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Il problema della coscienza nella teologia politica di ... · Hobbes non era certo un cultore degli...

Date post: 18-Feb-2019
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Francesca REBASTI Il problema della coscienza nella teologia politica di Thomas Hobbes Discussione il 26 febbraio 2016 davanti a una commissione composta da: Direttori di tesi: Luc FOISNEAU, Directeur de recherche au CNRS, CESPRA Marco GEUNA, Professore Associato, Università degli Studi di Milano Membri della commissione: Barbara CARNEVALI, Maître de conférences, EHESS Kinch HOEKSTRA, Chancellor’s Professor of Political Science and Law, UC Berkeley Raffaella SANTI, Ricercatrice, Università di Urbino Università degli Studi di Milano Scuola di Dottorato Humanæ Litteræ Dipartimento di Filosofia Dottorato di Ricerca in Filosofia École des Hautes Études en Sciences Sociales Formation doctorale Études Politiques CESPRA Doctorat en Philosophie politique
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Francesca REBASTI

Il problema della coscienza nella teologia politica di Thomas Hobbes

Discussione il 26 febbraio 2016 davanti a una commissione composta da:

Direttori di tesi:

Luc FOISNEAU, Directeur de recherche au CNRS, CESPRA

Marco GEUNA, Professore Associato, Universit degli Studi di Milano Membri della commissione:

Barbara CARNEVALI, Matre de confrences, EHESS Kinch HOEKSTRA, Chancellors Professor of Political Science and Law, UC Berkeley Raffaella SANTI, Ricercatrice, Universit di Urbino

Universit degli Studi di Milano

Scuola di Dottorato Human Litter

Dipartimento di Filosofia

Dottorato di Ricerca in Filosofia

cole des Hautes tudes en Sciences Sociales

Formation doctorale tudes Politiques

CESPRA

Doctorat en Philosophie politique

Abstract

Why did Thomas Hobbes write the Leviathan? In pursuit of an answerto this crucial question, this study suggests that Hobbes began his ma-jor political work in order to radically reform both consciences and thevery notion of conscience, as it was decisive to the success his politico-theological programme. During what Keith Thomas called the Age ofConscience, the internal forum was invoked as the last guarantee of indi-vidual salvation and collective order. Religious and political duties werebased on conscience; nevertheless, the authentic rule of conduct wasgoing through a profound crisis. By triggering all seditions concerningreligion and ecclesiastical government, conscience turned out to be adevice for the subjection of the masses and a deadly disease for the politi-cal body, and therefore a major obstacle to the constitution of Hobbesswell-grounded state. The study shows how Hobbes, after criticizing thekey category of Christian moral theology, gave it a scientific foundation,which made the cum-scientia the unshakable pivot of political unity, whilesecuring the public sphere from private convictions on right and wrong.Through the combination of different methods, like lexicographic analysisand intellectual history, the study examines at first the problematic charac-ter of the Hobbesian conscience against the backdrop of contemporaryconceptions. Then, it illustrates the etymological argument of the seventhchapter of Leviathan, by depicting it as the turning point of Hobbessreflection on the idea of conscience. Finally, the ethical and political im-plications of the etymology are analysed in the context of both casuistryand the Cartesian reform of probabilism.

Rsum

Pourquoi Thomas Hobbes crivit le Lviathan ? Afin de rpondre cettequestion cruciale, ltude suggre que Hobbes entreprit son uvre po-litique majeure pour raliser une rforme radicale des consciences et dela conscience comme catgorie thologico-politique dcisive au succs deson programme philosophique. Au cours de celle que Keith Thomas arebaptise the Age of Conscience , le for interne tait invoqu commela garantie dernire du salut individuel et de lordre collectif. Chaquedevoir, quil ft religieux ou politique, se basait sur la conscience ; toute-fois, la vritable rgle du vivre traversait une crise profonde. Sourcede all seditions concerning religion and ecclesiastical government , laconscience stait rvle un dispositif de contrle des masses et une mala-die ltale pour le corps politique et, par consquent, un obstacle majeur la constitution de ltat bien fond hobbesien. Ltude montre com-ment Hobbes, aprs avoir soumis la catgorie-cl de la thologie moralechrtienne une critique radicale, lui donna un fondement scientifique,qui fit de la cum-scientia le pivot inbranlable de lunit de ltat, touten mettant la sphre publique labri des convictions prives sur le justeet linjuste. Combinant des mthodologies diffrentes, comme lanalyselexicographique et lhistoire conceptuelle, ltude examine dabord le carac-tre problmatique de la conscience hobbsienne par rapport aux concep-tions contemporaines. Ensuite, elle illustre largument tymologique duLviathan comme point culminant de la rflexion de Hobbes sur lide deconscience, pour enfin en analyser les implications tiques et politiquesdans le milieu de la casuistique et de la rforme cartsienne du probabi-lisme.

Indice

Introduzione 1

I Una nozione problematica 5

1. Il vocabolario della coscienza 7

1.1. Introduzione 9

1.2. Quadro generale 11

1.3. Il campo semantico della coscienza 171.3.1. Larea semantica del conoscere 181.3.2. Larea semantica del giudizio 211.3.3. Larea semantica dellazione 26

1.4. La polarizzazione dellimmaginario 271.4.1. Il tribunale 291.4.2. Il cuore 30

1.5. Il problema della coscienza 31

i

Indice

2. Un rompicapo hobbesiano 33

2.1. La posizione del problema 33

2.2. Le difficolt ermeneutiche della critica 392.2.1. La definizione di Martinich 392.2.2. Gli indici tematici 432.2.3. Il paradigma della pars destruens 572.2.4. Il paradigma della pars construens 76

II Loperazione etimologica del Leviathan 91

3. Alle origini della coscienza 93

3.1. La necessit del ritorno alle origini 93

3.2. La struttura tripartita dellanalisi etimologica di con-science 112

3.3. La prima parte: il senso letterale di coscienza cometestimonianza 118

3.3.1. Hobbes contra Tommaso: da cum alio scientia... 1203.3.2. ... a communis complurium scientia 124

4. La seconda parte: il passaggio retorico daltestimonio esterno a quello interno 135

4.1. La conscientia mille testes di Quintiliano 154

4.2. Una breve storia della coscienza giuridica 159

5. La terza parte: la genesi delle coscienze dog-matiche e fanatiche 181

5.1. Una breve storia della coscienza morale 183

5.2. Dalla critica alla rifondazione della coscienza 203

III Hobbes, Cartesio e la casuistica 205

6. Lostinatezza oltre ogni ragionevole dubbio:Hobbes contra Cartesio 207

ii

6.1. La querelle sulle insidie della filosofia morale 213

6.2. La morale par provision e le dottrine ripugnanti allasociet civile 216

6.3. Una chiarezza metaforica 226

6.4. Lego cogito sive mihi conscius sum e la spaccatura trale coscienze 229

6.5. Ripensando il probabilismo: Cartesio lettore di Abe-lardo 247

7. Una questione di coscienza: Hobbes e le fon-damenta della teologia politica 267

7.1. Coscienza privata e libert: il corpo politico immu-nizzato dallerrore e dallinganno 271

7.1.1. Dagli agitatori in buona fede agli ingannatori con lacoscienza cauterizzata: il nuovo profilo del nemico 279

7.1.2. La coscienza come motivo unificante delle innovazioni delLeviathan 286

7.2. Coscienza pubblica e legge civile: lordine a misura dicommon man 303

7.3. Coscienza e conoscenza condivisa: dallostinatezza allagiustezza obiettiva dellazione 307

Conclusione 319

Bibliografia 323

iii

Introduzione

Perch Thomas Hobbes scrisse il Leviathan? Nel tentativo di offrire unarisposta, la presente indagine suggerisce che Hobbes concep la maggioredelle opere politiche per intraprendere una riforma radicale delle coscienze,e della coscienza come categoria teologico-politica cruciale per il successodel suo programma filosofico.Un dato testuale non ha mai smesso di interrogare gli studiosi del

Leviathan: il trattato del 1651, rispetto ai The Elements of Law e al De cive,assiste a un incremento esponenziale della discussione teologica. PoichHobbes non era certo un cultore degli scritti verbifici, uno sviluppo cossorprendente non poteva che fungere da cartina di tornasole, rivelando unmalessere, una crescente difficolt. Nel capolavoro hobbesiano, la teologiaera giunta a interessare circa la met del trattato, suscitando, dapprima, losdegno dei contemporanei e lo sconcerto degli interpreti, poi. Da partedi un filosofo materialista tacciato di ateismo, un interesse cos sollecitoper le questioni ultramondane era apparso inatteso, se non perfino oppor-tunistico. In quel che segue, intendiamo proporre una lettura alternativa,mostrando come linteressamento di Hobbes per le dottrine dei teologifosse stato dettato dalla necessit di rimuovere gli ostacoli pi insidiosi alla

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Introduzione

riuscita del proprio programma filosofico. Scaturigine di tutte le sedizioniconcernenti la religione e il governo ecclesiastico, la coscienza, in questopanorama, costituiva uno scoglio maggiore. Bench il tema semanticodella cum-scientia avesse dei trascorsi ben pi antichi, fu il cristianesimoa decretarne la fortuna, elaborando la nozione di coscienza morale. Nelcondurre a sintesi la rivelazione e la filosofia aristotelica, Tommaso dA-quino segn il destino della categoria, che da allora divenne il criterio divalore e il principio direttivo della prassi in breve, lautentica regoladel vivere, su cui riposa la salus del singolo e della societ. Eppure, il di-spositivo dordine celava, dietro di s, una realt pi complessa, intessutadi inganno e soggezione. In luogo di realizzare la natura individuale ecelebrarne la dignit, esso era divenuto uno strumento di controllo, orditodai poteri indiretti per soddisfare una brama di dominio mai paga. Giuri-sdizione peculiare del regno delle tenebre, la coscienza aveva allontanatolindividuo dal conoscere e dalla felicit, illudendolo di offrirgli proprioil conoscere e la felicit. Con un complessivo ottundimento delle propriefacolt naturali, luomo comune era divenuto la preda inconsapevole diuna confederazione di ingannatori senza scrupoli; e Hobbes aveva com-preso che, se non avesse compiuto una critica radicale della categoria ela sua rifondazione, nessuno stato ben fondato avrebbe mai visto la luce.Perch la scintilla della coscienza potesse preservarsi nel cuore delluomo,conducendolo alla salvezza, non sarebbe bastato dimostrare con evidenticonnessioni lautentica regola del vivere: Hobbes avrebbe dovuto smasche-rare i poteri occulti che avevano manipolato le coscienze, impedendo agliindividui di apprendere come leggere se stessi.Il presente lavoro si compone di tre parti: Una nozione problematica,

Loperazione etimologica del Leviathan, Hobbes, Cartesio e la casuistica. Laprima, dal carattere introduttivo, inquadra la coscienza come nozionefortemente problematica. La sua problematicit messa a fuoco sottodue aspetti differenti: la congenita polisemia del nome e le difficolt in-terpretative che ne sono scaturite. Dapprima, con lausilio di uno studiolessicografico, si presenteranno le varie sfaccettature di senso assunte daltermine coscienza nella riflessione hobbesiana rispetto alle concezionicoeve. Nel mappare le diverse aree semantiche attraversate dai vocaboliconscience e conscientia, si mostrer, cos, come Hobbes avesse ere-

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ditato da tortuose vicende storiche un concetto fortemente polisemico,ritrovandosi con un lascito difficile da riformare. Invero, nella misura incui la categoria, con il cristianesimo, era stata investita di un ruolo etico,politico e religioso cruciale per lesistenza del singolo e della comunit, il fi-losofo dovette chiarificarne i contenuti per rimuovere gli equivoci su cui ilregno delle tenebre aveva costruito il proprio potere. Poich lequivocitdi coscienza esplorata nello studio lessicografico non mise in imbarazzosoltanto Hobbes, ma anche gli studiosi che, dalla fine degli anni Trenta delNovecento, hanno cercato di ricostruire il ruolo del concetto nel pensierohobbesiano, il secondo capitolo della parte si concentrer sulla coscienzacome rompicapo ermeneutico. Dopo aver illustrato i dati testuali che ren-dono problematica lindividuazione del posto occupato da Hobbes nellastoria dellidea di coscienza, si passeranno in rassegna i principali approcciinterpretativi messi a punto dalla critica pi recente. Infine, si dimostrerche i maggiori ostacoli ermeneutici allintendimento della dottrina hob-besiana della coscienza riposano sullincomprensione delletimologia dicoscience additata da Hobbes nellultima delle sue opere politiche.

