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Rivista di enologia, gastronomia e turismo Anno XXX - Numero 1 - Gennaio-Febbraio 2012
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speciale
Creato nel 1994, il Concours Mondial de Bruxelles si é eretto, in qualche modo, a campionato del mondo del settore vino e alcolici, con piu’ di 6000 vini e alcolici messi in competizione, provenienti da tutto il mondo. Insieme, questi campioni rappresentano piu’ di 500 milioni di bottiglie messe in commercio.Composta unicamente da professionisti, la giuria del Concours Mondial, riunisce ogni anno i piu’ grandi professionisti internazionali del settore. Le circa 40 nazionalità rappresentate dalla giuria rappresentano una diversità che contribuisce alla unicità dell’evento.A chiusura dell’evento, solo quei vini che hanno ottenuto i migliori punteggi possono sperare di ottenere i prestigiosi riconoscimenti identificati nelle medaglie del concorso.
Il prossimo Concours Mondial de Bruxelles si svolgerà dal 4 al 6 maggio 2012 a Guimarães in Portogallo.
Ogni azienda vitivinicola può partecipare con i propri vini al Concorso
per info:Karin Meriot +33 6 67 16 61 82 , per l’Italiahttp://www.concoursmondial.comemail: [email protected]
Concours Mondial de BruxellesRue de Mérode 60
1060 Bruxelles - BelgioT.: +32 2 533 27 60 F.: +32 2 533 27 61
Lettera del Presidente - Nicola Masiello Pag. 2
La nostra Europa - Roberto Rabachino 4
Fisar in Rosa - Mariateresa Lanza 6
In Famiglia 60
News dal Mondo 67
La segreteria comunica - Mario Del Debbio 68
Alla Delegazione Valdichiana il Trofeo Divinando 2011 - Mario Del Debbio 70
Il CTN comunica - Giorgio Pennazzato 74
Abbinamento cibo-vino - Alberto Giustarini 76
ComuniCazione istituzionale
enoGastRonomia • tuRismo • CuRiosità
Notizie dal mondo dell'enologia - Giuseppe Martelli 40
La Calabria e il Cirò Luca Iacopini e Massimo Bracci 54
sCienza • teCniCa • aPPRoFonDimenti
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ario
speciale Enoteca Italiana 10
Vini e uomini di Val Venosta - Davide Amadei 24
Il gran gusto del bollito misto - Enza Bettelli 30
Tendenze ben temperate - Meritxell Falgueras Febrer 32
190 Concorso Internazionale dei vini di montagna Virgilio Pronzati 36
Rifessioni sul tortellino - Giancarlo Roversi 38
L'evoluzione dell'autoctono del piave: il Raboso - Karen Casagrande 42
Una birra di lusso - Luigi Terzago 44
Le notizie di enogastronomia e turismo a cura della redazione di Quality ADV 46
Argentina: una realtà consolidata - Marco Ferrari 50
Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2012 • n. 1
Incertezze legate all’economia e all’inadegua-tezza di dare risposte politiche alle domande che giungono da tutte le componenti del nostro
Paese. Fiducioso ed ottimista come sempre sono sicuro che supereremo brillantemente anche queste difficoltà. Almeno questo è il mio augurio sincero.Cambiando argomento, una certezza sicura que-sto 2012 ce lo porterà: la possibilità di festeggiare I NOSTRI PRIMI QUARANT’ANNI.Nel 2012 ricorre il 40° anniversario della nascita del-la FISAR, un quarantennale caratterizzato da tante fasi alterne, con qualche momento difficile arricchito da tanti momenti di gioia. Vorrei brevemente ripercorrere questo cammino portando la personale positiva esperienza di chi ha passato 38 anni della propria vita in FISAR. In questi anni ho visto crescere e consolidare la nostra associazione sino ad arrivare alle attuali 70 delegazioni sparse sul territorio nazionale con pro-spettive importanti anche a livello internazionale. Ho visto la crescita ponderale degli associati che da poche centinaia nel 1972 sono diventati le attuali migliaia e migliaia. Ho vissuto l’evoluzione qualitativa dei nostri percorsi formativi e della nostra didattica. Ho vissuto il riconoscimento giuridico della nostra federazione e l’asseverazione della nostra strategi-ca importanza per il comparto enologico nazionale ed internazionale. Ho vissuto l’evoluzione della no-stra rivista che da dignitoso house- organ di poche pagine è diventata una rivista di settore seguita ed influente. Ho registrato l’apprezzamento di tutte le componenti, produttive ed istituzionali, che ruota-no a vario titolo nel complesso e fantastico mondo che ci appartiene. Ho, infine, percepito l’orgoglio dell’appartenenza di ogni nostro associato. E mi fermo qui anche se ci sarebbero ancora tantissimi piacevoli momenti che ho inserito nel mio album dei
ricordi. Tanti momenti che mai ho vissuto da solo ma sempre condiviso con tutti le persone che a va-rio titolo hanno contribuito alla crescita della nostra associazione. La macchina delle celebrazioni come avete ben capito è già partita. Inizieremo dalla prossima Assemblea, ad aprile, a Livorno con una giornata dedicata a Volterra e le sue peculiarità. Volterra, città a cui la FISAR deve riconoscenza perché in quella città tutto ebbe inizio. Sarà il primo momento importante di quest’anno celebrativo. Sarà occasio-ne per affermare con forza il nostro ruolo e la no-stra presenza nel mondo del vino. Presenza fatta di tanta professionalità, serietà e giornaliera attenzione ai mutamenti in corso. Sarà il momento dell’orgo-glio di appartenere ad una organizzazione che da 40 anni sventola la bandiera del rispetto nei con-fronti di tutti, senza mai urlare, senza mai assumere atteggiamenti arroganti, al costante servizio di tutti quelli che vogliono approfondire una loro passione o certificare la loro professionalità, dei produttori, dei distributori, dei somministratori e soprattutto dei consumatori finali.Quarant’anni possono sembrare pochi se li parago-niamo alla millenaria storia della vite.Permettetemi però una valutazione di carattere generale. Nel 1972 eravamo pochi ma con grandi progetti in mente e sogni da realizzare nel cassetto. Ora siamo in tanti e possiamo tranquillamente af-fermare di essere soddisfatti di quello che abbiamo fatto in questi anni, umilmente consapevoli di avere ancora molte cosa da fare e di avere ancora ampi margini di miglioramento. Concludo, care amiche e cari amici, nell’invito a ri-trovarci a Livorno e a Volterra. A presto, dunque, per celebrare insieme i nostri pri-mi quarant’anni!
L’anno che verrà
“ ”il Presidente nicola masiello
2
Non possiamo nascondere che iniziamo questo 2012 con tante incertezze
Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2012 • n. 1 3
Rivista di Enologia, Gastronomia e Turismo
Organo Ufficiale della F.I.S.A.R.Federazione Italiana Sommelier
Albergatori RistoratoriRic. di Pers. Giuridica PI. n° 1070/01 Sett. I del 9.5.01
Editore: FISARe-mail: [email protected]
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Comitato di Redazione e Controllo:Nicola Masiello, Mario Del Debbio, Graziella Cescon,
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Distribuzione della rivistaLa rivista viene inviata a tutti i soci Fisar, a tutti gli organi di informazione, atutti i giornalisti dei gruppi di specializzazione di settore, a tutte le Istituzioni,a tutte le Associazioni di settore e a tutti gli IPSSAR che ne facciano richiesta
tramite spedizione gratuita in abbonamento postale.
La rivista è associata al USPIUnione Stampa Periodica Italiana
Hanno collaborato a questo numeroMariaTeresa Lanza, Valentina Niccolai, Davide Amadei,
Enza Bettelli, Meritxell Falgueras Febrer, Virgilio Pronzati,Giancarlo Roversi, Giuseppe Martelli, Karen Casagrande,
Luigi Terzago, Paolo Alciati, Marco Ferrari,Luca Iacopini, Massimo Bracci,
Mario Del Debbio, Giorgio Pennazzato, Alberto Giustarini.
Per la fotografia
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Oliviero Toscani, Roberto RabachinoEnza Bettelli, Alberto Doria e immagini di Redazione
Responsabile Piemonte e Valle d'AostaQUALITY PIEMONTE
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Responsabile Trentino e Alto AdigeMarkus PROMBERGER
Cell. 347 1122373 - Tel. 0472 831340 [email protected]
Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2012 • n. 1
È vero: viviamo un momento di diffusa
disaffezione nei confronti dell’Unione
Europea. I cittadini si indignano per il fatto
di subire scelte che vedono imposte dall’alto,
decise da astrusi comitati di tecnici sapienti,
privi di mandato popolare. L’opinione pubblica
protesta contro decisioni che percepisce come
violazioni di sovranità nazionale o addirittura
commissariamenti esterni, lamentando il deficit
democratico e l’esclusione dalle dinamiche
decisionali.
Credo che, oggi, per l’Italia l’azione dell’Europa
sia un’opportunità di stimolo ed incoraggiamento
perché si facciano finalmente quelle riforme che
reticenze e veti incrociati ci hanno impedito di fare.
Noi italiani, con il terzo debito pubblico al mondo,
siamo da tempo coscienti della necessità di un
riequilibrio generazionale, essendo insostenibile
-oltre che immorale- una situazione che addossa
agli incolpevoli figli la responsabilità dei padri. E
in cui per giunta la generazione dei figli si trova
a vivere -per la prima volta da tempo- in una
condizione peggiore rispetto a quella dei padri.
Noi italiani siamo consapevoli della necessità
urgente di riforme in senso liberale per dare più
competitività all’economia e assicurare concrete
prospettive di futuro ai giovani delusi.
D’altra parte, quando si scarica sulle Istituzioni
europee il peso morale e politico di proprie
responsabilità, non ci si accorge dell’ulteriore
pericolo di contribuire a una spirale nella quale
rischia di avvitarsi il superiore bene collettivo
dell’Unione Europea.
Senza l’euro oggi saremmo tutti più fortemente
in preda agli effetti drammatici degli attacchi
speculativi. Dovremmo essere più cauti nel
criticarlo e più convinti nel sostenerlo, non tanto
perché a essere in crisi non è l’euro, ma il debito
sovrano, quanto perché dietro l’euro c’è l’intero
progetto europeo.
La nostra Europa
Oggi paghiamo il costo della “non Europa” e siamo costretti a rigorose politiche di austerità perché siamo
politicamente fragili.“”
di Roberto Rabachino
4
per comunicare con il Direttore:[email protected]
”“Amorim Cork Italia, azienda leader nella vendita dei tappi in sughero per
l’imbottigliamento ha avviato un ambizioso progetto di raccolta e riciclo dei tappi in sughero che mette in moto un circolo virtuoso di beneficenza ed
ecosostenibilità. Tra i partner aderenti all’iniziativa anche F.i.s.a.r.
Riciclare i tappi in sughero: è “Etico”
Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2012 • n. 1
a cura della redazione di Quality aDV
5
Perché buttare nella
spazzatura una materia
preziosa come il sughero? I
tappi in sughero si raccolgono
e si riciclano grazie ad “Etico”, il
box che mette in circolo l’amore
per la natura, un progetto ideato
dall’azienda coneglianese Amorim
Cork Italia, leader nazionale nella vendita di tappi
in sughero, che sta appassionando numerosi
partner. Il ricavato della vendita dei tappi sarà
destinato ad associazioni sul territorio anch’esse
impegnate nella raccolta (come ad esempio
“Fondazione Oltre il labirinto”, “A braccia aperte”
e “Lotta contro i tumori Renzo e Pia Fiorot”)
mentre il sughero riciclato sarà recuperato per
una delle sue tante applicazioni alternative, dal
design alla bioedilizia.
Avviato lo scorso giugno, il progetto “Etico” ha
coinvolto dapprima le cantine del Veneto e quelle
aderenti al Consorzio Chianti Classico e ha poi
visto l’adesione entusiastica di numerosi altri
attori tra cui anche i soci F.I.S.A.R. del Nordest
(Federazione Italiana Sommelier Albergatori
Ristoratori) che hanno già distribuito oltre 50 box
tra le varie delegazioni, alcuni ristoranti e le sedi
dei corsi, da Verona a Pordenone. Tutti i soggetti
coinvolti raccoglieranno e consegneranno
periodicamente quanto raccolto ad Amorim
Cork per destinare l’intero ricavato a progetti di
beneficenza attivi sul territorio. Il circolo virtuoso
di solidarietà ed ecosostenibilità, insomma, è
già ben avviato e rappresenterà un ulteriore
tassello nell’impegno di Amorim Cork Italia per la
salvaguardia del pianeta.
FISAR in rosa6
Manuela Piancastelli, giornalista e scrittrice, enoappassionata, diventa produttrice di vino in una straordinaria terra del
Mezzogiorno d’Italia, la Campania
”
Intervista a Manuela Piancastelli, produttrice in Campania
di mariateresa lanza
“
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2011 • n. 6
Un percorso davvero curioso, ce lo racconta? Le cose più belle della vita si incontrano per caso. Ero solo una giornalista appassionata di vino e curiosa di storie umane quando “sono inciampata”, nel 1999, in Peppe Mancini. Peppe all’epoca era un avvocato che aveva riscoperto tre antiche varietà autoctone casertane, il Pallagrello bianco, il Pallagrello nero e il Casavecchia. Aveva prodotto le sue prime 700 bot-tiglie ed io volevo intervistarlo per Il Mattino, il quoti-diano dove ho lavorato per vent’anni e nel quale sono stata per cinque anni responsabile della Redazione di Caserta. Peppe non voleva incontrarmi perché ero una critica molto “severa” e temeva il mio giudizio, l’ho cercato per quasi un anno, poi alla fine ci sia-mo incontrati e al primo sguardo ci siamo innamorati. All’inizio aiutarlo nella sua piccola avventura (all’epo-ca la sua aziendina era la Vestini Campagnano, dal cognome di sua madre) è stato un gioco che ci ha unito a tal punto che nel 2003, quando Peppe ha lasciato la sua vecchia azienda, abbiamo dato vita a Terre del Principe. Il nome nasce dal fatto che in quel momento difficile, di passaggio, avevamo solo la vignarella che avevo comprato quando l’ho cono-sciuto e io avevo il mio Principe. Poi la passione ci ha preso la mano e così dopo qualche anno Peppe, ormai per tutti divenuto “il principe”, ha chiuso il suo studio di avvocato e io mi sono licenziata dal Mattino diventando così vignaiola e…principessa.
Come è nata l’idea di recuperare e valorizzare dei vitigni autoctoni del Casertano, poco cono-sciuti come il Pallagrello e il Casavecchia?Il nonno di Peppe, Giuseppe Vestini Campagnano, era un ricco proprietario terriero di Castel di Sasso. Intorno a lui c’è in famiglia una vera e propria aura di leggenda. Amava le carte, i cavalli e le belle donne e per queste tre passioni bruciò tutti i suoi beni. Ad ogni festa comandata i suoi contadini gli portavano i doni della terra, tra cui bottiglie di vino da Casavecchia e Pallagrello. Peppe adorava (ricambiato) il nonno e aveva sempre conservato la memoria dei nomi di questi vini. Così, quando alla fine degli anni ’80 com-prò una casa in campagna a Caiazzo, con un po’ di terra,andò in cerca di questi vitigni per ripiantarli intorno casa. Li trovò in una vecchia vigna prefillos-serica di sua zia Rosa, da lì prese alcune marze e da quelle nacque quindi il primo impianto di Casavecchia e Pallagrello. L’unico progetto che c’era, all’epoca, era salvaguardare la memoria familiare e fare qualche bottiglia per casa, poi è nata la consapevolezza di avere tra le mani qualcosa di prezioso che andava salvato e recuperato non solo per sé ma per tutti. Ed è cominciata la vera avventura, a lieto fine anche perché c’è stato l’incontro con Luigi Moio, docente di Enologia all’università Federico II e nostro consulente (e compare di nozze!!!). Moio era alla fine degli anni ’90 responsabile degli studi sui vitigni autoctoni della
FISAR in rosa
Regione Campania: con lui è partito il lungo percorso di ricerca, le microvinificazioni, gli studi ampelografici e genetici su queste varietà che hanno poi consentito l’ingresso dei tre vitigni nel Catalogo nazionale delle uve da vino. Senza Luigi Moio non avremmo fatto tanta strada.
Nell’azienda “Terre del Principe” vengono pro-dotti vini solo da vitigni autoctoni, con l’esclu-sione di quelli internazionali. Perchè?Pur non avendo direttamente partecipato alla risco-perta di Casavecchia e Pallagrello, si può dire che io li abbia adottati in fasce….Quindi Peppe ed io ci sen-tiamo un po’ il papà e la mamma di questi vitigni, non potremmo mai tradirli per altre uve, neanche per altri autoctoni campani. Posso dire con orgoglio di “ma-dre” che finché vivremo non entrerà mai in cantina un chicco d’uva di altre varietà. È un impegno d’amore: il Pallagrello e il Casavecchia hanno cambiato le no-stre vite almeno quanto noi abbiamo cambiato il loro destino.
Ci vuole parlare dei vini che produce e delle loro caratteristiche organolettiche?C’è da dire innanzitutto che si tratta di vini formen-te identitari. Una volta conosciuti il Pallagrello e Casavecchia, è difficile confonderli con vini da altre varietà. Quindi sono vini che si amano o si odiano, proprio come le persone con spiccata personalità. Produciamo due bianchi da Pallagrello bianco, il Fontanavigna che fermenta in acciaio e Le Sèrole, che fermenta in barrique. Il Pallagrello bianco è un vino molto piacevole, con un giusto equilibrio fra freschezza e morbidezza ed un intrigante corredo aromatico di frutta esotica. Dalle due varietà rosse in blend produciamo poi il Roseto del Volturno, un rosato dai profumi delicati, secco e di ottima struttura e il Castello delle Femmine, un blend paritario che per me è una sorta di ingresso didattico nel mondo del Pallagrello nero e del Casavecchia. Il primo è infatti un vino elegante, con speziature e tannini setosi mentre il Casavecchia è un vino potente, più rustico, con me-ravigliosi profumi di sottobosco. Dal Pallagrello nero in purezza nasce poi l’Ambruco e dal Casavecchia il Centomoggia. A quest’ultimo vino partecipano le uve provenienti dalla vigna centenaria di zia Rosa. Infine, il vino del mio cuore, il Vigna Piancastelli,
Il Sommelier Novembre-Dicembre 2011 • n. 6 7
Manuela Piancastelli in vigna
FI-8 Il Sommelier Novembre-Dicembre 2011 • n. 6
70% Pallagrello nero e 30% Casavecchia, cru dalla mia vignarella, un vino morbido ma fresco, elegante ma sontuoso. L’ultimo nato (in tutti na casa in cam-pag sensi) è però il Sasso di Riccardo, passito di Casavecchia da abbinare al Conciato romano de Le Campestre, che nasce dall’unica vignarella di Castel di Sasso ereditata da Peppe da suo nonno e donata al nipotino Riccardo nato nel dicembre 2010.
Quali iniziative propone per sviluppare le visite nella sua cantina e nel suo territorio?Noi facciamo un grande lavoro di enoturismo, tra l’al-tro sono stata per tre anni presidente del Movimento Turismo del Vino della Campania (oggi sono vicepre-sidente) e sono convinta assertrice dell’importanza di questo comparto. Abbiamo un piccolo bed&wine molto amato dai turisti stranieri, siamo aperti la do-menica a pranzo con menu basati sulle eccellenze del territorio in armonia con i nostri vini e siamo sem-pre disponibili alle visite e alle degustazioni. Da sei mesi poi la nostra bottaia storica del cuore di Castel Campagnano, una vera e propria cattedrale a 15 metri di profondità nel ventre della terra dove affina-no i vini rossi, è diventata meta di “pellegrinaggio” di centinaia di appassionati. Durante l’anno facciamo una serie di eventi, mostre d’arte, concerti di musica classica, presentazione di libri, serate a tema per far conoscere i nostri vini ma soprattutto la nostra terra, un meraviglioso angolo di Campania che pochi co-noscono. Naturalmente si potrebbe fare di più se si potesse contare su una vera “rete” territoriale.
Quale è il contributo che le donne della sua ter-ra offrono al mondo del vino?Io non amo gli stereotipi, quindi dico senza problema che tra le donne – esattamente come tra gli uomini - ce ne sono tante di valore e tante che valgono poco. Ho una grande esperienza nel mondo del lavoro, sono entrata nel giornalismo quando era un mondo esclusivamente di uomini e lo stesso mi è accaduto, tutto sommato, nel mondo del vino. Quindi mi scuse-rà se non tesso lodi sessiste “a prescindere”. Quando le donne valgono, però, sono spesso più ricche inte-riormente degli uomini, più creative e portate alla co-municazione e all’organizzazione. Tuttavia mi sembra che molti produttori oggi usino le loro donne (mogli, sorelle, figlie) come specchietto per le allodole. Mi ca-
pita talvolta di sentire parlare dei loro vini “produttrici” che non sanno neanche che uve hanno in vigna e mi chiedo: perché diavolo si mandano in giro queste poverine? E soprattutto perché loro accettano di fare solo tappezzeria? Ma questa è una cosa sulle donne che mi chiedo da quando sono nata.
Cosa significa comunicare il vino?Per un produttore significa raccontare la verità, non avere paura di dire che un’annata non è sta-ta buona, non inventarsi storielle per correre die-tro alle mode. Significa avere come interlocuto-re innanzitutto la propria coscienza e lo so che qui andiamo sul difficile, ma senza coscienza non si può amare veramente la natura, né la terra né la fatica e quindi che vignaiolo si può mai essere? Per un giornalista comunicare il vino è raccontare senza pregiudizi, con il coraggio di non cedere né al gusto della polemica né alla piaggeria, avendo l’umiltà di essere critico senza ferire l’interlocutore. Esercitare il diritto di critica, insomma, senza per questo dimen-ticare il rispetto. E studiare un’intera vita per tentare di essere all’altezza di chi si critica e di chi ti legge.Per un sommelier significa parlare di un vino metten-doci l’anima, cercando di entrare dentro la testa e il cuore di chi quel vino lo ha prodotto. Il sommelier è spesso il trait de union più importante fra produttore e appassionato e il suo è un compito assai difficile perché può far amare o odiare un vino, deve capire di psicologia e di passioni. Perciò è importante che i sommelier visitino le cantine, conoscano i produttori, le loro storie e ne comprendano, quando c’è, l’au-tenticità. Perché alla fine è quella che devono saper poi raccontare.
FI- Dal 1880 il nostro marchio è sinonimo di Sicilia.
Grazie alla storica produzione di Vini Marsala, liquorosi dolci e di Pantelleria.
Oggi siamo in grado di vantare una consolidata esperienza
anche nel campo dei vini da tavola, con un’ ampia gamma di bianchi e rossi
ideali per ogni occasione di consumo.
CANTINE PELLEGRINO www.carlopellegrino.itVia Del Fante, 39 - 91025 Marsala (TP) ITALIA Tel. +39 0923 719911 - Fax: +39 0923 953542
PellegrinoAtmosfere di Sicilia
Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2012 • n. 110
“ ”Intervista a Claudio Galletti,
Presidente Enoteca Italiana di Siena
Enoteca Italiana di SienaUna storia importante.
