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2015, n. 34, che prevedevano tra l’altro:

• L’esenzione nei terreni agricoli, nonché quelli non coltivati, ubicati nei comuni italiani classificati totalmente montani di cui all’elenco dell’Istituto nazionale di statistica (ISTAT);

• La detrazione di Euro 200,00 per i terreni, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli IAP iscritti nella previdenza agricola, di cui alla Circolare 9/1993 e non più esenti nel 2015;

• L’applicazione dell’IMU relativamente al 2014 in funzione della pubblicazione del Decreto

esenti dall’IMU i terreni ubicati nei comuni delle isole minori e quelli ad immutabile destinazione agrosilvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e in usucapibile

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201614

Luciano Catania

Legge di stabilità 2016: novità per i tributi locali

del 28 novembre 2014 che classifica i Comuni montani in base all’altitudine.

L’esenzioni e le detrazioni sono previste pure per i terreni posseduti dai coltivatori diretti e da IAP e concessi in affitto o comodato a coltivatori diretti e da IAP iscritti nella previdenza agricola

Escludendo i terreni agricoli esenti, i restanti terreni sono soggetti a IMU ad aliquota ordinaria deliberata dal Comune con aliquota variabile dal 4,6 per mille al 10,6 per mille.

Per i terreni agricoli il coefficiente di rivalutazione è del 25% e il moltiplicatore è 135. Il calcolo dell’imponibile è determinato dal reddito dominicale moltiplicato per 1,25 moltiplicato per 135; a questo imponibile si applica l’aliquota deliberata.

Con la legge di stabilità 2016 il moltiplicatore è stato riportato a 135, stralciando contestualmente la riduzione dello stesso a 75, prevista dalla legge di stabilità 2014.

Il moltiplicatore si applica ai terreni agricoli che non sono posseduti e condotti da coltivatori diretti (CD) e IAP (questi sono esclusi dall’IMU); mentre è abrogata la “franchigia” per i terreni agricoli posseduti e condotti da CD e IAP iscritti alla previdenza agricola, in base a scaglioni di reddito.

Cambia anche l’applicazione del tributo sui servizi indivisibili (TASI), quale componente dell’imposta unica comunale (IUC), oggi posta a carico sia del possessore che dell’utilizzatore dell’immobile, escluse le unità immobiliari destinate ad abitazione principale dal possessore nonché dall’utilizzatore e dal suo nucleo familiare, ad eccezione di quelle classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9.

Fino al 2015 la TASI gravava anche sull’abitazione principale.

Il problema riguarda l’individuazione del nucleo familiare. Per la Tari, il nucleo familiare è quello

Cambia anche l’applicazione del tributo sui servizi indivisibili (TASI)

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201615

Luciano Catania

Legge di stabilità 2016: novità per i tributi locali

risultante all’anagrafe del Comune, salva diversa e documentata dichiarazione dell’utente (devono, comunque, essere dichiarate le persone che non fanno parte del nucleo familiare anagrafico e dimoranti nell’utenza per almeno sei mesi nell’anno solare, come ad es. le colf che dimorano presso la famiglia).

Per la TASI, invece, l’individuazione non è univoca. Secondo alcuni il riferimento è alla famiglia anagrafica, come da stato di famiglia, che prevede unicità di residenza dei componenti, altre interpretazioni aprono al concetto di famiglia civile o naturale. In questa seconda lettura il discrimine dovrebbe risiedere nei rapporti di parentela.

Anci ed Ifel, ormai da anni, chiedono al legislatore di definire meglio la nozione di “nucleo familiare”.

Con la legge di stabilità 2016, il presupposto impositivo della TASI diventa il possesso o la detenzione, a qualsiasi titolo, di fabbricati e di aree edificabili, ad eccezione, in ogni caso, dei terreni agricoli e dell’abitazione principale, come definiti ai sensi dell’imposta municipale propria di cui all’articolo 13, comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, escluse quelle classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9.

Dal 2016, quindi, non si pagherà la TASI sulle case nelle quali il possessore o l’utilizzare vivono abitualmente e risiedono anagraficamente. Se i componenti del nucleo familiare risiedono in case diverse nello stesso Comune, solo una avrà l’esenzione, se sono in Comuni diversi, entrambi avranno l’esenzione. La casa deve essere iscritta come un’unica unità immobiliare. L’esenzione vale anche per le pertinenze dell’abitazione principale, sempre nei limiti già fissati per l’IMU (una sola pertinenza per ciascuna delle categorie catastali c-6, box-auto, c-7, tettoie e magazzini, e 8c/2, locali di sgombero e cantine).

L’esenzione non varrà per le case di lusso (categorie A1, A8 ed A9), che continueranno a pagare sia l’IMU (con l’aliquota del 4 per mille e la detrazione di 200 euro) sia la TASI.

La legge di stabilità prevede l’abolizione della TASI anche per gli utilizzatori-inquilini che hanno eletto l’unità immobiliare come propria abitazione principale. Continueranno a pagarla gli studenti fuorisede o chi si spostano per lavoro senza mutare, però, la propria residenza.

La quota abolita agli inquilini non si trasferisce sui proprietari che continueranno a pagare tra il 70 e il 90% (a seconda di quanto deliberato dal Comune circa la quota variabile tra il 10% ed il 30% posta a carico dell’inquilino. Nel caso di mancato invio della delibera entro il termine del 10 settembre 2014, ovvero nel caso di mancata determinazione della predetta percentuale stabilita dal Comune nel regolamento relativo al 2015, la percentuale di versamento a carico del possessore è pari al 90 per cento dell’ammontare complessivo del tributo).

Non dovranno pagare la TASI nemmeno i separati ed i divorziati, sulla cui casa coniugale assegnata all’altro coniuge da una sentenza di separazione o per annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio. Fanno eccezione abitazioni di lusso ( classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9), per le quali si applica l’aliquota nella misura ridotta dello 0,4 per cento e la detrazione, fino a concorrenza del suo ammontare, di euro 200 rapportati al periodo dell’anno durante il quale si protrae la destinazione.

Se l’unità immobiliare è adibita ad abitazione principale da più soggetti passivi la detrazione spetta a ciascuno di essi proporzionalmente alla quota per la quale la destinazione medesima si verifica.

il presupposto impositivo della TASI diventa il possesso o la detenzione

La casa deve essere iscritta come un’unica unità immobiliare

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201616

Luciano Catania

Legge di stabilità 2016: novità per i tributi locali

Sono state modificale le modalità di godimento delle esenzioni per la tasse sulla casa per i proprietari di abitazioni date in comodato d’uso ai figli o ai genitori.

I Comuni non possono assimilare all’abitazione principale quella concessa in comodato ai parenti in linea retta entro il primo grado (figli, genitori), mentre è prevista la riduzione del 50% della base imponibile IMU per le unità immobiliari - fatta eccezione per quelle classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9 – concesse in comodato a parenti in linea retta entro il primo grado (genitore/figlio) che le utilizzino come propria abitazione di residenza.

È, però, necessario che il comodante risieda nello stesso Comune e non possieda altri immobili in Italia ad eccezione della propria abitazione di residenza, non classificata in A/1, A/8 o A/9.

Il contratto di comodato deve essere registrato. Il possesso dei requisiti per godere della riduzione della base imponibile dovrà essere inserito, con efficacia costitutiva dell’agevolazione, nella dichiarazione IMU.

La nuova formulazione del comma 678 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, prevede che per i fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati (cosiddetti “fabbricati merce”), l’aliquota è ridotta allo 0,1 per cento. I Comuni possono modificare la suddetta aliquota, in aumento, sino allo 0,25 per cento o, in diminuzione, fino all’azzeramento.

Il soggetto che può ottenere le agevolazioni per i “fabbricati merce” è chi esercita l’attività di imprenditore edile, anche se non in maniera abituale. L’importante è che sia intestatario del permesso a costruire, poi può anche svolgere l’attività di costruttore in maniera occasionale (circolare dell’Agenzia delle entrate n. 22/E/2013 del 28 giugno 2013).

Anche per godere delle agevolazioni riservate ai “fabbricati merce” sussiste un obbligo dichiarativo, con valore costitutivo.

Il Comune è tenuto ad effettuare l’invio delle deliberazioni di approvazione delle aliquote e delle detrazioni, nonché dei regolamenti della TASI, esclusivamente in via telematica, entro il termine perentorio 14 ottobre (precedentemente all’entrata in vigore della legge di stabilità 2016, il termine era fissato al 21 ottobre, con conseguenze che scattavano in caso di mancata pubblicazione entro il 28 ottobre) dello stesso anno mediante inserimento del testo degli stessi nell’apposita sezione del Portale del federalismo fiscale, per la pubblicazione nel sito informatico.

L’IMU che già non si applicava alle unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale e relative pertinenze dei soci assegnatari adesso è esclusa anche per le unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa destinate a studenti universitari soci assegnatari, anche in deroga al richiesto requisito della residenza anagrafica.

Il comma 21, della L. n. 208/2015, sancisce che a decorrere dal 1° gennaio 2016, la determinazione della rendita catastale degli immobili a destinazione speciale e particolare, censibili nelle categorie catastali dei gruppi D ed E, è effettuata, tramite stima diretta, tenendo conto del suolo e delle costruzioni, nonchè degli elementi ad essi strutturalmente connessi che ne accrescono la qualità e l’utilità, nei limiti dell’ordinario apprezzamento.

Sono, però, esclusi dalla stessa stima diretta i cosiddetti imbullonati (macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo).

I Comuni non possono assimilare all’abitazione principale quella concessa in comodato ai parenti in linea retta entro il primo grado

Il Comune è tenuto ad effettuare l’invio delle deliberazioni di approvazione delle aliquote e delle detrazioni

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201617

Luciano Catania

Legge di stabilità 2016: novità per i tributi locali

Nella relazione illustrativa era evidenziato che la disposizione, seppure diretta a rideterminare i criteri di accatastamento degli immobili appartenenti all’intero gruppo catastale D, tuttavia voleva tendere ad incidere sulle unità immobiliari censibili nelle sole categorie catastali “D/1 - Opifici” e “D/7 - Immobili per le attività industriali” caratterizzate da una presenza di impianti e macchinari molto più significativa rispetto a quanto riscontabile negli immobili censiti nelle altre categorie del gruppo D.

In effetti, il sistema di valutazione effettuata finora era eccessivamente gravoso.

La valutazione tecnica è stata operata dai professionisti incaricati dalla proprietà, al momento della presentazione dei documenti di aggiornamento catastale (tramite la procedura DOCFA) e verificata dai tecnici dell’Agenzia delle Entrate.

Per valutare quale impianto doveva essere incluso (o meno) nella stima catastale, doveva farsi riferimento non solo al criterio dell’essenzialità dello stesso per la destinazione economica dell’unità immobiliare, ma anche della circostanza che lo stesso fosse “fisso”, ovvero stabile (anche nel tempo), rispetto alle componenti strutturali dell’unità immobiliare.

Nella determinazione della rendita catastale, si è tenuto conto di tutti gli impianti bloccati caratterizzanti l’immobile, in assenza dei quali lo stesso avrebbe perso le proprie caratteristiche produttive.

Per una corretta applicazione della valutazione, l’art. 1, comma 244, della legge 23 dicembre 2014 n. 190 aveva indicato la circolare n. 6 dell’Agenzia del Territorio del 30 novembre 2012.

Tali procedure di stima e le valutazioni effettuate hanno portato ad una forte crescita della base imponibile di questi fabbricati.

Gli intestatari di questa tipologia di immobili, oggi possono presentare atti di aggiornamento ai sensi del D.M. 19 aprile 1994, n. 701 (procedura DOCFA), per la determinazione della rendita catastale degli immobili già censiti nel rispetto delle novità introdotte.

Per il 2016, gli atti di aggiornamento delle rendite relative agli immobili in questione devono essere presentati entro il 15 giugno 2016, per avere effetto retroattivo al 1° gennaio 2016.

É prevista l’assegnazione di un contributo ai Comuni in ragione del minore gettito IMU e TASI derivante dall’applicazione del nuovo sistema di determinazione delle rendite.

É prevista l’assegnazione di un contributo ai Comuni in ragione del minore gettito IMU e TASI

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201618

L’opinione di Sergio Trovato

LEGGI, DECRETI, SENTENZE E PRASSITasi, abitazioni principali escluse dal prelievo

Da quest’anno non sono più soggetti alla Tasi gli immobili destinati a abitazione principale e relative pertinenze, tranne quelli di lusso, le ville e i castelli. Aliquota Tasi ridotta all’1 per mille per i beni merci delle imprese edilizie, invenduti e non locati, e esonero dal pagamento per Imu e Tasi dei macchinari industriali. Sono queste alcune delle novità contenute nell’articolo 1 della legge di Stabilità 2016 (208/2015). Abitazioni principali. Dunque,gli immobili destinati a abitazione principale, con relative pertinenze (garage, cantine), da quest’anno non pagano la Tasi. Continuano, come per l’Imu, a essere assoggettati a imposizione gli immobili di lusso, le ville e i castelli, vale a dire quelli iscritti nelle categorie catastali A1, A8 e A9. In realtà, a differenza dell’Imu, non si tratta tecnicamente di un’esenzione per le abitazioni principali, ma di un’esclusione dal campo di applicazione del tributo. Infatti il comma 669 della legge n. 147/2013, che è stato riscritto dalla legge di Stabilità 2016, prevede che terreni agricoli e abitazioni principali non rientrano nel presupposto impositivo.Previsione quantomeno discutibile, tenuto conto che i titolari di immobili destinati a “prime case” sono quelli che più di tutti fruiscono dei servizi indivisibili e che, per l’effetto, dovrebbero rientrare nel presupposto impositivo.Immobili invenduti e non locati.Per i fabbricati costruiti e destinati dall’impresa alla vendita, a condizione che siano invenduti e non locati, l’aliquota Tasi è ridotta all’1 per mille. Si tratta di un’agevolazione a dir poco strana, considerato che ai comuni è concessa la facoltàdi innalzare l’aliquota fino al 2,5 per mille. Naturalmente, le amministrazioni locali hanno sempre il potere di ridurre l’aliquota e, volendo, possono anche azzerarla. Per la Tasi, in effetti, i comuni possono

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201619

Sergio Trovato

Tasi, abitazioni principali escluse dal prelievo

concedere riduzioni senza limiti, fino ad arrivare alle esenzioni. Come per l’Imu, per la quale è prevista l’esenzione, per poter fruire dell’aliquota agevolata è richiesto che i fabbricati devono essere invenduti e non locati. Una locazione anche temporanea e di breve durata fa perdere il beneficio fiscale, perché viene meno lo status richiesto dalla norma di legge.Macchinari industriali.Dal 2016 i macchinari cosiddetti imbullonati non concorrono alla determinazione della rendita catastale per i fabbricati a destinazione speciale iscritti nelle categorie “D” ed “E”. L’articolo 1 della legge di Stabilità esclude dalla stima diretta catastale macchinari, congegni, attrezzature e altri impianti, funzionali al processo produttivo.Nella stima non rientrano più il carroponte e tutte le componenti impiantistiche che assicurano all’unità immobiliare un’autonomia funzionale e reddituale. Quindi, non vengono conteggiati per l’attribuzione della rendita un complesso di elementi, ritenuti funzionalmente collegati, costituiti da impianti, macchine, generatori di corrente e relativi motori.Continuano invece a concorrere nel calcolo della rendita il suolo e le costruzioni e tutti gli “elementi ad essi strutturalmente connessi che ne accrescono la qualità e l’utilità, nei limiti dell’ordinario apprezzamento”. La riattribuzione delle rendite per gli immobili interessati comporta una sensibile riduzione dell’imposizione fiscale, in particolare, per Imu e Tasi. Dal 1° gennaio scorso gli intestatari degli immobili destinati alle attività produttive, iscritti nelle categorie “D” ed “E”, devono presentare gli atti di aggiornamentoper ottenere il ricalcolo della rendita catastale. Tuttavia, solo per gli atti di aggiornamento presentati entro il 15 giugno 2016 le nuove rendite catastali hanno effetto retroattivo a partire dal 1° gennaio dell’anno in corso.

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201620

La riduzione della spesa di personale.di Luigi Oliveri

Gli interventi di riduzione della spesa del lavoro pubblico in essere ormai da anni stanno funzionando. Ma, hanno un costo organizzativo di cui tenere conto.I dati del Conto annuale del tesoro relativo all’anno 2014 confermano che la spesa riguardante i dipendenti pubblici è in costante discesa. Ed è l’unica voce dell’aggregato della spesa pubblica a risultare in riduzione.Lo dimostra, del resto, anche la nota di aggiornamento al Def per il 2015:

La tabella mostra un andamento praticamente piatto della spesa, che per altro prevede

I dati del Conto annuale del tesoro relativo all’anno 2014 confermano che la spesa riguardante i dipendenti pubblici è in costante discesa

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201621

Luigi Oliveri

La riduzione della spesa di personale

incrementi derivanti dalla contrattazione collettiva in realtà assolutamente improbabili, visto che se andrà bene saranno 600 milioni gli incrementi contrattuali del 2016.Torniamo ai dati del Conto. Il numero dei dipendenti pubblici presenti nel 2014 ammontava a 3.253.067; in discesa vistosa rispetto al 2008 (anno del pre-crisi) quando erano 3.436.809 e anche rispetto a 10 anni prima, quando erano 3.455.119.

Non è un caso che l’accelerazione verso la diminuzione complessiva dei dipendenti pubblici avvenga dal 2009 in poi, in coincidenza con la recrudescenza della crisi e l’imposizione di più severe misure di contenimento del turn-over ed il blocco della contrattazione nazionale collettiva. Decisioni, queste, che hanno di fatto sortito i medesimi effetti di misure più drastiche adottate a inizio crisi da Spagna o Grecia, Paesi che tra il 2009 e il 2010 stabilirono di ridurre del 5% gli stipendi pubblici, procedendo anche ad alcuni licenziamenti (poi, in Grecia i numeri salirono drasticamente a causa dello sprofondamento nella crisi).Se guardiamo ai soli dipendenti a tempo indeterminato, nel 2014 sono stati 3.041.227, a fronte dei 3.145.951 del 2008 e dei 3.154.215. Secondo l’Inps, invece, nel 2014 il numero dei dipendenti a tempo indeterminato sarebbe già sceso sotto la soglia “psicologica” dei 3 milioni, attestandosi a 2.953.021.Sta di fatto, comunque, che i numeri contraddicono la vulgata comune secondo la quale i dipendenti pubblici sono 3,5 milioni e che occorrano provvedimenti drastici di ridimensionamento del loro numero e della connessa spesa.La realtà è che tali provvedimenti drastici si sono già adottati e stanno producendo i loro effetti.

il numero dei dipendenti a tempo indeterminato sarebbe già sceso sotto la soglia “psicologica” dei 3 milioni

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201622

Luigi Oliveri

La riduzione della spesa di personale

Per altro, le proiezioni portano a comprendere che entro i prossimi 10 anni, vi sarà un crollo verticale dei dipendenti pubblici; si prevedono, infatti, circa 400.000 pensionamenti in questo arco di tempo.Qui, andiamo ai “costi” delle manovre di contenimento di numero e spesa del lavoro pubblico. Costi organizzativi che si pagano in termini qualità dei servizi, aggiornamento ed utilizzo di strumenti e sistemi innovativi di erogazione dei servizi. Meno dipendenti significa inevitabilmente meno servizi, in particolare in quegli ambiti di attività nei quali non può essere l’informatizzazione a sostituire o modificare l’apporto lavorativo, se l’attività è ad alta intensità di lavoro: scuola, servizio sanitario nazionale, pubblica sicurezza, assistenza sociale, difesa, servizi manutentivi: si tratta, solo così, di circa i 3/4 del numero complessivo dei dipendenti pubblici. Segno che oltre un certo limite non è pensabile poter ulteriormente ridurli, checché ne dicano ancora ripetutamente superficiali analisi economiche molto diffuse nei media.L’altro “costo” in termini di innovazione ed aggiornamento deriva dall’avanzare dell’età. Se nei prossimi 10 anni quasi il 13% dei dipendenti andrà in pensione, è perché il blocco del turn over ha spinto negli anni sempre più in là l’età media dei dipendenti. Nel 2004, era di 45,03 anni; nel 2008 era di 46,83 anni; nel 2014 di 49,22 anni.La spesa, complessivamente è passata dai 165,35 miliardi del 2008 ai 156,56 miliardi del 2014.I numeri analizzati dal Conto annuale si rivelano molto utili anche per comprendere meglio le dimensioni di problemi come quelli del comune di Roma, ove è tornata di estrema urgenza la questione legata al “salario accessorio” e al suo impiego.La stampa generalista e tecnica insiste molto sulla circostanza – vera – che le ispezioni della Ragioneria generale dello Stato hanno reperito diffuse illegittimità nella costituzione e gestione dei fondi, sottolineando come essi valgano il 20% circa degli stipendi dei dipendenti degli enti locali.Si tratta di dati del tutto falsi, frutto di una lettura erronea dei dati proprio del Conto annuale e di una conoscenza imprecisa della composizione dei salari.Il dato riferito dalla stampa probabilmente prende le mosse dalla tabella relativa alla composizione dei fondi del salario accessorio. Esaminiamola con riferimento ai comuni:

Costituzione dei Fondi Destinazione delle Risorse

Risorse fisse aventi

carattere di certezza e

stabilità - (7) Risorse

variabili - (9) Totale Costituzione dei Fondi

Destinazioni non

contrattate specificamente dal CI di rif.to

- (15)

Destinazioni contrattate

specificamente dal CI di rif.to - (20)

(eventuali) Destinazioni ancora

da regolare - (21)

Totale Destinazione delle Risorse

COMUNI 1.351.826.121 391.043.337 1.742.869.458 1.191.674.744 467.141.298 84.525.130 1.743.341.172

Nella tabella vengono visualizzate le sole righe con presenza di dati

Effettivamente, le risorse variabili rappresentano il 22,43% del totale delle risorse complessive dei fondi.Ma, questo non vuol dire affatto che il “salario accessorio” valga il 22,43% dello stipendio dei dipendenti dei comuni. Se così fosse, la riforma-Brunetta avrebbe avuto il suo compimento!

