+ All Categories
Home > Documents > IMMAGINI DEL DIVINO NELL’ANTICO E NEL MODERNO … · DA GIOTTO A MONDRIAN ... Prendiamo ad...

IMMAGINI DEL DIVINO NELL’ANTICO E NEL MODERNO … · DA GIOTTO A MONDRIAN ... Prendiamo ad...

Date post: 16-Feb-2019
Category:
Upload: hoangnga
View: 214 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
2
IMMAGINI DEL DIVINO NELL’ANTICO E NEL MODERNO DA GIOTTO A MONDRIAN Il saggio stabilisce dei confronti fra opere d’arte classica ed opere d’arte moderna per spiegare le trasformazioni che la pit- tura ha subito nel corso dei secoli e per stimolare riflessioni sulle diverse forme di rappresentazione visiva nelle società del passato e del presente. Anticamente la pittura era l’unico mezzo per raccontare la vita con immagini. Ai pennelli si sono aggiunti nel tempo nuovi stru- menti (fotografia, cinematografo, televisione) che assolvono oggi tale funzione in modo molto più rapido ed efficace. “Dipingere non è copiare servilmente l’oggetto, è cogliere l’ar- monia fra numerosi rapporti e trasferirli in un sistema proprio, sviluppandoli secondo una logica nuova ed originale.” (Cézan- ne) Tra la fine dell’Ottocento ed i primi del Novecento la pittura si libera dall’obbligo della resa fedele dei particolari (Impressioni- smo ed Espressionismo), si sintonizza con una realtà dinamica (Cubismo e Futurismo) e dà nuova forma al mondo (Neoplasti- cismo) che, nel frattempo, è profondamente cambiato. Un universo a cui erano ammessi solo santi, papi e notabili (Fig. 1) si trasforma in una scena di vita popolare (Fig. 3). Andando di pari passo con le trasformazioni sociali e passan- do attraverso lo sguardo del Caravaggio, nell’arco di quattro secoli la nuda e cruda realtà irrompe sulla scena artistica. Fino ai giorni nostri quando fotografia e televisione presentano la vita in tempo reale. Come riconoscere un’opera d’arte nella miriade di immagini che affollano il panorama attuale? Il saggio mette a confronto un dipinto classico, un’opera im- pressionista, una fotografia commerciale ed una clip televisiva per abbozzare un comune metro di giudizio critico fra le diver- se tecniche di espressione visiva. * * * Noi abbiamo oggi un’idea del reale che è molto più articolata e complessa di quella che si aveva nel 1500. Se lo sguardo aristocratico e selettivo dell’arte (Fig. 1) si apre nel corso del tempo alla varietà del mondo reale (Fig. 3), Andy Warhol ci dice che già un solo individuo presenta una molte- plicità di aspetti di cui si dovrà tener conto se si vuole davvero rappresentare la realtà (Fig. 4). Ogni cosa presenta oggi una tale complessità che una sola immagine non riesce più a rappresentare. Prendiamo ad esempio un albero: visto da lontano, esso ap- pare come una sintetica macchia verde ma osservato da vi- cino, l’albero svela una realtà ben più composita. Osservata da molto vicino, ogni singola foglia appare come un piccolo universo. La scienza ci dice che il microcosmo è uguale come composizione al macrocosmo. Come può la pittura rappresentare una realtà che noi sappia- mo oggi essere così articolata e complessa? Senza più indugiare sull’aspetto particolare di ogni cosa (per questo c’è la fotografia...) la pittura astrae per concentrare lo sguardo su ciò che le cose hanno in comune (Fig. 5). “C’è un disegno comune a tutte le cose, le piante, gli alberi, gli animali, gli uomini, ed è con questo disegno che si deve essere in consonanza.” (Matisse). Usando una metafora, diremo che se il mondo è un infinito mare pieno di onde ed ognuna di esse è diversa dall’altra, la pittura realista (figurativa) insegue la realtà nella forma appa- rente di qualche onda, mentre la pittura astratta concentra lo sguardo sul divenire dell’acqua. Il saggio vuole contribuire a spiegare le ragioni che hanno gui- dato l’evoluzione dell’arte da una concezione naturalistica (fi- gurativa) verso un nuovo modo di vedere che, mutatis mutan- dis, rimetta in gioco ciò che un tempo si chiamava “una visione del mondo”. * * * Confrontando le figure 1 e 5, vediamo che entrambe le opere presentano una