INDICE
Prefazione all’edizione italiana 13
Prefazione dell’autore 19
1 Persi in un dedalo stupefacente 23
A nostra insaputa, noi viaggiamo in un labirinto, un de-
dalo macrodimensionale di viva forza elettrica, rivestito
dal sottile strato dell’ordinarietà della vita di tutti i giorni.
Ciò che più di tutto ci impedisce di riconoscere questo
fatto è l’impellente bisogno di ricondurre tutto ad una
dimensione familiare, di ridurre ogni cosa al livello del
realtà della totalità di ogni possibile attenzione.
2 La consapevolezza del labirinto 31
Quando il processo d’apprendimento superiore si risveglia,
non mostriamo più confusione e disorientamento quando
entriamo nelle macrodimensioni. Mediante speciali proces-
si interni, che è possibile imparare, possiamo andare ben
oltre lo spettro ordinario, ed entrare nelle macrodimen-
sioni, che nella forma somigliano alla realtà consensuale,
ma sono radicalmente diverse da essa sotto altri aspetti,
dell’attenzione essenziale, ovvero non meccanica.
3 La madre di tutti i puzzle 40
Il labirinto, come qualunque dedalo, ha le caratteristiche
di un puzzle. Attenendoci alle regole della risoluzione di
questi ultimi, se ne comprendiamo le leggi e ne interpre-
tiamo correttamente i segnali, dovremmo esser capaci
di viaggiare in modo consapevole e di ricordare anche i Edizioni Crisalide
E. J. GOLD
LA VITA
NEL LABIRINTO
passaggi precedenti;; dovremmo anche riuscire a conse-
guire una visione generale, che tenga conto di tutto ciò
che abbiamo imparato in un dedalo.
4 Le chiavi per viaggiare con eleganza 49
Le chiavi per viaggiare in modo elegante sono general-
normalmente accantoniamo come poco importanti;; tali
chiavi sono la nostra guida per orientarci nel labirinto.
5 Proiezioni della rete neurale 61
La nostra conoscenza del mondo dipende interamente
dall’elaborazione sinaptica delle percezioni organiche,
che ci giungono alla velocità della luce. Eppure, questo
queste percezioni organicamente delimitate può offrirci
6 L’illusione del tempo 73
Durante la scalata alle vette macrodimensionali, presto
scopriamo ciò che ci impedisce di vivere macrodimensio-
nalmente in uno stato eterno e senza tempo: è la nostra
tempo misurato dagli orologi. È duro accettare il tempo
lineare che si sviluppa attraverso gli eventi.
7 La visione mistica 87
Il velo non è nella mente, ma nel cuore. Solo il cuore può
sollevare il velo. Quando ciò accadrà, quando ci saremo
ammorbiditi e saremo maturati, ci ritroveremo nel Cuore
stesso del Labirinto, in quel luogo che per tutta la vita
avevamo desiderato di raggiungere.
8 Chi maneggia i fulmini crepita sempre un po’ 101
Lavoriamo per sviluppare la parte di noi che sopravvive
all’annientamento personale, poiché è la sola parte del
nostro essere veramente capace di lavorare. Comprende-
re l’amore è dissolvere il sé ed i misteri soggettivi delle
apparenze al suo interno.
9 L’arte e la scienza dell’invocazione 113
L’invocazione macrodimensionale si concentra sempre
sull’attivazione di risonatori corrispondenti tra le camere,
non entrano in risonanza empatica. Come
uomini, possediamo la capacità di auto-invocarci, di espan-
10 Il recupero dei dati nelle dimensioni superiori 131
Lo sciamanismo si sviluppò per la prima volta migliaia
d’anni fa, per soddisfare certe necessità macrodimensio-
nali, soggette solo a leggi superiori ben oltre la portata e la
comprensione del mondo umano e perciò da eliminare in
quanto non indirizzate verso i comuni scopi del primate.
11 Totemismo e cambiamenti di forma 149
Viaggiando tra la dimensione umana e le superiori, usando
potenti equazioni mentali ed emotive per produrre un
costrutto concreto, un ascensore dimensionale, una scala
totemica, il viaggiatore cambia forma e sale, scende, o fa
entrambe le cose nello stesso momento lungo il totem.