L’Ente nazionale vini - Enoteca Italiana, istitu-zione pubblica unica nel suo genere nel nostro Paese, nasce (cinquanta anni fa) dall’Ente Mostra Mercato Nazionale dei Vini a DOC e di Pregio, istituito nel 1933 e riconosciuto con Decreto del Presidente della Repubblica nel 1950. È il più an-tico ente nazionale per la promozione del vino e più in generale dei prodotti tipici del nostro made in Italy.A Siena, nella suggestiva sede, i bastioni di nord-est della Fortezza Medicea - imponente e insie-me armoniosa testimonianza dell’architettura militare cinquecentesca, costruita dall’urbinate Baldassarre Lanci per Cosimo I de’ Medici - sono esposti, in mostra permanente, oltre 1.600 vini, rigorosamente ammessi da una Commissione Giudicatrice, prodotti da oltre 600 aziende, che ora, grazie ad un sistema di informatizzazione avanzato e unico nel suo genere, “dialogano” con il visitatore attraverso un sistema multimedia-le fornendo un significativo spaccato del mondo vinicolo italiano.L’Enoteca Italiana ha lo scopo di far conosce-re, valorizzare e promuovere i grandi vini e la realtà vitivinicola nazionale. Proprio la “Mostra
nazionale di vini tipici” che si teneva negli anni Trenta a Siena, curata dall’Ente, è l’antesignana dell’odierno Vinitaly di Verona (e al quale Enoteca Italiana continua a collaborare). Si tratta, ancora oggi, di una delle esperienze più curiose e ardite nel mondo del vino italiano.
di Valentina niccolai
www.enoteca-italiana.it
speciale
Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2012 • n. 1 11
Enoteca Italiana tra Futurismo e modernità espositiva.All’Enoteca Italiana durante la “Mostra nazionale di vini tipici” era stato organizzato un concorso di poesia con una giuria presieduta da Filippo Tommaso Marinetti che porta nel mondo enolo-gico la forza dirompente del futurismo, segnando una delle prime “contaminazioni” documentate fra vino (allora assai lontano dall’immagine che ha oggi) e la cultura “alta”. I futuristi esplorarono ogni forma espressiva, dalla pittura alla scultura, dalla letteratura (poesia e teatro), senza tuttavia trascurare la musica, l’architettura, la danza, la fotografia, il nascente cinema e persino la gastro-nomia.Il vincitore fu Lorenzo Viani con la poesia “Sarabanda del vino”. Mario Verdone, grande storico del futurismo e te-stimone diretto dell’episodio, ha ricordato recen-temente che “Marinetti di fronte a tutti quei vini si esaltò e disse: ‘Qui bisogna fare un concorso di poesia bacchica, amorosa e guerrierà. Ho anco-
ra il programma di quel concorso. Vennero tan-tissimi personaggi, da Lorenzo Viani di Viareggio al mitico Farfa da Savona. E poi Silvio Gigli, Tina Cucini che scrisse L’Aeropoema delle Torri di Siena. La sera della premiazione ero accanto a Marinetti che recitava: ‘Il Brunello è benzina..’. Vinsero ex aequo Viviani e Farfa. La poesia di Farfa diceva: Venni vidi viti”. Quel concorso ebbe vita breve, durò appena tre edizioni, poi il futurismo si eclissò, scoppiò la guerra e nessuno ebbe più la voglia di ricordare quegli anni. Ma quell’esperienza resta unica nel suo genere.Gli stessi padiglioni di quelle mostre organizza-te dall’ente vini erano opere d’arte. L’architetto livornese Virgilio Marchi, figura di spicco del Futurismo italiano, curò l’allestimento delle tre edizioni della Mostra mercato dei vini tipici d’Italia negli anni trenta e i connessi studi per i lavori di ristrutturazione della Fortezza medicea. Marchi per non alterare l’aspetto naturale del luo-go realizzò padiglioni di altezze variabili (dai cin-
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que ai sette metri) che inserì sotto le fronde degli ippocastani per creare un movimento di pianta e un gioco di quote variabili. L’effimero villaggio espostitivo – così veniva chia-mato in modo futurista - si configurava come luo-go di incontro, cui da tutt’Italia afferivano artisti di diversa formazione ed estrazione chiamati a decorare i singoli padiglioni regionali.Episodio poco noto della storia vitivinicola del se-colo appena trascorso e dai suoi inediti risvolti artistici e culturali, la mostra mercato dei vini tipici d’Italia degli anni Trenta fu un evento apprezzato solo da un ristretto pubblico di cultori. Un incon-tro fra il mondo del vino e le più moderne tenden-
ze che in quel momento alimentavano la cultura italiana. Una perla nella lunga collana della storia del vino che oggi merita di essere riscoperta.Nel corso dell’ultimo decennio molto è stato fatto affinché l’Ente Autonomo Mostra Vini - Enoteca Italiana si trasformasse in modo da affrontare il futuro con una organizzazione sempre più ag-giornata e far fronte alle funzioni che un’istitu-zione pubblica deve saper concretizzare. Quindi è stato condotto un lavoro di aggiornamento strutturale ma soprattutto dal punto di vista tec-nologico, che ha prodotto i suoi risultati dando vita alla nuova Mostra Permanente, la prima ed unica sul territorio nazionale, ma anche a livello
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internazione, che offre la possibilità, attraverso un complesso software, studiato e sviluppato in collaborazione con l’Università di Siena, di cono-scere, attraverso un palmare, tutti i dati riferiti alle 348 Denominazioni di Origine e 118 Indicazioni Geografiche riconosciute in Italia, nelle principali lingue straniere, tra cui il giapponese.La mostra “ParladiVino”, è l’unica al mondo con-sultabile attraverso un sistema “palmare”, au-diovisivo, mediante il quale i visitatori possono scegliere le etichette, conoscere la tradizione e i territori dei vini, pianificare la degustazione e pas-sare direttamente all’acquisto. All’ingresso il visitatore verrà dotato di un palma-re, attraverso il quale, indirizzandolo sulla bottiglia in esposizione, attraverso un codice a barre, la bottiglia “inizia a parlare”, attraverso una presen-tazione audiovisiva, anche in lingue, che descrive le caratteristiche del prodotto.L’esposizione permanente, attraverso il nuovo si-stema digitale, guida quindi il visitatore in un per-corso dove riceve tutte le informazioni riguardanti le varie Denominazioni riconosciute, dati topo-grafici con relative mappe territoriali, disciplinari di produzione, i vitigni principali, le caratteristiche qualitative ed organolettiche dei vini, i riferimen-ti dell’azienda produttrice, la scheda tecnica del vino in oggetto ed, infine, al termine del percorso, oltre alla possibilità di poter degustare ed acqui-stare i vini preferiti, viene stampata una scheda con un codice di riepilogo della visita.Appositi totem dislocati nei locali della mostra, danno informazioni più dettagliate ed approfondi-te, come l’abbinamento per territorio, alla fine del percorso, il visitatore avrà l’opportunità di stam-pare una scheda con un codice visita.I vini esposti nell’Enoteca costituiscono una selezione rappresentativa dell’intera produzio-ne nazionale di qualità: vini a Denominazione di Origine Controllata e Garantita (DOCG), a Denominazione di Origine Controllata (DOC), a Indicazione Geografica Tipica (IGT), vini da tavo-la di particolare pregio, compresi spumanti e vini
speciali, distillati e liquori tipici.L’importanza di un ente storico, interna-zionalmente riconosciuto e stimato per la propria capacità e serietà. In un panorama frastagliato di mille promotori del vino, quanto conta essere rappresentati da una tale Istituzione?Claudio Galletti. “Enoteca Italiana è un’istitu-zione, un ente di diritto pubblico, universalmente riconosciuto, ambasciatore del vino italiano nel mondo e questo per me è motivo di prestigio e orgoglio esserne il presidente. Enoteca italiana ha anticipato di decenni una cultura, quella del vino, che solo negli ultimi dieci anni si è diffusa. Portiamo nel mondo il valore del vino: il vino è un segno della nostra civiltà e della cultura italia-na, un veicolo moderno della qualità di vita, che segna i nuovi stili di vita, è un valore identitario e culturale dei nostri territori rurali, un patrimonio di rilievo ambientale e passatistico caratterizzato da una forte sostenibilità dei territori di produzioni. Noi abbiamo accompagnato le aziende durante la nascita dei Consorzi (negli anni ’60-’70), abbia-mo contribuito ad istituire le denominazioni di ori-gine impendendo l’esportazione di sistemi pro-duttivi. Le denominazione d’origine salvaguarda-no il prodotto nato in un determinato territorio.
Quale dialogo o collaborazione avete con Unione Italiana Vini? E con il Ministero dell’agricoltura? L’unione Italiana Vini è nostro socio, uno dei sog-getti più importante dlela fliera, con loro organiz-zainmo eventi e promuoviamo il Made in Italy. Con Il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali da anni c’è un sistema di fiducia. Loro ci chia-mano per promuovere il vino italiano nel mondo. Con loro siamo stati alle Olimpiadi a Vancouver, all’Expò di Shanghai, alla Maratona Internazionale di Madrid, a Catania alle Olimpiadi di Scherma e in Giappone a Italian Week. Il ministero da otto anni finanzia il progetto Vino e Giovani.
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Uno sguardo al futuro.VINO E GIOVANI: cos’è e perché è nato? Ai ragazzi tra i tra i 18 e i 30 anni di età è dedica-ta Vino e Giovani, la campagna di educazione alimentare e comunicazione per le nuove gene-razione di Enoteca Italiana e Ministero delle po-litiche agricole alimentari e forestali, in partner-ship con il progetto europeo WineInModeration. Art De Vivre. La mission del progetto, che considera il vino al pari di un materia di studio, è quella di tra-smettere un messaggio positivo sul consumo consapevole e moderato di un bevanda dalla cultura secolare come il vino, proposto ai gio-vani in sedi come le università in cui la forma-zione delle nuove generazioni avviene secondo canoni di insegnamento autorevoli, scientifici ed efficaci: un format di comunicazione e forma-zione del mondo del vino, ideato e creato su mi-sura dai giovani stessi – con il coinvolgimento di 20mila ragazzi di 13 università italiane che attra-verso convegni, degustazioni libere e guidate, momenti di intrattenimento con un testimonial scelto tra il mondo dello spettacolo e della mu-sica, propongono le loro idee e si confronto. Protagonisti i messaggi legati all’idea positiva che il consumo consapevole e moderato di una bevanda come il vino, dietro la quale si celano storia, tradizione, cultura dei luoghi, dei cibi e dei prodotti dei territori, nonché dei rapporti tra le persone, possa essere proposto ai giovani. Alle proposte degli under 30 per dare un nuo-vo volto alla comunicazione del vino è dedicato il concorso di idee Perbacco che quest’anno è diventato un concorso video. Vino Giovani insieme al testimonial l’attore Beppe Fiorello, IBLAFILM e il Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani (SNGCI), ha ideato Reason Wine: idee per bere con gusto!, un concorso video per raccontare, attraverso i linguaggi della fiction, della animazione e del mockumentary, il vino come il protagonista del-la realtà italiana e dello stile di vita del nostro Paese, come strumento di socializzazione e di diffusione della cultura del bere responsabile.
Il video vincitore del Premio della Giuria, pre-sieduta dal regista Edoardo Winspeare, è stato proiettato al Festival di Venezia.Per questa nuova edizione il progetto inizialmen-te approda in Abruzzo, 14° regione coinvolta, esattamente a Teramo al Campus Universitario di Coste Sant’Agostino. L’appuntamento or-ganizzato in collaborazione con l’Università degli Studi di Teramo, la Regione Abruzzo e l’ Amministrazione Provinciale locale porrà la sua attenzione sulla comunicazione del vino in par-ticolare quella realizzata dai giovani per i giovani utilizzando anche canali alternativi a sostegno di un messaggio positivo sul consumo consa-pevole e moderato di una bevanda dalla cultu-ra secolare quale è il vino per il nostro Paese. A confrontarsi con i giovani abruzzesi nel talk show “La comunicazione del vino: idee a con-fronto” (Aula Magna ore 9), moderato giornalista del Tg1 Attilio Romita, saranno importanti per-sonalità primo fra tutti l’attore Beppe Fiorello, testimonial del progetto.Il rapporto tra le nuove generazioni e il vino, nei suoi diversi aspetti, nell’ambito del proget-to “Vino e Giovani”, è inoltre oggetto ed argo-mento di indagini sociologiche e statistiche, affidate con borse di studio a ricercatori del Dipartimento di Scienze della Comunicazione dell’Università degli Studi di Siena, raccolte nel-la collana “I Fogli di Bacco”. Ideati quindi per diffondere i risultati delle ricerche, ma anche per approfondire tematiche culturali diverse, “I Fogli di Bacco” si presentano con grafica e colori ac-cattivanti, ed è possibile richiederli a titolo gra-tuito, una copia di ognuno.Anche il web è uno strumento di comunicazio-ne decisivo per il progetto Vino e Giovani che attraverso il suo sito www.vinoegiovani.it si è arricchito di un blog per dibattere sulle proble-matiche legate al rapporto tra le nuove genera-zioni e il vino Il progetto Vino e Giovani si avvale della col-laborazione delle Regioni, delle Università, del Movimento Turismo del Vino e dell’Associazio-ne Giovani Imprenditori Vinicoli Italiani (AGIVI).
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Enoteca Italiana dal 1933 è un'importante Istituzione per la promozione della no-stra enologia. Il Segretario Generale Fabio Carlesi fa un bilancio dei risultati conseguiti nel comparto estero.Enoteca Italiana vanta al suo interno un efficiente ufficio export che da anni ha speri-mentato workshop all’estero, incoming di buyers e stampa specializzata, fiere e quanto necessario per facilitare l’in-contro tra la domanda e l’of-ferta delle aziende produttrici di vino associate ad Enoteca Italiana. Un percorso collauda-to con successo, iniziato con i paesi dell’Europa classica. Ma il panorama dello sviluppo del mercato del vino guarda ad altri mercati in forte crescita, in cui la domanda del vino ita-liano subirà forti incrementi nei prossimi anni. La Cina ad esempio, entro il 2014 diventerà il sesto merca-to al mondo per consumo di vino, con un incremento pre-visto in 4 anni del 19,6% an-nuo. Si prevede un aumento del consumo dei vini rossi del 36,4% entro il 2012 e un mag-gior incremento dei vini bian-chi che si attesterà intorno al 38%. Un paese in cui è diffi-cilissimo entrare: non basta-
no le fiere e qualche contatto sporadico ma è necessario un intervento strutturato, di forte peso, diretto anche ad aspetti pratici quali formazione, degu-stazioni, apertura punti vendi-ta.
Quali i risultati raccolti fino ad ora. Novità 2012 per la Cina?Enoteca Italiana grazie ad una geniale intuizione ed a una proficua collaborazione con Regione Toscana e gli enti senesi nostri soci, (Provincia di Siena, Comune di Siena, Camera di Commercio di Siena) 4 anni fa, conside-rando le potenzialità future del mercato cinese decise di aprire una società di dirit-to cinese: Shanghai Yishang Wine Business Consulting. La società, grazie alla professio-nalità di un personale esclu-sivamente locale, ha avuto il compito di promuovere, in una prima fase il vino toscano, e poi quello italiano e di infor-mare e formare gli operatori cinesi. Da allora sono stati fatti molti passi in avanti, abbia-mo quest’anno modificato lo statuto e, aldilà ed accanto a quelle che sono state le sue iniziali competenze istituzio-nali, ora svolge anche un’im-
portante funzione commer-ciale. Lei mi chiede se sono soddisfatto della realizzazione di Yishang? La risposta è sì ed è netta. La nostra società, nata nel cuore di Shanghai è ormai un punto di riferimento importante. Diverse aziende grazie ad Yishang sono pre-senti e vendono nel mercato cinese. Mass media, importa-tori, mondo della ristorazione e dell’hotellerie di Shanghai e di altre città asiatiche sono i principali interlocutori che attraverso noi, si informano e conoscono le aziende del vino che si stanno affaccian-do nel mercato dell’ex Impero Celeste. Quest’anno poi sono stati con-
Enoteca Italiana di SienaPromozione e commercializzazione del
vini italiano all’estero
Intervista a Fabio Carlesi, Segretario Generale di Enoteca Italiana di Siena
di Valentina Niccolai
www.enoteca-italiana.it
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clusi importanti accordi com-merciali in Cina, sempre grazie al nostro braccio operativo di Shanghai. Vorrei anche sotto-lineare lo sforzo e il successo di progetti che sono nati in un paese in cui la cultura, per tra-dizione, è sicuramente diversa dalla nostra; le loro bevande sono infatti l’alcol di riso, il tè e la birra. Ma ritornando agli accordi conclusi a Pechino lo scorso 22 Ottobre abbiamo si-glato, a Pechino, un protocol-lo di collaborazione strategica con il presidente della Beijing Zhengyuan Youshi (società leader per la distribuzione del vino italiano), Mr. Sen Liu, noto industriale e finanziere cinese. L’accordo prevede la fornitura di servizi da parte di Enoteca Italiana (formazione del perso-
nale, promozione, progetta-zione della wine-list e gestione del rapporto con le aziende italiane) per la costituzione di un network di 100 enoteche, 20 delle quali operative entro il 2011. Altro accordo importan-te è “Vinopolis”. La Shanghai Alcool Circulation Trade Association Wine Committee Wine Union ha intenzione di costituire una grande piatta-forma per l’importazione e la distribuzione dei vini italiani in Cina, avvalendosi del know-how di Enoteca Italiana, e una piattaforma permanente di comunicazione fra i con-sumatori cinesi e produttori italiani, costituendo diversi canali di vendita, una sorta di Vinopolis, con lo sviluppo di propri distributori.
Inoltre a luglio 2011 si è dato vita al progetto ‘Contaminazione tra cibo ci-nese e vino italiano’. In questo contesto Yishang, sta realiz-zando corsi di formazione e informazione rivolti a direttori, sommelier e chef dei ristoran-ti più upscale che avranno a disposizione per i clienti una special wine list, con le eccel-lenze conosciute, inizialmente toscane e dopo tutte rigorosa-mente “Made in Italy”. La no-stra sede di Shanghai è inol-tre costantemente attiva sul fronte della promozione. Basti pensare che solo nelle ultime due settimane si sono svolti eventi promozionali e wor-kshop per i consorzi del Vino Nobile di Montepulciano, del Brunello di Montalcino (foto 1
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e 2), del consorzio Puglia Best Wine, per la Regione Sicilia ol-tre che per singoli produttori. Le aziende interessate a rice-vere maggiori dettagli posso-no contattare il nostro Export Manager Giovanni Pugliese ([email protected]) che è a diposizione per qualsiasi tipo di informa-zione sulle nostre attività e sa-prà dare le giuste risposte alle aziende che vogliono investire in quel mercato.
Dopo la Cina apertura al Brasile e Giappone: esisto-no altri progetti 2012 per il comparto export?La scelta che ha fatto l’en-te di investire in Brasile e in Giappone è stata anche una scelta strategica, una scelta di opportunità come d’altronde è stata quella della Cina. Le aziende, in Europa o anche negli Stati Uniti, sono più au-tonome, più indipendenti ed il mercato europeo è conside-rato ormai un mercato “do-mestico” e quello americano è senz’altro un mercato co-nosciuto. Abbiamo così deci-so di rivolgerci al Brasile e al Giappone perché sono mer-cati lontani,ma emergenti con grandi possibilità di sviluppo e soprattutto hanno recepito bene le nostre attività promo-zionali. In questo contesto vorrei dare merito alla delegazione delle Donne del Vino, capitana-te dal nostro vice presidente Donatella Cinelli Colombini, che ha svolto in Brasile un ot-timo lavoro, con un ruolo da ‘apripistà in un momento in cui il Brasile non era ancora di moda. C’è stato un grande interesse per le nostre Doc, insomma un successo per il vino italiano e per le tante etichette che sono state pro-
tagoniste di importanti incon-tri con operatori del settore, giornalisti e con i responsabili food and beverage dei mag-giori ristoranti.Inoltre gli workshop hanno permesso sostanziose rela-zioni tra aziende e importato-ri e operatori provenienti da diverse province del Brasile. Un vero e proprio “B2B”, un incontro diretto tra importato-re e produttore in un mercato, quello brasiliano, che è diven-tato una nuova e grande op-portunità per i vini italiani. Il Giappone non è un mercato, ora come ora, in forte espan-sione ma ha grandi potenziali-tà. L’anno scorso ci eravamo impegnati per la realizzazione di una carta dei vini da presen-tare a Tokyo ma purtroppo gli eventi catastrofici che hanno colpito quel Paese ci hanno costretto a rinviare il progetto. Siamo comunque stati chiama-ti dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali per promuovere il vino italia-no all’interno di Italian Week. I principali marchi concentre-ranno nella settimana che va dal 21 al 27 novembre le loro proposte promozionali per presentare l’eccellenza della produzione vinicola italiana in Giappone. La manifestazione è stata chiamata “3000 anni di vino italiano” - in onore degli anni di storia che il vino ha nel nostro paese e fa parte del ca-lendario degli eventi di “Italia in Giappone 2011”.L’iniziativa si prefigge l’obiet-tivo di illustrare agli operatori del settore la varietà e quali-tà dei nostri vini, di stimolar-ne l’interesse, introducendo ed educando il consumatore giapponese alla ricca varietà qualitativa della produzione italiana. Alla promozione pren-deranno parte 12 organizza-zioni, tra Consorzi ed enti, che
porteranno in Giappone 150 aziende italiane e organizze-ranno circa 18 eventi presso le più prestigiose location di Tokyo, inclusa la Residenza dell’Ambasciata. Secondo le stime si prevedono oltre 1000 invitati, una massiccia presen-za della stampa di settore, ol-tre a importatori, distributori e sommelier. E noi saremo lì per dare la nostra consueta colla-borazione organizzando alcu-ni seminari.A proposito di Giappone vorrei comunicare una mia sensazio-ne positiva: il turismo giappo-nese in Italia si sta lentamente riprendendo, tanti sono i visi-tatori che ci vengono a trovare a Siena nella nostra splendida sede storica e, conclusa la vi-sita, è difficile che escano dalla Fortezza senza aver acquista-to vino che noi provvediamo a recapitare nel loro Paese, confermando ancora una vol-ta quanto è importante il lega-me tra territorio di produzione e prodotti e quanto all’estero questo venga apprezzato.
È soddisfatto di Enoteca Italiana? Certamente sì sono soddisfat-to, ma soprattutto orgoglioso di essere Segretario Generale dell’Ente che dal 1933 con-tribuisce a valorizzare il vino italiano nel mondo. Ribadisco con orgoglio la mia appar-tenenza ad Enoteca Italiana, specialmente ora che stiamo assistendo nella promozione ad una confusione tipicamente italiana: tutti fanno tutto, met-tendo in evidenza spesso ap-prossimazione, inesperienza e scarsa professionalità. Ecco, di questo stato confusionale il nostro settore e soprattutto il nostro Paese non ne hanno bisogno se vogliamo salva-guardare l’inestimabile valore del “made in Italy”.
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Enoteca ItalianaLa ricca offerta di eventi
e la ristorazione di qualitàIntervista al Direttore Salvatore De Lio
di Valentina Niccolai
Enoteca Italiana, nella città del Palio, all’interno dell’imponente Bstione San Francesco, For-tezza Medicea del ‘500, rappresenta il cuore pulsante dell’enologia italiana, fucina di eventi, struttura accogliente grazie anche al proprio wine bar e al ristorante interno di cui si stanno accorgendo gourmand di rilievo. Il programma fitto di appuntamenti è curato dal Direttore Sal-vatore De Lio Come è possibile gestire in modo moderno e creativo un’esposizione di 1600 etichet-te? La gestione della mostra è molto semplice, per-ché tutte le aziende che ne fanno richiesta pos-sono aderire al nostro Ente. Tutti i vini per essere ammessi, devono superare un test d’ingresso, vengono degustati in forma anonima da un’ap-posita commissione, formata da 7/11 commis-sari, che li degusta alla ceca, tutti i prodotti che superano gli 80/100, si possono associare.Difficile orientarsi per un enoapassioanto?Direi che è molto semplice, grazie all’aiuto del nostro sistema interattivo “Parladivino” la pri-ma ed unica mostra a livello internazionale, che permette questo tipo di visita. Il nuovo sistema digitale, attraverso l’ausilio di un palmare, offre l’opportunità di fare un giro virtuale attraverso l’Italia del Vino, per conoscere le produzioni e i prodotti di eccellenza del bel paese, il visitatore verrà guidato in un percorso e riceverà tutte le informazioni riguardanti le varie Denominazioni riconosciute, dati topografici con relative map-pe territoriali, disciplinari di produzione, i vitigni utilizzati, le caratteristiche qualitative ed orga-nolettiche dei vini, i riferimenti dell’azienda pro-duttrice, la scheda tecnica del vino in oggetto, le disponibilità e il prezzo di vendita, nonché gli abbinamenti con i piatti tipici del territorio ed in fine, al termine del percorso, avrà la possibilità
di poter degustare ed acquistare i vini preferiti.Quante persone all’anno accoglie tale mo-stra? Mediamente le presenze si aggirano tra le 4000/5000 persone al mese, che vengono nella fortezza medicea, per scoprire nuove etichette, oppure trovare le aziende più blasonate. Non di secondaria importanza, sono le visite che ven-gono fatte sul nostro sito istituzionale e quello www. parladivino.it, dove si possono trovare tutte le informazioni che si trovano nella mostra, abbiamo mediamente 20/25.000 utenti unici al mese, di cui circa il 30/35 % stranieri.Quali i vantaggi ad essere presenti per un produttore?La nostra struttura con la Mostra sicuramente è la vetrina del Vigneto Italia, visto la presenza di più di 700 aziende di tutte le regioni italiane. Un primo motivo, anche in considerazione dei nu-meri di cui parlavo prima, è quello della promo-
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zione, ma poi Le ricordo che, tutti i vini associati all’Enoteca Italiana, vengono inseriti, nella carta dei vini del Wine Bar, del Ristorante e coinvolte in tutte le attività che Enoteca organizza diretta-mente, o con i partner istituzionali, come il Mini-stero delle Politiche Agricole e Alimentare, le as-sociazioni nazionali. Solo per esempio, le ultime partecipazioni sono quelle all’Expo universale di Shangai 2010, alle Olimpiadi di Vancouver, ai mondiali di calcio in Sud Africa, al Vinitaly, e quella di pochi giorni fa a Tokio in occasione dell’Italian Wine Week.
A febbraio 2012 Enoteca Italiana celebra “Le stagioni dell’Olio”: esiste quindi una carta degli oli oltre che dei vini e si tratta di un evento puramente istituzionale o anche promo commerciale? Quando si parla di enogastronomia non si può non parlare di Olio, il prodotto base della dieta mediterranea, iniziato nel 1996, ha lo scopo di promuovere gli oli exstravergini di oliva italiani, che vede si una parte istituzionale ma soprat-tutto di promozione e commerciale, attraverso
mini corsi di degustazione, cene degustazioni, i carrelli degli Oli nella ristorazione, perché come per il vino, ad ogni piatto si può abbinare un olio, che meglio esalta le qualità olfo/gustative.
A chi è rivolto? Come fanno a partecipare le aziende olearie? È rivolta sia alla ristorazione con il, Cooking for Olive Oil, presentato dal giornalista gastrono-mo Luigi Cremona. Otto Celebrity Chef nel cor-so dell’intera giornata si alternano per dare vita, come in un vero e proprio spettacolo teatrale, con divertenti tecniche evolute, ai tanti modi di utilizzare l’extravergine in cucina. Gli chef mo-strano come si può usare l’Olio da 0° a 200°, attraverso le diverse tecniche, ma con eventi per il consumatore che possono assaggiare più 150 tipologie di extravergine. Le aziende pos-sono aderire inviando dei campioni che verran-no utilizzati in tutte le attività programmate.
La Settimana dei Vini: come si svolge e quali novità per il 2012?Come sempre è un momento d’incontro, dove
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ci saranno momenti convegnistici, spazi di ap-profondimenti sulle varie tematiche che più in-teressano i produttori, ma anche l’occasione per degustare i grandi vini, considerate che mediamente mettiamo in degustazione circa 1000 etichette delle nostre aziende associate. Sulle novità del prossimo anno non posso dare anticipazioni, ma vi assicuro che sarà un pro-gramma molto intenso.