Entrando nel vivo dellindagine, la seconda parte prende in esame lopera-zione etimologica condotta da Hobbes nel settimo capitolo del Leviathanper criticare e rifondare la coscienza. Bench le opere politiche precedentiavessero gi stabilito che, con il termine, si intendeva comunemente lopi-nione di evidenza piuttosto che levidenza, mentre il suo autentico conte-nuto sarebbe coinciso con i computi razionali in vista della conservazione,soltanto nella maggiore delle opere politiche Hobbes si serv delletimolo-gia per mostrare come un dispositivo dordine fosse divenuto un morboletale per il corpo politico. A ciascuna delle tre parti di cui si componelanalisi etimologica hobbesiana dedicato un capitolo, in cui il testo delLeviathan acclarato tramite la ricostruzione del clima culturale coevo edei trascorsi pi significativi del tema semantico della cum-scientia. Lin-dagine, pertanto, mostrer come laccertamento dei fatti linguistici risultiindispensabile alla verit storica e a una migliore intelligenza del sistemadi Hobbes.Infine, la terza parte si concentra sulle ricadute etico-politiche della rifor-

ma hobbesiana della coscienza nel contesto della casuistica, lindirizzo diteologia morale pi diffuso nel Seicento. Lo sforzo compiuto da Hobbes

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Introduzione

per fondare una morale e una politica a priori in risposta al dogmatismoe allincertezza promossi dai casuisti sar messo a confronto con il tenta-tivo cartesiano di superare i difetti del probabilismo, la dottrina con cuila scienza dei casi prosperava sul continente. Muovendo dalla polemi-ca scoppiata tra i due filosofi sulle rispettive dottrine etiche, si spiegherperch Hobbes avesse motivo di considerare la morale par provision per-niciosa per lordine pubblico. Infine, dopo aver analizzato i meccanismidella dottrina hobbesiana della coscienza, si mostrer per quale ragioneintendere la categoria come il motivo unificante delle innovazioni teorichedel Leviathan permetta di gettare nuova luce sullo scritto del 1651 e sul suoautore.Prendendo le mosse da un genuino interesse per il lessico politico, e,

nella fattispecie, dalla volont di comprendere per quale motivo Hobbesavesse raffigurato lunit statale con uno dei concetti chiave della tradizio-ne teologica la coscienza , lindagine si colloca al crocevia di disciplinee approcci metodologici diversi. Allanalisi concettuale propria dellargo-mentazione filosofica, essa accosta lo studio dei principali sviluppi storicidel tema semantico della cumscientia, a partire dalle origini greco-latinefino al Seicento, sforzandosi di inquadrare i fatti linguistici studiati nelcontesto pi ampio della storia delle lingue moderne. Nel tentativo dichiarire il clima linguistico-intellettuale in cui visse e oper Hobbes, si deciso di non restringere il campo di ricerca alla letteratura filosofica e teo-logica, ma di porre particolare cura nellesame dei dizinar, dei lessici e deimanuali secenteschi. Cogliendo in unistantanea il vocabolario settorialee quotidiano del xvii secolo, essi risultano infatti preziosi per ricostruireil punto davvio delle operazioni concettuali hobbesiane oltrech percorredare le analisi proposte della necessaria attendibilit storica.

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Parte I

Una nozione problematica

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1. Il vocabolario della coscienza

Il presente studio indaga le sfaccettature semantiche assunte dal terminecoscienza nella riflessione filosofica di Thomas Hobbes (1588-1679), sullosfondo delle concezioni coeve.Sulle prime, sembrerebbe difficile intravvedere un disegno unitario negli

usi hobbesiani del termine: levidenza testuale presenta allinterprete unvocabolo fortemente polisemico, con significati che, talvolta, sono perfinocontrastanti tra loro. Scorgiamo, cos, Hobbes adoperare il termine oranellaccezione di scienza, ora in quella di opinione; ora come sinonimodi evidenza, ora, in modo diametralmente opposto, di presunzione;per non parlare dei casi in cui esso denota linteriorit del soggetto o ladimensione pubblica dello stato. Di qui, sono discesi un certo imbarazzoe la confusione della critica, al punto che non sono ancora stati definiti inmaniera conclusiva n i tratti distintivi della coscienza hobbesiana, n ilsuo senso generale.Tuttavia, allo stesso modo in cui rivela delle tensioni semantiche, il

corpus mostra che non si tratta di mera equivocit, dettata da un uso lin-guistico ingenuo. La realt testuale ben pi complessa. Su tutti, due datiinvocano una spiegazione. Il primo: talvolta Hobbes mette a tema la co-

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Il vocabolario della coscienza

scienza in luoghi testuali inattesi. Sebbene ci si attenda che il filosofo trattiun simile argomento a quei livelli del sistema in cui scandagliata la vitainteriore dellio, e, quindi, in corrispondenza della terminologia moraleo religiosa, la coscienza, nondimeno, ricorre in contesti semantici anchemolto distanti da quello etico e spirituale. Troviamo, infatti, Hobbes farnemenzione nel cuore del settimo capitolo del Leviatano, a proposito Deitermini, o risoluzioni del discorso, come nel bel mezzo dellesame delluf-ficio del rappresentante sovrano o del potere ecclesiastico. Questi rilievici consentono di introdurre il secondo problema. Nel cuore della fittatrama di equivalenze in cui figura il termine coscienza, essa compare inlocuzioni inusuali per gli usi linguistici accertati, cos come per il propriotema semantico: il caso delle espressioni coscienza privata e coscien-za pubblica che, intese, rispettivamente, come opinione individuale evolont del sovrano, intervengono in alcuni luoghi decisivi della rifles-sione hobbesiana. Per quanto levidenza testuale risulti di problematicalettura, essa consente di acquisire il primo punto fisso: la coscienza ilteatro di uno spostamento semantico, di unoperazione filosofica, su cuinon stata fatta ancora piena chiarezza. Il proteiforme campo semanticodella coscienza giace ancora inesplorato: da esso occorre pertanto ripartire,per superare la parzialit dei tentativi di comprensione che si sono finorasucceduti.Al fine di comprendere loperazione filosofica sottesa alla fitta trama di

equivalenze intessuta da Hobbes, il presente studio muove alla disaminadella problematica della coscienza a partire da unindagine lessicograficasulla coscienza. Una simile opzione metodologica impone un chiari-mento, devessere giustificata. Orbene, alla luce dello stato attuale dellericerche, essa possiede un carattere necessario. Nella misura in cui i diffe-renti usi linguistici di coscienza non rispondono ad una prassi irriflessa,una siffatta molteplicit esige di essere interrogata, richiede che se ne rin-traccino le cause. Tuttavia, ci non sarebbe in alcun modo possibile senzauna preliminare ricognizione dei sensi molteplici di cui coscienza si cari-ca nella riflessione hobbesiana, e per due ordini di motivi. In primo luogo,poich ogni operazione filosofica avviene nel linguaggio ed unoperazio-ne linguistica; di modo che nulla possa avvenire al livello del concettosenza lasciar traccia nel discorso. In secondo luogo, poich lautentica

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Introduzione

comprensione dei documenti storici soprattutto di quelli che apparten-gono a un passato a noi lontano si realizza nella consapevolezza delladistanza che, come osservatori, ci separa da essi. Ed essendo questa distan-za, per linterdipendenza di pensiero e parola, anzitutto linguistica, essapu essere saputa soltanto ove si accerti e si renda manifesto il divario esi-stente tra il proprio modo di abitare il linguaggio e quello preso in esame.Nella misura in cui sospende le nostre precomprensioni mettendo tra pa-rentesi i sensi pericolosi 1, ossia, gli usi linguistici ingenui, la lessicografiafornisce pertanto dei parametri obiettivi per analizzare il dato testuale inmodo rigoroso. Cos, per apprezzare la complessa operazione concettualecompiuta da Hobbes sulla coscienza, dapprima necessario ricostruirne ilvocabolario, attraverso una puntuale mappatura delle aree semantiche che,sovrapponendosi, sono intervenute nella definizione del suo significato.Lungi dal costituire unoziosa pratica antiquaria, lo studio lessicograficosi rivela un utile strumento nella cassetta degli attrezzi del filosofo. Npotrebbe essere altrimenti; poich, declinandosi nel tempo, lesercizio delpensiero sempre un fatto storico, che va riconosciuto come tale. Tuttavia,il proprio della filosofia non definito dalla sua, pur ineliminabile, dimen-sione fattuale, quanto dalla normativit, che, sola, rappresenta il criterioper distinguere lo stesso uso proprio da quello improprio del linguaggio.Lortoprassi linguistica, in altri termini, posta come problema soltantoallinterno di quel peculiare discorso che il filosofico, e che pe-culiare nella misura in cui si costituisce come lunico discorso vero traquelli fallaci. Per quanto necessario, lausilio della lessicografia non pu,di conseguenza, che avere una valenza introduttiva: e tale restrizione divalidit ne definisce il limite insuperabile.

