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IMMANUEL KANT (1724 - 1804): Sintesi dei principali ... · dunque, per Kant non può essere...

Date post: 23-Feb-2019
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IMMANUEL KANT (1724 - 1804): Sintesi dei principali concetti della sua gnoseologia (Critica della Ragione Pura - 1781; 1787) IL RAPPORTO STORICO DI CERTEZZA E VERITA’: o La filosofia moderna il nuovo problema della soggettività Filosofia antica e precartesiana Identità immediata di certezza e di verità: o Certezza: le determinazioni soggettive, umane, mentali, ovvero lo stato del pensare, della coscienza (noi possiamo essere certi di cose vere e di cose false: 3+2=5 e la chimera). o Verità: tutte le determinazioni oggettive, cioè lo stato delle cose, indipendentemente da me che le penso o Il pensiero ha certezza, ossia conosce la realtà così come essa è in sé stessa. o La realtà esiste indipendentemente dal pensiero o Il mondo in cui viviamo è esterno alla nostra mente o La realtà, indipendente dalla nostra mente, è direttamente accessibile ai nostri pensieri Descartes: Opposizione di certezza e di verità: o La realtà, in quanto pensata, non è la realtà che esiste in sé stessa indipendentemente dal pensiero. In quanto REALTA’ PENSATA essa è contenuto di pensiero, l’intero universo è realtà pensata, è IDEA (fino a Hume, che pure considera l’idea in un’accezione più ristretta rispetto alle percezioni della mente). o Per la filosofia moderna non si può quindi sostenere IMMEDIATAMENTE che la certezza del pensiero coincida con la verità della realtà. Nasce dunque il problema di stabilire che cosa corrisponda nella realtà esterna alla nostra conoscenza. o Il Razionalismo, ricorrendo alla dimostrazione di un principio razionale assoluto (Dio) che certifica la corrispondenza esatta tra ordine dei miei pensieri e ordine della realtà, ricompone l’opposizione tra certezza e verità. o Hume: critica al principio di causalità come unico principio atto a stabilire una realtà esistente fuori della mente o al di là dell’esperienza. H. non vuole sostenere che l’esperienza coincida con la totalità dell’essere. Per Hume la verità consiste nei contenuti della mente (la certezza) e basta (ecco perché per H. la verità tutta coincide con quello che per Descartes era solo il primo passo, l’indubbio contenuto del mio pensiero). Per H. i contenuti della mente non sono regolati da alcuna legge necessaria, ma da una dolce forza, da tendenze, causalità, somiglianza, contiguità che esistono solo di fatto, e che non sono necessarie. Di conseguenza, non solo la metafisica, ma pure la conoscenza razionale della natura (fisica di Newton) è priva di valore universale e necessario. Se la matematica conserva questo valore è solo perché le sue proposizioni non si riferiscono all’esperienza, ma si limitano a
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IMMANUEL KANT (1724 - 1804): Sintesi dei principali concetti della sua gnoseologia

(Critica della Ragione Pura - 1781; 1787)

IL RAPPORTO STORICO DI CERTEZZA E VERITA’:

o La filosofia moderna – il nuovo problema della soggettività

Filosofia antica e precartesiana

Identità immediata di certezza e di verità:

o Certezza: le determinazioni soggettive, umane, mentali,

ovvero lo stato del pensare, della coscienza (noi possiamo

essere certi di cose vere e di cose false: 3+2=5 e la chimera).

o Verità: tutte le determinazioni oggettive, cioè lo stato delle

cose, indipendentemente da me che le penso

o Il pensiero ha certezza, ossia conosce la realtà così come essa

è in sé stessa.

o La realtà esiste indipendentemente dal pensiero

o Il mondo in cui viviamo è esterno alla nostra mente

o La realtà, indipendente dalla nostra mente, è direttamente

accessibile ai nostri pensieri

Descartes:

Opposizione di certezza e di verità:

o La realtà, in quanto pensata, non è la realtà che esiste in sé

stessa indipendentemente dal pensiero. In quanto REALTA’

PENSATA essa è contenuto di pensiero, l’intero universo è

realtà pensata, è IDEA (fino a Hume, che pure considera l’idea

in un’accezione più ristretta rispetto alle percezioni della

mente).

o Per la filosofia moderna non si può quindi sostenere

IMMEDIATAMENTE che la certezza del pensiero coincida

con la verità della realtà. Nasce dunque il problema di stabilire

che cosa corrisponda nella realtà esterna alla nostra

conoscenza.

o Il Razionalismo, ricorrendo alla dimostrazione di un principio

razionale assoluto (Dio) che certifica la corrispondenza esatta

tra ordine dei miei pensieri e ordine della realtà, ricompone

l’opposizione tra certezza e verità.

o Hume: critica al principio di causalità come unico principio

atto a stabilire una realtà esistente fuori della mente o al di là

dell’esperienza. H. non vuole sostenere che l’esperienza

coincida con la totalità dell’essere. Per Hume la verità consiste

nei contenuti della mente (la certezza) e basta (ecco perché per

H. la verità tutta coincide con quello che per Descartes era

solo il primo passo, l’indubbio contenuto del mio pensiero).

Per H. i contenuti della mente non sono regolati da alcuna

legge necessaria, ma da una dolce forza, da tendenze,

causalità, somiglianza, contiguità che esistono solo di fatto, e

che non sono necessarie. Di conseguenza, non solo la

metafisica, ma pure la conoscenza razionale della natura

(fisica di Newton) è priva di valore universale e necessario. Se

la matematica conserva questo valore è solo perché le sue

proposizioni non si riferiscono all’esperienza, ma si limitano a

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esplicare nel predicato ciò che è implicito nella nozione del

soggetto.

Kant:

Opposizione estrema di certezza e di verità:

o Le cose in sé stesse, esterne, indipendenti dalla conoscenza

umana, NON POSSONO ESSERE CONOSCIUTE, nel modo

più perentorio. C’è opposizione assoluta tra certezza e verità.

