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Imitatrice di Cristo e testimone del suo amore “Mamma ... · di Lilia Capretti 12 ... di Giuseppe...

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Imitatrice di Cristo e testimone del suo amore “Mamma Sanna” è beata Imitatrice di Cristo e testimone del suo amore “Mamma Sanna” è beata REGINA DEGLI APOSTOLI Periodico bimestrale della Provincia Italiana della Società dell’Apostolato Cattolico Anno XCIV - n. 5 Settembre/Ottobre 2016
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Imitatrice di Cristoe testimone del suo amore

“Mamma Sanna” è beata

Imitatrice di Cristoe testimone del suo amore

“Mamma Sanna” è beata

REGINA DEGLI APOSTOLIPeriodico bimestrale della Provincia Italiana

della Società dell’Apostolato CattolicoAnno XCIV - n. 5 Settembre/Ottobre 2016

Regina degli Apostoli

Associato all’UspiUnione StampaPeriodici Italiani

3EDITORIALE

Pace e santità, corona delcristiano: chi le raggiungevedrà il Signoredi Nicola Gallucci

17CINQUE OMICIDI DI REGIME

Buenos Aires ’76, stragedi Pallottini: l’Argentinatra memoria e calunniedi Lucia Capuzzi

18IL PAPA A SANTA MARTA

Se vuoi la pacenel Mondo costruiscilanella tua famigliaa cura di Luca Liverani

5ANNO LITURGICO

«Come il Padreha mandato mecosì io mando voi»di Lilia Capretti

12XXVI CONGRESSO EUCARISTICO

Il nesso tra Misericordiae Missione è nelmistero dell’Eucaristia

10PAPA FRANCESCO AD ASSISI

Religioni, il dialogonecessario: «La paceè santa, non la guerra»di Salvatore Mazza

14LA FEDE E IL DOLORE

Ma Dio non c’eraad Amatrice?Il male, l’uomo, la crocedi Pier Giorgio Liverani

21LE FIGURE DELLA BIBBIA

Giacobbe,patriarca‘‘imbroglione’’di Cristina Mastrorosati

27LA SPIRITUALITÀ DEL PALLOTTI

«Dio mio, tu mi vuoinutrire con la tuaMisericordia...»dagli scritti del Santo

20LA FESTA DEL 7 OTTOBRE

Il Rosario:regalo di Mariae strumento di salvezzadi Giuseppe Colantonio

Periodico bimestrale della Provincia Italianadella Società dell’Apostolato Cattolico

Registrazione Trib. Roma n. 5806 del24.5.1957

Direzione:Via Giuseppe Ferrari, 1 - 00195 RomaTel. 06.375923e-mail: [email protected]

Ex parte Soc. Imprimipotest D.A. Lotti SAC Rector Prov.

Direttore Responsabile:Giuseppe Colantonio SAC

Comitato di redazione:Lilia Capretti CSAC, Vittorina D’ImperioCSAC, Nicola Gallucci SAC, Luca Liverani,Pier Giorgio Liverani, Corrado Montaldo,Cristina Mastrorosati, Paolo Salvo SAC

Grafica:Editrice Italiani nel Mondo s.r.l.tel. 0670476849e-mail: [email protected]

Chiuso in tipografia l’11 Ottobre 2016

28LA RECENSIONE

Una donnatra due secoliArmida Barelli e l’ACdi P.G.L.

IN COPERTINA:Saccargia (Sassari): la beatificazione diElisabetta Sanna (foto Artur Kabowy)

23NOTIZIARIO PALLOTTINOLa XXI Assemblea della SACDon Jacob Nampudakamrieletto Rettore

Per Colelli e Saporitoseconda consacrazionea Regina Apostolorum

S. Maria Regina Pacis a Ostiae Santuario di Rocca Priora,due comunità in festa

A Riposto (Catania)il campo di lavoro estivoorganizzato dal Gruppo UAC

7BEATIFICATA IL 17 SETTEMBRE

Elisabetta Sannaora è beata, modellodi santità nel quotidianodi Gabriella Acerbi

Il bimestrale RdA è solo su Internetwww.reginadegliapostoli.it

Dal numero di luglio-agosto RdA-Regina degli Apostoli non è piùdisponibile in formato cartaceo, ma solo sul sito della Provincia Italia-na della SAC, www.reginadegliapostoli.it, dove può essere sfoglia-ta “virtualmente” – dal computer, dal tablet o dallo smarthphone – as-sieme ai numeri arretrati, o stampata per una copia personale.

La Redazione

S O M M A R I O

Avviso

importante

ai lettori

settembre-ottobre 2016 3

Santo è colui che, nella vita quotidiana, dàgradimento a Dio. La solennità del 1° no-vembre celebra la Festa di tutti i Santi e la

contemporanea Giornata della SantificazioneUniversale. La festosa assemblea dei primogeni-ti iscritti nei cieli (cf Eb. 12, 22) e noi siamo cir-condati come da una grande nuvola di testimo-ni (cf Eb. 12, 1). Con loro formiamo il corpo diCristo, con loro noi siamo i figli di Dio e siamofigli nel Figlio. La Chiesa, per questo, ci fa can-tare che i tralci hanno dato il loro frutto e godo-no l’abbondanza della vita eterna.

Gesù è il povero, il mite, il puro di cuore, ilmisericordioso, l’operatore della pace, il perse-guitato a causa della giustizia; Egli è il Santo,pienezza di beatitudine divina. Il rapporto trasantità e beatitudine, richiamato dal branoevangelico della Santa Messa del 1° Novembre,si radica nel vissuto di Gesù, il quale ha mani-festato la sorgente della felicità nell’appartenereal Padre e come Figlio fare sempre quello che ilPadre dice.

Cristo, infatti, guarendo, facendo del bene,

EDIT

ORIA

LE Pace e santità, corona del cristiano Chi le raggiunge vedrà il Signore

perdonando, ascoltando non voleva altro chepartecipare la sua felicità agli altri. La radicedella santità, perciò, deve essere colta nella no-stra assimilazione al Figlio di Dio. Ogni donoperfetto viene dal Padre e la nostra stessa chia-mata alla fede è desiderio, ricerca, impegno persomigliare sempre più a Gesù Cristo.

Eppure nella vita quotidiana ci sono momen-ti in cui si ha la netta sensazione di essere per-denti e non avere più energie per ricominciarea sperare nella grazia. Ci sono situazioni in cuiavvertiamo uno sbandamento da cui nessuno eniente potrà tirarci fuori; in cui il dubbio diaver sbagliato scelte e direzioni di vita pesa sul-la coscienza con una condanna inappellabile.Sono i tempi della povertà, dell’afflizione, del-l’assenza di giustizia, della mancanza di miseri-cordia, dell’indifferenza, della calunnia, dellapersecuzione, da cui nessuno è esente, neppurei consacrati del Signore. In tali circostanzeesplode la paura dell’assenza di Dio e rischiamodi adagiarci in un vero e proprio inferno.

Ma le Beatitudini contengono una forte cari-

di Nicola Gallucci

Vetrate della cattedrale di San Vito a Praga

settembre-ottobre 20164

ca di speranza nel futuro di Dio, di compimentoche va oltre la situazione storica del presente eaprono ad eventi rasserenanti che si avvererannosolo in seguito. La luce segue sempre il buio. Lamalattia, la sofferenza, le violenze sono dimensionidella fragilità umana che attira e coinvolge il no-stro Dio, il quale muta in beatitudine con la Sua vi-cinanza la notte del cuore. Beatitudine ed esultanzaappaiono come le lettere dell’alfabeto con cui Diochiama l’uomo alla santità. “Beato il popolo il cuiDio è il Signore” (Sal. 32). La santità espressa dalleBeatitudini comprende la dimensione della gioia:“rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostraricompensa nei cieli” (Mt. 5, 12). È la dimensionedella vita offerta a Dio, nostra unica eredità.

Quando nel segreto dell’animo, ci interroghiamose siamo santi, non possiamo non avvertire senti-menti di tristezza e di paura: la tristezza di non es-sere santi e la paura di esserlo. L’Apostolo Paolo civiene in aiuto e ricorda che “la tristezza secondoDio produce un pentimento irrevocabile che portala salvezza, mentre la tristezza del mondo producela morte” (2 Cor. 7, 10). Come dire che la tristezzadi non essere santo fa segnare la svolta della con-versione e imboccare la strada della santità; la pau-ra invece di essere santi genera la tristezza di ab-bandonare il mondo, e proprio quella tristezza pre-clude ogni possibilità di essere santo e conduce allamorte.

Certo, mette paura farsi santo perché la santitàpassa per il crogiuolo della Croce. Ci può essere in-fatti un duplice rapporto con la Croce, o da croci-fissori, o da crocifissi. Lo diceva lo stesso Léon

Bloy:1 «Signore, è incredibile: Tu ami coloro che ticrocifiggono, e crocifiggi coloro che ti amano». Ecoloro che desiderano essere totalmente di Cristoscelgono l’amore crocifisso e vivono da santi. Santoinfatti è chi sceglie sempre di essere crocifisso enon crocifissore, affidandosi alla paternità di Dio,confidando in Lui e spogliandosi di ogni pretesaper vivere in quella essenzialità che consiste nellapurezza di cuore, nella povertà in spirito, nella mi-sericordia, nella capacità di sopportare persecuzio-ni, realtà tutte che fanno del credente un santo.

O beata felicità di coloro che non pretendononulla, sapendo che il Signore non solo dona tuttociò di cui si ha bisogno, ma colma di ogni gioia,perché è la misura sovrabbondante della vera feli-cità.

I santi sono coloro che pregano per noi, interce-dono, ci sono presenti e ci sono amici: sono davve-ro le grandi amicizie che non ci fanno mai sentiresoli e ci invitano ad esclamare: Non siamo mai soli,siamo una famiglia toccata dall’amore eterno diDio. Così pensano e vivono i santi: credendo nellacomunione.

Costruiamo una comunione contro ogni tenta-zione di isolamento e solitudine. Un santo non puòche cantare: Non sono mai solo, sono una comu-nione.

È l’augurio che rivolgo e che affido all’interces-sione della Vergine Maria, Madre di tutti i Santi. ■

1 Léon Bloy: scrittore, saggista e poeta francese(1846-1917), da violento anticlericale si convertì al catto-licesimo.

Ognissanti,BeatoAngelico(1423)

Il Messaggio del Santo Padre Francesco per lagiornata missionaria mondiale 2016, tra le mol-te ricche riflessioni, ci invita a guardare alla

Missione ad Gentes, come a una grande opera dimisericordia spirituale e materiale.

In questo anno giubilare ricorre il 90° anniver-sario della giornata mondiale promossa dalle Ponti-ficie opere della Propagazione della fede, approvatanel 1926 dal Pontefice Pio XI.

“La Chiesa esiste per evangelizzare” scrisse Pao-lo VI nell’Evangeli nuntiandi. Il Vaticano II affermache compito primario della Chiesa è testimoniarele speranze originate dalla fede nel Signore GesùCristo; se la fede non è sostenuta dalla testimo-nianza di vita, non è autentica. Lo stesso Gesù di-ce: “Mi sarete testimoni fino alla fine del mondo”.E S. Giovanni evangelista scrive nella sua primalettera: “Ciò che era in principio, ciò che noi abbia-mo udito, veduto, contemplato, toccato con le no-stre mani, ossia il Verbo della vita, noi lo annuncia-mo a voi” (cf. 1 Gv. I,I-4).

La missione non nasce per iniziativa personale,ma per mandato: “Andate ed annunciate il Vangeload ogni creatura” dice Gesù. (Cf. Gv. 20). Né puòesistere azione missionaria senza una relazione conCristo, senza la contemplazione del suo volto, che

è sempre il volto della misericordia del Padre.“Senza di me non potete far nulla” (cf. Gv. 15,18).