1.1. Introduzione

Chi si apprestasse a ricostruire il campo semantico della coscienza nelcorpus hobbesiano si troverebbe a imboccare un cammino irto di difficolt.Tuttoggi lo studioso non dispone di un completo index verborum, sebbe-ne gli indici della celebre edizione Molesworth e di quella ben pi recente,

1. Clive Staples Lewis, Studies in Words, Cambridge, Cambridge UniversityPress, 1967, pp. 22-24.

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Il vocabolario della coscienza

ma non meno celebre, curata da Noel Malcolm gli offrano un valido soste-gno nellorganizzazione dellevidenza testuale. N potrebbe soccorrerlo laletteratura critica; poich, per quanto altri settori del vocabolario hobbe-siano siano stati loggetto di indagini lessicografiche esaurienti e rigorose,nulla di paragonabile ancora apparso per il termine che in questa sede cicuriamo di prendere in esame.2 Pure, accanto a simili difficolt materiali,il nostro studioso si vedrebbe parare dinanzi ostacoli ben pi ardui dafronteggiare. Si tratta delle questioni di sostanza, approcciando le quali lapresente indagine pu infine entrare nel vivo.La prima concerne loggetto stesso della trattazione. A buon diritto,

i curatori del Vocabulaire europen des philosophies hanno incluso la co-scienza nel loro Dictionnaire des intraduisibles, ossia, tra quei termini delvocabolario filosofico occidentale che mai si cessa di tradurre perch inessi si rinnova, instancabile, la vita del concetto, e vive la cultura europeain una continua rinascenza che prima ancora che .3 Lastoria della coscienza si difatti intrecciata in maniera cos indissolubilea quella del pensiero europeo, da potersi luna riflettere nellaltra comeun microcosmo nel corrispondente macrocosmo: come ogni decisiva fasedi sviluppo del pensiero occidentale ha impresso la propria traccia nellacoscienza, cos essa, con il progressivo stratificarsi delle sue significazioni,ha scandito lintero corso della cultura europea; di modo che luna si il-lumini da sempre attraverso laltra. La connaturale ricchezza semanticadella coscienza ci introduce direttamente alla seconda difficolt; poichnel corpus hobbesiano non solo compaiono sedimentati alcuni dei sensiprincipali in cui venuta a ramificarsi la nozione,4 ma essi sono sottopo-sti ad una critica radicale. In altri termini, se i significati ingenui della

2. Ci riferiamo al pregevole Hobbes et son vocabulaire. tudes de lexicogra-phie philosophique ( Parigi, Vrin, 1992 ), volume che raccoglie i lavori dellunitdel cnrs dedicata allo studio di Hobbes e della filosofia etica e politica delxvii secolo (gdr-988 ) sotto la direzione di Charles Y. Zarka. Sebbene il testoracchiuda molti validi contributi in diverse aree semantiche della filosofia hob-besiana, a partire da quella dellapparire e dellessere fino a quelle del potere edella sovranit, passando per il campo semantico del conatus, della passione edella persona, il vocabolario della coscienza vi resta inesplorato.

3. Vocabulaire europen des philosophies. Dictionnaire des intraduisible, a curadi Barbara Cassin, Parigi, ditions du Seuil / Dictionnaires Le Robert, 2004,Prsentation, pp. xviii e xx.

4. Lewis ci ricorda che i nuovi significati delle parole non sostituiscono mai

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Quadro generale

coscienza trovano accoglimento nel sistema di Hobbes, ci non avvieneperch essi siano supposti come dati, ma poich divengono loggetto diuna complessa operazione filosofica volta a riorganizzarne lintero camposemantico. Passando in rassegna le occorrenze del termine, lo studiosodovr allora curarsi di non confondere gli usi pre-critici con quelli criticidella coscienza, in modo da non compromettere lapprezzamento delgesto teorico che nella loro distinzione si compie. E, poich egli sar faci-litato nel proprio compito se muover da una delimitazione preliminaredel campo di indagine e da una ricognizione dei suoi tratti distintivi, aquesti che volgiamo ora il nostro sguardo, procedendo come segue.Dapprima, dopo aver localizzato le occorrenze di coscienza nel corpus,

isoleremo lo schema che ne regola la distribuzione testuale. Quindi, sipasser a una puntuale mappatura delle principali aree semantiche attra-verso cui il significato del termine s andato definendo. Inoltre, nel farci, mostreremo come le occorrenze del vocabolo tendano ad organizzarsiattorno agli snodi teorici nevralgici del sistema hobbesiano e illustreremo,di volta in volta, quali essi siano. Gli elementi di prova raccolti permette-ranno in seguito di esplicitare il modus operandi adottato da Hobbes neltrattare la problematica della coscienza.

1.2. Quadro generale

Hobbes non fece un uso intensivo del termine coscienza: nelle variantiinglese conscience e latina conscientia, il vocabolo non compare nelcorpus che in una trentina di luoghi testuali, allinterno di trattazioni piut-tosto brevi, che mai si dilungano per pi di qualche paragrafo. Nessuncapitolo, infatti, presenta il sostantivo nellintestazione; cos, chi pensassedi rinvenire nelle opere hobbesiane una miriade di occorrenze, finirebbeper deludere le proprie aspettative. Bench, nel Seicento, la coscienza fossela protagonista indiscussa di innumera [. . .] et ingentia volumina ethico-rum5, al punto che i dilemmi morali erano noti come casus conscienti,

quelli precedenti, ma si innestano sui sensi anteriori come le ramificazioni diun albero. Si veda Studies in Words, cit., pp. 12-14.

5. De corpore, in Opera philosophica qu latine scripsit omnia, a cura diWilliam Molesworth, 5 voll., Bohn, London 1839-1845, i, i.1.7, p. 8.

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Il vocabolario della coscienza

il riformatore della regola del vivere6 non ricorse allappellativo conla stessa assiduit con cui esso viaggiava sulle bocche dei contemporanei.Perfino ove il concetto fu messo a tema in modo esplicito, come avvennenel sesto capitolo della prima parte degli Elementi e nel capitolo settimodel Leviatano, non si pu evitare limpressione che esso sia trattato enpassant e in funzione daltro, senza alcuna pretesa di esaustivit.7 Il dato te-stuale inequivocabile. Concluderne, tuttavia, che la coscienza riveste unruolo marginale nella riflessione hobbesiana sarebbe uninferenza erronea,come alcuni studiosi hanno rilevato, nel mettere in guardia la comunitscientifica.8 Il vocabolo non rappresenta nel corpus un trascurabile residuopre-critico. Lo studio dei testi dimostra che coscienza un termine per-manente del vocabolario di Hobbes, e, quel che pi ci interessa, del suovocabolario filosofico. Ma procediamo con ordine.La distribuzione delle occorrenze, in primo luogo, trasversale, nello

spazio come nel tempo; essa attraversa il corpus pressoch nella sua interez-za, a partire dagli Elementi fino al Behemot, interessando cos quasi linteroarco della produzione di Hobbes. In questo quadro, un ruolo di primopiano spetta poi alla maggiore delle opere di argomento politico: nel Le-viatano il termine accompagna lo svolgimento di tutta largomentazione,ricorrendo pi volte in ciascuna delle quattro sezioni che compongonolo scritto; sebbene sia in corrispondenza di quelle centrali (Dello stato,Di uno stato cristiano) che possibile registrare un sensibile intensificarsidelle occorrenze. Il dato testuale ci induce perci a supporre che Hobbesricorra a un uso specialistico del termine, poich n limpiego coevo n lecircostanze del discorso potrebbero, da soli, dar conto della sua frequenza

6. Nel De corpore, Hobbes si ascrisse il merito di aver dimostrato i doveriper i quali la pace si fortifica e si conserva, cio la vera regola del vivere ( of-ficia sua quibus pax coalescit et conservatur, id est vera vivendi regula). Ivi,i.1.7, p. 7. Eppure, a partire dalla Scolastica, la coscienza era stata eletta a unicanorma della condotta, come si avr modo di vedere.

7. La sezione degli Elementi intitolata conscience defined , mentre quelladel Leviatano reca il titolo conscience e riprende la materia per ampliarla. Perunanalisi di entrambi i passi, rinviamo alla seconda parte dello studio.

8. Karen S. Feldman, Conscience and the Concealments of Metaphor in HobbessLeviathan, Philosophy and Rhetoric, xxxiv, 1, 2001, p. 21 e Binding Words.Conscience and Rhetoric in Hobbes, Hegel, and Heidegger , Evaston, Northwe-stern University Press, 2006, p. 20; Mark Hanin, Hobbess Theory of Conscience,History of Political Thought, xxxiii, 1, 2012, p. 56.

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Quadro generale

e di una localizzazione tanto diffusa in un sistema filosofico.Spostandoci dallanalisi dei parametri quantitativi ad una valutazione di

carattere qualitativo, lipotesi di un utilizzo innaturale o tecnico della co-scienza trova conferma nellesame dei contesti linguistici in cui ricorre iltermine. Degli svariati impieghi che Hobbes fa della coscienza, potendosiavvalere di una radicata quanto polimorfa consuetudine linguistica, uno simostra di particolare rilievo, sia per il numero di occorrenze interessateche per le ripercussioni sullintero edificio concettuale. Hobbes adoperasovente il vocabolo per stabilire delle corrispondenze lessicali con altrisostantivi o locuzioni. Poich una simile regolarit segnala uno scosta-mento sistematico dalla prassi linguistica ordinaria, resta ora da accertarese limpiego atipico della coscienza sia soltanto indice di vaghezza. Ciequivarrebbe a dire che il carattere tecnico o stra-ordinario dellutilizzohobbesiano di un vocabolo di uso comune finirebbe per esaurirsi nelle-quivocit, ovvero in un abuso linguistico. Purtuttavia, si tratta di unaconclusione di difficile accoglimento: dissolvendo la coscienza in unin-stabile molteplicit di significati, Hobbes sarebbe il primo a infrangerele regole da lui stesso enunciate per un impiego corretto dei nomi. Persfuggire a un esito tanto problematico, non resta che indietreggiare di unpasso, e considerare se non si dia un altro modo per intendere la specifici-t delluso hobbesiano del termine, che meglio si accordi con levidenzatestuale.Ora, lesame del corpus ha stabilito che coscienza un termine stabile

del vocabolario di Hobbes, che esso attraversa per lo pi lintero arcodella sua produzione secondo uno schema formale ricorrente e che un taleschema ne differenzia limpiego rispetto alla prassi linguistica ordinaria.La coscienza viene a trovarsi al centro di una fitta rete di equivalenze;ma, se esse intendono pur dire qualcosa, se, in altre parole, esse non silimitano a non svuotare la coscienza del proprio contenuto attraversola proliferazione semantica della polisemia, lipotesi di un uso equivocodel termine non caritatevole, e devessere scartata. Non rimane, allora,che ipotizzare un impiego filosofico, teso ogni volta a stabilire non delleidentit assolute, quanto delle corrispondenze lessicali incomplete, ossia,a definire e, quindi, chiarire il senso della coscienza, piuttosto che afarne un vocabolo ambiguo e senza senso. Il distanziamento sistematico

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Il vocabolario della coscienza

compiuto da Hobbes rispetto alla prassi linguistica ingenua sarebbe, perci,innaturale nella misura in cui esso si configurerebbe come lemendazionestessa della prassi naturale.Lesame dellintensa attivit definitoria cui Hobbes sottopone la coscien-

za nel corpus consente di trarre le prime conclusioni. La prima concernela natura dellimpiego hobbesiano del termine. Se coscienza rientra a pie-no titolo nel vocabolario specialistico di Hobbes, ci avviene in quanto laparola resa oggetto di un utilizzo correttivo; ovvero, nella misura in cuiil suo trattamento filosofico consente la rettifica di quellabuso linguisticorappresentato dal suo uso naturale. La seconda conclusione riguarda il sen-so della mossa teorica attuata da Hobbes. La pratica definitoria realizza, alcontempo, unespropriazione e una riappropriazione semantiche. Dopoaver sottratto alla prassi linguistica ordinaria un nome contraffatto da unuso improprio, fonte di equivoci e di assurdit, essa lo restituisce alla comu-nit dei parlanti provvisto di una rinnovata vis comunicativa. Tuttavia, unsimile rinnovamento non sarebbe punto possibile se Hobbes non proce-desse di pari passo ad una generale riorganizzazione del campo semanticodella coscienza. Invero, il fatto che un termine unico sia sostituito nonda un solo vocabolo, bens da una serie di sostantivi o locuzioni quasi-equivalenti, dimostra che la coscienza pre-riflessiva ununit compositadi senso, ovvero, il portato dello storico ramificarsi del concetto attraversouna molteplicit di aree semantiche differenti. Eppure, per quanto sia uncompito di indiscutibile interesse e in certa misura necessario ad acclararei contorni della stessa operazione hobbesiana, non possibile rievocare inquesta sede anche solo alcuni dei momenti pi significativi della storia deltermine; una simile digressione ci allontanerebbe per necessit dal nostroproposito.9 Ci baster, per ora, citare un unico dato, indicativo dello statodellarte ai tempi di Hobbes.