Costi organizzativi che si pagano in termini qualità dei servizi

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201623

Luigi Oliveri

La riduzione della spesa di personale

Le cose stanno in modo totalmente diverso. Analizziamo la composizione delle retribuzioni nei comuni, rilevata sempre dal Conto annuale per il 2014:

Voce di spesa Importo Totale VOCI DI SPESA STIPENDIALI 8.108.336.271

STIPENDIO 7.380.868.349 R.I.A./ PROGR. ECONOMICA DI ANZIANITA' 81.800.638 TREDICESIMA MENSILITA' 650.582.453 ARRETRATI PER ANNI PRECEDENTI 7.443.902 ARRETRATI ANNO CORRENTE 3.485.837 RECUPERI PER RITARDI ASSENZE ECC. -15.844.908

Totale INDENNITA' 858.549.667 IND. DI VACANZA CONTRATTUALE 54.330.416 IND. DI VIGILANZA 57.714.318 PERSONALE SCOLASTICO 38.671.165 RETRIBUZIONE DI POSIZIONE 425.380.550 RETRIBUZIONE DI RISULTATO 82.383.429 INDENNITA DI COMPARTO 178.871.653

INDENNITÀ ART. 42, COMMA 5-TER, D.LGS. 151/2001

21.198.136 somma fondamentali

8.884.502.509

Totale ALTRE ACCESSORIE 808.039.188 INDENNITA' DI STAFF/COLLABORAZIONE 6.136.495 COMPENSI ONERI RISCHI E DISAGI 221.106.854 FONDO SPECIF. RESPONSAB. 91.805.417 COMPENSI PRODUTTIVITA' 261.085.277

COMPENSO AGGIUNTIVO AL SEGR. COMUNALE QUALE DIR. GENERALE

5.501.703

INCENTIVI ALLA PROGETTAZIONE EX LEGGE MERLONI

38.570.646

DIRITTI DI ROGITO-SEGRETERIA CONV.- IND.SCAVALCO

43.139.409

ONORARI AVVOCATI 12.306.883

COMPETENZE PERSONALE COMANDATO/DISTACCATO PRESSO L'AMM.NE

3.842.261

ARRETRATI A.P. PER COMPENSI RISULTATO/PRODUTTIVITÀ

36.821.591

ARRETRATI ANNI PRECEDENTI 30.395.013 ALTRE SPESE ACCESSORIE ED INDENNITA' VARIE 57.327.639

Totale STRAORDINARI 198.549.440 STRAORDINARIO 198.549.440 somma accessorie= 1.088.972.057

RETRIBUZIONI LORDE 9.973.474.566

In giallo sono state evidenziate le componenti del trattamento economico fondamentale. Alcune di esse traggono fonte, è vero, dal fondo per il salario accessorio, ma costituiscono elementi

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201624

Luigi Oliveri

La riduzione della spesa di personale

fisse della retribuzione, come le progressioni orizzontali o le indennità di comparto.Come si nota, rapportando il totale delle somme realmente variabili o accessorie al totale della spesa, esse rappresentano solo il 10,91% del totale.Se, poi, concentriamo l’attenzione sulla voce “compensi per produttività”, la parte realmente connessa con la famosa valutazione e meritocrazia, ci accorgiamo di un fatto clamoroso: facendo il rapporto tra la somma destinata alla produttività, cioè euro 261.085.277 ed il numero dei dipendenti dei comuni, pari a 357.912, scopriamo che in media per la produttività si erogano euro 729,47 lordi all’anno. Che, netti, sono poco più della metà.Insomma, pur risultando corretto e doveroso imporre la corretta gestione dei fondi, i numeri evidenziati dal Conto del personale dimostrano:

a) la somma delle risorse destinate a finanziare il salario accessorio nel suo complesso, pari a euro 1.742.869.458 rappresenta appena il 17,48% della spesa complessiva per stipendi nell’ambito dei comuni;

b) di questa somma, solo euro 1.088.972.057, rappresentano vere e proprie voci accessorie, variabili ed eventuali, il 10,91% del totale;

c) la parte legata realmente alla valutazione del risultato (per chi non voglia utilizzare l’orrida parola performance) vale solo euro 261.085.277, cioè il 2,62% della spesa complessiva per stipendi ed assicura una media di retribuzione legata al risultato definibile solo come irrisoria, di 729,47 euro lordi annui.

Di fronte a queste cifre, che in quanto tali fotografano meglio di qualsiasi elucubrazione la situazione, appare evidente come il caso di Roma e il complesso dei problemi rilevati negli altri comuni sia se non una tempesta in un bicchier d’acqua, comunque qualcosa alla quale risulta semplice porre rimedio.Non si sta parlando affatto di cifre tali da mandare in default i comuni o da creare ricchezze nascoste per i dipendenti. È un problema serio, del valore di circa 1,08 miliardi annui, parte dei quali non correttamente costituiti o distribuiti.Non si vede perché non sia possibile trovare un modo per chiudere definitivamente col passato. Banalmente, si potrebbe imporre a tutti gli enti che superino nei rapporti tra risorse stabili e variabili la media nazionale del 22% di ridurle, in modo da ricondurle a tale media, obbligando a riduzioni ancora maggiori laddove siano emerse, negli anni, costituzioni o erogazioni dei fondi non in linea con le disposizioni contrattuali, prevedendo così di recuperare le risorse spese in eccesso a valere sull’ammontare dei fondi degli anni successivi. O, comunque, trovare strumenti semplici e facili, riconducibili ad indicatori da ricavare dai dati offerti dal Conto, per riassestare i bilanci, magari aggravati da una sanzione che inasprisca per qualche anno la portata delle riduzioni di spesa, chiudendo definitivamente gli enormi contenziosi in atto o ancora solo potenziali, valutando per quello che è il problema: un 10% circa dell’intera spesa per retribuzioni.

si potrebbe imporre a tutti gli enti che superino nei rapporti tra risorse stabili e variabili la media nazionale del 22% di ridurle

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201625

Mancato rispetto dei tempi medi di pagamento. La sentenza della corte costituzionale n. 272 del 22 dicembre 2015di Liliana Cirillo

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 272 del 22 dicembre 2015, ha sancito l’illegittimità costituzionale dell’articolo 41, comma 2 del D.L. n.66/2014.

La disposizione prevedeva il blocco totale delle assunzioni per le amministrazioni che non avessero rispettato, dal 2014 in poi, i tempi medi dei pagamenti, come nella stessa disposizione individuati.

L’Anci ne aveva proposto l’abolizione già a fine 2014, inserendo un apposito emendamento nella legge di stabilità per il 2015, non accolto.

Le sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti, con orientamento costante, hanno, nel corso del 2015 inquadrato la disposizione in termini molto restrittivi, includendo, nel divieto di assunzione, qualsiasi “provvista” di rapporto lavorativo, anche a tempo determinato.

Se la ratio della norma era assicurare il rispetto di un principio in materia di coordinamento della finanza pubblica, andava interpretata in maniera stringente come le altre simili disposizioni che introducono divieti assunzionali.

La Corte Costituzionale con la sentenza citata, ha, di contro, ritenuto, che pur trattandosi di una norma inquadrabile come principio di coordinamento della finanza pubblica, l’art. 41, comma 2 viola il principio di proporzionalità che deve sussistere nelle leggi, alla luce dell’articolo 3 della Costituzione. Vi è sproporzione tra la violazione e la sanzione, non si

la ratio della norma era assicurare il rispetto di un principio in materia di coordinamento della finanza pubblica

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201626

Liliana Cirillo

Mancato rispetto dei tempi medi di pagamento. La sentenza della corte costituzionale n. 272 del 22 dicembre 2015

garantisce il perseguimento del dettato normativo, soprattutto se il ritardo non è dovuto a negligenze dell’Ente e non vi è gradazione né nella violazione, né nella stessa sanzione.

Pertanto, l’articolo in esame viola gli articoli 3, 97 e 117 della Costituzione.

Il comma 2 dell’articolo 41 del Decreto Legge n. 66 del 24 aprile 2014, come convertito dalla legge 23 giugno 2014 n. 89, ha avuto breve vita. A poco più di un anno dalla sua emanazione, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 272 del 22 dicembre 2015 ne ha sancito l’illegittimità costituzionale.

IL DETTATO NORMATIVO.

L’articolo 41 al comma 1 prevede che le amministrazioni pubbliche attestino, a decorrere dall’esercizio 2014, in un prospetto allegato al bilancio e verificato dai revisori, sottoscritto dal rappresentante legale e dal responsabile finanziario, l’importo dei pagamenti relativi a transazioni commerciali effettuati dopo la scadenza dei termini previsti dal decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, nonché il tempo medio dei pagamenti effettuati. In caso di superamento dei predetti termini, devono essere indicate le misure per consentire la tempestività degli stessi.

Il comma 2, oggi dichiarato incostituzionale, disponeva che “Al fine di garantire il rispetto dei tempi di pagamento di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, le amministrazioni pubbliche di cui al comma 1, esclusi gli enti del Servizio sanitario nazionale, che, sulla base dell’attestazione di cui al medesimo comma, registrano tempi medi nei pagamenti superiori a 90 giorni nel 2014 e a 60 giorni a decorrere dal 2015, rispetto a quanto disposto dal decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, nell’anno successivo a quello di riferimento non possono procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto. È fatto altresì divieto agli enti di stipulare contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi della presente disposizione”.

L’articolo 41 individuava, indi, in relazione ai pagamenti, due termini. Un termine “privatistico” di scadenza del credito, disciplinato dall’art. 4 del d.lgs. n. 231/2002, ai fini della decorrenza degli interessi moratori e un termine “pubblicistico”, riferito alla media dei pagamenti per ogni singolo anno di ulteriori 60 (90 per l’anno 2014) giorni.

Questo ultimo termine era finalizzato a individuare gli enti morosi e a determinare conseguenze pregiudizievoli sulle facoltà assunzionali di qualsiasi natura.

LE OSSERVAZIONI DELL’ANCI.

Già l’Anci, alla fine del 2014, nella fase di elaborazione della legge di stabilità per il 2015, divenuta poi Legge n. 190/2014, tra gli emendamenti proposti e inviati alla Commissione Bilancio del Senato (pubblicandoli sul proprio sito in data 5 dicembre 2014), aveva espressamente previsto una abrogazione dell’articolo in esame.

La motivazione argomentava che la disposizione contenuta nel comma 2 dell’art. 41 individuava una sanzione “inappropriata e sproporzionata”. Questo perché l’esistenza di un ritardo rispetto ai tempi medi di pagamento potrebbe essere dovuta all’esigenza di rispettare i vincoli del patto di stabilità interno, la cui violazione prevede, tra le altre, proprio la sanzione dell’impossibilità di effettuare assunzioni.

Secondo le osservazioni dell’Anci, la sanzione contenuta nel comma 2 era potenzialmente

non vi è gradazione né nella violazione, né nella stessa sanzione

rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201627

Liliana Cirillo

Mancato rispetto dei tempi medi di pagamento. La sentenza della corte costituzionale n. 272 del 22 dicembre 2015

produttiva di effetti paradossali, in ordine al rispetto dei vincoli del patto di stabilità interno. Inoltre, non considerava la condizione degli Enti che avevano accumulato ritardi, nei tempi medi dei pagamenti, a causa di rallentamenti, nella erogazione di importi, dovuti da altre amministrazioni.

La disposizione da abrogare, infine, non aveva tenuto conto che il ritardo nei pagamenti era stato anche causato, in molti casi, dal contributo richiesto ai comuni per il risanamento della finanza pubblica.

L’ORIENTAMENTO DELLA MAGISTRATURA CONTABILE

Nel corso dell’anno 2015, svariate pronunce delle Sezioni Regionali della Corte dei Conti sono intervenute sulla materia, a seguito di richieste di pareri sulla corretta interpretazione dell’art. 41, comma 2 in esame.

La magistratura contabile ha fornito un orientamento uniforme sulla portata della disposizione sanzionatoria1. E’ stato precisato che la ratio della norma mira ad incentivare la corretta pianificazione di cassa degli enti interessati ed a promuovere il regolare assolvimento delle obbligazioni contratte, senza ritardi patologici che, oltre a porsi in contrasto con le norme comunitarie, legittimerebbero la corresponsione di interessi, generando ulteriori oneri a carico dei conti, minandone gli equilibri.

Individuata la ratio legis, le pronunce intervenute hanno anche interpretato il termine assunzione in maniera estensiva, andando a comprendere anche le mobilità, le convenzioni, ritenendo che gli effetti voluti dal legislatore sarebbero stati vanificati, laddove un Ente avesse potuto accedere a forme di provvista di personale alternative alle assunzioni in senso stretto.

Conformemente a tutte le disposizioni succedutesi nel tempo, concernenti divieti di assunzioni per gli enti pubblici, la norma deve essere interpretata in maniera rigorosa. Il legislatore, infatti, ha inteso tutelare principi di particolare rilevanza, all’interno del sistema ordinamentale, laddove ha introdotto norme, particolarmente stringenti, in materia di vincoli assunzionali,

La magistratura contabile ha trovato, inoltre, conferma della portata sanzionatoria della norma in esame, con la novella apportata dall’art. 4 comma 1 del decreto legge 19 giugno 2015, n. 78, convertito con modificazioni nella l. 6 agosto 2015. Soltanto al fine di consentire la ricollocazione del personale delle province, in attuazione dei processi di riordino previste

1 Si vedano, tra le tante: Sezione Regionale di controllo per l’Umbria, n. 147 del 12 novembre 2015; Sezione Regionale di controllo per la Campania, n. 153 del 20 maggio 2015; Sezione Regionale di controllo per l’Abruzzo, n. 245 del 16 settembre 2015; Sezione Regionale di controllo per il Lazio, n. 158 del 28 luglio 2015.

la ratio della norma mira ad incentivare la corretta pianificazione di cassa degli enti interessati

la norma deve essere interpretata in maniera rigorosa

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201628

Liliana Cirillo

Mancato rispetto dei tempi medi di pagamento. La sentenza della corte costituzionale n. 272 del 22 dicembre 2015

dalla legge di stabilità 2015, il mancato rispetto, per l’anno 2014 dell’indicatore dei tempi medi nei pagamenti non comporta l’applicazione delle sanzioni previste dall’articolo 41 comma 2 del D.L. n. 66/2014. Norma, si è detto, eccezionale, non suscettibile di estensioni analogiche.

La materia del rispetto dei tempi normativamente previsti, per il pagamento di somme da parte di pubbliche amministrazioni, viene inquadrata tra disposizioni riconducibili ai principi di coordinamento della finanza pubblica, per le esigenze di armonizzazione dei bilanci pubblici, che per la corte dei conti giustifica la portata generale e omnicomprensiva del divieto di assunzione ivi previsto, come nelle altre ipotesi di norme in materia di finanza pubblica (si pensi al rispetto del patto di stabilità). Anzi, si argomenta, il legislatore, avendo escluso anche la possibilità di stipulare contratti di servizio, ha voluto, chiaramente, precludere espedienti che si basassero su una lettura formalistica e strumentale della norma.

Questo “deterrente” è stato voluto per risolvere l’annosa problematica dei ritardi nei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni e questo effetto verrebbe certamente indebolito qualora gli enti potessero accedere a forme di acquisizioni di personale, alternative alle assunzioni in senso stretto, anche a carattere temporaneo.

LA PRONUNCIA DELLA CONSULTA.

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 272, depositata il 22 dicembre 2015, a seguito dell’udienza pubblica tenutasi il 1° dicembre, ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’art. 41, comma 2, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 (Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 23 giugno 2014, n. 89, in riferimento agli artt. 3, 97, secondo comma, e 117, quarto comma, della Costituzione”.

Il giudizio è stato promosso dalla Regione Veneto che ha impugnato l’articolo in esame per violazione degli articoli 3, 97, 117, primo, terzo e quarto comma, e 119 della Costituzione, ritenendolo irragionevole e lesivo delle competenze e delle prerogative regionali.

Secondo la regione ricorrente la norma violava il principio di buon andamento della pubblica amministrazione, introducendo una sanzione “disomogenea” in confronto alla violazione cui era connessa e che, paradossalmente, avrebbe potuto causare ulteriori ritardi nei tempi dei pagamenti, se il ritardo era dovuto proprio alla carenza di personale. Questi vizi sarebbero inoltre stati destinati a ripercuotersi sulle competenze costituzionali della Regione Veneto, in quanto avrebbero limitato l’autonomia regionale nella materia dell’organizzazione amministrativa.

Si è postulato, infine, che l’articolo 41, comma 2 non potesse definirsi come principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, trattandosi di una disposizione “puntuale”, che introduceva una misura permanente e dettagliata di blocco totale di una specifica voce di spesa.

Il giudice delle leggi ha, preliminarmente, inquadrato la disposizione normativa, richiamando i termini aggiuntivi che la stessa aveva introdotto, ovvero i “tempi medi nei pagamenti”, tempi non riferiti ai singoli rapporti privatistici di una pubblica amministrazione, ma al “complesso dei debiti commerciali” dell’ente pubblico, che, se violati, determinavano, a garanzia del rispetto, il blocco assoluto delle assunzioni, nell’anno successivo a quello della violazione.

La Corte Costituzionale ha anche richiamato l’intervenuta eccezione introdotta dal già esaminato art. 4 comma 1 del D.L. 78/2015, laddove la sanzione non si applica per consentire il ricollocamento dei sovrannumerari provinciali.

Passando al merito, si è ritenuto che la fissazione di termini aggiuntivi (quelli medi) e di una

risolvere l’annosa problematica dei ritardi nei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201629

Liliana Cirillo

Mancato rispetto dei tempi medi di pagamento. La sentenza della corte costituzionale n. 272 del 22 dicembre 2015

sanzione non rappresentino strumenti incompatibili con l’autonomia costituzionale delle regioni.

La norma è nata per fronteggiare i ritardati pagamenti, che danneggiano il sistema produttivo, con gravi conseguenze per le piccole e medie imprese in particolare, con lo scopo, quindi di favorire la ripresa economica e determinare effetti positivi anche per le finanze pubbliche.

La sanzione, quindi, per raggiungere l’obiettivo indicato, può rientrare nell’ambito dei poteri statali, senza che ciò determini una violazione dell’autonomia organizzativa delle regioni e degli altri enti pubblici.

I giudici hanno anche affermato, respingendo le censure della Regione Veneto, che la disposizione riveste il carattere di “principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica”.

Andando a definire la materia, la Corte sostiene che rientrano nel coordinamento della finanza pubblica non solo le norme che limitano la spesa, ma anche quelle che orientano la spesa pubblica, per una maggiore efficienza del sistema. La norma impugnata, quindi, avendo lo scopo di promuovere una più corretta gestione della spesa pubblica, nell’interesse dell’intero sistema pubblico-privato, può essere considerata un principio di coordinamento della finanza pubblica, sia per l’apposizione dei termini, sia per la sanzione comminata.

Ma le ulteriori censure, proposte dalla Regione Veneto, sono state ritenute meritevoli di accoglimento.

La Corte costituzionale ha, infatti, valutato sussistente il contrasto con il principio di proporzionalità, che deve sempre connotare il rapporto esistente tra violazione e sanzione. Tanto più, si è argomentato, se la sanzione prevista dal legislatore incida, comprimendola fortemente, sull’autonomia regionale.

La mancata proporzionalità si evidenzia laddove la sanzione per la violazione dei tempi medi di pagamento da parte di un’amministrazione debitrice, non tiene conto dell’entità dell’inadempimento e delle motivazioni che lo hanno determinato e commina sempre e comunque il blocco totale delle assunzioni.

L’operazione da compiere, affermano i giudici, è una valutazione se, come formulata, la norma esaminata, sia “necessaria e idonea”, per conseguire gli obiettivi per la quale legittimamente è sorta.

Tra le misure sanzionatorie va preferita quella “meno restrittiva dei diritti a confronto e stabilisca oneri non sproporzionati rispetto al perseguimento di detti obiettivi».

Nel caso in esame, la sentenza n. 272/2015 ha ritenuto non superato il test di proporzionalità, come così chiaramente esplicitato.

Si è valutato anzitutto che l’art. 41, comma 2 non è idoneo a raggiungere i fini che si impone, ovvero di fare si, che con la sanzione prevista, le amministrazioni pubbliche adempiano le proprie obbligazioni di pagamento tempestivamente.

Non si tiene infatti conto, colpendo indistintamente ogni violazione allo stesso modo, che il ritardo potrebbe essere causato da fattori esterni all’Ente stesso, come ad esempio un mancato trasferimento di risorse da parte di altri soggetti, oppure la sussistenza di vincoli legati al patto di stabilità.

Di conseguenza, nel caso in cui il ritardo non è superabile attraverso scelte organizzative dell’Ente “moroso”, la funzione deterrente della sanzione del blocco delle assunzioni non

Tra le misure sanzionatorie va preferita quella “meno restrittiva dei diritti a confronto

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201630

Liliana Cirillo

Mancato rispetto dei tempi medi di pagamento. La sentenza della corte costituzionale n. 272 del 22 dicembre 2015

sortirebbe alcun effetto, venendo meno l’idoneità della stessa al perseguimento delle finalità della norma.

Anche a voler considerare l’Ente ritardatario “colpevole”, per proprie negligenze e disfunzioni, i giudici costituzionali hanno ritenuto, in ogni caso sussistente la mancanza di proporzionalità, per una eccessiva rigidità del dettato normativa. Non si prevede, infatti, né una differenziazione tra le ipotesi di violazione (che potrebbe, a esempio, consistere in un superamento soltanto minimo dei tempi medi prescritti o a contrario, di notevole entità), né tantomento sulla sanzione, che è, sempre e comunque, il blocco totale delle assunzioni.

L’obiettivo perseguito dal legislatore, quindi, poteva essere raggiunto con un sacrificio adeguatamente graduato degli interessi, parimenti costituzionalmente protetti, delle regioni e delle relative comunità.

La norma infatti non tiene conto, risultando pertanto sproporzionata, dell’eventualità che l’Ente abbia, per esempio, ridotto, in ossequio ai vincoli imposti dal legislatore statale, la propria spesa di personale, nel qual caso la sanzione unica del blocco delle assunzioni può risultare eccessiva.

Le valutazioni della Corte Costituzionale così formulate si sono tradotte in una violazione, da parte dell’articolo in esame, del principio di proporzionalità, che determina una illegittima compressione dell’autonomia regionale in materia di organizzazione amministrativa, spettante alla competenza regionale piena, come prevista dall’art. 117, comma 4 della Costituzione.

E parimenti, la lesione del principio di proporzionalità, ha comportato la violazione da parte dell’articolo 41, comma 2 del D.L. n. 66/2014, dell’art. 97, secondo comma della Carta costituzionale, atteso che il blocco delle assunzioni pregiudica, senza alcun dubbio, il buon andamento della pubblica amministrazione.

Senza, per altro, assicurare, con la misura sanzionatoria, il rispetto dei termini imposti per il pagamento dei debiti, con una lesione, anche sotto tale altro aspetto, delle competenze in materia di organizzazione amministrativa.

CONCLUSIONI.

La pronuncia esaminata è stata accolta con grandi consensi da parte dei tecnici e della stessa dottrina, andando a chiudere un cerchio aperto, come visto, già con le proposte di abolizione della norma da parte dell’Anci.

Lo stesso legislatore, nell’introdurre l’eccezione alla sanzione, al solo scopo del ricollocamento dei provinciali, aveva, forse, già in parte valutato l’assoluta abnormità della stessa misura punitiva, rispetto alla violazione realizzata.

Secondo autorevolissima fonte2, i limiti imposti da svariati anni a questa parte alle assunzioni di personale hanno, in realtà, un unico scopo: “tenere sotto controllo e, anzi, far sì che continui a scendere l’unica voce della spesa pubblica che da anni continua a diminuire, cioè proprio quella connessa alla spesa del personale, di poco inferiore al 20% della spesa complessiva”. Proprio per questo, di sovente, non assistiti da alcun criterio di ragionevolezza.

