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IL RAME è INDISPENSABILE PER L’AGRICOLTURA … · che la soluzione di questa apparente...

Date post: 18-Feb-2019
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IL RAME è INDISPENSABILE PER L’AGRICOLTURA BIOLOGICA? USI, PROBLEMI E POSSIBILI ALTERNATIVE RELATORI: Ilaria Pertot - Ursula Gamba - Maria Martin MODERATORE: Enzo Mescalchin A cura del C.R.A.B. S.c.r.l. VOLUME N. 1 - anno 2009 Atti del workshop di agricoltura biologica Campus - Salone della nuova agricoltura 26 marzo 2009 Lingotto Fiere Torino
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IL RAME è INDISPENSABILE PER L’AGRICOLTURA BIOLOGICA? USI, PROBLEMI E POSSIBILI ALTERNATIVERELATORI: Ilaria Pertot - Ursula Gamba - Maria Martin

MODERATORE: Enzo Mescalchin

A cura del C.R.A.B. S.c.r.l.

VOLUME N. 1 - anno 2009 Atti del workshop di agricoltura biologica Campus - Salone della nuova agricoltura

26 marzo 2009 Lingotto Fiere Torino

Il rame è indispensabile per l’agricoltura biologica? Usi, problemi e possibili alternative

Il contenuto di questa pubblicazione, stampata su carta con certificazione di qualità ecologica Ecolabel Europeo, è riproducibile citando la fonte.

Centro di Riferimento per l’Agricoltura Biologica Società consortile a responsabilità limitata (C.R.A.B. S.c.r.l.)Sede legale: Corso Inghilterra, 7 – 10138 TorinoSede operativa: Via San Vincenzo, 48 – 10060 Bibiana (TO)[email protected] – www.provincia.torino.it/agrimont/crab

Testi: I. Pertot - U. Gamba - M. Martin

Coordinamento editoriale a cura del C.R.A.B. S.c.r.l.

Coordinamento scientifico a cura di Massimo Pinna

Progetto grafico: Marcello Salvati

Impaginazione: la fotocomposizione (Torino)

Tipografia: La Grafica Nuova (Torino)

Finito di stampare: Dicembre 2009

Si ringraziano tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione del workshop ed alla stesura degli atti.

Questa pubblicazione è stata realizzata con il contributo finanziario della Camera di commercio industria artigianato e agricoltura di Torino.

Indice

Campus - Salone della Nuova Agricoltura26/29 marzo 2009 - Lingotto Fiere Torino

Atti del workshop di agricoltura biologica di giovedì 26 marzo.

Moderatore dell’incontro: Enzo Mescalchin – responsabile dell’Unità di Sperimentazione agraria ed Agricoltura Sostenibile – Istituto Agrario di San Michele all’Adige – Fondazione Edmund Mach.

Pag. 5 Presentazione

Pag. 6Introduzione

Pag. 7Enzo Mescalchin: Il rame è indispensabile per l’agricoltura biologica?

Relatori:

Pag. 11Ilaria Pertot: responsabile del programma “interazione pianta ambiente” – Istituto Agrario di San Michele all’Adige – Fondazione Edmund Mach.COPTIMIZER: un nuovo strumento web per ottimizzare l’uso del rame in viticoltura biologica.

Pag. 15Ursula Gamba: ricercatore del C.R.A.B. S.c.r.l. – Centro di Riferimento per l’Agricoltura Biologica.Estratti di origine vegetale e formulati a basso contenuto di rame per il contenimento della perono-spora della vite: i risultati preliminari di una sperimentazione condotta in Piemonte.

Pag. 19Maria Martin: ricercatore del Di.Va.P.R.A. – Settore di Chimica Agraria – Università di Torino.Fitotossicità da rame in suoli acidi ex-vitati.

Interventi:

Pag. 25Alessandro Triantafyllidis: responsabile Area Internazionale Comitato Scientifico AIAB.L’impiego del rame a livello Europeo: evoluzione della normativa.

Pag. 27Gianluigi Longatti: enologoRisultati di prove di vinificazione condotte in assenza di rame.

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Pag. 29Dibattito

Pag. 31Conclusioni del moderatore

Pag. 32Bibliografia per approfondimenti

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Presentazione

Antonio Parrini Presidente C.R.A.B. S.c.r.l.

Dal 26 al 29 marzo 2009 si è tenuta a Torino la prima edizione di CAMPUS, il Salone della Nuova Agricoltura, organizzato da Lingotto Fiere-gruppo GL Events Italia con il sostegno della Regione Piemonte.

Questa importante manifestazione ha fornito l’opportunità, ad operatori e grande pubblico, di conoscere le sperimentazioni e le innovazioni tecnologiche, organizzative e gestionali, presen-tate attraverso aziende agricole che le hanno già adottate con successo.

Nel corso dei quattro giorni numerose occasioni di incontro hanno proposto alle aziende agri-cole gli strumenti e le innovazioni utili ad affrontare in maniera più efficace il mercato del futu-ro, migliorando la qualità della vita, il lavoro e la redditività. In particolare sono stati sviluppati quattro temi fondamentali:

• Produzione, Lavorazione e Distribuzione;

• Paesaggio;

• Vivibilità;

• Multifunzionalità e Pluriattività.

In questa cornice il C.R.A.B. Centro di Riferimento per l’Agricoltura Biologica ha avuto il compito di organizzare alcuni seminari. Questo volume n. 1 raccoglie gli atti del workshop dal titolo “Il rame è indispensabile per l’agricoltura biologica? Usi, problemi e possibili alternative”, realizzato con lo scopo di rendere noti i progressi compiuti in merito alle strategie impiegabili per ridurre il quantitativo di rame usato in agricoltura nelle normali pratiche di difesa fitosa-nitaria. All’incontro hanno partecipato enti di ricerca e professionisti che da tempo si occu-pano di studiare la possibilità d’impiego di prodotti alternativi, ovvero metodi previsionali.

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Introduzione

La difesa delle piante agrarie da agenti fungini è basata principalmente sull’impiego di prodotti rameici. Il rame svolge un’attività di controllo preventivo nei confronti di molti funghi patogeni, esplica un’attività batteriostatica impedendo lo sviluppo delle colonie

batteriche, inoltre induce una resistenza meccanica per indurimento dell’epidermide degli or-gani verdi delle piante e non porta a resistenza indotta nei patogeni.

Gli aspetti positivi legati al suo utilizzo hanno reso il rame il principale mezzo di difesa, soprat-tutto in viticoltura, negli ultimi 100 anni, sono altresì note, però, le problematiche correlate con l’utilizzo prolungato di prodotti a base di rame quali fenomeni di tossicità residua, riduzione di microflora e fauna nel terreno, fenomeni di fitossicità su colture sensibili e residui persistenti.

Le ripercussioni ambientali dello ione rame, in particolare, hanno portato all’introduzione di un regolamento che limita l’utilizzo di prodotti rameici in viticoltura: a partire dal 2007 non si può superare la dose di 6 kg/ha di rame metallo nel corso dell’annata, fino ad un massimo di 36 kg/ha in 6 anni.

In Italia ed in Europa sono state avviate prove sperimentali al fine di valutare possibili alternati-ve all’utilizzo di rame e diversi studi sono in corso sulla possibilità di impiego di estratti vegetali di differente origine, di prodotti micronizzati, del rame in abbinamento a prodotti sinergici. è in fase di studio, inoltre, la possibilità di impiego e diffusione di programmi informatici per l’individuazione dei momenti e delle dosi ottimali di intervento.

Le possibilità di superare i problemi legati all’utilizzo prolungato di rame sembrano esserci, un approccio articolato può garantire buoni risultati per il contenimento delle infezioni riducendo al tempo stesso la pressione sull’ambiente. Le esperienze raccolte in questo workshop ci spie-gano come.

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Il rame è indispensabile per l’agricoltura biologica?

Enzo Mescalchin – Fondazione Edmund Mach IASMA - Istituto Agrario San Michele all’Adige.

Inevitabilmente si associa sempre il rame all’agricoltura biologica senza considera-

re, prima di tutto, che questo metallo è un problema oltreché una risorsa per l’intero comparto agricolo. Il settore del biologico, anzi, si fa carico di limitare i consumi di que-sto metallo ed è il settore del convenzionale a farne maggiore uso in viticoltura, senza farsi per ora minimamente carico di nessuna autolimitazione.

