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Il sangue dei Martiri è seme di nuovi cristiani Marzo 2017/giornalino... · Un rito, che trae le...

Date post: 16-Feb-2019
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Oggi, primo giorno di Quaresima, quale rito abbiamo noi compiuto? Un rito, che trae le sue origini dalla più lontana antichità; il Vecchio Te- stamento ce lo ha inse- gnato, le origini cristia- ne lo hanno praticato, la liturgia, fin dall'alto medioevo, lo ha fatto proprio, lo spirito reli- gioso cristiano del no- stro tempo lo ha con- servato; è il rito della imposizione delle cene- ri sul capo dei membri della comunità eccle- siale, ministri o fedeli che siano. Parla da sé: un linguaggio impres- sionante e esuberante di significati circa la ca- ducità della nostra vita, come ineluttabile verità, che rovescia la nostra illusoria ed abituale opi- nione della sua stabili- tà; circa la coscienza spietatamente realisti- ca, che dobbiamo ave- re della nostra miseria morale; circa il bisogno di confrontare questa inanità del nostro esse- re con il mistero di Dio, che in questa visione crudamente obiettiva, ma unilaterale, delle nostre condizioni fragi- lissime e colpevoli ci appare nella sua terribi- lità soverchiante ed ine- sorabile; circa la necessi- tà imperiosa di vincere la disperazione, che sem- brerebbe essere la fatale conclusione del nostro disastroso bilancio uma- no, se uno scampo non ci fosse ancora offerto; uno scampo, che intuiamo ancora vicino e provvi- denziale, la penitenza. Una parola, estremamen- te severa, ma, in fondo, estremamente confortan- te, una parola di Gesù batte oggi alla porta della nostra coscienza; ed è questa: «Se non farete penitenza, voi perirete tutti». Quale serie di pensieri inusitati per la nostra ge- nerazione, che si qualifica l'età del benessere! [...] Come mai la Chiesa vie- ne ancora a parlarci di penitenza? Il quadro si fa largo, e la scena interessante. Sarà da meditare. Innanzi tutto per discolpare la Chiesa, anzi Cristo, dall'accusa di rendere triste la nostra esistenza, e di farle man- care ciò di cui ha bisogno, mettendo pure nel biso- gno umano ogni sano progresso. La Chiesa non solo non si opporrà al be- nessere legittimo e mo- derno, ma lo favorirà. Tut- tavia essa tradirebbe la sua missione, ch'è rivolta al vero bene dell'uomo, se lo lasciasse nell'illusio- ne che il benessere basta a renderlo felice; e che la felicità, se pur è raggiungibile, del benessere è sufficiente al destino al quale è rivolta la vita dell'uomo, e che questa non comporta ben altre esigenze che quelle che il benessere culturale ed economico moderno può soddisfare. [...] La Chiesa non rinuncia a imputare all'uomo che cerca soltanto se stesso la sua fallacia, la sua bassezza, la sua necessità di purificazione e di elevazione. Questo è il primo capitolo della peni- tenza: il risveglio della coscienza; come si legge nella parabola del figliuol prodigo: in se reversus, ritornato in sé. Poi viene quello delle scelte: l'uomo è un essere assai complicato; non può esplicarsi senza scegliere un piano libero e logico insieme, quello della ragione, della verità. E ciò comporta abnegazione e sforzo; l'abstine et sustine, della saggezza stoica: occorre un dominio di sé, una gerarchia di operazioni, una moderazione di alcuni atti, e una promozione di altri, cioè occorre seguire un disegno, una legge, un modello di uomo vero e completo, che noi sappiamo essere Cristo, il vero Figlio dell'uomo, il Quale nella sua immensa stima per l'uomo, e nel suo immenso amore, ci dirà due cose: che nell'uomo vi è un disordine mortale, il peccato, e che solo Lui, Cristo, vale a ripararlo. E allora la rispondenza dell'uomo, edotto da questa indiscutibile diagnosi, si porrà in un atteggiamento, qualificato da un corrispondente duplice sentimen- to, di intrinseco dolore e di implorante amore. Tutto questo è la penitenza. Comprendiamo come essa entri necessariamente nella psicologia, nella coscienza, nella verità dell'uomo; e quanto più egli è in grado di compren- dere il dramma che lo riguarda, tanto più apprez- zerà questa redentrice sapienza. Vediamo, figli carissimi, di farla nostra, special- mente in questo tempus acceptabile, in questo pe- riodo propizio, ch'è la Quaresima; e sperimentere- mo ch'essa non dà né tristezza, né minorazione di vita; ma ci guida alla speranza e alla gioia della Pasqua di risurrezione.(11.02.1970,Paolo VI) Il sangue dei Martiri è seme di nuovi cristiani MARZO 2017
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Oggi, primo giorno di Quaresima, quale rito abbiamo noi compiuto? Un rito, che trae le sue origini dalla più lontana antichità; il Vecchio Te-stamento ce lo ha inse-gnato, le origini cristia-ne lo hanno praticato, la liturgia, fin dall'alto medioevo, lo ha fatto proprio, lo spirito reli-gioso cristiano del no-stro tempo lo ha con-servato; è il rito della imposizione delle cene-ri sul capo dei membri della comunità eccle-siale, ministri o fedeli che siano. Parla da sé: un linguaggio impres-sionante e esuberante di significati circa la ca-ducità della nostra vita, come ineluttabile verità, che rovescia la nostra illusoria ed abituale opi-nione della sua stabili-tà; circa la coscienza spietatamente realisti-ca, che dobbiamo ave-re della nostra miseria morale; circa il bisogno di confrontare questa inanità del nostro esse-re con il mistero di Dio, che in questa visione crudamente obiettiva, ma unilaterale, delle nostre condizioni fragi-lissime e colpevoli ci appare nella sua terribi-lità soverchiante ed ine-