Se anche fosse possibile costruire uno strumento conoscitivo

più perfetto, per passare dall’ordine delle rappresentazioni

all’ordine delle cose in sé stesse (per Descartes: passare dalle

idee, dal contenuto oggettivo, all’ordine dell’essere formale),

anche questo caso sarebbe sempre un conoscere e il suo

contenuto sarebbe qualcosa di conosciuto, sarebbe a sua volta

rappresentazione, non le cose fuori del conoscere. Noi

conosciamo le cose solo sotto forma di rappresentazione.

o la realtà conoscibile è solo rappresentazione o fenomeno

o La realtà in sé è inaccessibile alla mente umana.

o Abbattimento delle metafisiche tradizionali.

Idealismo tedesco (Fichte, Schelling, Hegel):

Identità mediata (perché passa attraverso la negazione della cosa in

sé, concetto limite – per Kant, il limite della sensibilità – impossibile

poiché contraddittorio) di certezza e verità.

o Tolto il limite noumenico della cosa in sé, il pensiero è

infinito, totalità dell’essere.

o La realtà non è più esterna e indipendente, ma si identifica

nell’infinità del pensiero.

o Il pensiero è la totalità dell’essere.

o Rinnovato ritorno alla metafisica.

KANT: LA FILOSOFIA CRITICA

o Criticismo Vs. Dogmatismo:

Che cos’è il dogmatismo: è la pretesa che il contenuto conosciuto dall’uomo

possa essere l’insieme delle cose in sé stesse. È la pretesa contraddittoria di

poter uscir dal conoscere mediante il conoscere stesso, come pensare di

scavalcare la propria ombra. Dogmatico sarà dunque il razionalismo. Circolo

vizioso sarà tentare di ottenere garanzia dell’accordo tra certezza e verità

attraverso previa dimostrazione dell’esistenza di Dio. Perché anche Dio è una

nostra rappresentazione! E non posso conoscerlo come cosa in sé, cioè

indipendentemente dalla conoscenza che ne ho.

Che cos’è il criticismo: Il criticismo di Kant indica la consapevolezza dei

limiti della ragione umana.

o Fenomeno e noumeno:

La metafisica sarà dogmatica poiché pretende proprio di andare oltre i limiti,

di conoscere le cose in sé, le strutture ultime del reale, Dio. La metafisica,

dunque, per Kant non può essere chiamata scienza. La verità per Kant ,

assolutamente necessaria, è la verità del fenomeno. Fenomeno come ciò che

appare a noi, che si apre, si rivolge verso di noi, e non sta chiuso in se stesso

come cosa in sé.

Al fenomeno deve corrispondere una cosa in sé. Kant non dice che la cosa in

sé non esiste, sostiene semplicemente che non la possiamo conoscere.

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Fenomeno è il contenuto del nostro conoscere e quindi non è niente in sé

stesso, niente al di fuori del mondo delle nostre rappresentazioni. Ma si

riferisce a qualcosa che fenomeno non è, si riferisce alla cosa in sé, a ciò che

Kant chiama noumeno (significa “pensato”, ma ha valore negativo, è la cosa

in sé in quanto pensata). Cosa in sé, cioè indipendente dalla nostra sensibilità,

e limite della nostra sensibilità.

La sua rappresentazione (il fenomeno) è sensibile ed è a noi disponibile. Il

fenomeno è l’apparenza che implica l’esistenza della cosa in sé di cui è

apparenza.

Di conseguenza, Kant rafforza la tesi di Hume, riguardo all’impossibilità di

considerare la metafisica una scienza.

o Scienza in Kant

La scienza in Kant per svilupparsi non deve uscire dal soggetto. È all’interno

del soggetto stesso. Al suo interno possiamo trovare cioè una struttura di

conoscenze universali e necessarie molto diverse dalle conoscenze con cui la

metafisica pretende di conoscere le cose in sé stesse.

Kant si richiama a un principio ben noto della storia del pensiero filosofico:

la semplice esperienza ci dice ciò che è, ma non ci dice che è

necessariamente così e non altrimenti. Per questo non dà all’uomo una

conoscenza universale. Dunque la conoscenza universale e necessaria non

può derivare dall’esperienza, cioè a posteriori. Ciò che è universale e

necessario deve essere a priori, deve precedere l’esperienza, esserne

indipendente. Tutto questo già lo troviamo in Leibniz e Hume. Ma è a questo

punto che Kant rivoluziona tutto.

o La rivoluzione copernicana di Kant

Kant pensa questo: se fosse il soggetto a regolarsi sulle cose, avremmo solo

conoscenze a posteriori; non esisterebbe allora sapere universale e necessario,

cioè a priori. Infatti, tutto ciò che è necessario è a priori. Dunque l’esistenza

di un sapere necessario non potrà derivare dagli oggetti, ma dal soggetto.

Non dovrà essere la conoscenza umana a regolarsi sulla natura degli oggetti,

ma viceversa gli oggetti a regolarsi sulla natura della conoscenza umana. È la

rivoluzione copernicana.

Prima di Kant si sosteneva che l’uomo dovesse adeguare la sua conoscenza

alla realtà. Con Kant c’è questa inversione, l’unica ad assicurare la necessità

della conoscenza a priori.

La grande conseguenza è che il conoscere a priori diventa la legge che

permette agli oggetti dell’esperienza di concretizzarsi. La conoscenza a priori

è la produzione dell’ordinamento fondamentale degli oggetti dell’esperienza,

ossia produzione della loro forma. Ogni possibile oggetto di conoscenza deve

sottostare a questo ordinamento, o leggi a priori dell’esperienza, prodotte

dalla conoscenza umana. Questo riguarda la matematica e la fisica. È la

struttura fondamentale della ragione sul cui fondamento poggia il sapere

fisico-matematico. La natura non è la cosa in sé, ma è l’oggetto

dell’esperienza che si realizza conformemente alle leggi della conoscenza che

sono a priori nel soggetto. Dunque la fisica è scienza universale e necessaria

proprio perché non è scienza delle cose in sé, ma dei fenomeni, cioè

dell’esperienza che è regolata dal soggetto.

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Le leggi che regolano il mondo sono prodotte dallo spirito umano. La

conoscenza a priori è coscienza che l’uomo ha della propria produzione delle

leggi del mondo.

o Sensibilità e intelletto

Abbiamo visto che lo spirito umano produce le leggi degli oggetti empirici.

