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Il quartiere creativo di Arabianranta Indice · 2011. 3. 30. · regionale. La proposta di legge...

Date post: 25-Sep-2020
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XXIII Congresso mondiale di architettura a cura di Carolina Giaimo, p. 43 Un congresso per “comunicare architettura” Riccardo Bedrone, p. 44 È il momento di assumerci le nostre responsabilità Leopoldo Freyrie, p. 47 Relazione al congresso Sandro Bondi, p. 48 Dalla crisi di megacity verso eco-metropoli Aldo Loris Rossi, p. 50 Rassegna urbanistica RICOGNIZIONE E VALORIZZAZIONE DEL PATRIMONIO IMMOBILIARE PUBBLICO a cura di Michela Stentella, p. 53 Una buona norma, che forse arriva troppo tardi Intervista a Marco Dugato, p. 54 La dismissione non può essere l’unica strategia Intervista a Silvano Curcio, p. 56 Insediarsi nelle Alpi: pensare e programmare il futuro Fulvio Forrer, p. 58 Un punto sulla Vas in Sicilia Giuseppe Trombino, p. 60 Aperture Urbanistica a Milano Francesco Sbetti, p. 3 … si discute: anche gli urbanisti degradano il paesaggio? Francesco Domenico Moccia, p. 5 Expo 2015 e Territorio a cura di Pierluigi Nobile, p. 7 Verso un osservatorio Inu Lombardia sull’Expo Fortunato Pagano, p. 8 Grandi eventi e governance metropolitana Claudio Tolomelli, Gianfranco Fiora, p. 10 Ripensare la città di Parma Francesco Manfredi, Silvia Ombellini, Ivano Savi, p. 13 Quale sostenibilità ambientale e sociale per il post evento? Stefano Di Vita, p. 16 Rappresentare la città tra identità e nuove forme Fabio Converti, p. 18 Il Pgt di Milano a cura di Federica Di Piazza, p. 21 Strategie del Pgt di Milano Andrea Boschetti, Nicola Russi, p. 23 Le nuove regole del Pgt Bruna Vielmi, p. 26 Piano dei servizi: sussidiarietà e nuclei di identità Stefano Mirti, p. 29 Profili giuridici del Pgt di Milano Antonino Brambilla, p. 32 Le fondazioni bancarie per l’housing sociale a cura di Antonio Rigon, p. 35 I nuovi temi della domanda abitativa Stefano Sampaolo, p. 36 Nuovi strumenti e nuovi attori per l’emergenza abitativa Francesco Sbetti, p. 38 una finestra su: Helsinki Il quartiere creativo di Arabianranta Flavio Camerata, p. 63 Rigenerazione urbana, cultura e identità Flavio Camerata, p. 67 Opinioni e confronti Il padiglione italiano alla 11 Biennale di Venezia Maria Chiara Tosi, p. 71 Lombrichi, uomini e campi Paolo Pileri, p. 73 Crediti urbanistici Le esperienze perequative in Lombardia Ezio Micelli, p. 78 Eventi a cura di Carolina Giaimo, p. 80 Città NordOvest. Il triangolo settentrionale Carolina Giaimo, p. 80 Sul futuro delle città Lucia Tozzi, p. 81 Il Comune di Asti traccia scenari di sviluppo Carolina Giaimo, p. 81 Agricoltura e governo del territorio... trent’anni dopo Carolina Giaimo, p. 82 Assurb a cura di Daniele Rallo, p. 83 Libri ed altro a cura di Ruben Baiocco, p. 86 Inu Proposta di legge Principali fondamenti del governo del territorio, p. I Indice Indice
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Page 1: Il quartiere creativo di Arabianranta Indice · 2011. 3. 30. · regionale. La proposta di legge dell’INU vuole quindi rappresentare un punto fermo nell’impegno dell’Istituto

XXIII Congresso mondialedi architetturaa cura di Carolina Giaimo, p. 43

Un congresso per “comunicare architettura” Riccardo Bedrone, p. 44

È il momento di assumerci le nostre responsabilità Leopoldo Freyrie, p. 47

Relazione al congressoSandro Bondi, p. 48

Dalla crisi di megacity verso eco-metropoli Aldo Loris Rossi, p. 50

Rassegna urbanisticaRICOGNIZIONE E VALORIZZAZIONEDEL PATRIMONIO IMMOBILIARE PUBBLICOa cura di Michela Stentella, p. 53

Una buona norma, che forse arriva troppo tardiIntervista a Marco Dugato, p. 54

La dismissione non può essere l’unica strategiaIntervista a Silvano Curcio, p. 56

Insediarsi nelle Alpi: pensare e programmare il futuroFulvio Forrer, p. 58

Un punto sulla Vas in SiciliaGiuseppe Trombino, p. 60

ApertureUrbanistica a MilanoFrancesco Sbetti, p. 3

… si discute:anche gli urbanisti degradano il paesaggio?Francesco Domenico Moccia, p. 5

Expo 2015 e Territorioa cura di Pierluigi Nobile, p. 7

Verso un osservatorio Inu Lombardiasull’ExpoFortunato Pagano, p. 8

Grandi eventi e governance metropolitanaClaudio Tolomelli, Gianfranco Fiora, p. 10

Ripensare la città di ParmaFrancesco Manfredi, Silvia Ombellini,Ivano Savi, p. 13

Quale sostenibilità ambientale e socialeper il post evento?Stefano Di Vita, p. 16

Rappresentare la città tra identità e nuove formeFabio Converti, p. 18

Il Pgt di Milanoa cura di Federica Di Piazza, p. 21

Strategie del Pgt di MilanoAndrea Boschetti, Nicola Russi, p. 23

Le nuove regole del Pgt Bruna Vielmi, p. 26

Piano dei servizi: sussidiarietà e nuclei di identitàStefano Mirti, p. 29

Profili giuridici del Pgt di MilanoAntonino Brambilla, p. 32

Le fondazioni bancarie perl’housing socialea cura di Antonio Rigon, p. 35

I nuovi temi della domanda abitativaStefano Sampaolo, p. 36

Nuovi strumenti e nuovi attori per l’emergenza abitativaFrancesco Sbetti, p. 38

una finestra su: HelsinkiIl quartiere creativo di Arabianranta Flavio Camerata, p. 63

Rigenerazione urbana, cultura e identitàFlavio Camerata, p. 67

Opinioni e confrontiIl padiglione italiano alla 11 Biennale diVeneziaMaria Chiara Tosi, p. 71

Lombrichi, uomini e campiPaolo Pileri, p. 73

Crediti urbanistici Le esperienze perequative in LombardiaEzio Micelli, p. 78

Eventi a cura di Carolina Giaimo, p. 80

Città NordOvest. Il triangolo settentrionaleCarolina Giaimo, p. 80

Sul futuro delle città Lucia Tozzi, p. 81

Il Comune di Asti traccia scenari di sviluppoCarolina Giaimo, p. 81

Agricoltura e governo del territorio...trent’anni dopoCarolina Giaimo, p. 82

Assurba cura di Daniele Rallo, p. 83

Libri ed altro a cura di Ruben Baiocco, p. 86

Inu Proposta di legge Principali fondamenti del governodel territorio, p. I

IndiceIndice

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L’incrocio e la coincidenza di norme (l’attuazione della Lr12/05) piani (Pgt) e infrastrutturazione del territorio e dell’areaper lo svolgimento di un grande evento (Expo 2015) in unterritorio complesso quale quello della regione urbanamilanese, caratterizzata dalla presenza di una pluralità di entilocali, dall’intreccio di competenze tra i vari livelliistituzionali, dal peso di uno dei più forti sistemiimprenditoriali nazionali (P. Nobile), impone di considerare siail sistema di governo (norme e piani) che il sistema dellagovernance dell’area. Se è vero infatti che il Piano urbanistico non vienepredisposto per preparare il territorio al grande eventodell’Expo, e che all’Expo non serve un piano urbanistico, èsicuramente altrettanto vero che la città e l’intera areametropolitana milanese necessitano di ritrovare nuovedimensioni e nuove forme di governo capaci di rispondere siaalla scala del tessuto diffuso dei nuclei di identità locale (S.Mirti), sia alla scala dei servizi che Milano offre e intendeoffrire a tutto il sistema lombardo e del nord Italia più ingenerale; e in questa logica i grandi eventi costituiscono peruna città un’occasione unica per migliorare l’accessibilità, itrasporti ed il sistema delle infrastrutture e per ridisegnareparti importanti del tessuto urbano ( C. Tomelli e G Fiora).L’attenzione che Urbanistica Informazioni ha voluto porre aMilano (e che ci auguriamo possa continuare attraverso undibattito che coinvolga non solo l’Istituto) si incentra da unlato nella sperimentazione della legge urbanistica regionalelombarda, che sicuramente, come nel passato, può avereimportanti ricadute sulla disciplina e sulle pratiche non solonel sistema lombardo, ma più in generale per tutte le grandicittà; dall’altra il tema dell’organizzazione di un grandeevento può misurarsi anche con gli strumenti dellapianificazione urbanistica ordinaria, ponendo in primo piano itemi dell’infrastrutturazione e dell’accessibilità, ma anche dellasostenibilità ambientale e sociale per il post evento (S. DiVita).L’attenzione che ci pone l’avvio dell’esperienza milanese sulpiano urbanistico si attesta sul tema del controllo dei vuotipiù che dei volumi, l’obiettivo del piano è quello ditrasformare la città facendola crescere su se stessa,raggiungendo una maggiore qualità urbana su tutto ilterritorio urbanizzato senza espandersi su terreni ancora liberie per questo preziosi dal punto di vista ambientale (A.Boschetti, N. Russi); si tratta di un obiettivo nuovo non tantoper la disciplina ma soprattutto per la sua affermazione nelquadro del disegno di un piano urbanistico. Siamo in presenzadi un primo esito importante delle leggi di riforma urbanisticaregionale che pongono al primo posto l’affermazionedell’assetto strutturale del territorio e il governo del consumodi suolo agricolo anche quando non ha valenza produttiva maecologico ambientale. L’iniziativa denominata Osservatorio da parte dell’INULombardia (F. Pagano) assume quindi una valenza strategicanon solo in chiave “grande evento”, ma anche per gli esiti chepuò generare il “nuovo piano” in attesa del grande evento.

In questo numero doppio pubblichiamo la proposta dell’INU peruna nuova legge urbanistica denominata “Principi fondamentalidel governo del territorio”, legge che, contrariamente a quantiancora pensano sia una questione non all’ordine del giorno, èassolutamente indispensabile per superare, tra l’altro, leambiguità che derivano dal fatto che la modifica dei diritti realie del diritto di proprietà non è prerogativa del legislatoreregionale. La proposta di legge dell’INU vuole quindirappresentare un punto fermo nell’impegno dell’Istituto suquesto tema e offrire un contributo concreto alla competenteCommissione della Camera dei Deputati:

La proposta di un articolato di legge e della sua necessariautilità la si riscontra leggendo con attenzione i fatti, gli eventi ele riflessioni intorno all’urbanistica a Milano:- il Pgt di Milano è in corso di avanzata elaborazione ed èpossibile, attraverso i testi, curati dai redattori del piano,delineare i principi e gli esiti consolidati a cui sono pervenuti (IlPgt di Milano a cura di F.Di Piazza);- l’aggiudicazione ad ospitare l’Expo Milano 2015 se da un latorappresenta un successo per il sostegno convinto di tutti glienti, dallo Stato al Comune, impone di avviare, in strettorapporto con il piano urbanistico del Comune e il pianoterritoriale della Provincia, una azione di sintesi che investa nelsuo complesso il tema del governo del territorio(Expo 2015 eTerritorio a cura di P Nobile);- la legge 12/2005 della Lombardia introduce, analogamente adiverse altre regioni, il tema della perequazione, che nel pianodi Milano si concretizza nell’attribuzione di diritti edificatorialle aree destinate a dotazioni territoriali senza ricorsoall’esproprio, consentendo l’impiego di tali diritti negli ambiti ditrasformazione e nelle aree consolidate di densificazione (Leesperienze perequative in Lombardia, E. Micelli);- la legge lombarda, ancora, introduce la definizione di ambitidestinati all’agricoltura, ma il rischio derivante dai criteri per laloro individuazione non considera anche le funzioni menoimportanti economicamente come quella ecologica con ilrischio di determinare nuovi aumenti di consumo di suolo e direndere sempre più vantaggioso trasformare aree agricolepiuttosto che trasformare aree dismesse (Lombrichi, uomini ecampi, P. Pileri).

ApertureAperture

Urbanistica a MilanoFrancesco Sbetti

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dal basso invocata dalla Convenzione europea. Pensiamoche il paesaggio sia un valore che dobbiamo continuare aimporre con la forza (verrà il momento di mobilitarel’esercito)? Pensiamo che l’identità nazionale debbacancellare l’articolazione locale delle mille città e dei loroterritori? Che l’Unità d’Italia e della sua “visione generale”sia far tabula rasa della sua storia di differenze regionali?Scalfari è ancora più iniquo e inesatto quando attribuisceall’urbanistica, tra l’altro, la colpa del degrado. “Lapianificazione urbanistica da tempo ha preso il sopravventosu quella paesaggistica e ambientale”. Questa mossa vienepresentata come il mezzo per far prevalere gli interessi deglispeculatori edilizi a danno dei beni culturali e naturali.Come le Soprintendenze anche l’urbanistica avrà le suecolpe e men che gli urbanisti debbono nasconderle, maanalizzarle e costruire una dottrina e una legislazione che leeviti; ma non possiamo tacere su quanto questo giudizio siaerrato. Scalfari non sa che nella legislazione non è vero ciòche afferma: il piano paesistico prevale su ogni altro piano.Ignora che gli scempi a cui lui si riferisce sono di normaviolazione degli strumenti urbanistici e paesaggistici vigenti,oppure frutto di carenza di risorse.Ma quello che è ancora più grave è che una tale posizioneche ripropone la separazione tra paesaggio ambiente eurbanistica, disputando poi sulle prevalenze – a parte ilfatto di riaccendere interessi corporativi – fa arretrarel’elaborazione disciplinare di qualche decennio. Vanificatutti quei faticosi sforzi di integrazione delle pianificazionila cui sinergia dovrebbe essere a tutti evidente. Se ilpaesaggio non è solo vincolo, ma opera di riqualificazionedelle aree di pregio degradate, come faccio a risanare eriqualificare senza la dimensione pianificatoria eurbanistica?Ma tutto questo a Scalfari (e, più in generale, alla grandestampa) sembra non importare. Auspico, invece, che inumerosi convegni in corso, la sperimentazione sui nuovipiani paesaggistici, sui piani territoriali regionali avviatidopo il Codice e su ogni altro livello di pianificazione (studie saggi che dovremmo promuovere e incoraggiare) faccianomaturare una presenza dell’urbanistica che dia uncontributo da valutare con maggior equità. Se resterannosolamente gli storici dell’arte a giudicare la pianificazionetemo che qualche questione tecnica e specifica potràcontinuare a sfuggire e una disanima accurata di tutto ciò,in sede Inu, è bene farla al più presto.

* Professore ordinario di Urbanistica e Assessore all’Urbanistica della Provincia diNapoli.

Dopo il Codice del Paesaggio e le modifiche del DecretoRutelli, non meraviglia la ripresa del dibattito sul paesaggio.È in corso una revisione della pianificazione paesaggisticacon la produzione di nuovi piani e la messa a punto delleinnovazioni introdotte dalla Convenzione europea delpaesaggio. Ci si aspetterebbe un clima di apertura e dientusiasmo per le innovazioni introdotte – seppurtimidamente e con eccessiva prudenza rispetto alle proposteeuropee – ma, al contrario, le pur limitate innovazionihanno provocato una reazione conservatrice arroccataintorno alla “splendida tradizione italiana” di tutela dei beniculturali e naturali, alla sua politica precorritrice nellalegislazione ed eccellente nella cultura. Questa difesa dellatradizione ha abbracciato la causa del funzionariato delMinistero e delle Soprintendenze sempre più spogliato dirisorse e di poteri e attacca il decentramento come fonte diogni pericolo. Questa corrente d’opinione, promossa daSalvatore Settis, attuale presidente del Consiglio Superioredei Beni Culturali, ha trovato in Eugenio Scalfari unconvinto sostenitore. Nel suo articolo su Repubblica dell’11novembre 2008, critica la perdita di quella “visionegenerale” che può essere solo “in capo allo Stato, il solo trai vari enti istituzionali che sia depositario di una visionegenerale, che viene inevitabilmente persa di vista manmano che si discende nei livelli locali, la Regione e ancoradi più il Comune”.Poiché questa affermazione avviene dopo una realisticadisanima dei grandi guasti determinatisi e consentiti sulterritorio italiano offendendo e distruggendo il paesaggiodalle barriere di edilizia speculative di seconde case allamanomissione al deperimento dei monumenti, verrebbe dachiedere a Scalfari quanto fosse efficace quella “visionegenerale” che difende e come operavano i poteri dello Statoper evitare i disastri da lui denunciati quando erano gliunici responsabili e avrebbero dovuto garantire l’elevataqualità della tutela a cui aspira. Non sembra che il pensieroaristocratico di una elite intellettuale e l’azioneamministrativa burocratica centralizzata lasci soddisfatti eci convinca della superiorità con gli altri paesi (di cuiScalfari non è convinto) alla prova dei fatti e non possaessere usato come argomento contro quella partecipazione

...si discute...si discute

Anche gli urbanistidegradano il paesaggio?Francesco Domenico Moccia*

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scorso mese di luglio, durante il qualesi è provato a porre alcuni degliinterrogativi, in parte richiamati inprecedenza, afferenti l’intreccio tral’evento Expo ed il territorio.Alla luce delle risultanze di quellagiornata si sono venuti a delineare conpiù precisione i campi di analisi e diimpegno su cui sviluppare l’attivitàdell’Osservatorio, che riguardano:- il progetto dell’Expo strettamenteinteso, quindi tutti i temi che fannoriferimento all’insediamento:localizzazione; relazioni con ilcontesto sotto il profilo urbanistico,morfologico, dimensionale, dicompatibilità; effetti sulletrasformazioni; accessibilità;riconversione delle strutture,...;- gli interventi infrastrutturali cheinteressano in generale la regioneurbana milanese e le relazioni, più omeno strette, con l’evento Expo. Lamisura di quali siano le reali capacitàdi attrarre/garantire investimenti perridurre un deficit strutturale dell’arealombarda per quanto concerne ladotazione di infrastrutture di mobilità,con particolare riguardo al sistema deltrasporto pubblico su ferro;- gli effetti sulle politiche territorialied urbanistiche. In una realtàcomplessa quale quella della regioneurbana milanese, caratterizzata dallapresenza di una pluralità di enti locali,dall’intreccio di competenze tra i varilivelli istituzionali, dal peso di uno deipiù forti sistemi imprenditorialinazionali, l’evento Expo costituisceinnesco per l’avvio di processi ditrasformazione territoriale la cui

Expo 2015 e Territorioa cura di Pierluigi Nobile

In quella data si chiudeva una fase dicerto importante, ma che eracaratterizzata più che altro dallacapacità di fare marketing, ed è apartire da quel momento che si apreuna fase del tutto nuova dove sirichiede che siano messe in campoazioni più concrete, operative checoinvolgono aspetti anche immateriali,ma che, in una misura non certotrascurabile, riguardano il territorio. Sitratta di infrastrutturare un sito di duemilioni di metri quadri, si tratta diorganizzare la ricettività per unnumero che è stato calcolato possaessere pari a 29 milioni di presenze (21dall’Italia, 6 dall’Europa e 2 dal restodel Mondo), si tratta di garantirel’accessibilità, nelle diverse forme, siaal sito scelto per l’insediamentodell’Expo, sia, più in generale,all’ambito metropolitano, si tratta disaper gestire le “tensioni” ditrasformazione territoriale connesseall’evento per un ambito geograficoancora tutto da definire e in “grandeattesa”, si tratta di pensare allariconversione futura dei contenitori, sitratta di garantire che l’intervento nelsuo complesso sia entro parametri disostenibilità. Insomma si tratta dicompiere un’azione che in sintesiinveste il tema del governo delterritorio. E’ in questo contesto che èvenuta a maturazione, da parte dellasezione lombarda dell’INU, l’idea didare vita ad uno strumento qualel’osservatorio sull’Expo. Il percorsooperativo di questo strumento hainiziato a delinearsi in occasione di unprimo incontro, che si è tenuto lo

Come tutti i grandi eventi l’Expo 2015per Milano rappresenta l’occasione perdare attuazione ad un infrastrutturazioneattesa dal territorio, ma è vista anchecome opportunità per la promozione delpiù ampio ambito territoriale dellaregione urbana milanese. In questaprospettiva l’attenzione agli effetti chequesto processo avrà sul territorio vienetradotta nella proposta di dare avvio adun Osservatorio che vuole essereoccasione di conoscenza e di analisi deiproblemi sulla governance in relazioneall’evento.Sono trascorsi molti mesi da quando il31 marzo 2008 Milano vinceva la sfidacon Smirne e si aggiudicava, con unasignificativa maggioranza di voti,ottenuti con un lavoro intenso dipromozione nei confronti dei Paesiammessi alla votazione, la candidaturaad ospitare l’Expo per l’anno 2015 sultema “nutrire il pianeta, energia per lavita”. Si concludeva così con successo unpercorso seguito con autorevolezza epervicacia dal Comune di Milano, inprimo luogo, con il sostegno convinto, aldi là degli schieramenti, del Governo,della Regione Lombardia e dellaProvincia di Milano, oltre che delleprincipali rappresentanze economichedell’area milanese.

Expo 2015 e Territorio

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per coloro i quali saranno impegnatinei processi decisionale, come unafastidiosa “mosca cocchiera”;-che cercherà di contribuire, purformulando, all’occorrenza, in modosereno rilievi critici, a quello che siauspica risulti un processo diutilizzazione del grande evento inconsiderazione anche ai fini di unsalto di qualità territoriale edurbanistico dell’ambito interessato.

4) Come ovvio abbiamo ritenuto chenella prospettiva di un osservatorio,fosse opportuno chiedere ad autorevoliesponenti del mondo culturale diesprimere dai loro diversi angoli divisuale prime valutazioni sulleprospettive e sui problemi.

5) Ci siamo chiesti in vista dellacreazione dell’Osservatorio econtinueremo a chiederci quale sia ilterritorio interessato dall’Expo cuirisultano relative le prospettive ed iproblemi che essa crea.Non si omette ovviamente diconsiderare che l’Expo è semprepromossa in una grande città e checomunque preminente sotto vari profiliè da considerare il ruolo della cittàprescelta.In merito non si possono porre dubbi.A tal proposito è subito da rilevare,però, che il Comune di Milanopresenta una particolarità di ordineterritoriale che spesso in varie sediviene evidenziata.L’estensione del suo territorio è moltolimitata e lo stesso è parte integrantedi un’area metropolitana ormai molto

Verso un osservatorio InuLombardia sull’ExpoFortunato Pagano*

Con l’avvio dell’osservatorio Inusull?Expo 2015 si ritiene opportunoporre alcuni interrogativi sulleprospettive che questo evento crea esulla soluzione dei problemi checomporta.

1) L’Istituto Nazionale di Urbanisticasezione Lombardia e credo di poteraggiungere l’INU Nazionale manifestasoddisfazione per l’attribuzione aMilano dell’Expo 2015 edapprezzamento per l’impegno delSindaco Moratti e di tutte leistituzioni, gli enti e le persone chehanno contribuito al successo dellacandidatura.

2) Tale manifestazione di soddisfazionedell’Inu, come altre, si deve allaconsapevolezza della importanza cherivestono le prospettive che l’Expo creaper Milano in primo luogo ma, per ilvasto ambito territoriale interessato, èperò accompagnata dallapreoccupazione di quelli che possiamoindicare come impropri sfruttamentidell’occasione offerta dal grandeevento che auspichiamo, anzi, almenoper il momento siamo certi venganoevitati.

3) Abbiamo deciso di creare unosservatorio INU sull’Expo -che per ovvie ragioni assumerà comeoggetto di privilegiata attenzioneprospettive e problemi di ordineurbanistico e territoriale;-che, sarà una struttura leggera efinanziariamente non impegnativa;-che non è da paventare si configuri,

portata può generare situazioni di“non coerenza” con riferimento ad unassetto sostenibile.Rispetto a questa prospettiva di lavorol’opportunità offerta da questa sezionedi Urbanistica Informazione è quella diprovare, da un lato, ad enunciareprospettive e problemi in relazione alruolo che un tale evento assumenell’ambito del territorio milanese,dall’altro lato, ad alimentare, con ilrichiamo a esperienze simili giàcompiute, una conoscenza non solocapace di aiutare la riflessione, maanche di mettere a disposizioneconsigli e possibili soluzioni per unesisto dell’evento in grado di garantireun corretto rapporto con il territorio.Emergono già da questi primicontributi, sebbene non copranoancora tutte le problematicità, sia leaspettative di un territorio vasto per lericadute sulle specifiche realtà locali,sia la preoccupazione diffusa sul temadel riutilizzo delle strutture espositive.Si evidenzia poi l’attenzione rivoltaalla necessità di monitorare il percorsodi avvicinamento all’evento perfavorire la coerenza delle previsioni eper assicurare l’efficienza della“sostenibilità territoriale”.

Expo 2015 e Territorio

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Urbanistica INFORMAZIONI

in errore) di larga massima intervenuticon i soggetti proprietari delle aree delsito dovranno essere rispettati;ci si chiede quale sia la definizionedegli accordi in una prospettiva di ungiusto equilibrio nei rapporti pubblico-privato quanto al dopo Expo si daràluogo a sviluppi urbanistici di lungoperiodo.

10) Ci si chiede se non sia da evitareche l’occasione venga offerta al fine dipromuovere iniziative tali da farconfigurare nuovi scenari urbanisticicontraddistinti da convenienzaeconomico sociali ammissibili edauspicabili; ma anche al fine dipromuovere iniziative di dubbiasostenibilità ambientale ed urbanistica.Non si cade in un eccesso dipreoccupazione se si paventa che,insieme ad opportune integrazioni diiniziative private nel processo disviluppo che si auspica vengainnescato dall’Expo, si abbianotentativi di aggiunta sul carrodell’Expo di pesi impropri daconsiderare tali in termini diinammissibile sfruttamentodell’occasione a fini speculativi.Tollerabile può essere considerata latradizionale un po’ furbescapropensione italiana a coglierel’occasione di grandi eventi perrealizzare interventi infrastrutturali edaltri interventi di interesse pubblico datempo auspicabili, anche se nonnecessari od utili per gli eventi stessi.Analoga tolleranza non sembra sipossa considerare ammissibile per isuddetti ben diversi tentativi disfruttamento dell’occasione.

* Presidente Inu Lombardia.

sostenibilità relativa solo al masterplan del sito e non al cumulo degliinterventi indotti e di quelli che ad essisi ipotizza che, cogliendo l’occasione,vengano aggiunti.

7) Quanto agli interventi aventi adoggetto infrastrutture dei quali si parlae molti dei quali risultano già previstici si chiede quali siano da accelerarenella prospettiva dell’Expo e del dopoExpo.

8) Ci si chiede in particolare, ma nonsolo quanto agli interventi aventi adoggetto l’Expo e quelli strettamenteconnessi, se non si possanopromuovere soluzioni virtuose tali daevitare gli enormi sprechi che, allevolte, in passato si sono in occasionianaloghe determinati; ciò ovviamentenei limiti consentiti dagli obblighiinternazionali assunti e da onorare.Aberranti sono da considerare lecattedrali nel deserto.Ad esempio non esemplare sembrarisulti l’esperienza sotto tale profilomaturata a Siviglia.Ferma rimanendo la scelta dimantenere in essere nel dopo Expo, aifini di nuove diverse utilizzazioni diinteresse pubblico o generale, alcuniedifici ed alcuni complessi (sceltaindicata nel dossier) potrebbe esserevalutata l’ipotesi, anzi riscontrata laforte opportunità della realizzazione, avari fini (padiglioni di vario genere), distrutture leggere suscettive diriutilizzo, a vari fini di interessisociale, in paesi sottosviluppati.Tale scelta non credo possa essereimposta alle nazioni cheparteciperanno. Essa, però, potrebbeessere oggetto di un suggerimento chepotrebbe incontrare un vasto favore.

9) Sempre quanto al sito, premessoche:-condivisibile è da considerare ladecisione di non ricorrere per l’Expoall’applicazione del modelloespropriativo da tempo ormai in crisi,ed ancor più in crisi dopo la recenteentrata in vigore di una nuovadisciplina delle indennità di esproprioindotta da due sentenze della CorteCostituzionale;- gli accordi di massima (se non cado

estesa che costituisce parte di unamolto estesa regione metropolitana.Premessa tale banale e pur semprenecessaria constatazione, ci si chiedese, in casi quali quello in esame, nonsi abbia un territorio interessato a“geometria variabile”, tale risultante inforza della assunzione di diversi angolidi visuale:-ad esempio, quello relativo agliinterventi infrastrutturali, a secondadei casi, da promuovere od accelerarenella prospettiva dell’Expo;-ad esempio, quello attento aiproblemi della c.d. accomodation dicui al cap. XII del dossier che haaccompagnato la candidatura (e che èl’unico documento di rilievo cui per ilmomento solo si può fare riferimento);-ad esempio, quello attento alleiniziative che inevitabilmente (inqualche caso magari e purtroppo inmodo improprio) risulteranno collegateall’Expo;-ad esempio, quello dal quale si prestaattenzione alla localizzazione del sitoai margini del territorio comunale.Incidentalmente (ma non tanto) siricorda che, purtroppo, non si è avutauna soluzione istituzionale delproblema di governo dell’areametropolitana pur prevista dallaCostituzione agli inizi del correntesecolo (soluzione resa improbabiledalla creazione di una nuova provinciail cui territorio arriva a qualchechilometro di distanza dal confine delComune di Milano) e che non esaltantirisultano le fino ad oggi maturateesperienze di sostitutiva governance(non sempre a proposito indicata comeefficace soluzione alternativa).

6) Occorre chiedersi, certo non solo perquanto riguarda gli interventi darealizzare nel sito e quelli con essistrettamente connessi ma anche conriferimento agli altri comunqueconnessi o coordinati e con occhioattento all’impatto complessivo, se nonsiano in primo luogo da promuoverescelte organiche di pianificazione eprogrammazione che potrebbero essereoggetto del già in verità ipotizzatoaccordo di programma quadro cui poidovrebbero fare seguito vari accordi diprogramma esecutivi delle sue scelte.Riduttiva sarebbe una valutazione di

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salvaguardia ambientale, e quelleriguardanti l’eredità in termini ditrasformazioni urbane, di infrastrutturemateriali ed immateriali, di mutamenticulturali. Ci si è interrogati sui principali nodiproblematici emersi nelle esperienzeesaminate, che non sempre sono statepositive: in alcuni casi sono statinecessari molti anni per avviare ilriutilizzo delle infrastrutture, in altri ilrisultato economico è stato inferiorealle attese, in altri ancora vi sono statieffetti negativi sia sull’assetto delterritorio che su diversi settori dellacomunità urbana. In generale è emersa l’opportunità diuna corretta valutazione del rapportocosti/benefici a lungo termine riferita atutta l’area coinvolta.Infine si è cercato di individuare lesoluzioni a questi problemi, fra cui lescelte progettuali sul piano urbanisticoed operativo che meglio possonofavorire il riuso degli edifici o checonsentono di sfruttare le occasionidell’evento per riqualificare areedismesse.Fra le molteplici esperienze esaminatesi possono citare brevemente leseguenti, in quanto emblematiche, siain senso positivo che negativo.Ad Atene, per le olimpiadi, l’impiantoper le gare di canottaggio e canoa,anziché occupare nuovo suolo, è statocostruito su una base aerea americanadismessa utilizzata all’epoca comediscarica, con il completo recuperodell’ecosistema e la realizzazione diun’area di protezione ambientale di150.000 ha, utilizzando il programma

Grandi eventi e governance metropolitanaClaudio Tolomelli*, Gianfranco Fiora**

consentito di sviluppare una riflessionesulle esperienze di organizzazione digrandi eventi, al fine di individuare gliaspetti critici di cui dovranno tenereconto le numerose metropoli aderenti aMetrex candidate ad ospitare grandieventi in futuro. Questa riflessione èstata realizzata attraverso duestrumenti: la costituzione di unapposito gruppo di esperti (Planningfor major events) e l’approfondimentodel tema nell’ambito del progettoInterMetrex, finanziato dall’UnioneEuropea e incentrato sulla ricercadell’efficacia della pianificazione ascala metropolitana.

Il “Gruppo d’esperti” sulleesperienze europee

Al gruppo di lavoro, istituito nel 2001e coordinato dalla provincia di Torino,hanno partecipato rappresentanti diLisbona (Expo 1998), Siviglia (Expo1992), Saragozza (Expo 2008), Atene(Olimpiadi 2004), Hannover (Expo2000), Barcellona (Olimpiadi 1992),Londra (Olimpiadi 2012), Norimberga(Campionati mondiali di calcio 2006) eStoccarda (candidata alle Olimpiadi,Mondiali di ciclismo del 2007). Nel corso dei diversi anni di lavorisono stati esaminati i casi di eventi giàrealizzati e alcune iniziative in corsodi realizzazione. Pur nellaconsapevolezza delle considerevolidifferenze fra olimpiadi ed expo, sonoemerse alcune questioni crucialicomuni. Fra queste, in estrema sintesi,si segnalano quelle relative al rapportotalvolta problematico con lapianificazione territoriale e la

L’organizzazione di un’olimpiade o diun “expo” costituisce sempre unmomento fondamentale per il sistemadi “governance” dell’areametropolitana che lo ospita ed impattain maniera rilevante sullapianificazione territoriale a questascala. Di converso, alcuni fra gli studipiù sistematici sulle problematiche esugli effetti dei grandi eventievidenziano come, per una loromigliore riuscita, e soprattutto pervalorizzarne al meglio l’ereditàsuccessiva, occorre che sianoinquadrati fin dall’inizio e per tutto illoro percorso in un adeguato impiantodi governance territoriale. Daqualunque punto di vista lo si esamini,il rapporto fra grandi eventi egovernance urbana si dimostra essereuna questione fondamentale; unaquestione che, tuttavia, non sempre èstata adeguatamene indagata. Se da un lato è vero che ormai dallametà degli anni ‘90 tutti i dossier dicandidatura cercano di dimostrare chesi è tenuto conto dei molteplici aspettiche nell’insieme costituiscono lagovernance metropolitana, dall’altro,se si guarda a posteriori alle concreteesperienze, si vede come spesso visiano sensibili scostamenti fra quantodichiarato e ciò che realmente èavvenuto. All’interno di Metrex, l’organizzazioneche fin dal 1996 raccoglie le città, leprovince e le regioni metropolitaneeuropee, con oltre 50 istituzioniassociate, molte sono le metropoliinteressate da manifestazioni dicarattere internazionale. Questo ha

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se ne avvantaggiano in termini direddito e di consapevolezza e ampistrati che ne restano esclusi e soffronocosti e disagi. Il tema del rapporto con la governancesi pone in termini ancora piùcomplessi quando ci si pone l’obiettivodi utilizzare un grande evento pertrasformare in qualche modo l’identitàurbana.Talvolta, trattando di questi temi,alcune città si sono poste l’obiettivo diaccrescere quello che è stato chiamatoil “capitale sociale e culturale”: questaambizione va nella direzione giusta,anche se resta l’esigenza di precisaremeglio chi saranno i detentori di talecapitale.

La pianificazione d’area vasta

I grandi eventi costituiscono per unacittà un’occasione unica per migliorarel’accessibilità, i trasporti ed il sistemainfrastrutturale e per ridisegnare partiimportanti del tessuto urbano. Si può

ogni caso, trattandosi di unacandidatura, gli aspetti di debolezzavengono quasi sempre minimizzati, senon taciuti.Ma anche quando un’elaborazione diquesto tipo viene realizzata, essarimane quasi sempre appannaggio diuna ristretta èlite urbana e non èdiffusa alle diverse parti checostituiscono la comunità urbana. Unaspetto su cui vi è la necessità di unaulteriore ricerca e soprattutto di unaconcreta pratica è come fare in modoche nell’organizzazione di un grandeevento si riesca a coinvolgere quantopiù possibile l’intera comunità. Questa esigenza s’intrecciastrettamente con quelle di crearequanto più consenso possibile (nonfoss’altro che per facilitare i processiattuativi) e di far sì che larealizzazione di un grande evento siaoccasione di aumento della coesionesociale e non, come talvolta accade, diulteriore frammentazione dellastruttura sociale, con fasce sociali che

europeo Natura 2000.Nel caso di Siviglia sono inveceoccorsi molti anni per avviare unpiano di riutilizzo degli edifici etuttora molti manufatti permangonoinutilizzati, mentre altri sono statidemoliti o trasferiti.Ad Hannover, nonostante una certaaccuratezza nella progettazionedell’evento, dopo l’Expo del 2000 visono state difficoltà nel riuso deipadiglioni espositivi o nel trovare unaccordo con i Paesi proprietari per laloro demolizione.

Il rapporto con la governancemetropolitana

Alla luce del fatto che per una cittàospitare un grande evento costituisceun’importante azione di governance, illavoro del gruppo d’esperti si èintrecciato con le elaborazioni sultema della governance metropolitanasviluppate nell’ambito del progettoInterMetrex e più in generale con gliapprofondimenti del tema dellagovernance svolti all’interno diMetrex.Dall’esame di un numero rilevante diesperienze europee sono emersi diversiaspetti critici, soprattutto se siconsidera la governance in unaaccezione evoluta, capace di cogliernei molteplici risvolti.In primo luogo, poiché un elementoimportante della governance ècostituito dalla consapevolezza cheuna comunità urbana ha delposizionamento della propria cittàall’interno degli scenari competitivi,l’organizzazione di un’expo costituisceuna occasione unica per accrescerequesta consapevolezza e, più ingenerale, per meglio definire l’identitàdella città. Ma non sempre questaoccasione viene colta e ancor più dirado il fatto di ospitare un grandeevento viene utilizzato quale occasionedi ripensamento della collocazionedella città nella dimensioneinternazionale. A questo proposito idossier di candidatura tendono adassomigliarsi e pongono gli obiettivi dimiglioramento della visibilità edell’attrattività in termini generici enon a partire da una reale lettura dellecaratteristiche identitarie della città. In

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Problematiche ambientali indotte da un grande evento.L’esperienza di Torino.

I Giochi Olimpici Invernali di Torino 2006 sono stati i primi, tra i “grandi eventi”italiani, ad essere assoggettati a Valutazione ambientale strategica (Vas).Per inciso, si rammenta che in Italia, il primo passo per dare attuazione alladirettiva europea 2001/42/Ce è stata la legge 308/2004, cui ha fatto seguitosolo nel maggio del 2006 il Dlgs 152/2006 “Norme in materia ambientale.L’entrata in vigore di tale Decreto è stata poi più volte reiterata per volontà delsuccessivo governo, nell’intento di introdurre delle modifiche al testoapprovato; la parte seconda (procedure di Vas.) è stata perciò rinviata, finoall’emanazione del Dlgs 4/2008 “Ulteriori disposizioni correttive ed integrativedel Dlgs . n. 152 del 3 aprile 2006, recante norme in materia ambientale”.Orbene, in un quadro legislativo ambientale nazionale definitosi soltanto nel2008, le Olimpiadi di Torino sono già state assoggettate a questa nuovatipologia valutativa, la quale, come è noto, non prende in esame solo le singoleopere, ma tutti gli effetti che si possono determinare sull’ambiente (fisico,culturale e socio economico) in conseguenza all’evento.In dettaglio, per quanto attiene l’esperienza di Torino, la Vas. del programmaolimpico ha individuato, in due sottosistemi costituiti dall’ambito montano e daquello metropolitano, tutti gli interventi di recupero, mitigazione ecompensazione paesistico - ambientale delle opere olimpiche.Oltre a quanto sopra richiamato la Vas ha stabilito la necessità di operare unbilancio periodico delle opere olimpiche, mediante un monitoraggio finalizzatoa valutare gli effetti indotti nel tempo dalla trasformazione dell’ambiente. Per ulteriori approfondimenti si rimanda al testo “L’eredità di un grande evento– Monitoraggio territoriale ex post delle Olimpiadi di Torino 2006” , Aa.vv. ,CELID.

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- nel processo decisionale ed attuativovi è la necessità di un’adeguatatrasparenza nel rapporto pubblico-privato, nel coinvolgimento dei diversiattori economici, nell’assegnazione deiruoli, nella realizzazione delle varieopere;- dall’esame delle esperienze europeeappare assolutamente opportuno che visiano orientamenti convergenti ecomportamenti cooperativi da parte deidiversi livelli istituzionali coinvolti edanche da parte dei principali attorieconomici e sociali;- è cruciale il rapporto fra lapianificazione e l’organizzazionedell’expo e le politiche settorialipreesistenti. Un grande eventorappresenta infatti l’occasione perrealizzare opere già previste, ma per lequali non vi erano risorse, o peraccelerarne la realizzazione; in moltidei casi esaminati le politichepreesistenti sono state cambiate inprofondità, mentre in altri il grandeevento ha costituito una opportunitàper produrre una decisa innovazionesia nella pianificazione territoriale edurbanistica che in altre politiche disettore;- infine si segnala la necessità che larealizzazione di un grande eventoabbia una ricaduta positiva sullacapacità operativa della pubblicaamministrazione, ne rappresenti unmomento di qualificazione, ne accrescala capacità di gestire rilevanti progettidi trasformazione urbana e disviluppare rapporti paritetici con igrandi soggetti economici privati.

* Dirigente Area Governance metropolitana RegioneEmilia-Romagna.** Dirigente Servizio Urbanistica Provincia di Torino.

TEMI DELLE SEZIONI PRINCIPALI

EEddiittoorriiaallee Un mare di case (PaoloAvarello).

Sezione Problemi, politiche, ricercheL’urbanistica per il paesaggio (a cura diMariavaleria Mininni). Interventi diAlberto Clementi, Pierre Donadieu, ArturoLanzani, Pier Carlo Palermo

Sezione Progetti e realizzazioniIl Piano strutturale di Reggio Emilia (acura di Paolo Galuzzi). Interventi diGraziano Delrio, Ugo Ferrari, Maria Sergio,Giuseppe Campos Venuti, Rudi Fallaci,Elisa Iori, Oriol Bohigas, Marco Brunod,Franca Olivetti Manoukian, Luisa Sironi.

Calabria in trasformazione (a cura diGiuseppe Scaglione). Interventi diMichelangelo Tripodi, Maria GraziaBuffon, Rosaria Amantea, Alberto Ziparo,Giuseppe Fera, Alberto Clementi.

Sezione Profili e praticheLa certezza del futuro è nella selezionedei progetti (Luca Fondacci).

Sezione Libri ricevutiGiovanni Caudo legge Urbanistica e sferapubblica (di Cristina Bianchetti); MaraCossu legge Il rilievo sensibile (diMarichela Sepe); Raffaella Bracale leggeAvanti c’è posto. Storie e progetti del tra-sporto pubblico a Roma (di Walter Tocci,Italo Insolera e Domitilla Morandi).

N. 137 (settembre - dicembre 2008) Rivista quadrimestralePagine 128, illustrazioni b/n e colori, ? 27Abbonamento annuale (tre fascicoli) ? 68(soci INU ? 54)

PER INFORMAZIONI:INU EDIZIONI, PIAZZA FARNESE 44 – 00186 ROMA

TEL. 06/68195562, FAX 06/68214773MAILTO [email protected]

dire, alla luce di molte esperienzeeuropee, che è proprio questo uno deiprincipali effetti positivi di un grandeevento. Anche per questo motivo èimportante che non solo laprogettazione delle infrastrutture, maperfino quella degli edifici avvenga instretto rapporto con la pianificazioneterritoriale. Così come deve esseresottolineata l’importanza che venganoespletate tutte le procedure divalutazione di impatto territoriale edambientale (vedi box a lato).Le esperienze europee evidenzianoinoltre la necessità di adottareun’ottica di lungo periodo sia nellapianificazione della parteinfrastrutturale, sia per le ricadute piùgenerali dell’evento sul futuro dell’areametropolitana e sul più complessivoimpianto di scelte strategiche.Anche per questo è necessario che visia uno stretto collegamento fra gliinterventi specificamente legati algrande evento e quelli più generaliprevisti dalla pianificazione territorialea scala sia urbana che di area vasta.Nel caso poi dell’Expo 2015 di Milanosarà importante valutareadeguatamente il rapporto con la partedel sistema territoriale padano inqualche modo interessata all’evento. Cisi riferisce all’area piemontese, all’areapedemontana che giunge fino alVeneto, all’Emilia-Romagna. In tuttiquesti casi si è solo all’inizio di unpercorso di coinvolgimento di Regionie Province sui versanti delleinfrastrutture, del turismo, dellapromozione economica, delle iniziativeculturali. Per quanto riguarda l’Emilia-Romagna, essendo l’alimentazione iltema centrale, un coinvolgimentostretto è quanto mai opportuno, nonfosse altro che questa è la primaregione italiana per produzioneagricola e trasformazione agro-alimentare.