“Conosciamo il vino con Fisar”: program-ma di degustazioni in 6 lezioni di 3,5 h ciascuna a cura dei Sommelier Fisar che presenteranno i vini interni a Enoteca Ita-liana.Sicuramente saranno presenti, anche perché sono occasioni importanti per far conoscere e valorizzare tante nostre aziende associate. Ma soprattutto attraverso le grandi professionalità che gli ambasciatori del vino, i Sommelier, han-no sempre dato al vino italiano.
Non solo vino: quanto arricchisce l’offerta di enoteca Italiana la presenza di un risto-rante interno, penso al Millevini di Alberto Degortes. Piatti toscani locali con oltre mil-levini in degustazione: può spiegare me-
glio il contributo della ristorazione come Enoteca Italiana?La scelta della ristorazione è stata fondamen-tale, dare ancora più valore ai vini delle nostre aziende associate. Con lo Chef Alberto Degor-tes, ci confrontiamo quotidianamente intrapren-dendo una strada, quella di valorizzare tutti le eccellenze del territorio. Abbiamo ritenuto inte-ressante predisporre un menù a chilometri zero, dove offrire piatti di qualità con i prodotti e le specialità di Siena e delle campagne circostan-ti. Prodotti di primissima scelta, carni pregiate a cui aggiungere il pesce fresco della costa toscana, massima attenzione alle sensazioni gusto-olfattive, ma anche visive. A tutto questo non poteva mancare una carta dei vini molto ampia, con vini di tutto lo Stivale, anche biologi-ci, è un grosso stimolo per la creazione di piatti in abbinamento». Un menù che viene cambiato spesso, secondo i prodotti stagionali che me-glio esaltano i vini e che ci spinge a trovare il miglior abbinamento cibo-vino, facendo quoti-dianamente nuove scoperte. Questo lavoro ci ha dato già prodotto un riconoscimento per il ristorante Millevini, il Premio come migliore Eno-tavola dell’anno, uno dei sedici premi speciali assegnati dai critici della Guida dell’Espresso.
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Proseguiamo il nostro tour vir-tuale alla scoperta di Enoteca Italiana, sottolineando l’inno-vazione che si sta apportando al comparto Turismo del vino. Infatti, all’interno dei bastio-ni medicei, è stato studiato e sperimentato con successo un modello di Wine Tour cit-tadino, “Food and Wine Siena Walks” che porta la firma di Donatella Cinelli Colombini, attualmente Vice Presidente di Enoteca Italiana. Fondatrice del Movimento turismo del Vino, ideatrice di due for-mat quali Cantine aperte e il Trekking Urbano, Cinelli Colombini propone, non solo ai turisti ma anche a tutte le amministrazioni italiane, un nuovo modello di turismo eno-gastronomico cittadino.
Di cosa si tratta pratica-mente?Il trekking urbano è una nuo-va forma di turismo sportivo in città. Il turista esplora a piedi, come in un’avventura cultu-rale, il centro storico, esce dai percorsi più conosciuti e
fa delle piccole scoperte ar-tistiche, enogastronomiche e sportive. È un modo nuovo, partecipato e emozionante di vivere l’esperienza di viaggio. Ovviamente l’enogastronomia fa parte integrante di questa offerta, viene percepita come un aspetto della cultura lo-cale. A Siena, proprio grazie alle sollecitazioni del Comune e dell’Enoteca Italiana, il trek-king urbano è entrato nell’of-ferta turistica e l’Associazione Guide Turistiche ne propon-gono varie versioni associan-dolo all’assaggio di vini e cibi
senesi.
Quali vantaggi da il trek-king urbano alle cantine in termini di incremento di fatturato e di export ? È un modello di turismo enoga-stronomico che fa vende-re? Quando il trekking urbano si sviluppa nelle città d’arte cir-condate da un importante ter-ritorio viticolo, le bottiglie ven-gono ad essere letteralmente “incorniciate” dalla civiltà che le ha originate. Palazzi, chiese, musei, eventi … le emozioni forti di un percorso di trekking ricco di sorprese, suscitano nel turista un legame più pro-fondo e più durevole con ciò che vede, ciò che assaggia e le persone che incontra. Il turista poi, senza accorger-sene, diventa un portabandie-ra delle produzioni locali nella propria città di origine, conti-nuando a riconoscere e prefe-rirle per mesi e, in certi casi, per anni. Tutto ciò agevola le esportazioni dei vini e il loro consumo anche all’estero.
Enoteca Italiana di SienaLa parola a Donatella Cinelli Colombini,
Vice Presidente
Fondatrice del Movimento turismo del Vino, ideatrice di due format quali Cantine aperte e il Trekking Urbano.
di Valentina Niccolai
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Come fanno ad aderire le amministrazioni italiane in-teressate, a chi si devono rivolgere? Esiste un piano formativo attuato all’inter-no di Enoteca Italiana per guidare al successo questo format in tutta Italia? I comuni che intendono aderi-re al Trekking urbano devono rivolgersi al Comune di Siena che è capofila in questo pro-getto, dall’amministrazione senese riceveranno istruzioni sulla redazione dei percorsi. L’Enoteca Italiana ha invece tenuto moltissimi corsi di for-mazione diretti alle guide turi-stiche e, in collaborazione con le associazioni di categoria, agli addetti del settore turismo nelle imprese ricettive e di ri-storazione. L’Enoteca collabora da anni e con grande successo, alla giornata nazionale del Trekking urbano che si svolge in oltre 30 comuni alla fine di ottobre di ogni anno.
All’Azienda Giorgi, storica azienda di Canneto Pavese, va il merito di aver presentato il primo spumante “ve-lato”, un brevetto internazionale, ossia con i suoi lieviti naturali mantenuti all’interno della bottiglia per prolun-gare la cessione degli aromi. Da uve pinot nero 80% e chardonnay 20% riposa 12 mesi in autoclave e viene imbottigliato naturalmente. Di colore giallo paglierino torbido e dal perlage fine e persistente ha un bouquet ampio, elegante e persistente, con spiccate note di frutta fresca, crosta di pane, mandarino, albicocca, e vaniglia. Con i suoi 12 gradi è ottimo da aperitivo ed eccellente a tutto pasto. Inoltre, per degustare i mol-
teplici vini dell’azienda è stata creata l’Enoteca “Solo Giorgi” – “…uno spazio aperto e vocato felicemen-te a eventi “culturali” legati intelligentemente ai temi dell’ambiente, dei saperi e delle tradizioni locali, delle tecniche adottate per coltivare sapientemente vigne-ti e dell’arte di produrre vini di qualità”.
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Vini e uomini di Val Venosta
”Negli ultimi venti anni è stata irrefrenabile l’ascesa della
notorietà dei vini della Val Venosta, grazie soprattutto alla omogeneità del suo territorio e delle caratteristiche che lo
rendono capace di realizzare vini irriproducibili altrove.
“
Visitando le vigne e le aziende della Valle
si comprende facilmente come vi siano
le condizioni perfette per la produzione
di qualità di grandi vini bianchi o da Pinot Nero:
325 giorni di sole su 365, scarsa piovosità, so-
prattutto nel periodo di maturazione delle uve,
con molte ore di luce, vento che evita marciumi
ed altre malattie, rilevanti escursioni termiche tra
giorno e notte, vigne in pendenza con esposizio-
ne a Sud per il massimo irraggiamento solare,
tutto condito dalla passione e dalla serietà del
lavoro dei vignaioli.
Le aziende oggi più note sono la Tenuta Unterortl
di Castel Juval e Falkenstein di Franz Pratzner, a
Naturno.
La prima è di proprietà del famoso alpinista
Reinhold Messner, ma è da sempre gestita da
Martin e Gisela Aurich, ai quali l’azienda è stata
affidata nei primi anni 1990, iniziando con l’im-
pianto del Pinot Nero, nel 1992-1993, e, subi-
to dopo, del Riesling nel 1997. Martin è docen-
te di enologia al Centro di Sperimentazione di
Laimburg, è estremamente cordiale e disponibile
a comunicare la passione per il proprio lavoro di
vignaiolo ed enologo.
I vigneti sono tutti dislocati sui pendii della colli-
na che alla sommità ospita il Castello; l’altitudine
varia dai 600 metri, dove è coltivato il Pinot Nero,
ai 700 metri, con il maso e i vigneti di riesling in
particolare, fino agli 800 metri delle vigne di Pinot
Bianco e Müller-Thurgau; l’esposizione è per la
maggior parte a Sud, pur non mancando zone
a Sud-Est. I terreni sono costituiti da sabbia e
gneiss, con molta roccia di varia natura di for-
mazione glaciale; a volte si trova roccia dura ed
impenetrabile a 2 o 3 metri dal suolo, ciò che
rende difficile l’impianto del vigneto, e spesso si
rinvengono, nello scasso per la predisposizione
dell’impianto o nei saggi di studio geologico, muri
a secco dell’età del bronzo (1800-1900 a.C.) a
testimonianza dell’utilizzo antichissimo della col-
lina per la coltivazione; in questi casi, riferisce
Martin Aurich, è stato necessario creare terraz-
zamenti su cui mettere a dimora i filari. Quel che
di Davide amadei
colpisce di più sono però le pendenze, per lo più
del 35/40%, ma che arrivano in alcuni casi addi-
rittura al 50%, come nel caso del vigneto dedica-
to al Riesling.
I trattamenti in vigna avvengono con l’ausilio di
piccoli automezzi, una tagliaerba ed un piccolo
trattore di soli 70 cm. di larghezza. Quando si fa
cenno all’abusata definizione di “viticoltura eroi-
ca” Martin fa una risata, consapevole della serie-
tà, professionalità e sistematicità del suo lavoro
di vignaiolo e di enotecnico, e precisa che qui
non c’è bisogno, come in Mosella, di ricorrere a
strumenti “estremi” quali sollevatori a cremagliera
o a fune.
A proposito dei trattamenti, la scelta degli Aurich
è quella della conduzione convenzionale: il biolo-
gico imporrebbe di trattare almeno il doppio, con
impegno economico, fisico e temporale inso-
stenibile; in ogni caso, il clima della Val Venosta
consente sempre un elevato livello di sanità delle
piante e delle uve, dovendosi per lo più fronteg-
giare soltanto l’oidio.
Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2012 • n. 1 25
La collina di Castel Juval
La perla aziendale è il vigneto Windbichel, “collina
del vento”, da cui si ricavano le uve per il vino di
punta: si tratta dei grappoli di Riesling selezionati
nel vigneto, quelli più bassi sulla pianta, raccol-
ti a metà ottobre (normalmente) qualche giorno
dopo un primo passaggio in cui sono vendem-
miati i grappoli alti a maturazione più precoce;
la permanenza in pianta consente di elevare il
contenuto zuccherino, la struttura ed i profumi,
con l’ausilio anche di un leggero appassimento
dovuto allo spirare del vento caldo della valle par-
ticolarmente insistente sul vigneto che proprio al
vento deve il suo nome.
Il Windbichel può ritenersi il modello del terroir
della Val Venosta: esposizione meridionale in ri-
pido pendio, vento caldo che consente uve sane
e pulite in vendemmia; altitudine rilevante e forti
escursioni termiche; sottosuolo sabbioso con ri-
levante presenza di rocce e gneiss, dove ha tro-
vato perfetta dimora il vitigno Riesling.
È quest’ultimo il vero “re” dei vini della Valle, gra-
zie alle intuizioni soprattutto di Martin Pohl della
Tenuta Köfelgut di Castelbello, che fin dagli anni
1980 ebbe a piantare l’uva renana prevedendo-
ne le potenzialità.
Altre uve coltivate in Val Venosta sono il Müller-
Thurgau – che dimostra qui come possa produr-
re, se coltivato con scrupolo, vini di alto livello,
contrariamente alla sua fama offuscata dalle in-
numerevoli versioni commerciali - il Sauvignon e
soprattutto il Pinot Bianco, capace di dare pro-
dotti di elevatissima qualità, ricchi di aromi, di
grande struttura e acidità che ne garantiscono
una lunga tenuta nel tempo.
Da segnalare anche la valorizzazione di vitigni au-
toctoni e tradizionali, sconosciuti ai più, per vini
“della tavola”, come il Blatterle ed il Fraueler. A
questo proposito, in Valle esiste un produttore
che imbottiglia un vino derivante da Fraueler in
purezza: si tratta dello Jera, della piccola azienda
(1,20 ha di vigneti su terrazze, per 8000 botti-
glie, 1000 per tipologia, 600 di Riesling) Befelhof
di Oswald Schuster, nella frazione Vezzano di
Silandro, a 800 m s.l.m., con elevatissima acidità
che il vitigno è capace di fornire anche quando è
utilizzato in assemblaggio.
Raramente si coltiva il Gewurztraminer, prodotto
in una intrigante versione da vendemmia tardiva
da Franz Pratzner.
Quest’ultimo è il titolare della tenuta Falkenstein,
Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2012 • n. 126
Le vigne di Falkenstein
Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2012 • n. 1 27
Note di degustazione
altri vini degustati
TENUTA UNTERORTL CASTEL JUVAL – VdT Juval Glimmer 2010 (Fraueler, Blatterle, Müller-Thurgau) – È il vino della tradizione, l’assemblaggio di vitigni utilizzato da secoli nei masi della Valle; decisamente interessante il vitigno autoctono Fraueler, che conferisce un elevato grado di acidità al vino e dunque ne consente la freschezza e la piacevolezza di beva. All’assaggio risulta un vino di grande bevibilità, con molto frutto al naso e notevoli acidità e sapidità in bocca. TENUTA UNTERORTL CASTEL JUVAL – A.A. Val Venosta Pinot Bianco 2010 – Dalle vigne esposte a Sud a 750/800 metri s.l.m.; la vinificazione è in acciaio, ma una piccola parte del vino è affinata in botte grande d’acacia. Al naso presenta note intense di frutta bianca e sentori minerali; colpisce soprattutto in bocca, con una struttura potente, ingresso morbido, nessun cedimento, acido e molto sapido, con finale lunghissimo e rinfrescante.
TENUTA UNTERORTL CASTEL JUVAL – A.A. Val Venosta Riesling «Windbichel» 2009 – L’affinamento prolungato in bottiglia consente di apprezzare un olfatto che inizia ad esprimersi su note fruttate e minerali, quasi marine, distinte ed intriganti; ma la sua grande qualità di svela in bocca, dove è potente e freschissimo, sapido e continuo, profondo, interminabile, invitante.FALKENSTEIN – A.A. Val Venosta Sauvignon 2009 - Al naso è estremante tipico, varietale, con note vegetali eleganti, sambuco, sentori netti di frutti tropicali, non senza mineralità; in bocca è ricco, con attacco rotondo ed elevata struttura, buona acidità, forse solo leggermente alcolico nel finale, non sufficientemente contrastato.
FALKENSTEIN – A.A. Val Venosta Pinot Nero 2008 – Naso con frutti rossi e sentori di resine, non complesso ma piacevole e tipico; in bocca ha struttura, attacco rotondo, buona acidità, bell’equilibrio, con chiusura pulita abbastanza persistente sul frutto, con leggero alcol ad asciugare appena. BEFELHOF - VdT Jera 2010 (Fraueler 100%) – Olfatto con accenni minerali, netta frutta bianca, semplice ma molto piacevole; la bocca è freschissima, con elevatissima acidità e piacevole bevibilità (acidità 7 gr/l contro i 5 del Müller-Thurgau). Un assaggio davvero interessante.BEFELHOF - Riesling 2010 – Semplice ed inespresso al naso, in bocca è citrino, con netti sentori agrumati freschi; non lungo. Con il 12,5% di alcol, è un Riesling diverso da quelli delle aziende della zona di Naturno e Castelbello, più carichi in alcol e struttura.
TENUTA UNTERORTL CASTEL JUVAL - Müller-Thurgau 2010 – Dal vigneto più alto della collina di Juval, a 820 metri s.l.m. All’olfatto è aperto e complesso, con susina bianca, agrumi, mineralità, sentori affumicati; in bocca è rimarchevole l’acidità, che crea grande freschezza gustativa in un contesto di buona struttura.TENUTA UNTERORTL CASTEL JUVAL - Riesling 2010 – Al naso è ancora poco
espresso, ma in bocca è tagliente, ha una tensione acida e sapida veramente palpabile, con una notevole persistenza.TENUTA UNTERORTL CASTEL JUVAL - Pinot Nero 2009 – Affinato per il 100% in legno, sia in botte grande sia in barriques, solo in minima parte nuove; ha naso fresco, elegante, molto fruttato e floreale, qualche nota verde; in bocca ha una bella acidità, c’è struttura, ma nel finale cede presto.
BEFELHOF - Muller Thurgau 2010 – Buon prodotto, frutta bianca e tropicale al naso, bell’equilibrio gustativo e freschezza in bocca.BEFELHOF - Blauburgunder (Pinot Nero) 2009 – Solo legno grande; leggero vegetale al naso, ma anche intensi fiori e note di piccoli frutti; in bocca è decisamente acido, con tannino presente non finissimo, ma il finale, pur corto, è piacevole.
subito sopra l’abitato di Naturno. Le vigne, tutte
attorno al Maso quasi a costituire un autentico
cru, sono ad un’altitudine tra i 600 e 900 me-
tri s.l.m. e, a seconda del vitigno, hanno 9000 /
11.000 ceppi per ettaro, su terreni leggeri, sciolti,
con un misto di sabbia ed argilla; gli impianti ri-
salgono agli anni 1991/1992, ed il primo imbot-
tigliamento di Riesling è quello dell’annata 1995;
proprio il Riesling costituisce il 50% della produ-
zione aziendale e Franz Pratzner ne è senz’altro
uno dei pionieri dell’Alto Adige.
In Val Venosta i rossi, oltre a vini facili ma piace-
volissimi da Zweigelt ed altre uve della tradizione
locale, sono prodotti essenzialmente da Pinot
Nero, che nel clima fresco dei pendii della Valle
dà vini di grandissima eleganza, con intensi pro-
fumi floreali e di piccoli frutti di bosco, pur sen-
za raggiungere le strutture di altre aree dell’Alto
Adige (Mazzon, sopra Egna, in particolare).
Da segnalare, a proposito di Pinot Nero, il pro-
getto Ötzi, dal nome dato all’uomo del 3300 circa
a.C. ritrovato nel ghiacciaio del Similaun in cima
alla Val Senales. Aurich e Pratzner hanno creato
un assemblaggio paritario dei propri pinot nero
dell’annata 2006 e lo hanno posto in tre diverse
barriques: una di queste è stata collocata nella
cantina del Castel Juval a 900 m. s.l.m.; un’altra
in quella del ristorante Oberraindlhof di Elisabeth
ed Helmuth Raffeiner in Val Senales a 1450 m.
s.l.m.; la terza è stata posta nell’hotel Grawand,
alla stazione a monte della funivia di Maso Corto,
in Val Senales, a 3212 m. s.l.m. In bottiglia la sor-
presa maggiore è venuta dai vini di quest’ultimo
contenitore: la rarefazione dell’aria, con minor
presenza di ossigeno, ha indotto un affinamento
molto più lento, così che il vino si è dimostrato
meno pronto ma senz’altro più complesso.
Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2012 • n. 128
Le bottiglie della Tenuta Unterortl
”“Un sontuoso secondo piatto, tra i più diffusi nel mondo,
ma che solo in Piemonte è anche un rito gastronomico, che però esige commensali numerosi e di buon appetito.
Il gran gusto del gran bollito mistodi enza Bettelli
Il tradizionale gran bollito piemontese, il büii,
era sempre presente sulla tavola dei nobili e
su quella dei Savoia, una versione più pre-
giata di quella che si consumava nelle case del
popolo per la quale si utilizzavano gli animali non
più in grado di lavorare o di dare latte. Oggi i tagli
vengono ricavati da bovini di razza Piemontese
o Fassone, tutelate dal Consorzio degli Allevatori
di Vitelli di Razza Piemontese COALVI, dal tipico
mantello rasato bianco e amorevolmente allevati
all’aperto con una alimentazione ad hoc. La car-
ne che se ne ricava ha un caratteristico colore
rosso dovuto alla notevole presenza di ferro e di
antiossidanti, come per esempio la vitamina E,
ed è particolarmente pregiata perché morbida,
saporita e povera di grassi.
Per un bollito che si rispetti i tagli di bovino deb-
bono essere almeno 7: tenerone, scaramello,
biancostato, punta, muscolo, fiocco e spalla.
A questi si aggiungono lingua fresca e/o salmi-
strata, testina, coda e zampetto più, per una
versione davvero straordinaria, la tasca ripiena e
la rollata. Ma non è finita, perché sono previsti
anche il cotechino e la gallina o il cappone. Tanta
abbondanza richiede una tavolata numerosa, ed
ecco perché il gran bollito è sempre più un piatto
da ristorante.
Tutto va cotto a puntino, cioè non troppo a lun-
go perché non diventi asciutto e duro, ma ab-
bastanza perché sia morbido al punto giusto.
Ovvio, quindi, che vanno previste cotture sepa-
rate. Sicuramente cotechino e testina da soli e
Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2012 • n. 130
a parte anche coda e zampetto. Le altre carni
si possono cuocere insieme cominciando con il
mettere in acqua fredda i tagli più duri e aggiun-
gendo man mano quelli più morbidi. Ma attenzio-
ne a non sbagliare la cottura. L’acqua deve copri-
re appena la carne perché non se ne disperda il
gusto; se evaporasse eccessivamente se ne può
aggiungere altra, bollente, per ripristinare il livello.
Il sale va aggiunto dopo la metà cottura e il tutto
deve sobbollire lievemente, cioè solo “fremere” o
la carne rischia di indurire. Nelle varie pentole si
aggiungono anche gli abituali aromi per il brodo,
come sedano, carota e cipolla steccata con un
chiodo di garofano, senza tuttavia eccedere nelle
quantità altrimenti bollito e brodo possono pren-
dere un gusto un po’ troppo dolciastro.
I contorni sono a base di verdure lessate e di so-
lito si preferisce cuocerle a parte perché manten-
gano la loro forma. Tra i più classici le patatine
bianche, cotte intere con la buccia e poi pelate, e
le cipolline cotte in una miscela di acqua, vino e
aceto, insaporita con zucchero e spezie.
Tra la cottura della carne e quella dei contorni è
richiesto molto lavoro e sarebbe un peccato vani-
ficarlo servendo il bollito in modo sbagliato. Deve
innanzitutto essere bollente e uno o più scaldini
aiuteranno a mantenere la giusta temperatura
delle carni, soprattutto di quelle più grasse come
testina e cotechino. In mancanza degli scaldini,
dopo il primo giro conviene trasferire ciascun ta-
glio nella propria pentola di cottura e lasciarveli
in attesa fino al secondo giro in modo che il bro-
do bollente li mantenga caldi. I vari pezzi vanno
sempre sgocciolati con cura prima di allinearli sul
piatto di portata e tagliati poi controfibra perché
le fette siano tenere.
Un tripudio di salseLa tradizione vorrebbe una salsa per ogni taglio di carne servito, ma possono anche essere qualcuna in meno
purché non manchino le più classiche. Prima fra tutte la cognà, una mostarda d’uva che i più previdenti preparano
in autunno quando si può disporre di uva bianca e cotogne che ne sono gli ingredienti principali. Oltre alla cognà,
i due bagnèt, quello verde con erbe aromatiche
e acciughe e quello rosso di pomodoro reso
piccante dal peperoncino. La salsa di peperoni
rossi è ugualmente indispensabile, come quella
di miele e senape (sàussa d’avije). Qualche frutto
di mostarda piccante, infine, aggiungerà colore e
ravviverà il sapore delle carni. Assieme alle salse
è d’obbligo anche una ciotolina di sale grosso
pestato, che ciascun commensale spargerà a
piacere sulla carne prima di gustarla.
E da bere? Niente acqua, ma vino rosso e
generoso, preferibilmente la Barbera, che nasce
nella stessa regione in cui vengono allevati i
bovini di razza Piemontese.
Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2012 • n. 1 31
Si preferiscono i vini rosati soprattutto per
questo autunno che si stava prolungan-
do in un’estate senza data di scadenza. Il
12 ottobre, giorno della “Hispanidad”, eravamo
ancora in spiaggia. Poi, senza alcun preavviso,
il freddo, la pioggia e la malinconia del cambio
di stagione. Nessuno si aspettava che que-
sta sarebbe stata l’annata dell’uva passa dopo
un’estate relativamente fresca. La cosa positiva
è che ciò ha reso possibile una seria, efficace
e considerevole selezione di uva. Come in ogni
caso, si può vedere la bottiglia mezzo piena o
mezzo vuota (benché una bottiglia non sia mai
del tutto vuota, dato che ogni volta che attingia-
mo da essa, la riempiamo di sentimenti). È una
buona annata: c’è una minore quantità di uva,
ma quella che ha superato i filtri della vendemmia
e della tavola di selezione è la migliore. Nella D.O.
Penedès giugno e luglio hanno annaffiato la vite
così da resistere al resto di un’estate piuttosto
secca.
Qui le varietà sono state raccolte in questo ordi-
ne: Chardonnay, Pinot noir a fine agosto, seguite
da Macabeu, Xarel·lo i Ull de llebre. Per ultimo,
il Merlot, la Parellada (tipica uva delicata ed ele-
gante del cava) e Cabernet Sauvignon. Inoltre
la vendemmia è stata anticipata di più di cinque
giorni in oltre 27 regioni spagnole, facendo sì che
la polpa maturasse più velocemente e raggiun-
gesse elevate concentrazioni di zucchero, basse
concentrazioni di acidi e un PH alto. Lo sfasa-
mento tra la maturità della polpa e la pelle dei
semi darà dei vini più duri, e la maturazione rapi-
da interessa la qualità aromatica del vino. Questo
caldo ci costa caro perché i vini di gradazione
alta si pagano di più. Soprattutto per il consuma-
tore che parte dal presupposto che i vini spagnoli
superano il 15% di gradazione. Perché sebbene
non sia così ovunque, e ci siano regioni atlantiche
che continuano a combattere il cambio climatico,
si ritiene tuttavia che i vini spagnoli siano molti
ricchi d’alcol, potenti e troppo strutturati. Ci sono
zone come Priorato o Rioja che stanno cambian-
do e facendo vini piú freschi, personali e leggeri.