L’agricoltura biologica ha quindi il merito di lanciare un segnale di attenzione e di inter-rogarsi periodicamente sulle opportunità di utilizzo di questo elemento. La problemati-ca è abbastanza ampia poiché sicuramente il rame è un metallo indispensabile per certi meccanismi biologici della vita stessa delle piante e quindi, da un certo punto di vista, è estremamente utile, mentre dall’altro ha degli aspetti negativi legati soprattutto alla tossici-tà in ambiente acquatico. Questo fatto, spe-cialmente in alcuni settori, su certe colture ed in alcuni tipi di terreno, merita senz’altro una grande attenzione anche se è proprio questa tossicità nell’acqua quella che utilizziamo per difendere le colture, la vite in particolare, dalle crittogame che in ambiente acquatico si dif-fondono e si sviluppano. Quindi è evidente che la soluzione di questa apparente ambi-

guità, da un lato una certa utilità dall’altro una certa tossicità, sta nella capacità di utilizzarlo con criterio.

Questo metallo si usa da più di cento anni, nel corso dei quali è stato più volte rivalutato, in questo senso le variazioni più importanti so-no state a carico dei dosaggi con cui si utilizza.

Fino a non molti anni fa si usavano dosi due-tre volte superiori a quelle che si usano adesso. Il quantitativo massimo annuo, in particolare nel regolamento del biologico, è progressivamente calato sino agli attuali 6 kg, a livello nazionale, o addirittura a 3 Kg in alcu-ne autodiscipline ed in alcuni regolamenti del biologico locali.

I quantitativi di rame impiegati in agricoltura biologica sono inferiori alla media dei quanti-tativi che vengono impiegati nell’agricoltura convenzionale e questo è dimostrabile attra-verso la comparazione dei residui. I residui di rame sulle uve per le produzioni conven-zionali sono in genere superiori del 20-30% rispetto a quelle mediamente rilevabili sulle uve provenienti da agricoltura biologica. La chiave di volta che ha sicuramente aumenta-to la possibilità di rendere sostenibile l’uso del rame è stata proprio la riduzione dei dosaggi, riferendosi a dosi d’impiego che sono mol-to più basse di quelle che le stesse etichette delle ditte produttrici riportano. Mediamente abbiamo dei dosaggi consigliati in etichet-ta che, per certi prodotti come il solfato di

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rame, possono superare i 150-180 g di rame per ettolitro, ma in campo, anche in un’anna-ta difficile come il 2008, si sono avuti risultati discreti impiegando dai 300 ai 500 g di rame metallo per ettaro e per trattamento. Con questa riduzione veramente importante dei dosaggi si riesce a conciliare meglio l’impiego del rame ed eventuali problemi di fitotossici-tà e di inquinamento. Questo è un traguardo importante che fino a poco più di dieci anni fa sembrava abbastanza difficile da ottenere, anche perché nessuno si poneva il problema dell’accumulo del rame nel terreno.

Una ventina di anni fa fu fatta in Trentino un’indagine che mostrava chiaramente accu-muli importanti di questo metallo nei terreni investiti a vite da circa un secolo.

L’aspetto del dosaggio è sicuramente da ri-proporre e ribadire anche perché, affidan-dosi all’etichetta, si è portati ad avere, nella maggior parte dei casi, un utilizzo superiore a quello necessario. Consideriamo che la vite, durante il ciclo vegetativo, produce media-mente due foglie e mezzo ogni settimana (nei periodi di grande sviluppo vegetativo possia-mo arrivare a quattro foglie, viceversa nei pe-riodi di relativa siccità o difficoltà si riducono ad una foglia e mezza - due) e ciò significa che ogni tre giorni abbiamo una foglia nuova. è quindi inutile accanirsi con dosaggi alti per coprire periodicamente la vegetazione quan-do dopo solo un paio di giorni abbiamo già una parte di vegetazione scoperta.

La logica stessa del trattamento, in questi an-ni, è cambiata: non si tende più ad interveni-re con dosaggi alti con l’idea che questo do-saggio garantisca una persistenza maggiore, piuttosto si deve intervenire con un minimo

dosaggio utile in quel momento, sapendo perfettamente che da lì a poco la nuova ve-getazione, in caso di piogge, renderà neces-sario un nuovo intervento. Mantenendo più basso il dosaggio possiamo permetterci di in-tervenire più frequentemente. Anche questa chiave d’impiego aiuta sicuramente a limitare i quantitativi annui impiegati.

Nel biologico sono già ben indicati i quanti-tativi impiegabili (3-6 Kg massimo a seconda dei disciplinari), mentre nel convenzionale l’impiego medio di rame nelle regioni setten-trionali d’Italia può essere calcolato sui 7-9 Kg, anche nel caso della gestione integrata.

L’agricoltura integrata ha molta disponibilità di prodotti, pertanto i quantitativi di rame nei residui possono esser molto variabili, però mediamente, per lo meno in Trentino, trovia-mo residui di rame più alti che nel biologico.

Altri aspetti importanti per l’evoluzione e le prospettive d’impiego del rame, restando in ambito viticolo, considerano il fatto che il ra-me si combina nel mosto con composti sol-forati che naturalmente possono prodursi nel corso della fermentazione facendoli precipita-re. è interessante vedere come, nel biologico, il rame e lo zolfo siano gli unici due elementi impiegabili nella difesa e, in fermentazione, gli stessi elementi si cercano. Per nostra for-tuna, il rame eventualmente in soluzione, fa precipitare lo zolfo presente come acido solfi-drico, quindi portatore di odori sgradevoli nel vino (odore di ridotto, di uova marce). Questo è l’aspetto positivo, l’aspetto negativo è che sempre lo zolfo, nel corso della fermentazio-ne, entra in molecole aromatiche e quindi, in questo caso, la presenza di rame toglie aromi ai vitigni aromatici. A seconda dell’aspetto

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che voglio enfatizzare o eliminare, il rame di-venta quindi una grande risorsa o un grande problema.

In ultimo dobbiamo considerare che, i lieviti ed i batteri, nel corso della fermentazione ri-sentono della presenza di rame.

Sappiamo da diverse esperienze che il lievito ha un ruolo molto importante nella cinetica di fermentazione e che, mediamente, il rame è re-sponsabile di una certa riduzione della velocità di fermentazione e anche di un ritardo nella

partenza. Per contro sappiamo anche che con-tenuti alti di rame comportano nei mosti an-che prodotti indesiderati, come acido acetico, ed un aumento dell’anidride solforosa.

La problematica del rame è quindi molto complessa: accanto ad aspetti sicuramente importanti, come l’indispensabilità del rame in alcuni processi biologici e l’utilità nella di-fesa in certi processi legati alla fermentazione, ne corrispondono altri che non sono altret-tanto positivi.

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Ilaria Pertot – Centro Ricerca ed Innovazione, Fondazione Edmund Mach.

Con l’obiettivo di aiutare l’agricoltore nella gestione dei trattamenti e nella riduzione

d’impiego di rame in vigneto, qualche anno fa è stato avviato un progetto in collaborazione fra IASMA-FEM ed il Department of Manage-ment Information System (Università di Hai-fa, Israele), che ha gestito la parte informatica del progetto. è stato sviluppato quello che non è un modello previsionale (un modello di previsione della malattia), bensì un sistema di supporto alle decisioni, molto semplificato, fruibile anche da aziende scollegate da centri di consulenza. Questo perché, nonostante le ricerche ed i numerosi progetti realizzati anche a livello Europeo, non è ancora stata trovata un’alternativa al rame altrettanto efficace nel controllo della peronospora. Pertanto, il rame resta l’elemento chiave nella difesa della vite, considerato anche che la normativa italiana vieta l’utilizzo di ibridi resistenti per la produ-zione di vino (DPR 162-2/02/1965).

La peronospora è una malattia abbastanza complessa da gestire negli anni in cui le con-dizioni sono ottimali al suo sviluppo, perché le infezioni primarie che si susseguono nella fase estiva possono indurre infezioni secondarie al presentarsi di ogni evento di bagnatura e di pioggia. Si può ridurre il dosaggio di rame cercando di modularlo in funzione dello stadio

Coptimizer: un nuovo strumento web per ottimizzare l’uso del rame in agricoltura

fenologico (suscettibilità della pianta), della pericolosità della malattia e anche del residuo di rame sulla foglia.

