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Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia Tevere... · Gianicolo, del Colle Vaticano e di...

Date post: 17-Feb-2019
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Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia
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Il Tevere a Roma:

un fiume tra natura e storia

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Coordinamento editoriale:Cecilia Franceschetti

Testi:Cecilia Franceschetti, Marisa Ceccarelli,Carlo Callori di Vignale, Laura Gentile, Maria Rapini

Disegni:Marisa Ceccarelli

Foto:Marina Pulcini, Luca Molajoni. La riproduzione della fotodella Lupa capitolina è stata gentilmente concessa dallaSovraintendenza ai Beni Culturali del Comune di Roma,Musei Capitolini

Hanno collaborato:Paola De Fazio, Rita Paone, Manuela Nanni

Progetto grafico e stampa:Ramberti Arti Grafiche

Pubblicazione realizzata con un contributodell’Assessorato alle Politiche Ambientali ed Agricoledel Comune di RomaDipartimento X - Politiche Ambientali ed AgricoleII U.O. - Sviluppo SostenibileServizio Educazione Ambientale e Volontariato

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“….. il Tevere scorre di amena corrente e biondo di arenevorticose si versa nel mare; uccelli iridati,amanti delle rive mattutine e avvezzi al letto del fiume involo sul bosco addolcivano l’aria di canti ….”Virgilio, Eneide, Libro VII, vv. 25-36.

Molto tempo è passato da quando Virgilio descriveva così ilTevere. Da allora il Fiume ha avuto i suoi mali, ma oggi, soprattut-to con la realizzazione dei depuratori, l’ecosistema ha ritrovatoun suo equilibrio.Anche grazie all’iniziativa del Comune di Roma di riportare comenell’800 la navigazione sul fiume, possiamo quindi rivivere ilTevere, camminare lungo le sue banchine o prendere un battello.I romani ed i turisti potranno guardare le nidiate dei germani reali,cogliere il volo dei cormorani nell’aria e rimanere stupiti di frontealla spontanea presenza di giaggioli acquatici lungo le sponde.Molto si deve, per la presenza di questa armonia, alle associazioniambientaliste, testimoni storici delle trasformazioni del Fiume edattenti sorveglianti del rispetto della flora e della fauna di questodelicato ecosistema.Questo Assessorato vuole confermare il suo impegno e pro-seguire, con la collaborazione di tutti gli Enti e delle realtà interes-sate, affinché il Fiume Tevere sia sempre un luogo dove coniugaretutela e salvaguardia dell’ambiente con la fruizione di questo straordinario patrimonio.

L’Assessore alle Politiche Ambientali ed Agricole

Dario Esposito

PREFAZIONE

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Marevivo per il fiume TevereMarevivo è un’associazione ambientalista impegnata da quasi 20anni a promuovere e realizzare numerose campagne ed iniziativenazionali ed internazionali per la tutela e la valorizzazione delmare e delle sue risorse.Consapevole che per una efficace tutela dell’ecosistema marino

sono anche indispen-sabili azioni di control-lo e salvaguardia deicorsi d’acqua, ha sem-pre posto particolareattenzione alle proble-matiche di gestionedei fiumi, intrapren-dendo specifiche azio-ni finalizzate a polariz-zare l’attenzione delleistituzioni e dell’opi-nione pubblica neiconfronti di quelle for-me di tutela “terrestri”da cui dipende l’inte-

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PonteMatteotti

La sede galleggiante diMarevivo

Pannelli illustrativi suiponti diRoma realiz-zati daMarevivo

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grità ambientale del mare.Dopo aver portato avantiun’impegnativa ed incisivabattaglia per il recuperodel Fiume Sarno, ha dedi-cato particolare attenzio-ne al Tevere, fiume al qua-le l’associazione è partico-larmente legata. Marevivo,infatti, “vive” sul Tevere, inuna sede galleggianteancorata allo Scalo dePinedo, in pieno centro diRoma. Da questa posta-

zione l’associazione quotidianamente vive e partecipa in primapersona alla vita del fiume seguendo in tempo reale tutti gli even-ti che lo riguardano: dalla schiusa dei germani che nidificano sullerive, all’arrivo degli uccelli migratori, dalle acque che si “gonfiano”in occasione delle piene, alle grandi ed improvvise morie di pesci.La sede di Marevivo si è così trasformata nel tempo in un “osser-vatorio del fiume Tevere”, divenendo un punto di incontro e diconfronto per tutti coloro che hanno a cuore la salute del fiume.In particolare, dopo aver aperto la propria sede alle scolarescheper svolgere attività didattiche sull’ecosistema fiume, organizzatospecifici seminari per studenti universitari e svolto incontri-dibat-tito sulle problematiche di gestione del bacino fluviale, Marevivoha sentito il bisogno di realizzare delle iniziative per far riscopri-re il Tevere nel suo tratto urbano. E’ nato così il progetto“Valorizzazione dell’ecosistema fluviale del Tevere nella città diRoma” che, fatto proprio dell’Assessorato alle PoliticheAmbientali del Comune di Roma, ha visto la realizzazione nel2001 di una mappa/depliant e 24 pannelli illustrativi localizzati inprossimità dei ponti del Tevere sulla storia e la natura del fiume incittà. Il successo ottenuto dall’iniziativa ha poi spinto Marevivo arealizzare una pubblicazione per fornire ai romani, agli studenti edai turisti che visitano la capitale, uno strumento per approfondiretutti quegli aspetti più segreti dell’ambiente fluviale in città. E’ sta-ta così ideata questa guida, la cui realizzazione è stata ancora unavolta sostenuta dall’Assessorato alle Politiche Ambientali delComune di Roma.

Marevivo per il fiume Tevere6

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Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia

Il fiume di Roma tra storia e natura

Lo abbiamo voluto emarginare, isolare visivamente, indirizzarloe contenerlo con muraglioni ed arginature, inquinarlo con scari-chi di ogni tipo. Eppure il Tevere, il “fiume di Roma”, è un corsod’acqua straordinario, pieno di vita e con una storia antichissimatutta da raccontare. Alla foce del Tevere è arrivato Enea, profu-go di Troia, sulle sue sponde ha visto la luce e si è sviluppata laciviltà romana, nelle sue acque si è specchiata la Roma dei Papi,intorno ad esso è cresciuta la metropoli che oggi conosciamo,con le sue bellezze, i suoi difetti, le sue contraddizioni. I miliardidi metri cubi d’acqua che il fiume di Roma ha portato al marenel corso della sua esistenza hanno accompagnato millenni distoria e di leggende ed hanno suscitato ogni sorta di possibileraffigurazione, celebrazione, racconto, mito, canzone, dipinto escultura. Ma c’è ancora spa-zio per aggiungere qualcosa,qualcosa che riguarda unaspetto del fiume tutt’altroche secondario, quello di undelicato ambiente fluvialeurbano. Benché contenutocon muraglioni ed argini,sbarrato ed imbrigliato condighe e soglie, inquinato conscarichi di vario genere, ilTevere ha oggi da raccontare,infatti, anche la sua storia di“ecosistema urbano”, ladiversità della vita che con-

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PonteS.Angelo

Argini emuraglionidel Tevereurbano

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tiene e che promette, i complessi e delicati equilibri naturaligovernati dalle sue acque ed il suo intimo rapporto tra natura,storia, arte e letteratura. Il vorticoso scorrere delle sue acqueinvita così ad osservare e scoprire tra monumenti e vestigiafamosi in tutto il mondo, il germano reale che attraversa il fiu-me con i suoi piccoli, il martin pescatore che nidifica lungo lerive, gli aironi e le garzette che lasciano le loro impronte sul fan-go, i rami dei salici che si muovono al vento, le tracce di antichealluvioni, le spiagge, le isole fluviali e molte altre bellezze natu-rali. Quello che rende il Tevere straordinario è proprio questafusione di valori naturalistici e storici nel cuore di Roma, cittàeterna e moderna metropoli.Valori che devono essere scoperti

e ricercati con uno sguardo nuovo, con unocchio più attento capace di cogliere i

particolari più nascosti, le sfumaturee le peculiarità. Questa guida vuole

appunto essere un invito ad osservarein maniera nuova il Tevere che scorre

dentro la città, un manuale per “leggere ilfiume”, per scoprirne gli aspetti più segre-

ti e silenziosi, per comprendere i delicatiequilibri che lo regolano e quindi per con-

tribuire a proteggerlo.

Il fiume di Roma tra storia e natura8

germano reale

iris d’acqa

raganellamartin pescatore

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Il Tevere e la natura

Il paesaggioAl tempo della fondazione di Roma, circa 2750 anni fa, il Tevere sipresentava come tipicamente è la parte terminale di un fiume,quella prossima al mare, laddove, raggiunta ormai la pianura, l’ac-qua che scorre lentamente si allarga in anse e dà origine a vastezone paludose. Il territorio era occupato da una grande zona allu-vionale ricca di acquitrini, percorsa da una fitta rete di piccoli cor-si d’acqua confluenti nel fiume principale su cui si ergevano, isola-ti, i famosi sette colli. La millenaria trasformazione del tessutourbano ha completamente stravolto l’assetto originario dei luo-ghi, ma ancora oggi è possibile riconoscere alcune caratteristichetipiche di un fiume nel suo “basso corso” e ritrovare tracce delsuo passato geologico.

Nascita ed evoluzione del TevereIl Tevere nasce dal monte Fumaiolo, in Romagna, a 1268 metri dialtitudine; dopo un percorso di 403 km attraverso Toscana,Umbria e Lazio, sfocia nel Mar Tirreno tra Fiumicino ed Ostia.Nel corso delle ere geologiche la morfologia del Tevere è stataplasmata dall’erosione fluviale, dalla presenza di un’importantediscontinuità tettonica che attraversa l’Appennino, dalle variazio-ni del livello marino che durante l’Era Quaternaria hanno inte-ressato la costa tirrenica e dall’attività vulcanica dei vicini ColliAlbani e Monti Sabatini. Recenti studi indicano nella zona di PonteGaleria l’antico delta del Tevere, prima che l’attività vulcanica deiColli Albani (databile a circa 700.000 anni fa) ne determinasse l’a-vanzamento nella posizione attuale. Durante le ultime fasi glacialiquaternarie, a causa del ritiro del mare e della regressione dellalinea della costa, si ebbero profondi mutamenti del reticolo flu-

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viale, con l’abbassamento del letto del fiume di parecchie decinedi metri sotto l’attuale livello. Con lo scioglimento dei ghiacciai edil conseguente innalzamento del livello del mare, riprese l’attivitàdi alluvionamento delle valli che si colmarono di limi, sabbie eghiaie di notevoli spessori.

I meandriNel loro viaggio verso il mare, i corsi d’acqua, con la loro conti-nua azione erosiva accompagnata dal deposito di sedimenti divario genere, hanno un ruolo fondamentale nel modellamento delpaesaggio, scavando valli fluviali più o meno incise, formando pia-nure alluvionali e producendo morfologie tipiche come i terrazzifluviali, i delta ed i meandri. I meandri, che si formano general-mente in tratti a debole pendenza, nei fondovalle coperti dadepositi alluvionali, consistono in anse, a volte anche molto pro-nunciate, che conferiscono al fiume un’andamento più o menosinuoso. Dove il fiume inizia a formare una curva, il più delle vol-te senza nessuna causa apparente (talvolta queste sinuosità pos-sono essere attribuite ad ostacoli che il fiume incontra ed aggiranel suo cammino), la forza centrifuga dell’acqua fa si che vengasempre più erosa la sponda esterna, mentre quella interna vieneprotetta e rivestita da depositi di sedimenti.Anche il Tevere, nel suo basso corso scorre lentamente formandonumerosi meandri come le ampie anse che descrive dentro Roma.

Geologia ed idrogeologiaGli elementi geologici (natura dei terreni), idrologici (acquesuperficiali) ed idrogeologici (acque sotterranee) sono stati com-pletamente obliterati nell’area urbana di Roma a causa dell’inten-sa e prolungata trasformazione del territorio che ha portato adavere oggi, diffusa su tutta l’area urbana, una considerevole coltredi depositi costituiti da riempimenti, scarichi, ruderi sepolti e

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accumuli di macerie che raggiungono spessori non di rado supe-riori a 10 metri. La costituzione del sottosuolo del centro stori-co di Roma è inoltre molto variabile in funzione dell’eterogenei-tà delle rocce presenti e delle loro stratificazioni.