progressione da una condizione molteplice verso una sintesi unitaria. Nel dipinto antico osserviamo la parte bassa animata da un multiforme gruppo di figure umane che si riducono nella zona mediana dell’affresco a dodici figure più significative (santi e profeti); si sintetizzano più in alto nelle tre figure più emblemati- che (la Madonna, il Cristo e S. Giovanni Battista) e raggiungo- no infine l’unità nel punto più alto con la figura di Dio, affiancato da tre angeli sui due lati. Gli uomini, che in basso stanno in ordine sparso, seguono più in alto un ordine semicircolare (le nuvole con i santi ed i profeti) dal quale emerge un cerchio quasi completo (Cristo) che si concentra infine nella sfera tenuta in mano da Dio. Da un casuale e multiforme assembramento nascono sequen- ze circolari che si concentrano in un tondo perfetto. Dall’imperfezione della condizione terrena la geometria del di- pinto conduce verso la perfezione divina. Raffaello colloca l’ostensorio, lo Spirito Santo, il Cristo e Dio su di uno stesso asse centrale. Dalla figura di Dio, attraverso il Cristo, i Profeti ed i Vangeli ispirati dallo Spirito Santo (il tondo dorato con la colomba), la verità scende sulla terra e dall’altare si svela agli uomini. Nel Cinquecento tutto si riassume nell’uomo che si mette al centro di un universo simmetrico. Diceva Cézanne verso la fine dell’Ottocento: “Dobbiamo dare un’immagine consapevole della natura; fin’ora abbiamo consi- derato solo l’uomo.” Senza più sognare un universo antropomorfico, il dipinto moderno (Fig. 5) presenta un processo analogo: In un “paesaggio” molteplice dove incessantemente tutto cam- ba (Fig. 5a), si evidenziano brevi sequenze simmetriche che suggeriscono una tendenza all’ordine (Fig. 5b). Vediamo, ad esempio, come nel punto A il casuale incedere di quadratini segua un ritmo più costante: due quadratini rossi appaiono come il centro di una sequenza che si ripete uguale sia verso destra e sia verso sinistra. L’idea di simmetria evoca ordine ma non governa più l’intera composizione come nell’affresco del Cinquecento. Se in quest’ultimo si osservano della parziali asimmetrie all’in- terno di uno spazio che nel suo insieme è dominato dalla sim- metria, nel dipinto moderno il concetto di simmetria è solo un caso particolare di un universo del tutto asimmetrico. L’immagine mostra una tendenza alla sintesi quando le piccole entità crescono di misura (Fig. 5c) e poi concentrano in sé due colori (Fig. 5d); fino ad una grande entità che unisce in sé i tre colori primari (Fig. 5e). Qui l’iniziale moltitudine di frammenti gialli, rossi e blu (Fig. 5a) si concentra in una sintesi. Entrambe le opere (Figg. 1 e 5) presentano quindi una progres- sione da una condizione molteplice verso una sintesi unitaria. Secondo le credenze del loro tempo, le due immagini evocano l’unità di tutte le cose ed entrambe lo fanno attraverso un abile e consapevole uso della composizione. Poiché si esprime in forma astratta, l’unità del dipinto moderno può valere idealmente per tutte le forme naturali e non più solo esclusivamente per l’uomo. Nel dipinto antico la progressione dal molteplice all’uno segue un ordine piramidale e gerarchico. La vita quotidiana degli uo- mini e quella eterna di Dio sono due mondi separati e distinti. Nell’immagine moderna molteplice ed uno si sviluppano su di uno stesso piano; il quotidiano (la mutevole realtà delle piccole entità) si fa per un istante eterno (l’entità maggiore dove il dive- nire si trasforma in essere ed un certo ordine prevale). Nell’affresco antico l’uno si manifesta nell’alto dei cieli. Nel dipinto moderno la genesi dell’unità va di pari passo con un graduale processo di interiorizzazione dell’esterno: le superfici uniformi (Fig. 5c) sviluppano una parte interna di colore diverso (Fig. 5d) che cresce e si arricchisce ulteriorimente (Fig. 5e) fino a raggiungere l’unità quando i tre colori primari si compenetra- no fra loro armoniosamente. Il giallo (colore prevalente delle rette) raggiunge qui il massimo grado di interiorizzazione. Ciò equivale a