La missione non è in primis invenzione dellaChiesa, perché parte dalla Trinità, è assistita dalloSpirito Santo e attuata da Gesù Cristo. È Gesù l’in-viato del Padre, che si incarna in una storia ancorain via di redenzione, storia che ha inizio con lastessa creazione. E dentro questa storia “si compieil disegno del Padre: Fare di Cristo il cuore delmondo”. “Lo Spirito del Signore è su di me, diceGesù, lo Spirito mi ha consacrato, mi ha mandato aportare il lieto annunzio ai poveri…, a predicare untempo di grazia ...” (cf. Lc. 4,11-19).

Il senso e la motivazione missionaria ci vengonodelineate dalla Chiesa, nella “Preghiera eucaristicaIV”, frutto del rinnovamento liturgico del Vat. II.(S.C.) Così recita il testo: “Dio che ha fatto ogni co-sa con sapienza e amore, a sua immagine ha forma-to l’uomo, alle sue mani operose ha affidato l’uni-verso, perché nella obbedienza a Dio, suo creatore,esercitasse il dominio su tutto il creato. E quandoper la sua disobbedienza, l’uomo perse la sua ami-cizia, Dio non l’ha abbandonato in potere dellamorte, ma, nella sua misericordia, a tutti è venutoincontro, perché coloro che lo cercano lo possanotrovare. Molte volte ha offerto agli uomini la sua

«Come il Padre ha mandato mecosì io mando voi» (Gv. 20,21)

ANNO LITURGICO:IL 23 OTTOBRE LA 90a

GIORNATA MISSIONARIA

di Lilia Capretti

Missioni pallottine in India

settembre-ottobre 20166

alleanza e, per mezzo dei pro-feti ha insegnato a sperarenella salvezza. Il Padre hatanto amato il mondo damandare a noi, nella pienezzadei tempi, il suo unico Figliocome salvatore. Egli si è fattouomo per opera dello SpiritoSanto ed è nato dalla VergineMaria; ha condiviso in tutto,eccetto il peccato, la nostracondizione umana. Ai poveriha annunciato il Vangelo disalvezza, la libertà ai prigio-nieri, agli afflitti la gioia. Perattuare il disegno di redenzio-ne del Padre, si consegnò vo-lontariamente alla morte, e,risorgendo, distrusse la mortee rinnovò la vita. E perchénoi non viviamo più per noistessi, ma per Lui che è mor-to e risorto, per noi ha man-dato lo Spirito santo, primo dono ai credenti, a per-fezionare la sua opera nel mondo e compiere ognisantificazione”.

Con la forza dello Spirito Santo la Chiesa si lan-cia fino agli estremi confini della terra, annunciaGesù Cristo, unico Salvatore del mondo. Lo Spiritoinoltre anima la Chiesa, la arricchisce di doni parti-colari, alimenta continuamente la fiaccola della fe-de, della carità, suscita carismi e ministeri perchéla sposa di Cristo sia sempre attrezzata per ogniopera di evangelizzazione e di misericordia. Suscitaanche figure carismatiche, disponibili all’azionedella grazia e che, arricchite di speciali doni, simettono a servizio della missione della Chiesa edei bisogni dell’umanità. Sono i fedeli seguaci diCristo che hanno saputo ascoltare Dio, fare propriala sua missione di amore e di salvezza; quindi han-no saputo anche ascoltare le invocazioni dei pove-ri, degli oppressi, degli abbandonati e sofferenti diogni luogo e situazione, e se ne sono identificati co-me ha fatto Gesù: “Quello che avete fatto ad ognu-no di questi piccoli e bisognosi lo avete fatto a me”(cf. Mt. 25,31-46). Gesù, il Servo di Dio è venutoper servire, per raccogliere i figli dispersi: “Io sonoil buon pastore, ha detto, e dò la vita per le mie pe-core; esse ascolteranno la mia voce e diventerannoun solo gregge con un solo pastore” (cf. Gv. 1014-16).

Gesù lascia ai suoi seguaci il compito di conti-nuare la sua missione: ”Come il Padre ha mandatome, io mando voi (Gv. 20,21). Già il profeta Isaiaaveva detto: “Come sono belli sui monti i piedi delmessaggero di lieti annunzi, che annunciano la pa-ce, messaggero di bene che annuncia la salvezza e

che dice: “Regna il tuo Dio”(Is. 52,7). Continua il Profeta:“Dividi il pane con l’affamato,introduci in casa i miseri senzatetto, vesti uno che vedi nudo,senza distogliere gli occhi daquelli della tua carne. Allora latua luce sorgerà come l’aurora,la tua tenebra sarà come il me-riggio, la tua ferita si rimargi-nerà presto, davanti a te cam-minerà la tua giustizia, la glo-ria del Signore ti seguirà (cf. Is.58,7-8,10,11). I Profeti annun-ciano, mentre Gesù evangeliz-za in prima persona e invia al-la missione. “Il signore designòaltri settantadue discepoli e liinviò a due a due davanti a séin ogni città e luogo dove stavaper recarsi. Diceva loro: ”Lamesse è molta, ma gli operaisono pochi; pregate dunque il

padrone della messe perché mandi operai alla suamesse. Andate: vi mando come agnelli in mezzo ailupi; non portate né bisacce, né borse…, ma dite:Pace a questa casa. Curate i malati che trovate e di-te loro: Si è avvicinato a voi il Regno di Dio” (cf.Lc. 19,1-9). Oggi la missione appare molto insidiatadal “maligno”, nemico di Dio e degli uomini. Inquesto tempo una lotta violenta si è scatenata inparticolare contro i cristiani, che vengono persegui-tati ed uccisi, anche barbaramente, nelle loro terre.E quante testimonianze martiriali arricchiscono lagrande schiera dei seguaci di Gesù Cristo, coluiche ha dato liberamente la sua vita per la salvezzadel mondo. Ma Gesù ha anche detto: non abbiatepaura, io ho vinto il mondo; e a Pietro: “Le portedell’inferno non prevarranno”.

Il mese missionario è anche mese mariano, me-se del Rosario, preghiera ricca dei contenuti evan-gelici, amata e pregata dal popolo cristiano. Mariaè stata eletta missionaria dal momento dell’annun-ciazione, quando ha accolto nel suo grembo il Ver-bo di Dio, il missionario del Padre. Appena data lasua adesione al grande progetto del Padre, Maria simette in cammino verso la montagna a fare visitaalla cugina Elisabetta, a servirla, ma soprattutto aportarle Gesù. La descrizione di Luca ci mette inluce la grazia dell’incontro e l’esultanza suscitatadalla presenza di Maria, portatrice di Cristo. Mariavive in anticipo lo spirito della Pentecoste, comeebra dello Spirito canta, glorifica e magnifica il Si-gnore, riepiloga in se tutta la storia, quella di tuttele generazioni che la chiameranno “beata”. Mariacontinua tutt’ora la sua missione in mezzo ai suoifigli che vuole tutti missionari e tutti salvi. ■

Evangelizzazione e promozione umana

settembre-ottobre 2016 7

sari (la Diocesi nella quale si trova Codrongianos,paese natale di Elisabetta), Mons. Paolo Atzeri, edai vescovi delle altre Diocesi della Sardegna, dalvescovo pallottino di San Paolo del Brasile, Mons.Julio Akamine, dal superiore generale della S.A.C.,D. Jacob Nampudakam, dal postulatore generaleD. Ian Korycky e da altri circa 200 sacerdoti, lamaggior parte dei quali pallottini di varie parti delmondo.

“Adesso preghiamo per un altro miracolo! Elisa-betta Sanna merita di diventare Santa”, ha detto ilCardinale Amato sottolineando, tra l’altro, come lavita della Beata sia stata radicalmente innestata inDio e, attraverso di Lui, nell’amore per il prossimo.

Per “Mamma Sanna”, come è ancora ricordata aCodrongianos, circa seimila sono stati i fedeli chehanno preso parte alla celebrazione in un intenso

Elisabetta Sanna è beata. Un lungo applausoha salutato la lettura della Lettera Apostolicacon la quale Papa Francesco ha accolto le in-

dicazioni della Congregazione per le Cause dei San-ti e ha concesso che Elisabetta Sanna, “fedele laica,vedova, terziaria professa dell’ordine di San France-sco, membro dell’Unione dell’Apostolato cattolico fon-data da San Vincenzo Pallotti, umile imitatrice di Cri-sto e fedele testimone del suo amore” – così si leggenel documento pontificio – sia chiamata beata eche si possa celebrare la sua festa ogni anno il 17febbraio, giorno della sua nascita al Cielo.

Nella grande area di fronte alla millenaria Basili-ca di Saccargia, il 17 settembre scorso il CardinaleAngelo Amato, Prefetto della Congregazione delleCause dei Santi e Legato Pontificio ha presieduto lasolenne S. Messa concelebrata dal vescovo di Sas-

Elisabetta Sanna ora è beataModello di santità nel quotidiano

LA PROCLAMAZIONE IL 17 SETTEMBRE ALLA BASILICA DI SACCARGIA DI SASSARI

di Gabriella Acerbi

Devoti della beata sardaassistono allacelebrazione(le foto delservizio sonodi ArturKarbowy)

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clima di devozione e preghiera. La presenza della Famiglia Pallottina, l’Unione

dell’Apostolato Cattolico, è stata particolarmentenutrita infatti, oltre ai sacerdoti concelebranti, uncentinaio tra le suore e i laici ha preso parte allacelebrazione. Era presente il Presidente del Consi-glio di Coordinamento Generale dell’U.A.C., Dona-tella Acerbi; le Superiori Generali: delle Suore del-l’Apostolato Cattolico, Sr. Ivete Garlet, delle SuoreMissionarie, Sr. Izabela Swierad e delle Suore Eu-caristiche, Sr. Adalgisa Cammarata; suore e laiciprovenienti dall’Australia, dal Brasile, dalla CostaD’Avorio, dall’India, dall’Italia, dalla Polonia, dallaGermania.

Hanno assistito alla cerimonia con grande emo-

zione e partecipazione le discendenti della Beata, leautorità civili della Sardegna e numerose religioseappartenenti a diverse Congregazioni. Era presenteanche Suzana Correia da Conceição, la giovanedonna brasiliana di Niteroi (vicino a Rio de Janei-ro) che nel 2008 è guarita miracolosamente per in-tercessione di Elisabetta, fatto che ha sbloccato ilprocesso di beatificazione, grazie alla documenta-zione raccolta e ritenuta idonea per la conclusionedel processo. Molto bello è stato l’incontro e il rap-porto che i vari componenti della delegazione del-l’Unione dell’Apostolato Cattolico hanno vissutocon Suzana la quale, sempre sorridente e consape-vole dello straordinario dono ricevuto, non si è sot-tratta ad abbracci e fotografie che tutti hanno volu-

Un nuovo libretto illustratosulla Beata Elisabetta SannaÈ stato appena pubblicato dalla

Casa Editrice Velar, a cura dellaPostulazione Generale della SAC, unnuovo libretto sulla vita della Serva diDio Elisabetta Sanna. Il testo biogra-fico, intitolato “Venerabile ElisabettaSanna. Pellegrina della Carità”, èstato scritto dal giornalista AngeloMontonati, storico inviato di famiglia

Cristiana, autore di diversi libri. Ilgrande pregio di questo opuscolo so-no le numerose illustrazioni: ritratti,foto e immagini. Infatti nelle 48 pagi-ne del libretto si trovano ben 70 di-verse illustrazioni, legate alla vita, al-l’attività e alla fama di santità dellaServa di Dio. Inoltre è possibile leg-gere una breve descrizione della vita,

dei segni di santità e della collabora-zione con san Vincenzo Pallotti. L’in-teressante presentazione di questitemi offre al lettore vari spunti per lariflessione. Il libretto, in italiano, puòessere richiesto al Postulatore Gene-rale, Piazza San Vincenzo Pallotti,204 –00186 Romae-mail: [email protected]

Da sinistra: il cardinale Amato e – in piedi– don Korycki, il vescovo Atzeri,don Nampudakam

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La Beata Elisabetta Sanna sia da modello pertutti i componenti Famiglia Pallottina, religiosi elaici, ed essere, come lei, testimoni dell’amore diCristo, Apostolo del Padre. ■

to avere con lei, per partecipare insieme della gioiae della gratitudine a Dio per questo evento di gra-zia della beatificazione.