2 Luigi Oliveri , “Ovvia incostituzionalità del blocco delle assunzioni per ritardo nei pagamenti”, pubblicato il 23 dicembre 2015 sul blog www.rilievoaiaceblogliveri.wordpress.com

determina una illegittima compressione dell’autonomia regionale in materia di organizzazione amministrativa

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201631

a cura di Paolo Longoni eRosario Poliso

Il punto di vista del revisore I controlli dell’Organo di Revisione in materia di Opere Pubbliche – Il Rendiconto dei contributi ricevuti ed erogati Paolo Longoni e Rosario Poliso

In una materia complessa e articolata come quella che riguarda la realizzazione delle Opere Pubbliche,l’intervento dell’Organo di revisionesi svolge in diverse fasi.Giù dall’avvio del procedimento l’Organo è interessato alla regolarità dello svolgimento delle operazioni di gara e di contrattualizzazione delle opere: ciò nell’ambito dell’obbligo di vigilanza sull’attività contrattuale dell’Ente.Ma anche in fase di programmazione i Revisori intervengono con i controlli sul Programma Triennale delle Opere Pubbliche e sull’Elenco Annuale, verificandone la compatibilità con le risorse finanziarie del Bilancio di Previsione.In questo breve intervento, tuttavia, vogliamo limitarci a quei particolari aspetti che riguardano più direttamente l’assetto economico-finanziario dell’Ente. Tra questi, un rilievo del tutto particolare devono avere i tempi di realizzazione delle singole opere. Un ritardo eccessivo, o comunque non correttamente motivato, non solo costituisce un disservizio in termini di pubblica utilità, atteso che la collettività potrà beneficiare solo in ritardo di quella determinata opera pubblica, ma rappresenta anche uno spreco di denaro pubblico, se non addirittura la causa di ulteriori e rilevanti spese assolutamente ingiustificate. L’attività di controllo dell’Organo di Revisione deve essere quindi diretta a verificare soprattutto che non si determinino ritardi patologici nei tempi di esecuzione dei lavori pubblici. A tal fine, ovviamente con controlli a campione, dovrà essere accertato che: - i periodi di sospensione dei lavori siano stati sempre preventivamente autorizzati e

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201632

Paolo Longoni e Rosario Poliso

I controlli dell’Organo di Revisione in materia di Opere Pubbliche – Il Rendiconto dei contributi ricevuti ed erogati

comunque siano adeguatamente motivati, così come prevede la normativa di settore; - che siano stati esperiti tutti i tentativi e le procedure previste dalla normativa vigente

per definire, possibilmente senza danni per l’Ente, eventuali contenziosi insorti con la ditta appaltatrice già nel corso dell’esecuzione dei lavori;

- che si provvedanei casi previsti dalla legge al tempestivo collaudo dell’opera; - che, immediatamente dopo la loro conclusione, venga predisposto e sottoscritto dalle parti il certificato di ultimazione dei lavori. Questi ultimi adempimenti rivestono particolare importanza anche da un punto di vista contabile: qualora il costo finale della realizzazione sia stato inferiore al previsto, solo a seguito di tali atti è possibile svincolare l’importo dell’economia o, per le opere finanziate con mutuo, chiedere la riduzione dell’importo originario del mutuo stesso ovvero l’utilizzazione, per altra finalità, del capitale residuo (cd. devoluzione di mutuo).

L’Organo di revisione dovrà verificare se l’Elenco annuale ed il Programma triennale dei lavori pubblici: - sono stati redatti in conformità di quanto indicato dal Dm. 21 giugno 2000, sostituito una prima volta dal Dm. 22 giugno 2004, ulteriormente sostituito dal Dm. 9 giugno 2005, e delle modifiche introdotte dall’art. 7 della Legge n. 166/02; - sono stati adottati entro il 30 settembre dalla Giunta comunale; - sono stati pubblicati per almeno 60 giorni all’Albo pretorio del Comune; La verifica della regolarità finanziaria nella esecuzione delle opere pubbliche inizia con l’esame della programmazione degli investimenti approvata dall’Ente sia in riferimento ai programmi e progetti annuali contenenti la previsione del fabbisogno e l’individuazione dei mezzi finanziari per coprire tale fabbisogno, sia in riferimento ai programmi e progetti di carattere pluriennale. L’esame deve riguardare sia la fattibilità che la regolarità finanziaria delle opere programmate. L’esame di fattibilità in particolare mirerà a verificare la capacità di acquisire le risorse finanziarie per la realizzazione degli investimenti, nei tempi e nell’ammontare previsti, nonché la capacità di

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201633

Paolo Longoni e Rosario Poliso

I controlli dell’Organo di Revisione in materia di Opere Pubbliche – Il Rendiconto dei contributi ricevuti ed erogati

progettare gli investimenti con risorse umane proprie o con il ricorso ad incarichi esterni nei tempi programmati. Dovrà essere verificata anche la capacità di copertura delle maggiori spese di investimento, nonché la congruità dei piani economico-finanziari (artt. 200-201 Tuel). Il controllo sulla regolarità finanziaria dovrà invece prendere in esame le procedure e i tempi di realizzazione delle opere effettivamente rilevate rispetto a quanto preventivato, nonché la regolarità gestionale dell’andamento dei costi effettivi rispetto a quelli preventivati. Un’attenzione particolare nella verifica sulla regolarità finanziaria delle opere pubbliche deve essere posta sulle opere in corso di esecuzione e non ancora ultimate. A tale proposito, i Revisori devono fare riferimento al “conto dei residui” afferenti la spesa in conto capitale, controllando con cura il tasso di smaltimento dei residui passivi per verificare se risulta correttamente in rotazione l’andamento dei residui passivi di parte investimenti, ovvero se, come troppo spesso accade, la realizzazione degli investimenti stessi non è in linea con quanto programmato. Il Collegio dovrà poi vigilare attentamente sulla redazione del prospetto della Relazione previsionale e programmatica che riguarda lo “Stato di attuazione dei programmi”, nel quale sono contenuti sia un prospetto che elenca i progetti di opere pubbliche che sono stati finanziati nei precedenti esercizi e non ancora ultimati, sia l’illustrazione e descrizione degli stessi e l’attuazione dei programmi. Si dovranno verificare le maggiori spese per investimento e se ne ricorre il caso, adeguarle ai mutati valori finanziari ed economici e ai mutati tempi di esecuzione. Il controllo contabile posto in essere dai Revisori dovrà essere in grado di garantire la costante riconciliazione della contabilità delle opere pubbliche, per la cui tenuta si segue la speciale normativa di settore, con la contabilità generale di bilancio, di competenza e di cassa. La produzione di un’informazione contabile corretta sulla realizzazione delle opere pubbliche risulta di fondamentale importanza perché è alla base di un corretto utilizzo dei mezzi a disposizione, che deve avvenire con sempre maggiore razionalità in relazione ai tempi di realizzo dell’intervento, anche al fine di impedire l’immobilizzo di risorse senza ottenere i risultati sperati. ****Spesso, poi, le Opere Pubbliche sono assistite da finanziamenti sotto forma di contributo erogati da altri Enti del settore Pubblico.L’art. 158 del Tuel dispone che per tutti i contributi straordinari assegnati da Amministrazioni pubbliche agli Enti Locali questi devono presentare all’Amministrazione erogante, entro 60 giorni dal termine dell’esercizio finanziario relativo, a cura del Segretario e del Responsabile del Servizio Finanziario, un apposito rendiconto; l’inosservanza della predetta disposizione comporta l’obbligo di restituzione del contributo straordinario assegnato. E’ opportuno che, successivamente al 28 febbraio di ogni anno, l’Organo di revisione verifichi che si sia regolarmente provveduto alla presentazione del predetto rendiconto a tutte le Pubbliche Amministrazioni eroganti contributi straordinari, documentando, come richiesto dalla legge, oltre alla dimostrazione contabile della spesa, i risultati conseguiti in termini di efficacia dell’intervento. In conclusione dell’intervento, e a titolo di corollario, è il caso di ricordare che il principio della resa del conto dell’utilizzo del denaro pubblico vale anche per tutte le contribuzioni corrisposte dall’Ente Locale a favore di terzi,sulla base dei principi che sovrintendono alla contabilità dello Stato (su tutte, la Legge n. 468/78) ed alle norme che disciplinano l’attività di controllo della Corte dei conti (tra le altre, la Legge n. 20/94 e la Legge n. 131/03). Il riconoscimento da parte degli Enti Locali di contributi a fondo perduto a società, associazioni, comitati, enti e gruppi rappresentativi del territorio deve essere effettuato dopo che il Comune ha preventivamente definito in un apposito Regolamento i criteri, le modalità e le forme di pubblicità per la concessione delle varie fattispecie di intervento a sostegno di iniziative di particolare valore culturale, scientifico, sociale, educativo, sportivo, ambientale, promosse da soggetti pubblici e

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201634

Paolo Longoni e Rosario Poliso

I controlli dell’Organo di Revisione in materia di Opere Pubbliche – Il Rendiconto dei contributi ricevuti ed erogati

privati che si svolgano all’interno del territorio. Trattandosi di pubblico denaro, gli atti di assegnazione dei contributi a fondo perduto devono contenere idonee motivazioni e prevedere, nel rispetto tra gli altri anche dei principi di trasparenza, imparzialità e corretta gestione della cosa pubblica, la rendicontazione da parte del beneficiario dell’utilizzo a cui è stato destinato tale contributo pubblico. Èinfatti compito dell’ufficio che ha riconosciuto il contributo in denaro effettuare la verifica dell’effettivo suo utilizzo, provvedendo addirittura a richiedere la restituzione di quanto corrisposto nel caso in cui le somme non siano state utilizzata ovvero lo sia state ma per finalità diverse rispetto a quelle previste e concordate. E’ sufficiente solo accennare al fatto che l’assenza di documentazione giustificativa afferente una contribuzione pubblica riconosciuta dall’Ente Locale a favore di un soggetto terzo rischia di generare un’ipotesi di responsabilità amministrativa, contabile e patrimoniale a carico del funzionario responsabile dell’assegnazione e del contributo nel caso in cui fosse poi accertato in sede di giurisdizione amministrativa un danno patrimoniale a carico dell’Ente stesso .

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201635

a cura di Stefano Usai

Focus sul procedimento amministrativoTra norme, prassi operativa e giurisprudenza

Il soccorso istruttorio: il procedimento e l’ invariazione della soglia di anomalia (quarta ed ultima parte)

1. Introduzione

In quest’ultima parte degli interventi sul soccorso integrativo di nuova introduzione nell’ordinamento giuridico degli appalti ci si soffermerà – per ciò che in questa sede interessa analizzare – sul procedimento a carico del RUP e sul nuovo principio di invarianza della soglia di anomalia che, recentissima giurisprudenza, ha finalmente chiarito nel significato e sotto il profilo pratico/operativo.

2. I procedimenti amministrativi del RUP (in tema di soccorso istruttorio)

La determinazione n. 1/2015 dell’ANAC – sulla prima interpretazione delle nuove norme in commento introdotte dal d.l. n. 90/2014 come modificato dalla legge di conversione n. 114/2014 – ha chiarito, in modo condivisibile che nell’ambito dei potenziali errori/lacune dell’appaltatore vi sono irregolarità che implicano l’attivazione del soccorso istruttorio da parte del RUP senza alcun intervento dell’appaltatore e in specie, relativamente ad aspetti che si possono sostanziare in carenze della documentazione ma non ritenute essenziali per la completezza.

Si pensi al caso in cui la stazione appaltante abbia richiesto – anche per errore - delle prescrizioni “esagerate”. E’ chiaro che eventuali errori in relazione a questi casi implicano un’attivazione automatica del RUP senza che venga in alcun modo coinvolto l’appaltatore.

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201636

Stefano Usai

Il soccorso istruttorio: il procedimento e l’ invariazione della soglia di anomalia (quarta ed ultima parte)

Fattispecie questa, è bene annotarlo, che risulta anche differente dal tradizionale soccorso specificativo, di chiarimento, declinato nel primo comma dell’articolo 46 del codice.

Situazione determinate da una mancata chiarezza della dichiarazione o nei documenti prodotti che necessariamente implicano la collaborazione dell’appaltatore.

Circostanza che potrebbe rappresentare una prima fase di un procedimento che può giungere ad individuare delle irregolarità essenziali sanabili (previo pagamento della sanzione) o addirittura irregolarità non sanabili (si pensi, sulla base della prima giurisprudenza, ad un contratto di avvalimento assolutamente generico senza che risulti la chiara misura dell’impegno assunto dall’ausiliario o addirittura ad un impegno condizionato, in questo senso, il Tar Lazio, Roma, sez. III ter sentenza 24 dicembre 2015 n. 14558).

Altro “procedimento” può riguardare irregolarità pur essenziali ma non sanzionabili. Si tratterebbe – secondo l’ANAC – di un nuovo genus di irregolarità che sono rilevanti ma non possono determinare comunque l’esclusione ed in ogni caso il RUP si deve attivare (anche sollecitando l’appaltatore) ma senza la necessità che venga comminata una sanzione.

In particolare, sul punto, si legge nella determinazione “si pensi ad esempio, alla richiesta dell’indicazione della posizione Inps, Inail, Cassa edile, ai fini della verifica della regolarità contributiva, o all’indicazione degli estremi del decreto (e del Tribunale competente) relativo all’ammissione al concordato con continuità aziendale; si pensi, inoltre, all’esatta indicazione dell’indirizzo dell’agenzia delle entrate territorialmente competente per la verifica del rispetto degli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse, ecc”.

La fattispecie che viene letteralmente (e sostanzialmente) procedimentalizzata con il comma in commento è, evidentemente, quella relativa alla irregolarità su elementi e/o nella dichiarazione sostituiva afferente aspetti essenziali (sul punto si rinvia alla lettura della prima parte dei contributi).

In questo caso – ed è proprio compito del RUP specificare nel bando di gara o nella lettera di invito quali siano le irregolarità essenziali sanabili con il pagamento della sanzione - il responsabile unico del procedimento deve applicare la precisa prescrizione della norma che puntualizza l’assegnazione di un termine di (non superiore) 10 giorni chiarendo all’appaltatore chiamato a regolarizzare il contenuto ed i soggetti che devono rendere eventuali dichiarazioni (comma 1-ter dell’articolo 46 del codice dei contratti).

3. Il procedimento di integrazione

Testualmente il secondo ed il quarto periodo del comma 2-bis dell’articolo 38 puntualizza, rispettivamente, che “la stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere” ed in caso “di inutile decorso del termine di cui al secondo periodo il concorrente è escluso dalla gara”.

Nonostante la lettera della norma appaia – almeno in questo caso – piuttosto chiara, la giurisprudenza ha già fornito delucidazioni, come si vedrà, contrastanti.

In primo luogo, la possibilità di regolarizzare è rimessa al pagamento della sanzione pecuniaria (sul punto si rinvia a quanto detto nella terza parte dei contributi).

In sostanza, il RUP comunica all’appaltatore interessato una sorta di proposta di soccorso istruttorio che ha il costo della sanzione pecuniaria stabilita nel bando di gara o nella lettera

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201637

Stefano Usai

Il soccorso istruttorio: il procedimento e l’ invariazione della soglia di anomalia (quarta ed ultima parte)

di invito. E che l’appaltatore – secondo l’ANAC ma la giurisprudenza sta discutendo questo aspetto - può anche rifiutare (subendo l’estromissione) per non pagare la sanzione.

Nella richiesta deve essere specificato chiaramente l’oggetto dell’integrazione e, sempre secondo il legislatore, l’appaltatore non può avere più di 10 giorni per regolarizzare la propria situazione rispondendo alle richieste del RUP. In caso negativo, come detto, viene naturalmente estromesso dal procedimento di gara.

La natura del termine, sembrava pacifico, dovrebbe essere perentoria ma recenti interenti giurisprudenziali ne hanno affermato la prorogabilità in presenza di situazioni oggettive.

E’ quanto accaduto con l’ordinanza cautelare del Consiglio di Stato, sez. IV, del 18 dicembre 2015 n. 5627 che ha ritenuto il termine di 10 giorni - ai sensi del comma 2-bis dell’articolo 38 del codice dei contratti - come prorogabile e quindi configurandolo non come termine perentorio ma come termine ordinatorio.

Secondo il giudice di Palazzo Spada, “tenuto conto che, in presenza di una obiettiva impossibilità o difficoltà di rispettare il termine di dieci giorni per procedere alla regolarizzazione documentale di cui all’art. 38, comma 2-bis del codice degli appalti, appare possibile concedere una proroga del termine”.

In sostanza, la richiesta del RTI (nel caso di specie) alla stazione appaltante di avere una proroga del termine entro cui procedere con l’integrazione (nuova produzione della cauzione provvisoria) respinta dal RUP è stata ritenuta ammissibile dal giudice di Palazzo Spada.

Ne discende, a margine di ogni altra considerazione, che il termine in parola non deve essere inteso – come fatto dalla stazione appaltante, dalla norma, dall’ANAC e dallo stesso Consiglio di Stato - come perentorio ma come ordinatorio suscettibile di apprezzamento da parte della stazione appaltante che, in presenza di oggettivi motivi, potrebbe concedere una proroga.

Naturalmente la tesi non appare condivisibile ma, presumibilmente, anche su questo aspetto si alimenterà un contenzioso già significativo.

4. L’intangibilità della soglia di anomalia

Rilevantissimo intervento giurisprudenziale - CGA, sezione giurisdizionale, Sicilia, sentenza del 22 dicembre 2015 n. 740 – è valso invece a chiudere l’ultimo periodo del comma in commento

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201638

Stefano Usai

Il soccorso istruttorio: il procedimento e l’ invariazione della soglia di anomalia (quarta ed ultima parte)

secondo cui “ogni variazione che intervenga, anche in conseguenza di una pronuncia giurisdizionale, successivamente alla fase di ammissione, regolarizzazione o esclusione delle offerte non rileva ai fini del calcolo di medie nella procedura, né per l’individuazione della soglia di anomalia delle offerte”.

Disposizione chiaramente finalizzata a ridurre il contenzioso, per evitare in particolare che l’azione amministrativa venga costantemente messa in discussione a discapito dell’assegnazione dell’appalto,ma che ha fatto dubitare sulla legittimità della forte limitazione del diritto di tutela le proprie legittime pretese.

Uno dei problemi posti dalla norma è stato quello di comprendere la fase del procedimento oltre la quale il RUP – per eventuale riammissione di un concorrente estromesso – avesse l’obbligo di rimodulare la soglia dell’anomalia rimettendo praticamente in gioco l’assegnazione dell’appalto.

La delicatissima questione è stata risolta, come premesso, in modo davvero condivisibile dalla sezione d’appello siciliana.

Nel caso di specie, il giudice d’appello siciliano veniva adito per la verifica della legittimità del comportamento della stazione appaltante che, riammessi alcuni concorrenti esclusi dopo l’aggiudicazione provvisoria, si determinava alla rimodulazione della soglia di anomalia, a revocare l’aggiudicazione provvisoria e ad assegnare a soggetto diverso dal ricorrente, l’appalto.

Secondo il ricorrente, questo modus operandi del RUP si poneva in insanabile contrasto proprio con la prescrizione della c.d. invarianza della soglia di anomalia fissata dal d.l. 90/2014 nell’ultimo periodo del comma 2-bis dell’articolo 38 del codice dei contratti.

Per il ricorrente la riammissione dei concorrenti – attraverso l’esercizio del potere di autotutela della stazione appaltante – era avvenuta in un momento successivo alla fase di ammissione dei partecipanti all’appalto e pertanto, alla luce della norma predetta, ogni potere di variare la soglia di anomalia doveva ritenersi precluso ed illegittimamente esercitato.

Il giudice non ha ritenuto persuasive le riflessioni del censurante pur riconoscendo che, oggettivamente, la recente disposizione crea qualche problema pratico/applicativo determinato dall’esigenza di individuare a quale fase della procedura amministrativa di assegnazione dell’appalto debba essere collegato il momento dell’ ammissione, “regolarizzazione o esclusione delle offerte” oltre la quale, il ricalcolo non è più consentito.

Dalla disamina, emerge che la disposizione deve essere interpretata “nel senso di non permettere qualsiasi successiva variazione della media e della soglia di anomalia” tanto “per effetto di una pronuncia giurisdizionale o in ragione di provvedimenti adottati dall’amministrazione in sede di autotutela”.

Questa “conclusione risulta (…) una novità nel panorama legislativo e nell’ambito del diritto vivente” -ed il giudice rileva che la finalità delle previsione è quella “di giungere alla rapida stipulazione ed esecuzione del contratto”.

La priorità del legislatore legittima anche un sacrificio in termini di tutela effettiva del contraente che, se non può più aspirare ad ottenere l’appalto, può comunque coltivare la pretesa al risarcimento del danno.

Con l’ultimo inciso risulta superata anche la, legittima, perplessità sulla costituzionalità della norma per effetto della limitazione del proprio diritto di tutela delle proprie ragioni.

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201639

La nuova disciplina dell’autotutela nella legge 124/2015di Tiziano Tessaro

1. Le modifiche in tema di autotutela operate nel 2005

1.1 Procedimenti di secondo grado e autotutela: una esegesi necessaria

1.1.1 Gli istituti previsti dalla legge n. 241/1990

Come noto, la riforma della l. n. 241/90 operata con la l. n. 15/2005 e con il D.L. n. 34/05, conv. in l. n. 80/05, aveva manifestato il preciso intento di una sistemazione delle fattispecie relative ai procedimenti di secondo grado1, in cui cioè le questioni relative alla validità e all’efficacia si intersecano. Nel caso infatti in cui gli atti amministrativi siano affetti da vizi di legittimità inquadrabili nelle categorie – espressamente normate – dell’incompetenza relativa, dell’eccesso di potere, della violazione di legge, ovvero, in taluni casi, di vizi di merito, l’amministrazione può aprire procedimenti di secondo grado per eliminare tali vizi, ed ha a disposizione due strade. La prima è quella di eliminare gli atti che sono viziati; la seconda è quella di conservare tali atti in vita, procedendo alla eliminazione, ove possibile, delle sole parti viziate. Entrambe tali potestà sono esplicazione della potestà di autotutela e costituiscono istituti riconducibili tutti nell’ampio “potere di riesame” che spetta alla pubblica amministrazione, anche in assenza di una esplicita, specifica previsione legislativa.

La normativa sul procedimento aveva quindi previsto le ipotesi caducatorie dell’annullamento d’ufficio (art. 21-nonies), per i vizi di legittimità e della revoca (art. 21-quinquies)per i vizi di merito; le ipotesi conservative della convalida (art. 21-nonies); l’ipotesi di interdizione interinale dell’efficacia, per la sospensione (art. 21 quater, secondo comma).

All’intento del legislatore - che non era poi così improrogabile, dal momento che il potere di autotutela della Pubblica amministrazione, finalizzato a rimuovere determinazioni amministrative che si rivelino non idonee a perseguire il pubblico interesse, costituisce principio generale

1 V. Cerulli Irelli, Osservazioni generali sulla legge di modifica della L. n. 241/90, in www.giustamm.it.

le questioni relative alla validità e all’efficacia si intersecano

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201640

Tiziano Tessaro

La nuova disciplina dell’autotutela nella legge 124/2015

operante anche in assenza di specifica previsione normativa o contrattuale2 - non è tuttavia seguita la reale capacità di prevedere in modo esaustivo la fattispecie astratta: essa infatti sembra riguardare l’id quod plerumque accidit, non invece delineare una regola valevole per tutti i casi. Il riferimento è in particolare ad altre tipologie di provvedimenti contemplati dall’ordinamento che intervengono su precedenti provvedimenti: si pensi alla ratifica ,prevista ad esempio dall’art. 42 ultimo comma del D.lgs. n. 267/2000, che pure non è sussumibile entro la categoria della convalida; alla decadenza ovvero allarevoca sanzionatoria che incide, con efficacia ex nunc, sul rapporto costituito da un atto concessorio o autorizzatorio e non sull’atto stesso, di cui non pone in discussione la legittimità né l’opportunità3; alla conferma in senso proprio, che è atto costitutivo di un procedimento di secondo grado, specificamente connotato da una rinnovata ponderazione di interessi, che si conclude con la reiterazione delle statuizioni dell’atto confermato mediante il provvedimento di conferma e consiste nella dichiarazione che l’autorità vuole tuttora la regolamentazione espressa nel precedente provvedimento (4) prevista dall’art.127 e segg. del TUEL.