Gli oggetti non sono prodotti dalla conoscenza, ma sottostanno alle sue leggi,

ci sono DATI, ossia sono ricevuti dall’esterno.

Lo spirito umano è dunque capacità di ricevere dall’esterno gli oggetti che ci

sono dati.

Dunque lo spirito è ricettività, sensibilità, e in quanto recettivo è passivo

Lo spirito umano considerato invece come produttore di leggi a priori degli

oggetti dell’esperienza, è attivo, è intelletto, attività, spontaneità, creatività

Nella sensibilità l’oggetto è INTUITO

Nell’intelletto l’oggetto è PENSATO.

Chiameremo conoscenza a priori, universale e necessaria, la sintesi tra

intelletto e sensibilità. L’intelletto è produttore di leggi solo se gli oggetti

dell’esperienza gli sono dati. E gli oggetti sono dati solo conformemente alle

leggi a priori prodotte dall’intelletto.

Ora però si tratta di GIUSTIFICARE IL FONDAMENTO di questa

conoscenza a priori, che Hume aveva negato. Kant si assume questo compito

nella sua opera più complessa, la Critica della ragione pura

o KANT: LA CRITICA DELLA RAGIONE PURA

La Critica della Ragione pura è un’analisi critica dei fondamenti del sapere

Il sapere, ai tempi di Kant, si articolava in scienza e metafisica.

Kant mette sotto critica queste due forme del sapere. Criticare significa

giudicare, verificare le loro possibilità di esistere come scienze, i fondamenti

su cui poggiano, valutare la loro legittimità, tracciare i limiti della loro

validità.

La fisica era in grande progresso, grazie agli studi di Galilei e di Newton

La metafisica, invece, con la sua pretesa di andare oltre l’esperienza,

arrancava e non sembrava potersi presentare come scienza

Entrambe, scienza e metafisica, erano state scosse nelle loro fondamenta,

dalle analisi di Hume (di cui abbiamo detto)

Kant è invece convinto della validità di scienza della fisica newtoniana. Si

tratta però di giustificare questa convinzione. Ecco uno dei motivi per cui

scrive la Critica della ragione pura.

LE QUATTRO DOMANDE FONDAMENTALI che si pone dunque Kant:

Com’è possibile la matematica pura?

Com’è possibile la fisica pura?

Com’è possibile la metafisica in quanto disposizione naturale?

Com’è possibile la metafisica come scienza?

o Per le prime due domande si tratta semplicemente di chiarire

le condizioni che rendono possibili la matematica e la fisica,

giustificare cioè una situazione di fatto

o Per le altre due, invece, si tratta di scoprire SE esistono o

meno queste condizioni.

I giudizi sintetici a priori

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Kant: ogni conoscenza comincia con l’esperienza, ma da ciò non

consegue che essa derivi interamente dall’esperienza

Si tratta di comprendere su che cosa si fonda quella particolare

conoscenza universale e necessaria, detta scienza.

La scienza si fonda su alcuni principi fondamentali, assoluti,

necessari, detti giudizi sintetici a priori:

o Es.: Tutto ciò che accade ha una causa; Tutti i fenomeni

cadono nel tempo e stanno necessariamente tra loro in

rapporti di tempo etc. sono tutti giudizi sintetici a priori:

Giudizio: poiché consistono nell’aggiungere a un

soggetto un predicato

Sintetico: poiché il predicato aggiunto dice qualcosa di

nuovo rispetto a quanto è contenuto nella nozione di

soggetto

A priori: perché sono indipendenti dall’esperienza,

dunque universali e necessari (se non lo fossero

sarebbero a posteriori, cioè derivati dall’esperienza, ma

in tal caso perderebbero il loro carattere necessario)

o Che cosa sono invece i giudizi analitici a priori?

Es: I corpi sono estesi è un giudizio analitico a priori

Giudizio: poiché consistono nell’aggiungere a un

soggetto un predicato

Analitico: poiché il predicato aggiunto NON dice

qualcosa di nuovo rispetto a quanto è contenuto nella

nozione di soggetto (il concetto di “estensione” è già

incluso nella nozione di “corpo”)

A priori: perché sono indipendenti dall’esperienza,

dunque universali e necessari

In quanto “analitici”, non dicono nulla di nuovo e

dunque sono infecondi

o Che cosa sono invece i giudizi sintetici a posteriori?

Es. I corpi sono pesanti; il miele è dolce etc. sono

giudizi sintetici a posteriori

Giudizio: poiché consistono nell’aggiungere a un

soggetto un predicato

Sintetico: poiché il predicato aggiunto dice qualcosa di

nuovo rispetto a quanto è contenuto nella nozione di

soggetto

A posteriori: perché derivano dall’esperienza, dunque

NON sono universali e necessari, ma particolari e non

necessari

o Il torto del Razionalismo (es. Descartes), per Kant, è dovuto

alla pretesa di fondare la scienza solo su giudizi analitici a

priori.

o Il torto dell’Empirismo (es. Locke), per Kant, è dovuto alla

pretesa di fondare la scienza solo sull’esperienza, ovvero sui

giudizi sintetici a posteriori

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o Il Criticismo di Kant sostiene invece che la scienza, pur

derivando dall’esperienza, poggi anche su principi a priori

La scienza è dunque feconda in duplice senso

Per il contenuto: lo deriva infatti

dall’esperienza

Per la forma: propria dei giudizi sintetici a

priori

Si potrà allora sostenere che:

Scienza = esperienza + principi sintetici a priori

Le forme a priori

Sulla rivoluzione copernicana di Kant ci siamo già espressi in

precedenza. Vediamo ora di connetterla a seguito dell’esposizione dei

giudizi sintetici a priori.

