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IL PRIVILEGIO DELLE IDEE - arturostabile.com · mo dare una risposta se osservia-mo in che misura...

Date post: 09-Jan-2019
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Verso” ufficiale dell’Associazione Culturale “L’Alveare” - Anno I n ° 4 - Luglio/Agosto EX VOTO IL PRIVILEGIO DELLE IDEE Partiti politici, enti locali ed era tecnologica nelle zone interne del Sud dell’Italia. L’etica della politica passa attraverso la consapevolezza delle dinamiche sociali, culturali ed economiche che concorrono ad un progresso globale e sostenibile. Ma i mali e le cattive abitudini di sempre faticano a morire. Dire che stiamo vivendo un periodo di profonde e rapide tra- sformazioni culturali e sociali costituisce un’inutile premessa. Il perché di questi mutamenti è sotto gli occhi di tutti: stiamo vivendo i momenti più intensi ed interessanti di quella che si potrebbe definire una “rivoluzio- ne tecnologica”.Tale rivoluzione è basata soprattutto sulla capillare diffusione dell’uso del computer e sui molteplici compiti ai quali tale macchina può oggi assolvere in tempi brevissimi. Eppure chi, alcuni anni fa, parla- va in pubblico di Internet come mezzo per superare le emergenze sociali che ancora oggi affliggono il nostro Sud veniva deriso e con- siderato un individuo fuori dal proprio tempo dalla maggior parte dei propri concittadini. Ora non bisogna più perdere tempo, perché rischiamo davvero di vedere allontanare in modo irreversibile il progresso da questi luoghi interni. Perché in modo irreversibile? La risposta si deve ricercare nell’abbandono di que- sti luoghi, da parte dei giovani, ed al conseguente progressivo invec- chiamento della popolazione locale. Quanti giovani saranno ancora disposti a mandare avanti le pic- colissime aziende artigianali ed agricole del luogo? Quanti avran- no il coraggio di battersi per il cambiamento necessario per far passare questo comprensorio da un assetto socio-economico pre- industriale ad uno con caratteri- stiche proprie di una società tec- nologicamente avanzata? A tutte queste domande possia- mo dare una risposta se osservia- mo in che misura gli amministra- tori locali riescono a percepire (non dico gestire!) queste nuovis- sime sfide. E i partiti politici e gli enti loca- li cosa c’entrano? Più tali amministratori saranno consapevoli delle complesse pro- blematiche sociali ed economiche attuali, più probabilità vi sarà che questi luoghi sopravvivranno alla migrazione generazionale già in atto. Come punto di partenza sia, quindi, la consapevolezza di un’af- fermazione abbastanza forte: ”La cultura di per sé non porta voti”. Con questa frase si fotografa in modo netto la situazione attuale: la classe politico-amministrativa nei nostri enti locali viene scelta in base a criteri che esulano dalla conoscenza dei problemi sociali. Ecco che stimati professionisti possono risultare pessimi ammini- stratori per il fatto che, avendo presente solo le esigenze indivi- duali, perdono di vista progetti di più ampio respiro, che formano il nerbo di una vera strategia di svi- luppo del territorio. Ma perché allora vengono scelti tali individui? Perché non vengo- no scelte persone che, anche se non dottori o professori, hanno dato prova di saper guardare a fondo nei problemi di carattere sociale e sono a questi sensibili e non già ai propri interessi o a quelli dei propri “clientes”? E’ qui che si innesta il discorso dei partiti politici, del loro ruolo in questa fase delicata della vita delle nostre comunità a rischio di estinzione. Sovente capita di incontrare militanti di alcune compagini, in particolar modo quelle strettamente legate alla gestione del potere locale e nazio- nale, completamente votati alle pratiche clientelari, erroneamen- te ritenute, la quintessenza della politica. Molto più spesso capita di imbattersi in rappresentanti o referenti locali di una compagine politica, che niente altro sono se non portatori di un pacchetto di voti, un gruzzolo in genere, ma che, nel momento del rinnovo delle cariche amministrative, eser- citano quelle stesse pressioni, fatte le dovute proporzioni, che i cosiddetti “partitini” esercitano nell’ambito delle elezioni politi- che. Sono per lo più personaggi che localmente danneggiano l’im- magine dei partiti politici, ma che da questi vengono utilizzati per la raccolta di quel gruzzolo di con- sensi, che, di volta in volta, si spo- sta su questo o su quel candidato. Una vera azione moralizzatrice in ambito politico, di cui da molti anni si parla, passa per una cerni- ta più attenta dei collaboratori politici e dei rappresentanti locali e per un controllo più capillare del loro operato. Naturalmente, qualunque com- pagine veda prevalere questa linea moralizzatrice avrà da scon- tare, nel breve periodo, lo scotto di una raccolta di consensi limita- ta al circuito del consenso indi- pendente, esercitato cosciente- mente e con libertà. In genere alla politica attiva si affiancano azioni concrete di amministrazione diretta o di con- trollo dell’operato degli ammini- stratori locali. Queste funzioni sono entrambe vitali per la crescita sociale, eco- nomica e culturale di un paese. Fenomeni di degrado amministra- tivo e di conseguente degrado sociale sono pronti ad attecchire laddove una delle due funzioni non viene svolta in modo corret- to. Oggi è di moda il saltare sul carro del vincitore o l’accodarsi ad esso, vuoi per gli indiscutibili vantaggi e privilegi di cui si può godere, vuoi per sottrarsi a quel difficile compito che è sempre stato il controllo degli atti ammi- nistrativi, o per sottrarsi all’ingra- to compito dell’opposizione poli- tica. Infatti, soprattutto nei piccoli centri, tale importante ruolo per la sopravvivenza della legalità in un paese espone l’oppositore al ricat- to e alle minacce velate della clas- se dirigente locale, quando questa è dedita a pratiche amministrative poco ortodosse. Una compagine politica seria, però, effettua, sulla base dei requi- siti morali e culturali, una cernita delle persone da presentare all’e- same dell’elettorato, perché que- ste possano garantire, una volta elette e chiamate a ricoprire un ruolo di amministrazione diretta o di opposizione, un comportamen- to idoneo alla loro funzione. Paga di più il porta a porta, la minaccia velata e il ricatto ammi- nistrativo? Certo non nel medio periodo! Alla lunga viene fuori chi ha saputo porre sul piano delle idee lo scontro politico, perché ancora non è stata inventata una macchina per fermare le idee. E le buone idee camminano con forza, si fanno strada per ogni dove, attraversano mari e monti e infine, raggiungendo anche i paesi dell’entroterra della provincia di Salerno, si insinuano nella coscien- za di ognuno di noi, dove trovano albergo in modo permanente. E’ la politica delle buone idee che alla fine vincerà, non quella dei furfanti, dei furbi, degli imbro- glioni, degli arruffoni, degli oppor- tunisti e dei millantatori. Solo quelle compagini che si faranno promotrici di buone idee, veicolate attraverso personaggi integri, potranno alla fine sperare di avere un posto nel cuore e nella mente di ognuno di noi per il pur breve periodo di un’esistenza. Roberto De Luca André Masson. “Germinazione”, 1942. N on so quale sia il miglior modo per riprodurre, ammesso che in qualche periodo ancestrale fosse- ro esistite, delle condizioni culturali o delle circo- stanze sociali indotte in cui ognuno di noi possa eserci- tare quel diritto, sacro ed inviolabile, che è il diritto di scelta.Mi riferisco soprattutto al cruciale momento della scelta e dell’accesso al mondo del lavoro e alla possibili- tà di esprimere il proprio e personalissimo voto politico. E’ sorprendente come questi due aspetti, apparente- mente e sostanzialmente non correlati fra loro, risulti- no, al contrario, per una buona fetta della nostra Italia, correlati ed indissolubili nella quotidiana realtà.Questa unione di fatto, quasi sempre sotterranea e strisciante, si sveglia dal suo apparente letargo ogni volta che la nostra fragile società è chiamata ad esprimere un’opi- nione. Quindi si celebra l’ennesimo, poiché immemore, matrimonio. Il canovaccio è sempre lo stesso: promettere pubblica- mente ciò che la gente desidera e minacciare, in priva- to, di togliere ciò che è stato elargito in precedenza!!! Si suole giustificare ma allo stesso tempo condannare tale fenomeno come la naturale conseguenza di una mentalità autoctona. Mentalità figlia di una terra dove l’ausilio dello Stato si trasforma in assistenzialismo, esu- lando dall’input istituzionale ed ingannando sulle reali ricchezze. Gli interventi statali, vissuti in maniera passiva o peg- gio ancora come dovuti (appunto l’assistenzialismo), si snaturano quindi ed il risultato è controproducente: gli aiuti, finalizzati al risollevamento sociale, causano un consolidamento del lavoro precario. Inoltre, si giunge alla medesima conclusione anche quando si considera il possibile lavoro in strutture non pubbliche. Infatti, assunzioni, che avvengono non tra- mite criteri meritocratici bensì come una sorta di “favo- re”, sono anch’esse causa di precarietà. Ma la precarietà ha sempre bisogno di continue riconferme! Ed ecco che il rapporto sociale e la conoscenza diretta “rivendicano”in forme più o meno eleganti la paternità e la “conditio sine qua non” del lavoro. E soprattutto quando amministratori pubblici o privati, principal- mente nei piccoli centri urbani, chiedono un consenso elettorale la libertà di espressione subisce una forte involuzione. Si schiude a questo punto un inevitabile dibattito su cosa rappresenti il voto. Se il voto rappresenta un diritto inalienabile dell’uo- mo, e che esprimerlo deve essere un qualcosa indipen- dente dal contesto socio-economico, non esiste nessun se e nessun però che possano impedirlo. Se invece il voto rappresenta un baratto, allora è giusto definirlo voto di scambio e non si potrà mai discernere dalle condizioni ambientali. Il voto come baratto, a mio avviso, trova terreno fer- tile in zone in cui vi è l’assenza quasi totale di alterna- tive lavorative che rendono le persone sempre più debo- li ed il loro potere politico-contrattuale scema con l’av- vicinarsi delle scadenze elettorali. Oggi come non mai, caduta la fidelizzazione alle ideo- logie, il voto del cittadino sembra essere solo un voto di scambio, svuotato completamente del sentimento politi- co.Per chi come me non crede o forse non vuole credere al voto di scambio, una possibile soluzione concreta è favorire, quindi, delle alternative.Alternative lavorative ed amministrative che non si sovrappongano, lontane per stile e per cultura dall’accentramento politico ed eco- nomico, piccole realtà in cui ognuno riacquisti la pro- pria indipendenza nelle decisioni. Soluzione, questa, che rappresenta una circostanza sociale indotta, una società non perfetta ma accettabile, in cui esprimere il proprio voto. Realizzare, forse utopi- sticamente, delle condizioni culturali, invece, significa educare l’uomo alla convivenza e cercare di “purificar- lo” dal suo peccato originale: l’egoismo. Arturo Stabile foto di Tina Modotti, “Mani di Campesinos” 1
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“Verso” ufficiale dell’Associazione Culturale “L’Alveare” - Anno I n ° 4 - Luglio/Agosto

EX VOTOIL PRIVILEGIO DELLE IDEEPartiti politici, enti locali ed era tecnologica nelle zone interne del Sud dell’Italia.

L’etica della politica passa attraverso la consapevolezza delle dinamiche sociali, culturali ed economiche checoncorrono ad un progresso globale e sostenibile. Ma i mali e le cattive abitudini di sempre faticano a morire.

Dire che stiamo vivendo unperiodo di profonde e rapide tra-sformazioni culturali e socialicostituisce un’inutile premessa. Ilperché di questi mutamenti èsotto gli occhi di tutti: stiamovivendo i momenti più intensi edinteressanti di quella che sipotrebbe definire una “rivoluzio-ne tecnologica”.Tale rivoluzione èbasata soprattutto sulla capillarediffusione dell’uso del computere sui molteplici compiti ai qualitale macchina può oggi assolverein tempi brevissimi.

