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Il principio di Huygens e l’equazione delle onde Introduzione iv Figura 2: Il pendolo di Newton....

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UNIVERSIT ` A DEGLI STUDI DI BARI Dipartimento Interateneo di Fisica Corso di Laurea Triennale in Fisica Il principio di Huygens e l’equazione delle onde Laureando: Arturo Konderak Relatore: Prof. Paolo Facchi ——————————————— Anno Accademico 2013/2014
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UNIVERSITA DEGLI STUDI DI BARI

Dipartimento Interateneo di Fisica

Corso di Laurea Triennale in Fisica

Il principio di Huygense l’equazione delle onde

Laureando:Arturo Konderak

Relatore:

Prof. Paolo Facchi

———————————————

Anno Accademico 2013/2014

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Indice

Introduzione ii

1 Il principio di Huygens 11.1 Generalita sull’equazione delle onde . . . . . . . . . . . . . . . 11.2 Violazione del principio di Huygens . . . . . . . . . . . . . . . 3

2 Equazione delle onde 82.1 Generalita su teoria delle distribuzioni e soluzioni deboli . . . 82.2 Problema alle condizioni iniziali . . . . . . . . . . . . . . . . . 13

2.2.1 Caso n = 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 152.2.2 Caso n = 3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 182.2.3 Caso n ≥ 2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21

2.3 Esempio: impulso sulla superficie di un liquido . . . . . . . . . 25

3 Funzioni di Green 283.1 Parte finita di integrali divergenti e rinormalizzazione . . . . . 283.2 Generalita sulle funzioni di Green . . . . . . . . . . . . . . . . 343.3 Funzioni di Green del d’Alembertiano . . . . . . . . . . . . . . 36

Conclusioni 45

A Onde sulla superficie di un liquido incomprimibile 47

B La funzione Gamma 49

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Introduzione

Nel 1917 Paul Ehrenfest [1] pose la domanda “perche lo spazio in cui viviamoe tridimensionale?”Per rispondere a questa domanda, egli considero alcuni fenomeni noti all’epo-ca che, se descritti dalle stesse leggi fisiche, non avrebbero avuto piu valenzain dimensioni diverse. Ad esempio, egli mostro che in dimensione n > 3non ci sarebbero potute essere orbite stabili per le interazioni di gravita edelettrostatiche: un satellite interagente con un pianeta finirebbe per caderesulla superficie dello stesso (se l’energia del sistema e minore di zero): inquesto contesto, la terra collasserebbe velocemente sul sole! Per verificarlo,si cerca la funzione di Green dell’operatore di Poisson (∇2U = δ), ottenendoil potenziale e quindi la forza di interazione tra due particelle. Studiandole soluzioni dell’equazione del moto per il problema, si vede che le orbite sichiudono in tempi finiti con il contatto tra le particelle, se l’energia totaledel sistema e negativa [2].

Un’altra proprieta che identifico come possibile spiegazione, cioe che siverifica o meno a seconda delle dimensioni dello spazio e il principio di Huy-gens.Si osserva, risolvendo l’equazione delle onde, che tale principio e verificatosolo se la dimensione dello spazio considerato e dispari e diversa da uno. Intal caso, la velocita con cui un segnale si propaga e costante.In dimensioni pari invece verificheremo che la velocita di propagazione di unsegnale non e piu costante, ma varia con continuita da zero ad un valoremassimo che chiameremo velocita di propagazione.

Richiamiamo qui brevemente come Huygens introdusse tale principioHuygens espose tale principio nel Traite de la lumiere [3], scritto nel 1678

e pubblicato nel 1690. L’obiettivo di tale trattato era dare una spiegazionela piu semplice possibile della propagazione della luce e di effetti fisici adessa connessi, in particolare moto rettilineo (cioe esistenza di raggi ottici),rifrazione e riflessione; nella sua trattazione egli ripudia l’idea di natura cor-puscolare e di propagazione con velocita infinita, in particolare rifancendosiall’esperienza di Ole Christensen Romer il quale, studiando i moti dei satel-

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Introduzione iii

Figura 1: Inviluppo di onde secondarie da sorgente puntiforme, da [3]

liti di Giove, aveva stimato il tempo di propagazione della luce nel vuoto.Huygens assunse che la propagazione di un segnale luminoso sia di natu-ra ondulatoria, molto simile al suono, cioe legata alla presenza di un mezzoelastico in grado di trasmettere la perturbazione, ma con le dovute differenze:

1. il suono viene prodotto da una sorgente quando questa effettua un mo-vimento, mentre nel caso della luce, essendo ogni punto della sorgenteluminosa osservabile, si deve assumere che la sorgente sia formata daparticelle che fluttuano molto velocemente urtando il materiale elasticoin cui la luce si propaga;

2. poiche la luce passa attraverso un’ampolla in cui e stato fatto il vuoto,la luce deve propagarsi attraverso un mezzo, che chiameremo etere,diverso dall’aria;

3. l’idea di Huygens per spiegare l’elevata velocita di propagazione e con-siderare l’etere come un insieme di particelle dure molto vicine tra loro(in pratica, si puo studiare la propagazione della luce nell’etere come latrasmissione dell’impulso nel pendolo di Newton, si veda la figura 2).

Il principio di Huygens e conseguenza diretta delle considerazioni precedenti:a differenza del pendolo di Newton, le particelle dell’etere non sono allineate,ma sono distribuite irregolarmente in tutto lo spazio, facendo sı che da ogniparticella interessata da una perturbazione si propaghi un segnale seconda-rio. Questi segnali secondari hanno intensita molto ridotta rispetto a quelli

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Introduzione iv

Figura 2: Il pendolo di Newton.

di partenza, dovendo l’impulso distribuirsi su piu particelle, e i contributi in-terferiranno costruttivamente solo nella direzione di propagazione dell’ondaprincipale.

Il principio di Huygens e un principio estremamente potente, in quantopermette di ottenere informazioni sul comportamento delle onde senza ri-solvere direttamente l’equazione delle onde. Per fare un confronto, e comese avessimo un problema di una particella soggetta a forze conservative, evolessimo la velocita finale in un punto: e chiaro che potremmo direttamenterisolvere l’equazione differenziale, ma e evidente che la via piu breve e passareper considerazioni energetiche. Cio ci fa riflettere su come la violazione delprincipio avrebbe pesanti conseguenze sulla propagazione delle onde e sullanostra conoscenza.

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Capitolo 1

Il principio di Huygens

1.1 Generalita sull’equazione delle onde

In questo paragrafo, riassumeremo brevemene i concetti base della teoria del-le onde [4].Con il termine onda si intende la propagazione della perturbazione di unaqualche grandezza fisica nello spazio, che trasporti energia ma non materia.Questa definizione qualitativa e intuitiva non e tuttavia esauriente, e va inte-sa come una proprieta comune alle onde. Esistono in natura diversi fenomeniche vengono classificati come onde: vibrazione di una corda o di una mem-brana sottoposta a sollecitazione, suono nell’aria o in un mezzo elastico, ondesulla superficie di un liquido, onde elettromagnetiche.Nel caso del liquido, ad esempio, la perturbazione che si propaga e lo sposta-mento dalla posizione di equilibrio della generica particella, e l’energia tra-sportata sara somma dell’energia cinetica e potenziale (si veda l’appendiceA).

L’evoluzione della propagazione e determinata dalla natura della forza dirichiamo agente sulle particelle, e nel caso generale questa forza sara dissipa-tiva. Nel nostro studio assumeremo la forza agente conservativa e elastica:si parla in questo senso di onde elastiche o onde meccaniche in mezzi elastici(si sottolinea che questa e una approssimazione del caso reale, e funzionatanto meglio quanto piu la perturbazione e piccola). Sia u il valore dellaperturbazione nel generico punto dello spazio. Per onde elastiche si dimostrache questa perturbazione soddisfa l’equazione differenziale:

utt = c2∇2u, (1.1)

dove c e determinato dai principi fisici alla base della propagazione ed ha ledimensioni di una velocita. Ad esempio, nel caso di un’onda sulla superficie

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1.1 Generalita sull’equazione delle onde 2

Figura 1.1: Esempio di onda sulla superficie di un liquido.

dell’acqua, si vede che c =√gh, con g accelerazione di gravita e h profondita

del liquido; il parametro c lo chiameremo dunque velocita di propagazione.L’equazione puo essere anche scritta nella forma:

2u =

(∇2 − 1

c2

∂2

∂t2

)u = 0. (1.2)

L’operatore 2 viene chiamato d’Alembertiano. Nel caso di onde elettroma-gnetiche, si vede facilmente che l’equazione delle onde e conseguenza direttadelle equazioni di Maxwell nel vuoto, e in questo caso l’equazione e esatta enon un’approssimazione.Prima di enunciare il principio di Huygens, e necessario introdurre un nuovoconcetto: si definisce fronte d’onda una superficie (o in generale una iper-superficie) sulla quale ad un determinato istante t la perturbazione assumeuno stesso valore. Ad esempio, fronte d’onda sono gli anelli che si osservanosulla superficie dell’acqua quando viene colpita da un sasso.Il principio di Huygens asserisce che, noto il fronte d’onda ad un determi-nato istante, si puo considerare ogni elemento su tale superficie come unasorgente di onde secondarie che si propagano con la stessa velocita; il fronted’onda ad un istante successivo sara dato dall’inviluppo a tale istante delleonde secondarie.Come anticipato nell’introduzione, il principio di Huygens e molto utile, inquanto permette di ottenere in maniera diretta le leggi di riflessione e rifra-zione, ma anche di interferenza.

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1.2 Violazione del principio di Huygens 3

Esiste un’altra versione del principio di Huygens, piu matematica, ed e questala forma su cui ci concentreremo

1.2 Violazione del principio di Huygens

Enunciamo adesso il principio di Huygens nella forma di interesse:Siano noti i valori u e ut all’istante t = 0. Allora il valore della pertur-

bazione u in un punto x0 ad un istante successivo t0 dipende solo dai valoriiniziali di u sull’ipersfera data dall’equazione:

|x− x0| = ct0. (1.3)

In pratica questo enunciato descrive la proprieta di un’onda di propagarsi convelocita costante c; vedendola al contrario, se il sistema all’istante iniziale ein quiete ovunque, meno in un punto xs, ad un istante di tempo successivo,gli unici punti in cui la perturbazione e non nulla sono i punti che si trovanosu una sfera che si allontana dal punto xs con velocita proprio uguale a c(figura 1.2).

b bx0 xs

ct ct

Figura 1.2: Regione di dipendenza su x0 e regione di influenza di xs.

Osserviamo che se l’onda si propagasse con velocita non uniforme, allorala superficie di convoluzione non sarebbe ben definita e crollerebbe anche ilprecedente enunciato.Per spiegare fisicamente il principio, immaginiamo di essere in una camerabuia e supponiamo che all’istante di tempo t = 0 e per un tempo di unsecondo venga accesa una lampadina a distanza d da noi. Allora vedremo unsegnale luminoso dopo un tempo t0 = d/c e per un tempo di esattamente unsecondo, e poi nuovamente l’oscurita.

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1.2 Violazione del principio di Huygens 4

Introduciamo il cosiddetto cono di luce:

Σ = {(x, t) 6= (0, 0) ∈ Rn × R | c|t| = |x|} , (1.4)

e i due sottoinsiemi:

Σ− = {(x, t) ∈ Σ | t < 0} , Σ+ = {(x, t) ∈ Σ | t > 0} . (1.5)

In accordo con il principio di Huygens, il primo insieme (cono di luce ritar-

x

Σ+

Σ

Σ−

t

Figura 1.3: Il cono luce.

dato) e il luogo dei punti che determinano il valore di u in (0, 0), mentre ilsecondo (cono di luce anticipato) e il luogo dei punti influenzati dal valore diu nell’origine.In questo paragrafo non analizzeremo i concetti matematici, ma ci sofferme-remo sui fenomeni fisici.

Quello che verificheremo nei capitoli seguenti, e che il principio non e ingenerale verificato: il principio e verificato soltanto in dimensione n disparie maggiore o uguale di 3. Verificheremo, in particolare, che, in generale, ivalori u in un punto x0 dipendono dai valori di u e di ut all’istante inizialenei punti x che soddisfano la condizione:

|x− x0| < ct0. (1.6)

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1.2 Violazione del principio di Huygens 5

u Hu.a.L

ct = 3 mct = 6 m

ct = 9 m

xHmL-10 -5 5 10

-0.5

0.5

1.0

1.5

2.0

Figura 1.4: Profilo di risposta ad una delta in dimensione n = 2.