Il ruolo della PubblicaAmministrazione

Nell’esaminare il rapporto con lagovernance, emerge come centrale iltema del ruolo della PubblicaAmministrazione, rispetto al qualeoccorre tenere in adeguataconsiderazione alcuni aspetti critici:

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immediatamente al ruolo di Parma comecapitale europea dell’alimentazione. Sitratta perciò di valorizzare quel rapportodi collegamento diretto tra la città e ilsuo territorio, che ha da semprecaratterizzato Parma, nei suoi aspettieconomici come in quelli culturali,gastronomici e paesaggistici. Il registaparmigiano Bernardo Bertolucci, nel suofilm “Prima della rivoluzione” (1963),descrive l’atmosfera che si viveva nellapiazza principale di Parma ricordando ilprofumo intenso di grano provenientedai rigogliosi campi coltivati checircondavano la città. Parma è ancoraoggi il cuore di un esteso distrettoproduttivo specializzato nel settoreagro–alimentare, che rappresenta ilprincipale elemento distintivo e punto diforza dell’economia locale, sul quale laVariante generale al PSC imposta esviluppa tutte le azioni e le strategie percreare un polo di eccellenza a livellointernazionale. Il primo tema èsicuramente quello dell’arrivodell’Autorità europea per la sicurezzaalimentare (Efsa), con il quale si aprononuove e importanti opportunità direlazione a livello internazionale(sviluppo delle relazioni con i principalicentri di ricerca, attivazione di reti ditrasporto al servizio delle nuove attività,potenziamento dell’offerta culturale), conripercussioni sull’assetto urbanistico dellacittà. I luoghi di diretto insediamentodell’Autorità europea, già definiti inoccasione della candidatura di Parma,sono il palazzo del Giardino ducale,quale sede di rappresentanza, e le aree diproprietà comunale lungo viale Piacenzaquale sede operativa. Quest’ultima,

Ripensare la città di ParmaFrancesco Manfredi*, Silvia Ombellini**; Ivano Savi***

condizione di disorganizzazione urbana,il superamento delle cesure e delleproblematiche create dal sistemaferroviario, trasformano una banaleperiferia in uno spazio urbano vitale e dielevata qualità, che aspira allarigenerazione di un’intera area urbana.La vecchia stazione diviene un sistemasinergico di servizi, ai cittadini e aiviaggiatori, nella quale s’integrano lestazioni della nuova linea metropolitanae delle autocorriere extra-urbane. Percontinuare questa passeggiata a Parma sipotrà scegliere di utilizzare uno deidiversi mezzi di mobilità sostenibile, dalbike-sharing, al car-sharing, alle lineeautobus disponibili a chiamata 24 ore su24, alla linea di metropolitana leggera.La passeggiata potrà avvenire attraversoi percorsi lenti del centro storico, equindi addentrarsi nel parco verde cheattraverserà la città da nord a sud, lungoi torrenti Parma e Baganza,raggiungendo il territorio agricolocircostante. Si tratta di un progettourbano racchiuso nella recente Variantegenerale al Piano Strutturale Comunale(2007), che diventerà possibile attraversoil meccanismo della perequazioneurbanistica e che trasformerà in un veroparco, con piscine estive e spiagge suitorrenti, circa 13 milioni di m2 diterritorio. Un parco che rappresenteràun’importante connessione tra la città e ibrani di pianura coltivata chesopravvivono al di fuori del tessutourbano. Il tema dell’Expo, Feeding thePlanet, Energy for Life, ovvero “nutrire ilpianeta, energia per la vita”, intendesottolineare il legame forte tra territorio,cibo e qualità della vita. Questo riporta

L’Expo 2015 potrà costituire per Parmaun’occasione per “ripensarsi” in relazionealla sua vocazione agro-alimentare e perdefinire una traiettoria di sviluppoorientata alla riqualificazione delpaesaggio e alla valorizzazione delcostruito nel territorioL’importanza di un evento come l’Expouniversale non si misura solo nelnumero di visitatori, ma sopratutto nellapossibilità che offre di “ripensare” lacittà. Due dei tanti esempi europeirecenti sono stati Lisbona e Barcellona,entrambe coinvolte da grandiappuntamenti (Expo e Olimpiadi), e,grazie a questi profondamente rinnovate,dal punto di vista urbanistico, ricettivo,dei trasporti e dell’immagine urbana. Larisonanza che avrà l’Expo 2015 nonriguarderà solo Milano, ma coinvolgeràil suo ambito geografico più esteso, econ questo anche la città di Parma,partner ufficiale dell’evento insieme aMilano. Proviamo allora ad immaginare nel 2015una passeggiata virtuale tra le due città,che, grazie alla nuova infrastrutturaferroviaria ad alta velocità, saranno acirca mezz’ora di distanza. Il paesaggiourbano di “ingresso” a Parma saràridisegnato dal progetto dell’area dellastazione, opera dell’architetto spagnoloOriol Bohigas. Questo importanteintervento di riqualificazione, attuatoattraverso lo strumento della società diTrasformazione urbana (STU) , si estendein modo capillare a nord e a sud dellastazione, coinvolgendo un’area urbanastrategica per la sua centralità rispetto alnucleo storico di Parma. L’uscita diquesta parte di città dalla sua passata

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il risultato di un importante concorsointernazionale di progettazione,occasione di confronto aperto sui temidella qualità urbana, della mobilitàsostenibile e delle nuove soluzioni dirisparmio energetico. L’innovazione che verrà prodotta dalnuovo polo scientifico a sud della città,supporterà lo sviluppo del poloproduttivo, per la ricerca e per iltrasferimento tecnologico che siinsedierà a nord-ovest di Parma. Questospazio attrezzato multisettoriale, basatosull’innovazione diffusa, ospiteràaziende, centri di ricerca, laboratori eattività di produzione high tech che simetteranno in rete nell’obbiettivocomune di immaginare nuovi scenari enuovi prodotti. L’area nord-ovest, cosìcome progettata nel Master plan degliarchitetti spagnoli MBM Arquitectes,diventerà un contesto altamentefavorevole allo sviluppo delle attivitàesistenti e future grazie all’investimentoin un sistema infrastrutturale ben

documento dell’Expo – “è innanzituttouna necessità sociale, oltre arappresentare un importante valoreeconomico”. A questo proposito, il PSC diParma individua un’area, a sud dellacittà, adiacente all’attuale campusuniversitario, che diverrà il cuore dellaricerca e dell’innovazione tecnologica incampo agro-alimentare. Il “Parcoscientifico e tecnologico” funzionerà daaggregatore di aziende e da incubatoredi centri di ricerca, costituendo unimportante momento di condivisione deisaperi e di apertura ai giovani talenti.Quest’area attiverà relazioni con altripunti di eccellenza del territorio, dailuoghi termali ai percorsi verdi urbani,promuoverà lo sviluppo di un sistematerritoriale improntato sulla qualità dellavita e fornirà una risposta innovativa altema della produzione, prestandoparticolare attenzione alla sostenibilità,al risparmio energetico e allavalorizzazione paesaggistica. Laconfigurazione urbanistica dell’area sarà

situata a nord del Parco ducale, verràriqualificata sulla base del progettovincitore di un concorso che ha vistocoinvolti diversi architetti di famainternazionale. Oltre alla costruzione delnuovo edificio dell’Efsa, il progettoprevede il rinnovamento dell’intera area,coinvolgendo integralmente il compartonord–ovest del nucleo storico, incontinuità, sia funzionale che fisica, coni due Piani di Riqualificazione urbanadella stazione e dell’area Pasubio. L’areaospiterà, oltre alla sede operativadell’Efsa, nuove residenze, nuovo verdepubblico e nuove attrezzature sportive. La seconda strategia è rappresentatadalla “Città delle Scienze”, un progettoche unisce alle caratteristiche proprie delterritorio parmense il tema della ricerca edell’innovazione, al fine di valorizzare lacapacità competitiva delle impresedell’agro-alimentare, di migliorare laqualità della vita e dell’ambiente. “Lagenuinità e la diffusione dei prodottiagro-alimentari” – si legge nel

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Progetto di riqualificazione dell’area della Stazione, vista aerea. Coordinamento: Ivano Savi; progetto urbanistico e infrastrutturale: MBM Arquitects (Arch.Oriol Bohigas – Arch.Josep Martorell). Hanno collaborato per il comune di Parma: Ivano Savi, Tiziano di Bernardo, Lucia Sartori, Alessandra Gatti, Stefania Be-necchi, Barbara Cherchi. Hanno collaborato per le Società: Carlo Savoré, Luigi Prati.

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declino della conduzione agraria e alcontestuale desiderio di molti di unacasa “in mezzo al verde”. Ne è derivatouna forte diffusione urbana, al di fuoridi qualunque ipotesi pianificatoriacondivisa, accompagnata dalfrazionamento dei fabbricati rurali intanti alloggi di tipo urbano, conconseguenze problematiche sull’assettourbanistico ed ambientale. Con unminuzioso censimento di tutti gli edificidi pregio in ambito agricolo, il PSC hacostruito un quadro preciso di questopatrimonio, che sempre più tende adassorbire la domanda inevasa di nuoveabitazioni. Oltre a censirli, il Pianostrutturale di Parma ne ha individuato leprincipali caratteristiche morfologiche eambientali, ne ha definito l’ambitopaesaggistico di interesse, prevedendoneun’attenta politica di tutela e divalorizzazione. Infine, attraverso ilmeccanismo della perequazioneurbanistica, il PSC incentiva lademolizione degli edifici incongrui inambito rurale, consentendo iltrasferimento di parte della lorovolumetria all’interno di ambitiurbanizzati. Un insieme di azioni miratealla riqualificazione del paesaggioagricolo, riconosciuto dal PSC comerisorsa strategica per lo sviluppo dellacittà e del territorio parmense. Parma, partner ufficiale di Milano inoccasione dell’Expo, si configurerà comeuna nuova città che cresce per progettiispirati alla ricerca, allo svilupposostenibile e alla qualità della vita e cheesprimono al massimo le potenzialitàculturali ed economiche del territorio.

*Assessore Politiche urbanistiche ed edilizie del comunedi Parma.** Servizio Pianificazione generale del comune di Parma.*** Direttore Settore Pianificazione territoriale delcomune di Parma.

strategico riguarda la valorizzazione delterritorio rurale, centrale per potenziarela vocazione agro-alimentare della cittàe per incentivare un modello di sviluppourbano sostenibile. Il Piano Strutturaleprevede di riqualificare la città costruitaattraverso il potenziamento dell’ambientenaturale, attraverso la riorganizzazionedella rete delle relazioni interne altessuto urbano, e il ridisegno del confinefra edificato e non edificato verso ilterritorio agricolo. Il sistema delleemergenze naturali – prima fra tutte larete dei corsi d’acqua - è una risorsapreziosa che viene messa in campo, perottenere una migliore qualità della cittàe del territorio. Il PSC individua nellacostruzione di una cintura verde attornoalla città la principale azione diriqualificazione degli spazi periferici. Aquesto si lega il progetto urbanistico diparco urbano, la spina verde checollegherà la città al suo territorio. Lavalorizzazione del paesaggio agrarioavverrà inoltre attraverso lariqualificazione dei numerosi nucleiurbani storici che circondano la città, eattraverso specifiche politiche di tuteladegli edifici rurali. In questi ultimi anni,il territorio rurale è stato infattiinteressato da numerose trasformazioniedilizie minute e diffuse, legate al

funzionante, al sostanziale rinnovamentodelle strutture fieristiche e alla creazionedi un polo produttivo innovativo. Laposizione strategica di questo centromedio padano sarà valorizzata dalconsolidamento del nodo viabilisticoesistente: oltre alla prossimità dell’uscitadell’autostrada A1 e della tangenziale diParma, il nuovo ponte nord e lacomplanare raccorderanno l’area con leprincipali arterie urbane ed extraurbane. Il PSC prevede inoltre di ripensare ilruolo delle infrastrutture, in particolaredell’aeroporto e della stazioneferroviaria, potenziandole in ragione deinuovi e più estesi flussi di traffico, edotandole di servizi aggiuntivi connessial loro nuovo rango internazionale. Perrispondere all’intensa e differenziatadomanda di mobilità, si prevede unnuovo sistema di metropolitana leggera,integrato con il trasporto di livelloterritoriale e con il servizio ferroviario dibacino, che recuperi le infrastruttureesistenti rispetto alle direttrici locali dimaggior traffico: Fidenza –Salsomaggiore, Collecchio – Fornovo,Sorbolo. La metropolitana leggerarappresenterà anche il collegamentoprincipale tra la città, il polo scientifico-tecnologico a sud e la nuova area diinnovazione nord-ovest. Un terzo tema

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Progetto di riqualificazione dell’area della Stazione, vista da via Brennero. Coordinamento: Ivano Savi;progettazione: Fabio Ceci; Val.S.A.T. e aspetti ambientali: Giorgio Neri, Davide Gerevini (Ambiter); pere-quazione urbanistica: Dario Naddeo. Hanno collaborato per il Comune di Parma: Tiziano Di Bernardo,Marta De Vecchi, Patrizia Rota, Antonella Fornari, Tiziana Ravanetti, Silvia Ombellini, Pasqua Ciccone.

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difficoltà, la concertazione tra leistituzioni locali e sovralocali e ilpartenariato pubblico – privato,attraverso l’istituzione del Comitato diCandidatura e tramite una serie diaccordi stipulati con alcuni operatori,finora è mancato un coinvolgimentoattivo della popolazione. Unacondizione che, sull’esempio di altrerealtà (come la Capitale Europea dellaCultura di Genova 2004), avrebbepermesso di formulare un programmamaggiormente condiviso e attento allenecessità locali, limitando le possibilitàdi insorgenza di eventualiconflittualità (come accaduto aValencia con l’America’s Cup 2007) odifficoltà nel raggiungimento degliesiti attesi (come accaduto a Porto conla Capitale Europea della Cultura2001). L’insieme degli interventi previstidimostra un elevato livello diarticolazione. Il quartiere espositivo èintegrato da una serie di operecomplementari, denunciando unapprezzabile tentativo di ricerca direlazioni tra l’Expo e il propriocontesto. Ma affinché i progettiannessi consentano di estendere ibenefici dell’evento alla scalaterritoriale, è necessario che essi sianosviluppati e attivati in occasione dellamanifestazione, e non rimandati al suotermine, come accaduto per parte delleopere previste a Saragozza inoccasione dell’Expo 2008. Mentre leVie di Acqua e di Terra potrebberoarticolarsi non solo attraverso leemergenze positive del sistema urbanoe ambientale, ma anche attraverso aree

Quale sostenibilità ambientale e sociale per il post evento?Stefano Di Vita*

strumenti (ad esempio, le scelteinerenti il sistema della mobilità).L’evento milanese non sembra trovareinserimento in una visione urbanaconsolidata e condivisa, negando unadelle condizioni di successo riscontratein altri contesti (dalle Olimpiadi diBarcellona 1992 e di Torino 2006,all’Expo di Lisbona 1998), con ilrischio di compromettere le possibilitàdi ottimizzazione delle ricaduteterritoriali dell’Expo e quelle diattuazione delle previsioni del pianourbanistico della città, subordinate allarealizzazione delle opere per l’eventoin relazione all’improrogabile scadenzadel 2015.L’impegno di Milano all’impiego dialcuni strumenti di recente diffusione(la Vas, l’Eco Management and AuditScheme, il Green Public Procurement,l’Assemblea di ConsultazioneAmbientale, il Report sullaSostenibilità e il Programma Climaticoper l’Expo) esprime una capacità diinnovazione e un interesse neiconfronti della questione ambientale.Si tratta di un’importante occasione disperimentazione verso la sostenibilitàdello sviluppo urbano, anche sel’esperienza torinese del 2006 ha giàdimostrato lo svantaggiodell’applicazione della Vas soltantodopo l’aggiudicazione dell’evento,poiché il risultato dell’azione divalutazione rischia di essere viziatodall’esito atteso, trasformando ilprocesso valutativo in un luogo dicomunicazione di decisioni già prese1. Se la candidatura all’evento ha avutoil merito di attivare, non senza

Osservando il sistema economico esociale milanese, molti ritengonosuperflua l’Esposizione Universale del2015, mentre altri la reputano unanecessaria opportunità di sviluppo. Mal’Expo va intesa non solo comeoccasione di crescita dell’economia edella competitività della città, bensìanche come opportunità dimiglioramento del sistema ambientalee sociale locale. Nonostante gli obiettivi dei promotoridi sviluppare il dibattito sullasostenibilità a partire dal temadell’alimentazione e di predisporreprogetti per promuovere Milano comemodello di sviluppo urbano sostenibile,spesso gli interventi proposticontraddicono l’intenzione originariadi un evento a “impatto zero”.Affianco agli aspetti positiviriconosciuti nel Dossier di candidaturaemergono anche alcune criticità chepotrebbero essere almeno in parteaffrontate durante la stesura deiprogetti definitivi.La redazione del programma dicandidatura è stata condottaparallelamente all’elaborazione (tuttorain corso) del Pgt del Comune diMilano, ma senza una costantecorrelazione tra i due strumenti. A prescindere dalla perimetrazionedell’area destinata alla sede dell’eventoe dalla proposta di alcuni progetticontenuti sia nel Dossier sia nel Pgt, èemersa l’indifferenza di alcunestrategie del piano in itinere rispetto aquelle dell’evento, e viceversa, apartire dalla definizione di alcunedifferenti previsioni all’interno dei due

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a fronte delle ancora numerose areedismesse distribuite tra il capoluogo e icomuni dell’hinterland, dall’altro latola finora mancata programmazione difunzioni strategiche per l’utilizzo postevento dell’area Expo potrebbecompromettere il potenziale contributodella manifestazione ad uno sviluppoduraturo della città. E, in questo senso,le esperienze di Lisbona 1998, Torino2006 e Saragozza 2008 dimostrano lanecessità di prefigurare sin dalla primafase progettuale il ruolo finale dellearee coinvolte, sia per estendere neltempo e nello spazio i benefici indotti,sia per evitare l’inconveniente deldismesso post evento. Maggiore valenza è riconosciuta allaCittadella del Gusto nell’ex mattatoio,perché, nonostante la mancanza di unsuo inserimento nel cronoprogrammaper l’evento e di un suo specificofinanziamento, numerosi sono i propripotenziali contributi: dallatrasformazione di un’area dismessainterna alla città consolidata,all’estensione dell’effetto evento al dilà del recinto espositivo e dopo iltermine della manifestazione, fino alladiversificazione del sistema economicolocale attraverso la promozione diMilano come capitale mondialedell’alimentazione.La programmazione per il post eventodovrebbe pertanto valorizzarel’intervento della Cittadella del Gusto,nonché disporre la riconversionedell’area Expo attraverso ilmantenimento delle strutturepermanenti, per un potenziamento delpolo fieristico di Rho – Pero, e losmantellamento di quelle temporanee,evitando però una nuova edificazionein situ. Ciò consentirebbe unarinaturalizzazione di gran partedell’area, valorizzando il suoinserimento nel sistema dei parchi dicintura e contribuendo alla definizionedella “corona verde” nel settore nord –occidentale dell’area metropolitana. In questo senso, si potrebbeottimizzare l’elaborazione in corso delPgt di Milano per attuare unmeccanismo perequativo e trasferireparte dei diritti di edificabilità generatidalla trasformazione dell’area Expo inaltri ambiti interni al tessuto urbanodel capoluogo e degli altri comuni

risorsa per la valorizzazionedell’agricoltura periurbana, generandouna contraddizione rispetto al temastesso dell’Expo legato all’agricolturasostenibile. Se la dimensione,l’unitarietà e l’accessibilità dell’area,oltre alla sua adiacenza alla nuovaFiera, hanno indotto alla sua sceltacome sede dell’evento, la sua posizionedistanziata dalla città consolidatapotrebbe sfavorire eventuali ricadutesociali positive all’interno delcapoluogo. Mentre la sua prossimità alprogetto di Cascina Merlata e agliinterventi in corso di realizzazionelungo via Gallarate comporterà lasaldatura degli abitati di Milano, Rho ePero, rischiando di compromettere ilcompletamento della prevista “coronaverde”. Dunque, è lecito chiedersi sequella di Milano non potesse ancheessere l’occasione per promuovere unanuova tipologia di Expo, basata su unapluralità di interventi minori, diffusinel tessuto urbano consolidato,aumentando i benefici sociali locali eriducendo l’impatto ambientale. Gli interventi previsti adottanomolteplici soluzioni progettualisostenibili, sia nei singoli manufattiarchitettonici, sia nel quartiereespositivo e nell’adiacente Expo Village(il villaggio residenziale) nella lorointerezza: dalla bioarchitettura alteleriscaldamento, dalla completapedonalizzazione all’utilizzo di mezziecologici. Ma la sostenibilitàambientale e sociale proposta parelimitarsi alla scala edilizia e diquartiere, a fronte delle carenzeriscontrate alla scala urbana eterritoriale del programma per l’eventonella sua totalità. Vista la provvisorietà del quartiereespositivo, che sarà per buona partesmantellato e trasformato al terminedella manifestazione, la principalescommessa risiede nel post evento.Perplessità fanno riferimento allalimitata valenza strategica delle attualisoluzioni, a partire dalla previstariconversione dell’area attraversol’ennesimo intervento di sviluppoimmobiliare a destinazione d’uso mista(residenza, terziario, verde e servizi).Se da un lato viene confermata latendenza all’espansione della città,insostenibile sotto l’aspetto ambientale,

degradate (sull’esempio di Porto 2001 eGenova 2004), ottimizzandol’occasione dell’evento per larigenerazione delle “periferie” dellametropoli.Buona parte delle opere previste fariferimento alle infrastrutture ditrasporto. Ma se i finanziamentidirettamente legati all’Expo prevedonoun investimento di 871 milioni di europer la metropolitana e di 289 milionidi euro per le strade, considerandoanche i finanziamenti nazionaliprogrammati all’interno della regionemilanese la situazione si inverte:l’investimento nel trasporto pubblicosu ferro raggiunge i 3.511 milioni dieuro, rispetto ai 6.668 milioni di europrevisti per il potenziamento di stradee autostrade2. Tra le infrastrutture viabilistiche siannoverano la Pedemontana, laBrebemi, la Tangenziale Est esterna.Queste nuove arterie, attese da tempo efinora inattuate, potrebberoinizialmente indurre uno snellimentodel traffico decongestionando laviabilità esistente, ma nel temporischierebbero di incrementare l’entitàdel flusso veicolare e di favorire ladiffusione dell’urbanizzato lungo inuovi tracciati, spesso collocati inambiti agricoli o di elevato valorepaesistico. Quindi, nell’obiettivo dellasostenibilità ambientale e socialedell’evento e dato il carattereinnovativo con cui l’Expo vuole essereproposta, sembrerebbe più opportunala ricerca di alternative di minoreimpatto e maggiore efficienza,prediligendo il trasporto pubblico suferro e riducendo gli investimenti inquello privato su gomma. Il Dossier comprende un programma dicompensazione ambientale per ilconsumo di suolo previsto:un’opportunità di sperimentazione diuna procedura innovativa ancora pocoutilizzata nel nostro Paese. Ma è lecitodomandarsi se, nell’ambizione diproporre Milano come modello disviluppo urbano sostenibile, non sidovesse promuovere una soluzione a“consumo di suolo zero”. La localizzazione della sede espositivaimplica l’utilizzo di lembi di territorioagricolo in ambito suburbano comeriserva di edificabilità, anziché come

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Ne consegue una sorta diriappropriazione d’identità da partedella città che non si percepisce piùcome tale, bensì come nuovo attore“locale” a confronto con altri attoripolitici, economici, istituzionali. Inquesto scenario è necessario quindiintrodurre un nuovo dualismo: locale-globale.In tale direzione è di fondamentaleimportanza l’integrazione della cittàcome sistema nelle reti di informazionie servizi.Le modificazioni della città, l’esigenzadi recuperare aree industriali dismesse,portano ad accelerare i processi diriqualificazione, creando contenitori dieventi, che fungono da grandiattrattori che creano valore,mobilitando il potenziale delle risorsespecifiche del territorio.Quindi il disegno di modificazioneparte dalla consapevolezza che ilterritorio deve essere trattato concompetenze specifiche, cioè conprofessionalità multidisciplinari,ponendosi obiettivi a medio-lungotermine con progetti intersettoriali. Dal punto di vista socio-culturalel’evento diventa moltiplicatore dieventi, in quanto i cittadini sono attoridi queste occasioni di sviluppo, perchédiretti interessati a far parte delleidentità di quel luogo. Sarannoavvantaggiate anche le società , deisettori alberghiero, della ristorazione.Se dunque l’immagine internazionaledi Milano sta mutando, deve essereben presente che gli obiettivi di questocambiamento devono necessariamenteessere anche quelli di attrarre

Rappresentare la cittàtra identità e nuove forme Fabio Converti*

La base sostanziale della conoscenza diun territorio ad elevato valore storico-culturale-sociale, si fonda sulla pienacognizione dei suoi singoli elementimateriali, nonché sulla capacità disaper valutare i processi immaterialiche scaturiscono dai grandi eventi.Nello specifico l’evento dell’Expo 2015investe la città di Milano conl’intenzione di potenziare l’areacompresa tra i comuni di Pero e Rho,creando un moltiplicatore che sioccupi di elevare il grado diattivazione delle risorse potenzialispecifiche della città, ovvero l’entitàdel valore aggiunto territoriale inrelazione sia al valore complessivoprodotto che nel processo.Nel caso delle nuove dinamiche che sivengono a creare con le opportunitàofferte dai grandi eventi e quindi daiprocessi di globalizzazione cheimpegnano la città e la sua periferia,la sostenibilità territoriale dellosviluppo, deve essere definita come lacapacità autonoma di creare valoreaggiunto territoriale in un duplicesenso: quello di trasformare in valore(d’uso) le risorse potenziali (immobili especifiche) della città e quello diintrodurre nel territorio circostantenuovo valore sotto forma diincremento del capitale territoriale.Ovvero quando l’attore collettivoterritoriale, interagendo con i livellisovralocali, crea valore mobilitando ilpotenziale di risorse specifiche delproprio territorio, senza ridurre ilcapitale territoriale: né quello locale,né quello di altri territori esternicoinvolti nel processo.

coinvolti dall’evento. Unasperimentazione di una perequazionesovraccomunale, che consentirebbe dievitare un ulteriore consumo di suolo,di risolvere alcune criticità esistentiall’interno dei tessuti urbaniconsolidati (dalle aree dismesse ancoradisponibili, alla cintura ferroviariaurbana del capoluogo) e di distribuire ibenefici indotti dall’evento anche aicomuni limitrofi, nel tentativo diproporre realmente Milano (nella suadimensione di città – regione) comemodello esportabile di sviluppo urbanosostenibile.Una valorizzazione dell’eventomilanese che consentirebbe discardinare abitudini consolidate e diinnovare secondo modalità operativeinedite. Un’opportunità disperimentazione avanzata, e non diproseguimento di modalità di sviluppoormai obsolete, valorizzando lacapacità innovativa connaturata alconcetto stesso di Expo.

* Dottorando Politecnico di Milano.

Note1. Da Dansero E., Segre A. (a cura di), Il territorio deigrandi eventi. Riflessioni e ricerche guardando aTorino 2006, numero monografico del “Bollettinodella Società Geografica Italiana”, serie XII, volumeVI, fascicolo 4, ottobre – dicembre 20022. Da Comitato di Candidatura Expo, Nutrire ilpianeta, energia per la vita. Proposta di candidaturadella città di Milano a ospitare l’esposizioneuniversale del 2015, Milano 2007.

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investimenti, migliorare la capacità diMilano nella competizione globale,diversificando l’offerta.Tra i grandi progetti di cambiamentodovuto ad eventi, ritroviamo quello delForum della Cultura che ebbe luogonel 2004 a Barcellona, che si è postovari obbiettivi tra cui di intervenirenon solo con edifici e collegamentiinfrastrutturali ma soprattutto didotare di servizi adeguati le areeoggetto di intervento. In questo caso,si è data una maggior importanzaall’aspetto sociale, con spazi e luoghidi aggregazione. Quindi è difondamentale importanza mettere inmoto meccanismi in grado di crearesintonia tra eventi a caratterizzazioneculturale, sociale e per lo svago.Altro punto importante lo riveste lagestione di questi nuovi insediamentidopo gli eventi.Tali spazi dovranno esser gestiti nelladirezione di contenitori rigeneratori dieventi.L’evento diventa parte o volano distrategie urbane di riconversioneeconomica e sostegno allacompetitività internazionale delle città.Competitività determinata dalleesigenze della globalizzazione,comportante la delocalizzazione dellerisorse in un processo che fa della cittàle reti di nodi di permutazione.A tal fine, recenti studi hannoaccertato come la competizione fra lecittà europee si valuti su più elementi:presenza di multinazionali, centri diricerca, infrastrutture e servizi dicomunicazione per le aziende, qualitàdella vita, relazioni internazionali; essasi esprime con l’obiettivo diconcentrare nei propri confini settorieconomici competitivi, con effettitrainanti per lo sviluppo delle città edelle regioni urbane.In conclusione non si devonotrascurare le identità e le vocazioniterritoriali, affidando le sorti della cittàsolo a super architetture.

* Ricercatore di Disegno Seconda Università diNapoli.

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Piano di Governo del territorioCCoommuunnee ddii MMiillaannoo

• Coordinamento della redazione del pianoGiovanni Oggioni \ Direzione del Settore Pianificazione UrbanisticaGeneraleMarino Bottini \ Responsabile del Servizio di CoordinamentoPianificazione Urbanistica Generale

• Direzione Scientifica Piano Governo del territorio, progetto visionegenerale e forma urbanaMetrogramma S.r.l. \ Andrea Boschetti, Alberto Francini

• Documento di piano e strategia generaleMetrogramma S.r.l. \ Andrea Boschetti con Sara Salvemini PaoloPomodoro

• Piano delle regole e dinamiche perequativeMesa S.r.l. \ Ezio Micelli, Federica Di Piazza, Antonella Faggiani con SaraBoldrin, Carlo Nardi, Bruna Vielmi, Alessandra Bazzani, PietroGuermandi con Donata Leone

• Piano dei serviziId-Lab \ Stefano Mirti, Simone Quadri, Walter Aprile, Luca Buttafava,Lorenzo Caddeo, Eyal Fried, Giorgia Lupi, Henrik Runshaug con DarioBuzzoni.

• Filomena Pomicio, Guya Elisabetta Rosso con Gianluca Palmarin,Fabiano Natalizi, Sario Sbalzarini

• Le parti riferite al tema della sussidiarità sono sviluppate dal prof.Dario Cavenago (con la collaborazione di Benedetta Trivellato),dell’Università Bicocca.

• Direzione Facility Management (Christian Marangone, Monica Mori)

• Area Pianificazione e Controlli Dario Moneta, Michele Petrelli,Settore Statistica (Domenico Semisa, Paola Rimbano, VittoriaCarminati), Servizio SIT (Bruno Monti, Silvia Castellanza)

• Infrastrutture e trasportiPaolo Riganti con Valeria Lupatini e Sarah Giuseppetti

• Strategie del verde (piano e sistema ambientale) Land S.r.l. \ Andreas Kipar con Camilla Mancini, Barbara Boschiroli

• Piani di cintura urbanaPierluigi Roccatagliata

• Strategia di progetto alla scala localeNicola Russi con Brigida Arienti, Luana Testa e Andrea Volpe

• Consulenza giuridicaAntonino Brambilla

• Sistema informativo urbanisticoChiara Paoletto con Saverio Cutrupi, Elena Dallagiovanna, MarcoPialorsi, Matteo Spinatonda

• Program ManagementBusiness Integration Partners S.p.A.

• Collaborano le direzioni centrali e gli assessorati:Mobilità, Trasporti e Ambiente; Attività Produttive; Arredo, DecoroUrbano e Verde; Salute; Famiglia Scuole e Politiche Sociali; Cultura;Facility Management; Area Pianificazione e Controlli; SIT; PIM.

Il Pgt di Milanoa cura di Federica Di Piazza

Pianificazione Urbanistica, neapprofondisce gli aspetti attuativianche in relazione agli strumenti chefino ad oggi hanno regolato letrasformazioni del capoluogo lombardo(Prg 1980 e il Documentod’Inquadramento). Dalla visionegenerale si perviene quindi ad unadeclinazione specifica del Pgtillustrando, nella seconda sezione, icontenuti dei due atti che compongonoil Pgt: la redazione del Piano delleRegole (Bruna Vielmi) e il Piano deiServizi (Stefano Mirti). Lo sforzo progettuale e di innovazionedisciplinare trova la sua corniceattuativa grazie a due contributi:Antonino Brambilla, consulentegiuridico al piano, focalizzal’attenzione sulle modalità con cui lastrategia generale troverà applicazionenegli atti che compongono un Pgt(Documento di Piano, Piano delleRegole e Piano dei Servizi) mentre EzioMicelli (in questo numero diUrbanistica Informazioni) tratteggia glistrumenti gestionali che garantirannol’attuazione del Pgt nel rispetto deiprincipi fondativi. Principi cardine e strategia progettualegovernano e coordinano i diversi attidel Pgt di Milano entro un disegnoambizioso che intende promuove ilPiano della Grande Milano entroun’innovazione sostanziale chereinterpreta gli strumenti urbanisticiprevisti dalla Lr 12/2004 in un’otticariformistica al fine di governare letrasformazioni di una metropoli giàcompatta.

L’impulso riformatore promosso dalleleggi urbanistiche regionali promulgatedal 2000 ha coinvolto numerose cittàitaliane: dalla capitale alle principalicittà metropolitane (Bologna e Firenze)nessuna grande città italiana si èpotuta (o voluta) sottrarre dal redigerepiani di nuova generazione in grado digovernare il territorio secondo principie strumenti che intendono modificarele pratiche legate alla trasformazionedel territorio. È in questo quadro culturale enormativo che anche Milano ha decisodi dotarsi di un Piano di Governo delTerritorio di carattere innovativo esperimentale al fine di gestire leproblematiche connesse alla città equanto mai tempestivo in ragione dellarecente aggiudicazione dell’Expo 2015. Il Pgt di Milano è in corso dielaborazione per quanto concerne laproduzione dell’apparato documentalee l’iter amministrativo tuttavia èpossibile delineare i principi e gli esiticonsolidati a cui si è pervenuti. I contributi che seguono si propongonodi illustrare la strategia e gli elementidi principio e di metodo che si intendepromuovere nel PGT di Milano apartire dagli obiettivi che l’agendapolitica richiede che sono esplicitatinelle Sette domande all’assessore alloSviluppo del Territorio Carlo Masseroli.La visione sistemica della futuraMilano è delineata nella prima parteattraverso due contributi: AndreaBoschetti, coordinatore scientifico,illustra le strategie progettuali chestanno alla base del piano mentreGiovanni Oggioni, Direttore del Settore

Il Pgt di Milano

04-bis Piani di grandi (221-222) copia 9-02-2009 15:09 Pagina 21

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no si focalizza sulla dotazione di una rete ambientale e infrastrutturale– i vuoti - demandando al mercato e alla società lo sviluppo delle partiprivate - i pieni.In questa prospettiva tutte le trasformazioni ordinarie e rilevanti dellacittà divengono i tasselli necessari per la realizzazione efficace del pro-getto di città pubblica in un quadro procedurale in cui città pubblica ecittà privata nascono e si sviluppano insieme sulla base del progetto diPgt attuandolo ed eventualmente ridefinendolo.Lo sviluppo della città pubblica in una dorsale di spazi aperti verdi, diinfrastrutture e di servizi si inserisce in un processo di rinnovo dellacittà privata che necessariamente devono essere promossi con il mino-re consumo di suolo possibile e attraverso processi di densificazionedella città esistente. Le trasformazioni urbanistiche a Milano sono quin-di orientate alla creazione di una città densa ed intensa di attività eccel-lenti e cittadini.La densificazione e la tutela degli spazi aperti si concretizzano median-te il principio perequativo. Il Pgt di Milano assume il partenariato pub-blico-privato come presupposto per la realizzazione delle scelte urbani-stiche. Tale principio assume quindi che la realizzazione della città pub-blica ed, in particolare, l’acquisizione delle aree necessarie al suo svi-luppo sarà l’esito di una dinamica concertata di redistribuzione delvalore generato dalla scelte del piano.

5. Parole chiave dei tre atti che compongono il PgtIl Documento di Piano traduce la regia pubblica e la strategia generaledel piano fondata su una rete di spazi pubblici da cui si sviluppano leoccasioni private in un quadro di regole semplici e flessibili. È in que-sto senso che esso rappresenta lo strumento della regia pubblica chesintetizza i contenuti del Piano dei Servizi e del Piano delle Regole.La parola chiave del Piano dei Servizi è la sussidiarietà. È in questosenso che il Piano dei Servizi trova nuove forme di sviluppo attraversoil concorso del terzo settore, della finanza etica e del mercato qualorapossibile. Dall’housing sociale ai servizi per l’infanzia alla gestione deiparchi, il campo di applicazione del principio della sussidiarietà apparesignificativo a garantire la realizzazione di una dorsale di spazi collet-tivi che comprendono il sistema ambientale, quello infrastrutturale e deiservizi intorno a cui si possa implementare un infinito palinsesto di sce-nari di città futura.Il Piano delle Regole si propone di attivare, grazie a meccanismi di mer-cato, la trasformazione della città costruita. Il processo di rinnovo dellacittà passa, nel piano delle regole, attraverso processi di densificazioneaffidati a regole che lasciano agli operatori la definizione del mix fun-zionale più adatto secondo le vocazioni del luogo e del momento eco-nomico entro procedure trasparenti.

6. Quali sono gli elementi di innovazione del Pgt di Milano?Il Pgt di Milano si fonda su un’innovazione in merito all’impostazionedegli strumenti e non sulla loro natura. Il sistema dei servizi, ad esem-pio, verrà attuato superando la logica vincolistica sulla quale si è fon-dato lo sviluppo della città pubblica fino ad oggi a favore di una forteregia pubblica.

7. Quali sono le azioni che state predisponendo al fine di garantirel’attuazione del Pgt?L’innovazione sul fronte della pianificazione è intergrato ad una revi-sione e monitoraggio della gestione dell’iter amministrativo alla basedell’attuazione del piano. Due sono le azioni intraprese dall’ammini-strazione: in primo luogo, si sta procedendo ad una revisione flussi pro-duttivi dell’amministrazione al fine di garantire processi flessibili. Inol-tre, al fine di garantire un’efficiente attuazione dei contenuti del Pgtrispetto alle istanze della città è nelle intenzioni dell’amministrazionepromuovere la nascita di un’agenzia che rappresenti una conferenza deiservizi permanete la quale sia in grado di promuovere processi di ascol-to della città ed implementare le previsioni del Pgt in modo dinamicoe flessibile nel tempo.

Sette domande a Carlo Masseroli Assessore allo sviluppo del territorio di Milano

a cura di Federica Di Piazza

1. Il Pgt di Milano: perché un piano per la città?Milano intende redigere il Pgt per promuovere un processo di trasfor-mazioni della città in cui la regia pubblica riveste un ruolo cardine perorientare uno sviluppo organico e sistemico del sistema territorialemilanese che, da un lato, garantisce la coevoluzione della città pubbli-ca con lo sviluppo privato e, dall’altro promuove, una visione prospet-tica di lungo periodo degli interventi.

2. Il Pgt e l’occasione dell’Expò: due occasioni storiche che si fondo-no in rapporto sinergico?Il processo di redazione del Pgt si interseca con l’aggiudicazione del-l’Expo che in questo processo si rivela un volano straordinario al Pgtstesso in quanto stimola l’amministrazione a darsi sfide ambiziose. Il Pgt e l’Expo pongono Milano al centro di una rete di qualità che supe-ra i confini amministrativi e rafforza il proprio ruolo di eccellenzarispetto al territorio che gravita intorno alla città – i comuni dell’hin-terland e i capoluoghi di provincia – piuttosto che in una nuova dimen-sione urbana che spazia da Venezia a Torino. Si tratta quindi di dueoccasioni storiche per l’amministrazione che dovrà promuovere inter-venti in grado di attrarre investimenti pubblici e privati, obbligherà agarantire la certezza dei tempi degli interventi e la loro utilità per l’in-tera cittadinanza.

3. Quali sono i principi fondatori del Pgt di Milano?Il Pgt si fonda in primo luogo sul riformismo sussidiario e liberale chesi pone l’obiettivo di individuare nuovi criteri e strategie d’interventoper la costruzione della nuova visione e immagine della città attraver-so un quadro di regole che restituiscono all’amministrazione un ruolodi regia responsabile tesa a perseguire l’interesse collettivo. In questosenso, il Pgt promuove una forma innovativa di pianificazione dove leregole e il progetto di città convergono e promuovono l’opportunità diun processo di rinnovo urbano in cui la mobilitazione delle risorse pri-vate concorre, in modo incrementale e sinergico, ad elevare la qualitàdella città. Il cardine dell’innovazione è rappresentato dal passaggio da un pianonormativo vincolistico ad un nuovo metodo di pianificazione aperto ecreativo in cui il governo del territorio rinuncia alla definizione di desti-nazioni d’uso (pubbliche o private) e si apre ad un processo in cui levocazioni del territorio vengono riconosciute ed assecondate nel tempo.Questo cambiamento di impostazione si è reso necessario dopo averriscontrato che dal Piano Regolatore del 1953 alla Variante Generale del1980 la definizione delle destinazioni d’uso dei suoli ovvero il vincolosulle aree destinate a servizi come strumento di governo della cittàdeputato alla tutela dell’interesse pubblico si è rivelato inadeguato agarantire una città di qualità. Il capillare processo di ascolto dei cittadini, l’osservazione delle diverseidentità urbane in relazione alla definizione delle criticità e dei bisognidella collettività rappresenta l’elemento cardine del metodo con cuil’amministrazione promuove il coinvolgimento attivo della cittadinan-za in questo nuovo modo di governare il territorio. È un metodo inno-vativo e proficuo che alimenta il progetto di Milano e allo stesso tempoconsente di sovvertire radicalmente il rapporto tra regola e realtà lad-dove è la realtà, e la sua osservazione, che struttura e dà forma alleregole del piano e non viceversa.

4. A fronte di tali principi quali strategie distinguono il Piano dellagrande Milano?Lo strumento della regia dello sviluppo di Milano in una prospettivametropolitana è rappresentato dalla città pubblica. Il progetto di Mila-

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Strategie del Pgt di MilanoAndrea Boschetti*, Nicola Russi**

Il Pgt di Milano

si costruisca lungo le strutture deinuovi sistemi di spazio pubblico: gliEpicentri, i Raggi Verdi, i GrandiParchi Periurbani e la costellazionedelle microcentralità dei quartieri dif-fusi su tutto il suo territorio.

Gli EpicentriL’obiettivo principale del Pgt è quellosi trasformare la città facendola cresce-re su sé stessa, raggiungendo unamaggiore qualità urbana su tutto il ter-ritorio già urbanizzato senza espander-si su terreni ancora liberi e per questopreziosi da un punto di vista ambien-taleCardine di questo piano di ristruttura-zione urbanistica è il sistema degliEpicentri, una rete di spazi pubblicinuovi e riqualificati che si innerva intutte le zone della città. Gli epicentri che si costruiscono ingran parte sugli gli ambiti di trasfor-mazione urbana del nuovo Pgt rappre-sentano la parte rilevante della strate-gia progettuale del disegno di cittàpubblica. La trasformazione degli epicentri pre-vede infatti la realizzazione di nuovearee verdi di grandi dimensioni ingrado di aumentare la dotazione com-plessiva del sistema urbano dei parchi,e in grado anche di contribuire allosviluppo qualitativo sia delle aree ditrasformazione, sia dei diversi settori dicittà a ridosso di queste. Sono la “mic-cia” attraverso cui innescare le dinami-che di trasformazione complessiveattese sulla città e per questo sonodisegnati entro i tessuti urbani preesi-stenti favorendo così la rigenerazione

vuole sovrapporre a questa una figuraaperta, a rete, in grado di interpretare iflussi e le evoluzioni di una societàpostmoderna e multipolare. Una cittàin cui il concetto stesso di unico centroviene quotidianamente messo in crisida una realtà mutevole e poliedrica dicentralità e flussi intrecciati tra loro,un a città in cui alla rete a grandescala si sovrappone un sottosistema diquartieri interconnessi, che letti incontinuità con i diversi centri urbanidell’area metropolitana definiscono unsistema unitario e internamente com-plesso (fig. 1).

La città pubblica

La città a rete, innanzitutto, si ponequale antitesi alla città costruita per“enclave” giustapposte. L’idea principa-le è quella di ri-pensare la città supe-rando la dicotomia centro storico-peri-feria, rompendo in tal modo una distri-buzione fortemente gerarchica. Unacittà più equilibrata nelle sue parti, conservizi locali e sovralocali distribuitiequamente sul territorio. Una città ingrado di interconnettere le proprierisorse di paesaggio – parchi, piazze,viali, giardini con le risorse ambientalipiù importanti del territorio metropoli-tano: dall’Adda al Ticino passando peril Lambro ed il Parco Sud. Un’idea dicittà che punta alla costruzione di unoscenario urbano incardinato sul dise-gno della città pubblica e, quindi, suldisegno dei vuoti urbani da preservare,immaginare e restituire ai cittadini.Un’idea di città integrata e continua incui il la vitalità urbana e lo sviluppoedilizio non occupi nuovo territorio e

La città di Milano, se letta in rapportoal vasto territorio metropolitano,sovrappone al suo impianto storica-mente radiale, flussi trasversali e tan-genziali, caratteristici di una strutturaurbana reticolare e multicentrica. Ununico sistema urbano a scala regionale,che si estende da Orio al Serio aMalpensa, dall’Adda al Ticino, daComo e Lecco sino alla pianura agrico-la del Parco Sud disegna, una strutturametropolitana “reticolare”, che comeuna costellazione estesa di micro-siste-mi diffusi differenti tra loro (per carat-tere e modalità aggregative), organizzail territorio a nord, sud, est e ovestdella città compatta. Obiettivo del Pgtrendere più compatibili l’impianto diMilano con quello territoriale, sovrap-ponendo alla città storica, una nuovafigura progettuale fortemente legataalla concezione reticolare e multicen-trica della città contemporanea.L’attuale forma radiocentrica della cittàsi confronta quotidianamente e talvoltaentra in attrito con nuovi modi divivere e percorrere la città nella realtàcontemporanea.Milano ha continuato a crescere,secondo una logica tipicamente radia-le, provocando una sperequazione cen-tro-periferia, che si traduce in unaqualità decrescente della vita manmano che ci si allontana dalle aree piùcentrali. La risposta a questo sviluppo nonvuole essere semplicemente la ricollo-cazione di alcune funzioni centralilungo gli assi, mantenendo il centrostorico come cardine e centro geografi-co di un progetto policentrico, ma

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grandi sistemi ambientali territoriali.La rete verde disegnata a ridosso deigrandi epicentri di trasformazione siappoggia ad un patchwork storicoverde che rappresenta la cultura delpaesaggio della città di Milano.Un’attenta lettura dei luoghi e dellemorfologie di spazi aperti, costruitaattraverso il Piano del Verde che pre-vede la riqualificazione di aree esisten-ti e la collocazione di nuove aree verdi,disegna una nuova generazione diforme e di spazio urbano che privile-giano la specificità dei contesti entroun quadro di continuità ambientale;spazi pubblici fortemente legati al con-testo, in grado di proteggere elementidi interesse naturalistico e capaci diassorbire parte degli impatti prodottidalle attività umane.Un ulteriore elemento strategico di pro-getto è costituito dal sistema dei raggiverdi, che promuove una rete di percor-si pedonali e ciclabili e che innerva diverde l’intero tessuto urbano e peri-

di parti di città non comprese diretta-mente nel processo di trasformazione;non enclave che “occupano dei buchiurbani”, bensì sistemi virtuosi di undisegno più ampio e aperto alla città. Questi nuovi epicentri di sviluppo eriequilibrio, sono caratterizzati da unadotazione eccezionale di servizi alta-mente accessibili, in grado d’innescareprocessi di riqualificazione diffusa edestensiva della città. I “nuovi epicen-tri”, diventano una preziosa occasioneper pensare a grandi progetti urbani,ma anche per offrire l’opportunità didar vita ad innumerevoli trasformazio-ni nei quartieri (nuclei d’identità loca-le) e nelle aree intorno ad essi. Gli epi-centri, costituiscono la premessa fon-damentale alla costruzione della dorsa-le di città pubblica (fig. 2).