Si pensi inoltre alla riforma dell’atto che consiste in una modificazione parziale dello stesso, mentre si ricorre alla rettifica dell’atto qualora sia necessario correggere un errore materiale; ovvero alla sanatoria in senso stretto e alle altre figure conosciute.

Alla luce delle brevi e succinte premesse ed in particolare prendendo in esame il testo normativo riformato, che prevede espressamente alcune figure di autotutela quali la revoca (art. 21–quinquies) o l’annullamento d’ufficio (art. 21-nonies), era legittimo chiedersi se possono convivere con il nuovo assetto del capo IV-bis altri“provvedimenti di secondo grado” oppure se la non esplicita previsione sia da considerare come precisa volontà legislativa di ritenere tali provvedimenti non più utilizzabili da parte dell’amministrazione: la risposta in realtà è articolata.

Va premesso innanzitutto che nel tempo si è determinata una classificazione dei“provvedimenti di secondo grado” che spesso, invece di creare chiarezza in materia, ha aumentato la complessità delle definizioni rendendo meno certi e definiti i confini distintivi delle diverse figure giuridiche, e questo a causa della pluralità di orientamenti dottrinari che, talora, attribuiscono preminenza alla natura dell’atto oppure all’organo che è preposto all’emanazione dello stesso, oppure alla retroattività o meno dell’efficacia dell’annullamento, oppure all’interesse pubblico,

2 Consiglio di Stato, Sez. V,25 marzo 2004, n.613.

3 R. VILLATA, L’atto amministrativo, in L. MAZZAROLLI – G. PERICU – A. ROMANO – F.A. ROVERSI MONACO – F.G. SCOCA, Diritto amministrativo, II, III ed., 2001, 1576 ss.

4 Cons. Stato, Sez. V, 24 novembre 1992, n. 1365

la reale capacità di prevedere in modo esaustivo la fattispecie astratta

i confini distintivi delle diverse figure giuridiche

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201641

Tiziano Tessaro

La nuova disciplina dell’autotutela nella legge 124/2015

determinando ulteriore incertezza interpretativa . Infatti, se l’annullamento può essere applicato all’atto viziato da illegittimità ed ha efficacia retroattiva, l’abrogazione si configura come il ritiro di un atto inopportuno e si distingue dal ritiro dell’atto che può avvenire solo allorché l’atto sia ancora inefficace, non abbia prodotto ancora alcun effetto; la sospensione invece consente all’amministrazione di rivedere l’atto non ancora efficace, è un provvedimento cautelare che incide sull’efficacia e non sulla validità dell’atto e per il tempo strettamente necessario a tale valutazione che deve essere motivata.

Si potrebbe ritenere che la legge a seguito delle riforme abbia inserito esplicite esclusioni in merito all’elencazione dei“provvedimenti di secondo grado”. In secondo luogo nel caso di esclusione dell’applicabilità di tali figure giuridiche, si determinerebbe una ingiustificabile limitazione al potere dell’amministrazione di perseguire il corretto e attuale interesse pubblico, così come la ratio della norma necessariamente impone. In terzo luogo la non espressa e dettagliata previsione legislativa di tali fattispecie forse vuole lasciare spazio alla naturale struttura creativa del diritto amministrativo, che male si concilia con rigide strutture puramente formalistiche del diritto positivo, e alla discrezionalità che caratterizza l’agire della pubblica amministrazione.

In realtà, l’autentica chiave di lettura è ricavabile dal fatto che il legislatore della l. 124/2015,come vedremo, sembra essersi concentrato su quella, più limitata, di autotutela, rubricando espressamente in tal senso un articolo della nuova legge 241/1990.

1.2 Le novità introdotte dalla legge n. 124/2015 in tema di autotutela decisoria

In tal senso, la disciplina positiva, che è stata dettata anche per i poteri di annullamento d’ufficio e di revoca, appare ispirata alla riconduzione della disciplina del provvedimento amministrativo al principio di legalità ed alla negazione dell’esistenza di poteri amministrativi impliciti. Come si è avuto modo di sottolineare in precedenza, il legislatore ,con la codificazione del provvedimento amministrativo all’interno della legge sulla riforma del procedimento, sembra aver abbracciato l’idea di una nozione ristretta di autotutela decisoria, non coincidente cioè con quella dei provvedimenti di secondo grado, ma riferita unicamente a vicende inerenti la necessaria compresenza della discrezionalità in sede di adozione di provvedimenti incidenti su precedenti atti: vedremo tuttavia che la legge n. 124/2015 va a introdurre significativi elementi di novità che inducono a un parziale ripensamento della prospettiva a cui si è arrivati per

l’agire della pubblica amministrazione

poteri di annullamento d’ufficio

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201642

Tiziano Tessaro

La nuova disciplina dell’autotutela nella legge 124/2015

sottolinearne il diverso approdo sul piano sistematico .

1.3 Legge n. 124/2015 e rottura dell’unità dell’istituto

La prima notazione è data dal fatto che la normativa di riforma sembra aver rotto l’unità degli istituti che compongono il mosaico della categoria dei provvedimenti di secondo grado,voluta invece dalla modifica del 2005.

Per poter esaminare le novità introdotte dalla legge n. 124/2015, è utile rimarcare come, facendo applicazione di principi come quelli dell’affidamento e della proporzionalità e ragionevolezza, in riferimento alla valutazione dell’interesse pubblico, il legislatore aveva accomunato le ipotesi di autotutela conservative e caducatorie, in guisa che la convalida (art. 21-nonies secondo comma) era diventata in tutto e per tutto – nel bilanciamento degli interessi, tipico dell’applicazione di tali principi- il pendant dell’annullamento d’ufficio (art. 21-nonies, primo comma):

1) sotto il profilo dei vizi sanabili, in quanto poteva riguardare tutti i vizi di legittimità, e non solo il caso di atto affetto da vizio di incompetenza relativa (cfr. art. 6 della legge 18 marzo 1968, n. 249), dunque anche quelli di violazione di legge ed eccesso di potere. In precedenza, come noto, la giurisprudenza riteneva che la convalida fosse ammessa unicamente nei confronti di atti viziati di incompetenza relativa; si diceva, in questi casi, che altrimenti l’autorità finirebbe con l’eludere le garanzie che sono predisposte a tutela del cittadino leso dal provvedimento e frustrerebbe l’interesse del ricorrente ad ottenere una decisione di annullamento del

il legislatore aveva accomunato le ipotesi di autotutela conservative e caducatorie

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201643

Tiziano Tessaro

La nuova disciplina dell’autotutela nella legge 124/2015

provvedimento viziato (5);

2) in secondo luogo, sotto il profilo della valutazione dell’interesse pubblico, in quanto risponde a esigenze di economia processuale e di buon andamento dell’azione amministrativa, finalizzata alla tutela prevalente dell’interesse pubblico in rapporto all’interesse legittimo (6).

Già in precedenza, peraltro, la giurisprudenza (7) aveva posto in rilievo quanto sopra espresso e, cioè, che il potere di convalida, ad opera dell’organo competente, degli atti amministrativi viziati non è altro che una delle possibili espressioni del potere di autotutela, da cui discendono la potestà di annullamento e lo speculare potere di convalida.

Ora invece, la previsione della norma contenuta nell’art. 6, comma 1, della legge n. 124/2015 rompe tale simmetria, individuando per il solo annullamento d’ufficio, e solo in alcuni casi,cosi come invece per tutte le ipotesi di sospensione, un termine perentorio: prevedendo cioè che il termine per l’annullamento d’ufficio non possa essere comunque superiore a diciotto mesi dal momento dell’adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato ai sensi dell’articolo 20. Nulla viene detto invece, dalla norma contenuta nella legge n. 124/2015, a riguardo della convalida, che probabilmente viene retta ancora da quei principi consolidati in ambito giurisprudenziale di esercizio del potere entro un termine ragionevole e che comunque trovano un elemento di sintesi nella formula rimasta invariata del secondo comma dell’art. 21 l. n. 241/1990. La frammentazione della unitarietà della disciplina dell’autotutela è resa ,in secondo luogo, ancora più visibile, dal raffronto non solo tra le ipotesi di annullamento d’ufficio e convalida , ma anche

5 Cons. Stato, Sez. IV, 21 febbraio 1964, n. 73; Cons. Stato, Sez. V, 18 dicembre 1987, n. 792; Cons. Stato, Sez. V, 25 maggio 1987, n. 336.

6 Cons. Stato, Sez. IV, 19 maggio-26 giugno 1998, n. 991.

7 T.R.G.A. Trentino-Alto Adige, 13 maggio 1997, n. 111

atti amministrativi viziati

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201644

Tiziano Tessaro

La nuova disciplina dell’autotutela nella legge 124/2015

in seno alle ipotesi caducatorie. La revoca e l’annullamento d’ufficio sono infatti ora accomunate dalla divaricazione tra due distinte ipotesi: la previsione, cioè, di un annullamento d’ufficio che incidono su provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici e ipotesi, per contro, di annullamento d’ufficio che concernono le restanti tipologie di provvedimenti; così come dell’ipotesi di una revoca da un lato di atti amministrativi ad efficacia durevole o istantanea che incide su rapporti negoziali, e di revoche, dall’altro, che insistono invece su altri provvedimenti preesistenti.

Le conseguenze divergono tuttavia sensibilmente: mentre nel caso dell’annullamento d’ufficio, l’esercizio del potere viene ad essere limitato sul piano temporale, nel caso della revoca lo ius poenitendi della P.A. viene altresì condizionato sul versante economico (risolvendosi nella necessaria liquidazione agli interessati di un indennizzoparametrato ai criteri enunciati all’art. 21-quinquies). Accanto ad esse, vi è ora una ulteriore ipotesi , divaricatoria rispetto alla regola generale, di un annullamento d’ufficio (comma 2-bis) senza i limiti di tempo previsti dal comma 1 (e valevole solo per esso) per l’eventualità che i provvedimenti amministrativi vengano conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato. Va ulteriormente sottolineato che l’ipotesi di convalida deve essere logicamente –anche per ragioni di carattere sistematico afferenti la sequenza testuale dell’art. 21-nonies- esclusa per tale ipotesi, che non a caso, come vedremo, deve essere considerata come fattispecie di annullamento vincolato : in guisa che la specularità tra potere caducatorio e potere conservativo disegnata nel 2005 sembra ora tramontare definitivamente con la moltiplicazione delle ipotesi e dei presupposti su cui poggiano i poteri autoritativi sugli atti in questione.

Un terzo elemento di rottura nel 2015 della impostazione unitaria pensata nel 2005 a riguardo dei provvedimenti di riesame è data dal confronto tra le ipotesi di annullamento d’ufficio e sospensione: la sospensione non può comunque essere disposta o perdurare oltre i termini per l’esercizio del potere di annullamento di cui all’articolo 21-nonies. Posto che l’esercizio di tale ultimo potere è limitato sul piano temporale per i provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato ai sensi dell’articolo 20,ci si potrebbe chiedere se pureper le ipotesi di sospensione valgano analoghe limitazioni o se si applichi la regola generale dettata per le altre fattispecie non descritte.

------------------------------- PUBBLICATA IN DATA 15/9

2. L’annullamento d’ufficio dopo la legge n. 124/2015

2.1 Le modifiche introdotte dalla legge n. 164/2014

La riforma contenuta nella legge n. 124/2015 è stata per la verità preceduta dalle significative modifiche intervenute ad opera della legge n. 164/2014,in sede di conversione del d.l. n. 133/2014 : oltre ad essere state apportate delle novità alla disciplina della Scia ( in primo luogo una integrazione all’art. 19, comma 3, secondo periodo, con l’aggiunta della locuzione “nei casi di cui al comma 4”, evidentemente finalizzata a limitare la possibilità di esercizio dei poteri di autotutela di cui all’art. 21-quinquies e nonies (revoca e annullamento), evocati nel predetto comma 3, alle sole ipotesi concrete in cui si prospetta un pregiudizio anche solo potenziale agli interessi “rafforzati” indicati nel comma 4,ovvero il pericolo di un danno per il patrimonio artistico e culturale, per l’ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica o la

l’esercizio del potere viene ad essere limitato sul piano temporale

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201645

Tiziano Tessaro

La nuova disciplina dell’autotutela nella legge 124/2015

difesa nazionale),la modifica normativa contempla una nuova disciplina degli artt. 21-quinquies e nonies, finalizzata anch’essa alla stabilizzazione degli atti amministrativi e al contenimento dello ius poenitendi.

All’art. 21-quinquies si introducono, in particolare, due novità, non toccate dalla legge 124/15, quanto ai presupposti che la giustificano :

1. il mutamento della situazione di fatto che sopravvenga all’adozione dello stesso e che giustifica la revoca deve essere imprevedibile al momento dell’atto da revocare;

2. la nuova valutazione dell’interesse pubblico non può giustificare la revoca di atti autorizzativi e di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici.

Quanto all’art. 21-nonies, il legislatore del d.l. n. 133 sottolinea testualmente che l’annullamento non può essere disposto in caso dei vizi di annullabilità dell’atto “sanabili” ai sensi dell’art. 21-octies, comma 2: l’annullamento può essere disposto “esclusi i casi di cui al medesimo articolo 21-octies, comma 2”, e cioè nei casi del provvedimento “adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato” e di “mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.

Anche la prima ipotesi di “sanatoria”, per la quale non si parla di “giudizio”, a differenza della seconda, deve considerarsi di rilievo esclusivamente processuale: “All’art. 21-octies, comma 2, legge 7 agosto 1990, n. 241, in base al quale ‘non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato’, è da riconoscere carattere processuale, ragione per cui essa risulta applicabile anche ai procedimenti i quali fossero in corso o già definiti alla data di entrata in vigore della legge 11 febbraio 2005, n. 15 (che l’ha introdotta nel corpus di cui alla legge 241/1990, cit.)” (Cons. Stato 8 agosto 2014, n. 4218).

È evidente che l’innovazione contenuta nella legge n. 164/2014 riduce il contenzioso inducendo a ridurre i casi di autoannullamento. Né si deve temere seriamente un incremento di contenziosi sul silenzio o su un rigetto espresso su istanza di autotutela, posto che la giurisprudenza dominante afferma l’assenza di un dovere di provvedere su tali istanze: “l’amministrazione non ha l’obbligo di pronunciarsi su un’istanza finalizzata ad ottenere un provvedimento in via di autotutela: l’attivazione del procedimento di riesame della legittimità dell’atto amministrativo mediante l’istituto del silenzio rifiuto non è infatti coercibile ab extra, costituendo l’esercizio del potere di autotutela facoltà ampiamente discrezionale della p.a., in quanto il potere di autotutela si esercita d’ufficio e non su istanza di parte, avente valore di mera sollecitazione per la quale non c’è obbligo giuridico di provvedere” (TAR Roma 2 ottobre 2013, n. 8543).

A “compensazione” del rafforzamento degli atti originariamente illegittimi (e quindi suscettibili di annullamento ex art. 21-nonies e non di revoca ex art. 21-quinquies), il legislatore del d.l. n. 133 richiama la responsabilità dei funzionari per l’adozione di atti illegittimi e per il mancato annullamento degli stessi (v. art. 21-nonies, comma 1, secondo periodo).

2.1.1 I tratti dell’istituto

La regola posta dall’art. 21-nonies, a mente del quale il provvedimento amministrativo illegittimo

l’amministrazione non ha l’obbligo di pronunciarsi su un’istanza finalizzata ad ottenere un provvedimento in via di autotutela

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201646

Tiziano Tessaro

La nuova disciplina dell’autotutela nella legge 124/2015

ai sensi dell’articolo 21-octies può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall’organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge sembra consacrare per lo più principi giurisprudenziali consolidati in materia, prevedendo in via generale l’istituto e dettandone la disciplina. In proposito si è sottolineato che “L’esercizio del potere di autotutela da parte della p.a. presuppone il riscontro della illegittimità dell’atto originariamente adottato al fine di ripristinare la situazione di legalità violata, oltre alla valutazione della rispondenza della rimozione dell’atto, illegittimamente a suo tempo emesso, all’interesse pubblico concreto ed attuale; tali ‘condiciones iuris’, già fissate dalla giurisprudenza, sono state espressamente prese in considerazione dal legislatore allorché con l’art. 21-nonies, l. 7 agosto 1990 n. 241 è stato formalmente contemplato l’istituto dell’annullamento d’ufficio” (Consiglio di Stato 22/09/2014, n. 4735).

Ciò consente di superare il problema del fondamento del potere di annullamento d’ufficio, e tanto fin dalla prima riforma del 2005. Sotto il profilo soggettivo, il principio secondo cui nell’esercizio del potere di autotutela il provvedimento dell’Amministrazione tendente alla rimozione di precedente atto esistente ed efficace, deve essere adottato con le medesime formalità procedimentali seguite per l’adozione dell’atto rimosso appare volto, non soltanto a tutelare il soggetto che dall’atto in odore di annullamento ricava una posizione, ovvero degli effetti,favorevoli, ma risulta altresì coerente al principio di competenza intesa come misura di poteri attribuiti ad un dato organo. Invero, il potere di provvedere in via esclusiva su determinati affari comprende necessariamente e coerentemente anche quello dell’adozione del contrarius actus e ciò come misura di salvaguardia della riserva di competenza: infatti, qualora tale potere fosse esercitato da organo diverso, sarebbe quest’ultimo e non l’organo di competenza primaria ad avere l’effettiva disponibilità della materia, così concretando la negazione del concetto stesso di competenza, in quanto la concorrenza di poteri è foriera di disordine amministrativo, autorizzando interventi che possono elidersi a vicenda, confondendo inoltre le responsabilità (8). Si è in proposito, consentito che l’autorità emanante proceda all’annullamento d’ufficio di un proprio atto sul presupposto della propria incompetenza a provvedere in materia, al fine di consentire l’esercizio del potere all’autorità effettivamente competente (9).

2.2 I profili problematici dell’annullamento d’ufficio

2.2.1 Il profilo della discrezionalità e la evidenziazione del pubblico interesse

La norma dell’art. 21-nonies della legge n. 241/1990, pur nel dichiarato intento di sistematizzare il dato giurisprudenziale, presentava nondimeno alcuni problemi di fondo e prestava il fianco a non marginali critiche. In primo luogo, appariva senz’altro problematico il ruolo dell’interesse pubblico come presupposto dell’atto di annullamento e la sua “gestione” anche in termini motivazionali in sede di atto di annullamento. La previsione dell’interesse pubblico come condicio iuris dell’annullamento, contenuta nella disposizione dell’art. 21-nonies, non sembra infatti attagliarsi a tutte le ipotesi prese in considerazione dalla elaborazione giurisprudenziale fin qui prodotta. Si sottolinea al riguardo che l’interesse pubblico, concreto e attuale all’annullamento in autotutela di provvedimenti illegittimi con effetti permanenti nel tempo è in re ipsa nel caso in cui tali atti si pongano in contrasto con i principi fondamentali della materia. Più in generale si pone in evidenza che sebbene, in linea di principio, l’esercizio del potere di

8 Cons. Stato, V Sez., 30 aprile 1997 n. 424

9 Cons. giust. amm. sic., Sez. giur., 2 maggio 2000 n. 205

le ragioni di interesse pubblico

situazione di legalità violata

il ruolo dell’interesse pubblico come presupposto dell’atto di annullamento

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Tiziano Tessaro

La nuova disciplina dell’autotutela nella legge 124/2015

autotutela imponga alla Pubblica amministrazione l’obbligo di idonea motivazione dell’interesse pubblica alla rimozione, ciò non è necessario quando quest’ultima riguardi illegittimi esborsi di denaro , atti illegittimi emanati da breve tempo o atti la cui illegittimità sia provocata dalla malafede del soggetto che ne beneficia, situazioni, tutte queste, in cui non si può determinare, in capo al destinatario dell’ atto da rimuovere, alcun consolidamento dei relativi effetti, e quindi alcuna garanzia di stabilità delle relative posizioni di vantaggio (10).

Vero è, peraltro, che ci si trova di fronte ad un potere (annullamento d’ufficio) il quale, richiedendo la sussistenza di ragioni di pubblico interesse, si pone come discrezionale e richiede all’ente procedente di valutare se l’eliminazione dell’atto invalido sia conforme all’assetto complessivo dell’interesse pubblico(11).

E dalla natura discrezionale di tale potere discende l’assenza di un obbligo in capo all’ente pubblico di procedere al riesame degli atti impugnati per cui l’amministrazione non ha neppure l’obbligo di attivarsi di fronte alla specifica domanda di riesame e, quindi, non si forma il silenzio rifiuti sull’istanza del privato .

Tale duplice conclusione (discrezionalità del potere e assenza di interesse legittimo all’annullamento di atti illegittimi) appare sintetizzata dalla giurisprudenza che riconsidera proprio l’impatto dell’art. 21-nonies l. n. 241/90 nella ricostruzione dell’istituto: “Il potere della P.A. di annullare d’ufficio un precedente atto non è obbligatorio. Invero, se l’art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990 e s.m.i. ne ha disciplinato i presupposti e le forme, non ha inciso sulla sua natura discrezionale, che non ha trasformato in obbligatorio, né i privati possono pretenderne l’esercizio, rimanendo esso un potere di merito, da esercitare in base a valutazioni riservate all’amministrazione e insindacabili da parte del giudice” (Tar FVGTrieste 5 maggio 2014 n. 181; la sentenza richiama i precedenti di CDS V Sez. 3.5.2012 n. 2551; IV Sez. 1.7.2011 n. 3949).

Analogamente si sottolinea come l’ interesse pubblico concreto ed attuale alla rimozione in autotutela del permesso di costruire illegittimo deve ritenersi configurabile in re ipsa nell’ ipotesi di patente contrasto dell’intervento edilizio illegittimamente assentito con le previsioni dello strumento urbanistico generale comunale (v. Consiglio di Stato 5/02/2015 n. 562). Tuttavia, occorre precisare che sono state individuate delle situazioni in cui l’annullamento d’ufficio sarebbe doveroso, posta la necessità di ripristinare l’ordine violato (per esempio in ipotesi di annullamento giurisdizionale o amministrativo di atti presupposti rispetto a quello di cui si tratta), anche se ciò non fa venir meno il carattere discrezionale del potere di annullamento .

2.2.2 Le possibili eccezioni

Ciò ricordato, non appare superfluo evidenziare come l’indirizzo interpretativo che pone l’accento sull’esistenza di un interesse pubblico all’annullamento in re ipsa deve essere rimediato alla luce della necessità, prevista ora nel dato normativo, di ponderare sempre tale interesse pubblico con quello dei destinatari e dei controinteressati .