La regione di dipendenza non sara piu la superficie del cono luce, ma laregione interna allo stesso, cioe il dominio

Σ = {(x, t) ∈ Rn × R | c|t| > |x|} , (1.7)

e si possono considerare nuovamente le due regioni, rispettivamente ritardatae anticipata. Osserviamo che in questo caso non e stato eliminato il puntostesso, e questo sara elemento di entrambe le regioni. Questo fenomeno, laviolazione del principio in dimensione pari, e chiamato fenomeno di Huy-gens.Osserviamo tuttavia che anche in dimensione pari la perturbazione si propa-ga con velocita finita, nel senso che se un punto e a distanza maggiore di ctda una sorgente, allora la perturbazione e nulla in tale punto.Possiamo osservare questo fenomeno lanciando un sasso su una superficied’acqua (quindi n = 2); ci rendiamo subito conto della formazione di unacresta d’onda che si propaga con velocita costante, ma dopo il suo passaggiola particelle superate rimarranno eccitate.Se la condizione iniziale corrispone ad un impulso concentrato in un puntodello spazio, ovvero ut = δ, allora:

u(x, t) =1

2πc

H(ct− |x|)√c2t2 − |x|2

. (1.8)

La (1.8) verra derivata formalmente nel paragrofo 2.2.3. Essa rappresentaun fronte d’onda sulla superficie |x| = ct seguito da una lunga coda (si vedail grafico 1.4). Cio vuol dire che, se ad esempio vivessimo in un sistemabidimensionale, sentiremmo un eco continuo parlando tra noi (figura 1.5).

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1.2 Violazione del principio di Huygens 6

u Hu.a.L

ct HmL2 4 6 8

0.5

1.0

1.5

Figura 1.5: Risposta ad un segnale a delta unitaria in dimensione n = 2, inun punto a distanza 3m.

Torniamo adesso all’esempio della lampada. Abbiamo visto che, in accor-do con il principio di Huygens, se la lampada resta accesa per un secondo,allora vedremo un segnale per esattamente un secondo. Stante la violazionedel principio, in dimensioni pari avremo dispersione di un segnale di questotipo. Utilizziamo i risultati del paragrafo 3.3 per studiare la soluzione delproblema, ovvero la risposta ad un segnale:

f(x, t) = δ(x)χ[0,T ](t). (1.9)

La perturbazione si ottiene eseguendo la convoluzione del propagatore ritar-dato con la sorgente. Si puo facilmente verificare che le risposte saranno nellaforma:

n = 2 : G(x, t) =

1c

lnct+√c2t2−|x|2

ct−cT+√c2(t−T )2−|x|2

se |x| < ct− cT,1c

lnct+√c2t2−|x||x| se ct− cT < |x| < ct,

0 se |x| > ct.

n = 3 : G(x, t) =

{H((ct−|x|)(|x|−ct−cT ))

4πc2|x| se t > 0,

0 se t < 0.

E evidente (figure 1.6 e 1.7) la presenza di un eco del segnale nel caso din = 2, mentre nel caso n = 3 non vi e alcuna dispersione, e il segnale saraudito per esattamente un tempo T , in accordo con il principio di Huygens.

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1.2 Violazione del principio di Huygens 7

r = 2 m

r = 1 m

r = 3 m

r = 4 m

ctHmL

uHu.a.L

2 4 6 8 10

0.5

1.0

1.5

2.0

Figura 1.6: Perturbazione in punti a diversa distanza da distanza da unasorgente nell’origine attiva per un tempo di cT = 1m e in n = 3.

uHu.a.Lr = 1 m

r = 2 m

r = 3 m

r = 4 m

ctHmL2 4 6 8 10

1

2

3

4

5

6

Figura 1.7: Perturbazione in punti a diversa distanza da distanza da unasorgente nell’origine attiva per un tempo di cT = 1m e in n = 2.

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Capitolo 2

Equazione delle onde

2.1 Generalita su teoria delle distribuzioni e

soluzioni deboli

Il concetto di funzione ha subito nello scorso secolo una profonda modifica,che ha portato alla nozione delle cosiddette funzioni generalizzate. All’ini-zio del secolo, questi oggetti vennero utilizzati in maniera molto euristica eintuitiva, senza avere una solida descrizione matematica, restituendo tutta-via risultati corretti fisicamente. La formalizzazione piu usata del concettodi distribuzione si deve a Laurent Schwartz, che qui viene riassunta moltobrevemente (per approfondimenti, si vedano [5], [7] e [8]). L’idea di baseviene ereditata dalla fisica: non ha fisicamente senso parlare della misuradi una grandezza fisica in un punto dello spazio, ma e piu sensato pensarealla misura come una media nell’intorno del punto considerato. Ad esempio,nella misura della temperatura T il termometro ha dimensioni fisiche nontrascurabili, ed e quindi importante avere informazioni anche sull’intorno delpunto. Una idea piu precisa di misura potrebbe essere ottenuta pensandolacome una media nella regione di interesse:ˆ

T (x)φ(x)dx, (2.1)

con´φ(x)dx = 1 e φ non nulla solo in un intorno del punto in questione

(funzione a supporto compatto). Queste considerazioni ci portano a pensaredi descrivere le funzioni non punto per punto, ma studiandone l’azione suopportune funzioni test.

Definizione 2.1.1. Una funzione test e una funzione di classe C∞(Rn) avalori in C e a supporto compatto; l’insieme di queste funzioni e indicato conD(Rn) o C∞0 (Rn).

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2.1 Generalita su teoria delle distribuzioni e soluzioni deboli 9

Su D(Rn) si definisce una nozione di convergenza.

Definizione 2.1.2. Siano {φk} ⊂ D e φ ∈ D. Allora diremo che φk converge

in D a φ, e scriveremo φkD→ φ, se e solo se esiste un compatto K che

contenga i supporti di tutti gli elementi della successione e di φ e in questocompatto la convergenza sia uniforme per ogni derivata a multi-indice1 ∂α,cioe ∂αφk → ∂αφ uniformemente in K.

Possiamo adesso definire una funzione generalizzata o distribuzione.

Definizione 2.1.3. Una distribuzione e definita come una applicazione li-neare e continua dallo spazio D in C, e lo spazio delle distribuzioni e indicatocon D′(Rn).

Se T (x) e una funzione localmente sommabile, si vede che un’azione nellaforma (2.1) definisce una buona distribuzione. Le distribuzioni di questo tiposi dicono regolari, mentre le altre singolari (spesso si associa simbolicamenteanche ad una distribuzione singolare una funzione “formale” la cui azionee data dalla (2.1)). Si vede che due distribuzioni regolari coincidono se esolo se le funzioni a cui sono associate coincidono quasi ovunque. Diremoinoltre che due distribuzioni coincidono in un insieme A se e soltanto se laloro azione coincide su funzioni test con supporto in A; in particolare, unadistribuzione e a supporto compatto se e nulla all’infuori di un compatto Ke il suo supporto e il piu piccolo compatto per cui tale proprieta e verificata.Un esempio di distribuzione singolare a supporto compatto e la delta di Diracδ, distribuzione che ad una funzione test associa il suo valore nell’origine.

Definizione 2.1.4. Sia T distribuzione e φ funzione test; si definiscono leseguenti operazioni.

(a) Traslazione per un vettore a: T (x− a)[φ(x)] := T (x)[φ(x+ a)];

(b) Contrazione per uno scalare a: T (ax)[φ(x)] := |a|−nF [φ(x/a)];

(c) Prodotto per funzione f ∈ C∞: fT [φ] := T [fφ];

(d) Convoluzione con funzione test: T ∗ φ(x) := T [y][φ(x − y)] e si vedeche questa funzione e di classe C∞, ed inoltre T ∗φ(x)[ϕ] = T [φ∗ϕ(x)],dove φ(x) = φ(−x);

1detta α una n-pla di interi non negativi (α1, α2, ...αn), la derivata a multi-indice α edefinita come:

∂α =∂α1∂α2 ...∂αn

∂xα11 ∂xα2

2 ...∂xαnn

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2.1 Generalita su teoria delle distribuzioni e soluzioni deboli 10

(e) Convoluzione tra due distribuzioni, una, F , a supporto compatto: T ∗F [φ] := T [F ∗ φ], dove F (x) = F (−x);

(f) Derivata a multi-indice α: ∂αT [φ] := (−1)|α|T [∂αφ], dove |α| = ∑ni=1 αi.

Per esempio, in n = 1 la derivata della funzione di Heaviside (nulla perx < 0 e uno per x > 0) e proprio la delta di Dirac. Allo scopo di intro-durre la trasformata di Fourier2 di distribuzioni, e importante passare per ledistribuzioni temperate. Per definirle, si parte dall’insieme delle funzioni diSchwartz S(Rn).

Definizione 2.1.5. Si chiamano funzioni di Schwartz le funzioni φ di C∞(Rn)a valori in C tali che per ogni coppia di multi-indici α e β la funzionexβ∂αφ(x) e limitata3.

Queste funzioni sono anche dette a decrescenza rapida, in quanto vanno azero per |x| → +∞ con ordine comunque grande. Come per le funzioni test,si definisce una nozione di convergenza in S, e si dice che una successionedi funzioni di Schwartz {φk} converge in S ad una funzione di Schwartz

φ, e si scrive φkS→ φ, se per ogni coppia di multi-indici α e β si ha che

xβ∂αφk(x)→ xβ∂αφ(x) uniformemente in Rn.

Definizione 2.1.6. Le distribuzioni temperate sono applicazioni lineari econtinue su S(Rn) a valori in C, e l’insieme delle distribuzioni temperate eindicato con S ′(Rn).

Si puo vedere che D ⊂ S e S ′ ⊂ D′, e le distribuzioni temperate possonoessere viste come estensioni di distribuzioni alle funzioni di Schwartz (si vedeinfatti che due distribuzioni temperate sono uguali se e soltanto se e ugualel’azione su ogni funzione test). Studiando le distribuzioni temperate, si vedeche possono essere associate a funzioni localmente sommabili quando questehanno andamento che sia minore di una potenza di |x|, e cio fa capire chefisicamente l’insieme delle distribuzioni temperate e un insieme molto ampio.Possiamo introdurre su questo insieme la trasformata di Fourier.

2Sia f(x) ∈ L1. Convenzionalmente, poniamo la trasformata e l’antitrasformata diFourier di f la funzione:

F [f ](ξ) =

ˆe−iξ·xf(x)dx, F−1[f ](x) = (2π)−n

ˆeiξ·xf(ξ)dξ.

3per definizione xβ = xβ1

1 xβ2

2 ...xβnn .

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2.1 Generalita su teoria delle distribuzioni e soluzioni deboli 11

Definizione 2.1.7. Presa T ∈ S ′(Rn), si definisce trasformata di Fourier diT la distribuzione temperata:

F [T ] : S(Rn) → Cφ → F(T )[φ] = T [F(φ)]. (2.2)

In ambito distribuzionale le proprieta della trasformata di Fourier hannovalenza generale:

Teorema 2.1.8. Sia T distribuzione temperata. Allora:

(a) F [T (x− a)] = e−ia·ξF [T ];

(b) se α e multi-indice, F [∂αT ] = i|α|ξαF [T ];

(c) se α e multi-indice, F [xαT ] = i|α|∂αF [T ].

Si verifica banalmente che la trasformata di Fourier della δ e 1.Allo stesso modo si definisce l’antitrasformata di Fourier, applicando l’an-

titrasformata alla funzione di S. Per concludere, si dimostra che la trasfor-mata di Fourier e una applicazione lineare, continua e biiettiva su S, ed elineare e biiettiva su S ′, e in entrambi i casi la sua inversa e l’antitrasforma-ta.Anche sullo spazio D′ (e in maniera identica su S ′) si puo introdurre unastruttura topologica.

Definizione 2.1.9. Supponiamo di avere una successione {Tn}n∈N ⊂ D′ esia T distribuzione. Allora

Tn → T ⇔ ∀φ ∈ D : Tn[φ]→ T [φ],

e si dice che {Tn} converge debolmente a T .

In senso distribuzionale, valgono i seguenti risultati.

Teorema 2.1.10. Sia {Tk} successione di distribuzioni convergente a Tdistribuzione. Si hanno le seguenti proprieta.

(a) ∀α multi-indice, ∂αTk → ∂αT ;

(b) Se Tk, T sono distribuzioni temperate, allora Tk → T.

Si puo infine dimostrare [5] che ogni distribuzione T puo essere consideratacome il limite debole di una successione di funzioni C∞.