dire che l’unità non va cercata nell’alto dei cieli, bensì nella propria coscienza; una realtà interiore che concen- tra in sé la stessa energia che dà forma alla realtà esterna. Il dipinto moderno ci dice che Dio non è un ente fisso e de- ciso una volta per tutte da qualche dottrina morale imposta dall’esterno, ma una faticosa e continua ricerca di equilibrio che inizia dentro di noi fra pulsioni opposte ed apparentemente inconciliabili come gli istinti e la ragione, la materia e lo spirito, l’esteriorità e l’interiorità. Concetti opposti che Piet Mondrian esprime con un dinamico contrasto fra orizzontali e verticali. L’immagine astratta ci dice che la ricerca di Dio inizia dentro di noi senza, tuttavia, potersi mai concludere in noi stessi. Vediamo, infatti, che l’unità si apre a nuova molteplicità: Fig. 5f: sebbene sia grande quanto la superficie che esprime l’unità, la superficie sottostante non è più formata dai tre colori primari, bensì solo da rosso e da grigio. La superficie, disposta in verticale, viene attraversata da una retta orizzontale. Uno spazio interiore (superficie) si apre all’in- fluenza dell’esterno (retta). L’equilibrio e la sintesi degli opposti che si era raggiunta più in alto, si apre ora di nuovo alla dualità orizzontale-verticale. Nella fig. 5g A continua il processo di disgregazione dei tre co- lori primari: si osservi come il giallo tenda già a fuoriuscire sulla destra oltre il perimetro della superficie per confluire nel giallo delle rette circostanti. La fig. 5g B rappresenta le fasi finali del processo di apertura dell’uno al molteplice. Riassumendo: dai piccoli ed effimeri quadratini sulle rette (Fig. 5a) passiamo verso entità più estese e durature (Figg. 5b, 5c, 5d), fino ad un’unica grande entità che esprime tutto in sintesi (Fig. 5e) ma poi si riapre ad una nuova molteplicità di quadra- tini (Figg. 5f, 5g). La varietà del mondo, che la pittura nuova esprime con delle rette virtualmente infinite e con i tre colori più vivi e contrastan- ti, si concentra idealmente in uno spazio interiore (Fig. 5e) che poi si riapre alla molteplicità del mondo. Mondrian: “Attraverso l’interiorizzazione di ciò che è conosciuto come materia e l’esteriorizzazione di ciò che è conosciuto come spirito - fino ad oggi troppo separati! - materia e spirito divengono un’unità.” Nel dipinto astratto la natura esterna e la natura interiore (ciò che noi chiamiamo spirito) diventano un unicum. Non sarebbe stato possibile esprimere una simile concezione con la pittura naturalista, realista o, altrimenti detta, figurativa. L’uno si riapre al molteplice perché ogni sintesi del pensiero deve sempre misurarsi con l’inesauribile varietà della natura e dell’esistenza nel tempo. Questo fa ogni persona di buon senso quando rimette in discussione le proprie certezze. Questo fa da secoli il pensiero filosofico e così fanno, soprat- tutto, le scienze sperimentali. * * * A differenza de La Disputa del Sacramento (Fig. 1), che si oc- cupa della fede, il secondo affresco di Raffaello preso qui in esame La Scuola di Atene (Fig. 2) illustra aspetti del pensie- ro razionale (la filosofia, le scienze, le arti liberali). Nel dipinto sono rappresentati i più importanti filosofi dell’antica Grecia sotto le volte di un edificio che sembra sia stato ispirato dai progetti di Bramante per la nuova basilica di San Pietro. Nella Disputa la scena si svolge in uno spazio aperto; nella Scuola tutto si svolge in uno spazio artificiale costruito dall’uo- mo. Sprazzi di cielo sono gli unici riferimenti alla natura. Fig. 1 Raffaello Sanzio La Disputa del Sacramento (Trionfo della Chiesa) 1508-09 Stanza della Segnatura Città del Vaticano Fig. 1a Fig. 2 Raffaello Sanzio La Scuola di Atene 1509-11 Stanza della Segnatura Città del Vaticano Fig. 2a I Copyright 2006-2010 Michael Sciam SIAE, Library of Congress, Washington D.C.
Transcript
Page 1: IMMAGINI DEL DIVINO NELL’ANTICO E NEL MODERNO … · DA GIOTTO A MONDRIAN ... Prendiamo ad esempio un albero: visto da lontano, esso ap- ... gialli, rossi e blu (Fig. 5a) si concentra