10 Cfr., fra le tante, V Sez. 7 settembre 2001 n. 4669

11 TAR Lazio, Roma, Sez. II bis, 20 giugno 2008, n. 6978 in cui si precisa che “si richiede, quindi, alla p.a. una comparazione tra l’interesse pubblico e gli interessi dei destinatari e dei controinteressati. Ciò significa che l’in-teresse pubblico all’annullamento d’ufficio è il risultato di una scelta discrezionale dell’amministrazione operata in assenza di precisi parametri normativi, poiché il legislatore si è astenuto dall’identificare le situazioni che costi-tuiscono un interesse pubblico rilevante ai fini della rimozione dell’atto”. V. anche Tar Campania, Napoli, Sez. V, 6 novembre 2012, n. 4412; Tar Veneto, Venezia n. 197/2012; Cons. Stato, Sez. IV, 31.10.2006, n.6465

procedere al riesame degli atti impugnati

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201648

Tiziano Tessaro

La nuova disciplina dell’autotutela nella legge 124/2015

A fronte dell’aggiornato quadro normativo l’art. 21-nonies stabilisce espressamente che il provvedimento illegittimo può essere annullato “tenuto conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati”, codificando la necessaria comparazione tra interesse pubblico e privato alla permanenza della situazione derivante dal provvedimento da ritirare nonché l’eventuale interesse dei controinteressati (cfr. Cons. Stato, IV, 14 febbraio 2006, n. 564) .

2.2.3 Dichiarazioni mendaci e annullamento vincolato. La nuova previsione della legge n. 124/2015

Pur tuttavia un siffatto indirizzo potrebbe essere nuovamente riconsiderato alla luce della nuova previsione del comma 2 bis dell’art. 21-nonies,ad opera della legge n. 124/2015 , la quale contempla l’ipotesi di un annullamento d’ufficio relativo a provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, da pronunciarsi dall’amministrazione anche dopo la scadenza del termine di diciotto mesi di cui al comma 1 merita una analisi specifica: valgano al riguardo due ordini di considerazioni. La prima è che nel caso specifico è agevole individuare un evidente parallelismo con quanto previsto dall’art. 19 nella nuova formulazione operata dalla l. n. 124/2015. La seconda circostanza è che, nel caso in esame, al di là del nomeniuris in concreto adoperato dal legislatore, la previsione normativa contempla specificamente l’assimilazione con altraipotesi di provvedimento di secondo grado, ovverosia della decadenza. È noto, infatti, che nei procedimenti amministrativi, in base all’art. 75 del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, la non veridicità della dichiarazione sostitutiva presentata comporta la decadenza dai benefici eventualmente conseguiti,dal momento che non lasciando tale disposizione alcun margine di discrezionalità alle Amministrazioni che si avvedano della non veridicità delle dichiarazioni. A conferma cioè che il concetto di autotutela risulta in tal caso un potere vincolato e non discrezionale, discostandosi quindi ancor più dal modello previsto dall’art. 21-nonies, la giurisprudenza aveva sottolineato che la non veridicità di quanto autodichiarato rileva sotto un profilo oggettivo e conduce alla decadenza dei benefici ottenuti con l’autodichiarazione non veritiera, indipendentemente da ogni indagine dell’Amministrazione sull’elemento soggettivo del dichiarante, perché non vi sono particolari risvolti sanzionatori in giuoco, ma solo le necessità di spedita esecuzione della legge sottese al sistema della semplificazione; la suddetta norma: essa quindi, prescinde, per la sua applicazione, dalla condizione soggettiva del dichiarante, attestandosi sul dato oggettivo della non veridicità, rispetto al quale sono irrilevanti il complesso delle giustificazioni addotte dal dichiarante venendo sorretta la suddetta esigenza di certezza altresì dalla lettura della disposizione, che pur in apparenza facendo riferimento al mero fatto storico delle dichiarazioni mendaci (12).

2.2.4 Il rapporto con l’art. 1 comma 136 della legge n. 311/2004 e la novità della legge n. 124/2015

In secondo luogo, la riforma del 2005 non aveva trattato il rapporto con altre ipotesi di annullamento d’ufficio previste dall’ordinamento, come quella contemplata dall’ art. 1, comma

12 Cons stato sez V 27 aprile 2012 n 2447, secondo cui l’accertamento dell’elemento soggettivo, peraltro, può essere rilevante sotto altri profili, ad es. per verificare la sussistenza di un eventuale reato di truffa (art. 640 del c.p.), ma non per applicare le conseguenze decadenziali legate alla non veridicità obiettiva della dichiarazione

il provvedimento illegittimo può essere annullato

il concetto di autotutela risulta in tal caso un potere vincolato e non discrezionale

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Tiziano Tessaro

La nuova disciplina dell’autotutela nella legge 124/2015

136, della l. n. 311/2004. Tale norma speciale, peraltro, proprio per le complicazioni inutili che aveva creato nel rapporto con quella generale dell’art. 21-nonies l. n. 241/90 è stata,come ricordato, abrogata dal comma 2, dell’art. 6, l. n. 124/15.

Ricordiamo che la legge n. 311/2004, all’art. 1, comma 136, disponeva quanto segue: «Al fine di conseguire risparmi o minori oneri finanziari per le amministrazioni pubbliche, può sempre essere disposto l’annullamento d’ufficio di provvedimenti amministrativi illegittimi, anche se l’esecuzione degli stessi sia ancora in corso. L’annullamento di cui al primo periodo di provvedimenti incidenti su rapporti contrattuali o convenzionali con privati deve tenere indenni i privati stessi dell’eventuale pregiudizio patrimoniale derivante, e comunque non può essere adottato oltre tre anni dall’acquisizione di efficacia del provvedimento, anche se la relativa esecuzione sia perdurante».

Già avevamo sottolineato che, per disegnare il rapporto tra le due disposizioni (art. 21-nonies e comma 136, dell’art. 1, l. n. 311/04) la Funzione Pubblica aveva delineato un rapporto di specialità nella ipotesi dell’art. 1 comma 136 che riguarda solo i provvedimenti che comportano oneri di carattere finanziario, dal momento che le due norme individuano due fattispecie diverse. Il comma 136 della legge finanziaria 2005, era una norma che si prefiggeva lo scopo di conseguire risparmi o minori oneri finanziari per la Pubblica amministrazione. Essa si riferiva a rapporti di regola ancora in esecuzione, ed era inoltre diversa per il termine(perentorio) concesso per l’esercizio del potere:ma la differenza di maggior rilievo riguardava la previsione dell’indennizzo, che lo avvicinava sotto il profilo considerato alla fattispecie dell’art. 21-quinquies, e sembrava comunque il segnale di una linea di tendenza legislativa che tutelava anche economicamente, valorizzandolo, il principio di affidamento del privato.

Anche la giurisprudenza era stata impegnata nella valutazione del rapporto tra le due disposizioni, sottolineando che “L’art. 21-nonies della l. n. 241 del 1990, entrato in vigore per effetto della novella di cui alla legge n. 15 del 2005, in quanto contenuta in norma successiva e recante disciplina organica dell’istituto, prevale sulla disposizione speciale e più restrittiva, inserita nell’art. 1, comma 136, della legge finanziaria n. 311 del 2004. Da ciò consegue che il decorso di tre anni di efficacia del provvedimento illegittimo non precludeva alla p.a. l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio; l’art. 21-nonies, l. n. 241 del 1990, nel prevedere il limite temporale del “termine ragionevole” per disporre l’annullamento d’ufficio ha dato vita ad un parametro indeterminato ed elastico che si presta ad adattarsi alle varie circostanze concrete e che, a differenza della fattispecie tipica di annullamento d’ufficio disciplinata dalla norma speciale recata all’art. 1 comma 136, l. n. 311 del 2004, finisce per lasciare al sindacato del giudice amministrativo il compito di individuare la congruità del termine tra l’adozione del provvedimento di autotutela e l’atto originario, con il consueto controllo di ragionevolezza, secondo il parametro costituzionale (art. 3 cost.), in considerazione del grado di complessità degli interessi coinvolti e del loro relativo consolidamento” (T.A.R. Abruzzo L’Aquila 19/03/2015 n. 206).

Che attorno al rapporto tra le due norme e alla questione della individuazione della norma di volta in volta applicabile si sia dovuto discutere ampiamente, con esiti diametralmente opposti, essendosi ragionato di elementi estremamente volatili, è testimonianza anche dalla conclusione secondo cui “il provvedimento di autotutela deve ritenersi tempestivamente adottato entro il triennio, essendo irrilevante se il tempo trascorso sia anche ‘ragionevole’ ai fini della disciplina generale dell’annullamento d’ufficio ai sensi dell’art. 21-nonies della l. n. 241/1990.

Parte della giurisprudenza amministrativa ha, infatti, ritenuto che l’art. 1, co. 136, della l. n. 311/2004 traduca in un dato concreto il parametro indeterminato del “termine ragionevole” di cui all’art. 21-nonies della legge n. 241/1990, pur avendo il citato al comma 136 la specifica

Al fine di conseguire risparmi o minori oneri finanziari

individuare la congruità del termine tra l’adozione del provvedimento di autotutela e l’atto originario

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Tiziano Tessaro

La nuova disciplina dell’autotutela nella legge 124/2015

finalità “di conseguire risparmi o minori oneri finanziari per le amministrazioni pubbliche”; tale disposizione viene quindi ritenuta da tale orientamento speciale rispetto al citato art. 21-nonies (sul punto, ex plurimis, TAR Toscana, Sez. I, 21 febbraio 2013, n. 263). Invero, altro orientamento della giurisprudenza amministrativa ha avuto cura di delineare il rapporto intercorrente fra le due norme come non afferente ad un regime di specialità, ritenendo che la disciplina posta dalla legge n. 311/2004 si configuri come regolamentazione parziale ed incompleta dell’esercizio del potere di autotutela, di modo che il decorso di tre anni di efficacia del provvedimento illegittimo non preclude alla Pubblica Amministrazione l’esercizio dell’annullamento d’ufficio (cfr. Cons. Stato, sez. III, 5 ottobre 2011, n. 5480). Il Collegio ritiene preferibile la prima ricostruzione, atteso che la definizione di uno specifico lasso temporale entro il quale è possibile l’intervento dello ius poenitendi dell’Amministrazione, costituisce un elemento di indubbia specialità dell’art. 1, co. 136, della l. n. 311/2004 rispetto alla disciplina generale di cui all’art. 21-nonies della legge n. 241/1990 che si giustifica con l’esigenza di maggior certezza tipica dei provvedimenti incidenti su rapporti negoziali che, per loro natura, mal tollerano le incertezze dipendenti dall’imprevedibile apprezzamento dell’Amministrazione, richiedendo regole, quanto più possibile, obiettive e temporalmente determinate” (T.A.R. Campobasso 30/01/2015, n. 29).

In un tale contesto, quanto più opportuna e per nulla pregiudizievole l’abrogazione della norma del 2004, ormai del tutto superata dall’art. 21-nonies,l. n. 241/90.

2.2.5 La carenza della previsione normativa in ordine all’annullamento doveroso

Pur tuttavia, al di là della abrogazione della norma appena citata, l’ordinamento ben conosce altre tipologie di annullamento doveroso non ricadenti nella previsione dell’art. 21-nonies e che quindi ne denunciano la sostanziale insufficienza nel delineare i presupposti dell’annullamento d’ufficio.

Al di là infatti dei molteplici casi in cui la giurisprudenza amministrativa ha affermato la legittimità dell’annullamento d’ufficio “doveroso”13,è opportuno,in primo luogo, qui richiamare la previsione del comma 20 dell’art. 14 del d.l. n. 78/2010 che prevede che siano gli stessi organi regionali a rimuovere dall’ordinamento specifiche tipologie di atti mediante i quali è stata assunta la decisione di violare il patto di stabilità interno, stante la loro attitudine a porre a repentaglio l’unità economica della Repubblica. Il giudice amministrativo (14)ha sottolineato al riguardo che i vincoli derivanti dal patto di stabilità interno si sostanziano in una misura che tende a realizzare, nell’ambito della manovra finanziaria annuale disposta con legge, un obiettivo di carattere nazionale (...) e che „Tale esigenza di contenimento dell’indebitamento, per il quale lo Stato risponde unitariamente a livello comunitario, giustifica anche l’adozione di uno strumento di autotutela obbligatoria e di tipo sanzionatorio, come quello di cui al cit. art. 14, comma 20, in discussione.”.

L’autotutela obbligatoria (inquadrabile nel concetto ampio, di matrice dottrinale, di autotutela esecutiva) di cui al citato comma 20 dell’art. 14, dunque, non è contrastante con il principio di leale collaborazione, ma anzi costituisce una sua manifestazione che deve caratterizzare

13 V ., tra le altre, anche TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 11 marzo 2003, n. 435, in Foro Amm. Tar, 2003, 839;Cfr. Cons. di Stato, Sez V, 14 maggio 2013, n. 2602 relativamente aun’aggiudicazione di un’unità immobilia-re, non essendo stato stipulato il contratto definitivo e non essendosi pertanto formato un legittimo affidamento da parte dell’aggiudicatario

14Cons. Stato, sez. V, n. 3361/2012.

conseguire risparmi o minori oneri finanziari per le amministrazioni pubbliche

l’ordinamento ben conosce altre tipologie di annullamento doveroso

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Tiziano Tessaro

La nuova disciplina dell’autotutela nella legge 124/2015

il rapporto di tutti gli enti costituzionali o aventi rilevanza costituzionale e dotati di reciproca autonomia garantita dalla Costituzione.

D’altro canto, i lineamenti dell’annullamento d’ufficio sono scarsamente riducibili ad una previsione unitaria , atteso che la Corte costituzionale ha avuto modo di sottolineare che Lo strumento dell’autotutela deve sempre essere valutato nel quadro dei princìpi di imparzialità, di efficienza e, soprattutto, di legalità dell’azione amministrativa, espressi dall’art. 97 Cost.(15).

Se pure è vero che “la previsione d’un potere-dovere di annullamento dei provvedimenti (...) si configura (...) quale elemento fondante dell’azione amministrativa (in quanto corollario del principio di legalità), tra i cui fini deve intendersi compreso quello di evitare il consolidarsi di situazioni costituitesi contra legem”(16), non dimeno occorre considerare secondo il giudice costituzionale che, in via di principio, il momento discrezionale del potere della pubblica amministrazione di annullare i propri provvedimenti non gode in sé di una copertura costituzionale “(17).

Di talchè non è esatto ridurre l’annullamento d’ufficio contrariamente alla tradizionale posizione di dottrina e giurisprudenza, a un procedimento solo discrezionale ,potendosi invece verificarsi un caso di esercizio obbligatorio dell’autotutela quella che invece costituisce la determinazione d’una serie di adempimenti imposti alle amministrazioni locali, tutti funzionali al definitivo riassetto degli inquadramenti del personale in modo conforme a legge, attraverso un’attività vincolata(18).

2.2.6 Gli altri profili problematici

Un’altra carenza di rilievo contenuta nella previsione dell’art. 21-nonies concerne inoltre il riferimento del principio del contrarius actus. Costituisce ius receptum, infatti, il principio secondo cui nell’esercizio del potere di autotutela il provvedimento dell’Amministrazione tendente alla rimozione di precedente atto esistente ed efficace, deve essere adottato con le medesime formalità procedimentali seguite per l’adozione dell’atto rimosso. Invero, la funzione amministrativa in questione è di contenuto identico, seppure di segno opposto, a quella esplicata in precedenza e dunque essa deve articolarsi secondo gli stessi moduli già adottati senza i quali rischia di risultare monca o comunque difettosa rispetto all’identica causa del potere: pertanto, l’Amministrazione è tenuta a porre in essere un procedimento gemello di quello a suo tempo seguito per l’adozione dell’atto revocando (19) richiedendosi una speculare, quanto pedissequa, identità dello svolgimento procedimentale. La qual cosa non sembra essere contestata dalla produzione giurisprudenziale post riforma 2005 ma che non è soddisfatta neppure dal sintetico riferimento all’organo che ha adottato l’atto o ad altro organo previsto dalla legge contenuto nella formulazione normativa.

Va sottolineato inoltreche l’art. 21-nonies non fa alcun riferimento all’effetto retroattivo del provvedimento caducatorio ,mentre secondo l’orientamento tradizionale l’annullamento

15 Corte Cost., n. 75/2000, in Giur. cost., 2000, p. 810 ss.

16 Corte Cost., n. 75/2000, in Giur. cost., 2000, p. 810 ss.

17 Corte Cost., n. 75/2000, in Giur. cost., 2000, p. 810 ss.

18 Corte Cost., n. 75/2000, in Giur. cost., 2000, p. 810 ss.

19 Cons. Stato, IV Sez., 3 marzo 1997 n. 183

i lineamenti dell’annullamento d’ufficio sono scarsamente riducibili ad una previsione unitaria

il riferimento del principio del contrarius actus

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Tiziano Tessaro

La nuova disciplina dell’autotutela nella legge 124/2015

travolge l’atto con effetti che retroagiscono al momento in cui l’atto stesso è stato emanato, trovando l’unico limite nel principio factum infectum fieri nequit. Anzi, in considerazione del principio di proporzionalità, ben potrebbe l’amministrazione limitare gli effetti sfavorevoli al destinatario dell’atto allo stretto necessario per la soddisfazione dell’interesse pubblico perseguito, in ragione dell’affermato principio contenuto nell’art. 21-nonies secondo cui, al momento di procedere all’annullamento d’ufficio, l’amministrazione deve valutare tutti gli interessi presenti nella fattispecie e comparare l’interesse pubblico con gli interessi dei privati toccati dal provvedimento di autotutela.

Per la verità tutta la definizione di annullamento d’ufficio contenuta nella previsione normativa sembra caratterizzata da una eccessiva stringatezza .

È noto infatti che accanto ai presupposti sopra delineati,l’autotutela decisoria resta comunque subordinata alle comuni e rigorose regole elaborate dalla giurisprudenza, concernenti, fra l’altro:l’obbligo della motivazione; l’adeguata istruttoria; il rispetto delle regole del contraddittorio procedimentale, ma soprattutto la esplicita non riconducibilità alla mera esigenza di ripristino della legalità delle concrete ragioni di pubblico interesse.

Ecco quindi che la definizione legislativa sembra prestarsi all’osservazione secondo cui “Qui (…) è presente in forma paradigmatica la gestione dell’interesse, trattandosi di «amministrare» e cioè di dare un nuovo assetto ad una situazione che proprio in quanto destinata a prolungarsi nel tempo, è suscettibile di continui adeguamenti, ma non vi è nulla in questi atti, (…) che possa richiamare l’autotutela neanche in senso improprio: non un fine giustiziale, non un conflitto (a meno di non diluire il concetto fino a confonderlo con il naturale contrasto d’interessi che si agita in ogni scelta amministrativa), mentre predomina l’esigenza di una buona amministrazione spinta fino al sacrificio di situazioni giuridiche private consolidate da tempo”20.

Sotto questo ultimo profilo in particolare non è superfluo invece sottolineare la crasi con la

20 Coraggio ,voce Autotutela ,in Enc. Giur. Treccanip.2

l’amministrazione deve valutare tutti gli interessi presenti nella fattispecie

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Tiziano Tessaro

La nuova disciplina dell’autotutela nella legge 124/2015

definizione giurisprudenziale che – al di là delle eccezioni che sono state sopra esaminate - maggiormente si avvicina al concetto di autotutela - secondo cui l’annullamento d’ufficio, in sede di autotutela, di un provvedimento amministrativo deve essere diretto a soddisfare uno specifico interesse pubblico, concreto ed attuale, diverso da quello generico e astratto al semplice ripristino della legalità violata e comportando un’alterazione discrezionale del precedente assetto di rapporti stabilito tra l’Amministrazione e i soggetti privati, deve contenere una motivazione esauriente, anche se concisa, sui caratteri di attualità e di concretezza di detto interesse, che sia indicativa dell’ avvenuto apprezzamento comparativo del medesimo da parte del competente organo, in relazione a tutti gli altri interessi pubblici e privati che verrebbero ad essere coinvolti ed incisi dall’annullamento, e quindi indicativa dell’ avvenuta instaurazione di una comparazione fra l’utilità pubblica di rimuovere l’atto e l’utilità pubblica a mantenere l’atto stesso in vita, benché illegittimo, e di un giudizio di prevalenza, a conclusione di tale valutazione comparativa, della prima utilità rispetto alla seconda .

Sembra inevitabile al riguardo quindi una nuova opera di supplenza giurisprudenziale tesa a ridisegnare gli effettivi contorni dell’istituto in questione: l’intervento appare ineludibile anche per stabilire se può farsi luogo all’autotutela per soli vizi formali o procedimentali, che ,come noto, non portano all’annullamento in via di eterotutela in presenza dei presupposti indicati all’art. 21-octies secondo comma. Il che imporrebbe di conoscere se tale ultima norma assume valenza esclusivamente processuale , con la conseguenza che anche con riferimento ai vizi formali sarebbe esercitabile il potere d’annullamento d’ufficio, oppure sel’art. 21-octies secondo comma avrebbe anche valenza sostanziale ,recando con sè anche la conseguenza che il potere d’annullamento d’ufficio sarebbe esercitabile solo con riferimento a vizi dell’atto diversi da quelli dei vizi di forma e procedimentali non invalidanti. Indizi per una soluzione al riguardo si possono forse trarre da quella giurisprudenza che ha sottolineato che nei casi di autotutela “doverosa” introdotta, limitatamente ai provvedimenti che comportino oneri finanziari, dall’ora abrogato art. 1, comma 136, della L. n. 311 del 2004, ha ritenuto applicabile l’art. 21-octies, con conseguente esclusione dell’annullamento giurisdizionale per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento. (TAR Calabria, Catanzaro, Sez. II, 6 novembre 2009, n. 1210).

A sciogliere definitivamente il punto , ha provveduto peraltro l’art. 25, comma 1, del decreto legge 12 settembre 2014, n. 133 (c.d. “Decreto Sblocca Italia), convertito con modificazioni in legge 11 novembre 2014, n. 164: il legislatore chiarisce ,infatti, per la prima volta che non è annullabile d’ufficio il provvedimento amministrativo affetto da un vizio c.d. “non invalidante”, di cui all’art. 21-octies, comma 2.

Più specificamente, la novella normativa stabilisce, alla lett. b-quater, che all’articolo 21-nonies,comma1,della L. n. 241/1990 sono apportate le seguenti modificazioni:

1) dopo le parole: “dell’articolo21-octies”sono inserite le seguenti: “, esclusi i casi di cui almedesimoarticolo21-octies, comma 2,”;

2) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Rimangono ferme le responsabilità connesse all’adozione e al mancato annullamento del provvedimento illegittimo”».

2.2.7 Le soluzioni operate dalla legge n. 124/2015

Come ricordato in precedenza, un profilo rilevante connesso all’esercizio del potere caducatorio è rappresentato dalla necessità della presenza dell’interesse pubblico con i suoi caratteri di specificità, concretezza e attualità, valutati cioè in relazione al decorso del tempo.

una nuova opera di supplenza giurisprudenziale tesa a ridisegnare gli effettivi contorni dell’istituto in questione

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201654

Tiziano Tessaro

La nuova disciplina dell’autotutela nella legge 124/2015

L’annullamento, decorso un periodo eccessivo di tempo, può ingenerare turbativa maggiore di quanto non faccia lo stesso atto illegittimo originario (si pensi all’annullamento dell’illegittima nomina di un dipendente) e tanto stante la necessaria certezza delle situazioni giuridiche. Solo a partire dagli anni ’80 in giurisprudenza si è data attuazione a quell’intuizione dottrinale che valorizza, invece, il principio di tutela dell’affidamento del cittadino .

Oggi, finalmente (vista la delicatezza del tema sul piano della imparzialità dell’azione amministrativa e della tutela dell’amministrato), il legislatore della l. n. 124/15 ha chiarito il significato di termine ragionevole, togliendo di mezzo le oscillazioni giurisprudenziali, sopra ricordate in particolare con riguardo all’art. 1, comma 136, l. n. 311/04, per le quali il termine ragionevole era anche quello superiore ai tre anni di cui parlava (allora unica norma positiva relativa al tempo “massimo” dell’annullamento) il comma 136.