Eppure chi, alcuni anni fa, parla-va in pubblico di Internet comemezzo per superare le emergenzesociali che ancora oggi affliggonoil nostro Sud veniva deriso e con-siderato un individuo fuori dalproprio tempo dalla maggiorparte dei propri concittadini.

Ora non bisogna più perderetempo, perché rischiamo davverodi vedere allontanare in modoirreversibile il progresso da questiluoghi interni. Perché in modoirreversibile? La risposta si devericercare nell’abbandono di que-sti luoghi, da parte dei giovani, edal conseguente progressivo invec-chiamento della popolazionelocale.

Quanti giovani saranno ancoradisposti a mandare avanti le pic-colissime aziende artigianali edagricole del luogo? Quanti avran-no il coraggio di battersi per ilcambiamento necessario per farpassare questo comprensorio daun assetto socio-economico pre-industriale ad uno con caratteri-stiche proprie di una società tec-nologicamente avanzata?

A tutte queste domande possia-mo dare una risposta se osservia-mo in che misura gli amministra-tori locali riescono a percepire(non dico gestire!) queste nuovis-sime sfide.

E i partiti politici e gli enti loca-li cosa c’entrano?

Più tali amministratori sarannoconsapevoli delle complesse pro-blematiche sociali ed economicheattuali, più probabilità vi sarà chequesti luoghi sopravvivranno allamigrazione generazionale già inatto.

Come punto di partenza sia,quindi, la consapevolezza di un’af-fermazione abbastanza forte: ”Lacultura di per sé non porta voti”.Con questa frase si fotografa inmodo netto la situazione attuale:la classe politico-amministrativanei nostri enti locali viene sceltain base a criteri che esulano dallaconoscenza dei problemi sociali.

Ecco che stimati professionistipossono risultare pessimi ammini-stratori per il fatto che, avendopresente solo le esigenze indivi-duali, perdono di vista progetti dipiù ampio respiro, che formano ilnerbo di una vera strategia di svi-luppo del territorio.

Ma perché allora vengono sceltitali individui? Perché non vengo-no scelte persone che, anche senon dottori o professori, hannodato prova di saper guardare afondo nei problemi di caratteresociale e sono a questi sensibili enon già ai propri interessi o a

quelli dei propri “clientes”?E’ qui che si innesta il discorso

dei partiti politici, del loro ruoloin questa fase delicata della vitadelle nostre comunità a rischio diestinzione. Sovente capita diincontrare militanti di alcunecompagini, in particolar modoquelle strettamente legate allagestione del potere locale e nazio-nale, completamente votati allepratiche clientelari, erroneamen-te ritenute, la quintessenza dellapolitica.

Molto più spesso capita di imbattersi in rappresentanti oreferenti locali di una compaginepolitica, che niente altro sono senon portatori di un pacchetto divoti, un gruzzolo in genere, mache, nel momento del rinnovodelle cariche amministrative,eser-citano quelle stesse pressioni,fatte le dovute proporzioni, che icosiddetti “partitini” esercitanonell’ambito delle elezioni politi-che. Sono per lo più personaggiche localmente danneggiano l’im-magine dei partiti politici, ma cheda questi vengono utilizzati per laraccolta di quel gruzzolo di con-sensi, che, di volta in volta, si spo-sta su questo o su quel candidato.

Una vera azione moralizzatricein ambito politico, di cui da moltianni si parla, passa per una cerni-ta più attenta dei collaboratoripolitici e dei rappresentanti localie per un controllo più capillaredel loro operato.

Naturalmente, qualunque com-pagine veda prevalere questalinea moralizzatrice avrà da scon-tare, nel breve periodo, lo scottodi una raccolta di consensi limita-ta al circuito del consenso indi-pendente, esercitato cosciente-mente e con libertà.

In genere alla politica attiva siaffiancano azioni concrete diamministrazione diretta o di con-trollo dell’operato degli ammini-stratori locali.Queste funzioni sono entrambe

vitali per la crescita sociale, eco-nomica e culturale di un paese.Fenomeni di degrado amministra-tivo e di conseguente degradosociale sono pronti ad attecchireladdove una delle due funzioni

non viene svolta in modo corret-to.

Oggi è di moda il saltare sulcarro del vincitore o l’accodarsiad esso, vuoi per gli indiscutibilivantaggi e privilegi di cui si puògodere, vuoi per sottrarsi a queldifficile compito che è semprestato il controllo degli atti ammi-nistrativi, o per sottrarsi all’ingra-to compito dell’opposizione poli-tica.

Infatti, soprattutto nei piccolicentri, tale importante ruolo per lasopravvivenza della legalità in unpaese espone l’oppositore al ricat-to e alle minacce velate della clas-se dirigente locale, quando questaè dedita a pratiche amministrativepoco ortodosse.

Una compagine politica seria,però, effettua, sulla base dei requi-siti morali e culturali, una cernitadelle persone da presentare all’e-same dell’elettorato, perché que-ste possano garantire, una voltaelette e chiamate a ricoprire unruolo di amministrazione diretta odi opposizione, un comportamen-to idoneo alla loro funzione.

Paga di più il porta a porta, laminaccia velata e il ricatto ammi-nistrativo? Certo non nel medioperiodo! Alla lunga viene fuori chiha saputo porre sul piano delleidee lo scontro politico, perchéancora non è stata inventata unamacchina per fermare le idee.E le buone idee camminano con

forza, si fanno strada per ognidove, attraversano mari e monti einfine, raggiungendo anche i paesidell’entroterra della provincia diSalerno,si insinuano nella coscien-za di ognuno di noi, dove trovanoalbergo in modo permanente.

E’ la politica delle buone ideeche alla fine vincerà, non quelladei furfanti, dei furbi, degli imbro-glioni, degli arruffoni, degli oppor-tunisti e dei millantatori.Solo quelle compagini che sifaranno promotrici di buone idee,veicolate attraverso personaggiintegri, potranno alla fine speraredi avere un posto nel cuore e nellamente di ognuno di noi per il purbreve periodo di un’esistenza.

Roberto De Luca

André Masson. “Germinazione”, 1942.

Non so quale sia il miglior modo per riprodurre,ammesso che in qualche periodo ancestrale fosse-ro esistite, delle condizioni culturali o delle circo-

stanze sociali indotte in cui ognuno di noi possa eserci-tare quel diritto, sacro ed inviolabile, che è il diritto discelta.Mi riferisco soprattutto al cruciale momento dellascelta e dell’accesso al mondo del lavoro e alla possibili-tà di esprimere il proprio e personalissimo voto politico.

E’ sorprendente come questi due aspetti, apparente-mente e sostanzialmente non correlati fra loro, risulti-no, al contrario, per una buona fetta della nostra Italia,correlati ed indissolubili nella quotidiana realtà.Questaunione di fatto, quasi sempre sotterranea e strisciante,si sveglia dal suo apparente letargo ogni volta che lanostra fragile società è chiamata ad esprimere un’opi-nione. Quindi si celebra l’ennesimo, poiché immemore,matrimonio.

Il canovaccio è sempre lo stesso: promettere pubblica-mente ciò che la gente desidera e minacciare, in priva-to, di togliere ciò che è stato elargito in precedenza!!!

Si suole giustificare ma allo stesso tempo condannaretale fenomeno come la naturale conseguenza di unamentalità autoctona. Mentalità figlia di una terra dovel’ausilio dello Stato si trasforma in assistenzialismo, esu-lando dall’input istituzionale ed ingannando sulle realiricchezze.

Gli interventi statali, vissuti in maniera passiva o peg-

gio ancora come dovuti (appunto l’assistenzialismo), sisnaturano quindi ed il risultato è controproducente: gliaiuti, finalizzati al risollevamento sociale, causano unconsolidamento del lavoro precario.

Inoltre, si giunge alla medesima conclusione anchequando si considera il possibile lavoro in strutture nonpubbliche. Infatti, assunzioni, che avvengono non tra-mite criteri meritocratici bensì come una sorta di “favo-re”, sono anch’esse causa di precarietà.Ma la precarietàha sempre bisogno di continue riconferme!

Ed ecco che il rapporto sociale e la conoscenza diretta“rivendicano” in forme più o meno eleganti la paternitàe la “conditio sine qua non” del lavoro. E soprattuttoquando amministratori pubblici o privati, principal-mente nei piccoli centri urbani, chiedono un consensoelettorale la libertà di espressione subisce una forteinvoluzione. Si schiude a questo punto un inevitabiledibattito su cosa rappresenti il voto.

Se il voto rappresenta un diritto inalienabile dell’uo-mo, e che esprimerlo deve essere un qualcosa indipen-dente dal contesto socio-economico, non esiste nessun see nessun però che possano impedirlo. Se invece il votorappresenta un baratto, allora è giusto definirlo voto discambio e non si potrà mai discernere dalle condizioniambientali.

Il voto come baratto, a mio avviso, trova terreno fer-tile in zone in cui vi è l’assenza quasi totale di alterna-tive lavorative che rendono le persone sempre più debo-li ed il loro potere politico-contrattuale scema con l’av-vicinarsi delle scadenze elettorali.

Oggi come non mai, caduta la fidelizzazione alle ideo-logie, il voto del cittadino sembra essere solo un voto discambio, svuotato completamente del sentimento politi-co. Per chi come me non crede o forse non vuole credereal voto di scambio, una possibile soluzione concreta èfavorire, quindi, delle alternative.Alternative lavorativeed amministrative che non si sovrappongano, lontaneper stile e per cultura dall’accentramento politico ed eco-nomico, piccole realtà in cui ognuno riacquisti la pro-pria indipendenza nelle decisioni.

Soluzione, questa, che rappresenta una circostanzasociale indotta, una società non perfetta ma accettabile,in cui esprimere il proprio voto. Realizzare, forse utopi-sticamente, delle condizioni culturali, invece, significaeducare l’uomo alla convivenza e cercare di “purificar-lo” dal suo peccato originale: l’egoismo.Arturo Stabile

foto di Tina Modotti, “Mani di Campesinos”

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L’ARGONAUTA CRONACA

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Da quando l’Uomo ha preso coscienza del pro-prio io, posto di fronte ad un mondo che cam-bia continuamente, il concetto di tempo ha

svolto un ruolo importante nel pensiero, come mostra-no i miti e le religioni delle civiltà antiche. I pitagoricifurono i primi a speculare sulla natura del tempo: loidentificarono con il moto dei corpi celesti, mentreAristotele lo definì la “misura” o il “numero del moto”.

Il concetto di tempo ha subito nel corso della storiadiverse rivisitazioni, da entità extracorporea ad entitàlegata non solo alla necessaria osservazione del motoma addirittura all’esistenza della materia stessa, dallapossibile esistenza di tempi non assoluti fino al con-cetto di tempo assoluto.

La prima formulazione filosofica del tempo, erroneafra l’altro, ma intuitiva da un punto di vista sensoriale,che ebbe però una conferma sperimentale, fu la con-cezione di un tempo indipendente da qualsiasi eventoesterno (Campanella, ed altri).A confermare tale intui-zione fu in principio Galileo che fece del tempo ilparametro indipendente per la descrizione dei proces-si cinematici di alcuni fenomeni fisici (pendolo, cadu-ta libera, piano inclinato).A teorizzare il tempo in unaformulazione matematica coerente con la fisica fuNewton che affermò “Il tempo assoluto, vero e matema-tico, in sé e per sua propria natura senza relazione adalcunché di esterno, scorre in modo uniforme”(“Principia mathematica philosophiae naturalis”).

Tale concetto del tempo resistette ad ogni altra pos-sibile comprensione di natura filosofica poiché contale postulato si poterono interpretare tutti i fenomenifisici noti al tempo. Conseguenza di tale formulazionefu il concetto di simultaneità e di causa – effetto: conun tempo universale si poteva sincronizzare qualsiasiorologio in qualsiasi punto dell’Universo.

