INDICE
PREMESSA pag. 3
CAPITOLO 1: Vettori di forza muscolare e baricentro pag. 5
1.1: Il muscolo come forza vettoriale pag. 5
1.2: Il baricentro corporeo pag. 7
CAPITOLO 2: Teoria dei sentieri e CAM pag. 9
2.1: I sentieri miofasciali pag. 9
2.1.1: Sentiero primario 1 pag. 12
2.1.2: Sentiero primario 2 pag. 14
2.1.3: Sentiero primario 3 pag. 16
2.1.4: Sentiero primario 4 pag. 19
2.1.5: Sentiero primario 5 pag. 21
2.1.6: Sentiero primario 6 pag. 23
2.2: Conoscersi attraverso il movimento pag. 24
2.3: Come si svolge una lezione pag. 26
CAPITOLO 3: Gli esercizi di movimento essenziali
finalizzati al benessere pag. 31
CAPITOLO 4: Il camminare come esercizio elettivo pag. 37
4.1: Vettori di forza e diffusione mio fasciale nel camminare pag. 37
4.2: I benefici del camminare pag. 40
CAPITOLO 5: Il paradigma dell’ integrazione psicofisica pag. 43
5.1: Neuroscienze e movimenti somatici pag. 43
5.2: Una strategia efficace: la riprogrammazione somatica pag. 44
CONCLUSIONE pag. 47
BIBLIOGRAFIA pag. 49
PREMESSA
IL CORPO UMANO COME UN SISTEMA DINAMICO
INTERCONNESSO.
Secondo un modello dinamico di corpo umano, non sono le ossa a sostenere
o a dare la struttura al corpo, ma è solo il tessuto connettivo ad essere
incaricato di questo compito grazie a quella che viene chiamata “struttura
fasciale”.
Le ossa infatti servono solamente da distanziatori che permettono di
posizionare e differenziare i distinti segmenti del corpo; i muscoli sono la
fonte del movimento e ne determinano la direzione stessa.
Comparare il corpo umano con una struttura statica è sbagliato: il corpo è
una struttura mobile, non un edificio!
L’osso mai entra in contatto con l’ambiente che lo circonda, è invece il
tessuto connettivo l’incaricato di questo compito grazie alla sua struttura e
alla sua organizzazione che gli permette di sostenere il movimento.
L’ espressione del modo d’ interagire e di comunicazione non verbale di ogni
essere vivente, sia nei rapporti interindividuali (espressività) che individuo-
ambientali (sia nella statica che nella dinamica) è data da un continuo flusso
di informazioni e trasformazioni energetiche che giungono al SN periferico e
centrale.
I fattori che vi concorrono sono molteplici:
- Il sistema biomeccanico, con le sue componenti ossee, muscolari,
fasciali, tendineo – legamentose organizzate in sottosistemi che si
correlano e si comportano funzionalmente come tanti anelli di
un'unica catena cinetica chiusa in cui qualsiasi forza o perturbazione
operante su un singolo segmento del sistema si distribuisce
inevitabilmente su tutti gli altri: tutti i muscoli e le ossa sono connessi
l’ un l’ altro e un cambiamento nella tensione muscolare o nella
posizione delle membra del corpo deve essere accompagnato da un
cambiamento di compensazione da qualche altra parte del corpo.
Questo sistema è composto da 5 sottosistemi a configurazione
spaziale: l’articolazione temporo - mandibolare, la gleno - omerale, il
sottosistema cingolo pelvico , piede – caviglia e quello di relè
vertebrale che grazie alle sue funzioni di afferenza ed efferenza è
anche centro di elaborazione e risposta;
- il sistema biochimico e metabolico;
- il contesto ambientale;
- il sistema neuropsicologico che comprende non solo il SN autonomo
ma anche le attività cerebrali corticali e sottocorticali, in grado di
gestire il flusso continuo d’ informazioni in entrata e uscita, e di
integrare le funzioni somatiche con l’ambiente esterno.
C’è infatti una connessione diretta anche tra il comportamento del sistema
locomotore e le emozioni: gli schemi di movimento non si devono
nettamente agli impulsi di indole meccanica, la maggior parte sono dovuti ai
cambi emozionali.
Gli schemi di movimento sono l’espressione degli schemi della personalità
e viceversa.
L’ unità psicosomatica Uomo ha un’ interdipendenza dinamica di donatore –
recettore reciproca con l’ambiente, che sia fisico, familiare e socio culturale:
basti pensare come la paura, le preoccupazioni, la tristezza…ci obbligano a
collocare il nostro corpo in una postura molto lontana dalla sua naturale o a
compiere gesti che vanno al di là della nostra volontà.
Il corpo ha le sue reazioni di fronte a ogni situazione e reagisce come un
tutt’uno in modo totale e globale: “ Il movimento significa di più di ciò che
fa una persona, esso crea quello che la persona è.”
E’ Moshe Feldenkrais a dichiarare ciò, pioniere dell’ omonimo Metodo che
potremmo considerare come un particolare processo d’ apprendimento
basato sull’ integrazione tra movimento, sensazioni, sentimenti e pensiero e
di cui prenderò a riferimento una delle sue applicazioni, vale a dire la Core
Integration, elaborata da Josef della Grotte che sono venuta a conoscere
proprio grazie al presidente dell’ Associazione Italiana Core Integration,
Emanuela Fabbroni, che ringrazio.
CAPITOLO 1
VETTORI DI FORZA MUSCOLARE E BARICENTRO
1.1: Il muscolo come forza vettoriale
La contrattilità muscolare realizza uno spostamento delle estremità
muscolari, i tendini, dalla periferia al centro.
Questo spostamento ha tutte le caratteristiche delle forze vettoriali in quanto
è contraddistinto da:
- direzione: la retta lungo la quale agisce il vettore;
- verso: è l’orientamento della direzione;
- punto d’applicazione: il punto del corpo dove la forza agisce.