12 Un esperimento della scuola: incontro con il Simurgh 165
Nel corso di tanti secoli è avvenuto solo di rado che un
folto gruppo di persone sia stato capace di organizzare
apertamente delle penetrazioni nelle macrodimensioni
e di esplorare dei settori del labirinto ordinariamente
inaccessibili a singoli individui o a gruppi più piccoli.
13 L’iniziazione dell’Assoluto 173
che assumono la forma di un labirinto multidimensionale.
L’Assoluto, nella forma della Creazione, è il labirinto attra-
verso cui noi viaggiamo. Il Grande Lavoro è un tentativo
di portare il cadavere della Creazione al più profondo
stato di vitalità.
14 La Quartina del Viaggiatore del Labirinto 191
Tutti i fenomeni è illusione.
Senza attrazione né repulsione.
Senza fare bruschi movimenti.
Le mie abitudini mi faranno procedere.
15 Competenza macrodimensionale 217
Spesso, quando pensiamo di star dando il meglio, stiamo
dando il peggio, e quando pensiamo di star dando il
peggio, stiamo dando il meglio. Ma possiamo star sicuri
che se navighiamo nelle macrodimensioni con presenza
ed attenzione, il nostro funzionamento nella camera di
Lavoro si conforma sempre ed automaticamente alla legge;;
non possiamo fare a meno di agire correttamente.
16 La vita nel labirinto 233
Lavoriamo per superare la paura di scoprire quanto orribile
è la situazione e per raggiungere il Cuore del Labirinto,
Creazione come un tutto ed infonderle vita, anche se solo
per un momento.
17 Riportare in vita la Creazione 247
Questo compito, inizialmente impossibile, viene svolto
sempre più spesso man mano che si procede nel lavoro nel
labirinto. Quanto segue è la ricostruzione di un riuscito
viaggio di gruppo.
LA VITA NEL LABIRINTO PERSI IN UN DEDALO STUPEFACENTE
PREFAZIONE
ALL’EDIZIONE ITALIANA
Il lettore potrebbe aver già letto qualcuno dei molti libri disponi-
bili sullo sciamanismo, spesso osservazioni antropologiche su usi
e costumi di popoli lontani, stese nel tentativo di categorizzare
comprensibili e rassicuranti termini intellettuali della cultura
dominante, la quale naturalmente ritiene che gli sciamani non
esistono e che si sono fatti grandi progressi rispetto ai tempi in
cui l’umanità aveva bisogno di loro. Un punto di vista sempre
e accademico che circoscrivono l’importanza dello sciamano
alla sua funzione nella società in cui vive.
Oppure qualche lettore si sarà avvicinato all’argomento attra-
verso il suo recente revival folkloristico: psichedelici apprendisti
stregoni, autonominatisi sciamani, che indossano colori sgar-
gianti di altre culture e reclamizzano fenomenali metodi per
l’auto-miglioramento, l’auto-potenziamento o la guarigione;;
dell’aquila o del bufalo per attingere alla saggezza dei sogni e
avere successo nella vita;; pagine di pubblicità di medicina olistica
In un contesto culturale post-new-age, dove esiste una visione
già precotta riguardo “a che cosa uno sciamano può somigliare”
come La Vita nel Labirinto. A seconda del temperamento e dei
sistemi di credenze già formati in lui, qualche lettore potrebbe
trovarlo di non facile lettura.
Sebbene il libro sia organizzato in capitoli ed argomenti, c’è
anche una forte componente di “stream of consciousness” nel
LA CITTÀ NEL CIELO
E. J. Gold (1986)
LA VITA NEL LABIRINTO PREFAZIONE ALL’EDIZIONE ITALIANA14
modo di scrivere di Gold. La sua esposizione può passare, per
spaziali e temporali, come la bottiglia di Klein o i Diavoletti di
Maxwell, ad una partecipata descrizione della mistica Visione
del Palazzo di Cristallo, sotto cui giace il segreto del Labirinto…
Oppure l’autore ci offre inaspettatamente una pagina o due dal
diario di bordo di un gruppo d’esplorazione sciamanica delle
macrodimensioni, per poi dilungarsi in minuziose spiegazioni
più che caotico, è una viva e feconda interazione tra idee so-
è alleggerito dall’umorismo con cui Gold sdrammatizza la più
seria delle teorie.