Rocce, sorgenti ed acqua sotterraneaLa riva destra.Tutta l’area pianeggiante sucui sorge la città è occupatadai depositi alluvionali delTevere, costituiti da argille elimi intercalati a sabbie eghiaie. Le rocce più anticheche si possono trovare lungol’attuale corso del fiume sonoargille di origine marina edaffiorano nei pressi delGianicolo, del Colle Vaticanoe di Monte Mario, sulla rivadestra del Tevere. Numeroseerano le cave e le fornaci che,fin dall’antichità, utilizzavanoquesto materiale per la pro-duzione di mattoni. Nel restodel territorio cittadino le argille sono generalmente presenti inprofondità (sotto il Circo Massimo superano gli 800 m di spesso-re). Dai rilievi situati sulla riva destra del Tevere hanno origineanche diverse sorgenti, alimentate dalla circolazione idrica all’in-terno di sabbie, limi e ghiaie, soprastanti il letto impermeabile del-le argille. Quasi tutte le sorgenti, ben note ed apprezzate dairomani di tutte le epoche, sono ormai andate perdute: restanoancora patrimonio archeologico e naturale della città l’Acqua Pia(Porta Cavalleggeri), l’Acqua Lancisiana (sul muraglione a PontePrincipe Amedeo), le Acque Corsiniane (all’interno dell’OrtoBotanico) e l’Acqua Innocenziana (sotto San Pietro in Montorio).

La riva sinistraI rilievi collinari che si elevano sulla riva sinistra del fiume sonocostituiti principalmente da rocce di origine vulcanica (tufi e poz-zolane) di spessore variabile da pochi metri a oltre 20 metri, pro-venienti dagli apparati vulcanici dei Colli Albani a sud, e dai Monti

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Le due nic-chie ricavatea metà deimuraglioni dacui sgorgaval’AcquaLancisiana

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Sabatini a nord.Gran parte del centro stori-co è localizzata sopra que-ste rocce, all’interno dellequali la circolazione delleacque sotterranee è peròfortemente condizionatadall’intensa urbanizzazioneed impermeabilizzazionedella superficie. Le aree cheattualmente permettonol’infiltrazione di acqua nelsottosuolo, equivalenti a cir-ca 2 kmq, sono limitate alle

ville, ai giardini ed ai parchi.Altri terreni poco o nulla permeabili,quali argille e limi intercalati a livelli più permeabili sabbiosi eghiaiosi, occupano il fondovalle del Tevere ed interessano quinditutto il centro storico della città. Le ghiaie, presenti con continui-tà da nord a sud con spessori variabili da qualche metro a oltre 10metri, sono sede di una circolazione idrica sotterranea importante.Delle numerose sorgenti storiche su questo lato del fiume riman-gono ancora attive l’Acqua Tulliana, che sgorga dal pavimento delcarcere Mamertino, la Fonte di Diuturna al Palatino e l’Acqua di SanClemente, nel sottosuolo dell’omonima chiesa.

La vita animale e vegetaleIl Tevere e la vegetazione ripariale presente lungo le sue sponderappresentano una delle principali vie di ingresso e di colonizza-zione per le specie animali e vegetali tipiche della “campagnaromana” che, seguendo il suo corso e la fascia di vegetazione piùo meno naturale che lo borda, riescono a penetrare nel cuoredella città. Inoltre il fiume rappresenta uno dei principali “segni delterritorio” seguiti dagli uccelli nel corso dei loro spostamentimigratori stagionali, dalla costa verso l’interno del Paese.

S. Clemente

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La maggioranza delle specie presenti sono estremamente adatta-bili da un punto di vista ecologico, ma ce ne sono alcune la cuipresenza dimostra che l’ambiente fluviale non è ancora del tuttocompromesso, ed esse costituiscono quindi uno stimolo per con-tinuare ad adottare provvedimenti per migliorare la situazioneambientale complessiva.

Le pianteDelle quasi 1300 specie di piantespontanee presenti a Roma, circa600 sono associate all’habitatacquatico e ripariale del fiume.Attualmente la maggior parte diqueste specie risulta per lo più con-centrata nel tratto nord del Tevere,a monte della confluenza conl’Aniene. Tra gli alberi sono comunidiverse specie di salici come il salicebianco e il salice rosso, di pioppi comeil pioppo bianco, il pioppo nero e ilpioppo del Canadà, mentre più rari elocalizzati appaiono l’ontano comunee la tamerice maggiore. I cannetia cannuccia di palude ed i popo-lamenti a lisca maggiore, piùcomunemente conosciuta come tifa,sono invece distribuiti in modo piùcontinuo lungo il tratto urbano e costitui-scono habitat preferenziale di nidificazio-ne e di rifugio per diverse specie diuccelli. Tra le specie più tipicamenteacquatiche è importante ricordare diver-se specie del genere Potamogeton tracui la resistente brasca delle lagunedalla morfologia graminiforme (P. pec-tinatus), il ceratofillo comune, lalenticchia d’acqua e la rarissimamorso di rana (Hydrocjiaris morsusranae).Tra le piante di ambiente palustresono presenti il sedano d’acqua, il

ontano

pioppo

salice

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crescione, la canapa acquatica, il giaggiolo acquatico, laveronica beccabunca e la menta acquatica. I carici ed igiunchi, anche se presenti, sono in regresso mentre in forteespansione appare una specie esotica nordamericana, la forbici-na frondosa (Bidens frondosa), del tutto assente negli anni ‘50.

Le piante dei muraglioniLa flora associata in situazioni naturali all’ambiente rupestre, ha trovato lun-go il Tevere validi habitat sostitutivi costituiti dai muraglioni, dalle pareti del-le banchine, dai ponti, dalle scalette di accesso al fiume (anche i gabbianireali hanno dimostrato forti capacità di adattamento imparando a nidifica-re sulle “scogliere urbane” costituite da tetti, cupole e monumenti!).In tutto, ad occupare questo particolare habitat sono una trentina di pian-te tra cui il capelvenere, la parietaria, il grespino sfrangiato, la vero-nica a foglie di cymbalaria, il ciombolino, la valeriana rossa, il cap-

pero e due specie di ombelicodi Venere.La pianta che maggiormentecaratterizza i muraglioni delTevere è una specie esoticanordamericana, che ha colo-nizzato la città nella primametà del 1900. É la Cespicakarvinskiana, specie amantedelle pareti rocciose umide,che ha trovato in questo habi-tat artificiale condizioni otti-

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tifa

cappero

cannuccia

morso dirana

iris d’acqua

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mali per crescere. Lepiù piccole fessure dipressochè tutti imuraglioni e di tutti gliargini del Tevere sonostati occupati, a voltein una situazione divero monopolio, daquesta specie.

Gli animali Gli uccelliGrazie ad una ricerca coordinata

dall’Ufficio Diritti Animali del Comune di Roma èstato realizzato un Atlante delle specie di Uccelli

nidificanti in città. Ebbene, delle 75 specie nidifican-ti entro il Grande Raccordo Anulare di Roma, almeno

tredici trovano negli ambienti associati al fiume gli habi-tat più idonei per la riproduzione.Tra queste il germano rea-

le che nidifica con certezza nel tratto compreso traPonte Risorgimento e Ponte Margherita con diversecoppie, e la gallinella d’acqua che preferisce itratti a monte e a valle del centro storicodove sono presenti anse e lembi più consi-stenti di canneto ove costruire il nido. Ilmartin pescatore scava il nidolungo gli argini, preferendo itratti in cui non sono presentiarginature in pietra. Durante i

mesi invernali e a seconda degli anni, tra Ponte Milvio e l’IsolaTiberina si insedia una piccola popolazione svernante di diversiindividui: è questo il periodo in cui è più facile osservarlo. Inoltre,prima di alcuni lavori che hanno interessato le banchine, nidificavaanche nei pressi di Ponte Risorgimento. La ballerina gialla è

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martin pescatore

germanoreale

gallinellad’acqua

femmina

maschio

Cespica karvinskiana

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segnalata lungo il fiume, a monte e a valle del centrostorico, nei pressi di Fidene, Tor di Quinto,

Testaccio, Marconi, Magliana e Tor di Valle, male nidificazioni non sono regolari. Il pendo-

lino nidifica lungo il fiume a valle del Pontedell’Industria e a monte di Ponte

Matteotti. Il caratteristico nido a fia-sco viene ancorato e fatto “penzo-

lare” preferenzialmente darami di salici e pioppi e,assieme al verso sibilante

dei maschi, è il segno che più facilmentepermette di registrarne la presenza.Anche se solo in alcuni punti ben loca-lizzati del tratto urbano del fiume, nidi-

ficano inoltre specie più elusive equindi più difficili da osservare,

come il tarabusino, un airo-ne di piccole dimensioni del

colore delle cannucce dipalude segnalato nel trat-

to di fiume nei pressi delladiga di Castel Giubileo. Icanneti sono essenziali

per questa e le altrespecie di seguito

indicate, in quan-to rappresenta-

no l’habitat di nidi-ficazione.Anche per que-

sto motivo l’introduzione del-la nutria, un grosso roditore suda-

mericano spesso scambiato per “un rattodi dimensioni gigantesche”, che si alimenta pre-

ferenzialmente di cannuccia di palude, è da consi-derarsi estremamente deleteria per gli equilibri eco-

logici di questo ambiente. Il tuffetto, il più piccolo tra gli svassi,nidifica lungo il Tevere in una sola zona, situata nel settore sud-occidentale della città, costituita da due piccoli stagni adiacenti, for-mati dal relitto di una vecchia ansa del Tevere. Osservarlo dai pon-ti è possibile durante i mesi di dicembre e gennaio quando qualcheindividuo svernante va a caccia immergendosi anche nel tratto piùurbano. Anche il porciglione, un uccello acquatico appartenente

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usignolodi fiume

cannaiola

tarabusino

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alla stessa famiglia della gallinella d’ac-qua (Rallidi), nidifica in città lungo ilTevere, nei pressi dell’AcquaAcetosa, anche se con una popo-lazione alquanto limitata. Il suonome deriva dal verso emessoche somiglia molto a quello di unmaiale spaventato. Il cannarec-cione e la cannaiola sono altri dueospiti dei canneti, presenti con popola-zioni esigue principalmente nei pressidella Diga di Castel Giubileo edella vecchia ansa del Teveredella Magliana. Durante i mesiinvernali e durante le migrazioni il fiumesi popola anche di uccelli di passoche quindi non rimangono qui anidificare. Alcune di queste speciemigratrici provengono dal centro edal nord Europa e vengono a tra-scorrere i rigidi mesi invernali lun-go il fiume ove trovano peraltroanche abbondanti risorse alimenta-ri. E così è possibile con facilitàosservare aironi cenerini, garzet-te, gabbiani comuni e numerosissimicormorani. A Roma, nell’inverno1986-87 fu osservato per la pri-ma volta, un piccolo numero dicormorani che iniziarono ad utilizzare come dormitorio un trat-to di circa 500 metri di sponda del basso corso del Tevere, in cor-rispondenza della località Tor di Valle, nei pressi della Magliana. Nelcorso degli anni successivi si è assistito ad un forte incremento diquesto gruppo svernante, passando da 6 individui dell’inverno 86-87 ai circa 1300 del 1995. Successivamente si è assistito ad un for-te calo delle presenze anche se oggi i cormorani sono tra gliuccelli più vistosi del tratto urbano del fiume. E’ un vero spetta-colo osservarli mentre pescano immergendosi oppure quandosostano su un sasso o su un tronco con le ali aperte per asciu-garsi.