sorabile; circa la necessi-tà imperiosa di vincere la disperazione, che sem-brerebbe essere la fatale conclusione del nostro disastroso bilancio uma-no, se uno scampo non ci fosse ancora offerto; uno scampo, che intuiamo ancora vicino e provvi-denziale, la penitenza. Una parola, estremamen-te severa, ma, in fondo, estremamente confortan-te, una parola di Gesù batte oggi alla porta della nostra coscienza; ed è questa: «Se non farete penitenza, voi perirete tutti». Quale serie di pensieri inusitati per la nostra ge-nerazione, che si qualifica l'età del benessere! [...] Come mai la Chiesa vie-ne ancora a parlarci di penitenza?

Il quadro si fa largo, e la scena interessante. Sarà da meditare. Innanzi tutto per discolpare la Chiesa, anzi Cristo, dall'accusa di rendere triste la nostra esistenza, e di farle man-care ciò di cui ha bisogno, mettendo pure nel biso-gno umano ogni sano progresso. La Chiesa non solo non si opporrà al be-nessere legittimo e mo-derno, ma lo favorirà. Tut-tavia essa tradirebbe la sua missione, ch'è rivolta

al vero bene dell'uomo, se lo lasciasse nell'illusio-ne che il benessere basta a renderlo felice; e che la felicità, se pur è raggiungibile, del benessere è sufficiente al destino al quale è rivolta la vita dell'uomo, e che questa non comporta ben altre esigenze che quelle che il benessere culturale ed economico moderno può soddisfare. [...] La Chiesa non rinuncia a imputare all'uomo che cerca soltanto se stesso la sua fallacia, la sua bassezza, la sua necessità di purificazione e di elevazione. Questo è il primo capitolo della peni-tenza: il risveglio della coscienza; come si legge nella parabola del figliuol prodigo: in se reversus, ritornato in sé. Poi viene quello delle scelte: l'uomo è un essere assai complicato; non può esplicarsi senza scegliere un piano libero e logico insieme, quello della ragione, della verità. E ciò comporta abnegazione e sforzo; l'abstine et sustine, della saggezza stoica: occorre un dominio di sé, una gerarchia di operazioni, una moderazione di alcuni atti, e una promozione di altri, cioè occorre seguire un disegno, una legge, un modello di uomo vero e completo, che noi sappiamo essere Cristo, il vero Figlio dell'uomo, il Quale nella sua immensa stima per l'uomo, e nel suo immenso amore, ci dirà due cose: che nell'uomo vi è un disordine mortale, il peccato, e che solo Lui, Cristo, vale a ripararlo. E allora la rispondenza dell'uomo, edotto da questa indiscutibile diagnosi, si porrà in un atteggiamento, qualificato da un corrispondente duplice sentimen-to, di intrinseco dolore e di implorante amore. Tutto questo è la penitenza. Comprendiamo come essa entri necessariamente nella psicologia, nella coscienza, nella verità dell'uomo; e quanto più egli è in grado di compren-dere il dramma che lo riguarda, tanto più apprez-zerà questa redentrice sapienza. Vediamo, figli carissimi, di farla nostra, special-mente in questo tempus acceptabile, in questo pe-riodo propizio, ch'è la Quaresima; e sperimentere-mo ch'essa non dà né tristezza, né minorazione di vita; ma ci guida alla speranza e alla gioia della Pasqua di risurrezione.(11.02.1970,Paolo VI)