IMMAGINI DEL DIVINO NELL’ANTICO E NEL MODERNO

DA GIOTTO A MONDRIAN

Il saggio stabilisce dei confronti fra opere d’arte classica ed opere d’arte moderna per spiegare le trasformazioni che la pit-tura ha subito nel corso dei secoli e per stimolare riflessioni sulle diverse forme di rappresentazione visiva nelle società del passato e del presente. Anticamente la pittura era l’unico mezzo per raccontare la vita con immagini. Ai pennelli si sono aggiunti nel tempo nuovi stru-menti (fotografia, cinematografo, televisione) che assolvono oggi tale funzione in modo molto più rapido ed efficace.

“Dipingere non è copiare servilmente l’oggetto, è cogliere l’ar-monia fra numerosi rapporti e trasferirli in un sistema proprio, sviluppandoli secondo una logica nuova ed originale.” (Cézan-ne)

Tra la fine dell’Ottocento ed i primi del Novecento la pittura si libera dall’obbligo della resa fedele dei particolari (Impressioni-smo ed Espressionismo), si sintonizza con una realtà dinamica (Cubismo e Futurismo) e dà nuova forma al mondo (Neoplasti-cismo) che, nel frattempo, è profondamente cambiato.

Un universo a cui erano ammessi solo santi, papi e notabili (Fig. 1) si trasforma in una scena di vita popolare (Fig. 3). Andando di pari passo con le trasformazioni sociali e passan-do attraverso lo sguardo del Caravaggio, nell’arco di quattro secoli la nuda e cruda realtà irrompe sulla scena artistica.Fino ai giorni nostri quando fotografia e televisione presentano la vita in tempo reale.Come riconoscere un’opera d’arte nella miriade di immagini che affollano il panorama attuale?Il saggio mette a confronto un dipinto classico, un’opera im-pressionista, una fotografia commerciale ed una clip televisiva per abbozzare un comune metro di giudizio critico fra le diver-se tecniche di espressione visiva.

* * *

Noi abbiamo oggi un’idea del reale che è molto più articolata e complessa di quella che si aveva nel 1500.Se lo sguardo aristocratico e selettivo dell’arte (Fig. 1) si apre nel corso del tempo alla varietà del mondo reale (Fig. 3), Andy Warhol ci dice che già un solo individuo presenta una molte-plicità di aspetti di cui si dovrà tener conto se si vuole davvero rappresentare la realtà (Fig. 4). Ogni cosa presenta oggi una tale complessità che una sola immagine non riesce più a rappresentare. Prendiamo ad esempio un albero: visto da lontano, esso ap-pare come una sintetica macchia verde ma osservato da vi-cino, l’albero svela una realtà ben più composita. Osservata da molto vicino, ogni singola foglia appare come un piccolo universo. La scienza ci dice che il microcosmo è uguale come composizione al macrocosmo.

Come può la pittura rappresentare una realtà che noi sappia-mo oggi essere così articolata e complessa?Senza più indugiare sull’aspetto particolare di ogni cosa (per questo c’è la fotografia...) la pittura astrae per concentrare lo sguardo su ciò che le cose hanno in comune (Fig. 5).

“C’è un disegno comune a tutte le cose, le piante, gli alberi, gli animali, gli uomini, ed è con questo disegno che si deve essere in consonanza.” (Matisse).

Usando una metafora, diremo che se il mondo è un infinito mare pieno di onde ed ognuna di esse è diversa dall’altra, la pittura realista (figurativa) insegue la realtà nella forma appa-rente di qualche onda, mentre la pittura astratta concentra lo sguardo sul divenire dell’acqua.Il saggio vuole contribuire a spiegare le ragioni che hanno gui-dato l’evoluzione dell’arte da una concezione naturalistica (fi-gurativa) verso un nuovo modo di vedere che, mutatis mutan-dis, rimetta in gioco ciò che un tempo si chiamava “una visione del mondo”.

* * *

Confrontando le figure 1 e 5, vediamo che entrambe le opere presentano una progressione da una condizione molteplice verso una sintesi unitaria.Nel dipinto antico osserviamo la parte bassa animata da un multiforme gruppo di figure umane che si riducono nella zona mediana dell’affresco a dodici figure più significative (santi e profeti); si sintetizzano più in alto nelle tre figure più emblemati-che (la Madonna, il Cristo e S. Giovanni Battista) e raggiungo-no infine l’unità nel punto più alto con la figura di Dio, affiancato da tre angeli sui due lati.