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gabbiano

garzetta

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Gli anfibi e i rettiliIl tratto urbano del Tevere forma ambienti idonei alla presenza didiverse specie di anfibi e rettili. Tra i serpenti sono segnalateentrambe le bisce d’acqua, la più comune natrice dal collare èsegnalata per diversi tratti fluviali mentre la più rara e maggior-mente acquatica natrice tessellata è stata osservata a PonteMazzini. Un serpente più comune ed anch’esso del tutto innocuo,è il biacco, sicuramente presente lungo gli argini e gli ambiti ripa-riali dell’Oasi WWF, presso Ponte Matteotti. I muraglioni e le ban-chine costituiscono un habitat idoneo alla presenza di due speciedi lucertole, la lucertola muraiola e la lucertola campestre,quest’ultima meno esigente da punto di vista ecologico, riesce acolonizzare anche gli habitat più degradati.Tra gli anfibi in ambitigolenali del Tevere, situati nei tratti a nord e a sud del centrourbano, sempre all’interno del Gran Raccordo Anulare, sonosegnalati il tritone crestato ed il tritone punteggiato.Ancheil rospo comune e la rana verde sono piuttosto frequenti lun-go alcuni tratti urbani del Tevere. Più localizzate appaiono invecele presenze della raganella dal caratteristico canto monotono ecigolante e del rospo smeraldino, le cui segnalazioni sono limi-tate al tratto nord del fiume.

I pesci I pesci sono ancora abbondanti nel Tevere, anche se la comunitàittica è sbilanciata per lo più verso specie poco esigenti e menosensibili. In altre parole “abbondanza di pesce” non significaambiente sano. Sono aumentate così le specie tipiche di acquecon bassi tenori di ossigeno, come carpa, carassio, tinca, rovel-la e anguilla. Molto frequenti sono anche le specie marine cherisalgono il fiume per scopi alimentari e vi permangono per perio-di variabili, come il cefalo ed il cefalo calamita. La Diga di CastelGiubileo costituisce un ostacolo insormontabile per le specie chedurante il periodo riproduttivo tendono a risalire alla ricerca di sitiidonei alla deposizione delle uova. E così in primavera è possibile

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raganella rospo comune

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osservare la migrazione riproduttiva di barboe cavedano con numerosi individui chestazionano nei pressi delle para-tie della diga. In questi ultimianni sono state però ritrovatelungo il Tevere due specie dilamprede la cui presenza faben sperare per il futuro: lalampreda di fiume e la lampreda di mare, specie rare edestremamente esigenti da un punto di vista ecologico.

Le lampredeLe lamprede, simili ai pesci, appar-tengono ai Ciclostomi, un gruppodi Vertebrati tra i più antichi esi-stenti, privi di mascelle, di pinnepari e di scaglie, con bocca circo-lare a ventosa.

Le specie introdotteTra le specie presenti nel Tevere ve ne sono alcune, due in partico-lare, che non essendo originarie dell’Italia, stanno causando notevo-li problemi alla fauna ed alla flora autoctona. Si tratta della nutria edella tartaruga americana dalle orecchie rosse. La prima è ungrosso roditore originario del sud America importato negli anni ‘40in Italia come animale da pelliccia. Sfuggita da allevamenti, la nutria siè ormai diffusa in gran parte d’Italia, bacino del Tevere compreso,dove arreca grossi danni alla vegetazione acquatica ed ai canneti e diconseguenza alle altre specie che utilizzano questi habitat. La secon-da è la ben nota tartarughina d’acqua che viene acquistata nei nego-zi di animali, tenuta per un po’ in acquario e poi, sconsideratamente“liberata” in ambiente naturale. La biologia di questa specie è anco-ra poco conosciuta e poco note le possibili interazioni con la spe-cie italiana che occupa lo stesso habitat, la testuggine palustre,anch’essa segnalata nel Tevere.

19Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia

barbo

nutria

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Il fiume di Roma nella storia

Il Tevere e la nascita di Roma

I primi insediamenti umani sulle rive del Tevere risalgono a 3300anni fa ma è solo intorno al 750 a.C. che viene fondata una cittàdifesa da un fossato e da un muro, privilegiata dalla sua eccezio-nale posizione geografica. Al centro del Lazio, crocevia tra leregioni centrali e quelle meridionali dell’Italia, questa via d’acquapermetteva infatti la penetrazione commerciale dal Tirreno versol’entroterra. Le vicende di Roma con i suoi quasi tre millenni distoria sono strettamente legate al fiume, soprattutto alle sueinondazioni che periodicamente allagavano la città. La leggendaracconta che fu proprio durante una di queste inondazioni chevenne ritrovata la cesta impigliata tra i giunchi ai piedi del collePalatino, con i due fratelli Romolo e Remo, futuri fondatori dellaRoma urbana. Dal primo evento, registrato nel 414 a.C., all’ultimodel 1991, si sono avute a Roma circa 90 piene tra eccezionali estraordinarie; ma solo fino ai primi del ‘900 queste esondazionihanno causato danni e vittime.A partire dai grandi lavori di siste-mazione idraulica del tratto urbano del fiume, iniziati nel 1876 eproseguiti nei decenni successivi, il Tevere non ha più superato isuoi argini, non più naturali ma costituiti dai famosi “muraglioni”.

Il fiume di Roma nella Storia20

Trasporti difortuna nella

Roma allagatadalla piena

del 1915

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Il fiume come confineAgli inizi della storia di Roma ilTevere rappresentava una lineadi confine naturale che proteg-geva i primi insediamenti atte-stati sui famosi 7 colli che siergevano tutti sulla sponda sini-stra. Successivamente segnòper lungo tempo una demarca-zione politica fra gli Etruschi,sulla riva destra, e i Sabini, sullariva sinistra. Con la crescita del-la città fino all’apogeo imperia-le,“Roma antica” sentì il bisogno di superare i propri confini natu-rali per migliorare, dapprima le comunicazioni con le regioni cir-costanti e, successivamente, per espandersi urbanisticamenteanche sulla riva opposta del fiume.

I ponti romani

Diversi sono i ponti romaniandati completamente distruttio di cui rimangono pochi resti.Le ultime testimonianze diPonte Sublicio, costruito inlegno da Re Anco Marzio allafine del VII sec. a.C., sono statecompletamente cancellate dalladinamite durante la costruzio-ne dei muraglioni. Ponte Emilio,il primo ponte romano costrui-to in pietra nel 179 a.C., è

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Il Tevere:sullo sfondoil colleAventino

Ponte Rotto

Resti delPonteNeronianoin una ripro-duzione del‘700 di VanWittel

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conosciuto anche come Ponte Rotto per la sua ultima testimo-nianza rimasta isolata in mezzo al fiume, visibile da ponte Palatino.Ponte Neroniano fu costruito da Nerone per avere un più como-

do accesso da Campo Marzioverso i giardini e gli orti che lamadre Agrippina possedeva nelCampo Vaticano. I resti dei pilo-ni affiorano nei periodi dimagra del fiume, subito a valledel ponte Vittorio Emanuele.Gli altri ponti romani sono sta-ti rimaneggiati durante le epo-che successive. Della costru-zione originale di Ponte Milvio,rimangono oggi solo i 4 pilonicentrali.

Il fiume di Roma nella Storia22

Ponte Fabricio

PonteCestio

Antico baso-lato romano

di Ponte S.Angelo rinvenutodurante ilavori di

sistemazionedel fiume del

1892

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Ponte Fabricio fu costruito per avere l’accesso dalla riva sinistraall’Isola Tiberina, su cui esisteva il tempio al dio Esculapio. Il ponteè rimasto integro, ad esclusione di qualche intervento di restauro.Ponte Cestio, costruito per collegare la riva destra con l’IsolaTiberina, a seguito degli interventi di sistemazione idraulica del fiu-me compiuti nel 1892, è stato completamente smontato e rico-struito con dimensioni diverse, riutilizzando una parte dei blocchilapidei antichi. Ponte Sant’Angelo, chiamato originariamente Elio inonore dell’imperatore Elio Adriano che lo fece costruire per avereun accesso trionfale dalla città al suo mausoleo (la Mole Adriana poiCastel Sant’Angelo), è stato stravolto radicalmente nel suo assettooriginario in seguito ai lavori di sistemazione idraulica del fiume nel1893. Ponte Sisto, completamente distrutto da una piena nel 791,rimase il “ponte rotto” o “ponte tremulo” per quasi sette secoli,fino a quando Papa Sisto IV, in occasione del Giubileo del 1475, necostruì uno nuovo sui ruderi romani ancora affioranti.

I ponti della Roma dei PapiNei secoli di dominio pontificio, la “Roma dei Papi” continuò ad uti-lizzare gli antichi ponti romani sopravvissuti alle calamità naturali ed

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Veduta diPonte Sistocon bagnantisulla Spiaggiadella Renellae un mulinosul latoopposto,in unariproduzionedel 1874 diAcquaroni

Inaugurazionedi Pontedell’Industriaalla presenzadi Pio IX

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alle guerre. Da questa situazione ne trassero vantaggio i traghetta-tori che con le loro precarie “barchette” assicuravano il passaggio,non senza qualche pericolo, da una sponda all’altra del fiume.A parte Ponte Sisto, in struttura muraria, fu riattivato ponte Emilio,prolungandolo sulla riva sinistra con una campata in ferro sorrettada funi, e furono realizzati un ponte sospeso in ferro a San Giovannidai Fiorentini e il ponte ferroviario di San Paolo (ora Pontedell’Industria).

I traghettiTra ponte Sant’Angelo e ponte Sisto esistevano, nel Settecento,ben tre “barchette” di traghettatori: si muovevano spinte a brac-cia dal barcaiolo che si tirava lungo delle funi tese tra le due spon-de. Poiché il prezzo del passaggio era irrisorio, il traghettatoretendeva a sovraccaricare la sua imbarcazione, rendendo ogni vol-ta la traversata alquanto rischiosa, soprattutto se il fiume era unpo’ ingrossato. L’ultimo traghettatore a rimanere in servizio fuquello del porto di Ripetta (ponte Cavour) attivo fino alla finedell’800: era chiamato “la barca di Caronte” per l’aspetto terrifi-cante del barcaiolo.

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I ponti recentiCon Roma capitale del Regno Unito, nel 1870 inizia una trasfor-mazione radicale dell’assetto urbano della città. L’espansione edi-lizia, su quelli che fino ad allora erano stati orti, vigne e giardini(Prati di Castello) che si estendevano verso le pendici di MonteMario, necessitava di ulteriori ponti che varcassero il fiume.Nel giro di un quarantennio se ne aggiunsero quindi altri otto:Ponte Risorgimento, Ponte Margherita, Ponte Cavour, PonteUmberto I, Ponte Vittorio Emanuele Il, Ponte Mazzini, PonteGaribaldi e Ponte Palatino. Durante la I guerra mondiale fucostruito Ponte Sublicio, che prese il nome dal primo pontecostruito a Roma e ormai completamente scomparso.Una nuova spinta espansionistica si verificò nel ventennio succes-sivo: il notevole incremento della popolazione richiedeva nuoviinsediamenti urbani ed ulteriori collegamenti per smaltire il traf-fico tra le due sponde. Vennero così realizzati Ponte Flaminio,Ponte Duca d’Aosta, Ponte Matteotti, Ponte Principe Amedeo,Ponte Testaccio e Ponte Marconi.

Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia

Ponte Cavour

PonteUmberto I

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Ponte Vittorio

Emanuele II

Ponte PrincipeAmedeo

Ponte Testaccio

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Ponte Tor di Quinto

PonteMatteotti

Ponte Castel Giubileo

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Il fiume di Roma nella Storia28

Nel periodo attuale infine vennero realizzati, a completamentodelle infrastrutture urbane, il Ponte-diga di Castel Giubileo checompleta il Grande Raccordo Anulare tra le Statali Salaria eFlaminia, il Ponte Tor di Quinto costruito per le Olimpiadi del 1960e il Ponte Nenni a servizio della metropolitana.