La Vita nel Labirinto è il secondo volume di una trilogia scritta
da E.J. Gold, detta “la Trilogia del Labirinto”. Il primo volume
di questa trilogia, La macchina biologica umana e la trasforma-
zione dell’essere umano, anch’esso pubblicato dalle edizioni
Crisalide, è un manuale introduttivo che descrive i metodi della
scuola fondata dall’autore.
Lo scopo di quel primo volume è di aiutare il lettore ad instau-
rare una relazione “di lavoro” tra la macchina biologica umana
(il corpo, i pensieri, le emozioni, gli istinti…) ed il cosiddetto
Sé Essenziale, quella parte dell’uomo, in breve, che è divina.
“stato di veglia”, uno stato di coscienza in cui “la macchina ed
il Sé sono una cosa sola”, in cui la parte biologica dell’uomo, la
macchina, diviene un apparato di trasformazione, una fabbrica
alchemica, per la parte non-biologica (non legata al mondo dei
fenomeni), il Sé Essenziale (l’Atma, il Sé Superiore, il Padrone
della Carrozza, in altre tradizioni).
-
mente avviato, si presenta la successiva domanda: “E adesso? A
cosa serve questo stato di veglia?”
L’autore, all’inizio di questo libro, dice:
“Se in precedenza abbiamo compiuto degli sforzi che hanno
sviluppato la nostra comprensione, dovremmo essere riusciti a
stabilire una nuova relazione tra il sé essenziale non-biologico e
-
za che la macchina umana è veramente quella che ci fornisce
i mezzi per la trasformazione, adesso possiamo chiaramente
vedere la via da intraprendere.
Il fatto di sapere che è necessario svegliare la macchina, prima di
poter fare qualunque cosa di oggettivo valore, dovrebbe averci
fatto raggiungere dei risultati stabili.
A questo punto ci accorgiamo di aver bisogno di ulteriori
istruzioni per integrare la nostra attuale conoscenza, per poter
formulazione può non essere ancora molto esatta”.
Non sappiamo dunque esattamente quali obiettivi possiamo
porci. I nostri scopi hanno solo un carattere temporaneo, a corto
il nostro eventuale stato di veglia, e la visione che esso favorisce
e allarga, ci suggeriranno quali direzioni possano prendere le
nostre azioni e quali mezzi possano essere usati. All’inizio come
primo volume, che i nostri sforzi nella vita e le loro conseguenze
senzienti del pianeta”.
Per tutto il libro, lo sforzo dell’Autore si rivolge a far compren-
dere come, per essere sciamani, occorra soprattutto imparare a
tollerare relatività ed indeterminazione come costanti compagne
di viaggio:
“Lo sciamano è odiato e temuto per la sua adesione a verità
temporanee;; per uno sciamano ogni risposta suggerisce una
nuova domanda, e l’ignoto gli sta perpetuamente di fronte in
di valori costantemente indeterminati.”
15
LA VITA NEL LABIRINTO PREFAZIONE ALL’EDIZIONE ITALIANA
La scioccante Prefazione dell’Autore al presente libro ci av-
verte che non servirà perseguire una comprensione mentale e
razionale delle idee espresse in questo secondo volume della
trilogia. Fondamentalmente, ciò che occorre è solo una buona
comprensione dei termini e del linguaggio usato (con l’aiuto
di un buon dizionario, se necessario);; e per il resto, la pazienza
di leggere per acquisire dati, suggerimenti e coordinate che ci
possano mettere in grado di “viaggiare nelle macrodimensio-
ni”, che è un altro modo per dire “aprirsi alla percezione della
multidimensionalità e della contemporaneità di tutto quello
che avviene in un solo luogo (qui) ed in un solo istante (ora)”.
Per chi non conosce le macrodimensioni è un invito ad esplorarle,
le conosce sembra quasi che egli dica: “Prova e riprova, questo
è un labirinto.” Come a dire al viaggiatore che l’esperienza e la
sperimentazione fanno parte del viaggio stesso e delle tecniche
per viaggiare.
-
appendici in cui l’Autore, aiutato da esperti suoi collaboratori,
il Dr. David Christie, matematico, ed il Dr. Claude Needham,
si sforza di descrivere nel resto del libro.