Anche Papa Francesco il giorno dopo, durantel’Angelus domenicale del 18 settembre, in piazza S.Pietro, ha ricordato la beatificazione con queste pa-role: “Ieri a Codrongianos (Sassari) è stata procla-mata Beata Elisabetta Sanna, madre di famiglia. Ri-masta vedova, si dedicò totalmente alla preghiera eal servizio degli ammalati e dei poveri. La sua testi-monianza è modello di carità evangelica animatadalla fede”.

Elisabetta Sanna, sposa e madre, vedova, fedelelaica che, per una grave malattia, fin da bambinaperdette l’uso delle braccia, era la madre spiritualee la guida delle ragazze e delle donne della sua ter-ra, la Sardegna.

Imbarcatasi per un pellegrinaggio in Terra San-ta, finì a Roma e non potè tornare a casa per so-pravvenuti gravi disturbi fisici. A Roma si dedicòtotalmente alla preghiera e a servire i malati e i po-veri. Fu tra i primi iscritti all’Unione dell’Apostola-to cattolico e collaboratrice di San Vincenzo Pallot-ti, suo direttore spirituale. La sua casa divenne unsantuario di viva fede e ardente carità, così che hapotuto coltivare il suo essere “umile imitatrice diCristo e fedele testimone del suo amore”, l’attributopiù bello che le poteva esserle riservato. La suasantità è stata coltivata nella quotidianità della vitanel fare ogni momento la volontà di Dio, occupan-dosi amorevolmente del prossimo con umiltà, maanche con coraggio e dedizione.

In alto: Suzana Correia da Conceição.In basso: il cardinale Amato durante l’omelia

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Trent’anni fa, affacciato da un proscenio domi-nato da un palco mai visto, ad Assisi avvennequalcosa di eccezionale e mai accaduto pri-

ma. I leader di tutte le religioni del mondo, tutte,raccogliendo l’invito di Giovanni Paolo II, s’eranoriuniti nella città di san Francesco per pregare perla pace. Nella condivisione dell’idea che nessunareligione può volere la morte dei suoi figli e chedunque sono i credenti, tutti i credenti, che posso-no e debbono unirsi per contrastare le spinte versola guerra.

Trent’anni dopo, il successore di Papa Wojtyla,Francesco, è tornato ad Assisi, ripetendo lo stessoinvito del suo predecessore. E c’è tornato non percelebrare semplicemente un anniversario: perchése l’uomo è diverso, identica è l’urgenza, perché ildesiderio di pace è ancora vivo: nella Chiesa e nelmondo. Un desiderio che mai si spegne perché maila pace regna sulla nostra terra.

Per chi lo ricorda, nel 1986 che si fosse davveroa un passo dall’olocausto nucleare non era unasensazione: appariva quasi una certezza. Una sortadi angoscia quotidiana che pesava sulla vita di

ognuno, opprimente e invincibile, che riduceva ilfuturo a un attimo nebbioso, che spegneva sul na-scere sogni, speranze, progetti. Con un unico dub-bio: quando? Gli eventi degli anni immediatamentesuccessivi, la caduta del muro, la fine dell’Urss, fe-cero gridare al miracolo, e in molti s’illusero che sifosse arrivati alla fine della storia. Ma fu un’illusio-ne di breve durata, e davvero ci volle poco per ca-pire quanto profetica, e terribilmente sempre at-tuale, fosse stata la profezia di Giovanni Paolo II. Ilnostro oggi, angosciato dalla paura di un terrori-smo imprevedibile e che ci spinge ogni minuto dipiù al rifiuto del “diverso” – straniero, migrante,profugo – non fa che ripetercelo in continuazione.

Per questo, dunque, per il ritorno ad Assisi dipapa Francesco non ci si può limitare a definirlouna celebrazione. E non a caso ancora una volta laparola forte tornata a risuonare lo scorso 20 set-tembre è, come trent’anni fa, “insieme”, perché lapace non può essere costruita da una sola personao religione, va fatta, appunto, “insieme”. Va cercata,ha detto Bergoglio, «adoperandosi per la pace, [...]non come un semplice movimento fisico, ma so-

prattutto dell’animo evi-tando il paganesimo del-l’indifferenza». Questosignifica che la preghierae la crescita spirituale diogni singolo individuo èfondamentale. Insiemevuol dire con tutti: nes-suno è esentato da que-sto progetto di Dio, ogninato sulla terra, ognicreatura è chiamata a di-ventare operatore di pa-ce.

Nel 1986, congedan-dosi dai suoi ospiti, Gio-vanni Paolo II aveva sot-tolineato tante “differen-ze” esistenti tra i creden-ti, aggiungendo tuttaviacome “in questa stessa

Religioni, il dialogo necessario«La pace è santa, non la guerra»

20 SETTEMBRE, IL PAPA AD ASSISI A 30 ANNI DALLA PRIMA GIORNATA DI PREGHIERA

di Salvatore Mazza

Papa Francescocol Patriarca

di CostantinopoliBartolomeo I

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differenza abbiamo scoperto di nuovo forse che,per quanto riguarda il problema della pace e la suarelazione all’impegno religioso, c’è qualcosa che ciunisce. La sfida della pace, come si pone oggi aogni coscienza umana, comporta il problema diuna ragionevole qualità della vita per tutti, il pro-blema della sopravvivenza per l’umanità, il proble-ma della vita e della morte. Di fronte a tale proble-ma, due cose sembrano avere suprema importanzae l’una e l’altra sono comuni a tutti noi. La prima,come ho appena detto, è l’imperativo interiore del-la coscienza morale, che ci ingiunge di rispettare,proteggere e promuovere la vita umana, dal senomaterno fino al letto di morte, in favore degli indi-vidui e dei popoli, ma specialmente dei deboli, deipoveri, dei derelitti: l’imperativo di superare l’egoi-smo, la cupidigia e lo spirito di vendetta. La secon-da cosa comune è la convinzione che la pace vaben oltre gli sforzi umani, soprattutto nella presen-te situazione del mondo, e che perciò la sua sor-gente e realizzazione vanno ricercate in quella Re-altà che è al di là di tutti noi. È questa la ragioneper cui ciascuno di noi prega per la pace. Anche sepensiamo, come realmente pensiamo che la realiz-zazione tra quella realtà e il dono della pace è dif-ferente, secondo le nostre rispettive convinzioni re-ligiose, tutti però affermiamo che tale relazione esi-ste. Questo è quanto esprimiamo pregando per es-sa. Ripeto umilmente qui la mia convinzione: lapace porta il nome di Gesù Cristo”.

Il 20 settembre scorso, ai suoi interlocutori, inun clima di amicizia, cordialità e dialogo, papaFrancesco ha sviluppato il suo discorso in tre pas-saggi che, di quelle parole di Wojtyla, conservanointatta l’eco. Il primo è la necessità della denuncia

della malattia del nostro tempo: il virus dell’indif-ferenza. «È un virus che paralizza, rende inerti einsensibili, un morbo che intacca il centro stessodella religiosità, ingenerando un nuovo tristissimopaganesimo: il paganesimo dell’indifferenza». Chie-dendo di non abbandonare quanti soffrono per laguerra ha ricordato che «Solo la pace è santa e nonla guerra». Il secondo passaggio segue dal primo.Chi non vive l’indifferenza si preoccupa dell’altroche vede come fratello e costruisce megafoni perdare voce a quanti soffrono, «a quanti sono senzavoce e senza ascolto». Nell’era dei social networkin molti hanno imparato a dire la propria: il Papa ciinvita a far si che le nostre parole diventino viveanche attraverso di essi affermando che «l’approc-cio virtuale di chi giudica tutto e tutti sulla tastieradi un computer senza aprire gli occhi alle necessitàdei fratelli e sporcarsi le mani per chi ha bisogno»non porta alla pace.

Nel terzo passaggio, rivolgendosi in modo parti-colare alle nuove generazioni, papa Francesco haindicato la cura, quella dell’educazione ad una cul-tura di pace, quella attraverso la quale l’altro non èostacolo o fonte di guadagno, un problema da risol-vere o una tasca dalla quale attingere, ma dono,persona con la quale sognare, vivere uno scambioconcreto e costruire un mondo migliore, a misurad’uomo. «Pace significa educazione: una chiamataa imparare ogni giorno la difficile arte della comu-nione, ad acquisire la cultura dell’incontro, purifi-cando la coscienza da ogni tentazione di violenza edi irrigidimento, contraria al nome di Dio e alla di-gnità dell’uomo».

Oggi, ha detto ancora Francesco a conclusionedell’incontro, “abbiamo implorato il santo donodella pace. Abbiamo pregato perché le coscienze simobilitino a difendere la sacralità della vita uma-na, a promuovere la pace tra i popoli e a custodireil creato, nostra casa comune. La preghiera e la col-laborazione concreta aiutano a non rimanere im-prigionati nelle logiche del conflitto e a rifiutare gliatteggiamenti ribelli di chi sa soltanto protestare earrabbiarsi. La preghiera e la volontà di collaborareimpegnano a una pace vera, non illusoria: non laquiete di chi schiva le difficoltà e si volta dall’altraparte, se i suoi interessi non sono toccati; non il ci-nismo di chi si lava le mani di problemi non suoi;non l’approccio virtuale di chi giudica tutto e tuttisulla tastiera di un computer, senza aprire gli occhialle necessità dei fratelli e sporcarsi le mani per chiha bisogno. La nostra strada è quella di immergercinelle situazioni e dare il primo posto a chi soffre;di assumere i conflitti e sanarli dal di dentro; dipercorrere con coerenza vie di bene, respingendole scorciatoie del male; di intraprendere paziente-mente, con l’aiuto di Dio e con la buona volontà,processi di pace”. ■

Il Papa accoglieil rappresentante buddista

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L’azione pastorale è radicata – questa è la suaforza – nel Mistero eucaristico e apre la ce-lebrazione al mondo, a cui portare la miseri-

cordia di Dio. Nella celebrazione diveniamo “Chie-sa in uscita”, mossa dalla misericordia; ma essanon si muove da sé stessa, è mossa da Dio. La li-turgia eucaristica è la fonte e la forma della vita cri-stiana e dell’azione pastorale ed è sorgente dellamissione. La tensione missionaria è parte costituti-va della forma eucaristica dell’esistenza cristiana.

UNA SINFONIADELLA FEDE:LA PREGHIERAEUCARISTICA IV

«Tale preghiera è comeuna grande sinfonia dellafede, forma viva in cui ilmistero dell’incontro traDio e l’uomo, in Cristo enello Spirito Santo, èespresso con particolarebellezza di accenti» (p. 8).

A partire da una pre-gnante espressione di que-sta preghiera – che, rivol-

gendosi al Padre, afferma: «Nella tua misericordia atutti sei venuto incontro, perché coloro che ti cer-cano ti possano trovare» – siamo introdotti in unadinamica trinitaria, che invita a cogliere e a viverela tensione missionaria come “parte costitutiva del-la forma eucaristica”. Dio nella sua misericordiaesce, per così dire, da sé stesso e va incontro all’uo-mo. Dalla sua santità misericordiosa ha origine lamissione del Figlio e dello Spirito. Dalla celebrazio-ne all’incontro con i fratelli: lo Spirito Santo “ci de-

Il nesso tra Misericordia e Missioneè nel mistero dell’Eucaristia

DAL 15 AL 18 SETTEMBRE A GENOVA IL XXVI CONGRESSO EUCARISTICO NAZIONALE

Dal 15 al 18 settembre si è tenuto a Genova, come i lettori certamente sanno,il XXVI Congresso Eucaristico Nazionale che, in questo anno giubilare, si è

centrato sullo studio del nesso tra Misericordia e Missione, a partiredall’Eucaristia. A questo fine era stato predisposto un “documento teologico

preparatorio” al quale erano state dedicate, prima dell’apertura dei lavori, ottocatechesi svolte da altrettanti vescovi in otto diverse chiese cittadine sulrapporto tra l’Eucarestia e le “cinque vie” che erano state al centro dellariflessione nel corso dell’ultimo Convegno Ecclesiale Nazionale a Firenze:

«uscire, trasfigurare, annunciare, abitare, educare». Questa prospettivafondamentale era illustrata da un “documento teologico” che qui di seguito

pubblichiamo nella sintetica presentazione curata da don Francesco Magnani,direttore dell’Ufficio Liturgico Nazionale della Cei.