Il sistema in studio, chiamato Coptimizer, costi-tuisce un supporto decisionale all’intervento e una guida alla scelta del prodotto, della dose e del momento di intervento.

Coptimizer basa il suo calcolo su una serie di parametri:

• lo stadio fenologico della vite, che implica diversi livelli di suscettibilità alla malattia, quindi momenti in cui non possiamo accet-tare la malattia (prefioritura, fioritura e po-stfioritura) e momenti in cui un’infezione è più tollerabile, perché limita semplicemente la superficie fogliare;

• l’accrescimento, che considera le nuove fo-glie che si sono sviluppate a partire dall’ul-timo trattamento (se ci sono troppe foglie nuove non coperte dal trattamento dovrò intervenire);

• le condizioni meteorologiche, limitatamente, per semplificare, a temperatura e piovosità;

• le previsioni meteorologiche (nella procedu-ra decisionale è stato assunto che il rischio di infezione è funzione del rischio di pioggia del giorno successivo);

• il rame utilizzato nell’ultimo trattamento effettuato (che dipende dal dosaggio ap-plicato e dal dilavamento avvenuto con le piogge).

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Nel dettaglio, la decisione di intervento (T) di-pende da:

T= f (A, RRt, PP)S

Accrescimento (A). Il rame è un prodotto di copertura con redistribuzione molto limitata, la pianta quindi non è protetta a seguito dello sviluppo di foglie nuove. Nell’ambito della ve-rifica di campo effettuata è stato assunto che tre è il massimo delle foglie scoperte accetta-bili. Questa è una media che deve essere valu-tata vigneto per vigneto. Il valore delle foglie è un valore modificabile nel secondo livello del sistema, quindi da un tecnico. Si può decidere se accettare due, tre, quattro o cinque foglie, anche a seconda del diverso stadio fenologico.

Rame residuo (RRt). Per costruire questo siste-ma decisionale sono stati fatti ripetuti esperi-menti in condizioni controllate con dosaggi specifici di 150, 70, 50 e 30 g/hl di rame metallo con tre prodotti (idrossido, ossicloruro e solfa-to di rame). Ne è emerso che il dilavamento è simile fra tutti e tre i prodotti, quindi abbiamo assunto che, a prescindere dal prodotto utiliz-zato, è la quantità di rame metallo che fa la dif-ferenza nel dilavamento. Chiaramente più alto è il dosaggio iniziale, più a lungo si mantiene l’effetto di protezione dopo una pioggia simu-lata di 10, 30, 40 e 60 mm.

Probabilità di pioggia del giorno dopo (PP). è possibile indicare una fra quattro opzioni:

• il caso di bel tempo previsto,

• il caso di basso rischio, scarsa nuvolosità e basso rischio di precipitazioni,

• il caso di medio rischio, dove abbiamo tem-po nuvoloso, molto nuvoloso o coperto con probabili piogge o temporali,

• il caso di alto rischio con nuvoloso o mol-to nuvoloso e precipitazioni praticamente certe.

Stadio fenologico (s). Sono suddivisi in pre-fioritura, fioritura (per evitare problemi di rame sull’impollinazione), postfioritura sino all’alle-gagione, poi dall’allegagione alla raccolta che è lo stadio considerato meno suscettibile.

In relazione al momento di avvio dei tratta-menti sono state lasciate all’agricoltore due scelte. La prima consiste nell’accettare le infe-zioni primarie, se storicamente non sono peri-colose nella zona, e quindi iniziare i trattamenti solo al termine del periodo di incubazione. Per semplicità questo modello segue la regola dei “tre dieci” (anche se ci sono modelli molto più accurati, che per contro possono comportare una difficoltà maggiore per aziende piccole che hanno difficoltà ad ottenere i dati meteo-rologici necessari). La seconda scelta, nel ca-so in cui le infezioni primarie debbano essere assolutamente controllate, perché accadono in genere in fasi pericolose come la fioritura, presuppone di anticipare il momento di difesa.

Coptimizer è strutturato su tre livelli:

• il primo livello è quello gestito dall’ammini-stratore che è colui che può modificare le im-postazioni di tutti e tre i livelli: i quantitativi dei dosaggi ideali nella stagione, il modello previsionale (può impostare per l’infezione primaria la regola dei tre dieci, che è una regola molto semplice, oppure altri modelli più complessi ma più efficaci), ecc.;

• il secondo livello potrebbe essere quello del-la consulenza tecnica, dell’assistenza o co-munque di un tecnico che gestisce un’area. C’è una minore possibilità di modificare le

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impostazioni (non si può cambiare il modello previsionale e neanche il sistema decisionale, ma si può cambiare il livello dei parametri);

• il terzo livello è quello dell’utenza, normal-mente l’agricoltore, a cui di fatto è richiesto di inserire pochi dati.

è pertanto possibile inserire i dati di ciascun vi-gneto nel corso del primo accesso al program-ma e, successivamente, gestire solo più i fattori variabili.

I dati meteorologici possono essere acquisiti automaticamente da una capannina, se c’è il collegamento per una raccolta dati automa-tica, oppure inseriti manualmente dal singolo utente.

Devono essere inseriti i dati relativi al numero di foglie e allo stadio fenologico, sulla base dei quali il sistema fornirà il suggerimento per il trattamento (che dovrà essere conferma-to oppure, se nell’ultimo trattamento è stato fatto qualcosa di diverso da quello che aveva suggerito il programma, modificato, affinché rimanga il record dell’effettiva azione fatta).

Quindi, in caso di rischio, il sistema consiglierà di trattare con una data dose di rame. Se si de-cide di fare un trattamento diverso da quello suggerito dal programma, bisogna semplice-mente indicarlo e il sistema automaticamente fornisce il dosaggio specifico ad ettaro. Il siste-ma è dotato anche di un calcolatore che forni-sce indicazione del rame metallo apportato ad ettaro in funzione del prodotto commerciale e del dosaggio impiegato.

Il modello è stato validato nel 2007 in Trenti-no attraverso una valutazione della gravità dei danni in vigneti trattati con il sistema decisio-nale o settimanalmente, ed il confronto dell’ef-

ficacia. Il piano di trattamenti fatto settimanal-mente ha visto l’impiego di dosaggi variabili fra i 50 e i 70 g di rame, mentre con Coptimi-zer i dosaggi sono stati decisamente inferiori. Sono stati fatti 13 trattamenti con il piano di intervento settimanale e 10 con Coptimizer in un vigneto, 14 contro 9 in un secondo vigneto. A fine stagione, confrontando il quantitativo di rame distribuito con i due sistemi, è emer-so che Coptimizer ha consentito una riduzione pari a quasi il 50%. Relativamente alla gravità dell’infezione sulle foglie non è stata riscontra-ta una differenza statisticamente significativa fra il programma settimanale e Coptimizer, mentre il non trattato mostra un’incidenza del danno piuttosto elevata. Quindi, nel 2007, su due vigneti in zone differenti, una ad alto ri-schio ed una a basso rischio di infezione, sono stati ottenuti risultati comparabili con il trat-tamento settimanale, mentre, da giugno, in entrambi i vigneti, c’è stato un incremento im-portante della peronospora sui grappoli sulle parcelle del testimone non trattato. All’analisi dei residui su grappolo sono stati trovati livelli molto bassi di rame (fra 1,4 e 1,8 ppm). L’analisi dei mosti indica che il grado degli zuccheri e l’acidità sono molto simili in entrambe le stra-tegie di difesa, mentre sul non trattato, dove si è persa superficie fotosintetizzante, c’è stata una riduzione degli zuccheri.

Attualmente Coptimizer è in rete, ma con i dati meteorologici del Trentino, quindi è possibile provarlo su richiesta e ciò può consentire un’ul-teriore validazione in ambito locale. Per consen-tire di provare il programma su più ampia scala la Provincia di Trento, attraverso Trentino Svi-luppo Spa, ha indetto una gara d’appalto per ce-derlo a un’azienda che lo inserisca sul mercato.

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Ursula Gamba – C.R.A.B. S.c.r.l. Centro di Riferi-mento per l’Agricoltura Biologica.

