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10 marzo Storia di una Nave Il Lombardo Tecniche Modellistiche Scolpire con il Milliput Storia di un Modello I.J.N. Kotetsu/Azuma Schede Monografiche La Passera di Lussino Angolo del Principiante Costruiamo un Gozzo 4ª parte Curiosità Notizie dal Web Domande e Risposte in questo numero
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10marzo

Storia di una Nave Il Lombardo

Tecniche Modellistiche Scolpire con il Milliput

Storia di un ModelloI.J.N. Kotetsu/Azuma

Schede MonograficheLa Passera di Lussino

Angolo del PrincipianteCostruiamo un Gozzo 4ª parte

Curiosità

Notizie dal Web

Domande e Risposte

in questo numero

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In viaggio con Magellano n. X - Marzo 20102

2 Editoriale 4 Storia di una nave Il Lombardo 12 Tecniche Modellistiche Scolpire con il Milliput 18 Storia di un Modello I.J.N. Kotetsu / Azuma 33 Schede Monografiche La Passera di Lussino 34 Angolo del Principiante Costruiamo un Gozzo 4ª parte 38 Curiosità 40 Notizie dal Web Recensioni dal Web 42 Domande e Risposte

Sommario

Redazione

In questo numero

Contatti

Sono trascorsi ancora tre mesi in compagnia della passione per il modellismo e delle cose di mare ed il nostro gruppo prosegue nella inarrestabile crescita di cui credo tutti dobbiamo sentirci orgogliosi di appar-tenere.In questi tre mesi non sono state molte le iniziative

“modellistiche” a cui abbiamo partecipato, anche per-ché i nostri sforzi sono stati indirizzati ai nuovi tes-seramenti ed ai rinnovi dei fedelissimi che con tanto ardore ci seguono.L’unica iniziativa pubblica a cui abbiamo partecipato

è stata la presenza di “Magellano” all’esposizione di Verona. Il 6° Model Expo Italy di Verona svoltosi nei giorni del

6 e 7 Marzo 2009 ha visto Magellano con il solito stand espositivo in una zona ben visibile dal pubblico e come sempre ben frequentato.

La presenza di Magellano alle manifestazioni è mo-tivo di incontri e contatti con i modellisti di tutta la pe-nisola, è motivo di scambi di informazioni e riepilogo di avvenimenti trascorsi. Durante queste manifestazioni è possibile fare nuovi incontri e stabilire nuovi contatti con modellisti ed associazioni che, come noi, si sfor-zano di divulgare il modellismo in tutte le sue forme e di essere vicini a coloro che nel modellismo trovano difficoltà.Proseguendo con le nostre attività, a giorni inizieremo

la nostra assemblea annuale che ci vedrà impegnati

Moia Andrea Antoniazzi Pierangelo Bartolacci Ivan Oss Germano Tenti Massimiliano Uboldi Antonio Venturin Roberto Bragonzi Luciano Mattavelli Rodolfo Vassallo Andrea Aglitti Simona

Impaginazione grafica Antonini Adriano

Redazione di [email protected] AMN MagellanoVia Paravisi, 120092 Cinisello Balsamo (Milano)C.F. [email protected]

Foto in copertina “Sachsen” modello di Giampaolo Cusati (JP)

Editoriale

Carlo Cavaletto (Artigliere)

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per alcuni giorni a discutere sulle iniziative che do-vremo intraprendere per maggiormente incrementa-re la divulgazione del modellismo. Come negli scorsi anni, si incitano tutti i soci a partecipare a questo importante momento per la vita associativa in quan-to ognuno di Noi può, con i propri consigli, apportare consigli circa le iniziative da intraprendere per mag-giormente divulgare la nobile arte del Modellismo navale. Visti i momenti difficili per l’economia nazio-nale e le grandi difficoltà economiche che affliggono le Amministrazioni Pubbliche, per noi modellisti sarà sempre più difficile poter godere di finanziamenti per esporre i lavori che con tanta pazienza ed ab-negazione abbiamo realizzato.Si incitano pertanto tutti i soci a farsi promotori

di iniziative presso le proprie conoscenze al fine di poter ottenere spazi e finanziamenti che ci possano permettere di presentare ed illustrare i nostri mo-delli, magari nell’ambito di manifestazioni locali di grande rilievo e di grande affluenza di pubblico.La direzione di “Magellano” è sempre a fianco dei

modellisti che promuovono iniziative personali dedi-te alla divulgazione del modellismo.Da quanto ho scritto è facile dedurre che per il

2010, al momento attuale, non sono in atto ini-ziative pubbliche che ci vedono coinvolti in grandi mostre, ad eccezione della grande mostra concor-so di Besana Brianza nei giorni che vanno dall’8 al 16 Maggio, di cui trovate il manifesto al margine di questo numero; manifestazione che non ci vede protagonisti in prima persona, ma in collaborazione con gli amici del G.M.S. e con l’interessamento di un grande modellista ed amico Flavio Doni.Incitiamo la partecipazione di tutti i modellisti a

questa manifestazione anche con la presentazione dei lavori modellistici che ciascuno di noi ha realiz-zato con amore e di cui faremo un dettagliato reso-conto per mettervi a conoscenza dei risultati.Proseguendo con i miei complimenti a tutti per

i lavori realizzati, ed augurando salute e serenità, chiudo queste poche righe augurandomi di risentirvi durante l’assemblea.

Editoriale

Carlo Cavaletto

Alcuni modelli in esposizione allo stand di Magellano

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IL PIROVAPORE “LOMBARDO”

Sulla colonna rostrata di Ponte dei Mille a Ge-nova, c’è una targa commemorativa che riporta l’evento che ebbe protagonista l’Eroe dei Due Mondi, Giuseppe Garibaldi:“Giungere a bordo di due vapori nel porto di Genova,

ormeggiati sotto la darsena, impadronirsi degli equi-paggi, accendere quindi i fuochi e prendere il “Lombar-do” a rimorchio del “Piemonte ”: son tutti fatti più facili a descrivere che ad eseguire e vi fan mestiere molto sangue freddo, capacità e fortuna.”Purtroppo, la suddetta targa è stata affissa, con

poca accortezza, in fronte al vicino palazzo della Stazione Marittima, in maniera cioè che il passante non la possa notare.Nel testo seguente, non si vuole entrare nel

merito storico d’una delle pagine più significative dell’Unità d’Italia, ma invece rivisitare i personaggi Garibaldi e Nino Bixio che, prima d’essere stati i valorosi combattenti che tutti conosciamo, erano capitani di mare. E soprattutto si vuole divulgare

i mezzi che sono stati uti-lizzati per questa impresa. Garibaldi, ebbe la sua pri-ma nomina a comandante su una nave camogliese; Nino Bixio invece, fu l’ar-tefice dell’evento descritto dalla targa suddetta. La sua perizia nautica permise di iniziare con successo quel-la spedizione che rimane indelebile sui nostri testi di storia.E’ noto a tutti che il 6

maggio 1860, Giuseppe Garibaldi, partì da Quarto, assieme a 1089 compagni, per la conquista del Regno

Storia di una NaveIl Lombardo

Andrea Moia (Ordigno)

La colonna di Ponte dei Mille

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delle Due Sicilie. L’avventura iniziò su due vapori, il Piemonte ed il Lombardo, concessi dalla Com-pagnia di Raffaele Rubattino e, regolarmente ac-quistate (con un regolare atto segreto), stipulato a Torino la sera del 4 maggio 1860 tra il venditore Raffaele Rubattino e Giacomo Medici (in rappre-sentanza di Giuseppe Garibaldi), alla presenza del notaio Gioacchino Vincenzo Baldioli. Garanti, per il debito contratto dall’eroe dei due mondi, furono il re Vittorio Emanuele II e Camillo Benso conte di Cavour. Risolti i problemi burocratici, nella notte successiva, quella tra il 5 ed il 6 maggio, Nino Bixio con una trentina dei suoi uomini, prese possesso dei due vapori (Piemonte e Lombardo) e li condus-se a Quarto dove si imbarcò Garibaldi con parte degli uomini.

Le Navi e lo scenario

I piroscafi “Lombardo” e “Piemonte”, la sera del 5 Maggio 1860 erano ormeggiate alla batteria della darsena, l’odierno “Ponte dei Mille”, appunto . Tra esse, v’era una vecchia nave in disarmo, la “Joseph”, che fu usata da Nino Bixio nei giorni precedenti l’operazione come base “segreta ” di preparazione.Le due navi erano del tipo a motore, con pale ro-

tanti e dotati di vele quadre; rappresentavano cioè quella lenta mutazione della tecnologia dalla pro-pulsione a vela a quella meccanica, che si concluse a favore di quest’ultima dopo il primo novecento.Il comandante del “Lombardo” era Nino Bixio;

Garibaldi era a bordo del “Piemonte ”, il cui ca-

pitano era Salvatore Castiglia, patriota siciliano. Faceva parte del gruppo anche Simone Schiaffino, l’eroe portabandiera camogliese, il quale fu il timo-niere del “Lombardo”.

Il piano era quello di partire più velocemente possibile, dirigere a Quarto ad imbarcare il resto delle camicie rosse e proseguire per la Sicilia.Appena giunto a bordo del “Lombardo”, Nino

Bixio veniva informato dal Direttore di Macchina Giuseppe Orlando che il personale addetto non poteva avviare le macchine. Poichè il solo “Pie-monte ” non poteva accogliere tutti i volontari, nè avrebbe avuto senso dimezzare la forza della spedizione, già fin troppo ridotta, il comandante garibaldino decideva senza esitazioni di tenta-re il rimorchio dell’altro piroscafo. Il suo intento era quello di avviare le recalcitranti macchine del “Lombardo” nel corso delle successive operazioni d’imbarco della truppa a Quarto. Il tragitto tra il porto e il luogo di radunata dei

volontari non era di per sè particolarmente lungo: le condizioni in cui la manovra doveva essere ese-guita erano, tuttavia, tali da far rizzare i capelli in testa anche ad un capitano di lungo corso e grossa esperienza come Bixio.Il medievale e assai movimentato porto genove-

se, ben diverso da quello attuale e persino più pic-colo dell’odierno specchio d’acqua del cosiddetto

Storia di una Nave

Il porto di Genova nel 1860

La partenza dei Mille in una stampa d’epoca

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“Porto Vecchio”, era infatti una foresta d’alberi di velieri ormeggiati ai gavitelli o ammassati a ridosso delle dighe, di fumaioli di piroscafi, di boe, imbarca-zioni e galleggianti vari, tra bettoline e maone.A questo punto, bisogna stigmatizzare che il falli-

mento dell’inizio di quella spedizione avrebbe an-nullato un’occasione storica irripetibile, pertanto non si doveva commettere errori e neppure per-mettere alla sfortuna di insinuarsi tra le pieghe di quel colpo di mano.