Per Kant la conoscenza è sintesi di materia e di forma:

o Materia: la molteplicità caotica delle impressioni sensibili

o Forma: l’insieme delle modalità attraverso le quali la mente

umana ordina tale materia che le deriva dalla sensibilità

Per Kant esistono nella mente del soggetto delle forme innate, comuni

a tutte le menti.

o In quanto “innate”, esse non derivano dall’esperienza, e

dunque sono a priori

o In quanto “comuni”, esse mi garantiscono che le modalità di

ordinamento della materia sensibile sono universali

(appartengono a tutti)

Quali sono queste forme a priori? Sono diverse a seconda delle

diverse facoltà dell’uomo: Sensibilità, Intelletto, Ragione

o Sensibilità: facoltà attraverso la quale intuiamo gli oggetti

sensibili in virtù di specifiche forme a priori.

o Intelletto: facoltà attraverso la quale pensiamo gli oggetti

sensibili in virtù di specifiche forme a priori.

o Ragione: facoltà attraverso la quale, procedendo oltre

l’esperienza, cerchiamo di comprendere la realtà globalmente

intesa attraverso specifiche forme a priori.

o Le forme a priori della Sensibilità sono:

Spazio e Tempo

o Le forme a priori dell’Intelletto sono:

Le 12 categorie:

Quantità:

o unità, pluralità, totalità

Qualità:

o realtà, negazione, limitazione

Relazione:

o dell’inerenza/sussistenza,

causalità/dipendenza,

comunanza/azione reciproca

Modalità:

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o possibilità/impossibilità,

esistenza/inesistenza,

necessità/contingenza

o Le forme a priori della Ragione sono:

Le tre idee trascendentali:

Anima, Mondo, Dio

In virtù dell’esistenza di forme a priori, come dicevamo, è possibile

ribaltare i rapporti tra soggetto conoscente e oggetto del conoscere: è

la realtà che si plasma e si modella sulle mie forme innate del

conoscere, le quali, essendo a priori, universali e necessarie,

consentono a Kant di salvare il carattere analogamente universale e

necessario della scienza empirica.

Kant è un filosofo molto ordinato, dunque anche l’articolazione

interna delle Critica della ragione pura segue le partizioni che

abbiamo appena sopra analizzato:

o Critica della Ragione pura:

Dottrina degli elementi (studia le forme a priori):

Estetica trascendentale (studia la sensibilità e le

sue specifiche forme a priori: Spazio e Tempo)

Logica trascendentale (studia il pensiero

discorsivo), che si divide in:

o analitica (studia l’intelletto e le 12

categorie)

o dialettica (studia la ragione e le 3 idee

trascendentali)

Dottrina del metodo (chiarisce l’uso o il metodo degli

elementi)

o Ricordate le domande fondamentali che si poneva Kant? Ecco

ora alcune risposte:

La Matematica si fonda sulle forme a priori della

Sensibilità

La Fisica si fonda sulle forme a priori dell’Intelletto

La Metafisica si fonda sulle forme a priori della

Ragione

Il significato di trascendentale in Kant

Kant intende la nozione di “trascendentale” secondo un’accezione

diversa da quella della tradizione scolastica medievale.

Per gli scolastici, il termine “trascendentale” designava quelle

proprietà universali (Uno, Bene, Vero etc.) che tutte le cose hanno in

comune, e che per generalità trascendono (appunto) le categorie

aristoteliche.

Kant connette il termine “trascendentale” con quello di forma a priori,

che non esprime proprietà ontologiche della realtà in sé, bensì le

condizioni gnoseologiche che rendono possibile la conoscenza della

realtà fenomenica.

“Trascendentale” in Kant significa dunque non “oltre l’esperienza” ,

ma qualcosa che la precede e la rende possibile.

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Trascendentale è lo studio delle facoltà e delle loro forme a priori:

estetica trascendentale, logica trascendentale etc.

Kant allestisce un tribunale, presso il quale la Ragione è sia imputata

che giudice. Critica significa infatti: esame critico generale della

validità e dei limiti che la ragione umana possiede in virtù dei suoi

elementi puri a priori”.

La Critica è dunque un’analisi delle autentiche possibilità conoscitive

dell’uomo.

Estetica trascendentale

Spazio e Tempo, forme a priori della facoltà umana della sensibilità

La sensibilità è facoltà recettiva, perché il soggetto non crea gli

oggetti sensibili, ma gli sono dati, li accoglie per intuizione

Tuttavia, la sensibilità non è solo recettiva, ma anche attiva, poiché

organizza il materiale delle sensazioni (=le intuizioni empiriche)

attraverso forme a priori (=le intuizioni pure di spazio e di tempo)

Spazio:

o Forma del senso esterno (cioè che sta a fondamento di tutte le

intuizioni esterne e del disporsi delle cose l’una accanto

all’altra)

Tempo:

o Forma del senso interno (cioè che sta a fondamento di tutte le

intuizioni interne, e del disporsi delle cose l’una dopo l’altra,

cioè secondo un ordine di successione)

o Poiché attraverso il senso interno ci giungono i dati del senso

esterno, il tempo si configura come forma del senso esterno

esso stesso.

Spazio e tempo non sono derivabili dall’esperienza, bensì sono ciò

che la rendono possibile. Essi sono i quadri mentali entro cui

connettiamo i dati fenomenici.

LA FONDAZIONE KANTIANA DELLA MATEMATICA

o Kant vede nella geometria e nell’aritmetica delle scienze

sintetiche a priori per eccellenza. Sintetiche perché ampliano

le nostre conoscenze oltre ciò che ci è già noto. 7+5=12 è

proposizione sintetica perché 12 è aggiunto attraverso

un’operazione mentale del sommare, dunque non è risultato

che si può derivare analiticamente.

o Matematica e geometria sono poi a priori perché valide

indipendentemente dall’esperienza

o Queste due scienze poggiano sulle intuizioni pure di spazio e

di tempo. La geometria è scienza che dimostra sinteticamente

a priori le proprietà delle figure mediante intuizione pura di

spazio. Analogamente l’aritmetica è la scienza che determina

sinteticamente a priori la proprietà delle serie numeriche,

basandosi sull’intuizione pura di tempo e di successione.

o Matematica e aritmetica valgono anche per la realtà. Non la

realtà in sé, tale per cui Galilei, sulla base dei suoi presupposti

realistici, poteva affermare che Dio ha creato il mondo con

caratteri matematici. Kant, infatti, dichiarando la realtà in sé

inconoscibile, non poteva argomentare in questo modo. Per

Kant, le matematiche possono essere proficuamente

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applicabili agli oggetti empirici perché sono oggetti

fenomenici. L’esperienza fenomenica, infatti, essendo intuita

grazie a spazio e a tempo (cardini della matematica stessa),

possiede già di per sé una configurazione geomterica e

aritmetica.