La Regione Piemonte ha finanziato, per il triennio 2008-2010, una prova sperimen-

tale (realizzata congiuntamente dal Centro di Riferimento per l’Agricoltura Biologica e dalla Fondazione Edmund Mach IASMA - Istituto

Estratti di origine vegetale e formulati a basso contenuto di rame per il contenimento della peronospora della vite: i risultati preliminari di una sperimentazione condotta in Piemonte

Agrario San Michele all’Adige ) per l’individua-zione di prodotti impiegabili nella difesa dalla peronospora della vite, che siano alternativi al rame o che ne consentano un impiego a bassi dosaggi. Sulla base di precedenti esperienze di en-trambi gli enti sono stati individuati i pro-dotti più validi dei quali verificare l’efficacia (Tab. 1).

N° Principio attivo Nome Dosaggio

1 Estratto sperimentale SA 50 ml/l

2 Estratto di Yucca schidigera Saponin 10 ml/l

3 Estratti vegetali Fitoltan K1 3 g/l

4 Formulato di rame 2% Preparato B 1 ml/l

5 Gluconato di rame 8% Labicuper 3 ml/l

6 Gluconato di rame 2% Labicuper 0.75 ml/l

CU Idrossido di rame (35% Cu2+) Kocide 2000 1.5 g/l

L’attività sperimentale è stata realizzata dalla Fondazione Edmund Mach per la verifica di ef-ficacia in serra e per la verifica della resistenza al dilavamento. Sulla base dei risultati ottenuti in questa fase preliminare del lavoro, sono stati in-dividuati i prodotti da saggiare in campo. Que-sta seconda fase è stata realizzata dal C.R.A.B. in aziende vitivinicole biologiche piemontesi.

La prova in serra è stata fatta trattando 25 bar-batelle innestate con cultivar di Pinot grigio (5 piante/parcella per 5 ripetizioni) per ciascuna tesi. Quindi sono state inoculate con l’agente Plasmopara viticola attraverso una sospensio-ne acquosa degli sporangi e, dopo un periodo di incubazione, sono stati rilevati i sintomi co-me diffusione (numero di foglie colpite sul to-tale) e gravità (superficie fogliare interessata

Tab. 1 – Prodotti individuati

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dalla manifestazione sintomatica). Il risultato del rilievo relativo alla diffusione mostra dif-ferenze statisticamente significative solo tra il testimone non trattato, saponin e gluconato di rame all’ 8%, mentre gli altri prodotti non si sono differenziati. Per quanto riguarda la gra-vità, invece, tutti i prodotti testati sono stati efficaci ad eccezione del preparato B che non si è differenziato dal testimone non trattato. Le prove di resistenza al dilavamento sono state realizzate sottoponendo le piante a trat-tamento come da tesi, quindi a dilavamento forzato con bagnatura equivalente a 10, 30 e 50 mm di pioggia, ed infine, all’infezione peronosporica con le stesse modalità della prova precedente. I sintomi sono stati rilevati in assenza di dilavamento e con dilavamento conseguente a 10, 30 e 50 mm di pioggia.

Il rilievo della gravità mostra come solo SA, saponin, gluconato di rame 8% e testimone di riferimento trattato con l’idrossido di rame abbiano contenuto la malattia in assenza di dilavamento. Il gluconato di rame 8% ha te-nuto la malattia fino a 10 mm, mentre nessu-

na tesi ha tenuto sopra i 30 mm ad eccezione dell’idrossido di rame che ha tenuto fino a 50 mm di pioggia. Per quanto riguarda la diffu-sione, in assenza di dilavamento l’estratto SA, saponin e il gluconato di rame all’8% hanno manifestato un certo contenimento della ma-lattia, ma già con soli 10 mm di pioggia nes-sun formulato è riuscito nel contenimento di Peronospora. Il preparato B non è stato effica-ce neanche in assenza di dilavamento. La pro-va in serra è stata fatta in maggio e ripetuta in giugno confermando i risultati ottenuti.

Sulla base dei risultati relativi all’efficacia ed alla resistenza al dilavamento ottenuti in serra, sono state saggiate in campo le tesi riportate in Tabella 2.

La prova in campo è stata realizzata in tre aziende biologiche: una a Cellamonte (AL) su vitigno Grignolino, una a Ghemme (NO) su vitigno Nebbiolo, un’altra a Bibiana (TO) su vitigno Traminer (siti e vitigni caratterizzati da una differente sensibilità alla peronospora). I trattamenti sono stati fatti in funzione delle piogge e mediante l’ausilio di un atomizza-

Tesi Dose Descrizione

FITOLTAN K1 5 g/l Estratto di origine vegetale

SAPONIN 10 ml/l Estratti di Jucca schidigera

SA 0.5 ml/l Estratto sperimentale di Salvia officinalis

PREPARATO B 6 g/l Formulato di rame al 2% + aminoacidi

LABICUPER 2 ml/l Gluconato di rame al 8%

KOCIDE 3000 3 g/l Idrossido di rame al 15%

Tab. 2 – Prodotti sperimentali utilizzati per il controllo della Peronospora nell’anno 2008

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tore a spalla. Le piogge del 2008, abbondanti ma soprattutto continue, non hanno consen-tito di gestire in maniera tempestiva i tratta-menti, perciò il controllo della peronospora a fine stagione non è risultato efficace in nessu-na delle tesi saggiate, compreso il testimone trattato con idrossido di rame. Ciononostante alcune indicazioni sono state tratte nel corso dei rilievi intermedi.

I rilievi sono stati fatti sulle due piante centrali delle parcelle considerando 16 foglie per ogni pianta e l’intero numero dei grappolini. Sono stati fatti rilievi sulla fioritura, sui grappoli e sulle foglie. Alcuni di questi prodotti hanno manifestato una forte fitotossicità in campo.

è emersa una discordanza fra il risultato otte-nuto in serra e quello ottenuto in campo per quanto riguarda il preparato B che ha mo-strato, in campo, una certa efficacia, mentre in serra non dava risultati positivi neanche in assenza di dilavamento.

A Ghemme il gluconato di rame 8%, il prepa-rato B e l’idrossido di rame sono quelli che si sono differenziati maggiormente dal testimo-ne non trattato.

A Bibiana il gluconato di rame 8%, l’idrossido di rame, il preparato B e saponin si sono diffe-renziati dal testimone non trattato (in termini di gravità), mentre in termini di diffusione si sono differenziati solo i primi due.

A Cellamonte abbiamo avuto conferma di questo andamento: il gluconato di rame 8% ha meglio contenuto la malattia, seguito

dall’idrossido di rame, mentre, per quanto riguarda la gravità, solo l’idrossido di rame. L’andamento rilevato sui grappoli ricalca quel-lo rilevato sulle foglie. A Bibiana il preparato B ha causato un elevato danno da fitotossicità in ragione probabilmente del numero di in-terventi effettuato e quindi del quantitativo di rame ed aminoacidi somministrato nel totale.

La produzione ottenuta nelle diverse tesi: a Ghemme è stata maggiore nelle parcelle tratta-te con l’idrossido di rame, il gluconato di rame 8% e saponin, a Bibiana è stata maggiore nelle tesi trattate con l’idrossido e con saponin, a Cel-lamonte l’unico trattamento che ha consentito produzioni maggiori rispetto alla tesi non trat-tata è l’idrossido di rame, mentre il gluconato di rame 8% si trova in posizione intermedia.

Quello che emerge da questa prova è che, per quanto riguarda il 2008, nessuna tesi è risul-tata efficace nel controllo della Peronospora, neppure l’idrossido di rame, in ragione delle condizioni meteorologiche fortemente favo-revoli all’insorgenza della malattia e avverse ad una corretta gestione della stessa.

Si ritiene necessario proseguire con ulteriori prove nella valutazione dell’efficacia di questi prodotti.

Le prove in campo hanno confermato in linea generale i risultati di efficacia delle prove in serra, a differenza del preparato B, che ha di-mostrato di avere un certo effetto contenitivo della malattia. Confermato anche l’effetto fito-tossico di preparato B, saponin e estratto SA.

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Maria Martin – Di.Va.P.R.A. Settore di Chimica Agraria, Università di Torino.