La manovra

Dopo aver preso a rimorchio il “Lombardo”, le due navi partivano dalla batteria della darsena con l’ausilio di compiacenti ormeggiatori. Erano le 2:15 del 6 Maggio 1860. Quel rimorchio rappresentò un capolavoro di tecnica marinaresca: con abili maneggi dei cavi di traino e variazioni delle mo-trici, le due navi si districarono in sicurezza dal-la giungla delle barche ormeggiate nello specchio

d’acqua del porto. Si deve poi ricordare che tutta l’operazione doveva essere fatta nel massimo si-lenzio e nel minimo tempo possibile, senza l’ausilio di mezzi portuali (i quali avrebbero potuto avan-

zare dei crediti in un secondo tempo). Non va qui dimenticato, che Simone Schiaffino, timoniere di una nave rimorchiata in acque ristrette, espletò il suo compito con professionalità ineccepibile.Qui sopra, la sequenza dell’uscita del rimorchio

da Genova. Probabilmente, sono stati usati cavi di cocco o canapa, sistemati a briglia e passati il più esternamente possibile dalla poppa del “Lom-bardo”. Sicuramente il “Piemonte” ha proceduto a “colpetti” di macchina per evitare un eccessivo scarroccio del suo rimorchio. La lunghezza del ri-morchio è stata aumentata sicuramente dai 20 me-tri iniziali ai 40 appena usciti dal porto, fino ad un valore ottimale per la navigazione fino a Quarto.

Appena fuori dallo scalo genovese, il piccolo con-voglio incontrò quel mare lungo che tanto fece patire certi volontari non abituati a viaggiare sulle navi. Dopo aver riassestato i cavi di rimorchio, le due navi arrivarono a Quarto alle 3:30 di quella stessa mattina. Le macchine del “Lombardo” furo-no riparate e le due navi salparono verso la Storia alle 7:15. L’operazione preliminare dell’Unità d’Ita-lia aveva avuto successo!

Inizia l’impresa

Le due navi avevano appuntamento a Sori con un certo Selle di Genova (noto contrabbandiere di seta) che avrebbe dovuto consegnare due chiatte cariche di munizioni e di fucili moderni. Nessuno si presentò all’appuntamento ed i Mille partirono per la Sicilia con pochissime munizioni, 1019 vec-chi fucili a canna liscia e definiti da Garibaldi “cate-

Storia di una Nave

Schema della manovra

La tecnica di rimorchio “a briglia”

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nacci”; mancavano anche le famose camicie rosse (ne imbarcarono soltanto 250). Fecero rotta per il Canale di Piombino, ove furono imbarcati, a Tala-mone, una settantina di volontari livornesi guidati da Andrea Sgarallino. Contemporaneamente furo-no sbarcati un centinaio di uomini che raggiunsero i duecento toscani che, guidati da un certo Zam-bianchi, effettuarono un attacco diversivo contro le frontiere dello Stato Pontificio. Tutto questo per far credere al mondo che il

vero scopo della spedizione fosse la liberazione di Roma. Furono tutti catturati dai soldati del Papa, ma essi distolsero l’attenzione dal vero obbiettivo: la Sicilia.

Il giorno 7 furono consegnati a Garibaldi dal mag-giore Giorgini, il comandante delle locali truppe piemontesi, quattro cannoni ed alcune centinaia di fucili moderni (con la dotazione delle relative car-tucce) ed alla mattina del giorno 8, a Porto Santo Stefano, per rifornire le navi dei garibaldini, fu pre-levata l’acqua ed il carbone dal deposito destinato al piroscafo che collegava la terraferma con l’isola

del Giglio. Nella tarda mattinata le due navi si mi-sero in rotta per le Egadi, le isole poste di fronte alla costa occidentale della Sicilia. Alla sera dell’8 maggio, durante la navigazione, il

Piemonte rimase attardato rispetto al Lombardo poiché dovette recuperare un volontario caduto in mare. Le due navi si persero di vista e, quando si rincontrarono casualmente durante la notte, si prepararono al combattimento credendo entram-be di trovarsi davanti ad una nave da guerra borbo-nica. Poi avvenne il reciproco riconoscimento ed il Lombardo ed il Piemonte proseguirono assieme la navigazione tenendosi a portata di voce.Mentre la flotta Sarda, al comando dell’ammira-

glio Persano incrociava a Sud della Sardegna, tra Capo Car-bonara e l’Isola di Sant’Antioco per poi portarsi su Livorno, le navi della Reale Marina Borbo-nica, pattugliavano l’intero peri-metro della Sicilia.Fuori Marsala vi era una pic-

cola squadra napoletana al co-mando del Capitano di vascello Tommaso Cossovich, che era imbarcato sulla fregata Par-tenope, un vascello a vela da 2.583 tonnellate, costruita nel lontano 1834 ed armata con 50 cannoni. Vi erano inoltre la pirocorvetta a ruote Stromboli, da 580 tonnellate, armata con 10 obici e costruita nel 1843 (al

comando del Tenente di vascello Guglielmo Acton) ed un piroscafo a vapore, il Ca-pri (comandante Marino Caracciolo) che, proprio la mattina dell’11 maggio era stato armato con al-cuni cannoni, trasbordati dallo Stromboli. Le navi borboniche avvistarono con grave ritardo

il Piemonte ed il Lombardo ed invece di entrare subito in azione non trovarono di meglio che pren-dere a rimorchio la grossa fregata Partenope (a vela

Storia di una Nave

L’imbarco dei mille a Quarto

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ed immobilizzata dalla bonaccia) per presentarsi al gran completo davanti al porto di Marsala.Le navi dei garibaldini, quando alla mattina dell’11

maggio 1860 giunsero davanti al porto di Marsala, videro due navi da guerra all’ancora ed uno strano andare e venire.Erano due cannoniere a ruote britanniche: la pri-

ma, l’Argus (comandante Winnington-Ingram) era stata incaricata di proteggere i consistenti interessi inglesi nella città (gli inglesi avevano investito mol-to denaro nel vino siciliano e, proprio a Marsala, vi erano gli stabilimenti di lavorazione ed i depositi dell’Ingham, della Woodhouse e della Whitaker). La seconda era l’Intrepid (comandante Marryat) che, ufficialmente era in sosta di trasferimento da Pa-lermo a Malta con messaggi urgenti del contram-miraglio Mundy, ma in realtà doveva raccogliere

informazioni sull’evolversi della situazione.Immediatamente il Piemonte ed il Lombardo

puntarono a tutta forza verso il porto di Marsala inalberando il tricolore con lo stemma sabaudo e passando vicinissimi ad un grosso mercantile bri-tannico all’ancora. Raggiunto il porto, i garibaldini iniziarono velocemente lo sbarco con i canotti (il primo comandato da Andrea Rossi ed il secondo da Gastaldi) e l’unico reale ostacolo fu posto dal-la famosa burocrazia borbonica poiché l’ufficiale sanitario di Marsala si precipitò a controllare se i nuovi arrivati avessero i necessari nulla osta (me-dici) per poter scendere ed accedere a terra.Mentre i garibaldini scendevano a terra, giunsero

davanti al porto le tre navi borboniche che avrebbe-ro potuto disturbare in modo pesante lo sbarco ma, temendo di recar danno agli ufficiali britannici che si erano recati a far visita al console inglese e non vo-lendo creare un incidente internazionale, aprirono il fuoco solo dopo il loro ritorno a bordo.Trascorse circa un’ora ed infine lo Stromboli di

Acton, la Partenope ed il Capri iniziarono il fuo-co con i cannoni ed un garibaldino fu ferito, con-temporaneamente all’uccisione di un povero cane zoppo .Il Piemonte, ormai vuoto, fu devastato dai colpi

di cannone ed andò in secca; il Lombardo rimase semi affondato nel porto di Marsala.Le navi inglesi che dovevano proteggere il loro

vino, agevolarono (forse involontariamente) lo sbarco degli uomini di Garibaldi.Il giorno 12 maggio, lo Stromboli prese a rimor-

chio il Piemonte che era arenato ed abbandonato e lo portò prima a Palermo e poi a Napoli ove re-stò inutilizzato nella darsena militare. Anche se in-servibile fu iscritto il 17 marzo 1861 nei quadri del naviglio da guerra del Regno d’Italia (con classifica “trasporto di 2° ordine a ruote) per venir offerto in vendita all’asta pubblica, per la demolizione, il 16 settembre 1865.Il Lombardo ebbe una differente storia: restò

in secca, semi affondato, a Marsala fino all’11 lu-

Storia di una Nave

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Storia di una Nave

glio 1860 finché un certo Napoleone Santocanale provvide al recupero utilizzando duecento operai e ben trenta pompe. Rimorchiato a Palermo, il pi-roscafo, fu iscritto nella Marina da Guerra Sarda. L’arsenale di Palermo provvide a ripararlo, restau-rarlo ed a rimetterlo a nuovo. I lavori terminarono nell’agosto del 1861. Era ancora una splendida, ro-busta nave e svolse innumerevoli viaggi tra i porti italiani per trasferire truppe, consegnare detenuti ai bagni penali,trainare draghe.Il 10 febbraio 1864 passò al comando del Luogo-

tenente di vascello Giuseppe Deista ed il 3 marzo lasciò Ancona carico di truppe destinate a Manfre-donia e detenuti per le isole Tremiti.Nella notte fra il 12 ed il 13 marzo 1864 investì

una secca dell’isola Domino del gruppo delle Tre-miti. I tentativi di salvataggio del piroscafo duraro-no fino al 19 marzo 1864 quando la forza del mare gli ruppe la chiglia. E la nave, ormai irrecuperabile, fu abbandonata al suo destino.

Il ritrovamento

Nel maggio 2005, la nave affondata è tornata alla ribalta della cronaca. Molti giornali, infatti, hanno parlato diffusamente, a quell’epoca, della sua esi-

stenza sul fondo del mare, appunto presso le Isole Tremiti, essendo stato ritrovato il relitto, in se-guito a un’immersione in loco del sommozzatore Pietro Faggioli, indicato anche come giornalista e storico.I carabinieri del coman-

do provinciale di Foggia, assieme ai subacquei

della marina militare di Ta-ranto e a tre motovedette del comando regionale di Bari- con la collaborazione del nucleo patrimo-

nio artistico e della Soprintendenza hanno battuto i fondali dove è nascosto il relitto, tra Cala degli Inglesi e Punta del Vuccolo. Hanno scattato foto-

grafie, girato video ed effettuato rilevazioni plani-metriche. Tra i resti del relitto si distinguono poi una massiccia struttura, che molto probabilmente faceva parte dell´antica macchina a vapore, e il bi-lanciere della macchina. Adagiata poco lontana c´è poi l´ancora e l´argano con ancora un ammasso di catena. (come mostrano le foto seguenti)

Pietro Faggioli

Il relitto alle Isole Tremiti

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La sua Storia

Riportiamo la Storia registrata di que-sto Piroscafo:Iscritto nelle matricole del porto di Li-

vorno per poter usufruire della piùfavorevole legislazione doganale degli

Stati italiani del Tirreno.