Gli uomini, che in basso stanno in ordine sparso, seguono più in alto un ordine semicircolare (le nuvole con i santi ed i profeti) dal quale emerge un cerchio quasi completo (Cristo) che si concentra infine nella sfera tenuta in mano da Dio.Da un casuale e multiforme assembramento nascono sequen-ze circolari che si concentrano in un tondo perfetto. Dall’imperfezione della condizione terrena la geometria del di-pinto conduce verso la perfezione divina.Raffaello colloca l’ostensorio, lo Spirito Santo, il Cristo e Dio su di uno stesso asse centrale. Dalla figura di Dio, attraverso il Cristo, i Profeti ed i Vangeli ispirati dallo Spirito Santo (il tondo dorato con la colomba), la verità scende sulla terra e dall’altare si svela agli uomini.

Nel Cinquecento tutto si riassume nell’uomo che si mette al centro di un universo simmetrico.

Diceva Cézanne verso la fine dell’Ottocento: “Dobbiamo dare un’immagine consapevole della natura; fin’ora abbiamo consi-derato solo l’uomo.”

Senza più sognare un universo antropomorfico, il dipinto moderno (Fig. 5) presenta un processo analogo:

In un “paesaggio” molteplice dove incessantemente tutto cam-ba (Fig. 5a), si evidenziano brevi sequenze simmetriche che suggeriscono una tendenza all’ordine (Fig. 5b). Vediamo, ad esempio, come nel punto A il casuale incedere di quadratini segua un ritmo più costante: due quadratini rossi appaiono come il centro di una sequenza che si ripete uguale sia verso destra e sia verso sinistra. L’idea di simmetria evoca ordine ma non governa più l’intera composizione come nell’affresco del Cinquecento. Se in quest’ultimo si osservano della parziali asimmetrie all’in-terno di uno spazio che nel suo insieme è dominato dalla sim-metria, nel dipinto moderno il concetto di simmetria è solo un caso particolare di un universo del tutto asimmetrico.

L’immagine mostra una tendenza alla sintesi quando le piccole entità crescono di misura (Fig. 5c) e poi concentrano in sé due colori (Fig. 5d); fino ad una grande entità che unisce in sé i tre colori primari (Fig. 5e). Qui l’iniziale moltitudine di frammenti gialli, rossi e blu (Fig. 5a) si concentra in una sintesi.Entrambe le opere (Figg. 1 e 5) presentano quindi una progres-sione da una condizione molteplice verso una sintesi unitaria. Secondo le credenze del loro tempo, le due immagini evocano l’unità di tutte le cose ed entrambe lo fanno attraverso un abile e consapevole uso della composizione.

Poiché si esprime in forma astratta, l’unità del dipinto moderno può valere idealmente per tutte le forme naturali e non più solo esclusivamente per l’uomo.

Nel dipinto antico la progressione dal molteplice all’uno segue un ordine piramidale e gerarchico. La vita quotidiana degli uo-mini e quella eterna di Dio sono due mondi separati e distinti.Nell’immagine moderna molteplice ed uno si sviluppano su di uno stesso piano; il quotidiano (la mutevole realtà delle piccole entità) si fa per un istante eterno (l’entità maggiore dove il dive-nire si trasforma in essere ed un certo ordine prevale).

Nell’affresco antico l’uno si manifesta nell’alto dei cieli.Nel dipinto moderno la genesi dell’unità va di pari passo con un graduale processo di interiorizzazione dell’esterno: le superfici uniformi (Fig. 5c) sviluppano una parte interna di colore diverso (Fig. 5d) che cresce e si arricchisce ulteriorimente (Fig. 5e) fino a raggiungere l’unità quando i tre colori primari si compenetra-no fra loro armoniosamente. Il giallo (colore prevalente delle rette) raggiunge qui il massimo grado di interiorizzazione. Ciò equivale a dire che l’unità non va cercata nell’alto dei cieli, bensì nella propria coscienza; una realtà interiore che concen-tra in sé la stessa energia che dà forma alla realtà esterna.

Il dipinto moderno ci dice che Dio non è un ente fisso e de-ciso una volta per tutte da qualche dottrina morale imposta dall’esterno, ma una faticosa e continua ricerca di equilibrio che inizia dentro di noi fra pulsioni opposte ed apparentemente inconciliabili come gli istinti e la ragione, la materia e lo spirito, l’esteriorità e l’interiorità. Concetti opposti che Piet Mondrian esprime con un dinamico contrasto fra orizzontali e verticali.