La crisi dell’universalità del tempo ebbe inizio all’al-ba del XX° secolo. Enstein, di fronte al problema diconciliare il principio empirico dell’invarianza dellavelocità della luce con il principio di universalità delleleggi della fisica, riconobbe che la nozione general-mente accettata di un tempo universale doveva essereabbandonata. Il primo passo fu la relatività della simul-taneità degli eventi:due eventi simultanei per un osser-vatore non lo sono, in generale, per altri. Inoltre, postu-lò che il tempo dovesse dipendere fortemente dallaposizione in cui lo si misura e dalla distribuzione dimassa nello spazio circostante (Teoria della relativitàgenerale). Si capisce, quindi, come il concetto di uni-versalità decadde completamente ed il principio diNewton restò solo un nobile tentativo nell’interpreta-re i fenomeni.

Dopo questa rapida “storia” del tempo, veniamo acome l’Uomo abbia cercato, nella sua evoluzione, dimisurare questa grandezza. La maggior parte dei popo-li, per quanto primitivi, hanno posseduto o posseggo-no tuttora dei metodi o degli strumenti,basati sulle fasidella Natura, indicate da variazioni temporali del clima,della vita delle piante e degli animali, oppure osser-vando fenomeni astronomici.

Il più intuitivo è stato di misurare le albe e successi-vamente gli anni.Tuttavia, benché l’anno presenta nor-malmente lo stesso ciclo dei fenomeni, solo gradual-

mente ci si rese conto di collegare le diverse stagioni inun’unica unità di tempo.L’anno astronomico,periodo ditempo impiegato per la rivoluzione della Terra intono alSole,non presentava né un inizio né una fine, risultandonon facile da utilizzare. Cosicché, sorse subito il concet-to di anno agricolo, un periodo legato alle fasi del climae quindi dell’agricoltura.

Successivamente il moto lunare. Molto più osservabi-le e con un intervallo di variazione piccolo (circa 28giorni).Ma il calendario lunare non fu mai accettato poi-ché il moto lunare non era proporzionale al moto sola-re, quindi, a lungo andare si ottenne uno sfasamento deiperiodi degli anni con gli effettivi periodi climatici.

Il nostro attuale calendario è dovuto, a meno di qual-che aggiustamento, ai Romani (dodici mesi di trentagiorni più 5 giorni addizionali a fine anno per un totaledi 365 giorni). Tale suddivisione dell’anno potrebbeessere stata generato dalle svariate ma regolari inonda-zioni del Nilo!

Infine il giorno fu diviso in dodici parti uguali per ladurata di luce ed altre dodici per il buio (dagli Egiziani).Ma la variazione delle durata del giorno e della notte acapo di un anno imposero variazioni continue delladurata di ogni singola parte. Da questa divisione delgiorno, quindi, nacquero le nostre ventiquattro ore.

Oggi sono lontanissimi questi metodi per la misura-zione del tempo. Basti pensare che l’unità fondamenta-le per la misurazione è il secondo che non è più defini-to come la tremilacentosessantesima parte dell’ora,bensì come la durata di ben 9.192.631.770 oscillazioni(esatte) della radiazione emessa nella transizione tra idue livelli iperfini dello stato fondamentale dell'atomodi cesio-133!!!

Arturo Stabile

Il tempo: grandezza universale o relativa?Nuovo teatro “paradiso”

Il tempo nell’esperienza umana come forma del reale, misurabile, e come dimensione filosofica.

La percezione del tempo da un sistema universale ad uno elativistico, attraverso la storia dei metodi per la sua misurazione.

Enrico Prampolini. “Il pilota dell’infinito”, 1932.

Il Liceo Scientifico Parmenide diRoccadaspide ha presentato lo spettacoloteatrale: Cultura e società.

La compagine liceale di Roccadaspide non terminal’anno scolastico se non dopo aver manifestato ad unfolto pubblico una delle molteplici attività extra scola-stiche che hanno tenuto accesi gli animi degli studen-ti partecipanti, dei professori organizzatori e dellacalorosa platea.

La volontà di organizzare spettacoli di fine anno ha tra-sformato i pomeriggi trascorsi insieme per le prove, lon-tano dai libri, in un momento di piacevole socialità.

Inizialmente lo spettacolo, ideato completamente da noi, sicomponeva di un atto unico,“Tu non sai”, dedicato a “Il gior-no della memoria” ed in concorso alla prima rassegna teatra-le di Teggiano svoltasi il 28 maggio scorso. Poi, successiva-mente, l’aggiunta di altri due momenti ha completato l’inte-ro ciclo “Cultura e società”, rappresentato questa volta nellepiazzetta antistante la Scuola Media di Roccadaspide il 3 giu-gno scorso.

Lo spettacolo si è sviluppato in tre parti, attraverso le qualisono state toccate problematiche culturali e sociali di rileva-ta autorità. La prima parte è stata occupata da un atto unicodi Pirandello, dal titolo “L’uomo dal fiore in bocca”.Vi chiederete perché proprio Pirandello? Forse perché è unautore molto complesso che ha trattato un tema attuale,quel-lo della solitudine dell’Uomo, dell’illusorietà e dell’instabilitàdei rapporti interpersonali in un mondo caotico in continuatrasformazione e in una società che ha distrutto la stessa pos-sibilità di intesa tra gli uomini.Il messaggio pirandelliano si compone di un dialogo fra tre

personaggi, ma in realtà si tratta di un monologo intessuto diamare confessioni, di angosciose richieste e di finte indiffe-renze. La sua speciale condizione lo isola dagli altri e lo chiu-de in una severa solitudine.Egli vorrebbe rendere meno duro il suo distacco dal mondo

ma in ogni istante non fa che scoprire la bellezza della vita.La seconda parte è stato il completamento della mostra dei

lavori aventi per tema episodi biblici nell’ambito del proget-to “Il Cristianesimo nell’arte”. Pertanto è stato proposto unballetto inteso come sintesi di grazia, di bellezza e di spiri-tualità accompagnato dalla “Ave Maria di Gounod” nella ver-sione di Noà, in un contesto suggestivo di quadri viventi ispi-rati a capolavori assoluti di artisti come Michelangelo,Raffaello, Luca della Robbia, che hanno affrontato il temadella maternità della Madonna, dall’Annunciazione alla depo-sizione del Cristo.

La terza parte è stata riservata allo spettacolo intitolato “Tunon sai”, un piccolo contributo alla campagna di sensibiliz-zazione che le istituzioni pubbliche, la scuola, i mass-mediastanno portando avanti sull’importanza della memoria stori-ca. Non si può non prescindere dalla triste memoriadell’Olocausto o per meglio dire della Shoà,che purtroppo sitende a considerare come un fatto ormai passato.Proprio perché siamo convinti che il pericolo di un ritorno

ad atteggiamenti di razzismo, fanatismo, intolleranza, siasempre in agguato crediamo che essi vadano combattuti conforza prima di tutto nella vita di tutti i giorni, costruendo lapace a partire dai rapporti familiari,per arrivare a quelli inter-nazionali, affinché possiamo vivere in un mondo di pace, diamore, di fratellanza e di solidarietà!

Alla fine gli interpreti hanno ricevuto uno scroscio diapplausi dai presenti, e un ringraziamento particolare e dove-roso è stato porto ai professori che si sono cimentati per lariuscita dello spettacolo: prof.ssa Capuano, prof.ssa Celli,prof.ssa Peduto ed il prof. Di Stasi. In chiusura la parola èstata presa dalla preside del Liceo Scientifico Parmenide, laprof.ssa Luisa Burti, la quale ha ringraziato tutti augurando aiconvenuti una buona e meritata estate con un particolareaugurio a coloro i quali andranno in vacanza un po’più tardiperché impegnati negli esami di Stato.

E non finisce qui … arrivederci al prossimo spettacolo!

Valeria Consolmagno

ATTUALITA’: ECONOMIA

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Il 19 marzo 2002 veniva assassinato a Bologna ilprofessor Marco Biagi, docente universitario didiritto del lavoro e consulente del Governo ita-

liano in materia di occupazione.Tra la fine dell’esta-te e l’inizio dell’autunno 2001, su incarico delMinistro del Welfare, il prof. Marco Biagi, il sottose-gretario Maurizio Sacconi insieme ad una squadra diesperti hanno elaborato uno studio noto come:“Libro bianco sul mercato del lavoro in Italia”.Talelibro contiene una serie di proposte finalizzate arendere più flessibile il mercato del lavoro ed aminimizzare il tasso di disoccupazione del nostropaese.

Alcune proposte contenute nel “Libro bianco”riprendono progetti già avviati dai governi passati.Dal Libro Bianco si evince che la struttura dellaspesa pubblica italiana è particolarmente squilibra-ta, nel senso che tende a favorire chi ha già cessatodi lavorare, a scapito dei trattamenti di disoccupa-zione e di assistenza per chi è in età lavorativa.

Inoltre viene rilevata la scarsa efficienza negli stru-menti di intermediazione tra domanda ed offerta dilavoro.

La soluzione risiede quindi nel rendere più flessi-bile il mercato del lavoro; ovviamente tale processodeve essere accompagnato da un miglioramentodegli ammortizzatori sociali.

Il “nuovo” lavoratore deve essere visto come uncollaboratore che opera all’interno di un ciclo; cicloche può consistere in un progetto, una missione, unincarico, una fase dell’attività produttiva.Biagi in un passo del suo lavoro scrive:“ Il percorsolavorativo è segnato da cicli in cui si possono alter-nare fasi di lavoro dipendente ed autonomo, in ipo-tesi intervallati da forme intermedie e/o da periodidi formazione e riqualificazione professionale. Ilquadro giuridico-istituzionale ed i rapporti costruitidalle parti sociali,quindi il diritto del lavoro e le rela-

zioni industriali, devono cogliere queste trasforma-zioni in divenire, agevolandone il governo”.

Per mettere in atto i principi alla base del testo delprof. Biagi, il 5 febbraio del 2003 è stata approvatauna legge delega che porta il seguente titolo:“Delega al Governo in materia di occupazione emercato del lavoro”.

In data 6 giugno 2003 il Consiglio dei Ministri haapprovata un maxidecreto composto da circanovanta articoli che ridisegnano in maniera radicaledel lavoro. Ecco le principali novità previste dallariforma: “Collocamento”. La delega apre ai privatil’attività di intermediazione tra la domanda e l’offer-ta di lavoro. Per trovare lavoro ci si potrà rivolgereoltre ai servizi pubblici per l’impiego, anche alleagenzie private, ai consulenti del lavoro, alle univer-sità, ai sindacati ed alle scuole secondarie superioriche abbiano ottenuto una apposita autorizzazione.“Lavoro a progetto”.Vengono eliminati i contratti di collaborazione coor-dinata e continuativa; al loro posto vengono inseritii lavori a progetto per lo svolgimento dei quali l’im-presa dovrà specificare la missione, la durata e ilcompenso. “Job sharing”.Questo contratto prevedeche un’unica prestazione lavorativa venga condivisada due lavoratori che si dividono la retribuzione, laquale viene corrisposta in proporzione alle ore lavo-rate.Nello stesso modo vengono condivise le assicura-zioni obbligatorie e gli obblighi contributivi.“Job oncall”. Si tratta di una forma contrattuale che permet-te ad un’impresa di chiamare in qualunque momen-to un lavoratore a seconda delle esigenze produtti-ve. Il lavoratore riceve una indennità di disponibilitàoltre alla retribuzione per le ore di lavoro prestato.“Staff leasing”. E’ una forma contrattuale che preve-de il leasing della manodopera. Le aziende possonoaffittare la manodopera a tempo indeterminato, perlunghi periodi, o per complessi cicli produttivi pres-so agenzie specializzate. L’affitto dovrà essere giusti-ficato da ragioni tecnico-organizzative individuatedalla legge.Il lavoratore non è alle dipendenze dell’impresa, madell’agenzia.“Lavoro occasionale”.Vengono introdottii voucher prepagati. Essi hanno un importo pari a7,50 Euro. Si potranno acquistare prevalentementepresso gli Uffici Postali e valgono un’ora di lavoro.Possono essere usati per lavoro di giardinaggio, dibaby sitter o di badanti. I 7,50 Euro risultano cosìripartiti: 5,80 _ andranno al lavoratore come com-penso per la propria prestazione; 0,20 _ agli ufficipostali; 1,50 _ andranno all’INPS e all’INAIL. Questotipo di lavoro potrà essere svolto da disoccupati daoltre un anno, casalinghe, studenti, pensionati, disabi-li, soggetti in comunità di recupero. La prestazionenon può superare più di trenta giorni all’anno e nonpuò essere retribuita con un compenso superiore a _5000 con lo stesso committente.

