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Impagina un sogno | N.1

Date post: 03-Aug-2016
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Impagina un sogno Memoria e immaginazione per un vissuto Bologna, La Luna e gli Orti Rosalba Sacco Gabriele Via N°1 | 8 giugno 2016
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Impagina un sognoMemoria e immaginazione per un vissuto

Bologna, La Luna e gli Orti

Rosalba Sacco Gabriele Via

N°1 | 8 giugno 2016

Impagina un sogno è un progetto in collaborazione con

“La Luna e gli Orti”

Otto magiche notti d’estate al ritmo della lunaMusica, parole, poesia e sapori agli Orti di via Orfeo, Bologna.

Il Vissuto del n.1

Mercoledì 8 giugno 2016 Gabriele Via ha letto una selezione di poesie di Derek Walcott Valentino Corvino ha composto ed eseguito musiche dal vivo.

La Luna e gli Orti è un progetto ideato, curato e diretto da Lavinia Turra

La poesia: forza e delicatezza della vita

Non si immagina a sufficienza cosa viene a fare tra noi la poesia. As-somiglia forse alla vita, nella sua essenza profonda. La vita prospera, cresce, si diffonde, si adatta, dà frutto, genera. E così fa il movimen-to continuo della poesia. La poesia è insieme evidenza e mistero. E il suo mistero è insieme corporeo e disincarnato: proviene dal cor-po mistico della vita. La poesia non è il corallo, ma tutto il mare. Non è la parola, ma tutto il mondo che quella parola porta. Allora, la poesia, nel dettato scelto delle sue parole, restituisce corpo a tutte le cose nominate, presentandole alla coscienza come entità rivelate. E ci pone così come di fronte a una nuova scena del primo giorno della creazione.

La poesia rende presente il remoto nucleo di eternità possibile, che riposa nel cuore di ogni cosa. Ciò che ci viene presentato in poesia, ciò che si dà a noi nella proposta del poeta, vive della segreta intenzi-one di venire conosciuto intimamente: vuole essere amato e accolto nella sua piena dignità, cosmica e finita.

Come quando Crono, per un attimo illuso, con la sua pietra, poté vivere quel tanto di convincimento e persuasione, prima che acca-dessero gli eventi ulteriori e si risolvesse la trama ordita proprio per ingannarlo, così la poesia appare come un momentaneo manifesto possibile, e restituisce anche sempre il presagio di una eternità im-permanente. Perché la poesia, nel momento stesso in cui ti colloca nella luce di quei silenzi in cui si vede in ogni ombra umana che si allontana qualche disturbata Divinità (come scrisse Eugenio Montale ne I limoni) ecco che ti sollecita, ti invita, ti convoca a considerare, fortissimo, il presagio, pienamente corporeo e concreto, di come pos-sa ancora succedere qualcosa. Per questo motivo, forse, Mario Luzi diceva che la poesia aggiunge vita alla vita.

Io, personalmente, l’ho sempre vissuta così, anche se ci sono voluti i giorni della vita, per arrivare a esprimere cosa combina in me l’in-contro con la poesia.

La poesia non si legge mai una volta per sempre. E anche quella che pretende di essere lapidaria la possiamo vedere agitarsi di continuo, pulsare, vivere… Forse anche addirittura mutare completamente di senso agli orecchi delle diverse umanità che la incontrano. Proprio come accade per detti, proverbi e motti, tanto netti, semplici e sintet-ici da potere venire capovolti al solo mutare del pannello di sfondo che ce li presenta nel corso della storia. Come se la ricerca della mas-sima chiarezza, in una tensione aritmetica e filosofica del movimento della poesia, ci spalancasse ad una inattesa, inedita condizione enig-matica.

Ecco allora che per decifrare la materia vivente del logos che la poesia contiene, offre ed è, abbiamo bisogno di un aiuto: dobbiamo legarci ad una voce amica. Dobbiamo ritornare al corpo umano, che è si-gnore, destinatario e fonte originaria della poesia. Nessuno sa fino a quanto si sarà chiarita in noi la voce della poesia, ma una cosa è certa: il luogo della sua chiarezza non è la pagina scrit-ta. La pagina scritta è un promemoria sintetico per addetti ai lavori: mentre la poesia vera, appare e si manifesta nel corpo resuscitato di Adamo. Io vivo, credo, affermo, argomento, propongo sempre e solo questa vibrante verità spirituale della poesia, che mi travolge, mi nutre, mi costituisce, mi educa. E lo faccio fino a prova contraria. Ma più lo faccio e più ricevo riscontri formidabili che mi radicano ancor me-glio in questa dignità celeste e terrena, libera e necessaria, che è la poesia. E chi vorrebbe contrastare quanto affermo, sul vivo, ecco che tace e se ne torna a casa a mani vuote.

Così, con questo ascolto e questa visione cosmica di una immanen-za metafisica della poesia, abbiamo incontrato le pagine di Derek Walcott, alla ricerca di un faccia a faccia con lo Spirito pulsante che ha sostenuto e condotto l’attività di questo immenso autore.