L’intervento del cardinaledi Genova e presidente della Cei

Angelo Bagnasco

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morte, la fine del “mondo vecchio”, quello dellacorruzione e della violenza. Non si tratta di unamissione individuale, portata avanti da eroi solitari,ma di un fatto condiviso da tutta la Chiesa e rivoltoa tutti, che va oltre, e abbatte ogni barriera.

CON IL DONO DI DIO INCONTROALL’UOMO D’OGGI

«Se l’Eucaristia è segno di contraddizione, taledeve essere la Chiesa in ogni campo, a cominciaredai “nuovi poveri” che la società continua a produr-re e poi ignora ed emargina, e che sono un segnodrammatico della crisi culturale e sociale in atto».Vi sono alcuni ambiti fondamentali in cui l’Eucari-stia spinge particolarmente a testimoniare, a risa-nare, ad annunciare pace e giustizia: i legami fami-liari, l’educazione, il lavoro. Ciascuno di essi com-porta l’esigenza che i credenti, modellati dall’Euca-ristia, li incarnino portando la fiamma dello SpiritoSanto. «Il terzo e ultimo ambito concerne l’atten-zione all’ambiente e quella che papa Francesco,nella sua recente enciclica Laudato si’, ha chiamatoecologia integrale. Con riferimento al mistero euca-ristico, ciò che è particolarmente importante inquesto ambito è riscoprire l’originaria dimensionesimbolica che rende il cosmo irriducibile a solamateria o peggio ancora a materiale inerte a nostradisposizione...

Mentre infatti ci impegniamo nello sviluppo tec-nico della civiltà – scrive papa Francesco, nella en-ciclica Laudato si’ – non dobbiamo mai dimenticar-ci che siamo cantori della creazione: “Il mondo èqualcosa di più che un problema da risolvere, è unmistero gaudioso che contempliamo nella letizia enella lode”». ■

centra” dal nostro io e ci apreagli orizzonti universali delRegno.

LASCIARSIRAGGIUNGERE DAL MISTERO

«Per una rinnovata praticaeucaristica, è importante co-gliere in modo più profondoil legame che vi è tra l’azioneliturgica e la vita di fede. Avolte, infatti, si rischia di in-tendere la celebrazione comese fosse un aspetto “orna-mentale” della vita, che puòarricchire la devozione, manon è davvero determinanteper l’esistenza… Recente-mente, rivolgendosi ai parte-cipanti al V Convegno della Chiesa in Italia, papaFrancesco ha messo in guardia da questa tentazio-ne: lo gnosticismo “porta a confidare nel ragiona-mento logico e chiaro, il quale però perde la tene-rezza della carne del fratello”». Il documento cosìprosegue (tra virgolette brani testuali): «La celebra-zione – il rito cristiano – non si “aggiunge” alla vita,come una sorta di ornamento, ma al contrario le dàforma, la plasma, le consente di essere un cammi-no di salvezza». L’Eucaristia è mistero-evento in cuisi è introdotti per vivere un’esperienza trasfiguran-te, un luogo dove divenire commensali e fratelli,dove tutti sono importanti non per le loro capacità,ma per l’apertura a ricevere lo stesso dono.

L’EUCARISTIA E LA “TRASFORMAZIONEMISSIONARIA” DELLA CHIESA

«L’incontro eucaristico con la santità misericor-diosa del Padre, che ha mandato a noi il Figlio e loSpirito per salvare il mondo, non può che indurrele nostre comunità a realizzare quella “trasforma-zione missionaria” a cui, con premurosa insistenza,papa Francesco ci esorta». Non si tratta tanto dimoltiplicare le attività da svolgere, ma di uno stiledi testimonianza e uno spirito missionario con cuivivere le situazioni quotidiane. Papa Francesco cimette in guardia dal «pelagianesimo autoreferen-ziale e prometeico» (EG 28), che porta ad avere fi-ducia nelle strutture, nelle organizzazioni e pianifi-cazioni ecclesiali. Il modo di innestarsi e radicarsiin Cristo si realizza nella modalità sacramentale,evitando ogni ideologia. Gesù non è semplicemen-te un “contenuto”, ma il soggetto permanente dellamissione. Con i “sentimenti di Cristo”, ritorniamoad annunciare il kerygma, la vittoria di Cristo sulla

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Quando si scatena un terremoto con tutte lesue conseguenze gli unici a prendersela conDio vanno cercati tra i cristiani, tra chi ci

crede. Gli atei no, ma solo perché sono senza Dio.Certi cristiani si domandano tra loro se sia il Signo-re a scuotere disastrosamente la terra e azzardanoidee di punizioni divine anche degli innocenti. Da-vanti alle sciagure o alle malattie o alla cattiveriadegli uomini la tentazione di molti è di lamentarsiperché Lui non è intervenuto a fermare una manoomicida o un regime di tipo nazista (pensate ad Au-schwitz) o un esercito di cellule cancerose o infineun mare o una terra o una tempesta che si agitanotroppo. Un grande teologo luterano tedesco, Die-trich Bonhöffer, impiccato dai nazisti nel 1945,scrisse dal carcere che «non dobbiamo attribuire aDio il ruolo di tappabuchi nei confronti dell’incom-pletezza delle nostre conoscenze... Dobbiamo tro-

vare Dio in ciò che conosciamo; Dio vuole essercolto da noi non nelle questioni irrisolte, ma inquelle risolte».

Questa volta, mentre il sisma mostrava nel reati-no tutta la sua violenza, anche i più “laici” si pose-ro la questione se il Creatore facesse il contrariodel suo Nome. Un quotidiano accusò di “eresia” ilVescovo di Rieti, mons. Domenico Pompili, perchédurante i funerali delle vittime aveva detto chiaro etondo che nei terremoti «non è Dio, ma sono gliuomini che uccidono». Le indagini in corso dellamagistratura danno ragione al Vescovo: molte casefurono costruite senza prevedere i terremoti (impe-rizia) o, prevedendoli, usando volontariamente ma-teriali e criteri di pessima qualità (speculazioni cri-minali).

Per accettare questa severa risposta del Vescovoa un interrogativo che riguarda l’essenza e l’agire

di Pier Giorgio Liverani

Ma Dio non c’era ad Amatrice?Il male, l’uomo, la croce

LA STRAGE DI INNOCENTI NEL SISMA RIPROPONE I DUBBI SU FEDE E SOFFERENZA

Amatrice, 4ottobre 2016:Papa Francescoincoraggia isoccorritori (FotoDavid Fabrizi)

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di Dio, bisogna ragionare, come Bonhöffer, sullabase della fede. Dio, Essere perfettissimo e “Amo-re” secondo il Vangelo, non può fare il male e creòl’universo come atto di amore per l’uomo che nefece il principe. Fu proprio costui, nelle figure diEva e di Adamo, ad aprire la strada del mondo aSatana (dall’ebraicon satan, nemico) e a introdurreil male tra gli uomini e – sembra logico – in tuttigli esseri viventi anche vegetali e forse perfino nel-la natura fisica (per esempio il terremoto). Una ri-sposta di questo tipo, però, può sembrare evasiva,discutibile. Bisogna approfondire il tema. Tentere-mo allora altre risposte. La prima è un’argomenta-zione insolita, che s’inizia con un richiamo a unaspetto della fede degli Ebrei, «i nostri fratelli mag-giori nella fede», come disse papa Francesco nellasua visita alla Sinagoga romana, il Tempio sulla so-glia del ghetto.

Furono gli antichi Ebrei i primi a porsi interro-gativi analoghi al nostro e a coltivarli anche piùtardi nella Cabbala (dall’ebraico qabbalah), che èuna corrente mistico-speculativa dell’ebraismo na-ta nel medioevo ma basata sulle antiche nozioni bi-bliche e tradizionali. La Cabbala è tuttora fiorenteanche se i suoi contenuti espressi in molti libri so-no di difficile lettura e comprensione. È nel cabba-lismo un’antica parola ebraica (Tzim Tzum o Tzim-tzum) che significa letteralmente “ritrazione” o“contrazione”. Essa indica una “autolimitazione” diDio che, dopo la creazione del mondo, volle per-mettere che si producesse uno “spazio concettuale”

dove il creato potesse esistere autonomamente. Secondo questa teoria, la Terra e l’Universo si

sarebbero realmente sviluppati in questo spazioconcettuale fino a prendere le forme attuali (manon definitive) secondo – potremmo dire – le leggifisiche che conosciamo e che continuano a regola-re, per esempio, anche ciò che noi chiamiamo ter-remoto, ma è in realtà un movimento necessario araggiungere il suo assetto finale. Questo processo èun aspetto di quello che all’inizio generò i mari e lealtre acque, le montagne e le pianure descritte dallibro della Genesi e che ancora oggi procede nelsuo divenire. La natura, anche quella sua parte chesembra morta e fissa, ha in realtà una sua “vita” fi-sica: quella che noi avvertiamo nei fenomeni a vol-te meravigliosi e altre volte disastrosi di una MadreNatura che opera senza tenere conto delle conse-guenze tra i suoi abitatori.

Questa descrizione sembra scontrarsi – è vero –con la dottrina della Chiesa, la quale insegna cheDio «è in cielo, in terra e in ogni luogo, Egli è l’Im-menso», come dice il Catechismo di San Pio X maè anche vero che, secondo la teoria del Tzimtzum,quello “spazio” lasciato da Dio al Creato è, “concet-tuale” e non reale o materiale. Sta di fatto che Diosi fatto conoscere in molti modi nella sua Rivela-zione agli uomini “che Egli ama” tanto da sacrifica-re il Figlio suo divino per salvare l’umanità.

Fin qui, in ogni modo, si tratta di una ipotesiebraica molto interessante e che – secondo il miomodesto parere – potrebbe essere presa in conside-

Macerie a Pescara del Tronto, frazione di Arquata (Foto Alessia Guerrieri)

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razione. Sappiamo infatti, dalla Bibbia, che Dio hacreato l’uomo, che Egli volle fosse libero e, dun-que, anche responsabile di se stesso: capace di am-ministrarsi e così libero da potersi anche rivoltarecontro il suo Creatore. La descrizione delle vicendadi Eva e Adamo e di Abele e Caino lo confermano.E come procede dal “nemico”, così il male può ve-nire anche da realtà inanimate (gli animali, il mon-do vegetale e quello fisico) e da eventi irrazionali equindi innocenti e irresponsabili. E siccome la na-tura è buona anche i sismi possono essere ritenutibuoni nella loro dimensione e funzione. Non di-mentichiamo la Lettera ai Romani in cui San Paoloafferma che la salvezza del mondo non è ancoraavvenuta: «Sappiamo bene come la creazione nutrela speranza di essere essa pure liberata dalla schia-vitù della corruzione e fino ad ora geme tuttaquanta e soffre quasi le doglie del parto» e il boatodel terremoto è forse il suo pianto.

Un’altra risposta richiede una fede più forte e –come dire? – più… recente. Useremo ovviamente,per descriverla, un linguaggio molto umano, e pocoadeguato a discorrere del Creatore. Dio, non c’èdubbio, pensa e opera in termini di eternità e di in-finità: cioè non limitati alla conoscenza di cui di-spone l’umanità. Noi tutti siamo convinti, per fede,che anche il male fisico, la malattia, il dolore, laspoliazione di ogni cosa di cui si disponeva primadella tragedia e innanzitutto della vita o della fami-

glia, della casa, della salute, del lavoro, delbenessere, troverà un riscatto, una compen-sazione infinitamente più grande e impor-tante nell’“altra vita”. Ogni croce accettatanel nome di Gesù Cristo, ogni sconfitta dellanostra vita, ogni mutilazione e umiliazionesi muterà in risurrezione, in gioia e felicitàeterna.