Abbiamo tanti buoni punteggi Parker, anche se a
volte l’abbinamento risulta difficile con vini troppo
proteici e che non sanno ascoltare il cibo a cui si
accompagnano.
Nasce così tra gli esperti la nuova moda di esalta-
re i vini di medio corpo, più delicati e provenienti
dalle zone più atlantiche della penisola. Siccome
i nostri vini hanno già un’abbondante ricchezza
Le “tendenze” ben vendemmiate
Bianchi con corpo, rosati di nuova generazione, rossi dal profilo classico con meno peso in legno
e spumosi con lunga riserva. La vendemmia del 2011 in Spagna è piena di tendenze.
“”
di Meritxell Falgueras Febrer
3232 Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2012 • n. 1
tannica, vengono favoriti i vini giovani con poco
legno per la loro versatilità nel mariage. I bian-
chi affinati con lieviti hanno spodestato quelli che
passano in botte. La moda inglese del chardon-
nay con odore di legno ha lasciato il posto alle
uve autoctone come il Xarel·lo in Penedès o la
Godello in Monterrei per produrre vini più perso-
nali e originali.
“Mi rifiuto di raccogliere l’uva in settembre”, di-
ceva Juan Carlos Lacalle della cantina Artadi. Il
suo “Viña el Pison”, uno dei 100 punti Parker più
acclamati di Spagna, non sappiamo se rimarrà
attorno ai 90 in un anno in cui per i vini si ascolte-
rà gridare la frutta più che sussurrare il “terroir”.
E i più vecchi della Rioja già lo dicevano: “l’uva ha
bisogno dei giorni di ottobre”.
Che cosa succederà in Spagna con il cambio
climatico? In teoria, e sono parole di Pancho
Campo, Master of Wine, “l’emisfero Nord sarà di
gran lunga più colpito di quello Sud dall’aumento
delle temperature”. La cantina Torres, nel caso
in cui ciò si verificasse, ha già acquistato terre a
Tremp, nei Pirenei catalani a 900 metri di altezza.
L’apertura della Galizia dai bianchi ai rossi è una
saggia decisione in relazione al cambio climatico,
grazie al suo clima freddo e alla sua aria atlan-
tica. La Galizia risveglia la sua diversità e la sua
autenticità. L’albariño affinato con lieviti, che si
conserva delizioso anche dopo il suo passaggio
annuale, rappresenta il futuro, e questo riempie
d’entusiasmo la denominazione d’origine Rias
Baixas. Anche la D.O. Ribeiro cresce e cessa di
Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2012 • n. 1 33
Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2012 • n. 1
essere la sua sorella minore. I Godellos saranno
il riferimento dei bianchi galiziani di alta gamma,
mentre Valdeorras punta sui vini delle tenute. I
bianchi con freschezza, volume e complessità
arrivano fino alla Ribera Sacra. Questa D.O. si
serve per i suoi rossi della magica uva “mencía”
(chiamata anche “loureiro negro”) per i sui vini di
memoria marina.
Nella Ribera del Duero i vini vengono divisi in
classici e moderni. Questi ultimi senza alcun abu-
so del legno nuovo. Cigales è la culla dei rosati
di León. Questa D.O. di incompresa tradizione
attacca con la sua garnacha intensa e traccia i
primi segni di grandezza. Toro continua con la
sua viticoltura primaria di vigneti senza innesti
che danno vini selvaggi. I vini carnosi e agili sono
la tendenza. Non tanto vini da invecchiamento,
quanto piuttosto vini da consumare giovani. Per
questo la tinta di toro si mescola con alcune va-
rietà sperimentali o con l’ammessa garnacha.
L’indicazione “Vini della Terra di Castilla e León”
sperimenta le migliori raccolte di enologi famo-
si come Mariano García (ex enologo del Vega
Sicilia). Le uve che riempiranno le carte dei vini
dell’altipiano di Castilla e León saranno quelle di
Pietro Picudo (con il suo feudo in Valdevimbre
los Oteros) e Juan García, per quel che riguarda i
rossi e per i bianchi l’Albarín.
Quella del 2011 è stata una vendemmia precoce nella maggior parte delle denominazioni d’origine spagnole, così come per i nostri vicini di Portogallo, Francia e Italia. Non tanto in Utiel-Requena in cui si avvertono gli effetti del “mildiu” e l’“appassimento fisiologico” che nelle primavere fredde di solito colpiscono la loro uva più importante, la bobal. I vicini portoghesi del Duero hanno guadagnato ricchezza polifenolica e hanno perso volume. Il loro successo è la prova di come sofisticare il passato. Senza abusare della sovramaturazione, dell’estrazione e dil tostato: i vini portoghesi si ergono sensibili, delicati e singolari. Non bisogna dubitare della loro capacità di invecchiare se si è capaci di dare un’interpretazione classica alla loro viticoltura. Ma ciò che ci preoccupa non è tanto l’annata, quanto le vendite. Ormai non ci preoccupa più solo vendere, ma anche guadagnarci. Anche così si consolida la tendenza di vini con un buon rapporto qualità-prezzo-piacere, persino per i vini che si sono sempre mossi nei segmenti più alti della gamma e molte cantine fanno addirittura il loro “terzo vino”. Fortunatamente, una cosa a cui la crisi non ha messo freno è la volontà dei lavoratori del settore di esplorare le possibilità di terreni molto concreti. Denominazioni di origine come Rueda, che è l’unica che continui ad aumentare il suo consumo grazie al suo imbattibile “verdejo”. Cigales sta tornando a mostrare tracce di grandezza, appoggiandosi sulla sua intensa garnacha. Sebbene il Principato di Asturie non possieda nessuna denominazione d’origine vitivinicola, resta comunque la sidra che vive un momento di rinnovamento a cui s’accompagna lo sviluppo dell’alta gastronomia con sidra d’autore. Contro l’uniformazione del gusto, la ricerca della personalità e la singolarità. Questa è la filosofia che ha permesso l’espandersi del txacolí, un vino unico per le sue varietà, il suolo e il suo clima, e altro ancora che non si riduca al solo esotismo locale per principianti. Una vendemmia piena di tendenze che presto arriverà sulle nostre tavole.
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Dolce, profumato, leggero.Come la vita che vuoi.Prodotto esclusivamente con uva Moscato biancodelle colline di Monferrato, Langhe e Roero,l'Asti D.O.C.G. è uno dei simboli dell'eccellenza italiana.Dolce, profumato, leggero, è perfetto sempre ma,in particolare, con i dessert e la pasticceria. Un ventaglio di fiori e frutti, tra i quali glicine, acacia, sambuco,agrumi, che sfocia in un netto sentore di miele.Perché la vita e le feste possono essere come le vogliamo.
do lcezza natura le
Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2012 • n. 1
Il ConcorsoIl Concorso Internazionale dei Vini di Montagna si avvia al quarto di secolo. Per le molteplici e meritorie finalità, non solo è l’unico Concorso al mondo nel suo genere, ma è sicuramente tra i migliori per serietà e prestigio. Ad organizzarlo, il Cervim (Centro di Ricerche, Studi, Salvaguardia, Coordinamento e Valorizzazione per la Viticoltura Montana), organismo istituito dalla Regione Valle d’Aosta nel 1987 e presieduto da quest’anno dal dr Roberto Gaudio, per sostenere la viticoltura eroica di montagna e di forte pendenza dei Paesi aderenti, in collaborazione dell’Assessorato dell’Agricoltura e Risorse Naturali della Regione Autonoma della Valle d’Aosta, dell’Associazione Vinea (Sierre-Svizzera) e col patrocinio dell’OIV (Office International de le Vigne et du Vin).
Dieci Paesi in lizza con 530 viniLa selezione dei vini di quest’edizione che si è te-nuta a Courmayeur dal 7 al 9 luglio, ha presentato 530 vini provenienti da Austria, Francia, Germania, Grecia, Italia, Lussemburgo, Portogallo, Slovenia, Spagna e Svizzera. Centosessantadue i vini pre-miati, di cui tre hanno ricevuto la Gran medaglia d’oro con un punteggio superiore ai 94 punti, 64 le medaglie d’oro di cui 24 con punteggi superiori
ai 90,01 punti e 40 tra 89,01 e 90 punti, ed infine, 95 le medaglie d’argento. L’elevata eccellenza dei vini presentati ha portato il limite per l’asse-gnazione delle medaglie, nel rispetto del limite del 30% dei vini selezionati, da 84 punti come previ-sto dal regolamento a 87,00 punti.Con L’Italia, oltre ad attestarsi al primo posto per numero di campioni presentati, lo è anche per i 318 vini premiati, vincendo ben 86 meda-glie di cui 1 Gran medaglia d’oro, 26 d’oro e 59 d’argento. Ma la parte del leone l’ha fatta la Valle d’Aosta: su 100 vini premiati, ha vinto 8 medaglie d’oro e 14 d’argento. Rimanendo a casa nostra, ecco le regioni più premiate dopo la Valle d’Ao-sta: Sicilia con 1 Gran medaglia d’oro, 6 d’oro e 10 d’argento, Lombardia con 6 medaglie d’oro e 11 d’argento, Trentino con 3 medaglie d’oro e 9 d’argento, Veneto con 2 medaglie d’oro e 7 d’argento, Liguria 1 medaglia d’oro, Alto Adige 3 medaglie d’argento, Campania 2 medaglie d’argento, Piemonte, Toscana ed Abruzzo con 1 medaglia d’argento, Friuli e Calabria nessuna medaglia.Folta la partecipazione a livello estero con il 42% dei vini presentati, con il gradito ritorno d’Austria e Lussemburgo e, con la novità assoluta della Slovenia. La più numerosa è stata la rappresen-
190 Concorso Internazionale dei Vini
di Montagna I risultati ottenuti sono la conseguenza
della passione, dell’impegno e del grande lavoro che quotidianamente i produttori della viticoltura eroica svolgono.
“”
di Virgilio Pronzati
36
Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2012 • n. 1 37
tativa spagnola con ben 63 campioni in degu-stazione, seguita dalla Germania con 55, dalla Svizzera 51 e, poi nell’ordine, da Francia, Grecia, Austria, Portogallo, Slovenia e Lussemburgo. Al vertice la Germania con 2 Gran medaglie d’oro, 19 d’oro e 5 d’argento, di seguito, la Svizzera con 5 ori e 15 argenti, la Francia con 4 ori e 2 argenti, la Spagna con 4 ori e 7 argenti, la Grecia con 2 ori e 3 argenti, il Lussemburgo con 1 oro, il Portogallo con 1 oro e 2 argenti e la Slovenia con 1 oro. Tornando alla Germania, l’en plein l’ha fatto la Mosella che presentando 50 vini, ha vinto ben 22 medaglie: 1 Gran me-daglia d’oro, 16 meda-glie d’oro e 5 d’argento.
Altissimo il livello dei vini Altissima la qualità dei vini degustati nel Salone dell’Hotel Pavillon. Il giu-dizio è stato dato dai 30 degustatori internazionali, selezionati dall’organiz-zazione per degustare i vini presentati. A diffe-renza degli altri anni, c’è stato solo alcuni cambi di bottiglia. Delle centoses-santadue medaglie totali assegnate, ben tre i vini che hanno ottenuto un punteggio superiore ai 94 punti. Sentiamo al riguardo il parere del Presidente del CERVIM Roberto Gaudio: “Ciò evidenzia l’esclusività di questo concorso ma so-prattutto l’ottimo livello dei vini presenti. I risultati otte-nuti sono la conseguenza della passione, dell’impe-
gno e del grande lavoro che quotidianamente i produttori della viticoltura eroica svolgono. Le tante medaglie d’oro assegnate e gli alti voti otte-nuti ne sono una reale testimonianza, un motivo di orgoglio e un’ottima presentazione ai merca-ti”.
Categorie di vini in concorsoIn base a quanto prescritto dal regolamento i vini sono stati sud-divisi in 10 categorie. Quest’anno in vini bianchi tranquilli prodotti nelle vendemmie 2009-2010; vini bianchi tranquilli semidolci (con residuo zuc-cherino da 12 a 45 g/l); vini rossi tranquilli pro-
dotti nella vendemmia 2009-2010; vini rossi tranquilli pro-
dotti nelle vendemmie 2008 e precedenti; vini spumanti; vini dolci (con residuo zuccherino superiore a 45 g/l); vini liquo-rosi.L’edizione 2011 ha conferma-to l’utile novità dello scorso anno. Con la collaborazione di VINEA, già organizzatrice di grandi Concorsi Mondiali, è stato messo a disposizione dei Commissari un sistema di va-lutazione informatico. Ognuno dei cinque degustatori ufficiali di cui un presidente, era dota-to di un computer sul cui video si alternavano le schede di va-lutazione relative ai vini serviti. Oltre a conoscere immediata-mente la valutazione finale del vino, questo metodo innovati-vo, permette, rispetto al pas-sato, di avere molto più tempo per l’esame sensoriale.
Per leggere l’elenco dei vini premiati visitare il sitowww.cervim.it
“”
Per quanto riguarda il brodo sono tutti d’accordo: ci vuole quello di cappone o, al
limite, di gallina vecchia semmai con l’aggiunta di qualche buon pezzo di carne di manzo.
Riflessioni sul tortellino
C’era una volta il tortellino...e per fortu-na c’è ancora. Per la delizia del no-stro palato e di quanti da approdano
sotto le Due Torri e sotto la Ghirlandina. Perchè Bologna e Modena sono le uniche città (coi loro territori) dove questa gustosa pasta farcita in bro-do ha il diritto di chiamarsi tortellino. Nelle altre città dell’Emilia-Romagna si mangia il cappelletto (o, come a Parma, l’anolino) che, oltre ad avere un ripieno diverso (in Romagna addirittura a base di formaggio), ha una forma differente che, però, normalmente non viene notata se non dai più smaliziati. Il tortellino, infatti, ha lo sbuffo supe-riore dell’involtino ripiegato mentre il cappelletto lo mantiene appuntito. Parma come sempre fa razza per conto proprio e dà alle placchette di pasta farcite la forma di un piccolo anello ripieno di sugo di stracotto e altri ingredienti. Anche se, col cambiamento dei gusti, degli stili di vita e dei dettami dietetici, i piatti tradizionali sono oggi sottoposti a una lenta usura o a un comple-to tralignamento, il tortellino continua a mantene-re una accettabile fedeltà alle sue lontane radici,
fin da quando nel Medio Evo fece la sua compar-sa in tavola, racchiudendo un semplice ripieno di lonza di maiale, formaggio parmigiano-reggia-no, uova ed erbe aromatiche (enula). Insomma in provincia di Bologna e di Modena si possono ancora gustare nei ristoranti degli ottimi tortelli-ni, ma anche, per chi li acquista sfusi, nei negozi di pasta fresca, dai fornai e nelle salumerie. Per non parlare delle famiglie dove si preparano delle autentiche leccornie sulla base di ricette traman-date di generazione in generazione che conten-gono diverse varianti rispetto a quella canonica codificata dalla Dotta Confraternita del Tortellino e dalla delegazione di Bologna dell’Accademia Italiana della cucina, depositata nel 1974 presso la Camera di Commercio. Senza considerare che le scuole di pensiero sul tortellino sono diverse e riguardano sia la sua for-ma (meglio piccolo o grande ?) sia la preparazio-ne del ripieno, che può essere macinato a crudo oppure dopo avere dato una leggera scottata alla lonza. Ad ogni modo tutte le soluzioni vanno bene, è solo questione di preferenze e di abitu-
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di Giancarlo Roversi
dini. Ma pur-chè si usino ingredienti di pri-ma qualità e soprat-tutto un parmigiano-reggiano di giusta stagionatura (nè troppo giovane nè troppo vecchio, di sapore pieno, ma non piccan-te). Per quanto riguarda il brodo sono tutti d’accordo: ci vuole quello di cappone o, al limite, di gallina vecchia semmai con l’aggiunta di qualche buon pezzo di carne di manzo. Sì, perchè i tortellini in brodo sono il modo più gustoso e tradizionale di gustare questo piatto simbolo. Anche se è vero che in genere i giovani preferi-scono mangiarli al burro o con la panna. Ma è una trasgressione che si può concedere tranquil-lamente. Completamente da “mettere all’indice” sono invece i tortellini al ragù perchè, essendo già imbottiti di carne, il ripieno entra in contra-sto col ragù del condimento e rischia di rimane-re surclassato. Così pure sono risibili quelli che li propongono cotti nel brodo di fagioli (i cosid-detti “ricchi e poveri”) o addirittura con le fragole. Anche se l’anima della cucina è la continua rie-laborazione dei cibi, queste sono soltanto mode passeggere destinate a non lasciare traccia. Per fortuna. Ma chi ha inventato i tortellini ? È una disputa sterile che non ha ragion d’essere. Il tortellino è nato in Emilia dove c’è sempre stata abbondante disponibilità di carne bovina (per il brodo) come pure di maiale e di ottimo parmigiano-reggiano per il ripieno. Poi ogni città ha interpretato il ri-pieno a modo proprio, dando luogo a diverse varianti. A Bologna e a Modena si sono sempre mangiati. La notorietà di quelli bolognesi risale a tempi lon-tani. Il Tassoni nella “Secchia rapita” fa gioire le milizie modenesi quando passano il Panaro per-chè, entrando nel territorio bolognese, avrebbe-ro potuto gustare buoni tortellini. E Castelfranco sta proprio di là dal fiume... Allora la cittadina era
ancora sal-damente sotto
Bologna mentre da poco più di 80 anni
è stata trasferita armi e baga-gli in provincia di Modena pur rimanendo an-
cora incorporata nell’Arcidiocesi di S. Petronio. Quindi è una terra con due anime: una felsinea di antica data e una recente modenese. Per questo è bello che, per mettere d’accordo tutti, sia stato scelto, per un tacito accordo, di fissare la culla della celebre pasta farcita pro-prio nella cittadina del Forte Urbano. A fornire lo spunto è stato l’ing. Giuseppe Ceri che, alla fine dell’800, inventò una divertente storiella in versi sull’origine del tortellino dall’ombelico di Venere, ponendone la nascita proprio a Castelfranco. Per questo i castelfranchesi dovrebbero dedicare una memoria al salace ingegnere toscano che ha messo pace alla querelle tra bolognesi e mode-nesi. Del resto Castelfranco ha meritato sul cam-po, anche se non attraverso la documentazione storica, di essere letta patria del tortellino. Ma per favore non si continui a ripetere che l’appetitosa minestra si mangiava in questa o quella locan-da castelfranchese dei secoli passati. Bisogna smetterla di pensare al passato con la testa di oggi. Una volta a Castelfranco esisteva tutt’al più una locanda di posta dove, come accadeva an-che altrove e come testimoniano alcuni calmieri dei prezzi del vitto, si mangiavano pochi cibi mol-to semplici: un pezzo di carne lessa o arrosto, un po’ di formaggio, una zuppa in genere di le-gumi, due uova e poc’altro, ma non certamente i tortellini ! Questi si consumavano nelle case dei ricchi bolognesi e modenesi durante la stagione invernale e anche in quelle dei meno benestanti ma solo per Natale. Per fortuna, a partire dal se-colo XIX, le cose sono cambiate e la regina delle minestre ha fatto la sua comparsa anche sulle ta-vole dei ristoranti, ma non sempre con la stessa fragranza di quella che si mangiava e si continua a mangiare nella cucina di casa.
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Sono stati 782 i pareri espressi dal Comitato nazionale vini
in tre anni di attività
Hanno permesso agli uffici ministeriali di giungere in tempo all’appuntamento del 31 dicembre 2011
con l’Europa e ai produttori di usufruire di tutti i disciplinari già nella vendemmia 2011
“”
di Giuseppe martelli
Il Comitato nazionale vini con la fine del 2011 chiude il suo mandato triennale. Ma cosa è il “Comitato nazionale per la tutela e la valoriz-
zazione delle denominazioni di origine e delle in-dicazioni geografiche dei vini”, più noto appunto come “Comitato nazionale vini”. Riprendendo la definizione originale esso è “Organo del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e ha competenza consultiva, propositiva e deliberati-va su tutti i vini designati con nome geografico”.È stato istituito il 24 aprile 1964 sulla base di quanto sancito dal Dpr n. 930 del 1963, ossia del primo importante provvedimento sulle deno-minazioni di origine dei vini italiani, che ha visto la luce dopo una lunga gestazione normativa.
Dal 1964 a oggi si sono alternati 10 Comitati. L’attuale è stato insediato il 12 novembre 2008 e, come si diceva prima, terminerà il suo mandato il 31 dicembre 2011.
Fino al 2011 era composto da 40 membri, no-minati dal capo Ministro, che rappresentano le più importanti entità nazionali del settore vitivini-colo, con il 2012 sarà invece composto da soli 19 componenti, sempre nominati dal Ministro dell’Agricoltura che opereranno secondo quan-to stabilito dall’articolo 16 del decreto legislativo
61/2010.
Ma torniamo all’attività svolta dal Comitato nel triennio chiuso il 31 dicembre scorso e che ha avuto come scopo principale quello di dare ri-sposte concrete e veloci alle aspettative del set-tore: in primis di valutare le 320 pratiche, di cui 224 di modifica e 76 di riconoscimento, perve-nute al Dicastero dell’agricoltura entro i termini stabiliti dalla nuova Ocm vino, ovvero entro il 1° agosto 2009.
Quanto sopra senza comunque tralasciare gli altri aspetti operativi di competenza, soddisfatti secondo quanto elencato in altra parte di questo articolo.
Un’attività che ha portato alla valutazione e all’espressione del relativo parere di 782 que-stioni, alcune delle quali piuttosto complesse e controverse. Per rendersi conto della mole di lavoro svolto basta ricordare che il precedente Comitato ha evaso 84 pratiche di riconoscimento e di modifica di vini a denominazione di origine e a indicazione geografica.
Quanto sopra è stato possibile grazie alla impo-stazione data all’inizio del mandato con lo scopo di limitare le lungaggini, agendo sì nel rispetto
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NOTIZIE DAL MONDO D E L L ' E N O L O G I A
della continuità, ma facendo crescere la struttura in efficienza, organizzazione e decisionalità. Il tut-to non sminuendo, ma esaltando la più ampia di-scussione, dibattendo le diverse posizioni, miran-do però sempre e comunque alla formulazione di un parere non sempre espresso all’unanimità.
Tra le principali innovazioni messe in atto ricor-diamo: la diminuzione delle Commissioni centrali da 3 a 2, portando i componenti da 10 a 6, l’ac-corpamento delle Commissioni regionali riducen-dole da 20 a 11, l’obbligatorietà di seguire preci-se procedure operative.
Dette misure prese inizialmente con diffidenza sono state successivamente pienamente con-divise dai membri del Comitato e dalla Sezione amministrativa del medesimo, anche perché hanno decisamente limitato le contestazioni. Va infatti notato che, nonostante l’elevato numero di pareri pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, il numero delle istanze avver-se sono state assai contenute.
56 sono state le riunioni convocate e nessuna è stata annullata o sospesa per mancanza del numero legale. Fatto questo mai verificatosi nei precedenti 9 Comitati e che mette ulteriormente in luce la serietà e la determinazione del Comitato tutto.
Va inoltre rimarcato che, fin dall’inizio del manda-to tutti i membri del Comitato, Presidente com-preso, hanno rinunciato al gettone di presenza delle riunioni, anticipando quanto sancito dal decreto dell’agosto 2011, dimostrando grande senso di responsabilità, forte spirito di servizio ed indubbia abnegazione.
Grazie ai piani operativi ed organizzativi basati sul-la semplificazione, razionalizzazione e sburocra-tizzazione, con la riunione del 15 e 16 settembre, il Comitato nazionale vini ha dato il parere a tutte le 320 pratiche giacenti riferite ad approvazione o modifica di disciplinari di vini a denominazione di origine o ad indicazione geografica, centrando l’obbiettivo a suo tempo stabilito.
Ciò ha permesso, non solo agli uffici ministeriali di giungere all’appuntamento con l’Europa entro il 31/12/2011, così come previsto dal Reg. Ce n.1234/2007 ma anche di dare la possibilità ai produttori, qualora in possesso dei requisiti di legge, di mettere in essere tutti i nuovi disciplinari
e le modifiche apportate agli esistenti nella ven-demmia 2011.
Nello specifico i pareri espressi dal Comitato na-zionale vini hanno riguardato: 33 riconoscimenti di nuovi vini a Docg, 41 riconoscimenti di nuovi vini a Doc, 6 riconoscimenti di vini a Igt, 24 modi-fiche di disciplinari di vini a Docg, 182 modifiche di disciplinari di vini a Doc, 46 modifiche di disci-plinari di vini a Igt. A ciò vanno aggiunti altri 15 pareri emanati dal Comitato e relativi a questioni diverse.
Come si diceva prima, al di là della mole di lavo-ro sopra sintetizzata, il Comitato nazionale vini, in base a quanto sancito dal Dgls 61/2010, ha espresso anche 435 pareri riguardanti: 79 do-mande di organizzazione di Concorsi enologi-ci abilitati dal Ministero al rilascio di distinzioni, 88 istanze e contro deduzioni avverso il pareri espressi dallo stesso Comitato, 268 autorizza-zioni in deroga, concesse dal Ministero, a vini-ficare, elaborare ed imbottigliare fuori dalla zona di produzione.
Il Comitato inoltre, attraverso principalmente l’opera del suo presidente e vicepresidente, ha contribuito in modo concreto alla stesura del Dlgs 61/2010 e dei suoi decreti applicativi. Normative emanate sulla base della nuova Ocm vino che hanno sensibilmente mutato il quadro legislativo di settore, dando i necessari supporti al fine di salvaguardare gli interessi di produttori, denomi-nazioni e territori.