I parchi periurbani e Raggi Verdi Lungo il Lambro e nelle aree agricolesud sono previsti i nuovi parchi checonnetteranno la città di Milano ai

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Fig. 1 - L’area metropolitana

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urbano. Gli otto raggi, uno per zona, sidiramano dal centro storico della cittàe si propagano verso l’esterno, con-fluendo in una “circolare pedo-ciclabi-le”, che diverrà anello di congiunzionetra tutti gli spazi aperti della città, ilParco Nord ed i Parchi di CinturaUrbana. Questi ultimi sono pensati inuna logica di salvaguardia della strut-tura storica di cui sono costituiti ed altempo stesso progettati per divenire ungrande bacino di servizio della città,cioè veri e propri parchi fruibili edaccessibili dai cittadini stessi.

Le Centralità LocaliAlla “città veloce” degli epicentri siaffianca una riflessione progettuale suiquartieri mirata a garantire una qualitàe quantità di spazi e servizi locali e aconnettere agilmente questi con ilgrande sistema delle infrastrutture edei sistemi ambientali metropolitani.Questi quartieri sono stati individuati apartire da centralità dello spazio pub-blico e per questo il disegno dei loroconfini è variabile in grado di modifi-carsi, sovrapporsi, sconfinare l’unonell’altro, a seconda del sistema direlazioni che instaurano al loro internoe tra se stessi e gli altri. Rafforzare lecentralità esistenti, introdurne dinuove, rivitalizzare quelle in difficoltà,creare sistemi e connessioni in mododa connettere quelle frammentate sonole linee seguite nella progettazione deiquartieri unitariamente alla messa asistema di queste con le attività com-merciali, con i servizi locali indispen-sabili e con quelli generali. La progettazione locale del Pgt, perquanto si realizzi ad una scala talvoltainedita per un piano generale per lacittà, non deve essere confusa con lamanutenzione ordinaria delle sue por-zioni più minute né con una semplicediscesa di scala del progetto generalealla dimensione locale. L’obiettivo dellaprogettazione Locale è quello di stimo-lare e mettere a sistema identità localidifferenti attraverso una profonda rior-ganizzazione degli spazi collettivi edelle funzioni ad essi connesse; quasifossero città nella città, connesse traloro e con i centri dell’area metropoli-tana milanese attraverso un sistemareticolare di centralità e nuove infra-strutture e una nuova rete di varchi

Fig. 2 - Epicentri e temi

Fig. 3 - Nuclei di indentà locale

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risiedere, dei servizi alla scala locale,della mobilità capillare (sia collettivache individuale). A nord, a sud e adovest, oltre la cerchia dei viali è infattiprevista la realizzazione di nuoveinfrastrutture tangenziali di scorrimen-to veloce, in grado di alleggerire e dis-tribuire il traffico veicolare provenientedalla rete autostradale sul sistema dellegrandi strade cittadine e dentro le areedi sviluppo, alleggerendo i quartierilimitrofi agli ingressi autostradali di untraffico che non li appartiene.Per quanto riguarda il sistema dei tra-sporti collettivi su ferro si prevede ilcompletamento della cintura ferrovia-ria intorno a Milano attraverso la rea-lizzazione di un Passante semi esternoche si raccorda alla ferroviaTorino/Venezia e che si connette allelinee metropolitane nuove e in previ-sione, attraverso un sistema capillaredi nuove stazioni. Il progetto prevedeinoltre di intersecare le linee metropo-litane attuali e in costruzione, concepi-te prevalentemente secondo una logicaradiale, con un sistema di nuove lineetangenziali al centro città. Questenuove linee sono tracciate per connet-tere le nuove aree di trasformazioni, iservizi metropolitani esistenti e quelliin progetto negli epicentri alle “porte”infrastrutturali d’accesso alla città.

La rete del verde e dei servizi costruitiMilano è al centro di un territorio chepossiede uno straordinario potenzialeambientale che si vuole rendere acces-sibile e fruibile grazie al progetto diraggi verdi, collegamenti ambientali enuovi parchi all’interno degli epicentri.La continuità ambientale a più scale,dal grande sistema di parchi lungo icorsi d’acqua naturali e artificiali, aipiccoli percorsi verdi all’interno dallezone più dense e compatte della città èil principio secondo cui è stato conce-pito il progetto del verde. Una vera epropria rete ambientale, composta dadifferenti “materiali” naturali strutturagli epicentri, si innerva fin nel cuoredei nuclei di Identità locale, per poiproseguire lungo i parchi fluviali finoalle pianure agricole a sud e il sistemadelle foreste regionali a Nord. La reteverde insieme a quella infrastrutturalesono gli elementi fisici di connessionee continuità tra Milano e il territorio

metropolitano che la circonda e nedivengono la struttura principale sullaquale sono organizzati i nuovi servizicostruiti a scala metropolitana. Il progetto dei servizi costruiti, se ascala locale viene progettato e verifica-to all’interno dei nuclei di identitàlocale, alla scala metropolitana si orga-nizza secondo una logica reticolaretrovando occasione di sviluppo all’in-terno degli epicentri. Gli epicentri,inscindibilmente legati al nuovo siste-ma infrastrutturale e ambientale orga-nizzano i loro servizi interni entro unalogica di vocazioni funzionali specifi-che che dipendono dal carattere stessodei luoghi e dalle relazioni che instau-rano con i tessuti circostanti della cittàentro i quali produrre sviluppo e riqua-lificazione.

* Architetto.** Architetto.

pedonali programmati sulle aree in tra-sformazione della città (fig. 3).

La rete dei servizi

L’ambizione di questo progetto risiedenel risolvere la doppia vocazione diMilano che si trova ad essere sia ilcentro di un territorio metropolitano disei milioni di persone, sia il luogo el’ambiente di vita di un milione e tre-centomila abitanti e destinato a cresce-re ulteriormente in termini di popola-zione residente. Attraverso un’unicaregia, si ricerca un’idea di città il piùpossibile condivisa e coerente, in cui inuovi sistemi di trasporto corrisponda-no alle nuove aree di trasformazione, iparchi comunali siano connessi a gran-di sistemi ambientali e le funzioni ed iservizi pubblici per il territorio metro-politano interagiscano e portino ric-chezza alla aree urbane di antica erecente formazione o in progetto. Ilnuovo Pgt si configura, quindi, comeun nuovo piano ordinatore della orga-nizzazione spaziale e deve, per suanatura e scala, affrontare complessiva-mente le tematiche progettuali dellacontemporaneità. La scelta di guidareattraverso una regia unica i processi ditrasformazione di domani, pone qualeobiettivo principale il disegno di un’i-dea di città il più possibile condivisoche deve costituire lo sfondo di riferi-mento per l’insieme delle politicheurbane di breve, medio e lungo termi-ne. Il progetto dei servizi che compren-de al suo interno il sistema della mobi-lità pubblica e privata, il sistemaambientale e il sistema dei servizicostruiti locali e metropolitani è tra-sversale ai sistemi di città pubblica e siorganizza secondo una logica reticola-re in coerenza all’idea di città aperta alterritorio e organizzate per quartieri alsuo interno.

La rete infrastrutturaleIl progetto individua in uno scenario dimobilità urbana “tangenziale e trasver-sale” l’opportunità di ripensare la cittàsecondo un criterio di connettività arete capace d’implementare la mobilitàprivata veloce tra aree di sviluppo,lasciando libere ampie zone di mobilitàpiù porosa e lenta la cui caratteristicaprincipale è riferita alla qualità del

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tessuto edificato, accostata alleanalisi sullo stato di manutenzioneurbana (funzionale, edilizia edotazione di servizi) ha portato aselezionare: - ambiti contraddistinti da undisegno urbano riconoscibile, dovel’unitarietà morfologica dei tessuti, ilconsolidato rapporto tra spazi privatie pubblici ed i valori ambientali epaesaggistici presenti, costituisconola matrice di indirizzo dei parametridi costruzione per gli eventualiinterventi edilizi di completamento esostituzione; - ambiti di rinnovamento urbano,riferiti alle parti del tessuto piùframmentarie ed in cui lacommistione tipologica e funzionalee la residualità degli spazi apertipossono costituire un potenziale didensificazione edilizia. Per questiambiti, la necessità di coordinare gliinterventi di trasformazione con leprevisioni di mobilità e distrutturazione degli spazi pubblici haindotto a predisporre elaboratiorientativi per una attesaricomposizione del loro impiantourbano.

Una maggiore precisazione deltessuto consolidato, richiestaall’articolo 10 della legge regionale,ha riguardato l’individuazione deinuclei3 antichi della città, sulla basedelle preesistenze edilizie e deitracciati, accertati con il supportodella cartografia della prima levaturadell’Istituto Geografico Militare del1888 e dei catasti storici. Le fasi di

Le nuove regole del Pgt Bruna Vielmi*

con riferimento al Prg vigente del1980, la perimetrazione dell’ambitourbano ha compreso le zone A, B (B1,B2, B3), le zone F occupate daiservizi esistenti di interesse generale,le zone C, D attuate e le areeurbanizzate che sono state oggetto diatti di pianificazione modificativi1 delpiano (fig. 1). Contemporaneamente è statocondotto lo studio2 sui caratterimorfologici del sistema urbanomilanese, esterno al nucleo antico, lacui estensione “(…) è statadeterminata dalla giustapposizione einterferenza delle maglie e deitracciamenti dei piani regolatori diampliamento della città (il PianoBeruto del 1884-89, il Piano Maseradel 1911, il Piano Albertini del 1934)e del Prg del 1953.” L’analisi è statasviluppata anche per i quartieri e lezone periferiche, attuati con il pianovigente del 1980.L’obiettivo correlato alla descrizionedella forma urbana della città haportato a riconoscere quegli assettiurbani nei quali, in modo organico, èdefinito un preciso rapporto tra lospazio costruito, gli spazi aperti el’armatura dei tracciati viari e dellearee pubbliche; diversamente daibrani di città dove l’assenza di undisegno urbano o la suasovrapposizione ad elementi fisici etrame storiche persistenti hannodeterminato condizioni urbane diframmentarietà delle edificazioni eresidualità dello spazio pubblico.La rappresentazione dei livelli dirilevanza ed integrità morfologica del

Il Piano delle regole (PdR), definitodalla recente legge urbanisticalombarda tra gli atti costituenti ilPgt, si applica in coerenza con gliobiettivi del Documento di Piano(DdP) all’intero territorio comunalefatta eccezione per le aree ditrasformazione strategiche. Definisceil quadro normativo e pianificatoriodel territorio urbano ed extra urbanosotto il profilo insediativo e divalorizzazione paesaggistica, edagisce in coordinamento con il Pianodei Servizi.Propedeutico alla redazione del Pianodelle regole di Milano è stato l’esamedelle caratteristiche del territoriocomunale condotto sulla base dellostato di fatto e di diritto delle suediverse parti, riconosciute leprevisioni prescrittive sovraordinate,nonché i contenuti derivanti dallostato di attuazione del Prg vigente.Attraverso la lettura delle componentidi omogeneità territoriale, è seguitauna prima classificazione che haportato ad individuare gli ambiti deltessuto urbano consolidato e quelliinedificati o parzialmente edificati.Al Piano delle Regole spetta indicaredove il tessuto urbano richiedeinterventi di conservazione,integrazione e sostituzione eformulare in modo conformativo iparametri di trasformabilità delpatrimonio edilizio esistente e deglieventuali lotti da completare.Il tessuto consolidato di Milano siidentifica nella città storica e direcente formazione, tenuto contodelle espansioni e dei servizi attuati;

Il Pgt di Milano

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- il riconoscimento delle superficilorde di pavimento esistenti,indipendentemente dall’indice unicogenerale attribuito, e la definizionedei parametri di integrazione delledotazioni territoriali5 a cuisubordinare i cambi di destinazioneche comportano fabbisogno di areeper servizi; - il ricorso prevalente a forme direttedi intervento semplici (PdC e DIA) edi quelle convenzionate nel caso diinterventi sottoposti al controlloamministrativo per trasferimento deidiritti, per integrazione delledotazioni territoriali e per eventualeverifica sugli assetti planivolumetrici.

Il processo di sviluppo della città,avvenuta con i piani storici diampliamento, il piano del 1953 equello vigente approvato nel 1980,ha mantenuto ampi settori diterritorio non urbanizzato posti acorona del tessuto consolidato. Sitratta di ampie aree cherappresentano la soluzione dicontinuità tra l’ambito urbanizzato diMilano e quelli dei comuni di primacintura: aree inedificate in parteutilizzate a scopi agricoli o giàattrezzate a parco (Forlanini, Cave,Trenno, Bosco in città). La quasitotalità del territorio non urbanizzatoè compresa nel Parco agricolo SudMilano, istituito con legge regionalenel 1990 e disciplinato dallanormativa del Piano territoriale dicoordinamento (Ptc) in vigore dal2000. La normativa del parcoindividua gli ambiti da sottoporre apianificazione di maggior dettaglio, iPiani di cintura urbana6 (Pcu),finalizzati a definire le azioni per laformazione dei grandi parchi dellacittà: ricostruire il paesaggio agrarioperiurbano aperto alla fruizione deicittadini e ricomporre i marginiurbani introducendo funzioni,compatibili con i parchi, di cui lacittà ancora necessita. Il programmadi attuazione dei parchi prevede ilricorso alla perequazione checostituirà parte integrante deicontenuti regolativi degli accordi diprogramma di approvazione dei Pcudi intesa tra Comune, Ente digestione del parco e Regione.

- l’introduzione del mix-funzionaleche supera l’impostazionetradizionale per azzonamenti econsente di operare localizzandodestinazioni ed attività liberamentedefinibili all’interno della gammadella prevalente caratterizzazione delmix-urbano cittadino, in questadirezione è orientata anche ladisciplina di localizzazione delleattività commerciali che definisce, trale medie strutture di vendita, qualisono le soglie dimensionali cherientrano nel mix-urbano;- la proposizione di un unico indicedi edificabilità perequativo chegarantisce la sostenibilità del pianoin rapporto alla dotazione dei serviziesistenti con la possibilità, nelle areein cui si auspica la densificazione, diincrementare le potenzialitàedificatorie utilizzando i dirittitrasferiti dalle aree previste per ledotazioni territoriali di servizio afronte della loro cessioneall’amministrazione pubblica;

indagine e di interpretazione4 dellavalenza storica e culturale del tessutoantico (datazione degli edifici e deipercorsi, catalogazione e schedaturadei valori ambientali, mappatura deivincoli architettonici e monumentali),hanno consentito di mettere a puntola specifica normativa di dettaglio:una graduale attribuzione dellecategorie di intervento per edificio eisolato ne ha definito obiettivi diconservazione, manutenzione esostituzione (fig. 2).I principi generali delle regole per iltessuto costruito introducono aspettiinnovativi che nascono dall’esperienzaamministrativa di questi ultimi anni,formatasi sulla necessità di continuiaggiustamenti normativi apportati allastrumentazione urbanistica ed ediliziaper corrispondere alle richieste dirinnovo del patrimonio ediliziolimitate dalla disciplina tecnica delpiano vigente. Le innovazioninormative principali contenute nelPdR riguardano:

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Fig. 1 - Tessuto consolidato e ambiti inedificati del Parco Sud

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Urbanistica Quaderni n.46 2006.3. I nuclei di antica formazione si individuano nelcentro storico compreso entro la cerchia delle muraspagnole, negli insediamenti esterni di datazioneanteriore al 1888, compresi gli ex borghi ruraliappartenenti al comune dei Corpi Santi annesso alcomune di Milano nel 1873. 4. A cura della Direzione di progetto pianificazionetessuto urbano, coordinata dall’Arch. GiuliaMissaglia, Milano 2005.5. Si richiamano i criteri definiti dal Piano deiservizi.6. Vedi “Il verde urbano”, Pierluigi Roccatagliata,Urbanistica Quaderni n.46, 2006.

territorio comunale e nello specificoper il tessuto urbano consolidato. Leregole di salvaguardia, valorizzazionee trasformazione per i beniambientali e monumentali sonodefinite in modo integrativo rispettoalle tutele già fissate dal Dlgs42/2004.

La cartografia e la normativa delPiano delle regole registrano infinel’assetto dei vincoli cosiddetti“amministrativi” che comportanorestrizioni all’edificazione ocondizioni di non trasformabilitàurbanistica. Rientrano nella casistica:i vincoli “infrastrutturali” di variotipo (presenza di struttureaeroportuali, principali arterie ditraffico, ferrovie, ecc), i vincoliall’edificazione (rispetto cimiteriali,impianti tecnologici, ecc.), i vincoli didifesa del suolo che riguardano gliaspetti idrogeologici del territorio efanno riferimento al Piano perl’assetto idrogeologico (Pai).

* Architetto. Testo elaborato in collaborazione conChiara Paoletto.

Note1. In successione i provvedimenti più significativi:la variante del Piano casa , le varianti delle zonespeciali conseguenti ai Progetti d’area e Studi diinquadramento che esplicitavano le strategie delDocumento direttore del Progetto passante, iProgrammi di riqualificazione urbana a seguitodella Delibera comunale n.147/95, i piani attuativiin variante ex Lr 19/92, i Programmi integrati diintervento seguiti alla approvazione del Documentodi Inquadramento in applicazione della Lr 9/99.2. Vedi “Descrizione dei caratteri morfologici deltessuto urbano consolidato”, Ilaria Valente,

Il Piano delle regole recepisce,all’interno della propria disciplina, leprevisioni dei Piani di cintura edefinisce, in coerenza con lanormativa del Ptc, le aree inedificatecomprese nel Parco relative ai“Territori di collegamento fra città ecampagna” ed ai “Territori agricoli diCintura metropolitana”.Definisce inoltre le aree, al di fuoridei Pcu, individuate dal PianoTerritoriale di CoordinamentoProvinciale da sottoporre allanormativa del Titolo III della Lr12/2005 “Norme in materia diedificazione nelle aree destinateall’agricoltura”. Il contributo conoscitivo delDocumento di Piano in tema dipaesaggio, inteso nella definizionepiù ampia riferita sia al compartoantropico, sia alla strutturanaturalistica ed ecologica della città,viene a costituire con la Lr 12/2005uno degli aspetti determinanti per lapianificazione delle azioni di tutela edi trasformazione. Il compito diimplementazione e diregolamentazione della struttura dellearee di valore paesaggistico-ambientale ed ecologico e dei vincolidi tutela e salvaguardia è affidato alPiano delle Regole.Questo aspetto, assunti gli indirizzidel Piano Territoriale PaesisticoRegionale (Ptpr) e del PianoTerritoriale di CoordinamentoProvinciale (Ptcp), è stato trattato ingenerale con riferimento a tutto il

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Fig. 2 - Tessuto consolidato

Nucleo di antica formazione Ambiti di rinnovamento urbanoAmbiti contraddistinti daun disegno urbano riconoscibile

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Piano dei Servizi: sussidiarietà enuclei di identità locale

Volendo illustrare il Piano dei Serviziper la città di Milano in manierasintetica, quello delle FAQ ci èsembrato un utile strumento perpermettere di comprendere il nostrolavoro nelle sue linee generali. Sotto il profilo del metodo tratta di unPiano dei Servizi dichiaratamenteinnovativo e che parte dalle condizionicritiche riscontrabili in una qualsiasimetropoli contemporanea. Come viene efficacemente spiegato daZygmunt Bauman: “Allo stadio disviluppo a cui è ormai giunta laglobalizzazione dei capitali e dei benidi consumo, non esiste nessun governoche possa permettersi, singolarmente odi concerto con altri, di pareggiare iconti – e, senza che si pareggino iconti, è impensabile che si possanomettere effettivamente in atto lemisure tipiche dello Stato sociale, voltea ridurre alla radice la povertà e aprevenire che l’ineguaglianza continuia crescere a piede libero. E’ altrettanto difficile immaginaregoverni capaci di imporre limiti suiconsumi e aumentare le tasse locali ailivelli necessari perché lo stato possacontinuare a erogare servizi sociali,con la stessa intensità o con maggiorvigore”1.

1. Dovendo sintetizzare il Piano deiServizi in tre concetti chiave? (i) Iservizi non si progettano a partire daivincoli (o dalle cosiddette aree astandard). (ii) La pianificazione di perse non è sufficiente se non esiste unprogetto complessivo che tenga contodel fattore economico della gestione.

(iii) La sussidiarieta’ da intendersicome principio, come metodo e noncome risposta.2. Sono un cittadino milanese. Di cheservizi intendete dotare la città? IlPiano dei Servizi parte da due puntichiave: le infrastrutture e il verde. Acui poi si aggiunge una terza prioritàche è quella della casa in affitto. Tuttiquelli che sono gli altri “servizicostruiti” verranno stabiliti di volta involta in funzione dei fabbisognirilevati o prospettati. Si tratta quindidi una città con grandi quantità dispazi aperti di uso pubblico, compresoil verde nel sistema interno della cittàe nel Parco Sud e con una sostanzialepresenza di spazi destinati alle nuoveinfrastrutture di trasporto pubblico eprivato, ovvero alla spina dorsale dellavita della metropoli. 3. Nuove aree dedicate a spazi apertied infrastrutture. E oltre a questo? Ilterzo cardine su cui si incentra ilPiano dei Servizi è quello della casa inaffitto, intesa come uno dei temi piùimportanti all’interno delfunzionamento e della vita di unametropoli come Milano. Dal punto divista applicativo, il meccanismo èsemplice e prevede che l’operatorepossa realizzare case in affitto chesaranno rese disponibili al prezzostabilito dal soggetto pubblicoconcorrendo alla dotazione della città.4. Da chi saranno gestiti gli alloggi?Gli alloggi in affitto sono gestitidirettamente dai privati. L’unicovincolo è il canone di affitto e ladurata della convenzione. 5. E il resto dei servizi che

normalmente vengono definiti come“costruiti” (scuole, ospedali, servizisociali…)? Il Piano abbandona lalogica dello standard e dei servizipianificati a partire dai vincoli. E’ unapproccio che sembra aver dimostratola sua inefficacia nel tempo. Il PdSpropone altresi’ un sistema che ruotaattorno a una forte regia del Comune,soggetto portatore di obiettivi specificie chiari che possono essere la base diriferimento per il dialogo conl’operatore privato1. Il rapporto conl’operatore privato può essere attivatoda un lato, mediante l’attivazione dipartnership in grado di convogliare gliinvestimenti, dall’altro, attraversoforme di incentivazione evalorizzazione di iniziative già disuccesso e di cui si riconosce il valoredi pubblico interesse. I “servizicostruiti” verranno quindi individuaticaso per caso in funzione deifabbisogni rilevati o prospettati.6. Stiamo dunque parlando di unPiano dei Servizi che non ha aree astandard? Esattamente. Alla logica del“prodotto” (in questa area specifica“x”, va costruito il servizio specifico“y”) si sostituisce la logica del“processo” a partire dalla risposta albisogno reale. Il tema diventa quellodella qualità nella pianificazione deiservizi.Il Piano dei Servizi infatti nonsi concentra sul risultato finale, ma sifocalizza su un metododa applicare neimolteplici casi in cui si rendenecessario progettare e fornire nuoviservizi per la metropoli. 7. Oltre alla relazione tra qualità equantità, ci sono altri elementi

Il Pgt di Milano

Stefano Mirti*

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rilevati e trasformati in items eobiettivi dell’Amministrazione.Successivamente abbiamo lavorato coni vari assessorati per verificare lafattibilita’ e congruenza dei“desiderata” cosi’ come espressi nelprogramma elettorale. La lista di cuisopra debitamente affinata è stataintegrata dagli input che ci sono

ripetuto in maniera costante neltempo. La matrice non è mai “finita” o“definitiva”. E’ un costante work – in -progress che muta al mutare della vitadella città.9. Come cogliete i servizi richiesti daicittadini? La domanda dei servizi,sintetizzata nella matrice, vienericostruita sulla base dei bisogni

concettuali di cui tener conto nellaprogettazione di questo metodo? Ilprimo è quello del passaggio da servizierogati in termini “spaziali” a unmondo in cui una notevole quantità diservizi vengono richiesti in termini“a-spaziali”. Il secondo è relativo aduna realtà in cui tende a sfumare ladifferenza tra servizi erogati dalsoggetto pubblico e servizi erogati dalsoggetto privato.8. Come si fa a stabilire i servizi dicui c’è bisogno? Come si definiscono lepriorità? Il processo ruota attorno auna “matrice domanda offerta” che ciconsente di definire un metodo diazione. La matrice è organizzataindividuando da un lato le attualitipologie di offerta soggetti pubblici eprivati; dall’altro lato è individuata ladomanda servizi così come richiesti daicittadini in ragione delle priorità. Illivello delle priorità espresse dalladomanda si articolano in “serviziessenziali” e i “servizi propulsivi”. Iprimi sono quei servizi di base chesono in genere richiesti e offerti neivari nuclei di identità locale (scuolapiuttosto che servizi sociali). I secondi,sono invece quei servizi (le grandifunzioni legate alla moda, al design,alla ricerca e sviluppo), che hanno unafunzione catalizzatrice a livelloeconomico e di sviluppo della città.L’incrocio tra la “domanda” el’“offerta” stabilisce delle potenzialiaggregazioni di servizi sotto forma di“cluster” (raggruppamenti) checomprendono servizi esistenti, damigliorare o nuovi. Il lavoro di analisiconsente di definire quali sono leaggregazioni di servizi su cui siintende agire in maniera prioritaria,suggerendo nel contempo possibilimodalità di azione strategica. Ildocumento che raccoglie la sintesi ditutti i dati che emergono dalla matrice,è la “Matrice dei Servizi” che ci va adindicare le priorità del PDS. Questepriorità vengono trasferite in sede diapplicazione del Piano, sia nei casidelle aree di trasformazione (epicentri)che nel caso dei progetti cheinteressano il tessuto diffuso dei nucleidi identità locale (NIL). E’ importantesottolineare che il processo sopradescritto (ovvero, la definizione deicontenuti della matrice) è ciclico, va

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cooperative soggetti terzi possonogestire questi servizi al posto delsoggetto pubblico, garantendo dunqueuna modalità d’azione sostenibile2.14. Dal punto di vista pratico, comefunziona il meccanismo sussidiario?Definito un bisogno insoddisfatto e lecaratteristiche della risposta piùappropriata, l’Amministrazionestabilisce i criteri per avviare unsistema di accreditamento (che

processo. Il meccanismo sussidiariopuò essere applicato su un’areaestesissima di servizi. Dalla sanità aiservizi sociali, dalla cultura allasicurezza. A Milano in questomomento, il problema principale non ètanto la realizzazione fisica di nuovestrutture legate ai servizi. Il veroproblema è la gestione di questestrutture. Perchè allora nonimmaginare un sistema in cui

arrivati dal cosiddetto “ascolto dellacittà”.10. Cosa si intende per “ascolto dellacittà”? Nel corso del 2007 sono statisvolti circa centocinquanta incontriaperti alla cittadinanza. Il Piano deiServizi ha analizzato sistematicamentei resoconti degli incontri gli elementi(positivi o negativi) riferiti ai “servizi”.Analoga operazione di ricognizione pstata effettuata sulla carta stampata edil web. tale fase di ricognizione haconsentito di individuare migliaia diitem successivamente riversati su unamappa dedicata, dove possiamo èpossibile individuare le criticità epotenzialità del sistema servizi. 11. Questa mappa dell’”ascolto dellacittà” è dinamica? Sì, perché ilmeccanismo sopra descritto è di suanatura ciclico: a differenza dellapianificazione tradizionale talemeccanismo non giunge mai a unpunto in cui si “si è finito”. 12. Un piano dei servizi che non fissadelle aree a standard e non dà deivincoli, non equivale a una completaderegulation? Il Piano fornirà infattiuna cornice regolativa sufficientementechiara, stabile e generale, in modo dagarantire equità di trattamento senzacon ciò inibire l’iniziativa dei singolimediante vincoli previsionali rigidi edeccessivi. bisogna cioè associare laflessibilità all’assenza di regole.13. Tra i concetti chiave del Pianoinserite la sussidiarietà. Che cosa siintende con questo termine? Lamaniera più semplice per spiegare checosa è la sussidiarietà puo’ esserefacendo qualche esempio. A Milano c’èuna carenza cronica di asili nido. Nelcontempo sappiamo che una grandequantità di mamme, si auto-organizzano usando il meccanismo delsopraccitato “tagesmutter”. Dal puntodi vista di un Piano dei Servizi chelavora in termini di sussidiarietà ladomanda diventa allora: quante sonoqueste mamme? Dove sono questiasili? Come facciamo a supportarle?Per la città è meglio incentivare esupportare chi il servizio lo forniscegià ora rispetto a ipotesi in cui ci siimmagina la costruzioni e gestione dinuovi asili pubblici. La sussidiarietànon è una risposta, non è un prodotto.Si tratta piuttosto di un metodo, di un

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la proprietà, si attua unicamentemediante pianificazione esecutiva, ivicompresa la programmazionenegoziata, e ha durata predeterminata:cinque anni, decorsi i quali tutte le sueprevisioni perdono efficacia. E’, infatti,nei piani attuativi che avviene laconformazione del regime giuridico deisuoli. Il Piano delle regole, invece, havalore conformativo e, principalmente,disciplina la città edificata,individuando anche le aree destinateall’attività agricola. Infine, il Piano deiservizi regolamenta la cosiddetta cittàpubblica. Piano delle regole e Pianodei servizi hanno durata illimitata.Le menzionate caratteristiche delDocumento di piano lo differenzianocertamente rispetto ai corrispondentiatti di programmazione strategica,previsti in genere nella legislazione piùrecente di altre regioni, soprattutto perquel che riguarda la durata a termine ela centralità che esso attribuisce allasuccessiva pianificazione attuativa.Tale impostazione ricalca schemi inprecedenza sperimentati nellalegislazione lombarda di settoreriguardante la disciplina deiprogrammi integrati di intervento, icui modelli operativi, assai semplici eflessibili, hanno, con notevolissimosuccesso interpretato sia l’esigenzadegli operatori privati di rapidità didecisione e di intervento, sia lanecessità degli operatori pubblici diuna strumentazione snella e realmenteidonea a dare effettività alle previsioniurbanistiche.La mutevolezza degli scenarisocioeconomici per i privati e la

Profili giuridici del Pgt di MilanoAntonino Brambilla*

L’entrata in vigore in Lombardia dellalegge regionale 11 marzo 2005 n. 12“legge per il governo del territorio”, hacostituito l’obbligatorio quadro diriferimento normativo per il nuovopiano urbanistico milanese.Il principio cardine su cui detta leggeregionale si fonda è quello dellasussidiarietà (ex art. 118, quartocomma Cost.) che si traduce, scontatala necessaria approssimazione, nelprincipio di responsabilità degliamministratori pubblici e deglioperatori privati, dato che la leggeaffida, pressoché totalmente, al livellolocale la determinazione dei principalicontenuti delle scelte di governo delterritorio.E così per esempio sono i Comuni, inLombardia, a fissare i criteri per ildimensionamento dei loro piani e adefinire la nozione e la quantità deiservizi pubblici e di interesse pubblicoo generale, salvo una quota minimafissata per legge solo per gli interventidi natura residenziale.Si tratta di una legge che possiede iconnotati in precedenza descritti epropri del novero delle cosiddette leggiregionali di terza generazione.Eppure, se ne differenzia per tratti dinotevole rilievo.Differenze, innanzitutto, rinvenibili nelPiano urbanistico generale, che assumeil nome di Piano di governo delterritorio (Pgt), ed è costituito da treatti: il Documento di piano, il Pianodelle regole e il Piano dei servizi.Il Documento di piano è l’atto diprogrammazione strategica degliinterventi sul territorio: non conforma

cambierà di volta in volta, a secondadella tipologia di servizi trattata). Siprocede cioè ad una “chiamatapubblica” di tutti quei soggetti chesono interessati e in grado di fornire ilservizio alle condizioni richieste. Lasussidiarietà non è tuttavia l’unicarisposta possibile. Se poi la chiamatadei soggetti privati non dovesseportare alcun risultato, a quel punto siagirà utilizzando gli strumentitradizionali (nel nostro caso,erogazione del servizio da parte delsoggetto pubblico).

*Architetto.

Note1. Da un’intervista rilasciata da Z. Bauman, LaRepubblica, venerdi’ 12 novembre 2008 (pag. 41). Iltema è trattato in maniera estesa in: Z. Bauman,“Modernita’ Liquida”, Laterza, Bari, 2002 e in: Z.Bauman, “Vita Liquida”, Laterza, Bari, 2006. Altrotesto utile per capire le complessita’ e lecontraddizioni della metropoli contemporanea intesanella sua accezione piu’ ampia e: John Thackara, “Inthe bubble: design per un futuro sostenibile”,Allemandi, Torino, 2008.2. Per un’introduzione al tema della sussidiarieta’ siveda G. Vittadini, Che cosa è la sussidiarietà. Unaltro nome della libertà, Guerini e associati, Milano,pp. 17-26.

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ai Comuni di determinare, non solo laquantità e la qualità dei servizipubblici da approntare, ma la lorostessa natura, nella più completalibertà di calibrarne la previsione inrelazione alle proprie reali esigenze.Un tema formidabile per unacomplessissima città metropolitana.Formidabile anche sul versantegiuridico, stante la conseguentenecessità di formulare precisemotivazioni per ogni scelta effettuata,senza più la copertura di una (comoda)previsione legislativa, se non inpiccola misura per gli interventi dicarattere residenziale.Analoga difficoltà si è riscontratanell’individuazione di parametriefficaci per la valutazione deicosiddetti standard prestazionali, senzacadere nel rischio, sempreimmanente,di allestire una magliafittissima di requisiti, di successivadifficile gestione. E’ stata inoltreabbandonata nella redazione del Pgtmilanese la tradizionale classificazionedel territorio comunale in zoneomogenee. La legge regionale loconsente, e ragioni di semplicitàredazionale e anche operativa per gliutenti, hanno consigliato ladismissione delle notissimeclassificazioni in zone omogeneefissate dai decreti ministeriali del 1968.

* Avvocato, consulente giuridico.

- la possibilità di estensione delprincipio perequativo al tessuto urbanoedificato;- l’obbligo di cessione gratuita alComune delle aree una volta privatedel diritto di edificazione.- l’applicabilità del metodo perequativoall’ambito di trasformazione,risultandone escluse le aree agricole equelle non soggette a trasformazioneurbanistica.Certo, non tutti i problemi giuridiciconnessi al metodo perequativo sonorisolti con la pur ampia portata dellanorma regionale di cui sopra. Si vuolefare, principalmente, riferimento allaquestione della tutela dei terzi edunque alla trascrivibilità deitrasferimenti dei diritti di edificazione.Infatti si tratta, in tale ipotesi, didisciplina relativa all’ordinamentodella proprietà e dunque di esclusivacompetenza del legislatore statale. Inogni caso, in attesa di una futuradefinizione legislativa statale, si èprevisto, transitoriamente, di affrontaretale questione introducendo criteri diregistrazione amministrativa emonitorandone attentamente la lororeale efficacia.Nel tratteggiare i caratteri peculiaridella disciplina normativa che hapresieduto alla redazione del pianourbanistico della città di Milano, èopportuno far cenno anche ad altridue aspetti di notevole rilievo.Il primo riguarda la sostanzialesottrazione alla decisione comunaledell’individuazione delle aree agricole,che la Lr 12/05 affida alla Provincia,nel proprio Ptc. Uno spostamento dicompetenze di evidente rilievoistituzionale, nel sempre difficilebilanciamento dei ruoli fra Comune eProvincia, tanto più se si tiene contodi come, spesso e soprattutto nellegrandi città, le aree agricole finiscanoper essere aree di riserva di successivetrasformazioni urbanistiche. Questoaspetto, per Milano si presenta intermini diversi, essendo la quasitotalità delle aree agricole compresenel perimetro del Parco regionale SudMilano che già prevede specificheprocedure di pianificazione, in accordofra Comune, Ente parco e Regione.Il secondo aspetto riguarda, comedetto, l’affidamento che la Lr 12/05 fa

tempestività di attuazione deiprogrammi, anche elettorali, per gliamministratori pubblici, hannocostituito, in altri termini, il retroterraesperienziale che ha generato lastrutturazione del Documento di pianolombardo.Esso, però, pur nella sua semplicità diimpostazione, è non solo la sede dideterminazione delle previsionistrategiche comunali, ma anche quelladi fissazione preventiva dei criterigenerali di svolgimento delle procedurenegoziali. Criteri che non possonoessere affidati al caso per caso, in sededi redazione degli atti di pianificazioneesecutiva. Ed è sempre nel Documentodi piano che debbono essere previsti icriteri per l’eventuale ricorso aimodelli della perequazione urbanistica.La citata Lr 12/05 prevede, infatti, lafacoltà per i Comuni lombardi diavvalersi della tecnica perequativa siain ambiti circoscritti sia in tutto ilterritorio comunale, dettando, inquest’ultimo caso, una dettagliatadisciplina. L’art. 11, secondo comma,recita: «nel piano delle regole i comuni,a fini di perequazione urbanistica,possono attribuire a tutte le aree delterritorio comunale, a eccezione dellearee destinate all’agricoltura e diquelle non soggette a trasformazioneurbanistica, un identico indice diedificabilità territoriale, inferiore aquello minimo fondiario, differenziatoper parti del territorio comunale,disciplinandone altresì il rapporto conla volumetria degli edifici esistenti, inrelazione ai vari tipi di interventoprevisti. In caso di avvalimento di talefacoltà, nel piano delle regole è inoltreregolamentata la cessione gratuita alcomune delle aree destinate nel pianostesso alla realizzazione di opere diurbanizzazione, ovvero di servizi edattrezzature pubbliche o di interessepubblico o generale, da effettuarsiall’atto della utilizzazione dei dirittiedificatori, così come determinati inapplicazione di detto criterioperequativo».E significativo sottolineare alcunielementi caratteristici di talenormativa:- la diretta previsione dei meccanismiperequativi con l’indicazione dei criteridi attribuzione degli indici edificativi;

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a) intervenire in maniera sistematicasu un tema di rilevanza nazionale eche molto probabilmente riguardaanche i territori di loro specificacompetenza;b) sfruttare un consistente effetto leva,dato che si prevede che il fondonazionale possa investire fino al 40%dell’equity richiesto dai fondi locali; c)utilizzare le competenze e le garanziemesse a disposizione da specificheSocietà di Gestione del Risparmio; d)investire parte del loro patrimonio inmaniera prudente, senza esseredirettamente coinvolte nella gestioneoperativa delle attività immobiliari.

*Fondazione di Venezia, Responsabile Pianificazione.

Le fondazioni bancarie per l’housing socialea cura di Antonio Rigon*

emissioni inquinanti, con ilcoinvolgimento di capitali pubblici eprivati.La sfida posta dal Governo èambiziosa e richiede l’intervento didiversi operatori che devonocondividere finalità e strategieoperative.Tra i potenziali attori compaio lefondazioni ex bancarie: soggettiprivati, nati agli inizi degli anninovanta dalla privatizzazione delleCasse di Risparmio. Questi soggetti daun lato dispongono di ingenti capitali;dall’altro, sono tenuti a rispondereall’Autorità di Vigilanza sia della lorogestione patrimoniale, sia dell’impiegoa fini sociali dei proventi maturati.Il Piano evidenzia la possibilità dipromuovere strumenti finanziariimmobiliari innovativi per coinvolgereattori pubblici e privati con capacitàoperativa locale e nazionale. Lastrategia proposta al sistema dellefondazioni bancarie sembra essere lacostituzione di un fondo immobiliarenazionale a cui potranno parteciparefinanziatori istituzionali con caraturanazionale o internazionale, come adesempio: Banca Europea per gliInvestimenti e Cassa Depositi ePrestiti.Il fondo immobiliare nazionale potràoperare direttamente a livello locale,oppure intervenire nellapatrimonializzazione dei fondiimmobiliari locali, a cui possonopartecipare le diverse fondazionibancarie.Con questa strategia le fondazionibancarie avranno la possibilità di:

L’inasprimento del mercatoimmobiliare sta creando crescentitensioni per l’accesso alla primaabitazione. Nell’incontro annualepromosso dalla Fondazione di Venezianell’ambito di Urbanpromo lefondazioni bancarie hanno esaminatole condizioni di intervento per inciderein maniera significativa sull’offertadella residenzialità a canoni moderati.La dinamica dei prezzi del mercatoimmobiliare ha manifestato unaprogressiva divergenza rispetto airedditi medi delle famiglie italiane.L’incidenza del costo della primaabitazione ha ormai raggiunto i 20punti percentuali.Questa situazione è riconducibile daun lato alla crescente domanda diresidenzialità; dall’altro, all’influenzadel processo di globalizzazione sullaremunerazione del lavoro.In questo contesto, alcune categoriecome ad esempio giovani coppie,famiglie monoreddito e studenti,hanno iniziato a manifestare difficoltàper l’accesso alla prima abitazione.Questo fenomeno ha acquisitoprogressivamente rilevanza neidibattiti pubblici tanto da indurrel’attuale Governo a varare il “PianoCasa” (art. 11, Dl 112/08): un insiemedi norme per garantire sul territorionazionale i livelli minimi di risposta alfabbisogno abitativo.Il Piano è rivolto all’incremento delpatrimonio immobiliare ad usoabitativo, attraverso l’offerta di alloggidi edilizia residenziale, da realizzarenel rispetto dei criteri di efficienzaenergetica e di riduzione delle

Le fondazioni bancarie per l’housing sociale

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incremento del consumo di suolo maanche un innalzamento del numerodei pendolari, ed un conseguenteallungamento dei tempi deglispostamenti sistematici. I processi didispersione insediativa hanno dunqueavuto un effetto rilevante sulcongestionato sistema della mobilitàmetropolitana, con una veraesplosione del pendolarismo cresciutofra il 2001 e il 2007 del 35,8%, a untasso medio annuo del 6%.