Nell’Antico Testamento la drammaticastoria di Giobbe, che non aveva perduto lafede nonostante Dio lo avesse privato diogni bene materiale e spirituale, si concludecon un abbondante risarcimento alle suesofferenze. E nel Vangelo della scorsa dome-nica XXVI del Tempo Ordinario (25 settem-bre) Abramo informa il ricco Epulone finitoall’inferno che lui «aveva ricevuto i suoi be-ni durante la sua vita e Lazzaro parimenti isuoi mali e che ora tu sei in mezzo ai tor-menti e il povero Lazzaro invece è consolatoe ricompensato». Dunque in vista di que-sto… risarcimento celeste, ogni sofferenzaterrena si trasformerà, dopo la morte, in unbene e in una bellezza senza fini. Il temadella ricompensa dei “giusti” è promessa eassicurata quasi in ogni pagina dell’Antica edella Nuova Sacra Scrittura cosicché il malesubìto nella vita in Terra diventa preannun-

cio della semidivina vita in Paradiso e chi più hapatito quaggiù più gioirà lassù.

E allora, se ci convinceremo di questo destinoche la fede ci garantisce, sentiremo la presenza diDio nel dolore e nella sofferenza di ogni tipo e as-sieme a Gesù. È altamente significativo il martiriodi Edith Stein, filosofa, ebrea, poi atea, poi ancoraconvertita e diventata suora carmelitana, uccisa adAuschwitz nel 1942. Edith era consapevole che icampi di sterminio della Shoah apparivano a molticome la dimostrazione che Dio non esistesse o fos-se altrove. «C’è Auschwitz, quindi qui non può es-serci Dio», aveva affermato Primo Levi, lo scrittoree poeta, ebreo superstite e narratore dell’orrorevissuto, ma ciò nonostante senza più speranze esuicidatosi a Torino nel 1987. Invece, diceva suorEdith, ad Auschwitz Dio non era affatto assente nécolpevole di quell’orrore, ma era salito sulla Crocecon l’uomo, facendosi carico del male e della soffe-renza di tutti. Lì, come dovunque l’uomo era feritoe ucciso, si era reso presente con la sua Croce, fa-cendosi compagno di tutti i suoi fratelli ebrei, cri-stiani, zingari, omosessuali umiliati, offesi e sop-pressi nelle camere a gas, condividendone anchel’ignominia. La presenza di Dio non era passata in-vano ad Auschwitz, perché si stampava proprio suivolti di molti condannati. Sul volto di Edith Steinin modo più evidente. Tutti o quasi tutti i Santihanno molto sofferto in vita. ■

Pescara del Tronto (Foto Alessia Guerrieri)

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«Le mattonelle di questo pavimento sonoimpregnate del sangue di coloro che ilmondo non ha potuto riconoscere perché

non erano del mondo. Poi sono venute le etichette.Hanno messo su di loro tutte le etichette possibili,le etichette che il mondo attribuisce per giustificar-si». Sapevano di giocarsi il tutto per tutto AlfredoLeaden, 57 anni, Pedro Dufau, 65, Alfie José Kelly,40, Salvador Barbeito Doval, 29 e Emilio José Bar-letti, appena 25. Sacerdoti della congregazione pal-lottina (“La Società dell’apostolato cattolico”) i pri-mi tre e seminaristi gli ultimi. Tutti accomunatidalla ferrea determinazione di costruire e testimo-niare il Regno nell’Argentina convulsa e cruentadell’ultima dittatura militare. Una scelta pagatacon il sangue. Il proprio. Versato il 4 luglio di qua-rant’anni fa nella chiesa di San Patrizio. Il criminepiù sanguinoso nella storia della Chiesa argentina.

Quella notte, un commando assassino agli ordi-ni del regime fece irruzione nella casa parrocchia-le, situata nell’elegante quartiere di Belgrano, emassacrò i religiosi. Sulle pareti, i killer lasciarono,tra le molte ingiurie, la scritta: «Questi sinistrorsisono morti per aver indottrinato menti innocenti».“Etichette” per cercare di coprire l’orrore. Le stes-se a cui si riferì l’allora arcivescovo di Buenos Ai-res, Jorge Mario Bergoglio, nell’ omelia pronuncia-ta per il 25° anniversario della strage.

Fu proprio l’allora cardinal Bergoglio ad autoriz-zare l’ apertura della causa di beatificazione per icinque pallottini, nel 2005.

«A tal fine, costituì il tribunale e fece la necessa-ria consultazione dei vescovi della provincia eccle-siastica e di altri. Ora, il procedimento è nella ter-za fase, in attesa della formale richiesta di nihil ob-stat (l’inesistenza di ostacoli per portare avanti lacausa). Questo è in mano del cardinale Mario Poli,attuale arcivescovo di Buenos Aires. Quando il Va-ticano risponderà, la causa proseguirà il suo corsoa livello diocesano», spiega ad Avvenire il postulato-re, padre Juan Sebastián Velasco. Certo, purtroppo,lo stigma rimane. «È forte come nel 1976 – sottoli-nea il religioso – e riceviamo molte email di genteper cui i confratelli uccisi erano comunisti, facino-

rosi, sovversivi. Come, però, disse il cardinal Ber-goglio, è necessario “eliminare le etichette e guar-dare alla testimonianza”. E aggiunse: “Fui testimo-ne di ciò che è stata la vita di Alfie Kelly, perchél’ho accompagnato come direttore spirituale e con-fessore fino alla morte. Pensava solo a Dio. Men-ziono lui perché lo conobbi ma in lui nomino tuttigli altri…”».

Dio, dunque, e non Marx né Perón – data l’ispi-razione “autoctona” della sinistra argentina – nétantomeno qualche astratta idea di rivoluzione,guidava i passi di padre Alfie e dei confratelli as-sassinati verso i senza voce. I poveri delle baracco-poli, “scartati” dai generali, i perseguitati dalla dit-tatura, le madri che cercavano i figli scomparsi.Agli occhi miopi e deformati dall’ideologia dei mi-litari, però, la loro pastorale incarnata appariva co-me “sovversione”. Per questo, vollero “eliminarli”.

Non si sa chi ordinò la mattanza né chi la misein atto. Con tutta probabilità i killer partirono dal-la Escuela Mecáncia de la Armada (Esma). Da quila scelta ora della congregazione pallottina di costi-tuirsi parte in causa nel processo agli aguzzini del-la Esma per arrivare alla verità. In ogni caso, gliassassini fallirono nel loro intento. Perché non riu-scirono a far sparire i cinque religiosi scomodi.

La straordinaria partecipazione alle iniziativeper il 40° del massacro, dimostra quanto i cinquepallottini siano presenti nelle menti degli argenti-ni.

«La testimonianza della loro vita è impressa inmodo indelebile – aggiunge padre Velasco –. Ed èciò che abbiamo voluto celebrare con questo anni-versario. Per un cristiano, fare memoria è moltopiù di un semplice ricordo. Significa rendere pre-sente quel qualcuno o quel qualcosa». Per questo,come ha detto papa Francesco nel messaggio invia-to per i quaranta anni dalla strage di san Patrizio,«fare memoria di questi testimoni è uno stimoloper tutti. Verso una vita impegnata, dimentica disé, tutta dedita al Vangelo e che, per questo, vuolestare dove sta il suo Signore, fra gli ultimi». ■

*da AVVENIRE del 10 agosto 2016

Buenos Aires ’76, strage di PallottiniL’Argentina tra memoria e calunnie

IL 4 LUGLIO DI 40 ANNI FA I CINQUE OMICIDI ORDINATI DAL REGIME

di Lucia Capuzzi*

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Dopo la pausa estiva, sono riprese le omeliemattutine “a braccio” di Papa Francesco nellaCappella di Santa Marta . Ecco la sintesi dialcune di queste sue quotidiane riflessioni,catechesi semplici e profonde.Per maggiori approfondimenti consultare il sito:http://it.radiovaticana.va/news/papa-francesco/messa-santa-marta

PACE NEI CUORI NON NELLE PAROLE

“La pace è un dono, è un dono artigianale chedobbiamo lavorare, tutti i giorni – ammonisce

il Papa – ma lavorarlo nelle piccole cose: nelle pic-colezze quotidiane. Non bastano i grandi manifestiper la pace, i grandi incontri internazionali se poinon si fa, questa pace, nel piccolo. Anzi, tu puoiparlare della pace con parole splendide, fare unaconferenza grande… Ma se nel tuo piccolo, nel tuocuore non c’è pace, nella tua famiglia non c’è pace,nel tuo quartiere non c’è pace, nel tuo posto di la-voro non c’è pace, non ci sarà neppure nel mondo”.Bisogna chiedere a Dio, suggerisce il Papa, la gra-zia della “saggezza di fare la pace, nelle piccole co-se di ogni giorno ma puntando all’orizzonte di tuttal’umanità”, proprio oggi – ripete ancora – in cui“stiamo vivendo una guerra e tutti chiedono la pa-ce”. E intanto, conclude Francesco, saràbene partire da questa domanda: “Comeè il tuo cuore, oggi? È in pace? Se non èin pace, prima di parlare di pace, siste-ma il tuo cuore in pace. Come è la tuafamiglia oggi? È in pace? Se tu non seicapace di portare avanti la tua famiglia,il tuo presbiterio, la tua congregazione,portarla avanti in pace, non bastano pa-role di pace per il mondo… Questa è ladomanda che oggi io vorrei fare: come èil cuore di ognuno di noi? È in pace? Co-me è la famiglia di ognuno di noi? È inpace? E così, no? Per arrivare al mondoin pace”. (08/09/2016)

NO ALL’INDIFFERENZA, SI ALL’INCONTRO

Spesso, osserva il Papa, le persone si“incrociano fra loro, ma non si incon-

trano”. Ognuno “pensa a sé, vede manon guarda, sente ma non ascolta”. “L’in-

contro è un’altra cosa”. “Nel Vangelo leggiamo cheil Signore fu preso “da grande compassione”. Gesùnon passa oltre. Si avvicina alla donna, la incontradavvero e fa il miracolo. Da questo vediamo nonsolo la tenerezza ma pure “la fecondità di un incon-tro”. “Noi siamo abituati ad una cultura dell’indiffe-renza e dobbiamo lavorare e chiedere la grazia difare una cultura dell’incontro fecondo che restitui-sca ad ogni persona la propria dignità di figlio diDio, la dignità di vivente. Noi siamo abituati a que-sta indifferenza, quando vediamo le calamità diquesto mondo o le piccole cose: ‘Ma, peccato, po-vera gente, quanto soffrono’, e andiamo avanti.Perfino “a tavola, in famiglia, quante volte si man-gia, si guarda la tv o si scrivono messaggi al telefo-nino. Ognuno è indifferente a quell’incontro. Pro-prio nel nocciolo della società, che è la famiglia,non c’è l’incontro. Che questo ci aiuti a lavorareper questa cultura dell’incontro, così semplicemen-te come l’ha fatto Gesù. Non solo vedere: guarda-re. Non solo sentire: ascoltare. Non solo incrociar-si: fermarsi. Non solo dire ‘peccato, povera gente’,ma lasciarsi prendere dalla compassione”.(13/09/2016)

UCCIDERE IN NOME DI DIO È SATANICO!