NOTIZIE DAL MONDO D E L L ' E N O L O G I A
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Un rosso della tradizione trevigiana, che affonda le sue radici nelle terre a ridosso del Piave, dal carattere deciso e incon-
fondibile, quasi maschile, il colore penetrante e di indubbia acidità: ecco il Raboso, protagonista ad un appuntamento svoltosi in collaborazione con Enoteca Veneta e che il 28 ottobre 2011 ha visto partecipe la delegazione FISAR di Treviso e i vini dell’azienda “Giorgio Cecchetto”, stimato pro-duttore in Tezze di Piave la cui cantina è Socia fondatrice della “Confraternita del Raboso Piave”. Dal 1996 al 2005, un percorso di degusta-zione attraverso sei annate che ha permesso ai presenti di cogliere l’evoluzione organolet-tica del Raboso del Piave, arrivando fino alle versioni più moderne del Malanotte DOCG e del rosato spumante rifermentato in bottiglia. Un vino che, come ha dimostrato la serata, la-scia adito ad interpretazioni diverse, esprime il
territorio ma nella sua versatilità ha dimostrato di prestarsi anche a diverse tecniche enologiche, suscita interesse e si avvicina, addomesticando-si, al gusto del moderno consumatoreL’incontro è stato abilmente moderato da Luciano Rappo, Wine Management & Education CAVIT, che ha saputo coinvolgere i presenti at-traverso una degustazione corale, interattiva, in cui i vini sono stati descritti sia dal punto di vista tecnico che in termini più personali ed edonistici. Ed è stato proprio in questo frangente che è emersa la grande potenzialità del Raboso: sa-per conquistare un pubblico estremamente di-versificato, con quella spigolosità giovanile che tuttavia gli garantisce una longevità ultra-decen-nale, ma che da sempre rimane la caratteristi-ca più apprezzata anche le bottiglie più recenti. Particolarmente apprezzate le annate 1999 e 2001, di un rubino ancora penetrante, in cui
L’evoluzione dell’autoctono del
Piave: il Raboso
Un vino che lascia adito ad interpretazioni diverse, esprime il territorio ma nella sua versatilità ha dimostrato di prestarsi
anche a diverse tecniche enologiche.“”
di Karen Casagrande
Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2012 • n. 142
l’evoluzione ha permesso di apprezzare i tipi-ci descrittori di marasca e di prugna più inten-si e maturi, accompagnati da sentori di cuo-io e di tabacco, un’acidità ancora importante in bocca, e un tannino avvolgente in grado di bilanciare l’alcolicità e la struttura del vino. Ma ancora più del carattere pungente del Raboso è stata apprezzata la cornice storica in cui si sono inseriti i vini presentati: un contorno prezioso dato alla serata grazie alla partecipazione dello stesso Giorgio Cecchetto, che ha saputo inquadrare anche a livello culturale le sensazioni gustative. Una passione per le proprie radici che ha inizio nel 1996 con il desiderio di recuperare e valoriz-zare un vitigno autoctono del territorio trevigiano, attraverso un’attenta cura dell’intera filiera pro-duttiva, con i concetti cardine di sostenibilità e trasparenza, dal vigneto al consumatore finale. Il vigneto sperimentale adiacente alla cantina, il particolare reparto di affinamento, e il locale di appassimento delle uve, testimoniano gli sforzi percorsi e i risultati raggiunti da questa cantina. In definitiva un’opportunità, alla vigilia della pre-sentazione d el primo DOCG Malanotte, che ha consentito di comprendere a fondo gli sviluppi che ha avuto il Raboso negli ultimi anni, in bot-
tiglia e nel panorama della valorizzazione dei vini di territorio. Da apprezzare giovane con le carni più grasse degli arrosti o della cacciagione, da meditazione il più morbido Malanotte, con il cioc-colato fondente nella versione passita… senza tralasciare l’aperitivo a base di salumi in compa-gnia del Rosè spumante!
Intenso, avvolgente ed elegante: un bianco dolce che nasce dal sole, dalla luce e dal mare di Sardegna, e dall’influenza che questi elementi hanno sui vitigni au-toctoni aromatici. L’”Oirad” I.G.T. Isola dei Nuraghi na-sce così, tra le colline del Parteolla, nel sud Sardegna. Ottenuto con una diraspatura e successiva pigiatura soffice, fermentato con breve macerazione a tempera-tura controllata e affinamento in serbatoi di acciaio per 3-4 mesi, 45 giorni in caratelli di rovere e successivi 3 mesi in bottiglia. Questo vino dal colore giallo oro
brillante, profumi floreali intensi con note aromatiche di miele e mandorle, gusto dolce, morbido, armonico e piacevole è da gustare a fine pasto con formaggi erbo-rinati e con dolci secchi.
AZIENDA VITIVINICOLA FERRUCCIO DEIANA & C. s.a.sLoc. Su Leunaxi - 09040 Settimo S.Pietro (CA)Tel e Fax 070 749117www.ferrucciodeiana.it [email protected]
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a cura della redazione di Quality aDV
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”“Molti si chiederanno se esistono birre costose come i grandi vini italiani o francesi; Jacobsen Carlsberg Vintage N°3, ultima nata (2010) dalla trilogia Jacobsen
Vintage N°1 (2008) e Jacobsen Vintage N°2 (2009), rappresenta la birra più cara al mondo.
di luigi terzago
Una birra di lusso
Prodotta in Danimarca dalla Carlsberg che iniziò l’attività di produrre birra nel lontano 1847, quando J.C. Jacobsen avviò la pri-
ma cotta nello stabilimento che chiamò Carlsberg (la collina di Carl), dedicandola al figlio Carl situato fuori dalle mura della città sulla collina di Valby.Il figlio di Jacobsen, Carl, studiò i metodi di produzione della birra in Danimarca e all’estero, portan-do avanti l’esperienza paterna nel settore, infatti nel 1882 apre un nuovo stabilimento con il nome di Ny (Nuova) Carlsberg.Il costante impegno di Carlsberg nella ricerca e nella qualità è testi-moniato dalla scoperta, nel 1883, del lievito per birre a bassa fer-mentazione Saccharomyces carl-sbergensis, lasciato in generosa eredità al mondo intero, che lo uti-lizza per la produzione della gran parte delle birre lager nel mondo.La crescente necessità della pro-duzione su grande scala e all’in-tensificarsi della concorrenza
internazionale, crearono le premesse per la fu-sione, avvenuta nel 1970, tra le due più grandi fabbriche di birra danesi: Carlsberg e Tuborg.Grazie alla fusione, Carlsberg e Tuborg vie-ne a crearsi il gruppo De Forenede Bryggerier A/S (United Breweries), che dal 1987 diven-
ta Carlsberg A/S e, dal 2001, Carlsberg Breweries A/S.Carlsberg si colloca al 4° posto nel-la classifica dei maggiori produttori di birra nel mondo, detenendo una posizione di assoluto rilievo nel segmento delle birre premium.Attualmente il Gruppo Carlsberg è attivo in più di 150 mercati, ha ol-tre 40.000 dipendenti, controlla un centinaio di filiali e società associa-te e si avvale di 75 impianti produt-tivi, situati in oltre 25 nazioni.La storia di Carlsberg Italia inizia due secoli fa, nell’ormai lontano 1876.In quell’anno infatti Angelo Poretti, imprenditore varesino emigrato prima in Austria e poi in Boemia
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e Baviera dove imparò a conoscere la birra ed i suoi segreti dai migliori birrai del tempo, fondò a Induno Olona (Varese) lo stabilimento che prese il nome di Industrie Poretti.Nel 1934 la storia delle Industrie Poretti si incro-ciò con quella di un’altra storica famiglia di im-prenditori lombardi, i Bassetti, che acquistarono lo stabilimento.Nel dopoguerra le Industrie Poretti, uno dei ca-pisaldi della produzione di birra in Italia, attirano l’interesse del gruppo danese che nel 1975 sigla il primo accordo per la produzione e commercia-lizzazione dei marchi Tuborg e Carlsberg.Successivamente il gruppo Carlsberg acquisirà negli anni quote dell’azienda che nel 1998 cam-bia il nome in Carlsberg Italia e nel 2002 diventa di proprietà totalmente danese.Carlsberg Italia è un’azienda molto attenta all’im-patto ambientale tanto che nello scorso mese di settembre ha presentato un innovativo sistema di spillatura, DM MODULAR 20, a ridotto impatto ambientale. La tecnologia DM MODULAR 20 utilizza fusti da 20 litri in PET riciclabile e non prevede l’utilizzo di Co2 aggiunta in fase di spillatura (necessaria per gli impianti tradizionali con fusti in acciaio). Ma ritorniamo a Jacobsen Carlsberg Vintage N°3 degustata a fine novembre, nella splendida cornice della Reggia di Colorno (Parma) sede della prestigiosa Scuola Internazionale di Cucina Italiana ALMA, in presenza dei vertici aziendali Carlsberg e noti giornalisti di settore.Un cosiddetto Pale Barley Wine
prodotta in 600 unità, con metodo artigianale, e gradazione alcolica che si ferma a circa il 15 per cento, che unifica classe di produzione con l’arte innovativa, affinata in legno di quercia francese nella storica cantina JC Jacobsen 1847.Sei mastri birrai Carlsberg provenienti dalla Norvegia, Francia, Gran Bretagna e Danimarca si sono dedicati allo sviluppo e alla produzione sotto la guida di Morten Ibsen mastro birraio della Jacobsen Brewery è confezionata in una botti-glietta da da 37,5 centilitri, con sei etichette uni-che create da tre artisti danesi, venduta a 250 euro, che promette di mantenere il gusto origi-nale per almeno altri 50 anni.Qualità, innovazione e miglioramento continuo sono i valori essenziali della strategia di cresci-ta che Carlsberg ha perseguito fin dai tempi della sua fondazione e gli ottimi risultati ottenu-ti fino ad oggi sono il frutto di più di un seco-lo di sforzi sul piano dell’eccellenza qualitativa. Qualità, innovazione e miglioramento continuo sono i valori essenziali della strategia di crescita che Carlsberg ha perseguito fin dai tempi della sua fondazione e gli ottimi risultati ottenuti fino ad oggi sono il frutto di più di un secolo di sforzi sul piano dell’eccellenza qualitativa.
NOTE DI DEGUSTAZIONE
VISTA Colore dorato e aspetto spumeggiante
OLFATTO Profumi di quercia e aromi di vaniglia e di nocciola, nati
dall’invecchiamento in botte
GUSTO Sapori dolci “fruttati” della fermentazione, calda al palato e di
grande pienezza che quasi rivela stretta parentela della birra con i
vini dolci da dessert
ABBINAMENTO Formaggi e dolci
Birrificio storico a Copenaghen
Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2012 • n. 146
da triestina Beverage & Food Group – “GLOBAL LION” di Graziello Olenik, nelle sale dello splendido Life Resort “La Maiena” di Marlengo (BZ). Con l’intento di unire l’Italia eno-gastronomica, si sono infatti ritrovati numerosi giornalisti di riviste specializzate e 37 tra i migliori produttori di vino italia-no, tutti coinvolti nell’impegno di fare una sola grande squa-dra, e con la partecipazione straordinaria del Dr. Helmuth Koecher, Presidente della manifestazione meranese. Oltre ad una cena di altissimo livello con piatti tipici altoatesini, è stata una interessante occasione per degustare alcuni vini dei produttori che fanno parte di questo gruppo di alta qua-lità che Olenik ha selezionato dalla Val d’Aosta alla Sicilia e che offre prodotti vitivinicoli e alimentari di eccellenza. La “GLOBAL LION” è nata appunto, per la diffusione all’estero
di quanto di più pregiato offre attualmente il “made in Italy”. BEVERAGE & FOOD GROUP “GLOBAL LION”
GRUPPO ANGELINI ACQUISISCE BERTANI
Tenimenti Angelini, società vitivinicola del Gruppo farmaceu-tico Angelini, ha acquisito a far data dal 1° dicembre 2011, la maggioranza delle quote di Bertani Holding e della Tenuta Novare, storica azienda veronese produttrice di alcuni dei più conosciuti vini italiani tra i quali l’Amarone, di cui la fami-glia Bertani è considerata uno dei padri fondatori.Emilio Pedron è stato confermato nel ruolo di presidente e amministratore delegato della Cav. G.B. Bertani per garanti-re la continuità di gestione delle attività di produzione e com-mercializzazione dei vini.L’acquisizione riguarda il marchio Bertani, la sua distribuzio-ne commerciale e le storiche cantine di Grezzana di Verona. Comprende inoltre vigneti e casali della Tenuta Novare situa-ta nel cuore della Valpolicella Classica.Da sempre impegnata nella valorizzazione dei prodotti del territorio veronese, con l’Amarone al vertice della propria produzione e fra le prime cantine a iniziarne la produzione, Cantine Bertani produce 2 milioni di bottiglie di vino l’anno, che esporta in oltre 40 Paesi. L’attività è in costante crescita e per il 2011 è previsto un incremento del fatturato del 15%
sul 2010, per un totale di 12 milioni di euro.CAV. G.B. BERTANI SRL www.bertani.net
le notizie di enogastronomia e turismo
STATI GENERALI DEL PINOT NERO IN OLTREPO’
Si sono conclusi a metà no-vembre gli Stati Generali del vitigno più affascinante ed ostico del globo. Organizzati dal Consorzio di Tutela Vini Oltrepò Pavese nel Centro di Ricerca, Formazione e Servizi della Vite e del Vino “Riccagioia” a Torrazza Coste (PV) e abilmente di-retti dal giornalista Massimo Zanichelli, alcuni tra i princi-pali produttori italiani si sono
alternati, nei tre giorni dedicati, a degustazioni e confronti di esperienze di coltivazione ad ogni latitudine dello “Stivale”. Suggerimenti e segreti messi a disposizione dei partecipanti per la trascinante passione che il Pinot infonde, ma anche di-battiti per ampliare la conoscenza di quest’uva che, senten-do gli intervenuti, seduce e coinvolge talmente da assorbire la quasi totalità degli interessi di parecchi di essi, tanto da di-ventare quasi una sfida, una scommessa per la capricciosità e il delicato equilibrio di questo umorale vitigno. Oltre al Pinot con la classica vinificazione in nero, ampio spazio è stato dato al Metodo Classico spumante bianco e al marchio con-sortile Cruasè, il Metodo Classico DOCG rosè di Pinot nero in particolare con l’abbinamento ad un’altra “perla” dell’Ol-trepò, il salame di Varzi DOP. Il prossimo appuntamento sarà
nel 2013.CONS. TUTELA VINI OLTREPÒ PAVESE www.vinoltrepo.it
PRIMO HAPPENING “GLOBAL LION”Il 6 novembre scorso si è svolto in occasione del Wine Festival di Merano, il primo happening organizzato dall’azien-
a cura della redazione di
Graziello Olenik, organizzatore della serata
Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2012 • n. 1 47
le notizie di enogastronomia e turismo
a cura della redazione di
DALLE LANGHE AL FRIULI, FONTANAFREDDA RADDOPPIA GiÀQuest’anno Fontanafredda raddoppia: propone in-fatti al mercato, oltre al consolidato GiÀ Rosso, ot-tenuto con le tradizionali e nobili uve delle Langhe (Barbera, Nebbiolo e Dolcetto) anche GiÀ Bianco, un vino IGT Venezia Giulia ideato in collaborazione con la cantina “Le Vigne di Zamò” che nasce dalle uve friulane più tipiche e apprezzate: Ribolla gial-la, Malvasia istriana e Pinot grigio vendemmiate e vinificate separatamente e poi sapientemente as-semblate. Vino innovativo, che ha la sua forza nel moderato tenore alcolico (soltanto 11 gradi), è so-prattutto un vino buono da bere, piacevole e leg-gero, con componenti olfattive ampie e complesse e sapore delicato. La grande sfida lanciata da GiÀ
è infatti quella di essere un vino con un mode-rato tenore alcolico ma senza compromettere la personalità e le caratte-ristiche di qualità che gli derivano dalle uve nobi-li con cui è prodotto. Il contenimento del grado alcolico si ottiene quindi innanzitutto in vigna, sia con la selezione dei vi-gneti e delle esposizioni più adatte, sia con la ge-stione attenta dei tempi di vendemmia e con un particolare controllo delle rese per ettaro. In cantina, per contenere il grado alcolico si pun-ta invece all’impiego in vinificazione di lieviti a ridotta efficienza nella produzione di alcol e so-prattutto – sul vino finito – sull’utilizzo di una tec-nologia enologica avan-zata. Dal punto di vista organolettico la minore gradazione permette di evidenziare in modo più
preciso i caratteri gusto-olfattivi del prodotto, esal-tandoli. GiÀ presenta infatti un equilibrio ideale tra la freschezza legata all’acidità, il bouquet intenso e fruttato, la morbidezza e la struttura elegante. Mol-to versatile negli abbinamenti con il cibo, ottimo da aperitivo, riesce anche ad abbinarsi facilmente a qualsiasi tipo di piatto, in particolare i primi leggeri, le insalate, la pizza.
www.fontanafredda.it
KARINA VON DETTEN NUOVO AD DI BAYER CROPSCIENCE
“L’incredibile varietà di colture e la forza pro-pulsiva del brand “made in Italy” sono valori indi-spensabili in un momento di crisi come l’attuale”, ha sottolineato Karina von Detten, dal 1° agosto 2011 alla guida di Bayer CropScience srl, presen-tandosi oggi alla stampa nazionale. Alla base delle eccellenze agroalimentari italiane c’è una forza pro-duttiva agricola unica per
numero di colture – praticamente tutte tranne alcune tropi-cali – che potrà rispondere alle sfide del mercato se saprà coniugare produttività, competitività e qualità superiore. “Per contribuire alla ripresa del nostro sistema agricolo Bayer CropScience in Italia ha programmi concreti per il prossimo anno - ha continuato von Detten - Per questo siamo fidu-ciosi per il 2012 e crediamo in una crescita, sia per noi sia per i nostri clienti”. Con una ricerca finalizzata all’innovazione richiesta dal mercato e con la più forte presenza sul territo-rio italiano, Bayer CropScience in Italia amplia nel 2012 la propria gamma di soluzioni innovative per mais, grano, vite, frutta e ortaggi, rafforza i servizi al cliente finale con Baydir Agricoltori, prosegue i progetti di filiera Magis per la vite da vino e da tavola, continua la comunicazione dell’innovazione in agricoltura attraverso Coltura & Cultura. “Per me e per tutto il team di Bayer CropScience la sfida più grande è la partecipazione costruttiva alla dinamica del nostro settore, sempre un passo avanti agli altri, dando una risposta alle domande dei nostri clienti.” BAYER CROPSCIENCE S.R.L. www.bayercropscience.it
accresciuto l’interesse nei consumatori di moltissimi Paesi del mondo, in modo particolare nel Nord Europa, nel Nord America ed in Russia, portando le cantine a triplicare la pro-duzione dal 2007 al 2010. Nel 2011 il numero di bottiglie vendute supererà i 20 milioni. Dati questi che hanno spin-to i produttori e, conseguentemente, il Consorzio di Tutela Vini Valpolicella a scegliere di apporre il contrassegno di Stato, così da tutelare il prodotto dalle imitazioni, attraver-so la tracciabilità di ogni bottiglia. Tutto questo permetterà di garantire i consumatori sull’originalità del vino acquistato, oltre che consentire al Consorzio il controllo e la gestione dell’offerta, così come già avviene per il Recioto e l’Amarone della Valpolicella. Sempre nell’ottica di tutela dei vini della Valpolicella, nel corso degli ultimi quattro anni il Consorzio in collaborazione con la Camera di commercio di Verona ha intrapreso una serie di azioni nei mercati esteri fra cui la re-gistrazione dei marchi collettivi “Amarone della Valpolicella”, “Recioto della Valpolicella” e “Valpolicella Ripasso”.CONSORZIO PER LA TUTELA DEI VINI VALPOLICELLA
www.consorziovalpolicella.it
GAGLIOPPO E MERLOT PER IL FRISIO 2010Abbiamo degustato l’annata 2010 del Frisio im-bottigliato da qualche mese dalla Az. Ag. Termine
Grosso giovane azienda cala-brese in quel di Roccabernarda in provincia di Crotone. È stata una conferma. Anzi, rispetto alla precedente annata è migliorato ancora. Di ciò il titolare della cantina, Antonio Giglio Verga, è abbastanza soddisfatto ma non del tutto, perché nel suo esse-re vuole sempre di più. Il Frisio 2010 è ricavato da un blend di uve Gaglioppo (vitigno autoc-tono del territorio calabrese) e dall’internazionale Merlot. È un rosso rubino con riflessi grana-ta, al naso si presenta con buoni profumi che richiamano le ama-rene, liquirizia oltre ad una nota balsamica di resine. In bocca è un vino caldo con una buona acidità ben bilanciata dall’alcol (14,5°). I tannini sono morbidi e il vino ha una buona persisten-za. Un rosso giovane dai profu-
le notizie di enogastronomia e turismo
CON MAZZETTI L’INVERNO SI FA PREZIOSOOro di Mazzetti® e Oro Nero di Mazzetti® sono due liquori che vedono incontrare la grappa con il nobile metallo dal fascino che lo ha da sempre reso oggetto di desiderio. A stuzzicare il mercato invernale con i due pregiati prodotti è Mazzetti d’Altavilla – Distillatori dal 1846, la più antica grap-peria del Piemonte. Dalle vinacce del vitigno Moscato, dai sentori fruttati e floreali, ha origine il liquore Oro di Mazzetti® con microscaglie di oro alimentare (23 carati) che, agitando la bottiglia, si disperdono nel liquido restando in sospensio-ne. La tradizione e l’innovazione vanno di pari passo con questo prodotto, fatto che ha spinto Mazzetti d’Altavilla a concedersi il bis creando anche Oro Nero di Mazzetti® che vede la Grappa congiungersi, oltre che con le microscaglie di oro alimentare (23 carati) anche con il caffè, traendo ispi-razione da un’antica ricetta di infuso di grappa e caffè che risale al XVII secolo. Due liquori da consumare freddi… ma anche due “preziosi” ingredienti per tutta una varia gamma
di cocktail ideati dalla stessa Mazzetti d’Altavilla.
MAZZETTI D’ALTAVILLA S.r.l. www.mazzetti.it
IL RIPASSO CON LA FASCETTA
Dal 1° dicembre 2011 le bottiglie di Valpolicella Ripasso saranno sigillate con la fascetta di Stato. Anche se è divenuta DOC solo dal 2010, la storia del Ripasso parte da molto lontano. La tecnica enologica utilizzata, infat-ti, è di lunga ed esclusiva tradizione
in Valpolicella; si ottiene dal “ripasso” del Valpolicella sulle vinacce fermentate delle uve appassite utilizzate per la pro-duzione di Recioto o Amarone. Il Valpolicella Ripasso risulta così più corposo e rotondo del Valpolicella, ma meno forte dell’Amarone: insomma un vino di carattere intenso e piace-vole nello stesso tempo. Queste sue caratteristiche hanno
a cura della redazione di
le notizie di enogastronomia e turismo
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mi vinosi piacevoli e dall’ottimo retrogusto fruttato. È un vino che si abbina bene a primi piatti a base di ragù di carne, e carni grigliate. Ottimo da degu-stare con formaggi soprattutto se stagionati. TERMINE GROSSO AZ. AGR. www.terminegrosso.com
UNA VENTESIMA EDIZIONE DA INCORNICIAREDal 4 al 7 novembre la “quattro giorni” del Merano WineFestival ha riempito la città termale di oltre 5300 visitatori, ben 700 presenze più del 2010. La giornata di apertura, dedicata a bio&dynamica, è stata coronata dalla serata di gala per la celebrazione del Ventennale, premiazioni delle 7 aziende che dalla prima edizione sono state ininterrottamente selezionate per il Festival, giochi laser e un po’ di commozione nel ricor-dare i momenti passati e presentare i progetti futuri. Helmuth Köcher fondatore e Presidente del Festival sottolinea come, fra i numerosissimi appuntamenti in programma, abbiano riscosso particolare interesse le presenze straniere, da sem-pre un “vanto” della manifestazione, i 32 château dell’Union de Grand Cru de Bordeaux che scelgono Merano per far-si conoscere dal pubblico italiano, e la novità 2011, ovvero i vini del Sudafrica. Altro punto di forza di questa edizione dell’anniversario sono i piatti shock della Gourmet Arena, ov-vero la creatività assoluta degli chef più noti a portata di tutti. E infine la giornata del lunedì, con la possibilità di degustare le vecchie annate che tutti i produttori presenti sono stati invitati a portare. Una vera festa per gli appassionati, che ha visto prestigiosi vini, anche oltre i dieci anni, a portata di tutti i palati. Conclusa con soddisfazione questa impor-tante edizione il Merano WineFestival parte per una nuova avventura, il MILANO FOOD&WINE FESTIVAL. Infatti sarà il
Festival, e in primis Helmuth Köcher, a selezionare le 100 aziende vitivinicole che saranno il degno completamento di IDENTITÀ GOLOSE, il Congresso Internazionale di Cucina d’Autore ideato da Paolo Marchi che si svolgerà dal 4 al 6 febbraio prossimo a Milano. Una partnership nel segno della qualità assoluta che darà vita ad un evento unico nel mondo del food & wine, e per la prima volta aperto al pubblico!
www.meranowinefestival.com
È DOLCE LA PIÙ PICCOLA DOCG D’ITALIA30 ettari esclusivamente nella fascia collinare del Comune di Scanzorosciate (BG), nella zona caratteristica dei “Sass de luna” pietre arrotondate che somigliano a quelle luna-ri, da cui il nome in bergamasco, durissime nel terreno ma estremamente fragili una volta esposte ai raggi solari - in-fatti si sbriciolano riducendosi in polvere - vigneti per lo più terrazzati e che richiamano la viticoltura eroica di altre zone d’Italia, 22 produttori consorziati, 60.000 bottiglie da 0,50l. Questi i numeri del Moscato di Scanzo, pregiato rosso pas-sito di vendemmia tardiva da uve moscato nero, ottenuto in riduzione per preservarne gli aromi, uno dei vini più antichi d’Italia. Le uve vengono fatte appassire dai 20 ai 50 giorni su graticci e in ambienti condizionati con temperatura e umi-dità controllate. Dopo la torchiatura il vino viene conservato in vasi vinari di vetro o acciaio. Prevede un minimo di due anni di invecchiamento ma in bottiglia lo si può conservare anche per lunghi periodi. Il Moscato di Scanzo è un vino da meditazione, di colore rosso rubino intenso che può tendere al cerasuolo con riflessi granata, estremamente profumato, speziato, pepe e cannella su tutti, in bocca ha una sorpren-dente acidità e sapori di prugna, frutti di bosco, rosa canina, ciliegia marasca con sentori balsamici di salvia, eucalipto e, a volte, di cacao e tabacco e con un finale lungo e persisten-te e retrogusto ammandorlato, tipico dei moscati. La grada-zione media varia tra i 14 e i 15 gradi.CONSORZIO DI TUTELA MOSCATO DI SCANZO
www.consorziomoscatodiscanzo.it
”“Mendoza, grazie al clima, il viticoltore può vendemmiare
quando ritiene più opportuno, lasciando l’uva fino alla completa maturazione, con alta concentrazione zuccherina e fenolica, al riparo di ogni possibile intemperia di fine estate a
mettere in scacco il lavoro di un anno.