“ La cinesiologia studia gli effetti della contrazione muscolare analizzandoli
anche come forza vettoriale di cui è possibile calcolare ciascuna componente
e costruire le scomposizioni utili a comprendere l’azione nel suo complesso.
Trattando di forze vettoriali è necessario determinare un punto
d’applicazione , cioè l’inizio del segmento frecciato e questo si trova
esattamente sul punto in cui il muscolo s’ inserisce sul segmento osseo
mobile.
Questo ci fa immediatamente comprendere che per ciascun muscolo si
possono costruire almeno due vettori ( nel caso in cui le inserzioni muscolari
siano di piu, i vettori possono essere anche più di due).
Un altro aspetto più complesso, ma cinesiologicamente più significativo è
relativo all’ analisi della direzione vettoriale.
Erroneamente si è ritenuto che la direzione del vettore o linea d’azione di un
muscolo sia ricavabile congiungendo i suoi punti d’origine e inserzione; essa
invece varia in relazione a numerosi fattori:
- Le diverse modalità d’ inserzione prossimale: se un muscolo possiede
un’ ampia superficie d’ inserzione, la sua linea d’ azione è
scomponibile in quella dei singoli fasci che la costituiscono.
- Le diverse modalità d’ inserzione distale : se la superficie d’ inserzione
distale è ampia, come nei muscoli larghi, si osservano le variazioni
della linea d’ azione in rapporto alla contrazione isolata dei singoli
fasci.
- Le diverse modalità di decorso tendineo: alcuni muscoli presentano
deviazioni o angolature nel decorso tendineo; in tali casi la linea
d’azione è costituita dalla linea congiungente il punto d’ inserzione
distale con il punto di deviazione con il decorso tendineo
- Atteggiamenti funzionali: sono i diversi atteggiamenti che
l’articolazione può assumere per l’ influenza di altre funzioni
muscolari che modificano la traiettoria del muscolo ( ad esempio, gli
adduttori dell’ anca che sono anche flessori diventano estensori
quando l’anca si trova atteggiata in elevato grado di flessione.) .” [
Marchetti – Pillastrini, 2005 ]
Alla base del benessere, della salute e dell’ efficienza del movimento vi è
solo una regola: che il vettore forza possa attivare una via neuromotoria il
più vicino possibile al baricentro e che possa connettersi con i settori
corporei necessari per adempiere all’ intenzione che ha originato l’azione –
necessità, curiosità, creatività o anche semplice giocosità.
1.2: Il baricentro corporeo
In geometria, il baricentro di una figura è l’ intersezione di tutti i piani che
dividono la figura in due parti identiche; in fisica esso può coincidere con il
centro di massa di un corpo e anche col suo centro di gravità, il che porta
spesso a ritenere che questi tre termini siano intercambiabili.
“ Il baricentro corporeo è il punto immaginario su cui si concentrano le
azioni di forza interne ed esterne ed a cui si considera convenzionalmente
applicata la forza di gravità, di cui la verticale passante per il baricentro è
detta linea di gravità ; la posizione del baricentro cambia in relazione alla
forma e alla posizione di tutte le parti che compongono il corpo, il quale,
paragonabile ad una struttura formata da più segmenti sovrapposti
nell'uomo fermo in piedi, è situato davanti al terzo superiore dell'osso sacro
(ombelico).” [ Ceciliani, Manferrari, Ricci, 1995]
Se il baricentro è una definizione di assoluta precisione matematica, definire
il movimento di una forma dinamica si rivela più complesso, in quanto
richiede il coinvolgimento del SNC in un processo di percezione e
apprendimento.
“ L’ approccio anatomo – analitico basato sulla sezione del corpo non è
sufficiente : per rendere reale la concezione Core Integration ed essere in
grado di lavorare con la mappa e i sentieri, bisogna possedere un modo di
accedere al corpo tramite riferimenti anatomici e precisi punti di repere che
siano riconoscibili dal SNC, attivarli nell’ ambito di una funzione motoria e
infine testarli per ottenere osservabili risultati concreti.” [ Della Grotte,
2009]
Caratteristica di questo approccio è infatti la visione funzionale – globale del
movimento integrata e connessa col Core, centro dell’ equilibrio: esso è il
punto di partenza dal quale sviluppare i movimenti scaricando la forza
attraverso le ossa lunghe; in questo modo è possibile imparare a utilizzare a
proprio favore la spinta, la leva, l’ attrito relazionandosi al meglio con la
forza di gravità e migliorando l’equilibrio statico – dinamico, l’
ottimizzazione psico – fisica ed il risparmio energetico.
Ma come possiamo fare per essere certi che i nostri movimenti coinvolgano
il Core? Come possiamo usare al meglio i punti di repere e i markers?
Proprio per chiarirci questi dubbi, il dottor Josef Della Grotte pur
mantenendo i principi fondamentali del Metodo Feldenkrais e le stesse
modalità applicative, cioè approccio individuale e di gruppo, ha introdotto
alcune modifiche sostanziali di cui particolarmente rilevanti risultano essere
i sentieri miofasciali – funzionali come mezzo di guida per l’ apprendimento
motorio.
CAPITOLO 2
TEORIA DEI “SENTIERI” E CAM
2.1: I sentieri miofasciali
“ I 6 sentieri miofasciali funzionali principali sono una sorta di
preprogrammazione vettoriale e direzionale utile nell’ impostazione corretta
dei movimenti sui tre piani.
Essi permettono di capire:
- quali sono i vettori o il vettore di forza di una funzione e come, tale
vettore, trasmetta la contrazione lungo una catena mio fasciale che
attraversa tutto il corpo;
- quali e come si trasmettono le linee di allungamento attraverso la
catena mio fasciale, permettendo la funzione di estensione.