9. Accompagnando e insieme determinando le fasi decisive di sviluppo delpensiero europeo, levoluzione della coscienza ha conosciuto un percorso ol-tremodo lungo e complesso. Pertanto, malgrado la materia meriti la pi attentaconsiderazione dello studioso, la via che conduce a una sua disamina esaustivarisulta lastricata di difficolt. Avviene cos che, accanto a indagini puntualisu alcuni tratti specifici della vicenda evolutiva del termine, manchi tuttorauno studio in grado di offrirne uno sguardo dinsieme, al contempo efficacee accurato. Se, tuttavia, decidessimo di raccogliere la sfida e ci avventurassi-mo sin dora nei nebulosi territor della coscienza, lexcursus si tramuterebbe

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Quadro generale

Aprendo il Lexicon philosophicum di Rodolphus Goclenius alla voceconscientia, potremo ammirare uno spaccato delle accezioni specialisti-che del nome ancora in uso nel secolo diciassettesimo. La mezza paginache ci interessa, la 447, offre una lettura sincronica dei sensi che nel temposono andati stratificandosi nella categoria; essa dunque rappresenta unostrumento prezioso, poich cattura unistantanea del processo storico cheha interessato secoli di riflessione. Limmagine ferma al 1613, quandoil trattato fu edito per la prima volta a Francoforte. Sebbene il Lexicondocumenti soltanto una parte quella esplicita e, dunque, pi visibile delle vicende evolutive della coscienza, lasciando nellombra i rivolgimentisemantici che sono avvenuti ad altri livelli della prassi linguistica, comenelluso popolare, retorico o letterario, non occorre molta dimestichezzacon la materia per avvedersi della sua complessit. Gi a partire dalla si-nossi dapertura, in cui sono riassunti i significati principali del termine,lo scenario che ci si presenta alla vista senza alcun dubbio composito.Apprendiamo che nella letteratura filosofica si sono sedimentate, perlome-no, quattro distinte accezioni. La prima qualifica la conscientia come lavis mentis grazie a cui gli uomini sono predisposti al culto di Dio e alsommo bene. La seconda la definisce notitia arcana de factis prteritis.La terza corrisponde allhabitus conclusionum practicarum o sinderesi.La quarta intende la coscienza come il syllogismus practicus.10 Nel corsodella voce, tuttavia, Goclenius non manca di specificare dei sensi ulteriori,come il sensus iudicij divini de factis suis, quorum notiti tamquam testisadiunctus est e il cordis nostri testimonium coram Deo.11

Rodolphus era un filosofo scolastico, e, senza dubbio, la formazionee lappartenenza culturale hanno influito sul suo modo di guardare allamateria, di fatto guidandone la selezione. Eppure, per quanto parzialepossa essere lo sguardo offertoci dal Lexicon sullo stadio evolutivo della

presto in un intero trattato, e noi perderemmo infine di vista le ragioni che cihanno indotto a intraprenderlo. Preferiamo quindi tenerci sulla via maestra,proseguendo nel cammino intrapreso, e limitarci a sopperire alla mancanzadi un resoconto completo della coscienza con opportune integrazioni, ove sirenda necessario. A titolo di esempio, si rimanda alla prima parte, ove le tappesalienti del tema semantico della cum-scientia sono ripercorse.

10. Rodolphus Goclenius, Lexicon philosophicum, quo tanquam clavephilosophi fores aperiuntur , Francoforte, Matthias Becker, 1613, p. 447.

11. Ibidem.

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coscienza, esso ci permette di concludere che, nel periodo di compilazionedellopera, il vocabolo vantava sensi molteplici, accumulati nel contattocon aree semantiche anche molto distanti tra loro. Senso, ragione, giu-dizio: gli alterni richiami compiuti, ora allimmediatezza della sensibilit,ora alla mediazione riflessiva del pensiero, attraverso simili scelte lessicalirendevano le diverse formulazioni di conscientia difficilmente sovrappo-nibili. Essi attestavano che, sotto la superficie di un termine unitario, siagitavano narrative e immagini dissonanti se non, perfino, inconciliabili.Nel tentativo di far un po di chiarezza, conferendo un ordine alla molte-plicit, lo stesso Rodolphus a suggerire che la coscienza si compone didiverse parti: partes conscienti sunt testatio facti; excusatio vel accusa-tio bene vel secus facti: impulsio ad agendum vel ab agendo revocatio.12

E, poich il legame con la prassi arricchisce di ulteriori valenze semanti-che un termine gi stratificato, lo studioso infine annota che conscientiaigitur partim ad mentem, partim ad voluntatem pertinet.13 La voce delLexicon philosophicum perci dimostra che anche allinterno di un registrolinguistico controllato, qual , o perlomeno dovrebbe essere, il discorsofilosofico, coscienza era solita dirsi in molti modi: era un nome equivo-co.14 La storia dellabuso del termine veniva di conseguenza a coinciderecon quella della sua equivocit, con la storia del suo progressivo ramificarsie stratificarsi semantico. Se, in fondo, una parola non che memoria diun tale passato, se essa non dice altro che le res gestae o azioni linguistico-concettuali che, nel portarla a espressione, sono da sempre trapassate neisuoi significati, chiunque intenda emendare il linguaggio ordinario diqui che dovr prendere le mosse. Egli sar chiamato a fare i conti conquesto lascito, ricostruendone le fasi e le fortune e interrogandosi sullaloro validit. Una volta aver scomposto il nome nelle diverse accezioni

12. Ibidem.13. Ibidem.14. Come illustra il contributo di Francesco Giampietri, Conscientia mu-

tabilis. I significati della coscienza nei lessici filosofici latini del Seicento, in Co-scienza nella filosofia della prima modernit, a cura di Roberto Palaia, Firenze,Olschki, 2013 ( Lessico Intellettuale Europeo, 119 ). Dal raffronto dei pi ce-lebri lessici latini secenteschi, lo studio di Giampietri mostra come limprontadella Scolastica sulla compilazione delle voci fosse cos diffusa da uniformalecon moduli argomentativi analoghi.

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componenti e aver indicato, per ciascuna di esse, il corrispettivo termineunivoco, sar allora compiuto il primo passo per dissiparne lequivocit.Nel sostituire alla coscienza una serie di sostantivi o locuzioni semi-

identiche, Hobbes non sta operando qualcosa di dissimile. Al contrario,egli rammemora gli usi che, pur possedendo differenti settori linguisticidi provenienza, si sono depositati nel linguaggio ordinario e li sottoponea una critica radicale. Che la loro origine fosse dotta o popolare, che af-fondasse nella letteratura o nelle scuole filosofiche, doveva essere, per unuomo di quel tempo, un quesito del tutto privo di importanza; egli sene serviva, con ogni probabilit, in modo inconsapevole, assecondandolopinione, labitudine, il sentire comune. La coscienza o, piuttosto,quella sua raffigurazione che la prassi linguistica e i vissuti gli avevano resofamiliare appariva ai suoi occhi come un dato e, come tale, egli dovevaadoperarla per rappresentarsi e interpretare la realt. Nondimeno, era unacategoria viziata, che impiegava senza potersene avvedere. Per raggiungereuna piena consapevolezza del proprio errore, egli avrebbe dovuto sospen-dere gli usi naturali del termine e procedere a un complessivo riordinodel suo campo semantico. quanto fece Hobbes, strappando unetichettaormai consunta dalluso e rendendo espliciti i diversi sensi che lutilizzoambiguo di un solo nome aveva occultato. Ed questo plurimo orizzonteche ora ci volgiamo ad esplorare.

1.3. Il campo semantico della coscienza

Apprestandoci a perlustrare il campo semantico della coscienza, pu essereutile procedere come gli antichi cartografi alle prese con territor scono-sciuti, osservandoli dallalto per poterne tratteggiare la conformazionegenerale, in un unico sguardo di insieme. A un simile livello di analisi,lattenzione non potr fare a meno di soffermarsi su due caratteristichepeculiari, che, come coordinate, intercettano questa regione ancora ine-splorata definendone i contorni. Nel senso, per dir cos, orizzontale, essasi distingue per lampiezza della sua estensione: lintero semantico dellacoscienza si svolge in una pluralit di significati che, attraversando areeanche molto distanti tra loro, finiscono per intersecare diverse delle sfac-cettature pi pregnanti della vita del singolo, come della comunit. Si

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rileva cos che, se non le sono estranee n lesperienza morale n quella re-ligiosa, alla coscienza hobbesiana pertiene, accanto al dominio della prassi,anche la sfera del conoscere, e la scena privata non meno di quella pubblica.Spostandoci, invece, nel senso verticale, si osserva che ciascuna delle areesemantiche attraversate dalla nozione percorsa in profondit, per linterospettro dei significati che le sono propr. In tal modo, nel corpus hobbesia-no la coscienza ora assimilata alla scienza ora allopinione fallibile, cosda coprire tutte le gradazioni semantiche associate al tema del conoscereche sono racchiuse tra i suoi contrar. Il terreno della coscienza lascia cosintravvedere le prime asperit, poich, lungi dallessere piano e uniforme,a un esame pi ravvicinato presenta forti dislivelli e sconnessioni.Allontanandoci ora dai confini del nostro campo di indagine, per rap-

presentarne nel dettaglio la geografia, opportuno passare a una scala diingrandimento maggiore. Nel sottoporre ad analisi lintero semantico del-la coscienza, organizzeremo perci la fitta rete di corrispondenze lessicaliin cui esso giunge a definirsi in tre macro-aree di senso, segnalandone divolta in volta le relative implicazioni. Saranno quindi illustrate non sol-tanto le valenze essenziali dei nomi conscience e conscientia, ma anchequelle dei termini cui essi sono equiparati, al fine di produrre uno schemaparticolareggiato dei significati coinvolti. La nostra mappatura esplorer,dapprima, larea semantica del conoscere, per poi spostarsi a quella delgiudizio che introdurr, infine, quella dellazione.

