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Il Trucco nei secoli - Produzione Olive e Origano TRUCCO NEI SECOLI.pdf · mantenere o accrescere...

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Il Trucco nei secoli
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Il Trucco nei secoli

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Dalla Preistoria all’Antico Egitto

I gesti che da secoli donne e uomini di ogni tempo hanno compiuto per prendersi cura del proprio corpo sono esattamente gli stessi che compiamo ancora oggi: infatti l’arte di prodigarsi per mantenere o accrescere la bellezza del proprio aspetto ha origini antichissime. In ogni epoca ed in qualsiasi parte del mondo, si sono utilizzati degli accorgimenti per far risaltare il proprio corpo, a fini religiosi, culturali o semplicemente estetici.

Le acconciature, le orecchie forate, i gioielli o l’abbigliamento possono essere interpretati come messaggi che l’essere umano invia all’esterno per esprimersi, così come il trucco è sempre stato ritenuto un mezzo importante di comunicazione. Nell’antichità era usato per mettere in contatto l’essere umano con la Divinità, non a caso in tutte le danze sacre i danzatori prestano molta cura ed attenzione al trucco. Colorare viso, mani e piedi, ungersi e profumarsi i capelli per assicurarsi la benevolenza degli Dei, diventa espressione d’elevazione spirituale. Prima di addentrarci in questo affascinante viaggio occorre capire il significato delle parole: cosmetico viene dal greco kosmetikòs, “atto ad abbellire”, e questo dal verbo kosmèo, “adorno, io abbellisco”, che a sua volta deriva da kòsmos, “ordine”. Gli antichi Greci, di quello che anche noi oggi chiamiamo Cosmo, coglievano principalmente un aspetto: l’essere armonioso e ordinato (l’armonia).

Stabilire una data di nascita della cosmesi è praticamente impossibile poiché l’inizio dell’uso dei cosmetici si perde nella notte dei tempi. È certo comunque che l’uso di sostanze coloranti per il volto e per il corpo è antico come l’essere umano, sono noti disegni rupestri, nelle grotte di Altamira in Spagna e di Lascaux in Francia, rappresentanti figure umane con il corpo ed il viso dipinto. Ci si colorava la pelle e soprattutto il viso per esternare la propria appartenenza a una famiglia, a un clan o ad una tribù.

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ANTICO EGITTO

Con le prime forme di civiltà l’arte della cosmesi ha cominciato a svilupparsi principalmente nell’area medio orientale del mediterraneo. La prima prova archeologica dell’uso dei cosmetici è da far risalire all’antico Egitto. I sacerdoti confezionavano unguenti a base di timo, origano, mirra, incenso, lavanda, oli di sesamo, di oliva e di mandorle. Questi prodotti erano impiegati per massaggiare il corpo dopo il bagno, per preservarlo dagli sgradevoli effetti della sudorazione. E questo non soltanto per le classi più abbienti, ma anche per gli artigiani e gli operai.

Nel papiro Ebers (ca. 1550 a.C.) è scritta, tra le altre cose, la prima ricetta di un cosmetico: in essa si parla di vari profumi impastati con polvere di corno e sangue di lucertola. Con i gesti di quotidiana bellezza ci si assicurava anche la protezione del corpo contro l’aggressività del clima e del luogo. Il trucco applicato al contorno degli occhi con galena nera (un solfuro di piombo) o polvere di antimonio (khol) e malachite verde aveva lo scopo di abbellire, proteggere e curare: il sole e l’aria di quei luoghi causavano riverberi intensi e la finissima sabbia dava forti irritazioni agli occhi. Il trucco con la galena nera o la malachite verde assicurava agli antichi Egizi la cura delle infezioni dell’occhio.

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Alle finissime polveri di queste sostanze erano aggiunti grassi animali, cera d’api o resine, che rendevano il prodotto adatto ad essere spalmato e ne garantivano sia l’attività terapeutica sia quella cosmetica. Non a caso, l’usanza di truccarsi è indicata col termine mesdemet, che vuol dire “che fa parlare gli occhi”.