La Regione Piemonte ha finanziato un lavoro nato dalla collaborazione fra il

Di.Va.P.R.A. dell’Università di Torino, Facoltà di Agraria, il Settore Fitosanitario della Regio-ne ed i tecnici agrari, per rispondere ad un problema riscontrato dagli agricoltori al mo-mento della sostituzione della vite con altre colture. Al termine dell’indagine si è attribuito il problema, come sospetto, alla tossicità del rame che si era accumulato nel suolo. Si trat-tava di colture prevalentemente erbacee (gra-no, orzo, sorgo, foraggere, trifoglio) che ma-nifestavano sintomi di ridotto accrescimento, ingiallimento, morte precoce. In alcuni casi la presenza di gravi sintomi sulla coltura erbacea corrispondeva alla posizione dove preceden-temente si trovavano i filari della vite. è stato rilevato anche un caso sospetto su pesco (net-tarina) che manifestava sintomi di aumentata colluzione e presenza di chiazze sulle foglie, ma non è stata possibile una chiara attribuzio-ne alla fitotossicità da rame.

In effetti, il rame accompagna la viticoltura da decenni se non addirittura da secoli, e la scar-sa mobilità di questo elemento nel suolo ten-de a causarne l’accumulo in superficie, dove si deposita in seguito ai trattamenti fitosanitari. Le quantità che si accumulano nel tempo, ne-gli anni, nei decenni, possono quindi divenire

Fitotossicità da rame in suoli acidi ex-vitati

veramente importanti. Fino a quando la col-tura della vite è in atto, solitamente non c’è problema, poiché la vite manifesta buona re-sistenza anche grazie ad un apparato radicale profondo. I problemi sorgono quando, dopo l’estirpazione della vite, vengono introdotte altre colture, soprattutto se erbacee, quindi con apparato radicale superficiale che esplora la porzione di suolo dove il rame si è accumu-lato. La biodisponibilità del rame è maggiore se i suoli sono acidi: in questo caso la fitotos-sicità può esser tale da compromettere quasi completamente la produttività.

La sostituzione della vite con altre colture peraltro non è un fenomeno sporadico: la su-perficie a vite si è ridotta moltissimo in Italia a partire dagli anni ‘70 e ’80.

Se si confrontano i dati del censimento del-l’agricoltura del 1990 e del 2000 si vede che mediamente la riduzione è stata del 30-45% in Italia. Le cause sono state diverse: alcuni terreni non erano vocati, altri erano in condi-zioni che ne rendevano difficile la coltivazione a vigneto. Il rame può arrivare nel suolo dai minerali da cui il suolo stesso si origina, ma solitamente di questo rame (definito geneti-co) ci si preoccupa un po’ meno, poiché è in forma meno disponibile.

Quello più pernicioso, quando è in eccesso, è quello di origine antropica. Nei suoli agrari la maggior parte del rame di origine antropica proviene dai fitofarmaci cuprici e, in misu-

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ra minore, da fertilizzanti o ammendanti (ad esempio i liquami suini sono ricchi di rame).

Il rame nel suolo è in equilibrio tra la solu-zione del suolo da cui i vegetali attingono e la componente solida. Quindi la concentra-zione in soluzione, dove il rame può essere sotto forma di cationi liberi bivalenti o come complessi soprattutto organici, influisce nel determinare la buona nutrizione del vegeta-le oppure, al superamento di una data soglia, la tossicità. La concentrazione in soluzione è regolata dall’equilibrio delle componenti soli-de: il rame può essere adsorbito sulle superfici dei minerali (in modo molto stabile su mine-rali a carica variabile come gli ossidi di ferro ed alluminio) e può essere in parte incorporato nella biomassa.

A seconda del pH può precipitare, dando dei composti insolubili, oppure venir legato in

complessi con la sostanza organica solubile, oppure con le molecole umiche associate alla componente minerale.

Nei suoli a pH alcalino, soprattutto in quelli calcarei, il rame è immobilizzato soprattutto sotto forma di precipitati come idrossidi e car-bonati. Nel diagramma (Fig. 1), molto sempli-ficato, si può notare che intorno a pH 8 quasi tutto il rame è in forma di precipitati insolu-bili, mentre mano a mano che il pH scende la concentrazione di rame che può rimanere in soluzione senza precipitare aumenta molto rapidamente. Anche l’adsorbimento è condi-zionato dal pH: le superfici dei minerali posso-no formare dei complessi anche molto stabili con il rame, ma le stesse superfici a pH acido tendono ad essere protonate, quindi cariche positivamente, ed essendo anche il catione rame positivo la reazione di adsorbimento di-

2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12

Rame

Cu2+ + 2 OH- _ Cu(OH)2_Cu2+ + CO3 2- _ CuCO3_

pH

0.001

0.01

0.1

1

10

100

Cu in

sol

uzio

ne (m

g/l)

Fig. 1 – Diagramma di solubilità del rame in funzione del pH. L’area colorata corrisponde alle forme insolubili. All’aumentare del pH il Cu tende a precipitare sotto forma di idrossidi e di carbonati scarsamente solubili

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viene più difficile. Quando il pH sale, invece, le cariche positive sulle superfici diminuiscono e si liberano delle cariche negative che favori-scono l’adsorbimento del rame.

Nel suolo non possiamo parlare di rame senza parlare di sostanza organica, poiché, fra tutti i metalli pesanti, il rame è quello che forma con essa i complessi più stabili ed ha la maggiore affinità. Il destino del rame legato alla sostan-za organica dipende dalla natura della mole-cola organica a cui si lega. Nel suolo possiamo trovare molecole organiche facilmente solu-bili con la tendenza a mantenere il rame in so-luzione (ciò ha effetti favorevoli in condizione di carenza di rame, mentre in caso di eccesso può essere un problema). Diversamente gli acidi umici e soprattutto l’umina, che sono molto meno solubili e sono intimamente le-gati alla frazione minerale del suolo, tendono a far sì che il rame venga immobilizzato sulle componenti solide del suolo, con una diminu-zione della solubilità.

La forma in cui il rame risulta più fitotossico è quella di catione bivalente libero, perché è la forma che le radici delle piante possono assorbire.

Tutti quei fattori che nel suolo possono altera-re l’equilibrio delle reazioni di assorbimento, precipitazione e complessazione nel senso di aumentare la concentrazione del catione bivalente, tendono anche ad aumentare la probabilità che le radici assorbano il rame e quindi, ad alte concentrazioni, ne subiscano gli effetti fitotossici.

Molto dipende dal pH: nei suoli acidi non abbiamo precipitazione di idrossidi e di car-bonati, l’adsorbimento è meno efficiente e quindi, in questi suoli, la sostanza organica

può divenire l’ago della bilancia per la fito-tossicità. Se nel suolo la sostanza organica è in buona quantità e ad un buon grado di umi-ficazione (acidi umici ed umina), allora abbia-mo una buona probabilità che diminuisca la disponibilità e la fitotossicità del rame per le piante.

I dati sul rame raccolti nella banca dati della Regione Piemonte nei suoli raccolti per pro-vincia e per coltura indicano che sui suoli con eccesso di rame era localizzata principalmen-te la coltura della vite. è in questi suoli che sono stati verificati problemi di fitotossicità quando si è andata a sostituire la vite.

Sono stati studiati alcuni casi reali nella zona del pinerolese-cavourese, più precisamente nella zona tra Bibiana, Bricherasio, Cavour e Pinerolo, dove molti agricoltori hanno incon-trato questa difficoltà.

Alcuni dei suoli oggetto di studio erano stati investiti a vite per molto tempo, altri terreni definiti di controllo avevano anch’essi avuto vite, ma la coltura successiva non ha eviden-ziato grossi problemi. Questi suoli sono tutti collocati in una zona del Piemonte con suo-li a pH prevalentemente acido, in Piemonte tutt’altro che rari. La permanenza della vite in queste aziende era durata più di 50 anni, spesso addirittura più di un secolo, tanto da perdersene la memoria nella compravendita dei terreni.