Pasquale Durso

LA RIFORMA DEL MERCATO DEL LAVORO: MARCO BIAGIVarata, con il maxi-decreto attuativo di giugno, la riforma organica del mercato del lavoro.

Le principali novità della riforma che trova le sue origini nel libro bianco elaborato dal prof. Marco Biagi.

Magritte, “A la rencontre du plaisir”, 1950

RADIO FAI-DA-TE

La rivoluzione della comunicazione dal basso.

Si chiamano “media orizzontali e sono, rispettoalle grandi concentrazioni editoriali, non istitu-zionali, nel senso “sacerdotale” del termine. Sono iblog e le TV di strada, ma soprattutto, per la loropotenziale capillarità, le radio che trasmettonosolo via web. Chiunque può costruirsi una stazio-ne fatta in casa. I costi di installazione e di produ-zione sono bassi: si va dai 3 mila ai 10 mila euro.

Servono infatti poche cose: un pc per la compres-sione dei file musicali, qualche microfono, unmixer, un software per l’editing audio e il missag-gio, l’abbonamento a un server che permette lostreaming e la trasmissione dei dati audio intempo reale, oltre ai diritti di trasmissione SIAE.

Il “palinsesto” musicale è solitamente costituitodagli MP3 che circolano in rete, anche se moltiragazzi non disdegnano di trasmettere brani auto-prodotti. La nostra radio è così pronta a farsi “cap-tare” sulla rete, e quindi in tutto il mondo. Si cal-cola che gli utenti attuali siano già oltre 100 milio-ni, ma il numero è destinato a crescere vertigino-samente, limitatamente alla possibilità di utilizza-re Internet con più facilità, libertà e meno costidegli attuali. Come le televisioni esistono webradio di quartiere, ma anche scolastiche, o “solita-rie”.

Una stazione è rintracciabile sui motori di ricer-ca specializzati (ad es. www.radio-locator.com owww.leradio.com) inserendo la nazione o il gene-re di musica ricercati. Decine di siti sono già attiviintorno alla parola d’ordine che è: navigare con-troverso.

Roberto Marino

COMUNICAZIONE

MEMORIE IN CORSO

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Il 22 giugno scorso, diciotto CAPPELLE, incastonatecome gemme, hanno impreziosito il percorso dellaprocessione del Corpus Domini.

Si è trattato del ripristino di una tradizione secolare,interrottasi circa quaranta anni fa. Per l’intera comuni-tà è stata l’occasione di rimpossessarsi del paese, di“visitarlo”, ed in alcuni casi, per i più giovani, di risco-prirlo. Infatti,come ha scritto Cesare Pavese “la memo-ria delle cose lontane presenta oggetti rinnovati, dis-abituati, dal tempo e dalla dimenticanza frammessa,per cui è stimolo di fantasia, tanto più che le cosericordate sono nuove ma misteriosamente nostre (...).I simboli che ciascuno di noi porta in sé, e ritrovaimprovvisamente nel mondo e li riconosce e il suocuore ha un sussulto, sono i suoi autentici ricordi.Sono anche vere e proprie scoperte. Bisogna sapereche noi non vediamo mai le cose una prima volta, masempre la seconda. Allora le scopriamo e insieme lericordiamo”. Ecco perché molti hanno vissuto la pro-cessione se non in uno stato di grazia, almeno in unacondizione contemplativa, nell’estasi sospesa e rapi-nosa del ricordo.

Tutto si è svolto lungo due ali di coperte e lenzuola,le migliori, quelle della dote, che hanno salutato il pas-saggio solenne dell’ostensorio.Annunciate da squilli diceleste, porpora, bianco, da arazzi, e fughe di trame edorli, LE CAPPELLE, speziate dall’incenso, intarsiate dai

CAPPELLE IN FESTAAd Aquara, una riconciliante processione del Corpus Domini.

Lo stupore è figlio della memoria e non della novità. Così, alcune generazioni hanno vissuto ciò che veniva loro solo raccontato.

motivi dei petali, sono sbocciate negli atri, nella pro-fondità dei portoni,nei cortili, sui “passetti”.Era il paeseche visitava il rione (rionali sono le chiese dellaMadonna del Carmine e di San Rocco toccate dal cor-teo), il rione che visitava il vicinato, il vicinato che visi-

tava l’abitazione. Si chiudeva così il cerchio della soli-darietà rituale, la saldatura dell’appartenenza.

Ed il corpo di Gesù Cristo che visitava ognuno di noi:su quei piccoli altari ingentiliti da drappeggi, tappeti ecuscini, Egli si ricongiungeva con la nostra faticosa dol-cezza, la parte più ricca e nascosta, quella che affiorasolo nell’umiltà delle cose.

Certo, resta l’importanza del rito come fenomenosociale, appagante perché aggregativo e catartico, mapoiché non si è incorsi in forme di paraliturgia, né inlatenti superstizioni o paganesimi,come a volte accadein una sedimentata religione familiare e della speranza,ecco emergerne vincitrice la preghiera come dimen-sione personale e non collettiva e, pertanto, menorituale.

Per concludere, una piccola annotazione di cronacalinguistica: proprio in ragione della lunghezza dellaprocessione, che ci ha piacevolmente sorpreso a caval-lo delle ore del giorno e quelle delle sera, abbiamo sco-perto il senso della locuzione dialettale “vai facennicappelli” (= ti attardi, impieghi molto tempo per fareuna cosa).Ci è parso allora che tutto fosse davvero definitivo, ciappartenesse nel ricordo che trasmette e crea la realtà,difendendola dagli strappi del tempo.

Fioravante Serraino

Se gli Americani, bontà loro, hanno da tempo accetta-to una cultura del fast-food imposta dalle grandeindustrie alimentari, in Europa cibo e cultura vanno

ancora a braccetto. In un mondo sempre più interdipen-dente la scelta dei cibi è diventata l’ultimo rifugio dell’i-dentità culturale.

Il fatto è che se da una parte sopravvive l’approccio“liturgico” alla preparazione e alla degustazione dei cibi,dall’altra anche noi antichi occidentali abbiamo seppellitoqualche fragrante scrigno di sapori in un posto che fati-chiamo a ritrovare.Sono il giuggiolo a polpa bianca,il lazzeruolo, il melo coto-gno, il melograno, il sorbo, il gelso bianco e nero, il carru-bo ed altri, a darci le coordinate di quel tesoro.Essi,maturati ad un Sole benigno, incensavano la casa dei

loro profumi; erano la promessa di un dolce ristoro, comemorsi che diventavano baci; segnalavano ricchezze, mitigavano povertà, incoraggiavano solidarietà.Oggi queste specie sono state scavalcate da ibridazioni,selezioni successive,“mostri” genetici, quando non scom-parse.

Ed allora, per una commemorazione che sia viva, e nonrituale o riprodotta, ecco la nostra proposta di un “museoall’aperto dell’albero da frutto”: un’oasi protetta che nonproduca ma conservi. Una testimonianza tracciata attra-verso un percorso espositivo per scolaresche e visitatoriche potrebbero essere fidelizzati e responsabilizzatimediante un piano di messa a dimora e cura personaliz-zati. A differenza delle altre forme di salvaguardia, sareb-be il coinvolgimento di tutti i sensi a dare concretezza sto-rica e culturale all’iniziativa, poiché il bene che si intendevalorizzare risulta percepito maggiormente.

All’albero da frutto, in una seconda fase, si potrebberoabbinare i piccoli frutti da sottobosco, le colture ortive ele piante officinali. Invitiamo pertanto tutti gli enti pub-blici, le associazioni ambientali, gli imprenditori e i priva-ti cittadini del comprensorio a voler reperire o destinareun appezzamento di terreno idoneo a tale progetto, percui anche un’area marginale potrebbe assolvere ad uncompito non di mercato, ma civile e sociale.

Fioravante Serraino

UN MUSEO DA’ FRUTTO

Un’ esposizione “sensoriale” per specie in via diestinzione.

La salvaguardia delle biodiversità non è sola-mente una testimonianza per un mercato di nic-chia, ma può rappresentare la ricucitura di untessuto storico e culturale che poche generazioni,ritenutesi frettolose post-rurali, avevano strappato.

Una delle tante cappelle realizzate per le vie del paese.

Emile Bernard. “Vaso di grès e mele”, 1887.

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CULTURA

Cosa rappresenta per noi il termine l’AnticoDramma? Antichi teatri, acusticamente perfetti,costumi elaborati, maschere, versi recitati con

pathos! Quali sono, però, le origini di questa sofistica-ta creazione che ha costituito la più alta espressioneintellettuale del periodo classico? Ci separano oltredue millenni ma il concetto del dramma, pur trasfor-

mandosi, ha conservato lo stesso fine di allora!Dove è nato, quindi, quali passi ha compiuto, quali

forme ha reso proprie pur di raggiungere, attraversocentinaia di anni, la forma perfetta nel periodo dellacittà-stato di Atene. Forma e sostanza così perfette darenderlo un bene pubblico e da offrirlo ai cittadinicome mezzo educativo! Un genere letterario così vivonon ha potuto cristallizzarsi sui canovacci iniziali,bensì ha risentito delle evoluzioni politiche e socialinella città-stato e soprattutto delle speculazioni spiri-tuali degli Ateniesi e dei poeti.

Inizialmente è possibile individuare nel dramma ele-menti derivati dall’epica e dalla poesia lirica; la rappre-sentazione avveniva accompagnata da musica e danzapoiché il dramma non era inteso come semplice reci-ta, ma doveva creare emozioni forti ed evolversi agliocchi degli spettatori.

Il dramma attinse molto della sua vena artistica ini-ziale dagli atti religiosi (la nascita e il matrimonio diZeus, le gesta di Apollo, ecc.) ma soprattutto da quellicollegati alla splendida ed importante festa del dioDioniso.

Infatti,Dioniso,poiché dio del vigneto e del vino,per-sonificava il ciclo delle stagioni e le misteriose forzedella natura: la semina, la vegetazione, la fecondazionedei semi. Questo incessante ripetersi del ciclo dellavita e della morte fu connesso alla nascita del dio, allasua azione, alla morte ed ancora al suo ritorno in vita.

L’invito a dimenticare le preoccupazioni della vita ead arrendersi al divertimento era il compito dei Satiri,seguaci del dio. Una caratteristica sostanziale dellafesta era di raggiungere un’euforia smodata, un’ubria-chezza emotiva, sembrando quasi di aver raggiuntouna condizione divina (estasi). Per il raggiungimentodell’estasi tutti i partecipanti si travestivano, si copri-vano con delle pelli di animali, si spalmavano il visocon il mosto del vino, si ornavano il capo con foglie diedera, barba e corna, pur di somigliare ai Satiri.

Queste, insomma, le origini del dramma: il masche-rarsi sul palco come retaggio culturale di queste anti-chissime feste religiose, in cui la gente tentava di somi-gliare ai protagonisti (i Satiri). Le notizie storiche sulleorigini del dramma svaniscono di colpo, e l’intera faseintermedia del teatro è tuttora ignota. Ritroviamo, tut-tavia, il dramma a cavallo della 1a Olimpiade (circa 534a.C.). Infatti, con la costruzione del tempio dedicatosempre a Dioniso nella zona sud est dell’Acropoli,Thespis cominciò ad insegnare l’arte del dramma econ successive migliorie il teatro raggiunse il suo mas-simo splendore in coincidenza con quello di Atene.

L’ANTICO DRAMMA: LE ORIGINIIn principio fu il culto di Dioniso; poi vennero il dramma satirico, la commedia e la tragedia.