Cleopatra, Nefertiti e tanti altri Egiziani ed Egiziane alla ricerca di una bellezza raffinata ed enigmatica utilizzavano prodotti come il Khol per sottolineare il loro sguardo. Veniva applicato con bastoncini per dare all’occhio un taglio a mandorla ritenuto attraente.

Venivano usate polveri verdi o blu per colorare le palpebre, il giallo ocra per dare riflessi d’oro alla pelle e dell’ocra rossa per dare risalto alle guance e alle labbra.

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Dall’Antica Grecia alla Roma Imperiale

ANTICA GRECIA

A partire dal III secolo, importato dall’Egitto e dall’Asia Minore, il maquillage trova posto nella cultura greca. Il maquillage è molto più leggero, la bellezza è una ricerca di equilibrio e di semplicità naturale. Il cosmetico più diffuso nell’antica Grecia era indubbiamente la biacca (carbonato basico di piombo) che dava alla pelle un colore bianco. Per dare colore si usava invece il rosso del minio (ossido di piombo), oppure quello che si otteneva da una pianta, l’anchusa tinctoria (hennè), o dal phukos (un’alga marina) o ancora dalle more essiccate.

Il rosso si applicava sulle labbra e sulle guance con un pennello, mentre su ciglia e sopracciglia si passava un leggero strato di polvere nera di antimonio. L’uso di questi belletti era tuttavia vietato durante il lutto e le cerimonie legate ai misteri di Demetra. Aspasia, compagna di Pericle, molto bella e spirituale, scrive all’epoca due trattati sull’arte di rendere rosee le guance. L’obbiettivo era mantenere l’incarnato pallido a qualsiasi costo; il colore bianco è simbolo di purezza e virtù per le donne al punto da dover sembrare quasi trasparenti e, a forza di utilizzare la biacca, si avvelenavano fino a morire.

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ANTICA ROMA

Dopo la conquista della Grecia (146 a.c.) anche i Romani impararono a curare il loro aspetto fisico ed assunsero i canoni estetici e le usanze dal popolo vinto.

Le raffinate abitudini greche e orientali influenzeranno fortemente i costumi dei romani durante l’Impero ed i dipinti dell’epoca ci danno notizia dei trucchi usati dalle donne per essere più belle.Vengono addirittura pubblicati dei manuali di bellezza come il “De medicinæ faciei feminæ” di Ovidio, in cui si consiglia l’uso della biacca di Rodi per nascondere le imperfezioni della pelle; di ficus o purpurissum per dare colore a viso e labbra; di fuligo ovvero “antimonio” per scurire ciglia e sopracciglia e dar risalto agli occhi. Le cortigiane usano anche le ciglia finte.

Quindi, il tipo di belletto più usato era la cerussa che donava freschezza e candore giovanile alle guance delle donne e consisteva in una crema a base di biacca (carbonato di piombo, ottenuto per mezzo dell'acetato di piombo). La biacca per uso di toletta si trovava in commercio in forma di pasticche che provenivano dai centri in cui fioriva l'industria del piombo. Rinomatissima era la cerussa di Rodi. Le pastiglie si ottenevano facendo sciogliere nell'aceto della raschiatura di piombo: si formava cosi una poltiglia che veniva fatta seccare e quindi pestata, stacciata e raffinata, sinché non fosse pronta per l'uso (Plin., XXXIV, 175-76). Con quelle pasticche si formavano poi unguenti mescolandone la polvere col miele. Si poteva anche ottenere un color carnicino aggiungendo alla biacca il color rosso, come la spuma di nitro (Ov., Med. fac., v. 70 segg.). Che il carbonato di piombo fosse velenosissimo si sapeva; ma non si riteneva che potesse nuocere penetrando attraverso la pelle; per cui non era, com'è oggi, vietato per legge nella fabbricazione dei cosmetici. Le Romane usavano anche creme depilatorie a base di olio, resine, pece e sostanze caustiche. A Roma non si conosceva l’uso del sapone, ma qualche signora come Poppea, della famiglia imperiale, si concedeva bagni nel latte di asina per schiarire il colore della pelle e renderla più morbida ed elastica. Racconta Plinio il Vecchio che Poppea faceva mungere trecento asine ogni giorno per riempire la sua vasca da bagno e una mandria di asine l’accompagnava nei suoi viaggi.Oltre a farci il bagno, la bellissima matrona usava il prezioso latte, impastato con mollica di pane, per preparare maschere che ogni sera applicava sul viso.