Logica trascendentale

o La seconda parte della Dottrina degli elementi è detta Logica

trascendentale, che si suddivide a sua volta in Analitica

trascendentale e Dialettica trascendentale.

o La logica trascendentale si occupa dell’origine, l’estensione e

la validità delle conoscenze a priori dell’Intelletto e della

Ragione.

o Sensibilità e intelletto sono indispensabili alla conoscenza

poiché Senza sensibilità, nessun oggetto ci verrebbe dato e

senza intelletto nessun oggetto sarebbe pensato. I pensieri

senza contenuto sono vuoti, le intuizioni senza concetti sono

cieche.

o Che cosa sono i concetti? La risposta è nell’Analitica dei

concetti (prima parte dell’Analitica trascendentale).

o Le categorie:

Se le intuizioni sono affezioni (qualcosa di passivo), i

concetti sono funzioni, cioè operazioni attive che

consistono nell’ordinare, unificare diverse

rappresentazioni sotto una rappresentazione comune.

Per esempio “corpo” è un concetto che unifica sotto di

sé altre rappresentazioni, come quella di metallo, per

esempio.

I concetti possono essere empirici, cioè ricavati

dall’esperienza, oppure puri, cioè contenuti a priori

nell’intelletto.

I concetti puri dell’intelletto sono le categorie.

Esse sono le supreme funzioni unificatrici

dell’intelletto.

Poiché ciascun concetto è “il predicato di un

giudizio possibile” (per es. ogni metallo è un

corpo [predicato]), le categorie sono i

predicati primi, cioè grandi caselle in cui

rientrano tutti i predicati possibili.

Le categorie kantiane si distinguono dalle

categorie aristoteliche, perché queste ultime

hanno un valore ontologico e gnoseologico

insieme (leges entis et mentis). Le categorie

kantiane hanno invece un valore puramente

gnoseologico-trascendentale, poiché

rappresentano solo i modi di funzionamento

dell’intelletto (semplici leges mentis), valevoli

solo per il fenomeno, non per la cosa in sé.

Kant elabora le sue dodici categorie partendo

dall’assunto che pensare è giudicare, e

giudicare significa attribuire un predicato a

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un soggetto. Conseguentemente, ci saranno

tante categorie (predicati primi) quante sono le

modalità di giudizio (le diverse modalità di

attribuzione di un predicato a un soggetto).

Kant produce allora una tavola dei giudizi cui

fa corrispondere una tavola delle categorie

secondo i 4 fondamentali raggruppamenti con

cui opera la logica: quantità, qualità, relazione,

modalità.

Quantità:

o Unità

o Pluralità

o Totalità

Qualità:

o Realtà

o Negazione

o Limitazione

Relazione:

o Dell’inerenza e sussistenza (sostanza e

accidente)

o Della causalità e dipendenza (causa ed

effetto)

o Della comunanza (azione reciproca tra

agente e paziente)

Modalità:

o Possibilità-impossibilità

o Esistenza-inesistenza

o Necessità-contingenza

Queste categorie entrano in azione in tutti i

giudizi o in tutte le proposizioni in cui si

concretizza il nostro pensiero. Per esempio,

quando parliamo, parliamo sempre di una cosa

(unità), di più cose (pluralità) o di una totalità

di cose (totalità) che possono essere reali o no

(categorie di qualità), che hanno proprietà

sostanziali o accidentali, che le une sono

causate da altre, o che le une agiscono su altre

che patiscono (categorie di relazione), oppure

che una cosa è possibile o impossibile, esiste o

non esiste, è necessaria o contingente

(categorie di modalità).

La deduzione trascendentale

Formulata la tavola delle categorie, Kant deve

impegnarsi nella giustificazione della sua

validità.

Per “deduzione”, infatti, Kant non intende

l’inferenza logica, ma la dimostrazione della

legittimità di diritto di una pretesa di fatto.

È un fatto che le categorie sono utilizzate come

operazioni di giudizio, però bisogna

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giustificarne l’uso legittimo e verificare i limiti

entro cui possono essere usate. In poche parole

occorre determinare il diritto della ragione a

utilizzarle (così come il semplice fatto che io

possegga un oggetto non prova ancora che

quell’oggetto mi appartenga di diritto. Kant,

analogamente, vuole provare che le categorie

che di fatto usiamo siano utilizzabili anche di

diritto, entro certi limiti dunque).

Si tratta di rendere evidenti le ragioni per cui

un oggetto intuito nello spazio e nel tempo sia

pensabile attraverso le categorie dell’intelletto.

Pensare significa unificare la molteplicità delle

intuizioni. L’atto dell’unificazione indica

un’operazione attiva e sintetica dell’intelletto.

Kant distingue poi l’unificazione (il processo

attraverso cui si attua la sintesi del molteplice)

dall’unità stessa (il principio in forza del quale

si realizza tale unificazione). Come chiama

questa unità? La definisce “Io penso”. Da non

confondere con un io singolare ed empirico,

l’Io penso è l’identica struttura mentale

comune a tutti gli uomini, la suprema unità

fondatrice della conoscenza. Esso esprime

un’autocoscienza, di modo tale che le

rappresentazioni che elaboro si configurano

come mie. L’io penso accompagna tutte le

mie rappresentazioni.

L’attività dell’Io penso si attua tramite giudizi

(i modi concreti con cui il molteplice è

pensato). I giudizi si basano sulle categorie

(diverse maniere di agore dell’io penso, cioè le

12 funzioni unificatrici in cui si concretizza la

sua attività sintetica). Di conseguenza, per

Kant, gli oggetti non possono essere pensati

senza essere anche categorizzati.

Riducendo all’osso:

o Poiché tutti i pensieri presuppongono

l’Io penso,

o poiché l’Io penso pensa tramite

categorie

o allora tutti gli oggetti pensati

presuppongono le categorie.