L’immagine astratta ci dice che la ricerca di Dio inizia dentro di noi senza, tuttavia, potersi mai concludere in noi stessi. Vediamo, infatti, che l’unità si apre a nuova molteplicità: Fig. 5f: sebbene sia grande quanto la superficie che esprime l’unità, la superficie sottostante non è più formata dai tre colori primari, bensì solo da rosso e da grigio.La superficie, disposta in verticale, viene attraversata da una retta orizzontale. Uno spazio interiore (superficie) si apre all’in-fluenza dell’esterno (retta). L’equilibrio e la sintesi degli opposti che si era raggiunta più in alto, si apre ora di nuovo alla dualità orizzontale-verticale. Nella fig. 5g A continua il processo di disgregazione dei tre co-lori primari: si osservi come il giallo tenda già a fuoriuscire sulla destra oltre il perimetro della superficie per confluire nel giallo delle rette circostanti. La fig. 5g B rappresenta le fasi finali del processo di apertura dell’uno al molteplice.

Riassumendo: dai piccoli ed effimeri quadratini sulle rette (Fig. 5a) passiamo verso entità più estese e durature (Figg. 5b, 5c, 5d), fino ad un’unica grande entità che esprime tutto in sintesi (Fig. 5e) ma poi si riapre ad una nuova molteplicità di quadra-tini (Figg. 5f, 5g). La varietà del mondo, che la pittura nuova esprime con delle rette virtualmente infinite e con i tre colori più vivi e contrastan-ti, si concentra idealmente in uno spazio interiore (Fig. 5e) che poi si riapre alla molteplicità del mondo.

Mondrian: “Attraverso l’interiorizzazione di ciò che è conosciuto come materia e l’esteriorizzazione di ciò che è conosciuto come spirito - fino ad oggi troppo separati! - materia e spirito divengono un’unità.”

Nel dipinto astratto la natura esterna e la natura interiore (ciò che noi chiamiamo spirito) diventano un unicum.Non sarebbe stato possibile esprimere una simile concezione con la pittura naturalista, realista o, altrimenti detta, figurativa.

L’uno si riapre al molteplice perché ogni sintesi del pensiero deve sempre misurarsi con l’inesauribile varietà della natura e dell’esistenza nel tempo. Questo fa ogni persona di buon senso quando rimette in discussione le proprie certezze. Questo fa da secoli il pensiero filosofico e così fanno, soprat-tutto, le scienze sperimentali.

* * *

A differenza de La Disputa del Sacramento (Fig. 1), che si oc-cupa della fede, il secondo affresco di Raffaello preso qui in esame La Scuola di Atene (Fig. 2) illustra aspetti del pensie-ro razionale (la filosofia, le scienze, le arti liberali). Nel dipinto sono rappresentati i più importanti filosofi dell’antica Grecia sotto le volte di un edificio che sembra sia stato ispirato dai progetti di Bramante per la nuova basilica di San Pietro.Nella Disputa la scena si svolge in uno spazio aperto; nella Scuola tutto si svolge in uno spazio artificiale costruito dall’uo-mo. Sprazzi di cielo sono gli unici riferimenti alla natura.

Fig. 1 Raffaello Sanzio La Disputa del Sacramento (Trionfo della Chiesa) 1508-09 Stanza della Segnatura Città del Vaticano

Fig. 1a

Fig. 2 Raffaello Sanzio La Scuola di Atene 1509-11 Stanza della Segnatura Città del Vaticano

Fig. 2a

I

Cop

yrig

ht

2006

-201

0 M

icha

el S

ciam

SI

AE,

Lib

rary

of C

ongr

ess,

Was

hing

ton

D.C

.

Page 2: IMMAGINI DEL DIVINO NELL’ANTICO E NEL MODERNO … · DA GIOTTO A MONDRIAN ... Prendiamo ad esempio un albero: visto da lontano, esso ap- ... gialli, rossi e blu (Fig. 5a) si concentra

Fig. 4 Andy Warhol Ether Scull 36 Times 1963 Whitney Museum of American Art New York Fig. 5 Piet Mondrian Broadway Boogie Woogie 1942-43 Museum of Modern Art New York

5a 5b 5c

5d 5e 5f 5g

Cop

yrig

ht

2006

-201

0 M

icha

el S

ciam

SI

AE,

Lib

rary

of C

ongr

ess,

Was

hing

ton

D.C

.