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2.1 Generalita su teoria delle distribuzioni e soluzioni deboli 12

Teorema 2.1.11. Sia φ funzione test tale che´φ(x)dx = 1 e sia:

φε(x) = ε−nφ (x/ε) , (2.3)

con ε > 0. Allora {F ∗ φε}, che e una successione di elementi di C∞(Rn) pervia della (d) di 2.1.4, converge debolmente a F per ε→ 0.

Il risultato ottenuto e estremamente utile, in quanto permette di avereinformazioni euristiche sulle distribuzioni, approssimandole con funzioni de-finite punto per punto.Ad esempio, si vede che la δ puo essere approssimata da una Gaussiana nor-malizzata, scritta nella forma (2.3). Dalla figura 2.1 si intuisce che la delta eben descritta da un pacchetto centrato attorno all’origine di area unitaria.Introduciamo adesso una nozione di cui faremo ampio uso in seguito, che e

Ε = 0.4

Ε = 0.2

Ε = 0.1

-1.0 -0.5 0.5 1.0

1

2

3

4

5

Figura 2.1: Approssimazione della δ, con una Gaussiana f(x) = 1√πe−x

2, con

ε = 0.4, ε = 0.2 e ε = 0.1.

un nuovo modo di interpretare le equazioni differenziali in senso distribuzio-nale. Supponiamo di avere un operatore differenziale lineare L su un apertoA e di considerare l’equazione differenziale:

Lu = f. (2.4)

Una soluzione del problema e una funzione che soddisfi nell’aperto A l’equa-zione differenziale (tipicamente il problema e accompagnato da delle condi-zioni sul bordo ∂A), e si richiede che questa sia una funzione di classe Ck,

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2.2 Problema alle condizioni iniziali 13

dove k e l’ordine massimo di derivazione. Una soluzione di questo tipo vienedetta soluzione classica.

Supponiamo adesso che il nostro operatore L abbia coefficienti C∞. Al-lora il problema puo essere presentato in termini distribuzionali, in quanto eben definito il prodotto di una distribuzione e una funzione C∞. Una distri-buzione u e soluzione del problema se la relazione viene rispettata per ognifunzione test con supporto in A. Una soluzione u di questo tipo viene anchedetta soluzione debole. Da un punto di vista matematico, il passaggio per lesoluzioni deboli puo essere un semplice intermezzo per ottenere le soluzioniclassiche. Ad esempio, come vedremo nel caso della formula di Kirchhoff, sipossono trovare soluzioni deboli di un problema e poi tra queste selezionarequelle che sono classiche (e banale verificare che una soluzione classica e an-che soluzione debole). Da un punto di vista fisico, invece, le soluzioni debolihanno un pieno significato, in quanto abbiamo visto che le grandezze fisichesono meglio descritte da distribuzioni piuttosto che da funzioni definite puntoper punto, e quindi non c’e ragione per distinguerle.

2.2 Problema alle condizioni iniziali

In questa sezione siamo interessati alla risoluzione del problema delle onde indimensione n, noti i valori della perturbazione e della sua derivata all’istanteiniziale. Utilizzeremo la teoria distribuzionale, lasciando tuttavia la dipen-denza rispetto al tempo ancora in senso classico, cercando cioe la soluzionenella forma

u : I ⊆ R → D′(Rn)

t → u(x, t). (2.5)

Questa condizione sul tempo e posta in modo da poter dare un senso alle con-dizioni iniziali. Per descrivere il calcolo infinitesimale rispetto alla variabiletempo utilizziamo la struttura topologica di D′ introdotta in 2.1.9:

Definizione 2.2.1. Sia u(t) come in 2.5. Allora

limt→t0

u(t) = u ⇔ ∀φ ∈ D(Rn) : limt→t0

u(t)[φ] = u[φ].

Allo stesso modo si definisce la derivata rispetto al tempo di u. Il proble-ma che siamo interessati a risolvere e:

utt = c2∇2u u(x, 0) = f(x) ut(x, 0) = g(x). (2.6)

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2.2 Problema alle condizioni iniziali 14

Passiamo al dominio di Fourier, ipotizzando u, f , g ∈ S ′. Utilizzando 2.1.8si ha:

utt = −c2|ξ|2u u(ξ, 0) = f(ξ) ut(ξ) = g(ξ), (2.7)

dove abbiamo usato la proprieta (u)t = (ut). Detta φ ∈ S:

F[u(t+ s)− u(t)

s

][φ] =

u(t+ s)− u(t)

s[φ] =

u(t+ s)− u(t)

s[φ],

e facendo il limite si ottiene il risultato cercato (in realta abbiamo semplice-mente dimostrato (a) del teorema 2.1.10). Possiamo formalmente trovare lasoluzione del problema considerando f e g come funzioni classiche. Si ha:

u = f cos ct|ξ|+ gsin ct|ξ|c|ξ| . (2.8)

Verifichiamo che u e soluzione anche in senso debole, con f e g in S ′. Perprima cosa, osserviamo che l’oggetto in questione e ben definito, in quantoprodotto tra distribuzione e funzione di C∞ (si vede che e anche una distribu-zione temperata, in quanto le funzioni prodotto hanno crescita non grande ininfinito). Per verificare che effettivamente sia una soluzione, basta verificareche i passaggi al limite rispetto alla variabile temporale (e in particolare laderivata) della nostra funzione u coincidano formalmente con quelli classici.Per essere piu espliciti, vogliamo capire se anche nel senso della definizionedi convergenza data in 2.2.1 si ha, ad esempio

∂t(f cos ct|ξ|) = −c|ξ|f sin ct|ξ|. (2.9)

In tal caso u e soluzione di (2.7). Verifichiamo la (2.9): sia t ∈ R+ r {0} esia φ funzione test. Fissiamo σ > 0 e consideriamo il rapporto incrementale:

cos c(t+ s)|ξ| − cos ct|ξ|s

f [φ] + c|ξ| sin ct|ξ|f [φ]

= f

[cos c(t+ s)|ξ| − cos ct|ξ|

sφ+ c|ξ| sin ct|ξ|φ

]. (2.10)

Sia ε > 0 e consideriamo |s| < ε. Per il teorema di Lagrange esiste s′ tale che0 < |s′| < |s| e:

− c|ξ| sin c(t+ s′)|ξ| = cos c(t+ s)|ξ| − cos ct|ξ|s

. (2.11)

Sostituendo in (2.10), otteniamo che per ogni φ l’argomento della distribuzio-ne f e una funzione F di ξ e s′ di classe C∞, che quindi sara uniformemente

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2.2 Problema alle condizioni iniziali 15

continua in Supp φ × [−ε, ε]. Dalla definizione di uniforme continuita, si hache:

∃ δ > 0 t.c. ∀(ξ1, s′1), (ξ2, s

′2) ∈ Supp φ× [−ε, ε],

||(ξ1, s′1)− (ξ2, s

′2)|| < δ : |F (ξ1, s

′1)− F ((ξ2, s

′2)| < σ.

Ma allora ∀ξ ∈ Supp φ e ∀|s| < δ, essendo |s′| < |s| < δ, l’argomentodella 2.10 sara minore di σ, cioe vi e convergenza uniforme per s→ 0. Stes-sa argomentazione si puo applicare alle derivate dell’argomento, ed e quindipossibile invertire limite con funzionale, ottenendo il risultato richiesto.

Determiniamo adesso l’antitrasformata di Fourier della distribuzione (2.8).A tal fine, enunciamo i seguenti risultati:

Teorema 2.2.2. Sia G una distribuzione a supporto compatto. Allora G euna distribuzione regolare, e in particolare e una funzione C∞.

Teorema 2.2.3. Sia F una distribuzione temperata e G una distribuzione asupporto compatto. Allora, se F ∗G ∈ S ′(Rn), si ha che (F ∗G) = F G, chee ben definita per il teorema 2.2.2.

In definitiva, per trovare l’antitrasformata di (2.8), dobbiamo trovare leantitrasformate di Fourier H e K delle distribuzioni cos ct|ξ| e sin ct|ξ|/c|ξ|ed eseguire la convoluzione con f e g:

u(x, t) = f ∗H(x, t) + g ∗K(x, t). (2.12)

In realta basta trovare quella di sin ct|ξ|/c|ξ| in quanto:

∂t

sin ct|ξ|c|ξ| = cos ct|ξ| (2.13)

e la (2.12) diventa:

u(x, t) =∂

∂tf ∗K(x, t) + g ∗K(x, t). (2.14)

2.2.1 Caso n = 1

Valutiamo la trasformata di Fourier della funzione caratteristica dell’inter-vallo [−a, a], a > 0:

χ[−a,a] =

ˆ a

−ae−iξxdx =

e−iaξ − eiaξ−iξ = 2

sin aξ

ξ, (2.15)

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2.2 Problema alle condizioni iniziali 16

da cui

χ[−ct,ct] = 2sin ctξ

ξ= 2

sin ct|ξ||ξ| . (2.16)

Per il primo termine si ha, in virtu della (a) del teorema 2.1.8:

F−1(cos ctξ) =1

2F−1(eicξt + e−icξt) =

δ(x+ ct) + δ(x− ct)2

, (2.17)

e quindi, riprendendo (2.12), si ha:

u(x, t) = f ∗ δ−ct + δct2

+1

2cg ∗ χ[−ct,ct]

=f(x− ct) + f(x+ ct)

2+

1

2c

ˆ x+ct

x−ctg(y)dy, (2.18)

in cui si e utilizzato il fatto che la convoluzione di una distribuzione con unadelta restituisce la distribuzione di partenza, mentre il secondo integrale vainteso come una distribuzione la cui azione su una funzione test e data da:(ˆ x+ct

x−ctg(y)dy

)[φ(x)] = g(x)

[ˆ x+ct

x−ctφ(y)dy

]. (2.19)

In particolare, se f e di classe C2 e g di classe C3, la (2.18) e soluzioneclassica, ed e proprio la formula di D’Alembert. Studiamo la risposta ad unadelta della (2.18):

f = 0 g = δ

u(x, t) =δ(x+ ct) + δ(x− ct)

2, (2.20)

cioe la delta si spezza in due, una parte si propaga verso destra, l’altraverso sinistra, con velocita c (si veda la figura 2.2). Considerando invece lecondizioni invertite:

f = δ g = 0

u(x, t) =χ[−ct,ct]

2c, (2.21)

cioe man mano che i punti della corda sono raggiunti dalla perturbazione,essi vengono sollevati della quantita 1

2c, senza piu riscendere (si veda la figura

2.3). Abbiamo quindi che in dimensione n = 1 non e soddisfatto il principiodi Huygens. Se valutiamo ut abbiamo:

ut(x, t) =δ(x+ ct) + δ(x− ct)

2, (2.22)

e quindi la velocita della particella si propaga con velocita costante in en-trambe le direzioni come faceva la perturbazione nel caso precedente.

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2.2 Problema alle condizioni iniziali 17

ct = 1 m ct = 2 m ct = 3 m

ct = 0 m

uHu.a.L

xHmL

-4 -2 2 4

1

2

3

4

5

6

Figura 2.2: Andamento della soluzione nel caso di condizione iniziale f = δe g = 0, con δ approssimata ad una Gaussiana.

ct = 1 m

ct = 2 m

ct = 3 m

xHmL

uHu.a.L

-4 -2 2 4

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

Figura 2.3: Andamento della soluzione nel caso di condizione iniziale f = 0e g = δ, con δ approssimata ad una Gaussiana.

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2.2 Problema alle condizioni iniziali 18

2.2.2 Caso n = 3

Consideriamo la distribuzione σ1, definita come l’integrale della funzione testestesa alla sfera unitaria di centro l’origine, cioe:

σ1[φ] =

ˆ|x|=1

φ(x)dS(x). (2.23)

Valutiamo la trasformata di Fourier di questa distribuzione. Osserviamo chequesta distribuzione e a supporto compatto, e si dimostra che per questaclasse di distribuzioni vale la seguente proprieta:

F (ξ) = F [χ(εx)e−iξ·x], (2.24)

dove χ(x) e una funzione test pari ad 1 per |x| < 1, e ε e un qualsiasi numeroreale tale che Supp[F ] ⊂ β(0, 1

ε)4. In definitiva:

F (ξ) =

ˆ|x|=1

eiξ·xdS(x) =

ˆ 2π

0

ˆ 1

−1

d cosϕ e−i|ξ| cosϕ

=

[2πe−i|ξ| cosϕ

−i|ξ|

]1

−1

= 2πe−i|ξ| − e+i|ξ|

−i|ξ| = 4πsin |ξ||ξ| .