Per preprogrammazione si intende un inizio di movimento verso il corretto
schema direzionale e vettoriale della funzione, che può diventare in seguito,
movimento finalizzato e intenzionale ampio e completo ( es: il sentiero 2,
utile per la stabilizzazione del rachide, può essere utilizzato per l’esecuzione
di numerose funzioni, come l’inizio di una flessione del tronco in avanti per
raccogliere qualcosa da terra.).” [ Landi, 2000]
Capire come e in che direzione i vettori di forza e le linee di allungamento si
trasmettono nel corpo, permette di avere un’ idea molto chiara del fenomeno
“funzione”. In termini pratici i essi creano una sorta di “mappa corporea”
che permette di chiarire e di connettere le vie miofasciali – funzionali: il
sentiero descrive come e dove viaggia l’energia di trasmissione, come fare
lavorare il nostro corpo nelle migliori condizioni, quali sono gli specifici
muscoli che si devono allungare e contrarre per eseguire una certa azione.
La mappa Core Integration dell’ energia biomeccanico – direzionale del
movimento corporeo dunque:
- mostra come i vettori di forza si muovono attraverso il corpo sui tre
piani del movimento;
- rappresenta una sintesi di tipo funzionale e strutturale della dinamica
corporea, costituita da sei sentieri principali che coinvolgono il core.
In particolare, nell’ esecuzione di qualsiasi movimento percorrendo i
sentieri, risultano essere di fondamentale importanza i muscoli stabilizzatori,
principalmente il complesso trasverso dell’ addome, che una volta riattivato
coopera col complesso dello psoas, che invece è un mobilizzatore; un altro
importantissimo gruppo primario di muscoli, spesso trascurati, unisce i
sentieri: il complesso multifido, composto da muscoli corti ed essenziali che
stabilizzano e muovono la spina dorsale in elevazione e rotazione; se questi
muscoli non vengono mobilizzati in azioni di movimento naturali e
funzionali, smettono di lavorare e passano in uno stato di raccorciata e
debole “dormienza”.
“ Il nostro SNC, per svolgere anche una sola delle azioni che pensiamo o
pianifichiamo di fare, dall’ alzarci all’ uscire, al camminare, fare ginnastica o
svolgere una qualsiasi attività quotidiana, deve conoscere la via
neuromotoria più appropriata che permette l’ espressione e la
rappresentazione somatica dell’ azione stessa.
Se la percezione, l’ intenzione, l’organizzazione mio fasciale e l’esecuzione
biomeccanica sono sincrone , allora l’esecuzione del movimento non solo è
efficiente, ma anche gratificante e consente di definire uno schema motorio
che può essere richiamato più volte in modo affidabile.” [ Della Grotte,
2009]
“ Le azioni quotidiane sono composte dalle funzioni base come la flessione,
l’estensione, la rotazione, combinate in modo estremamente vario tra loro
per direzione, intenzione, intensità, ritmo.
Ogni funzione potrebbe essere scomposta nei 6 sentieri principali, i quali
possono essere utilizzati per:
- Procedere in modo chiaro ad una valutazione iniziale funzionale del
paziente (quali sono le connessioni compromesse, quali sono le
funzioni su cui è necessario intervenire, quali sono quelle prioritarie ai
fini di un risultato il più possibile immediato) e stabilire un
programma terapeutico;
- Nell’ approccio individuale, “scomporre” la funzione selezionata, con
l’obiettivo di esplorare in modo chiaro e sicuro le alternative al
movimento non efficiente (o doloroso) e rendere l’intervento
facilmente comprensibile e riproducibile;
- Nell’ approccio di gruppo, servire da guida al paziente stesso, il
quale, una volta esplorate con consapevolezza e percepite le linee
vettoriali e di allungamento con l’intervento del terapista, è in grado di
autocorregersi, migliorando in tal modo i risultati ottenuti dal
trattamento.
2.1.1: Sentiero primario 11
La via della schiena ( Estensione e Elevazione )
E’ uno dei primi movimenti evolutivi, ma non il primo ad essere attivato dal
neonato: esso fornisce il maggiore supporto per quasi tutte le principali
attività funzionali.
Se consideriamo l’effettiva risposta strutturale che a livello funzionale viene
attivata dalla testa ai piedi, l’ estensione, in termini di biomeccanica, fornisce
una visione molto limitata della reale espressione funzionale e posturale di
questo sentiero. Una volta attivato lo schema motorio corretto, ognuno
di noi può accedere facilmente al sentiero 1, perché l’ estensione è una
sequenza organizzata e connessa di risposte muscolari, una rimodella tura
fasciale concepita su una struttura scheletrica di forze di trasmissione.
1 � Cft. Josef Della Grotte (2009) , Instruction from within traduzione italiana in grande parte utilizzata per la descrizione generale dei sei sentieri; le chiarificazioni dei sentieri son invece tratte dalla mia personale esperienza di tirocinio.
Ad ogni attivazione della spinta, la gravità fa partire un vettore di forza che
attraverso il piede coinvolge il tendine d’ Achille e contrae polpaccio,
tendine del ginocchio, e muscoli dei glutei, una risposta preprogrammata
affinché avvenga la vera e propria elevazione, passando dalle articolazioni
pelviche,i muscoli rotatori dell’ anca che connettono in profondità
(multifidi), la zona lombare, quindi i muscoli superficiali della colonna
vertebrale (erettori), le costole inferiori, su fino alla porzione media e
superiore della spina dorsale, connettendosi anche con le spalle fino le
cervicali e la testa.
La via della schiena vista come catena completamente collegata inizia dai
piedi, coinvolge le gambe, angola il bacino in una specifica direzione
leggermente avanzata, ed eleva la colonna vertebrale conformemente alla
sua configurazione articolare.
Per chiarificare il primo sentiero
In piedi: ponete una mano dietro l’ osso sacro, l’altra davanti sull’ osso
pubico; ponete il piede destro più avanti dell’ altro, e portare il peso della
gamba su di esso e in avanti, guardando verso l’alto come per formare un
arco con la schiena. Osservate se il sacro va in su e se le ossa pelviche
si rovesciano in avanti e leggermente verso il basso; lo sterno può elevarsi,
le costole sollevarsi, dando un senso di apertura fino alla clavicola. Siete in
estensione: essa parte dal piede che determina la spinta e arriva fino alle
vertebre cervicali, coinvolgendo anche la testa. Ancora più importante, state
usando la traiettoria angolata della via della schiena che determina
elevazione, allungamento e rafforzamento.