1.3.1. Larea semantica del conoscere

Un primo gruppo di equivalenze, come si gi accennato, lega la coscienzaallarea semantica del conoscere. Nel settimo capitolo del primo libro delLeviatano, dedicato ai termini o risoluzioni del discorso, il nome risultaassociato alla conoscenza condivisa da due o pi uomini di un medesimofatto, e assimilato alla testimonianza: quando due o pi uomini cono-scono un solo e medesimo fatto, si dice che ne sono CONSCI lun versolaltro, ed come se lo conoscessero insieme. Poich essi sono i pi idoneitestimoni dei fatti delluno e dellaltro o di quelli di un terzo, stata esar sempre reputata unazione molto cattiva per qualsiasi uomo il parlare

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contro la propria coscienza.15 Tuttavia, non si tratta del testimoniumdi Goclenius, tutto rivolto allinteriorit del singolo e al suo rapporto conDio: Hobbes allude a una modalit conoscitiva differente. Il passo sembrarichiamarsi al paragrafo dedicato da Hobbes alla coscienza undici anni pri-ma, negli Elementi di legge naturale e politica, per svilupparlo. Allottavasezione del sesto capitolo, nello spiegare che cosa intendano significare gliuomini quando dicono che questa e quella cosa vera, in o sulla lorocoscienza, Hobbes rileva che solitamente il termine adoperato sia nel-laccezione di scienza che di quella di opinione, ovvero, tanto quando gliindividui sanno, che quando pensano di sapere, che essa sia vera. E poichla verit di una proposizione consegue dallevidenza della sua conoscen-za, coscienza non solo denoter lopinione circa la verit del contenutodel conoscere, bens, anzitutto, lopinione di evidenza.16 Tuttavia, unasiffatta presunzione di certezza pu non essere dissimile dalla cecit concui qualcuno difende ostinatamente o sostiene unopinione17, ignorandole ragioni che potrebbero provarne la veracit. Il nitore, a prima vistasenzombre, della convinzione pu pertanto celare labbaglio dellerrore.Richiamandosi alla deposizione dei testimoni, entrambi i passi esamina-

ti pongono in connessione la coscienza con larea semantica della visione,giacch la testimonianza non valida se i testi non hanno dapprima vistoquanto dichiarano.18 E la relazione di reciprocit stabilitasi attraverso la te-stimonianza tra coloro che sono consci avvicina, con la mediazione dellavisione, la coscienza al culto: difatti, quando libero, esso non consisteche nella validit condivisa dei segni donore rivolti a Dio, alla cui messain scena i fedeli assistono, luno rispetto allaltro, al pari di spettatori.19

Eppure, cos come larea semantica della conoscenza non lineare, allostesso modo non pu definirsi tale quella della visione. Pertanto, mentrela vista di uno stesso fatto assicurava ai testimoni la certezza e faceva della

15. Leviatano, a cura di Gianni Micheli, Firenze, La Nuova Italia, 1976, i.7,pp. 63-64.

16. Elementi di legge naturale e politica, a cura di Arrigo Pacchi, Firenze, Lanuova Italia, 1968, i.6.8, pp. 27-28.

17. Terze obbiezioni e risposte, in Cartesio, Meditazioni metafisiche. Obbie-zioni e risposte, a cura di Eugenio Garin, Roma-Bari, Laterza, 2002, Obbiezionetredicesima (Sulla quarta Meditazione. Del vero e del falso), p. 180.

18. Leviatano, cit., ii.26, p. 295.19. Ivi, ii.31, p. 354.

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loro deposizione unautentica espressione di scienza o del conoscere, lo-pinione risulta al contrario connessa con le prospettive o contemplazioniprivate di chi agisce in base a quanto sembrer buono ai suoi occhi20:a ogni tipo di conoscere, spetta la propria visione; e laddove essa non siaunitaria, ma frammentata in una molteplicit di sguardi irriducibilmen-te singolari, lo stato deve necessariamente essere diviso21. La diversitdegli individui, che non pu che tradursi in una pluralit di esperienzesoggettive, ossia, parziali, stabilisce cos lequazione tra opinioni private ecoscienze private.22

Il nesso tra coscienza e conoscere trova unulteriore conferma in dueluoghi testuali degni di nota. Nel primo, localizzato in un punto del Levia-tano quasi diametralmente opposto rispetto al passo dapertura, la figurapaolina della coscienza cauterizzata evocata per illustrare latteggiamen-to degli spiriti seduttori che dicono menzogne con ipocrisia, e resacon lespressione in modo contrario, cio, alla loro conoscenza.23 Nellebattute conclusive del movimento dimostrativo, Hobbes decide cos di sug-gellare largomentazione con unimmagine, e affatto singolare: servendosidi un hapax, e dando quindi prova di unapprofondita conoscenza delleScritture, egli conferisce un volto alla confederazione di ingannatori chegoverna il regno delle tenebre spirituali,24 cos da compiere il Leviatanorappresentandone in modo icastico lantagonista. Il secondo passo, invece,nel trattare Della nutrizione e procreazione di uno stato nella maggiore delleopere politiche di Hobbes, riconosce un valore conoscitivo alla coscienzatrovando alla locuzione secondo le passioni un equivalente in contro lacoscienza.25 Seppur in forma del tutto nuova, la polarizzazione classicatra le funzioni conoscitiva e motrice del soggetto giunge in tal modo apiena espressione.

20. Ivi, ii.29, p. 318.21. Ibidem.22. Ibidem.23. Leviatano, iv.44, p. 599.24. Ivi, iv.44, p. 597.25. Ivi, ii.24, p. 244.

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1.3.2. Larea semantica del giudizio

Il secondo gruppo di corrispondenze lessicali ci conduce a esplorare unterritorio di confine tra la sfera semantica del conoscere e quella dellazio-ne. Poich non si dichiara mai qualcosa in o sulla coscienza quando la siconsidera incerta,26 che se ne conosca o meno la verit, la coscienza non altro che un giudizio ed unopinione permanente di un uomo [the con-science being nothing else but a mans settled judgment and opinion].27

Attraverso unendiadi, Hobbes introduce una nuova equazione che esten-de il campo semantico della coscienza in direzione della prassi; pure, ilsuo non punto un gesto arbitrario, bens lesito di un intenso lavoriodefinitorio. il giudizio stesso a esser posto in termini di opinione: nelcapitolo Dei termini o risoluzioni del discorso del Leviatano, il concetto infatti definito come lultima opinione nella ricerca della verit del passa-to e del futuro o sentenza risolutiva e finale di colui che discorre.28 E,mutuando dallopinione una costitutiva apertura allerrore, il giudizio necondivide la natura fallibile, in modo tale che, perch la coscienza di unuomo e il suo giudizio sono la stessa cosa [. . .] come il giudizio, cos anchela coscienza, pu essere erronea.29 Ancora una volta, il fatto che sia diaun contenuto di coscienza, che esso appaia, non risolutivo per decideredella sua veracit.Nella misura in cui la sentenza finale del giudizio il risultato della ra-

tiocinatio o computazione delle conseguenze dei nomi generali,30 Hobbesequipara la coscienza altres alla ragione. essa che, mediante il calco-lo, giunge a pronunciare il verdetto nella causa della verit del passatoe del futuro e che, dunque, veste i panni del giudice termine cuila ragione non a caso ricondotta,31 attraverso una metafora analogica32

26. Elementi di legge naturale e politica, cit., i.6.8, p. 28.27. Ivi, ii.6.12, p. 224 (De Corpore Politico, or the Elements of Law, in The

English Works, a cura di William Molesworth, London, Bohn, 1839-1845,rist. Aalen, Scientia Verlag, 1961-1962, iv, ii.6.12, pp. 186-187 ).

28. Leviatano, cit., i.7, p. 62.29. Ivi, ii.29, p. 318.30. Ibidem.31. Leviatano, cit., ii.37, p. 439.32. Aristotele, Poetica, a cura di Domenico Pesce, con testo greco a fronte,

Milano, Bompiani, 2000, 1457 b 5-29, p. 115.

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che trova, nondimeno, una giustificazione nelletimologia.33 Eppure, nonlimitandosi a dire il diritto, ma decidendo essa stessa della verit, ossia,istituendolo, la retta ragione , al contempo, definita come regola34 elegge35. Nelladdizionare e sottrarre, a partire da veri princip, vocabolidi senso generale con un metodo buono e ordinato36, essa infatti pro-duce scienza37; ed essendo il criterio del vero, per ci stesso misura38

del retto e del torto, cio, della liceit dellazione. Sbagliati (wrong)non sono che gli atti che contravvengono alle sue conclusioni: poich,tuttavia, si dice che fatto a torto quanto infrange qualche norma, iteoremi pratici della retta ragione saranno altres definiti come dettamirazionali e come leggi o, meglio, come leggi naturali, essendo partedella natura umana39 e volti alla sua tutela.Pure, nemmeno Hobbes poteva contentarsi di spiegare lampliamento

semantico del concetto di ragione a questo modo. Per toccare con mano lacomplessit della categoria e, di rimando, della coscienza che a essa equi-parata, pu essere utile addentrarsi nelle pieghe del problema e illustrarnealcuni dei risvolti essenziali. Nel passaggio dal senso di regola generale40

ai significati di precetto41 e di legge, si verifica uno scarto; il lessicomatematico-dimostrativo della razionalit calcolante finisce per assumeredelle valenze inaspettate. Dal momento che legge, in senso proprio, de-nota il comando o la manifestazione della volont 42 di chi detieneil potere coercitivo43 in modo legittimo44, le conclusioni razionali sullaconservazione e la difesa di se stessi potranno essere definite leggi naturalisoltanto come manifestate nella parola di Dio, che, per diritto, comanda

33. Come spiega Isidoro, iudex deriva da ius e dicere. Isidoro di Siviglia,Etimologie o origini, a cura di Angelo Valastro Canale, con testo latino a fronte,Torino, utet, 2004, v.22, p. 393.

34. Leviatano, cit., ii.29, p. 318.35. Ivi, ii.16, p. 176.36. Ivi, i.4, p. 35.37. Elementi di legge naturale e politica, cit., i.11.2, p. 86.38. De Corpore Politico, cit., i.3.5, p. 11.39. Leviatano, cit., i.15, p. 169.40. Ibidem.41. Ibidem.42. Ivi, ii.26, p. 265.43. De Corpore Politico, cit., i.3.5, p. 100.44. Leviatano, cit., i.15, p. 154; Elementi di legge naturale e politica, cit., i.13.6,

p. 105.

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su tutte le cose45. Il calcolo si apre cos alle considerazioni teologiche,gettando le basi per un resoconto unificato tanto della legge naturale emorale, quanto di quella divina o, in altri termini, della parola razionalee profetica di Dio. Se, invero, la legge di Dio a essere riposta nella ret-ta ragione46, i teoremi immutabili ed eterni47 su quel che si deve fare etralasciare non potranno che coincidere con i precetti di vita promulgatinelle Sacre Scritture. Del resto, nessuna opinione verace pu contraddire,per Hobbes, la vera religione, soprattutto ove essa corrisponda a uno deitre modi di udire il Verbo divino48. Vestendo ora i panni della luce49

donata agli uomini da Dio come guida dellazione, levidenza del calcolosi copre di un nuovo fulgore, capace di parlare e, quindi, di comandaretanto al filosofo che al fedele.Esplorando larea semantica del giudizio, ci siamo imbattuti nella ra-

gione e nella sua fitta trama di significati; siamo cos passati dal lessicomatematico del computo al vocabolario giuridico dei sensi giudice elegge, finch laula del tribunale non si spalancata, lasciando scorgereoltre di s la luce divina. Tuttavia, proprio come il giudizio ammette ilvero e il falso, cos anche la ragione pu non essere sempre retta: pertanto,dopo esserci soffermati sul primo gruppo, positivo, di equivalenze lessicali,ci rivolgiamo ora ai significati che si raccolgono attorno al senso contrario.Una volta che si prenda in conto lipotesi dellerrore, la ragione apparirsotto una nuova luce, e come da sempre in bilico tra scienza e follia.Allo stesso modo in cui, come si visto, la retta ragione produce

scienza, ossia, general, eternal, and immutable truth, cos il falso ra-gionamento genera assurdit e priva gli uomini del senno, rendendo laloro esistenza deteriore perfino di quella delle bestie. La natura, infatti,non conosce falsit: vero o falso sono attributi delle parole, non dellecose;50 essi dunque non appartengono al senso e allimmaginazione, chesono posseduti da tutti gli animali, ma sono prerogativa del discorso, e

45. Leviatano, cit., i.15, p. 154.46. De cive, cit., ii.10.7, p. 133.47. Leviatano, cit., i.15, p. 153.48. Essi sono, per lappunto, la retta ragione, il senso soprannaturale e la

fede, Leviatano, cit., ii.29, p. 349.49. De Corpore Politico, cit., i.5.12, p. 116.50. Leviatano, cit., i.4, p. 34.