Il sangue dei Martiri è seme di nuovi cristiani

MARZO 2017

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1. L’altro è un dono La parabola comincia presentando i due personaggi principali, ma è il povero che viene descritto in maniera più det-tagliata: egli si trova in una condizione disperata e non ha la forza di risollevarsi, giace alla porta del ricco e mangia le briciole che cadono dalla sua tavola, ha piaghe in tutto il corpo e i cani vengono a leccarle (cfr vv. 20-21). Il qua-dro dunque è cupo, e l’uomo degradato e umiliato. La scena risulta ancora più drammatica se si considera che il povero si chiama Lazzaro: un nome carico di promesse, che alla lettera significa «Dio aiuta». Perciò questo personaggio non è anonimo, ha tratti ben precisi e si presenta co-me un individuo a cui associare una storia personale. Mentre per il ricco egli è come invisibile, per noi diventa noto e quasi familiare, diventa un volto; e, come tale, un dono, una ricchezza inestimabile, un essere voluto, amato, ricorda-to da Dio, anche se la sua concreta condizione è quella di un rifiuto umano (cfr Omelia nella S. Messa, 8 gennaio 2016). Lazzaro ci insegna che l’altro è un dono. La giusta relazione con le persone consiste nel riconoscerne con gratitudine il valore. Anche il povero alla porta del ricco non è un fastidioso ingombro, ma un appello a convertirsi e a cambiare vita. Il primo invito che ci fa questa parabola è quello di aprire la porta del nostro cuore all’altro, perché ogni perso-na è un dono, sia il nostro vicino sia il povero sconosciuto. La Quaresima è un tempo propizio per aprire la porta ad ogni bisognoso e riconosce-re in lui o in lei il volto di Cristo. Ognuno di noi ne incontra sul proprio cammino. Ogni vita che ci viene incontro è un dono e merita acco-glienza, rispetto, amore. La Parola di Dio ci aiuta ad aprire gli occhi per ac- cogliere la vita e a-marla, soprattutto quando è debole. Ma per poter fare questo è necessario prendere sul serio an-che quanto il Vangelo ci rivela a proposito dell’uomo ricco. 2. Il peccato ci acceca La parabola è impietosa nell’evidenziare le contraddizioni in cui si tro- va il ricco (cfr v. 19). Questo personaggio, al contrario del povero Lazzaro, non ha un nome, è qualificato solo come “ricco”. La sua opulenza si manifesta negli abiti che indossa, di un lusso esagerato. La porpora infatti era molto pregiata, più dell’argento e dell’oro, e per questo era riservato alle divinità (cfr Ger 10,9) e ai re (cfr Gdc 8,26). Il bisso era un lino speciale che contribuiva a dare al porta-mento un carattere quasi sacro. Dunque la ricchezza di quest’uomo è eccessiva, anche perché esibita ogni giorno, in modo abitudinario: «Ogni giorno si dava a lauti banchetti» (v. 19). In lui si intravede drammaticamente la corruzione del peccato, che si realizza in tre momenti successivi: l’amore per il denaro, la vanità e la superbia (cfr Omelia nella S. Messa, 20 settembre 2013). Dice l’apostolo Paolo che «l’avidità del denaro è la radice di tutti i mali» (1 Tm 6,10). Essa è il principale motivo della corruzione e fonte di invidie, litigi e sospetti. Il denaro può arrivare a dominarci, così da diventare un idolo ti-rannico (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 55). Invece di essere uno strumento al nostro servizio per compiere il bene ed esercitare la solidarietà con gli altri, il denaro può asservire noi e il mondo intero ad una logica egoistica che non lascia spazio all’amore e ostacola la pace. La parabola ci mostra poi che la cupidigia del ricco lo rende vanitoso. La sua personalità si realizza nelle apparenze, nel far vedere agli altri ciò che lui può permettersi. Ma l’apparenza maschera il vuoto interiore. La sua vita è prigio-niera dell’esteriorità, della dimensione più superficiale ed effimera dell’esistenza (cfr ibid., 62). Il gradino più basso di questo degrado morale è la superbia. L’uomo ricco si veste come se fosse un re, simula il por-tamento di un dio, dimenticando di essere semplicemente un mortale. Per l’uomo corrotto dall’amore per le ricchezze non esiste altro che il proprio io, e per questo le persone che lo circondano non entrano nel suo sguardo. Il frutto dell’attaccamento al denaro è dunque una sorta di cecità: il ricco non vede il povero affamato, piagato e prostrato nella sua umiliazione. Guardando questo personaggio, si comprende perché il Vangelo sia così netto nel condannare l’amore per il denaro: «Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza» (Mt 6,24).

QUARESIMAQUARESIMA

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.3 La Parola è un dono Il Vangelo del ricco e del povero Lazzaro ci aiuta a prepararci bene alla Pasqua che si avvicina. La liturgia del Mer-coledì delle Ceneri ci invita a vivere un’esperienza simile a quella che fa il ricco in maniera molto drammatica. Il sacerdote, imponendo le ceneri sul capo, ripete le parole: «Ricordati che sei polvere e in polvere tornerai». Il ricco e il povero, infatti, muoiono entrambi e la parte principale della parabola si svolge nell’aldilà. I due personaggi scopro-no improvvisamente che «non abbiamo portato nulla nel mondo e nulla possiamo portare via» (1 Tm 6,7). Anche il nostro sguardo si apre all’aldilà, dove il ricco ha un lungo dialogo con Abramo, che chiama «padre» (Lc 16,24.27), dimostrando di far parte del popolo di Dio. Questo particolare rende la sua vita ancora più contraddittoria, perché finora non si era detto nulla della sua relazione con Dio. In effetti, nella sua vita non c’era posto per Dio, l’unico suo dio essendo lui stesso. Solo tra i tormenti dell’aldilà il ricco riconosce Lazzaro e vorrebbe che il povero alleviasse le sue sofferenze con un po’ di acqua. I gesti richiesti a Lazzaro sono simili a quelli che avrebbe potuto fare il ricco e che non ha mai compiu-to. Abramo, tuttavia, gli spiega: «Nella vita tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti» (v. 25). Nell’aldilà si ristabilisce una certa equità e i mali della vita vengono bilanciati dal bene. La parabola si protrae e così presenta un messaggio per tutti i cristiani. Infatti il ricco, che ha dei fratelli ancora in vita, chiede ad Abramo di mandare Lazzaro da loro per ammonirli; ma Abramo risponde: «Hanno Mosè e i profeti; ascoltino loro» (v. 29). E di fronte all’obiezione del ricco, aggiunge: «Se non ascoltano Mosè e i profeti, non saranno persuasi neanche se uno ri- sorgesse dai morti» (v. 31). In questo modo emerge il vero problema del ricco: la radice dei suoi mali è il non presta-re ascolto alla Parola di Dio; questo lo ha portato a non amare più Dio e quindi a disprez-zare il prossimo. La Parola di Dio è una forza viva, capace di suscitare la conversione nel cuore degli uomini e di orientare nuo- vamente la persona a Dio. Chiudere il cuore al dono di Dio che parla ha come conse- guenza il chiudere il cuore al dono del fratello. Cari fratelli e sorelle, la Quaresima è il tempo favorevole per rinnovarsi nell’incontro con Cristo vivo nella sua Parola, nei Sa- cramenti e nel prossimo. Il Signore – che nei quaranta giorni trascorsi nel deserto ha vinto gli inganni del Tentatore – ci indica il cammino da seguire. Lo Spirito Santo ci guidi a compiere un vero cammino di conver-sione, per riscoprire il dono della Parola di Dio, essere purificati dal peccato che ci ac-ceca e servire Cristo presente nei fratelli bisognosi. Incoraggio tutti i fedeli ad esprimere questo rinnovamento spirituale anche partecipando alle Campagne di Quaresima che molti organismi ecclesiali, in diverse par- ti del mondo, promuovono per far crescere la cultura dell’incontro nell’unica famiglia umana. Preghiamo gli uni per gli altri affinché, partecipi della vittoria di Cristo, sappia- mo aprire le nostre porte al debole e al povero. Allora potremo vivere e testimoniare in pienez- za la gioia della Pasqua.