Nella sua forma e nella sua sostanza il dramma antico ha rappresentato una vera e propria cartina di tornasole del grado di speculazione intellettuale, filosofica e poe-tica nel periodo classico della storia greca.

Il dramma fu espressione di tre aspetti: il dramma sati-rico, la commedia e la tragedia. Il dramma satirico è inte-so come una tragedia scherzosa (fluttuante), uno spet-tacolo laico piacevole, con caratteristiche esteriori simi-li alla tragedia, ma con scopo sostanziale di provocare ilriso. Infatti, la presenza dei Satiri (da cui deriva la nostrasatira) era di fondamentale importanza al fine di soddi-sfare una necessità del popolo greco: il ridere.

Anche la commedia è derivata dalle feste per Dioniso.I poeti comici cercavano di ridicolizzare personaggi esituazioni, in modo che tramite la farsa, il riso e l’alle-gria, potessero esercitare la loro critica. I temi dellecommedie erano contemporanei e rappresentavanosituazioni politiche,sociali ed etiche.La commedia attin-geva i suoi argomenti dalla vita quotidiana, ma spesso sicreavano immagini fittizie che insieme ad esagerazionee ridicolizzazione avevano come scopo non solo il dilet-to ma anche di correggere i vizi della società.

Infine, sempre di matrice dionisiaca, la tragedia.L’etimologia del termine non è stata scientificamenteaccertata. La controversia nasce da due possibili solu-zioni: “canto dei capri” (othì ton tragon) cioè il cantocorale degli adoratori di Dioniso, coperti da pelle dicaproni, oppure da “gara di canto corale”, in cui il vinci-tore riceveva un caprone (tragos).

Il teatro di Diòniso, Atene.

La nascita della tragedia è stata investigata anche daAristotele. Costui collegò l’arte teatrale con un cantocorale (ditirambo) sempre di origine dionisiaca. Ma fuopera di Arìona di Mithimna (VI sec. a.C.) che elaboròil canto corale (circa 50 uomini) componendo emodellando artisticamente sia i versi che la musica.Contenuti che inizialmente risentivano dell’influssoreligioso ma che man mano se ne allontanavano percantare le gesta di personaggi mitici, eroici ed infineper affrontare gli argomenti più cari al teatro grecoconosciuti attraverso i grandi tragediografi del mondoclassico.

Il passo definitivo alla tragedia fu realizzato daThespis, il quale differenziò il coro al suo interno defi-nendo dei ruoli cardini nella rappresentazione. Nascecosì la figura dell’attore protagonista (exarhonda) chedialogava con il coro.

Il successo di Thespis fu immediato nonostante ilcommento negativo di Solone che considerava le rap-presentazioni “moderne” del dramma nient’altro chedelle menzogne. Il successo fu tale che per ricordare laprimavera e l’inizio del ciclo della vita, le feste diDioniso furono intese in chiave della tragedia.

Più gli elementi di dialogo, col tempo, occupavanosempre più spazio, tanto più si limitava il ruolo delcoro, fino a trascurare ogni relazione con Dioniso.Quando il taglio fu netto con il passato, scomparvero

anche i Satiri e la tragedia prese la sua forma definitacome genere teatrale.

Georgia Gratsia

Rappresentazione teatrale. Si raffigura, forse, la tragedia “Giasone e Pellia” risalente al 350 – 340 a.C.

EMERGENZA ACQUA

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La beffa è atroce. L’Italia è al secondo posto inEuropa per le risorse idriche teoriche ma dei 164milioni di metri cubi che potrebbero essere dis-

ponibili,ne sono poi realmente utilizzabili solo 52 milio-ni: meno di un terzo. Dei restanti due terzi, uno non èancora convogliato negli acquedotti e nelle dighe, e l’al-tro si disperde in una rete colabrodo prima di arrivare afornire gli utenti.

Le ragioni di fondo di questa cattiva gestione dellerisorse idriche, da cui nessuna regione è immune, sonol’impatto insostenibile delle grandi opere (che mettonoa rischio le falde), la sovrapposizione di competenze,unsistema di regole farraginoso e burocratico.

La legge Galli del 1994 ha cercato di mettere ordinenel settore: il primo obiettivo era quello di superare laframmentazione in più di 8mila (il rapporto è quasi diuno per ogni comune d’Italia, sic!) degli enti di gestio-ne. Ma l’accorpamento e la razionalizzazione delle com-petenze e degli interventi sono stati fatti passare sotto ilgiogo della privatizzazione. Processo che ha subitoun’accelerazione nella legge finanziaria del 2002 e nellarecente Delega ambientale.La “deregulation” dell’acqua è il primo passo verso l’ac-caparramento da parte delle multinazionali di una risor-sa così vitale.Il business del futuro, quello che schianterà il petroliomano a mano che la desertificazione e la deriva climati-ca impoveriranno il pianeta della sua preziosa linfa.

Così l’acqua diventerà “l’oro blu”, in nome del quale siconsumeranno probabilmente altre guerre “globali”;mentre oggi già ce ne sono,ma di tribali,nell’Africa sub-sahariana.

Ed è qui che si preannuncia uno scontro in punta difilosofia del diritto: se l’acqua sia solo un bisogno, equindi privo di tutela giuridica, o invece un dirittoumano e sociale che deve essere garantito a tutti, comeil cibo o il lavoro.

L’acqua non è una merce, deve restare pubblica nelle

BUCHI NELL’ACQUALo “stato dell’acqua” in Italia e il dibattito sulla privatizzazione delle risorse ambientali.

Cattiva gestione delle risorse. Infrastrutture inadeguate o “eccessive”. Competenze sedimentate. I rischi di unaprivatizzazione senza regole. E su tutto lo spettro di guerre in nome dell’acqua.

NUMERI ASCIUTTI

Foto Ernst Haas, “Giappone 1981”

Un adeguato e sicuro approvvigiona-mento di acqua dolce è essenzialeper la salute, la produzione di cibo e

lo sviluppo socio-economico. Nonostante piùdi due terzi del pianeta siano coperti d’ac-qua, meno dello 0,01 % è direttamente uti-lizzabile dall’uomo (United Nations, 1997b).Inoltre, oggi è disponibile la stessa quantitàd’acqua rinnovabile e dolce che c’era all’al-ba della civiltà umana. Come risultato, lagrandezza della popolazione di un paese ela velocità alla quale essa cresce contribui-scono a determinare l’inizio e la gravità diuna scarsità di acqua. Sebbene la recentediminuzione della crescita della popolazioneabbia migliorato la prospettiva della futuradisponibilità d’acqua, i problemi associati atale scarsità continueranno a crescere paral-lelamente all’aumento della popolazione.

Attualmente la popolazione mondiale uti-lizza circa la metà dell’acqua dolce che èimmediatamente disponibile.L’acqua dolce non è distribuita equamente

sulla superficie terrestre e già quasi mezzomiliardo di persone hanno difficoltà a repe-rire l’acqua o hanno seri problemi di caren-za idrica, mentre un numero maggiore hadifficoltà moderate. Date le tendenze attuali,ben due terzi della popolazione mondialenel 2025 potrebbero affrontare problemimoderati o gravi di approvvigionamentoidrico (United Nations, 1997b). Molti tra ipaesi che hanno il problema della scarsitàd’acqua sono paesi a basso reddito chehanno una popolazione in rapida crescita enon sono generalmente in grado di affronta-re costosi investimenti per tecnologie cheeconomizzino l’acqua.

Circa 300 dei maggiori bacini fluviali emolte falde acquifere sotterranee attraversa-no i confini nazionali (United Nations,1997b). Perciò sarà necessario proseguirel’impegno nella cooperazione internaziona-le, in particolare per fronteggiare la scarsitàd’acqua e quei fenomeni di inquinamentodelle acque che attraversano i confini nazio-nali.

Le stime indicano che oltre 1 miliardo dipersone non ha accesso ad acqua potabilesicura e due miliardi e mezzo sono privi dicondizioni igieniche adeguate; questi fattoricontribuiscono al decesso di più di 5 milionidi persone, più di metà delle quali sonobambini (United Nations, 2000a).

Tratto da “Popolazione, ambiente e sviluppo” delDipartimento degli Affari Economici e Sociali

forme di un controllo sulla qualità, sui prezzi e sull’usodelle risorse.Insomma, ripetere con l’acqua la stessa esperienza del

petrolio sarebbe devastante.Del resto, già 24 anni fa, nel 1979, furono proprio due

capi mediorientali, il presidente egiziano Sadat, e reHussein di Giordania a suonare l’allarme, subito dopoaver firmato la pace con Israele: “L’unica cosa che puòspingere di nuovo l’Egitto in guerra è l’acqua”;“L’unicomotivo per cui la Giordania entrerà in guerra è l’acqua”.

Più avvertiti di così si muore...di sete.

Fioravante Serraino

Raoul Dufy. “Fontana a Hyeres”, 1921.

TERRITORIO

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E’ un ampio tavolato, (circa 200 Kmq), allungato indirezione Ovest – Nord Ovest che raggiunge la suamassima altezza nel monte Alburno (1742 metri sul

livello del mare), mentre con altre cime si raggiungonoaltezza, comunque, maggiori dei 1500 metri: monte dellaNuda (1704 m.) e monte Urto (1661 m.).Non esistonoguerre giuste se vengono alimentate a monte da unopportunismo politico ed economico. Non esistono lebombe intelligenti e le perdite limitate. Esiste solo la viadelle idee e del dialogo alla giustizia sociale. Costituiscelo spartiacque fra la Valle del Tanagro (Vallo del Diano) aNord Est e la Valle del Calore a Sud Ovest: valli solcateentrambe da affluenti del Sele. Notevole é la diversità

morfologica tra i due versanti, più scosceso e caratteriz-zato da pareti verticali e subverticali dell’altezza di parec-chie centinaia di metri quello di Nord Ovest (verso laValle del Tanagro), a pendenza più dolce quello di SudOvest (verso il fiume Calore). Le rocce più diffuse sono icalcari (rocce costituite in prevalenza da carbonato dicalcio (CaCO3) ed in subordine le dolomie (CaMg(CO3)2),rocce rigide, interessate da molte fratture; tali caratteri-stiche geologiche sono favorevoli allo sviluppo esteso distrutture carsiche, superficiali e profonde,di dissoluzionee di deposizione che infatti sono diffusissime ed impo-nenti in tutto il complesso montuoso.

Con il termine “carsismo” si indicano sia il paesaggiocarsico sia i fenomeni chimico-fisici che portano alla formazione dello stesso: deriva da Carso, altopiano calca-reo compreso tra l’Italia e la ex-Jugoslavia dove il feno-meno della dissoluzione chimica delle rocce venne perprima studiato.

Il paesaggio carsico tipico é caratterizzato dall'assenzapressoché totale di idrografia superficiale e dall’abbon-danza di cavità sotterranee. I presupposti essenziali perché il fenomeno possa instaurarsi sono la presenza di

Lineamenti morfologici e geologici generali del massiccio degli Alburni.

rocce solubili (calcari, dolomie, termini intermedi, gessi,evaporiti, anidriti) e l’abbondanza di precipitazionimeteoriche.

Nel caso specifico degli Alburni i fenomeni carsiciriguardano nella quasi totalità i calcari, roccia la più digran lunga diffusa del complesso. Il chimismo del carsi-smo é costituito dalla seguente reazione chimica: CaCO3

+ H2O + CO2 < Ca(HCO3)2 (1).L’acqua piovana, acidificata dalla presenza di CO2, tra-

sforma CaCO3 insolubile in Ca(HCO3)2 solubile e lo aspor-ta, creando così cavità, solchi, incisioni, superficiali e sot-terranee (forme di dissoluzione). La (1), quando la solu-zione di Ca(HCO3)2 subisce un’ossigenazione (stillicidio,

cascata, rapida,ecc.),decorre da destra a sinistra con ride-posizione del CaCO3 in “forme di deposizione o costru-zione”.