Una domanda articolata

Paradosso solo apparente, si diceva,perché in realtà la rigidità di unofferta tutta basata sulla casa in

quindi da un lato chi ha comprato si èindebitato di più, per periodi piùlunghi; dall’altro ha cercato un’offertaeconomicamente più “accessibile”,andando ad acquistare nelle zone piùesterne delle città e delle areemetropolitane, magari servite daqualche linea di trasporto ferroviarioregionale. Gli effetti territoriali di questedinamiche sono sempre più evidenti:la crescita delle seconde cintureurbane, ma anche delle aree piùesterne ed il calo demografico dellearee centrali (che tuttavia hannomantenuto la loro rilevanza attrattivain termini di flussi per lavoro/studio),hanno prodotto non solo un ulteriore

I nuovi temi delladomanda abitativaStefano Sampaolo*

Il ritorno del problema casa

In Italia si torna a parlare di domandaabitativa, dopo che per molti anni ilproblema casa è stato di fatto come“rimosso”, nella convinzione diffusache l’elevato tasso di proprietà fosseormai una garanzia sufficiente dellasoddisfazione del fabbisogno. Nel frattempo molto è cambiato: lacompetenza sulle politiche abitative èstata regionalizzata, mentre le risorsepubbliche, esauriti i fondi Gescal, sonovenute meno. Di fatto le politicheabitative pubbliche, fatte eccezione perle tante e variegate sperimentazioni dilivello locale in gran parte realizzatecon mezzi limitati, si sonopraticamente azzerate con l’esaurirsidelle risorse programmate. Il rinnovato interesse collettivo(dell’opinione pubblica, della politicanazionale e locale, delle forze socialied economiche) per le tematicheabitative è comunque indubbio: lacasa è tornata prepotentemente adessere un tema al centro dell’agendapolitica.Eppure questo ritorno della questioneabitativa presenta degli aspettiapparentemente paradossali. Come ènoto, siamo, dopo la Spagna, il Paeseeuropeo con il più elevato tasso difamiglie proprietarie o che comunquenon pagano un affitto essendo magaril’abitazione in comodato d’uso (siamooltre l’80%).Veniamo inoltre da un lungo ciclo diespansione del mercato immobiliare edel settore delle costruzioni (da pococonclusosi per le mutate condizionidel mercato del credito), che ha avutoal centro proprio il segmentoresidenziale. Per circa 10 anni (1997-2007) soprattutto grazie ai bassi tassidi interesse, le compravendite diabitazioni hanno registrato un trendpositivo con circa 800.000 alloggiscambiati negli anni di maggioreintensità del mercato.Naturalmente la voglia/necessità dicasa delle famiglie italiane si è dovutamisurare con il rialzo dei prezzi: e

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Tab. 1 - L’incremento del numero delle famiglie nelle grandi città (2003-2007)

Famiglie Popolazione NumeroCittà Numero Variazione Popolazione Variazione medio

famiglie % 31-12-2007 % componenti2007 2003-2007 2003-2007

Torino 439.396 1,6% 908.263 5,4% 2,1Genova 298.467 1,4% 610.887 1,0% 2,0Milano 668.158 4,3% 1.299.633 4,2% 1,9Verona 123.542 6,7% 264.191 3,2% 2,1Venezia 127.409 2,8% 269.993 0,2% 2,1Bologna 194.708 4,1% 372.256 -0,2% 1,9Firenze 177.311 1,0% 364.710 3,3% 2,1Roma 1.086.000 4,0% 2.718.768 7,0% 2,5Napoli 370.908 0,7% 973.132 -3,5% 2,6Bari 130.405 17,5% 322.511 2,4% 2,5Palermo 251.832 6,0% 663.173 -2,9% 2,6Catania 135.012 18,9% 298.957 -3,1% 2,2Cagliari 69.615 3,1% 158.041 -3,0% 2,3

Totale 4.072.763 4,1% 9.224.515 2,7% 2,3

Fonte: elaborazione Censis su dati Istat

Tab. 2 - La crescita della presenza straniera nelle città, 2003-2007 (v.a., var.%)

Città Immigrati residenti Immigrati residenti Immigrati residential 2007 su popolazione 2007 2003-2007

(val. %) (var. %)

Torino 83.977 9,3 106,7Genova 35.255 5,7 93,1Milano 170.619 13,1 70,6Venezia 16.959 6,3 141,1Bologna 30.319 8,1 71,7Firenze 34.939 9,5 64,9Roma 199.417 7,4 85,3Napoli 19.188 2,0 110,0Bari 5.413 1,7 -4,1Palermo 14.734 2,2 40,2Catania 5.959 2,0 39,9Cagliari 3.049 1,9 65,7

Fonte: Elaborazione Censis su dati Istat

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l’insediamento di nuovi arrivati, altrofattore chiave del crescentefabbisogno. Il fenomeno immigratorio, tardivo maestremamente rapido nella suaevoluzione, per molti aspetti ha“attuttito” alcune dinamiche declinantidella società italiana, a dimostrazionedi come l’immigrazione risponda adun’esigenza strutturale del Paese. Bastiricordare che nel 2007 il saldodemografico naturale degli stranieriresidenti, di segno positivo, hacompensato quasi interamente quello,negativo, degli italiani.Negli ultimi anni la presenza deicittadini stranieri è aumentata inmodo rilevante quasi ovunque (inmedia di quasi il 90% tra il 2003 ed il2007), anche se con uno squilibriogeografico legato alla maggioreappetibilità dell’offerta lavorativa delleregioni del nord. In pochi anni ilnumero degli immigrati residenti èpraticamente raddoppiato in moltecittà, raggiungendo in alcune aree delnord percentuali a due cifre (adesempio a Milano il 13%)(tab. 2)Oltre ai fattori discriminatori, suiprocessi di inserimento abitativo degliimmigrati pesa la generale debolezzadelle politiche abitative per le fascemedio-basse di cui è espressionel’esiguità del patrimonio di ediliziasociale pubblica. Ciò, se ha limitatomolto i fenomeni concentrativi nelpatrimonio pubblico come quelliesistenti in alcune città del nordEuropa, d’altra parte ha prodottoelevati tassi di precarietà e situazioninon rare di vera e propria“disperazione abitativa” (baracche,sistemazioni di emergenza ecc).Nel contesto italiano i principalifattori di rischio per la tenuta dellacoesione sociale che rimandano alproblema immigrazione riguardanosoprattutto la diffusione di condizionidi disagio legate alla precarietà e allairregolarità. In quest’ottica la difficoltàdi accesso ad un’abitazione dignitosarappresenta l’ostacolo più diffuso. Lacondizione abitativa media degliimmigrati presenti nel nostro Paese,oltre ad essere profondamente lontanada quella degli autoctoni, ècontrassegnata infatti da unasituazione di diffusa precarietà,

connesse all’andamento delledinamiche salariali e dei saggid’interesse.L’incremento del numero di famiglienegli ultimi anni ha registrato valorielevati, anche laddove la popolazioneè diminuita (tab. 1). Basti ricordareche in Italia, dal 2000 al 2007 ilnumero delle famiglie è cresciuto dioltre 2 milioni, mentre il numeromedio dei componenti di una famigliaè passato da 2,52 del 2003 a 2,44 del2007. Ciò per il prolungamento dellavita media, per l’aumento diseparazioni e divorzi, per

proprietà risulta essere palesementeinadeguata a dare risposte efficaci aduna domanda articolata ed in crescita,per molti aspetti profondamentediversa da quella degli anni in cui lacasa era un tema caldo dell’agendapolitica.I termini della questione sonocambiati sia dal lato della domandache quello dell’offerta: basti pensarealla crescita del numero delle famigliee alla loro frammentazione,all’aumento dei fenomeni migratori,alla precarizzazione dei rapporti dilavoro, alle difficoltà delle famiglie

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Tab. 3 - Giovani secondo la permanenza nelle famiglie di origine, 2005 (val.%)

18-24 anni 25-29 anniuomini donne uomini donneval.%

Italia 94 90 71 53Spagna 90 81 62 49Regno Unito 67 50 24 14Francia 70 56 23 11Germania 72 56 25 12Olanda 71 53 20 8Finlandia 39 56 16 5EU-25 (1) 78 66 42 28

(1) stima Fonte: Eurostat, LFS

Tab. 4 - Studenti universitari e posti letto, distribuzione regionale A.A. 2007-08

Regione Studenti % sul totale Posti letto in Rapportofuori sede degli studenti residenze studenti fuori

delle università universitarie sede / posti lettodella regione pubbliche e

private

Abruzzo 32.474 68,9 334 97,2Basilicata 2.103 34,9 160 13,1Calabria 15.894 37,0 5.761 2,8

Campania 40.502 30,2 728 55,6Emilia Romagna 80.979 66,6 5.890 13,7

Friuli V.Giulia 17.038 59,5 1.900 9,0Lazio 74.973 40,8 4.446 16,9

Liguria 11.033 36,9 806 13,7Lombardia 94.951 48,1 9.739 9,7

Marche 25.002 64,5 3.566 7,0Molise 4.133 51,4 0 n.d.

Piemonte 27.762 37,6 3.428 8,1Puglia 18.564 24,5 1.469 12,6

Sardegna 15.735 43,3 1.270 12,4Sicilia 45.667 38,9 2.484 18,4

Toscana 63.577 67,4 4.253 14,9Trentino Alto Adige 6.515 42,9 1.654 3,9

Umbria 13.505 49,6 1.491 9,1Valle d’Aosta 166 17,0 0 n.d.

Veneto 59.103 63,2 5.030 11,8Totali 649.676 47,3 54.409 11,9

Fonte: Elaborazione Censis su dati Miur

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incentivarne una nuova offerta diabitazioni a canone accessibile, qualeelemento costitutivo di una strategiaglobale che favorisce la mobilitàterritoriale della forza lavoro,l’integrazione degli immigrati, losviluppo economico, la tutela dicategorie socialmente svantaggiate. Nel nostro Paese per far fronte allediverse e nuove domande di casa, èindispensabile ripensare le logiche diintervento per l’abitare, centrando glisforzi sull’obiettivo di incrementare ediversificare l’offerta in affitto.Servono politiche diversificate,flessibili, articolate sul territorio, ingrado di rispondere a diversi tipi dibisogno e necessariamente basate suun nuovo sistema di operatori piùampio, che comprenda anche il settoreprivato e che veda la nascita disocietà immobiliari di tipo europeoanche in Italia.Non va sottovalutato il significato cheuna tale scelta riveste per la vitalitàdelle nostre città: non vi è dubbio checontinuare ad espellere giovani, nuovefamiglie, ceti medi, significaimpoverire le dinamiche demografichee favorire la polarizzazione sociale.

*Censis.Il presente intervento restituisce i contenuti di unarecente ricerca svolta dal Censis, in collaborazionecon Federcasa, per conto di Dexia-Crediop.

Di fatto, al restringersi dell’offerta, si èregistrata una crescente associazionetra l’abitare in affitto e la difficilecondizione economica della famiglia.Stando ai dati Banca d’Italia, solo 21anni fa (1987), nella fascia di redditopiù alta delle famiglie italiane, ben il17,4% risiedeva in un alloggio inaffitto: tale percentuale ègradualmente scesa al 12,3 % nel1991 e nel 1995 è crollata al 7,8%.Oggi è pari al 7,1%. Di contro nellafascia più bassa i valori sono rimastiin sostanza gli stessi.A fronte di tale composizione delsettore privato non stupisce chel’effetto della crescita dei canoni siauna notevole e pesante incidenza deicosti abitativi rispetto al reddito dellefamiglie. La crescente difficoltà dellefamiglie in affitto a far fronte allespese abitative è dimostratachiaramente dai dati sugli sfratti:quelli che hanno come motivazione lamorosità dell’inquilino rappresentanonel 2007, il 77,2% del totale, nel 1990erano appena il 26%. In particolare nuove forme di disagioriguardano non solo le fasce piùpovere in condizioni di emergenzaabitativa, ma anche le famiglie dellafascia medio-bassa in affitto nel liberomercato nelle grandi aree urbane:soggetti che anche per ragioni direddito sono fuori dall’offertadell’edilizia sociale sovvenzionata, chenon hanno mezzi adeguati peraccedere alla casa in proprietà e chesoffrono del rilevante aumento deicanoni di affitto.In questo quadro i sussidi alle famiglieper l’affitto (peraltro erogatitardivamente) sono insufficienti e nonrisolvono strutturalmente il problema,al contrario richiedono una spesacorrente costante e crescente neltempo.

Incrementare l’offerta in affitto, una necessità

Come è noto, nei principali Paesieuropei (Francia, Gran Bretagna eOlanda in particolare) il settorepubblico svolge un ruolofondamentale, accanto al settoreprivato, nella gestione di abitazioni inaffitto e nello stimolare ed

superiore a quella lavorativa. La casa rappresenta poi un realeostacolo ai processi diautonomizzazione dei giovani, per iquali il mercato immobiliare è in molticasi di difficile accesso date leinstabili e ridotte risorse condizionieconomiche di chi oggi si inserisce nelmondo del lavoro. L’indagine Istatmultiscopo al 2006 rivela chenell’ambito degli occupati tra i 26 e i35 anni, il 44,5% non viveautonomamente. Se andiamo aconfrontare i “numeri” del nostroPaese con quelli di altre nazionieuropee vediamo che l’Italia si collocasu posizioni estreme. I dati disponibiliindicano nella fascia d’età tra i 25 e i29 anni la permanenza nella propriafamiglia di origine del 71% degliuomini e del 53% delle donne italiane.Di contro nel Regno Unito sonoancora a casa dei genitori solo il 24%degli uomini e il 14% delle donne, inFrancia il 23% degli uomini e l’11%delle donne (tab. 3).

La crisi dell’affitto

A fronte di questi fattori di pressionesi deve registrare la crisi del compartodell’affitto. Non solo in questi anninon si è prodotta nuova offerta inlocazione, ma il patrimonio esistente èstato ridimensionato per effetto dellevendite dei singoli privati e deiprogrammi di alienazione dei grandiproprietari. Peraltro il mercato della locazione inmolte città è “drogato” ed assorbitodalla domanda temporanea. Bastiricordare che gli studenti universitariiscritti ad un ateneo di un’altraprovincia o un’altra regione rispetto aquella di residenza sonocomplessivamente in Italia circa650.000, pari al 47,3% del totale. Inrisposta alla domanda abitativagenerata dalla loro presenza sonoofferti a livello nazionale solamente54 mila posti letto divisi tra case dellostudente pubbliche, collegi privati ereligiosi. Si può affermare che inmedia la disponibilità sia pari ad unposto letto ogni 12 studenti fuori sedema naturalmente in alcune singolecittà si registrano condizioni anchepiù drammatiche (tab. 3).

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fatte precedentemente, dal punto divista economico rimettendo i gioco ifondi già stanziati e attivando unpercorso volto a superare l’emergenzaattraverso un forte indirizzo alpartenariato pubblico e privato.

Emergenza casa e nuove politicheabitative

Questa svolta, per ora dichiarata, dicostruire un programma nazionale,con al centro la ripresa di un flussocostante di finanziamenti statali chepossano assicurare la necessariacontinuità alle nuove politiche per lacasa, richiede però di riflettereattentamente, senza ripercorrere lestrade delle politiche di emergenza,così come richiede di riconoscere icaratteri che oggi presenta il problemacasa e il contributo attivo che, diversisoggetti, in primo luogo i comuni, inquesti anni hanno dato attraverso glistrumenti delle politiche abitative e diquelle urbanistiche.La nuova dimensione quantitativa equalitativa del fabbisogno e delladomanda abitativa, cresciuta eaggravata dopo la fine del pianodecennale per l’edilizia, per l’assenzadi politiche dirette, ha sollecitato, nelcorso degli anni ’90, anche inmancanza di un quadro di riferimentonazionale, una serie di azioni da partedei comuni, i quali sempre più“disarmati” e costantemente pressatidall’emergenza, hanno sviluppatostrategie di “contenimento” attraverso:la graduazione degli sfratti, l’uso diuna parte degli alloggi ERP per i casidi emergenza sociale e attraverso i“contributi all’affitto”. Oggi però siamodi fronte ad una situazione dovesoluzioni di questo tipo sono solo,appunto, di contenimento e non è piùimmaginabile una stagione diinvestimenti nel campo dell’ediliziasociale simile a quello che hacaratterizzato le generazioni deigrandi PEEP, sia per il progressivoindebolimento delle risorse pubbliche,sia per gli esiti che queste politichehanno prodotto; le periferie sono lì adimostraci la inadeguatezza di queimodelli incapaci di produrre città.Inoltre la lezione dei programmicomplessi, partendo dal principio della

specificamente in quelli dove latensione abitativa è alimentata daprocessi di concorrenza tra diversi tipidi domande: giovani coppie, lavoratoriin mobilità, studenti, turisti, cittadinistranieri. La legge 431/98, come èstato evidenziato in molte analisi, haavuto il pregio di far emergere moltesituazioni nascoste e oggi il fenomenodel non occupato si è ridotto, ma sisono moltiplicati i contrattitemporanei a prezzi elevati che fannoassomigliare l’uso (e soprattutto icontratti) di una quota non marginaledello stock abitativo, a quello dialberghi, di residence e di foresterie.E’ da una prospettiva rivoltaall’emergenza che muove la legge 8febbraio 2007, n. 9, la quale, infatti,prevede la messa a punto di misureatte a ridurre il disagio abitativo perparticolari categorie sociali soggette aprocedure esecutive di rilascio perfinita locazione nelle aree a piùelevata tensione abitativa. La legge,tuttavia, contiene norme che pongonole premesse per una nuova politicapubblica per l’abitare. Promuoveinfatti di un piano straordinario teso asoddisfare il fabbisogno e prevedel’insediamento di un tavolo diconcertazione generale sulle politicheabitative per la predisposizione di unprogramma nazionale che definisca:- obiettivi e indirizzi per laprogrammazione regionale di ediliziaresidenziale pubblica volta inparticolare alla realizzazione di alloggiin locazione a canone sociale e allariqualificazione di quartieri degradati;- proposte normative in materiafiscale e per la normalizzazione delmercato immobiliare;- misure dirette a favorire lacontinuità nella cooperazione traStato, Regioni ed Enti locali perridurre il disagio abitativo diparticolari categorie sociali;- risorse finanziarie necessarie perl’attuazione del programma.Il piano casa del nuovo governo Dl n.112, del 18 giugno 2008, che prevedeun “piano casa” finalizzato a“superare in maniera organica estrutturale il disagio sociale e ildegrado urbano derivante daifenomeni di alta tensione abitativa”;sembra continuare quindi le scelte

Nuovi strumenti enuovi attori perl’emergenza abitativaFrancesco Sbetti

Le politiche e le risorse per la casa

Nel dopoguerra sono state investitegrandi risorse sulle politiche abitative:prima con i due settenni del pianoINA Casa, sostenuto con le ritenuteGescal sugli stipendi dei lavoratori,poi, a partire dal 1962, con le leggi167/62, 865/71, 457/78, 179/92.Queste politiche abitative hannoaccompagnato prima la ricostruzione epoi l’espansione urbana, agevolandol’acquisto della casa in proprietà siacon la formula dell’affitto a riscatto,sia con il credito agevolato nell’ediliziaconvenzionata. Con la legge 457/78 si apre l’ultimastagione di finanziamento organico alsettore casa, che finisce poicompletamente circa dieci anni fa,quando cioè cessa il prelievo Gescal.Anche l’impegno nel campo dellepolitiche abitative è venutoprogressivamente scemando, fino arendere completamente estraneoall’Agenda politica il tema della casa.Se a ciò aggiungiamo decenni dipolitiche finalizzate a promuovere laproprietà della casa e laliberalizzazione degli affitti, il quadroche ne deriva è oltremodo grave: unbisogno diffuso e inedito, costretto arivolgersi ad un libero mercatoproibitivo o ad ‘arrangiarsi; unpatrimonio pubblico sempre piùesiguo, degradato e improduttivo;politiche abitative residuali,contrassegnate da unasopravvalutazione della capacitàregolativa del mercato e, soprattutto,dalla miope considerazione di questocome di un problema isolabile ecircoscrivibile a un segmentomarginale della società.In questo scenario di ridotte politichepubbliche la questione dell’affitto, chesignifica una ridotta disponibilitàd’abitazioni in locazione e comunqueofferte a prezzi elevati, rappresentasicuramente il nodo del problema casain tutte le città italiane e

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aderiscono al principio per cuil’offerta di superfici destinate allaresidenza pubblica rappresenta unadotazione territoriale di interessepubblico in grado di promuovereofferta residenziale destinata al settoresociale. Entro tali chiavi interpretativeè possibile accomunare gli impiantidelle recenti leggi urbanisticheregionali ed esperienze dipianificazione strutturale promossedalle singole amministrazionicomunali.Nel panorama delle esperienze attuali,la discontinuità rispetto alle politicheabitative promosse mediante strumentidi pianificazione è rappresentata dallasperimentazione di uno dispositivomutuato dal mercato finanziario - ifondi immobiliari d’investimento –nell’ambito dell’offerta residenzialesociale in analogia ad alcuneesperienze del centro e nord Europa. Promossi dal basso questi strumentipresuppongono un’alleanza di naturaetica e finanziaria intorno all’offertadi residenza a canone moderato trasoggetti che tradizionalmente si sonoimpegnati nella produzione diresidenza sociale (le amministrazioni ele imprese) e nuovi operatori(fondazioni, no profit, gestori sociali). Sul fronte degli obiettivi, i fondiimmobiliari destinati al social housingsi propongono di perseguire unamissione sociale – incrementarel’offerta di residenza per fasce socialideboli - ed un obiettivo di naturafinanziaria legato al raggiungimentodi rendimenti inferiori a quelli dimercato. Il vincolo di redditivitàfinanziaria del fondo è connessa allasua competitività rispetto al liberomercato ed è garantito mediante ilperseguimento di vantaggi sia sulfronte del costo diproduzione/gestione del patrimonioche nella differenziazione dell’offerta. Di fronte ai diversi bisogni, alla loroarticolazione geografica e sociale, nonè più possibile agire attraversoun’unica leva, quella tradizionaledell’edilizia residenziale pubblica, èinvece necessario agire attraverso unventaglio di politiche. E’ necessario,da un lato, un’articolazione, anchenuova dell’Erp, pensata non più comesoluzione per la vita, ma come

sviluppati dal terzo settore entro iquali è possibile ricondurre i fondiimmobiliari finalizzati al socialhousing.Nell’ambito degli strumenti dipianificazione diffuse sono leesperienze che prevedono di destinare,nell’ambito del processo attuativo delpiano, quote di superfici (aree oimmobili) per edilizia abitativa sociale.È il caso delle esperienze dipianificazione a livello strutturale che

integrazione ha inaugurato un nuovoapproccio, contribuendo a sedimentarela consapevolezza della necessità nonpiù di interventi unici ed epocali,bensì di azioni articolate, integrate edifferenziate. Tra le esperienze a sostegnodell’offerta residenziale pubblicasignificativi sono gli strumenti dipianificazione e negoziazioneurbanistica promossi dalleamministrazioni e gli strumenti

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Figura 1 – Le abitazioni costruite con sovvenzioni e contributi pubbliciFonte: elaborazione su dati Istat

Figura 2 – Evoluzione di prezzi e canoni di abitazioni e del reddito familiare nel periodo 1991-2007Fonte: elaborazione su fonti varie

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(perequazione urbanistica, incentivi edisincentivi, procedure concorsuali)finalizzati alla promozione diinterventi di sviluppo immobiliareparzialmente o totalmente destinatiall’offerta di residenza in affitto anchecon il coinvolgimento dei privati. Dall’altro, sul fronte delle politicheabitative, le amministrazioni oggipossono interloquire sia con itradizionali operatori del settoreimmobiliare – le cooperative – checon nuovi operatori – le fondazioni edil terzo settore - che appaiono ingrado di sostenere un’offerta locativadifferenziate anche grazie all’apportodi risorse materiali ed conoscitive.L’integrazione degli strumenti checonsentono il reperimento delle risorsefondiarie e delle politiche indirizzateal coinvolgimento del capitalefinanziario e conoscitivo dei nuovisoggetti appare quindi l’elementodecisivo per l’efficacia delle nuovepolitiche a sostegno della residenza.L’attenzione posta da molte fondazionial social housing evidenzia la presenzadi un nuovo attore che, sicuramentenon può sostituirsi ai Comuni neiprocessi di promozione dello sviluppolocale, così come non può assumere lafunzione degli operatori privati, mapuò rappresentare un soggetto nuovonel quadro delle politiche finalizzatealla qualità urbana.Il Piano Casa pone una sfida nuova alsistema delle fondazioni di originebancaria, quello di essere gli arteficidella costruzione di un fondoimmobiliare nazionale a cui potrannopartecipare finanziatori istituzionali.La novità sta nell’attore più ancorache non nello strumento in quanto leFondazioni da un lato dispongono diingenti capitali, dall’altra sono tenutia rispondere all’autorità di vigilanzasia della loro gestione patrimoniale siadell’impegno a fini sociali dei proventimaturati.

soluzione per i bisogni e per la duratadei bisogni, a cui affiancare il ricorsoalla finanza etica e l’introduzione diprogetti per finanziare il socialhousing attivando attori nuovi etradizionali. Dall’altra si deve pensarel’utilizzo dei piani regolatori comestrumenti per tornare a fare politicheabitative, attraverso l’acquisizione diaree e il ridisegno di diritti edificatoriattribuiti in tempi spesso lontani. Lapossibilità di sostenere un ventaglioarticolato di politiche impone a Statoe Regioni di approfondire leconoscenze sui caratteri delfabbisogno abitativo, di prevedere, nelquadro della nuova legge urbanisticanazionale, l’inserimento del servizioabitativo sociale tra i livelli minimidelle dotazioni territoriali come unodei diritti di cittadinanza e, certamentenon ultimo, di prevedere la ripresa diun flusso costante di finanziamentistatali in grado di assicurare lanecessaria continuità alle nuovepolitiche della casa.

Gli attori e il ruolo delle fondazioni

Il recente impegno del legislatore sulfronte del ripristino dei canali difinanziamento rappresenta un segnaledella nuova, e urgente, stagione diimpegno a sostegno dell’ediliziaresidenziale pubblica prioritariamenteindirizzata alle fasce fortementedisagiate della popolazione – latradizionale fascia del disagioabitativo -. A fronte di misure consolidate perapparato normativo e dispositiviattuativi, l’elemento di rilievo èrappresentato dall’attivazione dipolitiche e strumenti a favore delnuovo disagio abitativo espresso dallefasce medie e dal tessuto socialeplurimo e differenziato checontraddistingue la questione abitativanell’ultimo decennio. La centralitàdell’incremento dell’offertaresidenziale locativa come garanzia dimaggiore mobilità sociale, trovanell’azione coordinata di più strumentiil suo elemento di successo. Da unlato, la centralità della normaurbanistica che consente ai comuni diattivare, nell’ambito dei propri pianiurbanistici, strumenti diversificati

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Politiche urbane,Napoli: storia bisogniopportunitàdi Francesco Forte

Attraverso le immagini si rendo-no possibili correlazioni tra sta-gioni vissute, alimentando l’idea-zione necessaria per l’innovazio-ne creativa di politiche urbane.L’argomentazione scritta ha ilruolo di delineare la griglia diriferimento utile nel dare sensoalle immagini, nel contesto di unatesi volta a comunicare il drammaurbano che si ritiene avvolga lacittà, l’innovazione possibile nellepolitiche urbane, sollecitandosperanza.

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Speciale doppia edizione

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professionisti provenienti da tutto ilmondo sul tema del superamento di unapproccio ai temi progettualicaratterizzato da quella eccessivaautoreferenzialità, riscontrabile tantonel mondo della formazione che nelleistituzioni (ed anche nella stampa disettore), che nelle prassi quotidiane hadeterminato molto spesso la sostanzialeincapacità del progetto di architetturadi confrontarsi in modo costruittivo conle domande che il mondo reale pone. Ilforte messaggio espresso dagliorganizzatori è stato dunque quello diaffermare la volontà degli architetti dicomprendere meglio una società semprepiù complessa, articolata e diversificata,per potersi inserire all’interno deiprocessi ambientali economici e socialied in modo più consapevole. Parlare di architettura è stato il pretestodi una sempre più forte e diffusavolontà di conoscere e comprendere letrasformazioni che segnano le città ed iterritori contemporanei e, in definitiva,la vita degli uomini, favorendo ilsuperamento di una visione disciplinareche negli ultimi decenni sembra essersiunicamente rivolta alla realizzazionedel singolo manufatto architettonico. Ilmessaggio emerso dalle molte e diverseoccasioni di dibattitto e confronto èstato dunque quello di cominciareconcretamente a determinarel’evoluzione dell’architetto in unoperatore territoriale pienamenteconsapevole del proprio ruolo sociale ecivile, capace di cogliere i contradditori,ma stimolanti, segnali che provengonodalla società contemporanea. Cultura, Democrazia e Speranza sono

XXIII Congresso mondiale di architetturaa cura di Carolina Giaimo

Il Congresso di Torino si è caratterizzatocome un notevole concentrato di eventie dibattiti sull’innovativo temasintetizzato nello slogan “Trasmetterel’architettura”, confermando quelloattuale come un momento favorevole alsuperamento di una visionedell’architettura quale disciplina volta alsingolo manufatto isolato da qualuquecontesto, per riaffemare invece lanecessità di una professionalitàconsapevole del proprio ruolo sociale.La partecipazione è stata certamentestraordinaria non soltanto dal punto divista quantitativo ma anche da quelloqualitativo: lo testimoniamo leaffollatissime lectio magistralis tenutenel Palavela (progettato da Rigotti,Esquillan, Levi) da alcuni grandi nomidell’architettura mondiale come KengoKuma e Massimiliano Fuksas, MathiasKlotz e Peter Eisenman, TerunobuFujimori e Dominique Perrault. Un evento a cui va riconosciuta lalegittima soddisfazione sul positivoesito organizzativo, culturale, mediaticoe politico e che ha avuto la capacità diinteressare alle tematiche proposteanche media e soggetti normalmenteestranei al mondo dell’architettura. Ne ètestimonianza la relazione delPresidente del Congresso RiccardoBedrone che ci restituisce, ancheattraverso i dati di affluenza epartecipazione, il quadro dell’articolatastruttura e dei contenuti dell’interoevento congressuale.L’ambizione è stata quella di stimolareil dibatto ed un serrato confronto traprogettisti a vario titolo, tecnici, politici,sociologi, filosofi, economisti, liberi

Dopo un lungo tempo di“isolazionismo intellettuale”,l’architettura ha ricominciato adialogare con la collettività e perfarlo ha scelto come trampolino dilancio Torino ed il XXIII Congressomondiale degli architetti organizzatodall’UIA (Unione InternazionaleArchitetti) e dal CNAPPC (ConsiglioNazionale degli Architetti,Pianificatori, Paesaggisti,Conservatori). Dal 29 giugno al 3luglio 2008 si sono susseguitiincontri, conferenze, dibattiti, mostree numerosi eventi collaterali che, peralcuni giorni, hanno conferito aTorino il ruolo di capitaledell’architettura, fornendo unagriglia di lettura trasversale aidiversi temi che colleganoarchitettura e società, focalizzandol’attenzione sulle nuove forme, nonsolo architettoniche ma ancheeconomiche e sociali, in grado digarantire alle città ed al territoriouno sviluppo che siappa esserefinalmente equilibrato ed attentoalla qualità della vita dei cittadini.

XXIII Congresso mondiale di architettura

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affacciano per la prima volta a questiconsessi e portano delegazioniconsistenti e del tutto inaspettate,come il Bangladesh, la Mongolia ol’Albania. Si tratta dunque di una manifestazionedi carattere congressuale rivolta almondo degli architetti e dei cultoridell’architettura di dimensioni maiviste prima, almeno in Europa, checredo avrà ricadute non indifferentisulla percezione della città e sul ruoloche potrà svolgere come esempio diattrattore di interessi scientifici eturistici. Un Congresso finalizzato alladiffusione della cultura del territorio,in tutte le sue accezioni, di cuiritroveremo i benefici non tantonell’immediato quanto successivamentealla chiusura sua e delle tante attivitàcollaterali che l’hanno accompagnato.Come è stato concepito questo evento?Con un accordo preliminare con igrandi enti pubblici (Comune,Provincia, Regione e Camera diCommercio), concordementedeterminati a farlo diventare unagrande manifestazione moltopartecipata, piuttosto che un’occasionedi isolato incontro scientifico traesperti. In sostanza, un palcoscenicoper avvicinare la città all’architettura eviceversa, nonché per avvicinare traloro gli architetti che l’hannoraggiunta, incuriosirli e farla scoprire. L’esempio a cui abbiamo guardatonella sua organizzazione è stato quellodel “Festival dei due mondi” diSpoleto: per la sua atmosfera, perl’eccitazione che si prova nel passareda spettacolo a spettacolo, per la

Un congresso per“comunicare architettura”Riccardo Bedrone*

Organizzare1 l’avvenimento, unico inItalia, ha comportato 7 anni di lavoro:dal primo, per “montare” il dossier dicandidatura, nel periodo precedente ilCongresso di Berlino del 2002 (la cuiassemblea assegnò alla città di Torinola manifestazione), agli ultimi tre, i piùintensi, trascorsi tra quello di Istanbule il nostro (2005-2008), per la faticosapreparazione materiale che harichiesto. Tutto questo impegno haperò avuto il riscontro atteso:l’altissima presenza di partecipanti chesono giunti da tutto il mondo. Quandosi è chiusa la fase delle iscrizioni on-line, nel mese di giugno 2008, sicontavano circa 6.500 iscritti; negliultimi giorni hanno chiesto diprendervi parte altre centinaia dipersone ed è stato quindi superato iltraguardo, molto ambizioso, che cieravamo posti di 8.000 partecipanti: ilCongresso si chiude infatti con 10.169iscritti.Gli accompagnatori presenti sonorisultati essere l’8% mentre gli studentihanno superato il 21%. Non soloarchitetti, quindi, che pur costituisconoil 70% circa del pubblico, con unaprovenienza, come ci auguravamo,molto varia: gli intervenuti giungonoda 137 paesi, di cui 38 europei (pari al60% di presenze). Oltre all’Italia (3.703iscritti, pari al 41%), i primi 10 paesirappresentati sono Russia, Grecia,Francia, Turchia, Giappone, RepubblicaDominicana, Kazachistan, Romania,Spagna e Colombia. Ma ci sono anche109 iscritti provenienti dalla Giordania,85 dalla Georgia, 71 dalla Siria, 62dall’Iran e poi da molte località che si

stati i tre assi tematici portanti delladiscussione delle giornate torinesi, comeviene ricordato nell’intervento diLeopoldo Freyrie, Relatore generale delCongresso, per affermare e promuoverela sostenibilità culturale, sociale eambientale dell’architettura, nellaconsapevolezza della gravità dellacondizione attuale del pianeta.Il Congresso ha quindi colto il proprioobiettivo di stimolare una concreta efattiva riflessione su temi di grandissimaimportanza ed attualità non solo per lacategoria dei progettisti; una riflessioneche ha determinato, come ben esplicitatonel documento finale (il manifesto)redatto a cura di Aldo Loris Rossi, unaprecisa assunzione di responsabilitàrispetto al ruolo ed alle responsabilitàdegli architetti nella societàcontemporanea e definendo i principaliobiettivi politici e culturali che neiprossimi anni I’UIA ed i Consiglinazionali dovrebbero perseguire. Anche dall’intervento all’apertura delCongresso del Ministro per i Beni e leAttività Culturali, Sandro Bondi,emergono alcuni spunti di grandeimportanza che richiamano tanto allanecessità di innovare i modi attraversocui promuovere la qualità dei progettiattraverso i concorsi di architettura,quanto all’urgenza di restituire alle cittàitaliane quell’antica bellezza che unisceil passato al futuro e che oggi non sonopiù in grado di esprimere, ingabbiate,come afferma il Ministro, entro lenorme dei piani regolatori. Suquest’ultima considerazione (che destaqualche perplessità) va però osservatoche probabilmente il problema non èquello di liberarsi delle norme e deipiani, proprio perché le città d’arteitaliane sono l’esito di rigide e rigoroseregole architettonico-insediative (dettatedal Principe ai suoi architetti). Nonsono i piani urbanistici (e nemmeno gli“urbanisti indottrinati”) la causa della“cementificazione” o delle “periferiedesolate” o della “devastazione delpaesaggio” ma la disinvoltura di chi,dagli amministratori agli urbanisti agliarchitetti, si è lasciato coinvolgere dallespinte specultative della proprietàfondiaria immobiliare.

XXIII Congresso mondiale di architettura

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fotografo dell’architettura e un grannumero di esperti della sostenibilità, intutte le sue diverse accezioni. Per ilresto sono professionisti cheprovengono da esperienze di lavoro oda osservatori operativi sovrapposti edintrecciati e che quindi possono essereascritti alla categoria degli architetticome a quella di esperti di campidisciplinari multiformi2. Nella programmazione del Congressosono state definite categorie diverse dimomenti di incontro, dalle lectiomagistralis (che privilegiano ilracconto personale di un’autoritàriconosciuta) alle sessionispecialistiche, che mettono a confrontopiù operatori-comunicatori, chiamati atrattare di un argomento specifico. Inciascuna delle giornate del Congressoquesti momenti si susseguono, siintrecciano, spesso si sovrappongono,non per una svista, ma per ampliarel’ambito delle scelte individuali diascolto. La preparazione delle sessioni, comedelle conversazioni, ha visto coinvoltedirettamente entrambe le sedi e igruppi operativi impegnatinell’organizzazione del Congresso edegli avvenimenti off Congress, aMilano come a Torino. La sede diTorino si è avvalsa particolarmentedella disponibilità del suo Politecnico,cui si deve l’organizzazione diretta diben 9 sessioni di alto livelloscientifico. E sempre con il contributodei docenti del Politecnico di Torinosono stati gestiti i call for paper: ledomande di intervento presentate dacoloro che intendevano partecipare allevarie sessioni sono state 670. Nellaseconda e conclusiva fase la selezione,molto coscienziosa, ha portato a ridurliad una quarantina e tanti sono irelatori invitati sulla base di questascelta.Un grande regista ha detto che un filmnon può essere fatto solo di scenemadri: non si avrebbe narrazione, leparti non si integrerebbero, sarebbedifficile accostare le une alle altre enon sarebbero mai tutte della stessaqualità. Anche noi abbiamo volutoevitare questo rischio e nella“sceneggiatura” della manifestazioneabbiamo concepito un Congresso dovele scene madri, ovvero i momenti

pubblici esercizi) è diventato unametafora di ciò che la città ha voluto apoco a poco cominciare a fare, fortedell’appoggio della sua classeimprenditoriale per superare la fasenegativa della deindustrializzazione,con un rilancio a più valenzeeconomiche e sociali. Di qui è partito quel lungo lavoro dicostruzione del futuro della città e delsuo distretto industriale, che è statocontrassegnato via via da una serie discelte coraggiose di riassetto urbano.Proprio quelle che hanno a poco apoco attratto l’attenzione, in Italia eall’estero, sulla città di Torino chevoleva cambiare e che le hannoconsentito di essere considerata, inquesto momento, uno dei centripostindustriali più dinamici per letrasformazioni che sta portando acompimento. Per questo ora interessatutti e credo sia stata anche lacuriosità di vederla da vicino adattrarre i moltissimi iscritti che ogginoi possiamo contare, così come seianni orsono aveva indotto l’assembleadei delegati UIA a Berlino apresceglierla. Perché a fronte di cittàcertamente più importanti, come Tokioo Siviglia, Torino incuriosiva. Perché sipoteva già allora intuire che meritavadi essere rivelata, per il riassettoformale e funzionale che avevaintrapreso. Se il Congresso accoglie unaricchissima platea di partecipanti,propone anche la più elevata presenzadi relatori e invitati che si sia mairegistrata da quando si celebranoqueste ricorrenze dell’UIA. Tre giornatededicate a “Passato, Presente eFuturo”, ovvero a “Cultura,Democrazia e Speranza” con tantissimiospiti, circa un centinaio di sessioni,633 relatori di cui 200 italiani e 433stranieri. Anche senza contare le sessioni curatedirettamente dall’UIA, cioè dalle suecommissioni e dai suoi gruppi dilavoro, i relatori sono 479 (di cui 158italiani): 220 architetti, 25 critici ostorici dell’architettura, circa 40direttori di strutture di comunicazionee divulgazione dell’architettura, 50 trapolitici e amministratori, altrettantidocenti universitari, almeno 10giornalisti specializzati, 1 grande

possibilità di vedere coinvolti insiemee senza distinzione personalità e gentecomune, turisti e artisti. Questo è statoil nostro modello e credo che inqualche modo siamo riusciti ariprodurlo, tenendo conto della scalaurbana molto diversa e anche dellanecessità di concentrare tutte leiniziative in 5 giorni, mentre altrove,come più spesso capita, la“rappresentazione” è diluita in un arcodi tempo più lungo. Anche dopo, comunque, sisuccederanno giorni e giorni di “eventinell’evento” dedicati alla culturadell’architetto, in un ambientealtrettanto stimolante quanto quellospoletino. Perché Torino è una cittàinaspettatamente eterogenea eseducente, che va osservata oriscoperta con calma e attenzione, apartire dal mondo dei mass media,soprattutto per il lavoro che ha fattoper riconquistare interesse e consenso.Una città che ha assottigliato in partela sua impronta industriale, ma che haconquistato e sta facendo crescere unruolo, non alternativo ma integrativo,di promotore culturale. Il Congressoche si apre è anche una grande evoluta occasione che consentirà, altermine delle giornate di lavoro, disincerarsi delle ragioni che la stannotrasformando in una grande e attivacapitale della cultura. L’edificio in cui si svolge il Congresso,il Lingotto, è il simbolo di questa suavolontà di rilancio. Chiuso per effettodella crisi industriale nel 1980, nellaprima metà di quel decenniol’amministrazione comunale e la Fiat,per volontà di Giovanni Agnelli,decisero di farlo diventare unmonumento alla città aperto adestinazioni diverse. Fu una decisionecontroversa, non tanto perché non sene riconoscesse il valore ditestimonianza storica, quanto perl’infelice accessibilità. Si lanciò unconcorso internazionale e la scelta diRenzo Piano come progettista coincisecon l’apertura di un periodo dirinnovato interesse per la “forma”della città. Il Lingotto, completamenterisistemato e adattato a nuove esigenze(centro fiere, congressi e avvenimenticulturali, impianto universitario, sedepolifunzionale di attività ricreative e di

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nel termine sostenibilità, su cui unaéquipe internazionale di ricercatori halavorato per mesi per proporre unamostra sulla trasformazioneecocompatibile più ragionevole di uncomprensorio industriale inquinato edelinearne gli adattamenti: la cittàsostenibile diventa un laboratorio disperimentazione continua. Infine c’è“Afterville”, ovvero le tante formepossibili della città del futuro, cosìcome è stata variamente raccontata daimezzi di comunicazione di massa. Conla conseguenza che tocca agliarchitetti-pianificatori renderlacomprensibile, consentendo a tutti diaccettarne o negarne i postulati:magari guardando il medio metraggiogirato a Torino appositamente perl’occasione, che propone una ipoteticae imprevedibile visione della città nel2058.

*Presidente del XXIII Congresso Mondiale UIA diArchitettura.

Note1. Relazione di Apertura.2. Le maggiori partecipazioni di relatori si debbono,oltre naturalmente all’Italia, alla Francia (43), allaGran Bretagna (28), agli Stati Uniti (28), allaGermania (25), alla Grecia (19), alla Spagna (16), allaCina (13) ed al Brasile (12). Ma tutto il mondo degliarchitetti, urbanisti, paesaggisti, restauratori e cultoridelle discipline affini è rappresentato da coloro chesono stati chiamati ad animare il Congresso. Losegnala bene la loro appartenenza geografica: 29dell’Africa, 66 dell’America, 35 dell’Asia, 349dell’Europa. Sono 13 gli stati africani di provenienza,10 americani, 11 asiatici, 28 europei e 2 dell’Oceania.L’Italia raccoglie il 33% degli oratori, il restodell’Europa il 40%, il resto del mondo il 27%.

INU Emilia-RomagnaPremio “Franco Tinti”

per tesi di Laurea e diDottorato in discipline

attinenti al governo del territorio

L’Inu Emilia-Romagna bandisce un con-corso annuale per premi di Laurea e diDottorato al fine di diffondere tra lenuove generazioni lo studio e l’attivitàdi ricerca sulle trasformazioni insediati-ve e sul processo di pianificazione nellaregione Emilia-Romagna.

Coerentemente con la missione istitu-zionale dell’Inu, il Premio ha lo scopo disostenere e di valorizzare il contributodi giovani ricercatori all’affermazione diuna nuova cultura tecnico-progettualeche, nell’ambito delle discipline associa-te più direttamente al governo del terri-torio, sappia adottare con rigore e origi-nalità il metodo dell’analisi critica edella interdisciplinarietà.

Questa seconda edizione del Premio èdisciplinata dalle modalità stabilite dalpresente bando. Sono previsti due premiannuali, uno per le tesi di laurea e unoper le tesi di dottorato. I premi consisto-no nell’iscrizione gratuita all’Inu per ilbiennio 2009-10, nella pubblicazione diuna sintesi del contributo proposto sullarivista Urbanistica e in una somma didenaro dell’importo di 3.000 euro.Potranno anche essere conferiti ulteriori“diplomi d’onore” (fino ad un massimodi due) a tesi particolarmente significa-tive. Al conferimento del “diploma d’o-nore” corrisponde l’iscrizione gratuitaall’Istituto (biennio 2009-10) e la pub-blicazione nei termini suddetti.

Al concorso per l’assegnazione delPremio Inu Emilia-Romagna possonopartecipare i dottori di ricerca dei corsidi dottorato italiani e i laureati speciali-stici/ magistrali (o quinquennali) pressoUniversità italiane che abbiano discussola loro tesi a partire dall’anno 2007 edentro il 31 luglio 2009. Per le tesi di lau-rea è richiesto un forte riferimentotematico a peculiarità o problematichedella regione Emilia-Romagna, del suoterritorio, delle sue città; per le tesi didottorato è richiesto il medesimo requi-sito o, in alternativa, che il richiedentesia residente in Emilia-Romagna.

I premi sono intitolati alla memoria del-l’arch. Franco Tinti e, per disposizionedella moglie, il loro importo è finanzia-to da Tecnicoop.La domanda di ammissione al concorsodovrà essere spedita entro il termineperentorio del 31 luglio 2009 alPresidente dell’Inu Emilia – Romagna,Castiglione 41, 40125 Bologna

celebrativi dei grandi personaggi,fossero volutamente poche, perprivilegiare la discussione sul lavoroquotidiano dell’architetto e sullacapacità di contribuire in manierafattiva e quotidianamente apprezzabilealla costruzione di un futuro diversoper la città dell’uomo. Questa è statadunque la nostra scelta: non soloepisodi, ma continuità di narrazione inciascuna delle tre giornate tematiche,affidata a soggetti abituati a svolgereattività corali, ad applicarsi su temi diinteresse collettivo, a non esseresubalterni alla pura e semplice attivitàcreativa fine a sé stessa eall’affermazione individuale. Il titolo del Congresso “TransmittingArchitecture” fin dall’inizio volevaindirizzare verso un fine specifico:rendere comprensibile, accessibile,condivisibile anziché criptico edelitario un lavoro che se è importanteoggi lo diventerà ancora più domani,quando si tratterà di dare risposterazionali ai problemi insediativi che cipone un futuro inquietante. Gli enti locali territoriali e lefondazioni bancarie hanno creduto inquesto avvenimento come catalizzatoredi interessi e portatore di benefiche erilevanti conseguenze. E lo sforzoorganizzativo si è allargato fino acreare un panorama addizionale dieventi assolutamente straordinari, conil contributo di molti altri paesi esteri(Cina, Brasile, Turchia, Russia,Germania, Spagna in primo luogo) chehanno deciso di concorrervi portandole proprie installazioni o le propriemostre, il più delle volte inedite. Unaserie di iniziative di altissimo livello,gran parte delle quali ad ingressolibero, che serviranno ad avvicinare lagente all’architettura e gli architettialla gente, cioè a quell’auspicabilefuturo fatto da un lato dipartecipazione democratica e dall’altrodi capacità di interloquire con ifruitori. Per parlare del passato, un insieme dimostre dedicato alla città “disegnatadagli architetti”, per indurre i decisoria guardare alla propria storia urbana enon affidarsi alle decisionimomentanee e improvvisate nelprogrammare lo sviluppo futuro. Iproblemi di oggi si riassumono invece

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abitare e dovrebbero avere anche lapossibilità di vivere in un luogopoetico. Il Congresso è quindi anchel’occasione per l’assunzione di unimpegno affinché da Torino cominciun percorso serio e consapevole diimpegno etico dell’architettura per inostri figli. Le tre giornate dell’evento torinesesono state dedicate alla Cultura, allaDemocrazia e alla Speranza o, con piùprecisione, alla sostenibilità culturale,sociale e ambientale dell’architettura. Nel giorno di apertura abbiamoaffrontato la questione dellasostenibilità culturale dell’architettura,perché i protagonisti si facciano caricodelle responsabilità culturali nelmomento in cui trasformano ilterritorio. Siamo in anni diglobalizzazione e di omologazione, incui il rischio di distruggere patrimoniculturali differenti è altissimo.Dobbiamo farci carico del rispettodelle diverse culture, la liberaespressione della nostra arte deveessere mediata da occhi e orecchieaperte nei Paesi in cui si progetta percapire dove, con chi e per chi stiamodisegnando. Bisogna operare agaranzia di storie differenti mainterconnesse, che sono il sale delconfronto e della crescita intellettualecontro l’omologazione dei linguaggiarchitettonici, l’indifferenza ai luoghi ealle altre culture, la sopraffazione deipaesaggi.La sostenibilità sociale riguarda laconsiderazione che non si progettanosolo musei, grattacieli e grandi edificipubblici, ma anche case, ospedali,

È il momento di assumerci le nostre responsabilità Leopoldo Freyrie*

Le condizioni attuali del pianeta sonodi evidente emergenza: l’incrementodemografico e il conseguenteinurbamento sono fuori controllo,l’inquinamento e l’impoverimento dellerisorse naturali cresconogeometricamente; i conflitti regionali el’insicurezza urbana e sociale sonoproblemi quotidiani. Il Congresso hariunito persone provenienti da realtà incui il problema dell’habitat èun’emergenza quotidiana, dove lapercentuale di persone che non hannoun tetto sulla testa è elevatissima. ATorino sono arrivati architettiprovenienti da Paesi in cui i carriarmati e le bombe distruggono learchitetture o da Paesi come il nostronel quale, se non si corre moltorapidamente ai ripari, la condizionedell’ambiente raggiungerà un punto dinon ritorno. Queste sono le questionicruciali di cui si è discusso a Torino. Troppo spesso si parla troppo diarchitettura su giornali e riviste, nelletelevisioni, tanto da rendere alcuniarchitetti e i loro progetti quasi unmero fenomeno di marketing, di moda,di leggerezza. Non si può che gioirenel vedere che il progetto diarchitettura è tornato a essereprotagonista della scenainternazionale, ma la “trasmissione”dell’architettura deve essere qualcosadi assai più profondamente legato allacultura e alla socialità, al di là dellasemplice rappresentazionedell’intervento politico ed economico.L’architettura prima di tutto è unimpegno di serietà etica per risolvere iproblemi di quanti hanno diritto di

La XXIII edizione del CongressoMondiale degli Architetti di Torino si ècaratterizzata per il programma dialtissimo profilo, costruito grazie allavoro di un comitato scientifico dielevato livello culturale che ha dato unfondamentale contributo e ha fatto sìche questa manifestazione sia stata unevento a sé, non paragonabile conaltre, seppure molto interessanti,iniziative culturali sull’architettura.L’occasione del Congresso ha permessodi riunire in uno stesso luogo lepersone e le culture di 120 Paesi, cheaderiscono all’Unione Internazionaledegli Architetti, attorno al comuneimpegno dell’architettura. Moltipartecipanti provenivano da Paesilontani, da cui normalmente nonraggiungono i nostri luoghi diincontro occidentale, avviando inquesto modo un confronto traesperienze che da un punto di vistaculturale e geografico si collocano agliantipodi. Questo per noi harappresentato un grandissimo risultato.Ma il senso profondo di questoCongresso, del suo titolo e del suoprogramma, è che è arrivato ilmomento per l’architettura, intesacome sistema di persone e di idee, difarsi carico consapevolmente dellaresponsabilità etica che ha neiconfronti del mondo. Noi architettinon siamo demiurghi, non possiamorisolvere i problemi mondiali.Possiamo però provare a risolvere iproblemi dell’habitat e per questodobbiamo “sporcarci le mani”,dobbiamo parlare meno di forme eparlare di più della realtà.