•15/9/1841, con bandiera toscana la-sciò Livorno per Genova (C/te Luigi Sforzini).•20/9/1841, arrivo a Napoli.•15/10/1841, alle 10,50 il piroscafo

Lombardo, sulla rotta Livorno, Civitavec-chia, Napoli è investito (con danni legge-ri) dal piroscafo Charlemagne.•Gennaio 1842: effettua due viaggi

settimanali, con partenza da Genova e Marsiglia per Civitavecchia e Napoli (C/te Cav. Carlo Martellini). Indirizzo raccomandatari: Benia-mino e Fratelli Coen, Via S. Francesco del Paradiso n°1116, al primo piano.•Aprile 1842, noleggiato per conto di S.M. la Regina di

Sardegna.•28 Ottobre 1842, offerto in pubblica asta per l’importo

“non inferiore a Franchi 50.000”.•28/11/1842, asta disattesa e fino a giugno 1845, in disar-

mo. Passato in gestione alla: Amministrazione della Compa-gnia del Regno delle Due Sicilie.•31/3/1845 - sequestrato su istanza creditori nel porto

di Marsiglia.•Luglio 1845 - Dicembre 1845, noleggiata dal Governo

francese per trasporto truppe da Marsiglia in Algeria.•30/10/1845, dismissione della bandiera toscana ed inal-

berata bandiera austriaca per poter raggiungere Trieste.•26/2/1846, offerto in pubblica asta.•25/5/1846, viene acquistato a Trieste dalla Società dei

vapori sardi della Ditta Raffaele Rubattino & C. di Genova per £. 420.000.•2/2/1846: il ‘Corriere Mercantile’ di Genova saluto il ri-

torno a Genova del Lombardo, il più bello tra i battelli ita-liani, che si unisce al Castore, il solo che lo ‘superasse sotto questo rispetto’.•1/7/1846, partenza per Livorno (C/te Rocci). •Luglio 1849, al comando di Luigi Dodero, trasporta i

superstiti della Legione Garibaldina a Civitavecchia.•1/8/1851, diventa il postale nella linea Genova - Cagliari.•1853, diventa postale nella linea Genova - Cagliari - Tunisi.•Luglio 1855 - Dicembre 1855, noleggiato dal Governo

Sardo per il trasporto del Corpo di spedizione in Crimea (Dato dubbio secondo alcuni storici).•5/5/1860, ceduto dalla Rubattino (per mezzo dell’Ammi-

nistratore delegato Fauché) a Giuseppe Garibaldi.•6/5/1860, al comando di Nino Bixio e di .•11/5/1860, sbarca truppe di Garibaldi a Marsala.•11/7/1860, recuperato e rimorchiato a Palermo.•17/11/1860, entra a far parte della Marina Siciliana Ga-

ribaldina.•17/3/1861, classificato come trasporto a ruote di 2°

Classe. Nella stessa data entra a far parte della Marina del Regno D’Italia.•Agosto 1861, rimesso a nuovo nell’arsenale di Palermo.•28/7/1862, trasporta truppe da Palermo a Genova.•12/1862 - 4/3/1863 viene disarmato.•5/3/1863, al comando dell’L.T.V. Luigi Matteo Civita.•21/3/1863, da Genova per Trapani, Agrigento per imbar-

co reclute.•28/3/1863, ritorno a Genova.•1/4/1863, per La Spezia per traino draga.•3/4/1863, a Napoli.•8/4/1863, a Palermo per imbarco truppe.•10/4/1863, da Palermo per Livorno.•14/4/1863, a Napoli.•21/4/1863, da Napoli per Genova con truppe.•28/4/1863, da Genova per Ancona: 29/4 a Portoferraio, 1/5

a Napoli con draga per Messina, 5/5 a Messina e poi a Bari.•19/5/1863, da Bari per Trani con draga e poi, con dete-

nuti, alle Tremiti.•21/5/1863, ad Ancona.•13/6/1863, partenza per Manfredonia e Bari con truppe.

Storia di una Nave

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In viaggio con Magellano n. X - Marzo 2010 11

•6/8/1863, a Manfredonia per carico detenuti per le Tremiti.•24/8/1863, ad Ancona.•14/9/1863, partenza per Ortona, Manfredonia, Barletta,

Molfetta (17/9).•24/9/1863, a Taranto; poi Reggio, Pizzo, Paola, Salerno il 29/9.•Nell’ottobre, rientro ad Ancona.•8/11/1863, da Ancona con detenuti per Tremiti; poi Trani

e Manfredonia.•16/12/1863, ad Ancona.

•18/12/1863, partenza per Termoli con rientro ad Ancona il 23/12.•10/2/1864, passa al comando dell’L.T.V. Giuseppe Deista.•3/3/1864, partenza da Ancona con truppe e detenuti per

Manfredonia ed Isole Tremiti.•notte 12/13 marzo 1864, urta le secche dell’isola Do-

mino delle Tremiti.•19/3/1864, relitto della nave distrutto. Perdita totale.

Storia di una Nave

Dati Tecnici del Pirotrasporto Lombardo - Trasporto a ruote di 2° Classe

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In viaggio con Magellano n. X - Marzo 201012

Come usare il Milliput per scolpire uno specchio di poppa

Questo articolo è una gentile concessione del Sig. Stefano Borin. Procedura passo-passo sulla modellazione di

questo fantastico materiale e sul modo di scolpire uno specchio di poppa.Ho cercato di descrivere al meglio ogni fase, spe-

ro molto che qualcuno di voi segua il mio esempio magari iniziando da piccoli decori.....Il materiale usato è il Milliput distribuito in Ita-

lia dall’Astromodel di Genova, per noi scultori di soldatini è il materiale principe per la scultura, si manipola come il pongo, si stira, si spiana si affetta, si può conformare in qualsiasi forma; può anche essere lisciato a fresco con del diluente nitro.Questa cosa è molto importante, il diluente ni-

tro non deve avere all’interno petrolio o essenze vegetali, ma contenere assolutamente xilolo e eta-nolo oppure qualche altro acool es. toluolo, ma mai il petrolio, quest’ultimo inibisce la dissoluzione del Milliput. Un diluente pratico è ad esempio il di-luente nitro per vernici; in alternativa si può sem-pre usare alcool etilico denaturato oppure quello puro.Si può lisciare con pennelli, con i polpastrelli ba-

gnati di diluente, oppure con la sgorbia anch’essa ripetutamente bagnata col diluente. Sconsiglio di usare l’acqua, questa evapora lentissimamente e vi lascia una fanghiglia che copre tutto il vostro lavoro, mentre i solventi evaporano quasi subito, giusto il tempo per lisciare e proseguire il lavoro.Anche l’attrezzo dovrà essere ripetutamente

bagnato, perchè così potrete modellare il Milliput senza che esso si attacchi a quest’ultimo col ri-schio di asportarvi parte del lavoro.Una volta indurito il Milliput può essere lavorato

a secco, tagliato, carteggiato, lisciato, fresato, inciso, ecc... è molto cedevole, quindi attenzione perchè nonostante sia molto duro in spessore, in superfi-ce si segna molto facilmente.

Esistono diversi tipi di Milliput in commercio; ogni colorazione corrisponde ad una grana più o meno fine, quello bianco è il più fine ma costa praticamen-te il doppio di quello grigio verde, quello che userò quì, però è sicuramente il migliore in tutti i sensi; e per apprezzarne i vantaggi bisogna saper scolpire molto bene su questo genere di materiale.

Questo è il Milliput , tra tutti i sistemi adottati per avere la giusta miscelazione dei due compo-nenti la migliore è quella di accoppiare ogni volta le parti, così via fino alla porzione desiderata... Deciso il disegno e provato a sovrapporlo all’im-

magine della poppa, me lo sono stampato a misura direttamente su carta lucido, l’inchiostro prende bene e una volta assorbito dal lucido non si ridi-scioglie nelle varie lavorazioni il disegno mi servi-rà come base per scolpirci sopra i vari elementi, quindi lo ritaglio e lo incollo con del ciano acrilico

Tecniche modellisticheScolpire con il Milliput

Stefano Borin

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In viaggio con Magellano n. X - Marzo 2010 13

su una lastra di vetro ben sgrassata con nitro...Una volta incollato per bene il disegno (per bene

significa che ogni punto del disegno deve essere incollato, ovvero per trasparenza si deve vedere la colla unifomemente stesa, eh!! si servirà un bel pò di ciano acrilico steso ovviamente sul retro, non spaventatevi se parte deborderà dal lucido, il mio consiglio è di tagliare ben oltre il disegno, col dito spingere la chiazza di colla da sopra il disegno di-stribuendola per tutto il disegno e oltre, poi una volta seccata rifinite con il cutter) cospargere tut-to il disegno con della cera solida ed attendete che si asciughi.

Passiamo ora alla scultura vera e propria, partia-mo dalle amatissime sirene...Il concetto della scultura in genere è quello di

cercare di semplificare al massimo le forme di par-tenza, cioè dove per esempio c’è un tronco di cor-

po posso immaginare una goccia rovesciata, molto utile è ridisegnarsi i diversi elementi nelle forme più semplici per poi rielaborarle....Quindi cominciamo con il tronco, dopo aver mi-

scelato il Milliput sporcando le dita con un poco di grasso preleviamo una piccola pallina; rotolandola tra le dita ne ricaviamo una goccia; confrontiamo l’ingombro con il disegno, se necessario prendiamo altro materiale oppure asportiamolo, quindi con l’aiuto della sgorbia lo distribuiamo sul disegno nella porzione del tronco per il relativo ingombro ora non è assolutamente inimmaginabile che chi non ha mai scolpito sino ad ora sia in grado di mo-dellare dei pettorali, con relativi addominali, per giunta femminili su di una goccia di stucco, però importantissimo è non aver paura a far schifezze!

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L’importante è procedere e prendere confidenza con la sgorbia , lo stucco, il diluente senza troppo dar caso al risultato, portate a termine le varie tap-pe, completate più parti possibili e capirete molte più cose che... ma a chi diavolo sto parlando... non siete voi dei modellisti NAVALI????!!!E allora.... non vi farete intimidire da gocce di Milli-

put ...voi che fate doppi fasciami, tavolati, balaustre, tavolini con cartigli e candeline microscopiche.... da far invidia al più folle degli ebanisti....??!!!!

L’atrezzo che uso per la modellazione si trova in normali negozi di belle arti. Consiglio assoluta-mente la spatolina in acciaio e non quelli in legno per la terra, in questi casi le quantità di stucco sono davvero piccole ma soprattutto non assorbe

il diluente nel quale bisogna costantemente intin-gere la sgorbia,...Una volta modellati anche approssimativamente

le figure, con un pennellino bagnato di diluente, liscio insistentemente le superfici, questo mi per-mette di smussare le imperfezioni e di omogeneiz-zare le superfici.....

Per ricavare le strisce di materiale per la scultura io utilizzo il seguente metodo:

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lastra di vetro, talco e un rullino in questo caso un manico di cutter... e una lama grande di cutter estraibile....

Il modo migliore per posizionarle è quello di aiutarsi con dei pennellini bagnati di diluente, una volta trovata la giusta posa, sempre col pennello questa volta zuppo di diluente, si bagnano abbon-dantemente, questo permetterà un’adesione per-fetta della striscia agli altri componenti.Per poter meglio accedere ai vari punti della

composizione ho fatto precedentemente indurire le sirene, questo mi permette di rimuoverle prov-visoriamente grazie alla cera stesa, (meraviglia del milliput) e proseguire con le parti sottostanti ad esse...quindi tutto nel fornetto ad indurire.