Con Valentino Corvino, un artista completo, maturo, esperto, ver-satile, profondo, di grandissima capacità creativa e interpretativa, ci siamo confrontati sul tema centrale della navigazione di Walcott. Si-amo così addivenuti ad una proposta. E Valentino ha costruito un mondo musicale con fortissime evocazioni storiche e geografiche. Abbiamo traversato i mercati del mediterraneo che hanno cantato la loro vita sull’orlo dei millenni. Abbiamo ripercorso stilemi baroc-chi. Abbiamo aperto le ali in attimi sospesi, come in una suonata

romantica al pianoforte. Abbiamo conosciuto i fortissimi contrasti di colore, timbro e tessitura propri degli esiti della musica contempora-nea, che ascolta e guarda alla nostra vita per nulla musicale, per nulla armonica, per nulla strutturata in vista di accordo, canto, ritmo…

E così, preparati a questo cammino di un’ora sola, abbiamo costruito il teatro dell’evento nella loggia antica che apre sull’orto. Colto da un momento di puro genio, Valentino ha voluto costruire una specie di natura morta sul tavolo su cui di volta in volta posava i suoi stru-menti musicali. Io ho sollevato e ripiegato il bianco lenzuolo liturgico e abbiamo dato voce alla resurrezione della poesia, dalla pagina al corpo presente della vita che pulsa: per chi e con chi era presente quella sera.

In tutto questo, Rosalba Sacco si è adoperata con la sua arte di pren-dere a prestito dall’eternità il movimento enigmatico della vita, con la cura dell’archeologo che isola il reperto come un ortolano raccoglie tra le mani la zolla viva in cui hanno vita le radici, per mettere a dimora altrove la piantina, che darà frutto. Con questa sapienza, cui ormai Rosalba ci ha abituati, di chi adopera la fotografia a cuore aperto entrando nella vita vivente, ecco che possiamo restituire un primo frutto artistico di questo evento che non solo è stato un esito, appunto, ma l’origine di un altro fare, qui colto ed esaltato in poche pagine, con amore.

Crono è il tempo misurato e scandito dalle lancette dell’orologio: nessun mistero, chiarezza, misura, progetto e programma. Ma se inizi il racconto di una vita ecco che a un certo punto il miracolo si compie: il tempo ordinario di Crono si paralizza, incantato, e viene l’aura del Kairos. È come una rivelazione improvvisa, e qualcosa di speciale viene ad abitare dentro e attorno le cose.

Per un istante ci pare di vedere il mito dell’ebreo errante, e un quadro di Chagall: Valentino suona e in un momento di estasi il suo volto racconta storie, mentre le sue mani adempiono al lavoro millenario della tradizione musicale. E quando, seduto, tiene in braccio l’Oud, ecco che il racconto battente di interi popoli ci raggiunge, come il passaggio anticodi una dolce febbre liberante… La musica dal vivo diventa un mondo da abitare, un vento profumato da accogliere aprendo la finestra: un intimo calore umano che da fuori scorgi se di lontano sorprendi la luce serale di quella finestra.

Le parole della poesiauna ad una resuscitanoe prendono un nuovo corpoche si agita neonato come il mondonegli occhi di chi assiste al rito:può esistere una liturgiache si inventa ogni volta?

“Le mandorle bianche di una statua fissanorami di mandorlo che si divincolano dalla loro ombra.”

Derek Walcott

Tra la bocca che legge e incorpora un testo da restituire e la pagina, cade l’ombra sacra della vita. Anche il seme caduto in terra prima si nasconde poi rompe il silenzio dell’inverno col suo germoglio. Ascolta.

La liturgia afferma cose incredibili per il pensiero contemporaneo, talmente spogliato di ogni dimensione sacra. La presenza di Dio sotto le specie del Pane e del Vino. Davvero un mistero: il mistero della fede. Ma io vi domando: quale minore mistero ai nostri occhi di un legno in mano a un essere umano che produce il canto, il lamento, la preghiera, l’amore, la forza, l’altezza, la soavità e la tempesta, come può fare il maestro musicista con un violino? Forse davanti alla liturgia ti puoi ritrarre, e dire “io non ci credo”, ma davanti all’uomo che suona il violino, non potrai mai dire “io non ci credo”. E il mistero ti avrà già avvolto di sé.

Come entrare in una antica e curata cantina. Ogni bottiglia ha una storia. Il poeta ti porta con sé, entri nella cantina-miniera, scendi, scendi, scendi…

È sempre come compiere un guado, entri piano, piano, dalla riva del fiume della vita, poi al centro la corrente è rapinosa, ma quando riesci a raggiungere l’altra riva, fradicio, provato, felice, per un istante, se pure hai i piedi per terra, ti pare di galleggiare, nella grazia che avvolge tutte le cose. Ma, come diceva Ingmar Bergman, “lo spettacolo finisce, gli attori se ne vanno”.

Alla fine del cammino guardi gli strumenti di navigazione con quella misteriosa e semplice gratitudine che conosce solo chi ha compiuto il viaggio, ma accende di desiderio chi sempre ha sognato di mettersi in cammino.

Impagina un sognoFotografia e progetto grafico di Rosalba Sacco

Testi Gabriele Via

Per conoscere l’opera poetica di Derek Walcott si consiglia l’antologiaISOLE (poesie scelte 1948 -2004) Milano 2009

Accompagnano le serate de La Luna e gli Orti le proposte gastronimche dello Chef Mario Ferrara del ristorante Scaccomatto

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