Il che equivale a sostenere che la natura

(fenomenica) obbedisce necessariamente alle

forme (a priori) del nostro intelletto.

L’Io penso è dunque il principio supremo della

conoscenza umana, ciò cui deve sottostare ogni

realtà per poter entrare nel campo

dell’esperienza e diventare un oggetto-per-noi.

Nello stesso tempo esso garantisce l’oggettività

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del sapere, poiché esso funziona in tutti gli

uomini allo stesso modo. Se così non fosse,

non si potrebbero esprimere giudizi necessari,

ma solo contingenti e soggettivi.

L’Io penso non crea gli oggetti della

conoscenza, ma si limita a ordinare la realtà

fenomenica che gli preesiste al di fuori come

fenomeno. L’Io penso ha allora solo un

carattere formale e finito.

Lo schematismo trascendentale

È spiegato nell’Analitica dei principi.

Lo schematismo trascendentale spiega come

l’intelletto, concretamente, condiziona la realtà

fenomenica attraverso le categorie.

Come fa l’intelletto a condizionare le intuizioni

e dunque gli oggetti sensibili?

Kant si pone la questione poiché sensibilità e

intelletto sono due facoltà diverse che per

interagire abbisognano di una mediazione.

La risposta di Kant: l’intelletto, non potendo

agire direttamente sugli oggetti della

sensibilità, opera indirettamente su di essi

attraverso il tempo.

Il tempo è infatti il medium universale

attraverso cui tutti gli oggetti sono percepiti.

Se il tempo condiziona gli oggetti, l’intelletto –

condizionando il tempo – condiziona pure gli

oggetti. Tutto ciò avviene attraverso quella

facoltà nota come immaginazione produttiva.

Essa produce a priori una serie di schemi

temporali corrispondenti a ciascuna categoria.

Gli schemi sono allora regole attraverso cui

l’intelletto condiziona il tempo conformemente

ai propri concetti a priori.

In questo modo, il materiale sensibile viene

pre-ordinato e pre-figurato (rispetto alle

categorie) nella forma del tempo. Gli schemi

trascendentali sono le categorie calate nel

tempo.

o A proposito della categorie di relazione,

lo schema della categoria di sostanza è

la permanenza nel tempo, al variare dei

suoi accidenti; lo schema della causa-

effetto è la successione irreversibile nel

tempo; lo schema di categoria di azione

reciproca è la simultaneità nel tempo.

o Per le categorie di modalità, lo schema

della categoria di possibilità è

l’esistenza in un tempo qualsiasi; lo

schema della categoria di realtà è

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l’esistenza in un determinato tempo; lo

schema della categoria di necessità è

l’esistenza in ogni tempo. E così via.

I principi dell’intelletto puro e l’Io legislatore della

Natura

Kant ha chiarito perché gli oggetti, pur non

essendo creati dalla mente, si costituiscono

nell’esperienza in sintonia con il nostro modo

di pensarli.

Nella sezione dedicata ai principi dell’intelletto

puro, Kant mostra le regole di applicazione

delle categorie agli oggetti.

Sono le leggi supreme dell’esperienza e le

proposizioni fondamentali del sapere

scientifico.

o Assiomi dell’intuizione:

Corrispondono alle categorie

della quantità, e affermano a

priori che tutti i fenomeni intuiti

costituiscono quantità estensive.

o Anticipazioni della percezione: Corrispondono alle categorie

della qualità, e sostengono che

ogni fenomeno intuito ha una

quantità intensiva (es. luce e

calore), cioè un grado.

o Analogie dell’esperienza: Corrispondono alle categorie

della relazione, e affermano a

priori che l’esperienza si

costituisce in una trama

necessaria di rapporti, basata

sulle categorie di sostanza,

causa e azione reciproca.

o Postulati del pensiero empirico in

generale: Corrispondono alle categorie

della modalità, stabilendo ciò

che è possibile, reale o

necessario in rapporto alle

condizioni formali, materiali e

universali dell’esperienza.

Questa teoria dei quattro principi coincide con

quella dell’Io legislatore della Natura. Per

Natura intendiamo la conformità alle leggi dei

fenomeni, cioè conformità all’ordine necessario

e universale (natura in senso formale) che sta

alla base di tutti i fenomeni (natura in senso

materiale). Tale ordine non deriva

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dall’esperienza, ma dall’Io penso e dalle sue

forme a priori.

Io penso e categorie rivelano solo la natura in

generale (la loro regolarità nello spazio e nel

tempo). Le leggi particolari, in cui si esprime

questa regolarità, non sono deducibili dalle

categorie, ma dall’esperienza. L’esperienza è

dunque fondamentale per la scienza, assieme

alle leggi a priori, di cui i principi

dell’intelletto puro costituiscono i pilastri

fondamentali della fisica.

In sintesi, la filosofia di Kant, la sua

gnoseologia, costituisce l’epistemologia della

scienza galileiano-newtoniana, la

giustificazione filosofica dei principi

fondamentali della scienza per metterli al riparo

dallo scetticismo di Hume. Per Hume

l’esperienza potrebbe sempre smentire le verità

della scienza. Per Kant no, dal momento che

l’esperienza è condizionata dalle categorie

dell’intelletto e dall’Io penso, e dunque i

principi della scienza non possono essere

smentiti. In sintesi, l’ordine oggettivo della

natura coincide con le condizioni formali del

soggetto, unico e ultimo garante di una

conoscenza salda, universale e necessaria.

o Dialettica trascendentale

Dopo l’Estetica e l’Analitica, Kant porta a termine il

suo programma, dimostrando come sia possibile il

sapere scientifico.

Nella Dialettica, Kant intende risolvere il problema

relativo alla possibilità della metafisica di costituirsi

come scienza. Kant risponde negativamente, la

metafisica non è scienza. Infatti Kant intende

“dialettica” come “logica della parvenza”, come l’arte

sofistica di dare alle proprie illusioni l’aspetto della

verità.

Conseguentemente, con la Dialettica trascendentale,

Kant intende l’analisi e lo smascheramento dei

ragionamenti fallaci della metafisica.