Dal Vaticano, 18 ottobre 2016 Festa di San Luca Evangelista

Francesco

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CALENDARIO QUARESIMA 2017 MARZO /APRILE

25-26 FEBBRAIO CATECHESI IL SIGNIFICATO DELLA QUARESIMA incontro unitari o 1 MARZO ORE 17.50 APPUNTAMENTO LE CENERI OGNI GIOVEDI DI MARZO ORE 16.30 CENACOLO DELLO SPIR ITO SANTO OGNI VENERDI DI MARZO ORE 17.00 VIA CRUCIS IN PARRO CCHIA OGNI SABATO DI MARZO ORE 17.00 L’ORA DELLA MADRE 11 MARZO ORE 16.30 OPERATORI INCONTRO SUL TRIDUO PASQUALE 24 MARZO ORE 16.00 ADORAZIONE DELLA CROCE incontro unitario BASILICA DI SANT’ALESSANDRO 25 MARZO NENNOLINA-S.CROCE IN GERUSALEMME INCONTRO GENITORI-RAGAZZI 28 MARZO ORE 17.00 VIA CRUCIS RAGAZZI E GENITORI 29 MARZO ORE 17.00 VIA CRUCIS RAGAZZI E GENITORI 30 MARZO RITIRO QUARESIMA – OASI DELLA PACE i ncontro unitario 1-2 APRILE CATECHESI IL TRIDUO PASQUALE incontro unitario 5 APRILE ORE 15.00 VIA CRUCIS ZONA PASTORALE COAZZO CESARINA 7 APRILE ORE 17.00 VIA CRUCIS ZONA NOMENTANA 8 APRILE ORE 18.00 CESARINA LE PALME 8 APRILE ORE 18.00 PARROCCHIA LE PALME 9 APRILE ORE 9.30 PARROCCHIA LE PALME ORE 11.30 PARROCCHIA LE PALME ORE 11.30 CASAL MONASTERO LE PALME ORE18.00 PARROCCHIA LE PALME 10 APRILE ORE 11.00 BENEDIZIONE CASE RELIGIOSE ORE 12.30 BENEDIZIONE CASE FAMIGLIA ORE 18.30 LITURGIA PENITENZIALE INCONTRO UNITARIO 11 APRILE ORE 17.00 LITURGIA PENITENZIALE RAGAZZI-GENITORI 12 APRILE ORE 9.00-16.00 INCONTRO MALATI PARROCCHIA ORE 17.00 LITURGIA PENITENZIALE RAGAZZI GENITORI

TRIDUO PASQUALE

13 APRILE GIOVEDI SANTO ORE 18.00 S.MESSA NELLA CENA DEL SIGNORE ORE 19.30-23.30 ADORAZIONE 14 APRILE ORE 9.00 UFFICIO E LODI DEL MATTINO ORE 15.00 DIVINA MISERICORDIA ORE 18.30 AZIONE LITURGICA ORE 21.00 VIA CRUCIS PARROCCHIALE – CASAL MONASTERO 15 APRILE ORE 9.00 UFFICIO LETTURE E LODI SUORE FRANCESCANE ORE 16.00 ORA DELLA MADRE SUORE SALESIANE ORE 21.00 VEGLIA PASQUALE 16 APRILE PASQUA DI RISURREZIONE.ALLELUIA.ALLELUIA