2.1.2: Sentiero primario 2
Il sentiero frontale della stabilizzazione (elevazione e vera flessione
funzionale)
La stabilizzazione nel movimento è l’ anello mancante del sentiero delle
gambe - bacino - spina dorsale, ed è la chiave per realizzare una postura
eretta e per ottenere un rafforzamento naturale e preprogrammato.
Il sentiero frontale utilizza connessioni fra pavimento pelvico, il sacro e la
spina dorsale, coinvolgendo sia le gambe che la parte superiore del corpo.
La visione della flessione cui siamo abituati consiste nel piegare in avanti la
parte superiore del corpo, o di accorciarci, come se stessimo eseguendo un
“crunch” mentre ci alziamo; ma il crunch fa assai poco per stabilizzare o
rafforzare: è sì una forma di flessione che protegge la colonna vertebrale, ma
che va a inibire le sue caratteristiche di allungamento e rotazione, che sono
necessarie.
Per chiarificare il secondo sentiero
In piedi ponete una mano dietro l’ osso sacro, l’altra davanti sull’ osso
pubico; ponete il piede destro più avanti dell’ altro e sollevate il tallone
portando il peso del corpo su di esso in modo tale che le punte del piede si
alzino da terra; sentite il pube salire e il coccige scendere, come si possa
penetrare con la mano anteriore nel retto dell’ addome senza che questo offra
resistenza e come la mano posteriore scenda verso il basso,
conseguentemente all’ elevazione della colonna.
2.1.3: Sentiero primario 3
Girarsi
Girarsi vuol dire portare il sentiero 1 e 2 verso nuove direzioni.
Non possiamo vivere bene su un unico piano: ci muoviamo e facciamo
crescere la nostra espressione motoria e la sua potenziale intelligenza
cinestetica nell’ applicarla.
Il sentiero 3 è soltanto questo, girarsi a destra e a sinistra, mantenendo le
caratteristiche della via frontale e dorsale, ma facendo assumere una nuova
forma ai vettori e all’ espansione mio fasciale.
Il modo in cui ci giriamo a destra o a sinistra è preprogrammato, per cui
abitualmente non è necessario pensarci; a causa dell’ inattività, di un modo
scorretto di sedere, stare in piedi e camminare, la maggior parte delle
persone ha perso i segnali direzionali vettoriali, le sequenze e i markers.
Sono migliaia le persone il cui girarsi viene fatto ruotando il tronco,
contraendo costantemente i muscoli obliqui interni ed esterni, che diventano
più tesi, più corti, certamente non più forti! L’ inefficienza di questa modalità
può comportare che anche il diaframma, centro motore della respirazione,
finisca per essere influenzato negativamente.
L’ immagine del girarsi correttamente segue invece un percorso molto
semplice: per girare a sinistra, spingere e stare sulla gamba sinistra, mentre
l’anca omolaterale ruota a sinistra e indietro; per girare a destra, si applica lo
stesso modello sul lato destro; così come l’ anca ipsilaterale va indietro in
flessione, così fanno le costole dello stesso lato, aprendosi in una spirale
semplice, connettendosi con le spalle e portandole indietro nella stessa
direzione. Il girarsi viene dunque
eseguito da una semplice rotazione di base che deve coinvolgere bacino,
spina dorsale e costole: quando tutti questi elementi sono sincronizzati, non
ci sono problemi; girarsi invece senza essere su questo sentiero verrebbe per
lo più effettuato da altri muscoli, con la conseguenza di raddoppiare i tempi
di esecuzione senza che si verifichi alcun allungamento: esso può dunque
trasformarsi in un’ azione di torsione, con conseguenti stiramenti muscolari.
La vera rotazione consiste nello spostarsi, stazionare e spingere con la stessa
gamba nella cui direzione vi state girando, in modo tale che vi sia una
rotazione della colonna, richiedendo dunque ad ogni vertebra movimento sia
in rotazione che in estensione.
Per fare correttamente ciò però, il SNC deve apprender un uso più evoluto
delle vie 1 e 2, secondo una direzione della diagonale spiralica. Come?
Questa via ha una parte frontale e una posteriore. Per girare a destra, usando
e spingendo con la gamba destra , si può utilizzare la via frontale per
stabilizzarsi, controllando così l’ allineamento e la spinta, ma nella parte
sinistra della schiena verrà coinvolta la via 1; se non si utilizza a sufficienza
la via frontale, sottoporremmo ad uno sforzo eccessivo i muscoli della
schiena, come spesso fanno molti giocatori di golf, corridori e danzatori.
Per correggere le abitudini funzionalmente anomale e limitanti è necessario
sviluppare una nuova sensibilità per avere accesso ad un movimento fluido
lungo il sentiero 3, il quale, una volta appreso, sarà disponibile per il resto
della vita.
Per chiarificare il terzo sentiero
Dal secondo sentiero spostare il peso a destra; sentire dunque come il femore
extraruota e il vettore forza si faccia strada dal bacino alla spina iliaca : il
tessuto può allora cedere per attivare il trasverso mentre l’ileopsoas rimane
morbido; all’apertura dei lombi segue un’espansione delle costole a destra in
un movimento a spirale che porta anche la spalla destra indietro.
2.1.4 : Sentiero primario 4
La grande diagonale spiralica
La diagonale spiralica integra elementi degli altri sentieri e come il sentiero
3 coinvolge rotazione e elevazione, ma utilizza la gamba opposta come
gamba di spinta. Chiamiamo il sentiero 4 “ gran spirale” quando viene
impiegato in attività integrate, esercizi o azioni di complessa prestazione
come camminare, nuotare ecc. La sua principale caratteristica è che fornisce
sia il supporto per l’elevazione che la trasmissione delle forze fino alla parte
superiore del corpo, pertanto è il modello primario di movimento: quello
legato al mantenimento della postura eretta.