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Il vocabolario della coscienza

spettano, perci, alluomo soltanto. Quanto distingue lanimale razionaleda ogni altro essere vivente, di conseguenza, reca in s non solo le ragionidella sua effettiva superiorit, ma anche i germi dellimpotenza pi radi-cale: poich il genere umano non sempre viaggia al passo della ragione,51

ma, al contrario, cade in false e assurde regole generali, esso erra pi lar-gamente e pi pericolosamente di quanto possano errare gli animali prividel linguaggio.52 Mentre questi, facendo affidamento sui sensi, compionoindividualmente degli sbagli su esperienze singolari, quello, servendosi deinomi, pu infatti propagare lassurdit allintera estensione del tempo edello spazio, come da un soggetto allaltro, attraverso linsegnamento. Latela dellinsensatezza cattura il proprio artefice; n si tratta, per luomo, diconfondere soltanto i propr simili, giacch, tra gli animali, egli il soloche possa per giunta ingannare se stesso, prendendo per vero tutto ciche fa oggetto di discorso. In sintesi, a lui tocca il privilegio di ragionare,e cos di sragionare, innalzandosi al di sopra dei bruti con la scienza ela concordia civile quanto ne scivola al di sotto con le dottrine erronee,perenne focolaio di disprezzo e di contesa. Pertanto, ove gli sia preclusa laverit, nellignoranza che luomo pu trovare una migliore e pi nobilecondizione53 di quanto non faccia contando su regole false: invero, conla prudenza naturale, egli evita di incorrere in discorsi assurdi e, con essi,in unesistenza solitaria e miserevole.Se , dunque, il medesimo il cammino che guida la mente alla saggez-

za e alla pazzia, ben si comprende come lesistenza degli uomini possaper principio oscillare tra gli estremi della pace e della guerra, meta deivocaboli ambigui e senza senso.54 Sospeso tra la barbarie e la civilt, a se-conda che coltivi o meno con lindustria55 il lume della ragione, luomotesse da s il proprio destino. In un discorso che parrebbe, sulle prime,echeggiare il tema pichiano della De hominis dignitate, si compie, tutta-via, il definitivo superamento dello scenario rinascimentale. L la rigidafissit della gerarchia medievale degli esseri trovava un punto di rottura

51. Ivi, i.5, p. 47.52. De homine, a cura di Antimo Negri, Torino, utet, 1972, 10.3, p. 588.53. Leviatano, cit., i.5, p. 46.54. Ivi, i.5, p. 47.55. Ivi, i.5, p. 45.

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nella libera autodeterminazione delluomo-Proteo56; con Hobbes, venutoa crollare lintero fondale metafisico-teologico, tutta la scena ricompresaallinterno del linguaggio e trasposta in un meccanismo rigoroso. Sottrattaallarbitrio della scelta, la decisione umana tra unesistenza pi gretta diquella ferina e il decoro civile57, si compie nel moto necessario di inva-riabili ingranaggi: le passioni della mente e il calcolo razionale, accanto aiquali, nel moderno dramma borghese della dignit, fa la propria comparsaun nuovo attore. ora di levare il sipario sulla persona fittizia del sovrano,e di tirare le fila del nostro discorso.Poich la retta ragione non una facolt infallibile,58 n data in rerum

natura come misura comune di ci che potrebbe divenire oggetto dicontroversia,59 Hobbes si trova a fronteggiare una duplice difficolt60: perun verso, egli deve garantirne la permanenza e, per laltro, le deve assegnareun contenuto valido per tutti. Mancando una guida stabile allortoprassi,Hobbes deve, in altre parole, adoperarsi perch la retta ragione assicuri lapace; cos, dopo aver introdotto la dottrina della rappresentanza, elegge amisura delle azioni buone e cattive in uno stato la legge civile61. Lassenzadi retta ragione risolta facendo appello alla ragione del sovrano62; ma,se giudice il legislatore63 e non pi il singolo individuo, non pi suquesti che riposa la capacit di determinare il rapporto tra il conoscere e laprassi. Con un abile colpo di teatro, Hobbes realizza questo nesso in modoaffatto nuovo. Nel costituirsi in societ civile, il soggetto cede il propriodiritto di auto-governarsi e si tramuta in un privato; esentato, secondoletimologia, dallagire in prima persona, egli diviene, in tal modo, unautore particolare dellunico attore pubblico. Soggetto vale ora in sensoproprio come suddito e, con maggior precisione, come sub-iectum dichi regge la parte della persona artificiale, cio, del sovrano.64

56. Ibidem.57. De homine, cit., 10.3, p. 588.58. De cive, cit., i.2, nota, p. 16.59. De Corpore Politico, cit., ii.10.8, p. 225.60. Il problema ben pi complesso di come possa essere rappresentato in

questa sede; rimandiamo, pertanto, al secondo capitolo per una trattazione pipuntuale.

61. Leviatano, cit., ii.29, p. 317.62. De Corpore Politico, cit., ii.10.8, p. 225.63. Leviatano, cit., ii.29, p. 317.64. Ivi, ii.17, p. 168.

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Il vocabolario della coscienza

Il passaggio dallo stato di natura a quello civile interviene sulla ragioneoperando una distinzione inedita; in esso infatti si consuma la fratturatra private e public reason. Allo stesso modo in cui coscienza eraequiparata a ragione, le ragioni private degli individui che, non essen-do pi dei soggetti egoistici e auto-interessati, divengono sudditi, trovano,pertanto, un corrispettivo nelle coscienze private, le quali, come svisto, non sono che opinioni private65. Parimenti, la ragione pubblica,ossia, la volont del sovrano66 manifestata pubblicamente nelle normepositive, assimilata alla coscienza pubblica che, dunque, coincide conla stessa legge67 in quanto regola o misura comune del giusto e del-lingiusto. Il nostro esame dellarea semantica del giudizio torna, infine, alprincipio e si richiude su di s; nella misura in cui la differenza tra priva-to e pubblico trasferita di riflesso, attraverso coscienza, ragionee le relative locuzioni, al giudizio medesimo. Si pu pertanto compren-dere come Hobbes, riassumendo nel paragrafo sullUso delle universit ilcontenuto delle opinioni sediziose esposte nel capitolo precedente, possascrivere che gli uomini giudichino ci che legittimo e illegittimo noncon la legge stessa ma con la loro coscienza, aggiungendo, a mo di inciso,vale a dire, con il loro giudizio privato68.

1.3.3. Larea semantica dellazione

Con il cristianesimo, la coscienza si dischiusa alla sfera della prassi. Se-condo gli insegnamenti impartiti dalla Scolastica, la categoria ha a chefare con le azioni umane, ma non con ogni atto purchessia: la coscienzasi riferisce alle sole azioni legittime, giacch essa decide del dovere nellecircostanze pratiche concrete, determinando lobbligazione morale. A te-nere a battesimo il concetto di coscienza morale fu Tommaso dAquino,che la concep come lindispensabile organo di mediazione tra le volon-t divina e umana. Definendo la rettitudine del volere in conformit aicomandi di Dio, la nozione fungeva da potente dispositivo dordine; essa,

65. Ivi, ii.29, p. 318 e iii.37, p. 439.66. Ivi, iii.37, p. 439.67. Ivi, ii.29, p. 318.68. Ivi, ii.30, p. 366.

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La polarizzazione dellimmaginario

infatti, garantiva il compimento della natura individuale secondo la normaoggettiva e superiore da cui ogni essere determinato a realizzarsi. Nelsalutare la coscienza come la sola regola delle azioni umane, lAquinatestabil il precetto accolto in maniera quasi unanime dalla tradizioneteologica successiva secondo cui tutto ci che non procede da essa peccato. Basata sulla presunzione di fare se stessi giudice del bene ma-le, una simile dottrina era, per Hobbes, ripugnante alla societ civile,poich conduceva allinevitabile dissoluzione della compagine politica.69

Il precetto tomista era adatto alla sola condizione naturale dellumanit,ma non a chi vive in uno stato, perch la legge la coscienza pubblica,dalla quale egli ha gi accettato di farsi guidare.70 In una societ civile, ifevery man had the liberty of obeying his conscience, peace would not lastfor an hour.71 Lacerato da una molteplicit di coscienze private, le qualinon sono che opinioni private,72 lo stato vedrebbe celermente la propriafine, smembrandosi. In aperta polemica con Tommaso e con la tradizioneteologica, Hobbes si adoper per conferire alle membra del corpo politicouna norma scientifica di condotta, fondata sulluniversalit delle leggi dinatura e sulla loro necessaria specificazione nelle leggi positive.

1.4. La polarizzazione dellimmaginario

Le evoluzioni semantiche attestate dai lessici e dai dizionar secenteschimostrano come la coscienza, nel corso della sua storia, sia stata pensataper immagini. La componente figurativa ha contribuito a plasmare il si-gnificato della nozione, conferendole uninedita vividezza. Alcune dellerappresentazioni pi celebri della coscienza sono state elaborate dal cri-stianesimo come il worm of conscience che non muore mai, evocatoda Hobbes a proposito dei tormenti eterni 73 e hanno contribuito aimprimerle una straordinaria forza icastica. Il tarlo della coscienza lafigura dellafflizione e del rimorso per i peccati commessi, come spie-

69. Ivi, ii.29, p. 347.70. Ibidem.71. De Corpore Politico, cit., ii.5.2, p. 164.72. Leviatano, ii.29, p. 347.73. Ivi, iv.44, pp. 988 e 992.

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Il vocabolario della coscienza

ga il Leviatano;74 esso si agita e rode incessantemente nei visceri occultidellanimo umano, infliggendo tormentose sofferenze. Nel castigare il sog-getto per i propr misfatti, il senso di colpa anticipa sulla terra le punizioniultraterrene che saranno inferte da Dio dopo il giudizio universale. Nel-la galleria delle rappresentazioni storiche della coscienza, due immaginispiccano tra le altre nellimmaginario hobbesiano: il tribunale e il cuore.Anche in questo caso Hobbes asseconda la tradizione, pur interpretandolain modo nuovo. Le due figure hanno un potere tale da assorbire il riccoimmaginario della coscienza attorno a s, polarizzandolo. Alla prima fan-no riferimento il testimone, laccusatore, il giudice, la sentenza; in sensolato, le aree semantiche del giudizio e del conoscere convergono verso ilforo. Alla seconda, invece, sono ricondotte le immagini relative alla com-ponente emotiva della coscienza, come il persecutore, il carnefice, gli stessitormenti, le pulsioni e gli appetiti. La partizione che Goclenius avevaefficacemente colto, precisando che conscientia igitur partim ad mentem,partim ad voluntatem pertinet, trova qui unimmagine vigorosa a rap-presentarla. Nondimeno, lantitesi tra il tribunale e il cuore ammette duechiavi di lettura. Da un lato, come abbiamo appena visto, le figure simbo-leggiano funzioni diverse dellunica coscienza, rendendo immediatamentevisibili le sue componenti intellettiva e passionale. Dallaltro lato, lanti-tesi pone ciascuna delle partes conscienti in contrasto con la giustiziasecolare. Quando, a opporsi, sono il foro e la coscienza/cuore, si delimita-no due distinti domin di realt; prende forma il contrasto tra il pubblicoe il privato, tra lesteriore e linteriore. Come la vita pubblica convergeattorno al tribunale, ove, di fronte agli occhi di tutti, si amministra la giu-stizia, cos il cuore il punto di convergenza dellio, in cui si raccolgonoi vissuti, alla sola vista del soggetto e di Dio. Esprimendo lintenzione inantitesi allatto e alle conseguenze della prassi, la coscienza/cuore giunge arappresentare la sfera pi intima dellindividuo, inaccessibile alla visibilite sottratta al dominio esteriore delle norme positive. Quando, invece, siscontrano il foro con il tribunale/coscienza, a contrapporsi sono due giuri-sdizioni: il forum internum delle intenzioni, in cui si decide della salvezza

74. Analizzando limmaginario biblico, Hobbes chiarisce che il worm ofconscience unespressione metaforica per grief. Ivi, iii.38, p. 716.