Dalle interviste agli agricoltori è emerso che fino a metà del novecento, il così detto “verde rame” (poltiglia Bordolese) era l’unica forma di lotta che si eseguiva sulla vite con quantità di metallo/ettaro/anno elevatissime (100 kg Cu/ha/anno contro i 6 kg/ha/anno delle diret-tive attuali). Con l’avvento di nuovi fitofarmaci

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e strategie di lotta, le dosi sono notevolmente diminuite, ma proprio perché questo elemen-to è così poco mobile nel suolo, sebbene le dosi si siano ridotte, continua ugualmente ad accumularsi. I suoli che abbiamo analizzato hanno dimostrato che la concentrazione di rame totale era veramente molto elevata, in quasi tutti i suoli essa superava i 100 mg/kg (valore indicato da alcuni autori come soglia di attenzione, sebbene il rame totale non sia direttamente correlato alla fitotossicità). è sta-to però rilevato che la maggior parte dei suoli aveva, in media, più del 42% del rame totale in forma assimilabile e comunque sempre ol-tre, tranne in un caso, i 20 mg/kg, che è un’al-tra soglia di attenzione.

Ultima sorpresa: il dato di rame estratto in EDTA, secondo il metodo consigliato per de-terminare la disponibilità dei metalli nei suoli acidi, non discriminava tra suoli su cui le col-ture evidenziavano sintomi oppure no.

Procedendo, invece, ad un frazionamento del rame nel suolo in base alla sua estraibi-lità è stata ottenuta qualche indicazione in più. Confrontando i grafici che rappresen-tano le diverse frazioni di rame sulla base rispettivamente:

A) delle medie di tutti i campioni;

B) delle medie dei campioni in cui si aveva-no sintomi sulla coltura;

C) dei soli campioni in cui si avevano sinto-mi gravi e di attribuzione sicura.

Si osserva che quella che aumenta regolar-mente con l’aggravarsi della manifestazione dei sintomi di fitotossicità è la forma di rame scambiabile. L’aumento della percentuale di rame scambiabile avviene a scapito della fra-

Medie di tutti i campioni

5,0%0,4%

40,8%15,0%

38,7%

scambiabile solubile organico precipitato residuo

Fig. 2a – Grafico A

Medie campioni con �totossicità

11,1%0,1%

39,5%16,3%

32,9%

scambiabile solubile organico precipitato residuo

Fig. 2b – Grafico B

Campione con maggiore �totossicità

16,0%0,3%

38,3%

16,7%

28,7%

scambiabile solubile organico precipitato residuo

Fig. 2c – Grafico C

zione legata alla sostanza organica, che dimi-nuisce solo leggermente, ma soprattutto del rame in forma residua che è quello meno di-sponibile (Fig. 2a-b-c).

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Il rame scambiabile diminuisce drasticamente all’aumentare del pH (Fig. 3): anche l’aumento di una sola unità di pH, per esempio da 5 a 6, può portare quasi a zero questa forma di ra-me particolarmente fitotossica.

La forma più fitotossica è quella di catione bi-valente non complessato, definita come rame libero, e questo si correlava inversamente con il carbonio estraibile totale (in pratica acidi umici e fulvici), quindi una buona dotazione di sostanze umiche può limitare la concen-trazione di rame libero. è stato verificato che, mettendo in ordine decrescente di rame libe-ro estraibile i suoli esaminati, si poteva discri-minare chiaramente il gruppo di suoli dove i vegetali manifestavano sintomi di fitotossicità da quello dove invece sintomi non erano pre-senti, con una soglia di tossicità intorno a 0.10 mg/kg di rame libero. Attraverso un’estrazio-ne con resina a scambio cationico debole è

stata simulata l’attività di una radice, che as-sorbe il rame disponibile attingendo dal pool di rame del suolo meno strettamente legato alla frazione solida, ed abbiamo visto, con un analisi statistica, che la maggior parte delle metodologie di estrazione utilizzate, tranne il metodo del rame assimilabile estratto in EDTA, era capace di discriminare fino al 95% tra i due gruppi di campioni, mentre soltan-to il metodo di estrazione con le resine era in grado di discriminare al 99%.

Per verificare ulteriormente la selettività dei metodi analitici utilizzati, si è ripetuto l’espe-rimento su altri suoli, raccogliendo nuovi campioni dove gli agricoltori accusavano dei problemi ed altri campioni dove invece i problemi non c’erano. Abbiamo quindi po-tuto stabilire un valore soglia indicativo per il rischio di fitotossicità, intorno a 40- 50 mg di rame estraibile con le resine per kg di suolo.

Fig. 3 – Influenza del pH sul rame scambiabile

0

5

10

15

20

4 5 6 7

pH

Cu K

NO

3 (% s

u Cu

tota

le)

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La manifestazione di sintomi di fitotossicità dipende in gran parte dalla resistenza della coltura al rame, oltre che dalle caratteristiche del suolo (quelli analizzati erano suoli dello stesso tipo, acidi, con una dotazione media di sostanza organica e quasi tutti in prevalenza sabbiosi); suoli molto diversi possono com-portarsi diversamente.

Il rischio di tossicità, anche molto grave, nelle colture che seguono la vite può essere reale. Quindi chi decidesse di sostituire il proprio vi-gneto con altre colture ne deve tenere conto, magari indirizzandosi verso varietà resistenti o verso colture arboree con apparato radica-le profondo. Chi volesse conoscere in antici-po l’entità del rischio, l’estrazione con resine è lo strumento più valido per il tipo di suoli sopra descritto. Non disponendo di questo strumento, anche l’analisi del rame totale o del rame scambiabile può dare qualche indi-cazione di massima (stranamente, in questo tipo di suoli, il metodo per il rame “assimilabi-le” è forse quello meno efficace).

Nel caso ci si trovi già con una coltura che manifesta i sintomi di tossicità è necessario

applicare semplici regole di buon senso, che la ricerca ha convalidato: arature profonde per rimescolare il suolo creando un effetto emulsione dei metalli, procedendo trasver-salmente rispetto a come erano posizionati i filari, poichè il tipico assetto delle fitotossicita da rame nei terreni ex-vitati, è localizzato a strisce.

I sintomi caratteristici sono: coltura stentata, o addirittura moribonda dove c’era il filare, mentre dove c’era l’interfila le anomalie sono spesso più lievi. Quindi riuscendo a rimesco-lare meglio il suolo possiamo sperare di scen-dere al di sotto della soglia di fitotossicità. Possiamo calcitare, poiché abbiamo visto che il pH è un fattore strategico nel bloccare il ra-me sotto forma di precipitati, tenendo conto che l’effetto delle calcitazioni non è definitivo ma bisogna periodicamente ripeterle. è con-sigliabile aumentare la dotazione di sostanza organica ben umificata (la sostanza organica solubile potrebbe invece aumentare la solu-bilità del rame): la distribuzione di abbondan-te letame maturo potrebbe essere un valido aiuto.

Il progetto sperimentale “Fitotossicità da rame in suoli acidi ex-vitati”, è stato realizzato da:Maria Martin, Simona Menardo, Elisabetta Barberis • Università degli Studi di Torino, Di.Va.P.R.A.Monica Brugiafreddo • Gruppi Coltivatori Sviluppo TorinoGiancarlo Bourlot • Laboratorio Agrochimico Regionale (LAR) - Settore Fitosanitario.

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Alessandro Triantafyllidis – Area Internazio-nale Comitato Scientifico AIAB.

Dal 1° gennaio 2009 è entrato in vigore il nuovo regolamento del biologico. Alcu-

ne sezioni non sono attive (acquacoltura e vi-nificazione), ma lo saranno a breve, pertanto per la vendemmia 2010 si potrebbe parlare di come fare vino biologico in cantina e non solo vino da uve biologiche.

La problematica del rame in agricoltura biolo-gica è nota da tempo e sono noti anche tutti gli sforzi fatti, nel settore biologico molto più che nel convenzionale, per ridurre l’utilizzo del rame in agricoltura. Tuttavia, studi che si fanno da 15 anni o più per cercare sostanze alternative al rame o comunque per miglio-rarne l’utilizzo, hanno contribuito a ridurne l’impiego, ma non a sostituirlo.

Il motivo per il quale il rame è ancora fonda-mentale nell’ambito dell’agricoltura biologica è che le alternative non ci sono state. C’è stato un progetto europeo finanziato nel Quinto Programma Quadro che ha analizzato delle possibili alternative, ma non sono emerse del-le novità fondamentali.

Il rame è un prodotto polifunzionale, non agi-sce solo sulla peronospora, ma anche su tutta un’altra serie di malattie fungine e non, viene utilizzato su molte specie e non solo sulla vi-te, il prodotto come sale non crea resistenza,

L’impiego del rame a livello europeo: evoluzione della normativa

quindi ha tantissimi aspetti positivi oltre a quelli negativi di accumulo nel terreno; inol-tre il limite che è attualmente in vigore e che è stato confermato nella nuova normativa è già decisamente basso.