2.2.8 Il concetto di attribuzione di vantaggi economici

Quanto al concetto di attribuzione di vantaggi economici, richiamato dalla novella normativa per le ipotesi temporalmente limitate di esercizio del potere di autotutela (nuovo art. 21-nonies), è noto che la normativa vigente elenca una serie di provvedimenti di tipo concessorio (sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, attribuzione di vantaggi economici) caratterizzati dall’effetto di determinare il conferimento di una somma di denaro, o di altro bene economico, senza obbligo di restituzione” (21). In altri termini, in questi casi la pubblica amministrazione, attua il perseguimento dell’interesse pubblico anche attraverso provvedimenti attributivi di vantaggi economici destinati a svariate finalità (di tipo imprenditoriale, di solidarietà, ecc.):e l’art. 12 non a caso prevede che La concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari e l’attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati sono subordinate alla predeterminazione ed alla pubblicazione da parte delle amministrazioni procedenti, nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, dei criteri e delle modalità cui le amministrazioni stesse devono attenersi. Va innanzi tutto notato che l’applicazione del sistema finanziario introdotto dalla legge comprende tutti quegli atti amministrativi che provvedono ad attribuire un beneficio economico, in primis di natura pecuniaria o di altro con consistenza valutabile economicamente, senza che questo comporti per il beneficiario un dovere di restituzione e/o un obbligazione di reintegrazione verso l’amministrazione (22).

Si tratta di un’elencazione che vuole comprendere ogni partecipazione dell’ente alla spese necessarie per dar corso alle diverse attività che istituzionalmente possono essere promosse dalla p.a., ben potendosi tradurre in una molteplicità di soluzioni, unite da una comune matrice: il vantaggio economico è preso in considerazione dal legislatore nella sola accezione di patrimoniale e viene a coincidere con ogni forma di accrescimento della situazione economica del soggetto beneficiario. La definizione di vantaggio economico era stata per la verità già presa in considerazione dall’ordinamento in altro ambito: infatti, il legislatore del D.lgs. n. 33 /2013, dispone espressamente il condizionamento dell’efficacia alla pubblicazione (art. 26 comma 3) che “costituisce condizione legale di efficacia dei provvedimenti che dispongano concessioni e attribuzioni di importo complessivo superiore a mille euro nel corso dell’anno solare al medesimo beneficiario”.

21 R. Villata, L’atto amministrativo - tipologia dei provvedimenti amministrativi, in AA.VV., Manuale di diritto amministrativo, Monduzzi, 2001, p.1556.

22 Vedi, Mele, Commento dell’articolo 12, in Procedimento amministrati- vo e diritto di accesso ai documenti, a cura di ItalIa, BassanI, Milano, 1995, p. 321 che osserva che “la legislazione in materia di provvedimenti ampliativi della sfera giuridica dimostra poi come, nella maggior parte dei casi, lo Stato non attribuisca direttamente le sovvenzioni o il sussidio o l’incentivo, ma si avvalga dell’opera di enti strumentali”.

la necessaria certezza delle situazioni giuridiche

un’elencazione che vuole comprendere ogni partecipazione dell’ente alla spese necessarie per dar corso alle diverse attività

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201655

Tiziano Tessaro

La nuova disciplina dell’autotutela nella legge 124/2015

Anzi, si potrebbe affermare ora che per gli atti di erogazione di vantaggi economici si viene a creare uno statuto particolare: per essi ,da un lato la pubblicazione diviene condizione di efficacia, dall’altro l’annullamento d’ufficio è circoscritto sul piano temporale.

2.2.9 Vantaggi economici e pubblicazione del provvedimento

Più in generale, si potrebbe affermare che la pubblicazione diviene condizione di efficacia- in virtù delle norme contenute nel D.lgs. n. 33/2013 - non solo e non più per gli atti a carattere restrittivo, cioè per i casi previsti dall’originaria norma dell’art. 21-bis della legge n. 241/1990, ma anche – nelle ipotesi previste dalla legge - per taluni importantissimi atti di carattere ampliativo: a testimonianza cioè della necessità di una verifica sociale che tende alla massimizzazione degli obblighi informativi come sistema attraverso cui prevenire ed, eventualmente, di svelare anticipatamente situazioni in cui possano annidarsi forme di illecito e di conflitto di interessi; da qui la rilevanza della pubblicazione di alcune tipologie di dati relativi, da un lato, ai dirigenti pubblici, al personale non dirigenziale e ai soggetti che, a vario titolo, lavorano nell’ambito delle pubbliche amministrazioni, dall’altro, a sovvenzioni e benefici di natura economica elargiti da soggetti pubblici, nonché alle varianti urbanistiche23.Siamo certamente lontani dall’esempio del VwVfG tedesco che al 43 prevede che tutti gli atti divengono efficaci nei confronti del destinatario con la notificazione, ma è indubbio il momento di potenziamento, in seno al procedimento amministrativo, della fase integrativa dell’efficacia ad opera delle norme contenute nel decreto legislativo n. 33/2013. Una siffatta ricostruzione consente altresì di porre in risalto ora, la differenza funzionale, in seno agli atti che concernono la fase integrativa dell’efficacia, della previsione dell’art. 21-bis della legge n. 241/1990 per gli atti a carattere restrittivo, e invece le nuove previsioni contenute negli artt. 15, 26, 39 del decreto legislativon. 33/2013 concernenti atti di carattere ampliativo: nel primo caso, la pubblicazione diviene condizione di efficacia e di garanzia dell’interessato affinché questi “possa impugnarlo dinanzi ad un organo giurisdizionale, ovvero possa organizzare un’adeguata difesa extraprocessuale per attenuare

23 Il nuovo controllo sociale è desumibile dai contenuti specifici della legge 190/2012 “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”, dove sono previste diverse misure per combattere la corruzione attraverso l’implementazione di un sistema organico di attività infor-mative che sono accomunate dalla volontà di rendere trasparente tutto l’agire pubblico: essaobbliga le singole amministrazione a pubblicizzare una serie di atti, documenti e processi ed inoltre di dotarsi di un piano in grado di assolvere concretamente questi compiti, individua un responsabile che potrà assumere l’intera responsabilità di tutto il ciclo informativo, oppure distingue un responsabile dell’anticorruzione dal responsabile della trasparen-za. La disciplina dell’anticorruzione di cui alla legge 190/2012 pone in primis precisi obiettivi di trasparenza su:

a) autorizzazione o concessione;b) scelta del contraente per l’affidamento di lavori, forniture e servizi, anche con riferimento alla modalità di selezione prescelta ai sensi del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;c) concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati;d) concorsi e prove selettive per l’assunzione del personale e progressioni di carriera.

Nelle materie sopra indicate dovranno essere adottate misure per prevedere la verifica dei meccanismi di forma-zione, attuazione e controllo delle decisioni idonei a prevenire il rischio di corruzione, con obblighi informativi nei confronti del responsabile dell’anticorruzione, monitorando il rispetto dei tempi di conclusione dei procedimenti e i rapporti tra l’amministrazione e i soggetti che con la stessa stipulano contratti o che sono interessati a procedi-menti di autorizzazione, concessione o erogazione di vantaggi economici di qualunque genere, anche verificando eventuali relazioni di parentela o affinità sussistenti tra i titolari, gli amministratori, i soci e i dipendenti degli stessi soggetti e i dirigenti e i dipendenti dell’amministrazione; obblighi informativi che devono essere estesi con l’individuazione di ulteriore forme di pubblicità rispetto a quelle previste dalle disposizioni di legge.

la pubblicazione diviene condizione di efficacia- in virtù delle norme contenute nel D.lgs. n. 33/2013

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201656

Tiziano Tessaro

La nuova disciplina dell’autotutela nella legge 124/2015

gli effetti lesivi”24; nel secondo caso, invece, la pubblicazione assolve una funzione di verifica diffusa del buon utilizzo delle risorse, che non possono essere materialmente erogate se non dopo l’avvenuta “affissione” dell’atto nel sito web.

Anzi, la giurisprudenza della Corte ha ritenuto che, ove la disposizione del bene sia attuata con un provvedimento, la concessione ad un soggetto di un’utilità a condizioni diverse da quelle previste dal mercato, possa essere qualificata come “vantaggio economico” ai sensi dell’art. 12 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (delibera della sezione Lombardia n. 349/2011). In definitiva, gli atti che rivestano le caratteristiche in esame dovranno essere soggetti a uno speciale statuto procedimentale, con una duplice conseguenza: la prima è che ,ove rientrino nel novero di quelli previsti dall’art. 12 della legge n. 241/1990, devono essere disciplinati con una previsione regolamentare che ne contempli le modalità e i presupposti di erogazione; la seconda è che essi devono essere pubblicati, a pena di inefficacia, sul sito web. Va da sè che l’ossequio al richiamato principio del contrarius actus reca con se anche la ineluttabile conclusione che il provvedimento di autotutela di un provvedimento di erogazione di un contributo deve essere soggetto alla necessaria fase di pubblicazione.

24GARDINI G. - VANDELLI L. (a cura di), Il diritto amministrativo nella giurisprudenza, Rimini, 2013, 341.

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201657

Rapporto tra politica e amministrazioni negli enti pubblici locali. “Dagli effetti distorsvi alle azioni di coordinamento”

Di Antonio Gisolfi

Le riforme della Pubblica Amministrazione avviate negli anni ’90, nascevano dall’esigenza di dotare gli Enti Pubblici di strumenti e nuove forme organizzative più snelle e dinamiche, in grado di dare risposte immediate alla risoluzione dei tanti problemi delle comunità amministrate.

Si posero così le basi per una distinzione più netta delle competenze spettanti ai dirigenti e agli organi politici, che prima delle riforme, si sovrapponevano spesso gli uni gli altri nell’espletamento delle loro attività.

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201658

Antonio Gisolfi

Rapporto tra politica e amministrazioni negli enti pubblici locali. “Dagli effetti distorsvi alle azioni di coordinamento”

Si assiste così, nel corso degli anni, ad un cortocircuito amministrativo e politico che genera, in casi estremi, alcune modalità di gestione (impropria) degli Enti pubblici, dove si annidano fenomeni di corruzione e illegalità, in cui politici e dirigenti, con modalità a volte divergenti, a volte coordinate, tutelano più interessi personali che quelli generali del benessere delle collettività amministrate.

Non c’è più spazio per tutti quei meccanismi che creano contrapposizioni di potere, duplicazioni di ruoli e funzioni, scarso coordinamento e poco scambio d‘informazioni all’interno e all’esterno della struttura amministrativa, che non fanno altro che allungare l’iter burocratico e dequalificare ulteriormente l’attività degli Enti pubblici.

Occorre dunque una sostanziale inversione di tendenza che spinga amministratori e dirigenti a programmare congiuntamente e per tempo gli obiettivi da raggiungere, facendo leva sul senso di responsabilità di ognuno, coinvolgendo altresì l’intera struttura amministrativa non solo nella predisposizione degli atti ma soprattutto nei risultati raggiunti.

I graduali processi di riforma della Pubblica Amministrazione avviati negli anni ’90, sono apparsi, sin dall’inizio, irti di ostacoli e non attuabili nel breve periodo, a causa del persistere all’interno della stessa di norme, logiche e resistenze “burocratiche-amministrative”, che poco si adattavano alle esigenze di rinnovamento in chiave “Economico-Aziendale” degli Enti Pubblici 1.

Questo rinnovamento, tuttora in corso e accelerato sia dalle vicende politico-giudiziarie sia dalla consapevolezza delle sempre minori risorse finanziarie a disposizione2, nasceva dall’esigenza di dotare gli enti pubblici di strumenti e nuove forme organizzative, più snelle e dinamiche, in grado di dare risposte immediate e concrete alla risoluzione dei tanti problemi dei territori e delle comunità amministrate 3.

Prima di affrontare in dettaglio alcune modalità (improprie) di gestione degli enti pubblici e per allargare il più possibile la platea dei lettori meno esperti è bene precisare, per grandi linee, quali siano i compiti dei politici e dei dirigenti: ai primi sono affidate funzioni d’indirizzo politico, fissazione e contestuale verifica dei programmi (elettorali) e degli obiettivi strategici stabiliti in sede di Consiglio Comunale e/o Giunta, mentre ai secondi sono affidate funzioni prettamente gestionali, tecniche e di supporto, con un ampia discrezionalità organizzativa, per tradurre in concreto, anche con atti a rilevanza esterna, le linee di indirizzo fissate dai politici.

1 Paoloni M., Il processo di trasformazione “aziendale” degli Enti Pubblici, ( a cura di) in Paoloni M-Grandis F. G., La dimensione Aziendale delle Amministrazioni Pubbliche, Giappichelli Ed., Torino, 2017, pp. 14-18- Collana di Studi di Ragioneria e di Economia Aziendale n. 49.

2 Per ulteriori e più approfondite analisi sui processi di trasformazione in chiave aziendalistica delle Amministrazioni pubbliche si vedano i seguenti autori: Anselmi L., Il processo di trasformazione della pubblica amministrazione. Il “percorso aziendale”, Giappichelli Ed., Torino, 1995; Amaduzzi A., Il sistema aziendale e i suoi sottosistemi, in Rivista Italiana di Ragioneria e di Economia Aziendale, n. 1, 1972; Ammannati L., Le privatizzazioni delle imprese pubbliche in Italia, Giuffrè Ed., Milano, 1995; Di Maio A.,Le politiche di privatizzazione in Italia, Eti Ed., Roma, 1994; Guatri L., Le privatizzazioni: un tema di grande attualità in molti Paesi, in Rivista Italiana di Ragioneria e di Economia Aziendale, nn. 11-12, Rirea, Roma, 1992

3 Angiola N., Percorsi di modernizzazione della Pubblica Amministrazione, ESI, Napoli, 2008.- Università degli Studi di Foggia- Collana Interdipartimentale di Studi Economici-, n. 25,

I graduali processi di riforma della Pubblica Amministrazione avviati negli anni ’90

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201659

Antonio Gisolfi

Rapporto tra politica e amministrazioni negli enti pubblici locali. “Dagli effetti distorsvi alle azioni di coordinamento”

Come anticipato, il Legislatore per migliorare i complessivi livelli organizzativi decise di ristrutturare interi settori della pubblica amministrazione, ponendo le basi per una distinzione più netta delle competenze spettanti ai dirigenti e agli organi politici che, prima della riforma degli anni ‘90, forti del potere conferito loro dal popolo attraverso le elezioni, erano posti all’apice della struttura amministrativa e si sostituivano spesso ai dirigenti nell’espletamento delle loro attività amministrative e organizzative.

I dirigenti a loro volta, vedendo la continua ingerenza dei politici nei loro atti amministrativi e sicuri della loro inamovibilità all’interno della struttura amministrativa giocavano, di fronte all’opinione pubblica e ai politici di turno, la doppia carta della “deresponsabilizzazione” e “dell’ostruzionismo”, a scapito della collettività che aspettava invano la predisposizione di atti amministrativi per la risoluzione dei problemi.

In questo modo non erano chiari gli ambiti d’intervento e le competenze spettanti all’uno e all’altro nella gestione della res pubblica, e soprattutto non s’individuavano mai i soggetti su cui far ricadere le responsabilità del mancato adempimento degli atti, contribuendo così a diffondere, nella società, quel senso di sfiducia nella gestione degli Enti pubblici 4.

Si assiste così a un cortocircuito amministrativo e politico che genera, a seconda dei casi, contrapposte e/o analoghe modalità operative di gestione (impropria) degli Enti pubblici, che tutela in segreto e con forme poco chiare, più interessi personali e particolari che quelli generali del benessere della collettività, cosi come dichiarato nella Costituzione all’ art 97, secondo cui gli uffici pubblici devono essere organizzati in modo da assicurare il buon andamento e soprattutto l’imparzialità dell’azione amministrativa intrapresa.

Queste commistioni, riscontrate tanto nel vecchio quanto nel nuovo modello organizzativo, creano, nelle ipotesi più estreme, effetti distorsivi sulla gestione, nonostante la continua attenzione del Legislatore sul tema della corruzione e dell’illegalità in generale, che si annida proprio in queste, oscure, segrete e poco chiare modalità organizzative e gestionali degli enti

4 Bianchi P., La modernizzazione del lavoro Pubblico, ( a cura di), in Angiola N., op. cit., pp 69-77.

il Legislatore per migliorare i complessivi livelli organizzativi decise di ristrutturare interi settori della pubblica amministrazione

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201660

Antonio Gisolfi

Rapporto tra politica e amministrazioni negli enti pubblici locali. “Dagli effetti distorsvi alle azioni di coordinamento”

pubblici.

Analizzando il comportamento degli organi politici notiamo spesso che l’assunzione della carica è mossa, senza tener conto del livello di scolarizzazione, delle competenze professionali possedute e dall’effettiva disponibilità in termini di tempo e d’impegno civile, più per tutelare interessi personali e/o di parte (rappresentante di lobby economiche, movimenti civili, permessi lavorativi retribuiti, giornate di riposo, equilibri politici, clientelismo, prestigio personale, indennità di carica, gettoni di presenza, doppi incarichi, etc. etc.) che il benessere collettivo delle comunità amministrate.

Infatti, durante il mandato elettorale si assiste all’avvio di alcune iniziative e opere pubbliche, che risultano più funzionali alla tutela e al mantenimento di certi equilibri economici e politici, rispetto ad un effettivo beneficio per la collettività, senza considerare gli effetti che tali scelte hanno sul bilancio dell’Ente, con l’aumento della spesa e/o della massa debitoria assunta, a volte, in violazione alle norme contabili contenute nel Testo Unico degli Enti Locali (TUEL) 5.

Ponendo sotto la lente d’ingrandimento la struttura amministrativa notiamo che, seppur con l’aumentata autonomia gestionale per rendere gli enti più funzionali, il loro comportamento non è dissimile da quelli descritti in precedenza, incentrato anch’esso più su motivazioni di carattere opportunistico per il mantenimento del potere e del consolidamento di interessi personali occultati in atti amministrativi poco chiari e troppo generici, giustificati dalla contingenza delle emergenze e dai tempi (troppo lunghi o corti) della procedura amministrativa 6.

Conservando il loro incarico per molto tempo all’interno della struttura amministrativa i dirigenti acquisiscono un “sapere pratico e specializzato” che utilizzano per veicolare e/o sostituirsi alle decisioni dei politici, specie quando quest’ultimi si dimostrano distratti o incapaci di attuare una sana programmazione delle attività o nell’interpretare i bisogni della collettività amministrata.

Si da luogo così a un “effetto sostituzione” della dirigenza sulla politica, che è chiamata ad andare oltre le proprie competenze, specie quando queste decisioni assumono rilevanza strategica per l’Ente.

Effetto che viene utilizzato anche dai politici quando vogliono scaricare sui dirigenti le proprie responsabilità per la mancata o ritardata programmazione delle attività e per avocare a se stessi meriti di quest’ultimi, di fronte all’opinione pubblica sempre più attenta a valutare l’operato della Pubblica amministrazione nella sua totalità.

Occorre osservare, peraltro, che il perdurare di queste ingerenze reciproche ha creato distorsioni anche all’operatività del personale amministrativo che vede, in alcuni casi, la sua attività quotidiana ridimensionata, poco valorizzata e gratificata (nelle progressioni e negli incentivi) e spesso relegata a operazioni meccaniche d’inserimento dati, senza la possibilità di poter dare un valido contributo in termini di idee o semplici consigli nella predisposizione degli

5 Sul punto si vedano le norme contabili contenute nel Testo Unico Enti Locali (TUEL)-D.Lgs.267/2000 (ex art.35, commi 1, 2 e 3 del D.Lgs.77/1995) e successive modifiche apportate dal decreto legge19 giugno 2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 125, recante: “Disposizioni urgenti in materia di enti territoriali. Disposizioni per garantire la continuità dei dispositivi di sicurezza e di controllo del territorio. Razionalizzazione delle spese del Servizio sanitario nazionale e norme in materia di rifiuti e di emissioni industriali(Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 188 del 14 agosto2015 -Suppl. Ord. n. 49.

6 A titolo d’esempio si possono considerare i seguenti casi: Continuo affidamento diretto dei lavori per importi sotto soglia minima; Gare d’appalto con migliorie, capitolati e requisiti di partecipazione concordati in precedenza con la ditta che si aggiudicherà, successivamente, i lavori; Ri-assegnazione di servizi, in attesa dell’espletamento della nuova gara d’appalto, giustificati dalle emergenze in corso e dai tempi della procedura amministrativa; Premi ricevuti dalle azienda che si sono aggiudicati i lavori, etc. etc.

durante il mandato elettorale si assiste all’avvio di alcune iniziative e opere pubbliche

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201661

Antonio Gisolfi

Rapporto tra politica e amministrazioni negli enti pubblici locali. “Dagli effetti distorsvi alle azioni di coordinamento”

atti a beneficio della comunità in cui esso stesso vive o intreccia relazioni.

Si genera cosi un livellamento verso il basso della produttività che va ad aggravare una situazione già di per se poco performante e dove trovano terreno fertile tutti quei fenomeni di corruzione che continuano, a persistere nei rapporti (distorti) tra il settore pubblico e quello privato, nonostante la forte attenzione del Legislatore nazionale che ha istituito l’Autorità Nazionale Anticorruzione - ANAC, imponendo a tutti gli Enti pubblici la predisposizione, su linee guida nazionali, di un proprio Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione (P.T.P.C.) in cui sono individuati i rischi e le misure adottate, individuando altresì un responsabile per l’attuazione dello stesso all’interno dell’ente.

In particolare il piano focalizza l’attenzione sui dirigenti pubblici che devono sottostare sia al divieto della sovrapposizione delle funzioni e dei cumuli degli incarichi amministrativi sia all’obbligo della rotazione (ove possibile) in altri settori, proprio perché ritenuti l’anello debole e i più esposti ai fenomeni corruttivi, poiché rappresentano il punto di contatto (amministrativo) tra l’ente e il tessuto imprenditoriale esterno 7.

Nel perseguire i propri interessi personali si creano inevitabilmente quegli effetti distorsivi che spingono sia gli organi politici sia quelli amministrativi a operare, secondo i casi, o su due direttrici distinte e a volte contrastanti, o a coordinare le loro attività (illecite) per ottenere il massimo risultato personale possibile.

È del tutto evidente come in queste situazioni (estreme) un’organizzazione di questo tipo produca più danni che benefici ad una comunità, è l’idea della separazione delle funzioni e delle competenze per dare maggior vigore ed efficienza alla pubblica amministrazione rischia di essere vanificata da questi comportamenti impropri nella gestione della res pubblica che necessita invece di azioni unitarie, coordinate e durature e soprattutto impostate su obiettivi per la ricerca del bene comune.

In altri termini è mancata, in alcuni casi, una reale e fattiva collaborazione tra i due organi, cui hanno fatto eco l’inadeguatezza degli strumenti informativi e di controllo interno ed esterno e la poca importanza data ai documenti strategici di programmazione come il Piano Esecutivo di Gestione, la Relazione Previsionale e Programmatica allegata al Bilancio di Previsione8, in cui sono indicati obiettivi, risorse e responsabilità, che avrebbero permesso, ad entrambi e in un quadro unitario, di muoversi su direttrici comuni per accrescere e intercettare le richieste di sviluppo e di benessere complessivo delle comunità amministrate9.