Ponte Flaminio

Ponte Castel

Giubileo

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Il fiume come via di comunicazioneIl Tevere, fino all’Unità d’Italia, è sempre stato un’importante via ditrasporto e di navigazione tra la costa tirrenica, Roma e le regio-ni interne.Agli inizi del II sec. a.C. si sviluppò il primo importantecomplesso portuale-commerciale degno della capitale di un impe-ro, il Porto Tiberino, di cui rimangono ancora importanti testimo-nianze a monte e a valle di Ponte Sublicio, sulla riva sinistra. Il“porto” era costituito da una banchina lunga quasi 500 m e larga90 e da un molo di attracco pavimentato ed attrezzato doveattraccavano le navi provenienti dal mare. Subito a ridosso delmolo, un grande edificio consentiva il diretto immagazzinamentoe lo smercio delle derrate. Intorno al 140 a.C., per smaltire tuttii detriti prodotti nel porto, costituiti essenzialmente da anforerotte e laterizi, cominciò a sorgere una discarica. Con il passaredei secoli questo luogo è diventato una vera collina alta 30 m econ una circonferenza di circa 1 km, il Monte Testaccio conosciu-

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Bitte diancoraggio dinavi romanerinvenutenegli scavi delPortoTiberino

Porto diRipetta in unariproduzionedel ‘700 di Van Wittel

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to anche come Monte dei Cocci, ancora visibile dall’omonimoponte sulla riva sinistra. In epoca romana questo tratto di spondaera anche conosciuta come Ripa “Marmorata”, poiché vi venivasbarcato tutto il materiale lapideo, anche pregiato, come statue,colonne, capitelli, che serviva a costruire ed abbellire la Romaimperiale. Dopo la fine dell’impero romano, che si fa risalire con-venzionalmente al 476 d.C., la vasta area portuale venne comple-tamente abbandonata e cadde in rovina.

Il Monte dei CocciIl “Monte dei Cocci” è la prima discarica controllata conosciuta,in quanto è costituito interamente da frammenti di anfore accu-mulati in modo sistematico per oltre tre secoli (140 a.C.-255d.C.). Rappresenta quindi l’unico “archivio economico”dell’Impero Romano, da cui è stato possibile, con recenti studi,trarre le seguenti informazioni:• il monte è alto 36 m ed occupa una superficie di 37.500 mq• il 95% dei frammenti è costituito da anfore olearie provenientidalla provincia Betica (l’odierna Andalusia) in Spagna• il numero di anfore accatastate è circa 24.750.000• il quantitativo di olio trasportato a Roma durante 3 secoli è di173.250.000 kg.

Il secondo portoè quello, ormaiscomparso, diRipetta in corri-spondenza diponte Cavour.L’approdo piùantico si fa risali-re all’imperatoreAureliano (III sec.d.C.). La trasfor-mazione da sem-plice approdo interra battuta avero e proprioporto fluviale peril collegamentodella città con

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Il complessomonumentaledi S. Michele

a Ripa

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l’alto bacino del Tevere, con moli, banchine e fontana si deve aPapa Clemente XI che nel 1703 incaricò l’architetto AlessandroSpecchi. Il porto rimase attivo fino agli inizi del ‘900 quando fudemolito per lasciare il posto, dapprima ad un ponte provvisorioin ferro, e poi al ponte Cavour, ai muraglioni ed al lungotevere. Leuniche testimonianze rimaste di questo porto settecentesco,costituite dalla fontana e dalle due colonne con le altezze dellepiene del fiume, furono sistemate nell’attuale piazza del porto diRipetta, di fronte al ponte sulla riva sinistra (all’incrocio delLungotevere con Via della Scrofa).Il terzo porto è stato quello di Ripa Grande, di fronte all’anticoporto tiberino che ebbe un notevole sviluppo fino a contare oltre30 navi al giorno con prodotti agricoli e merci varie. Con lacostruzione dei muraglioni, avvenuta nel 1880, sono state com-pletamente cancellate le ultime vestigia del porto fluviale, com-preso il caratteristico faro che illuminava la rotta notturna. Le sca-linate, ancora oggi visibili, richiamano la presenza dell’anticoapprodo. L’immenso edificio sovrastante è l’ex Ospizio apostolicodi San Michele.In età medioevale la riva destra del Tevere, nel tratto corrispon-dente all’attuale Porta Portese, era conosciuta come riva romeacioè dei pellegrini che affluivano in gran quantità, soprattutto neglianni giubilari, anche per via marittima, risalendo, dal porto diFiumicino, il fiume su imbarcazioni trainate a mano o tirate daibufali per sbarcare dopo un viaggio di due giorni nel grande por-to a sud della città.Nel 1842 questo antichissimo sistema di trasporto fu sostituitodai primi rimorchiatori a vapore.

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Il Porto diRipa Grande

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Il fiume e le sue acque

Acqua e acquedottiNella Roma antica le risorse idriche erano abbondanti e ben uti-lizzate. Nei primi quattro secoli dalla fondazione della città, iromani usavano l’acqua del fiume o quella attinta dai pozzi, dallecisterne e dalle 20 sorgenti che sgorgavano nell’attuale centrostorico. Quando nel 312 a.C. Appio Claudio costruì il primoacquedotto, a cui ne sarebbero seguiti altri 13, la città poteva usu-fruire in abbondanza di acqua corrente per alimentare terme,piscine e fontane, per la pulizia delle strade e dei condotti fogna-ri, e per le varie attività lavorative (quali ceramisti, tintori e muli-ni ad acqua). Sembra inoltre che fosse possibile per i più ricchi,collegarsi direttamente alla condotte ed usare (sprecandola) unagrande quantità di acqua (circa un terzo della portata degli acque-dotti). La rimanente acqua era distribuita nei lacus, fontane pub-bliche, che erano 591 alla fine del I secolo d.C. I lacus garantivanofino ad un centinaio di litri al giorno per abitante. In età imperia-le i vari acquedotti portavano a Roma circa 1.000.000 mc di acquaal giorno.Tale ricchezza, che contribuì notevolmente alla crescitadi Roma, fu bruscamente interrotta nel 537 d.C. dal barbaro Vitigeche, per espugnare la città assediata, interruppe il flusso di tutti gliacquedotti, flusso che non fu più riattivato per circa 1000 anni.In questo lungo periodo di tempo la popolazione tornò al fiumeed alle sue acque, dapprima forzatamente ma poi, grazie ad un’ef-ficace campagna persuasiva da parte di filosofi ed accademici con-vinti della bontà dell’acqua, sempre più ben disposti. Le conse-guenze furono disastrose sia dal punto di vista igienico sanitariosia sociale ed economico in quanto i papi, anch’essi convinti asser-tori della potabilità e delle capacità terapeutiche dell’acqua, nonvollero più restaurare gli antichi acquedotti.

Mestieri ed attività legati al fiume nella Roma anticaBattellieriRoma fu, almeno fino a tutto il IV secolo d.C., una delle grandimegalopoli del Mediterraneo. Plinio il Vecchio parla del Teverecome di un “mercante tranquillissimo di ciò che in tutto il mon-do nasce”.Autori come Plauto, Marziale e Giovenale, descrivonoinvece la città come una “grande bottega” dove le grida dei bat-tellieri del Tevere si confondono con quelle dei commercianti edei mercanti.

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LavandaiI fullones erano i lavandai, rappresentanti di un mestiere che avevaassunto via via una sempre maggiore importanza nella vita urbana,tanto che una lex Metilia del 220 a.C. (del cui contenuto non èrimasta traccia) li riguardava direttamente. I fullones avevano biso-gno di grandi quantità di acqua e potevano utilizzare gli acquedot-ti con speciali esenzioni e agevolazioni. Nel III secolo i fullones vin-sero una lunga controversia con il soprintendente agli acquedottiche voleva far loro pagare l’affitto di un luogo pubblico.

I muliniLa presenza certa nella Roma antica dei mulini risale al 109 d.C.,quando l’imperatore Traiano fece costruire un acquedotto perportare l’acqua da Bracciano al colle del Gianicolo, sulle cui pen-dici sorsero diversi mulini che sfruttavano la caduta d’acqua pro-veniente copiosa dal monte. Nel 537 d.C. il barbaro Vitige, perespugnare la città, tagliò tutti i 14 acquedotti allora esistenti, perinterrompere l’approvvigionamento idrico. Il generale Belisario,difensore della città, trasferì i mulini sul fiume, per sfruttare la for-

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Mulini galleg-gianti a valledi Ponte Sistoin una ripro-duzione del‘600 diSadeler

Mulini galleg-gianti anco-rati ai pilonidi PonteCestio in unariproduzionedell’800 diAcquaroni

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za motrice delle sue acque, ancorandoli ai piloni dei pontidell’Isola Tiberina e a ponte Sisto. Successivamente, con l’aumen-tare delle macine, si sfruttarono anche i piloni del PonteNeroniano che, nel frattempo, era andato distrutto. L’attività deimulini galleggianti cessò completamente con l’ultima disastrosaalluvione del 1870 a cui seguì l’imponente intervento di sistema-zione idraulica del fiume.

Le aree commerciali lungo il TevereI mercati più antichi di Roma erano il Foro Boario e il ForoOlitorio, situati presso l’antico Portus Tiberinus. Queste zone man-tennero la loro antica vocazione al commercio, in particolare del-le derrate alimentari e del bestiame. Si ha segnalazione di un anti-co emporium presso il Tevere già a partire dal 193 a.C. La posizio-ne centrale del fiume obbligò i romani a sistemare i depositi e imagazzini presso le sponde. Ai piedi dell’Aventino, vicino al fiume,già a partire dal IV secolo a.C. si trovavano i magazzini del sale, inun luogo chiamato salines. Depositi di marmo e di vino si trova-vano rispettivamente a Tor di Nona e a Trastevere, mentre altrebanchine portuali si trovavano più a nord, presso Ponte Milvio.Presso il molo di Ripetta sembra si trovasse il sito delle Ciconie (le“gru” utilizzate per scaricare le merci), dove nel III sec. d.C. veni-vano sbarcati i barili di vino. Si formarono anche qui colline artifi-ciali come quella di Testaccio: il Monte Giordano e il MonteCitorio (Mons acceptorius, nome derivato dagli acceptores, impie-gati portuali). Il fiume fu il principale veicolo delle materie primeed attirava numerose attività, localizzate nelle sue immediate vici-nanze: dai cantieri navali alla officine dei marmorari a Testaccio,dagli ebanisti agli intagliatori a Trastevere. Le fabbriche di vasella-me e ceramiche, che richiedevano acqua e argilla, si trovavanoinvece ai piedi del Gianicolo e dell’Esquilino (noto per la suaabbondanza di acqua). Le attività più inquinanti si localizzaronoinvece immediatamente fuori città come quelle per la produzionedi mattoni, le fornaci (tranne quella del Laterano), le concerie e lefabbriche di minio.

Il fiume di Roma nella Storia

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Il fiume confinato

A seguito dell’ennesima disastrosa alluvione avvenuta nel dicembre1870, al culmine della quale l’acqua raggiunse l’altezza di 17,22 mall’idrometro di Ripetta, equivalente ad una portata di circa 3.300mc/sec. (piazza del Pantheon fu allagata con 4,5 m d’acqua), il nuo-vo Governo dell’Italia Unita decise di intervenire drasticamenteper risolvere questo secolare problema che affliggeva periodica-mente la città. Venne così approvato un complesso progetto disistemazione idraulica che prevedeva, tra l’altro, la costruzione dei

cosiddetti “muri di sponda”, quelli che i romani avrebbero poi sem-pre chiamato “muraglioni”. Il progetto base, elaborato dall’ing.Canevari e approvato nel 1875, prevedeva i seguenti interventi:

• costruzione di una soglia sotto Ponte Milvio • costruzione dei muraglioni per tutto il tratto urbano su ambo lerive 1,2 m più alti del livello di piena del 1870 • allargamento fino a 100 m dell’alveo del fiume • soppressione del ramo sinistro del fiume all’Isola Tiberina • ampliamento del Ponte Sant’Angelo, demolizione del PonteRotto all’Isola Tiberina e costruzione di un nuovo ponte(Palatino)

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Lapidi di marmo postea partire dal1200 a testi-moniare l’al-tezza delleinondazioni.A sinistra inPiazza dellaMinerva e adestra sottol’Arco deiBianchi di S.Spirito

Gli altimuraglioniverticalidel Tevere

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• rimozione di ruderi ed ostacoli presenti nell’alveo • costruzione di due collettori paralleli alle sponde per la rac-colta delle acque reflue• arginatura della riva sinistra fino alla Basilica di San Paolo.