Passiamo ora a riempire il pannello dello spec-chio procedendo con piccole porzioni di stucco. Nelle foto seguenti potrete ben apprezzare lo strumento che utilizzo, in azione.

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Dopo aver ben lisciato il tutto, mi segno il finto fasciame, e facendo riferimento sul retro del vetro, dove posso ben localizzare la giusta posizione del-le finestrelle, ne ritaglio i contorni andando molto in profondità, Faccio indurire.... ed usando la punta del cutter e con tutta tranquillità, estraggo l’ec-cedenza senza il rischio di rovinare i bordi delle finestrelle; ormai indurite... Avendo tutto ben indurito posso lavorare per

bene ed andare avanti ad allestire lo specchio di poppa secondo il disegno che ho deciso... mi por-to avanti con il “sipario”, distribuendo un po’ di stucco ritagliandone poi l’eccedenza per il giusto disegno che mi sono riportato. Quindi aiutandomi con il pennellino dispongo i bordini per le fine-strelle e prima di rifinirli faccio indurire (altrimenti rischio di spostarli)Dopo di che stacco il tutto e, anche se qui non

si vede, separo la parte bassa dal panello superio-re (quella col siparietto per intenderci); le applico sulla poppa della barca, la parte sottostante, con degli spessori, sporgerà di circa un centimetro, ri-spetto quella superiore che invece è a livello zero

Ora avendo ben sott’occhio il disegno definitivo si parte con il sagomare le prime parti dello stem-ma. Sono partito dalla parte centrale e più sempli-ce che è lo sudo; questo serve a rompere un po’ il ghiaccio con il lavoro. Un po’ alla volta aggiungo altri dettagli, la striscia di stucco che già sapete da dove viene, le prime parti anatomiche degli anima-li che compongono lo stemma, partendo sempre dalle forme geometriche più semplici, rifinite ogni volta a fresco con il cutter. (E’ impensabile riuscire a cogliere la forma al primo colpo...!)Quando necessario metto ad indurire in fornet-

to, se la progressione del lavoro mi compromette parti del lavoro già realizzato precedentemente.Terminato di scolpire lo scudo e ben indurito, lo

incollo direttamente sullo specchio di poppa, ag-giungo le sirene, completo direttamente sul legno le teste ai lati della balconata, metto ad indurire.Siccome non è possibile mettere tutta la nave

nel fornetto, espongo lo specchio di poppa ad una lampada di 80 WAT il calore della lampada sarà sufficiente per indurire lo stucco, ci vorrà una ven-tina di minuti in più ma funziona comunque.

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In queste foto sono ben visibili la porzione sot-tostante ad un livello più avanzato rispetto quella sopra dello scudo, sul “davanzale” sopra le finestre andranno alloggiate le figure stese...Finito di scolpire anche le figure, do una mano

di patina da scarpe nera, una passata con lo strac-cio delicatamente in modo da togliere più pati-na possibile e controllo con l’effetto chiaro scuro eventuali errori... infatti ho dimenticato il corno dell’unicorno...

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Nave da battaglia giapponese KOTETSU

La Kotetsu (dal Giapponese : çbìS, letteralmente “Corazzata”) fu la prima nave da guerra corazzata della Marina Imperiale Giapponese.Costruita in Francia, nel 1864, ed acquistata dagli

Stati Uniti nel 1869, fu classificata all’epoca come “ariete corazzato” da guerra. Ebbe un ruolo de-cisivo nella Battaglia Navale di Hakodate, nel maggio 1869, che determinò la fine della cosiddet-ta Guerra Boshin e la definitiva restaurazione del Governo Imperiale Meiji.

Le origini

La Kotetsu fu originariamente battezzata CSS Stonewall (Confederate State Ship) e venne co-struita in Francia, nei Cantieri L’Arman di Bor-deaux, per conto della Marina Confederata (Su-dista). Il governo Francese proibì però al costruttore di

consegnare la nave alla Confederazione Sudista e la vendette invece alla Danimarca (all’epoca in guerra con la Prussia) con il nome di Staerkodder.

Ma l’acquisto non venne mai portato a termine in quanto avvenne durante l’ultima fase della guer-

ra tra Prussica e Danimarca. Nel frattempo, lo stesso can-

tiere vendette alla Prussia la gemella della Stonewall (bat-tezzata Cheops) che fu acqui-sita nella Marina Prussiana con il nome di Prinz Adalbert. Sfumata l’opportunità di tale

affare, alla fine il cantiere L’Ar-man riuscì a rivendere segre-tamente la nave alla Confede-razione Sudista.Gli Stati Uniti cercarono di

bloccare l’arrivo della “for-midabile” Stonewall in Ame-rica, inviando diverse navi da

guerra nel tentativo di intercettarla, tra cui la USS Kearsage (famosa per aver affondato in combatti-mento la nave corsara CSS Alabama) e la USS Sa-cramento, ma il tentativo di bloccare la Stonewall non ebbe risultato.

Dopo una crociera senza particolari eventi nel-l’Atlantico, la CSS Stonewall arrivò negli Stati Uniti appena pochi giorni prima della fine della Guerra Civile, troppo tardi ormai per avere effetti signifi-cativi sull’andamento del conflitto, visto che quello che rimaneva della Marina Confederata si stava ra-pidamente disgregando insieme a molte altre isti-tuzioni Confederate.Dopo aver fatto scalo a Nassau ed a Cuba, ed

aver appreso della disfatta e della resa della Con-fermazione Sudista, il comandante della Stonewall, Cap. Thomas Jefferson Page, scelse di consegna-re il vascello al governo della Spagna, a Cuba. Que-st’ultimo a sua volta consegnò la CSS Stonewall nel Luglio del 1866 al legittimo Governo degli Stati Uniti, dietro notevole pressione dell’Ambasciato-re americano a Madrid.

Storia di un ModelloI.J.N. KOTETSU / AZUMA

Giampaolo Cusati (JP)

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Storia di un Modello

La carriera Giapponese

Riconsegnata alla Marina degli Stati Uniti nel 1866 la CSS Stonewall fu mantenuta ferma per un paio di anni e venne venduta dagli Stati Uniti al Bakufu (Shogun) del Giappone nel 1868, per rinforzare la modernizzazione del suo esercito e della sua marina. Furono pagati inizialmente agli Stati Uniti 30.000 $ ed i rimanenti 10.000 $ avrebbero dovu-to essere pagati una volta consegnata la nave da guerra. La corazzata venne ribattezzata Kotetsu.Quando iniziò la Guerra Boshin tra il Bakufu e

le forze dell’Imperatore del Giappone, le potenze Occidentali decisero di mantenersi neutrali, riti-rando ogni supporto militare già presente in Giap-pone e bloccando la consegna di ogni tipo di ma-teriale bellico ai belligeranti, inclusa la Kotetsu che avrebbe dovuto essere consegnata al Bakufu.Dopo alterne vicende, la Kotetsu venne finalmen-

te consegnata nelle mani del nuovo governo Meiji (governo imperiale) nel febbraio 1869 e venne im-mediatamente messa in azione ed inviata, insieme ad altri vascelli da guerra, nell’isola settentrionale di Hokkaido per combattere le rimanenti forze dello Shogun, che stava tentando di realizzare una indipendente Repubblica di Ezo in quella par-te del paese, con l’aiuto di ex-consiglieri militari Francesi.Il 25 Marzo 1869, nella Baia di Mikado, la Kotet-

su respinse con successo un tentativo notturno di abbordaggio da parte della nave ribelle Kaiten, che venne respinta grazie alla presenza a bordo della Kotetsu delle nuove mitragliatrici Gatling, l’ultima novità in fatto di armamenti dell’epoca.Successivamente, la Kotetsu partecipò all’inva-

sione dell’isola di Hokkaido ed a vari duelli navali durante la Battaglia Navale di Hakodate.Nel 1871, la Kotetsu fu ribattezzata Adzuma e ri-

mase in servizio nella Marina Imperiale Nipponica fino al 1888, quando fu assegnata a servizi portuali che non prevedevano attività militari.

Carriera

Caratteristiche Generali

La Kotetsu, la prima nave da guerra corazzataGiapponese come appariva nel 1865

Costruttore: Cantiere L'Arman BordeauxFrancia

,

Impostata : 1863Varata : 21 Giugno 1864Commissionata: 25 Ottobre 1864Acquistata dalGiappone: 3 Febbraio 1869

Radiata: 28 Gennaio 1888Destino: Demolita

Dislocamento: 1,358 tonnellateLunghezza: 59 m f.t.Larghezza: 9.6 mPescaggio: 14 ft 3 in (4.3 m)

Propulsione: Doppio motore a vapoda12,00 hp (895 kW)

re

Alimentazione: Carbone, 95 tonnellateVelocità: 9 nodi (15 km/h)Equipaggio: 135

Armamento:1 x 300 pdr (136 kg) Armstrong gun, 2 x 70 pdr (32 kg) Armstrong guns

Corazzatura: Da 124 a 89 mm al gallegg.124 mm in torre fissa

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Storia di un Modello

La Kotetsu fu ben armata con cannoni brandeg-giabili all’interno della torre e del castello di prua ed estremamente ben corazzata, tanto da essere considerata a quei tempi un vascello “formidabi-le” ed “inaffondabile”, in quanto avrebbe potuto sostenere con successo qualsiasi duello diretto, soprattutto contro le navi da guerra in legno del periodo.In effetti il Giappone fu equipaggiato, all’epoca,

con le più moderne corazzate del tempo, tenendo conto che la Stonewal / Kotetsu / Adzuma venne va-rata appena 4 anni dopo il lancio della prima nave da guerra corazzata oceanica della storia, la famo-sa “La Gloire” della Marina Francese del 1859.