L’intuizione di Poppea non era in fondo sbagliata: più ricco di lattosio rispetto al latte vaccino, il latte d’asina ammorbidisce la pelle e contiene molti ceramidi (acidi grassi) oggi impiegati nelle creme antirughe. Tutti gli altri usavano detergenti come la soda, la creta finissima o la farina di fave e dopo il bagno si massaggiavano con olio d’oliva a protezione dalle infreddature.

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Anche i romani come gli egiziani utilizzavano il khol a base di antimonio e piombo, per ravvivare ed ingrandire lo sguardo o dare più spessore alle sopracciglia.

Le labbra o le guance rosse erano ottenute utilizzando, come facevano le antiche greche, la polvere di minio, l’estratto di anchusa tinctoria o ancora il distillato di phukos, oppure il succo delle more del gelso o la pericolosa sandracca ( solfuro di arsenico). Un particolare interessante è che i loro cosmetici avevano come principi attivi testicoli di toro o feci di coccodrillo, api affogate nel miele, uova di formiche pestate, grasso di cigno e di pecora, midollo di cervo e di capriolo, lumache essiccate mescolate con della farina di fave, burro, lupini, ceci e così via. Nell’antica Roma di epoca imperiale tutto il necessario cosmetico veniva preparato fresco da schiave specializzate, le cosiddette “cosmetæ”.

 

 

Con l’invasione dei Barbari sparisce ogni tipo di maquillage, per vederlo riapparire bisogna aspettare la fine del XI secolo.

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Dal Medioevo al Rinascimento

IL MEDIOEVO

Questo periodo è caratterizzaro dall’avvento dei Barbari e dalla conseguente caduta dell’impero romano. Sparisce ogni tipo di maquillage anche perché l’avvento del Cristianesimo imponeva nuovi valori spirituali che tendevano ad annullare la ricerca della bellezza fisica.

Bisognerà attendere fino all’epoca feudale (X sec d.C.) per recuperare valori come l’apprezzamento della bellezza, soprattutto quella femminile, quando dai castelli provenzali si diffonde il modello culturale “cortese” esaltato dai trovatori che diffondono con i loro canti la fama delle bellissime castellane imponendo un nuovo modello estetico. Ed è la bellezza nordica ad imporsi con le tipiche caratteristiche di carnagione chiara, capelli biondi ed occhi azzurri, caratteristiche fisiche importate dalle conquiste militari dei Normanni e degli Svevi che diventano canoni di riferimento in contrapposizione a quelli tipici mediterranei. Vengono scritti altri trattati di bellezza su come rendere chiara e liscia la pelle attraverso l’uso di biacca, chiara d’uovo, allume, limone ed aceto. Per avere capelli biondi si ricorre invece a tinture a base vegetale e minerale, per le labbra rosse viene adoperato il minio e lo zafferano e per i denti bianchi viene utilizzata la salvia. Benché la morale cristiana condanni questi costumi (Jacopone da Todi ne dà cenno nel suo “L’ornamento delle donne dannoso”) la moda imperversa e le donne stesse preparano da sé i propri belletti tanto che le loro camere assomigliano a laboratori di alchimisti colmi di pentole, alambicchi, barattoli, pomate ed essenze.