Per quanto riguarda il problema dell’accu-mulo di rame nel terreno, con conseguente influenza sulla produzione delle colture che seguono la vite, bisogna anche considera-re come sia sicuramente minore nei terreni biologici rispetto a quelli convenzionali, in quanto l’agricoltura biologica promuove un miglioramento della qualità della S.O. che c’è nel suolo, tale da ridurre la solubilità del ca-tione rame.

A livello europeo, il processo di revisione del-la direttiva 414 del 1991 ha sollevato l’ipotesi di esclusione del rame dall’elenco dei principi attivi utilizzabili per il controllo fitopatologico.

Per ora è solo stato spostato dall’allegato A (perciò si può utilizzare direttamente senza che gli stati membri intervengano a dare in-dicazioni) all’allegato B, che significa che si potrà utilizzare fino al 2017; poi andrà in revi-sione, al termine della quale gli stati membri decideranno come usarlo, in che forma e con che limitazione.

Le situazioni in Europa sono varie:

• in Danimarca è vietato completamente. In questo stato non si produce vino ma pa-tate per lo più precoci ed altre produzioni;

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con gli attuali divieti esistenti, la Danimarca ha smesso di produrre patate biologiche, preferendo importarle da Paesi dove co-munque si fa uso di rame spostando quindi semplicemente i termini del problema;

• in Olanda l’uso del rame è anche vietato; per tale ragione la frutticoltura ha avuto decisa-mente grandi problemi anche se esistono al-cuni composti venduti come concimi fogliari a base di rame che possono essere usati;

• in Germania e in Austria c’è stata un’auto-limitazione a 3 Kg pur di non perderlo del tutto, ma questo è stato possibile perché loro hanno un’alternativa al rame costituita da un prodotto che non è registrato altrove in Europa (il fosfito di potassio).

Cos’ha fatto AIAB visto che il problema è gran-de per tutto il movimento del biologico?

Inizialmente è stato proposto al Ministero italiano di stabilire una limitazione a 6 Kg di rame/ettaro/anno per il bio e per il conven-

zionale, cioè uguale per tutti, senza fare più distinzione e, dopo un periodo di prova di 5 anni, arrivare a valutare se le dosi possono essere diminuite, se la ricerca è andata avanti e se sono state individuate delle alternative o meno. AIAB propone comunque l’inserimen-to del rame nell’allegato A.

Attualmente AIAB promuove la ricerca di al-ternative al rame (anche una eventuale riva-lutazione del fosfito di potassio) e la forma-zione di un gruppo compatto preparato al post- 2017.

Alcuni paesi utilizzano già il fosfito di potassio in agricoltura biologica, non come fitofarma-co ma come biostimolante, in quanto pro-muove la produzione di fitoalessine, sostanze di difesa naturale delle piante di comprovata efficacia, ma è un prodotto di sintesi ad azio-ne sistemica, diversamente da tutti gli altri prodotti ammessi in biologico che sono di contatto.

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Gianluigi Longatti – Enologo.

Indipendentemente dal sistema di produ-zione, convenzionale o biologico, la pro-

duzione in campo di uva di buona qualità è determinante per la successiva vinificazione; in questo è inclusa l’assenza di residui di rame in quanto, se utile in agricoltura, è dannoso durante le fasi di vinificazione.

Prove di vinificazione in assenza di rame, con-dotte dal 2003, hanno permesso di apprezza-re migliorie sul vino per tutti e tre gli elementi su cui si basa l’enologia: aromi, fermentazio-ne e colore. Ci sarebbe un quarto elemento, l’enologo, che oggi pesa per l’80% sul succes-so del vino, ma se si arrivasse in cantina con un’uva migliore, l’enologo non servirebbe più per la produzione ma potrebbe finalmente dedicarsi al miglioramento del prodotto.

Queste prove sono state condotte per diversi anni sulla base di un protocollo che prevede-va il prelievo e l’analisi di un campione di vino (ogni 3 mesi) al fine di seguirne le evoluzioni aromatiche, di colore e di fermentazione, sia su vini provenienti da vitigni cosiddetti aro-matici, esempio sauvignon, sia su vitigni me-no aromatici.

In assenza di rame sulle uve si è riusciti ad ot-tenere delle estrazioni di aromi dai vini a dir poco eccezionali, al punto che molti produt-tori a distanza di 2-3 anni non riconoscevano i

Risultati di prove di vinificazione condotte in assenza di rame

loro prodotti; erano altri vini, caratterizzati da altre aromaticità. Ulteriori prove su Nebbiolo, vitigno con determinate caratteristiche aro-matiche e con quadro polifenolico naturale non sicuramente intenso, hanno evidenziato una migliore estrazione naturale del colore e soprattutto una sua stabilità nel tempo, fatto-re di importanza strategica per un vino a lun-ga vita. Anche l’evoluzione dei fattori aroma-tici ha dato segni evidenti di miglioramento.

In fase di fermentazione primaria, ovvero la fermentazione alcolica, il rame va a inibire il corredo microbiologico del prodotto e prima ancora sulla buccia, opera una selezione della microflora presente che è altrimenti caratteri-stica di ogni tipologia di vitigno e di un certo microclima. Il rispetto, quindi, del corredo mi-crobiologico sano dell’uva con basso tenore di rame mantiene l’originalità del prodotto, contribuendo al mantenimento delle sue na-turali diversità, ovvero delle peculiarità del prodotto: piccole variazioni danno origine a grandi risultati.

Partendo quindi da uva migliore, più naturale, siamo riusciti a condurre fermentazioni senza lieviti aggiunti, con delle regolarità di fermen-tazione degne di nota; anche la fermentazio-ne malo - lattica dei prodotti in esame è avve-nuta completamente, in modo snello e senza interventi significativi.

Ad esaurimento del capitolo fermentazione possiamo dire che le due fermentazioni prin-

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cipali di qualsiasi tipologia di vino, sia esso bianco, rosso, di struttura, ecc., sono state ca-ratterizzate in assenza di rame da una grande regolarità e da estrema fluidità.

Il terzo elemento: il colore, inteso come pa-trimonio polifenolico del prodotto e non come fattore cromatico di intensità. Con fer-mentazioni in assenza di rame si è riusciti ad ottenere, nelle fermentazioni di uve a bacca rossa, risultati entusiasmanti: colori intensi e naturali per quel tipo di vitigno, e soprattut-to stabili nel tempo. Prove tecnologiche ade-guate che simulano l’invecchiamento dei vini hanno permesso di evidenziare un aumento progressivo della tonalità colore prodotto, con successiva sua stabilizzazione su valo-ri significativi dal punto di vista dell’analisi organolettica visiva. La stabilità del colore è importante non solo per l’intensità, ma anche e soprattutto per la sua tannicità. Prodotti a base Nebbiolo, vinificati in assenza di tratta-

menti rameici hanno originato vini che già dal primo anno si presentavano con una tannicità più morbida, lineare, rotonda, molto diversa dai canoni tradizionali di vitigni come il Neb-biolo da Barolo che arriva ad essere così dopo anni, dopo essere passato in legno, con gli af-finamenti, ecc. I test hanno evidenziato inol-tre un allungamento della vita commerciale dei vini in esame.

A fronte di questi risultati sarebbe veramente auspicabile che il settore vitivinicolo si prodi-gasse per incrementare le produzioni che pre-vedono la drastica diminuzione di rame e dei metalli pesanti nel terreno e nei trattamenti, al fine di poter usufruire, a breve o a medio periodo, di sistemi produttivi puliti che con-cretamente aiutino l’agricoltura intensiva, e non solo quella amatoriale, ad una maggiore divulgazione della genuinità e sicurezza ali-mentare, unici precursori della vera qualità del prodotto.