Il modello della Kotetsu

Il modello della Kotetsu da me realizzato è in scala 1:75, completamente in autocostruzione, a parte alcune componenti.L’idea iniziale di realizzare questa particolare

nave è nata da un articolo del modellista Edward Parent, pubblicato alcuni anni fa sulla rivista ame-ricana Seaway’s Ships in Scale, in cui il sig. Parent descriveva le fasi di realizzazione del modello della CSS Stonewall in scala 1:244.Indubbiamente, come nei miei passati modelli, il

fattore di “empatia” è una delle caratteristiche che determinano la scelta o lo scarto di uno scafo per realizzarne un modello. La CSS Stonewall aveva molte delle caratteristiche che io prediligo in una nave : innanzitutto il fatto di essere un nome “poco conosciuto” (al contrario delle molte Victory, San-ta Maria, Bounty etc..) nel panorama del modelli-smo mondiale ed europeo. Poi, alcune su caratteristiche peculiari quali il

pronunciato (quasi “esagerato”) sperone a prua; la doppia chiglia; la torre corazzata fissa ed il ca-stello di prua corazzato anch’esso; l’attrezzatura abbastanza inusuale per un vascello da guerra; me lo hanno fatto trovare irresistibile nella sua “brut-tezza” (perché, diciamolo sinceramente, bello di

certo non è!!!)Considerati tutti questi aspetti, e presa la deci-

sione di mettere in cantiere questa nave, come per ogni modello realizzato negli ultimi anni, è stato necessario fin da subito acquisire una solida docu-mentazione sull’originale, sulle varie attrezzature ed armamenti dell’epoca che lo hanno visto pro-tagonista.Ho iniziato a reperire informazioni scrivendo al

sig. Parent che, in modo gentilissimo, mi ha man-dato copia dei disegni di Kozo Izumi da lui usati (anche se in scala 1:244, molto diversa da quella da me preferita) ed una serie di fotografie del suo modello della CSS Stonewall. Ovviamente, anche l’articolo in Seaway’s ha fatto parte integrante del-la documentazione di riferimento.Successivamente ho ricercato in Internet, da va-

rie fonti, tutte le informazioni possibili sulla Sto-newall / Starkeodder / Kotetsu / Adzuma e sulla sua “gemella” Cheops / Prinz Adalbert.Sono riuscito così a reperire fotografie e disegni

dell’epoca da diverse fonti (alcune di queste in ele-vata risoluzione), ma ancora mancava il supporto dei piani costruttivi.Sempre tramite i motori di ricerca in Internet

(principalmente Google e Yahoo) ho avuto indica-zione di alcuni “siti” dove poter reperire i disegni della Stonewall, tra i quali quelli realizzati da David G. Meagher (ed acquistati dal sito della Taubmans/Loyalhanna Dockyard : http://www.taubmansonline.com/); quelli provenienti dai National Archives americani (ed acquistati dal sito : http://www.mary-landsilver.com/Ship.htm). Inoltre, contattando il Deutsche Museum di Mo-

naco (Germania), sono entrato in contatto con la curatrice della Sezione Navale del museo che mi ha indirizzato ad un disegnatore tedesco che aveva realizzato una serie di piani della Prinz Adalbert. Inutile dire che mi sono affrettto ad acqusire an-che questi!!Contemporaneamente alla ricerca dei piani della

nave, mi sono iniziato a documentare sulle attrez-

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zature e gli armamenti che erano propri di questo periodo. Sono riuscito ad ottenere, dopo lunga ri-cerca e sempre tramite Internet, fotografie di vari cannoni Armstrong del periodo. Ulteriore aiuto su questi pezzi di artiglieria mi è venuto dal tratta-to “Artiglieria Navale” di Giovanni Santi Mazzini che riportava una serie di cannoni Armstrong, di vari calibri e su vari af-fusti, che mi hanno per-messo di poter arrivare alla scelta di quelli che più rispondevano alle caratteristiche di quelli imbarcati sulla Stonewall/Kotetsu (Armstrong ad avancarica da 300 poun-der e 70 pounder).Avendo scelto poi di

realizzare la nave nel pe-riodo in cui era in for-za alla Marina Imperiale Nipponica durante la Guerra Boshin, in cui era stata equipaggiata anche di due mitragliatrici Gatling a canne rotanti, ho ricercato anche fonti informative su queste armi. L’aiuto è arrivato anche qui da Internet (benedet-

to chi l’ha inventata !!!) da cui ho attinto parecchio materiale fotografico e qualche disegno in scala, integrato da una serie di foto prese personalmen-te in occasione di un viaggio di lavoro a Londra dove, in momenti di “pausa” ho visitato il Museo Imperiale della Guerra ed il Museo della Torre di Londra e sono riuscito a prendere le misure “al reale” da un paio di mitragliere esposte.Lo stesso è avvenuto per le attrezzature, le an-

core, l’argano, etc… L’acquisizione delle informa-zioni dalle fonti (antiche o moderne che siano) è sicuramente uno degli aspetti forse più estenuanti dell’intera attività modellistica, ma è anche quello che permette al modellista una formazione “cultu-

rale” relativa al periodo in cui ha deciso di voler far “vivere” il proprio modello.Dunque…una volta acquisite tutte le informazio-

ni possibili sull’originale (una ricerca durata più o meno un anno) ho dato inizio alla fase di realizza-

zione che ha avuto, come pre-requisito, la verifica delle informazioni e dei disegni provenienti dalle varie fonti, per armonizzarle il meglio possibile e confrontare i vari piani per capire gli eventuali er-rori ed uniformare il progetto. C’è stato quindi il ridisegno dello scafo, delle linee

d’acqua e delle ordinate di riferimento, su cui sono state poi costruite le false chiglie (3 in tutto) e le ordinate piene. Il materiale è stato principalmente compensato multistrato da 5 mm. Sullo scheletro formato da questa ossatura è sta-

to poi messo in posa il fasciame in tiglio (general-mente da 6x1,5 mm) incollato ed inchiodato sulle ordinate. L’area del castello di prua è stata invece ricoperta da strisce del medesimo materiale, ma posizionate in verticale, in modo da far seguire la curvatura del castello ed il suo andamento verso lo sperone.

Storia di un Modello

Navi da battaglia Imperiali Giapponesi in azione durante la Battaglia del Hakodate, giugno 1869

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Storia di un Modello

A differenza di altri modelli in precedenza, in cui la parte sagomata della prua era ricavata in bloc-chetti di legno, questa volta ho voluto usare un altro sistema : un foglio di compensatino sottile e flessibile (spessore 0,5 mm) poggiato ed incolla-to su alcune forme (ordinate incollate sulla parte della chiglia che rappresenta lo sperone). Il tutto, poi, ricoperto con attenzione dal fasciame in tiglio. Devo dire che l’effetto è risultato corretto e le foto poi riportate lo testimoniano efficacemente.Durante la costruzione della Kotetsu sono sta-

ti usati diversi materiali : legno, plastica, plasticard, ottone, resina e sono state applicate molte e diffe-renti tecniche per la realizzazione dei particolari.Ad esempio :• le maniche a vento e le canne dei cannoni Ar-

mstrong sono state realizzate in colata di resina e successivamente svuotate a bulino; • il fumaiolo della nave è stato realizzato utiliz-

zando la sottilissima copertura di un tubo di ferro (ricoperto in plastica) per tendaggi; • le ribattiture del fumaiolo sono state realizzate usan-

do piccole gocce di colla cianoacrilica (Attak Gel); • le piastre della corazza laterale e frontale dello

scafo e della torre corazzata sono state fatte in lamine di plasticard; • le ruote del timone sono state realizzate con

lamine sottilissime di plasticard incollate a strati su una forma rotonda; • le amache dell’equipaggi sono salviette di carta

(quelle date sugli aerei per rinfrescarsi) fatte asciu-gare, tagliate, piegate e poi “fissate” con vernice trasparente opaca;• le bandiere sono state realizzate con i fogli di

carta sottile che sono usati per confezionare le camice nuove da uomo; dipinte in bianco acrilico e poi tagliate a misura, decorate con lo stemma del Sol Levante e quindi “bagnate” con vernice traspa-rente opaca e piegate durante la fase di asciugatura.• le lance baleniere sono state realizzate con il

fasciame fatto di cartoncino sottile, mentre le bar-che sono ricoperte in legno da 0,5 mm e la piccola jole è realizzata in lamine di plasticard.• le ringhiere sono state realizzate in tondino da

1 mm, forato con punta da 0,4 mm e facendo pas-sare poi un filo di ottone da 0,4 mm tra il foro di un montante ed il foro del successivo.• Il tavolato del ponte è stato realizzato in listelli

di tiglio, anneriti con una mina morbida nera ad una lato (per simulare la calafatura) e poi “invec-chiati” con un dosaggio di vernice acrilica marro-ne/nera, diluita con fiele di bue (occhio alla puzza !!!) e sporcata con ulteriori passate di punta di matita (mina) nera ridotta in polvere e passata con le dita. Per dirla breve, sono state utilizzate molte tecniche su questo modello, molte di più di ogni altro mio modello precedentemente costruito.La Kotetsu si è voluta rappresentare in modo

“vissuto” (sporca ed “usata”) come se fosse appe-na uscita da una delle molte battaglie navali della Guerra Boshin, ed in un momento in cui anche il più pignolo comandante giapponese non poteva ancora aver dato ordini di ripulire la nave, dopo la battaglia.Nelle foto seguenti vengono mostrate una serie

di fasi della costruzione del modello, con alcuni particolari e viste generali dello stesso.Lo scopo è quello di dare al lettore un’indicazio-

ne generale delle fasi di costruzione ed allestimen-to della Kotetsu, cercando di fornire anche una sensazione del livello dei particolari che si sono voluti realizzare.Ovviamente, il modello è ben lontano dall’essere

perfetto (ed anche non si può nemmeno conside-rare meno che perfetto), ma spero che le immagi-ni seguenti possano anche far “sentire” al lettore la passione, la cura ed il lavoro che sta dietro alla realizzazione di qualsiasi modello navale, sia esso antico o moderno.

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Storia di un Modello

Fig. 1 – La struttura a falsa chiglia ed ordinate del modello in compensato da 5 mm.

Fig. 2 – Ricopertura dello sperone di prua mediante compensato da 0,5 mm

Fig. 3 – Struttura interna del castello di prua e messa in posa del fasciame sullo scafo

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Fig. 4 – Ricopertura del castello di prua con pezzi sagomati di listello di tiglio.

Fig. 5 – Ricopertura della parte poppiera con fasciame in tiglio

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Storia di un Modello

Fig. 6 – Lo scafo completamente ricoperto dal primo fasciame

Fig. 8 – Lo scafo con la verniciatura quasi definiti-va ed il ponte completamente ricoperto, “sporca-to” ed invecchiato. E’ da notare il posizionamento della torre corazzata fissa (circolare) verso poppa, la ricopertura con piastre corazzate in ferro della fascia mediana dello scafo e la corazzatura del castello di prua.

Fig. 7 – Lo scafo, completamente ricoperto, con la prima mano di vernice di fondo. Si noti la messa in posa delle prime tavole del ponte.

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Storia di un Modello

Fig. 11 – Le eliche quadripala, con la doppia carena ed il doppio timone

Fig. 9 – Lo scafo con molte delle sovrastrutture gi_ posizionate: si possono notare a prua gli occhi di cubia con la copertu-ra corazzata aperta, il tubo della cucina, le maniche a vento, l’alto fumaiolo, vari tamburi ed osteriggi, la torre corazzata (ancora vuota), la ruota del timone inferiore di poppa.

Fig. 10 – La parte poppiera con in evidenza i lucernari ro-tondi in ottone e la ruota del timone del castello di poppa

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Storia di un Modello

Fig. 13 – Il cannone Armstrong da 300 pdr, completo dell’affusto e della slitta

Fig. 12 – Le forme dei cannoni (nere) e le loro copie in resina colata (chiare)

Fig. 15 – Il cannone Armstrong da 300 pdr posizionato nel castello corazzato di prua. Le “cabine” a destra ed a sinistra, chiuse da una porta, sono le latrine dell’equipaggio.

Fig. 16 – I cannoni Armstrong da 70 pdr nella torre co-razzata. Dato che questa non poteva ruotare, i cannoni potevano essere puntati, verso prua, trasversalmente e ver-so poppa attraverso le 4 aperture della torre stessa. Nel modello sono rivolti entrambi verso prua.