Non è probabilmente solo per un caso che Broadway Boogie Woogie sia venuto alla luce nel nuovo mondo; in un luogo dove tutte le mentalità, culture e religioni cercano di coesistere; a New York City dove il laboratorio per una futura società plane-taria è già da tempo in funzione.

La questione dell’uno e del molteplice non riguarda solo la filo-sofia e le religioni, ma anche la nostra più diretta esperienza di vita quotidiana. Penso, ad esempio, agli affollati e spesso cao-tici paesaggi urbani dove sarebbe auspicabile poter trovare un migliore equilibrio fra le parti ed il tutto.

Altri diagrammi (qui omessi) evidenziano ulteriori interessanti riferimenti dell’immagine astratta alla condizione umana.

Il mondo attuale chiede nuovi valori che noi troveremo se sa-premo mettere la tradizione al servizio dell’innovazione; se saremo in grado di gestire in modo equilibrato il confronto fra linguaggi, culture e religioni diverse; se riusciremo a vedere in forma nuova la relazione fra molteplice ed uno.

In questa prospettiva, un certo modo d’intendere l’arte può es-sere di stimolo e contribuire al lavoro comune.

Le altre opere che il saggio prende in esame sono:Giotto, “Madonna in Trono (Pala d’Ognissanti)” (1306-1310), Galleria degli Uffizi, Firenze;Piero della Francesca, “Annunciazione” (1470 c.), Galleria Na-zionale dell’Umbria, Perugia;Piero della Francesca, “La Flagellazione di Cristo” (1453 c.), Galleria Nazionale delle Marche, Urbino;Pietro Vannucci (Il Perugino), “L’Eterno con Profeti e Sibille” (1500), Collegio del Cambio (Perugia); Raffaello, “La Madonna col Bambino e San Giovannino (Ma-donna della Seggiola)” (1514), Palazzo Pitti, Firenze;Leonardo da Vinci, “Annunciazione” (1474 c.), Galleria Degli Uffizi, Firenze;Ignoto Pittore Zen, Ideogramma (1750), Ubicazione Ignota; Peter Wenzel, “Adamo ed Eva nel Giardino dell’Eden” (1790 c.), Pinacoteca Vaticana, Città del Vaticano;Paul Cézanne, “La Montagne Sainte-Victoire” (1904-06), Zürich Kunsthaus, Zurigo;Henri Matisse, “L’Escargot” (1952-53), Tate Gallery, London;Henri Matisse, “Grande Composizione con Maschere” (1953), National Gallery of Art, Washington. Jackson Pollock, “Convergence” (1952), Albright-Knox Art Gallery, Buffalo, N.Y.

A

B

dei dettagli e concentrando lo sguardo su ciò che le cose han-no in comune (visione astratta), la pittura può oggi riacquistare uno sguardo di più ampio respiro.

“L’arte deve esprimere l’universale” (Mondrian).

Se la complessità del mondo odierno è figlia del Rinascimen-to e dell’Illuminismo e se proprio tale complessità induce oggi l’arte a cercare nuova sintesi attraverso l’astrazione, si può ben dire che la pittura astratta sia la più logica e naturale evo-luzione del pensiero rinascimentale.

Condividere lo spirito rinascimentale significa osservare l’infi-nita varietà del mondo, ampliando lo sguardo verso i paesaggi artificiali generati dall’uomo e, soprattutto, verso il mondo invi-sibile del microcosmo e quello irraggiungibile del macrocosmo. Per questo lo spazio naturalistico dell’arte si trasforma in uno spazio astratto.

Chi esalta oggi il Rinascimento, restando ancora aggrappato agli stereotipi formali di quel tempo, mortifica in realtà il suo spirito più vero che fu quello di scoprire, sperimentare ed inno-vare, non già di conservare.Soprattutto in Italia, si dovrebbe riuscire a trovare un comune denominatore fra antico e moderno. Il passato dovrebbe servire alla costruzione del futuro.Spesso, invece, noi ci sediamo sulle glorie dei tempi andati e la

grande tradizione di cui siamo eredi diventa una buona scusa per non fare più nulla di realmente innovativo nel presente.Lo spazio nuovo del Rinascimento fu anche frutto di certe con-dizioni storiche. Lo spazio plastico delle arti e dell’architettura non è una variabile indipendente dall’economia, dalla politica e dalla società nel suo insieme. Se ciò è vero, io credo che il rinnovamento della società, invocato oggi da più parti, deb-ba passare anche attraverso una più attuale concezione dello spazio plastico.