“I primi cristiani hanno fatto la confessione diGesù Cristo pagando con la loro vita; ai primi

LE OMELIE DIPAPA FRANCESCO

A SANTA MARTA

Se vuoi la pace nel Mondocostruiscila nella tua famiglia

a cura di Luca Liverani

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cristiani era proposta l’apostasia, cioè: ‘Dite che ilnostro dio è il vero, non il vostro’, e quando nonfacevano questo, quando rifiutavano l’apostasia ve-nivano uccisi. Questa storia si ripete fino a oggi eoggi nella Chiesa ci sono più martiri cristiani deiprimi tempi. Oggi ci sono cristiani assassinati, tor-turati, carcerati, sgozzati perché non rinnegano Ge-sù Cristo. In questa storia, arriviamo al nostro pèreJacques: lui fa parte di questa catena di martiri. Icristiani che oggi soffrono – sia nel carcere o con lamorte o con le torture – per non rinnegare GesùCristo, fanno vedere proprio la crudeltà di questapersecuzione. E questa crudeltà che chiede l’apo-stasia, diciamo la parola: è satanica. E quanto pia-cerebbe che tutte le confessioni religiose dicessero:‘Uccidere in nome di Dio è satanico’. Padre JacquesHamel è stato sgozzato a Rouen proprio mentre ce-lebrava il sacrificio della Croce di Cristo. Uomobuono, mite, di fratellanza, che ha accettato il suomartirio lì, all’altare, non ha perso la lucidità di ac-cusare e dire chiaramente il nome dell’assassino. Eha detto chiaramente: “Vattene, Satana!”. Ha dato lavita per noi, ha dato la vita per non rinnegare Ge-sù. Ha dato la vita nello stesso sacrificio di Gesùsull’altare e da lì ha accusato l’autore della perse-cuzione: “Vattene, Satana!”.E questo esempio di coraggio, ma anche il martiriodella propria vita, ci aiuti ad andare avanti senzapaura. È un martire! E i martiri sono beati: dobbia-mo pregarlo, che ci dia la mitezza, la fratellanza, lapace, anche il coraggio di dire la verità: uccidere innome di Dio è satanico! (14/09/2016)

NON SIAMO “ORFANI” C’È SEMPRE UNA MADRE

Ai piedi della Croce c’è Maria, la Madre di Ge-sù: tutti la guardavano dicendo: “Quella è la

madre di questo delinquente! Quella è la madre diquesto sovversivo!”. “E Maria sentiva queste cose.Soffriva umiliazioni terribili. E anche sentiva igrandi, alcuni sacerdoti, che lei rispettava, perchéerano sacerdoti: ‘Ma Tu che sei tanto bravo, scen-di! Scendi!’. Con suo Figlio, nudo, lì. E Maria avevauna sofferenza tanto grande, ma non se ne è anda-ta. Non rinnegò il Figlio! Era la sua carne”. PapaFrancesco ricorda quando a Buenos Aires si recavanelle carceri a visitare i detenuti e vedeva sempreuna fila di donne in attesa: “Erano mamme. Manon si vergognavano: la loro carne era lì dentro. Equeste donne soffrivano non solo la vergogna di es-sere lì – ‘Ma guarda quella! Cosa avrà fatto il fi-glio?’ – ma anche soffrivano le più brutte umilia-zioni nelle perquisizioni che venivano fatte loroprima di entrare. Ma erano madri e andavano atrovare la propria carne. Così Maria, era lì, col Fi-glio, con quella sofferenza tanto grande”. Gesù – af-ferma il Papa – ha promesso di non lasciarci orfanie sulla Croce ci dona sua Madre come nostra Ma-

dre: “Noi cristiani abbiamo una Madre, la stessa diGesù; abbiamo un Padre, lo stesso di Gesù. Nonsiamo orfani! (15/09/2016)

LA VANITÀ È L’OSTEOPOROSI DELL’ANIMA!

Il Vangelo del giorno presenta il re Erode inquietoperché, dopo aver ucciso Giovanni il Battista, ora

si sente minacciato da Gesù. “Era preoccupato co-me il padre, Erode il Grande, dopo la visita dei Ma-gi. Questa gente che ha fatto tanto male, che fa delmale e ha la coscienza sporca e non può vivere inpace, perché vive in un prurito continuo, in unaorticaria che non li lascia in pace. Questa gente hafatto il male, ma il male ha sempre la stessa radice,qualsiasi male: la cupidigia, la vanità e l’orgoglio”.E “la vanità è truccare la propria vita. E questo am-mala l’anima, perché uno se trucca la propria vitaper apparire, per sembrare, alla fine cosa guada-gna? La vanità è come una osteoporosi dell’anima:le ossa di fuori sembrano buone, ma dentro sonotutte rovinate. La vanità ci porta alla truffa”.Quanta gente noi conosciamo che va a Messa tuttele domeniche, fa grosse offerte alla Chiesa. Questoè quello che si vede, ma l’osteoporosi è la corruzio-ne che hanno dentro. E dov’è la nostra forza e la si-curezza, il nostro rifugio? ‘Io sono la via, la verità ela vita’. Questa è la verità, non il trucco della vani-tà. Che il Signore ci liberi da queste tre radici ditutti i mali: la cupidigia, la vanità e l’orgoglio”.(22/09/2016)

VINCERE L’ANGOSIA CON LA PREGHIERA!

“Giobbe era nei guai: aveva perso tutto”. PapaFrancesco sviluppa la sua omelia muovendo

da Giobbe spogliato di ogni suo bene, perfino deisuoi figli. Si sente ormai perso, ma non maledice ilSignore. “La desolazione spirituale è una cosa cheaccade a tutti noi: ci fa sentire come se noi avessi-mo l’anima schiacciata: ‘Meglio è la morte!’. È losfogo di Giobbe. “E la domanda che noi possiamofarci è: ‘Cosa si deve fare quando noi viviamo que-sti momenti oscuri, per una tragedia familiare, unamalattia?”. Qualcuno pensa di “prendere una pasti-glia per dormire” e allontanarsi “dai fatti”, o “due,tre, quattro bicchierini”. Ma questo, “non aiuta”.Nel Salmo responsoriale, il Salmo 87, c’è la rispo-sta: “Giunga fino a Te la mia preghiera, Signore”.Bisogna pregare, dice il Papa, pregare forte, comeha fatto Giobbe: gridare giorno e notte affinchéDio tenda l’orecchio. Il Libro di Giobbe parla poidel silenzio degli amici. “Quando una persona sof-fre, quando una persona è nella desolazione spiri-tuale – ha ripreso – si deve parlare il meno possibi-le e si deve aiutare con il silenzio, la vicinanza, lecarezze la sua preghiera davanti al Padre”.(27/09/2016) ■

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Il 7 ottobre nella liturgia della Chiesa si fa me-moria della Beata Vergine Maria. È celebratocol grado di “memoria” e porta il titolo di “Bea-

ta Vergine del Rosario”. Questa occasione liturgicadeve essere per tutti occasione per meditare la bel-lezza e l’importanza di questa preghiera, che devediventare un “coro”, un’armonia, un concerto enon solo di Ave Maria, ma di anime fresche e inno-centi, una vera “ghirlanda di rose intorno alla Ma-donna”, come si espresse a suo tempo papa PaoloVI.

Il Rosario della Vergine Maria, nel corso deglianni, è stato sempre ritenuto una preghiera digrande valore e significato. È stato lodato continua-mente da tanti santi e tanti sommi pontefici. Si èdistinto tra gli altri san Giovanni Paolo II che, conla lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae pro-clamò che il periodo che andava dall’ottobre 2002all’ottobre 2003 fosse l’anno del Rosario, investen-do di responsabilità pastorale tutta la Chiesa.

Anche l’iconografia tradizionale fa memoria del-la Beata Vergine Maria che con le braccia sostieneil Bambino Gesù e con l’altra porge la corona. Que-sta significativa iconografia mostra che il Rosario èun mezzo dato dalla Vergine per contemplare Gesùe, meditando la vita, amarlo e seguirlo sempre piùfedelmente. È la consegna che la Madonna ha la-sciato in diverse sue apparizioni. Penso in partico-lare a quella di Fatima: ai tre pastorelli – Lucia,Giacinta e Francesco – presentandosi come la Ma-donna del Rosario raccomandò con insistenza di re-citarlo ogni giorno, per ottenere la fine della guer-ra.

Anche noi vogliamo accogliere la materna ri-chiesta impegnandoci a recitare con fede la coronadel Rosario per la pace nelle famiglie, nelle nazionie nel mondo intero. È proprio vero: la recita delRosario è segno della bontà e della misericordiadella Madre che vuole offrire un mezzo efficace dicomunione con Gesù. Contempliamo in ordinatasuccessione le principali luci della salvezza che si

sono compiute in Cri-sto: dalla concezioneverginale e dai misteridell’infanzia fino aimomenti culminantidella Pasqua e agli ef-feti che ebbe nellaChiesa nascente, nellaPentecoste e sulla Ver-gine Assunta in cielo.

Noi meditiamo que-sti misteri insieme aMaria e siamo immersinell’amore di Gesù chevuole trasformare lanostra vita in impegnoalla santità. ■

di Giuseppe Colantonio

Il Rosario: regalo di Mariae strumento di salvezza

IL 7 OTTOBRE LA CHIESA FA MEMORIA LITURGICA DELLA BEATA VERGINE

La Madonna del Rosariodi Pompei

settembre-ottobre 2016 21

Che cosa direste se qualcuno vi proponesse co-me esempio dell’intervento di Dio nella sto-ria dell’uomo la figura di un imbroglione?

Come minimo, ad essere benevoli, restereste per-plessi.

In realtà è proprio così. Sembra che il nome Gia-cobbe, da sempre associato nella lode di Israele adAbramo e Isacco, abbia proprio nella sua radice ilsignificato di “imbroglione”.

In effetti la vita di Giacobbenon sembra un esempio di cor-rettezza. Con l’astuzia ha presodal fratello maggiore, Esaù, laqualifica di primogenito; conl’aiuto della madre Rebecca hacarpito con un inganno la benedi-zione al padre Isacco. Benedizio-ne che non era un semplice attodi benevolenza e protezione, mail conferimento dei pieni poterisu tutta la tribù, uomini, animalie cose.

Con una serie di inganni neiconfronti dello zio Labano, padredell’amata Rachele che prenderàin moglie, Giacobbe assumerà ilcontrollo economico della tribù.Con altrettanta astuzia placheràl’ira del fratello Esaù, che dopoanni di lontananza nutre ancorasentimenti di vendetta nei con-fronti del fratello usurpatore.

Ebbene, dopo Abramo, capostipite del popoloeletto, Giacobbe è la figura più importante nellaevoluzione della storia del popolo ebraico: i dodicifigli di Giacobbe saranno i capostipiti delle dodicitribù di Israele, e “Israele” è il nome che Dio darà aGiacobbe dopo una notte in cui il Signore avrà lot-tato corpo a corpo con lui.

In questo nome, Israele, che Giacobbe ha ricevu-to da Dio, è contenuta tutta la sua identità: infattiquesto nome significa: ha lottato con Dio e con gliuomini e ha vinto.

Astuzia e forza sono le caratteristiche specifichedi Giacobbe e per questo il popolo di Israele siidentifica fortemente con lui. La Scrittura ci diceche spesso Giacobbe agisce di propria volontà eche è capace di perseguire gli obiettivi con grandetenacia. È sempre determinato nel combattere enel non farsi piegare né dagli uomini né dagli even-ti. per lui c’è sempre una soluzione.

Al centro della vicenda di Giacobbe c’è l’episo-dio che cambierà la vita a lui, al suo popolo e, diconseguenza, a tutti noi che partecipiamo alla Sto-ria della Salvezza.

LA LOTTA CON DIO

Dopo essere fuggito anni prima da Esaù, temen-do la sua collera, Giacobbe arriva dallo zio e futurosuocero Labano. Prende moglie, anzi due mogli, efa prosperare grandemente l’economia della tribù;

di Cristina Mastrorosati

Giacobbe, patriarca “imbroglione”

LE FIGURE DELLA SACRA SCRITTURAALLA LUCE

DEL PROGETTO SALVIFICO DI DIO

Easù e Giacobbe, Matthias Stomer (1640)

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in seguito, su consiglio del Signore, lascia i luoghiche lo hanno visto prosperare per tornare nella ter-ra dei padri. Questo significa incontrare dopo tantianni un fratello tutt’altro che placato.

Anche qui Giacobbe esercita la sua astuzia pre-parando l’incontro con ricchi doni inviati ad Esaùprima del momento temuto. Esaù non resterà in-sensibile a questo atteggiamento.

Siamo alla vigilia di questo incontro: Giacobbeattraversa di notte il fiume Iabbok con la famiglia,la tribù e i suoi averi. Rimasto solo, viene aggreditoda un uomo. La lotta dura tutta la notte e lo scono-sciuto, non riuscendo ad aver ragione di Giacobbe,lo colpisce al femore azzoppandolo.