Allo stesso modo si vede che:

F−1

[sin ct|ξ|c|ξ|

]=

1

4πc2tσct, (2.25)

dove σct rappresenta l’integrale della funzione test estesa alla sfera di raggioct. In definitiva la soluzione del problema sara, stante la (2.14):

u(x, t) =∂

∂t

1

4πc2tf ∗ σct +

1

4πc2tg ∗ σct

=∂

∂t

1

4πc2t

ˆ|y|=ct

f(x− y)dS(y) +1

4πc2t

ˆ|y|=ct

g(x− y)dS(y)

=∂

∂t

1

4πc2t

ˆ|x−y|=ct

f(y)dS(y) +1

4πc2t

ˆ|x−y|=ct

g(y)dS(y),

dove si e usata la scrittura simbolica. Supponiamo ora che f sia in C1 e gsia continua. Riscriviamo l’integrale nella forma:

4in realta questo procedimento puo essere ripetuto con ogni funzione C∞, permettendodi rendere una distribuzione a supporto compatto un funzionale sulle funzioni infinitamentederivabili [8].

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2.2 Problema alle condizioni iniziali 19

∂t

1

4πc2t

ˆ|x−y|=ct

f(y)dS(y) +1

4πc2t

ˆ|x−y|=ct

g(y)dS(y)

=∂

∂t

|x−y|=ct

tf(y)dS(y) +

|x−y|=ct

tg(y)dS(y), (2.26)

doveffl

indica la media integrale sulla superficie di integrazione. Posto tz =y − x

|x−y|=cttf(y)dS(y) =

|z|=c

f(x+ tz)dS(z), (2.27)

e quindi:

∂t

|x−y|=ct

tf(y)dS(y) =

|z|=c

z ·∇f(x+ ctz)dS(z)

=

|x−y|=ct

y − xt·∇f(y)dS(y)

dove le inversioni limite integrale sono verificabili banalmente, in quantointegriamo in un compatto. In definitiva

u(x, t) =

|x−y|=ct

[(tg(y) + f(y) + (y − x) ·∇f(y)]dS(y). (2.28)

Se adesso assumiamo che f ∈ C3 e g ∈ C2, la (2.28) e soluzione classica,e coincide con la formula di Kirchhoff, ottenutibile classicamente attraversole medie sferiche e riportando il problema ad uno unidimensionale [9]. Laformula restituisce il principio di Huygens, in quanto il valore della funzionenel punto x al tempo t dipende solo dai valori delle funzioni f e g nei puntia distanza ct.

Studiamo adesso la risposta a delle condizioni iniziali a delta:

f = 0, g = δ.

Si ottiene la soluzione

u(x, t) =1

4πc2tσct, (2.29)

che rappresenta una delta sulla sfera di centro 0 e raggio ct, con volumesotteso t (si veda la figura 2.4).Implementando numericamente la risposta a condizioni iniziali invertite siottiene invece la figura 2.5.

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2.2 Problema alle condizioni iniziali 20

ct = 1 m

ct = 2 m

ct = 3 m

uHu.a.L

r HmL

1 2 3 4

0.1

0.2

0.3

0.4

Figura 2.4: Andamento della soluzione con condizione iniziale f = 0 e g = δ,δ approssimata ad una Gaussiana.

ct = 2 m

ct = 3 m

ct = 1 m

rHmL

uHu.a.L

1 2 3 4

-4

-2

2

Figura 2.5: Andamento della soluzione nel caso di condizione iniziale f = δe g = 0, con δ approssimata ad una Gaussiana.

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2.2 Problema alle condizioni iniziali 21

2.2.3 Caso n ≥ 2

Per trovare l’antitrasformata di Fourier nel caso generico, passeremo peruna famiglia di distribuzioni convergente alla nostra funzione, e ne valute-remo l’antitrasformata di Fourier, che sicuramente convergera alla distribu-zione cercata, per via di (b) del teorema 2.1.10. Scegliamo la famiglia didistribuzioni:

Gε(ξ, t) =sin ct|ξ|c|ξ| e−ε|ξ| ε > 0. (2.30)

Questa e una famiglia di funzioni di L1, in quanto:∣∣∣∣sin ct|ξ|c|ξ| e−ε|ξ|∣∣∣∣ =

∣∣∣∣sin ct|ξ|c|ξ| e−nnε|ξ|∣∣∣∣ ≤ te−

∑ni=1

ε|ξi|n (2.31)

che e in L1. Inoltre la (2.30) converge a sin ct|ξ|/c|ξ| uniformemente in ognicompatto, e quindi vi converge debolmente, per il seguente teorema [5]:

Teorema 2.2.4. Sia {fk} ⊂ L1loc e f ∈ L1

loc. Allora fk → f debolmente sevale una delle seguenti:

(a) fk → f uniformemente in ogni compatto;

(b) fk → f puntualmente ed esiste una funzione localmente sommabile Gtale che |fk| ≤ G.

Osserviamo che

Gε(ξ, t) =e−(ε−ict)|ξ| − e−(ε+ict)|ξ|

2ic|ξ| =1

2ic

ˆ ε+ict

ε−icte−s|ξ|ds, (2.32)

dove, essendo la funzione integranda olomorfa, il cammino di integrazionepuo essere scelto arbitrariamente. Si puo dimostrare (si veda il teoremaB.0.3) che, se Re s > 0, allora vale l’identita:

1

(2π)n

ˆe−s|ξ|eix·ξdξ =

Γ(n+1

2

)πn+12

s

(|x|2 + s2)n+12

, (2.33)

dove, nel caso n+12

sia semintero, la radice va intesa nel senso di determina-

zione principale. Esprimiamo quindi l’antitrasformata di Fourier di Gε(ξ, t),scegliendo come cammino di integrazione il segmento [ε− ict, ε+ ict]:

s : [0, 1]→ C p→ ε− ict+ 2ipct (2.34)

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2.2 Problema alle condizioni iniziali 22

Sostituendo, si ottiene

Gε(x, t) =

ˆdξ

(2π)nGε(ξ, t)e

ix·ξ =

ˆdξ

(2π)n

ˆ 1

0

eix·ξ−(ε−ict+2ipct)|ξ|tdp

=Γ(n+1

2

)πn+12

t

ˆ 1

0

dp(ε− icti+ 2ipct)

(|x|2 + (ε− ict+ 2ipct)2)n+12

(2.35)

=Γ(n+1

2

)2ic(1− n)π

n+12

[1

(|x|2 + (ε+ ict)2)n−12

− 1

(|x|2 + (ε− ict)2)n−12

]dove in (2.35) si e invertito l’ordine di integrazione, passaggio lecito in quantoil modulo della funzione integranda:

χ[0,1](p) e−ε|ξ|

e assolutamente integrabile ed e lecito applicare il teorema di Tonelli [7].Studiamo adesso la convergenza puntale e uniforme di Gε nei due casi n parie n dispari.

Nel caso n dispari, m = n−12

e intero. In questo caso la funzione convergepuntualmente a 0 in At = Rmr {x : |x| = ct} e uniformemente in ogni com-patto K ⊂ At (per l’uniforme convergenza, basta osservare che la funzionee continua in ε e x in [−1, 1] ×K. Sara dunque uniformemente continua, ebanalmente si verifica la convergenza uniforme). In definitiva, la distribuzio-ne G coincidera con la distribuzione nulla in At, per una estensione della (a)del teorema 2.2.4. Questo vuol dire che la risposta a f = 0 e g = δ sara unadistribuzione con supporto nella sfera di centro l’origine e raggio ct. Anchela risposta ad un segnale f = δ e g = 0 ha supporto contenuto in questoinsieme; infatti, si fissi t0 e si prenda φ con supporto contenuto in At0 : siha che d(Supp φ,Rn − At0) > 0 in quanto Supp φ e compatto, ed e dunquepossibile prendere un intorno completo di t0 in cui l’azione di G(x, t) su φ enulla (e quindi ∂tG(x, t)[φ] = 0). Tutto cio implica che in dimensione dispariil principio di Huygens e rispettato.

Nel caso n pari, m = n−12

e semintero, e la funzione di potenza avra untaglio nel prorpio dominio in corrispondenza dell’asse reale negativo, che nonmandera a zero il limite puntuale in una particolare regione. Per essere piuespliciti, consideriamo il primo termine:

1

(|x|2 + (ε+ ict)2)m= e−

m2

ln[(|x|2+ε2−c2t2)2+4c2t2ε2]e−im arg(|x|2+(ε+ict)2)

=1

[(|x|2 + ε2 − c2t2)2 + 4c2t2ε2]m/2e−im arg(|x|2+(ε+ict)2),

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2.2 Problema alle condizioni iniziali 23

dove si e intesa la determinazione principale dell’argomento. Il primo fattoree composizione di termini continui, e quindi convergera puntualmente in Atalla funzione:

1

||x|2 − c2t2| . (2.36)

Osserviamo che |x|2 + (ε+ ict)2 ha parte immaginaria positiva; se |x| > ct,

x 2+Hä ct + ΕL2

x < ct

x > ct

x 2+Hä ct + ΕL2

x 2+H-ä ct + ΕL2

x 2+H-ä ct + ΕL2

-1.5 -1.0 -0.5 0.5 1.0 1.5

-1.5

-1.0

-0.5

0.5

1.0

1.5

Figura 2.6: L’argomento della radice dei due termini di (2.35), con tagliodella funzione polidroma indicato in rosso.

allora il secondo fattore sara nella forma:

exp

[−im arctan

εct

|x|2 + ε2 − c2t2

](2.37)

che converge a 1.Per |x| < ct, allora, fissato x, posso prendere ε sufficientemente piccolo percui ε2 < c2t2 − |x|2. Il secondo fattore diviene:

exp

[−im

(arctan

εct

|x|2 + ε2 − c2t2+ π

)](2.38)

Che converge a e−imπ. Ripetendo il ragionamento per il secondo termine, siottengono due fattori, il primo convergente alla stessa funzione, il secondoconvergente a 1 per |x| > ct e a e+imπ per |x| < ct. Sommando i due terminisi ottiene:

Gε(x, t)→ G(x, t) =Γ(n+1

2

)χ[−ct,ct](|x|)

2ic(1− n)πn+12

(−1)n2

(c2t2 − |x|2)n−12

(2.39)

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2.2 Problema alle condizioni iniziali 24

puntualmente in At.Nuovamente si verifica che tale convergenza diventa uniforme in ogni com-patto contenuto in At, e la funzione cercata coincidera con G in At (perverificare la convergenza uniforme, nuovamente si puo passare attraverso l’u-niforme continuita). Se studiamo la risposta alle condizioni iniziali f = 0 eg = δ avremo che la soluzione non sara ovunque nulla all’infuori della super-ficie del cono luce, ma avremo una “coda” nel segnale tanto piu pronunciataquanto piu la velocita dell’onda c e piccola. Inoltre, la perturbazione rimarranulla nei punti a distanza maggiore della velocita dell’onda per il tempo.Quindi, nelle dimensioni pari, in generale, una perturbazione si propaga convelocita finita, ma lascia un eco, violando il principio di Huygens. Osservia-mo tuttavia che la funzione a cui la successione converge puntualmente none in L1

loc per n > 3, e quindi non potra essere il limite debole (convergeradebolmente a tale funzione solo in At, nel senso che applicandola ad una φcon supporto in At vi sara convergenza). Nel caso n = 2, invece, tale funzionediviene integrabile, e si vede che la successione converge temperatamente aquesta: basta esplicitare il denominatore della (4) e osservare che e semprepiu grande del valore assunto in ε = 0, che e una funzione localmente integra-bile, quindi si applica la (b) di 2.2.4 (che e semplicemente una applicazionedel teorema della convergenza dominata).In definitiva, per n = 2

K(x, t) =1

2πc

H(|x| − ct)√c2t2 − |x|2

, (2.40)

e la soluzione diventa:

u(x, t) =1

2πc

∂t

ˆ|x−y|<ct

f(y)√c2t2 − |x− y|2

dy

+1

2πc

ˆ|x−y|<ct

g(y)√c2t2 − |x− y|2

dy. (2.41)

Se f ∈ C1 e g ∈ C, (2.41) si puo scrivere nella forma:

c

2

∂t

|x−y|<ct

t2f(y)√c2t2 − |x− y|2

dy +c

2

|x−y|<ct

t2g(y)√c2t2 − |x− y|2

dy. (2.42)

Detto tz = x− y |x−y|<ct

t2f(y)√c2t2 − |x− y|2

dy =

|z|<c

tf(x+ tz)√c2 − |z|2

dz, (2.43)

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2.3 Esempio: impulso sulla superficie di un liquido 25

e quindi:

∂t

ˆ|x−y|<ct

f(y)√c2t2 − |x− y|2

dy =

=

|z|<c

f(x+ tz)√c2 − |z|2

dz + t

|z|<c

~∇f(x+ tz) · z√c2 − |z|2

dz

= t

|x−y|<ct

f(y)√c2t2 − |x− y|2

dy + t

|x−y|<ct

~∇f(y) · (y − x)√c2 − |x− y|2

dy.