Come conseguenze della dissoluzione otteniamo varieforme del terreno. Gli inghiottitoi (“grave” nella formalocale) sono i tipi carsici più diffusi negli Alburni; essisono dei pozzi a sviluppo verticale o subverticale, spessocon ramificazioni laterali più o meno sviluppate e rag-giungono la profondità di centinaia di metri. Le dolinesono delle conche chiuse in genere a forma di ciotola, didimensioni non grandi (raggio 2 ÷ 100 metri e profondi-tà 10 ÷ 100 metri) terminante in un inghiottitoio a vistao nascosto da terreno o vegetazione: ciò impedisce ilrapido deflusso delle acque ed in inverno si possono for-mare dei laghetti effimeri. Sono maggiormente diffusi edaddensate sugli altopiani; sugli Alburni ve ne sono qual-che centinaio.I karren (campi carreggiati) sono piccoli solchi, rettilinei,subparalleli, separati da sottili creste aguzze, lunghi 10 ÷60 cm, larghi 1 ÷ 3 cm e profondi 0,2 ÷ 2 cm. Il termine“grotta” indica una cavità carsica, a decorso orizzontale osuborizzontale, in cui la dimensione lunghezza prevalesulle altre due (larghezza, altezza); le conosciute, più omeno esplorate, sono un centinaio. Si citano, perché piùconosciute, più esplorate, più ricche di motivi di attrazio-ne le grotte di Castelcivita, di Pertosa, di S. MicheleArcangelo a S.Angelo a Fasanella;mentre sono meno famose le grotta di S. Elia (a Contronee a Postiglione) e di Fra Liberto (tra Postiglione eControne). Queste ultime sono state trasformate in chie-se rupestri.Le forme di rideposizione si originano, quando per ossi-genazione dell’acqua con Ca(HCO3)2 in soluzione per stil-licidio, cascata, ecc. la reazione (1) decorre da destra asinistra con deposizione di CaCO3. All’interno delle grot-te è possibile osservare varie strutture formatesi dalla dis-soluzione calcarea: le stalattiti, forme cilindriche o coni-che pendenti dal soffitto e talora lunghe alcuni metri, lestalagmiti, simili alle precedenti ma rivolte verso l'alto, lecolonne, derivanti dalla fusione delle stalattiti con le sta-lagmiti ed infine le croste concrezionali che ricoprono lepareti dei vani e spesso si estendono al pavimento sotto-forma di colate. Le strutture descritte sono abbondanti,ed quindi invito alla visita, soprattutto nelle grotte diCastelcivita e Pertosa.

Giuseppe Pagnotto

Giuseppe Bertone, per tutti il professore Bertone,èandato via in punta di piedi, quasi a confermareanche nella morte quello stile di riservatezza,di silen-ziosa,tenace operosità che l'aveva contraddistinto invita e che gli aveva meritato il rispetto e la stima ditutti.

Uomo schivo, apparentemente fragile, era capace,quando convinto della giustezza delle sue scelte, diperseguirle con tenacia raggiungendo dei traguardisenza dubbio encomiabili. Educatore di grande sen-sibilità e preparazione nelle scuole elementari, presi-dente per venti anni della Pro Loco di Felitto e soprat-tutto, autore della prima e per adesso unica “Storia diFelitto”.

E di quest’opera che voglio dire qualcosa in più,perché, nella sua innata modestia non lo dimostra-va, ci teneva moltissimo. Eravamo ancora dei bam-bini delle scuole elementari, parlo degli anni cin-quanta, e già il “professore” ci parlava di questa “suastoria di Felitto”, delle enormi difficoltà che incontra-va nel reperire qualche notizia che riguardasseanche indirettamente il nostro paese: perché proprio con noi bambini? Forse perchéa parlarne con gli “adulti” temeva di non essere capi-to o peggio ancora di tirarsi addosso il solito,qua-lunquistico consiglio “ma chi te lo fa fare?”. Chissà?.Noi però spalancavamo gli occhi quando ci raccon-tava le sue “scoperte” su Felitto reperite frugando permesi in polverosi archivi parrocchiali e biblioteche:”Felitto fu fondata dai profughi di Paestum in fugadai Saraceni…”ci diceva con voce ispirata e noi vede-vamo lunghe file di disperati risalire nella notte col-line sconosciute.

Felitto ha perso una delle poche persone capaci difar del bene al proprio paese in silenzio, in grado diriconoscerne quegli aspetti che i più non riconosconoo ritengono inutili ma che rappresentano le radici diuna comunità, le nostre radici: forse un poco di “pub-blicità” in occasione della sua scomparsa non sareb-be stata superflua.

O forse meglio di no:“il professore”, schivo e nemi-co “della pubblicità” qual'era, si sarebbe arrabbiato.

Giuseppe Pagnotto

IL CARSISMO DEGLI ALBURNI

IL PROFESSORE BERTONEBIOGRAFIE

Un calcare carsico con profondi solchi provocati dalla dissoluzio-ne chimica.

Grotte di Troiano (Liguria): questa sala mostra stalattiti, stalagmi-ti e colonne alabastrine.

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

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La responsabilità sociale di cui sono investiti gliorgani amministra-tivi degli enti locali

comporta lo svolgimentodi azioni eticamente cor-rette, tra le quali rientra ladiffusione di documenticontabili attendibili ingrado di esprimere converidicità gli andamentieconomici, finanziari epatrimoniali.

Questo perché cosìcome per le imprese pri-vate esiste una categoriadi soggetti (stakeholders)che attraverso la lettura el’interpretazione delbilancio e delle relazioniche lo accompagnano,ottengono non solo infor-mazioni sui risultati dellagestione trascorsa, maanche indici segnaleticidella gestione futura sucui basare le loro decisio-ni di acquisto, di conces-sione del credito, di inve-stimento del risparmioed altro.

Anche per gli enti loca-li esistono una serie disoggetti portatori di inte-ressi diretti ed indirettirispetto all’operare dell’ente, che sono interessati adottenere una corretta documentazione di bilancio.Questa categoria di soggetti usano il sistema di bilancio

per soddisfare distinte esigenze informative: i cittadiniper conoscere quali sono i concreti indirizzi dell’attivitàamministrativa, in termini di efficacia e di costi dei ser-vizi erogati,per conoscere la pressione fiscale a cui sonosottoposti e per sapere quale è la concreta e reale situa-zione debitoria dell’ente; i consiglieri e gli amministra-tori, che devono saper leggere il bilancio in quanto daciò devono ottenere informazioni circa l’entità dellerisorse disponibili, al fine di predisporne il loro utilizzosul bacino territoriale di competenza; gli organi di con-trollo, in modo da esercitare pareri corretti circa la realesituazione economica, finanziaria e patrimoniale del-l’ente; ed infine i finanziatori, che sono interessati a taliinformazioni in quanto permettono loro di valutare lacapacità dell’ente di rispettare le scadenze prestabilite opiù in generale la loro solvibilità.

IL SISTEMA DI BILANCIO NEGLI ENTI LOCALI

PROGRAMMA DEGLI EVENTIDELL’ASSOCIAZIONE CULTURALE “L’ALVEARE”Per il secondo anno, l’associazione dà appunta-

mento ad Aquara per una serie di incontri serali.Accanto all’esperienza degli incontri su diverse

tematiche, sperimentati già l’anno scorso, ed i vari per-corsi all’interno del paese alla ricerca di quel poco diartistico che è rimasto, si affiancano, quest’anno, ancheun cineforum e la proiezione di un documentario gira-to in Africa. Un cineforum dal titolo “Le donne, i caval-lier, l’arme,gli amori”(L.Ariosto,“L’Orlando furioso) conlo scopo (o la speranza) di realizzare un dibattito criti-co, suscitato dalla visione, e di proporre, stimolare o faremergere interessi tecnici ed artistici; aspetti, questi,che siano terreno di condivisione di un progetto checodesta associazione intende finalizzare alla creazionedi una scuola cinematografica di base,e di un seminarioteatrale. Con la proiezione del documentario, invece, sicercherà di evidenziare aspetti e problemi sociali di unacomunità letteralmente sconosciute al grande pubbli-co. Infatti, il tema del documentario è la storia del popo-lo Saharawi, costretto profugo in Algeria dopo che ilMarocco ha occupato il suo territorio d’origine: ilSahara Occidentale.

Il programma prevede, infine, la visita all’osservatorioastronomico “Areste” di Petina, affinché stelle, pianeti equant’altro, che ci sovrastano, siano sempre tra i prota-gonisti della nostra fantasia! 13 luglio, p.zza Di Stefano.Cineforum. Le donne:“Magdalene” di Peter Muellen.30 luglio, villa comunale (via Marconi).Cineforum. i cavallier : “I cento passi” di Marco TullioGiordana.8 agosto, p.zza Di Stefano.“Economia“, a cura di Luciana Consolmagno.14 agosto, p.zza Di Stefano.Cineforum. I cavallier: “Shine” di R. Scott.17 agosto, p.zza Di Stefano.“La cosmologia: ultima frontiera del pensiero umano. Ilbig bang: l’input iniziale.“, a cura del dott. GiovanniScelza.18 - 19 agosto.“Itinerario sui beni storici ed artistici di Aquara” suimonumenti di Aquara”, a cura di GianpietroConsolmagno.21 agosto, p.zza Di Stefano.Cineforum.L’arme.“Il mestiere delle armi”di Ermanno Olmi.22 agosto, p.zza Di Stefano.“L’architettura organica di Wright ed i conventi diAquara” a cura di Gianpietro Consolmagno.25 agosto.Visita all’Osservatorio astronomico “Areste” di Petina.30 agosto, p.zza Di Stefano.Proiezione del documentario: “Il popolo Saharawi”,scritto e diretto da Elvira Ragosta.9 settembre, largo via Solferino.Cineforum. L’arme: “La grande guerra” di MarioMonicelli.15 settembre, p.zza Di Stefano.Cineforum. Gli amori: “Pane e tulipani” di SilvioSoldini.L’orario di inizio è fissato per le ore 21:00. In caso dicondizioni meteorologiche avverse gli eventi si svolge-ranno nell’aula consiliare del Comune di Aquara.Per la visita allo osservatorio la partenza è fissata daAquara alle ore 18:00

La serie di documenti che compone il sistema di bilan-cio è così costituita: a)Livello di programmazionee di mandato: linee pro-grammatiche e piano gene-rale di sviluppo. b) Livello apreventivo: relazione previ-sionale e programmatica, bilancio annuale di pre-visione, allegati al bilanciodi previsione, piano esecu-tivo di gestione. c) Livellodi gestione: variazioni dibilancio, prelievi dal fondodi riserva e dalle variazionial piano esecutivo digestione, atti relativi allefasi di acquisizione delleentrate e di erogazionedelle spese. d) Livello ditesoreria: convenzione ditesoreria, giornale di cassa,atti relativi alle operazionidi cassa (ordinativo dicassa, mandato di paga-mento, quietanza), atti rela-tivi alle operazioni di finan-ziamento (anticipazioni,dilazioni di pagamento),conto del tesoriere. e)Livello di investimento: attidi programmazione degliinvestimenti, piani econo-mico- finanziari, documen-

ti di attuazione di finanzia-menti mediante indebitamento. f) Livello di revisioneeconomico-finanziaria: parere di proposta di bilanciodiprevisione e sulle variazioni di bilancio, relazione sullaproposta di deliberazione consiliare del rendiconto eschema del rendiconto, referto su gravi irregolarità, veri-fiche di cassa. g) Livello di controllo interno: ricognizio-ne sullo stato di attuazione dei programmi e la salva-guardia degli equilibri di bilancio, pareri dei responsa-bili dei servizi e del responsabile del servizio finanzia-rio, visto di regolarità contabile attestante la coperturafinanziaria sui provvedimenti dei responsabili dei servi-zi che comportano impegni di spesa. h) Livello di ren-diconto:conto del bilancio,conto economico,conto delpatrimonio, allegati al rendiconto.

Tutti questi documenti non devono essere vistecome entità separate ma come facenti parte della mede-sima informativa economico-finanziaria.