Giacobbe evidentemente intuisce che qualcosadi particolare gli sta capitando: chiede la benedizio-ne dell’aggressore e gli rivela il suo nome. Detta-glio importantissimo perché nell’antichità dare ilproprio nome significava abbandonarsi, consegnar-si, cedere all’altro.

La risposta all’udire il nome di Giacobbe è sor-prendente: lo sconosciuto dice: “Non ti chiameraipiù Giacobbe, ma Israele, perché hai combattuto conDio e gli uomini e hai vinto”.

Giacobbe chiede il nome allo sconosciuto, maquesti non soddisfa direttamente la domanda: be-nedice Giacobbe-Israele e lo lascia. Giacobbe chia-merà quel luogo Penuel che significa “faccia diDio” (dall’ebraico panim “faccia”, el “Dio”): perchéGiacobbe aveva visto Dio faccia a faccia ed era ri-masto vivo.

Dio ha combattuto con Giacobbe e sembrerebbe

aver perso. Ma è proprio così?Può perdere Dio, l’Onnipotente e Creatore una

banale lotta con un semplice essere umano? In realtà assistiamo ad una vittoria-resa, perché ineffetti Giacobbe ad un certo punto si è arreso allaSignoria di Dio. La grandezza di Giacobbe sta pro-prio in questo fatto: quando si è accorto di combat-tere con Dio ha abbandonato la sua personalità.L’imbroglione si è dato a Dio e Dio lo ha reso capodel popolo di Israele.

Da questa vicenda impariamo che ciò che im-porta è mantenersi fedeli a Dio e se lo lasciamo en-trare nella nostra esistenza Dio trasformerà la no-stra vita. In questa situazione vediamo manifestar-si, ancora una volta, una predilezione ed un amoredivini che sono doni assolutamente gratuiti ed im-meritati. Questo è l’itinerario che ci propone la fe-de: avere il coraggio di consegnarsi nelle mani diDio e lasciare che Lui cambi la nostra personalità.

Se noi avremo la forza di abbandonare l’uomovecchio, Dio ci rivestirà dell’uomo nuovo.

È una lotta contro i limiti del nostro orgoglio. Infondo ognuno di noi nella propria vita procede contante piccole astuzie: per sopravvivere, per affer-mare se stesso, per difendersi ma anche per attac-care, per conquistare qualcosa, un amore o un po-tere. Ma è una situazione che non dà pace perché èsempre un rincorrere noi stessi. Arriva sempre, pe-rò, il momento in cui lottiamo con noi stessi.

Il paradosso è che se noi nella nostra notte vin-ciamo, cioè lasciamo che sia il nostro io a prevale-re, apparentemente pensiamo di aver vinto. In re-

altà siamo perdenti e laprova è che non siamo maisoddisfatti di quello cheabbiamo raggiunto: la vitaci offrirà sempre motivi dilotta per raggiungere nuovitraguardi. Se nella nostranotte oscura avremo il co-raggio di cedere a Dio ab-bandonandoci a Lui, Egli,a sua volta, si lascerà vin-cere e l’abbraccio della lot-ta si trasformerà in abbrac-cio d’amore. Così facendoavremo guadato il nostroIabbok e saremo passatisulla sponda della pace,della gioia, della vita nuo-va. ■

Isacco carpisce la benedizione diGiacobbe, Giovanni BattistaCarlone (circa 1650)

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Dal 19 settembre al 15 ottobre 2016 si è svolto unevento molto importante per tutta la Società del-

l’Apostolato Cattolico, cioè la XXI Assemblea Generale,di cui riferiremo nel prossimo numero di Regina degliApostoli. SessantacinqueDelegati provenienti da tuttoil mondo pallottino si sonoradunati ad Ariccia, nellaquiete della casa DivinMaestro situata sul Lago diAlbano, per discutere sullequestioni vitali per la Socie-tà dell’Apostolato Cattolico,guidati dalle parole del San-to Fondatore San VincenzoPallotti, che costituisce an-che il tema principale: “Laregola fondamentale dellanostra minima Congrega-zione è la vita del nostro Si-gnore Gesù Cristo”. Il motto, correlatocon il tema principale, è tratto dalla Let-tera agli Ebrei 3,1: “Fratelli santi, parte-cipi di una vocazione celeste, fissatebene la mente in Gesù, l’apostolo esommo sacerdote della fede che noiprofessiamo”.

Il 1° ottobre la XXI Assemblea Ge-nerale ha rieletto il Don Jacob Nampu-dakam come Rettore Generale dellaSocietà dell’Apostolato Cattolico.

Don Nampudakam ha assunto il suoufficio in un’animata cerimonia nellaquale ha fatto la professione di fede e ilgiuramento di fedeltà, che si è svoltanella Cappella del Divin Maestro adAriccia alla presenza del procuratoregenerale Don Vitaliy Gorbatykh, deiRR. Moderatori Don John Kelly e Don

Janusz Luczak e di tutti i confratelli della XXI Assem-blea Generale. Don Jacob Nampudakam continuerà adoperare per lo sviluppo della Società e della famigliaPallottina nello spirito del carisma del Fondatore, S. Vin-

cenzo Pallotti.Il reverendissimo Don

Jacob Nampudakam è na-to i l 10 agosto 1955 inAyyampara, Kerala, India.Membro della Provinciadell’“Epifania del Signore”di Nagpur, è stato ordinatosacerdote nel 1981, dopoaver compiuto gli studi teo-logici nel Seminario “St.Charles” di Nagpur. Dopol’Ordinazione sacerdotale,ha lavorato come direttorespirituale, direttore del Pe-

riodo Introduttorio, direttore del Centro diAnimazione Pallottina, Segretario Genera-le, Consultore Generale della Società eRettore Generale dal 2010. Per dodici an-ni è stato anche Segretario del Segreta-riato Generale della Società per la Forma-zione. Don Jacob è diplomato in filosofia espiritualità e ha conseguito la licenza inpsicologia nell’Istituto di Psicologia all’Uni-versità Gregoriana di Roma. Il 25 febbraio2014, è stato nominato da Papa France-sco membro della Congregazione per gliIstituti di Vita Consacrata e le Società diVita Apostolica.

La XXI Assemblea della SAC ad AricciaDon Jacob Nampudakam rieletto Rettore

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Momenti della rielezione di don Nampudakama Rettore generale della SAC

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Momento di gioia e di festa perla famiglia Pallottina il 10 set-

tembre quando, nella ParrocchiaSanta Maria Regina Apostolorumdi Roma, dinanzi al Rettore Provin-ciale e alla presenza di diversiconfratelli e della comunità parroc-chiale, due giovani, Francesco Co-lelli e Marcello Saporito, hanno rin-novato la loro consacrazione a Dionell’Unione dell’Apostolato Cattoli-co. Una cerimonia molto semplice,come prevede il rituale, in cui perun altro anno si impegnano a se-guire i consigli evangelici di povertàcastità e obbedienza e in più, come

prevede la regola scritta dal Fondatore, altre promesseche caratterizzano la spiritualità Pallottina: la perseve-ranza a rimanere fedeli a Dio, alla società e alla propriavocazione; la comunione dei beni spirituali e materialiper una più profonda unione nella comunità e una piùefficace azione apostolica; lo spirito di servizio sul-l’esempio di Cristo che non venne per essere servitoma per servire.

Questi due giovani durante la celebrazione, dallemani del Rettore Provinciale, hanno ricevuto il libro del-la Sacra Scrittura e sono stati istituiti lettori, cioè annun-ziatori della Parola di Dio durante le celebrazioni liturgi-che, educatori di fanciulli e adulti che intendono riceverei sacramenti e annunziatori missionari del Vangelo disalvezza a chi ancora non lo conosce.

Accompagniamo questi nostri fratelli con la preghie-ra affinché il Signore li renda veri testimoni e fedeli an-nunziatori della Sua Parola.

Ulteriore motivo di gioia è dovuto a un altro ragazzo,Emanuele Bianchetti, che ha deciso di intraprenderequesto cammino con la famiglia pallottina cominciandoil postulantato, cioè un periodo di prova che, se Dio vor-rà e i superiori approveranno, lo porterà a entrare uffi-cialmente nella Società dell’Apostolato Cattolico.

Per Francesco Colelli e Marcello Saporitoseconda consacrazione a Regina Apostolorum

Festa di Madre Teresa alla Casa GeneraliziaLa festa della santa appena canonizzata, Madre Teresa di Calcutta, è stata celebrata a Roma dalla Comunità

della Casa Generalizia nella chiesa del SS. Salvatore in Onda il 6 settembre 2016, con una solenne celebra-zione eucaristica presieduta dall’Arcivescovo di Nagpur, sua Eccellenza Monsignor Abraham Viruthakulangara,che ha avuto l’opportunità di incontrare la santa personalmente e in numerose occasioni.

Nella sua omelia l’Arcivescovo ha ricordato Madre Teresa come una persona di preghiera e di contemplazio-ne, oltre che dedita a tutte le opere di carità ben note a tutti. Due sono le espressioni spirituali e bibliche che leerano care: “Ho sete” (Gv 19, 28) e “L’avete fatto a me” (Mt 25, 40). Al termine dell’omelia, l’arcivescovo ha invita-to i Pallottini ad essere missionari, seguendo lo spirito e il carisma del nostro Santo Fondatore, San VincenzoPallotti. Ogni cristiano, per la sua stessa vocazione, è chiamato ad essere un missionario, come la grande santadella carità, Madre Teresa ci ha indicato con la sua eccezionale testimonianza di vita.

settembre-ottobre 2016 25

di Cristina Mastrorosati

Alla fine del mese di Settembreogni anno la chiesa pallottina

S. Maria Regina Pacis rivive la fe-sta parrocchiale, che vede coin-volti le figure religiose e le realtàche animano la vita comunitaria.Quest’anno in particolare la festasi è impreziosita con il ricordo deinovanta anni della presenza deipadri pallottini a Ostia, risalendoal 1926.

La chiesa di S. Maria Regina Pacis fu costruita su pro-getto dell’architetto Giulio Magni per volontà del vescovo diOstia, il cardinale Vincenzo Vannutelli, con lo scopo di invo-care Maria regina della pace per porre fine alla guerra cheallora imperversava in Europa. Benché il progetto risalga al1916, solo il 21 giugno 1919 fu posta la prima pietra delnuovo edificio. Per mancanza di fondi i lavori si protrasseroper un decennio: ai primi finanziatori, che furono i padriAgostiniani della basilica di Sant’Aurea, subentrarono i Pa-dri Pallottini della Società dell’Apostolato Cattolico. La chie-sa, che nel luglio 1926 era stata eretta a parrocchia, fuaperta al pubblico il 20 dicembre 1928 con la solenne con-sacrazione.

Ricordando tutto questo il triduo è iniziato Venerdì 23Settembre con la recita del Rosario e la Celebrazione Eu-caristica, che si è conclusa con l’affidamento alla Vergine

Maria dei bambini battezzati du-rante l’ anno.

Sabato 24 settembre, dopo larecita del Rosario e la solenneConcelebrazione Eucaristica pre-sieduta da Don Antonio Lotti SAC,si è svolta la processione: la recitadel Rosario con i misteri della gioiasi è snodata per le strade del cen-tro di Ostia, per ritornare poi nellapiazza principale, dove un meravi-glioso spettacolo pirotecnico ha la-sciato tutti con il fiato sospeso.

Infine la festa è culminata Domenica 25 Settembre conla visita del cardinale, Sua Eminenza Agostino Vallini, Vica-rio di Sua Santità per la Diocesi di Roma. È stata l’occasio-ne per incontrare le realtà parrocchiali, in particolare le fi-gure giovanili, e per inaugurare la nuova statua di San Vin-cenzo Pallotti, in memoria del Santo fondatore della Socie-tà dell’Apostolato Cattolico, delle Suore pallottine e dell’Unione dell’Apostolato Cattolico.