Sostituendo nella (2.41):

u(x, t) =c

2

|x−y|<ct

tf(y) + t2g(y) + t~∇f(y) · (y − x)√c2t2 − |x− y|2

. (2.44)

Se inoltre f ∈ C3 e g ∈ C2, allora u e funzione di C2 e sara funzione di C2,quindi una soluzione classica e la (2.44) coincidera con la formula di Poisson.

2.3 Esempio: impulso sulla superficie di un

liquido

Proviamo ad applicare i risultati ottenuti ad un caso particolare, ovvero laperturbazione generata sulla superficie di un liquido da un impulso, come adesempio un sasso. Possiamo pensare di approssimare la perturbazione del

Figura 2.7: Esempio di risposta della superficie di un liquido ad un sasso.

sasso a quella di un impulso a delta, imponendo:

f(x) = 0 g(x) = −δ(x), (2.45)

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2.3 Esempio: impulso sulla superficie di un liquido 26

e ottenendo l’andamento descritto in (1.8), ovviamente cambiata di segno (fi-gura 1.4). Chiaramente questa risposta non descrive bene l’andamento dellaperturbazione. Un’idea potrebbe essere nuovamente considerare un pacchet-to che approssimi la delta, in modo da eliminare la singolarita sul cerchio.Cio non basta.La risposta in questa forma ha il problema di essere ovunque negativa, men-tre nelle condizioni iniziali la superficie perturbazione e ovunque nulla, e lasoluzione (1.8) violerebbe la conservazione di volume in un liquido incompri-mibile. Il problema sta nel fatto che l’equazione delle onde non e in questo

Figura 2.8: Conidizioni iniziali piu realistiche.

contesto equivalente al problema fisico di partenza (si veda l’appendice A),ma e una condizione necessaria (un altro esempio in cui avviene cio riguardale equazioni di Maxwell e la rispettiva equazione delle onde: in questo conte-sto ci sono condizioni sulle componenti del campo Elettromagnetico che nonpossono essere ottenute direttamente dall’equazione delle onde [12]).Imponiamo quindi che la nostra soluzione soddisfi la condizione di conserva-zione di volume:

∂t

ˆu(x, t)dx =

ˆ∂

∂tu(x, t)dx = 0. (2.46)

Quindi istante per istante l’integrale esteso a tutto il volume della derivatadi u deve essere nullo: come condizione iniziale utilizzeremo quindi una g chesoddisfi questa condizione (fisicamente, cio corrisponde a richiede che men-tre una parte del liquido scende, una parte viene spinta verso l’alto, figura2.8). Possiamo quindi considerare come impulso iniziale una distribuzionenegativa nell’intorno dell’origine, circondata da una corona circolare in cui simantiene positiva. Valutando numericamente si ottengono i grafici in figura

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2.3 Esempio: impulso sulla superficie di un liquido 27

2.9.E evidente che i risultati sono in disaccordo con la serie di anelli, in quantone restituiscono solamente uno. Cio e dovuto alla scelta di prendere comecontributo del sasso solo un impulso iniziale, mentre il moto del sasso all’in-terno del liquido da i suoi contributi: basti pensare che se colpiamo l’acquain un punto con un dito, la risposta sara piu simile a quella in figura 2.9.

ct = 9 mct = 3 mct = 15 m

uHu.a.L

rHmL5 10 15

-2.5

-2.0

-1.5

-1.0

-0.5

0.5

1.0

Figura 2.9: Profilo della risposta ad una condizione iniziale impulsiva; comecondizione iniziale si e usata la funzione − sinπ|x|

|x| per |x| < 2 e nulla per

|x| > 2.

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Capitolo 3

Funzioni di Green

In questa sezione esamineremo l’equazione delle onde con sorgente, dove unasorgente potrebbe essere una forzante su mezzo elastico o una distribuzione dicorrenti e cariche nel caso di onde elettromagnetiche. In generale, la presenzadi queste sorgenti comporta l’aggiunta di una disomogeneita nell’equazioneomogenea.Prima di partire con il problema, dobbiamo introdurre alcune nuove distri-buzioni, e il concetto di rinormalizzazione di un integrale divergente.

3.1 Parte finita di integrali divergenti e ri-

normalizzazione

In generale, per poter associare ad una funzione una distribuzione, questafunzione deve essere localmente sommabile. Esistono tuttavia alcuni espe-dienti che permettono di associare a funzioni con singolarita pronunciate delledistribuzioni.Consideriamo, come primo esempio, la funzione:

f(x) =1

x, (3.1)

che non e localmente integrabile, in quanto in modulo possiede una sin-golarita nell’origine del primo ordine. Possiamo provare a considerare unadistribuzione nella forma:

X−1[φ] = P.V.

ˆφ(x)

xdx = lim

ε→0+

ˆ|x|>ε

φ(x)

xdx (3.2)

Dove il simbolo P.V. sta per integrale a valore principale di Cauchy, ed edefinito in questo modo per ogni funzione con singolarita in punti al finito.

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3.1 Parte finita di integrali divergenti e rinormalizzazione 29

L’idea di base e che, essendo la funzione f dispari, i due contributi opposti adestra e sinistra possano elidersi, rendendo l’integrale finito. Per prima cosa,osserviamo che, essendo f una funzione dispari:

ˆ −ε−a

dx

x+

ˆ a

ε

dx

x= 0, 0 < ε < a

Sostituendo in (3.2):ˆ|x|>ε

φ(x)

xdx =

ˆε<|x|<a

φ(x)− φ(0)

xdx+

ˆ|x|>a

φ(x)

xdx. (3.3)

a

-a

-4 -2 2 4

-4

-2

2

4

Figura 3.1: La funzione f(x) = 1x.

Osserviamo che il primo integrando e limitato nell’origine, in quanto con-verge alla derivata φ′(0), e quindi si puo mandare ε → 0 nell’integrando(convergenza dominata). Se ora mandiamo a→ +∞ il secondo integrale vaa zero. Otteniamo una espressione nella forma:

X−1[φ] = lima→+∞

ˆ a

−a

φ(x)− φ(0)

xdx = P.V.

ˆφ(x)− φ(0)

xdx. (3.4)

in cui P.V. indica questa volta l’integrazione ad intervalli simmetrici. Osser-viamo che se φ e una funzione test, sarebbe lecito arrestarsi ad un genericointervallo [−a, a] ⊃ Supp[φ], ma siamo interessati a definire questo oggettocome una distribuzione temperata, cioe agente anche su funzioni di Schwartz.

Verifichiamo che la (3.4) definisce una distribuzione. La linearita e ba-nale, in quanto deriva dalla linearita dell’integrale. Sia φ(x) ∈ S(R) econsideriamo:

{φk(x)}k∈N ⊂ S(R), φkS→ φ (3.5)

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3.1 Parte finita di integrali divergenti e rinormalizzazione 30

Allora:

lima→+∞

ˆ a

−adxφk(x)− φk(0)

x= lim

a→+∞

[ˆ ε

−εdxφk(x)− φk(0)

x+

ˆε<|x|<a

dxφk(x)

x

]Valutiamo il modulo del primo termine, che non dipende da a. Per il teoremadi Lagrange per funzioni di piu variabili:

∀x t.c. 0 < |x| < ε ∃ x0 t.c. 0 < |x0| < |x| :∣∣∣∣φk(x)− φk(0)

x

∣∣∣∣ ≤ |φ′k(x0)|.

Inoltre, dovendo φ′k convergere uniformemente a φ′:

∃ν t.c. ∀k > ν e ∀x ∈ [−ε, ε] : |φ′k(x)− φ′(x)| < 1, (3.6)

da cui:

|φ′k(x0)| = |φ′k(x0)− φ′(x0) + φ′(x0)| ≤ 1 + |φ′(x0)|| ≤ 1 +M (3.7)

dove M = supx∈R |φ(x)|. Siamo riusciti a dominare il primo integrandocon una funzione integrabile in [−ε, ε], e quindi l’inversione limite-integrale elecita.Per il secondo, osserviamo che (per convergenza monotona) per a → +∞l’integrale coincide con quello esteso al complemento di [−ε, ε]. Quindi:∣∣∣∣φk(x)

x

∣∣∣∣ =

∣∣∣∣φk(x)x

x2

∣∣∣∣ ≤ ∣∣∣∣1 + |φ(x)|xx2

∣∣∣∣ ≤ ∣∣∣∣1 +M ′

x2

∣∣∣∣ , (3.8)

dove si sono usate la proprieta di convergenza uniforme di φk(x)x (vedi sopra)e la limitatezza della funzione |φ(x)|x. Abbiamo dominato il modulo diquesta successione con una funzione integrabile nell’insieme considerato, dinuovo permettendo l’inversione limite-integrale. Sostituendo si ottiene:

X−1[φk]→ X−1[φ], (3.9)

che e il risultato cercato. Una proprieta interessante della distribuzione X−1

e che essa e ottenibile come derivata in senso distribuzionale della funzioneln |x|, che e un risultato euristicamente atteso [7].Tale distribuzione, nel caso fosse traslata di x0, e anche indicata come:

P.V.1

x− x0

, (3.10)

che e visivamente piu esplicita e sottolinea che tale distribuzione coincide aldi fuori di x0 con (x−x0). Si puo inoltre estendere tale definizione a potenze

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3.1 Parte finita di integrali divergenti e rinormalizzazione 31

negative di x piu elevate. Osserviamo che su queste non e sufficiente il truccousato precedentemente: se la potenza e pari, allora i contributi a destra esinistra non si elidono, mentre se la potenza e dispari, φ(x)−φ(0)

x3non e detto

converga.Classicamente vale la seguente relazione

x−k =(−1)k−1

(k − 1)!

dk−1

dxk−1x−1.

Reinterpretiamo questa formula in senso distribuzionale

X−k =(−1)k−1

(k − 1)!

dk−1

dxk−1X−1, (3.11)

e quindi

X−k[φ] =1

(k − 1)!P.V.

ˆφ(k−1)(x)− φ(k−1)(0)

xdx. (3.12)

Integrando opportunamente per parti la (3.12), si ottiene una scrittura in cuicompare direttamente il termine x−k:

X−k[φ] = P.V.

ˆdx

xk

[φ(x)−

k−1∑j=0

φ(j)(0)

j!xj

]= F.P.

ˆdxφ(x)

xk(3.13)

Con la sigla F.P. si intende parte finita dell’integrale divergente. In pratica sisottraggono gli elementi dello sviluppo in serie di Taylor attorno all’origine,sino all’ordine k − 1, in modo che la differenza sia un infinitesimo di ordinek.Euristicamente:

X−k = x−k −K−1∑j=0

δ(j)(0)

j!

ˆxj−kdx. (3.14)

Cioe, e come se sottraessimo alla nostra funzione singolare in zero un infinitomoltiplicato per un pacchetto attorno all’origine, sino a sopprimere la funzio-ne intorno alla singolarita (gli integrali rappresentati non sono convergenti).Un processo di questo tipo viene detto di rinormalizazione della funzione di-vergente (per approfondimenti, si veda [10]). Cio puo essere reso piu esplicitoosservando che

fε(x) =

{1x, se |x| > ε

0, se |x| ≤ ε→ X−1 (3.15)

che e una funzione nulla attorno all’origine.