D’altra parte, sempre Kant riconosce che la metafisica

rappresenta “un’esigenza naturale e inevitabile della

mente umana”. Esigenza di cui la filosofia critica

intende indagare la genesi.

LA GENESI DELLA METAFISICA

o La metafisica è un parto della ragione,

la quale in partenza non è che

l’intelletto stesso, il quale – essendo la

facoltà logica di unificare i dati sensibili

tramite categorie – è portato

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irresistibilmente a voler pensare anche

senza i dati dell’esperienza: un po’

come una colomba, ebbra del volo, che

pensasse di potere volare senza

l’impedimento dell’aria, non rendendosi

conto che l’aria – pur essendo una

resistenza o un limite al suo volo – è

anche la condizione immanente che

rende possibile il volo (infatti senz’aria

precipiterebbe al suolo).

o Kant sostiene che l’uomo è portato

naturalmente a voler trascendere e

superare i limiti della propria ragione.

Vuole cioè conoscere oltre i dati

dell’esperienza fenomenica. La nostra

ragione, inappagata dal fenomeno (la

realtà condizionata e relativa), vuole

sempre procedere oltre, verso il regno

dell’assoluto e dell’incondizionato.

Cerca cioè la spiegazione del Tutto. Il

che non è altro che fare metafisica.

o Tale spiegazione fa leva su tre idee

trascendentali, con le quali la ragione

pretende di unificare totalmente la

realtà:

L’Anima, come idea della

totalità assoluta dei fenomeni

interni.

Il Mondo, come idea della

totalità assoluta dei fenomeni

esterni.

Dio, come idea della totalità di

tutte le totalità, fondamento di

tutto ciò che esiste.

o L’errore della metafisica consiste nel

trasformare queste tre esigenze mentali

di unificazione dell’esperienza in

altrettante realtà.

o La metafisica cioè dimentica che noi

non abbiamo mai a che fare con la cosa

in sé, ma sempre e solo con la realtà

non oltrepassabile del fenomeno.

o Il pensiero, per Kant, fallisce

inevitabilmente quando intende

procedere oltre gli orizzonti

dell’esperienza.

o Per dimostrare l’infondatezza della

metafisica, Kant prende in esame le tre

pretese “scienze” che da sempre ne

costituiscono l’ossatura:

Psicologia razionale

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Cosmologia razionale

Teologia razionale

LA CRITICA DELLA PSICOLOGIA RAZIONALE E

DELLA COSMOLOGIA RAZIONALE

La psicologia razionale non è una scienza per

Kant, poiché è fondata su un paralogismo

(=ragionamento errato), che consiste

nell’applicare la categoria di sostanza all’Io

penso, trasformandolo in una realtà permanente

che si è soliti chiamare anima, alla quale poi

attribuiamo tutta una serie di valori positivi:

“immateriale”, “incorruttibile”, “personale”,

“spirituale”, “immortale”.

In realtà l’Io penso non è un oggetto empirico,

ma soltanto un’unità formale e per di più

sconosciuta, cui non possiamo applicare alcuna

categoria.

L’errore della psicologia razionale (metafisica)

consiste nell’assegnare una serie di

determinazioni positive a quella X funzionale e

ignota che è l’Io penso (il quale è solo la

condizione formale suprema del costituirsi

dell’esperienza).

Anche la cosmologia razionale non è scienza,

poiché pretende di fare uso della nozione di

mondo (inteso come totalità assoluta dei

fenomeni cosmici) per unificare totalmente i

fenomeni esterni. Ciò è illegittimo per Kant, il

quale ritiene che la totalità dell’esperienza non

sia mai un’esperienza. L’esperienza è infatti

sempre del relativo, mai dell’assoluto: l’idea

totale di mondo cade fuori dal dominio

dell’esperienza possibile.

Secondo Kant i metafisici, quando pretendono

di fare un discorso sul mondo come Tutto,

finiscono inevitabilmente in reticolati logici

detti antinomie. Cioè veri e propri conflitti

della ragione con se stessa, che si concretizzano

in coppie di affermazioni opposte, dove l’una

(tesi) afferma, mentre l’altra (antitesi) nega.

Tuttavia non è possibile affermare quale delle

due sia fondata, poiché mancano i dati

dell’esperienza.

Quattro sono le antinomie fondamentali per

Kant, di cui le prime due sono dette

matematiche, mentre le restanti sono dette

dinamiche:

o I antinomia:

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Tesi: il mondo ha un suo inizio

nel tempo e, rispetto allo spazio,

è limitato

Antitesi: il mondo non ha inizio

né limiti, ma è infinito tanto

rispetto al tempo quanto rispetto

allo spazio.

o II antinomia:

Tesi: Nel mondo, ogni sostanza

composta è formata da parti

semplici, e ovunque nel mono

non vi sono che cose semplici o

composte.

Antitesi: Nel mondo, nessuna

cosa composta consta di parti

semplici, e in nessuna parte del

mondo esiste qualcosa di

semplice.

o III antinomia:

Tesi: il concetto di causa non

esclude la libertà, esistono anche

cause non determinanti.

Antitesi: non c’è alcuna libertà,

tutto nel mondo accade

necessariamente in base a leggi

di natura universali e

incontrovertibili.

o IV antinomia:

Tesi: nella serie dei

concatenamenti di causa ed

effetto esiste sempre un essere

assolutamente necessario.

Antitesi: Non esiste alcun essere

assolutamente necessario,

poiché tutti gli enti sono

contingenti.

Kant nota poi che le tesi sono proprie del

razionalismo e della metafisica, mentre le

antitesi sono tipiche dell’empirismo e della

scienza.

Kant puntualizza pure che, per quanto riguarda

la III e la IV antinomia, libertà e Dio

potrebbero valere nell’ambito della cosa in sé

(nel cui regno sconosciuto potrebbe esserci

spazio per Dio e la libertà: un aspetto

fondamentale per intendere il pensiero morale

di Kant).

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LA CRITICA ALLE PROVE DELL’ESISTENZA DI

DIO

Anche la teologia razionale, che si occupa del

problema di Dio, è priva di valore conoscitivo.