Fig. 14 – L’artiglieria della Kotetsu : sullo sfondo il cannone Armstrong da 300 pdr, mentre gli altri due sono pezzi Armstrong da 70 pdr. Tutti i pezzi sono allestiti con affusti e slitte e pronti ad essere posizionati sul modello : il 300 pdr nel castello di prua ed i due 70 pdr nella torre corazzata

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Storia di un Modello

Fig. 19 – Particolari del ponte: scale verso il castello di prua, piede dell’albero di trinchetto, argano, catene delle ancore e strozzatoi, tubo della cucina di bordo che esce dal paiolato, portelli circolari per il carico del carbone, amache piegate e inserite negli appositi spazi.

Fig. 17 – La Kotetsu allestita con il castello di prua e quello di poppa entrambi chiusi superiormente e con i due alberi bloccati dalle griselle. Si possono notare anche gli allestimenti del bompresso, delle grue di capone, della copertura della torre corazzata e della ruota del timone superiore sul castello di poppa.

Fig. 18 – Particolari del castello di prua : grue di capone, lucernario, bompresso, occhi di cubia

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Storia di un Modello

Fig. 21 – Vista da poppa della torre corazzata. Possono essere notati la scala per salire sul tavolato della torre, uno dei portelli di accesso aperti, il lucernario superiore anche esso aperto e la coppia di mitragliere Gatling, di fabbrica-zione statunitense, di cui venne dotata la Kotetsu durante il periodo della guerra civile.

Fig. 20 – Particolari del castello di poppa : scale verso la zona del timone superiore, chiesuola della bussola, tam-buri ed osteriggi, copertura (verde) delle amache, bitte di ormeggio, lucernari rotondi, bracci delle grue per le lance e le baleniere.

Fig. 22 – Vista della zona poppiera, da dritta, che mostra chiaramente la peculiare caratteristica della doppia chi-glia e del doppio timone della Kotetsu, il castello di poppa con la ruota del timone, la cintura corazzata in ferro alla linea del galleggiamento lungo tutto lo scafo ed i pannelli di murata abbassati per consentire il fuoco delle artiglierie in torre.

Fig. 22 – Vista, da tribordo, della torre corazzata con uno dei due cannoni Armstrong da 70 pdr puntato. Sono da notare i pannelli laterali abbassati che permettono il fuoco dalla murata.

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Storia di un Modello

Fig. 23 – Pennone dell’albero di trinchetto. Notare l’incap-pellaggio in catena del pennone, i bozzelli e la struttura della coffa.

Fig. 24 – Vista del castello di prua. Si pu_ notare il pezzo da 300 pdr che punta in caccia attraverso il portello, l’an-cora di tipo Trotman sulla gru di capone e la bandiera della Marina Imperiale Giapponese all’asta.

Fig. 25 – Alcune delle imbarcazioni a corredo della Kotetsu : si notano al centro due lance quasi completate, di differente lunghezza, in alto una baleniera ed in basso lo scafo di una jole. Tutte le imbarcazioni non sono ancora completate.

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Storia di un Modello

Fig. 26 – Il modello della Kotetsu quasi del tutto completato. Mancano ancora le varie imbarcazioni sulle relative grue ed i pennoni minori da legare alle griselle ed ai paterazzi.

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Fig. 27 – Il modello della Kotetsu ormai completato. La fotografia _ stata realizzata durante la mostra di Bardolino, nel 2006, organizzata dalll’Associazione Modellisti Navali Magellano

Fig. 28 – Il modello della Kotetsu esposto alla mostra di Modellismo Navale del 2007, a Genova, in occasio-ne della “Tall Ship Race”

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Schede MonograficheGiordano Gagianesi

La passera è un’imbarcazione molto nota in alto Adriatico, diffusa sulla costa orientale e in particolare nelle isole del Quarnaro. È comparsa a fine dell’Ottocento nell’isola di Lussino, questa isola ha dato i natali ad un’incredibile schiera di naviganti e costruttori navali. I capitani lussiniani hanno navigato su tutte le rotte anche atlantiche.Nei cantieri dell’isola è nata la passera; barca marina ben stabile in mare, adatta per l’ambiente in cui è stata costruita,

ossia: fondali profondi, alte scogliere e venti forti; risulta manovriera e con essa è sempre possibile bordeggiare e risalire il vento. Su queste barche si sono fatti le ossa generazioni di velisti. La lunghezza varia dai quattro ad un massimo di sette metri ed anche con i soli remi risulta leggera nella navigazione.

La sua caratteristica poppa a specchio , a forma di cuore, si è adattata benissimo al motore fuoribordo.L’armo velico prevede una vela al terzo con un’antenna superiore quasi parallela all’albero, mentre in basso veniva in-

ferita ad un boma fissato all’albero con un collare; a volte era munita di un piccolo bompresso che consentiva di armare un fiocco.La passera è ancora oggi molto diffusa nel Quarmaro, e tutti gli anni a Trieste durante la famosa Barcollata si possono

vedere diverse passere che partecipano alla gara.

LA PASSERA DI LUSSINOBarca da diporto e da regata nata alla fine del 1800, è molto diffusa, ancora oggi, nell’alto Adriatico.

Zona di diffusione

Disegno della Passera

Piani coatruttivi

Modello eseguito da Giordano Gagianesi

Tutta la documentazione è stata tratta dalla rivista Yacht Digest di alcuni anni fa. Ed il modello è stato eseguito seguendo l’articolo.

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PARTE IV

1. Passiamo alla rifinitura del pozzetto di poppa presente nello scafo. Il progetto prevede di eseguire il rivestimento con l’impiego di listelli in mogano. Personalmente il risultato finale mi sembra poco elegan-te, pertanto ho sostituito i listelli con delle strisce di impiallaccio in tanganica da 6 decimi, da tagliare e sagomare secondo necessità. N.B. Per rendere più semplice la sagomatura dell’impiallaccio è preferibile realizzare le strisce con tagli trasversali alle fibre del legno. E’ opportuno che la striscia di impiallaccio sia più alta della profondità del pozzetto, in modo da garantire la perfetta foderatura dello stesso. La parte eccedente dell’impiallaccio sarà rimossa con il taglia balsa e con tamponi abrasivi.

Angolo del PrincipianteCostruiamo un gozzo parte 4ª

Francesco Garofalo (Alimurimeta)

2. Procedendo con la variante al progetto della mamoli, ho deciso di realizzare un bordo lungo il profilo superio-re dei pozzetti. Tale bordo è realizzato con mezzo tondo da 2 mm (non fornito nel kit). N.B. Vista la curvatura molto accentuata del perimetro dei pozzetti, per potere piegare il mezzo tondo senza rotture, risulta neces-sario tenerlo a mollo in acqua per almeno 24 ore. Quindi si procede alla sagomatura con il piega-listelli elettrico.

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Angolo del Principiante

3. Siamo giunti finalmente alla fase di verniciatura dello scafo. Possiamo realizzare tale fase sia a spruzzo che a pennello. Personalmente utilizzo la tecnica a spruzzo, poiché permette di ottenere un risultato più pulito e preciso e credo che per il principiante sia più semplice procurarsi delle bombolette di vernice acrilica in ferramenta nei colori necessari. Dunque per prima cosa dobbiamo mascherare le parti del modello che vogliamo conservare prive di vernice. Per fare ciò abbiamo bisogno di fogli di giornale e carta gommata. Andremo a coprire la coperta e l’impavesata e quindi passeremo all’applicazione della vernice di fondo. Tale vernice serve per omogeneizzare il colore (evitare l’effetto alone dovuto alla pre-senza di legno e stucco) e aumentare la capacità di adesione del colore finale.

4. Dopo essiccazione della vernice di fondo, si passa ad applicare la vernice di finitura. Circa le com-binazioni del colore (tri/bi cromatici e monocromatici) non vi è limite alla fantasia. Il progetto della mamoli prevede uno schema tricromatico con vernice rosso mattone per l’opera via (parte immersa dello scafo) e con vernice bianca satinata per l’opera morta (parte emersa dello scafo) e blu notte (per l’ipavesata). Possiamo optare anche per una colorazione monocromatica, sicuramente più semplice da realizzare. Nel caso di schema bi cromatico dobbiamo passare prima il colore meno coprente (esempi il bianco). Quindi ad asciugatura avvenuta, si procede a mascherare la parte superiore dello scafo (opera viva) dalla linea di galleggiamento. N.B. Per ottenere tale linea possiamo utilizzare una matita fissata in una tavola. Dal disegno ricaviamo la posizione lungo lo scafo e quindi la riproduciamo facendo scorrere la tavoletta di supporto su un piano.

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5. Dopo aver rifinito e verniciato lo scafo, è giunto il momento di applicare i vari accessori. In primis l’asse portaelica completo di elica, le cerniere e l’asta del timone, le gallocce e i passacavi, nonché gli accesso-ri del pozzetto (strumentazione, portelli, manopola del gas) e l’ancora. L’elica è fornita nel kit, realizzata in fusione di metallo bianco. Il master da cui è sta-ta ricavata è abbastanza preciso, ma inevitabilmente è necessario rifinire le pale e rimuovere eventuali sba-vature di fusione con limette ad ago. L’asse portaelica è realizzato da un tondino in acciaio da 1.5 mm di diametro. Il progetto prevede la verniciatura dell’elica, ma come al solito, ho preferito lasciarla color metallo. Le cerniere del timone sono realizzate con occhielli in ottone (forniti nel kit) e due chiodini, sempre in ot-tone, piegati secondo le misure del progetto e quindi inseriti nei fori da 0.8 mm preventivamente realizzati nel timone e nel dritto di poppa. L’asta del timone è ricavata da un listello 3 x 3 in noce che viene scavato e sagomato con l’ausilio di limette e carta abrasiva. Le gallocce e i passacavi sono forniti nel kit e realizzati in metallo bianco. Può risultare necessario rifinirli e pu-lirli con limetta e carta abrasiva fine ( >400) prima di applicarli al modello seguendo le indicazioni del piano di costruzione. Per ottenere un risultato più realisti-co ho proceduto alla verniciatura di questi accesso-ri con vernice color cromo. Per la realizzazione della strumentazione ho utilizzato un pezzetto di listello in mogano contenuto nel kit, delle dimensioni 12 x 30 mm, e ho eseguito due fori da 4 mm di diametro. In

questi fori ho inserito due anellini da 4 mm in acciaio, recuperati da alcuni artificiali da pesca. Per simulare il fondo della strumentazione ho disegnato con AUTO-CAD (programma di disegno computerizzato, molto utile nelle realizzazione e modifica di disegni per la au-tocostruzione dei modelli) dei cerchietti da 3.5 mm di diametro contenenti delle tacchette e la lancetta. Li ho stampati su carta e incollati nella parte posteriore del listello, in corrispondenza dei fori. Per simulare il vetro della strumentazione, ho fustellato con un tubo avente l’estremità affilata, dell’acetato autoadesivo. Quindi ho incollato i dischetti di acetato sulla parte anteriore del listello, in corrispondenza dei fori. I portelli dei vani portaoggetti sono ricavati da listello di mogano 10x 25 x 1 mm. I pomelli sono realizzati con le teste degli spilli in acciaio. La manopola del gas è ricavata da un listello 3 x 3 mm in noce lungo 8 mm. Ho realizzato un foro da 1 mm per inserire la testa di un candeliere. Nel foro del candeliere ho inserito uno spillo con la testa a goccia. L’ancora e compresa nel kit, realizzata in due pezzi in metallo bianco. Dopo averla ripulita e rifi-lata, ho incollato con colla ciano acrilica (attack) i due pezzi. Ho lasciato l’ancora con il colore metallo e ho applicato una decina di cm di canapa (fornita nel kit) per simulare la sagola. Per finire, ho applicato il tubo di scarico forando lo scafo con una punta da 2 mm di diametro. Tale accessorio non è compreso nel kit. Per realizzarlo ho usato un tubetto di acciaio cromato recuperato in un negozio di pesca (sono utilizzati nella pesca a traina per serrare i cavetti di acciaio).