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patrimonio, ma anche incoraggiarne ildivenire di ciò che sta per nascere nelcontemporaneo, che sia arte,architettura, musica, letteratura ospettacolo. Nulla quanto l’architetturaplasma i luoghi in cui viviamo. Losapeva un grande industriale, ungrande imprenditore, ma anche ungrande uomo di cultura come AdrianoOlivetti, che proprio in Piemonte avevapromosso l’architettura e ne avevacompreso il valore sociale edemocratico. Si tratta di avere ilcoraggio di riconoscere che il verocommittente dell’architetto devonoessere le generazioni future, alle quali,attraverso l’opera di conservazione e dicreazione, dobbiamo trasmettere ineredità le testimonianze della nostraciviltà e delle civiltà del passato. Perquesto oggi si richiede che l’architettosappia esercitare il suo lavoro con unprofondo senso di responsabilità.Occorre recuperare la saggezza delprogettare e del costruire con il doveredi ricercare un necessario benessere eun’armonia tra gli uomini e tra gliuomini e l’ambiente. In Italia le cittàcostruite in armonia con l’ambiente (lecittà d’arte italiane, le piccole e legrandi) costituiscono un modello diispirazione e uno scrigno inesauribiledi informazioni come basi perprogettare il futuro. Anche considerando soltanto il latoestetico, ci rendiamo subito conto che ipalazzi delle città italiane e numeroseanche straniere, che hanno più di 60anni, nell’insieme sono consideratigradevoli; al contrario gli edifici di piùrecente costruzione ci appaiono per lo

Relazione al CongressoSandro Bondi*

Troppe volte nel ‘900 la cultura è stataintesa soltanto come uno strumento diconsenso o di propaganda legata alleesigenze dell’ideologia, indifferentealla vita reale delle persone. Ma se lacultura non è radicata in un popolo, senon è capace cioè di esprimerel’identità di un popolo e di risponderealle necessità dei cittadini di una vitamigliore, più umana, la culturatradisce se stessa e nega ciò chepromette. Non è un caso che le piùgrandi stagioni dell’arte e della culturaitaliane siano fiorite quando lagenialità di un uomo o di un gruppodi artisti hanno saputo aprirsiall’Europa e al mondo intero. In Italiala cultura e i beni culturali, ilpaesaggio, la creazione artistica,architettonica, il turismo culturale, labellezza hanno un’importanza centraleperché rappresentano il vero filo rossoche unisce il nostro passato al nostrofuturo. L’Italia è un Paese antichissimo,dove l’architettura ha un’importanzacentrale come in nessun altro luogo almondo e dove si è sempre mantenutasecolo dopo secolo la tensione amigliorare, dagli Etruschi ai Romani, alRomanico, al Rinascimento, da Albertia Bernini, da Juvarra, fino aPiacentini, a Nervi, fino ai grandiarchitetti contemporanei. L’amore per ilnostro passato ci spinge a conservarlo,a tutelarlo e a tramandarlo alle nuovegenerazioni, ma il nostro compito èanche quello di trasmettere ai posteriqualcosa di più rispetto a quantoabbiamo ricevuto dal passato. Sonodunque consapevole di dovermioccupare della tutela del nostro

scuole, asili, unità abitative ancheminime per persone che vivono nellamiseria e che le persone, per l’appunto,sono i destinatari delle nostre azioni. Ènecessario rimettere al centro del giocole donne e gli uomini che abitano,perché l’architettura e la democrazia,rappresentate assieme nell’agorà, sianocapaci di riattivare i canali dicomunicazione, di trasmissione deisegni e dei bisogni di chi abita, perreinterpretarli in progetti di case,luoghi pubblici, spazi vuoti e paesaggiin cui la persona, semplicemente, vivabene.Per quanto riguarda il terzo tipo disostenibilità, quella ambientale, tuttine conosciamo l’emergenza,l’architettura però deve farsene carico.Si è taciuto troppo a lungo su questotema. Non esistono le bio architettureo le eco architetture. Esistono solo lebuone architetture, quelle che,interpretando il tempo e la culturanella quale si esprimono, sono capacidi farsi carico del futuro e sonoresponsabili e consapevoli delle propriepotenzialità di impatto positivo onegativo sull’ambiente. E visto che siparla di progetti per il futuro, siamostati tutti molto felici di avere vistotantissimi giovani tra i partecipanti diquesto XXIII Congresso mondiale e diavere promosso la presenza ditantissimi giovani tra i relatori, con lasperanza che da Torino cominci unpercorso in cui l’architettura si facciaprogressivamente carico delle proprieresponsabilità nei confronti di ognunoe di tutti gli abitanti dei diversi luoghidel mondo, Perché, come abbiamoscritto, “l’architettura è per tutti”.

*Relatore generale del XXIII Congresso Mondiale UIAdi Architettura.

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realtà più ricchezza e più opportunitàdi ricchezza nel medio e nel lungoperiodo. La tutela è pratica dilungimiranza, che restituisce domanialla collettività molto di più di quelloche chiede oggi in termini di rinuncia.Per questo ritengo che una linea diindirizzo della valorizzazione delpaesaggio debba imperniarsi suiprincipi del minor consumo delterritorio, della priorità del recupero edel riuso delle aree cementificate, maabbandonate e infine inutilizzate.Dobbiamo renderci conto che ilterritorio specie in una realtà comequella italiana è un bene prezioso erichiede dunque un utilizzo attento,misurato e prudente. Il che non vuoldire che politiche territoriali sagge sipongano in contrasto con le esigenzedi crescita economica. Occorre puntareal riutilizzo dell’immenso patrimonioimmobiliare, pubblico e privato, ancheattraverso la demolizione e laricostruzione di quello che abbiamo,dalle periferie degradate cheimbruttiscono le nostre città, alrecupero delle aree industriali dismessedelle troppe cattedrali nel deserto,sorte senza adeguati progetti e rimasteincompiute. Per questa ragione è miaintenzione sottoporre all’esame di unodei prossimi Consigli dei Ministri,prima dell’inizio delle vacanze estive,un disegno di legge quadro sullaqualità architettonica, riprendendo untesto che è già stato presentato inParlamento in passato senza peròessere stato approvato e che ilpresidente Sirica e tutti gli architetticredo conoscano bene. Con questainiziativa dunque intendo richiamarel’attenzione di tutti sul tema dellaqualità dell’architettura e delraggiungimento di più elevati standarddi progettazione e di realizzazionedelle opere pubbliche e delleinfrastrutture. In questo modo ilGoverno intende segnalare in modopreminente il valore dell’architettura,riconoscendone il ruolo fondamentalenell’ambito della corretta gestione delterritorio e nella definizione deicontesti storici, ambientali e sociali.Significativamente infatti il primoarticolo di tale disegno di leggeproclama che, in attuazione all’articolo9 della Costituzione italiana, la

qual è l’elemento fondamentale che hareso possibile questa bellezza civica inItalia? Credo che possiamo risponderecon poche parole. Quello che ha resopossibile la bellezza civica in Italia èstata l’autonomia, è stato ilmunicipalismo, è stata la libertà,libertà di creare, di fare, diintraprendere, di progettare. Le cittàd’arte italiane sono il frutto dellalibertà, mentre oggi paradossalmente ipiani regolatori, le leggi hannoprodotto la bruttezza e lo squallore.Paradossalmente le città d’arte italianesono state costruite senza pianiregolatori e sono belle, mentre oggicostruiamo con i piani regolatori ecostruiamo delle città brutte. Questo èil paradosso sul quale dobbiamocercare di riflettere per trovare lesoluzioni per il futuro. Quando si parladi democrazia perciò bisogna sapereche essa è vitale se si fonda sullalibertà, sulla libertà fondata però sullacultura, sul desiderio di elevazionespirituale, sul bisogno di creazione.Ritengo pertanto che il nostro compitodi custodire quanto ci è statotramandato non debba limitare lapossibilità dei contemporanei dilasciare segni tangibili della nostraepoca, del nostro spirito, della nostraciviltà. In questo senso una seriapolitica in questo settore deveincoraggiare e sostenere le opere degliartisti e degli architetti di oggi cheintendono arricchire il nostropatrimonio culturale. Partendo dairisultati della Convenzione europea delpaesaggio di Firenze, sono convintoche occorra avviare una grandepolitica nazionale per il recupero delleimmense periferie senza volto e senzaanima che devastano il paesaggioitaliano e generano disagio sociale,infelicità, degrado e quindi povertà.Dove non c’è bellezza, né piacere diriconoscersi come a casa propria, lìnon c’è creatività, non c’è voglia difare, non c’è l’humus indispensabileperché possano esserci le condizionianche per uno sviluppo economicoarmonioso, equilibrato e sostenibile.Per questo è importante farcomprendere ai cittadini che la tuteladel nostro patrimonio culturale,nonostante le rinunce che sembraimporre nell’immediato significa in

più brutti, banali, insignificanti. Nondico ovviamente che non esistanorealizzazioni spettacolari anchenell’architettura moderna. Il punto èche sono rare, troppo rare, in un maredi disperante squallore, come leperiferie delle nostre grandi città. Neldopoguerra in Italia si è costruitomolto e male perché è stataprivilegiata l’esigenza primaria di dareuna casa a tutti in tempi brevi. Unavolta superata l’emergenza però si ècontinuato a costruire secondo questastessa filosofia, così sono nate unaserie di periferie mostruose, da quelladi Roma a quella di Milano. E sempreper dare una casa a tutti, si è finitoper trasformare la Val Padana inun’unica sequenza di agglomeratiurbani senza identità, o per costruire aridosso delle Ville Palladiane delVeneto. In questo modo, come hagiustamente ricordato l’architettoMario Botta, il povero è punito duevolte: la prima volta perché la casanon ce l’ha e la seconda perché se cel’ha è una casa brutta in cui si vivemale, in cui non è giusto che unapersona viva. “Da quando ci sonourbanisti indottrinati e architettistandardizzati” ha scritto un grandearchitetto “le nostre case sono malate.Non si ammalano: sono già concepitee costruite come case malate”.Tolleriamo migliaia di questi edifici,privi di sentimento e di emozioni,spietati, aggressivi, sacrileghi, sterili,disadorni, freddi, anonimi dandol’illusione della funzionalità. Ma sonotalmente deprimenti che si ammalanosia gli abitanti che i passanti. Percomprendere quanto questo sia vero,basta pensare alla mancanza dispiritualità di alcune chiese o luoghi dipreghiera costruiti negli ultimi decennianche in Italia, dove sono statecostruite le più belle chiese. Eppure ilsenso italiano di bellezza civica èsenza pari. Dove altro si puòconstatare la magnificenza degli edificipubblici, delle piazze e di ogni singolachiesa parrocchiale? L’Italia sembraessere stata tutta appositamente creataper innalzare i nostri spiriti. Comepotrebbero infatti le persone acquisireuno spirito nobile se intorno a loronon ci fossero opere d’arte cherappresentano la nobiltà d’animo? Ma

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di Lutero (Wittemberg, 31 ottobre 1517);una singolarità, a quanto ci risulta, mairilevata e spiegata.La forza dello statuto funzionalista eratale perché, indifferente alla Natura ealla Storia, tendeva a coincidere conl’ordine geometrico-meccanico deltaylorismo industriale. Inoltre, in quantocongruente con l’economicismo e ilmercatismo, moltiplicava a dismisura lasua potenza pervasiva nellaglobalizzazione provocando daldopoguerra la più grande espansionedemografica, economica e urbana dellastoria. Ma dal 1968 in poi, anticipate daprofetiche intuizioni, emergevanocritiche sostanziali allo statutofunzionalista, espressione del paradigmameccanicista (analitico-riduttivo) e delmito dello “sviluppo illimitato”, cheintanto risultavano sempre piùinsostenibili. In sostanza, di fronte allepatologie che affliggevano le megacitiese gli ecosistemi sempre piùingovernabili, si imponevaprogressivamente una nuova visioneepistemologica e culturale. Essa scopriva,viceversa, la straordinaria vitalità delparadigma ecologico (organico-sintetico)che spiegava i processi di formazione deifenomeni fisici e della crescita degliorganismi viventi rivelando la realtà dei“limiti” dello sviluppo e dell’ecosistemaplanetario in equilibrio autoregolato.Il Manifesto di Torino, adottato dal XXIIICongresso mondiale UIA, documenta lalegittimità e l’urgenza di questa svoltaepocale nella maniera di intenderel’architettura, indicando una strategiaorientata alla “pacificazione tratecnosfera ed ecosfera”. Infatti, se si vuoleuscire dall’odierna crisi che minacciaormai la sopravvivenza del pianeta,occorre dirigersi senza indugi verso unafrontiera eco-metropolitana fondata, cioè,

Dalla crisi di megacityverso eco-metropoli Aldo Loris Rossi*

Il 28 giugno 1948, esattamente 60 annifa, fu fondata a Losanna l’UIA (UnioneInternazionale Architetti) col proposito di“riunire su basi democratiche gliarchitetti di tutto il mondo senzadistinzione di nazionalità, razza,religione e dottrina architettonica”.Questo organismo nasceva nello spiritodi ricostruzione e palingenesi universalediffuso dopo la seconda guerramondiale, la più sanguinosa e devastantedella storia. Tale spirito si incarnavanella creazione dell’ONU, un istituzionepolitica intergovernativa formalizzata il26 giugno 1945 nella Conferenza di SanFrancisco con l’obiettivo di garantire “lasicurezza collettiva, il mantenimentodella pace mondiale, la salvaguardia deidiritti umani” e, più in generale, iprincipi della democrazia.Tre anni dopo le Nazioni Uniteribadivano e precisavano questi principinella Dichiarazione Universale dei Dirittidell’Uomo (1948); dunque, nello stessoanno della fondazione dell’UIA che, insostanza, declinava quegli stessi principicome diritto alla città e all’architettura.Da allora l’UIA si è impegnata anzituttoattraverso i XXIII congressi triennali adiffondere i principi della democrazia edell’architettura moderna identificata, nelventennio ’48-’68 soprattutto con lostatuto funzionalista codificato dallaCarta di Atene (’33-’42) redatta da LeCorbusier. Il maestro svizzero era a talpunto consapevole della radicale“riforma dell’architettura” promossa daisuoi principi da scrivere che essi“preannunciano un’esteticasostanzialmente nuova. Non ci resta piùniente dell’architettura delle epochepassate”. Pertanto stendeva la “Carta”della nuova architettura in 95 punti,cioè, nello stesso numero in cui eraarticolata la “riforma del cristianesimo”

Repubblica promuove e tutela laqualità, l’ideazione e la realizzazionearchitettonica, cui riconosce particolarerilevanza pubblica, anche ai fini dellasalvaguardia dei paesaggi nonché almiglioramento della qualità della vita.E poi la qualità dell’architettura sipersegue attraverso un coerentesviluppo progettuale che recepisca leesigenze di carattere funzionale,sociale e formale, poste a basedell’ideazione e della realizzazionedell’opera, che garantisca il suoarmonico inserimento nel paesaggio enell’ambiente circostante. Direttaconseguenza di questo presupposto èche le Amministrazioni pubblichedebbano perseguire la promozionedella qualità del progetto e dell’operaarchitettonica e dello strumento delconcorso di architettura nelle formedel concorso di idee e del concorso diprogettazione. Le Amministrazioniinoltre devono favorire lapartecipazione dei giovani progettistiai concorsi di architettura, sostenernel’ideazione e la progettazione di operedi rilevante interesse architettonico edevono riconoscere il particolarevalore artistico delle opere diarchitettura contemporanea,promuovendo l’alta formazione e laricerca e tutelando e valorizzando gliarchivi di architettura contemporanea.In conclusione, ritengo che abbiamo ilcompito di riportare l’arte el’architettura nel cuore delle nostrecittà. Credo che si debba investire nellabellezza, far lavorare i nostri artisti e inostri architetti, lasciare allegenerazioni future anche letestimonianze più alte della nostraciviltà. La rigorosa e prioritaria tutela evalorizzazione del patrimonio ereditatonon devono costituire un frenoall’espressione della capacità creativadelle nuove generazioni. Le città sonoorganismi che hanno bisogno di nuoveopere artistiche e architettoniche, chene arricchiscano l’immagine efavoriscano soprattutto una vitamigliore per gli uomini e le donnedella nostra epoca.

*Ministro per i Beni e le Attività Culturali.

XXIII Congresso mondiale di architettura

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Urbanistica INFORMAZIONI

Non bisogna far violenza alla Natura, bisogna persuaderla” (Epicuro )Verso ecometropolis e l’era post-consumista: la riscoperta del paradigmaecologico e della realtà dei “limiti dello sviluppo”.I 250 anni della rivoluzione industriale sono stati dominati per i quattro quinti dalparadigma meccanicista (analitico-riduttivo) e dal mito dello “sviluppo illimitato”che hanno prodotto insieme all’affluent society, le patologie oggi incontrollabili.Ma nell’ultima fase post-industriale, si è aperta una nuova prospettiva, sebbeneanticipata da profetiche intuizioni: il paradigma ecologico (sintetico-organico)consapevole, viceversa, della realtà dei “limiti dello sviluppo” e orientato versoun’era post-consumista, una nuova frontiera eco-metropolitana e un’architetturache viva in simbiosi con la Natura!Questo mutamento è in sintonia con le scienze che dal dopoguerra vanno oltre ilparadigma meccanicista: la Cibernetica, la Teoria dei sistemi, della Gestalt,l’Ecologia, i Sistemi dinamici complessi, la Biologia olistica, la Scienza del Caos.Esso segna la transizione paradigmatica dal “diritto alla città” (H. Lefebvre, ‘68) al“diritto alla Natura”.Il paradigma ecologico, a rete, scoprendo le leggi che regolano il divenire deifenomeni fisici e la crescita degli organismi viventi, si incarna nella visione olisticache consente la “pacificazione tra tecnosfeca e ecosfeca” (B. Commoner)indispensabile per la sopravvivenza del pianeta.Pertanto, se si vuole liberare la modernità dai “suoi disastrosi inconvenienti”provocati dallo statuto meccanicista ormai insostenibile, occorre con urgenza unastrategia alternativa capace di perseguire:1.1. Il disinnesco della bomba demografica.1.2. Un habitat entropico: da garden-city, living city, areology, verso la nuova

frontiera eco-metropolitana.1.3. La rifondazione del modello di sviluppo come sintesi di economia e ecologia.1.4. Il riequilibrio eco-metropolitano dell’armatura urbana disimpegnata dai

grandi corridoi transnazionali.1.5. L’integrazione delle reti hard e soft in un cyberspace aperto, interattivo ma in

simbiosi con la biosfera.1.6. Una “Nuova alleanza” con la Natura: oltre il riduzionismo funzionalista.1.7. La tutela del Patrimonio storico e degli abitanti, dei siti antropizzati e delle

comunità tardo-antiche.1.8. Dall’economia dello spreco alla sobrietà post-consumista: la liberazione della

coscienza omolagata dell’uomo-massa.1.9. La città dell’era solare (Eliopolis) e delle energie rinnovabili: la riconversione

dell’habitat planetario.1.10. La nuova civiltà entropica del riciclaggio, del controllo dell’inquinamento e

dell’effetto serra.1.11. Un’architettura digitale come “protesi della Natura”, diritto alla biodiversità

estetica, etica e politica.A chi obietterà che tale strategia è opinabile o utopica, si può replicare che,viceversa, essa è obbligata e realistica!Questo per tre ragioni capitali: l’imminente fine dell’era dei combustibili, fossili, cheindurrà la riconversione ad altre energie del ciclo produttivo e della cittàplanetaria; la minaccia dell’effetto serra alla sopravvivenza del pianeta, che esigeuna svolta strategica verso la “pacificazione tra tecnosfera e ecosfera”; il fallimentoetico del consumismo nichilista responsabile, in nome del superfluo, delladistruzione della Natura.Ma tali smisurati problemi sono irrisolvibili senza la rivoluzionaria transizioneculturale dal paradigma meccanicista a quello bio-ecologico capace di rimodellarela modernità sui cicli della Natura.Questo nella convinzione che: “l’essenza della civiltà non consiste nellamoltiplicazione dei desideri, ma nella deliberata e volontaria rinuncia ad essi” (M.Gandhi).Intanto, i tempi per una svolta radicale si riducono sempre più e non la si puòdelegare a nessuno. Infatti: “di tutti gli organismi viventi sulla terra, solo noi esseriumani abbiamo la capacità di mutare consapevolmente il nostro agire. Se si devefare pace col Pianeta, siamo noi a doverla fare” (B. Commoner).

“Non possiamo risolvere i problemi se non abbandoniamo il modo di pensare che liha creati” (A. Einstein)La crisi di megacity e degli ecosistemi: l’insostenibilità del paradigmameccanicista e dei mito dello “sviluppo illimitato”.Dal dopoguerra la terza rivoluzione industriale fondata sull’onnipotenza dellatecnoscienza, l’energia atomica, l’automazione, l’informatica, ha ristrutturatol’intero ciclo produttivo in senso post-fordista, liberando l’umanità dal lavoromanuale.Questa rivoluzione ha spinto impetuosamente verso la globallzzazione, la societàmassificata, l’economia consumista e le megalopoli determinando la più grandeespansione demografica, economica e urbana della storia. Tale crescita esponenzialeè resa possibile da un modello di sviluppo che considera la Natura come una riservaillimitata.Ma la travolgente transizione dall’era tardo-industriale a quella postindustriale hacreato anche problemi ingovernabill. Essi giustificano l’invettiva di F. LI.Wright “lavecchia città capitalista non è più sicura. Significa assassinio di massa” in Theliving city (‘58), modello organico di città alternativo a quello astratto della VilleRadieuse (L.C., ‘25).Oggi l’inaudito sviluppo post-industriale è giunto al punto da sconvolgere i ciclibioclimatici e l’ecosistema planetario. Questo ha rivelato l’insostenibilità delparadigma meccanicista su cui è fondato lo statuto funzionalista codificato dallaCarta di Atene (‘33),Tale insostenibilità si manifesta attraverso patologie sempre più allarmanti che nonpossono essere più rimosse, minimizzate o ignorate dalle istituzioni, riassumibili neiseguenti fenomeni:

1. L’esplosione della bomba demografica.2. L’espansione permanente delle megacities e delle galassie megalopolitane.3. L’onnipotente sviluppo post-industriale, la globalizzazione mercatista e il

controllo planetario delle risorse.4. La mutazione genetica post-fordista della produzione, della società, della

metropoli.5. La globalízzazione di infrastrutture, mercati e sistemi urbani in un’unica

Weltstadt “infinita e senza forma”.6. L”Impronta ecologica” della città planetaria oltre i limiti della Natura.7. La distruzione progressiva del Patrimonio Storico e delle comunità tardo-

antiche.8. Il consumismo come acceleratore esponenziale della produzione: la sua

metamorfosi da vizio a virtù.9. L’apogeo e il tramonto dell’era dei combustibili fossili: il conflitto per il

dominio mondiale delle energie.10. La crescita vertiginosa di rifiuti, inquinamento e effetto serra: l’ecocidio

planetario.11. L’autoreferenzialità dell’architettura nella società consumistico spettacolare.Queste patologie sono giunte a un livello di pericolosità tale da minacciare lasopravvivenza del pianeta! Ormai le “cose” si ribellano alle “parole”, i problemisfuggono alle tesi elaborate per governarle.Intanto la sinergia tra tecnocrazia, economicismo e mercatismo ha continuato aignorare l’ecocidio planetario in atto svelato e denunciato, dagli anni ‘70 in poi,dalla nuova visione sistemica del mondo.Essa ha evidenziato che il pianeta, in quanto ecosistema “vivente” in equilibrioautoregolato, non può più essere governato da tali principi e dalla politica dellaisser-faire laisser-passer sempre più indifferenti alla gravità della crisi ambientale,energetica e metropolitana, pervenuta ad un punto di rottura.Oggi I’UIA, nel 60° anno dalla fondazione, in continuità con la Carta di MachuPicchu (‘77) “revisione antilluminista della Carta diAtene” (B. Zevi) e con leDichiarazioni del Messico (‘78),Varsavia (‘81), Chicago (‘93), assume le sueresponsabilità di fronte a tali sfide, contribuendo a elaborare strategie alternative,ad ampliare le competenze interdisciplinari, a formare su tali tesi gli architetti delfuturo.Questo, nella consapevolezza che: “non è perché le cose sono difficili che noi nonosiamo, è perché non osiamo che sono difficili” (L. A. Seneea)

IL MANIFESTO

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su una “nuova alleanza” con la Natura.In particolare se l’architettura dell’eradigitale vuole contribuire a neutralizzaretale minaccia, deve riconfigurarsi comeliving architecture, cioè quale organismoche nasce e vive in simbiosi con la

Natura considerando “il mondo come uninsieme di componenti inseparabili,interagenti e in moto continuo, e chel’uomo è parte integrante di questosistema”.

*Architetto.

Il Manifesto è stato promosso dalla giuntadell’UIA (Presidente Gaetan Siew,Vicepresidente Giancarlo Ius), e dalConsiglio Nazionale APPC (presidenteRaffaele Sirica); è stato redatto da AldoLoris Rossi e presentato alla conclusionedel XXIII Congresso Mondiale UIA (2008).

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Diritto amministrativo e Dirittourbanistico nella Facoltà diPianificazione del territoriodell’Università Iuav di Venezia, eSilvano Curcio, Direttore generaledell’Associazione “Terotec -Laboratorio per l’Innovazione dellaManutenzione e della Gestione deiPatrimoni Urbani e Immobiliari” edocente di Processi e metodi dellamanutenzione edilizia e urbana pressol’Università Federico II di Napoli.

* Giornalista redattrice di FORUM PA.

Ricognizione e valorizzazione del patrimonioimmobiliare pubblico

classificazione come patrimoniodisponibile e ne dispone espressamentela destinazione urbanistica; ladeliberazione del consiglio comunaledi approvazione del piano dellealienazioni e valorizzazioni costituiscevariante allo strumento urbanisticogenerale. Tale variante, in quantorelativa a singoli immobili, nonnecessita di verifiche di conformitàagli eventuali atti di pianificazionesovraordinata di competenza delleProvince e delle Regioni. La verifica diconformità è comunque richiesta edeve essere effettuata entro il termineperentorio di 30 giorni dalla data diricevimento della richiesta, nei casi divarianti relative a terreni classificaticome agricoli dallo strumentourbanistico generale vigente, ovveronei casi che comportano variazionivolumetriche superiori al 10 per centodei volumi previsti dal medesimostrumento urbanistico vigente”.Insomma, una semplificazione rispettoal passato, dato che si va a incidere suuna procedura complessa, quella delcambio di destinazione d’uso, che inprecedenza poteva essere considerataun ostacolo alla dismissione dei beni.Questi cambiamenti, ovviamente,sollevano un dibattito. Ci si chiede, inparticolare, quali garanzie eviterannouna vera e propria svendita delpatrimonio pubblico. Una domandalegittima, soprattutto in un momentoin cui risparmiare e fare cassa èun’esigenza sempre più pressante pergli enti locali. Ne abbiamo parlato con due esperti delsettore: Marco Dugato, professore di

Una recente normativa, l’art. 58 delDecreto legge 112/2008 (convertitodalla legge 133/2008, pubblicata sullaGazzetta Ufficiale 21 agosto 2008, n.195), ha riportato l’attenzione sul temadella gestione del patrimonioimmobiliare pubblico. Vediamo di cosasi tratta.L’articolo 58 del Decreto legge112/2008, “Ricognizione evalorizzazione del patrimonioimmobiliare di Regioni, Comuni edaltri Enti locali”, prevede che ogniente, con delibera dell’organo diGoverno, individui i singoli beniimmobili non strumentali all’eserciziodelle proprie funzioni istituzionali estili il “Piano delle alienazioni evalorizzazioni immobiliari” allegato albilancio di previsione.Un obbligo e un’opportunità per glienti locali, spesso proprietariinconsapevoli di un patrimonioimmobiliare che, se male utilizzato escarsamente valorizzato, finisce peressere più un peso che una risorsa;una fonte di spesa che, soprattutto inuna fase di grande difficoltàeconomica come quella attuale, leamministrazioni non possono propriopermettersi. Il censimento delpatrimonio dovrebbe consentire dicapire, innanzitutto, di quali benil’ente è proprietario, poi quali di questipossono trasformarsi in una risorsastrategica, se valorizzati, e quali,invece, costituiscono solo un costo esono, quindi, da dismettere.L’articolo 58 prevede, inoltre, che“l’inserimento degli immobili nel pianone determina la conseguente

a cura di Michela Stentella - Forum PA*

Rassegnaurbanistica

06 rassegna (221-222) 11-02-2009 17:41 Pagina 53

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La nuova norma prosegue questopercorso avviato nel 2007?L’articolo 58 del Decreto legge112/2008 fa tesoro di questa precedenteesperienza, secondo me positiva, esoprattutto delle esperienze negativedel passato, intervenendo su dueelementi giuridici rilevanti: la naturadel regime dei beni e la destinazioneurbanistica. L’inserimento all’internodell’elenco allegato al Piano dellealienazioni immobiliari ha, infatti,come primo effetto la variazione dellaclassificazione giuridica di quei beni,che diventano immediatamente benicome gli altri, cioè disponibili. Siinterviene così su un problema: da unpunto di vista giuridico, la disciplina dimolti di questi beni è legata a normediverse da quelle ordinarie sullaproprietà, quindi beni demaniali epatrimoniali indisponibili, che hannosistemi di classificazione e alienazionecomplessa. Poi, ancora una volta, si ècapito che è necessario, nel momentostesso in cui si fa un piano didismissione, che il bene venga vendutonon come vecchio bene pubblico, masecondo la nuova destinazione,spiegando al mercato che cosa se nepotrà fare. L’inserimento nel Piano vain variante automatica degli strumentiurbanistici, cioè il bene ha una nuovadestinazione che è immediatamentepercepita dal mercato nelle suepotenzialità.

Quindi il suo è un giudizio positivo?Ritengo che sia una norma ben fatta,che lega in modo forte la vendita degliimmobili allo sviluppo territoriale.Secondo me la strada è giusta.Tuttavia, per capire se davvero avràeffetti positivi bisognerà aspettare anni.E personalmente, visto il momentoattuale e l’eredità che viene dalpassato, non mi attenderei grandirisultati.

In che senso?La mia impressione è che questaoperazione andasse fatta all’inizio del2000, non adesso. Le nuove norme,infatti, non giocano più su un terrenovergine (com’era negli anni Novanta,quando avrebbero sicuramente prodottodei benefici), ma su un terreno aratodal fortissimo indebitamento degli enti

locali, nato sull’onda dell’illusione diuna rapida dismissione dei benipubblici, che non c’è stata. Vendere ibeni pubblici, infatti, non è stato néfacile né indolore, si sono alimentate inrealtà delle grandissime sacche diindebitamento, che molto prestoprodurranno degli effetti negativi neiconfronti degli enti.

In pratica cosa è avvenuto negliultimi anni?Lo Stato e tra gli enti locali soprattuttole Regioni, che non riuscivano avendere immediatamente i propriimmobili, sono riusciti ad incassare inanticipo il valore delle vendite grazie aiprodotti finanziari (cartolarizzazioni,fondi immobiliari). Questi prodotti sigiustificano, però, solo se poi si riescea vendere. Presto arriveranno ascadenza e il rischio è che alcuni entisi troveranno nella posizione divendere immobili non per fare nuovacassa e nuova valorizzazione, ma perpagare i debiti della mancatadismissione degli immobili precedenti.La nuova norma non nasce con questoobiettivo, ma alla fine verrà usataanche per questo. Ovviamente la viagiusta non è questa, ma è quella dellavalorizzazione di uso del beneall’interno di una valorizzazionegenerale del territorio. Oggi è ormaievidente che non possiamo aggiungereprodotti finanziari alle venditeimmobiliari, perché i rischi sono sottogli occhi di tutti. E devo dire che,nonostante il giudizio nel complessopositivo, anche l’art. 58 della nuovanorma prevede, al comma 8, che i benipossano essere conferiti a fondi comunidi investimento immobiliare,ripercorrendo una via secondo metragica.

Quindi gli enti si sono indebitati enon possono pagare anche per via diuna dismissione mancata...mamancata per quale motivo?Direi proprio a causa dei fattori di cuiparlavo prima, cioè le regole sullacircolazione dei beni pubblici e sullaloro destinazione urbanistica, cherendevano talmente oneroso, lento einsicuro il processo di alienazione daallontanare gli investitori privati.Pensiamo al fatto che il settore di

Una buona norma,che forse arrivatroppo tardiIntervista a Marco Dugato

Professore, potrebbe spiegarci qualchepunto nodale della nuova norma inmateria di “Ricognizione evalorizzazione del patrimonioimmobiliare di Regioni, Comuni edaltri Enti locali”?Per affrontare il tema della nuovanormativa bisogna partire dalla legge244 del 2007 (la Finanziaria 2008), checontiene una norma relativa aicosiddetti ‘Programmi unitari divalorizzazione’. Si tratta di unpassaggio significativo: è la primaesperienza che mira ad affiancare alleesigenze di cassa, che sono semprestate stringenti, anche le esigenze divalorizzazione intesa come aumentodel valore, sia finanziario sia diutilizzo, del bene. Un cambio diprospettiva rispetto alle precedentiesperienze, che rispecchiavanosemplicemente il metodo delle vecchiealienazioni, anche cartolarizzate oattraverso fondi immobiliari.

Quindi nel 2007 c’era stata già unarottura rispetto al passato?Certamente. Con la legge 244 del 2007non viene previsto solo il solito sistema(elenco di beni utili e beni inutili,dismissione dei beni inutili evalorizzazione di quelli utili), ma ancheuno strumento in grado di garantireuna ricognizione del patrimonio a piùlivelli, locale e centrale. La vera novità,poi, è che viene inserita finalmente unanorma che consente a questi Piani, adeterminate garanzie e caratteristiche,di andare in variante agli strumentiurbanistici. In passato molti beni indismissione non sono stati vendutiproprio perché rimanevano agganciatialla vecchia destinazione urbanistica e,per incidere sul vincolo urbanistico,sono necessari processi di variantelunghissimi e incerti. Il fatto di nonsapere cosa si sarebbe potuto fare diquei beni una volta acquistati noncontribuiva di certo a renderliappetibili sul mercato.

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venderlo sottocosto, cosa che invece unente non può fare.

Questo, però, in qualche modo puòrassicurare chi è preoccupato che siverifichi una “svendita” delpatrimonio immobiliare pubblico?Le esigenze di conservazione delpatrimonio immobiliare sono moltoimportanti, però non dobbiamodimenticare un dato di fatto: il nostroPaese ha avuto il problema di vendere ibeni inutili (e non c’è riuscito), nonquello di conservare i beni utili. A mepare che la “svendita” sia un rischioastratto. Negli ultimi 15 anni si èsempre cercato un equilibrio tral’esigenza di vendere ciò che non si èin grado di mantenere - garantendouna migliore utilizzazione dei beni esgravando lo Stato dal costo della loromanutenzione - e l’esigenza digaranzia. Dalla fine del ’99, poi, èdiventata prevalente un’esigenza dicassa pura e tutti noi abbiamo temuto

un’alienazione incontrollata dei beni.La verità è che, dati alla mano, non èstato venduto nemmeno ciò che dovevaessere venduto. Poi, ovviamente, separliamo di beni di particolare rilievo,c’è sempre l’intervento delleamministrazioni deputate alla tutela. Ivincoli di questi beni non decadonocon le nuove norme: ad esempio, per ibeni culturali restano in piedi icontrolli già previsti per legge. Maanche su questo siamo di fronte aqualche falso mito. Fin dal 1993 èpossibile anche l’alienazione di benidemaniali. Il percorso è iniziato da 15anni. Paradossalmente oggi ci sono piùgaranzie.

maggiore sofferenza è stato ladismissione degli ex beni dell’esercito,che erano proprio quelli che nonservivano più. E consideriamo chequesto è avvenuto in pieno boomedilizio immobiliare; immaginiamocosa accadrebbe oggi, con il mercato inpiena recessione. Bisogna poi pensare che questi nonsono strumenti facili da usare, non tuttigli enti locali hanno la possibilità direperire le capacità giuridicoeconomiche per far fronte a progetti diquesto genere. Mi sarei aspettato unfinanziamento per organizzare deglistaff, anche su aggregazioni multicomunali. Consideriamo infine che,nella vendita dei beni da parte deglienti pubblici, se non si raggiunge unadeguato prezzo di mercato èpotenzialmente aperta la strada allaresponsabilità erariale da parte dellaCorte dei Conti. Anche questo rendecomplessa l’alienazione: se un privatoha un bene, in caso di bisogno può

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gestione più ampia, nell’ottica delfacility management, dellamanutenzione, della salvaguardia, oanche della valorizzazione con lacopartecipazione di altri soggettisecondo logiche innovative.

Certamente la situazione economicadegli enti locali non aiuta ad avviarequesta politica di più ampio respiro...Non si può non prendere atto dellegrandi difficoltà degli enti locali, maanche se è vero che la situazioneeconomica delle casse pubbliche è allostremo e che, in alcuni casi, l’unicafonte di entrate è il patrimonioimmobiliare, la logica da banco deipegni, secondo cui questo può esserevisto come argenteria da liquidare perfare cassa, è una logica distorta. Finoad oggi le esperienze divalorizzazione/dismissione delpatrimonio immobiliare a tutti i livellidella cosa pubblica, dal livello centraleparlando di ministeri (Ministerodell’Economia e Finanze in primis), perandare a finire alle amministrazionilocali dell’una e dell’altra sponda diespressione politica, sono statefallimentari proprio perché gestitemalissimo, con un’unico obiettivo:quello di fare cassa. A fronte di unpatrimonio male utilizzato, ladismissione è una delle possibilistrategie e non va criminalizzata. Mava inserita in processi più corretti eorganici di approccio al patrimonioimmobiliare, che partono per forza dicose dalla conoscenza.

E questa fino ad oggi è mancata?Da questo punto di vista siamo ancoramolto indietro: si pensi che solo loscorso anno è stato ultimato il primocensimento dei beni di proprietà delloStato (non degli enti locali!) da partedell’Agenzia del Demanio. E si pensi, diconseguenza, su che livello di nonconoscenza si sono basate le precedenticartolarizzazioni, che sono cominciateben prima di questo censimento. Eccoun altro motivo dell’insuccesso dellepassate e presenti operazioni dicartolarizzazione dei patrimoniimmobiliari: se uno non conosce nonpuò sapere neanche il valore dimercato del proprio patrimonio. Edecco, quindi, le svendite. Senza

conoscenza come si può mettere in attoun’opera di gestione e valorizzazionemirata? Anche qui, come in ognisettore, se si conosce si puòprogrammare, pianificare, deciderestrategie. In realtà questa nuova norma potrebbeessere una sorta di specifica di unobbligo già esistente per gli enti locali,che nei bilanci di tipo economico-patrimoniale dovrebbero inserire uncensimento per lo meno quantitativodel proprio patrimonio. Un sistemaintrodotto alcuni anni fa con la riformadei bilanci degli enti pubblici, ma chenon si è ancora consolidato né nellacultura né nella pratica.

Ma in effetti gli enti locali hanno lecapacità per attuare tutte questeattività (censimento, programmazionestrategica, valorizzazione) all’internodi un processo organico di approccioal patrimonio immobiliare a cui leiprima accennava?Qui bisognerebbe fare un discorso sullestrumentazioni a disposizione degli entilocali. Bisogna chiedersi se ci sono lecompetenze giuste per attivare deicensimenti. Come e da chi vengonofatti? Questo è un problema che esiste,perché gli uffici tecnici delleamministrazioni sono, oltre chesottodimensionati, anche già oberati datantissime incombenze. Servirebberologiche di più ampio respiro e gli entilocali dovrebbero essere messi nellecondizioni di attivare processi digestione e valorizzazione mirata, chepossono contenere anche l’ipotesidell’alienazione, ma non come unicastrada.

La nuova norma prevede chel’inserimento degli immobili nel pianone determini la conseguenteclassificazione come patrimoniodisponibile e ne dispongaespressamente la destinazioneurbanistica. Questo non potrebbeservire a dare il giusto valore ai beni,evitandone la svendita?Questo senza dubbio. Una finalità, forsel’unica, del decreto è quella diproceduralizzare certe situazioni giàesistenti, per evitare incongruenze ocasi di sottostima nel momento in cui ilbene viene dismesso. Rispetto alle

La dismissione nonpuò esserel’unica strategiaIntervista a Silvano Curcio

Che idea si è fatto della nuovanormativa e del reale impatto chepotrà avere sulla gestione deipatrimoni immobiliari pubblici e sullosviluppo dei territori?Personalmente non guardo con fiduciaalla nuova normativa e non sonoaffatto ottimista sulle prospettive disviluppo del settore a seguito di questoarticolo di legge. Anzi, direi che lalettura stessa della norma fa nascereper lo meno dei quesiti, degliinterrogativi. È vero che il titolodell’articolo 58 del Decreto legge112/2008 è ‘Ricognizione evalorizzazione del patrimonioimmobiliare degli Enti locali’, però poi,se si va a vedere dentro lo scritto deicommi, emerge come l’articolo sia inrealtà finalizzato quasi esclusivamentealla dismissione. La lettura inparticolare del comma 2 è significativa:in realtà non si parla di processi diricognizione e censimento dei beniimmobili degli enti locali tesi adincentivare logiche di programmazione,di gestione in senso lato, divalorizzazione, comprensivi anchedell’eventuale dismissione. C’è unadistorsione, una forzatura rispetto altitolo dell’articolo.

Ma attuare un censimento dei beniper conoscere lo stato del patrimoniopubblico non è comunque un buonpunto di partenza?Io sono favorevole a qualsiasi processoche avvii iniziative di conoscenza delpatrimonio, però i giochi devono esserechiari, motivati e inseriti in una logicadi approccio generale. La ricognizione,il censimento, l’anagrafica e, quindi, laconoscenza del patrimonio immobiliare,sono la conditio sine qua non per lagestione tout court del patrimonioimmobiliare, non solo per la suaalienazione. In termini di gestione delpatrimonio immobiliare pubblico,infatti, la dismissione è una strategia,ma non può essere l’unica. Accanto adessa deve esserci anche una logica di

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all’introduzione di un piano dimanutenzione programmata e diriqualificazione su alcuni tipi diimmobili. Pensiamo al patrimonioscolastico e ospedaliero, che in alcunicasi presenta un elevato livello didegrado e obsolescenza. In una logica delgenere, con una seria programmazione, ilsacrificio dell’alienazione di una parte delpatrimonio potrebbe essere finalizzato alrecupero di un’altra parte. I problemisono di natura innanzitutto culturale:bisogna diffondere la logica delpatrimonio pubblico come risorsa, quindicome insieme di beni prima di tutto daconoscere e poi da gestire e valorizzare.In quest’ottica, vanno benissimo, adesempio, logiche di partnership pubblicoprivate, purché il timone rimangasaldamente nelle mani del pubblico e iremi possano andare a privati qualificati.

precedenti esperienze dicartolarizzazione, in cui si sono operateoperazioni di svendita del patrimonioimmobiliare pubblico (dovute a scarsaconoscenza del valore di mercato, alpressapochismo degli organi prepostialla gestione dei patrimoni e ad altriinteressi specifici), ora si affinano glistrumenti, ma per andare di fatto aperseguire lo stesso obiettivo. Che èsacrosanto, perché è vero che una partedel patrimonio degli enti locali versa instato di abbandono e non èistituzionalmente utilizzabile, ma non èquesto l’approccio giusto: bisogna porsiproblemi di strategia, diprogrammazione.