In modo sintetico, si può affermare che questo è un libro sullo
“sciamano” resa popolare dalla new age. Esso è egualmente
distante tanto dai folkloristici metodi “sonagli, piume ed ossa”,
-
cana” di Palo Alto ed Esalen, con cui i “nuovi sciamani” sono
soliti integrare i loro metodi terapeutici;; è un libro sullo scia-
manismo scritto da uno sciamano (di solito si trovano molto
più comunemente libri sullo sciamanismo scritti da “studiosi”
del fenomeno);; si può altrimenti affermare che è un trattato di
misticismo scritto da un mistico.
È un libro sui labirinti, sulla possibilità di apprendere certe ca-
pacità tipicamente sciamaniche mediante giochi, in particolare
alcuni tipi di “caccia al tesoro”, che sviluppano “la consapevolezza
del labirinto”.
È un libro sul Mondo Reale, la realtà oltre il velo dell’illusione,
e sui mezzi che ci possono aiutare ad eliminare gli ostacoli, insiti
nella natura umana e nel condizionamento sociale e culturale,
che ci separano dalla comprensione della nostra vera ed unica
natura, quella di esseri eterni e di agenti al servizio dell’Assoluto.
È un’opera che anticipa di almeno una quindicina d’anni alcu-
ne idee sulla natura della realtà, che i buddisti tibetani hanno
cercato di comunicarci da molto tempo, e che sono divenute
recenti come “The Matrix”. Che la natura della realtà non si
È un’opera di frontiera scritta da un pioniere degli studi sulla
coscienza, il quale usa tutti i mezzi linguistici utilizzabili in un
libro, per aiutarci ad acquistare familiarità con idee estrema-
mente lontane dalla comune visione che l’uomo della strada
(“il primate”, nel linguaggio di Gold) ha dell’esistenza.
È un trattato sull’automotivazione e sull’auto-iniziazione, in
quanto ci spinge a “sollevarci verso l’alto mediante il colletto
della nostra stessa camicia”, come il Barone di Munchausen con
il suo codino incatramato.
comprensione che si ha di esso, alla luce dei cambiamenti che
si sono prodotti a seguito del proprio lavoro su se stessi.
Che altro dire?
Per informazione del lettore, il “terzo volume della trilogia del
labirinto” (“Guida pratica al Labirinto”) … non è un libro!
Si tratta di una serie di CD-Rom interattivi, per giocare con certi
giochi (labirinti, cacce al tesoro, rompicapo, puzzles…) proget-
tati dall’Autore in modo mirato per fornire una visione virtuale
della realtà oltre il velo, degli spazi labirintici e del “bardo”, una
16 17
LA VITA NEL LABIRINTO PREFAZIONE ALL’EDIZIONE ITALIANA
serie di dimensioni parallele che normalmente durante la vita,
seppur presenti, ci sono invisibili, ma che appaiono alla nostra
coscienza in tutta la loro realtà, dal momento della nostra morte
Questi giochi hanno lo scopo di proporre, forse per la prima
volta in assoluto sul pianeta, un vero e proprio “corso d’adde-
stramento virtuale alle macrodimensioni del labirinto”, così
come un aspirante pilota segue un addestramento simulato al
volo, in condizioni di sicurezza, prima che gli venga permesso di
mettersi alla guida di un vero aereo. L’addestramento al bardo
introduce un altro aspetto del lavoro che E.J. Gold propone
al mondo occidentale da oltre trent’anni, e che è considerato
ad un essere umano sulla Terra: il passare attraverso il momento
della morte da svegli.
Senza usare toni sensazionalistici come “il libro che ti trovi fra
le mani è una bomba ad orologeria che sovvertirà tutta la tua
concezione del mondo e della realtà”, o “questo libro cambierà
il mondo”… l’augurio che posso fare al lettore è quello di aver
la pazienza di leggerlo con attenzione da copertina a coperti-
na, per estrarre da esso quanto può servirgli ad acquisire quel
poco o quel tanto di dati utili per la sua evoluzione personale,
esseri senzienti del pianeta”.
PREFAZIONE DELL’AUTORE
UN SERIO AVVERTIMENTO AL LETTORE
Avrei dovuto corredare il testo con dei rimandi all’appendice? Se
questo fosse stato un testo universitario, avrei potuto prendere
in considerazione quest’idea;; un corso di studio astratto per un
interesse astratto…
Ma questo libro si rivolge al viaggiatore motivato, a chi intende
veramente usare queste idee;; non a chi leggerà un paragrafo o
due, annuirà col capo in atteggiamento pensieroso e poi farà
Inoltre, non considero una mia responsabilità rimediare ai
fallimenti dei sistemi educativi a cui, per vostra sfortuna, siete
stati sottoposti negli anni della vostra formazione come giovani
aspiranti primati.