ORE 8.30 S.GIUSEPPE ORE 10.00,11.30,18.00

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Qualche pensiero a proposito di Astinenza e Digiuno. 1) La legge del digiuno «obbliga a fare un unico pasto durante la giornata, ma non proibisce di prendere un po' di cibo al mattino e alla sera, attenendosi, per la quantità e la qualità, alle consuetudini locali approvate». 2) La legge dell’astinenza proibisce l’uso delle carni, come pure dei cibi e delle bevande che, ad un prudente giudi-zio, sono da considerarsi come particolarmente ricercati e costosi. 3) Il digiuno e l’astinenza, nel senso sopra precisato, devono essere osservati il Mercoledì delle Ceneri (o il primo venerdì di Quaresima per il rito ambrosiano) e il Venerdì della Passione e Morte del Signore Nostro Gesù Cristo; sono consigliati il Sabato Santo sino alla Veglia pasquale . 4) L’astinenza deve essere osservata in tutti e singoli i venerdì di Quaresima, a meno che coincidano con un giorno annoverato tra le solennità (come il 19 o il 25 marzo). In tutti gli altri venerdì dell’anno, a meno che coincidano con un giorno annoverato tra le solennità, si deve osservare l’astinenza nel senso detto oppure si deve compiere qualche altra opera di penitenza, di preghiera, di carità. 5) Alla legge del digiuno sono tenuti tutti i maggiorenni fino al 60° anno iniziato; alla legge dell’astinenza coloro che hanno compiuto il 14° anno di età. 6) Dall’osservanza dell’obbligo della legge del digiuno e dell’astinenza può scusare una ragione giusta, come ad e-sempio la salute. Inoltre, «il parroco, per una giusta causa e conforme alle disposizioni del Vescovo diocesano, può concedere la dispensa dall’obbligo di osservare il giorno (…) di penitenza, oppure commutarlo in altre opere pie; lo stesso può anche il Superiore di un istituto religioso o di una società di vita apostolica, se sono clericali di diritto pon-tificio, relativamente ai propri sudditi e agli altri che vivono giorno e notte nella loro casa». 16. L’insieme di queste riflessioni, destinate a rimotivare e a rinvigorire la prassi penitenziale del digiuno e dell’astinenza all’interno della comunità cristiana, non può concludersi senza un appello particolare alle famiglie e a quanti hanno responsabilità educative. I genitori e gli educatori avvertano l’importanza e la bellezza di formare i fanciulli, i ragazzi e i giovani al senso dell’adorazione di Dio e all’atteggiamento della gratitudine per i suoi doni: da questa radice religiosa scaturirà la for-za per l’autocontrollo, la sobrietà, la libertà critica di fronte ai bisogni superflui indotti dalla cultura consumista, il dono sincero di sé attraverso il volontariato, l’impegno a costruire rapporti solidali e fraterni. I genitori, per primi, sentano la responsabilità di essere testimoni con la loro stessa vita, segnata da sobrietà, apertura e attenzione operosa agli altri. Non indulgano alla diffusa tendenza di assecondare in tutto i figli, ma propongano loro coraggiosamente forti ideali e valori di vita, e li accompagnino a conseguirli con convinzione e generosità e senza temere l’inevitabile fatica connessa. Spingano verso uno stile di vita contrassegnato dalla gratuità e da uno spirito di servizio che sa vincere l’egoismo e l’indolenza. Quest’opera educativa ha motivazioni evangeliche e risorse originali: è parte integrante di quella formazione alla fe-de, alla preghiera personale e liturgica e al coinvolgimento attivo e responsabile nella vita e missione della Chiesa che i genitori cristiani sono chiamati ad assicurare ai loro figli in forza del ministero ricevuto con il sacramento del Matrimonio. Anche nella scuola, in particolare attraverso l’insegnamento della religione cattolica, si espongano i motivi e le forme del digiuno cristiano e si illustrino i significati personali e sociali dell’impegno penitenziale e in generale di ogni sforzo ascetico equilibrato. I giovani siano istruiti anche circa l’obbligo morale e canonico del digiuno, che ha inizio con i 18 anni. Ai fan-ciulli e ai ragazzi si propongano forme semplici e concrete di astinenza e di carità, aiutandoli a vincere la men-talità non poco diffusa per la quale il cibo e i beni materiali sarebbero fonte unica e sicura di felicità e a speri-mentare la gioia di dedicare il frutto di una rinuncia a colmare la necessità del fratello: «Vi è più gioia nel da-re che nel ricevere» (At 20,35). Come si vede da quest'ultimo paragrafo, sebbene in quanto a "legge", i più piccoli siano ovviamente esentati dalle pratiche penitenziali, anche i fanciulli e i ragazzi vanno educati a "forme semplici e concrete di astinenza e carità". Come dire: non è mai troppo presto per imparare i gesti evangelici che ci fanno sentire grandi. Proprio perchè le opere di penitenza sono proprie degli adulti cristiani, anche i ragazzi e i bambini, che come si sa non vogliono che crescere, si sentiranno spinti a imitare i grandi in questa che - almeno per una volta - è una santa emulazione!