Pasquale Durso

Margitte, “Homme au chapeau melon”, 1953

RACCONTO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE

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Prologo alto, forte, dallo sguardo tutto severo eper nulla incerto, capace di credere in sé e disé con convinzione presunta e già accertata da

tempo, probabilmente da sempre.Viso scolpito, con-torni bronzei e colori scuri, troppo scuri. Bello comeil bello di oggi possa meglio ricercarsi. Qualcosa didiretto che dagli occhi parte per chissà dove e ritornaad essi sulla stessa direttrice. Quasi una pietra piùdura della sua stessa roccia. Non se lo sarebbe maineppure sognata, avrebbe giurato, spergiurando, allasua stessa vita che uno così non potesse essere quel-l’uomo così.

Troppo esteta, forse maniacale nella sua estatica fie-rezza, uno di quelli da lasciare al proprio destino dopoaverlo considerato con sorriso di aristocratico sdegno.Eppure quel qualcosa che partendo dagli occhi va drit-to verso chissà dove per ritornare ad essi sulla stessadirettrice la prendeva, la incuriosiva tra il desideroso el’incerto.La calava in un brivido strano, né caldo né sereno, lecapovolgeva i pensieri per metà lussuriosi e per metàsolo sensuali. Un’anima bella nascosta da una coltre dinormalità mondana.

Il corpo slanciato, possente come di chi può difen-derti da tutto e da tutti e l’abbraccio leggero e nontimido di chi riuscirebbe ad accoglierti da ogni fugacome rasserenante rifugio nel quale non hai mai tesodi riparare.

Il naso stilizzato, persino più accattivante di una sfin-ge, e la chioma leggera, di quelle muliebri nella lorosensualità. Una voce calda, a tratti pulita da una ricer-cata e perfetta fonetica, a tratti mediterranea nella suaspontanea ilarità. Una voce che da perfettamente voceall’anima nascosta in quel corpo da gladiatore novello,da bronzo sommerso in mare poco cristallino.

Ti aspetteresti che ami il sole, che ad esso ami abban-donarsi come linfa per iguane, che curi il suo ambratoderma con ricercatezza di autentico narciso, che il suodentro ed il suo fuori aspirino ad un’armonica simbio-si non ancora raggiunta.

Il movimento sicuro, a tratti sincronico come il giu-dizio maturato, a tratti naturalmente andante come ilpensiero appena abbozzato, istintivamente concepito,nient’affatto contaminato dalla mentis dell’impeccabi-le esteta.

Il pensiero netto, impassibile di sbavature, irreversi-bile nella sua rigidità spacciata per coerenza, pocosuscettibile alle svariate interpretazioni, decisamenteopposto al gioco delle opposizioni, persino quellenecessarie al solo gusto delle opposizioni.

Il gusto non statico, contrariamente a quel che pen-seresti, né rigoroso né chiassoso, tuttavia deciso,

AVORIO E CIOCCOLATOPer l’estate … l’incontro di due destini immaginari in un racconto a due puntate.

uniformato ad uno stile che è miscellanea di stili, eternaricerca di identità da ricercare ed affermare e distingue-re dal resto delle “simil” e delle “non” identità. Il profu-mo esattamente studiato all’opacità di quella pelle a talpunto liscia da continuare a sembrarti scolpita.Più fortedi un odore, più completo di una fragranza, lo diresti untumultuoso cavalcare di sporgenze smunite di rientran-ze, di percezioni olfattive provenienti dai poli più oppo-sti e naturalmente convergenti nel centro perfetto di untondo.

Un po’ antico, un po’ moderno. Un po’ esotico, comequei quadri di Gaugin in cui ti sei sempre fermato adosservare le figure di donna, senza mai accorgerti dellealtre, umane come naturali.E un po’ smacchieggiato come i quadri di Van Gogh,chein un tripudio di colori e di fiori ti immergono in gonio-metrici pensieri, invitandoti al circolare viaggio conritorno attorno al girasole; come i viaggi della nostraTerra, metodici, assolutamente geografici nella loroastrologicità eppure estremamente affascinanti, nel loroscadenzare di equinozi e solstizi.

Cosa farsene di un uomo così, dividerselo tra le tante?Passare la vita a studiarlo per chiedersi come mai possafunzionare con un così? Così diverso, così rigido nellasua fierezza, così maledettamente forte da indurti a pen-sare ogni volta che di forte in lui vi sia poco come di vitasulla Luna.

Passare la vita a spiegargli che la vita è il naturale giocodelle opposizioni? Cercare di convincerlo che Gaugin e Van Gogh erano amanti e che nonostante que-sto non ci sia nulla di male? Che la dialettica delle oppo-sizioni è uguale a quella degli amanti: sempre aperta,sempre suscettibile di svariate interpretazioni, semprescevra di regole di sesso o di costume? No, forse unocosì non poteva andare, non avrebbe mai potuto andarecon lei.Bianca, pallida come una statua tirata a lucido ogni gior-no, solitaria e a tratti anormale come una piantina mal-nutrita da tempo. Negli occhi qualcosa di lucido cheparte super rapido verso l’Orizzonte senza più tornare.In quegli occhi,per giorni verdi e per giorni miele senzabiologica spiegazione, esprimeva il colore del suo den-tro.E quei colori, che stranezza, si amalgamavano con pre-cisione da orologio a quel bianco che interessava ogniparte del suo corpo e a quei capelli vaporosi, inquieti,rossi di un rosso da invidiare, da studiare e per i più daodiare come angusto presagio di mal di Luna. Se gliocchi erano verdi c’era plenilunio, il meteo segnavatempesta e il suo animo tensione, ostinata avversione alresto del mondo e al resto degli uomini. Se erano mieleil mesto era divenuto sorriso d’improvviso, peruna

banale sciocchezza, come il riso di un bambino o lavista di un sogno lontano.A vederla diresti che nulla di inquieto possa mai per-vaderla, che quella forza nient’affatto ostentata dallascarna fisicità nasconda una forza inaccessibile adinterpretazione, invisibile ai molti, irraggiungibile algodimento di chi ostenta forza con la pelle ambrataed il volto modellato da bronzo.

Un contorno latteo, sempre chiaro e mai toccatodai segni delle stagioni, mai macchiato dai calori del-l’estate, mai segnato dai rigori di dicembre, mai nep-pure baciato dai tiepidi caldi primaverili.Un corpo senza stagioni, resistente più della forza diogni bronzo, affascinante più di qualsiasi perfezionescolpita. Nel complesso talmente semplice da fare ladifferenza con ogni semplicità ed ogni diversità.

Una voce che parla ma che prima di parlare da voceal corpo, che si muove regolare, con qualche accen-no di timidezza, di frustrazione dinnanzi ad ognimaleducata interferenza. Una voce serena, mai spez-zata da singhiozzi se non nella sua intima solitudine,educata nella sua pulizia; mai altisonante nella suaricercatezza; sincera, come la voce di una bimba.

E un mare di nei disseminati sul suo candore.Grandi, tondi, perfetti come geometrie, ora minuti,sugli arti e sulle membra, ora più estesi, sui seni gran-di e rosa come i seni delle madri, o sul collo slancia-to, dove in particolare ne spunta uno, pieno e nonvolgare, chicca di nero su un bianco di crema.

Si incontrarono per uno scherzo del destino,per uninfausta notte di musiche e di luci soffuse, tra il fumodei locali primaverili di città. In quelle notti bravedove tutto è lecito, anche gli incontri di due poliopposti che eternamente si inseguono senza darsipace, con buona pace della regola che vuole non siincontrino mai.

Un saluto neppure sincero,una presentazione bana-le, forse troppo banale, e fu l’inizio di un groviglio dipensieri strani.

Come si fossero conosciuti da tempo, come datempo si fossero scontrati e cercati, negati e insegui-ti, sporti e ritratti ad perpetuum, per chissà qualemotivo. Iniziarono a cercarsi nei fumi della notte, neirumori di una città grigia nonostante in equinozio.E cercandosi si respingevano, respingendosi si avvici-navano, in un contatto profumato, cercato concostanza, senza ombra di timidezza e senza mai cer-carsi sul serio, senza mai provarci come dio sa seavessero voluto.

… Continua a pag 10

SOCIETÀ

10

Dietro le statistiche ed i freddi nume-ri esiste un grande ignoto: il disoc-cupato ed la sua psiche. La visione

del problema da questa prospettiva è estre-mamente insufficiente.

L’aspetto psicologico e l’indagine sullostato sociale legato a questa forma di“esclusione”di una parte della popolazione(giovani, donne, persone disabili, disoccu-pati occasionali e permanenti) potrebberodivenire una chiave per un intervento,quanto possibile, meno tecnocratico estrettamente di carattere economico.

Innanzitutto il disoccupato non è chi haperso il suo lavoro. Egli rappresenta chi haperso la sua identità, chi non sa comeimpiegare il suo tempo con la propria fami-glia e soprattutto con se stesso. Un disoc-cupato non cerca lavoro, bensì cerca stru-menti per la sua sopravvivenza. Insiemecon il lavoro perde, a livello simbolico,molto di più dei beni materiali. Perde lastima di sé, il rispetto per sé stesso e la suadignità.

Non bisogna meravigliarsi di quantodetto! E’ sufficiente pensare che la nostrasocietà funziona intorno al lavoro! La spe-cializzazione lavorativa diventa fonte diclassificazione degli individui. Senza qualitàprofessionali ben definite, l’individuo nonrappresenta nulla socialmente. Non è rico-noscibile e quindi non esiste.“Who am i?”(chi sono?) è un test psicologico estrema-mente rilevante. Alla domanda, apparente-mente semplice, l’individuo è chiamato afornire le prime cinque risposte che spon-taneamente gli saltano in mente.L’attributoprofessionale è sempre la prima risposta,da cui l’individuo consolida la sua soprav-vivenza.

E’ ragionevole, quindi, che la disoccupa-zione comporti disturbi psicologici. Non ècasuale che solo il 20% di coloro che rice-vono il sussidio di disoccupazione cercanosistematicamente un lavoro.La ragione nonè la loro presunta pigrizia (slogan neolibe-rale molto amato),bensì l’appagamento nelricevere il sussidio che certamente distamolto dal garantire loro una vita dignitosaed indipendente. Essi, dunque, si identifica-no con il ruolo della spossatezza e del dis-fattismo che accompagna come una mac-chia indelebile la vita del disoccupato.

La nostra società, frenetica e legata al pro-fitto, genera disoccupazione da cui emergela figura del “giovane invecchiato”. Giunti atale situazione, la prospettiva di sconfinare

in comportamenti socialmente discutibili,in cui alcoolismo,droga,violenza ed aggres-sività verso il prossimo sono forme di auto-difesa, è quasi certa.

“Rejecting the rejectors”(respingere colo-ro che ti respingono), meccanismo sociale

che si sviluppa all’interno di sistemi chiusiquali sono le prigioni, è considerato essereresponsabile della sottocultura della vio-lenza e delle continue rivolte dei detenuti.Considerando il fenomeno della disoccupa-zione come una gabbia, come un’istituzio-ne chiusa che regola la vita del rinchiuso asua insaputa, è possibile interpretare lanascente neoviolenza che investe tutti ipaesi occidentali.

In base a quanto detto, si capisce attra-verso i pochi studi effettuati fin ad oggicome le conseguenze psicologiche delladisoccupazione possono essere i sintomidella schizofrenia: angoscia, oppressione,impassibilità, irritabilità, negatività, isola-mento e disprezzo di se stesso.

Senza dubbio, è difficile accettare tale

fenomeno come il prezzo da pagare incambio dello sviluppo e del progresso. Mal’Europa è abbastanza grande e potente daosare di riformulare i rapporti tra l’aumen-to della produzione e dell’antagonismo da

una parete ed il diritto al lavoro assicuratoper tutti dall’altra. Quanto auspicato non èin contraddizione! Bisogna ricordare chequalsiasi grande e veloce trasformazionesociale (non ultima l’imperante globalizza-zione) presenta costi e soprattutto vittime.