 

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IL RINASCIMENTO

Nel Rinascimento esplode una vera e propria mania per i belletti e i profumi, presenti in gran quantità, grazie ai mercanti veneziani e fiorentini che con le loro preziose sostanze orientali, arrivano sul mercato per soddisfare il desiderio di uomini e donne di piacere e piacersi. L’ammirazione per il bello come perfezione e armonia, riporta in auge la ricerca di rimedi indispensabili per rendere perfetto il corpo e il viso.

Nel 1562 G. Mariniello scrive il primo trattato di cosmetologia dell’Occidente “Gli ornamenti della donna”. Non a caso è un italiano: in Italia infatti predomina la concezione di vita che celebra la bellezza; segue quello di Giovanni Ventura Roseto, I notandissimi segreti dell’arte profumatoria, del 1555. Anche nel Rinascimento, come nei periodi precedenti, la pelle bianca era l’ideale per ogni donna, tra i rimedi più utilizzati c’era quello di applicare la sera sul viso una maschera di succo di limone e albume da togliere con acqua fredda il mattino seguente, mentre le mani si sbiancavano strofinandole con un impasto di mollica di pane, albume, tartaro e pietra pomice calcinata.

 

 

 

     

 

       

Vaporizzazioni di mercurio, bistecche crude sulla pelle del viso e ricette segrete permettevano alla dame delle corti di avere quel bell’aspetto che viene interpretato magistralmente nelle opere di Leonardo e Tiziano. Malgrado la modernizzazione di questa epoca, le sostanze utilizzate restano sempre identiche e pericolose. Il paradosso: le donne non si lavano più per evitare di essere

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contaminate dall’acqua e prendere il colera, in compenso si truccano per camuffare la loro sporcizia con prodotti come la biacca che le avvelenavano. Anche i capelli erano importanti, per questo si utilizzavano lozioni a base di olio di rosmarino, camomilla e timo per renderli folti, forti e luminosi. Il consumo di rosso per guance era talmente eccessivo che si pensò anche ad un imposta su questo prodotto.

 

Dal Barocco al Rococò

IL SEICENTO

Il secondo sesso, come veniva definito quello femminile, diventa il “gentil sesso”.Con l’epoca barocca si assiste ad un mutamento di canoni e valori estetici: la donna angelicata dei trovatori e del “dolce stil novo”, molto più simile all’immagine della Vergine, nel Seicento si trasforma in Venere, una creatura procace e dalle forme generose, con una punta di malizia e di erotismo nello sguardo. . L’uso dei cosmetici era tornato in auge durante il Rinascimento, nonostante le resistenze e le opposizioni della Chiesa, e l’epoca barocca, così sfarzosa e tendente all’artificio, non poteva certo essere da meno in fatto di trucco.Per combattere i segni dell’età e le imperfezioni, le donne si sottoponevano a ore di trattamento prolungato e penoso, per fermare le rughe e tonificare la pelle giallastra, impallidivano la carnagione con succo di limone e la schiarivano con borace sulfurea, o con il “fuoco di Sant’Elmo”, cioè sublimato di mercurio. Il sublimato mangiava sì le rughe, tuttavia produceva il suo effetto deleterio.

Era ampiamente usato, ma i segni dell’abuso erano evidenti e grotteschi. Il tempo poteva anche consumare la bellezza ma le sostanze chimiche devastanti la consumavano ancora più in fretta, mutando donne anche attraenti in patetici relitti. 

Si continuava ad utilizzare la biacca mescolata con aceto e applicato sul viso, le guance si colorano di un rosa violento e le labbra si arrossavano con il “fattibello”cioè il rossetto ( solfuro di mercurio cristallino o cocciniglia ) una sostanza di allume, gomma arabica e insetti schiacciati.

Il pittore diventava anche truccatore : grandi dame ricorrevano spesso in loro aiuto per la scelta 

dei colori e soprattutto per le dosi da utilizzare nelle miscele, infatti alcuni colori per il make‐up 

erano quelli utilizzati dai pittori per i loro dipinti. 