La diagonale spiralica realizza un vero coinvolgimento e direzionamento del
vettore di forza: a partire dalla linea di spinta dal piede e dalla gamba esso
attraversa il trocantere, l’ articolazione sacro – lombare andando così ad
attivare la muscolatura profonda della spina dorsale ( i multifidi) e si dirige
su per la colonna vertebrale. Il sollevamento di quest’ ultima dal basso
verso l’alto viene così generato da un effetto di leve che inizia con
l’articolazione dell’ anca e dai i muscoli rotatori, non dai muscoli delle spalle
o solo della schiena. Se ad esempio
un’ anca sta ruotando in avanti e spingessimo con la gamba dello stesso lato
intanto che ruota l’anca, allora la direzione delle forze passerebbe sulla via
frontale in diagonale, allungandosi dunque verso l’ esterno per favorire la
rotazione del bacino e il movimento a spirale; il che implica che l’ altra anca
deve andare indietro.
La forza che così si genera andrà a ruotare all’ indietro e sollevare verso l’
alto le costole del lato opposto della gamba che spinge, facendo rispondere
alla sollecitazione anche la scapola coinvolta, completando il flusso
risonante del movimento fino alle vertebre del collo, attivando e risvegliando
l’ intero apparato senso – motorio della percezione e diffondendosi anche
nelle braccia e nelle mani.
E’ proprio questa azione di leva che coinvolge le costole e l’ attivazione
della rotazione della colonna vertebrale che vengono perse nello
svolgimento delle attività più comuni come stare seduti, in piedi o
camminare se vengono effettuate senza utilizzare il sentiero.
Il sentiero 4 è necessario per una corretta deambulazione eretta, come pure
per sedersi in modo attivo; usarlo adeguatamente significa ottenere una
sufficiente razione quotidiana non solo di elevazione, ma anche di esercizi
utili al rafforzamento.
Per chiarificare il quarto sentiero
Pur portando il peso del corpo sulla gamba destra come nel sentiero 3, il
femore intraruota, in modo tale che il vettore f orza si diriga verso spina
iliaca sinistra, con gamba sinistra che si flette: si viene dunque a creare un
movimento in diagonale verso sinistra che risulta essere ancora più
2.1.5 : Sentiero primario 5
Laterale ( Piegamento Laterale)
Il quinto sentiero descrive il più antico movimento prodotto dall’ evoluzione,
il quale utilizza una distinta azione di leva che consente il sollevamento, il
bilanciamento e la stabilità accompagnato da un’ estensione mio fasciale che
è facilmente osservabile nella posizione eretta: nella regione basso lombare
della colonna vertebrale e nell’ articolazione sacro – lombare è possibile
apprezzare, effettuando movimenti laterali sincroni, mentre un lato sale e
quello opposto scende, come una specie di mensola.
In questo modo il corpo utilizza le forze come leve per bilanciare la sua
azione locomotoria destra e sinistra e comunque rimanere al centro.
La via 5 consente un’ azione di spinta attraverso la gamba, l’ anca, le
vertebre lombari inferiori che immediatamente traslano sollevandosi in
modo tale da andare a coinvolgere, se effettuato in maniera corretta, l’ intera
colonna vertebrale, compresa dunque anche la base del collo.
Per chiarificare il quinto sentiero
L’ azione di spinta origina dal piede destro, attraversa la gamba per portarsi
verso l’anca; le vertebre lombari traslano sollevandosi, così che il bacino si
avvicina alle costole e le costole al bacino determinando un accorciamento
del lato. La testa viene portata verso destra in elevazione in
modo da fissare un punto all’ orizzonte senza ruotare: non stiamo infatti
lavorando in rotazione ma il piano del movimento rimane quello frontale.
2.1.6: Sentiero primario 6
Spostamento opposto laterale ( Piegamento Laterale )
Questo sentiero, complementare e gemello sentiero 5, consente il movimento
per il bilanciamento e lo spostamento laterale ; l’ unica differenza con quest’
ultimo sta nel fatto che il peso del corpo sulla gamba e la linea di
allungamento corrisponde allo stesso lato del vettore forza.
Uno degli effetti più evidenti è l’ allungamento che si sperimenta sul lato
esterno.
Per chiarificare il sesto sentiero
Portate il peso del corpo sulla gamba destra e spingete andando in direzione
opposta al quinto sentiero; sul lato sinistro si percepirà dunque un
allontanamento del bacino che si porta esternamente e un allungamento di
tutto il lato, cosa che si può percepire ancora di più sollevando il braccio
sinistro verso l’alto. Le coste si
allontanano determinando un’ espansione a sinistra, mentre il vettore forza si
trova dalla parte opposta della colonna.
La testa si troverà nelle stesse condizioni del sentiero precedente.2.2:
Conoscersi attraverso il movimento
La tecnica di gruppo è un processo di apprendimento motorio chiamata “
CAM”, vale a dire conoscersi attraverso il movimento.
“ Gli incontri di gruppo possono essere indirizzati sia ad un gruppo
eterogeneo, sia a gruppi omogenei di persone che presentano le stesse
differenze funzionali, la stessa età o che necessitano di un apprendimento
specifico ( musicisti, ballerini.. ).
Sono sequenze di movimento inusuali e sempre diverse, costituite con una
tale precisione e semplicità, da permettere a tutti di arrivare a capire le
differenziazioni più complesse e le funzioni più difficili” [ Landi, 2007 ] in
modo da affinare la consapevolezza di sé e la percezione.
In particolare “ il metodo favorisce la percezione di zone del corpo lontane
dalla consapevolezza: alcune parti del nostro apparato locomotore hanno
infatti una minore densità di neuroni sensitivi per cui sono meno
rappresentate nella corteccia somato – sensitiva del nostro cervello.