I lavori elencati, iniziati nel 1876, furono ultimati dopo 50 anni, nel1926, apportando alcune varianti al progetto originario come learginature inclinate a 45° da Ponte Margherita in su, ma soprattut-to salvando l’isola Tiberina e lasciando al fiume il suo andamentooriginario. Complessivamente venne regolarizzato il corso del fiu-me nel tratto urbano, allargandolo uniformemente a 100 m e boni-ficando l’alveo da detriti, ruderi, resti di antichi ponti e mulini gal-leggianti che ostacolavano il normale deflusso delle acque. Lungole rive vennero costruite due banchine larghe 8 m per supporto dibase ai muri di sponda (i muraglioni) alti 17 m, 1,20 m più alti dellivello raggiunto dalla piena del 1870. Infine, al livello superiore deimuraglioni, vennero tracciati i lungotevere, larghi 14 m. Per questiinterventi sono stati modificati gli antichi ponti per raccordarli allenuove rive artificiali, sono state demolite casupole, caseggiati, chie-

se, palazzi e giar-dini che si affac-ciavano sul gretodel fiume, nonchévicoli, strade eapprodi piccoli egrandi. Se da unaparte, con questi

imponenti lavori di ingegneriaidraulica, le catastrofiche inon-dazioni sono ormai un ricordolegato alla storia del passato,dall’altra hanno modificato inmodo drastico il rapporto del-la città con il suo fiume avulsoormai dalla vita economica esociale della popolazione. IlTevere con le sue acque limac-ciose ed inquinate lo si guardaoggi distrattamente solo dal-l’alto e attraversandolo suiponti.

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I muraglionidel Tevere

inclinati a 45°

Lungotevere

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I fiumaroliSulla riva sinistra di Ponte Duca d’Aosta, prima della sua costru-zione avvenuta nel 1939, si trovava il famoso stabilimento deiPolverini, frequentato dai “fiumaroli” che avevano l’abitudine di

farsi servire il pranzo a mollo nell’acqua. Questo genere di stabi-limenti, formati da un capannone e da una serie di capannellechiuse con stuoie di paglia per sfuggire sguardi indiscreti, era spar-so lungo le rive del fiume da Ponte Milvio fino a Ponte Sisto.Tanteerano le gesta e le bizzarie dei frequentatori del fiume: riuniti in

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diverse tribù dai nomi pittoreschi, inventavano i tuffi più strani dal-le spallette dei ponti o da trampolini montati sui muraglioni, e sisfidavano in gare ed esibizioni natatorie in qualsiasi stagione del-l’anno, sulla breve e lunga distanza. La più famosa di queste fu sicu-ramente quella di Armando Sannibale che nel 1911 scommise evinse 3.000 lire, nuotando in 20 ore per più di 100 km da Orte aRoma. Ma i fiumaroli erano anche i guardiani del fiume; si ritrova-rono infatti impegnati a salvare molti aspiranti suicidi ed inesper-ti bagnanti. Oggi sopravvivono alcuni gloriosi circoli di canottag-gio dai cui galleggianti, ormeggiati lungo le banchine, ancora sistaccano gli slanciatissimi barchini per la quotidiana voga.

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Il Tevere a Roma: un fiume tra natura e storia 39

Il Tevere nel mito,nella letteratura e nell’arte

Un fiume di animali, piante, ambienti e…Molto è stato scritto sul Tevere, il fiume che fin dai tempi più anti-chi viene celebrato per il ruolo che ha avuto nella storia di Romae dell’umanità.In questa parte della guida si riportano alcune curiosità che sot-tolineano gli aspetti legati al Tevere in quanto fiume in senso stret-to, cioè ambiente naturale che trasporta fango e sedimenti, chefavorisce la vita di animali, piante e innesca quel miracoloso emagico intreccio con l’esistenza degli uomini che si stabilisconosulle sue rive, che da sempre ha legato i “luoghi d’acqua” alla cul-tura ed alla storia.

Il biondo TevereIl Tevere non ha sempre avuto questo nome: secondo una par-te della tradizione latina (tra cui anche Virgilio), anticamentesarebbe stato chiamato Albula, nome la cui origine era forselegata al colore chiaro delle acque, poi trasformato in Tiberis enella divinità Thybris. Da Cicerone e Virgilio il fiume vieneanche detto Tiberinus (o Tebro), con allusione al Dio tiberino,una divinità minore che si identificava con il fiume stesso.Secondo la tradizione romana Tiberinus fu Re di Alba, decimodiscendente di Enea, morto combattendo presso il fiumeAlbula o forse annegato nel fiume, che da allora prese il suonome. Secondo altri era invece un eroe, figlio di Giano e diCamesena, ninfa del Lazio.Il culto del dio Tiberinus, che spesso era invocato con il nome dipater, fu relativamente tardo; al dio era dedicato un santuario

Panoramicadel fiume disegnata daG.Vasi nel ‘700

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sull’Isola Tiberina.L’arte antica raffigura spesso il fiume come una divinità sdraiata suun fianco, barbuta, seminuda, coperta da un drappo (che allude allacorrente) e con una cornucopia, il corno dell’abbondanza, a sim-boleggiare la ricchezza e la fertilità delle sue acque.

Lupi, uccelli ed altri animaliAlcuni bellissimi versi dell’Eneide di Virgilio, letti con altri occhi,sono una vera e propria descrizione naturalistica del fiume: rac-contano infatti di una corrente ombrosa, vorticosa e bionda perla molta sabbia trasportata, di grasse colture, di un fiume chescorre tra boschi ampi e ricchi di uccelli che volano cantando. Elo stesso Dio Tiberino, che si erge con un glauco manto tra lefronde dei pioppi ed i folti cespugli di canne, dopo essere appar-so in sonno ad Enea, e scompare tra l’acqua alta e cerulea, spin-gendosi verso il fondo. Questa ricca e selvaggia pianura alluviona-le, dunque, l’abbondanza d’acqua, i folti boschi, gli stormi d’uccellie i tanti altri animali che popolavano le colline attorno al corsodell’antico Tevere, sono sempre stati parte integrante della vita del fiume, così come di quella degli uomini.Tutto ciò è testimoniato, indirettamente, anche dall’importanzache animali e piante hanno avuto nella tradizione, nella religione,nella vita quotidiana. Tra i tanti spunti che più sottolineano il pro-fondo legame tra la natura e la cultura delle genti che visseropresso le rive del Tevere, ne sono stati scelti alcuni, come quellofamosissimo della lupa.

il Tevere nel mito, nella letteratura e nell’arte

Il Ponte Rotto in una riproduzione del ‘700 di G.Vasi

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Il Tevere nell’Eneide “E già il mare rosseggiava di raggie dall’alto etere l’Aurora dorata rifulgeva sulla rosea biga:quando i venti posarono e ad un tratto ogni alito caddee i remi si affaticano nel lento marmo delle acque.Allora Enea dal mare scorge lontano un ampio bosco. Nel mezzo il Tevere con ameno corrente,con rapidi vortici e biondo di molta sabbia,sbocca nel mare; variegati, intorno e in alto,uccelli avvezzi alle rive e all’alveo del fiumecarezzavano l’aria con il canto e volavano per il bosco.Comanda ai compagni di piegare la rotta e di volgere le pruea terra e lieto s’addentra nell’ombrosa corrente del fiume”(Eneide, libro VII)

Era notte e un sonno profondo teneva per tuttele stanche creature, gli alati e gli armenti:quando il padre Enea sulla riva, sotto la gelida voltadell’etere, con il cuore turbato dalla guerra funesta, si adagiò lasciandofluire per le membra una tarda quiete.Gli parve che il dio stesso del luogo,Tiberinodall’amena corrente, si ergesse vegliardo tra frondedi pioppo, lo velava un tenue lino con glauco mantoe gli copriva la chioma un ombroso cespo di canne;allora parlò così e con queste parole alleviò i suoi affanni:“O stirpe di dei, che riconduci a noi dai nemicila città troiana e serbi Pergamo eterna,o atteso dal suolo laurente e dai campi latiniqui è una sicura dimora per te e sicuri (non desistere)Penati;non temere le minacce di guerra: tutti i furori e le iredegli dei dileguarono.

Io, che vedi con pienacorrente lambire le rive e solcare grasse colture,sono il ceruleo Tevere, fiume gratissimo al cielo.Qui la mia grande dimora, la fonte esce tra eccelse città.Disse, e il fiume disparve nell’acqua alta,spingendosi in fondo; la notte e il sonno lasciarono Enea.

Allora vennero la schiera ausonia e le genti sicane,e spesso la terra saturnia cambiò nome;e sorsero re e l’aspro Tibri dal corpo immane,dal quale poi noi italici chiamammo il flumeTevere: l’antica Albula perdette il vero nome.(Eneide, libro VIII)

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La LupaStrabone racconta che Enea, con il padre Anchise ed il figlioAscanio, approdò a Laurentum e fondò, un po’ più all’interno, unacittà a circa 24 stadi dal mare. I racconti su Amulio e Numitore,che avevano ereditato dai discendenti di Ascanio il territorio cheda Alba si estendeva fino al Tevere, si collocano invece alcuni seco-li più tardi.Amulio, approfittando di un’assenza di Numitore, pre-se il potere, uccise il figlio del fratello e per impedire che la figliaavesse una discendenza, la costrinse a diventare sacerdotessa ver-gine della dea Vesta, con il nome di Rea Silvia. La vestale fu invecemiracolosamente fecondata da Marte mentre dormiva presso unafonte e, dopo aver dato alla luce due gemelli, fu imprigionata ed isuoi figli furono abbandonati sulle rive del Tevere.La tradizione vuole che i gemelli fossero poi adottati ed allattati dauna lupa ai piedi del Palatino, fin quando uno dei guardiani dei por-ci del luogo, Faustolo, li prese con sé e li allevò dando loro i nomidi Romolo e Remo (o Rhomos, come viene chiamato nei documen-ti più antichi). Rea Silvia, secondo alcuni, fu gettata nel fiume Tevere(o nell’Aniene), che la accolse facendola diventare sua moglie,secondo altri fu invece liberata dalla prigione dopo la morte diAmulio.

La Grotta del Lupercale e i “Lupercali” Ai piedi del Palatino era situata la “Grotta del Lupercale”, dove siriteneva che i due gemelli fossero stati allattati dalla lupa. Qui,inoltre, era anche collocato il ficus ruminalis (termine derivato dallatino arcaico che significa “mammella di animale”).I Lupercali erano antichi riti religiosi romani, forse di purificazioneo di fertilità, le cui origini erano fatte risalire a Romolo, che eranoperò ancora in vigore nel V secolo d.C. Durante la festa due grup-pi di uomini detti “luperci” (etimologia ancora incerta, forse “uomi-ni lupo” o “capre lupo” o ancora “quelli che tengono lontani i lupi”),si incontravano nel Lupercale, la grotta sacra ai piedi del Palatino.Qui avvenivano sacrifici animali e complessi riti che sfociavano,dopo un abbondante banchetto, in una corsa sfrenata attorno allacittà durante la quale i luperci frustavano, con staffili fatti di pelle dicapra, tutti quelli che incontravano lungo il cammino.Molti credevano che la frustata avesse il potere di rendere fecon-do chi la ricevesse.

il Tevere nel mito, nella letteratura e nell’arte

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Le lupanare La lupa/il lupo ha anche altri significati, come quello di voracità, siain senso stretto:“avere una fame da lupo”, ma anche in senso sim-bolico: “lupanare” erano infatti chiamate le meretrici ed i postri-boli nell’antica Roma.

La Lupa capitolina

La Lupa che allatta due gemelli è poi diventata il simbolo della cit-tà di Roma. Fino a non molto tempo fa una lupa vera era tenutain gabbia ai piedi del Campidoglio e la si poteva vedere andareavanti e indietro nell’angusto spazio che le era stato riservato (daqui il detto romanesco ”fare come la lupa del Campidoglio”, perindicare una persona che nervosamente si muove su e giù per unastanza).Lupa capitolina viene anche chiamata la statua, oggi conservata neiMusei Capitolini (datata al V secolo a.C. e forse dovuta ad artistietruschi), a cui furono successivamente aggiunti, forse ad operadel Pollaiolo, i due gemelli.