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La polarizzazione dellimmaginario

eterna e si deve dar conto soltanto a Dio, e il forum externum degli attisanzionabili dalla legge umana.

1.4.1. Il tribunale

Le vie della ragione e quella della coscienza si intersecano, facendo dellacoscienza il foro interno, la sola corte di giustizia naturale, dove nonregna alcun uomo ma Dio le cui leggi (quelle fra esse che obbligano tuttalumanit) rispetto a Dio, in quanto lautore della natura, sono naturali,e rispetto a Dio, in quanto il re dei re, sono leggi.75 La coscienza siconfigura come la corte interiore dei doveri morali, in una duplicazionedei fori e degli ordinamenti giuridici. Come rammenta Isidoro di Siviglia,lesistenza di un foro presuppone quella di una causa, di una legge e di ungiudice.76 La causa, ossia il caso, materia e origine di un processo quandonon ancora stata chiarita dal dibattimento. La materia e lorigine del pro-cesso sono causa in quanto esposte, giudizio quando dibattute, giustiziaquando risolte.77 Il modo di procedere di un giudice e della coscienza analogo, per la tradizione tomista; entrambi debbono ragionare per casi,applicando la legge alle circostanze concrete della prassi. Nellapertura delcapitolo quinto, Hobbes annota che i giuristi sommano le leggi e i fattiper trovare cosa sia giusto e ingiusto nelle azioni dei singoli;78 allo stesso,modo, secondo Tommaso e il pensiero cristiano, procede il giudizio prati-co, applicando la norma universale della sinderesi alle situazioni praticheconcrete. Due conoscenze immediate, non riflessive, sono implicite inuna simile concezione. La sinderesi, infatti, una conoscenza intuitivadei princip primi della morale; e una sorta di senso la conoscenza chepermette di appercepire i vissuti individuali. Come la testimonianza rap-presenta lunica prova in materia di fatto,79 cos la testimonianza interiore,

75. Ivi, ii.30, p. 379.76. Etimologie o origini, cit., v.22, p. 399.77. Ibidem.78. Leviatano, cit., i.5, p. 47.79. A Dialogue between a Philosopher & a Student of the Common Laws of Eng-

land , in The English Works of Thomas Hobbes of Malmesbury, a cura di WilliamMolesworth, Londra, Bohn, 1843, vi, p. 26: for to speak exactly, there cannotpossibly be any judge of fact besides the witnesses.

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Il vocabolario della coscienza

in cui lio ripercorre i propr vissuti, si configura come la conoscenza pisalda che si possa avere degli stessi.

1.4.2. Il cuore

Il vocabolario veterotestamentario non possiede la parola coscienza.80

La lingua ebraica, in compenso, ne esprimeva la realt con limmaginedel cuore, che rappresenta la sfera intima dellaffettivit, il centro dellapersona umana da cui scaturiscono le emozioni e i valori. Nel NuovoTestamento, Paolo indica la coscienza con il vocabolo greco ,alludendo alla sua capacit razionale di distinguere il giusto dallingiusto.81

Con la comparsa, nel Nuovo Testamento, della radice greca per designareanaloghe aree semantiche a quelle del cuore, la tradizione cristiana fin peraccostare i due vocaboli nellunica, ma sfaccettata categoria della coscienza.Il cuore denota, tradizionalmente, lambito del senso e delle affezioni: perHobbes the fountain of all sense,82 i cui moti sono appetiti e avversioni.Le affezioni del cuore e i fantasmi del cervello si generano reciprocamentelun laltro. Nel linguaggio biblico, linteriorit del cuore il veicolo diun contatto privilegiato col divino: Dio conosce i cuori e giudica dellasincerit, ossia, delle intenzioni umane, a differenza della legge umana,che costretta a pronunciare un giudizio soltanto sulle azioni, sugli attiesteriori. Nelle parole di Hobbes, of a sincere conscience [. . .] there isno Judge at all, but God, that knoweth the heart;83 motivo per cui, nonsolo there ought to be no Power over the Consciences of men,84 ma toextend the power of the Law, which is the Rule of Actions onely, to thevery Thoughts, and Consciences of men erroneo.85

80. The Cambridge Dictionary of Christian Theology, a cura di Ian A. Mc-Farland, David A. S. Fergusson, Karen Kilby, Iain R. Torrence, Cambridge,Cambridge University Press, 2011, p. 111.

81. Paolo, Epistola ai Romani, 2: 14.82. De corpore, iv.25.4, pp. 319-320.83. Leviathan, a cura di Noel Malcolm, Oxford, Clarendon Press, 2014 ( The

Clarendon Edition of the Works of Thomas Hobbes, 4 ), iii.42, p. 866.84. Ivi, iv.47, p. 1116.85. Ivi, iv.46, p. 1096.

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Il problema della coscienza

1.5. Il problema della coscienza

La storia aveva consegnato a Hobbes un lascito problematico. Coscienzaera un vocabolo polisemico, ricco di valenze in contrasto tra loro. Esten-dendosi dal senso al giudizio, dalla scienza allopinione, dal conoscereallemotivit, dallintenzione al dovere, lo spettro semantico del termineaveva raggiunto unampiezza eccezionale. Ad essa, si era accompagnato unruolo altrettanto incisivo nella vita del common man: sulla coscienzariposava la conoscenza fattuale86, ma anche lintuizione dei primi princippratici; da essa dipendeva la conoscenza doxastica di quel che si deve fareo tralasciare in ogni circostanza; in essa si radicava, in ultima analisi, lafelicit e la salvezza mondane e nella vita eterna, come lafflizione dellacolpa e gli spaventosi tormenti dellaldil. In breve, era dalla coscienzache scaturivano lordine e il disordine. La polisemia aveva innescato uncortocircuito storico-concettuale, trasformando la nozione in un foro incui essa recita tutte le parti: il testimone con la conoscenza condivisa, lav-vocato difensore con la buona coscienza, laccusa con la cattiva, il giudicepronunciando la sentenza finale sulla legittimit o meno di un atto e sulvalore del soggetto.Le implicazioni in campo avevano reso il vocabolo particolarmente in-

sidioso. A differenza di altri termini ambigui cui Hobbes poteva dirigerela propria attenzione, coscienza non comprometteva soltanto la veracitdegli scritti specialistici. Essendo penetrato nel linguaggio ordinario e cosin profondit da poter decidere del lecito e dellillecito, il nome mettevaa repentaglio la salus dellindividuo e della compagine statale. Coscienzaera un vocabolo polisemico distintivo, poich sulla sua ambiguit il potereecclesiastico aveva eretto dominio assoluto delle masse. Prima ancora chedi Dio, il foro interno era la giurisdizione del regno delle tenebre: nellamisura in cui avevano acquisito il monopolio delle coscienze, i poteri in-diretti controllavano la regola delle azioni umane, usurpando la sovranitdegli altri principi. Come unici interpreti del volere divino, essi scioglie-vano i soggetti dal vincolo di obbedienza ai sovrani civili, distruggendolunit su cui si fonda la convivenza civile. Hobbes aveva compreso che,

86. Leviatano, i.7, pp. 63-64.

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Il vocabolario della coscienza

nello spalancare la frattura tra intenzione e legge, tra giustizia verso Dioe pace fra gli uomini, la coscienza era divenuta un efficace dispositivo dicontrollo popolare. La stessa possibilit dello stato ben fondato, pertanto,sarebbe dipesa dallo smascheramento dellinganno ordito dai poteri indi-retti e dalla rifondazione della coscienza come categoria teologico-politicafondamentale, in grado di decidere della verit, del valore e degli obblighiumani.Pur nella sua brevit, lanalisi lessicografica ci ha offerto uno sguardo

di insieme sugli usi hobbesiani di coscienza, nel contesto degli sviluppisemantici pi significativi del termine. Ora che la nozione cardinale dellostudio stata introdotta, si pu procedere a una disanima delle difficoltinterpretative che sono scaturite dalla sua polisemia. Poich, con la co-scienza, ne va dei punti nevralgici del sistema di Hobbes, il conseguimentodi una comprensione adeguata del concetto assume i tratti di una sfidadecisiva.

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2. Un rompicapo hobbesiano

2.1. La posizione del problema

Lanalisi lessicografica appena condotta possiede un carattere introduttivo:mappando in maniera puntuale le occorrenze del termine coscienza checompaiono nel corpus hobbesiano, il Vocabolario della coscienza ha traccia-to i contorni del nostro campo di indagine, consentendoci di abbracciarein un solo sguardo la molteplicit e la distribuzione testuale delle accezioniadoperate da Hobbes. Nel documentare le diverse aree semantiche attra-versate dal vocabolo, lo studio ha cos dimostrato che esso suole ricorrerein corrispondenza degli snodi problematici pi pregnanti della dottrinateologico-politica hobbesiana, giocando ogni volta un ruolo decisivo aifini della loro risoluzione. Per quanto una simile regolarit rappresentiun dato fondamentale, essa, nondimeno, non adduce alcun criterio ordina-tore per farsi largo tra la folla di immagini e significati che si raccolgonoattorno alla coscienza; perci, a chi intenda intraprendere uno sforzo dicomprensione essa assegna un compito: individuare le cause di un uso cosstratificato del termine e la sua funzione teorica nelleconomia del siste-ma. Se il Vocabolario ha catturato in unistantanea i molteplici volti della

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Un rompicapo hobbesiano

coscienza, per come essi si offrono allo sguardo nelle diverse opere, oraoccorre portare alla luce il principio che ha informato una fenomenologiatanto variegata, accertando se il termine abbia conosciuto una dinamicaevolutiva tra i diversi scritti. Occorre, pertanto, abbandonare la visualesincronica adottata in precedenza per una prospettiva gerarchica e diacro-nica, che scomponga la sequenza giustapposta dei significati di coscienzaalla ricerca dei problemi filosofici che ne hanno dettato via via limpiego elo sviluppo. tempo che gli strumenti della lessicografia cedano il luogoallanalisi concettuale.Il compito che si profila allorizzonte non per nulla scontato. Bench

negli ultimi ottantanni si siano susseguiti diversi approcci interpretativi alpensiero di Hobbes, nessuna lettura conclusiva stata offerta della funzio-ne assolta dalla coscienza nel sistema. Il persistente disaccordo degli studio-si sul ruolo teorico del concetto dimostra come sia impervio il camminoche separa lapprezzamento dei molteplici usi hobbesiani del termine dallacomprensione del loro peso argomentativo. Cos, se la polisemia rendecoscienza uno strumento concettuale di per s problematico, imponendoallinterprete il difficile compito di ricostruire il confine tra la critica filoso-fica e la prassi linguistica ordinaria, la sua problematicit si riverbera sullostudioso, celandogli il senso generale delloperazione hobbesiana. In ulti-ma analisi, lequivocit del concetto, maturata in una complessa vicendasemantica, sfocia in una difficolt interpretativa maggiore, nel problema diindividuare il posto occupato da Hobbes nella storia dellidea di coscienza.Poich, tuttoggi, linteressamento del filosofo per la categoria ben lungidallessere chiarito, la difficolt di pervenire a uno sguardo unitario sullacoscienza hobbesiana ha assunto i tratti di un autentico rompicapo erme-neutico. Per definirne i contorni, conviene prendere le mosse da alcunidati testuali.Sebbene le opere politiche di Hobbes abbiano via via conosciuto un

significativo approfondimento della tematica e svariate variazioni dottri-nali, su un punto di fondo laccordo si dimostrato completo. Quandosi giunge a discutere della validit dei calcoli razionali in vista della con-servazione, al lettore affidato il medesimo chiarimento, incentrato sulladistinzione ecclesiastica dei fori. La deduzione delle leggi di natura con-dotta da Hobbes nel quindicesimo capitolo del Leviatano si conclude, cos,