Ad esempio la nostra bocca e la nostra mano, hanno molti più neuroni
sensitivi rispetto alla zona della schiena che è tra le scapole, per cui sono
molto più rappresentate nella corteccia ed è proprio per questo che abbiamo
più consapevolezza di quello che accade nella mano rispetto quello che
succede nella zona toracica alta” . [ Cancedda, 2002 ]
“ Famoso è il disegno del cosiddetto “ Homunculus” su come è
rappresentato il nostro corpo nella corteccia cerebrale: grandi mani, grandi
labbra e un corpicino piccolo.” [ Penfield e Rasmussent , 1950 ]
Nel sistema nervoso esiste una notevole plasticità per cui è possibile
modificare, attraverso il movimento, l’apprendimento e l’ amplificazione
percettiva, la rappresentazione interna di zone corporee solitamente lontane
dalla consapevolezza.
La conoscenza di sé infatti non può essere effettuata solamente attraverso un
processo dinamico passivo: essa si sviluppa proprio attraverso il movimento,
anche a livello emozionale e cognitivo, ponendo non tanto l’accento su un’
azione specifica, ma su come dirigere se stessi nel compierla, in modo tale
che ciò possa essere utile anche nella vita di tutti i giorni.
Esplorare il movimento attraverso un processo di consapevolezza permette
di modificare l’azione ontogenetica prendendo coscienza di differenze reali
come:
- “ Differenziazione dei movimenti” [ Feldenkrais, 1991]: l’ accrescere
il numero di scelte possibili riguardo alle azioni che sappiamo
eseguire in un modo soltanto ci permette di agire in un modo
differente e appropriato in ogni situazione;
- “ L’ importanza dello sforzo e la possibilità di dosarlo in modo da
poter svolgere una funzione con la massima efficienza ed il minimo
dispendio energetico;
- La coordinazione di un’ azione per apprezzarne il valore in termini di
fluidità, facilità, assenza di dolore e tensione muscolare;
- L’ atteggiamento in piedi e la possibilità di liberare gli arti superiori
dal lavoro del tronco, stabilizzando bacino e propriocezione del piede,
in modo da svolgere ogni tipo di funzione con maggiore facilità ed
efficienza;
- La respirazione e le sue connessioni con gli aspetti funzionali e
emozionali;” [Landi, 2007]
“ Questo genere di apprendimento, che il bambino difficilmente vive con
piena consapevolezza, termina per ognuno di noi quando il nuovo modo d’
azione diventa automatico o persino incosciente, come lo diventano tutte le
abitudini. Il vantaggio di un’ abitudine acquisita con la presa di
coscienza è che, se il confronto con la realtà si rivela inadeguato, si induce
facilmente una nuova presa di coscienza, in modo da compiere un
cambiamento più efficiente.” [ Feldenkrais, 1993]
2.3: Come si svolge una lezione
Le lezioni di CAM si possono svolgere a partire da una qualsiasi posizione
che può cambiare nel corso di una lezione: supini, proni, su un fianco, ma
anche seduti su una sedia o a terra, in piedi o a carponi.
Di solito le persone arrivano alla lezione dopo essere state impegnate in
molteplici attività, spesso alla fine di una stressante giornata di lavoro, e
sdraiare consente loro di lasciarsi andare, di abbandonare il controllo
esercitato su sé stesse e sull’ ambiente circostante; in questo modo il SN non
essendo più impegnato a fronteggiare compiti antigravitari, libera le energie
nervose rendendole disponibili per affinare le capacità di attenzione e di
ascolto. Una
lezione ha una struttura ben precisa, ma allo stesso tempo è estremamente
flessibile, essendo continuamente adattata alle condizioni fisiche e alle
necessità delle persone presenti.
Inizia di solito con un’ attività di “ scanning” cioè una scansione capillare e
uniforme del proprio corpo.
L’ insegnante chiede di sistemarsi comodamente sdraiati e di esaminare
come il corpo giace sul pavimento: chiede ad esempio di sentire lo spazio
che il corpo occupa sul pavimento, com’ è il contatto col suolo, quali sono le
parti che poggiano o che sono sollevate da terre; può chiedere di ascoltare il
respiro e come esso si riverbera nelle altre parti del corpo, di cominciare a
riconoscere alcune differenze, mettendo a confronto ad esempio il lato destro
col sinistro, in base a criteri diversi: peso, massa, lunghezza e larghezza,
volume, orientamento ecc..
L’allievo mettendo a fuoco l’ immagine che ha di sé all’ inizio della lezione,
costruisce una mappa del proprio corpo, dalla testa ai piedi, a livello
propriocettivo e cinestesico che poi sarà confrontata con quelle create nel
corso e alla fine della lezione per percepire i cambiamenti e apprezzare i
miglioramenti funzionali dell’ immagine di sé.
L’ insegnante può fare una sorta di test, proponendo un movimento di
riferimento iniziale, affinchè lo studente si renda conto di come abitualmente
esegue una determinata azione; il test viene poi ripetuto nel corso e alla fine
della lezione in modo da far notare i cambiamenti che sopravvengono in sé e
se quel piano d’ azione pian piano migliora.
Dopo lo scanning iniziale l’ insegnante fa assumere la posizione di partenza,
curandone i dettagli: la posizione comporta una determinata configurazione
delle ossa e delle articolazioni in un particolare orientamento spaziale.
Successivamente propone dei movimenti in base al tema funzionale scelto
per la lezione ( per esempio: camminare, voltarsi da un lato ecc. ecc. )
All’ inizio vengono proposti movimenti semplici: gli allievi li esplorano
facendo attenzione a come li eseguono, a cosa sentono, a come il movimento
si riflette in altre parti del corpo, individuando ciò che è facile o difficile,
cercando di affinare i movimenti in modo da renderli facili e gradevoli.
Nel corso della lezione l’ insegnante pone continuamente domande che
hanno lo scopo di rendere desta e mobile l’ attenzione dell’ allievo.