MEDITAZIONE SULLA PREGHIERA

LETTURA: Dal libro di Ester al capitolo 4. Introduzione: Uno dei tre impegni della Quaresima, come ci è stato ricordato il mercoledì delle Ceneri, è la preghie-ra che con l’elemosina e il digiuno formano le tre dimensioni della vita cristiana. - Che cosa è la preghiera? Cosa vuol dire pregare? - "Io non sono capace di pregare". "Comincio a pregare e poi ... mi perdo, mi distraggo, mi vengono in mente altre cose" ... Che cosa? La no- stra vita che chiede di di-ventare preghiera. La pre- ghiera non è evasione dal-la vita, ma è portare la vita davanti a Dio, è aprire l’esistenza alla presenza di Dio. - Si deve partire da esempi di preghiera concreta. Ol-tre che nel Nuovo, nell'An- tico Testamento, con i 150 salmi (un apposito libro) si possono individuare alme-no una cinquantina di pre- ghiere. - Il testo della preghiera di Ester (giovedì della I setti-mana di Quaresima) pre- senta una situazione di vita che diventa preghiera (lei è una regina e il suo popolo rischia lo stermi- nio). - Si vedano anche: 1. Gen 18, 16 – 33: l’intercessione di Abramo 2. Gen 32, 10 – 13: la preghiera di Giacobbe 3. Es 15, 1 – 21: il canto di vittoria di Mosè 4. Dt 9, 25 – 29: la preghiera di Mosè 5. Dt 32, 1 – 43: il cantico di Mosè 6. Gs 7, 6 – 9: la preghiera di Giosuè 7. Gdc 5, 1 – 31: il canto di Debora 8. 1Sam 1, 9 – 18: la preghiera di Anna 9. 1 Sam 2, 1 – 11: il cantico di Anna 10. 1 Sam 3, 1 – 14: la chiamata e la risposta di Samuele 11. 2 Sam 7, 18 – 29: la preghiera di Davide 12. 2 Sam 22, 2 – 51: il cantico di Davide 13. 1 Re 3, 4 – 15: la preghiera di Salomone 14. 1 Re 3, 14 – 61: la preghiera di dedicazione del tempio 15. 1 Re 18, 36 – 39: la preghiera del profeta Elia 16. 2 Re 19, 14 – 19: la preghiera del re Ezechia 17. 1 Cr 16, 7 – 36: il canto di Davide 18. 1 Cr 29, 10 – 20: la benedizione di Davide 19. 2 Cr 14, 8 – 10: la preghiera del re Asa 20. 2 Cr 20, 5 – 12: la preghiera del re Giosafat 21. Esd 9, 5 – 15: la preghiera del sacerdote Esdra 22. Ne 9, 1 – 10, 1: preghiera di espiazione 23. Ne 1, 3 – 11: la preghiera del governatore Neemia

LA PREGHIERALA PREGHIERA

27. Gdt 9, 1 – 14: la preghiera di Giuditta 28. Gdt 16, 1 – 17 : il cantico di Giuditta 29.Est 4, 17: la preghiera di Mardocheo 30.2 Mac 1, 23 – 30: la preghiera dei sacerdoti 2 Mac 15, 21 – 30: la preghiera di Giuda Maccabeo 31.Pr 30, 7 – 9: una breve preghiera 32.Sap 8, 21 – 9, 18: la preghiera per avere la sapienza 33-Sir 36, 1 – 17: la preghiera per la liberazione 34.Sir 51, 1 – 12: un inno di ringraziamento 35.Is 12, 1 – 6: un salmo 36.Is 25, 1 – 5: un inno di ringraziamento 37.Is 26, 1 – 19: un altro inno di ringraziamento 38.Is 37, 14 – 20: la preghiera del re Ezechia 39.Is 42, 10 – 17: un inno di vittoria 40.Ger 14, 7 – 9. 17 – 22: una preghiera di supplica 41.Ger 17, 12 – 18: una preghiera 42.Bar 1, 15 – 3, 8: la confessione dei peccati 43.Dn 2, 19 – 23: la preghiera di Daniele 44.Dn 3, 24 – 45: il cantico di Azaria nella fornace 45.Dn 3, 51 – 90: il cantico dei tre giovani 46.Dn 9, 1 – 11: un’altra preghiera di Daniele 47.Gn 2, 1 – 11: la pre- ghiera di Giona - Tertulliano dice: se non trovi altro motivo per cui si debba pre-gare, guarda al Signore Gesù: lui stesso pregava; apparteneva ad un popolo che sapeva pregare e ha insegnato ai suoi. - Due sono le caratteristiche fon- damentali della preghiera biblica e di quella cristiana (la liturgia): il memoriale (ricordo, contemplazio-ne) e l’epiclesi (invocazione, supplica). Chi prega? - Tutti i cristiani sono chiamati a pregare (nessuno può dire: io no; oppure: io ho già pregato abba- stanza), da soli e insieme (famiglia, gruppo, comunità, parrocchia, diocesi). - Un interrogativo: si può prega- re al posto di un altro? Per un al-tro, sì; al suo posto, no! - Qualcuno ha paragonato la preghiera al respiro: se uno non respira muore. - La preghiera in famiglia: quanto è difficile! L'educazione alla preghiera invita a saper cogliere i momenti opportuni. Ai fidanzati e agli sposi amo richiamare l’attenzione al fatto che si mette tutto in comune, ma non la fede. Ai matri-moni “riconsegno” il Padre nostro come preghiera di coppia. Come si prega? - Si può pregare in tanti modi: preghiera spontanea, formule, i pii esercizi ma soprattutto con la preghiera biblica e quella liturgica: la preghiera della Chiesa. - “Non sprecate parole” ci raccomanda Gesù (Mt 6, 7). - La preghiera è anzitutto ascolto della Parola di Dio (Ascolta, Israele) e poi diventa risposta e invocazione a Dio (la lectio divina: lectio, meditatio, oratio, contemplatio).