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Dibattito Domande del pubblico

D. (Scapin) Vorrei esprimere il mio apprezzamento e la condivisione per quanto concerne la strategia e la filo-sofia di fondo che caratterizza lo studio del sistema Coptimizer per la gestione della peronospora, perché mi sembra che effettivamente, vista la necessità di ridurre l’uso del rame metallo, la strategia da seguire non possa essere soltanto quella della scelta dei formulati. L’industria in questi ultimi anni ha lavorato tantissimo nella direzione di mettere a punto formulati a bassi dosaggi, ma occorre che la difesa sia gestita razionalmente, cioè secondo criteri di lotta guidata, tenendo conto di quelle che sono le esigenze, la biologia, i rischi che il patogeno può produrre nell’arco della campagna, quindi mi sembra che questo sistema, che non è un modello previsionale, ma un sistema di supporto alla decisione abbia una notevole efficacia in questo senso, perché è costruito in termini molto concre-ti, utilizzando conoscenze già ampiamente consolidate e verificate. Volevo però chiedere alcune informazioni alla dott.ssa Pertot: ci ha parlato del dilavamento e ha dimostrato, attraverso le prove realizzate, che diversi sali di rame hanno diversi livelli di resistenza al dilavamento, smantellando, attraverso un dato fortemente innovativo, un concetto che da tempo è consolidato in ambito vi-ticolo. Il dato che mi interessava conoscere in dettaglio è la soglia di dilavamento che il program-ma utilizza, cioè il numero di millimetri di pioggia in corrispondenza dei quali decide che la vite è scoperta e quindi è necessario fare un altro trattamento. Inoltre, mi è parso di capire che il sistema tenga conto della progressione del dilavamento per cui probabilmente non c’è una soglia precisa, ma dice all’agricoltore di ricaricare con tanta dose perché la situazione è questa. Infine sulla regola dei tre dieci: nei testi classici si parla di temperature minime stabilizzate intorno ai 10°, lei invece ci ha parlato di temperature medie sui 10°, che è un dato significativamente diverso, vorrei qualche chiarimento in proposito. Grazie

R. (Pertot)Riguardo alla tabella, essa è molto complessa e tiene conto, per il calcolo dei seguenti principi: se il rischio di pioggia nei giorni seguenti è molto elevato abbiamo impostato una copertura di 70 g di rame e, ovviamente, se esiste un residuo del trattamento precedente andiamo solo a integrarlo. In situazioni meno rischiose, ad annata avanzata, scendiamo a 50 e poi a 30 g di rame. Il concetto è che si vuole ripristinare il residuo precedente a un valore piuttosto elevato, con rischio di piogge ci sono questi valori precauzionali. Nel caso di prefioritura a dilavamento completo, con rischio alto abbiamo addirittura messo i 100 g. Questi parametri sono quelli impiegati nella nostra validazione, però il programma permette la variazione e la personalizzazione di tutti i parametri.Per quanto riguarda la resistenza al dilavamento dei diversi sali di rame bisogna dire che probabil-mente se usassimo vecchie formulazioni vedremmo delle differenze, ma con i prodotti che abbiamo utilizzato in prova, di nuova formulazione, in effetti, non si notano differenze nella resistenza al dila-vamento, ma la formulazione aiuta. Questo lo abbiamo notato passando dai vecchi idrossidi di rame al Kocide 3000 dove l’efficacia cambia, quindi la formulazione ha una discreta influenza.Per quanto riguarda la regola dei “tre dieci” abbiamo assunto la temperatura media per semplifica-zione, proprio per permettere anche all’agricoltore o al tecnico di prendere questo valore medio anche usando un termometro. Anche questo valore di temperatura può essere cambiato. Anche il modello previsionale può essere cambiato, perché il sistema è stato fatto per essere gestito a tutti i livelli, anche da un centro di consulenza o da un amministratore centrale. Se volessimo inserire all’interno del sistema un modello più complesso, ma più preciso, saremmo liberi di farlo. Adesso ci sono modelli che permettono risultati molto migliori. Il prof. Rossi (Rossi et al., 2008) ha recen-temente pubblicato un modello sulle infezioni primarie che potrà cambiare anche la nostra idea sull’infezione primaria, è un pò più complesso però gestirlo in Coptimizer, pensando anche a molte aziende biologiche che sono slegate da un sistema di consulenza.

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Emerge, dai lavori presentati, che il rame è purtroppo ancora indispensabile. Pur-

troppo, perché vorremmo disporre di prodot-ti di origine naturale che permettessero di so-stituire questo metallo pesante con prodotti più sostenibili, più compatibili con l’attività agricola. Per contro non possiamo dimentica-re i vantaggi e i progressi che rispetto ad una situazione di pochi anni fa si è riusciti a rende-re abbastanza comune.

Qualche anno fa ci si domandava se potessero essere sufficienti gli 8 Kg quando prima della normativa se ne distribuivano di più, dopo ci si è chiesti se sarebbero stati sufficienti i 6 kg ed oggi si punta ad abbassare ulteriormente i dosaggi.

La tendenza è quindi quella di diminuire il quantitativo di rame e stiamo realizzando progressivamente questa tendenza, grazie ai supporti, alle decisioni, all’esperienza di pro-dotti alternativi e all’eccezionale progresso di attendibilità delle previsioni meteo.

Il rame è ancora indispensabile perché non sono state individuate molecole alternative ugualmente efficienti, ma con programmi di supporto gestionale è possibile ridurne la quantità distribuita del 50%. Uno dei maggio-ri aspetti negativi del rame è quello dell’ac-cumulo nel terreno, ma è anche vero che i quantitativi di rame attualmente presenti nei terreni vitati derivano dai primi decenni di utilizzo ai dosaggi allora in uso (oggi siamo

Conclusioni del moderatore

5-10 volte più bassi). Si è tentato di lavorare sull’aspetto dosaggi perché questo concorre più che altro a rendere compatibile l’impiego del rame.

La dinamica di accumulo del rame nel terre-no è legata alla sostanza organica e al pH. In Trentino Alto Adige, avendo matrici dolomiti-che, abbiamo fortunatamente pH sub alcalini e buoni livelli di S.O. grazie agli inerbimenti permanenti pressoché di tutti i vigneti, quindi questi accumuli di rame (di alcune centinaia di ppm) vengono molto ben immobilizzati nei primi strati e non costituiscono un grosso pro-blema. è chiaro che in un terreno ciottoloso, ricco di scheletro, con pericolo di percolazio-ne del rame in falda, anche per mancanza di sostanza organica e in mancanza di copertura vegetale del terreno, la presenza dello stesso oltre i limiti costituirebbe un problema.

Quindi è importante considerare oltre al con-tenuto di rame in assoluto, il tipo di terreno, le sue caratteristiche e quindi definire un indice di gravità del problema, perché è evidente che la soglia di attenzione che era stata richia-mata a 100 ppm, dopo mezzo secolo di attivi-tà agricola di viticoltura, normalmente, viene superata.

I terreni naturali hanno qualche decina di ppm di rame normalmente, quindi il terreno conserva traccia di quello che è stato fatto nei secoli precedenti.

Paesi come la Danimarca e l’Olanda, che han-

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no terreni prevalentemente acidi, registrano il passaggio del rame nelle falde con conse-guente inquinamento delle risorse idriche e perciò pongono un’attenzione diversa rispet-to a quella legata a terreni sub alcalini, ricchi di carbonati con sostanza organica buona. Quindi ognuno cerca di limitare le conse-guenze legate all’utilizzo del rame con le re-lative misure.

La posizione intermedia di Austria e Germania è quella di avere trovato una parziale alternati-va in concimi fogliari a base di fosfito di potas-sio. L’utilizzo di questo sale pone dei problemi perché, benché derivi da una semplice reazio-ne tra acido fosforoso e idrossido di potassio,

si tratta comunque di un prodotto di sintesi e soprattutto dotato di attività sistemica che da un lato promuove la produzione di fitoales-sine, sostanze di difesa naturale delle piante, dall’altro, diversamente dagli altri prodotti ammessi in biologico che sono di contatto, entra nel sistema di conduzione della pianta.

Quindi, al di là dell’efficacia che è nota da mol-to tempo e che è stata provata in parecchie occasioni, ci si chiede se l’utilizzo di un pro-dotto sistemico possa alterare quelli che sono i meccanismi normali di fisiologia della vite.

Problema che in viticoltura convenzionale non esiste in quanto i prodotti sistemici ci so-no dall’inizio degli anni Ottanta.

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Bibliografia per approfondimenti

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Pertot I., Dagostin S., Ferrari A., Gobin D., Prodorutti D., Gesler C., 2005. Principali malattie e insetti della vite. La peronospora della vite - Safecrop.


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