Non c’è più spazio per tutti quei meccanismi che creano contrapposizioni di potere, duplicazioni di ruoli e funzioni, scarso coordinamento e poco scambio d’informazioni all’interno e all’esterno della struttura amministrativa, che non fanno altro che allungare l’iter burocratico e dequalificare ulteriormente l’attività degli Enti pubblici10.

Occorre dunque una sostanziale inversione di tendenza che spinga amministratori e dirigenti

7 Sul punto si veda la Legge n.190/2012 recante “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione” e successive modifiche.

8 Toppi M.G., Il Peg come strumento di separazione tra i poteri, in Rivista on line “Diritto e Diritti”, Ragusa, (Gennaio 2004).

9 T. Onesti, N. Angiola , Il Controllo Strategico nelle amministrazioni pubbliche (a cura di), Franco Angeli , Milano, 2009.

10 Paoloni M., Il sistema delle persone: l’organizzazione ed il soggetto economico delle Amministrazioni pubbliche , ( a cura di) in Paoloni M.- Grandis F. G., La dimensione Aziendale delle Amministrazioni Pubbliche, Giappichelli Ed., Torino, 2007, - Collana di Studi di Ragioneria e di Economia Aziendale n. 49, pp. 125-138.

un livellamento verso il basso della produttività

un’organizzazione di questo tipo produca più danni che benefici ad una comunità

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201662

Antonio Gisolfi

Rapporto tra politica e amministrazioni negli enti pubblici locali. “Dagli effetti distorsvi alle azioni di coordinamento”

a programmare congiuntamente e per tempo gli obiettivi da raggiungere, facendo leva sul senso di responsabilità e motivazionale di ognuno, coinvolgendo altresì l’intera struttura amministrativa non solo nella predisposizione degli atti ma soprattutto nei risultati raggiunti.

Accanto a queste variabili occorre tener presente anche i rapporti e le relazioni informali che sussistono tra i due organi che possono, in un clima di fiducia e rispetto reciproco dei ruoli e delle responsabilità, rappresentare una chiave di svolta o un elemento su cui puntare per cercare di recuperare il tempo perduto, per far riacquistare all’Ente pubblico quel suo naturale ruolo di regolatore del benessere delle comunità.

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201663

Etica e “Codici di comportamento”. La rinascita delle istituzioni pubbliche nella “Giornata della legalità e della trasparenza”? (seconda parte)1

di Rosario Scalia

4. Il ruolo degli Organismi indipendenti di valutazione (OIV): indicazioni per il miglioramento dei “Codici di comportamento”, ma anche verifica di effettivo funzionamento

Si è avuto modo di annotare un fatto: l’art. 54, c. 5, del d.lgs. n. 165/2001, è stato modificato negli anni 2012-2013, con l’introduzione di soggetti, diversi rispetto alla precedente stesura (2001), aventi il compito, da un lato, di fornire consulenza (parere) all’Amministrazione nel momento in cui è (stata) chiamata a redigere il nuovo testo del “Codice di comportamento” per assicurare che tale documento sia quanto più “personalizzato” possibile; dall’altro, quando l’Amministrazione è tenuta a formulare un giudizio valutativo sulla correttezza dei criteri applicati dalla dirigenza, quando è tenuta a esprimersi sulla performance (rendimento) conseguita dai propri collaboratori.

1 La prima parte dell’articolo è stata pubblicata sul numero n. 12/2015 della rivista.

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Etica e “Codici di comportamento”. La rinascita delle istituzioni pubbliche nella “Giornata della legalità e della trasparenza”? (seconda parte)

OIV

art. 54, c. 5

Consulenza obbligatoria (parere) art. 54, c. 6

monitoraggio

Tutto ciò deriva sempre dalla disposizione contenuta nell’articolo 54 richiamato, dato che esso, al comma 6, impone ai dirigenti responsabili di ciascuna struttura, di “vigilare” (che significa effettuare il monitoraggio) sull’applicazione dei “codici” (art. 15, c. 2-3, d.P.R. n. 62/2013).

Il fatto, poi, che la stessa disposizione preveda, per la prima volta nella storia del diritto italiano rivolto alla lotta alla illegalità e alla corruzione, che devono costituirsi parti attive del sistema di contrasto anche le “strutture di controllo interno” e gli “Uffici di disciplina”, la dice lunga circa il nuovo modo con il quale la Corte dei Conti è tenuta ad approcciare allo svolgimento di quella attività di controllo che il Legislatore, solo nel 2012, ha ritenuto essere di competenza della stessa2.

Anche in questo campo si apre per la Corte dei Conti e, in periferia, per le sue articolazioni regionali, un delicato quanto complesso compito, quello di verificare, non in astratto perché renderebbe un referto privo di sostanziale contenuto (e di poco interesse per la classe politica), in concreto quale livello di perfezione (adeguatezza) ha raggiunto il “sistema dei controlli interni”.

Una attività che si deve nutrire di dati (derivanti dal “controllo di gestione”) e di informazioni (derivanti dalla “valutazione delle politiche pubbliche”); dati e informazioni che, opportunamente incrociati, dovrebbero costituire gli elementi di giudizio da porre a base di quella valutazione che è tenuta ad assicurare ex art. 1, c. 6, del d.l. n. 174/2012, come modificato – per quanto riguarda gli Enti Locali obbligati – dall’art.33, comma 2, lett. a), n. 2),del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116 (referto che da semestrale è diventato annuale).

Non si può non ritenere plausibile che sussista una interrelazione tra tale specifico referto (che è supportato da un documento ad hoc predisposto dalla Sezione delle Autonomie della Corte dei Conti)3 e la Relazione che è allegata alla decisione di parifica del Rendiconto annuale, anch’essa rientrante nell’area di giudizio di ciascuna Sezione regionale di controllo.

2 Rinnovata in quanto già prevista dal Legislatore, agli inizi degli anni ’90, con l’art. 3, c. 4, della legge 14 gennaio 1994, n. 20.

3 La Sezione delle Autonomie ha elaborato, per il Presidente della Regione, il c.d. “questionario” di controllo nel 2014 (delib. n. 9 del 18.4.2014) e nel 2015 (delib. N. 7 del 24.2.2015).

attività che si deve nutrire di dati

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Etica e “Codici di comportamento”. La rinascita delle istituzioni pubbliche nella “Giornata della legalità e della trasparenza”? (seconda parte)

Il rapporto tra “Codice di comportamento” e Codice penale.

Il comportamento degli operatori della P.A. (politici/burocrati)

La mancanza al dovere di integrità morale

1. CORRUZIONE

2. TRAFFICO DI INFLUENZA

3. CONCUSSIONE

4. SOTTRAZIONE DI BENI

5. CATTIVO USO DEL POTERE (ABUSO D’UFFICIO)

Tutte le infrazioni rientranti nella “mancanza di dovere di integrità

morale” sono imputabili alle persone depositarie di autorità pubblica

o incaricate di una missione di servizio pubblico.

Il rapporto tra “Codice di comportamento” e Codice penale.

Il comportamento degli operatori della P.A. (politici/burocrati)

Ildivieto di trovarsi in conflitto di interessi

1. AVERE INTERESSE, IN MANIERA

ILLEGALE, ALLA SOLUZIONE DI UNA

QUESTIONE

2. FAVORITISMO

Con questa avvertenza: che si potrà affrontare correttamente il tema riguardante il grado (più o

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Etica e “Codici di comportamento”. La rinascita delle istituzioni pubbliche nella “Giornata della legalità e della trasparenza”? (seconda parte)

meno soddisfacente) raggiunto dal sistema dei controlli interni solo se, nel corso dell’anno, si sono svolte indagini su alcune politiche pubbliche che si è deciso di far rifluire in tale Relazione. A tal riguardo, la richiesta di relazionare in corso d’anno (ad es., a metà esercizio finanziario) sullo stato di esecuzione dei programmi è supportata dalla normativa vigente (art. 3, c. 8, l. n. 20/1994).

Infatti, il grado di perseguimento di una adeguata funzionalità del sistema dei controlli interni (di quali?) si può giudicare correttamente solo se il Magistrato del buon andamento sia stato capace di entrare, a mezzo di specifica indagine, “in corpore vili”.

In sostanza, per ciascuna tipologia di controllo il Magistrato del buon andamento è tenuto a effettuare approfondimenti specifici, e a porre al sistema amministrativo (ai dirigenti che trattano la materia che si ritenga possa generare responsabilità maggiore rispetto ad altre)4 non certo domande banali ma puntuali, molto più articolate nei contenuti di quelle che la Sezione delle Autonomie ha ritenuto di dover porre elaborando le linee-guida (c.d. “relazione-questionario”).

Così che, allo stato della sopraggiunta disciplina in materia, la relazione-questionario del Presidente della Regione (così come quella similare che è tenuto ad elaborare il Sindaco di un Ente Locale con popolazione superiore a 15.000 ab.) deve essere sottoposta ad una analisi molto più approfondita di quanto si sia fatto sinora.

E lo diventerà ancora di più allorché alcuni principi posti nella c.d. “riforma Madia” saranno tradotti in un sistema normativo che si dimostri in armonia con il divieto, penalmente sanzionato, di esercitare influenza – in ragione del potere, comunque, posseduto – nei riguardi dei propri subordinati/dei propri collaboratori.

L’introduzione nel nostro sistema giuridico del delitto qualificato “traffico di influenza” solo nel novembre del 2012 (ed è previsto dall’art. 346.bis c.p.) non è stata ancora analizzata con sufficiente approfondimento5.

Quali effetti ha esercitato? Non si riesce ancora a capirlo.

Oppure, con la “riforma Madia” si è pensato di neutralizzarli?

La neutralizzazione può avvenire in un solo modo: consentendo al decisore politico di ampliare la sua sfera di influenza assicurandogli maggiori spazi decisionali nel campo degli incarichi dirigenziali (accrescimento della percentuale del ricorso agli estranei all’amministrazione; ampliamento dell’area di discrezionalità nella scelta dei candidati alla copertura di un qualsiasi posto di natura dirigenziale).

In definitiva, se il decisore politico (che continua a mantenere il potere di nomina/di revoca dei dirigenti) si assicura l’allocazione di persone “di fiducia” nei posti strategici dell’organizzazione, costui sarà, nei fatti, sottratto al rispetto di quel divieto che è penalmente rilevante solo da poco nell’ordinamento nazionale.

4 Si fa riferimento alle c.d. “aree a rischio” che il Piano Nazionale Anticorruzione ha recepito ai sensi dell’art. 1, c. 16, della legge 6 novembre 2012, n. 190.

5 Nell’ordinamento francese tale figura delittuosa è stata introdotta sotto la III^ Repubblica, il 4 luglio 1889, a se-guito dello scandalo provocato dal genero di Jules Grévy, il deputato Wilson, accusato di aver elargito decorazioni; in relazione a ciò il Presidente fu costretto alle dimissioni.La legge del 16 marzo i943 ha unificato, in Francia, il regime del traffico di influenza con quello previsto per il delitto di corruzione.

richiesta di relazionare in corso d’anno

consentendo al decisore politico di ampliare la sua sfera di influenza assicurandogli maggiori spazi decisionali nel campo degli incarichi dirigenziali

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Etica e “Codici di comportamento”. La rinascita delle istituzioni pubbliche nella “Giornata della legalità e della trasparenza”? (seconda parte)

Senza tacere del fatto che il potere di repressione/coercizione psicologica esercitabile dal decisore politico nei riguardi del dirigente probo (ovvero, eticamente integro) può assumere le forme più diverse.

Ne sovvengono alla memoria, al momento, alcune6, probabilmente più diffuse di quanto non si sia in grado di rilevare con i normali mezzi di conoscenza (solo l’ascolto diretto di chi le subisce può farle emergere, anche perché esse sono condotte con astuzia luciferina):

• non convocarlo mai, ma intrattenere frequenti rapporti con uno o più dei suoi collaboratori;

• predisporre specifiche note di incarico a favore di uno o più dei suoi collaboratori pretermettendolo sempre;

• non firmare le sue lettere di incarico di missione oppure firmarle all’ultimo momento in modo tale da non consentirgli di recarsi nel luogo previsto;

• costituire commissioni, comitati, task-forces (e quant’altro previsto dalla legge n. 241/90) con specifico decreto ma senza affidargli la responsabilità di gestione di tali organismi;

• affidare a consulenti esterni, o a istituti di ricerca sempre esterni, l’approfondimento di tematiche o materie in cui egli sia particolarmente esperto;

• non tenere in alcun conto i suoi suggerimenti, le proposte di riorganizzazione, le osservazioni per un uso ottimale delle risorse umane, finanziarie o strumentali (anzi, fare l’opposto…);

• non parlare bene di lui con i suoi collaboratori o usare frasi alludenti alla sua scarsa correttezza;

• indirizzargli senza motivo note di biasimo per l’operato svolto;

• consentire l’allontanamento di personale dell’ufficio, sostituendolo con altro di scarsa qualificazione e che si sappia essere di diversa stretta osservanza politica;

• in casi estremi, minacciarlo di destituzione oppure di trasferimento ad altro incarico.

Ma vi sono altri sistemi, più subdoli, più raffinati per distruggere la voglia di fare di un dirigente che intenda stare onestamente al servizio della Nazione:

• non trasmettere all’ufficio competente il progetto-obiettivo o il progetto per l’incremento della produttività da lui predisposto, addossandogliene la responsabilità (formulando un giudizio di incongruità, di inutilità);

• non consentire che il coniuge o qualche familiare in servizio presso altra struttura siano soddisfatti nella legittima richiesta presentata mentre altri lo sono senza averne né diritto né titolo;

• contrastare l’ingresso in carriera di un suo parente che abbia presentato domanda di partecipazione a concorso per esterni o a concorso riservato a interni;

• escluderlo sistematicamente dalla composizione di commissioni di selezione;

• mettere in giro a bella posta, tramite scherani appositamente addestrati, che si

6 Sul punto, v. Rosario Scalia, Cultura dei dirigenti e riforma della pubblica amministrazione, in “L’archivio delle libertà”, n. 167, ed. Centro Einaudi, Roma, nov-dic 2002, pag. 57-67.

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Etica e “Codici di comportamento”. La rinascita delle istituzioni pubbliche nella “Giornata della legalità e della trasparenza”? (seconda parte)

è scoperto, in precedenti occasioni, avere egli percepito mazzette o regali fuori dal normale … quando ciò non è assolutamente vero.

Da questa descrizione della “vita burocratica”, potrebbero nascere sentimenti di rifiuto della “classe politica”. Ma la “classe politica” deve prendere, ormai, atto che il principio di trasparenza ha indicato percorsi diversi da quelli che si potevano seguire in passato.

Nasce l’esigenza di scrivere regole nuove sulla valutazione del dirigente, sui criteri da porre a base della loro soluzione, sul sistema di formazione permanente.

5. Codici di comportamento e obbligo (a carico della dirigenza) di verificare il “rendimento” degli operatori della P.A.

È necessario indicare alcune disposizioni la cui lettura (e interpretazione) da parte della Magistratura del buon andamento deve risultare curata sotto una visione diversa rispetto a quella che si è avuta anche nel più recente passato.

Se tra i compiti della Corte dei Conti vi è quello di verificare i costi (tempi, modi e costi) dell’azione amministrativa, assumono rilevanza assoluta i risultati che possono derivare da indagini rientranti nell’area di sua più esclusiva competenza: quella, appunto, di verificare se il sistema del “controllo di gestione” sia stato capace di mettere in evidenza il grado (percentuale) di scostamento del bene acquistato rispetto al costo medio sopportato da altri punti d’acquisto dello stesso bene.

il principio di trasparenza ha indicato percorsi diversi da quelli che si potevano seguire in passato

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Etica e “Codici di comportamento”. La rinascita delle istituzioni pubbliche nella “Giornata della legalità e della trasparenza”? (seconda parte)

Ma poca attenzione si è posta sinora, da parte della Magistratura della Corte dei Conti, in ordine all’analisi dei costi delle diverse funzioni (missioni) esercitate da una qualsiasi istituzione (pubblica o privata che sia); il richiamo alla revisione della spesa è assai chiaro.

Analisi dei costi, quindi, dell’organizzazione, preposta alla resa di un prodotto/di un servizio; analisi che investe diversi aspetti: 1) quanto costano le risorse umane; 2) quanto costano le risorse strumentali (arredi; tecnologie utilizzate); 3) come vengono utilizzate le risorse finanziarie assegnate anche per garantire il funzionamento ordinario.

Se è vero che il maggiore dei costi è quello riferito alle risorse umane (riguardato, in termini aziendalistici, come un fattore della produzione), sarebbe facile affermare che tale conoscenza debba essere fatta propria dal dirigente nel rispetto del principio della tempestività informativa.

In altri termini, la domanda che può essere formulata da parte della Corte dei Conti, è questa: ciascun dirigente è in grado di conoscere, in tempo reale, quale è il costo effettivo (settimana per settimana) delle risorse umane applicate al suo ufficio? E, questa notizia consente di assumere decisioni che ne migliorino la produttività?

Ed è a questo punto dell’analisi così condotta che viene in evidenza il fatto che un sistema informativo (quello delle presenze), che si è ritenuto di porre a supporto del “controllo di gestione”, può non assicurare tale livello di conoscenza. Anzi, occorre accertare se esso sia stato “pensato” per evitare che tale controllo possa fornire risultati effettivamente validi, cioè veritieri7.

Si resta, comunque, in dubbio se, in alcuni casi, l’intervento di ispettori possa costituire un rimedio valido per far (ri)assumere al dirigente (alla dirigenza) il ruolo che egli ha secondo quanto prevedono le disposizioni contenute negli articoli 16, 17 e 18 del d.lgs. n. 165/2001 8.

Evitando di dimenticare che il rendimento non è misurabile in quanto si sia effettuata la installazione dei c.d. “tornelli”, perché con tali strumenti ci si limita a rilevare la presenza del dipendente in ufficio (ma che una mente umana – orientata alla truffa – può fintamente asseverare), non certo il suo grado di impegno profuso per assicurare risposte adeguate ai cittadini come alle imprese.

La Guardia di Finanza in Comune. I dipendenti sono accusati di reato di falso e truffa ai danni dello Stato. Quasi 200 le persone coinvolte

I “furbetti” del cartellino e delle assenze facili finiscono dietro le sbarre. Succede a Sanremo dove stamattina, riferisce il Secolo XIX, la Guardia di Finanza ha dato esecuzione a 43 misure di custodia cautelare (35 arresti domiciliari e 8 obblighi di firma) nei confronti di altrettanti dipendenti del Comune.

Le ipotesi di reato sono falso e truffa ai danni dello Stato legate all’uso indebito del cartellino e alle assenze dal lavoro. Gli impiegati infatti, timbravano o facevano timbrare da altri il proprio cartellino per incassare anche lo straordinario mentre se ne stavano comodamente al mare o a fare la spesa.

Insomma un mega blitz anti-assenteismo con un’altra ottantina di dipendenti ai quali è stato

7 L’indagine della magistratura penale, posta in essere, ad ottobre del 2015, al Comune di Sanremo e all’INPS, rende plausibili azioni di collusione o anche azioni di manomissione degli stessi sistemi informatici.

8 E’ assai strano che il contenuto di esse sia replicato nel testo del Codice di comportamento del 2013 (art. 13).

ciascun dirigente è in grado di conoscere, in tempo reale, quale è il costo effettivo (settimana per settimana) delle risorse umane applicate al suo ufficio?

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Etica e “Codici di comportamento”. La rinascita delle istituzioni pubbliche nella “Giornata della legalità e della trasparenza”? (seconda parte)

notificato un avviso di conclusione delle indagini preliminari per le stesse accuse.

Complessivamente, secondo il quotidiano ligure, le persone coinvolte sono quasi duecento.

L’indagine, coordinata dal sostituto procuratore della Repubblica di Imperia, Maria Paola Marrali, era stata avviata circa due anni fa, dopo le segnalazioni dell’allora sindaco, Maurizio Zoccarato.

Ma. La.

da IL TEMPO del 22 ottobre 2015A

Su 528 dipendenti del Comune di Sanremo, 196 avrebbero commesso irregolarità nella timbratura dei cartellini e nella presenza sul luogo di lavoro: timbravano il cartellino e poi se ne andavano via...

Su 528 dipendenti del Comune di Sanremo, 196 avrebbero commesso irregolarità nella timbratura dei cartellini e nella presenza sul luogo di lavoro: timbravano il cartellino e poi se ne andavano via (uno a fare canottaggio ) oppure si facevano timbrare il cartellino da un collega per coprire ritardi o uscite anticipate.

È emerso durante un›operazione della Guardia di Finanza di Sanremo che ha portato a 35 arresti domiciliari, otto persone soggette alla misura cautelare dell›obbligo di presentarsi in commissariato, 71 denunciati a piede libero e altri 82 dipendenti colpevoli di condotte illecite di minore gravità.

L’inchiesta, coordinata dalla pm Maria Paola Marrali, era iniziata nell’aprile 2013. Le fiamme gialle, attraverso una prima serie di pedinamenti, hanno accertato che una cospicua percentuale di dipendenti del Comune, abitualmente e sistematicamente attuava condotte illecite di diverse tipologie ma tutte accomunate dal fine di adattare illecitamente gli orari e la presenza sul posto di lavoro alle proprie esigenze personali.

Sono state quindi predisposte indagini tecniche di videosorveglianza, complesse perché il Comune di Sanremo conta 528 dipendenti dislocati su 21 sedi comunali distanti tra loro e con la possibilità di timbrare l’entrata in una sede e l’uscita in un’altra a prescindere da dove si presta servizio.

In particolare, l’attività è stata concentrata su quattro sedi, per un totale di 271 dipendenti controllati, riscontrando diffuse irregolarità attuate da un totale di 196 dipendenti con una incidenza del 72% del totale della base controllata.

Ma. La.

da IL TEMPO del 23 ottobre 2015

timbravano il cartellino e poi se ne andavano via

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Etica e “Codici di comportamento”. La rinascita delle istituzioni pubbliche nella “Giornata della legalità e della trasparenza”? (seconda parte)

L’integrità morale delle burocrazie. La giusta remunerazione.

L e prescrizioni del Codice di comportamento

1. Il rispetto dell’orario di ufficio 1.1 L’accertamento della presenza in ufficio 1.2 Il recupero delle ore non potute lavorare per

necessità di assentarsi dal posto di lavoro 1.3 Esclusione di corresponsione di risorse

aggiuntive in assenza di rilevatori automatici della presenza in ufficio

2. La resa delle prestazioni lavorative va commisurata al tempo remunerato (orario ordinario + orario straordinario)

Come deve lavorare un dirigente pubblico?

I caratteri fondamentali del “mestiere” del dirigente pubblico.

Il dirigente pubblico deve essere:

• un conoscitore della legislazione di settore

• un conoscitore dei meccanismi che presidiano i processi decisionali

• un conoscitore delle tecniche di gestione delle risorse umane, strumentali e finanziarie

• un conoscitore delle tecniche e dei metodi di controllo generalmente accettati

Tratto da: L’analista delle politiche pubbliche (a cura di Rosario Scalia), Ed. Istituto “Max Weber”, Roma, 2005, pagg. 104.

La cultura di base del dirigente pubblico.

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Etica e “Codici di comportamento”. La rinascita delle istituzioni pubbliche nella “Giornata della legalità e della trasparenza”? (seconda parte)

1. psicologia

2. sociologia

1. contabilità economica

2. statistica

conoscenza del diritto conoscenza dell’economia

Tratto da: L’analista delle politiche pubbliche (a cura di Rosario Scalia), Ed. Istituto “Max Weber”, Roma, 2005, pagg. 104.