Le sue indicazioni e i suoi richiami fanno in modo che gli allievi eliminino
dall’ azione tutto ciò che è superfluo e parassitico e che non serve all’
economia del movimento, e curino i dettagli dei micromovimenti in cui è
scomposta la funzione rendendoli progressivamente più facile da eseguire;
infatti, una delle indicazioni che l’ insegnante dà frequentemente è di fare
inizialmente movimenti molto piccoli, di limitarsi solo alla fase iniziale del
movimento proposto, curandone più la qualità che la quantità in modo tale
da richiamare nel cervello lo schema funzionale del movimento: basta un
movimento microscopico per attivare i neuroni che governano l’esecuzione
dello schema.
“ La funzione motoria proposta per lo studio viene scomposta poi nei suoi
elementi costitutivi: i movimenti vengono proposti prima isolatamente poi in
combinazione tra loro, finchè vengono tutti collegati per realizzare la
funzione globale. Il movimento funzionale integrato
viene costruito a poco a poco per coinvolgimento progressivo: si muove una
parte, poi un’ altra prossimale o distale, poi un’ altra ancora in modo tale da
risvegliane la memoria funzionale e preparare le varie parti al movimento
complesso e globale.
Basterebbe in realtà migliorare la funzionalità anche di una sola parte
coinvolta nello schema funzionale che la funzione complessiva migliorerà
nella sua totalità: la consapevolezza più affinata anche se solo di quella parte
e il cambiamento che vien lì generato, si espanderanno nelle zone cerebrali a
esse funzionalmente collegate e ciò permetterà di sincronizzare tutta l’
azione in maniera funzionale”. [ Ambrosio, 2004 ]
Il movimento proposto viene di solito ripetuto più volte: la ripetizione non
ha lo scopo di esercitarsi come avverrebbe per un esercizio ginnico, bensì
essa ha come scopo la familiarizzazione con l’ azione, di sentire differenze
minuscole, di scoprire a ogni ripetizione maggiori dettagli nell’ esecuzione e
inoltre di dare tempo alla corteccia senso motoria di attivare le cellule
corrispondenti allo schema di movimento implicito nella funzione.
“ Nell’ imparare la consapevolezza attraverso il movimento si procede
lentamente in modo tale da scoprire il proprio ritmo di apprendimento: a
ciascuno è concesso tutto il tempo necessario per assimilare l’ idea del
movimento e assimilare la novità della situazione” [ Feldenkrais, 1991].
Dopo un certo numero di movimenti l’ insegnante chiede di fare una pausa e
di riposare: ciò ha lo scopo di far sentire le differenze, di permettere al SN di
elaborare le nuove informazioni raccolte, di rilasciare la tensione che
potrebbe essersi accumulata nel fare movimento in quanto la tendenza è “
fare troppo”. Gradualmente, nel corso del processo di
apprendimento, l’ insegnante propone sequenze di movimento sempre più
complesse e dinamiche, che han lo scopo di attivare il SN: variando infatti la
loro articolazione con gradi di minore o maggiore complessità è possibile
apprendere nuovi modelli e schemi d’ azione. “
Connettendo le diverse parti del corpo e combinando assieme i
micromovimenti parziali si crea l’ integrazione dell’ azione , sia all’ interno
della funzione motoria sia con le altre funzioni dell’ immagine di sé”. [
Ambrosio, 2004 ] La
lezione si conclude chiedendo agli studenti di alzarsi in piedi, prestando
attenzione alla transizione che conduce alla posizione verticale; l’ insegnante
chiede di osservare come ci si sente in piedi, di notare i cambiamenti nella
postura, nell’ equilibrio, nella propria presenza generale, e infine di
camminare per lo spazio in modo che vi sia un ultima integrazione nella
verticalità: è grazie a quest’ ultima che tutte le novità e i cambiamenti
sperimentati durante la lezione entrano a far parte di noi.
CAPITOLO 3
GLI ESERCIZI DI MOVIMENTO ESSENZIALI
FINALIZZATI AL BENESSERE
Nella nostra cultura occidentale, la palestra è una struttura che offre un
ambiente socializzante e fisicamente stimolante, dotato di un
equipaggiamento standard, cioè di macchine aerobiche o per potenziare che
possono essere a tal punto specifiche e efficienti nella meccanica da
permettere anche il lavoro di gruppi di muscoli isolati. Tra gli utenti
delle palestre, la tendenza di pensare che compiere esercizi senza
raggiungere la soglia della fatica o addirittura del dolore non faccia accadere
niente è in crescita, ed è strettamente legata all’ atteggiamento mentale
sempre più diffuso negli sport agonistici, dove gli atleti devono spingersi
oltre ai loro limiti per raggiungere i miglior risultati possibili.
Questa “cura personale” basata su esercizi compiuti con sforzo non sembra
essere una proposta positiva o benefica nel lungo termine: basti pensare
prima di tutto alle espressioni del volto di questi soggetti mentre gli
eseguono (raramente indicano piacere!) e in secondo luogo all’ aumento di
disturbi articolari e muscolari che ne possono derivare.
Le azioni ed esercizi coordinati e ben acquisiti dovrebbero invece permettere
di distinguere almeno due elementi e riconoscere certe sensazioni:
- “ Assenza di sforzo, quale che sia la quantità d’ energia che viene
spesa.
Basta infatti osservare un esperto di judo o un sollevatore di pesi o chiunque
abbia appreso a effettuare correttamente le azioni mentali o fisiche per
convincersi che la sensazione dello sforzo è l’esperienza soggettiva del
movimento inutile.
- Assenza di resistenza, la quale è dovuta a impulsi conflittuali che
arrivano ai muscoli volontari scheletrici: il corpo viene dunque
impedito ad avere una posizione migliore, a causa degli atteggiamenti
sbagliati che si sono ormai assunti e che sono diventati tanto abituali
da impedire qualsiasi dubbio sulla loro adeguatezza; questa capacità
d’inibire le tendenze viene acquisita dalla persona matura attraverso
un apprendimento laborioso e attento.