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Entra in voga il disegno dei nei sul viso, per ogni donna c’era un neo particolare che ne caratterizzava

l’identità 

                                                             

 

Nel Seicento comparve anche il primo “fard” utilizzato dalle donne per far risaltare la pelle bianca, l’abbronzatura era messa al bando e la pelle veniva protetta con sottili veli, atti a coprire soprattutto parti come il petto e il volto.

 

IL SETTECENTO 

Il XVIII secolo fu l’epoca della valorizzazione del singolo individuo.Le forme divennero più libere

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e il trucco del XVIII secolo si adattò a queste nuove tendenze di gusto. La donna rococò era delicata, snella, graziosa e civettuola, una femminilità non particolarmente espressiva, né particolarmente interessante, ma ogni donna che voleva essere alla moda cercava di rientrare in questi canoni. Già dalla metà del settecento i trucchi composti da piombo, biacca e ossido di bismuto, non venivano più utilizzati perché “nocivi alla salute”, e dopo il 1770 gli “ideatori” di cosmetici si rivolgevano sempre più frequentemente all’Accademia delle Scienze.

Nel 1778 Luigi XVI creò la Società reale di Medicina per controllare ogni autorizzazione sui “rimedi segreti”, e ciò spiega il successo, alla fine del secolo, delle materie vegetali, ritenute “meno pericolose”: quelle Toilettes de Flore nelle quali il rosso si otteneva più dallo zafferano che dal vermiglione ricavato dal bismuto.

La fabbricazione dei cosmetici divenne sempre meno domestica e sempre più artigianale, gli elaborati miscugli fatti in casa e nel segreto degli studi privati, diminuirono finché unicamente i farmacisti e i profumieri vennero delegati, alla composizione di rossi e bianchi, e il dosaggio diventa il principio fondamentale. Queste scelte cosmetiche avevano indubbiamente tonalità più delicate che si accordavano molto meglio con l’incarnato naturale.

L’OTTOCENTO

Charles Baudelaire, esponente di spicco del simbolismo ottocentesco, seppur dedito ad uno stile di vita bohémien, scrisse che le donne dovevano fare del trucco la loro arte per apparire i fiori più belli del pianeta.

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Le tendenze riguardanti il make up cambiarono. Se prima il motto era magnificenza e lusso, nell'epoca romantica si ebbe un ritorno alla naturalezza e conseguentemente anche la moda cambiò.

Pulizia e naturalezza divennero gli obbiettivi che le donne dovevano raggiungere dopo i tre quarti d'ora giornalieri dedicati alla toilette. Si pensava che la pulizia del corpo fosse legata a quella dello spirito, quindi le donne pulite venivano viste come belle anime, leali e incorruttibili. Le francesi furono le prime ad usare saponette solide, in quanto i francesi ne furono proprio i primi produttori. Le fragranze più in voga erano rosa e vaniglia, in base alle stagioni. Una donna di classe non aveva il rossetto, ma labbra nature ben curate. Venivano usate ciprie compatte per ovviare alle lucidità e nulla più, per la troppa paura di essere additate come volgari. La pelle chiarissima era segno di grande fascino e femminilità, in quanto si diceva che il pallore fosse legato all'intensità dei sentimenti.

I capelli erano arricciati in delicati boccoli per donare raffinatezza ai volti femminili. Al massimo venivano usate delle piccole fasce per capelli per acconciarli in modo particolare. Le donne usavano girare con mazzetti di fiori di campo tra le mani, o ceste per le loro passeggiate. L'ottocento fu l'opposto del settecento, fu un’ epoca nella quale le donne venivano apprezzate per la loro dolcezza, gentilezza e discrezione... anche per ciò che riguardava abiti e cura di se.