Argentina, una realtà consolidata
Oltre a deliziarci con la degustazione dei
vini, un altro esercizio interessante è cer-
care di capire lo sviluppo, le tendenze e
le diverse strade che i vari produttori scelgono di
intraprendere, regione per regione. Spinti da ne-
cessità e stimoli di tipo diverso, a seconda delle
zone e delle varie realtà alle quali devono sottosta-
re, i produttori si muovono così nelle direzioni più
diverse; ma è proprio questo che fa del mondo del
vino un’affascinante arlecchino di stili e proposte.
Con le differenze di carattere climatico, di suolo
e culturali, che prospettano la più ampia gamma
di possibilità, le persone coinvolte nel processo
produttivo e poi nell’indotto commerciale, sono
quelle maggiormente interessate all’affermazione
di una propria vocazione enologica che faccia del
prodotto del singolo qualcosa di tipico e inimita-
bile.
Nel panorama dell’Argentina, Mendoza può es-
ser considerata una terra privilegiata per la prati-
di marco Ferrari
Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2012 • n. 150
Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2012 • n. 1 51
ca della viticultura, un famoso enologo europeo
affermò che “L’Argentina possiede un terroir su-
periore a Cile, California e Australia”; in effetti, ol-
tre ad essere una terra molto vasta, l’Argentina
occupa la 5ª posizione, con più di 12 milioni di
ettolitri, tra i grandi produttori di vino del mondo.
Uno dei grandi vantaggi dell’Argentina è senz’al-
tro il basso indice pluviometrico che, a seconda
della regione, oscilla tra 100 a poco più di 300
millimetri/anno; la vite necessita di qualcosa
come 500 mm/anno, il resto deve essere com-
pletato con l’irrigazione, questo fatto di per sé è
sufficiente a suscitare i brontolii di invidia dei cu-
gini brasiliani i quali, al contrario, soffrono con le
bizze climatiche caratteristiche della Serra Gau-
cha, principale regione vinicola verde–oro.
Bene, per avere un’idea di quanto sia favorevole
la situazione, basta pensare che in Mendoza, gra-
zie al clima, il viticoltore può vendemmiare quan-
do ritiene più opportuno, lasciando l’uva fino alla
completa maturazione, con alta concentrazione
zuccherina e fenolica, al riparo di ogni possibile
intemperia di fine estate a mettere in scacco il
lavoro di un anno.
Alcuni problemi
Nonostante questo quadro bucolico non sono
tutte rose, anche a Mendoza ci sono alcuni pro-
blemi; per esempio, quando il vigneto è mal sup-
portato dall’irrigazione, in quegli anni di siccità
eccessiva, può farsi necessario l’uso di pompe
in pozzi profondi, con costi elevati ad aggravare
sul produttore.
Altra situazione–problema in potenziale è rappre-
sentata dalle gelate notturne, di incidenza pe-
riodica che, quando si presentano, recano seri
danni alle viti; si calcola che 1/3 della raccolta ad
ogni dieci vendemmie, vada perduta per colpa
delle gelate.
Un altro inconveniente eventuale risponde al
nome di Zonda, come è conosciuto il forte vento
che soffia sull’altipiano di Mendoza.
Ma la situazione più pittoresca è senza dubbio la
grandine, che cade occasionalmente, con pietre
di quasi ½ kg, le leggende folcloriche locali parla-
no di chicchi di grandine cosí grandi che posso-
no abbatere un bovino, se colto in testa.
La vendemmia eccellente
Però, quando il tempo si decide a cooperare,
come del resto succede nella maggior parte de-
gli anni, Mendoza, con i suoi vigneti di altitudine
elevata, ad ampia escursione termica, protago-
nizza una vendemmia spettacolare, qualcosa di
realmente importante, non è per caso che alcune
tra le principali aziende argentine sono, oggi, di
proprietà di gruppi stranieri o di società di inve-
stimento. Persone che aproffittarono di qualcuna
fra le periodiche crisi economiche argentine, negli
anni ’90 e comprarono molte Bodegas in difficol-
tà, investirono pesantemente in moderne tecno-
logie di cantina e nell’espansione della superficie
vitata e oggi affrontano caparbiamente l’agguer-
rita concorrenza sui principali e più disputati mer-
cati internazionali.
Vediamo alcuni esempi di Bodegas argentine
che oggi appartengono a gruppi o società stra-
niere: Bodegas Terrazas (Moet & Chandon), Sa-
lentein, Septima, Monte Viejo, Alta Vista, Norton,
Graffigna, Etchart, Michel Torino, Tapiz, Trivento,
La Celia, O. Fournier, Doña Paula, sembra che
all’infuori della leggenda viva Catena Zapata e di
Familia Zuccardi (questi nomi non suonano fami-
liari a noi italiani?), di genuinamente argentino, a
Mendoza, non sia rimasto molto.
Le attuali tendenze
La grande scommessa di Mendoza oggi, è la ri-
cerca e lo sviluppo della viticoltura di alta quota,
vendemmiare uve al di sopra dei 1.000 metri,
possibilmente da vigneti antichi, con più di 20 -
30 anni, è la tendenza attuale della produzione di
qualità, vediamo di capire perchè.
Innanzi tutto dobbiamo tenere in mente la geo-
grafia di Mendoza, un immenso altipiano, senza
colline o elevazioni, che frustra di immediato qual-
siasi vocazione alternativa mirata alla scoperta di
micro – clima particolari per personalizzare il vino,
preso atto di questa situazione è doveroso parti-
re alla ricerca di altre soluzioni.
Ecco che l’opzione per la viticoltura di altitudine
diventa un’alternativa di tutto rispetto, bisogna
tener conto che al di sopra dei 1.000 m., a que-
ste latitudini, è presente una forte escursione ter-
mica tra il giorno e la notte, fattore climatico che
concentra gli zuccheri maggiormente che non ad
altitudini più basse; come conseguenza si ottiene
una frutta molto più ricca in nutrienti ed un vino
maggiormente alcolico e concentrato.
Ultimo fattore di grande importanza è rappre-
sentato dall’età delle viti, piante con più di ven-
ti o trent’anni, nonostante la bassa produttività,
forniscono grappoli ricchi di nutrienti e di qualità
decisamente elevata.
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Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2012 • n. 1 53
Per tutti questi motivi possiamo tranquillamente
affermare che la tendenza per i vini argentini di
qualità, i migliori prodotti a partire dal vitigno Mal-
bec, nella regione di Mendoza, si identifica con
la produzione di alta quota, concentrandosi sui
vigneti più vecchi; se poi volessimo indicare una
zona che si distingue per l’eccellenza produttiva,
senz’altro dovremmo considerare la Valle di Uco,
attuale indirizzo di alcuni tra i migliori vini Men-
docinos.
Spaziando tra le varie zone vitivinico-
le dell’Argentina, non potevamo non
prendere in considerazione la Pata-
gonia, o meglio, la Valle del Rio Ne-
gro; questa regione è situata a quasi
1.000 km al sud di Buenos Aires, a cir-
ca metà strada tra la Cordigliera delle
Ande e l’Atlantico e a meno di 2.000
km a Nord della Terra del Fuoco. In al-
tre parole, siamo nel bel mezzo del de-
serto. Il microclima subisce l’influenza
dei fiumi della Cordigliera, il Neuquem
e il Limay, i quali formano il Rio Negro,
che sfocia nell’Atlantico.
Nel 1928 alcuni coloni britannici,
avendo osservato la grande quantità
d’acqua correndo nei fiumi della zona,
decidono di scavare dei canali per ir-
rigare la valle, formando così un oasi
nel deserto e trasformandolo in un pa-
radiso per la frutticultura, ancora ai no-
stri giorni questa terra è riconosciuta
mondialmente per l’eccellente qualità
di pere e mele, oltre che dal vino, na-
turalmente. Le prime viti, generalmen-
te di vitigni francesi, risalgono all’inizio
del secolo XX.
La Valle del Rio Negro è un vero e pro-
prio paradiso naturale per la coltivazio-
ne della vite. Un clima arido, con soli
180 mm/anno di pioggia e un’umidità
massima del 30%, fanno di questa re-
gione, la più meridionale del continen-
te, un’oasi assolutamente libera da
parassiti, funghi e varie altre malattie
della vite. L’atmosfera rimane incon-
taminata, pura ed intatta, in perfetto
equilibrio e sintonia con la natura che
sta intorno.
Questa purezza si respira nell’aria ge-
nuina che ispira l’uomo a lavorare nel
più completo e pieno rispetto della na-
tura, in maniera artigianale, rispettan-
do i delicati equilibri di un ecosistema
rarissimo al giorno d’oggi. È una regio-
ne dove è molto in voga la pratica della
viticoltura organica e biodinamica.
Si pensi che in epoca di maturazione,
l’escursione termica spazia tra le me-
die diurne dei circa 28 ºC. per precipi-
tare ai 9 ºC delle fredde notti del sud
Australe. In queste condizioni estreme
si stanno lavorando alcuni tra i più inte-
ressanti vini dell’emisfero Meridionale,
senza dubbio è una frontiera del vino
con molti tesori da scoprire.
Anche in Patagonia il vitigno principale
è il Malbec, anche se dà un vino di-
verso dal Malbec Mendocino, per ovvi
motivi climatici e di terroir il Malbec
patagonico è più intenso, speziato e
molto profondo, la maggior parte dei
vini della Patagonia è di qualità e prez-
zo elevati.
Per concludere la dovuta menzione
ad un grande vino di questa zona,
la rivista Wine Spectator ha appena
concluso la sua recensione annuale
dei vini e, nella sua TOP 100, al primo
posto tra i vini argentini, con 96 punti,
incontriamo un vino della Patagonia,
o NOEMÍA, Mabec biodinamico della
Bodega Noemia, che appartiene alla
Contessa Noemi Marone Cinzano ed
al winemaker danese Hans Vinding-
Diers, gli stessi della Tenuta Argiano di
Montalcino, per intenderci.
Patagonia: una terra da sogno
Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2012 • n. 1
Nella storia antica dell’Italia c’è una re-
gione le cui tradizioni enoiche erano
talmente importanti da farla identificare
con un nome che ben richiamava tale tradizione
“Enotria”, questo era il nome che identificava
l’attuale Calabria nell’epoca greca e i vini di que-
sta zona erano così apprezzati da essere dati in
premio ai vincitori dei Giochi Olimpici. Un nome
derivante da un vocabolo per indicare il palo da
vite. Infatti i Greci scelsero la Calabria per impian-
tare le loro uve più pregiate e così nei secoli a
venire con i Romani e poi con l’epoca medievale,
il vino ha avuto un ruolo di estrema importanza
nella società calabrese. Un’importanza che però
si è dovuta scontrare anche con due concezioni
abbastanza diverse tra loro: quella Greca dove la
Calabria era considerata una terra le cui risorse
agricole come la vite e l’ulivo trovavano un habi-
tat ideale e quindi dovevano essere sfruttate al
massimo delle loro potenzialità, una terra in cui
l’ambiente e l’uomo erano al centro della società
e di contro parte una concezione Romana in cui
la conquista e la spoliazione del territorio erano
invece la regola assoluta. In queste due diversi-
tà la coltura della vite resiste alternando fasi di
espansione con fasi di contrazione fino ad arri-
vare ai giorni nostri in cui la svolta netta verso la
qualità ne è l’aspetto predominante.
La Calabria, dal punto di vista orografico, è ab-
bastanza singolare in quanto più del 90% del
suo territorio è rappresentato da colline o rilievi
montuosi, e al tempo stesso è circondata da tre
mari e con le coste che distano da qualsiasi pun-
to della regione non più di 50 chilometri. Un altro
aspetto a cui è collegata l’orografia è rappresen-
tato dalla densità abitativa che è ampiamente al
di sotto della media nazionale. Sostanzialmente si
possono individuare tre zone vinicole: la zona del
La Calabria e il Cirò
Gli antichi la chiamavano Enotria, la terra dove si coltiva la vite alta da terra.“ ”
di luca iacopini e massimo Bracci
54
Pollino con l’omonima doc e con la coltiva-
zione del Gaglioppo, il vitigno più coltivato in
regione. Segue la zona occidentale della Sila
con le doc Donnici, Lamezia e Savuto e con
i vitigni come il Nerello Mascalese, il Greco
Nero e naturalmente il Gaglioppo. La terza
zona riguarda invece i rilievi di fronte allo Ionio
con le doc Melissa, Sant’Anna Capo Rizzuto
e con la più famosa doc Cirò.
In totale abbiamo 12 doc e nessuna docg,
e dobbiamo notare sotto questo aspetto un
certa stagnazione disciplinare nel senso che
l’ultima doc richiesta e approvata risale al
lontano 1996. Ciò però non
vuol dire che i vini calabri manchino di qualità,
è forse l’esiguità e l’asprezza del territorio che
non permette ulteriori espansioni in tal senso.
Due sono i vitigni presenti in tutte le doc: il
Gaglioppo che rappresenta l’80% della pro-
duzione a bacca rossa e il Greco Bianco con
il 90% della produzione del vino bianco.
Il Gaglioppo conosciuto anche come
Magliocco o Mantonico nero, se ne nota la
presenza anche in altre regioni italiane quali
l’Abruzzo, la Campania, l’Umbria e le Marche,
ma è in Calabria che è coltivato in modo
molto capillare e in particolar modo nella
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Grappolo di
Gaglioppo di Calabria
zona di Cirò dove trova la sua zona d’elezione.
La particolarità del terreno calabrese, siccitoso
e aspro, fornisce il microclima che più è idoneo
per questo vitigno, fra l’altro molto resistente e
caratterizzato da una maturazione abbastanza
precoce. La sua collocazione tra il mare e le
montagne della Sila crea estreme differenze di
temperatura tra il giorno e la notte. Questo fa
si che i grappoli maturino lentamente raggiun-
gendo in tal modo il pieno sviluppo degli aromi
e del gusto. Il vino presenta due caratteristiche
ben precise: una spiccata tannicità, molto esu-
berante al punto che si fa sentire in maniera
prepotente nella degustazione; Questa carat-
teristica è stata preservata dai produttori senza
grandi interventi di ammorbidimento, proprio
per salvaguardare una caratteristica così pe-
culiare del vitigno che lo rende tra l’altro molto
adatto all’invecchiamento. Un’altra caratteristi-
ca che lo distingue da altri vitigni è il suo colore,
inteso soprattutto nel suo scarso patrimonio
cromatico che lo rende avvicinabile a grandi vi-
tigni come il Pinot Nero ad esempio, dove c’è
grande tannino ma poco colore. Questo aspet-
to nel passato è stato scambiato come un di-
fetto, e dobbiamo dire in modo errato perché il
colore è uno degli elementi di un vitigno e non
l’elemento di un vitigno.
La doc nasce nel 1989. La tipologia rosso e ro-
sato deve essere ottenuta dalle uve provenien-
ti da vigneti di Gaglioppo per almeno il 95%,
possono concorrere alla produzione anche le
uve proveniente dai vitigni Trebbiano Toscano
e Greco Bianco fino ad un massimo del 5%. Il
vino Cirò bianco utilizza invece il Greco Bianco
per almeno il 90%, possono concorrere anche
le uve provenienti dal vitigno Trebbiano Toscano
fino ad un massimo del 10%. Le uve devono
essere prodotte nelle zone di produzione che
comprendono in tutto i territori dei comuni di Cirò
e Cirò Marina ed in parte i territori dei comuni di
Melissa e Crucoli tutti in provincia di Crotone.
Per le tipologie a bacca rossa sono previste le
qualificazioni: classico riservata esclusivamen-
te ai vini provenienti dai comuni di Cirò e Cirò
Marina, Superiore se la sua gradazione supera
i 13,5° e Riserva se invecchiato per almeno due
anni. La produzione si aggira in circa 40 mila
ettolitri l’anno, di cui l’85% di Rosso. Oggi in
Calabria cominciano ad esserci alcune aziende
interessanti per la loro qualità come Librandi,
San Francesco, Enotria, Ippolito, Parilla, ecc.
Noi abbiamo degustato un Cirò rosso classico
2009 di una delle aziende sopra menzionate.
Nel bicchiere il vino si presenta cristallino, ros-
so rubino intenso con unghia granata, di medie
concentrazione con “lacrime larghe”, abba-
stanza fitte e mediamente consistenti. Al naso
è intenso, schietto, fine e sottile che spazia tra
fruttato, balsamico e eucalipto, sufficientemen-
te persistente. In bocca il vino è secco, caldo,
la forte gradazione alcolica (supera spesso i 14
gradi) con un notevole corpo è una caratteristi-
ca tipica del Gaglioppo, rotondo, di buona aci-
dità e con un tannino ancora un po’ astringente
che insieme rendono il vino quasi equilibrato.
Al palato si esprime con una buona struttura
generale e ricalca le sensazioni olfattive, con
un finale sufficientemente equilibrato. Si abbi-
na molto bene paste asciutte al sugo di carne
come la lepre, carni bianche brasate e grigliate
miste. In pratica il Cirò è divenuta la doc emble-
ma della Calabria, un vino che racchiude in se,
tutta la sua terra, tutta la sua storia.
Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2012 • n. 156
Cambio di data, nuovo salone dedicato ai vini da agricoltura biologica e biodinamica, novità per il Concorso Enologico Internazionale e Concorso Internazionale Packaging: anche per l’edizione 2012 Vinitaly - in programma a Verona dal 25 al 28 marzo 2012, www.vinitaly.com - mette in campo tutto il suo impegno innovativo a servizio della filiera vitivinicola. Decidendo di ridurre i giorni di apertura e cam-biando cadenza settimanale, che passa dalla domenica al mercoledì rispetto al tradizionale giovedì-lunedì, il più grande Salone internazio-nale dedicato ai vini e ai distillati giunto alla 46^ edizione dimostra di aver maturato nel tempo un’idea di servizio al settore costantemente in progress, “sia per continuare a dare strumenti di
promozione adeguati ai tempi che cambiano, sia per attrarre sempre più operatori e creare sem-pre maggiori opportunità di incontro e business, che per ottimizzare le spese”, dice Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere. Già con lo spostamento dell’apertura della mani-festazione ai primi giorni della settimana si è volu-to dare un forte segnale a una categoria di ope-ratori, quelli del canale horeca, particolarmente importanti come veicolo per la conoscenza e il consumo dei vini. Gli operatori horeca rappre-sentano circa il 20% dei visitatori italiani a Vinitaly e l’11% di quelli stranieri, e la loro partecipazione verrà sicuramente favorita da questa decisione; in particolare i ristoratori, che prima avevano solo il lunedì come giorno utile, mentre ora avranno
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a disposizione più tempo per conoscere nuove aziende e nuovi vini.Proprio per capire meglio le dinamiche di consu-mo nella ristorazione, è stata realizzata nei mesi scorsi un’indagine dal titolo “Vinitaly incontra la ristorazione”. Sulla base dei risultati ottenuti - di-sponibili nella sezione “Studi e Ricerche” dell’Area Stampa del sito www.vinitaly.com - Vinitaly ha aperto un dibattito con una serie di interviste a cadenza settimanale a operatori del settore (pro-duttori, ristoratori, distributori, comunicatori). Le interviste, pubblicate sul sito http://aspettando.vinitaly.com, sono aperte ai commenti di tutti co-loro che vogliono dire la propria opinione su stra-tegie di offerta e tendenze di consumo del vino in Italia. Obiettivo dell’iniziativa è quello di favorire un dialogo tra tutti i protagonisti della filiera, in particolare tra produttori e ristoratori, per capire e gestire sia situazioni contingenti, come la crisi economica, sia le nuove tendenze di consumo.Focus di Vinitaly 2012 è ViViT – Vigne, Vignaioli, Terroir, il nuovo salone dedicato ai vini da agri-coltura biologica e biodinamica. Un centinaio le aziende italiane ed estere che hanno scelto di aderire alla nuova iniziativa di Vinitaly, che pre-vede uno spazio appositamente allestito al primo piano del Palaexpo. Si tratta di una produzione di nicchia, che però sta crescendo nell’interesse dei consumatori e questa nuova vetrina è stata pen-sata proprio per aiutare i buyer e gli altri operatori commerciali della filiera vino a cogliere i motivi di questa attenzione e per metterli in contatto con i produttori.
La risposta degli espositori allo sforzo organizza-tivo di Veronafiere è anche quest’anno positiva, con una riconferma quasi totale delle presenze, che nel 2011 erano state 4.164. A queste si ag-giungono nuovi espositori anche dall’estero.Altra importante novità riguarda il Concorso Enologico Internazionale che viene spostato a novembre. La scelta è stata fatta per dare più spazio a una competizione cresciuta molto nei suoi 20 anni di storia e alla quale Veronafiere con Vinitaly vuole dare ancora maggiore risalto. Non si tratta più, infatti, di un semplice confronto, ma, vista la selettività dei 105 giurati (solo 70 meda-glie assegnate su 3.720 bottiglie partecipanti da 30 Paesi nel 2011), di un vero e proprio investi-mento per le aziende; a quelle vincitrici Vinitaly vuole dare più opportunità di sfruttare il ricono-scimento a fini di marketing e commerciali, oltre che offrire nuove iniziative promozionali.Con la stessa filosofia si sposta a novembre an-che il Concorso Internazionale Packaging, che nell’ultima edizione ha visto 220 campioni in con-corso provenienti.In contemporanea con Vinitaly ritroviamo Sol - Salone Internazionale dell’Olio d’Oliva Extravergine di qualità (http://www.sol-verona.it), Agrifood Club - Rassegna dell’Agroalimentare di qualità (www.agrifoodclu.it) ed Enolitech - Salone Internazionale delle tecniche per la Viticoltura, l’Enologia e delle tecniche Olivicole e Olearie (www.enolitech.it). A questi si aggiungono gli ap-puntamenti serali per i wine lover con Vinitaly for you al Palazzo della Gran Guardia in centro città.