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L’osservazione degli uccelli e del cielo nella Romaantica: l’Auspicium La vita politica e religiosa di Roma antica era segnata da un’im-portante forma di divinazione, lo studio degli auspicia (parola deri-vata dai termini avis-uccello e specere-guardare) che indicava l’in-terpretazione del volo, del numero, della posizione, dei richiami edell’atteggiamento di fronte al cibo degli uccelli. Il termine fu poiesteso ad indicare anche l’osservazione di altri segni divini prove-nienti dal cielo (fulmini e tuoni, auspicia caelestia) o dal modo dimangiare dei polli sacri nei campi (auspicia pullaria).Da ciò era possibile trarre non il futuro, ciò che doveva ancoraavvenire, ma importanti indicazioni sulla volontà divina rispettoalle azioni umane, indicazioni senza cui non era consigliabile intra-prendere nulla. L’origine stessa della città pare sia legata ad unauspicium: per decidere chi dovesse fondarla, infatti, Romolo eRemo osservarono il volo degli avvoltoi.

Gli àuguriQuesta pratica derivava probabilmente dalla scienza etrusca degliàuguri, l’ornitomanzia, cioè l’interpretazione della volontà degli deiattraverso il volo degli uccelli ed era così usata che il termineaugur fu usato per designare veggenti, indovini, o profeti.Cicerone, che fu un augure, afferma che quest’arte era diffusaanche in molte culture del vicino oriente. Secondo Omero i gran-di indovini sapevano interpretare le azioni degli uccelli, creature apiù stretto contatto con gli dei olimpici, e dei serpenti, che rap-presentano invece le potenze divine della terra.A Roma questa pratica divinatoria era affidata ad un collegio diaugures, uno dei più illustri della città, originariamente compostoda cinque membri, poi portati a sedici.In senso stretto gli augures non erano indovini: la loro funzioneera quella di scoprire se gli dei erano favorevoli o no ad unadeterminata azione.Attraverso l’osservazione degli uccelli rapaci,l’augure definiva a parole un’area chiamata templum. Questo ter-mine anticamente non indicava un edificio, bensì una porzione dispazio nel cielo o in terra,“inaugurato”, cioè delimitato e posto inrelazione alla divinità dagli augures attraverso un rito speciale esolo quello che accadeva all’interno di questo spazio era consi-derato significativo. Da questa pratica deriva il nostro inaugurare.

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I boschi sacri.Gli antichi autori affermano concordemente che i sette colli diRoma erano ricoperti da foreste ed alcuni toponimi non fannopoi che confermarcelo: Laurentino (da laurus-alloro),Viminale (daviminis-vimini), Insugherata (da suber-sughera), etc.La stessa presenza del lupo, connessa strettamente con la storiadi Roma, non fa che avvalorare la presenza di estese foreste.Anticamente i boschi erano sacri in quanto si riteneva che virisiedessero esseri divini e soprannaturali che erano consacrati aqualche divinità che vi aveva un culto specifico, come il boscosacro di Diana Nemorense ad Ariccia.Al termine della Repubblica esistevano a Roma un certo numerodi boschi sacri a testimonianza dell’intimo rapporto con la naturatipica della Roma silvo-pastorale.Tali boschi, naturali o sottoposti a pratiche colturali, costituisco-no una testimonianza di quella che doveva essere la vegetazioneall’epoca romana.Uno di questi Lucus Fauni, ricopriva l’isola Tiberina ed era conbuona probabilità costituita da salici, ontani e pioppi. Il nome èdovuto al tempio dedicato a Fauno che vi fu eretto nel 196 a.C.

Il fiume come arteriaIl corso del fiume è simile al fluire del sangue nel corpo umano, alfluire della vita dal principio alla fine, dalla nascita alla morte, dal-la sorgente al mare.Nelle culture orientali il fiume è in genere concepito come un cir-cuito chiuso, temporale e topografico, mentre nel mondo occi-dentale romano, è spesso concepito come strada, come una diret-trice lineare, una grande via di comunicazione tra i luoghi e le gen-ti, sulla quali si muovevano eserciti, si definivano ingressi e basi.L’estremo modello del corso d’acqua, in questa ottica, era l’ac-quedotto, massimo risultato dell’ingegneria romana, un ”fiume”piegato a servire le esigenze umane.

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Il Tevere raccontato e raffigurato:fiume impetuoso e turbolento

A partire dal XVI sec. il Tevere ha sempre più assunto fama di fiumecapriccioso e imprevedibile, soprattutto a causa delle piene torren-ziali che inondavano i quartieri più poveri della città.Il gesuita Giovanni Botero (1544-1617), che fu segretario di S.Carlo Borromeo e scrisse le ”Relazioni universali” ed altri libri(nell’insieme una sorta di trattato di geopolitica ante litteram), vis-se per molto tempo a Roma e viaggiò a lungo in Italia ed inEuropa. Egli confronta il comportamento torrentizio dei fiumi ita-liani con quello placido dei corsi d’acqua delle Fiandre edell’Europa settentrionale, che sostenevano un traffico maggioreed erano veicolo di prosperità. Riprendendo una tradizione clas-sica dei geografi, egli imputa la turbolenza degli italiani alla violen-za e all’imprevedibilità dei loro fiumi (Tevere e Arno in particola-re), noti tra i fiumi come “acquatici condottieri”, figli di Acheloo ecapaci di portare devastazione, oltre che abbondanza e fertilità. Illoro difetto principale consisteva, secondo Botero, nel fatto chel’impetuosità della corrente rompe la loro “viscosità”, cioè quelladensità e tensione superficiale che egli ritiene favoriscano il traf-fico dei natanti.Il Tevere e l’Arno vengono spesso accomunati e sono raffiguratiinsieme a Roma in due delle quattro fontane fatte realizzare daPapa Sisto V su progetto dall’Arch. Fontana (mai cognome fu più

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La statua delTevere nellafontana del

PalazzoSenatorio alCampidoglio

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appropriato) nel crocevia formato da Via XX Settembre,Via delleQuattro Fontane e Via del Quirinale, e nel parco di Villa Lante aBagnaia (Viterbo), nella fontana dei Fiumi, collegata alla fontana delDiluvio con la famosa catena d’acqua lungo la quale l’acqua scen-de per un canale di aragoste di pietra. A Roma, in piazza delCampidoglio, il palazzo Senatorio (oggi sede dell’ufficio del sinda-co) appare imponente per la scalinata di Michelangelo a due ram-pe convergenti con al centro una fontana che ha nel mezzo unanicchia con un’antica statua di Minerva (la Dea Roma) e ai lati lecolossali statue del Nilo (con la sfinge) e del Tevere (con la lupa),originariamente del Tigri (con la tigre).Sempre a Roma, nei bassorilievi della Colonna Traiana il Tevere èrappresentato come un vecchio barbuto, con i capelli cinti da can-ne palustri, che si erge sulle onde.A Villa Adriana a Tivoli una statua raffigura invece il Dio Tevere.

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Il Tevere inuna dellefontane di ViaQuattroFontane aRoma

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PONTI CON VISTA:alcuni spunti di osservazione naturalistica

I ponti di Roma, nati, costruiti etrasformati in epoche diverse,raccontano la storia della città,testimoniando l’evolversi dellediverse civiltà che nel corso deisecoli l’hanno abitata. Ma i pon-ti consentono anche di parlaredella storia naturale del fiume,dell’acqua che incessantementegli scorre sotto, ora tranquilla,ora con rapide tumultuose, del-le piante ripariali che colonizza-no le sponde, degli animali chevivono nelle sue acque o sullerive, delle isole e delle spiaggefluviali.Questa parte della guida vuoleappunto fornire una nuova chia-ve di lettura per scoprire lanatura del fiume in città, sempli-cemente affacciandosi dai pontiche dall’alto offrono inaspettatipanorami.

Di seguito sono descritte le principali caratteristiche naturalisti-che dei ponti presenti all’interno del Grande Raccordo Anulare:ovviamente quelli più periferici mostrano maggiori valori natura-listici, mentre alcuni di quelli in pieno centro città (Duca D’Aosta,Margherita, Umberto I, S.Angelo e Vittorio Emanuele II) non ven-gono trattati in quanto privi di elementi naturalistici di rilievo.

Ponte Castel GiubileoA monte del ponte il fiume forma un ampio bacino artificiale, chesi è creato in seguito alla costruzione di una diga per la produ-zione di energia idroelettrica.Nei pressi della diga le sponde del fiume sono colonizzate dadiverse specie di salici (salice bianco, salice rosso) e di pioppi(pioppo bianco, pioppo nero, pioppo del Canada), mentre più rari

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Ponte Milvio

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e localizzati appaiono l’ontano comune e la tamerice maggiore.I canneti a cannuccia di palude ed i popolamenti a lisca maggiore,intervallati dalle localizzate e splendide fioriture del giaggioloacquatico, sono invece distribuiti in modo più continuo lungoquesto tratto e costituiscono l’habitat preferenziale di nidificazio-ne e rifugio per diverse specie di uccelli acquatici quali la gallinel-la d’acqua, il cannareccione, la cannaiola ed il tarabusino.La maggior parte delle oltre 600 specie di piante associate all’ha-bitat acquatico e ripariale presenti a Roma, risulta per lo più con-centrata in questo tratto del fiume, a monte della confluenza conl’Aniene.

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Ponte CastelGiubileo

cannuccia tifagallinellad’acqua

salice pioppo

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Ponte Tor di Quinto

Lungo le sponde, in questo tratto di fiume, tra piccoli lembi dicanneto, nidifica il tarabusino, un airone elusivo e di piccoledimensioni, che trascorre l’inverno in Africa, a sud del Sahara. Conun po’ di fortuna si può osservarlo mentre, posato su una can-nuccia o su un sasso, è in attesa di possibili prede come piccolipesci, anfibi ed insetti. Sempre in primavera, tra i canneti è possi-bile udire il canto aspro e cigolante della cannaiola, un passerifor-me color sabbia, che costruisce il nido a forgia di canestro, intrec-ciandolo a 3 o 4 cannucce. Durante l’inverno sono gli aironi cene-rini e le garzette a frequentare le rive, lasciando le loro caratteri-stiche impronte sul fango. Tra le piante di ambiente palustre sipossono osservare il sedano d’acqua, il crescione, la canapaacquatica, il giaggiolo acquatico e la veronica beccabunca. I caricied i giunchi, anche se presenti, sono in regresso mentre in forte

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Ponte Tor di Quinto

tarabusino

airone cenerino

cannaiola

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espansione appare una specie esotica nordamericana, la forbicinafrondosa (Bidens frondosa).Anche le piante strettamente acquatiche sono localizzate per lopiù in questo tratto di fiume come diverse specie del generePotamogeton, tra cui la resistente brasca delle lagune, il ceratofillo,la lenticchia d’acqua e la rarissima morso di rana.

Ponte Flaminio

Da questo ponte si osservano lembi di vegetazione ripariale, perlo più alberi isolati di salice bianco, scampati alle trasformazioniambientali che hanno coinvolto le rive del fiume trasformandolespesso in orti, giardini e campi da gioco. Anche in queste areedegradate, purché a contatto con ambienti naturalisticamente piùintegri, è possibile fare incontri interessanti con alcuni anfibi comela raganella, il rospo comune e, limitatamente ad alcune zone, il

garzetta

morso di rana

Ponte Flaminio

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rospo smeraldino. Questo tratto di fiume è frequentato anche daicormorani, che qui catturano pesci anche di grandi dimensioni.Questi caratteristici uccelli acquatici hanno di recente stabilito undormitorio invernale anche nella zona nord del Tevere, all’altezzadell’Aeroporto dell’Urbe.