La soluzione, come sempre, uscirà da unavolontà politica composta che attribuiràalla nozione di progresso il suo smarritocontenuto etico. Questa volontà riguarderàla vita di tutti noi ed in particolar modo ilpresente ed il nostro futuro.Vale la pena didar voce, sostanza e respiro!

Georgia Gratsia

Bibliografia: Fotini Tsalikoglu, “La stampaquotidiana”

DI COGNOME FACEVO “LAVORO”Le derive sociali innescate dall’”onta” della disoccupazione.

Il mondo dei disoccupati rappresenta la periferia del caldo ventre occidentale. Con serie conseguenze in termini di identità e riconoscimento del proprio ruolo nella società, sempre meno disposta ad aspettare che è rimasto indietro.

Lorenzo Lotto. “Ritratto di uno sconosciuto”.

… continua da pag. 9

E nei pensieri a girotondo inseguen-do il girasole, l’uomo ambrato era pocodeciso, enigmatico come il suo naso disfinge, impercettibile come quel qual-cosa che dai suoi occhi partiva direttoper chissà dove per ritornare ad essisulla stessa direttrice. Deciso senzadecidere nulla, clonato in atteggiamen-ti che si ripetevano simili a questoverso altre donne, per nulla semplici eneppure complesse nella loro esteticacomplessità. Un bronzo impenetrabileche sa di essere tale e che tale simostra all’universo delle donne con-traffatte da misera pulchritudo. Unastatua che dallo scranno più alto dis-pensa sorrisi, occhiate di gusto, selvag-ge voglie aggrovigliate. Uno così, comeavrebbe potuto scontrarsi con la pelledi una rosa bianca che non sfiora facil-mente e che non ostenta nulla di este-ticamente complesso?

Come sarebbe mai potuto accadereche una donna non scalfita dai segnidelle stagioni, che una mente maisegnata dal ritmato gironzolare dellaTerra, potessero desiderare il podiodella Bellezza costruita su se stessa,della rigidità spacciata per coerenza?

Come poteva mai spiegarsi che laDanae immersa nella sensuale posizio-ne di un Klimt appena accennatopotesse trasformarsi nel Bacio consa-crato, nell’infinito sconfinato di duemondi non comunicanti?

E incontro non fu, non per allora.Posti entrambi su un’invisibile scac-chiere di avorio e cioccolato, con tantodi pedine in posizione pronte a tutto, adifendersi da attacchi, a sferrare mossepilotate, a resistere all’alfiere che tentadi mangiare la regina mentre la reginamira al cavallo di destra.

E non un arbitro, niente osservatorisuper partes a dettare regole e sanzio-nare penalità, neppure una Parca inten-ta a filare il destino di queste duematasse aggrovigliate, a se stesse e tradi loro, senza possibilità di districarsi.Un caos bello e buono in cui tutto èlecito a tutti. E i due litiganti amanti ini-ziarono un duello alla pari.

Cominciarono a cercarsi di giorno, alanciarsi segnali solo telepatici, adincontrarsi con la mente in fantasie digiochi fatti di grovigli impossibili adipanarsi, inaccessibili all’occhioumano, impercettibili a qualsiasi altrabellezza costruita o semplificata.Giochi sinuosi, inarrestabili ad ognisorta di ostacolo, ineguagliabili a quelliche ogni mente perversa avrebbe maipotuto neppure ipotizzare, perchécompletamente candidi nella loro scel-leratezza, nella loro impetuosa voglia digodere dell’Infinito che è tale solo equando i due poli opposti riescono araggiungersi. Irreprensibili da ogniumano pudore, inconciliabili a qualsia-si legge della natura…perché sovruma-ni, elevati al Piano inaereo del tuttoche sconfina nel niente, del bianco chesi tinge col nero, dell’avorio che silascia contaminare, godendo, dall’odo-roso cioccolato.Estasi pura, vogliosa come l’assetatonel deserto, pulita come lenzuola appe-na stese al sole, profumata come ilcioccolato appena caldo o il latte zuc-cherato alla vaniglia.Inquieta ma sorda, senza il minimorumore del gaudio, senza gli echi che ilpiacere è solito manifestare, senza ilsenso dell’incontro perchè fatta solo discontro ricercato ed affermato e distin-to da ogni “simil” scontro di umanisessi.

Elvira Ragosta

.....Continua sul prossimo numero

11

Ilettori ricorderanno sicuramente Mohamed Saed AlSahaf, ministro dell’informazione iracheno che, quandole truppe americane erano già da tempo entrate a

Baghdad, un una conferenza stampa annunciava ai micro-foni delle televisioni di tutto il mondo che il nemico-inva-sore era stato sconfitto.

Silvio Berlusconi, che fa tutto in grande, con SaddamHussein non compete solo nel numero dei palazzi presi-denziali ma anche con quello dei portavoce.

Così, ad elezioni amministrative perdute, la parola d’or-dine nel centro-destra è stata:“si è trattato solo di un testlocale e pertanto non ha alcun valore politico”.Come vole-vasi dimostrare. In realtà, il Presidente del Consiglio erasceso personalmente in campo nella campagna elettorale,chiedendo un giudizio agli elettori sui suoi due primi annidi governo; tornando tra l’altro a sventolare un’arma anti-quata qual’è l’anticomunismo militante.Per tutta risposta, un po’ dovunque, c’è stata l’avanzata

delle forze dell’Ulivo e l’arretramento della Casa delleLibertà.

Gli italiani sembrano aver scoperto il bluff! Grazieall’Onorevole Berlusconi ed alla vaccinazione preventivadi cui parlava Montanelli; ma grazie soprattutto all’unitàritrovata della coalizione di centro-sinistra, propostasicome una valida alternativa di governo nella logica “sana”del bipolarismo.

E se al centro risulta importante il contributo dei catto-lici e dei moderati della Margherita, a sinistra hanno vintole forze “storiche”: quella sinistra che pur di evitare guer-re, conflitti e quant’altro calpesti i necessari valori umani,ha rinunciato a comode poltrone;quella sinistra fatta d’im-pegno costante, di lavoro quotidiano, di servizio agli altri;quella sinistra che da sempre pone al primo posto i dirittied il riscatto dal basso della persona umana.

Sull’onda lunga delle istanze pacifiste, antiglobalizzatricied a favore di uno sviluppo sostenibile, è necessario rico-noscere, fra gli artefici di questo parziale successo politi-co, anche l’ampio arco di forze, di movimenti, di associa-zioni, che ruotano intorno al centro-sinistra, e che solo

LA SINISTRA S’E’ DESTARiceviamo e volentieri pubblichiamo.

Per trasformare una vittoria di Pirro in un vera gloria è necessario che il centro – sinistra si proponga a livello pro-grammatico ed identificativo, come una forza riconoscibile proprio nella sua unità. A cominciare dal basso.

Bimestrale dell’Associazione Culturale “L’Alveare”Viale della Vittoria, 41 84020 Aquara (SA)C.F. 91030050651Tiratura: 1000 copieDistribuzione: Albanella, Aquara, Altavilla Silentina,Capaccio Scalo, Castelcivita, Castel S. Lorenzo, Corleto Monforte,Felitto, Ottati, Roccadaspide, Sant’angelo a FasanellaInformazioni spazi pubblicitari: 3288754326E-mail: [email protected] internet: http: www.associazionelalveare.itPresidente: Arturo StabileDirettore responsabile: Elvira RagostaCoordinamento editoriale: Fioravante SerrainoRedazione: Gianpietro Consolmagno, Pasquale Durso, Roberto Marino, Vincenzo Scotillo Collaboratori: Lucido Andreola, Valeria Consolmagno, RobertoDe Luca, Georgia Gratsia, Giuseppe Pagnotto, LeonardoAmendola, Antonio Stabile iscritto al n° 243 del registro dellastampa periodica del tribunale di Salerno il 23/01/2003Foto: Global Graphics s.a.s., Via F. Spirito, 96 84020 Aquara (SA)Progetto grafico: Medi@rt - via Certosa, 15 20149 MilanoStampa: CTM – C.so Europa, 92 Matinella (SA)

Qualsiasi collaborazione è da ritenersi a titolo gratuito.

OSSERVATORIO

Spazio”L’Alveare”

Il Comitato Feste di Aquara rende noto il programmadella Filarmonica “Vincenzo Bellini” di Scandicci (FI) inoccasione della festa di San Lucido:26 luglio.“Flampercussion” diretto dal prof. Luca Marino; “Antiquabrass” diretto dalla prof.ssa Martina Dainelli; “Giordan sax”diretto dal prof. Luigi Giordano (ore 21:30).27 luglio.Concerto della Filarmonica in p.zza V. Veneto (ore 11:00);Concerto della Big band di Scandicci diretta dal prof. TolminoMarianini (ore 21:00).28 luglio.Partecipazione alla Santa Messa con intervento musicaledurante la celebrazione (ore 11:00); Concerto dellaFilarmonica “Vincenzo Bellini” diretta dal prof. LuigiGiordano (ore 21:00).

Per questi appuntamenti la Filarmonica “Vincenzo Bellini”ha previsto la registrazione di un CD dal vivo.

In occasione della festa della Madonna del Piano (12 set-tembre), l’Associazione Collegium Philarmonicum presental’orchestra “I giovani Musici”, formazione cameristica compo-sta da bambini e ragazzi in età compresa tra i 6 ed i 20 anni.L’orchestra è stata fondata nel 2000 da Roberta Zangirolami,Gennaro Cappabiana, Aurelio Bertucci e Gabriela Drasarova,professori d’orchestra del Teatro di San Carlo di Napoli e daValeria La Vaccara e Rossella Bertucci (ore 21:00).Questo spazio è dedicato ad iniziative di solidarietà e divolontariato. Preghiamo i lettori di volercene segnalare.

E’ possibile ricevere per spedizione postale sei numeride “Il Ronzio” con un semplicema importantissimo contributodi 20 euro. Il versamento deveavvenire sul C.C.P n° 43372200

intestato a “AssociazioneCulturale L’Alveare, viale

della Vittoria, 41 - 84020 (SA)

intendendolo in termini programmatici, può sperare discardinare il blocco sociale delle destre.Per ora la resa dei conti all’interno del Polo, che potrebbepassare per una verifica di Governo, è solamente rinviataa dopo il semestre di presidenza italiana dell’UnioneEuropea.

Nel centro-sinistra invece urge cogliere l’attimo, muo-vendo da una riflessione seria ed accurata sia a livello didirigenza nazionale che locale.Tutto per consolidare quell’unità ritrovata ed attesa daglielettori, in modo da riuscire a presentare a quei giovani,purtroppo disorientati, un’identità politica cui crederefermamente con la mente e con il cuore.

Per realizzare ciò,a mio avviso,occorre che tutti si dianoda fare iniziando, perché no, proprio dal nostro piccoloComune, dal basso, come nella migliore tradizione dellasinistra, al fine di salvaguardare quel poco di vera politicache ci rimane, e trasformarla in passione civile.

La stessa politica che deve dare e poi dimenticare, chenon deve assolutamente far passare un diritto-dovere perun semplice piacere assistenziale, quella politica che nondeve essere selettiva ma aperta a tutti coloro che ancorapossono dare un valido contributo nell’interesse di unbene comune.

Perciò, in questo contesto, è necessario ribadire il pri-mato dell’uomo, il rispetto della sua dignità e dei suoidiritti.

Occorre promuovere la cultura della solidarietà, la stes-sa che “non bisogna lasciare ad esclusivo appannaggiodella sinistra”, come dichiarò Gianfranco Fini qualchetempo fa, e da qui ripartire per altri confronti elettorali.

Tutti sanno che la rabbia, il rancore personale, le divi-sioni, il qualunquismo, non hanno mai aiutato la crescitadi un popolo. Ecco perché questo voto ha richiamato inun certo senso quello spagnolo, in cui c’è stata l’avanzatadei socialisti e l’idea di un ritorno all’Ulivo mondiale del-l’era Clinton.

Lucido Andreola

Salvator Dalì: La persistenza della memoria 1931

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