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Consegnati i riconoscimenti “Il Pisano più Schietto” dai Fisariani Pisani
Serata impegnativa per la Fisar di Pisa e Litorale a Villa Poschi di Pugnano, ambiente consono alle cerimonie di rilievo della delegazione pisana ed ormai traguardo tradizionale per le premiazioni. Infatti, durante la squisita cena si è proceduto alla premiazione del concorso “Il Pisano più schietto” giunto ormai alla tredicesima edizione. Quest’anno sono state sei le tipologie premiate: IGT bianco e rosso, IGT non elaborato, Montescudaio Doc, Chian-ti Doc e Vin Santo. La giuria formata da Andrea Acciai (ente Provincia di Pisa), Cinzia Agostini, Pier Luigi Ara (stampa), Piero Ristori, Cipriano Bar-santi (enologo), Luca Barsanti, Liana Benini, Giuseppe Ferroni (università di Pisa), Paolo Del Guerra (A.I.S.), Silvia Mellini (per i produttori), Maria Cristi-na Messina, Stefano Micheletti (risto-ratore), Davide Mustaro (presidente) e SergioTofani (ONAV) ha degustato circa centocinquanta bottiglie, rigoro-samente alla cieca, stilando le schede tecniche i cui risultati hanno definito il
primo posto in ogni tipologia (in ordine come enunciate sopra) dei seguenti vini:1) Fonte alle Donne, Az. Fattoria di
Fibbiano2) Casa Nocera, Az. Pagani De Mar-
chi3) Il Grullaio, Az. Visiglian del Vescovo4) Piero Fosco, Az. Poggio agli Scalzi5) La Rocca, Az. Agr. Villa Saletta6) Vin Santo, Az. Badia di MorronaPrima di passare alla consegna delle targhe, il presidente di giuria ha sot-tolineato come tutti i giurati abbiano svolto con impegno e competenza il proprio ruolo evidenziando una so-stanziale condivisione delle criticità e delle caratteristiche dei vini ed ha sottolineato come nell’attuale edizio-ne si sia rimarcato un generale miglio-ramento qualitativo sui vini bianchi, come mai registrato negli anni passati ed un netto innalzamento qualitativo dei Montescudaio, segno inequivoca-bile di una crescita professionale dei produttori. Quindi il delegato Cristi-
na Messina ha provveduto a chiamare i rap-presentanti delle aziende premia-te per ritirare il riconoscimento che nell’ordine delle tipologie sono: Nicola Cantoni, pro-prietario, Stefa-no Moscatelli,
direttore tecnico, Francesco Lomi, consigliere d’amministrazione, Alber-to Moscardini, proprietario, Jonathan Rodwell, enologo, Adolfo Benvenuto, enologo.I sommelier Patrizia Donati, Lorenzo Mariotti e Alessandro Marrucci han-no proposto i seguenti abbinamen-ti al menù della serata: antipasto di sformato di tartufo, soppressata di cinghiale all’arancio,sfoglia calda con paté e bruschetta al radicchio rosso con il Fonte delle Donne, uve Colom-bana al 60% e 40% di Vermentino, fat-te bollire separate per più di un mese e poi miscelate in proporzione anche all’annata.Con la minestra di ceci è stato servito il Grullaio, 40% Cabernet Sauvignon, 40% merlot e resto Sangiovese. Per i Tacconi al Colombaccio naturalmen-te il Montescudaio; per il Fagiano alla Cacciatora con olive e polenta si è abbinato il Chianti mentre per il Peco-rino del Parco di S. Rossore con noci nostrali è stato scelto il Casa Nocera. Naturalmente il Vin Santo ha bagnato la Torta con pere e cioccolato, i ca-vallucci ed i cantuccini. Al termine si è provveduto ad una lotteria di be-neficenza con i cartoni di vino offerti dai produttori ed il cui ricavato è sta-to consegnato nelle mani della dott.ssa Luciana Massignan, responsabile dell’Associazione Oncologica Pisana “Piero Trivella” gruppo donne.Notizia inviata da Tiziano Taccola
della Delegazione di Pisa e Litorale
Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2012 • n. 1 6161
La FISAR a Napoli con il Presidente Napolitano
Il Teatro San Carlo di Napoli ha inau-gurato la Stagione Sinfonica 2011-2012 con la presenza del Presidente Giorgio Napolitano e di alte cariche dello Stato è stato presentato Terra, Oratorio commissionato per il 150° anniversario dell’Unità nazionale. Un inno alla nostra nazione nella sua meravigliosa varietà attraverso una partitura che unisce il Nord del com-positore Luca Francesconi e il Sud della librettista Valeria Parrella. Il tutto diretto da Jonathan Webb. Ad acco-gliere il Presidente il ministro per i Beni culturali, Giancarlo Galan, ed il sotto-segretario Riccardo Villari e Giuliano Amato, presidente del Comitato dei garanti per i 150 anni dell’Unità d’Ita-lia, il Presidente della Regione Stefano Caldoro e il Sindaco di Napoli Luigi de Magistris. Dopo lo spettacolo nel foyer storico del Teatro San Carlo è stata servita una cena per duecento invitati, Mariateresa Lanza consiglie-ra nazionale F.I.S.A.R. proprietaria dell’Ex Libris di Palazzo Lanza ha or-ganizzato e diretto, coadiuvata da una squadra di sommelier, la degustazio-ne dei vini tutti rigorosamente cam-pani, rafforzando con l’importante serata di ieri la collaborazione con lo splendido Teatro di San Carlo, già av-viata la scorsa stagione. Nel pomerig-gio, prima dello spettacolo, Giancarlo Galan già Presidente della Regione Veneto, Ministro delle politiche agri-cole, alimentari e forestali dal 2010 al 2011 ed attuale Ministro per i Beni e le Attività Culturali, insieme alla sua si-gnora, ha espresso il desiderio di de-
gustare privatamente i vini campani. La degustazione è avvenuta a “porte chiuse”, con il Ministro Galan erano presenti anche il Sottosegretario ai Beni Culturali Riccardo Villari, la Dott.ssa Rosanna Purchia Sovrintendente del teatro San Carlo, la Dott.ssa Emmanuela Espedaliere Responsabile Marketing del Teatro San Carlo, il Dott. Salvatore Nastasi Commissario Straordinario del Teatro San Carlo, il Dott. Giuliano Amato Presidente del Comitato dei Garanti per i 150 anni dell’Unità D’Italia. Mariateresa Lanza accompagnata dal sommelier Domenico Natale ha fatto conoscere 5 “chicche” campane accompagna-te alcuni prodotti che rappresenta-no l’eccellenza di Terra di Lavoro tra
cui la classica mozzarella di bufala, le Peschiole di Vairano Patenora, la cotognata, il Conciato Romanoe la mela annurca. Successivamente nel Foyer storico i sommelier della Fisar hanno fatto degustare ai 200 ospiti le eccellenze vitivinicole campane. Oltre ai tanti Parlamentari erano presenti il Governatore della Regione Campania Stefano Caldoro, il Presidente del Consiglio Regionale della Campania On. Paolo Romano, il Sindaco della città di Napoli Luigi de Magistris, alcu-ni referenti del Consolato americano della città di Napoli e svariati giornalisti e televisioni di fama nazionale.
Notizia Inviata da Mariateresa Lanza
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Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2012 • n. 16262
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La FISAR al Teatro San Carlo di Napoli
A Catania, Vino e poesia allo “Spazio Al-Cantàra”
Sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana, il Teatro di San Carlo ha presentato sabato 17 dicembre alle ore 20.30 il concerto speciale dedicato al 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia. In programma il capolavoro di Giuseppe Verdi, “La Messa da Requiem”, diretta per l’occasione da Riccardo Muti (nella fotografia) che torna al Lirico della sua città natale dopo l’esibizione del dicembre 2010, per la prima serata sancarliana della stagione 2011-12. Il concerto per il 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia ha visto la partecipazione di rappresentanti delle massi-me istituzioni nazionali e locali e di esponenti del mondo dell’imprenditoria e dello spettacolo. Alla prima hanno accolto l’invito del commissario straordinario uscente Salvatore Nastasi, il ministro della Giustizia Paola Severino, il ministro degli Interni Annamaria Cancellieri, il ministro per i Beni Culturali Lorenzo Ornaghi e il ministro della Funzione Pubblica Filippo Patroni Griffi. Presente anche il sindaco
di Torino Piero Fassino. Prima dello spettacolo i ministri sono stati accolti nei saloni della sovrintendenza del Teatro per un brindisi d’auguri, il tutto all’insegna dell’Asprinio, vi-tigno casertano, servito dai sommelier FISAR guidati dal Consigliere Nazionale Mariateresa Lanza.Per il brindisi, insieme ai ministri sono intervenuti altri ospiti quali l’attore Roberto Benigni, l’attrice Nicoletta Braschi ed il ballerino Roberto Bolle.
Notizia inviata dalla Segreteria Nazionale
È stato il suggestivo scenario dello “Spazio Al-Cantàra”, elegante enoteca e circolo culturale di Catania, a ospitare la presentazione, organizzata dall’Associazione “Gabriele d’Annunzio”, del nuovo libro di poesie dello scrittore catanese e sommelier Fisar Antonio Iacona, dal titolo: “Tra valli e vandee”, pubblicata da Aletti Editore (Roma). L’incontro elegante ha visto, oltre alla presenza di una quarantina di ospiti, l’intervento del titolare dell’azienda vitivinicola etnea “Al-Cantàra”, Pucci Giuffrida, anch’egli orgogliosamente socio Fisar, che tanti riconoscimenti ha già ottenuto e sta ottenendo a livello internazionale con la sua produzione di Etna Rosso doc. “Sono convinto – ha detto Giuffrida – che un evento come questo possa rientrare in quel piano di imprenditoria colta che la nostra azienda ha scelto sin dall’inizio. Far camminare insieme l’arte, la letteratura e
il vino è una delle nostre passioni, che ci consentono di esportare in Italia e all’estero un’altra immagine bella della nostra Sicilia”. “Ho al mio attivo romanzi, articoli, saggi letterari – ha spiegato Antonio Iacona – ma ciò che mi sento sin da bambino è l’essere poeta, anche per spiegare le mie passioni. Come quella per il vino, per questa meravigliosa poesia della terra che possiamo apprezzare ogni giorno con fascino sempre diverso”. Molto applaudito l’intervento dell’attrice Chiara Bentivegna,
che ha emozionato per la sua originale interpretazione dei versi di Iacona, mentre gli ospiti presenti hanno potuto apprezzare in unico contesto l’arte, la letteratura e l’Etna Rosso doc, offerto a conclusione della serata.
Notizia inviata dalla Delegazione di Catania
Nel 2011 si sono festeggiate tre date importanti: 150 anni dell’Unità d’Italia, 30 anni dell’Accademia Navale di Livorno e gli 80 anni, portati egregiamente, di Nave «Vespucci». La Fisar non poteva mancare a questo importante appuntamento con l’Accademia Navale ma, soprattutto, con la «Vecchia Signora del Mare», il veliero che tutto il mondo ci invidia. L’incontro a bordo di «Vespucci» nel porto di Livorno era per una causa nobile, ormai tradizionale: una serata di beneficenza autorizzata dallo Stato Maggiore Marina per presentare il bilancio dell’Associazione Onlus «Insieme per la Vita» di Livorno, nata nel 1985 per volontà di un gruppo di genitori che avevano perduto i propri figli a causa della leucemia. Dopo la conferenza tenuta sul «Cassero» con il saluto del Comandante C.V. Paolo Giacomo Reale che ha sottolineato «il grande legame tra Insieme per la Vita, Nave Vespucci ed il mare» e la relazione del presidente dott. Ettore Simoncini è seguita la consegna dei riconoscimenti al Comandante Reale, all’ammiraglio di divisione Pierluigi Rosati Comandante dell’Accademia Navale, al presidente dell’Associazione «Linceo Terra Preziosa in Val di Cornia» di Venturina, Luca D’Onofrio (che ha curato in modo impeccabile il buffet) ed ai dirigenti e giocatori della squadra di Basket Mens Sana Siena da cinque anni campione d’Italia, ospiti graditissimi.
Se «Linceo» in etrusco significa Fiume, il Cornia, che ha dato origine a questa valle, l’associazione non poteva fare di meglio per valorizzare il proprio territorio e le proprie tradizioni: un’organizzazione perfetta, dall’apparecchiatura elegante delle tavole all’esposizione dei vassoi, con i responsabili dei ristoranti che hanno presentato gustose specialità. Ed i vini di alcune aziende, tra le più importanti di questo lembo della provincia sud di Livorno: «Tutti i Santi», «Sant’Agnese», «Rigoli», «Poggio Rosso», «Giomi-Zannoni» e «Bonti» che hanno accontentato anche i gusti più esigenti. L’eleganza e la professionalità dai sommelier Fisar della delegazione storica di Livorno (e la più numerosa): Sabrina Domenici, Lisa Marinai, Barbara Nigro e Doriana Materazzi ha dato un tocco ulteriore di eleganza alla serata. Con Luca D’Onofrio era presente il direttivo del «Linceo»: Fabrizio Caponi, Giorgio Nocciolini, Roberto Filippeschi e Paolo Gigli, oltre ai titolari dei ristoranti: Roberta Pasquali, Marco Barlettani, Francesco Ricciardi e Davide Govi. Inoltre Alessio Bocelli, Ilaria Caiazzo, Amedeo Delle Piane, Cristina Carare, Micaela Filippi e Marian Urzican. Nei vassoi anche affettati e formaggi, tutti rigorosamente prodotti del territorio. E un buon caffè.
Notizia inviata da Gianfranco Grossi Delegazione storica di Livorno
I sommelier Fisar della delegazione storica di Livornohanno festeggiato tre date importanti della nostra storia: 150 anni dell’Unità d’Italia, 130 anni
dell’Accademia Navale ed il compleanno di Nave Vespucci: 80 anni da Gran Signora
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Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2012 • n. 1 6363
Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2012 • n. 16464
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Impegno costante per la promozione di Volterra e del territorio
Anche il vino parla Inglese La sera di mercoledì 26 ottobre la Wall Street Institute di Lecco, una scuola privata di inglese, si è avvalsa della col-laborazione di alcuni Sommelier della FISAR delegazione di Bareggio, per l’organizzazione di una lezione di analisi sensoriale e una degustazione guidata, tenutesi esclusiva-mente in lingua Inglese!L’evento ricadeva nell’ambito di varie attività organizzate dalla scuola, rivolte sia ai soci del proprio club che a nuovi utenti.La lezione, cominciata con un rapido excursus storico sulle origini del vino, è proseguita dando alcune nozioni sulla fisiologia dei sensi. Maggiore attenzione è stata data alla spiegazione di come effettuare correttamente una degustazione.Al termine della lezione, si è tenuta la degustazione guida-ta di tre vini.
L’iniziativa, che ha ottenuto un buon successo in termini di adesioni, sarà probabilmente la prima di una serie di incontri sul mondo del vino, che verranno tenuti esclusiva-mente in inglese.
Notizia mandata delegazione di Bareggio
Ancora una volta la nostra delegazione storica di Volterra ha dato il suo contributo a Volterra ed al territorio della Val di Cecina partecipando fattivamente alla rassegna enogastronomica giunta alla 10a edizione “Volterra Gusto”, attraverso la organizzazione di due eventi. Il primo in accordo con l’associazione” amici del Toscano”, tenutasi il 23 ottobre all’interno della torre duecentesca detta “del Toscano”, dove si è tenuta una degustazione di passiti e distillati con abbinati il “sigaro extravecchio” in edizione speciale dei 150 dell’unità d’Italia; il secondo evento si è svolto il 30 ottobre all’interno della manifestazione del tartufo e dei banchetti dei prodotti tipici della Val di Cecina dove i nostri nuovi sommelier (Acquafredda Pasquale, Renzo Nuti, Gallo Sonia, Senesi Michele, Bruschi Simona, Apicella Anna, Pedrini Lucia e Mauro Pisani,hanno allestito 4 punti di degustazione proponendo ai visitatori il gioco di
indovinare fra i 5 vini “bendati” quello “intruso” cioè non tipico della Costa Toscana (a base di sangiovese o di vitigni francesi) bensì da vitigni autoctoni fuori regione. Nello stesso giorno di domenica 30 settembre in contemporanea si è svolta anche la cerimonia del premio “Jarro consegnato, in assenza del suo destinatario,il presidente di Slow Food Roberto Burdese,alla direttrice della rivista Slow Food Ceriani Silvia,presente il presidente Slow Food Toscana Raffaella Grana con il responsabile organizzazione. Il delegato Flavio Nuti nel rimarcare nell’occasione l’accordo di collaborazione intervenuto a livello nazionale tra FISAR e SLOW FOOD per la gestione di tutte le manifestazioni tra cui L’importante “salone del gusto” di Torino, ha consegnato al premiato il gagliardetto della ns. delegazione storica di Volterra (vedi foto). Con la condotta Slow Food di Volterra peraltro, la nostra delegazione stà organizzando un corso di cucina
ed abbinamento vini, a dimostrazione che è ben possibile collaborare con un’importante istituzione che come la Fisar pone attenzione alla cultura enogastronomica locale e non solo. L’impegno però della delegazione anche quest’anno sarà rivolto alla nuova edizione delle “cene Galeotte”,di cui è partner insieme al Ministero di Grazia e Giustizia e l’unicoop Firenze, al carcere di Volterra (www.cenegaleotte.it) che vede la partecipazione di importanti chef e cantine vinicole impegnate nel progetto di inserimento dei detenuti del carcere nella vita sociale il cui ricavato finanzierà opere di solidarietà nei paesi del terzo mondo. Non ultimo sarà l’impegno per accogliere l’assemblea nazionale per i 40 anni dalla fondazione della nostra Federazione, nata qui a Volterra nel 1972 per la quale verrà chiesto un sostegno al Comune ed agli operatori della città. Infine, la delegazione si è data lo scopo di coinvolgere maggiormente i ristoratori suoi soci organizzando un ciclo di cene mensili. La prima si è tenuta in ottobre presso la Cantina vinicola Marcampo dello storico Ristoratore Genuino Del Duca socio sommelier e titolare dell’omonima Enoteca,; la seconda in novembre presso l’Agriturismo Castello di Bucignano del socio sommelier Mauro Pisani,anch’esso produttore di vini nella IGT Montecastelli; infine in dicembre la cena degli Auguri si è tenuta presso il Ristorante “Il Mocajo” di Casino di Terra (PI), locale nostro associato, presenti oltre al delegato ed il direttore di corso e segretario Enrico Del Testa, una trentina di soci,nonchè il Coordinatore FISAR del centro Italia Fabio
Baroncini di Livorno nonché, e quale ospite d’onore, il rinomato enologo Roberto Cipresso che ha intrattenuto i commensali parlando delle sue esperienze nel campo della viticoltura,anche come produttore nell’azienda La Fiorita di Montalcino. Infatti alla cena sono stati degustati il suo Brunello 2006 oltre a due tipi di vini frutto della sua personale ricerca tra cui un singolare ed intenso Cesanese del Piglio in purezza. Nell’occasione l’ospite ha presentato il suo terzo libro scritto insieme all’amico Giovanni Negri, che come gli altri narra episodi, circostanze storie sul mondo affascinate del vino.
Notizia inviata da Flavio Nutidella Delegazione storica di Volterra
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TESSERAMENTO 2012AssociArsi vuol direusufruire di tutti i vantaggi riservati ai soci:
• Ricevere la rivista di enogastronomia e turismo “IL SOMMELIER”
• Partecipare a condizioni vantaggiose agli eventi organizzati dalle delegazioni di zona
• Usufruire di sconti e omaggi nelle maggiori manifestazioni enogastronomiche nazionali
• Usufruire di sconti in locali convenzionati in tutta italia
AssociArsi è seMPlice:
• È sufficiente compilare il bollettino allegato alla rivista con nome, cognome, indirizzo e delegazione di appartenenza.
iNFo: sede NAZioNAle FisAr - Tel. 050 857105 - [email protected]
Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2012 • n. 16666
La FISAR di Venezia organizza la nuova edizione di GAR 2012
La FISAR di Pavia ancora una volta protagonista
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È ormai il terzo anno e l’evento, or-ganizzato da Fisar - Delegazione di Venezia città, non è più prova, ma sicura realtà, attesa da operatori del settore ed enoappassionati.Il 26 febbraio 2012, dalle 11.00 alle 19.00, le sontuose sale del piano no-bile ed il ridotto dell’Hotel Monaco e Gran Canal, già palazzo della nobi-le famiglia Dandolo, accoglieranno l’ edizione di GAR 2012, acronimo di Gradito l’Abito Rosso, come la tipolo-gia del vino, rosso appunto, ospitato.Ma attenzione, non è piana ripropo-sta dell’evento (e successo!) del 2010, ma rivisitazione di quell’esperienza in veste allargata: vini rossi Friulani e Giuliani sì, ma con un’ampia aperture all’Est, oltre il confine Italiano che è pur solo politico, dove le zone vitivinicole continuano e conservano le caratteri-stiche di fondo del nostro Collio.È così che i vari Refosco dal Peduncolo Rosso, Merlot, Pignolo, Tazzelenghe, Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Schioppettino, Pinot Nero e Terrano, insieme ai tagli bordolesi ci conquiste-
ranno con differenti appeal a secon-da della provenienza: nostrana o oltre confine.Slovenia, dunque, ed anche Croazia, terre che, coi loro vini, ci testimonie-ranno l’opera dei loro viticoltori e dif-ferenti filosofie di interpretazione dei medesimi vitigni nostrani. Il tutto dalla viva voce di una nutrita rappresentan-za di produttori che accogliamo con gratitudine all’evento per l’entusiasmo e la disponibilità dimostrataci.Con loro parte delle case vitivinicole friulane e giuliane già partecipi a GAR 2010 (a riprova della bontà dell’even-to!), ma anche nuove presenze, al-cune di nicchia e non degustabili al-trimenti, a comporre il gruppo di oltre 65 produttori che porteranno le loro eccellenze al nostro assaggio, come selezionate e supervisionate dall’irri-nunciabile Paolo Ianna, wine consul-tant e degustatore della Guida Buoni Vini di Touring Club Italiano.Con la formula già testata ed appro-vata nelle scorse edizioni da migliaia di visitatori (positivamente recensita nel
2010 e 2011 da stampa e siti web), la libera degustazione delle proposte dei produttori sarà gradevolmente in-terrotta da assaggi di piatti tipici offerti dall’organizzazione lungo tutto l’arco della giornata.A corona dell’evento le ormai famo-se e celebrate degustazioni a tema (e numero chiuso) proposte e coor-dinate da Aurora Endrici, Donna del Vino FVG e docente Fisar, che, come accaduto per ogni edizione riesce a lasciarci il bel ricordo di un’irripetibile esperienza dei sensi, scandita da più e diversi appuntamenti nel corso della giornata.Evento complesso, insomma, ma dal quale Fisar tutta, e non solo la Delegazione di Venezia che ne è l’or-ganizzatrice, emerge per competen-za organizzativa e serietà di propositi, primo tra tutti la divulgazione del buon bere come conoscenza di territori e ci-viltà tutte, non solo quelli nostri italiani.Info: www.fisarvenezia.com.
Notizia inviata da Cristina Lucchesi – Delegazione Venezia
La Delegazione FISAR PAVIA sarà presente, unica rappresentante del settore sommellerie, al 2° FORUM SULLO “SVILUPPO SOSTENIBILE NEL TURISMO ” che si terrà a Pavia, il 16 dicembre 2011, presso l’Aula Volta dell’Università degli Studi con una relazione del Delegato Provinciale Roberto Pace sul tema: “La figura professionale del sommelier, tra tra-dizione e nuovi sbocchi professionali”.
Il Convegno, organizzato da Sportello Donna - Fondazione Gaia - Business Innovation Center Pavia - Sportello di Turismo Sostenibile, con il pa-trocinio di Commissione Europea, Rappresentanza Europea a Milano, Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero delle Pari Opportunità, Ministero del Turismo, Regione Lombardia,Prefettura di Pavia, Università degli Studi di Pavia, Ufficio
Scolastico Provinciale, Comune di Pavia, Unione dei Comuni del Basso Pavese, Slow Food, Associazione BIC Italia net , vuole mettere in evi-denza “Lo Stato dell’Arte in Ambito Turistico in Provincia di Pavia”. Una bella occasione per promuove-re la professionalità dei Sommelier FISAR e favorirne l’entrata da pro-tagonisti nel mondo del turismo. Notizia inviata dalla Fisar di Pavia
Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2012 • n. 1 67
Newsdal MONDO
Un viaggioall’altro capo del mondo
Distese di eucalipti accarezzati dalla brezza dell’oceano, brillanti grattacieli che riflettono il cielo estivo, una com-mistione perfetta di elementi naturali e artificiali immersi in un continente uni-co, questa è l’altra parte del mondo! La meta? Melbourne, una città situata a sud-est del territorio Australiano, e capoluogo dello Stato di Victoria.La missione economica promos-sa dalla Camera di Commercio di Caserta, presente a Melbourne nella persona del Dott. Pasquale Giglio, di-rettore di Confesercenti della Regione Campania, in collaborazione con l’Italian Chamber of Commerce in Australia, ha visto partecipi i rappre-sentanti del Consorzio di Tutela della Mozzarella di Bufala Campana DOP e di VITICA, il Consorzio dei Vini DOC della provincia di Caserta, al fine di introdurre e promuovere nella regione australiana una delle ricchezze della nostra Penisola.Dal 12 al 16 dicembre, in una corni-ce autorevole come il William Angliss Institute di Melbourne, si sono svolti degli incontri ad hoc con i diversi im-portatori e alcuni operatori del settore agroalimentare australiano; dall’ap-profondimento della Denominazione di Origine della Mozzarella di Bufala, gra-zie alla competenza di Gennaro Testa, Marketing Manager del Consorzio di Tutela, all’inquadramento dei Vini DOC Casertani nel territorio campano, degnamente rappresentati dalla Dott.ssa Paola Riccio, membro del consi-glio di amministrazione del Consorzio VITICA, che ha saputo percorrere la realtà produttiva casertana attraver-so l’antica e la moderna viticoltura. I Borboni, Villa Matilde, Masseria Felicia, Colle Sasso, Cantine Papa, Alepa e Galardi, le aziende protagoniste della Missione con i loro prodotti. Un contesto importante e nuovo per far emergere le nostre peculiarità, so-prattutto grazie al vivo interesse di-mostrato dal mondo australiano per i vitigni autoctoni. Pallagrello bianco e nero, Asprinio di Aversa, Falanghina, e l’inconfondibile carattere dell’Aglia-nico nell’interpretazione del Falerno del Massico DOC, hanno affascinato e incuriosito, aprendo un importante punto di contatto tra due mondi e due realtà così diverse, ma non comple-tamente distanti nel comprendere la
versatilità e la potenzialità del vino. Un progetto davvero unico che, gra-zie alla preziosa collaborazione del Consigliere Nazionale FISAR Maria Teresa Lanza, ha reso partecipe an-che la Federazione dei Sommelier, rappresentata in veste ufficiale da Karen Casagrande nella presenta-zione e degustazione dei vini, che ha saputo offrire ai presenti anche uno scorcio del nostro modo di approc-ciarci al vino, una passione e un forte legame con i prodotti del territorio che è tutta italiana.Non solo incontri formali quindi, come ha dimostrato il successo della “Scuola Cucina & Vino” che ha coin-volto studenti e docenti dello stesso William Angliss Institute, una vera e propria scoperta del Made in Italy gra-zie all’originale creatività dello Chef Antonio Lionelli, membro dell’illustre associazione Auguste Escoffier, che ha incantato gli esperti di cucina di Melbourne con la semplicità dei nostri prodotti. La stessa impronta che ha saputo conquistare anche alla ricca cena svoltasi in presenza di diverse autorità locali, un “White Christmas” fatto di Mozzarella di Bufala e Olio ex-tra vergine d’oliva che arricchivano le pietanze, senza dimenticare i vini ca-sertani, presentati e serviti da un team guidato da Karen Casagrande, che ha riunito la professionalità FISAR e del William Angliss Institute.In questi pochi giorni a Melbourne anche il gruppo italiano ha potuto ap-
prezzare le bellezze di questo conti-nente così moderno e selvaggio al tempo stesso, una cultura giovane e ancora in erba sotto certi aspetti, ma estremamente sensibile al nostro pa-trimonio enogastronomico. Proprio per suggellare questo connubio, per la cena istituzionale della missione, è stata scelta una location molto parti-colare, un ristorante italiano nel quar-tiere di South Yarra, Caffè & Cucina, in cui si respirava l’aria di casa nello stile e nella proposta dei grandi classi-ci della tradizione.La “Royal Caserta Week” del resto si è dimostrata un prezioso scambio bila-terale, un’opportunità di scoprire oltre i grattacieli di Melbourne l’approccio della vitivinicoltura australiana, dall’ac-coglienza in cantina, all’interpretazione dei vitigni internazionali. Piccoli vigneti immersi in un paesaggio ancora in-contaminato, incastonato tra la City e l’Oceano Pacifico, dove non mancano la solarità del personale delle aziende e i comfort di ristoranti, resorts e strut-ture turistiche.In conclusione questa missione non è stata solo un viaggio di presentazio-ne, ma anche di scoperta; una con-ferma che la nostra cultura, con tutte le sue piccole sfumature e peculiarità, sa conquistare anche l’altra parte del mondo, una grande potenzialità che si estende ben oltre i nostri confini. Ma che nonostante tutto c’è sempre qualcosa da imparare.