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3.1 Parte finita di integrali divergenti e rinormalizzazione 32

Otteniamo adesso un risultato di cui avremo bisogno in seguito, ovverola regola di aggiramento del polo. Abbiamo visto che l’integrale:

ˆφ(x)

x− x0

dx, φ ∈ D(R) (3.16)

non e ben definito, ma lo si puo definire in maniera opportuna attraverso unaintegrazione simmetrica (integrale a valor principale). Proviamo tuttavia adefinirlo attraverso un altro trucchetto, che ci portera ad una nuova nuovadistribuzione [7], ovvero spostando la singolarita nel piano complesso:

fε(x) =1

x− x0 − iεε > 0. (3.17)

In questo caso il polo si trova nel semipiano positivo. Se mandiamo a zero ε,la funzione convergera alla funzione di partenza, e l’integrale continua a nonaver senso; interroghiamoci invece sul comportamento della funzione in sensodistribuzionale, in quanto l’oggetto considerato e una funzione localmenteintegrabile.Osserviamo che:

1

x− x0

=x− x0

(x− x0)2 + ε2+

(x− x0)2 + ε2, (3.18)

e quindi valutiamo il comportamento delle due distribuzioni singolarmente.Per il primo termine, sia Supp φ ⊂ [x0 − a, x0 + a]. Ma allora:

ˆ(x− x0)dx

φ(x)

(x− x0)2 + ε2=

ˆ x0+a

x0−a(x− x0)dx

φ(x)

(x− x0)2 + ε2

=

ˆ x0+a

x0−a(x− x0)dx

φ(x)− φ(x0)

(x− x0)2 + ε2(3.19)

in quanto (x− x0)/(x− x0)2 + ε2 e dispari rispetto a x0. A questo punto:∣∣∣∣(x− x0)φ(x)− φ(x0)

(x− x0)2 + ε2

∣∣∣∣ < ∣∣∣∣φ(x)− φ(x0)

x− x0

∣∣∣∣ (3.20)

La funzione a destra e limitata nel compatto considerato (per gli stessi ar-gomenti riguardanti il valor principale), e la successione e uniformementelimitata. Invertendo il limite con l’integrale in (3.19) si ottiene:

ˆdx

(x− x0)φ(x)

(x− x0)2 + ε2→

ˆ x0+a

x0−adxφ(x)− φ(x0)

x− x0

= P.V.1

x− x0

[φ(x)]. (3.21)

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3.1 Parte finita di integrali divergenti e rinormalizzazione 33

Osserviamo che il secondo integrale della (3.18) puo essere riscritto nellaforma:

i

ε

ˆφ(x)(

x−x0ε

)2+ 1

dx =

[i φ(x) arctan

x− x0

ε

]+∞

−∞−i

ˆφ′(x) arctan

x− x0

εdx.

Il primo termine e nullo. Maggioriamo il modulo dell’integrando:∣∣∣∣φ′(x) arctanx− x0

ε

∣∣∣∣ < π

2|φ′(x)|. (3.22)

che e integrabile, e dunque si puo invertire limite con integrale, ottenendo:

−iπˆ (

H(x− x0)− 1

2

)φ′(x)dx = iπδ(x− x0)[φ(x)] = iπφ(x0)

In quanto:

arctanx− x0

ε→ G(x) =

π/2 se x > x0,

0 se x = x0,

−π/2 se x < x0.

Quindi il secondo termine converge alla delta centrata in x01.

Possiamo ripetere il procedimento spostando il polo nel semipiano nene-gativo, ottenendo:

1

x− x0 ∓ iε→ P.V.

1

x− x0

± iπδ(x− x0) per ε→ 0+. (3.23)

b

b

x0

x0 + iǫ

b

x0b

x0 − iǫ

Figura 3.2: Cammino di integrazione attorno alla singolarita nei due casi.

1in realta vi e un risultato generale [5] per cui, se f(x) e in L1 e ha integrale unitario,allora la funzione fε(x) = ε−1f(x/ε) converge debolmente alla delta.

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3.2 Generalita sulle funzioni di Green 34

Indicheremo queste nuove distribuzioni come:

1

x− x0 ∓ i0+= P.V.

1

x− x0

± iπδ(x− x0). (3.24)

Formalmente, l’azione di questa distribuzione su una funzione test restituiscel’integrale a valor principale (che “stronca” la funzione attorno alla singola-rita, vedi sopra) chiuso da un cammino che aggiri la singolarita attraversoun cammino complesso; in particolare, +πφ(x0) rappresenta il contributo diun cammino nel semipiano negativo, −πφ(x0) in quello positivo, in quantodeve cambiare l’orientazione del cammino (in accordo con la teoria dei residuie il teorema di Jordan). E una interessante finezza che, all’arrivo del polosull’asse reale, il cammino tenda a deformarsi, migrando sul piano complesso.

3.2 Generalita sulle funzioni di Green

Sia L un operatore differenziale lineare. Consideriamo il seguente problemanon omogeneo:

Lu = f. (3.25)

Nell’equazione delle onde, la f potrebbe indicare una forza agente sulmezzo elastico nel caso di onde meccaniche, oppure effetti legati a correnti ecariche nel caso di onde elettromagnetiche; nel caso dell’equazione del calore,potrebbe rappresentare una sorgente di calore. Nel caso di equazioni nonomogenee, e sufficiente trovare una soluzione del problema non omogeneo el’integrale generale si otterra sommando l’integrale dell’equazione omogeneaassociata:

Lu = 0. (3.26)

La tecnica piu usata per ottenere una soluzione del problema completo equella di introdurre la funzione di Green dell’operatore L.

Definizione 3.2.1. Sia L operatore lineare a coefficienti in C∞ definiti inun aperto A. Si chiama funzione di Green (o funzione fondamentale) dell’o-peratore una distribuzione G(x,y) di D′(Rn × Rn) che soddisfi il problema:

Lx[G(x,y)] = δ(x− y) in A× A, (3.27)

in cui con Lx si intende l’azione dell’operatore rispetto alle coordinate x.

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3.2 Generalita sulle funzioni di Green 35

Osservazione: La funzione δ(x− y) puo essere intesa come una distribu-zione di D′(Rn × Rn), nella maniera piu naturale:

δ(x− y)[φ(x,y)] =

ˆdy

ˆdx δ(x− y) φ(x,y) =

ˆdyφ(y,y). (3.28)

e tale processo si puo ripetere per ogni distribuzione.

Se f e una funzione test e G e una funzione di Green, una soluzione saradata da:

u(x) =

ˆdyG(x,y)f(y). (3.29)

Per essere piu precisi, u e una distribuzione la cui azione su una funzione testφ e nella forma:

u[φ(x)] = G[φ(x)f(y)]. (3.30)

Per verificare che la (3.29) e soluzione, sia ϕ ∈ D(Rn)

Lu[ϕ] = u[L∗[ϕ(x)]] = G[L∗[ϕ(x)], f(y)] = LxG[ϕ(x), f(y)]

= δ(x− y)[ϕ(x), f(y)] =

ˆf(x)ϕ(x)dx = f [ϕ].

Supponiamo adesso che l’operatore L sia invariante per traslazione, cioe∀a ∈ Rn:

L[ψ(x)] = ϕ(x) ⇒ L[ψ(x+ a)] = ϕ(x+ a). (3.31)

Allora, se G ∈ D′(Rn) e soluzione del problema

L[G] = δ(x), (3.32)

si ha che G(x− y) e funzione di Green:

Lx[G(x− y)][φ(x,y)] =

ˆdy

ˆdxG(x− y)L∗xφ(x,y)

=

ˆdy

ˆdxLxG(x)φ(x+ y,y) =

ˆdyφ(y,y). (3.33)

Dal punto di vista fisico, abbiamo bisogno di una soluzione in questa formaper operatori invarianti per traslazione. Ad esempio, nel caso delle ondepossiamo interpretare la funzione di Green G(x, t;y, s) come la risposta adun segnale a delta al tempo s nel punto y, e ci si aspetta che traslando (y, s),traslino della stessa quantita i valori di G rispetto a (x, t), cioe G(x, t;y, s) =G(x + a, t + τ ;y + a, s + τ). Osserviamo infine che per soluzioni di questotipo la (3.29) rappresenta la convoluzione tra G(x) e f(x), e questo oggetto eben definito anche per funzioni f che non siano funzioni test, ma ad esempiodistribuzioni a supporto compatto.

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3.3 Funzioni di Green del d’Alembertiano 36

3.3 Funzioni di Green del d’Alembertiano

Consideriamo l’equazione delle onde non omogenea

∂ttu(x, t)− c2∇2u(x, t) = f(x, t) (3.34)

e la funzione di Green nella forma (3.32)

∂ttg(x, t)− c2∇2g(x, t) = δ(x, t). (3.35)

Di fatto, la funzione di Green puo essere interpretata come la risposta delsistema ad una sorgente impulsiva all’istante t = 0 e nel punto x = 0.Supponiamo che g sia in S ′(Rn) e passiamo al dominio di Fourier, dovel’equazione diviene, in virtu della (a) del teorema 2.1.8:

(−τ 2 + c2|ξ|2)g(ξ, τ) = 1 (3.36)

Tuttavia, la (3.36) non restituisce direttamente la soluzione, ne tanto menoci assicura la sua unicita. In ogni caso, questo risultato ci assicura che:

g =1

c2|ξ|2 − τ 2in A = Rn × Rr

{(ξ, τ) : c2|ξ|2 = τ 2

}Osserviamo che la soluzione piu naturale che si puo prendere e proprio:

1

c2|ξ|2 − τ 2(3.37)

che tuttavia non e localmente integrabile. Quello che vogliamo fare, e dareun senso all’integrazione di una funzione φ con la nostra funzione (3.37):

ˆdξ

ˆφ(ξ, τ)

c2|ξ|2 − τ 2dτ (3.38)

A questo punto abbiamo bisogno di cercare le distribuzioni che soddisfinol’equazione (3.36), assegnando alle diverse soluzioni diversi significati fisici.

Teorema 3.3.1. Supponiamo che la dipendenza da ξ della soluzione g possaessere espressa in forma parametrica, ovvero che g sia esprimibile da unafamiglia di distribuzioni {gξ(τ)}ξ∈Rn su D(R). L’azione della distribuzionegξ su una funzione test φ(τ) e simbolicamente data da:

gξ[φ] =

ˆg(ξ, τ)[φ(τ)]dτ. (3.39)

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3.3 Funzioni di Green del d’Alembertiano 37

In particolare bisogna avere che la funzione gξ(τ)[φ(τ)] sia in L1loc. Si puo

verificare che l’equazione (3.36) verra soddisfatta puntualmente per quasi ogniξ ∈ Rn. Se g soddisfa i precedenti requisiti, allora sara nella forma:

g =1

2c|ξ|

(P.V.

1

τ + c|ξ| − P.V.1

τ − c|ξ|

)+αδ(τ−c|ξ|)+βδ(τ+c|ξ|) (3.40)

dove i parametri α e β dipenderanno da ξ.

Dimostrazione. Ci concentreremo nelle regioni per cui ξ 6= 0. Osserviamoche per τ 6= c|ξ| la soluzione coincide con

g1 =1

2c|ξ|

(P.V.

1

τ + c|ξ| − P.V.1

τ − c|ξ|

). (3.41)

Se consideriamow = g − g1 (3.42)

osserviamo che soddisfa l’equazione:

(−τ 2 + c2|ξ|2)w[φ(τ)] = (−τ 2 + c2|ξ|2)g[φ]− (−τ 2 + c2|ξ|2)g1[φ]

= 1[φ]− limε→0+

(ˆ|τ+c|ξ||>ε

dτ(c2|ξ|2 − τ 2)φ

2c|ξ|(τ + c|ξ|) −ˆ|τ−c|ξ||>ε

dτ(c2|ξ|2 − τ 2)φ

2c|ξ|(τ − c|ξ|)

)= 1[φ]−

ˆφ(τ)dτ = 1[φ]− 1[φ] = 0. (3.43)

Cerchiamo la soluzione del problema:

(−τ 2 + c2|ξ|2)w = 0. (3.44)

Di fatto, e come se stessimo considerando il problema omogeneo associato.Portiamo avanti la dimostrazione in tre tappe.

1. w ha sopporto contenuto in {−c|ξ|, c|ξ|}: infatti ∀φ tale che Supp φ ∩{−c|ξ|, c|ξ|} = ∅ si ha che φ∗ = φ/(−τ 2 +c2|ξ|2) e ancora funzione test:

0 = (−τ 2 + c2|ξ|2)w[φ∗] = w

[(−τ 2 + c2|ξ|2)

(−τ 2 + c2|ξ|2)φ

]= w[φ]. (3.45)

2. w e soluzione se e solo se applicata ad ogni funzione test nulla sia inc|ξ| che in −c|ξ| associa zero:

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3.3 Funzioni di Green del d’Alembertiano 38

⇒: Sia w soluzione e per assurdo φ(c|ξ|) = φ(−c|ξ|) = 0 e w[φ] 6= 0.Ma allora φ∗ = φ/(−τ 2 + c2|ξ|2) e ancora funzione test:

(−τ 2 + c2|ξ|2)w[φ∗] = w

[(−τ 2 + c2|ξ|2)

(−τ 2 + c2|ξ|2)φ

]= w[φ] 6= 0. (3.46)

Ma cio e assurdo;⇐: Banale, deriva dalla definizione.