Ponte MilvioLe rapide che caratterizzano il fiume a valle del ponte, rompono illento flusso delle acque. Questi salti sono creati da un’ampia sogliaartificiale, costruita nel 1964 per permettere l’accumulo di sabbiasul greto del fiume, garantendo così la stabilità del ponte stessominacciato dall’erosione del fondale. L’erosione dell’alveo fluviale,che negli ultimi 100 anni si è approfondito di circa 1-2 m, caratte-rizza tutto il corso del Tevere nel suo tratto urbano.Tale fenomenoè causato sia dalla realizzazione di opere fluviali quali la rettifica ditratti di fiume (i drizzagni) e le arginature rigide (i muraglioni), sia

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raganella

rospocomune

Rapide aPonte Milvio

cormorano

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pipistrello

lampreda di mare

dalla diminuzione deltrasporto di sedimentideterminata dalla pre-senza di sbarramenti amonte (all’interno di tuttoil bacino del Tevere vi sonoben 23 dighe di sbarramen-to) e dal prelievo sul fondo disabbia e ciottoli.Tutto ciò ha condotto negli ultimi40 anni a una riduzione delmateriale solido, trasportatodall’acqua, da 10 milioni a 0,37milioni di tonnellate all’anno.A PonteMilvio il progressivo abbassamentodel livello dell’alveo ha por-tato all’affioramento diantichi ruderi e manufattiben visibili a valle dellerapide. Lungo le rive èpresente una consistentefascia di vegetazione ripa-riale con salici bianchi, pioppie lembi di canneto. E’ proprio inquesto tratto di fiume che è statarecentemente ritrovata la lampreda di mare,che trascorre lo stadio larvale infossata nei sedimentifluviali, filtrando l’acqua alla ricerca di cibo. Dopo circa 5-6 anni tra-sforma le sue abitudini divenendo un “parassita”; migra in mare peralimentarsi e torna in primavera alle acque dolci del fiume solo perla riproduzione.In primavera ed estate, all’imbrunire, è possibile assistere all’uscitain volo, dalla torre del ponte, di gruppetti di pipistrelli della speciepiù comune a Roma: il pipistrello albolimbato. E’ uno spettacoloosservarli mentre cacciano gli insetti, abbondanti anche grazie allapresenza del sottostante ambiente fluviale, con il loro volo impre-vedibile ed apparentemente incerto.

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Ponte Risorgimento

In questo tratto di fiume le sponde sono tra quelle meglio con-servate all’interno della città.La vegetazione ripariale appare rigogliosa ed è costituita preva-lentemente da salice bianco, con esemplari di pioppo bianco, piop-po nero ed ontano comune. Qui nidifica il pendolino, un acroba-tico uccelletto che costruisce un complicato nido a forma di fia-sco che àncora ai rami di salice, facendolo “penzolare” sospesosull’acqua. E’ il maschio che lo costruisce in 20-25 giorni ma, senon è di gradimento della femmina, ha inizio la rapida costruzio-ne di un nuovo nido, stavolta ad opera di entrambi i partner che,nel giro di circa una settimana, completano l’opera. Il richiamo èun sottile, ripetuto e percettibile tsziuuuuuu. Con un po’ di atten-zione si può osservarlo muoversi tra le fronde degli alberi.In questo tratto di fiume nidificano anche la gallinella d’acqua e ilgermano reale la cui femmina è facile da vedere seguita da unanutrita schiera di pulcini nati da pochi giorni.

Lungo la sponda sinistra, tra ponteRisorgimento e ponte Matteotti, è pre-sente un’oasi del WWF con un percorsonaturalistico.

Ponti con vista

PonteRisorgimento

gallinella d’acqua

germanoreale

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Ponte Matteotti

In prossimità del ponte, al di sotto del Lungotevere delle Navi, siestende per circa 5.000 mq un’oasi di protezione del WWF Italia.La vegetazione è particolarmente rigogliosa: salici, allori, pioppi,olmi insieme a platani e ad alberi da frutto giunti qui grazie ai semitrasportati dal fiume hanno ricolonizzato le rive dopo la costru-zione degli argini in muratura.Tra gli ospiti più vistosi va segnalata la presenza di un uccello par-ticolarmente colorato, il martin pescatore, caratterizzato da dor-so e fronte di un colore verde-azzurro cangiante, parti inferiori dicolor arancione vivo, ed una “voce” simile ad un sottile fischiostridulo. In questo tratto di fiume, il momento più facile per osser-varlo è quando, durante i mesi invernali, vi si insedia una popola-zione di circa 20 individui. Per nidificare scava delle piccole galle-rie orizzontali negli argini di fango e quindi preferisce i tratti natu-rali, privi di strutture in pietra. Ciononostante una coppia nidificaanche in questo tratto: è uno spettacolo osservarli mentre cac-ciano piccoli pesci, insetti e girini, tuffandosi ripetutamente inacqua, catturandoli con il becco per portarli poi, ad intervalliregolari, ai piccoli.In primavera il ponte è un ottimo punto di avvistamento ancheper osservare i voli dei rondoni e dei balestrucci che se ne van-no a caccia di insetti sul fiume.

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martin pescatore

Ponte Matteotti

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Ponte Pietro NenniAnche da questo ponte è possibile veder sfrecciare il martinpescatore, un uccello dal piumaggio molto colorato che, dal sitodi nidificazione, si sposta per alimentarsi anche in altri tratti delfiume. E’ caratterizzato da dorso e fronte di un colore verde-azzurro cangiante, parti inferiori di color arancione vivo, ed una“voce” simile ad un sottile fischio stridulo.Lungo la riva destra, che conserva ancora un aspetto quasi inalte-rato, nidifica il germano reale facile da osservare, tra aprile e mag-gio, mentre nuota nell’acqua con i piccoli al seguito.Anche il cor-morano ha il territorio di pesca inquesto tratto difiume: è uninfaticabile tuffatore e,con un po’ di pazienza, è possibilevederlo riemergere con una piccolaanguilla guizzante nel becco oppu-re quando sosta su un ramo oun sasso ad asciugarsi con leali spalancate. A completare laricchezza faunistica di questotratto di fiume, si segnalanocome ospiti abituali l’aironecenerino, la garzetta, la nutria e latartaruga americana.Sugli argini in muratura è possibileosservare le due specie di lucerto-le presenti a Roma: la lucertolamuraiola e la lucertola campestre.Quest’ultima è la meno esigente tra ledue da un punto di vista ecologico epertanto riesce a colonizzare anchegli habitat più degradati.

aironecenerino

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Ponte CavourLe alluvioniNell’arco di tempo cheva dal 414 a.C., data incui si hanno le primenotizie sulle inondazionidel Tevere, al 1937, sisono verificate circa 90inondazioni.Questi eventi eranospesso accompagnati dastrane visioni di serpentied immensi dragoniemergenti dalle acquelimacciose del fiume.Molto più realisticamen-te causarono sempreingenti danni alla città e lutti per epidemie e pestilenze.A partire dal 1782 si iniziò a segnare le fluttuazioni del livello delfiume; tali osservazioni divennero più sistematiche con l’installa-zione al porto di Ripetta, nel 1821, dell’idrometro, costituito dalastre di marmo graduate in metri e centimetri, su cui venivanofatte letture giornaliere. Con lo smantellamento del porto e lacostruzione dei muraglioni le aste idrometriche furono spostate:quelle che segnano il livello fino a 18 m sono tuttora ubicate sulmuraglione vicino alle scalette che scendono sulla banchina sini-stra, a monte del ponte. Le aste più alte sono state riposizionatesulla parete esterna destra della chiesa di San Rocco.

Ponte Principe AmedeoL’acqua LancisianaFin dal 1580 si parlava delle ottime qualità terapeutiche di un’ac-qua che sgorgava sulla riva destra del Tevere in prossimità dell’at-tuale ponte. Nel 1720 Lancisi, medico curante dell’allora PapaClemente XI, canalizzò tutto il percorso naturale della sorgente,dalle pendici del Gianicolo, fino alle immediate adiacenze dell’o-spedale Santo Spirito, costruendo una splendida fontana con pub-blico accesso. Cento anni dopo la fontana fu chiusa al pubblicoper essere utilizzata ad esclusivo uso dell’ospedale.A seguito del-le proteste dei trasteverini, nel 1830 fu costruita una nuova, pic-cola fontana a lato dell’ospedale, da cui tornò a sgorgare una par-

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Asta idrometri-ca della Chiesadi S. Rocco:i diversi livelli dipiena segnatisull’asta sonoeffettivamentele altezze rag-giunte dal fiumenel corso deltempo.

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te dell’acqua terapeutica. Un ulteriore allargamento dell’ospedale,nel 1863, determinò lo spostamento della fonte fin quasi di fron-te a Palazzo Salviati. Infine nel 1897, con la sistemazione degli argi-ni del Tevere, l’acqua terapeutica tornò a scorrere, ancora perpochi decenni, da due nicchie ricavate a mezza altezza dei mura-glioni, a cui si accede tuttora attraverso due scale simmetriche.Dagli anni ‘50 l’acqua non sgorga più dalla fontana a causa dell’in-quinamento della falda.

Ponte Mazzini

Da questo ponte con un po’ dipazienza si possono vedere sfrecciare,a volo radente sul pelo dell’acqua, icormorani ed i gabbiani. Questi carat-teristici uccelli acquatici risalgono ilTevere verso l’interno alla ricerca diterritori di alimentazione.

58 Ponti con vista

Quel che resta

dell’AcquaLancisiana

Ponte Mazzini

gabbiano

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Ponte SistoLa caratteristica architettonica del ponte è il grande foro perfet-tamente circolare, realizzato sul pilone centrale per consentire ildeflusso delle acque durante le piene. Questa apertura, ribattez-zata dai romani “l’occhialone”, è sempre stata presa come riferi-mento per l’allarme alluvione che scatta nel momento in cui leacque del fiume in piena iniziano a defluire attraverso di essa.

Ponte GaribaldiL’Isola TiberinaLa leggenda vuole che, ai tempi della cacciata dei Tarquini daRoma, l’isola sia nata dall’accumulo di fango sui covoni di granodel re Tarquinio il Superbo, gettati in acqua dalla popolazione infu-riata. In realtà è un isola fluviale costituita da depositi alluvionali disabbia, limo e ghiaia. Fonti antiche riportano che durante unapestilenza, nel 293 a.C., non riuscendo a debellare la malattia, unacommissione di saggi salpò verso Epidauro in Grecia per recarsinel tempio del dio della medicina, Esculapio. Qui ricevette daisacerdoti uno dei serpenti sacri che venivano allevati per esserevenduti come propiziatori di salute. Sulla via del ritorno, mentrela nave risaliva il Tevere, il serpente si gettò dalla triremi e si

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Ponte Sisto

Isola Tiberina

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nascose sull’isola dove venne eretto il tempio dedicato adEsculapio, con annessi edifici per accogliere i malati da curare.A memoria di quella missione, nel I secolo a.C., all’isola fu data la for-ma di nave con la prua rivolta verso valle in onore del dio e del suo

simbolo sacro, il serpente.L’isola è stata fin dall’an-tichità un luogo di curaper tutti i malati soprat-tutto gli appestati chevenivano portati qui perisolare il morbo e limita-re il contagio.Ancora oggi è in pienaattività l’Ospedale Fate-benefratelli edificato nel-la metà del ‘500 dall’Ar-ciconfraternita.L’isola fu scelta comeluogo di cura, non soloperchè così circondata

dal fiume garantiva l’isolamento dalla città, ma anche per la presen-za di un’acqua terapeutica che veniva attinta da un pozzo ancoraesistente nella chiesa di San Bartolomeo all’isola.

Ponte CestioLe rapide che caratterizzano i due bracci del fiume rompono illento flusso delle acque, creando uno spettacolo suggestivo.Questi salti non sono naturali ma provocati da un’ampia sogliaartificiale esistente sotto ponte Garibaldi, costruita per limitarel’erosione progressiva dell’alveo e quindi lo scalzamento delleopere murarie, oltre che per ridurre il diverso regime di flussoesistente tra i due bracci del fiume.

60 Ponti con vista

L’IsolaTiberina

trasformata innave in una

riproduzionedi L. Giacomo

di fine ‘500

Sorgente nella Chiesa diS.Bartolomeo

PonteCestio

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L’erosione dell’alveo fluviale, che negli ultimi 100 anni si è appro-fondito di circa 2 m, caratterizza tutto il corso del Tevere nel suotratto urbano, causato prevalentemente dai seguenti fattori:• realizzazione di opere fluviali quali la rettifica di tratti di fiume (idrizzagni) e le arginature rigide (i muraglioni)• diminuzione del trasporto di sedimenti determinata dalla pre-senza di sbarramenti a monte (all’interno di tutto il bacino delTevere vi sono ben 23 dighe di sbarramento)• prelievo dal fondo di sabbia e ciottoli.Tutto ciò ha portato negli ultimi 40 anni a una riduzione del mate-riale solido trasportato dall’acqua: da 10 milioni a 0,37 milioni ditonnellate all’anno.