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FINE CANTIERE

Dopo svariate ore di “lavoro” si è giunti alla fine del nostro cantiere. Non ci resta che realizzare lo sca-lo di supporto del modello seguendo le indicazioni fornite nel piano di costruzione. Ovviamente io mi sono preso la licenza di realizzare qualcosa di meno scontato, quindi ho proceduto alla realizzazione di una piccola teca. Non ritengo opportuno procedere alla descrizione delle fasi di realizzazione di questo “accessorio” del modello. Ci sarà tempo e modo per provare a costruirsene una da soli.A questo punto non ci resta che sederci di fronte al nostro piccolo capolavoro e riempirci gli occhi con

le sue forme e il ricordo delle fase di costruzione che ci hanno portato al risultato finale.

Francesco Garofalo

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Un’articolo di Enrico Caprara mi ha dato lo spunto per parlare della mania lavorativa in-tesa come “fuga da sè.

Carissimi amici di Magellano, visto che siamo in un sito dedicato al modellismo, desidererei espri-mere la mia opinione a tal proposito. Come si può evincere dalle foto che vi mando,

sono un ricercatore storico aggregato al Consor-zio Europeo Rievocazioni Storiche, che si dedica alla ricerca e alla realizzazione di scorci di vita vis-suta in tempi passati.In questo ambiente si sviluppano diverse catego-

rie di rievocatori: coloro che si identificano nel-l’epoca prescelta ricostruendola nelle vesti, nel comportamento e nell’indole, coloro che invece ricostruiscono uno spaccato di vita basato più sul-la filosofia del momento prescelto più che sulla esatta riproduzione delle vesti e delle armi.

Sono tutte e due rievocazioni storiche, ma diver-sificano sull’obiettivo che si prefiggono. La prima, possiamo dire, è museale ossia ripresenta vesti, at-trezzi, costumi di vita, documenti, copie esatte di quelli esistenti a quell’epoca.La seconda invece, adottando attrezzature, vesti,

costumi coreograficamente coinvolgenti cerca di ambientare il visitatore nella realtà del momen-to trasportandolo, come una macchina del tempo, in un epoca fantastica dove fate, gnomi, orchi, re, guerrieri, Rinaldo, Orlando, sono Pupi vivi.

Nella commedia dei Pupi Siciliani, Orlando e Ri-naldo vestono armature cinquecentesche anche se cono personaggi esistiti cinquecento anni pri-ma. Ma Orlando e Rinaldo vestivano con la Brunia, una specie di maglia con lamine di ferro agganciate come scaglie di pesce, poca adatta ad una rappre-sentazione teatrale. Vedere Rinaldo in armatura è affascinante, vederlo con la Brunia sarebbe alquan-to deludente, anche se rappresenterebbe la realtà del momento.La rievocazione storica, il modellismo che cosa

sono? Modellini di vita passata o spezzoni di colo-re storico vissuto? Credo si debbano dividere in due mantenendo

la duplice funzione: da una parte la rigida riprodu-zione del passato qualunque esso sia, la seconda la visione passionale di un passato vista con gli occhi di un bambino.Secondo il mio punto di vista la riproduzione

storica deve rappresentare l’esatta riproduzione fedele del passato quale essa sia, nave, arma, ve-ste; poi ogni abbellimento coreografico può esse-re indispensabile per enfatizzare quanto si vuole rievocare, ma allora si entra nella teatralità che è un’altra cosa.

CuriositàMario Andreoli

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In viaggio con Magellano n. X - Marzo 2010 39

Ho realizzato con 50.000 anelli autocostruiti l’usber-go normanno del 1.000. Eí un esempio di armatura di serie C in quanto gli anelli sono aperti e non cianfri-nati con una spina come all’epoca.. Un’armatura di serie B è il camaglio che ho acquistato al mercatino medioevale eseguito in in-dia con anelli cianfrinati e spinati in acciaio inox. Una divisa di serie A è invece quella, realizzata da un sar-to, della Milizia Volontaria

per la Sicurezza Nazionale del 1938 che, fatta in orbace originale sardo e con le decorazioni d’epo-ca acquistate presso gli antiquari. Volevo soltanto

promuovere un dibattito sul temo del modellismo perché se ne sentono di tutti i colori nei forum, ma sarebbe giusto il momento per chiarire e de-finire esattamente casa sono i modellisti e in che categorie associarli.

Curiosità

MarioAndereoli

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La Cavour in soccorso di Haiti

Chi la conosce bene dice che non è solo una portaerei e che «sareb-be riduttivo solo pensarlo». La “Cavour” è un gioiello dell’ingegneria navale, eccellenza che tutta l’Europa ci invidia. La «prima» vera porta-erei italiana riceverà la sua bandiera di guerra il prossimo 10 giugno alla presenza del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Poi sarà pronta alla fase operativa. La Marina militare italiana l’ha voluta fortemente per «disporre di uno strumento navale con elevate capa-cità di Comando e Controllo per operazioni interforze e internazio-nali». Una nave, insomma, «capace di rispondere alle crescenti esigenze dettate dalle sfide del nuovo millennio».«La necessità di una portaerei come la “Cavour”, d’altra parte, è nata a fine anni ‘80, con la caduta del muro di Berlino»,

spiega una fonte militare ad Apcom. «Da allora in poi c’è stato un incremento esponenziale delle missioni militari, a cui l’Italia ha partecipato nell’ambito delle organizzazioni internazionali di cui fa parte, che ha richiesto uno sforzo importante a tutte le Forze armate, compresa la Marina militare».

Risorse internethttp://www.marina.difesa.it/unita/portaerei.asphttp://www.marina.difesa.it/unita/cavour.asphttp://www.disarmo.org/rete/a/29624.htmlhttp://notizie.virgilio.it/cronaca/haiti_portaerei_cavour_marina_militare.html

Videohttp://www.youtube.com/watch?v=GwmEJ0Fftt8http://www.youtube.com/watch?v=nA9_8HFpqyohttp://www.youtube.com/watch?v=TQfnbOCqpAU&feature=relatedhttp://www.youtube.com/watch?v=xYSJfqnGnDU

Sulle tracce di Amudsen, nuova spedizione in Norvegia 24 Aug 2009

Una nuova spedizione cercherà di trovare le tracce dell’esploratore Roald Amudnsen, scomparso nel nulla con il suo equipaggioe nel giugno 1928, du-rante un volo verso il Polo Nord. L’esploratore norvegese sparì con il suo aereo, un Latham 47, e l’equipaggio francese, mentre volava fra Tromsoe e Spitsbergen. I resti dei componenti dell’equipaggio non sono mai stati ritrova-ti. Le sole tracce della missione ritrovate sono state una tanica di carburante e un pezzo dell’ala dell’aereo. Le nuove ricerche potranno contare su sonar tecnologici e sulle più moderne apparecchiature. Sarà analizzata un’area di 120 chilometri quadrati a nord est della Bear Island, la più meridionale delle Svalbard. Da Tromsoe sono partite la nave della marina norvegese KNM Tyr e il vascello della Guardia Costiera KV Harstad. La missione di ricerca continuerà fino al 4 settembre. Vi parteciperà anche il Museo dell’aviazione norvegese che ha sviluppato un proprio sottomarino per studiare i fondali, e la società di produzione tv con sede a Berlino Context TV.

Risorse internethttp://notizie.it.msn.com/fotostory/gallery.aspx?cp-documentid=149330030http://it.wikipedia.org/wiki/Spedizione_Amundsenhttp://www.windoweb.it/guida/cultura/biografia_roald_amundsen.htmVideohttp://www.youtube.com/watch?v=NOUDizAULLkhttp://www.youtube.com/watch?v=5iWiq6U25i8&feature=related

Notizie dal WebRecensioni dal Web

Antonio Uboldi

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In viaggio con Magellano n. X - Marzo 2010 41

U.S.S. New York, la nave da guerra americana costruita con l’acciaio estratto dai resti delle torri gemelle.Ventuno colpi di fucile hanno salutato l’ingresso nel porto di Manhattan della

U.S.S. New York, la nave da guerra americana costruita con l’acciaio estratto dai resti delle torri gemelle. Il vascello è arrivato in città dove sarà inaugurato sabato prossimo e a riceverlo su uno dei moli dell’Hudson River ci sono i familiari delle vittime dell’attacco terroristico del 2001. La prima cerimonia inaugurale era stata effettuata in Louisiana, dove alla presenza del segretario alla marina, Gordon En-gland, che ha ufficialmente intitolato la nave allo stato di New York.

Risorse internethttp://tg24.sky.it/tg24/mondo/2009/11/02/la_nave_costruita_con_i_resti_delle_torri_gemelle.htmlhttp://tv.repubblica.it/copertina/la-uss-new-york-a-manhattan/38599?videohttp://www.ussny.org/index.phphttp://santagatando.wordpress.com/2009/11/03/varata-la-nave-con-lacciaio-delle-twin-towers/Video

Notizie dal Web

l’ultimo viaggio in mare del Nazario Sauro 18 settembre 2009Classe Sauro sottomarini convenzionali (5 + 3 unità)Dimensioni: lunghezza I-II serie 63,8 m e III-IV serie 64,4 m; diametro 6,8 mDislocamento: I-II serie 1.456 tonn. in superfice e 1.630 tonn. in immersione; III serie 1.476 tonn. in superfice e 1.650 tonn. in immersione; IV serie 1.650 tonn. in superfice e 1.860 tonn. in immersionePropulsione: tre motori diesel Grandi Motori Trieste 210.16-NM da 2.300 kW (3.650 hp) totali, 3 generatori per un totale di 2.160 kW, 1 motore elettrico Magneti Marelli da 2.300 kW (3.128 hp), un’elica a 7 paleVelocità: in emersione 12 nodi, in immersione 20 nodiAutonomia: 11.000 miglia a 11 nodi in emersione, 250 miglia a 4 nodi in immersioneEquipaggio: I-II serie 49 uomini, di cui 6 ufficiali; III-IV serie 50 uomini, di cui 7 ufficiali Armamenti: 6 lanciasiluri da 533 mm per siluri filoguidati Whitehead A184 mod 3 o 24 mine

Radar: di ricerca e navigazione SMA BPS 704 in banda I e periscopio radar per attacchi miratiSonar: Selenia Elsag IPD 70/S, schiera lineare passiva tra 200 Hz e 7,5 kHzSistema da combattimento: STN Atlas ISUS 90-20Programma/cronistoria: Sottomarini nati dallo sviluppo della classe Toti la cui prima coppia è stata ordinata nella prima metà degli anni 70. La classe di 8 sommergibili è stata ordinata a coppie che sono via via migliorate negli anni ma che con gli ultimi esemplari non erano più al passo con i tempi. Le ultime 4 unità hanno subito dei lavori di ammodernamento nei primi anni 2000 con la sostituzione del sistema di combattimento, dei sensori e di molti apparati ormai sorpassati tecnologicamente. La radiazione delle prime unità è iniziata nel 2002 con il Sauro. La terza serie, Pelosi e Prini, verrà sostituita dalla seconda coppia di Todaro il cui ingresso in servizio è previsto per il 2015/2016.