Avendo passato due deprimenti semestri ad insegnare inglese a
livello di terza elementare in una classe di recupero per studenti
universitari che avrebbero dovuto esplorare i misteri di Beowulf
, cantare la Canzone di Rolando, salmodiare sommessamente i
edizioni dell’Amleto e seguire le tortuosità di Philip Jose Farmer,
pagato il mio debito verso la società.
18
LA VITA NEL LABIRINTO PREFAZIONE ALL’EDIZIONE ITALIANA
primati mi costringono a presentare queste idee a coloro che
vengono da me, spinti da un’autentica necessità, ma nel libro
delle regole non c’è scritto da nessuna parte che tali idee debbano
essere servite su un vassoio d’argento nel linguaggio monosil-
labico, monoculturale e monotono adatto ad un camionista…
dunque non sarà così.
Nello studiare le idee qui presentate, sarà saggio armarsi di un
buon dizionario e di una sana istruzione, sebbene niente, nel
testo, vada oltre il livello del secondo anno d’italiano di un liceo,
sono stati intenzionalmente mantenuti al minimo, eccetto dove
necessario per ragioni di chiarezza, per rafforzare un concetto,
oppure per evitare la distruzione di qualche elegante gioco di
parole) siano alla portata della media dei diplomati di scuola
superiore.
Se non lo sono per voi, potreste prendere in considerazione di
far ritorno alla scuola superiore da cui provenite e di sporgervi
reclamo, oppure di iscrivervi ad un corso serale, a seconda di
quale delle due alternative vi sembra più a propos…. che sarebbe
francese preso a prestito per dire “adeguato”.
per chi non ha padronanza della propria lingua madre;; per chi
considera come tutt’un altro paio di maniche l’idea di un atleta
Se trovate che il precedente paragrafo sia confuso, questo libro
probabilmente fa per voi;; se vi sembra a posto, forse potreste
considerare la possibilità di arrovellarvi su un racconto di Ar-
lecchino…. se ancora se ne trovano in giro.
20
1
PERSI IN UN DEDALO
STUPEFACENTE
A nostra insaputa, noi viaggiamo in un labirinto, un de-
dalo macrodimensionale di viva forza elettrica, rivestito
dal sottile strato dell’ordinarietà della vita di tutti i giorni.
Ciò che più di tutto ci impedisce di riconoscere questo
fatto è l’impellente bisogno di ricondurre tutto ad una
dimensione familiare, di ridurre ogni cosa al livello del
realtà della totalità di ogni possibile attenzione.
Se in passato abbiamo già compiuto quegli sforzi necessari a
sviluppare la nostra comprensione, dovremmo essere riusciti a
stabilire una nuova relazione tra il sé essenziale non-biologico
e la macchina biologica umana. Avendo già dimostrato a suf-
per la trasformazione, adesso possiamo chiaramente vedere la
via da intraprendere.
Il fatto di sapere che è necessario svegliare la macchina, prima di
poter fare qualunque cosa di oggettivo rilievo, dovrebbe averci
fatto raggiungere dei risultati stabili.
A questo punto ci accorgiamo di aver bisogno di ulteriori
istruzioni per integrare la nostra attuale conoscenza, per poter
formulazione può non essere ancora molto esatta.
Dovrebbe essere ovvio che siamo solo all’inizio del cammino e
che, in quanto esseri umani, siamo ansiosi di assumerci ulteriori
ATRIO IN COSMO STREET
E. J. Gold (1975)
LA VITA NEL LABIRINTO PERSI IN UN DEDALO STUPEFACENTE 24 25
verso l’adempimento di tali responsabilità, dobbiamo compren-
dere precisamente dove ci troviamo e che cosa siamo, nella scala
generale delle cose in relazione all’Assoluto, in modo da poter
sviluppare un metodo di lavoro entro questo contesto.