Ponte FabricioNel 109 d.C. l’imperatore Traiano fece costruire un acquedottoper portare l’acqua da Bracciano al colle del Gianicolo, sulle cuipendici sorsero diversi mulini che sfruttavano la caduta d’acquaproveniente copiosa dal monte. Quando nel 537 d.C. il barbaroVitige, per espugnare la città tagliò tutti e 14 acquedotti che por-tavano acqua a Roma, i mulini furono trasferiti sul fiume.Luogo ideale fu l’isola Tiberina che, con i suoi due rami laterali in

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Rapide all’IsolaTiberina

Ponte Rottoe l’IsolaTiberina

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cui il flusso dell’acqua era più violento, possedeva le caratteristi-che idrauliche idonee per sistemare queste strutture galleggianti.In un censimento del 1746 se ne contavano ben otto, tutti a ridos-so dell’isola, ancorati ai piloni dei ponti o nelle immediate vici-nanze. L’attività dei mulini tiberini cessò completamente con l’ul-tima disastrosa alluvione del 1870.La tendenza all’insabbiamento del ramo sinistro del fiume, favoritadalla presenza di ruderi semi sommersi e dai numerosi mulini cheimpedivano il regolare deflusso delle acque, fece ipotizzare, nel pro-getto di sistemazione idraulica del fiume nel 1870, la completa sop-pressione di questo ramo fluviale. Se fosse stato attuato, il bellissi-mo panorama dell’isola sarebbe oggi solo un ricordo del passato.

Ponte PalatinoLungo il Tevere, i muraglioni, le pareti delle banchine e le scalettedi accesso al fiume sono colonizzate da piante quali il capelvene-re, la parietaria, il grespino sfrangiato, la veronica a foglie di cymba-

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Ponte Rottoe PontePalatino

Insabbiamentodel ramo

sinistro delfiume Tevere inuna immagine

d’epoca

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laria, il ciombolino, la valerianarossa e due specie di ombelicodi Venere. La pianta che peròmaggiormente caratterizza imuraglioni del Tevere è unaspecie esotica nordamericanache ha colonizzato la città nel-la prima metà del 1900, laCespica karvinskiana che predi-lige le pareti rocciose umide.Sui ruderi del Ponte Rotto èpoi possibile riconoscere unapianta rampicante, tipica del-l’ambiente mediterraneo econosciuta per le sue numero-se proprietà fitoterapeutiche eper l’uso in gastronomia, ilcappero. I semi di questa pian-ta vengono dispersi ad operadi una piccola vespa tipica del-le regioni mediterranee, laVespula germanica.

Ponte SublicioA volte è possibile osservare lungo gli argini del fiume, per lo piùdurante il periodo autunnale ed invernale, aironi cenerini e gar-zette che scrutano tratti di basso fondale, alla ricerca di pesci, pic-coli invertebrati e rane di cui alimentarsi.

Cespicakarvinskiana

cappero

PonteSublicio

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Se ne stanno immobili fino a quando la preda è a tiro di becco perpoi far saettare fulmineamente il collo.

Ponte TestaccioE’ uno dei ponti migliori per osser-

vare durante l’inverno l’andirivienidei cormorani. E’ dal 1985 infatti

che gruppi più o meno consi-stenti di questa specie hanno

deciso di passare i loroinverni sul Tevere, dentro

Roma, per poi tornare a primave-ra nelle aree di nidificazione cen-tro e nord europee. Durante ilgiorno è facile osservarli mentre

si spostano lungo il fiume alla ricerca di tratti pescosi. Così la lorosagoma scura, compare e scompare dal pelo dell’acqua e spessocapita di vederli riaffiorare con un bel pesce nel becco, per lo piùanguille, carpe, cavedani e rovelle che, dopo qualche tentativo,riescono ad ingoiare per intero. Dopo aver pescato si lascianoasciugare le penne al sole, fermi, ad ali distese, su un sasso o su unramo. All’imbrunire invece tendono tutti a radunarsi sugli alberi(pioppi o salici) in particolari zone del fiume per passare insiemela notte. Il “dormitorio” maggiormente frequentato è situato lun-go il fiume, nei pressi della Magliana, in corrispondenza della loca-lità Tor di Valle; qui sono stati censiti anche oltre 1200 cormorani(gennaio 1995), ma attualmente stanno diminuendo.

Ponte dell’IndustriaDa questo ponte, oltre a lembi di vegetazione ripariale costituitida salici e pioppi, è facile osservare, durante l’inverno, gruppetti dicormorani che si alimentano di pesci, immergendosi ripetuta-

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garzettaaironecenerino

cormorano

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mente in acqua. Provengono dal dormitorio situato nei pressi del-la Magliana, dal quale si dipartono durante le prime ore del mat-tino, per andare ad alimentarsi lungo tutto il corso del fiume, perpoi farvi ritorno all’imbrunire.

Ponte MarconiIn questo tratto di fiume, sono presenti lembi di canneto e piccolinuclei di salice, mentre nei tratti golenali è possibile ascoltare ilcupo richiamo del rospo comune o quello più gracidante dellarana verde. Questi anfibi sono spesso insidiati da un innocuo ser-pente acquatico, la biscia dal collare. Nonostante l’elevato tassod’inquinamento, è presente anche un’abbondante fauna ittica, tracui alcune specie decisamente rare come il barbo e la lampredadi fiume. Queste specie, decisamente esigenti dal punto di vistaecologico, stanno lasciando il passo a quelle più resistenti come ilcefalo, il cefalo calamita e la rovella. Dal ponte è abbastanza sem-plice osservare la nutria, un grosso roditore originario del sudAmerica ed importato in Italia a partire dagli anni ‘40 come ani-male da pelliccia. E’ un abilissimo e prolifico nuotatore, che scavadelle tane lungo gli argini fangosi delle rive. La sua predilezione ali-mentare per i canneti la rende una specie estremamente danno-

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Ponte dell’Industria

Ponte Marconi

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sa in quanto ha contribuito alla diminuzione di questo habitatessenziale per la nidificazione e la sosta di numerose specie diuccelli acquatici.

ponti con vista66

lampreda

rospocomune

nutria

barbo

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Il Tevere: la grande speranza

Oggi la quotidianità dell’uomo non si intreccia più con la naturache lo circonda: la mancanza di dipendenza da essa che caratte-rizzava la vita dei nostri predecessori ne ha modificatosostanzialmente la percezione. Il Tevere è un esempio emble-matico: come sono lontani i tempi in cui questo fiume consentivae garantiva, in modo sostenibile, lo svolgimento di numerose attiv-ità legate a tutti gli aspetti della vita cittadina e contadina, daltrasporto alle attività lavorative, dal sostentamento allo svago.Oggi, invece, questo fiume viene ampiamente sfruttato per scopiirrigui, idroelettrici industriali, rischiando di essere trasformato inuna sorta di collettore a cielo aperto dell’intero sistema fognariodella città di Roma.Tali utilizzi si sono sempre più intensificati nelcorso dei decenni fino ad ostacolare i naturali fenomeni di auto-depurazione ed il mantenimento degli equilibri biologici. Questodegrado generale delle condizioni del Tevere sta avendo dellericadute pericolose anche di tipo ecologico in quanto il fiume e lesue rive rappresentano l’habitat ideale per numerosissime specievegetali e animali che grazie a questa sorta di “autostrada natu-rale” riescono a penetrare anche in un ambiente urbanizzatocome la città di Roma. Le recenti morie ittiche verificatesi nelfiume Tevere sono una sorta di campanello di allarme e testimo-niano i rischi che corre uno dei fiumi più importanti d’Italia. Il 16luglio 2002 nel Tevere urbano si è infatti verificato il più gravefenomeno di moria di pesci mai registrato negli ultimi anni.Uno shock visivo, emotivo e soprattutto ambientale che, comeuna sferzata, deve portare a riflettere prima e ad agire subito

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Moria dipesci nelTevere

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dopo con chiarezza di vedute e decisione. Non si può trascurare,infatti, che il miglioramento della qualità dell’acqua, la salute deinostri mari, il restauro della bellezza del paesaggio passa attraver-so il risanamento degli ambienti fluviali. Un giorno lo storionedeve poter tornare a nuotare nelle acque del biondo Tevere, sim-bolo di un ritrovato equilibrio fra uomo e natura.Forse può sembrare un’utopia ma basta spostarsi pochichilometri a nord di Roma, nella Riserva Naturale Tevere-Farfa,per comprendere come sia possibile una gestione integrata dell’ecosistema fiume. Un progetto molto ambizioso, dunque, daaffrontare con tenacia ed umiltà tenendo conto della complessitàdella sua articolazione determinata anche dalle molteplici compe-tenze istituzionali che sul Tevere esistono. Un primo passo impor-tante è certo quello di riavvicinare i cittadini al loro fiume perchépossano viverlo nuovamente attraverso un percorso emozionale,culturale e conoscitivo. Abbandonare la macchina, scendere sul-l’argine ed imbarcarsi per navigare il fiume è oggi possibile anchea Roma, non solo nel tempo libero, ma anche nella quotidianitàfatta di spostamenti abituali e frequenti tra casa, ufficio, scuola. Lanavigazione sul Tevere inaugurata nella primavera del 2003 offreinfatti ai cittadini un’occasione nuova per avvicinarsi al fiume edalla sua vita ottimizzando e qualificando quei cosiddetti noiosissi-mi tempi morti. Se è vero che i fiumi inquinati e degradati respin-gono decisamente, è altrettanto vero che l’acqua pulita o ritorna-ta tale, piena di vita attrae irresistibilmente e riassume uno spazio

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storione

il Tevere: la grande speranza

La RiservaNaturale di

NazzanoTevere-Farfa

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importante nella nostra vita. Il fiume non è dunque solo acquache scorre. In questa acqua ancora oggi può essere racchiuso ilsenso della continuazione della vita. La conservazione dell’ecosis-tema fluviale in termini di qualità delle acque e salvaguardia dellespecie non è solo il principale obiettivo, ma rappresenta la grandesperanza di riconciliare l’uomo, con i suoi elementi vitali, fra tuttil’acqua.E chissà che un giorno Roma non veda la nascita di un “Parco flu-viale della città”.

Il servizio dinavigazionedel Tevere

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Per saperne di più:

L. C. Grapow, 1995.Atlante della Flora di Roma. Comune di Roma- Ufficio Tutela Ambiente. Università di Roma “La Sapienza”. ArgosEdizioni.Cignini & Zapparoli, 1996. Atlante degli Uccelli nidificanti a Roma.Comune di Roma. Ufficio Diritti Animali Comune di Roma.Fratelli Palombi Editori.Bologna M.A., Carpaneto G.M., Cignini B., 1997. Atti del 1°Convegno nazionale sulla Fauna Urbana. Comune di Roma, UfficioDiritti Animali. Università degli Studi “Roma Tre”. Fratelli PalombiEditoriAA.VV. 1997. La Fauna della Città di Roma. Ecologia Urbana Anno9, n°2-3 Ufficio Diritti Animali Comune di Roma. Maria PaciniFazzi Editore.AA.VV., 1997. Relazione sullo stato dell’ambiente a Roma. Anno1997. Comune di Roma. Maggioli Editore.Cignini B., Massari G., Pignatti S., 1995. L’ecosistema Roma.

Ambiente e territorio. Comune di Roma, Ufficio Tutela Ambiente- Ufficio Diritti Animali. Università degli Studi di Roma “LaSapienza”. Fratelli Palombi Editori.

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Marevivo per il fiume Tevere Pag. 5

Il fiume di Roma tra storia e natura Pag. 7

Il Tevere e la natura Pag. 9

Il fiume di Roma nella storia Pag. 20

Il Tevere nel mito,nella letteratura e nell’arte Pag. 39

Ponti con vista: alcuni spunti di osservazione naturalistica Pag. 48

Il Tevere: la grande speranza Pag. 67

Per saperne di più Pag. 70

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Finito di stamparedalla Ramberti Arti Grafiche

nel mese di maggio 2003


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