  

 

 

 

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IL NOVECENTO 

 

Nel 1930 il trucco era utilizzato dalle donne di tutte le classi sociali. Le donne avevano icone come Greta Garbo e Marlene Dietrich da utilizzare come modelli. Le grandi case cosmetiche come Max Factor, Elizabeth Arden, Revlon, Lancôme fioriscono. La prima che nacque nel 1909 fu L’Oreal di Eugene Shueller che apparse con il nome di French Harmless Hair Colouring Company.

Il 1910 è l’anno dell’incremento dello sviluppo dei trucchi, soprattutto a causa della triade statunitense Elizabeth Arden, Helena Rubinstein e Max Factor, ma neanche gli anni successivi sono privi di nuove comparse come il gruppo Revlon e Esté Lauder. La bocca veniva colorata a forma di cuore all’interno dei contorni naturali che andavano coperti col fondotinta. Le sopracciglia erano sottili e cadenti, così come la forma degli occhi, contribuendo a determinare quell’aspetto tipicamente languido. Nel 1950 il make up subisce una vera rivoluzione: per effetto dell’ottimismo post guerra si ha una vera e propria esplosione di colori. Un boom nel settore bellezza condotto da Avon che inaugura la vendita porta-a-porta di cosmetici. Sono gli anni

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in cui il cinema incomincia a sfornare modelli e icone da copiare come la bella Audrey Hepburn con il suo make up particolarissimo cat-eyes.

Il make up negli anni ’70 diventa ancor più esasperato. L’accento resta sugli occhi, compaiono le ciglia finte. Le labbra sono colorate con tinte perlescenti e pallide. Deodoranti, fissatori per capelli e schiume da barba assunsero la forma tecnologicamente avanzata dello spray. Per la secchezza del viso nacquero sistemi emollienti e per le vacanze al mare i primi oli solari. Tonici e latti detergenti che erano gia’ usati ma con effetti trattanti iniziarono a diffondersi con funzione di detergenti. Gli ingredienti usati per questi primi cosmetici dell’era moderna sono vegetali: glicerina, olio di semi, lanolina, cera d’api, ma a breve tempo, la crescente industria del petrolio fornisce a basso costo derivati minerali: olio di vaselina, vaselina filante, paraffina.

Negli anni ‘80 il trucco che fa tendenza è pesante, accentuato, gli occhi scuri e drammatici, truccati con l’aiuto di molti strati di eyeliner e ombretti brillanti nelle tonalità blu, verde e viola. Per le labbra, le donne preferiscono colori forti, come il rosso. Una polvere metallica prodotta con un minerale, la mica, diventa famosa per l’uso su palpebre e sul corpo per ottenere riflessi brillanti. Inizia la diffusione di prodotti per combattere la cellulite, il vero boom si raggiungerà negli anni ’90 quando creme e unguenti e macchinari invaderanno il mercato della cosmesi.  

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COSMESI ANNI 2000: L’ERA DELLA CHIRUGIA ESTETICA  

           

 

La chirugia estetica prende sempre più piede in questi anni, labbra gonfiate, seni che 

raddoppiano la taglia, visi tirati e tratti distesi che omolagano la bellezza femminile. E’ 

l’era dell’esasperazione della chirurgia estetica. Anche la storia della chirurgia estetica 

è molto antica. Gli impianti moderni, a base di silicone, iniziarono nel 1963 ma già nel 

1800 venivano effettuati i primi interventi di rinoplastica.  

 

La liposuzione è invece più recente: la tecnica di aspirare il grasso con una cannula fu 

inventata dall’italiano Arpad Fisher, e modificata nel 1987 dal dermatologo Jeffrey 

Klein, con una nuova tecnica che consentiva di asportare un volume maggiore di grasso, 

ma con meno perdita di sangue. A partire dai primi anni ’90 si è iniziato a studiare il 

botulino per l’utilizzo in chirurgia estetica. Iniettata nei muscoli mimici del viso questa 

sostanza provoca una riduzione dell’attività contrattile attenuando così le rughe 

d’espressione. 

   


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