3. La soluzione generale della (3.44) e nella forma αδ(τ−c|ξ|)+βδ(τ+c|ξ|).Siano φ1 e φ2 funzioni test nulle in −c|ξ| e non nulle in c|ξ|. Possiamoscrivere, in tutta generalita:

w[φ1] = α1φ1(c|ξ|), w[φ2] = α2φ2(c|ξ|) (3.47)

Ma allora:

0 = w

[φ1

φ1(c|ξ|) −φ2

φ2(c|ξ|)

]= α1 − α2 (3.48)

e quindi α1 = α2 = α. In definitiva abbiamo che l’azione su unafunzione test nulla in −c|ξ| e quella di αδ(τ−c|ξ|), e allo stesso modo suuna nulla in c|ξ| agisce come β δ(τ + c|ξ|). Nel caso generico, possiamopassare per una funzione g di C∞ che assuma valore 1/2 in c|ξ| e −1/2in −c|ξ|. Osserviamo che, data una ψ ∈ C∞0 si ha:

ψ = ψ + ψg − ψg = ψ

(1

2+ g

)+ ψ

(1

2− g). (3.49)

Questa e la somma di due funzioni test, che si annullano alternatamentenei due punti in considerazione (una funzione g che soddisfi le condizionirichieste si trova molto facilmente, ad esempio maneggiando la funzioneseno).

Questa terza proprieta ci riporta alle soluzioni (3.40).

La trattazione matematica restituisce dunque uno spettro di soluzionimolto vasto. Queste diverse soluzioni avranno tuttavia un diverso significatofisico, in accordo con il diverso tipo di rinormalizzazione dell’integrale diver-gente (3.38).Iniziamo con lo studio di quella che viene chiamata funzione di Green ritar-data (per il motivo che vedremo a breve). Essa si ottiene considerando larinormalizzazione ottenuta aggirando, nel piano complesso del tempo, i polidal basso:

1

2|ξ|c

[P.V.

1

τ + c|ξ| + iπδ(τ + ic|ξ|)− P.V.1

τ − c|ξ| − iπδ(τ − c|ξ|)],

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3.3 Funzioni di Green del d’Alembertiano 39

che e data, stante la (3.23), dal limite distribuzionale di:

gε = − 1

(τ − c|ξ| − iε)(τ + c|ξ| − iε) ε > 0.

Possiamo valutare l’antitrasformata di Fourier rispetto al tempo di tale suc-cessione, e questa convergera debolmente, in virtu della (b) del teorema2.1.10, alla trasformata di Fourier rispetto al tempo della funzione di Green.Per definizione:

F−1t gε(ξ, t) =

ˆeiτt

2πgε(ξ, τ)dτ . (3.50)

Infatti la funzione gε e in L1 rispetto al tempo, e si verifica banalmenteche l’antitrasformata rispetto a tale variabile e in questa forma.Per valutare l’integrale, consideriamo l’ampliamento complesso, a fissato ξ,nel piano di τ e utilizziamo il teorema dei residui:

ˆ+FD

f(z)dz = 2πi∑

R(zi). (3.51)

Partiamo dal caso t < 0, e scegliamo come cammino di integrazione unasemicirconferenza di centro l’origine e raggio R, nel semipiano negativo eil segmento sull’asse reale [R,−R] (si veda la figura 3.3). Poiche la nostrafunzione non ha residui in questa regione, possiamo scrivere:

ˆ R

−R

eiτt

2πgεdτ =

ˆΓ(R)

eiσt

(c|ξ|+ iε− σ)(σ + c|ξ| − iε) . (3.52)

Dove Γ(R) indica la semicirconferenza percorsa in senso antiorario.Per mandare R→∞, utilizziamo il teorema di Jordan:

0 ≤ |σf(σ)| =∣∣∣∣ σeiσt

(c|ξ|+ iε− σ)(σ + c|ξ| − iε)

∣∣∣∣ . (3.53)

Posto σ = τ + iλ, siamo nella regione in cui λ e minore di zero. Dunque:

|eiσt| = |eiτte−λt| < 1. (3.54)

Inoltre, per |σ| > |c|ξ|+ iε|:

|(σ + c|ξ| − iε)(σ − c|ξ| − iε)| ≥ (|σ| − |c|ξ| − iε|)(|σ| − |c|ξ| − iε|).

tornando a (3.53):

0 ≤ |σf(σ)| ≤ |σ|(|σ| − |c|ξ| − iε|)(|σ| − |c|ξ| − iε|) → 0 (3.55)

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3.3 Funzioni di Green del d’Alembertiano 40

b b−c|ξ|+ iǫ c|ξ|+ iǫ

τ

λ

b b−c|ξ|+ iǫ c|ξ|+ iǫ

τ

λ

−R R

−R R

(a) (b)

Figura 3.3: Cammini di inversione per (a) t < 0 e (b) t > 0, per la funzionedi Green ritardata.

per |σ| → ∞. Quindi:

F−1t gε(ξ, t) =

ˆ +∞

−∞

eiτt

2πgεdτ = 0 per t ≤ 0. (3.56)

Per t > 0, useremo invece una semicirconferenza nel semipiano positivo(abbiamo la necessita di avere λt < 0). Questa volta dovremo valutare anchei residui in z+ = c|ξ|+ iε e z− = −c|ξ|+ iε (si veda la figura 3.3). Sono polisemplici, e quindi possiamo valutare i residui con il teorema di Jordan:

R(c|ξ|+ iε) = − limσ→z+

eiσt(σ − c|ξ| − i|ε|)2π(σ + c|ξ| − iε)(σ − c|ξ| − iε) = −e

ic|ξ|t−tε

4πc|ξ| ;

R(−c|ξ|+ iε) = − limσ→z−

eiσt(σ + c|ξ| − i|ε|)2π(σ + c|ξ| − iε)(σ − c|ξ| − iε) =

e−ic|ξ|t−tε

4πc|ξ| ;

Valutando l’integrale sulla circonferenza per |z| → ∞ otteniamo nuovamenteun valore nullo. In definitiva per t > 0:

F−1t gε(ξ, t) = 2πi[R(c|ξ|+ iε) +R(−c|ξ|+ iε)] = e−εt

sin c|ξ|tc|ξ| (3.57)

e globalmente

F−1t gε(ξ, t) = H(t)e−εt

sin c|ξ|tc|ξ| . (3.58)

Questa converge uniformemente in ogni compatto, e quindi debolmente perla (a) del teorema 2.2.4, alla funzione:

F−1t g(ξ, t) = H(t)

sin c|ξ|tc|ξ| . (3.59)

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3.3 Funzioni di Green del d’Alembertiano 41

La (3.59) si sarebbe potuta ottenere direttamente facendo solo la trasformataspaziale dell’equazione di partenza (3.35):

∂ttFxg + c2|ξ|2Fxg = δ(t) con Fxg = 0 in t < 0. (3.60)

Si vede che la (3.59) e soluzione dell’equazione per il teorema di deriva-zione di una funzione continua e derivabile a tratti (si veda [7] o [5]).

Troviamo quindi l’antitrasformata temporale di (3.59), ma questo e statofatto nella sezione 2.2. Per essere piu precisi, nel caso del problema dellecondizioni iniziali, abbiamo cercato una famiglia di distribuzioni dipendentiin modo continuo da un parametro K(t). A tale famiglia possiamo associa-re naturalmente una distribuzione, applicando la distribuzione alla genericafunzione test a tempi fissati, e integrando rispetto al tempo. Si vede che taledefinizione e ben posta e che la trasformata spaziale della distribuzione cosıottenuta coincide con la distribuzione ottenuta dalla trasformata spaziale ap-plicando lo stesso procedimento.In definitiva possiamo esprimere direttamente i propagatori in dimensionen = 1, 2, 3

n = 1 : G(x, t) =

{H(ct−|x|)

2cse t > 0,

0 se t ≤ 0.(3.61)

n = 2 : G(x, t) =

{1

2πcH(ct−|x|)√c2t2−|x|2

se t > 0,

0 se t ≤ 0.(3.62)

n = 3 : G(x, t) =

{1

4πc2tσct se t > 0,

0 se t ≤ 0.(3.63)

E la soluzione ottenuta dalla convoluzione (3.29) sara:

u(x, t) = G ∗ f =

ˆRndy

ˆ ∞0

dsG(y, s)f(x− y, t− s). (3.64)

Dalla (3.64) si puo capire perche viene chiamata funzione di Green ritardata:essa restituisce il valore di u (presente) in funzione del valore di f nel passato,e al variare di s fa dipendere la soluzione da tutto il tempo passato. Possiamointerpretare tale u come la risposta di un sistema inizialmente in equilibrio,cioe u = 0, soggetto ad una sorgente f(x, t).

Altre scelte della funzione di Green sarebbero state possibili, ad esem-pio si poteva scegliere il cosiddetto potenziale avanzato. Questo si ottienespostando i poli della (3.37) in basso nel piano complesso del tempo. Dalla

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3.3 Funzioni di Green del d’Alembertiano 42

τ

λ

τ

λ

−R R

−R R

(a) (b)

b b

−c|ξ| − iǫ c|ξ| − iǫ

b b

−c|ξ| − iǫ c|ξ| − iǫ

Figura 3.4: Cammini di inversione per (a) t < 0 e (b) t > 0, per la funzionedi Green avanzata.

figura (3.4) si capisce che in questo caso la risposta ad una δ(x, t) sara nullaper tempi positivi. Si trova:

Gadv(x, t) = G(x,−t). (3.65)

E lo stato presente “dipende” dallo stato futuro:

u(x, t) =

ˆRndy

ˆ 0

−∞dsGadv(y, s)f(x− y, t− s). (3.66)

Per avere una interpretazione fisica della (3.66), immaginiamo di avereuna sorgente impulsiva nell’origine a t = 0 (poniamoci nel caso n = 3). Allo-ra la “risposta” ottenuta utilizzando questo propagatore sara un’onda sfericaentrante per t ≤ 0 e nulla per tempi positivi: l’azione della sorgente f suu(x, t) porta ad una soppressione del segnale. Questa interpretazione si puogeneralizzare, e avremo che se f(x, t) e una generica sorgente, la u ottenutadalla convoluzione sara quella particolare perturbazione che viene annullatadall’azione di f . Un’altra considerazione interessante e che se (in manieramolto fantasiosa) invertissimo la direzione del tempo, le stesse sorgenti inver-tite annullerebbero i segnali da esse generati (si tenga presente che se u(x, t)soddisfa l’equazione delle onde, allora e soddisfatta anche da u(x,−t)).Un ulteriore importante esempio di propagatore e il propagatore di Feyn-man, ottenuto spostando uno dei due poli in basso, l’altro in alto, ottenendouna funzione di Green che aggiri dal basso e dall’alto i due poli. In questopropagatore lo stato del sistema viene descritto sia in termini del futuro chein termini del passato. Esso si puo scrivere nella forma:

gF = limε→0+

1

c2|ξ|2 − τ 2 − iε (3.67)

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3.3 Funzioni di Green del d’Alembertiano 43

Non entreremo nel merito di questo propagatore, ne del significato fisico, maesso ha una grande importanza in teoria quantistica dei campi, in cui la di-pendenza dal futuro descrive le antiparticelle, quella dal passato le particelle(per approfondimenti, si veda [10]).

Τ

Λ

-1.5 -1.0 -0.5 0.5 1.0 1.5

-1.0

-0.5

0.5

1.0

Figura 3.5: I poli della funzione in (3.67) e il limite distribuzionale, con c = 1e |ξ| = 1.