Per concludere, in occasione della festa, l’oratorio “Da-niele Dottor” ha invitato tutti ad assistere al musical “PeterPan” presso il teatro Nino Manfredi, vicino alla chiesa stes-sa.

Un ringraziamento a tutti coloro che hanno dato il lorocontributo, a coloro che hanno partecipato, ma soprattuttouna preghiera d’invocazione a Maria Regina della Pace,stella polare del nostro cammino cristiano.

Il Cardinale Vallini a S. Maria Regina Pacisper la Festa della parrocchia di Ostia Lido

di Luciana Vinci

Da secoli, la Madonna della Neve è nel cuore dei rocca-prioresi, il cui culto, iniziato sotto il dominio dei Savelli,

è continuato con la Camera Apostolica, che, a partire dal1600, diede vita alla “raccolta della neve e successivo tra-sporto alle neviere di Roma”, con un guadagno graditissi-mo dalla popolazione nel duro inverno.

La fine della raccolta si concludeva con una grande fe-sta di ringraziamento, alla Cappellina, dedicata proprio allaMadonna della Neve, festa, che, nonostante l’arrivo delghiaccio artificiale, continua ancora ai giorni nostri, nelSantuario successivamente costruito, e definitivamente affi-dato ai Padri Pallottini il 16 luglio 1870.

E, il 5 agosto di ogni anno, la Madonna della Neve vienefesteggiata, a Rocca Priora, con bellissime cerimonie reli-giose e ricreative, organizzate dal Rettore, don CiprianoEugen Agu e dal Comitato dei Festeggiamenti, che coinvol-gono l’intera popolazione.

Anche quest’anno la festa ha riscosso grandissimo suc-cesso, sia nella tradizionale giornata destinata ai malati,

che si conclude sempre con un gradito rinfresco, sia con laGiornata Mariana, dedicata alla Madonna della Neve.

Sabato 6 agosto 2016, è stata tenuta, alla presenza diAutorità Civili e Militari, nel Cortile Don Leonardo D’Angelo-ne, attiguo al Santuario e gremito di fedeli, una SolenneConcelebrazione, presieduta da Mons. Alemandi, e nel cor-so della quale, il Rettore Don Cipriano ha rinnovato l’Atto diConsacrazione di Rocca Priora alla Madonna della Neve, lacui origine risale alla 2a Guerra Mondiale, quando, in con-temporanea, un “Cuore d’Argento”, contenente i nomi deisoldati roccaprioresi, presenti nel conflitto bellico, venneposto accanto alla Sacra Immagine perché li proteggesse.

Al termine della cerimonia religiosa, si è svolta la tradi-zionale processione notturna per le vie del paese, conclu-sasi con il momento più atteso e suggestivo, non solo daicommossi roccaprioresi, ma, anche da tantissime personegiunte da Roma e dai centri vicini: il rientro al Santuariodell’Immagine della Madonna della Neve sotto la cadutadei bianchi fiocchi, accolta dal canto dell’Ave Maria. Ric-chissimo anche il programma ricreativo con il “Festival Bim-bincanto” ed altri spettacoli, e la gustosa gastronomia.

Santuario di Rocca Priora, nevicata estivaper la processione della Madonna della Neve

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di Antonio Lotti

Il gruppo UAC “Regina degli Apostoli” di Riposto(CT) ha tenuto nel mese di Agosto ultimo scorso un

Campo Lavoro. Questa attività iniziata nel 2000 pres-so la comunità delle nostre Suore di Riposto, insiemeai membri giovani dell’unione e adulti. Il programmaprevedeva: spazi di Servizio durante la mattinata nel-l’accompagnare i bambini della comunità “PiccoliGabbiani” al mare, e la sera si animavano momentiricreativi o passeggiate. Nei pomeriggi si sono susse-guiti incontri di formazione sulla parola di Dio, con-divisioni e testimonianze. Don Carmelo Raspa, bibli-sta della diocesi di Acireale, ha guidato la liturgia pe-nitenziale con riflessione sul brano evangelico dell’in-fermo presso la piscina di Betzatà. Momenti significa-tivi inoltre, la veglia in due parrocchie di Riposto, pro-trattasi per un lungo periodo notturno e la conclusio-ne con la celebrazione Eucaristica presso la Parroc-chia di Torre Archirafi tenutasi in piazza con grandepartecipazione di popolo. Il campo è stato per tutti imembri come ogni anno, un’esperienza arricchentesia da un punto di vista spirituale che comunitario.Questa esperienza potrebbe essere proposta anchealle altre realtà dell’Unione. A testimonianza di ciòcredo significativo riportare le riflessioni di due giova-ni membri sull’esperienza vissuta. “Tanti lumini acce-si, tante fiammelle tremolanti ai piedi del Santissimoesposto sull’altare: questa l’immagine più bella del

campo trascorso. Mentre la notte trascorre la genteentra in chiesa e presenta a Dio preghiere e ringra-ziamenti. Bambini, anziani, turisti, famiglie, ammalati,giovani… tutti si lasciano inondare per un minuto oun ora dall’amore più bello. La consapevolezza deigrandi cambiamenti in atto ha reso a volte difficile pernoi giovani vivere serenamente questo campo. masempre ci accompagna una certezza che un scintillaspezza le tenebre… con Dio si può tutto e per amoredi Dio si può fare tutto, siamo come quei lumini pe-rennemente ardenti sotto il Suo sguardo paterno:non esistono lontananze alla sua presenza ma solo ilcalore di un unico grande fuoco che riaccende ilmondo”. (Sara) “Questo campo ha avuto un saporediverso da tutti gli altri. Da una parte innegabile lamalinconia che lo ha attraversato dall’altra la presa dicoscienza che in questo momento difficile più chemai ciascuno deve prendere consapevolezza del pro-prio si all’UAC, e rinnovarlo deciso e entusiasta. Tantimomenti intensi vissuti in quei giorni, ma una la do-manda simbolo di questo campo che mi porto dentroil “Vuoi guarire?” chiesta da Gesù al paralitico nellapiscina Betzatà. Voglio portare questo interrogativonella mia quotidianità, voglio che mi risuoni dentroogni volta che adagiarsi sulle difficoltà sarà la stradapiù semplice, ogni volta che cercare alibi sarà più co-modo, ogni volta che rispondere sinceramente a que-sta domanda mi costringerà a guardarmi dentro e acambiare direzione”.

A Riposto il campo di lavoro estivoorganizzato dal Gruppo UAC

La basilicaparrocchiale SanPietro Apostolo diRiposto fu iniziatanel 1808 e apertaal culto nel 1818.L'artistica emonumentalefacciata, realizzatain pietra bianca diComiso, imitaquella dell'Arcibasilica di SanGiovanni inLaterano di Roma

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«Dio mio, tu mi vuoi nutrirecon la tua Misericordia...»

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TI

... O mio Dio, la tua stessa misericordiami assicurache invece di permettere ai demoni ditenermi, come merito,infinitamente sotto la loro eternaschiavitù,tu sei in me e mi nutrì ad ogni momentoe sempre,con tutti i tuoi infiniti attributi,con la stessa tua essenza e naturae con tutto te stesso: Padre, Figliolo eSpirito Santo.Dio mio, con la stessa tua infinitamisericordiae per i meriti infiniti di Gesù Cristo,per i meriti e l’intercessione di Mariasantissima,e di tutti gli angeli e di tutti i santimi assicuri che per prodigio dimisericordiatu mi vuoi nutrire e mi nutrìcon tutti i tuoi infiniti attributie con tutto te stesso adesso e sempre, adogni momento.E mi nutrì con tale pienezza da supplire a quella nutrizione che tu avresti volutooperare in tutte le anime presenti, future epossibili, se in tutte tu avessi trovato e trovassi tutte le disposizioni necessarie per ricevere gli effetti della tua nutrizione secondo l’ampiezza della tua infinita carità.Già sento, mio Dio, che con la tua infinita misericordiatu in tal modo mi nutrìnon perché in me trovi le disposizioni,ma perché vuoi operare in meil prodigio della misericordia...

(da “Esercizi spirituali”, 1842)

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LARE

CENS

IONE

«Una donna tra due secoli…», uno diquei «personaggi meno noti che erro-

neamente vengono considerati “minori”». Cosìil curatore, Benedetto Coccia, identifica Armi-da Barelli (1882-1917), colei che soprattutto leGiovani di Azione Cattolica chiamavano «lasorella maggiore». Sembrano strani questidue aggettivi – minore, maggiore – che sem-brano opporsi e, invece, si completano reci-procamente. “Minore” per la sua semplicità, ilsuo sentirsi “piccola”. “Maggiore” per il compitodi guida che Armida è stata per le molte deci-ne di migliaia di bambine, ragazze e per il nu-mero non calcolabile di donne giovani e adulteche, fino ai nostri giorni, «hanno contribuito arendere grande la storia del nostro paese»,come sottolinea l’introduzione di questa bio-grafia.

Di famiglia agiata appartenente alla media borghesia milanese, quella cheha fatto grande l’attuale Milano, Armida, seconda di sei fratelli, non fu educataalla fede, che ella scoprì da sola in una scuola della Svizzera tedesca tenuta dasevere Suore Insegnanti. Si sentì anche chiamata alla vita contemplativa, maper l’opposizione dei genitori e l’incoraggiamento di Padre Gemelli («Si può ri-nunciare al mondo senza aver bisogno di entrare in convento»), si convinse chela sua doveva essere una vita di una laica verginità dedicata a collaborare allacostruzione del Regno di Dio nel mondo.

Così i suoi più importanti contributi a questo obiettivo furono la fondazione,insieme con Padre Agostino Gemelli, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore edel ramo femminile giovanile dell’Azione Cattolica. L’Università fu anche, per tut-ta la vita, il suo lavoro professionale nei campi dell’amministrazione, dell’inse-gnamento e della rivista “Vita e Pensiero” (1914) anch’essa fondata da lei e dalRettore. Nel frattempo aderì all’Ordine Secolare Francescano, anteprima storicadi ogni altro movimento laicale e quindi primo approccio all’impegno nell’AzioneCattolica, di cui fu poi nominata vice presidente nazionale delle Donne da Be-nedetto XV (1918) con il compito di fondare anche la Gioventù Femminile(1.164.388 socie nel 1942). Nel 1946 Pio XII la nominò Vicepresidente naziona-le di tutta l’Azione Cattolica. Durante la prima Grande Guerra Armida era riusci-ta, con padre Agostino, a convincere il comandante in capo, generale Luigi Ca-dorna, a consentire la Consacrazione dei soldati al Sacro Cuore di Gesù, che sirealizzò il primo venerdì del gennaio 1917, con la partecipazione all’Eucaristiadi due milioni di militari. L’iniziativa si ripeté, con qualche problema, nella guerrad’Africa del 1936 e nella seconda mondiale nel 1941.

Donna di grande energia, volontà e carità, Armida partecipò anche alla na-scita dell’Istituto delle Missionarie della Regalità di Cristo (1920) legata alla suaconsacrazione, alla nascita dell’Istituto Benedetto XV nello Shaanxi, una provin-cia nel nordovest della Cina, infine all’istituzione dell’Opera della Regalità di Cri-sto (1928). E non è tutto. L’ultimo pesante impegno di Armida fu la sensibilizza-zione delle donne al primo voto politico nell’Italia repubblicana per la Costituen-te. Morì nel 1952 per un tumore. Era il giorno della festa dell’Assunzione.

Il libro è il prodotto di un ampio lavoro di tre ricercatori dell’Istituto di StudiPolitici San Pio V, di Roma coordinati da Benedetto Coccia, già presidente dio-cesano dell’AC di Roma, e si legge quasi come un romanzo per la cura dei dati,l’analisi della personalità, la completezza scrupolosa anche per gli altri perso-naggi della storia della Barelli, infine della facilità del testo. P. G. L.

Armida Barelli - Una donna tra due secoli, di Caterina Ciriello, Cristina Giacomi,Ulderico Parente, a cura di Benedetto Coccia, per conto dell’Istituto di Studi Politici,Editrice Apes, Roma, pagg. 130, € 12,00.

Una donna tra due secoliArmida Barelli e l’AC


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