Dio rappresenta l’ideale della ragione pura,

cioè il modello supremo e personificato di ogni

realtà e perfezione: l’ens realissimum, increato

e creatore di ogni cosa.

Dio è però un ideale che nulla ci può dire a

riguardo della sua reale effettiva realtà.

Come sappiamo, la tradizione filosofica ha

elaborato tutta una serie di prove dell’esistenza

di Dio che Kant raggruppa in tre classi: prova

ontologica, prova cosmologica, prova fisico-

teologica.

A proposito della prova ontologica (elaborata

da Anselmo d’Aosta, e poi accolta da un

razionalista come Descartes), essa non è una

prova effettiva, poiché pretende

illegittimamente di ricavare l’esistenza di Dio

dal suo concetto (essenza) di essere perfetto

(cui non può mancare nulla per definizione,

nemmeno dell’attributo dell’esistenza).

Kant, distinguendo tra piano mentale e piano

reale, sostiene che non si può saltare dal piano

della possibilità logica a quello della realtà

ontologica, poiché l’esistenza è qualcosa che

possiamo constatare solo per via empirica:

l’esistenza non è cioè un predicato1.

Perciò la prova ontologica o è impossibile

(quando vuole derivare da un’idea una realtà) o

è contraddittoria (se nell’idea di “ente

massimo” assume già, sottobanco, l’esistenza

che intende dimostrare. È una specie di

argomento circolare).

Prova cosmologica: è il fulcro delle cinque vie

tomistiche e poggia sulla distinzione tra

contingente/possibile e necessario. Essa dice

che se qualcosa esiste, deve anche esistere un

ente assolutamente necessario. Dal momento

che qualcosa esiste, allora esiste anche un ente

necessario.

1 Kant critica la prova ontologica dell’esistenza di Dio nella Dialettica trascendentale facendo il famoso esempio dei

“cento talleri” pensati e reali (il tallero è un tipo di moneta). La prova ontologica pretende illegittimamente, secondo

Kant, di poter passare dalla semplice idea o concetto di qualcosa alla sua esistenza reale, prescindendo dal dato di

esperienza. Kant dice che tra 100 talleri pensati e 100 talleri reali non c’è differenza di proprietà; la loro differenza

risiede nel loro diverso modo d’essere: nel caso dei 100 talleri pensati, l’esistenza è solo possibile. Nel caso dei 100

talleri reali, l’esistenza è reale ed è attestata dall’esperienza sensibile.

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L’errore in tal caso per Kant consiste in un uso

illegittimo del principio di causa, poiché esso

– partendo dall’esperienza della catena degli

enti contingenti – pretende di elevarsi oltre

l’esperienza per attingere a un primo anello che

è causa prima (cioè necessario). In realtà il

principio di causalità serve solo a connettere i

fenomeni tra loro, e non ci permette di

connettere i fenomeni a qualcosa di trans-

fenomenico.

La prova fisico-teologica: fa leva sull’ordine,

la finalità e la bellezza del mondo per innalzarsi

a una Intelligenza ordinatrice suprema,

identificata con un Dio creatore, perfetto e

infinito. Per Kant, questa è l’idea più antica,

chiara e adatta alla mentalità comune: come

dire, se esiste un orologio (il mondo) allora

deve esistere anche un orologiaio (Dio).

Anche questa prova è minata al suo interno da

una serie di forzature logiche e dall’utilizzo

surrettizio della prova ontologica.

Innanzi tutto, l’ordine che verifichiamo in

natura potrebbe essere esso stesso una

conseguenza della natura stessa e delle sue

leggi immanenti. Se attribuiamo l’ordine della

natura a un Dio trascendente, supremo

architetto e suprema intelligenza, risaliamo dai

fenomeni empirici a una causa prima e

necessaria (e così ricadiamo nella prova

cosmologica, già confutata), la quale non

potrebbe essere altro che un ente perfetto

(ricaduta nella prova ontologica).

Inoltre, la prova fisico-teologica pretende di

stabilire, sulla base dell’ordine cosmico e della

perfezione presente in natura, una causa

proporzionata a questa perfezione che stimiamo

in natura. Così facendo però non ci si accorge

che gli attributi concessi alla natura (per

esempio: “saggiamente conformata”,

“mirabile” etc.) sono attributi indeterminati e

vaghi, relativi a noi esseri finiti e imperfetti, il

che non ci autorizza di inferire un essere invece

infinito e perfetto. Detto altrimenti: noi

sperimentiamo che in natura vi sono diversi

gradi di ordine e di perfezione, ma sempre in

relazione ai nostri umani parametri mentali. E

in ogni caso tali gradi di ordine non sono esenti

a loro volta da relative imperfezioni. Insomma,

ci muoviamo sempre dentro il dominio del

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relativo, non possiamo dunque passare da ciò

che è relativo a ciò che è assoluto.

Con questo, Kant non è un ateo, ma un

agnostico, ritenendo che l’esistenza o

l’inesistenza di Dio siano entrambe

indimostrabili razionalmente.

LA FUNZIONE REGOLATIVA DELLE IDEE

o Le idee trascendentali della Ragione pura non hanno dunque

una validità costitutiva, ma solo regolativa, poiché indirizzano

la ricerca intellettuale verso un’unità totale come meta ambita

e sprone sempre valido perché l’uomo continui a ricercare la

verità, non appagandosi dei risultati ottenuti.

o Le idee di anima, mondo e Dio sono regole che spingono la

ragione a dare nel suo legittimo campo d’indagine,

l’esperienza, il massimo di estensione e il massimo di unità

sistematica.

o Le idee, cessando di valere dogmaticamente, valgono

criticamente come condizioni che impegnano l’uomo nella

ricerca naturale.

IL NUOVO CONCETTO DI METAFISICA IN KANT

o La metafisica, come disposizione naturale della ragione, è

reale, ma per sé sola è anche dialettica e ingannatrice. Essa

non è cioè scienza.

o Alla vecchia metafisica dogmatica, Kant contrappone una

metafisica critica, come scienza dei concetti puri:

Una metafisica cioè della natura (che studia i principi a

priori della conoscenza della natura)

Una metafisica dei costumi (che studia i principi a

priori della condotta morale).


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