La conoscenza delle politiche pubbliche

Diritto dell’istruzione (professionale)

Economia dell’educazione

Sistema organizzativo

Diritto dei trasporti

Economia dei trasporti

Sistema organizzativo

Diritto del lavoro

Economia del lavoro

Sistema organizzativo

Diritto della navigazione

Economia della navigazione

Sistema organizzativo

Diritto del turismo

Economia del turismo

Sistema organizzativo

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Etica e “Codici di comportamento”. La rinascita delle istituzioni pubbliche nella “Giornata della legalità e della trasparenza”? (seconda parte)

Tratto da: L’analista delle politiche pubbliche (a cura di Rosario Scalia), Ed. Istituto “Max Weber”, Roma, 2005, pagg. 104.

La cultura da acquisire per diventare un dirigente pubblico.

• Introduzione all’analisi delle politiche pubbliche

• Microeconomia

• Riforme istituzionali, riforme amministrative

• Analisi quantitativa dei dati

• Analisi e facilitazione dei processi decisionali

• Valutazione delle alternative di scelta

• Valutazione dei risultati

• Economia dell’organizzazionepubblica

• Controlli interni; il controllo indipendente esterno della Corte dei Conti

Tratto da: L’analista delle politiche pubbliche (a cura di Rosario Scalia), Ed. Istituto “Max Weber”, Roma, 2005, pagg. 104.

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Etica e “Codici di comportamento”. La rinascita delle istituzioni pubbliche nella “Giornata della legalità e della trasparenza”? (seconda parte)

6. Etica della dirigenza, etica del personale di supporto.

Non si sa, di primo acchito, se si debba riconoscere alla dirigenza (amministrativa o tecnica che sia) una responsabilità maggiore di quella che è da ascrivere ai collaboratori di essa.

In questo caso, saremmo orientati ad affermare che, oggi più che in passato, sono proprio i dirigenti a dover comprendere che il grado di responsabilità (in assenza di una classe politica che si possa qualificare all’altezza dei tempi) che grava su ciascuno di loro è molto più ampio, più articolato rispetto al passato (remoto, cioè prima del 1999, quando all’unico articolo 20 del d.lgs. n. 29/93, integrato nel 1994, si sostituì il d.lgs. n. 286).

Né è immaginabile che il decisore politico intenda ora recuperare lo spazio decisionale che finora ha ritenuto di dover rilasciare a ciascuno di essi, con la promessa che gli stipendi sarebbero stati (sempre) “stipendi da manager”, cioè al di sopra della media del personale di comparto.

Anzi. Le disposizioni che ri-disciplinano il sistema dei doveri del dirigente pubblico (9) non si possono discostare da quelle vigenti, preferendo il decisore politico lasciare intatto il potere di nomina e di revoca di tali figure professionali, potendo lo “spoil’ssystem all’italiana” garantire un alto livello di “influence” sui processi decisionali di competenza ma senza poter essere il loro operato valutato, giudicato.

Alla dirigenza, comunque, il “Codice di comportamento” attribuisce l’obbligo di rispettare un sistema di doveri, che si presentano diversi dal sistema di doveri (e obblighi) alla cui osservanza sono tenuti i collaboratori (art. 13, d.P.R. n. 62/2013).

Al dirigente, comunque, spetta un unico grande dovere: quello di dover essere (non solo di apparire) da esempio ai propri collaboratori: essere un esempio di integrità morale, di imparzialità, di trasparenza.

In definitiva, di essere un uomo giusto, prima di essere un esperto in questa o in quella materia.

La domanda spontanea che sorge è questa: chi è in grado di insegnare l’ “etica della responsabilità” di weberiana memoria? Un tipo di etica che molto ha a che fare con la rappresentazione che ogni individuo porta con sé del valore che si assegna ai precetti (comandamenti) della religione.

L’etica è la “religione del laico” (così si è orientati a dire), ma ciò non significa che per questo si debba diventare laici da religiosi che si sia, o si sia anche diventati abbandonando posizioni di ateismo/agnosticismo.

Certo è che non si può vivere senza regole, ma il vero punto (anzi, la vera sfida culturale) è che non si può fare a meno di mettere ordine nelle organizzazioni, soprattutto tra gli operatori che agiscono all’interno di esse o/e verso l’esterno.

Costringendo – in senso proattivo, naturalmente – i vertici politici (Governo, a livello centrale) a essere elaboratori di prescrizioni di natura squisitamente comportamentale, il Legislatore nazionale ha inteso dare risposta a una esigenza (che è senza tempo), rinvenibile in ogni democrazia, cioè quella di dover tradurre in concreti atti di vita il principio secondo cui l’agire

9 Nella legge di delega al Governo, che porta la firma del Ministro per la funzione pubblica, Marianna Madia, sono da evidenziare alcuni articoli che potrebbero consentire di scrivere nuove regole, più stringenti, di responsabilità dei dirigenti.

Né è immaginabile che il decisore politico intenda ora recuperare lo spazio decisionale che finora ha ritenuto di dover rilasciare a ciascuno di essi

L’etica è la “religione del laico”

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Etica e “Codici di comportamento”. La rinascita delle istituzioni pubbliche nella “Giornata della legalità e della trasparenza”? (seconda parte)

del/i rappresentante/i del Popolo deve ispirarsi alla salvaguardia dell’onore (suo e di … chi gli sta vicino), oltre che al perseguimento del buon funzionamento delle organizzazioni, fondando quest’ultimo sulla disciplina (gerarchia/responsabilità).

Disciplina, onore. Sono due termini che ben risultano declinati nel “Codice di comportamento dei dipendenti pubblici”.

Una declinazione, comunque, che ha richiesto l’accentuazione di alcuni aspetti a seconda della qualità professionale (mansioni) posseduta dai destinatari dei diversi precetti (prescrizioni).

Se è vero che il dirigente si vede intestati dalla legislazione una serie di compiti (che lo qualificano tale), allora ad essi deve corrispondere necessariamente un sistema di doveri; doveri che vanno rintracciati, per buona parte, nelle regole cui deve essere conformato il relativo comportamento.

Compiti Comportamento

da tenere

1. ASSUMERE DECISIONI

1. a salvaguardia della integrità morale

2. a salvaguardia del buon andamento 3. a salvaguardia della imparzialità

2. PROGRAMMARE / PIANIFICARE

1. Piano della prevenzione della corruzione

2. Piano triennale della performance 3. Piano della trasparenza e integrità

3. VERIFICARE LA LEGITTIMITA’ DEGLI ATTI, L’EFFICIENZA DELL’ATTIVITA’,

L’ECONOMICITA’ DELL’ATTIVITA’

1. a salvaguardia del rispetto del principio di legalità

2. a salvaguardia del buon andamento 3. a salvaguardia del rispetto del

principio di libera concorrenza

4. VIGILARE SULLA INTEGRITA’ MORALE DEI COLLABORATORI

1. intrattenere rapporti diretti 2. controllare periodicamente gli atti

emanati 3. controllare i rapporti con gli utenti

Doveri che, in successione logica, se violati, generano in capo all’Amministrazione, nella veste sempre di datore di lavoro, l’obbligo di attivare meccanismi di “giustizia interna” o “domestica” (applicazione della disciplina sanzionatoria contenuta nei contratti collettivi nazionali di lavoro) ai sensi dell’art. 15 del d.P.R. n. 62/2013.

Ai collaboratori del dirigente, ugualmente, l’onere di conformare il proprio comportamento ai c.d. “doveri di ufficio”: generici, quelli che si rintracciano, oggi, nel d.P.R. n. 62/2013; specifici quelli che si rintracciano (rectius, si dovrebbero rintracciare) nei “Codici di comportamento”

“Codice di comportamento dei dipendenti pubblici”

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Etica e “Codici di comportamento”. La rinascita delle istituzioni pubbliche nella “Giornata della legalità e della trasparenza”? (seconda parte)

adottati da ciascuna Amministrazione in virtù del novellato art. 54, comma 5, del d.lgs. n. 165/2001.

Ma questi ultimi rientranti, pur sempre, nel complesso sistema dei “doveri d’ufficio”; solo che il Legislatore ha voluto che essi risultassero meglio chiariti o specificati da ciascuna Amministrazione. In tal modo, la violazione accertata può costituire un input per verificare la bontà – in termini di corretta tenuta – del Piano triennale anticorruzione, oppure dell’altro Piano, quello annuale/triennale sulla performance (sui rendimenti, la cui misurazione è necessaria per la corresponsione del salario accessorio).

Dovendo essere attenti conoscitori della struttura organizzativa di una istituzione pubblica e trarre da questa conoscenza quel che può derivare in termini di “danno all’immagine”, la elaborazione del “Codice di comportamento” aziendale deve necessariamente contenere una serie di “doveri” riferibili alle diverse professionalità che operano in tale organizzazione.

Solo che si presenta, a prima vista, una difficoltà: la complessità dell’organizzazione e, di conseguenza, la presenza, al suo interno, di un numero di professionalità (esercizio di diverse mansioni) abbastanza elevato, potrebbero costituire un ostacolo.

Ora, questo fatto non deve scoraggiare; se mai, il lavorio di analisi delle diverse posizioni di lavoro si dimostra utile per “scoprire” livelli/gradi di professionalità insospettabili, cui corrisponde, assai spesso, l’esercizio di poteri senza che vi sia mai stata definita alcuna regola predeterminata (inesistenza di un manuale di procedura).

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201677

Rosario Scalia

Etica e “Codici di comportamento”. La rinascita delle istituzioni pubbliche nella “Giornata della legalità e della trasparenza”? (seconda parte)

Ed è a questo punto che si possono rilevare le debolezze (anche potenziali) dell’organizzazione, per la quale si sta affrontando l’elaborazione del testo “ad hoc” del “Codice di comportamento” aziendale.

Un testo che deve riprodurre necessariamente le prescrizioni di carattere generale, così come si trovano esposte nel d.P.R. n. 62/2013 più volte richiamato; ma che non può che essere specifico, cioè deve contenere integrazioni del primo.

Le schede logiche che seguono intendono porre in evidenza sa necessità di evidenziare i rischi che possono derivare dall’esercizio delle diverse professionalità, che si ritrovano normalmente in un sistema amministrativo comunale.

Risultato quest’ultimo che si consegue attraverso il confronto/dibattito tra che è (stato) l’estensore dei due piani richiamati (quello della performance; quello anticorruzione); piani che costituiscono gli strumenti di esecuzione, in capo ai responsabili dei diversi apparati, della legislazione anche di settore.

Da un siffatto livello di conoscenza della legislazione occorre prendere le mosse perché l’Organo rappresentativo della volontà popolare (Consiglio comunale, metropolitano, provinciale) formuli un giudizio – più o meno positivo – sulla “qualità” del documento aziendale.

Né si può prescindere da una siffatta analisi quando si debba assicurare, da parte della Corte dei Conti, una corretta valutazione circa l’adeguatezza del sistema dei controlli interni.

In particolare, tra i diversi tipi di controllo 10, quello che si individua come “controllo di gestione” [orientato a misurare la produttività del singolo così come del centro di responsabilità a cui quel determinato operatore risulta essere (stato) assegnato] assume una rilevanza fondamentale.

Infatti, per poter avere il dirigente, preposto alla vigilanza (ovvero, al monitoraggio) di quel determinato centro di responsabilità/di costo, i dati sul rendimento dei suoi collaboratori non può fare a meno di conoscere i metodi di lavoro adottati e i tempi di conclusione di ciascun procedimento/servizio da rendere.

Solo avendo conoscenza di tali dati, potrà essere in grado di calcolare ex ante il tempo-standard necessario per assicurare risposta tempestiva e adeguata all’utenza.

Di tale attività propedeutica si era ben reso conto il Legislatore, nel 1999, quando richiese a tutte le Amministrazioni di predisporre la “centrale dei procedimenti”, da un lato, e la “carta dei servizi”, dall’altro 11.

La base giuridica per “costruire” una sostanziale omogeneità dei comportamenti burocratici c’era e c’è.

Perché non ripartire dai “manuali di procedura”? Si avrà modo do riflettere, così, sull’isteria normativa che colpisce da tempo la legge n. 241 del 1990.

I doveri d’ufficio riconducibili al profilo professionale.

10 Ora, tutti elencati (vecchi e nuovi) nell’art. 1 del decreto legge n. 174/2012.

11 Si vedano gli articoli 9 e 11 del d.lgs. 30.7.1999, n. 286, recante “Riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell’attività svolta dalle amministra-zionipubbliche, a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59”.

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201678

Rosario Scalia

Etica e “Codici di comportamento”. La rinascita delle istituzioni pubbliche nella “Giornata della legalità e della trasparenza”? (seconda parte)

Profilo professionale: ADDETTO ALLA RAGIONERIA

DOVERI GENERICI

In chiaro Art. … Codice 2013

1.

2.

3.

4.

5.

DOVERI SPECIFICI

In chiaro Art. … Codice

aziendale

1.

2.

3.

4.

5.

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201679

Rosario Scalia

Etica e “Codici di comportamento”. La rinascita delle istituzioni pubbliche nella “Giornata della legalità e della trasparenza”? (seconda parte)

Profilo professionale: ADDETTO ALL’UFFICO URBANISTICA

DOVERI GENERICI

In chiaro Art. … Codice 2013

1.

2.

3.

4.

5.

DOVERI SPECIFICI

In chiaro Art. … Codice

aziendale

1.

2.

3.

4.

5.

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201680

Rosario Scalia

Etica e “Codici di comportamento”. La rinascita delle istituzioni pubbliche nella “Giornata della legalità e della trasparenza”? (seconda parte)

Profilo professionale: ADDETTO ALLA CONCESSIONE DI CONTRIBUTI A PERSONE/IMPRESE

DOVERI GENERICI

In chiaro Art. … Codice 2013

1.

2.

3.

4.

5.

DOVERI SPECIFICI

In chiaro Art. … Codice

aziendale

1.

2.

3.

4.

5.

L’inesecuzione del

d.lgs. 30 luglio 1999, n. 286

DECRETO LEGISLATIVO 30 luglio 1999, n. 286

Riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201681

Rosario Scalia

Etica e “Codici di comportamento”. La rinascita delle istituzioni pubbliche nella “Giornata della legalità e della trasparenza”? (seconda parte)

costi, dei rendimenti e dei risultati dell’attività svolta dalle amministrazioni pubbliche, a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59.

Art. 9.

Sistemi informativi

1. Ai sensi dell’articolo 17, comma 1, lettera a), della legge 15 marzo 1997, n. 59, il sistema di controllo di gestione e il sistema di valutazione e controllo strategico delle amministrazioni statali si avvalgono di un sistema informativo statistico unitario, idoneo alla rilevazione di grandezze quantitative a carattere economico-finanziario. La struttura del sistema informativo statistico basata su una banca dati delle informazioni rilevanti ai fini del controllo, ivi comprese quelle di cui agli articoli 63 e 64 del decreto n. 29, e sulla predisposizione periodica di una serie di prospetti numerici e grafici (sintesi statistiche) di corredo alle analisi periodiche elaborate dalle singole amministrazioni. Il sistema informativo statistico è organizzato in modo da costituire una struttura di servizio per tutte le articolazioni organizzative del Ministero.

2. I sistemi automatizzati e le procedure manuali rilevanti ai fini del sistema di controllo, qualora disponibili, sono i seguenti:

a) sistemi e procedure relativi alla rendicontazione contabile della singola amministrazione;

b) sistemi e procedure relativi alla gestione del personale (di tipo economico, finanziario e di attività - presenze, assenze, attribuzione a centro di disponibilità);

c) sistemi e procedure relativi al fabbisogno ed al dimensionamento del personale;

d) sistemi e procedure relativi alla rilevazione delle attività svolte per la realizzazione degli scopi istituzionali (erogazione prodotti/servizi, sviluppo procedure amministrative) e dei relativi effetti;

e) sistemi e procedure relativi alla analisi delle spese di funzionamento (personale, beni e servizi) dell’amministrazione;

f) sistemi e procedure di contabilità analitica.

Art. 11.

Qualità dei servizi pubblici

1. I servizi pubblici nazionali e locali sono erogati con modalità che promuovono il miglioramento della qualità e assicurano la tutela dei cittadini e degli utenti e la loro partecipazione, nelle forme, anche associative, riconosciute dalla legge, alle inerenti procedure di valutazione e definizione degli standard qualitativi.

2. Le modalità di definizione, adozione e pubblicizzazione degli standard di qualità, i casi e le modalità di adozione delle carte dei servizi, i criteri di misurazione della qualità dei servizi, le condizioni di tutela degli utenti, nonché i casi e le modalità di indennizzo automatico e forfettario all’utenza per mancato rispetto degli standard di qualità sono stabilite con direttive, aggiornabili annualmente, del Presidente del Consiglio dei Ministri. Per quanto riguarda i servizi erogati direttamente o indirettamente dalle regioni e dagli enti locali, si provvede con atti di indirizzo e coordinamento adottati d’intesa con la conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201682

Rosario Scalia

Etica e “Codici di comportamento”. La rinascita delle istituzioni pubbliche nella “Giornata della legalità e della trasparenza”? (seconda parte)

3. Le iniziative di coordinamento, supporto operativo alle amministrazioni interessate e monitoraggio sull’attuazione del presente articolo sono adottate dal Presidente del Consiglio dei Ministri, supportato da apposita struttura della Presidenza del Consiglio dei Ministri. È ammesso il ricorso a un soggetto privato, da scegliersi con gara europea di assistenza tecnica, sulla base di criteri oggettivi e trasparenti.

4. Sono in ogni caso fatte salve le funzioni e i compiti legislativamente assegnati, per alcuni servizi pubblici, ad autorità indipendenti.

5. È abrogato l’articolo 2 della legge 11 luglio 1995, n. 273. Restano applicabili, sino a diversa disposizione adottata ai sensi del comma 2, i decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri recanti gli schemi generali di riferimento già emanati ai sensi del suddetto articolo.

Il quadrilatero del buon andamento

LEGITTIMITA’ E’ conforme alla legge?

EFFICIENZA ECONOMICITA’ Le risorse utilizzate

Il costo è giusto?

sono quelle adeguate?

EFFICACIA

Il cittadino è pienamente soddisfatto?

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201683

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Etica e “Codici di comportamento”. La rinascita delle istituzioni pubbliche nella “Giornata della legalità e della trasparenza”? (seconda parte)

La lettura integrata

del Codice di comportamento

LEGITTIMITA’

L A FONTE

1. Costituzione (art. 54, c. 1; art. 97, c. 3; art. 113, c. 1)

2. L. 14 gennaio 1990, n. 24 1 e successive

modificazioni e integrazioni (Nuove norme sul procedimento amministrativo)

3. L. 6 dicembre 1971, n. 1034 (istitutiva dei TAR)

4. T.U. delle leggi del Consiglio di Stato 26 giugno 1924, n. 1054 (Consiglio di Stato)

• art. 3, c. 1

• art. 8

• art. 11, c. 1

• art. 12, c. 5

• art. 13, c. 4

• art. 13, c. 8

• art. 15

• art. 18

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Etica e “Codici di comportamento”. La rinascita delle istituzioni pubbliche nella “Giornata della legalità e della trasparenza”? (seconda parte)

La lettura integrata

del Codice di comportamento

E F F I C I E N Z A

L A FONTE

1. Costituzione (art. 97, c. 2 ) 2. L. 14 gennaio 1990, n. 241 (Nuove norme sul

Procedimento amministrativo)

3. L. 14 gennaio 1994, n. 20 (art. 3, c. 4 e 12 )

4. D.lgs. 30 luglio 1999, n. 286

• art. 3, c. 4

• art. 12, c. 1 (ultimi periodi)

• art. 1 3, c. 2

• art. 1 3, c. 5

• art. 13, c. 7

• art. 16

• art. 17

Il Legislatore nazionale e la disciplina

del procedimento amministrativo.

L’isteria normativa (1990 – 2015)

L’incapacità di amministrare delle burocrazie;

l’incompetenza della classe politica.

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201685

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Etica e “Codici di comportamento”. La rinascita delle istituzioni pubbliche nella “Giornata della legalità e della trasparenza”? (seconda parte)

L’isteria normativa nazionale.

Il caso della legge n. 241/1990.

Anno Provvedimento legislativo

1. 2000 L. 24 novembre 2000, n. 340

1.1 2004 L. 2004, n. 311

2. 2005 L. 11 febbraio 2005, n. 15

3. 2005 L. 14 maggio 2005, n. 80

4. 2007 L. 2 aprile 2007, n. 40

5. 2009 L. 18 giugno 2009, n. 69

6. 2010 L. 31 maggio 201 0, n. 122

7. 2010 D.lgs. 2 luglio 2010, n. 104

8. 2011 D.lgs. 12 aprile 2011, n. 163

9. 2011 L. 21 luglio 2011, n. 106

10. 2012 L. 4 aprile 2012, n. 35

11. 2012 L. 7 agosto 2012, n. 134

12. 2012 L. 17 dicembre 2012, n. 221

13. 2013 L. 7 agosto 2013, n. 98

14. 2014 L. 21 febbra io 2014, n. 9

15. 2014 L. 11 novembre 2014, n. 164

16. 2015 L. 7 agosto 2015, n. 124

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201686

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Etica e “Codici di comportamento”. La rinascita delle istituzioni pubbliche nella “Giornata della legalità e della trasparenza”? (seconda parte)

La lettura integrata

del Codice di comportamento

EFFICACIA

LA FONTE

1. Costituzione (art. 97, c. 2) 2. L. 14 gennaio 1994, n. 20 (art. 3, c. ---) 3. D.l gs. 30 luglio 1999, n. 286 4. Legislazione nazionale (A.I.R. – V .I .R. ) 5. Legislazione regionale (Clausole di valutazione)

• art. 3, c. 4

• art. 12, c. 1 (ultimi periodi)

• art. 1 3, c. 2

• art. 1 3, c. 5

• art. 13, c. 7

• art. 16

• art. 17

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Etica e “Codici di comportamento”. La rinascita delle istituzioni pubbliche nella “Giornata della legalità e della trasparenza”? (seconda parte)

La lettura integrata

del Codice di comportamento

E C O N O M

I C I

T A’

L A FONTE

1. D.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (artt. 8, 18, 59 e 60) 2. D.lgs. 30 luglio 1999, n. 286 3. L. 4 marzo 2009, n. 15 (art. 11, c. 1 - 3)

3.1 D.lgs. 27 ottobre 2009, n. 150

• art. 3, c. 4

• art. 12, c. 1 (ultimi perio di)

• art. 1 3, c. 2

• art. 1 3, c. 5

• art. 13, c. 7

• art. 16

• art. 17

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 01 • Gennaio 201688

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Etica e “Codici di comportamento”. La rinascita delle istituzioni pubbliche nella “Giornata della legalità e della trasparenza”? (seconda parte)

La legislazione dell’A.I.R..

L’efficacia della legge valutata ex ante.

Legge 28 novembre 2005, n. 246

Semplificazione e riassetto normativo per l’anno 2005

(art. 14, commi 1, 2 e 4)

d.P.C.M. 11 settembre 2008, n. 170

Regolamento recante disciplina attuativa dell’analisi dell’impatto della

regolamentazione (A.I.R.)

L. 11 nov embre 2011, n. 180

Norme per la tutela della libertà d’impresa Statuto delle imprese.

ASSOCIAZIONESERVIZI FINANZIARIENTI LOCALI

www.asfel.it

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