Risorse internethttp://www.zenazone.net/press/2009/09/24/l%E2%80%99arrivo-davanti-al-galata-museo-del-mare-la-cerimonia-di-benve-

nuto-e-i-festeggiamenti-della-citta%E2%80%99/http://it.wikipedia.org/wiki/Nazario_Sauro_%28S_518%29http://www.vittoriaorlandini.com/blog-genova/focus_post.asp?id=34

Videohttp://www.youtube.com/watch?v=Q4PkbD1740M&hl=ithttp://www.youtube.com/watch?v=sO9i5CvLuLYhttp://www.youtube.com/watch?v=pXMe_4zu4oM

http://www.youtube.com/watch?v=iQ1yB4n8S78http://www.youtube.com/watch?v=PZakx-UShIEhttp://www.youtube.com/watch?v=GH8NSJ371kU

http://www.youtube.com/watch?v=2YarMUGtDQYhttp://www.youtube.com/watch?v=gE_LV2h-UeQ

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In viaggio con Magellano n. X - Marzo 2010

•Domanda: Supponiamo che voglia costruire un salvagente anulare per un gozzo in scala 1:12, e che tale salvagente (in originale) ab-bia le dimensioni: interno 45 cm esterno 75 cm , alto circa 10 cm. Potete per favore aiutarmi a ricavare le misure per il modello?Ciao a tutti! Sergio

•Risposta: Caro Sergio, se la scala è 1:12, è sufficiente dividere per 12 (la scala) le dimensio-ni reali per ottenere quelle in scala. Quindi:diametro esterno reale 75 cm : 12 = 6,25 cm (modello)diametro interno reale 45 cm : 12 = 3,75 cm (modello)spessore reale 10 cm : 12 = 0,83 cm (cioè 83 mm) (modello)Saluti ALBINO

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PrefazioneCari Amici Modellisti, Apriamo una nuova sezione con lo scopo di pubblicare le risposte alle Vostre domande o comunque alle domande po-

ste più frequentemente da quanti si cimentano per la prima volta o meno a questo hobby. Lo faremo prendendo spunto anche dalle discussioni aperte sul nostro forum on-line o dallo scambio di email tra staff, redazione e lettori.Speriamo di fare cosa gradita a molti nel pubblicare il parere di altri modellisti che per primi hanno affrontato le

stesse difficoltà durante il loro cammino all’interno di questo bellissimo mondo che è il Modellismo Navale.

•Domanda: Ciao a tutti. Ieri mi hanno re-galato la sega circolare “per modellisti” della Proxxon con la lama di 1 mm; adesso vorrei provare a farmi i listelli da solo (impresa titani-ca per me!)Per il mio Vespucci sto usando listelli di tiglio 1, ½ X 5 mm; in com-mercio esistono ma-teriali di questo spes-sore? Oppure come posso ricavarmi uno spessore così picco-lo? Quale materiale devo utilizzare in so-stituzione del tiglio?Credo che il compensato sia di betulla, o di altro materiale, ma che non sia adatto.Ciao Gianluca

•Risposta: per la costruzione dei listelli io uso dei fogli di impiallacciatura dello spessore volu-to e poi lo taglio con un attrezzo fatti da me (da migliorare) che ricalca un po’ questo allegato

Quello da me costruito si potrebbe eseguire uti-lizzando un blocco delle ante di armadio, di quel-li che hanno una vite per la regolazione della chiusura. Probabilmente l’estensione di regola-zione non è molto gran-de, credo, al massimo di mezzo centimetro. Sono

quelle per la chiusura con calamita. La parte fis-sa deve essere regolabile per poter permettere la corretta chiusura dell’anta.Giuseppe

Auto costruzione dei listelli

Calcolo di Scale

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In viaggio con Magellano n. X - Marzo 2010

•Domanda: Cari Amici un altro quesito sulle scale… Faccio la scansione di un progetto e lo scafo risulta essere 23 cm. Io quando lo stam-però per iniziare i lavori, vorrei che fosse 42,3 cm. Che operazione devo fare col programma fotografico? Se stampo al 100% è 23 cm, ma quanto dovrò maggiorare la percentuale per far si che diventi 42,3 cm ?

•Risposta: Ciao Sergio, allora se tu hai un di-segno lungo A e vuoi realizzarlo lungo B, allora devi semplicemente fare:Ingrandimento = (B / A) x 100Nel tuo caso avresti 42.3 / 23 x 100 = circa 184, e piu precisamente 183,91 Penso che ti convenga sempre arrotondare per difetto o per eccesso a seconda se il primo nu-mero non significativo è minore o maggiore di 5, ed il gioco è fatto!Ciao Rodolfo

Calcolo di Scale

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Colle e Fasciame•Domanda: Per l’incollaggio del secondo stra-to di fasciame, quello in noce sottilissimo, si consiglia di usare una colla “a contatto”, leg-gendo qua e la ho potuto capire che si tratta di una colla in barattolo che si spalma, poi quan-do è asciutta al tatto, si applica il pezzo ...La domanda è questa: come si chiama questa colla, esiste una marca specifica?Seconda questione appiccicosa: se si dovesse-ro verificare delle sbavature di colla sul fascia-me o su altri pezzi di noce scuro come si fanno sparire???Grazie a tutti Daniele

•Risposta: Per colla “a contatto” si intende una colla tipo “BOSTIK” ovvero la spalmi sul listello, la spalmi sul primo fasciame, quando è quasi asciutta incolli il tuo listello. I tempi sono molto lunghi! Personalmente utilizzo una colla tipo “Alifatica”: è una colla acrilica pertanto ad acqua come il vinavil però ha la caratte-ristica di essere molto “Appiccicosa” ovvero asciuga in un paio di minuti dandoti il tempo di posizionare bene il listello. Io per accelerare l’operazione mantengo in posizione il listello con delle spille (quelle per appendere i foglietti sui tabelloni) che hanno la capocchia in plasti-ca abbastanza grossa. La colla “Alifatica” ha anche la caratteristica di poter essere carteg-giata e pertanto le eventuali sbavature sul fa-sciame vengono eliminate con una passata di carta abrasiva; mentre per gli altri particolari devi usare (dove possibile) colpetti di lima.La colla che uso abitualmente è della MOLAK ma esiste anche di un’altra marca e se non erro è nel catalogo della MANTUA La colla Molak è distribuita da GIEFFECI.In allegato invio la foto del barattolino ed il sito dove reperirla http://www.gieffeci.com/molak/molak_smalti2.html Spero sempre di esservi stato d’aiutoCarlo

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In viaggio con Magellano n. X - Marzo 2010

•Domanda: Qualcuno sa esattamente cosa sono in una nave da guerra moderna?Ciao, Rodolfo

•Risposta: Vediamo di affrontare un argomen-to alla volta. Le barbette: i vascelli, soprattutto a più ponti, avevano le posizioni dei cannoni sulle fiancate grazie a delle aperture che gene-ralmente sono chiamati portelli o sabordi (anche se indicano il “tappo” di chiusura) ma erano ef-fettivamente conosciute come “cannoniere”.L’evoluzione dei vascelli da guerra, portò, come ben sai, all’utilizzo di sempre meno ponti, ed al posizionamento delle artiglierie sui ponti supe-riori, spesso in coperta.Soprattutto quando iniziarono ad essere utiliz-zati i cannoni con affusti meno “tradizionali” di quelli con carretta e 4 ruote, (quindi gli affusti su slitte o su piedistalli di ferro), l’elevazione di tali affusti portò di conseguenza ad una eleva-zione dell’asse della bocca da fuoco rispetto al ponte. Vennero perciò create delle protezioni nella zona bassa della murata, per proteggere il supporto del pezzo di artiglieria ed i serventi al cannone (praticamente come se si avesse una cannoniera aperta in alto e senza portello) e questa protezione venne chiamata “barbetta”.Tutto sommato era una protezione laterale del fianco della murata, sopra la quale spuntava la canna del cannone.Questo tipo di protezione, venne anche poi ap-plicata alle prime navi da guerra a vapore e

venne ampliata moltissimo quando si iniziarono a costruire navi da guerra con i pezzi principa-li posizionati verso prua e poppa (attenzione..non ancora in torre o cupola, ma aperti verso il cielo).Infatti, questa protezione, aumentata nello spes-sore della corazzatura, circondava tutto intorno i pezzi di artiglieria. Un esempio si vede benis-simo nelle navi da battaglia inglesi dell’epoca vittoriana come la HMS Benbow, le classi Maje-stic, Canopus ed altre prima della fine del 19° secolo.Successivamente ancora, all’apparire delle torri girevoli e corazzate, il termine “barbetta” pas-sò ad indicare la corazzattura circolare che proteggeva la torre girevole e che sporgeva di poco dal ponte. Praticamente una corazzatura cilindrica che aveva all’interno della sua cavità tutto il complesso della torre e dei meccanismi di brandeggio e di carico delle munizioni dalle santebarbare.Questo è ad oggi tutto quello (poco) che so sulle barbette...La prossima volta vedo gli stroppi...ma che, se ben ricordo, erano delle componenti che face-vano parte della velatura o dell’alberatura...o meglio le legature dei bozzelli o dei cavi.Sinceramente non ricordo nulla con questo nome riferito alle artiglierie...Spero di averti dato qualche indicazione in più....Ciao JP

Barbette e Stroppi

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Invia le tue domande a [email protected]

saremmo felici di rispondere

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Modellismo

Villa Filippini8/16 maggio 2010VIA VIARANA, 14 - BESANA IN BRIANZA

CON IL PATROCINIO DI

PROVINCIAMONZA BRIANZA

IN COLLABORAZIONE CON

GRUPPO

MODELLISTICO SESTESE

a 3 MOSTRAconcorso di

MODELLISMO

PRO LOCO BESANA IN BRIANZA

Città di

Besana in BrianzaASSOCIAZIONE

MODELLISTI NAVALI

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TAGLIANDO DI ADESIONE Mostra Concorso di MODELLISMO - Città di Besana in Brianza 3a

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Da scatola

In concorso

Cognome

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Tel./Cell.

Club

to alla quale potrò in ogni tempo chiederne l’eliminazione.

Firma per accettazione

Modello

Scala

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Autocostruito Migliorato

Fuori concorsoDocumentazione allegata46

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