Quindi quale scenario si prospetta,secondo lei?Quello che vedo è una corsa a farecassa. Gli enti locali troveranno pane

per i loro denti in queste forme disemplificazione, ad esempio nel fatto, acui si accennava prima, chel’inserimento nel Piano determina per ilbene la classificazione comepatrimonio disponibile e ne dispone ladestinazione urbanistica. Visto che, dasempre, il cambiamento di destinazioned’uso è considerato come una delleprocedure più complesse, ora che c’è lostrumento per scardinare questocastello procedurale credo che tutte leamministrazioni pubbliche, aprescindere dal colore politico, farannouso di questo ‘grimaldello’ pensandocosì di risolvere i loro problemi. Einvece sbagliando. In realtà io credoche le politiche serie di gestionedebbano essere fatte a tutto tondo.

Ci può fare qualche esempio?Bisognerebbe pensare, ad esempio,

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montagna, non dappertutto nellostesso modo ed entità, si spopolanointere comunità e vallate. La montagnaperde importanza nella logicainsediativa sia ad alta che nella mediaquota; nei fondovalle abbiamofenomeni tra loro contrastanti e idifferenti settori delle Alpi registranofenomeni demografici ed economici traloro antitetici. La prima fase dell’urbanesimomontano ha visto il concentrarsi dipopolazione nei poli industriali,successivamente la polarizzazione hariguardato i centri principali di valle,ora l’azione attrattiva si rivolge ai polimeglio serviti di servizi di base. Il soloturismo è stato in grado di scardinarele logiche insediative di ispirazioneindustriale costellando qua e là lamontagna di centri d’eccellenza, adalto valore economico, distribuendoanche ai censiti rilevanti ricchezze edopportunità lavorative.

Il nuovo contesto socio-economico

Oggi siamo entrati in una nuova faseeconomica e sociale: quella dellasmaterializzazione e delladelocalizzazione. Anche nelle Alpi lecittà rappresentano il fattore diriferimento. in alcune regionigeografiche delle Alpi come periferiedei grandi poli metropolitani dellapianura, in altre realtà comeriferimento per servizi rari e pregiati dibacino. E se storicamente i capoluoghierano il vessillo di identificazione perle intere comunità regionali, ora icentri principali rappresentano con iloro arcipelaghi insediativi (una sorta

Insediarsi nelle Alpi: pensare e programmare il futuroFulvio Forrer*

una chances economica: le Alpi eranoserbatoio di minerali, giacimenti cherappresentavano la materia prima peracquisire maggiore potenza e forza, diqui le vicende per il dominio sulle vallialpine. Solo la scoperta del nuovomondo diede opportunità a questopopolazioni di sfuggire dallacondizione sociale prevalente, lasemplice sussistenza di uominicomunque in buona parte “liberi”. LeAlpi in questo modo erano statelaboratorio di vita, i roncadori, escuola di mestieri quanto di tecnologiedi base. Merita ricordare in ogni casocome alcune aree furono oggetto disfruttamento intensivo delle risorselocali (legname, minerali, sale, ecc) alpunto tale da trasformarsi da spazi divita a luoghi di morte. Le conseguenzedi tale carico sul territorio furono siaeconomiche (crisi di crescita e dimantenimento) che ambientali quantosociali (disastri naturali con distruzionedi insediamenti, ecc).La rivoluzione industriale di fine ‘800arriva, seppur con ritardo, fin dentro leAlpi con il prelievo di nuove risorse(acqua, energia, manodopera, ecc.); lenuove logiche economiche hannonuovamente alterato gli equilibri divita sulle montagne soprattuttoattraverso il fenomeno migratorio;l’impervio –la montagna- nonrappresenta più il limite fisico, ma lasemplice penalizzazione dei costi,anche di quelli commerciali. In questocontesto i poli urbani di sviluppo dellenazioni di riferimento diventanol’attrattore dei forti movimentimigratori: è l’abbandono della

Origine ed evoluzionedell’insediamento nelle Alpi

In origine le Alpi erano solo territorimarginali, territorio di caccia: rarepresenze stanziali, sporadici passaggidi transito: potremmo definirlo unospazio limite, in cui la penetrazioneera di per se difficoltosa e pericolosa,il cui attraversamento era unavventura. Solo al termine del primomillennio d.c., le Alpi diventanoterritori significativi di residenzastabile. Gli insediamenti eranodapprima nei fondovalle, ma inposizione dominante (i castellieri) acausa dei pericoli derivanti dai regimiidrici dei grandi fiumi di fondovalle,per poi radicarsi nelle aree piùstrategiche e comode delle valli.L’interesse per i territori alpiniderivava soprattutto dalla necessità dicolonizzare-presidiare i territori diconfine con nuovi spazi di societàamica, ovvero in successione scaricarele aree europee dominati dall’eccessivocarico antropico che lì si eraconcentrato per varie ragioni: èl’epopea del colonialismo espansivoeuropeo dove la crescita rappresentapiù territori, più popolazione, piùentrate da imposizioni varie e gabelle.In questi passaggi storici le Alpimantengono la loro caratteristica difattore fisico di separazione e neacquisiscono uno nuovo: quello dispazio di vita per l’espandersi delleregioni limitrofe. Questo sviluppocorrisponde anche alla crescita dinuovi poteri, aumentati e allargatisiall’ombra dei grandi potentati, valorisociali che ben presto rappresentarono

Rassegna urbanistica

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favore dei centri di valle, meglioserviti di servizi e con dimensionerelazionale di comunità.Il consumo di suolo in Trentinoevidenza come l’insediamento sidisperde su oltre il 5% del territorioprovinciale ed in particolare neifondovalle con una concentrazioneabitativa al di sotto dei 500 metri diquota (la parte di territorio più comodada abitare) che registra picchi di oltre550 abitanti per chilometro quadrato,mentre in Alto Adige l’urbanizzato siconcentra su appena il 2,85% delterritorio provinciale, quindi con unmodello per ora virtuoso (è l’eredità diun modello politico autarchico su baseetnica, ma per la scarsità di territorio ela struttura sociale sicuramente piùforte e virtuoso di quello basatosull’egualitarismo teorico). Èinteressante osservare come lastruttura insediativa delle città alpineitaliane sia omogenea (la dispersione) ecome invece differisca per i casi diBolzano e Sondrio in termini divirtuoso contenimento di consumo diterritorio, anche in modo più rigorosodella vicina Innsbruck. Seppur neifondovalle più spaziosi e ampi, le cittàalpine fanno i conti con la morfologiadei luoghi e le asperità, nonché con learee soggette ai pericoli naturali (areea rischio): frane, alluvioni, ecc: Gaia èviva in montagna con più evidenzache non in pianura. Qui a causa delleparticolari condizioni orografiche ilclima peggiora per lunghi mesiall’anno, soprattutto d’inverno perl’inversione termica, che permette diregistrare concentrazioni di inquinantipiù tipiche delle aree del terzo mondoche non dei paradisi alpini. I territorialpini in preda alla contraddizione e aimiti.

Le città alpine modello di equilibrio

La sfida futura dello spazio alpino, edelle città alpine in particolare, è ingenerale rafforzare e salvaguardare leproprie caratteristiche, in particolaredalla omologazione del modello di vitametropolitano, nonché la propriadotazione, ovvero la capacità attrattivacome luogo di vita ad alta qualità, conuna base delle relazioni ecologiche aimpronta zero e con modello sociale di

Tab1. “Indici di inquinameto.Un indice superiore a 100 indica il superamento del limite per almeno un inquinante, se l’indice supera200 significa che i valori raggiunti sono stati doppi rispetto al limite.

sostanzialmente urbano vissuto anchenelle località più marginali. I limiti ele difficoltà tipici della montagna nonsono più percepite nella vita comune,ne deriva un modello insediativo “delladispersione” (è l’esportazione delmodello “padano”), al virtuosismo deipaesi storici si contrappone lo sprecoedilizio della modernità, in unproliferare di macchie insediative condebole struttura urbana ed elevati costidi gestione. Sembra un modernopropagarsi del modello Gotico, con gliimmobili abitati al centro dei territoridi pertinenza dove però si è passatidalla estensione territoriale chegiustificava almeno un reddito agrariodi integrazione ad uno di impostazionehollywoodiana, conseguente non soloal potere mediatico delle immaginivirtuali ma anche dellaframmentazione fondiaria. La rincorsaall’appezzamento di terreno edificabileper i figli o i famigliari è la logicaimperante nella redazione dei Prg.Questi appaiono la giustificazioneformale per la dispersione sulterritorio, ovvero la scelta di seguirelogiche di consenso anziché divirtuosismo. Va poi registrato come ilfenomeno dello spopolamento è inbuona parte finito e vi è una ripresageneralizzata della crescitademografica con esodo dalle più altequote (ma non nei centri turistici) a

di submetropoli di piccole dimensioni)l’opportunità di vita qualificata. Lecittà alpine sono diventate luoghi adalta vivibilità prima ancora deirispettivi territori di periferia, cherisultano ancora malamente serviti siadalle reti tecnologiche avanzate chedai servizi di base, e che possiamoassimilare al commercio e al terziariodi base. Per identificare il livello dellasfida è interessante notare come ladimensione delle città italianecapoluogo di Provincia nelle Alpi èmedio-piccola, il parametrodemografico è significativo dei bacinidi riferimento, ovvero della difficoltàdi quadrare i costi dell’offerta chegiocoforza in area montana sono piùelevati che in pianura a fronte invecedi bacini di utenza decisamente piùcontenuti. Il numero degli abitanti incontesti urbani alpini difficilmentesupera i 100 mila abitanti; la maggiorparte delle unità insediative conta tra i20 e i 50 mila abitanti; tranne che nelcaso lombardo evidentementecondizionato dal fungo d’influenzamilanese, i sistemi insediativi risultanoregolati da logiche endogene, alpine.La globalizzazione continentale e lariduzione nella percezione delledistanze, frutto della diffusionedell’automobile, rende la vita inperiferia simile a quella in città; neconsegue un modello di vita

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Tab 2. Numero i superamenti del limite di media giornaliera inquinante polveri fini PM 10. Anno 2008 (fraparentesi il numero di superamenti per il solo mese di giugno)

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atto nato dal basso (l’associazionismo)fatto proprio dalle istituzioni (l’up) inuna osmosi che deve necessariamentepermearsi di confronto e condivisione(ritorno al down), ovvero il ritorno allecomunità locali nell’esercizio dei propripoteri. Tasselli dell’approccio virtuoso e dipolitiche lungimiranti possono essereritrovati in vari esempi:- la politica sui trasporti checaratterizza la Svizzera (fluidificazionelenta) o il Tirolo del Sud come nelcaso della ferrovia della Venosta(trasporto pubblico)- il Piano generale di utilizzazionedelle acque pubbliche (Pguap) delTrentino, quale strumento diprogrammazione nell’uso delle risorsee delle logiche di recupero ambientale;- le Perle delle Alpi con le offerte dimobilità dolce;- casaclima per andare verso unrapporto con le risorse locali virtuoso(sole-legno)...

*Cipra Italia, Istituto Nazionale di Urbanistica -sezione Trentino.

Un punto sulla Vasin SiciliaGiuseppe Trombino*

La vicenda del recepimento dellaDirettiva europea 2001/42/Ce, giàlunga e complicata a livello nazionale,diventa quasi indecifrabile se siassume come riferimento la Regionesiciliana; qui infatti il sovrapporsi diiniziative regionali a quelle statali hafinito per determinare un groviglionormativo nel quale risulta oggidifficile districarsi. Per farlo occorrepartire dall’inizio, da quando cioè,l’Assessore del Territorio edell’Ambiente della Regione sicilianadecide autonomamente di procedere alrecepimento della Direttiva europea2001/42/Ce, emanando il D. A. n. 748del 7 luglio 2004. E’ il caso di ricordare che a quella datanessuna, pur doverosa, iniziativalegislativa era stata ancora assunta dalgoverno nazionale. Le ragioni che portarono l’Assessoreregionale del territorio e dell’ambiente

a quella decisione sono chiaramenteespresse, in tutta la loro disarmantelinearità, nelle premesse dello stessodecreto e fanno riferimento all’obbligo,posto agli Stati membri dalla Direttivaeuropea, di porre in essere iniziativelegislative, regolamentari edamministrative necessarie perconformarsi alla direttiva medesimaentro tre anni dalla emanazione dellaDirettiva stessa, ovvero entro il 21luglio 2004.In assenza di iniziative del governonazionale l’Assessore ritenne dunque diporre al riparo la Regione dal pericolodi incorrere nelle procedurecomunitarie di infrazione conseguential mancato recepimento, con unapropria disposizione, chesostanzialmente si limitava adaffermare, in termini assolutamentegenerici e, come diremo più avanti,inesatti, l’applicabilità in Sicilia dellaDirettiva.Il provvedimento destò subito notevoliperplessità sia rispetto alla forma cheal contenuto. Sotto il profilo formale,si discusse se competesse alla Regioneil recepimento della Direttiva europea,in assenza di un atto di indirizzo ocomunque di un provvedimentonazionale e, secondariamente, se quelladel Decreto Assessoriale fosse la formagiuridica più opportuna per l’eserciziodi tale competenza. Il ricorso al Decreto lasciava intendereinfatti che l’Assessore avesseconsiderato il recepimento dellaDirettiva europea quale una meradisposizione attuativa; la Direttivaeuropea però non ha ne il carattere neil contenuto di una normaimmediatamente applicabile marichiede invece, come per altro ècontraddittoriamente riconosciuto nellostesso Decreto, la “adozione di leggeregionale che disciplini compiutamentela materia”.Come dunque, nelle more dellaadozione di tale legge, potesserotrovare applicazione in Sicilia ledisposizioni del Decreto Assessoriale edunque della Direttiva europea non eraassolutamente chiaro, tanto più per ilfatto che nel richiamare, quasiidenticamente, le disposizioni dellaDirettiva europea venne commesso,evidentemente per l’urgenza con la

Comunità (solidarietà). Le ricadutedelle attività economico-sociali devonogarantire ritorni su base locale,preferibilmente di tipo polverizzato,solo così vi sarà quel controllo sociale(consenso) capace di salvaguardare dainteressi speculativi ad alto ritornofinanziario (generalmente guidati dainvestimenti finanziari di origineindefinita). Vanno in ogni caso trovatimeccanismi di compensazione affinchél‘egoismo, che coinvolge anche gliinteressi sociali delle popolazionialpine, trovi adeguata compensazionein iniziative di ampio respiro. Non èun miraggio, ma un obiettivo possibile,già oggi le comunità alpine godono dicondizioni di partenza favorevoli,ampia distesa di boschi e cicliproduttivi parzialmente regionali, uncarico antropico elevato per lecondizioni di montagna, mariequilibrato da una fase storica direcessione demografia ed oggi a livelliaccettabili, un sistema sociale in cui ilsenso di comunità è forte, conconsistenti iniziative economiche abase cooperativistica. Un mix dicondizioni economico-sociali chefavoriscono una visione di interessicomuni su quella squisitamenteindividuale, ovvero capitalistica.Questi punti di partenza sonol’opportunità per rafforzare le attualipotenzialità e le sfide future. Lapianificazione territoriale, che è laprogrammazione delle politiche dicomunità su base democratica(condivisa, ovvero consenso), è lostrumento principe per indirizzare lerisorse verso gli obiettivi prefissati, dicomunità che difficilmentecorrispondono alla sommatoria deisingoli interessi individuali, quindi ilcriterio della partecipazione deicittadini è la migliore garanzia perraggiungere una visione di comunitàoltre gli interessi individuali. Ritengoche determinare sinergie (convergenze)sugli obiettivi comuni permetta unrisparmio di sistema; senza unadeguato preparazione del contestosociale sono necessarie importantiazioni di governo (politiche di autorità)che implicano di fare i conti con ilcontrollo e la repressione deicomportamenti dissonanti. LaConvenzione delle Alpi è di fatto un

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del 21 luglio 2006. Rimanevano inveceesclusi, sino alla emanazione di una“compiuta regolamentazione” chearmonizzasse i contenuti dellavalutazione ambientale alle diversescale di pianificazione, i piani ed iprogrammi di competenza comunale.Il nuovo Decreto, stabilendo un quadrodi riferimento normativo corretto erealistico, se pure ancora transitorio,consentì di far ripartire l’attività dipianificazione urbanistica nellaRegione, rimasta ferma dal 16 luglio2004, e di avviare le primesperimentazioni applicative della Vasall’interno dei processi di formazionedi piani e programmi di livelloregionale e provinciale.Nel 2006, come è noto, lo Statoitaliano con Dlvo 3 aprile 2006, n.152, approvò un testo di recepimentodella Direttiva 2001/42/CE, inserendola disciplina della Vas nell’ambito diun testo unico di norme ambientali.L’emanazione del Dlvo n. 152/2006 fuseguita da un coro di critiche, unanimenel ritenere inadeguate, imprecise, eper altro di difficilissima applicazione,le norme in materia di Vas in essocontenute, tanto da convincere ilGoverno a studiarne un correttivo.Nelle more l’applicazione di tutte ledisposizioni relative alla Vas vennerinviata, prima sino al 31 gennaio2007 e, con un successivoprovvedimento, sino al 31 luglio 2007. A seguito di tale scadenza, nonessendo intervenuta alcuna modificalegislativa, l’Assessorato del territorio edell’ambiente della Regione sicilianaemanò un avviso, segnalando a tuttigli interessati che il decreto legislativon. 152/2006 trovava “pienaapplicazione anche per la parterelativa alle procedure ambientali divalutazione ambientale strategica(Vas)”.In realtà la situazione era assai piùconfusa di quanto il laconico avvisoregionale potesse fare immaginare; leRegioni infatti, per esplicito obbligoposto dall’art. 50 del testo entrato invigore, avrebbero dovuto adeguareentro il termine di centoventi giorni ilproprio ordinamento alle norme sullaVas attraverso disposizioni legislative eregolamentari; in mancanza avrebberodovuto applicarsi le confuse

procedure di formazione dei pianiurbanistici e, specificatamente, deglistrumenti di pianificazione comunale. Fù con questa consapevolezza chevenne a costituirsi, nel Dicembre 2004,una sorta di comitato spontaneoformato da rappresentanti degli Ordiniprofessionali degli Architetti e degliIngegneri e da docenti di Urbanisticadelle Facoltà di Architettura edIngegneria delle Università di Palermoe Catania, nell’intento di prospettareall’Assessore regionale al Territorio edell’Ambiente la assoluta necessità diuna più avveduta regolamentazionedella materia.Il documento messo al punto dalcomitato evidenziava come le modalitàcon le quali la direttiva era statarecepita in Sicilia, senza unadefinizione preventiva del quadrogiuridico procedurale, e senzadelineare con chiarezza le finalità, icontenuti tecnici ed i limiti applicatividel nuovo istituto, rischiavano divanificare gli importanti obiettivi che,attraverso l’applicazione dellaDirettiva, avrebbero dovutoraggiungersi. In definitiva, il Comitato proponeva, insede di prima applicazione, diescludere dall’obbligo dellaValutazione Ambientale Strategica ipiani e programmi di competenzacomunale, impegnandosi a sostenere lasperimentazione applicativa giàavviata dallo stesso Assessorato,attraverso protocolli di intesa con leistituzioni universitarie e gli entilocali. La richiesta, giustificata anche dallanecessità di evitare, come per altroraccomandava la Direttiva europea,inutili duplicazioni con le analogheattività di valutazione portate avantidalla Regione e dalle Provinceregionali, venne accolta da un nuovoAssessore al Territorio ed Ambienteche, il 24 gennaio 2005, emanò unnuovo Decreto, n. 22/2005,modificando il precedente.Con tale Decreto venne correttamentestabilita l’obbligatorietà della Vas pertutti i piani e programmi di livelloregionale, provinciale esovracomunale, con la sola esclusionedi quelli già adottati e di quelli incorso, purchè fossero adottati alla data

quale il provvedimento è stato varato,un errore di rilievo non trascurabile.Nel definire la portata applicativa dellanorma e dunque la obbligatorietà dellaVas per i piani e programmi il Decretofaceva infatti riferimento alla data diemanazione della Direttiva e cioè al 21Luglio 2001 indicandola come data dientrata in vigore della stessa, mentrein realtà la data di riferimento perl’obbligatorietà della Vas, come silegge chiaramente nel comma 3dell’art. 13 della Direttiva 2001/42/Ceera il 21 Luglio 2004.Il Decreto in tal modo stabiliva unaapplicazione retroattiva dellaobbligatorietà della Vas, che finivaaddirittura per mettere in discussionela legittimità di tutti gli attiamministrativi prodotti negli ultimianni.Per questo, ma anche per la oggettivaimpossibilità della sua applicazione,l’emanazione del Decreto ebbe uneffetto paralizzante sul già lento fluiredella attività urbanistica siciliana.L’effetto più immediato fu lasospensione delle procedureapprovative dei piani regolatori giàall’esame della regione, cioè distrumenti urbanistici adottati anchemolti mesi prima e che dopo un itertalvolta di molti anni stavano pergiungere al traguardo finale. Ma piùcomplessivamente tutto il sistema dellapianificazione urbanistica nellaRegione entrò in crisi, senza che siriuscissero ad individuare vie d’uscita. I primi tentativi di corredare i piani incorso di approvazione della prescrittaValutazione Ambientale Strategicamisero ancora più in evidenzal’impossibilità di applicare la Vas, siaper la mancanza di chiare procedureapplicative ma soprattutto per laassoluta mancanza degli indispensabilidati conoscitivi sullo statodell’ambiente sui quali costruire ilRapporto ambientale. L’introduzione della Vas in definitiva,lungi dal comportare una importanteinnovazione nel processo diformazione dei piani, orientata agarantirne la rispondenza ai principidella sostenibilità ambientale eterritoriale, si trasformò in unulteriore, decisivo, fattore dirallentamento delle già estenuanti

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disposto di tale disposizione e dellealtre norme transitorie contenute nelDecreto, rimane assolutamenteimpregiudicata la possibilità diridisegnare le procedure di Vasintegrandole, meglio di quanto nonfaccia il Dlvo n. 4/2008, con quelle diformazione dei diversi piani eprogrammi; anzi, la necessità dinormare tali procedure può finalmentedeterminare la spinta che sinora èmancata per procedere ad un nuovo ecomplessivo ridisegno delle norme peril governo del territorio, atteso ormaida decenni.

*Università di Palermo.

disposizioni del decreto.In Sicilia dunque, non essendo statoemanato alcun altro provvedimentolegislativo o regolamentare sulla Vas,dopo l’infelice esperienza del 2004, laValutazione Ambientale Strategicaavrebbe dovuto applicarsiobbligatoriamente a tutti i piani discala regionale, provinciale esovracomunale, con le procedurespecificate nel Decreto Legislativo n.152/2006, da raccordare con le scarne,ma pur vigenti, disposizioniregolamentari del Decreto regionale del2004. La situazione è cambiata radicalmentequando, nel gennaio 2008, a seguitodella condanna da parte della Corteeuropea, il Governo nazionale emanòil Decreto Legislativo 16 gennaio 2008,n. 4. Le disposizioni correttive edintegrative del nuovo Decreto sono inrealtà tali da configurare un quadro diriferimento in materia di valutazioneambientale del tutto nuovo e diversodal precedente. La nuova legge ha obbligato le Regioniad adeguare il proprio ordinamentoentro un anno dalla entrata in vigore edunque entro il 12 Febbraio 2009; sinoa questa data, per effetto delle normetransitorie specificate nell’art. 35 dellostesso Decreto hanno continuato adapplicarsi le disposizioni normativevigenti in sede regionale ovvero, inSicilia, i due Decreti assessoriali del2004 e 2005. Dopo la stessa datainvece, in mancanza di iniziativelegislative regionali, trovano diretta edimmediata applicazione le disposizionidel Dlvo n. 4/2008, dal momento chela norma regionale previgente inSicilia non risulta compatibile conqueste ultime. Sono ulteriormente fattesalve le procedure di Vas avviateprecedentemente al 12 febbraio 2008,che potranno concludersi “ai sensidelle norme vigenti al momentodell’avvio del procedimento”.Mentre le Regioni a statuto ordinariodevono uniformarsi alle disposizionidel Decreto, quelle a statuto speciale edunque la Sicilia, hanno invecel’obbligo di provvedere alle “finalitàdel ... decreto ai sensi dei relativistatuti” e non già di adeguarsi alle“disposizioni” in essa contenute.In Sicilia, dunque, per il combinato

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CIVIL PROTECT 20092a Fiera specializzata per la protezione

civile e l’emergenzaBolzano, 27 – 29 marzo 2009

Associazioni ed istituzioni uniscono le forzeper l’emergenza

Grande impegno e grande forza da parte di associa-zioni ed istituzioni per la protezione civile e l’emer-genza in preparazione di “Civil Protect 09”, Fieraspecializzata per calamità e protezione civile che,per la seconda volta si svolgerà nei padiglioni diFiera Bolzano dal 27 al 29 marzo 2009.

“È particolarmente importante che ci sia una fieracome Civil Protect per il settore in una regione doveil mondo del volontariato è presente in modoimportante e con un elevato standard qualitativo”,afferma Andrea Brasola, presidente della CroceRossa Italiana - Comitato della Provincia Autonomadi Bolzano. “Per la Croce Rossa Italiana è moltoimportante essere presente in fiera in occasione diCivil Protect. La nostra mission principale è il soste-gno delle persone vulnerabili, qualsiasi sia la causadi vulnerabilità e quindi anche le persone vittimed’incidenti maggiori, calamità naturali e tecnologi-che. Ci occupiamo dunque sia di soccorso sanitarioche socio assistenziale, nonché di formazione eaddestramento del personale alla gestione degliincidenti maggiori”, conclude Brasola.Sarà proprio la Croce Rossa Italiana, domenica 29marzo, durante il convegno internazionale organiz-zato nell’ambito di “Civil Protect 09” a Bolzano, aparlare della qualità e della sicurezza nel soccorsosanitario, focalizzando l’attenzione sugli interventisanitari ordinari e straordinari e mettendo a con-fronto esperienze in ambito locale e estero. Il pro-gramma del convegno è molto ricco e si compone dicinque moduli che affrontano tematiche diversenell’arco dei tre giorni della manifestazione. Venerdì27 marzo, in mattinata, i riflettori saranno puntatisui comuni e sulla loro responsabilità nella protezio-ne civile, mentre nel pomeriggio il dibattito verteràsulla gestione delle maxiemergenze. Sabato 28 per ilmodulo 3 si tratterà l’assistenza psicologica e l’assi-stenza spirituale in casi d’emergenza, mentre ilmodulo 4, nel pomeriggio, sarà dedicato alla forma-zione all’interno dei corpi dei vigili del fuoco.Numerose infine le associazioni e le istituzioni chepatrocinano e sostengono “Civil Protect” con il loroimpegno arricchendo il programma con dimostra-zioni in area scoperta, workshop e approfondimentisui temi del volontariato, del pronto soccorso e dellagestione dell’emergenza.

Tutte le informazioni alla pagina:www.civilprotect.it

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una finestra su:

Il piano e i cantieri

La pianificazione di Arabianrantacominciò all’inizio degli anni ’90; iprimi cantieri sono stati aperti nel1996, e si prevede di completarne lacostruzione entro il 2012. Fin da subitoprese piede l’idea di un partenariatopubblico-privato per la creazione di unpolo culturale: a partire da un accordopreliminare, siglato nel 1995 da societàprivate, istituzioni didattiche eculturali, e istituzioni pubbliche, fucreata la società ADC (Art and DesignCity Helsinki Oy), il cui obiettivo eraquello di fare di Arabianranta il primocentro di design dell’area baltica. LaADC oggi è partecipata da istituzioniquali l’Università di Arte e Design, ilConservatorio di Pop & Jazz, ilMinistero del Commercio edell’Industria, il Comune di Helsinki, ilpolitecnico di lingua svedese Arcada, eda società quali la Arabian Palvelu Oy(la società locale di servizi), e la OyHackman Ab, che produce oggetti didesign (ora del Gruppo Iittala, chedetiene anche il marchio Arabia).Il progetto, coordinato dall’UfficioSviluppo Urbano del Centro diEconomia e Urbanistica del Comunedi Helsinki, ha comportato ilcoinvolgimento di tuttal’amministrazione cittadina, e attivitàdi comunicazione e negoziazione contutti gli attori coinvolti: i residenti, leimprese di costruzione, i progettisti,gli artisti, le istituzioni pubbliche, imedia, la ADC. In linea con ladesignazione di Helsinki comeCapitale Europea della Cultura per il2000, sui temi della conoscenza, della

a cura di Marco Cremaschi

Il quartiere creativo diArabianranta Flavio Camerata*

Arabianranta prende il nome dallafabbrica di ceramiche Arabia, qui fondatanel 1874, che per qualche tempo, con isuoi 1500 impiegati, è stata la più grandedel suo genere in Europa. Il quartiere sisviluppa a nord-est rispetto al centro diHelsinki, lungo la costa di una baia,appena a sud del delta del fiumeVantaanjoki, in un’area naturale protetta.Negli anni ’80 fu decisa per il sito unadestinazione residenziale, e all’iniziodegli anni ’90 il Dipartimento diUrbanistica ne cominciò lapianificazione. Gli autori del piano, gliarchitetti Pekka Pakkala e MikaelSundman, lo concepirono findall’inizio, in linea conl’amministrazione comunale, come unluogo in cui la storia, la natura, ladiversità sociale, la creatività el’innovazione fossero le basiimprescindibili per un esperimentourbano di largo respiro. I frequentiriferimenti al genius loci e alla passataidentità industriale del sito, laparticolare configurazione planimetricadelle corti aperte sul mare, l’utilizzo dimeccanismi che garantiscono ladiversità sociale dei residenti, lapresenza di istituzioni culturali eartistiche, e una spiccata vocazione alletecnologie dell’informazione, sono tuttecaratteristiche volutamente ricercatedagli ideatori di Arabianranta, e nefanno un caso studio di vivibilitàurbana decisamente affascinante.

I quartieri che sono costruiti in tutta

Europa sono spesso costruiti in

forme vistose e nuove: centri storici

finti, waterfront di fantasia, quartieri

satellite a mo’ di nuove centralità.

La varietà sostituisce la gerarchia

che celebrava il potere nella città

moderna. Eppure un nuovo sforzo

progettuale sta sperimentando nuovi

‘concetti spaziali’, così come gli

abitanti rielaborano le forme di

resistenza in nuove pratiche

conflittuali. I “distretti della

conoscenza” sono spesso concepiti

come strumenti tecnici, anche se

l’innovazione non è mai isolata. Cosa

sia la creatività urbana resta

dibattuto in queste esperienze, ma

sempre più spesso appare chiaro che

la variabile chiave riguarda il legame

tra vivibilità urbana, processi

produttivi e iniziative culturali.

Laddove però le interagiscono le

politiche per la città creativa, gli

esperimenti di urban design e

l’immaginario sociale, i risultati

cominciano ad apparire più concreti.

Helsinki

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tecnologia e del futuro, fu studiata dasubito la possibilità di costruire,contemporaneamente alle altreinfrastrutture, una rete sperimentaledi fibra ottica a banda larga, cheavrebbe garantito ai residenti, alleistituzioni culturali e alle impresedella zona dei servizi di connessionea costi ragionevoli. La ADC e ilDipartimento Lavori Pubblicisvilupparono delle linee guida perincludere le tecnologie informatichenei progetti degli edifici residenziali;e le applicazioni di queste linee guidafurono incluse tra i criteri divalutazione nelle aste perl’assegnazione dei lotti ai costruttori1.Per quanto riguarda l’impiantoarchitettonico, uno studio accurato fuportato avanti per la definizione dellatipologia e delle facciate dei blocchi.Gli architetti Sundman e Pakkala, dopoaver condotto degli studi su altriquartieri residenziali in Europa, hannoconcepito l’impianto della parteresidenziale di Arabianranta come uninsieme di blocchi a corte, aperti versoil parco costiero, con inclinazionileggermente variate, che si

Il sistema HITAS garantisce che ilprezzo di vendita finale delle casecostruite su suolo pubblico sia quelloapprovato dal Comune, sulla base diun contratto preliminare tra questo eil costruttore; i proprietari inoltre siimpegnano, in caso di rivendita, adapplicare un prezzo inferiore a quellodi mercato. Da notare che il Comunedi Helsinki possiede più del 60% dellearee urbane, e questo garantisce cheil meccanismo possa essereampiamente utilizzato e costituire unefficiente mezzo di controllo deiprezzi. Tale regime di proprietàpubblica non è tuttavia esente dacontraddizioni: recentemente, lasocietà creata dal Comune per gestiregli affitti dei terreni pubblici, inun’ottica di strategia imprenditoriale,ha cominciato ad aumentare gliaffitti , innescando conseguenzenegative sui budget di scuole, servizisanitari e biblioteche. Come evidenziaHaila (2006), è un caso esemplare dicome un sistema di proprietàpubblica possa paradossalmente agirecontro il pubblico interesse.

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Veduta delle corti - foto Piq-Wing, www.panoramio.com.

Planimetria del quartiere a lavori ultimati.

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“sfrangiano” in blocchi isolati indirezione della costa. Questo schemadà un piacevole effetto di integrazionenel paesaggio, sia a chi ne legge laplanimetria, sia a chi vive gli spazidelle corti. Nonostante la cura el’attenzione dei progettisti, tuttavia,l’attivismo dei residenti - preoccupatiprincipalmente per il possibile impattoambientale - si è rivelatoparticolarmente ostico; in risposta ailoro dubbi, Pakkala e Sundman hannodeciso di costruire dei modelli in scala1:1 degli angoli degli edifici, e disistemarli in loco per studiarne l’effettoinsieme ai residenti stessi,deducendone preziose informazioni peril miglioramento dello schema generalee dei dettagli.Secondo Sundman, la vera linfa vitaledi una città è costituita dalledifferenze, e non dal consenso edall’omogeneità; e proprio questoaspetto, ben radicato nella tradizioneurbanistica finlandese, rappresenta lacompetitività di Helsinki. A questoproposito, il controllo del mix sociale èstato attivato fin da subito nelprocesso di pianificazione.Curiosamente, nonostante il sito abbiasempre avuto un carattere industriale,gli esperti del comune temevano chel’attrattiva generata dalla “bontà”dell’operazione potesse dar luogo auna situazione socialmente piùappiattita, attirando principalmenteresidenti di status elevato. Per cercaredi fugare questa possibilità, furafforzata l’idea delle corti comuni, chefurono considerate come lottiindipendenti, rimanendo di proprietàdella Arabian Palvelu Oy2: questoavrebbe evitato che venisseroprivatizzate e recintate dalle imprese dicostruzione. Inoltre, i blocchi furonodestinati a contenere un mix diappartamenti di diverso tipo: casepopolari, case a diritto di occupazione3,appartamenti venduti sotto il controllodel sistema HITAS, e appartamentiaffittati e venduti secondo i prezzi dimercato.Un altro degli elementi interessanti diArabianranta è il progetto pilota degliedifici destinati ai “new loft”. Conquesto termine viene indicato unappartamento a doppia altezza epianta libera, che, invece di essere il

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Leggere Helsinki

Nelle conclusioni al libro su Arabianranta, Mervi Ilmonen e Klaus Kunzmannlasciano trapelare un certa dose di criticismo nei confronti della tendenza allourban branding , tipica di operazioni mirate alla costruzione di iconearchitettoniche in stile Koolhaas o Gehry, che rischia spesso di appiattire l’identitàlocale. Affidarsi ad architetti superstar e a finanziamenti eccezionali per crearepresunti poli culturali poco pensati, e spesso poco sostenibili nel tempo, è moltopiù semplice e politicamente conveniente. Lo stesso architetto Sundman,coordinatore del piano, sembra poco convinto che un’esperienza di pianificazionecosì esaustiva come quella di Arabianranta - che combina una forte idea dipianificazione, una riflessione sull’identità locale e sulla questione sociale, efficacimetodi di realizzazione e precisi obiettivi a livello architettonico - possa esserereplicata in futuro. Mervi Ilmonen e Klaus Kunzmann fanno un rapido masignificativo bilancio delle esperienze di rigenerazione urbana condotte, tramite lacultura e la creatività, nelle città europee segnate dal declino industriale. Nellaloro opinione, l’esperienza di Arabianranta è un caso particolare, e, pur essendo ilrisultato di un’operazione molto complessa, ha avuto finora esiti positivi. I motividi questo successo sono i seguenti: un sistema di regole urbanistiche innovative hafatto sì che la legge non venisse percepita come un ostacolo alla creatività, comespesso accade in simili casi; non è stato fatto un semplice maquillage culturale alivello epidermico, ma si è sempre cercato un continuo riferimento all’identitàlocale (il genius loci, come nella migliore tradizione dei paesi nordici); si è cercatofin da subito (anche questo nella tradizione urbanistica nordica) di costruire areeurbane omogenee e socialmente equilibrate.Nell’opinione degli autori, in definitiva, in un globalizzato mondo futuro dominatoda mega-città asiatiche, non sarà il modello dei grandi eventi con le loroarchitetture iconiche a salvare la città europea. Piuttosto, nelle operazioni dirigenerazione urbana, andrebbe seguito il buon esempio di Arabianranta,sforzandosi di percorrere un cammino più arduo, che comporta una maggiorecreatività nell’approccio legislativo, una più attenta lettura dell’identità locale, euna più profonda riflessione sulla diversità sociale e funzionale.

Arabianranta. Rethinking Urban Living, City of Helsinki Urban Facts, Helsinki, 2007Arts and Culture in Helsinki, City of Helsinki Urban Facts, Helsinki, 2005Cantell T., From Economic Policy to Creative City Ideas - the Helsinki Experience, Maja -Estonian Architectural Review, Tallinn, 2005Greater Helsinki Area Housing Report, YTV - Helsinki Metropolitan Area Coucil, 2007Haila A., Defining Rights: Challenge to Urbanism and Urban Studies, intervento alla“International Conference celebrating the Founding of Osaka City University Urban ResearchPlaza”, 2006HITAS price control system helps make Helsinki attractive to high-income taxpayers, HelsinginSanomat International Edition – Metro, 9/9/2003Louhenjoki P. L., Viikki Science Park: Helsinki’s green valley, Scandinavian Review, winter 1996,New YorkPennanen-Rebeiro-Hargrave P., Kangasoja J., Virtual Village Reality - Futuristic housing in asocially mixed neighbourhood in Helsinki, Sixth Sharjah Urban Planning Symposium, Sharjah,2003Silvianto S., Research Report, City of Helsinki Urban Facts, 2006Vanolo A., Internationalization in the Helsinki Metropolitan Area: Images, Discourses andMetaphors, European Planning Studies, vol. 16 n. 2, 2008Siti InternetCable Factory: http://www.kaapelitehdas.fiCity of Helsinki Urban Facts: http://www.hel2.fi/tietokeskusDashanzi 798: http://www.798space.comGreater Helsinki Vision 2050: http://www.greaterhelsinkivision.fiHelsinki Virtual Village: http://www.helsinkivirtualvillage.orgParco della scienza di Otaniemi: http://www.otaniemi.fiTeam Helsinki: http://teamhelsinki.blogspot.com

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Il distretto culturale e la comunità

Il distretto culturale di Kumpula-Arabianranta prosegue un camminoiniziato negli anni ’90 in Finlandia conla costruzione di parchi della scienza,come quelli di Otaniemi, Oulu, Tamperee Viikki, il cui obiettivo è quello diattirare investimenti di societàinteressate a costruire sedistrategicamente vicine alla produzionedi know-how; questi parchi vengonodefiniti come “di terza generazione”,dal momento che, oltre a offrireopportunità di lavoro, ricerca e studio,contengono anche residenze e unavarietà di servizi. Il polo diArabianranta è costituito da unaconcentrazione di campus universitari:l’Università di Arte e Design, ilPolitecnico di lingua svedese Arcada, ilPolitecnico Stadia con il suoConservatorio di Pop&Jazz, e labiblioteca Aralis, che, insieme al vicinocampus di Kumpula, danno vita a un“marchio” basato sulla cultura,l’innovazione e la storia industriale delsito. A ricordo di quest’ultima,l’immagine della vecchia ciminiera, benconosciuta dai numerosi clienti delnegozio della fabbrica Iittala, cheancora produce ceramiche con ilmarchio Arabia.La presenza dell’arte nella vita deiresidenti di Arabianranta fu ricercatafin da subito. Nelle gare d’appalto, unapercentuale compresa tra l’uno e il dueper cento dei costi di costruzionedoveva essere riservata alfinanziamento di opere d’arte4, dasistemare all’interno del quartiere. Ilavori artistici sono stati realizzaticontemporaneamente alla costruzionedegli edifici; le opere comprendonosculture, ceramiche, fotografie, dipinti,mosaici, installazioni luminose, e sonostate collocate principalmente nei vaniscala dei blocchi residenziali. Invece diacquistare e collocare opere finite, perogni sito sono stati selezionati gliartisti che, coadiuvati da unCoordinatore Artistico, hanno dovutopianificare e realizzare il proprio lavoroparallelamente al processo edilizio,cooperando con gli architetti e icostruttori.Ma la presenza dell’arte adArabianranta va ben oltre, e si propone

punto di vista legislativo) e icostruttori (timorosi di non riuscire agarantirsi un profitto adeguato);tuttavia, si è riusciti a superare questiiniziali timori, e l’interesse dellasocietà di costruzioni Sato hasbloccato la situazione, al punto chetutti i 39 appartamenti disponibilisulla carta sono stati esauriti nel girodi un minuto dall’apertura delleprenotazioni.

“classico” esito della ristrutturazionedi uno spazio adibito a magazzino,viene costruito ex-novo, e vendutoallo stato di rustico, ovvero senzatramezzi e rifiniture. Lo stato non-finito del loft ha un doppio obiettivo:il prezzo di vendita più basso, e lamaggiore libertà per l’acquirente ditrasformarlo secondo le proprieesigenze. Inizialmente l’idea non hatrovato molto successo presso gliimpiegati comunali (che temevano dinon riuscire a gestire il processo dal

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Prospetto su corte di un condominio - foto Alessandro Grella.

Interno di un appartamento in costruzione - foto Alessandro Grella.

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costruzioni alla realizzazione di opere di arte pubblica.Dopo la recessione dei primi anni ’90, il numero diprogetti che si sono adeguati a questaraccomandazione è cominciato ad aumentare.

Rigenerazione urbana,cultura e identitàFlavio Camerata

La questione dell’identità èampiamente dibattuta quando si parladi rigenerazione urbana affidata allepolitiche culturali. Il riferimento allacultura (o alla creatività) infatti èambiguo e il rischio di arbitrarietà èsempre in agguato. C’è un momento incui bisogna decidere quale culturascegliere tra le tante possibili; propriola cultura rischia così di escludere chinon si sente rappresentato da questascelta, magari a vantaggio di unaclasse media dominante più sensibile ericettiva, oltre che più ricca.In effetti, sono proprio i casi in cui sifa affidamento a grandi operazioni dimarketing urbano a essere i piùcriticati. Alcuni esempi di cittàdesignate “Capitale Europea dellaCultura” sono emblematici di come gliiniziali investimenti, troppo incentratisu politiche finalizzate alriconoscimento internazionale, nonsono bastati a generare effetti beneficisulla questione sociale e a esprimereun’idea convincente di identità: aGlasgow (1990) e a Cork (2005), gruppimilitanti locali hanno pubblicamentecontestato la nuova immagineveicolata dalle grandi opere, in quantolontana dalla propria identità, ecolpevole di aver distolto l’attenzionedai problemi reali; nel Temple Bar diDublino (1991) sono falliti i pur buonipropositi iniziali di affiancare, allenuove attività di alto profilo,destinazioni d’uso miste e attivitàculturali minori più vicine allacomunità, e di promuovere la presenzadi artisti locali nelle abitazioni delquartiere.Anche negli Stati Uniti l’approccio piùfrequente e generalizzato allo sviluppoculturale sembra essere proprio quello“imprenditoriale”: dal momento in cuii dipartimenti comunali per le politiche

di dar forza a quell’integrazione fraproduzione del sapere e vitacomunitaria, che vuole essere lacaratteristica principale dei nuoviparchi della scienza: come esempio, sipossono citare gli eventi di teatroapplicato organizzati dalla Facoltà diCultura del Politecnico Stadia, costruitisul coinvolgimento dei residenti, emirati a rafforzare il loro senso diappartenenza alla comunità, e la loroconsapevolezza di poter affrontare iproblemi comuni e di poter influire suiprocessi di cambiamento e sullepolitiche locali. La manifestazione piùevidente di questa visione integrata èprobabilmente lo Helsinki VirtualVillage, il portale Internet locale gestitodalla ADC, fulcro della visibilitàinternazionale di tutta l’operazione. Ilportale comprende un’area aperta atutti, e una serie di aree intranetfacenti capo alle diverse societàimmobiliari; tramite le chat interne diogni edificio, i residenti possono apriredelle discussioni su problemi ed eventicomuni, sotto la supervisione di un“moderatore” volontario. Attraverso ilportale, sono state già effettuatedozzine di inchieste tramite questionariindirizzati ai residenti, e nel 2004 laADC ha registrato il marchio “HelsinkiLiving Lab”, aderendo alla rete europeaLiving Lab. Secondo i dati derivanti daun sondaggio, non tutti i residenti sonopienamente convinti che la nascita diuna comunità virtuale siaeffettivamente un grande valoreaggiunto, ma è un fatto che nel tempol’utilizzo delle tecnologie informatichee il volume del flusso di dati sonoaumentati, ed è indiscutibile che questarete aiuti a costruire un più forte sensodi appartenenza alla comunità.

*Collaboratore alle ricerche del Dipsu, UniversitàRoma Tre.

Note 1. Il pacchetto di servizi offerto dalla rete locale diArabianranta comprende connessioni voce e dati,hosting, sicurezza, e assistenza a imprese e residentiper i problemi informatici.2. La società locale di servizi che gestisce gli spazicomuni, il verde, i parcheggi e la rete informatica.3. Per queste abitazioni gli occupanti pagano il 15%del costo reale (rimborsabile), più una rata mensile,fino a quando vogliano mantenerne il dirittoall’occupazione.4. Nel 1991, l’amministrazione comunale emanò unaraccomandazione (non vincolante) secondo la quale sisarebbe dovuto dedicare l’1% dei costi delle nuove

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Opera d’arte pubblica all’interno di una delle corti- foto Alessandro Grella.

Helsinki City College of Technology, detto

La vecchia ciminiera della fabbrica Arabia - fotoC.J. G, www.flickr.com.