Dove si prega? - Si può pregare dice il prefazio della Messa “sempre e dovunque”! Quindi si può pregare in tanti luoghi, in ogni luo-go. Ma certamente ci sono degli spazi in cui si è aiutati a pregare. - Il luogo proprio in cui si esprime pienamente e compiutamente il celebrare è la chiesa. - All’uomo della Bibbia è chiesto di pregare “quando entri e quando esci; quando cammini e quando riposi”, cioè sempre e ovunque! Quando si prega? - In tante situazioni della vita troviamo occasione per pregare: una preghiera di supplica, di lode, di ringraziamento, di ascolto, di richiesta di perdono... - San Benedetto nella sua regola scrive che niente più importante della preghiera; San Vincenzo de Paoli invece dice: non preoccuparti se devi lasciare la pre- ghiera per un servizio ad un pove-ro. Perché si prega? - Perché pregare? Per una intenzione? Con la consapevolezza di Ester: “Signore che tutto conosci”. - Nella preghiera è importante per noi avere il pensiero di Cristo; essere in “sintonia” con Dio, come Gesù stes- so, sempre in comunione con il Padre. A che serve pregare? Veniamo esauditi? - Nella preghiera noi bene-diciamo il Signore e il Signore ci bene-dice. - Pregare: caricarci dei fratelli, dei loro problemi, delle loro attese e pre-sentarli a Dio. “Pregare non significa uscire dalla storia e ritirarsi nell’angolo privato della propria felicità” (Spe Salvi, 33). - La Beata Madre Teresa di Calcutta diceva: “La preghiera è per te una sorgente per amare”. Preghiera e comunità - “Nel pregare deve sempre esserci que- sto intreccio tra preghiera pubblica e preghiera personale” (Spe Salvi, 34). - Un’ulteriore dimensione particolare della preghiera è certamente l’aspetto comunitario. Il valore e il senso della comunità ecclesiale emerge in modo speciale nelle celebrazioni comunitarie. Conclusione: Per chi l’ha conosciuto e soprattutto per chi l’ha visto da vicino, rimane il ricordo incancellabile di come pregava Papa Giovanni Paolo II; con quale intensità e in qualsiasi luogo e momento.

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Papa Francesco nell’ udienza giubilare in Piazza San Pietro del 9 aprile 2016, parlando dell'elemosina come aspetto essenziale della misericordia ha detto può sembrare una cosa semplice fare l’elemosina ma dobbiamo fare attenzione a non svuotare questo gesto del grande contenuto che possiede. Infatti, il termine 'elemosina', deriva dal greco e si-gnifica proprio 'misericordia'. L’elemosina, quindi, dovrebbe portare con sé tutta la ricchezza della misericordia. E come la misericordia ha mille strade, mille modalità, così l’elemosina si esprime in tanti modi, per alleviare il disagio di quanti sono nel bisogno”. Dio esige un’attenzione particolare per i poveri “Il dovere dell’elemosina è antico quanto la Bibbia. Il sacrificio e l’elemosina erano due doveri a cui una persona religiosa doveva attenersi. Ci sono pagine importanti nell’Antico Testamento, dove Dio esige un’attenzione partico-lare per i poveri che, di volta in volta, sono i nullatenenti, gli stranieri, gli orfani e le vedove". Lodare Dio con l'elemosina E a braccio ha aggiunto: “Nella Bibbia questo è un ritornello continuo, eh? Il bisognoso, la vedova, lo straniero, il forestiero, l’orfano: è un ritornello. Perché Dio vuole che il suo popolo guardi a questi fratelli nostri. Ma, io dirò che sono proprio al centro del messaggio: lodare Dio con il sacrificio e lodare Dio con l’elemosina”. La carità richiede un atteggiamento di gioia interiore “Insieme all’obbligo di ricordarsi di loro, viene data anche un’indicazione preziosa: «Dai generosamente e, mentre doni, il tuo cuore non si rattristi» (Dt 15,10). Ciò significa che la carità richiede, anzitutto, un atteggiamento di gioia interiore. Offrire misericordia non può essere un peso o una noia da cui liberarci in fretta”. Quelli che si giustificano per fare l'elemosina A braccio ha aggiunto: “E quanta gente giustifica sé stessa di dare l’elemosina dicendo: ‘Ma, come sarà questo, que-sto a cui io darò andrà a comprare vino per ubriacarsi!’. Ma se lui si ubriaca, è perché non ha un’altra strada! E tu cosa ne fai di nascosto? Che nessuno vede… E tu sei giudice di quel povero uomo che ti chiede una moneta per un bicchiere di vino?” Non distogliere lo sguardo dal povero e Dio non distoglierà da te il suo "Mi piace ricordare l’episodio del vecchio Tobia - ha proseguito - che, dopo aver ricevuto una grande somma di de-naro, chiamò suo figlio e lo istruì con queste parole: «A tutti quelli che praticano la giustizia fa’ elemosina. […] Non distogliere lo sguardo da ogni povero e Dio non distoglierà da te il suo» (Tb 4,7-8). Sono parole molto sagge che aiu-tano a capire il valore dell’elemosina”. Guardare negli occhi la persona che mi sta chiedendo aiuto “Gesù - ha proseguito - come abbiamo ascoltato, ci ha lasciato un insegnamento insostituibile in proposito. Anzitutto, ci chiede di non fare l’elemosina per essere lodati e ammirati dagli uomini per la nostra generosità: “Fai in modo che la tua mano destra non sappia quello che fa la sinistra”. Non è l’apparenza che conta, ma la capacità di fermarsi per guardare in faccia la persona che chiede aiuto. Ognuno di noi può domandarsi: ‘Io sono capace di fermarmi e guarda-re in faccia, guardare negli occhi, la persona che mi sta chiedendo aiuto? Sono capace?”. Elemosina non è dare una moneta offerta in fretta “Non dobbiamo identificare, quindi, l’elemosina con la semplice moneta offerta in fretta, senza guardare la persona e senza fermarsi a parlare per capire di cosa abbia veramente bisogno. Allo stesso tempo, dobbiamo distinguere tra i poveri e le varie forme di accattonaggio che non rendono un buon servizio ai veri poveri. Insomma, l’elemosina è un gesto di amore che si rivolge a quanti incontriamo; è un gesto di attenzione sincera a chi si avvicina a noi e chiede il nostro aiuto, fatto nel segreto dove solo Dio vede e comprende il valore dell’atto compiuto”. Elemosina è dare qualcosa che costa sacrificio A braccio ha detto: “Fare l’elemosina anche deve essere per noi una cosa che sia pure un sacrificio. Io ricordo una mamma: aveva tre figli, di sei, cinque e tre anni più o meno. E sempre insegnava ai figli che si doveva dare l’elemosina a quelle persone che la chiedevano. Erano a pranzo, ognuno stava mangiando un filetto alla milanese, come si dice nella mia terra, ‘impanato’. E bussano alla porta, il più grande va ad aprirla e viene dalla mamma: ‘Mamma, c’è un povero che chiede da mangiare, cosa facciamo?’. ‘Ma gli diamo – i tre – gli diamo?’. ‘Bene, prendi la metà del tuo filetto, tu prendi l’altra metà, tu l’altra metà, e ne facciamo due panini’. ‘Ah no, mamma!’. ‘Ah, no? Tu dà del tuo. Tu dai quello che ti costa’. Questo è il coinvolgersi con il povero. Io mi privo di qualcosa di mio per dartela a te. E ai genitori, attenti: educate i vostri figli a dare così l’elemosina, a essere generosi con quello che han-no”. Si è più beati nel dare che nel ricevere! E ha concluso: “Facciamo nostre allora le parole dell’apostolo Paolo: «In tutte le maniere vi ho mostrato che i deboli si devono soccorrere lavorando così, ricordando le parole del Signore Gesù, che disse: “Si è più beati nel dare che nel ricevere!”» (At 20,35; cfr 2 Cor 9,7). Grazie!”.