Possiamo ora arrivare a vedere e comprendere il sé essenziale
nel suo ruolo di eterno viaggiatore, soggetto a rischi ma anche
con grandi opportunità a disposizione, in bilico tra impegno e
distrazione, esposto a fatali attrazioni e supreme seduzioni nella
In questa ricerca, solleviamo lo sguardo dal mondo dei primati, e
lavoriamo da questa prospettiva non-umana, indipendentemente
da quale possa essere il nostro punto di partenza.
Nel primo libro della Serie del Viaggiatore nel Labirinto, La
macchina biologica umana. La trasformazione dell’essere
umano,(1) l’analogia di un pesce in una vasca fu invocata per
stabilire un’approssimativa descrizione della situazione umana
in relazione alle dimensioni superiori, a cui d’ora in avanti ci
riferiremo come macrodimensioni.
Il regno animale ci sarà ancora una volta d’aiuto, dandoci un
punto di vista che si possa facilmente comprendere, e con cui
ci si possa relazionare.
Pochi minuti di semplice osservazione di una cavia in un labirinto
dimostreranno chiaramente anche al più ottuso scienziato che
l’animale non sa di essere in un labirinto... sa solo che non può
avere quello che vuole e che non conosce la strada e, in assenza
neppure molto.
Può anche vagamente sospettare di non poter scappare;; indie-
tro, avanti, di lato… tutte le possibili direzioni confermano la
irritante schiavitù del labirinto.
La cavia intrappolata non ha modo di conoscere la forma e la
shock traumatico, essa può diventare in qualche modo consape-
vole della sua reclusione, anche se non dell’esatta natura di essa.
I primati umani, per quanto riguarda i labirinti, sono in tutto e
per tutto non meno prevedibili delle cavie, ma non posseggono
la chiarezza percettiva ed emotiva, l’acuta attenzione ed intelli-
genza dei loro cugini più irsuti.
Facendo esperimenti e prove con le cavie si può imparare molto
sui labirinti. Per esempio, alterando la forma del labirinto, ma
mantenendone gli stessi riferimenti di base, vediamo che la cavia
continuerà a seguire i vecchi riferimenti piuttosto che adattarsi
natura alimentare, imparerà a re-imparare. Sotto i morsi della
fame diventa tollerabile anche il disagio della ristrutturazione
sinaptica.
Con una certa comprensione dei concetti della ripro gram ma zio-
ne motivazionale possiamo sviluppare, attraverso giochi didattici
interattivi, una serie di persuasioni pratiche che incoraggiano
il ragionamento intuitivo, deduttivo ed induttivo ed un nuovo
apprendimento.
Allo stesso modo, possiamo intraprendere una seria ricerca nel
improvvisamente ed in modi inaspettati proprio a metà gioco,
mediante l’introduzione di variabili interattive e di costanti, sia
relative che oggettive.
Dovrebbe esser facile compiere il lieve salto concettuale, dalla
semplice osservazione delle cavie, ostacolate da un’intelligenza
piuttosto primitiva, a noi stessi. Per noi, l’intelligenza non do-
soliti adottare vecchie risposte per far fronte a nuovi stimoli.
cavie che i primati umani hanno tendenza a sperimentare es-
1) E. J. Gold, La macchina biologica umana. La trasformazione dell’essere umano,
Edizioni Crisalide.
LA VITA NEL LABIRINTO PERSI IN UN DEDALO STUPEFACENTE 26 27
senzialmente gli stessi problemi di stress e pressione sociale, e
possiedono (prima del condizionamento sociale e dell’imprinting
psicoemotivo, ovvero, della formattazione del cervello profondo,
mediante i meccanismi di stimolo/risposta al dolore e al piace-
re) esattamente la stessa innocenza intuitiva iniziale, dovuta in
larga misura a quella disattenzione che può derivare solo dalla
mancanza di automotivazione in assenza di stimoli ambientali
e biologici;; condividono inoltre la stessa occlusione percettiva
generale, derivante dall’alienazione dall’ambiente, un vago e
risentito stato di chiusura, sintomatica di paure non esaminate,
profondamente radicate, prodotte da cose a cui preferirei non
pensare proprio adesso.
Se vogliamo utilizzare un metodo potente per effettuare escur-
sioni nelle macrodimensioni, dobbiamo almeno convenire sul
fatto che una certa cavia può essere incoraggiata ad avventurarsi
in un territorio sconosciuto ed oscuro, mentre un’altra può non
essere capace di tirarsi fuori dalla sua inerzia meccanicamente
imposta, qualunque provocazione essa possa subire.