”“Dal 13 al 15 aprile l’annuale assemblea FISAR
con il rinnovo delle cariche del Collegio dei Revisori e dei Probiviri e le celebrazioni del 40°
anniversario della nostra Federazione.
Volterra e Livorno ospiteranno i
festeggiamenti dei 40 anni FISAR
Volterra 1972, il cammino della FISAR parte da
qui. Strano destino quello di Volterra. Cittadina
intrisa di storia, una delle 12 lucomonie (grandi
città) che formavano la nazione Etrusca, muni-
cipio romano e presidio bizantino prima di di-
ventare libero comune nel XII secolo. Sebbene
nel corso degli anni qui non siano mai mancati i
turisti non si può negare che oggi assistiamo ad
un flusso particolare. Accanto agli intellettuali, ai
ricercatori e agli appassionati di storia, un’altra
schiera di appassionati, o meglio di fan scatenati,
si disperde per le vie del centro. La colpa, o il
merito, di questa nuova invasione è di una scrit-
trice americana: Stephenie Meyer, autrice di un
romanzo sui vampiri diventato un vero e proprio
film di culto tra gli adolescenti di oggi: Twilight.
Nella sua fantasia fa risiedere qui una malvagia
famiglia di Vampiri che chiama per l’appunto Vol-
turi. Si racconta, tra l’altro, che la Meyer nemme-
no conosceva Volterra, poi ha scoperto su inter-
net dell’esistenza di Volterra e si è appropriata
del nome, perché suonava simile. Oggi le guide
turistiche, oltre alle classiche domande di storia,
si sentono chiedere se ci sono discendenti viventi
di quella famiglia, dov’è la piazza (peraltro il film in
la segreteria comunica - di mario Del Debbio
Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2012 • n. 168
Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2012 • n. 1 69
effetti è stato girato a Montepulciano) dove sono
i sotterranei nei quali Edward e Bella incontrano i
Volturi. Un segno dei tempi che cambiano e che
un poco spaventano il giovane sindaco Marco
Buselli, certamente felice per la notorietà che il
film ha regalato alla sua Volterra, ma che vuole
che sia conosciuta per la sua storia, quella vera.
Di una cosa vogliamo rassicurarla, sig. Sindaco,
il liquido rosso di cui saranno pieni i calici durante
la nostra presenza, sarà soltanto il nobile nettare
delle vigne toscane e l’unica cosa che lucciche-
rà ai raggi del sole saranno i nostri tastevin. Ar-
riveremo a Volterra la mattina del 14 aprile e nel
bellissimo Teatro Persio Flacco si svolgerà la ce-
lebrazione ufficiale del 40° anniversario della fon-
dazione della FISAR. Alla presenza delle autorità
ripercorreremo il nostro cammino e tracceremo
insieme i nuovi traguardi.
Accanto a Volterra, in questi festeggiamenti, non
poteva non esserci Livorno. Autentica roccaforte
della FISAR, la delegazione labronica ha sempre
dato lustro alla Federazione con il suo operato. I
suoi ristoratori, Leonardo Nardi in testa che nel
suo “Calafuria” ha organizzato ed ospitato tan-
ti nostri convivi negli anni della sua storica pre-
sidenza, sono stati e continuano ad essere un
punto di riferimento per tutta la FISAR.
L’arrivo dei congressisti è atteso per Venerdì 13
e a loro sarà riservata una cena assolutamen-
te speciale servita nell’Accademia Navale dove
si trova la nave scuola più famosa nel mondo,
l’Amerigo Vespucci.
Sempre a Livorno, il 15 aprile all’Hotel Rex di An-
tignano l’assemblea dei soci per l’approvazione
del bilancio e le votazioni per l’elezione del nuovo
Collegio dei Revisori e del Collegio dei Probivi-
ri. La riunione sarà dedicata soprattutto agli in-
terventi dei Delegati. Giova ricordare che entro
il 30 di aprile di quest’anno tutte le delegazioni
dovranno aver provveduto alla rielezione dei
consigli di Delegazione e quindi molti delegati
saranno freschi di nomina. Sarà l’occasione per
conoscerci e dialogare insieme sulle tante novità
operative presentate nel corso dell’ultimo con-
gresso di Siena.
Info sul programma, costi e prenotazioni:
www.fisar.com
70 Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2012 • n. 1
”
Dopo il Veneto che l’aveva fatta da padrone nel 2010 è ancora la Toscana a salire sul gradino più alto
del podio, dopo l’affermazione nel Trofeo RASTAL del pisano Luca Canapicchi della delegazione di Livorno,
premiata anche come Delegazione più numerosa
“
la Delegazione FISAR di Valdichiana alza al cielo
il quarto Trofeo DIVINANDO nella cantina
di Carpené Malvolti
Il 2011 sembra essere l’anno d’oro per la som-mellerie Toscana. Dopo l’affermazione del pisa-no Luca Canapicchi della delegazione di Livorno come Miglior Sommelier d’Italia, è la delegazione di Valdichiana ad aggiudicarsi la quarta edizione del Trofeo Divinando, il concor-so a squadre riser-vato alle delega-zioni FISAR pro-venienti da tutta Italia e organizzato dalla Federazione Italiana Sommelier, Albergatori e Ristoratori in collabo-razione con Carpené
Malvolti. Al termine di una performance tec-nicamente perfetta, a consegnare la targa pre-mio alla squadra toscana è stato il Direttore
Generale di Carpenè Malvolti Antonio Motteran insieme
alla Vice Presidente nazio-nale Graziella Cescon e
al segretario naziona-le FISAR Mario del Debbio, che ha avu-to al suo fianco nel-la valutazione delle performance delle delegazioni finali-ste una giuria com-
posta da Claudia Marinelli Presidente
della delegazione di
di mario Del Debbio
la squadra Valdichiana vista dal Sommelier dell'anno Luca Canapicc
hi
Conegliano ValdobbiadeneProsecco SuperioreD.O.C.G.
Unico.Dal 1868.
72
Pontedera, Silvio Della Torre per Treviso, Luisella Rubin e Antonio De Vitis della delegazione di San Donà. Il team composto da Marco Barbi, Luca Del Buono, Cristian Brasini, Roberto Paoloni e Giulia Galanello, ha avuto la meglio sulle compagini di Torino - che nella parte finale della gara ha fatto una rimonta straordinaria andan-dosi a conquistare, al suo debutto nel trofeo un
posto tra le delegazioni storiche di Divinando - e Varazze, rispettivamente seconda e terza classi-ficata al termine di un serrato confronto a colpi di domande – preparate con la consueta maestria e fantasia da Alberto Giustarini, consigliere nazionale – sulle tipologie di vino, sui territori di produzione e sulle varie “interpretazioni” del vino nell’arte, nella letteratura, nella cinematografia o
Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2012 • n. 1
FISAR VALDICHIANA: Marco Barbi, Cristian Brasini, Luca Del Buono, Roberto Paoloni, Giulia Calaniello
FISAR TORINO, 2° CLASSIFICATA: Ercole Patrizio, Fiorenza Cambiaghi, Pasquale Colloca, Giuseppe Santo
FISAR VALDICHIANA, 1° CLASSIFICATA: Antonio Motteran, Direttore Generale di Carpenè Malvolti, consegna il premio
73Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2012 • n. 1
nella musica, oltre alla prova pratica di riconosci-mento bendato di tre vini.Quarto posto per la delegazione di Livorno, se-guita da Firenze e Monza Brianza, tutte meritevol-mente giunte nella finale a sei dopo il lungo cam-mino iniziato il 9 ottobre con le semifinali svoltesi a Monza e a Foiano della Chiana, alle quali hanno preso parte dodici compagini: Bareggio, Monza Brianza, Torino, Treviso, Varazze e Venezia nell’eliminatoria di Monza, Antiche Terra di Siena/Valdelsa, Civitavecchia, Livorno, Firenze, Roma e Valdichiana nell’eliminato-ria di Foiano della Chiana.Da queste, sono uscite le 6 squadre finaliste che domenica 27 novembre si sono contese l’ambito trofeo nella splendida cornice della Cantina della Carpenè Malvolti, partner storico del concorso, resa ancora più suggestiva dallo spazio riservato in Taverna alla prima sezione del Museo Carpené dedicata alla storia e all’evoluzione nel tempo de-
gli “strumenti di lavoro” e ad una serie di bottiglie di grande pregio.Un ringraziamento particolare alla Delegazione FISAR Treviso, già plurivincitrice del Trofeo, che ha organizzato con la consueta ospitalità la cena di benvenuto alle squadre e ai sommelier Roberto Donadini e Davide Piai che con professionalità hanno curato il servizio dei vini tutti rigorosamen-te bendati. Ogni componente della squadra vin-citrice di Valdichiana è stato omaggiato di una Magnum di Prosecco Carpené Malvolti.
Al di là della competizione comunque, il Trofeo Divinando, promosso dalla Federazione e re-alizzato grazie alla preziosa collaborazione di Carpené Malvolti che ha ospitato la finale, si con-ferma un’occasione unica per stare insieme di-vertendosi e allo stesso tempo mettere alla prova la professionalità dei nostri sommelier.
FISAR MONZA: Marco Sadino, Gualtiero Anelli, Deborah Santolini,Francesco Gualtieri (Del.) Alberto Zanardo, Valerio Sisti
FISAR LIVORNO: Mario Del Vecchio, Arianna Setzu, Luca Canapicchi, Ilaria Agostinelli, Davide Cecio
FISAR FIRENZE: Giovanni D'Alessandro, Leonardo Finetti, Marco Nardi, Bianca Ciatti, Livio del Chiaro
FISAR VARAZZE, 3° CLASSIFICATA: Marco Bariscone, Simona Marrapodi, Massimo Volpe, Gloria Freddini, Luigi Piaggesi
Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2012 • n. 174
”“A Milano grande successo per il primo Corso
Propedeutico C&D dedicato ai docenti che hanno presentato richiesta di iscrizione al nuovo Albo
al vial’Albo dei Relatori
Faccia sorpresa, ma sorridente di un So-
cio Docente: “Com’è possibile? Ne avete
parlato a Siena, al Congresso del 21 otto-
bre, e ora, neanche un mese dopo, realizzate già
il primo corso? Miracolo in Fisar?”. Può sembrare
strano, ma è successo proprio così.
Sabato 19 e domenica 20 novembre si è tenuto
a Milano, presso il prestigioso Palazzo delle Stel-
line, il primo Corso dedicato alla Degustazione
FISAR e alla Comunicazione efficace, dedicato ai
Docenti FISAR che aspirano al traguardo di “RE-
LATORI”. Infatti, alla luce dello spirito di qualità
che si sta affermando nella nostra associazione,
è noto che i nostri Docenti, pur validi, sono in-
vitati a migliorare ulteriormente il loro livello di-
dattico, curando la comunicazione, strumento
indispensabile per rendere le lezioni attraenti e
interessanti, assieme alla degustazione da tenere
in prima persona o con l’assistenza del direttore
di corso, ma ben consapevoli di quanto viene da
lui espresso, in modo da poter condividere e in-
tervenire.
Filippo Parmigiani, laureato in Scienze agrarie e
con Master in Enologia, collaboratore con varie
Università italiane ed estere, ha esplicitato ai 22
corsisti i criteri di Degustazione, utilizzando la
terminologia ufficiale FISAR, presentando alcu-
ne novità, rispetto a quanto in uso, sugli aspetti
lessicali della scheda analitica e descrittiva della
degustazione. La teoria è stata accompagnata
da tanta pratica, ragionando su vini allineati ai
gusti moderni oppure a quelli di stile “georgiano”
alla Gravner maniera. In tal modo i corsisti hanno
sperimentato di persona, passo passo, i principi
esposti dal docente, acquisendo perciò nozioni
e sensazioni.
Andrea Fabio, imprenditore e formatore esper-
to in Comunicazione (ha curato la formazione di
dirigenti e impiegati in varie aziende italiane ed
estere), ha trattato i principi che stanno alla base
di una comunicazione efficace. Ha toccato, tra
l’altro, gli aspetti di segmentazione di mercato
il Ctn comunica: di Giorgio Pennazzato
Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2012 • n. 1 75
per individuare il linguaggio più adeguato per le
diverse tipologie di utenti. Per far toccare con
mano i principi esposti dal docente si sono svolti
vari role-playing, in cui i corsisti hanno simulato
discorsi, presentazioni, colloqui di fronte ai colle-
ghi, che poi sono intervenuti per mettere in luce
gli aspetti positivi della prova come pure quelli da
migliorare: un valido allenamento con immediato
ritorno costruttivo.
Piacevole il lunch di domenica 20, consumato al
settimo piano dello stabile “Rinascente”, in visio-
ne diretta con le guglie del duomo di Milano e….
nel piatto, risotto allo zafferano e ossobuco!
A contornare degnamente il Corso c’è stato il
servizio impeccabile di assistenza e di mescita
vini, curato dal team di Piero Milo delegato di Mi-
lano Duomo.
A partire dal 2012 il corso, che si chiamerà COR-
SO BASE C&D, verrà proposto in diverse zone
d'Italia e, oltre a consentire a tutti i docenti già
encomiabili esperti nella loro materia di fare un ul-
teriore balzo in avanti nel percorso che ha come
obiettivo la “qualità Fisar”, sarà aperto a tutti i
soci sommelier che potranno, una volta ottenuto
l'attestato di partecipazione, sostenere l'esame
per Relatori ed accedere agli altri corsi di specia-
lizzazione in programma: Master per Degustatori
Ufficiali, Direttori di Corso.
Il 28 gennaio il corso base sarà presentato pres-
so la sede nazionale ai membri del Consiglio Na-
zionale al fine di ufficializzarne linguaggi e con-
tenuti.
nella foto di Alberto Zanardo: i partecipanti al corso assistono alla lezione di Filippo Parmigiani
Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2012 • n. 176
“”
Tra le grandi novità della nuova didattica c’è la nuova scheda di abbinamento cibo-vino, vediamo insieme perché è nata, com’è strutturata e come utilizzarla
L’abbinamento cibo-vino
Il volume didattico dedicato all’abbinamento ci-
bo-vino è stato presentato all’ultimo congresso di
Siena ed è diventato fin da subito il nuovo testo di
riferimento nei corsi per sommelier. Un libro che è
motivo d’orgoglio per la nostra associazione visto
che la sua stesura è stata interamente curata da
una squadra di nostri autori. L’idea di base dalla
quale siamo partiti è uno studio del compianto
Bruno Ianett sul tema della metodologia di ab-
binamento tra cibi e vini. Personalmente ritenni
molto buono quel punto di partenza e, assieme
allo stesso Ianett e a Marzio Berrugi, cominciam-
mo a lavorarci sopra. Tra i vari aspetti che pren-
demmo in esame ci fu anche quello di trovare
uno schema in grado di visualizzare graficamente
la bontà o meno di un abbinamento. In realtà tutti
e tre sapevamo bene che le varianti che ci sono
in un abbinamento tra cibi e vino sono talmen-
te tante e tali che una cosa del genere poteva
essere inattendibile, almeno dal punto di vista
degli esperti sull’argomento. D’altro canto però,
essendo il libro dedicato soprattutto agli aspiran-
ti sommelier, c’era la necessità di proporre uno
strumento che, schematizzando, rendesse più
facile e comprensibile il meccanismo che sta alla
base di un corretto abbinamento. Non partivamo
comunque da zero. Già da una decina d’anni si
usava nei nostri corsi di terzo livello uno strumen-
to di questo tipo. Si trattava dello schema a for-
ma di stella stilizzata che moltissimi di voi cono-
scono. Solo che la pratica nell’insegnamento ci
aveva fatto capire che questo strumento era as-
solutamente inadeguato, perché spesso dava ri-
sultati assolutamente non veritieri. Era, insomma,
una stella “zoppa”, che aveva il suo punto de-
bole soprattutto nel contabilizzare la presenza o
meno di zuccheri nel cibo e nel vino. Decidemmo
di accantonare la stella e di seguire altre strade.
Fu così che rispolverammo uno schema che la
nostra associazione aveva usato per breve tem-
po verso la metà degli anni Novanta, firmato da
Gilberto Miglietti, sommelier di grande valore, che
aveva ricoperto per un certo periodo il ruolo di re-
sponsabile del nascente (allora) Centro Tecnico
il Ctn comunica: di alberto Giustarini
Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2012 • n. 1 77
Nazionale. Anch’esso però non risultava più
attuale ma ci dette comunque degli spunti im-
portanti, grazie ai quali buttammo giù un nuovo
schema, basato sui parametri di abbinamento in-
dividuati da Bruno Ianett. Purtroppo, poco dopo
l’inizio del nostro lavoro, l’amico Bruno fu colpi-
to da una gravissima malattia che ce lo avrebbe
portato via in pochi mesi lasciandoci un grande
vuoto. Quindi il grosso del lavoro, volente o no-
lente, ricadde sulle mie spalle e personalmente
voglio ringraziare, una volta di più, quelle perso-
ne che più mi hanno aiutato in questa impresa:
il già citato Marzio Berrugi, preziosissimo e fine
conoscitore dei “misteri” dell’abbinamento cibo-
vino; Giampiero Rorato, gastronomo e scrittore
di grande valore; Davide Amadei, giovane ed en-
tusiasta sommelier, attento ad ogni particolare;
il nostro attuale presidente Nicola Masiello, che
mi ha sempre sostenuto ed incoraggiato nei tanti
mesi che si resero necessari per il nostro lavo-
ro; Mario Del Debbio e Franco Rossi, che han-
no svolto con pazienza e competenza il ruolo di
sperimentatori critici. Il nuovo metodo di abbina-
mento Fisar è composto da due schede: una per
i cibi che non contengono zuccheri, l’altra in-
vece per i cibi che lo zucchero lo contengono
(i dessert in particolare). La scelta di questa dop-
pia scheda è dovuta al fatto che, in sede di speri-
mentazione, ci accorgemmo che la scheda unica
non funzionava a dovere per la stessa ragione
per la quale la vecchia stella zoppicava: il para-
metro dolcezza del cibo abbinato in analogia ad
una corrispondente dolcezza del vino finiva per
falsare il risultato per i cibi con contenuto zucche-
rino nullo. Da qui la decisione di fare appunto due
schede con parametri riferiti al cibo differenziati.
In questa maniera moltissime incongruenze sono
state superate. Ovviamente non tutte, ma niente
paura: il nostro metodo è un metodo aperto, che
aggiorneremo via via che ciò si renderà neces-
sario, sulla base delle esperienze che verranno
riscontrate durante la sua applicazione. Il metodo
Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2012 • n. 178
Fisar che abbiamo messo a punto si basa sugli
abbinamenti per affinità o analogia e su quelli per
contrasto. Nella scheda per i cibi senza zuccheri
i parametri dl cibo presi in considerazione sono:
le sensazioni aromatiche e piccanti, abbinate per
affinità con l’intensità e la persistenza del vino; le
sensazioni grasso-untuose e la tendenza dolce,
abbinate per contrasto ad acidità, tannicità ed
effervescenza; le sensazioni acide amaricanti e
pungenti, abbinate per contrasto alla morbidez-
za; la riduzione per cottura, abbinata per affinità
all’invecchiamento ed alla complessità del vino
e la struttura del piatto, abbinata per affinità a
corpo ed alcolicità. Nella scheda per i cibi con
zuccheri vi sono le seguenti varianti: al parametro
delle sensazioni aromatiche e speziate vengono
aggiunte le sensazioni raramente pungenti, tut-
te quante abbinate per contrasto con intensità-
persistenza (un unico valore) e morbidezza; viene
inserito il parametro della dolcezza del cibo, ab-
binato per analogia al contenuto zuccherino del
vino; sparisce il parametro delle sensazioni acide,
amaricanti e pungenti. Ogni parametro del cibo
deve essere valutato in una scala da 1 a 10. Per
far questo si deve avere una conoscenza perlo-
meno sufficiente delle caratteristiche di un de-
terminato piatto e di come è stato confezionato.
Ovviamente sta all’insegnante aiutare gli allievi a
muoversi in questo territorio, che non sempre è
facilissimo da interpretare ed insegnare loro ad
usare correttamente le scale dei valori. Più faci-
le per gli allievi valutare i parametri del vino, che
sono del tutto identici a quello che sono abituati
ad usare compilando le schede di degustazio-
ne. L’unica difficoltà (ma piuttosto relativa) è che
alcuni parametri vanno valutati in coppia dando
ad ognuno di essi un valore di scala da 1 a 5,
che poi deve essere sommato all’altro. In prati-
ca una cosa molto più facile a farsi che a dirsi.
Una volta valutati i parametri di cibo e vino ed
assegnati ad esso un punteggio, questo viene
riportato sul grafico con un segno da apporre
sulla linea retta corrispondente. Quindi, come in
un vecchio gioco, si uniscono i vari a formare due
Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2012 • n. 1 79
poligoni contrapposti: uno per il cibo, l’altro per
il vino. Quanto più speculari saranno questi due
poligoni, tanto più l’abbinamento sarà azzeccato
e viceversa.
Proviamo adesso ad abbinare un piatto come la
Cotoletta alla Bolognese ad un Lambrusco
di Sorbara. La Cotoletta alla Bolognese è una
fetta di fesa di vitello impanata e fritta nel burro,
cui successivamente si unisce del prosciutto di
Parma e delle fettine di Parmigiano Reggiano gio-
vane per essere infine messe in forno caldissimo
per un quarto d’ora circa in una pirofila bagna-
ta da un leggero stato di brodo. Le sensazioni
aromatiche e speziate di questo piatto sono pro-
fumate (valore 6); le sensazioni grasse-untuose
sono prevalentemente grasse (valore 8); le sen-
sazioni acide amaricanti e pungenti sono scar-
samente percettibili (valore 3); la riduzione per
cottura è scarsamente concentrata (valore 4); la
struttura del cibo è media (valore 6). Passiamo
adesso ad esaminare il Lambrusco di Sorbara in
abbinamento: l’intensità e la persistenza di que-
sto vino sono quasi sufficienti (valore 5); l’acidità
è fresca (valore 3, su scala 1-5), il vino è efferve-
scente (valore 4), per un totale complessivo che
da un valore 8; la morbidezza è poca (valore 2);
il vino è giovane (valore 1) e semplice (valore 2),
che complessivamente danno un valore 3; l’al-
colicità è leggera (valore 2) ed altrettanto leggero
il corpo (valore 2), per un complessivo valore 4.
Bene, a questo punto non resta che riportare i
valori sulla scheda e costruire i due poligoni con-
trapposti:
Come si può vedere l’abbinamento si rivela abbastanza azzeccato, anche se il vino appare un po’
carente di corpo e di alcolicità per affrontare con pieno successo l’apparentamento con la struttura
di questo piatto.
Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2012 • n. 180
Adesso proviamo ad abbinare un classico dolce
natalizio come il panforte Margherita con un
altrettanto classico e dolcissimo Vin Santo di
Montepulciano vecchio di 8 anni. Determiniamo
innanzi tutto i parametri del dolce, premettendo
che adesso adopereremo la scheda per i cibi
contenenti zuccheri. Le sensazioni aromatiche e
speziate sono piuttosto elevate, grazie alle tante e
profumatissime spezie che caratterizzano il gusto
di questo dolce (valore 9); le sensazioni grasse e
untuose sono mediamente avvertibili (valore5); la
riduzione per cottura è importante (valore 7); la
struttura del dolce è decisamente forte (valore 9);
la dolcezza del piatto è alta (valore 8).
Per quanto riguarda il Vin Santo di Montepulciano,
esso ha un’altissima persistenza (valore 5) e ric-
ca pastosità (valore 4) per un totale complessivo
del parametro pari al valore 9; ha una acidità ab-
bastanza fresca (valore 5); vanta un buon invec-
chiamento (valore 4) ed una grande complessità
(valore 4) per un valore complessivo di 8 nel pa-
rametro; è alcolico (valore 5) e strutturato (valore
4) per un totale che dà un valore di 9 ed infine ha
un gusto decisamente dolce (valore 8).
Riportiamo i valori sulla nostra scheda:
In questo caso l’abbinamento appare decisamente indovinato: i due poligoni sono praticamente
speculari.
Bene, sono arrivato in fondo a questa cavalcata che ha ripercorso le tappe della nascita e della ela-
borazione del nostro nuovo metodo di abbinamento. Spero di essere stato sufficientemente chiaro
ed esauriente nella spiegazione dei suoi meccanismi, consapevole però che esistono alcune zone
d’ombra che cercheremo, come ho già detto, di superare, grazie anche al contributo di tutti coloro
che questo metodo adopereranno e ci segnaleranno quello che, secondo loro, va calibrato in modo
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