L ’ Assemblea domenicale verrà in-teressata da una Catechesi sul Si-gnificato della Quaresima. Iniziale momento, che apre il tempo della cammino verso la Santa montagna, aiutando tutti a rivedere i significati della penitenza, della riconciliazione della carita ’ .

PRIMA CATECHESI COMUNITARIA

CAMMINIAMO IN QUARESIMA

Alle 17.55 Appuntamento nel giardino di Sant ’ Alessandro. Processione e Canto delle Lita-nie dei Santi. Celebrazione Eucaristica Benedizione e imposizione delle Ceneri. Giorno astinenza e digiuno.

SIGNORE PIETA ’ CRISTO PIETA ’

SIGNORE PIETA ’

OGNI GIOVEDI DI MARZO ALLE ORE 16.30 INCONTRO DEL CENACOLO DI PREGHIERA ALLO SPIRITO SANTO. ADORAZIONE EUCARISTICA. ALLE ORE 18.00 LA SANTA MESSA.

VIENI SANTO SPIRITO RINNOVA LA

MENTE DEI TUOI FEDELI

ALLE ORE 17.00 LA VIA CRUCIS. L ’ INVITO A CONDIVIDERE IL CAMMINO CON GESU ’ . NON MANCHIAMO A QUESTO ESERCIZIO .AIUTERA ’ L A NOSTRA ANIMA A SCOPRIRE IL CAMMINO DELLA CROCE.

...Eia mater, fons Amoris...

Quest ’ anno alle ore 17.00 l ’ Ora della Madre, sara’ i l cammino mariano di questo tempo di quaresima. Invochiamo Maria, con lei se-guiamo Gesù fino a rimanere con lui sotto la Croce, senza scappare.

ECCO LA TUA MADRE

Adorazione della Croce. “Tutto gli hanno tolto: la sua

libertà, i suoi amici, il suo vigo-re. Adesso gli tolgono anche il decoro del suo corpo. Nudo e spoglio viene esposto al ludibrio. Ogni insolente lo può guardare e deri-dere" (Guardini).

BASILICA S.ALESSANDRO

SECONDA STATIO

CAMMINIAMO IN QUARESIMA

Catechesi per l ’ Assemblea do-menicale su: “ C entro di tutto l ’ anno liturgico il Triduo del Si-gnore ” . Prepariamoci bene, insieme, a vivere la centralità del Triduo Pasquale.

SECONDA CATECHESI COMUNITARIA

CAMMINIAMO IN QUARESIMA

Sabato 11 Marzo Assemblea degli operatori, collaboratori per l ’ animazione del Triduo Pasquale. Ognuno di noi sente l ’ importanza di collaborare perché questo mo-mento centrale dell ’ anno liturgico sia vissuto da tutta la Comunità con partecipazione e coscienza.

Incontro Animazione del Triduo

pasquale

Il 1 aprile dalle ore 08.30 alle ore 20.00 la raccolta alimentare che

quest ’ anno faremo per sostenere l ’ emporio della prefettura del no-

stro settore nord presso la parrocchia di S.Ponziano.

Condividiamo questo gesto di carità nel tempo quaresimale.

Quaresima di carità


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