Si precisa che nei diversi esempi, cambiera il senso fisico da dare alle fun-zioni di Green. Tuttavia, la differenza tra due funzioni di Green sara nullaall’infuori della superficie del cono luce, e sara soluzione dell’equazione omo-genea.Ci si puo chiedere se il propagatore ritardato sia o meno l’unica soluziona delproblema che soddisfi i diversi requisiti (per esempio l’ipotesi sul tempo in(3.60)), cosa che fisicamente ci si aspetta, in quanto, fissate le condizioni ini-ziali prima dell’azione della sorgente, vogliamo una evoluzione univocamentedeterminata. Per verificare che questa condizione e rispettata, supponiamoche ci sia un altro propagatore G1 soluzione di (3.35), oltre quello appenaottenuto G, che sia nullo per tempi negativi (stessa discussione la si puoripetere per il potenziale avanzato). Allora la distribuzione H = G − G1 esoluzione del problema:{

∂ttH − c2∇2H = 0,

H = 0 per t < 0.(3.68)

Per il teorema 2.1.11, possiamo considerare una successione convergente a Hnella forma H ∗ φε, dove φ e una funzione test di integrale unitario e φε e

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3.3 Funzioni di Green del d’Alembertiano 44

nella forma (2.3). Presa ϕ ∈ D, stante la (d) del teorama 2.1.4:

∂ttH ∗ φε[ϕ]− c2∇2Hφε[ϕ] = ∂ttH[φε ∗ ϕ]− c2∇2H[φε ∗ ϕ] = 0,

in quanto la convoluzione di due funzioni test e ancora funzione test. Si vedeche la seconda soluzione si traduce nel richiedere che la successione sia nullaper t < ε < 0. Quindi abbiamo riportato il nostro problema ad un problemaclassico, con soluzione analitica. Una soluzione di questo problema e la solu-zione nulla, e si puo verificare che il problema classicamente ammette al piuuna soluzione classica [9].

La forma dei propagatori (3.62) e (3.63) evidenzia nuovamente la diffe-renza dei comportamento delle soluzioni nei due casi n = 2 e n = 3.Nel caso n = 3 la sorgente contribuira al segnale totale sulla superficie delcono luce, e i segnali si propagheranno con velocita fissa.Nel caso n = 2, invece, la perturbazione continuera a propagarsi con velocitafinita, ma questa velocita variera da un valore nullo ad un valore massimopari proprio al valore c.

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Conclusioni

In questo lavoro si e studiata l’equazione delle onde, utilizzando in manierarigorosa la teoria distribuzionale. Risulta evidente come le proprieta distri-buzionali si siano dimostrate estremamente utili a tale scopo, permettendoanche di riottenere i risultati classici. In particolare, molto utili sono statele proprieta di commutazione della convergenza distribuzionale con la deri-vazione e la trasformata di Fourier.

Figura 3.6: Il cono luce in due dimensioni.

Partendo dall’equazione delle onde, e studiando il problema alle condi-zioni iniziali e il problema delle sorgenti, siamo arrivati a osservare profonde

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Conclusioni 46

differenze tra il caso di dimensione pari e il caso di dimensione dispari. Sie osservato che il principio di Huygens ha valenza unicamente in dimensionidispari, e non in dimensioni pari; abbiamo infatti concluso che in dimensionidispari un segnale si propaghera con velocita costante, mentre in dimensionipari la velocita del segnale varia con continuita da zero ad un valore massimo.Abbiamo in particolare introdotto il cono luce, per rappresentare visivamentel’idea di dipendenza, si veda la figura 3.6.Come conseguenza, vivendo in uno spazio tridimensionale abbiamo la for-tuna di non incorrere in inconvenienti come la distorsione dei pacchetti; inuno spazio bidimensionale ci saremmo scontrati con echi continui nelle nostrecomunicazioni.Inoltre, in un sistema bidimensionale, parte dell’energia in un pacchetto ver-rebbe persa nella coda, e, considerando che sentiamo dei rumori quandoquesti hanno intensita superiore ad una certa soglia, le nostre capacita udi-tive si sarebbero ridotte considerevolmente.

Per concludere, osserviamo che le conseguenze della violazione del prin-cipio di Huygens sono molto pesanti, ben oltre la semplice distorsione di unpacchetto. Tutti i risultati citati (rifrazione, riflessione, etc.) andrebbero rivi-sitati per via diretta, cioe risolvendo l’equazione delle onde; anche l’esistenzastessa dei raggi luminosi, che Huygens sottolineava di aver spiegato attraver-so il suo principio, verrebbe messa in discussione, e quindi le sfumature deglioggetti che ci circondano non sarebbero nitide.

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Appendice A

Onde sulla superficie di unliquido incomprimibile

In questa sezione, deriveremo in maniera euristica e intuitiva la legge dipropagazione di un’onda sulla superficie di un liquido incomprimibile. Assu-meremo inoltre che il liquido non sia viscoso e che sia irrotazionale.Consideriamo un elementino di dV = dx dy dz del liquido (figura A.1).

dxdz

ς(x)x

h(x)

F (x+ dx)F (x)

z

Figura A.1: Elemento di volume dx dz.

La forza agente su questo elementino sara la combinazione delle forze agentisulle singole superfici, e, trascurando l’accelerazione verticale, sara data dallalegge di Stevino [4]:

dFx = (−p(x+dx, y)+p(x, y))dA = ρ g dz dy [h(x, y)−h(x+dx, y)]. (A.1)

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48

Inoltre

dFx = p(x, y)dVdvxdt

= ρ g dz dy[h(x, y)− h(x+ dx, y)], (A.2)

e sostituendo in (A.1), detta ς la perturbazione dalla posizione di equilibrio,si ha:

dv

dt= −g∇2ς. (A.3)

Osserviamo adesso che, affinche il volume sia conservato, si deve avere che laquantita di liquido uscita da una colonna dx dy corrisponda alla variazionedi liquido all’interno del volume, cioe:

∂ς

∂tdxdy = h(x, y)[vx(x+ dx, y)− vx(x, y)]dy

+h(x, y)[vy(x, y + dy)− vy(x, y)]dx, (A.4)

e quindi:∂ς

∂t= −h∇ · v. (A.5)

Se assumiamo che la perturbazione sia piccola rispetto alla profondita delliquido, allora h(x, y) e approssimativamente costante. Abbiamo ottenutoun sistema di due equazioni differenziali:{

dvdt

= −g∇ς∂ς∂t

= −h∇ · v (A.6)

che devono essere soddisfatte dai nostri campi ς e v. Derivando rispetto altempo la (A.1) e sostituendo in (A.5) otteniamo l’equazione delle onde:

∂2

∂t2ς = gh∇2ς, (A.7)

e la velocita di propagazione sara pari a c =√gh. Cio che e importante

sottolineare e che i due problemi A.7 e A.6 non sono equivalenti: ad esempioabbiamo visto nel paragrafo 2.3 che la soluzione (1.8) dell’equazione del-le onde non e una soluzione del sistema di partenza. Per approfondimentisull’equazione delle onde sulla superficie di un liquido, si veda [13].

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Appendice B

La funzione Gamma

La funzione Γ e una funzione di grande importanza, in quanto l’integrale chela definisce si incontra spesso nella pratica. Essa e definita nel semipianocomplesso Re z > 0:

Γ : (0,+∞) → C

z → Γ(z) =

ˆ +∞

0

tz−1e−tdt. (B.1)

Bisogna verificare che questo oggetto sia ben definito.

Dimostrazione. Consideriamo il modulo della funzione integranda, e sia z =x+ iy:

|e−ttz−1| = |e−ttx−1tiy| = |e−ttx−1|. (B.1)

Osserviamo che per ogni x, questa funzione va a zero con ordine infinitamentegrande per t→∞, mentre per t→ 0+ diverge, ma con un ordine minore di1− ε, ed e quindi assolutamente integrabile ed integrabile, e quindi la nostrafunzione e ben definita.

Aver preso quindi x positivo e necessario per avere l’integrale convergente.Si puo dimostrare che questa funzione e olomorfa nell’insieme di definizione.

Teorema B.0.1. Sia Re z > 0. Allora:

Γ(z + 1) = zΓ(z). (B.2)

Dimostrazione. Considerando l’integrale come limite δ → 0 e N → ∞ eintegrando per parti

Γ(z + 1) =

ˆ ∞0

tze−tdt = limδ→0,N→∞

−tze−t|Nδ +

ˆ ∞0

ztz−1e−tdt = 0 + zΓ(z).

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Iterando (B.2) si ottiene una formula di ricorsione:

Γ(z + n) = z(z + 1)...(z + n− 1)Γ(z). (B.3)

Osserviamo che

Γ(1) =

ˆ ∞0

e−tdt = −e−t|∞0 = 1 (B.4)

e quindi, da (B.3), abbiamo che:

Γ(n+ 1) = 1 · 2...nΓ(1) = n! (B.5)

e possiamo interpretare la funzione Γ(z+1) come un’estensione naturale dellafunzione fattoriale al semipiano complesso. Riscriviamo la (B.3) nella forma:

Γ(z) =Γ(z + n)

z(z + 1)...(z + n− 1). (B.6)

Da questa osservazione possiamo estendere naturalmente la funzione Γ atutto il piano complesso.

-4 -2 2 4

-10

-5

5

10

Figura B.1: La funzione Γ valutata tra [−5, 5].

Definizione B.0.2. Sia z non intero e Re z < 0. Si prenda n > |Re z|e si ponga Γ(z) nella forma (B.6). E immediato verificare da B.6 che ladefinizione e indipendente dalla n considerata.

Abbiamo quindi esteso la nostra funzione Γ ad una funzione meromorfica,con poli sugli interi non positivi (figura B.1).

Dimostriamo adesso la (2.33).

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Teorema B.0.3. Sia x in Rn e Re s > 0. Allora

1

(2π)n

ˆe−s|ξ|eix·ξdξ =

Γ(n+1

2

)πn+12

s

(|x|2 + s2)n+12

Dimostrazione. Dividiamo la dimostrazione in tappe.

• Sia Re b > 0. Valutiamo la trasformata di Fourier della funzione:

f(x) =1

x2 + b2(B.7)

che ha due poli in ±ib. Sia ξ < 0 e, per valutare l’integrale di Fou-rier, consideriamo un cammino formato dal segmento [−R,R] e da unasemicirconferenza nel semipiano positivo, dove |e−iξz| < 1. Inoltre:∣∣∣∣ ze−iξxz2 + b2

∣∣∣∣ ≤ |z||z|2 − |b|2 → 0 per|z| → 0

Per il teorema di Jordan, avremo che il contributo del cammino andraa zero. L’unico polo interno al cammino e +ib, e valutandone il residuosi ottiene il valore dell’integrale. Ripetendo il procedimento per ξ > 0si ha:

F[

1

x2 + b2

]=π

be−b|ξ| (B.8)

• Osservando che (t2 + 1)−1 =´∞

0e(−t2+1)pdp e dalla (B.8) si ha:

e−b =1

π

ˆ ∞−∞

e−ibt

t2 + 1=

1

π

ˆ ∞−∞

dt

ˆ ∞0

e−ibte−t2pe−pdp

=1

π

ˆ ∞0

e−pdp

ˆ ∞−∞

e−ibte−t2pdt =

ˆ ∞0

e−p−b2

4p

√πp

dp (B.9)

Dove si e invertito l’ordine di integrazione (passaggio lecito, vi e assolu-ta integrabilita in una direzione e si puo applicare il teorema di Tonelli)e si e usata la trasformata di Fourier della funzione di Gauss, validaanche se a e immaginario e Re a > 0, ma considerando la radice comedeterminazione principale [5]:

F[e−ax

2/2]

=

√2π

ae−

ξ2

2a (B.10)

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52

• Poniamo b = s|ξ| e sostituiamo l’espressione (B.9) nella (2.33):

1

(2π)n

ˆe−s|ξ|eix·ξdξ =

1

(2π)n

ˆdξ

ˆ ∞0

e−p−(s|ξ|)2

4peix·ξ√πpdp

=1

(2π)n

ˆ ∞0

e−p√πpdp

ˆe−p−

(s|ξ|)24p eix·ξdξ

=1

sn(π)(n+1)/2

ˆ ∞0

pn−1x e−p(1+

|x|s2

)dp

=s

π(n+1)/2(s2 + |x|2)

ˆ ∞0

tn+12−1e−tdt

=Γ(n+1

2

)πn+12

s

(|x|2 + s2)n+12

. (B.11)

Abbiamo utilizzato nuovamente il fatto che la funzione integranda siaassolutamente integrabile in una direzione e si puo applicare Tonel-li. Inoltre abbiamo usato la trasformata di Fourier della Gaussiana indimensione n:

F [e−a|x|2/2] =

(2π

a

)n2

e−|ξ|2

, (B.12)

dove nel caso di a immaginario, con Re a > 0, la radice va intesa comedeterminazione principale.

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Bibliografia

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Page 59: Il principio di Huygens e l’equazione delle onde Introduzione iv Figura 2: Il pendolo di Newton. di partenza, dovendo l’impulso distribuirsi su piu particelle, e i contributi in-terferiranno

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