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del quartiere è così forte da resistere aiprogrammi governativi.Le critiche ai modelli di non-intervento pubblico, o di interventi piùblandi, che si affiancano ai naturaliprocessi evolutivi dei quartieri, sonomeno frequenti ma non mancano,come nel caso di alcune zone diEastside a Birmingham, che rischianoun’evoluzione negativa simile a quelladel CIQ di Sheffield, pur essendo l’esitodi un approccio ben diverso. Talimodelli non bastano da soli a evitarelo sviluppo di aree urbanemonofunzionali, l’allontanamento diproduzioni culturali locali minori, néle ricadute sociali di cui ogni quartieresoffre nel momento in cui i valoriimmobiliari cominciano a salire. Arabianranta si colloca a metà stradatra i due estremi: è il caso in cuil’identità del quartiere culturale non èstata imposta dall’alto in virtù diconsiderazioni puramente economiche,né si è sviluppata con un processospontaneo che ha portato un quartiereindustriale a diventare un distrettoculturale in maniera incontrollata; èstato fatto comunque un ragionamentosu una sua possibile identità, a partiredalla storia del luogo, sono statestudiate delle strategie e delle regolenella pianificazione, si continuano acoinvolgere i residenti e gli studentinel processo di costruzione dellacomunità. Probabilmente è ancorapresto per tirare le somme, resta davedere come il quartiere reagirà infuturo e come si evolverà una voltache i lavori saranno terminati.È probabile però che Helsinki non verràcolta impreparata, non essendo nuovaalle politiche culturali, su cui hainvestito in maniera strategica a partiredalla crisi economica dei primi anni’90; e su cui l’amministrazione siimpegna a elaborare studi e statistichetramite l’istituto “City of HelsinkiUrban Facts”, che, prima ancora delleconcettualizzazioni di creative class ecreative city, si concentrò sulladefinizione del potenziale creativo dellacittà1. Il settore culturale e quellotecnologico, entrambi presenti inArabianranta, sono le due facce diquesto potenziale, evidenti anche nellevarie immagini pubblicitarie divulgatedalla capitale per promuovere se stessa.

sviluppa per una serie di coincidenze ein maniera più o meno spontanea. Lastessa Helsinki ci offre l’esempio diCable Factory, per certi versi specularea quello di Arabianranta: una exfabbrica di cavi elettrici che fu ceduta,in pieno declino industriale, dallaNokia al Comune, il quale, nell’attesadi decidere sulla sua utilizzazionedefinitiva, la concesse in affitto adartisti di vario genere. Solosuccessivamente si decise diufficializzare questa spontaneaevoluzione, e oggi Cable Factory èun’istituzione auto-finanziante cheospita concerti, mostre ed eventi, èsede di gallerie, teatri, atelier, clubsportivi, scuole di arte e ogni genere diattività culturali; ed è uno dei simbolidella trasformazione culturale diHelsinki, pur senza essere stata oggettodi una iniziale e mirata politicaspecifica.Altrove, quartieri culturali nascononon solo in assenza di politiche mirate,ma addirittura in contrasto con ledecisioni ufficiali: è il caso delpechinese Dashanzi 798, ex distrettomilitare destinato dalle autorità adiventare un polo elettronico, maprogressivamente occupato dagli artistiche lo hanno trasformato in una cittàdell’arte. La nuova, spontanea, identità

culturali sono stati spinti a giustificareil proprio budget in termini economici,le strategie più gettonate sonodiventate quelle degli eventi speciali edei complessi edilizi di alto profilonelle aree urbane centrali; il fine èquello di richiamare turisti einvestimenti e rilanciare l’immaginedella città in un ambito dicompetizione internazionale, piuttostoche investire su programmi cheinteressino aree più marginali e cheagiscano sulla produzione culturalelocale tramite politiche redistributive epartecipative.D’altra parte, le stesse ricadute direttesull’economia non sono certo scontate:gli ingenti investimenti iniziali, oltre adistogliere l’attenzione da problemi piùimpellenti e a dirottare fondi dallequestioni di generale interessepubblico, non garantiscono sempre lasostenibilità economica delle operefinanziate. Il Creative IndustriesQuarter di Sheffield, ad esempio, havisto il fallimento degli obiettivi diripresa economica e occupazionale sucui erano basati gli investimenti, oltrea risultare privo di vita sociale e dispazi pubblici perché troppo incentratosu attività produttive.All’estremo opposto si trovano i casi diquartieri la cui identità culturale si

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Opera d’arte pubblica in una strada pedonale - foto Alessandro Grella.

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Facts” di commissionare a Comedia di Charles Landryuno studio sul potenziale creativo della città, e laconseguente introduzione del concetto di “cittàcreativa” nella capitale finlandese.

BibliografiaBinns L., Capitalising on Culture: an Evaluation ofCulture-Led Urban Regeneration Policy, The futureAcademy - Faculty of the Built Environment,Dublino, 2005Bytyqi-Campbell A., The Role of Creative UrbanDesign and Planning - Creative Cities, IMAGEResidential Course, Delft, 2006Ciorra P., Città e creatività - Soho vs Dashanzi 798,Urbanistica Informazioni, marzo-aprile 2006Florida R., The Rise of the Creative Class: And HowIt’s Transforming Work, Leisure, Community andEveryday Life, New York, 2002Grodach C., Loukaitou-Sideris A., CulturalDevelopment Strategies and Urban Revitalization - Asurvey of US cities, International Journal of CulturalPolicy, vol. 13, n. 4, 2007Hall P., Creative Cities and Economic Development,Urban Studies, vol. 37, n. 4, 2000Klaus Kunzmann, Culture, Creativity and SpatialPlanning, Town Planning Review, vol. 75, n. 4, 2004Landry C., The Creative City: a Toolkit for UrbanInnovators, Londra, 2000McCarthy J., Encouraging Culture-Led Regeneration,intervento alla “EURA Conference, Urban and SpatialEuropean Policies: Levels of Territorial Government”,Torino, 2002Piccinato G., L’uso della storia, in Un mondo di città,Torino, 2002Porter L., Barber A., Planning the Cultural Quarter inBirmingham’s Eastside, European Planning Studies,vol. 15, n. 10, 2007Sacco P., Verso la creatività: casi d’eccellenza,Urbanistica Informazioni, marzo-aprile 2006Selwood S., Measuring culture - Collecting statisticsto prove the ’use’ of the arts has been largely useless,intervento al convegno “Statistics in the Wake ofChallenges Posed by Cultural Diversity in aGlobalisation Context”, Montreal, 2002.

Queste politiche culturali, inoltre,hanno maggiori probabilità di coglierenel segno, in una città la cuitradizione urbanistica si basa su unapproccio dominato dall’interventopubblico, che finora è riuscito adalleviare gli effetti negativi deimeccanismi di mercato e a evitare altilivelli di segregazione sociale espaziale; anche se non mancano delleperplessità riguardo a certi recentisegnali di correzione di rotta in taleapproccio.Infine, la storia recente diArabianranta presenta molti degliingredienti che un convincenteragionamento di Porter e Barber (2006)elenca come fondamentali per unmetodo alternativo di rigenerazioneurbana basata sulla cultura: il dibattitopubblico e la partecipazione; ilcontrollo delle pressioni del mercatoimmobiliare; la promozione di attivitàe destinazioni d’uso non incentratesoltanto sul consumo o sullaproduzione; la partecipazione delpubblico e l’inclusione della diversitàsocio-culturale; il coinvolgimento diarchitetti, artisti e capitali locali.Sarebbe opportuno, in definitiva, chele politiche urbane integrinorigenerazione e cultura in manieraorganica e bilanciata, senza puntare atesta bassa sulla scommessa della cittàcreativa. Decontestualizzata dal milieulocale, a cui i suoi studiosi reputanoindispensabile far riferimento, la cittàcreativa assomiglia infatti a unagallina dalle uova d’oro, inseguita daamministratori frettolosi che rischianodi investire su operazioni insostenibilinel medio periodo. Le conseguenzepossono essere disastrose e,paradossalmente, del tutto simili aquelle del declino industriale che sivorrebbero contrastare: l’ennesimo einaspettato stravolgimento economico,va ricordato, è sempre dietro la porta,e un mondo di città che siautoalimentano di grandi eventiculturali rischia di esserne il primobersaglio.

Note1. La Finlandia fu particolarmente colpita dalla crisieconomica dei primi anni ’90, arrivando a un piccodi disoccupazione del 20% nel 1994 (Pennanen-Rebeiro-Hargrave e Kangasoja, 2003). Risalgono aquel periodo la decisione di “City of Helsinki Urban

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Paesaggidella montagna umbraA cura di Sandra Camicia

Nell’ambito del Progetto europeo LOTO(Landscape opportunities for territorialorganization), la Regione Umbria cogliel’opportunità per approfondire ed indi-viduare indirizzi di metodo e strumentioperativi attraverso cui governare letrasformazioni paesaggistiche, al fine digarantire la conservazione e valorizza-zione dei caratteri identitari più rilevan-ti del territorio.Particolarmente curato l’apparato ico-nografico di questo volume nel qualeemerge il percorso tracciato dalle foto-grafie “monumento” di Guido Guidi.

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Opinionie confronti

desideri verso il ciclo produzione-consumo-produzione”. Il lavoro proposto da FrancescoGarofalo, curatore del padiglioneitaliano, mi sembra si ponga incontinuità con quest’approccio che fadella casa una metafora di questioniche attengono al rapporto tra città epopolazioni. Anche qui, infatti,l’attenzione per la questione abitativae per la casa, tiene sullo sfondo unariflessione più allargata che investe lacittà, la società che la abita e le formedell’economia e della decisione dellapolitica che ne vengono coinvolte. La “casa possibile”, la “casa perciascuno” però non è più “la casa pertutti”. Ed è proprio lo scarto propostonella riflessione, il volersi emancipareda quell’ideologia della “casa per tutti”che ha caratterizzato il lungo raccontoche dagli anni trenta dell’Ottocentogiunge fino ai nostri giorni, a chiederenuovamente di allargare lo sguardoverso un più ricco ed articolatopanorama di temi, interrogandosi suquale sia “l’Italia che cerca casa”, daquali popolazioni sia composta, entroquali processi economici di produzionee riproduzione della società si collochi,mobilitando quali arene decisionali,coinvolgendo quali spazi e quali partidi città, ecc. Quali sono gli spazi che è oggipossibile valorizzare? Gli interstizi, iresidui, gli spazi sprecati? Chi èl’abitante e quali modalità associativeesperisce? Come tutto ciò ha lacapacità di conformare lo spaziodell’abitare, ma più in generale lospazio della città introducendo uno

Il padiglione italiano alla 11 Biennale di VeneziaMaria Chiara Tosi*

numerose sperimentazioni che inEuropa si sviluppano sul tema dellacasa tra la fine della prima guerramondiale e gli anni ‘30 a riconoscerneil valore sociale ed urbano, il suoessere prodotto di una politica socialee di una programmazione produttiva.In qualche misura il bisogno di meglioprovvedere al benessere collettivo inquegli anni sembra imporsi per “laconsapevolezza delle alte funzionisociali che esso rappresenta nelloStato”, e ciò porta ad affermare che“sarebbe gretto e fallace volere ridurreal campo episodico dei minuti elementidi un’analisi-parziale la complessità diun problema, che è forse il più vastodella nostra civiltà moderna”. Verso la seconda metà del XIX secolo,un intenso dibattito aveva portato ariconoscere come “il problema delleabitazioni potrà essere risolto solo sela società sarà rivoluzionataabbastanza perché si possa procedereall’abolizione di quel contrasto fracittà e campagna che nell’odiernasocietà capitalista è spinto all’estremo”. Arrivando al punto in cui il resocontorelativo al posto occupato dalla casanel dibattito generale sembra prenderele mosse, cioè intorno al 1830 quando“un quasi silenzio sulle praticheintersoggettive, sociali, architettonichedell’abitare” si è interrotto per fareposto ad un “lento, ma potentissimoprocesso di domesticizzazione dellavita sociale, di normalizzazione deglispazi e dei comportamenti, dimoralizzazione della popolazione,basato su tecniche di controllo dellepulsioni e di incanalamento dei

Il punto da cui muovono le mieriflessioni è il seguente: sovente inEuropa quando all’attenzione collettivasi è imposta la questione abitativa,ovvero quando la casa è stata assuntacome oggetto capace di destare pauree timori, ma anche speranze neiconfronti del futuro, si è parlatodell’abitazione anche per parlared’altro. Detto diversamente, neimomenti in cui la casa e le politicheabitative hanno occupato un postocentrale nel dibattito, assai difrequente attraverso di loro si ècercato di dare risposta a problemi equestioni più generali relative allacittà, alla società che la abita, aiconflitti economici e politici che inessa si svolgono. Ciò è avvenuto numerose volte eguardando a ritroso lungo gli ultimidue secoli ritroviamo una sequenza dimomenti significativi. A partire dagli anni ‘80 del Novecentoquando l’interrogativo se la casa fosseun bene sociale oppure un bened’investimento spingeva a ricollocarele politiche abitative tra gli strumentiin grado di indirizzare la mobilitàsociale entro un diverso rapporto traStato e mercato; o come nei primianni ‘60 e ‘70, periodo in cui alproblema abitativo si è cercato di darerisposta entro più ampie politicheredistributive di welfare state; oppureancora, durante il periodo dellaricostruzione nel secondo dopoguerra,quando la casa costituiva uno deglistrumenti attraverso cui espandere laproduzione e l’occupazione. Arretrando ancora nel tempo, sono le

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riscoprendo i comportamenti e glioggetti d’uso quotidiano. Le popolazioni marginali e le pratiched’uso dello spazio urbano che esseattivano sono il punto di partenzadella ricerca sulla “casa di tutti”condotta dagli Stalker, ed è da questotipo di attenzione che derivano lecategorie interpretative con cuiaffrontare la questione abitativa. Sui centri storici come spazi dariabitare attraverso forme di vitacollettiva si concentra l’attenzione delgruppo IAN+. Lo svuotamento diedifici sottoutilizzati ed il riuso delleloro facciate come contenitori di spaziper abitare ha lo scopo di aumentarel’articolazione di funzioni e direlazioni sociali nel centro storico. Su un altro terreno si muovono iCliostraat interessati ad indagare lospazio della casa entro nuove formeinsediative. Qui la riflessione sulrapporto mutevole tra centro eperiferia, tra abitare compatto e abitaredisperso riporta in evidenza ladiscussione su quali siano le modalitàinsediative e le condizioni abitativeoggi possibili; conduce a discutere seed entro quali condizioni la diffusionedegli insediamenti possa essere intesacome opportunità per ripensare ilprogetto della città contemporanea. Lacondizione necessaria per renderepraticabile quest’ipotesi sembra quelladi collocarsi entro un diverso modellodi sviluppo, di pensare che il supportonecessario alla riproduzione deiprocessi sociali richieda diversemodalità di infrastrutturazione,differenti razionalità ecologiche.L’ipotesi di abitare in maniera diffusalo spazio alpino utilizzando qualesupporto reti tecnologiche einfrastrutturali oggi già disponibili, edappoggiandosi su di un paesaggio edun ambiente di qualità che può perquesta strada farsi infrastrutturacollettiva, s’interroga allora sullapossibilità di sostituire il tradizionaleconcetto di struttura insediativa e dicentro fisicamente determinato conaltri sistemi ed altre forme diorganizzazione reticolari. Assieme a queste esplorazioniprogettuali il padiglione italiano nepresenta altre i cui campi di indaginesono relativi al tema della sostenibilità

questione che attiene alle condizionientro cui si può ancora costruire uno“spazio del welfare”. Parlare dicondizioni oggi non è più molto allamoda, ma se un cambiamento negliultimi decenni c’è stato è assaiprobabile che abbia riguardato anchele condizioni materiali di riproduzionedello spazio urbano. In questo senso le politiche abitative,la casa ed il suo progetto, dovrebberoallora essere ripensate oggi come unodegli strumenti attraverso cui cercaredi rimuovere alcuni dei numerosiostacoli che rendono ostile edinospitale la città. Tra i progetti presentati nel padiglioneitaliano è possibile individuare alcunisforzi significativi che vanno nelladirezione di ricostruire un patto trapopolazioni e città utilizzando lospazio dell’abitare, la casa comestrumento. In questa direzione si muovono leesplorazioni progettuali condotte dalgruppo coordinato da Marco Navarra,specifico oggetto delle quali è l’insiemeeterogeneo delle azioni informalidell’abitare che caratterizzano lecomunità migranti. La Sicilia, eMazara del Vallo in particolare, è ilcontesto in cui più stridenti sono gliincontri e i conflitti tra popolazioni erelative pratiche dell’abitare, e dove laprevedibilità degli spazi devenecessariamente fare i conti conl’imprevedibilità dei movimenti. E’proprio con queste azioni chel’immaginazione progettuale siconfronta cercando di ritematizzare lasoglia tra spazio privato e spaziopubblico, tra paesaggio domestico epaesaggio urbano. Per essere coerenticon questi propositi viene messo apunto una sorta di decalogo per ilprogetto dello spazio da abitare, cheforse può essere letto in termini piùgenerali anche come insieme dipropositi per il progetto della città:lavorare alla modificazionedell’esistente attraverso innesti,spostamenti di significato e d’uso;inventare nuove forme a partire dallaripetizione, dal ricalco; prestareattenzione all’errore imprevisto e almovimento come dilatazione deiconfini e rottura dei limiti, ed infineesplorare il grado zero dell’architettura

scarto tra lo spazio domestico e lospazio pubblico, una dimensioneintermedia mutevole, perché mutevolisono le relazioni sociali? Alcuni diquesti interrogativi stanno alla basedel bel video che Giovanni Caudoassieme a Maki Gherzi e all’agenziaKalimera hanno elaborato. A fianco di questi, che indubbiamenterappresentano temi e questioni di granrespiro, dei quali le politiche abitativedovrebbero imparare a farsi carico, ciòche a mio modo di vedere oggi diventarilevante è capire come le azionipubbliche attraverso cui si da rispostaai diritti di cittadinanza, e tra queste lepolitiche abitative occupano un postosignificativo, possano farsi permeabilialle esperienze condotte nella vita ditutti i giorni, tanto alle praticheconsuetudinarie quanto a quelleinformali, e all’innovazione nellemodalità organizzative che talvolta neconsegue. Intercettare l’esperienza quotidianavuole dire fare i conti con ladimensione corporale delle pratiched’uso dello spazio urbano, ed inparticolare della pluralità di praticheabitative; ma soprattutto significa nonessere sordi di fronte alla fatica diabitare una città che sovente, anche sesufficientemente attrezzata di spazipubblici e collettivi, di case e diservizi, per troppo tempo ha ignoratola dimensione del comfort, delbenessere, della sicurezza e dellasalubrità. L’atlante curato da Maristella Casciatoe Mario Lupano, si fa carico didescrivere i modi in cui il progettodella casa collettiva in Italia ha saputofarsi interprete del mutare dellepratiche abitative: le coppie di paroleattraverso cui viene ripercorso ilperiodo compreso tra 1930 e 1980,città/quartiere, spazio pubblico/servizicollettivi, cortile/aggregazione, abitarela casa/abitare la città, benerappresentano il modo in cui casa ecittà continuamente si avvinghianol’una con l’altra. Ciò mi riporta al punto di partenza,cioè a dire che anche oggi, comespesso è avvenuto in passato, parlaredi politiche abitative e di casarappresenta uno dei modi attraversocui occuparsi di una più ampia

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superficie. La città si espande e leoccupa. Il botanico che si stupisce dellasolitudine che prova durante la suapasseggiata è la sintesi della semprepiù scarsa fruizione spontanea deglispazi aperti rurali periurbani, edanche la constatazione di una perditadi ruolo di questi spazi. Il lombricoassente è, invece, il (bio)indicatore diun equilibrio ecologico gravementedanneggiato: consumo di suoloagricolo, eccessi di trattamenti escomparsa di biotopi chiave, specie inpianura (siepi, filari, prati, etc.)riducono la presenza di questi vermi edegli insetti e minacciano, a catena,quella di uccelli, di piccoli predatori,riducendo via via la biodiversità. Il racconto del lombrico può esserepreso a prestito per rileggere come ese alcuni cambiamenti avvenuti nellalegge sul governo del territorio dellaRegione Lombardia, la Lr 12/2005,hanno tenuto conto della centralità diquella che è ritenuta una funzionechiave che l’agricoltura può garantire:fornire servizi ecologici all’ambiente,il che comporta, inoltre, la possibilitàdi incrementare la biodiversità.Il metodo scelto per riflettere su ciò, equi proposto, è quello di ripercorrerecriticamente le tappe attraverso lequali, dal 2005 ad oggi, è statoaffrontato questo delicato rapporto trafunzione ecologica ed agricoltura inseno alla Lr 12/2005.Marzo 2005. La Lr 12/2005, all’art. 15comma 4, introduce il concettoinnovativo di ‘ambito destinatoall’attività agricola’.

Lombrichi, uomini e campiPaolo Pileri*

Il futuro molto incerto delle areeagricole in Lombardia Un tizio, che si compiaceva fin dapiccolo di andar per campagne,facendo lunghe passeggiate botaniche,un giorno incontrò un contadinopreso dal suo lavoro in campo e glidisse: «Sai che sono tre quarti d’orache cammino e non ho incontratonessuno? Di non incrociar neppureuna persona da queste parti non mi èmai capitato in tanti anni». E l’altro,che non sembrava per nulla sorpreso,dopo un secondo di esitazione glirispose: «E tu sai che io sono trequarti d’ora che vango qui nel miocampo e non ho ancora visto unlombrico?».Talvolta si cercano disperatamentesintesi efficaci per esprimere in breveconcetti ed argomenti che sonocomplessi e lunghi da esporre o cherischiamo di non riuscire acondensare. Ed oggi occorre rapidità,sintesi, accelerazione anche persuggerire strategie, perché lacomunicazione e la riflessione si sonoabituate a correre e i policy makershanno sempre fretta. Anche se, sullafretta, molti sono i proverbi e i dettipopolari che ne ricordano lecontroindicazioni.Bene, questo dialogo tra il botanico eil contadino stigmatizza efficacementelo stato in cui si trovano molte nostrecampagne che, a dispettodell’affermazione del concetto dimultifunzionalità in agricoltura, sonoancora erose di contenuti ecologici,perdono biodiversità e soprattutto siriducono sia di abitanti che di

(Mario Cucinella), piuttosto che aquello delle forme di convivenza(Andrea Branzi). Ciò che mi sembrarilevante è che nel loro insieme iprogetti presentati insinuano moltidubbi circa l’abitare, l’abitante el’abitazione, mostrati qui comeconcetti fluidi alla ricerca di undiverso ed almeno provvisorioconsolidamento. Alla fine di queste brevi considerazionimi sembra sia opportuno utilizzare untermine per descriverecomplessivamente il lavoro presentatonel padiglione italiano: necessario.Termine reso ancor più forte dalconfronto e contrasto con l’effimerapochezza di tanti altri progetti,riflessioni ed eventi che questaBiennale ha proposto. Ed è proprio nel riconoscere lanecessità e l’urgenza di tornare adoccuparsi di abitare che mi sembra ilpadiglione italiano abbia centrato unobiettivo, quello di contribuire adaumentare l’utilità socialedell’architettura.

* IUAV. Università di Venezia.

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rumore di fondo. Arriva il gennaio 2008 e si portadietro la Legge regionale 14 marzo2008 che modifica anche il comma 4dell’art. 15 della Lr 12/2005.Il Ptcp, acquisite le proposte deicomuni, definisce, in conformità aicriteri deliberati dalla Giuntaregionale, gli ambiti destinatiall’attività agricola di interessestrategico, analizzando lecaratteristiche, le risorse naturali e lefunzioni e dettando i criteri e lemodalità per individuare a scalacomunale le aree agricole, nonchéspecifiche norme di valorizzazione, diuso e di tutela, in rapporto construmenti di pianificazione eprogrammazione regionali, oveesistenti.Le novità sono tante questa volta, male direzioni verso cui corrono inizianoa divergere un pochino:1. Le province devono acquisire leproposte dei comuni per definire gliambiti. I comuni possono così farvalere le loro richieste piùefficacemente;2. Vengono annunciati dei ‘criteri’, acura della Giunta regionale (non delConsiglio);3. Gli ambiti agricoli diventano‘strategici’: ci si chiede se sianoancora la medesima cosa di quegliambiti introdotti nel quaderno n. 4del Ptr;4. Rimane la terna: caratteristiche,risorse naturali e funzioni.Il quadro, però, si complica. Il ruolodella provincia, di fatto, si indeboliscenei confronti dei comuni. Inoltre ilprovvedimento interviene quando leprovince hanno già avviato laperimetrazione. Quindi molti negoziatisi devono riaprire. L’ingresso dellanorma regionale mette in parte incrisi il lavoro tecnico (criteri) che leprovince avevano o avrebbero potutointrodurre. Anche l’incertezzaaumenta: l’annuncio dei criteriregionali mette a rischio il modoscelto di tracciare gli ambiti. Ma qualisono i criteri? Quelli del Ptr? Sembradi no, poichè ora si parla di ambitiagricoli ‘strategici’ e di Giunta che lidefinirà.Settembre 2008: ecco i criteri.Esattamente il 29 settembre è stata

Ci si sta riferendo allamultifunzionalità, superando l’idea diun’agricoltura produttrice solo di ciboquanto piuttosto impegnata anche inaltre funzioni territoriali: ospitalità etempo libero, sport, cura di areetutelate, cura della rete idrica,trasmissione di valori culturali,sequestro di CO2, biodiversità, tuteladegli spazi aperti, contenimento deiconsumi di suolo, etc. Un altroriconoscimento importante.All’indomani della Lr 12/2005, iniziain Lombardia un periodo denso dirinnovamento degli strumenti dipianificazione delle province e deicomuni.Nel frattempo la Regione Lombardiasi adopera nel predisporre il proprio“Piano territoriale regionale”. È l’11 dicembre 2007. Vienepubblicato il quaderno n. 4 ‘Strumentioperativi’ del Piano territorialeRegionale2, che contiene, nella sezione‘S09 – criteri per ambiti agricoli’capitolo 2 “Gli ambiti destinati adattività agricola nel Ptcp”, la seguenteindicazione:Nell’affrontare specificatamente icriteri per l’individuazione degliambiti destinati all’attività agricola sideve richiamare l’importanza delcarattere multifunzionaledell’agricoltura e il suo valorepaesistico ambientale. Tale carattere,riconosciuto dalle politiche agricolecomunitarie e regionali di settore, siriferisce alle funzioni nonesclusivamente produttivedell’agricoltura come ad esempioquelle fruitive, ambientali epaesaggistiche. (Ptr, Vol. 4, pag. 26).Si tratta di una confermadell’approccio multifunzionale seguitonella legge e di un richiamo alladimensione europea in cui taleapproccio si radica. Nel frattempo alcune province stannolavorando al disegno degli ambitiagricoli. Emergono le prime difficoltàcome, ad esempio, i conflitti tracomuni e province. Alcuni comuni,non tutti, vedono le aree agricoleperiurbane come ‘riserve urbanistiche’e cercano di evitare ogni atto chepossa compromettere ipotesi diespansione urbana. Questo condizionail lavoro delle province e aumenta il

Il Ptcp definisce gli ambiti destinatiall’attività agricola analizzando lecaratteristiche, le risorse naturali e lefunzioni e dettando i criteri e lemodalità per individuare a scalacomunale le aree agricole, nonchéspecifiche norme di valorizzazione, diuso e di tutela, in rapporto construmenti di pianificazione eprogrammazione regionali, oveesistenti1. Tre sono i criteri chiave attraverso iquali vengono riconosciuti quelli chepiù tari verranno semplicementechiamati ‘ambiti agricoli’:caratteristiche, risorse naturali efunzioni. La Provincia, attraverso ilPtcp, è il soggetto scelto per questadelicata operazione di definizione deilimiti e dei criteri, in coerenza con glistrumenti di programmazioneregionali, se esistenti.Negli ambiti agricoli le possibilità diedificazione sono limitatissime e soloper le esigenze tecniche dell’aziendaagricola.Da questo articolo di legge emergeeffettivamente un approccio inedito: inuovi ambiti agricoli derivanodall’incontro di tre dimensioni chenon sono esclusivamente produttivecome tradizionalmente era prevalso.In particolare, l’inclusione delconcetto di ‘risorse naturali’ sanciscequello che tecnicamente si potrebbeconsiderare il servizio ecologicodell’agricoltura, ovvero il fatto cheparte della naturalità e/o dellabiodiversità, coincidendo di fatto conle aree agricole, può essere curata,rafforzata e garantita dall’agricoltore.Il concetto di attività agricola qui siamplia rispetto alla tradizionaleproduzione agricola. Il legislatorericonosce pariteticamente anche altriruoli. Il concetto non è nuovo in sé,ma è innovativa la sua introduzionein una legge sul governo delterritorio. Dalla precedente Pac (vd. lemisure agro-ambientali), dallaletteratura (vd. l’ecologia delpaesaggio, ma non solo) e da moltisoggetti scientifici e culturaliinternazionali (IECN, 2000) il ruoloecologico dell’agricoltura era giàriconosciuto. Nell’articolo 15 si fa riferimento,inoltre, alle funzioni in senso plurale.

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pubblicata sul Burl n. 199 laDeliberazione di Giunta Regionale del19 settembre 2008 – n. 8/8059,intitolata ‘Criteri per la definizionedegli ambiti destinati all’attivitàagricola di interesse strategico neiPiani territoriali di coordinamentoprovinciale (comma 4 dell’art. 15della Lr 12/05) – Approvazione’.Il punto 2.1 si occupadell’individuazione nei Ptcp. Alsecondo paragrafo la deliberadefinisce gli ambiti agricoli strategicicome “quelle parti di territorioprovinciale connotate da uno specificoe peculiare rilievo, sotto il profilocongiunto dell’esercizio dell’attivitàagricola, dell’estensione e dellecaratteristiche agronomiche delterritorio”.E aggiunge: L’individuazione […] deve quindiavvenire sulla base dei seguentielementi:- il riconoscimento della particolarerilevanza dell’attività agricola;- l’estensione e continuità territorialedi scala sovracomunale, anche inrapporto alla continuità eall’economia di scala produttiva e allaqualificazione di peculiari filiere e diproduzioni tipiche;- le condizioni di specificaproduttività dei suoli.Qui le novità sono tante. Innanzituttosono definiti gli ambiti agricolistrategici e quelli non strategiciscompaiono. Si prevede che le areeabbiano ‘congiuntamente’ trecaratteristiche: attività agricola +estensione + caratteristicheagronomiche. Questi ambitidissomigliano da quelli del 2005,riconoscibili anche per le loro risorsenaturali e per le loro funzioni. Inqueste frasi torna la dominanteproduttiva. Lo si rimarca anche conl’uso del verbo ‘deve’, che neiprecedenti dispositivi non era maistato usato in analoghe circostanze.Quel che preoccupa è che la questioneambientale torna va in coda, adesempio, all’espansione urbana.Vale la pena completare con ulteriori3 capoversi per avere un quadro piùcompleto delle intenzioni dellegislatore.Gli ambiti agricoli che la Provincia

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Le due immagini sono ottenute dalla sovrapposizione della mappa della capacità d’uso dei suoli elabo-rata da Ersf per Regione Lombardia (www.cartografia.regione.lombardia.it) e dalla perimetrazione degliambiti agricoli, ex Lr 12/05, così come definita dalla Provincia di Milano nel redigendo Ptcp (www.pro-vincia.milano.it). Si notano la profondità esistente tra aree urbane e confini degli ambiti agricoli (quasi ademarcare un area di garanzia per le prossime trasformazioni urbanistiche) e la non aderenza tra de-marcazione delle capacità d’uso dei suoli e geometrie degli ambiti agricoli. La evoluzione del concetto diambito agricolo strategico nella Lr 12/05 mostra la sua fragilità proprio nelle aree periurbane.

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rivisitazioni). Frequentemente lecaratteristiche agronomiche dei terrenisono le medesime fuori e dentro gliambiti agricoli strategici, eppure iperimetri spesso divagano altrove e,con l’ultimo ‘rilassamento’ dellanorma, vi è il rischio che i confiniindietreggino ancora. Eppure da piùparti, alle aree agricole periurbaneviene riconosciuto un valoremultifunzionale strategico (vd.www.plurel.it). Queste prime conclusioni ciintroducono all’ultima fondamentalequestione: il consumo di suoloagricolo. L’affermazione di unapproccio produttivistico da un latoesaspera un criterio economico edall’altro mortifica tutto ciò che nonè altrettanto economico comeambiente, paesaggio, fruizione, etc. eoffre il fianco molle all’espansionedell’urbanizzato che può contare suaree agricole solo di fatto tali, maindebolite da un mancatoriconoscimento della loro attivitàrilevante.Il consumo di suolo merita politiche eprovvedimenti strategici eprecauzionali? La Lombardia è unaregione dove il consumo di areeagricole è sotto controllo o comunquea livello fisiologico o, meglio, sotto lesoglie di preoccupazione? Da una recente ricerca sui consumi disuolo (Pileri, 2008), condotta a partireda alcune basi dati messe adisposizione dall’Agenzia Regionaleper la Protezione Ambientale dellaLombardia, emerge un quadro moltodiverso. Tra il 1999 e il 2004 inLombardia 3.680 ettari/anno di areeagricole (seminativi + colturepermanenti arboree) pari a circa 10ettari/giorno, sono stati trasformati inaree urbanizzate. I consumi sono statiparticolarmente acuti nelle areeperiurbane. Ad esempio solo attorno aMilano e a Brescia le aree agricolesono state trasformate in aree urbaneal ritmo di 116 ettari/anno e 72ettari/anno rispettivamente. Ma loscenario è perfino peggiore secondoIstat: la superficie agricola utilizzatapersa in Lombardia tra il 1990 e il2000 ammonta a circa 64.400 ettari,quella della superficie agricola totalea 180.000 ettari (Istat, 2007).

Regionale), che poi si riflettono nellapresenza di elementi naturali e divalenza ambientale, non sono esclusiqui, ma neppur richiamati con un ‘sidevono’. Al limite il legislatore nesuggerisce la loro considerazione conun facoltativo “risultano utili comeelementi di conoscenza”. Ad onor del vero la questioneagroambientale compariva anche nelcapitolo 1 della deliberazione: ilcontesto di riferimento. Infatti ilpunto 1.3 della Dgr 8/8059 parla dimultifunzionalità dell’agricoltura e nericonosce il ruolo di fattoredeterminante per la qualità stessadello spazio rurale e dell’ambiente,per le relazioni con le areeurbanizzate, da una parte, e con learee naturali e protette dall’altra.Probabilmente era, però, piùopportuno che tale affermazioneandasse a formare il quarto ‘elemento’con cui definire l’ambito agricolostrategico, nel capitolo 2.Torna quindi, di fatto e dominante, ilvecchio adagio ‘produttivistico’. C’èpiù spazio ora per lamonofunzionalità. È l’attività agricola(per di più ‘rilevante’) l’elementochiave che condiziona l’uso delterritorio nella legge di governo delterritorio. La preoccupazione è quelladi un passo indietro.E, se qualcuno fa un passo indietro,qualcun altro lo fa in avanti. Adesempio lo fanno le istanze di(presunta) espansione urbanistica deicomuni o la prassi dell’abbandono diterreni agricoli. La figura 1 mostra alcuni esempi diperimetrazione degli ambiti agricoli,ancor prima della correzione adambiti strategici. Si nota che l’esitonon appare sufficiente conservativorispetto, ad esempio, alla tutela deglispazi agricoli e aperti periurbani. Ogniarea urbanizzata è contornata da unacorona ‘di garanzia’ di aree di fattoagricole, ma non appartenenti adambito agricolo e quindi destinate adessere prima o poi trasformate. Laloro delimitazione non trova ragione,ad esempio, con la mappa dellacapacità dei suoli (da cui deriverebbela classe di valore agroforestalesecondo un metodo regionale che,secondo alcuni, avrebbe bisogno di

deve individuare non ricomprendonotutte le aree agricole destinateall’esercizio dell’attività agricola, maquelle parti del territorio («ambitidestinati all’attività agricola diinteresse strategico») caratterizzatedagli elementi di particolare rilievosopra indicati in modo che, per ilterritorio restante, rimane pienamentesalvaguardata la competenza primariadel comune in ordine alla disciplinaurbanistica, competenza affermata inlinea di principio dalla Lr. 12/05.[…]Per l’identificazione e lacaratterizzazione degli ambiti agricolistrategici risultano utili i seguentielementi di conoscenza:- la valutazione della classe del valoreagroforestale3 […];- gli aspetti socioeconomici del settoreagro-silvo-pastorale […];- la valutazione della vocazioneturistico-fruitivo dell’attività agricola[…];- gli studi e le analisi esistenti inordine alle economie di settore sotto ilprofilo della competitività […];- la ricognizione della presenza dielementi naturali e di valenzaambientale specificatamente connessiall’attività agricola, anche conriferimento alla Rete ecologicaregionale […];- la valutazione delle interferenze conle aree urbanizzate e le infrastrutture[…];- le relazioni con le aree territorialidel Programma di sviluppo rurale2007-2013.A questo punto la situazione è piùchiara. La dimensione ambientale e lamultifunzionalità dichiarate nel 2005e poste come determinanti per ladefinizione e il disegno degli ambiti eper un nuovo approccio nel governodel territorio, non spariscono ma sonospostate e finiscono con l’indebolirsi.Aspetti ecologici considerati strategicida Comunità Europea, da DEFRA inGran Bretagna (www.defra.gov.uk), daECNC (www.ecnc.nl), da studisull’agrodiversità e sull’agroecologia(Donadieu 2006, Baudry 2000), daapprezzate iniziative della stessaRegione Lombardia (vd. 10.000 ettaridi nuovi boschi e sistemi verdimultifunzionali; vd. Rete Ecologica

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linkages between agriculture and biodiversity.Recommendations for the EC-Agricultural ActionPlan on Biodiversity, European Centre for NatureConservation (ECNC), Tilburg, Olanda.Donadieu P. (2006), Campagne urbane. Una nuovaproposta di paesaggio della città (a cura di Mininni);Donzelli, RomaDgr 2512 dell’11 maggio 2006 (Burl n. 21, serieordinaria, del 22 maggio 2006), “Linee guida per larealizzazione di 10.000 ettari di nuovi boschi esistemi verdi multifunzionali”.EEA (2006), Land accounts for Europe 1990-2000,EEA Report n.11/2006, CopenhagenIstat (2007), Annuario Statistico Italiano 2007, RomaLe Coeur D., Baudry J, Burel F., Thenail C. (2002),,Why and how we should study field boundarybiodiversity, in an agrarian landscape context; inAgriculture, Ecosystems and Environment 89,ElsevierMaggi M. e Pileri P. (2008), Oltre il bilancioforestale: aumenti e diminuzioni dei boschi inLombardia, in Sherwood Foreste ed alberi oggi,Compagnia delle foreste, ArezzoPileri P. (2008), Servono correzioni di rotta. Iconsumi di suolo crescono e la natura indietreggia.Il punto in Lombardia, in Territorio 44/2008, FrancoAngeli, Milano

(www.bmbf.de). E il suolo di cui qui siparla non può che essere, di fatto,suolo agricolo.L’idea degli ambiti agricoli era nata,sicuramente, con buone premesse econ la possibilità di affermarecategoricamente lo spazio agricolocome spazio vitale, ben al di làdell’attività produttiva. Gli ambitipotevano incidere e correggere larotta di una ‘urbanisticaconsumatrice’. Ma alla fine èprobabilmente mancato il coraggio dicapire che la difesa e la cura deglispazi aperti agricoli, passando per unalegge sul governo del territorio,doveva essere condotta mettendo allapari tutte le funzioni dell’agricoltura,anche quelle meno rappresentateeconomicamente, come quellaecologica. Purtroppo la legge digoverno del territorio rischia di nonfare, alla fine, un buon servizioall’agricoltura, al territorio…e alfuturo.Se non verranno corretti i criteri,affermata con incisività e convinzionela multifunzionalità e il servizioecologico come criteri per ladefinizione degli ambiti, la RegioneLombardia dovrà assumersi pienaresponsabilità per gli effetti chericadranno sul futuro. Con questiprovvedimenti c’è il rischio concretoche le nostre campagne, spariranno econtinueranno a rimanere deserte dipersone e di lombrichi. Occorre prestocorreggere la rotta.

*DIAP Politecnico di Milano.

Note1. Lr 12/2005, Legge per il governo del territorio,(B.U. 16 marzo 2005, n. 11, 1º suppl. ord.), TestoCoordinato - Modifiche e integrazioni ai sensi di: Lr27 dicembre 2005, n. 20 (B.U. 30 dicembre 2005, 1ºsuppl. ord. al n.52)2. La proposta di Ptr verrà formalmente approvatacon la Dgr del 16 gennaio 2008, n.6447. idocumenti del Ptr Lombardia sono disponibilinelsito.3. Peraltro la metodologia suggerita non è tra le piùrecenti ed è molto problematica non solo da attuare,ma anche per i risultati che dà. A riprova di ciòbasti vedere le figure riportate. La questioneambientale continua ad essere infinitamente menorilevante.

BibliografiaBaudry J., Bunce R. G. H., F. Burel (2000);Hedgerows: An international perspective on theirorigin, function and management in Journal ofEnvironmental Management, Academic PressBuguñá Hoffmann L. (2000), Stimulating positive

In questo scenario vi è il rischio cheabbiano futuro almeno tre esitiindesiderati:- la diminuzione in prospettiva dellostock di aree agricole; - l’espansione dell’urbanizzazione aspese delle aree agricole periurbanepur in presenza di aree urbanizzateda recuperare. Aumento dei consumidi suolo agricolo. Trasformare areeagricole è meno costoso chetrasformare aree dismesse. Questecorone di garanzia attorno alle cittàfiniranno con lo scoraggiare latrasformazione di are dismesse;- diminuzione della naturalità e dellabiodiversità nelle aree agricole. Molti sono i rischi e molte sono leopportunità che ancora una voltastanno andando in fumo,compromettendo una risorsafondamentale e multifunzionale per ilfuturo come il suolo agricolo.. Gliinteressi deboli della natura, meno‘rappresentabili e competitivi’ nonappaiono rafforzati con questemodifiche della norma. Nel governo del territorio, che si basasull’uso della risorsa naturale suolo,occorre far prevalere un approccioprecauzionale, specialmente quando sitratta di consumi permanenti di areeagricole e/o naturali e quando non siconosce l’effetto ambientale effettivodi questa continua erosione.Occorrono atti normativi affermativiche considerino l’ambiente allo stessorango degli altri fattori decisionalichiave. Il ministero della ricercatedesco, che addirittura ha stanziatofondi di ricerca per il contenimentodei consumi di suolo (agricoli), nelpresentare la ricerca sull’usosostenibile del suolo, afferma senzaesitazioni: ‘il suolo è lo spazioprimario di vita. Esso è statotrasformato per secoli. Lo statoattuale dell’ambiente ci mette difronte a nuove sfide e impone dirivedere seriamente i modelli di usodel suolo, dato che questa è unarisorsa finita. Il suolo è una risorsamultifunzionale unica nel suo genere:fornisce cibo, energia, spazio pervivere, e conserva gli ecosistemi.Questa è la sfida chiave che ciattende, se vogliamo garantire unfuture a chi verrà domani’

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dell’edificabilità attribuita dallostrumento urbanistico.Il riferimento per il Pgt di Bergamo èall’esperienza del Comune di Ravenna,che per primo ha impiegato iltrasferimento del potenziale volumetricoallo scopo di promuovere larealizzazione di una infrastrutturaambientale a servizio della città. ABergamo come a Ravenna, iltrasferimento del potenziale volumetricosi applica ad ambiti spazialmente noncontinui, ma sullo stesso impiantologico e amministrativo di ciò cheavviene correntemente nei pianiintregrati o nei piani di lottizzazione.Diverso è il caso del nuovo Pgt diMilano. Nello strumento di governodello sviluppo urbanistico delcapoluogo lombardo la perequazioneviene impiegata con due finalità. Laprima è quella di dare attuazione allosviluppo dei grandi parchi a sud dellacittà. L’obiettivo di attribuire uno stessoindice edificatorio ad un intervento checoinvolge oltre 30 milioni metri quadridi superficie territoriale, con unimportante processo di densificazionedelle potenzialità edificatorie allo scopodi rendere disponibile alla comunitàaree oggi destinate prevalentemente afunzioni agricole. La seconda prevedeinvece l’attribuzione di diritti edificatorialle aree destinate a dotazioniterritoriali, senza ricorso all’esproprio,consentendo l’impiego di tali dirittinegli ambiti di trasformazione e nellearee del tessuto consolidato di cui siauspica la densificazione.Se i fini possono risultare analoghi aquelli del Pgt di Bergamo, diversa è

Le esperienze perequative in LombardiaEzio Micelli

delle cessioni dei diritti edificatori,aggiornato e reso pubblico”.Il testo di legge non può che contenereuna quota di ambiguità. E’ noto che lamodifica dei diritti reali e del diritto diproprietà non sia prerogativa dellegislatore regionale e che una riformain questo senso spetti esclusivamente allegislatore nazionale. Tuttavia, la letturadel quarto comma suggeriscel’autonomia del potenziale diedificazione (non a caso iscritto inspecifici registri) rispetto all’area che loha generato. Suolo e potenzialevolumetrico appaiono quindidebolmente connessi, per quanto la loroseparazione, allo stato attuale dellalegislazione, sia fuori discussione. Una norma di questa natura permettesviluppi differenziati alleamministrazioni locali impegnate nellaredazione e nella gestione dei piani digoverno del territorio. Una primasoluzione è quella conservativa. Il casodel nuovo Pgt di Bergamo larappresenta efficacemente. L’obiettivodell’amministrazione è di superare ilimiti degli strumenti attuativi di tipotradizionale - l’esproprio in primo luogo- e di gestire in modo più efficacel’attuazione del piano. Lo sviluppo degliimportanti obiettivi ambientali rendenecessario il ricorso alla perequazione eal trasferimento dei diritti edificatori traaree ben identificate. Con il linguaggiodelle esperienze americane, le areesending (che generano e inviano dirittiedificatori) e quelle receiving (chequindi ricevono diritti da altre aree)sono specificate e sostanziano le nuoveregole di attribuzione e sfruttamento

Nel corso dell’ultima mattina dellarassegna di Urbanpromo (12-15.XI.08)si è tenuto un seminario organizzatodall’INU Lombardia sui temi dellaperequazione e dei diritti edificatori inalcune esperienze promosse nel NordItalia e in particolare in Lombardia.L’occasione è stata utile per misurarecome, a partire da uno stesso testo dilegge, le amministrazioni possanointraprendere percorsi assai diversi,sviluppando intenzioni magari appenaabbozzate dallo stesso legislatore. Ledue esperienze di Bergamo e Milanosono apparse in questo senso esemplaridel modo in cui i piani urbanisticipossano essere sviluppati con finalitàdifferenti pur condividendo lemedesime premesse legislative.L’articolo 11 della Lr 12 del 2005 -analogamente ad altre leggi regionali diriforma urbanistica - fissa in pocherighe il contenuto della perequazioneurbanistica: “i piani attuativi e gli attidi programmazione negoziata “possonoripartire tra tutti i proprietari degliimmobili interessati dagli interventi idiritti edificatori” mediantel’attribuzione di un identico indice diedificabilità territoriale. Fin qui, illegislatore si limita ad allinearsi allediverse altre regioni che, dal Veneto allaBasilicata, hanno scelto di inserire tragli strumenti per la gestione di piani eprogetti la perequazione urbanistica.L’innovazione trova invece spazio alcomma quattro. Il legislatore lombardostabilisce infatti che “i diritti edificatoriattribuiti a titolo di perequazione e dicompensazione sono commerciabili” eche i comuni “istituiscono il registro

Creditie debiti urbanistici

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invece la libertà che viene attribuitaagli operatori nell’impiego dei diritti. IlPgt milanese ipotizza un ruolo centraledel libero scambio dei diritti,attribuendo all’interazione tra domandae offerta il compito di allocare ilpotenziale di edificazione attribuito dalpiano. La differenza tra le dueesperienze non consiste dunquenell’obiettivo generale - rappresentatodall’acquisizione di importantipatrimoni fondiari per rilevanti obiettivipubblici in particolare in ambitoambientale - quanto nel rapporto con ilmercato. Nel primo caso, allo scambiodi diritti viene attribuito il ruolo diredistribuire il potenziale edificatoriosecondo quanto stabilito dallapianificazione. Nel secondo caso, fissatigli obiettivi pubblici, il ruolo attribuitoal mercato è diverso e di maggioreampiezza: è infatti quest’ultimo aselezionare le aree dove sarannoimpiegati i diritti in funzione delleconvenienze di sviluppatori e proprietà.Non casualmente, la sceltadell’amministrazione milanese è stata dipromuovere una banca dei dirittiedificatori allo scopo di elevarel’operatività e l’efficacia del mercato deidiritti, promuovendo scambi la cuinatura è comunque innovativa. Leesperienze internazionali - si veda inparticolare il caso della Bank ofDevelopment Rights dei Pinelands nelNew Jersey - testimoniano dell’utilità diistituire soggetti in grado di facilitarel’interazione tra domanda e offerta deidiritti edificatori, ancor più necessariain ragione della fragilità giuridica deibeni scambiati.Sullo stesso impianto normativo hannomodo di svilupparsi così pianiradicalmente diversi. Alcuni - come aBergamo - sviluppano il disegno delpiano attraverso strumenti di mercato,ma ne assumono nondimeno la naturastrumentale rispetto alle decisionidell’amministrazione; altri - è il casodel Pgt milanese - promuovono regolelegate all’impiego del potenzialevolumetrico il cui utilizzo determinapotenzialmente una pluralità di esitipossibili - e quindi di forme dellosviluppo urbanistico - in ragione dellepreferenze e dell’evoluzione delmercato.