Eppure ciò non assicura di per sé alcun risultato;; anche la cavia
più esperta è pur sempre soggetta al labirinto, è pur sempre
prigioniera, un animale da laboratorio soggetto al capriccio
esterno;; ed in questo senso, ma solo in questo senso, non è libera.
La libertà è una cosa immateriale, sottile ed elusiva, che giace in
biologica e delle pareti solide, come scopriremo presto.
Dato lo stesso addestramento, le stesse opportunità, la stessa
esposizione (o anche una maggiore) al labirinto, non ho mai
capito perché nove cavie su dieci si dimostrano incapaci di
districarsi dalla piacevole e robotica melma della vita animale.
Il labirinto! Un dedalo macrodimensionale camuffato dal tes-
facciamo o raggiungiamo, dovunque andiamo o chiunque di-
ventiamo, ci troviamo sempre prigionieri della rigida routine;; ci
auto-immergiamo in un auto-invocato, continuo bombardamento
di tensioni, distrazioni e auto-indulgenza quotidiana, riuscendo
aiuto possa esserci offerto.
Se conoscessimo il modo in cui guardare, potremmo afferrare
l’occasione di penetrare attraverso i passaggi, i tranelli ed i sentieri
color primula del dedalo macrodimensionale;; ma non conoscia-
mo questo modo di guardare… ed all’inizio ci diamo da fare per
riuscire a creare un mondo che ci permetta, pur trovandoci in
un labirinto, di rimanerne assolutamente inconsapevoli.
I viaggiatori (ecco ciò che veramente siamo) raramente com-
prendono o sono consapevoli della qualità labirintica di ciò che
stanno sperimentando, e possono facilmente mancare di rico-
noscerla, in quanto non hanno il potere di una seria, radicata
Non riconosciamo che siamo passati in un certo luogo molte
volte prima;; che abbiamo effettuato questa o quella curva. E,
cosa ancora più importante, manchiamo di riconoscere la fu-
tilità di tutto quello che abbiamo fatto perseguendo le banali
occupazioni della nostra vita da primati.
Questo gioco si chiama futilità;; impariamo da giovani a seguire
la corrente, verso uno sbocco imponente e inconoscibile, un
gran sistema cosmico di fognature che tutto inghiotte.
Abbiamo investito tutto nell’adeguarci alle norme culturali,
perpetuando una condizione che, in relazione al labirinto, è
pateticamente passiva e sperimentando, allo stesso tempo, tutta
la frustrazione, la rabbia e la paura di qualunque cavia, impaurita
ed affamata, che si sia perduta.
Immersi nel sonno e storditi dalla paura, automaticamente diamo
per scontato che in casa è tutto in ordine;; che tutto è sempre
esattamente allo stesso modo in cui ci aspettiamo che sia.
Immersi nelle distrazioni triviali della macchina biologica, la
-
barazzata, i maestosi panorami degli eventi macro di mensio nali,
che inevitabilmente ci troviamo spinti a tradurre, immediatamente
LA VITA NEL LABIRINTO PERSI IN UN DEDALO STUPEFACENTE 28 29
e al più presto, nel più piatto e banale di tutti i mondi possibili.
Non riusciamo mai veramente a divertirci o a stupirci. Questa
conversione di tutto quanto esiste nei termini di un primate è
un’autentica malattia, di natura clinica come qualunque con-
dizione patologica comunemente accettata.
Il sé essenziale, con le sue qualità di attenzione e presenza, è
capace di vedere le cose in modo differente;; perciò esso ha la
una percezione diretta del labirinto.
Immaginate di guidare un’automobile e, contrariamente alla
vostra abitudine, cercate di vederla come se fosse ferma: la strada
circonda il veicolo, assorbita da esso e, più precisamente, dal
-
tata sul retro... si ricicla e ritorna fuori da un piccolo buco in
lontananza, all’orizzonte, si espande e scorre ancora una volta
attorno all’auto.