Il saggio intende mostrare come l’arte moderna e contempo-ranea non sia solo sfrenato individualismo, clamore e fugace apparenza, ma possa contribuire in modo sostanziale al pro-gresso spirituale della società.Cézanne diceva che “l’arte è una religione, il suo scopo è ele-vare il pensiero.” Il dipinto di Piet Mondrian esprime in chiave moderna una vi-sione sacra della vita tanto quanto le tavole di Giotto e di Piero della Francesca o gli affreschi del Perugino e di Raffaello.

Poiché astrae da contingenze storiche e tradizioni locali, la vi-sione moderna (Fig. 5) può accomunare idealmente le diverse religioni in un’immagine universale della spiritualità.Io credo, inoltre, che l’opera di Mondrian possa offrire un terre-no comune sia agli uomini di fede e sia agli uomini di scienza.Anche le istanze razionali di un ateo possono trovare un riscon-tro nell’unità che si manifesta nel Broadway Boogie Woogie.

Fig. 3 Antonio Pellizza da Volpedo Il Quarto Stato 1901 Museo dell’Ottocento - Villa Reale Milano

Se nella Disputa la condizione terrena dell’uomo (la scena orizzontale in primo piano) sviluppa una tensione verticale ver-so l’alto, nella Scuola tutto resta nella dimensione orizzontale della vita terrena.Nell’affresco che raffigura la teologia tutto lo spazio converge verso un unica entità centrale (Fig. 1a).Nell’affresco che illustra gli aspetti dello scibile umano, il centro della composizione resta in equilibrio fra due figure: Platone ed Aristotele (Fig. 2a).La composizione che ci parla della fede converge verso un’uni-tà (di cui l’ostensorio poggiato sull’altare è un simbolo terreno) mentre quella che illustra il pensiero razionale ha come centro una dualità (due modi di vedere il mondo).Ciò dimostra come già Raffaello, prima ancora di Mondrian, si affidasse alla forma per esprimere dei contenuti.

I due dipinti antichi si trovano uno di fronte all’altro nella Stanza della Segnatura in Vaticano.Nella Disputa noi contempliamo la genesi di un’unità che nella Scuola si apre alla dualità. Da un lato il pensiero che mira alla sintesi assoluta della fede; dall’altro il pensiero razionale che osserva, analizza e scompone generando molteplicità. Senza soluzione di continuità nel Broadway Boogie Woogie (Fig. 5) il molteplice si fa uno e poi l’uno si riapre molteplice. Lo sguardo analitico e moltiplicatore delle scienze (Fig. 5a) si concentra nell’unità invocata dallo spirito (Fig. 5e) per poi ria-prirsi ad una moltitudine di relazioni in divenire (Fig. 5g).

Mutatis mutandis e riducendo in questa sede all’essenziale, possiamo ipotizzare che i due affreschi di Raffaello trovino una sintesi nel dipinto di Mondrian dove scienza e fede acquistano uno stesso valore. La tesi è suffragata da una spiegazione dettagliata e da nume-rosi esempi che vengono qui omessi per brevità.

* * *

Si diceva all’inizio come lo spettro di realtà sperimentata nel Cinquecento fosse meno ampio di quello che si presenta all’uomo del Novecento. La complessa immagine del reale che noi abbiamo oggi si deve agli sviluppi del pensiero, ai progres-si della scienza ed alle conseguenti innovazioni tecnologiche che si sono succeduti negli ultimi secoli e questi sono stati anche frutto di una rinnovata attitudine alla ricerca, invenzione e scoperta che ha animato gli uomini del Quattrocento. Possiamo perciò dire che l’attuale complessità del mondo sia anche figlia dello spirito rinascimentale.

Fra il Cinquecento ed il Novecento la realtà si è moltiplicata; lo scibile umano, racchiuso un tempo in una visione unitaria (Leonardo), si è frantumato in mille rivoli. Assolvendo alla funzione di rappresentare il mondo, la pittura ha inseguito la moltiplicazione del reale, fino ad occuparsi di “impressioni” più che di una visione unitaria.Delegando alla fotografia, al cinema ed alla televisione la cura

II

A


Recommended