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sincronizzare risorse pubbliche eprivate, mentre avvertivanoprecocemente che sulla città siscaricavano i problemi sociali e che lasocietà andava polarizzandosi. Perquesto, anche se potranno esserediverse le pratiche alle quali daràluogo in futuro, l’esperienza cumulataa Torino è una risorsa culturale da nondisperdere, quali che saranno lepersone e le vicende future dellapolitica e dell’economia”.E’ seguita una tavola rotonda sul tema“Quale evoluzione del modello Torino”moderata dallo storico Giuseppe Berta(Vicepresidente di TorinoInternazionale), a cui hannopartecipato il Presidente dell’UnioneIndustriale di Torino GianfrancoCarbonato, il Sindaco SergioChiamparino, il sociologo BrunoManghi e il politologo Marco Revelli,nella quale è stato letto un interventodi Enrico Salza, Presidente delConsiglio di gestione Intesa-San Paolo(atteso fra i relatori ma che non hapotuto partecipare al convegno) che daimprenditore e banchiere da sempreinteressato alle trasformazioni dellacittà ed ai suoi progetti di sviluppo haevidenziato come siano ormai maturele condizioni per la definizione di unpiano strategico del Nord Ovestd’Italia, in cui ciascuna area urbana eciascuna regione possa trovare unità inun progetto di sviluppo economico esociale coerente e complementare, e ingrado di proiettare le tre regioni in uncontesto Euromediterraneo. I lavori sisono conclusi con un’intervista diLuigi La Spina (editorialista de “La

Città NordOvest. Il triangolo settentrionalea cura di Carolina Giaimo

tessuto e la competitività di questamacroregione. A sostegno del suo sviluppo giocanoun ruolo significativo i caratterimetropolitani delle tre città, la portatadelle trasformazioni urbane avvenutenegli ultimi anni all’interno di ognunadi esse e la presenza di un fittoreticolo di reciprocità fra i tre poli. Questa sorta di “integrazionespontanea” attende oggi il sostegno diun’azione amministrativa volontariache ne valorizzi fino in fondo asset edopportunità, che sappia far nascere unbuon gioco di squadra facendoemergere in pieno il dinamismo diun’area fra le più ricche e interessantid’Europa.Il convegno ha preso l’avvio conl’introduzione del sociologo ArnaldoBagnasco, membro del Comitatoscientifico del Piano strategico diTorino, il cui bilancio sull’esperienzacondotta quale è ben sintetizzato nelleparole finali della sua relazione in cuiafferma che “se abbiamo di frontegrandi difficoltà di quadro generale,c’è almeno una condizione favorevoleper affrontarle. È finita nel mondo l’ideologia delmercato non regolato e lasciato a sestesso, come migliore ricetta tanto perl’economia che per una società diconsumatori. Oggi sappiamo che in realtà la societàsi stava così sfaldando, e chel’economia non raggiungeval’efficienza. Le città se ne eranoaccorte molto presto, e proprio perquesto motivo avevano reagito con leloro strategie per attivare e

Mettere a confronto i principaliprotagonisti della trasformazioneurbana, economica e sociale degliultimi anni è l’obbiettivo con cuil’Associazione Torino Internazionale haorganizzato un convegno (Torino, 28novembre 2008) per dibattere, a diecianni dall’avvio dell’esperienza delPiano strategico di Torino, del futurodella città e del suo territoriometropolitano e delle prospettive del“modello Torino” in relazione all’areadel Nord Ovest. I mutamenti del contesto nazionale einternazionale, l’emergere di figureeconomiche e sociali dai lineamentipiù compositi, hanno spinto gliamministratori a interrogarsi sulleprospettive di questo modello e sulruolo che la città potrà giocare infuturo. La carta del federalismo è stataindividuata così come una risorsa perun’azione di governance territoriale chepunterebbe su poli urbani distinti maaccomunati dalla stessa logica disviluppo, dando vita ad una “trama”su cui strutturare un nuovo “sistemaurbano e territoriale”: la metropolinordoccidentale. Il Nord Ovest, un territoriostoricamente cruciale nelle dinamichedel nostro paese, nell’ultimo decennioè stato attraversato da intensi processidi integrazione e trasformazioneurbana: essendo ormai venute meno lesinergie e le funzionalità che hannocaratterizzato il “triangolo industriale”costituito da Torino, Milano e Genova,si profilano oggi nuove forme dicooperazione territoriale ed economicache contribuiscono a rafforzare il

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degli stili di vita. Il campo di battagliaè la città, che se ha incarnato finoral’archetipo dell’inquinamento e delconsumo energetico, si rivela come illuogo che ha più chances di innescarela rivoluzione sostenibile. È l’opinionedi Peter Droege, autore di TheRenewable city, dove appare piùottimista riguardo al futuro immediatodelle città, soprattutto europee, eindica con grande perizia le strade daimboccare. Dopo la prima rivoluzioneindustriale, l’era delle macchine e larivoluzione informatica, la quartarivoluzione industriale, quelladell’abbandono dei fossili, sarebbe alleporte, e l’unico mezzo per attuarla è lapianificazione locale, con obbiettivi abreve e lungo termine. La sua proposta si inquadra nelcontesto dell’envelopment (in quantoopposto a development): la decrescitacreativa, la rivincita del locale sullaglobalizzazione. I due obbiettiviprincipali di questa attivitàpianificatoria virtuosa (raggiungerel’autonomia energetica delle città efare fronte agli sconvolgimenticlimatici dovuti al surriscaldamentodel pianeta, in questo caso dato perassolutamente certo) sono a portata dimano solo a patto di rinunciare alnegativo sviluppo entropiconovecentesco. Su tale premessa, le proiezioni diconoche nella sola Europa un sistemaintegrato di energie alternative (solare,eolico, idroelettrico, biogas) coprirebbedal 120 al 145% della domandaattuale di energia. Pare che a fronte diinvestimenti modesti Germania eInghilterra stiano già usufruendo difortissimi risparmi energetici. In Italiabisognerà aspettare un po’ di più.

Il Comune di Astitraccia scenari disviluppoCarolina Giaimo

Nello storico scenario del teatrocomunale di Asti, si è svolto, il 23settembre 2008, il Convengo“Comunicare l’urbanistica: situazioneattuale e prospettive future della

(Centro Interdipartimentale di Ricercasui Centri Storici) nel DipartimentoCittà e Territorio dell’Università diArchitettura di Palermo: i due ospiti,Lorenzo Matteoli e Peter Droege, sisono soffermati a lungo sull’urgenza esulle reali possibilità di espansionedelle rinnovabili, in un confrontodivenuto serrato durante la tavolarotonda (Clima, energia e svilupposostenibile. Senari urbani del XXIsecolo) con Teresa Cannarozzo(Università di Palermo) e FedericoButera (Politecnico di Milano). Secondo Matteoli, nessun seriocambiamento di rotta sarà mai messoin atto a livello globale e nei singolipaesi fino a che il prezzo del petrolionon aumenterà in proporzione al suoreale valore, che non solo èlontanissimo dagli assurdi prezziautunnali, artificialmente ribassati perragioni di speculazione o di purageopolitica (Iran, Russia e Venezuelasono i paesi più danneggiati), maanche dal picco estivo di 147 dollari,equivalenti, a conti fatti, ai 30 dollaridel 1973. A sostegno di questa ipotesisi veda il catalogo della mostra sullacrisi energetica del ‘73 tenuta nel 2007al CCA di Montreal (Sorry, Out of Gas,a cura di Giovanna Borasi e MirkoZardini), che scopre un universostraordinario di sperimentazioniradicali su architettura e modelli divita sostenibili, andato in fumo appenail prezzo del petrolio è tornato acalare. Ma visto che il petrolio ricominceràinevitabilmente presto la sua ascesavertiginosa (secondo le previsioni nel2030 avremo la stessa disponibilitàdegli anni ‘70, ma in un mondo moltopiù industrializzato e popolato da circa7 miliardi di persone) la questione siriduce solo alla tempestività con cui sideciderà di agire e con qualiconseguenze sui regimi democratici: lascarsità delle risorse, infatti, non puòche comportare una maggiore iniquitàdella loro distribuzione. Attivare le alternative, però, non èsufficiente. La transizione verso lasostenibilità si fonda su altri dueprincipi fondamentali: eliminare lospreco e risparmiare, e per attuarli ènecessaria l’evoluzione tecnologica maanche una sostanziale trasformazione

Stampa”) al Sindaco Chiamparino,incentrata sui rapporti fra le grandicittà del Nord Ovest e sul peso che isistemi locali complessi potrannogiocare anche grazie alla riformafederalista: su tali aspetti Chiamparinoha lanciato le sfide che interesserannonel futuro le aree metropolitanesottolineando che occorreranno semprepiù capacità per costruire progetticomuni, e per rappresentarli a livellosovralocale. L’incontro ha permesso di valutarepositivamente il “modello Torino”, unbuon modo di amministrare la cittàche ha conciliato forze economiche,politiche e sociali. Alla luce della crisi e dei profondimutamenti del contesto nazionale einternazionale, tale modello potrebberivelarsi ancora vincente, fornendovigore al motore della nuova economiaglobalizzata.

Sul futuro delle cittàLucia Tozzi

Il lato affascinante delle crisi risiedenella loro capacità di liberareprospettive di cambiamento, di aprirecrepe nella compattezza di unparadigma che lasciano intravedere lapossibilità di una rivoluzione(scientifica, sociale o politica che sia).A pochi mesi dall’esplosionedell’ultima crisi finanziaria comincianoad emergere le prime speranze diemancipazione dal dogma neoliberista,dall’onnipotenza del real estate, dallasocietà dei consumi, perfino dalmarketing. In questo panorama messianico, esistealmeno un settore in cuiragionevolmente si può immaginareuna svolta significativa ed è quellodell’energia: sono molti i presuppostiche potrebbero avviare la transizioneverso un’economia energy oriented,rivolta ad affrontare in modo vigorosoil passaggio dai combustibili fossilialle fonti rinnovabili. Questo è uno degli argomenti piùdibattuti nei due seminari organizzatiil 27 e 28 novembre 2008 dalDottorato di ricerca in PianificazioneUrbana e Territoriale e dal CIRCES

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Urbanistica INFORMAZIONI

risorse, a salvaguardare e rinsaldare ilivelli di “pressione sociale” nelladimensione agricola e rurale in crisi,affinché non soccomba di fronte aquella urbano-industriale, instaurandoinvece con essa nuove reciprocheinterdipendenze sia fisiche che socio-economiche necessarie, per rideclinarealla radice i rapporti tra città ecampagna, tra metropoli e spazi aperti.Nel corso del Convegno si è svolta unavalutazione critica di ciò che staavvenendo, evidenziando ritardi econtraddizioni annidate neglistrumenti legislativi e dipianificazione-programmazionedisponibili, come pure nel lororeciproco rapporto, ma ancheilluminando, per valorizzarli, gliinnovativi approcci e le buone prassiche comunque già si stannosperimentando dal basso.Scopo fondamentale dell’iniziativa èstato riprendere il solco metodologicotracciato nel Congresso del 1977 perdar vita a nuove occasioni d’incontro edi confronto tra i diversi attori politicie sociali delle trasformazioni e delgoverno del territorio, per costruire unpalinsesto nuovo della ricerca edell’azione sui problemidell’agricoltura, insieme a quelli delterritorio urbano e rurale finalmenteinterpretato nel suo complesso.Protagonisti del dibattito sono state leAssociazioni sindacali e di categoriama anche il mondo delle istituzioni,della cultura, della scienza e dellatecnica tutti protagonisti di unauspicato new deal per l’economia,l’ambiente, il paesaggio e la dignitàdell’uomo e del lavoro.

contesto. In questa direzione si muoveil Ddl della GR Piemonte n. 488/07 (diriforma della vigente ed obsoleta Lur56/77) che sostiene il passaggio versoun processo di copianificazione frasoggetti ed enti ed una filiera di pianidistinti nella loro natura strutturale,operativa e regolativa, oltre a pratichedi informazione e partecipazione allescelte urbanistiche che rendono piùtrasparente e condivisa lapianificazione, consolidando un sensoed un approccio al “comunicarel’urbanistica”.

Agricoltura e governodel territorio... trent’anni dopoCG

Sulle tracce del XV Congresso INU(Roma, 1977) intitolato Agricoltura egoverno del territorio; il 29 settembre2008 si è tenuto il ConvengoAgricoltura e governo del territorio…trent’anni dopo organizzato dallaSezione INU Lazio col Gruppo dilavoro “Politiche agricole”.A partire dalla rilettura degli atti diquel Congresso e sulla base dellepolitiche di governo del territorio chesi stanno sviluppando nel Lazio, conparticolare riferimento al nuovo PianoTerritoriale Paesaggistico Regionale incorso di approvazione, i lavori svoltiin preparazione del Convegno disettembre 2008 mostrano come i temidi ieri si ripropongano nei problemi dioggi, rendendo più che mai necessarioriprendere la discussione sui rapportitra città e campagna, tra paesaggio eagricoltura, perchè tutte quelle idee e irelativi propositi sono rimastigeneralmente lettera morta: nessunpasso avanti è stato compiuto non soloin termini di riforma della leggeurbanistica nazionale ma anche diinterpretazione e governo integrato deiprocessi di trasformazione, di coesionedelle politiche pubbliche di interventosettoriale.Dalle elaborazione del Gdl emergel’urgenza di avviare politiche chetendano, in un più vasto ed integratoquadro di sviluppo e distribuzione di

pianificazione astigiana nel contestoregionale”, organizzato dall’Assessoratoall’Urbanistica del Comune di Asti.Le relazioni dei diversi esponentipolitici e tecnici del Comune di Asti edegli esperti (tra cui l’INU,rappresentato da Carlo AlbertoBarbieri) chiamati a dare uncontributo, sono state centrate sulleproblematiche di maggiore attualitàdell’urbanistica astigiana, a partire daalcuni spunti di riflessione di caratteregenerale. Primo fra questi il riconoscimento dicome, soprattutto a livello comunale, ilgoverno del territorio richieda unacostante opera di mediazione traesigenze diverse a volte anchecontrapposte, la cui sintesi non semprecorrisponde alle aspettative di cittadini,operatori, proprietari. Rispetto allapianificazione urbanistica i Comunidispongono oggi di uno strumento (ilPRG) che risente per sua natura di unacerta rigidità connessa anche alla suacaratteristica di dover definire in modopuntuale la disciplina degli usidell’intero territorio comunale: spessociò è visto come freno, anziché comemotore dello sviluppo, soprattuttonella misura in cui non è in grado dioffrire soluzioni concrete e in tempicongrui alle esigenze del mondoeconomico-produttivo in costanteevoluzione per quanto concerne ifabbisogni insediativi in relazione alletipologie dei beni prodotti e dei serviziofferti. Un secondo ordine di riflessioni hariguardato la considerazione che glieventuali effetti indotti dalletrasformazioni più significativepreviste dai PRG hanno caratteristicheche inevitabilmente trascendono ledimensioni del territorio comunale epertanto rendono difficilmentepraticabile un processo decisionale nonintegrato non soltanto con le scelte deiComuni circostanti ma anche con icontenuti degli atti di pianificazione eprogrammazione delle istituzionisovracomunali.Il monito cui hanno richiamato gliorganizzatori del Convegno hapertanto evocato la necessità diperseguire forme di governance (e nonsolo di amministrazione) in grado dimisurarsi con le condizioni generali di

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indubbie ricaduteistituzionali e sociali che ha.Essi devono, pertanto,garantire l’equilibrio deglispazi umani, socio-economici e fisici, nonchél’integrità dell’ambientenaturale e di quelloantropico nel rispetto ditutte le invarianti territorialicome risorse di interessepubblico limitate, fragili einsostituibili da consegnarealle generazioni future.Per questi veloci richiamatimotivi, architetti, ingeneri epianificatori urbanistitendono a coprire segmentidistinti, anche se in partecomplementari, della praticaprofessionale e del mercatodel lavoro. Ma soprattuttosvolgono attivitàdiversamente indirizzate: leprime verso una utenzasostanzialmente privata; glialtri verso una utenzaesclusivamente pubblica.Perciò le prestazioniprofessionali delPianificatore urbanista sonoassai particolari e devonoperciò essere di alto edadeguato livello qualitativo.Non solo, ma i “serviziprofessionali” che questafigura assicura sonodestinati a generare “benicomuni” che rappresentano,nella loro materialità, unvalore per la società ingenerale.La distinzione si porta dietroanche una esigenzaformativa del tuttoparticolare: più indirizzataal costruire, quella degliarchitetti e ingegneri; piùindirizzata alla definizionedelle regole e delle normequella dei pianificatori. Idue percorsi formativi sonoin larga parte diversi.Fino ad ora questa diversitàè stata affidata a soli Corsidi Laurea specifici (esistono

anche ai professionisticontigui, come gli architettie gli ingegneri. Infatti, searchitetti ed ingegneri sonoadusi ad un rapportoprincipalmente, o quasiesclusivamente, con lacommittenza privataincentrato sulla dinamicadello scambio contrattuale; ipianificatori territoriali eurbanisti svolgono quasiesclusivamente un ruolo disupplenza super partesall’interno delle pubblicheamministrazioni, anchequando sono inseriti inteam di progettazione. Illoro rapporto di lavoro nongenera uno scambiocontrattuale, quanto undisciplinare di incarico innome e per conto dellacollettività per la quale sonochiamati a lavorare. Essi,difatti, possono lavoraresolo con istituzioni, quindiil senso della res publica èinterno al loro operare: èconnaturato.Proprio per questonell’esercizio professionale, ipianificatori territoriali eurbanisti sono obbligati atenere in considerazionel’insieme delle eventuali eprevedibili conseguenze cheil loro lavoro, fissato inscelte contenute in piani,programmi, studi, ricerche,atti di governo del territorioe lavori in genere, hasull’intera società. Il lorolavoro è indirizzatoesclusivamente nell’interessegenerale della popolazioneinvestita direttamente oindirettamente dalle loroprestazioni.L’attività professionale èvolta a studiare, organizzaree definire lo sviluppo diregole per l’ambiente urbanoe l’organizzazione delterritorio, che deve esseresalvaguardato per le

all’interno di una azione dilivello istituzionale (art. 117,sia quando si richiamaval’urbanistica fino al 2001,sia quando si richiama dopoil governo del territorio);b) perché i laureati inpianificazione territoriale eurbanistica, in virtù delprimo assunto, esercitano laloro professioneesclusivamente nel dominiopubblico, quindi il lorooperare ha come fulcro diriferimento il patrimonio e ibeni comuni;c) perché i laureati inpianificazione territoriale eurbanistica, proprio per idue punti precedenti, hannoresponsabilità dirette nonsolo verso la loro clientelaistituzionale, quanto versotutta la “gente” e,soprattutto, verso legenerazioni future, perquesto sono chiamati adesercitare la professione inmodo etico e moltoresponsabile.Bastano questi tre richiamiper capire l’assolutaparticolarità di questa figuradi professionista rispetto

Serve un percorso di studiautonomo

E’ in corso una discussionesulla formazione di unaspecifica Facoltà diPianificazione territoriale eurbanistica nell’UniversitàMediterranea di ReggioCalabria, sul modello diquanto già avvenutoall’Istituto Universitario diArchitettura di Venezia datempo; e al contempo undibattito sullariorganizzazione delPolitecnico di Milano conl’ipotesi di attivare unaScuola di Pianificazione.Saluto con molto favorequesti dibattiti, e li rilancioa livello nazionale, peralcune intrinsechecaratteristiche della figura diprofessionista che verràformata – nell’uno onell’altro sistema formativo,poco importa - inscrivibiliin tre ordini di motivi:a) perché i laureati inpianificazione territoriale eurbanistica hanno un ruolocostituzionalmente rilevante,perché il loro lavoro èdestinato a prendere corpo

ASSOCIAZIONE NAZIONALE URBANISTIPIANIFICATORI TERRITORIALI E AMBIENTALI

Membro effettivo del Consiglio Europeo degli Urbanistiwww.urbanisti.it

La professione del pianificatore ècostituzionalmente rilevante

Giuseppe De Luca

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riferimento ad un bacino diutenza regionale, sovraregionale ed anche estero1. La matrice scientifica edidattica comune ai duecorsi di laurea è costituitadunque da una forteadesione al paradigmadisciplinare territorialista dacui scaturiscono alcunielementi centrali delprogetto didattico e diricerca della scuola dipianificazione empolese. Inparticolare tale elementifanno riferimento a:- profilo multidisciplinaredel percorso formativofinalizzato a cogliere ladimensione integrata emultisettoriale implicata daiprocessi di trasformazione epianificazione territoriale.Ciò con particolareriferimento all’obiettivo diformare «laureato dotato diuna competenzamultidisciplinare capace dimisurarsi con una varietà ditemi complessi cheriguardano in formaintegrata città, territorio,paesaggio, ambiente emondo rurale. Si intende inquesto modo superare lastorica dicotomia nellapianificazione del territoriofra spazi costruiti e spaziaperti, costruendo unaintegrazione teorica,metodologica e operativa fradominio dell’urbanistica edominio della pianificazionedegli spazi rurali»2;- particolare attenzioneformativa alla integrazionefra metodi e alle tecnichedella descrizione,interpretazione erappresentazione delpatrimonio territoriale e lacostruzione di scenaristrategici di svilupposostenibile, basati sullavalorizzazione delle risorsepeculiari dei diversi

ambienti insediativi. Inquesta prospettiva ilpatrimonio territoriale nonviene colto in unadimensione statica ma comefondamento evolutivo per lacostruzione di scenaristrategici intesi comeprocessi in grado diintegrare produzione socialee “costruzione esperta” delpiano;- il ruolo fondamentale,anche in relazione al puntoprecedente, che assumonodue obiettivi formativiulteriori. La capacità dellaureato di gestire processipartecipativi e comunicatividella pianificazione, sia ascala urbana che territorialee pertanto la conoscenza deimetodi e delle tecniche perla strutturazione delprocesso interattivo, comeprocesso determinante nellaformazione degli obiettivi ditrasformazione del territorioe della città. La capacità diimpiegare in manieraevoluta, davvero peculiarenel panorama nazionale,strumenti e metodi dicartografia digitale adeguatia produrre analisi,rappresentazioni delterritorio e della città conforte profilo statutario estrategico-progettuale.

Tale matrice formativa vienearticolata nei due livelli dilaurea, oltre che attraverso inaturali livelli dipropedeuticità fra gliinsegnamenti, anche inragione di una prevalente–ma non assoluta-formazione di expertiseanalitico-valutativa nellalaurea di primo livello e diun più marcato approccioalle tecniche e agli strumentidel progetto urbano,territoriale ed ambientale nelsecondo livello.

Nuove laureemagistrali inpianificazioneurbanisticaDavid Fanfani

L’offerta di Firenze/EmpoliIl corso di Laurea Magistralein Progettazione ePianificazione della Città edel Territorio della Facoltàdi Architettura di Firenzeesprime, come evidenziatoanche da Patassini nelprecedente n. 217 di UI, unaspecifica caratterizzazione –nel panorama italiano deicorsi di laurea inpianificazione – riferita allavalorizzazione delladimensione patrimonialelocale ed identitaria delterritorio come paradigmadisciplinare fondativorispetto al quale leggere edorientare i processi e ledinamiche di trasformazionedel territorio. Tale impostazione, che sievidenzia anche nellainiziativa di fondare uncorso di laurea in strettorapporto con il territorio ela società “ospite” delCircondario EmpoleseValdelsa e non comedecentramento funzionaleda Firenze, si è rivelata conil tempo una scelta “disuccesso”. Malgrado la loro recentefondazione, infatti, i corsi diLaurea triennale emagistrale di Empoli hannoampiamente evidenziato ilsuperamento del “sospetto”di una possibile deriva“localistica” ed ilriconoscimento della loroindividualità e specificitàdisciplinare è testimoniatodal consistente numero diiscritti che, per unaconsistente parte, fanno

oramai 22 corsi di laureatriennali e 12 magistrali),con l’unica eccezione diVenezia dove esiste, comegià ricordato, una appositaFacoltà. Ma è una stradainsufficiente e parziale, chel’evoluzione costituzionaledel concetto di “urbanistica”nell’odierno “governo delterritorio” rende ormai nonpiù adeguata. Il Corso diLaurea, infatti, non haquella necessariaautorevolezza e quellaautonomia didattica chesolo una Facoltà (in unavisione tradizionale) o unaScuola specifica (in unavisione contemporanea) puòavere e garantire per:forgiare un professionistaparticolarmente attento alleanalisi delle struttureterritoriali e del loroprocesso di trasformazione;all’elaborazione e allagestione di piani territorialie urbanistici; allaprogettazione urbanistica edattuativa; alla redazione dipolitiche di governo e diprogrammazione settoriale;alla valutazione integrata diprogrammi e piani, compresiquelli paesaggistici; alleresponsabilità etichenell’esercizio dellaprofessione; ed infine adoperare e tutelareesclusivamente l’interessecollettivo e generale.

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Ingegneria dell’Università diFirenze nella costruzionedell’offerta formativa3, la“riconoscibilità” culturaledella proposta della scuoladi Empoli, hanno prodottoun efficiente e funzionantemodello di decentramentodella didattica e ricercauniversitaria4. Inconclusione non si puòtuttavia celare il fatto che,mentre si redigono questenote, gli sforzi progettuali,scientifici e sociali chehanno prodotto i risultatidescritti, rischiano di esserevanificati dai perversi effetti– in particolare sulle sedidecentrate – della L.133/2008 e dai tagliindiscriminati eprovvedimenti draconianiche tale disposto normativocontiene.

Note1. Nell’ AA. 2006/07 dei 288 iscritti aidue corsi di laurea, il 56% provenivada fuori provincia di Firenze, di questiil 12% da fuori regione Toscana. Lealtre provenienze erano originate per il22% dalla Provincia di Firenze e per il22% dal Circondario Empolese Valdelsa(articolazione amministrativa dellaProvincia). Analoga comparazione perla Facoltà di Architettura di Firenze,per l’anno 2007/08 evidenzia un 71%di studenti provenienti da fuoriprovincia e un 33% di provenienzeextraregionali. 2. Nota di Alberto Magnaghi alDocumento preparatorio per ilcoordinamento nazionale dei Corsi diLaurea in Pianificazione urbanistica,giugno 2007.3. Il corso di laurea triennale è dall’AA.2008/09 un corso Interfacoltà che vedeinsieme Architettura e Agraria. 4. Tale affermazione non è ovviamentegratuita ma confortata, fra le altrecose, sia dai dati estremamente positividel monitoraggio sulla occupazione deilaureati triennali e magistrali e sulladomanda che riguarda tali figure che,più in generale, dagli esiti del controllodel Rapporto di Autovalutazionerelativo alla laurea triennale -effettuatoda soggetto terzo- nell’ambito delProgetto Campus One, promosso dallaCRUI e sostenuto dal MIUR e cui il CdLtriennale aderisce su base volontaria.

Il più recente percorso diriforma della classi di laureain attuazione dellanormativa vigente (Dm270/2004) non hasostanzialmente modificatoquesto quadro diriferimento. Gli elementi dimaggiore rilievo che sonoscaturiti da tale processo eche sono già attivi, ancheper la laurea magistrale,dall’anno accademico 2008-2009, riguardano inparticolare: - per quanto attiene laspecialistica Lm 48, unamaggiore autonomia,rispetto alla vecchia 54S,dalla L21 triennale rispettoagli accessi, cercando di farevolvere –almeno per Laureetriennali affini- il problemadei debiti formativi verso“crediti di ingresso”affrontabili nel primosemestre con sistemi diaggiornamento e direcupero; - un conseguente“indebolimento” della filieralaurea triennale-laureamagistrale per favorire unmaggiore accesso di laureatitriennali da corsi di laureadi medesima classe al CdLmagistrale e dei pianificatori“junior” verso la nuovalaurea magistrale inArchitettura del Paesaggioattivata dalla Facoltà diArchitettura di Firenzedall’anno accademico 2008-09. Nell’insieme il forteradicamento territoriale deicorsi, legato ad unasignificativa collaborazionee sostegno da parte delCircondario EmpoleseValdelsa ed anche ad unintenso lavoro di didattica ericerca sui temi del territoriolocale, il pienocoinvolgimento delle Facoltàdi Architettura, Agraria ed

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Librie altrodel convegno ad essa dedi-cato avviene oggi, non acaso, in un periodo di pro-fondo ripensamento dellestrutture dello IUAV e dellasua offerta didattica. Quelloche emerge dall’esperienzadel secondo dopoguerra èuno IUAV non necessaria-mente nostalgico o portatoredi determinate eredità,quanto un ateneo impossibi-le da riprodurre tramite lestesse modalità di allora.Degli interventi contenutinel libro è particolarmenteilluminante in merito quellodi Francesco Tentori, nelquale si legge tutta l’inquie-tudine, ai limiti dell’astio,nei confronti dei meccani-smi che nell’università ita-liana introdussero il grandenumero, sancendo così nonsolo un punto di non ritornoma anche un’inevitabileserie di nostalgie che, sottoforma di slogan, informanotutt’ora le strutture didatti-che di più di una facoltà ita-liana di recente formazione.E’ del curatore del volume,Franco Mancuso, una rifles-sione sul dibattito che haportato, alla fine degli anni’60 del secolo scorso, allaformazione del Corso diLaurea in Urbanistica, deci-sione che di fatto contrad-disse alcuni dei principaliimpegni di Samonà nei con-fronti di una maggiore inte-razione tra le scale dell’ar-chitettura e dell’urbanistica.Lo IUAV di Samonà è, in talsenso, un istituto, per suastessa natura, complementa-re al territorio, non solo perl’ubicazione quanto per laprogrammatica scelta deitemi progettuali in esso pro-posti e perseguiti. La colla-borazione tra l’Istituto, glienti locali e le amministra-zioni pubbliche sostanziaricerche diversificate tenuteinsieme da una precipuaattenzione al contesto locale:

da quelle sul centro storicodi Venezia, di SaverioMuratori ed EgleTrinacanato, alla schedaturadegli edifici storici persegui-ta da Bruno Zevi all’internodel corso di Storia dell’archi-tettura, alla particolareattenzione, rivolta da docen-ti e studenti, già dalla finedegli anni ’40, alla realtàdella terraferma veneziana eal suo immediato dintornocon progetti e ricerche digrande interesse per quantoriguarda le potenzialità diammodernamento di talecontesto territoriale, che di lia poco (post-Samonà) verràinvece liquidato con l’epitetodisciplinare di città diffusa.A queste ricerche si affian-cano incarichi professionaliper i quali appositi raggrup-pamenti di progettisti ven-gono creati; tra i molti sonoda ricordare certamente laprogettazione e realizzazio-ne del Quartiere San Marcoa Mestre (Samonà,Piccinato, Buscagnin,Trinacanato, Vallot ed altri,1948-56, ultimato 1962) odil Piano UrbanisticoComprensoriale per il Vajont(Samonà, Dardi, Pastor,Polesello, ed altri, 1964-65).Questo volontario e fruttuo-so ripiegarsi sul territoriocircostante, spingendo nonsolo lo studente ma anche ildocente IUAV ad interrogar-si sul ruolo e sulle immedia-te possibilità professionalidell’architetto, è ciò che haattirato su Venezia un inte-resse a livello internazionale(come testimoniato dall’in-tervento di Jean-LouisCohen) allo stesso modo, adesempio, in cui la Scuola diDelft è stata capace di gene-rare un ampio dibattito nellametà degli anni ’90 pur par-tendo da una base operativalocale. Ciò che sembra man-care ora, non solo aVenezia, è una ricerca conti-

Franco Mancuso (a cura di),Lo IUAV di GiuseppeSamonà e l’insegnamentodell’architettura, FondazioneBruno Zevi, Roma, 2007,pp.197, ill. b/n, euro 27.

Dal 1945 al 1971 GiuseppeSamonà ricopre ininterrotta-mente la carica di direttoredell’Istituto di Architetturadi Venezia. Sono gli anni incui, grazie ad un rinnova-mento del corpo docenti,l’ateneo muove dalla dimen-sione locale che lo avevacontraddistinto sin dallafondazione (1926) e rag-giunge una rilevanza oltre ladimensione nazionale.Già nel primo settennatodella sua direzione, Samonàchiama ad insegnare aVenezia non solo architettiprofessionisti come CarloScarpa, Franco Albini eSaverio Muratori, o teoricicome Bruno Zevi, ma anchepersonalità come il pittoreMario Deluigi o il poetaManlio Dazzi. Il propositodichiarato del nuovo diretto-re è infatti quello di fornireallo studente un’istruzioneuniversitaria più vasta diquella che poteva preceden-temente ricevere: licenziarelaureati attivi sin da subitonell’esercizio della professio-ne e parimenti dotati di unacultura generale non ristret-

ta ad un sapere specifico(allora si sarebbe chiamato‘professionalismo’). L’architetto si sarebbe dun-que trovato, in tempi nonancora resi sospetti dallaricerca di una multidiscipli-narietà tout court, attore diprocessi e sinergie ad unascala più ampia; la stessascala, per certi versi inedita,che aveva già spintoSamonà ad alcune delle sueprincipali riflessioni dalsecondo dopoguerra in poi.A partire proprio da queglianni a Venezia passano nonsolo i già citati docenti,seguiti in una fase successi-va da Giancarlo de Carlo,Vittorio Gregotti, CarloAymonino, Manfredo Tafuri,ma anche personalità dispicco come Frank LloydWright (che riceverà la lau-rea Honoris Causa nel 1951),Le Corbusier e Louis Kahn,impegnati negli anni ’60nella progettazione nellacittà di Venezia, rispettiva-mente, del nuovo ospedalenell’area di San Giobbe e diun centro congressi aiGiardini-Biennale. La serie di cambiamenti

svolti in seno alla direzionedi Samonà ha reso quest’ul-tima uno dei momenti piùalti dell’insegnamento archi-tettonico non solo italiano.La pubblicazione degli atti

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nua di responsabilità chel’architetto dovrebbe assu-mersi sin dagli anni dellasua formazione e che contri-buirebbe a definirne il ruoloall’interno della società.Detto questo, lo IUAV diSamonà è però tutt’altro cheun oggetto mentale distortodalla nostalgia; esso è perlo-meno, nonostante le discon-tinuità nelle linee didattichedegli ultimi venti anni, unasorta di capitale simbolicoche solo ora Venezia sta ini-ziando ad utilizzare (sipensi, ad esempio, allerecenti catalogazioni deifondi di Giancarlo de Carlopresenti nell’ArchivioProgetti IUAV) e di cui cer-tamente la maggior partedelle facoltà italiane minorinon può disporre. Il grandenumero, i molteplici corsi dilaurea attivati e la riformadella ricerca stanno portan-do lo IUAV del dopo-Folinad assumere una forma nonancora chiara, che inizieràad emergere solo tramiteuna serie di negoziazioni lacui scala è, per più di unverso, tanto inedita quantoinevitabile?

Matteo Ballarin

Fabiola Fratini Arcipelago Mosca. DalPalazzo dei Soviet a IKEA.Le Lettere 2007

La metafora che dà il titoloa questo saggio, la cittàarcipelago, richiama il pre-cedente testo su Roma dellastessa Fratini.Questo nuovo volume suMosca parte dalla argomen-tazione della natura diMosca come città-arcipela-go: è tale per l’alternanzatra i vuoti ed i pieni, e quin-di per la sua discontinuitàfisica, ma anche per la suastoria urbana, caratterizzata

dall’aggregazione di villaggicontigui, e quindi dall’inclu-sione e dalla trasformazionedi nuclei preesistenti.Già la prima argomentazio-ne, relativa alla chiave dilettura della città, mostra unapproccio molteplice ed unpunto di osservazione mobi-le: lo sguardo a volo d’uc-cello, strutturale, dell’urba-nista si contamina con lacitazione letteraria, daBenjamin a Bulgakov ed aPasternak, che restituisce lasoggettività della percezionefisica e sociale, dall’internodella vita cittadina.In tutto il volume, il raccon-to della città si sposta conti-nuamente nel tempo e nellaquota altimetrica, ma variaanche la natura degli osser-vatori: oltre alla penna degliscrittori, Fratini utilizza idocumenti tecnici, i pro-grammi politici, gli articolidei giornali, interviste afunzionari ed esperti, maanche a semplici cittadini.Una tale pluralità di fontipermette al libro di offrireuna lettura molteplice dellacittà: prima di tutto ladescrizione dei luoghi, sem-pre in bilico tra il registrodella memoria (del passatozarista e socialista) e quellodella metamorfosi (nel pre-sente capitalista). In secondoluogo la lettura critica dellastruttura urbana: l’arcipela-go costituito dalle isole (itessuti urbani), dal mare (ilverde e le aree produttive) edalle connessioni (i boule-vard e le metropolitane). Interzo luogo costituisceun’inchiesta sulle modalitàcon cui in un decennio, opoco più, si sono prodotteintense trasformazioni urba-ne. Parliamo degli anni deltrapasso dall’economiasocialista a quella di merca-to, in cui si forma un regimeprivato dei suoli, si insedia-no nuove funzioni e cresco-

no nuove differenze sociali,si fa marketing urbano perattrarre investitori interni estranieri.Qui troviamo forse gli spuntidi attualità più interessantianche per i nostri contestiurbani: la partecipazioneeconomica della municipali-tà alla formazione delle ren-dite prodotte dalle trasfor-mazioni; i programmi dirigenerazione urbana sugrandi aree pubbliche; ilrapporto tra i piani infra-strutturali e i progetti sulleparti di città coinvolte; ilgoverno dei processi disostituzione edilizia parcel-lizzata.Questi temi, nel volume,sono stati significativamenteosservati nel contesto russo- segnato da nuove forme dipotere oligarchico e dirigistache qualcuno ha paventatocome un rischio anche ita-liano - sia sotto il profilodel rapporto tra politica eimprese, sia sotto il profilodel rapporto tra culturaurbana dominante e stilidella progettazione.Una lettura utile, anche pen-sando al nostro paese.

Lucio Contardi

Eve Blau, Ivan Rupnik (eds),Project Zagreb, Transition asCondition, Strategy, Practice,Actar, Barcelona, 2007, pp.335, ill. b/n e colori, euro37.54.

Nell’ambito degli studi urba-ni il discorso attorno aifenomeni di transizione,mutamento ed instabilità haconosciuto a partire daglianni ’90 un ampio successo,portando all’elogio delcarattere fluido, anarchico,di contesti o parti di cittàdescritte di volta in voltacome spazi mutanti, infezio-ni, parassiti urbani. Ad essi

viene attribuito un carattereibrido e salvifico, in quantocapaci di riformulare creati-vamente i conflitti socialientro una diversa, e per certiversi antimoderna, distinzio-ne tra spazio pubblico espazio privato, ovvero unadifferente nozione di pro-prietà, quindi capaci di sug-gerire pratiche pianificatorieinnovative.Entro tale quadro ProjectZagreb intende costruire unariflessione attorno al ruoloed al significato, alle possi-bilità e condizioni del farearchitettura e urbanistica, inun contesto caratterizzatoda continua instabilità emutamenti politici e sociali,proprio di molte cittàdell’Europa centrale. Questo stato di transizionenon è un fenomeno riferibilesolo al periodo postcomuni-sta, ma persiste in manierapiù o meno continua dall’i-nizio dell’età moderna; ilmutamento è un carattereproprio della modernità mala transizione, qui intesacome “stato di instabilitàdagli esiti incerti” e noncome passaggio da una con-dizione di stabilità ad unaltra, è stata qui la regoladel ventesimo secolo. Lecittà dell’Europa centrale,sostengono ottimisticamentegli autori richiamandosi allostorico Karl Schlögel, sonostati laboratori di transizionidi successo, esito della lorolunga storia di adattamenti edella capacità di affrontarein maniera creativa l’insta-bilità che le ha rese capacidi persistere come città conuna cultura urbana e archi-tettonica vitale. Questa condizione di trans-izione permanente ha porta-to a quali pratiche di produ-zione dello spazio urbano? La risposta viene cercataindagando 17 casi studiotramite letture che incrocia-

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Page 88: Il quartiere creativo di Arabianranta Indice · 2011. 3. 30. · regionale. La proposta di legge dell’INU vuole quindi rappresentare un punto fermo nell’impegno dell’Istituto

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no più strumenti e tecnichedi rappresentazione, regi-strazioni video e fotografi-che, mappe storiche, piani,quotidiani e stampa popola-re, documenti d’archivio,utilizzando tecniche di rap-presentazione come dia-grammi, layering, animazio-ni, modellazioni. Si tratta distrumenti e tecniche checercano di cogliere le dina-miche della mutazione urba-na in uno stato di transizio-ne attraverso letture condot-te a ritroso nel tempo: ini-ziare dal presente e poirimuovere i vari layersdepositatisi nel tempo sullospazio indagato al fine dicogliere i momenti di altera-zione, le addizioni, le can-cellazioni, i disallineamentie riallineamenti. Per coglierele potenzialità della condi-zione di transizione nei con-testi urbani postcomunisti èquindi necessario non soloindossare più lenti di osser-vazione, ma anche adottare,ed è questo uno degli ele-menti di originalità dellaricerca, uno sguardo capacecontemporaneamente “tolook backward on order toproject forward”. Il risultato è una narrativadifferente da quella generatadalla lettura storica tradizio-nale; in questa lettura fattasecondo il passo del gambe-ro l’azione precede l’inten-zione e l’intervento realizza-to viene prima delle preesi-stenze del sito o delle inten-zioni degli attori che stannodietro la trasformazione.Questa tipo di lettura defa-miliarizza lo spazio indagatoche viene osservato in unacondizione di straniamentoproducendo una conoscenzaurbana di tipo fondamental-mente spaziale, mettendocosì in luce le deviazionidalla norma e quindi imomenti di innovazione. L’incertezza degli esiti è

descritta dagli autori comecondizione necessaria perdefinire una strategia dellapianificazione o produzionedi uno spazio urbano: aZagabria i piani di trasfor-mazione per la modernizza-zione della città, sotto ildominio degli Asburgo, nelregno di Jugoslavia comenella Jugoslavia socialista,furono messi a punto nellaconsapevolezza che sarebbe-ro stati avversati dalle auto-rità centrali di Vienna,Budapest o Belgrado. I pianiperciò dovettero acquisireun carattere strategico capa-ce di anticipare e sviare taliopposizioni; non si è tratta-to solo di individuare ilineamenti del futuro svilup-po di alcune parti di città,ma anche di generare i pro-cessi necessari all’attuazionedi queste trasformazioni,strategie in grado di istituirenessi tra la dimensionearchitettonica e quella urba-na. Le esperienze di costru-zione dello spazio presentatein questo libro raccontanodi una trasformazione urba-na in una forma multiauto-riale, che richiama in formeconcrete il concetto di“opera aperta” di UmbertoEco.

Antonio di Campli

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107La stagione nuova dellapianificazione inLombardia. Il bilanciodella X RULa cura dellaSezione Inu Lombardia

Nel prossimo numero:

Osservare la cittàconteporanea.

I territori dellametropolizzzazione: formeinsediative e forma digoverno.

Il Codice Urbani e i paesaggi

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