Tutta l’esperienza nelle macrodimensioni ha questa natura. Siamo
stati educati a catalogare le nostre esperienze a compartimenti
stagni, ad isolarle trascurando in tal modo la sottile continuità che
sottende ogni cambiamento apparente e ogni discontinuità. Abbia-
mo una percezione capovolta degli eventi: dove c’è cambiamento
vediamo stabilità;; dove c’è stabilità vediamo cambiamento. Ciò
che crediamo realtà è senza dubbio illusione, e ciò che crediamo
illusione con ogni probabilità è reale.
Le incontrollabili allucinazioni da primate impongono co-
esperienza puramente sensoria e mentale.
Vediamo il nostro passaggio attraverso la Creazione secondo
in diretto contrasto con quanto conosciamo dalla geometria,
nostra percezione degli eventi effettuando leggeri cambiamenti
nel nostro modello di spazio-tempo, evitando accuratamente
le piene conseguenze di ciò che in realtà conosciamo delle
suddette discipline.
Agiamo come se il mondo dei primati esistesse realmente, come
se noi avessimo un’interfaccia diretta con esso, come se esistes-
sero in esso certezze e qualità tangibili mentre, di fatto, niente
di tutto questo esiste (nel senso in cui noi crediamo che esista),
neppure remotamente. Ci siamo costruiti attorno le pareti di
un vero e proprio Giardino della Familiarità e adesso vi siamo
intrappolati senza alcuna speranza di fuga.
Conoscendo la nostra propensione all’auto-illusione, non sor-
prende affatto scoprire che abbiamo sviluppato una mitologia
della cacciata da quello stesso giardino in cui siamo costretti a
consumare il resto dei nostri giorni.
La maggior parte di quei viaggiatori che per caso si ritrovano
a vagare momentaneamente nelle macrodimensioni non sono
consapevoli di esservi entrati;; dovessero in qualche modo divenir
consapevoli di quest’inesplicabile alterazione della percezione
qualcuno con una laurea in psichiatria e due vigorosi infermieri
a proteggerlo.
Possiamo sempre emulare i nostri colleghi, i primati-a-mala-pena-
eretti, trascinandoci senza scopo attraverso il labirinto, ignari
delle sottili ma clamorose esperienze che ci si presentano;; op-
pure possiamo aprire gli occhi su ciò che ci circonda e dirigere
i nostri spostamenti con intelligenza e competenza.
Essendo viaggiatori piuttosto riluttanti, i primati umani si sono
formati, per quanto senz’alcuna intenzione volontaria, l’idea
preconcetta del modo in cui le cose dovrebbero andare e, di
l’opportunità di seguire le proprie inclinazioni naturali, la mag-
gioranza degli umani seguirà obbedientemente il solco coltivato
dal cervello e dal corpo, dovunque questo possa condurli.
Per quanto popolare possa essere, la cieca, robotica e schiaviz-
zata obbedienza alle abitudini viene considerata dall’esperto
LA VITA NEL LABIRINTO PERSI IN UN DEDALO STUPEFACENTE 30
viaggiatore del labirinto come un metodo poco elegante di
funzionamento macrodimensionale.
Impariamo il labirinto a memoria, viaggiando in tipico stile uma-
no meccanico, eppure in certe occasioni ci succede di arrivare
per puro caso al suo cuore;; e, a condizione che ci ricordiamo
di ripetere tutto esattamente allo stesso modo, e non avvenga
alcuna deviazione dalla nostra routine, ci sembrerà di conoscere
era esattamente sul menù...
Chi è veramente inzuppato del vino della vita di primate, chi
ha girovagato per settantamila miliardi e due volte attraverso
lo stesso settore macrodimensionale, mancherà di effettuare la
connessione di Pallade;; la tendenza è quella di perdere il con-
tatto con lo stato di coscienza macrodimensionale.
Innumerevoli primati sono stati là ed hanno visto... eppure, a
causa di qualche strana debolezza della mente, hanno felicemente
dimenticato;; ce ne sono molti di più che non hanno mai visto
niente, e la loro cecità indica che sono stati, dal punto di vista
percettivo, dei semplici inetti.
Tutto ciò può condurre qualunque osservatore esterno a con-
cludere che una bizzarra forma di schizofrenica alienazione,
culturalmente indotta, separa la coscienza del labirinto dalla
realtà umana consensuale, sulla quale ci troviamo d’accordo
-
cilmente può essere considerata vera coscienza.
I primati umanipensano evidentementedi essere tutti solinel loro settore.Ed infatti dovrebbero esserlo.
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