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La posizione del problema

con un rilievo fondamentale: le leggi di natura obbligano in coscienzasempre, ma in realt solo quando c sicurezza.1 Non siamo qui alle presecon unannotazione estemporanea: sebbene il testo del 1651 raggiunga for-se la maggior concisione e incisivit espressiva, esso non fa che riproporrelargomento con cui gli Elementi (1640) e il De cive (1642) avevano corona-to le corrispondenti sezioni tematiche. Cos, mentre il Leviatano proseguein questi termini: le leggi di natura obbligano in foro interno, vale a dire,vincolano a desiderare che si attuino, ma non sempre in foro externo, cio aporle in atto2, il capitolo 17 della prima parte degli Elementi, intitolato Leleggi di natura, gi recava scritto: [. . .] la forza della legge di natura non in foro externo, finch non vi sia sicurezza per gli uomini di obbedirvi, ma sempre in foro interno [. . .] e ribadiva poco sotto che le leggi di naturaconcernono la coscienza3. Una formulazione analoga si riscontra anchein Altre leggi di natura, il capitolo che nel De cive tratta della deduzione:[. . .] la legge di natura obbliga sempre e dovunque nel foro interiore, ossiain coscienza; non sempre nel foro esteriore, cio soltanto quando lo sipossa fare al riparo da eventuali danni.4 Una simile continuit argomen-tativa attesta lappartenenza del motivo dei fori al nucleo originario delladottrina hobbesiana, rendendo ancora pi urgente il problema della suacomprensione. Non stupisce, perci, che essa non sia passata inosservata,n che attorno alla sua lettura si siano sovente animati dei dibattiti viva-ci, come avvenne a partire dagli stud di Taylor e Warrender sul pensiero

1. Leviatano, a cura di Gianni Micheli, Firenze, La Nuova Italia, 1976, i.15,p. 152. Il testo figura nella nota marginale che introduce il contenuto del-lultima porzione del capitolo 15. Nelloriginale inglese leggiamo: the lawsof nature oblige in conscience always, but in effect then only when there issecurity.

2. Ibidem. Sebbene ledizione latina del 1668 riporti una significativa aggiun-ta, nella sua essenza largomentazione risulta inalterata: leges naturales obli-gant in foro interno, id est, earum transgressio non crimen proprie, sed vitiumdicendum est. Sed in foro externo non semper obligant, in Opera philosophicaqu latine scripsit omnia, a cura di William Molesworth, 5 voll., Bohn, London1839-1845, iii, p. 121.

3. Elementi, cit., i.17.10 e 13, pp. 144-145.4. De cive, cit., i.3.27, p. 126. Il testo originale reca: ideoque concludendum

est, legem natur semper et ubique obligare in foro interno sive conscientia,non semper in foro externo; sed tum solummodo, cum secure id fieri possit, inOpera philosophica qu latine scripsit omnia, a cura di William Molesworth, 5voll., Bohn, London 1839-1845, ii, p. 195.

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Un rompicapo hobbesiano

morale di Hobbes e sulla sua teoria dellobbligazione.5

In un punto determinante della dottrina hobbesiana, in cui si decidedella possibilit dello stato ben fondato, gli scritti politici procedono al-lunisono; essi ricorrono allo stesso vocabolario, desunto dalla tradizionecanonistica e teologica. Lesigenza, da parte di un filosofo materialistasovente tacciato di ateismo, di rappresentare i diversi ambiti di validitdella legge morale e umana con un lessico non strettamente filosofico degna di nota, e non pu fare a meno di interrogare lo studioso. Nellostabilire che le leggi di natura vincolano in coscienza, Hobbes sembrereb-be assoldare una categoria cruciale della teologia cristiana per conferirleuna funzione teorica decisiva: condurre lumanit dalla condizione natu-rale di guerra di tutti contro tutti al Common-wealth. La centralit dellacoscienza nel discorso politico hobbesiano parrebbe confermata da unulteriore passo del Leviathan, in cui, attraverso lequazione the Law isthe publique Conscience6, prenderebbe forma lunit della Feigned orArtificiall person7 statale. Certo, a Hobbes non mancavano degli illustriprecedenti: per primo, era stato Platone a suggerire lanalogia tra lanimae lo stato, cos da politicizzare le tensioni psichiche e unire razionalmen-

5. E. A. Taylor, The Ethical Doctrine of Hobbes, Philosophy, xiii, 52, 1938,pp. 406-424. Howard Warrender riprese e perfezion la tesi di Taylor nelvolume The Political Philosophy of Hobbes: his Theory of Obligation, Oxford,Clarendon Press, 1957. Per entrambi gli studiosi, la dottrina etica hobbesiana logicamente indipendente dalla sua psicologia egoistica e si configura comeuna rigorosa deontologia. Avendo infranto il nesso fra la filosofia della naturae la filosofia morale di Hobbes, la tesi Taylor-Warrender stata oggetto dinumerose critiche negli anni Cinquanta e Sessanta, in difesa dellunitariet delsistema hobbesiano e dellimportanza che in esso riveste la scienza naturale.Ai rilievi si accompagnato un atteggiamento pi freddo nei confronti dellacoscienza e del ruolo da essa assunto nel pensiero di Hobbes. Nella misura incui lobbligazione in foro interno non poteva essere spiegata nei termini dellatradizionale lettura egoistica, Taylor e, ancor pi, Warrender avevano conferi-to al concetto un ruolo portante allinterno del nuovo approccio ermeneutico.Cos, col prenderne le distanze, le generazioni successive di studiosi hanno mi-tigato, se non perfino esaurito, il proprio interesse per quello che si presentavacome un artificio interpretativo della tesi Taylor-Warrender. Gli stud criticipresi in esame nella sezione seguente testimoniano del rinnovato, ma cauto,interessamento per la coscienza hobbesiana degli ultimi decenni.

6. Leviathan, a cura di Noel Malcolm, Oxford, Clarendon Press, 2014 ( TheClarendon Edition of the Works of Thomas Hobbes, 4 ), iii.37, p. 696.

7. Ivi, ii.16, p. 244.

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La posizione del problema

te le componenti centrifughe della .8 Eppure, nel foggiare la reallUnitie9 del Common-wealth con un termine equivoco che veicola la picelebre delle categorie teologiche, la crociata condotta dal filosofo controgli abusi linguistici e lindebita commistione di filosofia e teologia sembraarenarsi.A rendere ancora pi enigmatica la trattazione hobbesiana della coscien-

za, si collocano dei passi che paiono contraddire levidenza testuale emersasinora. Il ruolo costitutivo assegnato alla categoria dal motivo dei fori,si scontra, anzitutto, con il sesto capitolo degli Elementi. Il punto di con-vergenza delle opere politiche vacillerebbe per la definizione prodotta daHobbes al termine di un breve paragrafo dedicato al concetto: conscienceI therefore define to be opinion of evidence.10 La strategia discorsiva mes-sa in atto dal filosofo allinizio della trattazione appare diametralmenteopposta a quella de Le leggi di natura, undici capitoli dopo: in luogo diconferire alla coscienza un ruolo di primo piano nel proprio programmafilosofico, Hobbes sembrerebbe squalificarla in maniera radicale, cos dasopprimerla dal corpo politico. Per comprendere la ragione che avreb-be orientato un gesto cos estremo basta attendere la seconda parte degliElementi: dalla coscienza proverrebbero, infatti, all seditions concerningreligion and ecclesiastical government.11 Lungi dal conferire unit allor-ganismo statale, la categoria lo disgregherebbe dallinterno, decretandonela rovina: proprio come le opere politiche hobbesiane erano parse conver-gere sulla sua centralit nella costituzione dello stato ben fondato, cos gliElementi, il De cive e il Leviatano indicherebbero coralmente la coscienzaerronea come uno dei morbi pi letali per il Common-wealth.12 lo scaccodellinterprete: una volta che lipotesi ermeneutica iniziale scalzata dauna lettura a prima vista inconciliabile, il problema di come accordare idati testuali allinterno di una dottrina unitaria della coscienza erompe intutta la sua gravit. Se non si vuole ridurre la stessa dimostrazione hob-

8. Platone, Repubblica, a cura di Franco Sartori, con testo greco a fronte,Roma-Bari, Laterza, 2003, 368 d-e; 434 c-436 a.

9. Leviathan, cit., ii.17, p. 260.10. The Elements of Law, cit., i.6.8, pp. 29-30.11. Ivi, ii.8.5, p. 204.12. Elements of Law, ii.8.5; De cive, ii.12.2; Leviathan, ii.29.

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Un rompicapo hobbesiano

besiana allInsignificancy of language delle teorie Scolastiche,13 occorreelaborare un paradigma interpretativo che sappia tener assieme la variega-ta fenomenologia della coscienza, pur risolvendo il rompicapo del ruolorivestito da Hobbes nella storia del concetto.In quel che segue, intendiamo suggerire che la chiave del problema erme-

neutico risiede capitolo settimo del Leviathan, Of the Ends, or Resolutionsof Discourse, nel passo in cui Hobbes, trattando della coscienza, adduceletimologia del termine. Alla maggiore delle opere politiche il filosofo af-fid la riflessione pi compiuta sulla categoria, attribuendole una funzioneteorica cruciale per il successo del proprio programma teologico-politico.Bench negli Elementi e nel De cive Hobbes avesse gi mantenuto unosguardo bifronte sulla coscienza additando, da un lato, la problematicitdella nozione teologica generalmente accolta dalle masse e individuando,dallaltro, la necessit di rifondarla sullesattezza del computo razionaledelle conseguenze dei nomi , fu con il passo etimologico che esplicit ipresupposti degli scritti precedenti e pot apprestare il superamento di unpensiero non ancora maturo. Nellanalisi hobbesiana il termine conscien-ce compare per la prima volta, allinterno di un resoconto che, toccandoi principali sviluppi storici del tema semantico della cumscientia, illustrale ragioni che han tramutato il concetto in uno strumento di dominiodistorsivo dellordine politico. Nel portare alla luce il senso originario deltermine, Hobbes gett delle solide basi per la rifondazione del concettocompiuta nel capitolo 15 del Leviathan, 3 del De cive e 17 degli Elements eper una durevole riforma delle coscienze.Permettendo di supportare le ipotesi interpretative con dei fatti lingui-

stici accertabili, letimologia hobbesiana si rivela preziosa per dipanare laproblematica della c


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