La sensazione di resistenza coincide con un difetto nella distribuzione della
contrazione della muscolatura: i muscoli che generano il movimento sono
situati nella zona pelvica, mentre i muscoli delle membra posizionano
semplicemente le ossa in modo tale da rendere possibile la trasmissione della
forza motoria, si limitano cioè a dirigere la trasmissione del movimento, ma
non la originano! Questa sensazione nasce dunque quando le membra, il
torace, le spalle o un’ altra parte del corpo sono costretti a fare il lavoro dei
muscoli pelvici e addominali.” [ Feldenkrais, 1993]
Queste condizioni, fondamentali per un buon funzionamento psicofisico
dell’ apparato locomotore, possono essere capiti attraverso una serie di
principi basati sulla fisiologia e sulla biomeccanica.2
1) Risonanza ( flusso )
La risonanza è un processo derivante dalla fisica e dalla meccanica (
per esempio l’azione del pendolo o della molla ) che nei sistemi
organici sta ad indicare l’allungamento e la contrazione reciproca di
muscoli lungo direzioni vettoriali specifiche che si trasmettono in
modo fluido e sequenziale; essa indica la distribuzione di energia in
modo tale che le componenti di movimento del corpo fluiscano
insieme, senza produrre angoli bruschi o torsioni, senza grandi
irregolarità né turbolenze. I sentieri
Core Integration rappresentano il modo con il quale il SNC e la
struttura corporea, interagendo costantemente con la forza
gravitazionale, dirigono e organizzano la forza prodotta dal
movimento nel modo più efficace ed efficiente, canalizzando l’
energia lungo percorsi miofasciali connessi: movimenti in
contraddizione con la gravità producono stress e tensioni innaturali,
sebbene con l’ abitudine e l’ adattamento si possa arrivare a sentirli
normali ( condizione chiamata nella prospettiva psicofisica “ il non
essere in contatto con la realtà” ); quando siamo in risonanza siamo
2 � Cft. Josef Della Grotte (2009) , Instruction from within traduzione italiana in grande parte utilizzata per l’ elenco delle componenti fisiologiche e biomeccaniche del movimento.
invece in uno stato d’ animo positivo, in genere incompatibile col
dolore, depressione o ansia.
2) Allungamento
L’ allungamento dei muscoli è una condizione necessaria per un
movimento fluido, per il rafforzamento e per migliorare la
performance. Se al contrario l’ apparato
locomotore non è ben organizzato e si muove con sforzo, la
conseguenza sarà l’ accorciamento della muscolatura, delle fasce
connettivali e maggiore frizione nelle articolazioni, generando così
numerosi problemi e sindromi dolorose.
3) Stretching
Si tratta di una metodica di stiramento muscolare ottenuta assumendo
posizioni in cui i capi inserzionali del muscolo si trovano a una
distanza tale da sollecitare in lunghezza la componente visco –
elastica del muscolo stesso. E’ necessario che la tensione muscolare
non superi la soglia del dolore e che l’ allungamento sia lento,
graduale, meglio se preceduto da una contrazione isometrica dello
stesso muscolo e realizzato per 20 – 30 secondi in una situazione di
rilassamento psico – fisico.
4) Rafforzamento
Il rafforzamento avviene ogni volta che ci muoviamo nel campo
gravitazionale e aumentando la resistenza possiamo promuovere una
maggiore crescita delle fibre muscolari.
Esercizi singoli di rafforzamento consistono nell’ esecuzione di
contrazioni isometriche o isotoniche a livello di un distretto muscolare
e sono utili nella riabilitazione o per migliorare specifiche funzioni
correlate a performance sportive o artistiche, mentre un rafforzamento
di tipo integrato, sembra essere non solo più naturale ma anche
correlato ad un corpo più funzionale e strutturalmente integrato e
quindi più efficiente.
5) Rafforzamento profondo
E’ una conseguenza della messa in pratica dei 6 sentieri primari nelle
funzioni quotidiane. Il rafforzamento è sistemico e sinergico: il
sentiero coinvolge sempre il baricentro ( core ) in modo dinamico, i
muscoli del sentiero si rafforzano e allo stesso tempo viene attivato
anche il sostegno posturale. Imparando dunque a relazionare
correttamente con la forza di gravità, non solo sarà più facile stare
eretti, ma anche diventare più forti.
6) Rilassamento
Il rilassamento è una funzione di risonanza unita a immaginazione e
intenzione: esso non è uno stato mentale ma viene attivato dalla
qualità della risonanza del movimento stesso ed è essenziale in tutte le
attività di movimento, dalle funzioni quotidiane all’ allenamento e alla
performance. La chiave è da ricercare nella respirazione, la quale
seguendo lo stesso flusso di moto della struttura corporea, produce
una sensazione piacevole di equilibrio corpo – mente, dovuta all’
effetto fisiologico delle endorfine che vengono prodotte in risposta al
rilassamento.
7) Connettersi col proprio corpo
Significa sintonizzarsi su come ci muoviamo, come impariamo e
miglioriamo; ciò non accade quando le abitudini si radicano in noi e
diventano immagini acquisite di sé ma false, e se non si desidera
cambiarle si peggiora, senza nemmeno capire come e perché.
I principi guida per riconnettersi con sé stessi in modo intenzionale
sono: - considerare ogni movimento ed esercizio
attraverso i sei sentieri come parte integrante di ogni attività, anche
quelle quotidiane; - usare la
consapevolezza per monitorare le connessioni tra i vari segmenti
muscolo – scheletrici che avvengono nello svolgersi degli esercizi;
- fare movimenti inizialmente lenti finchè non è possibile sentire le
connessioni per poi aumentarne la velocità d’esecuzione.
CAPITOLO 4
IL CAMMINARE COME ESERCIZIO ELETTIVO
In anni di affannosa ricerca per il tipo di attività di fitness ideale, solo verso
la metà degli anni 80 si cominciò a prendere in considerazione il camminare,
una soluzione troppo ovvia e semplice per essere presa in esame: chiunque è
in grado di farlo, in ogni fascia d’ età e livello d’ abilità, non richiede
abbigliamento o attrezzature costose, ma semplicemente uscire all’ aria
aperta poiché può essere adattato quasi ad ogni tipo di ambiente.
4.1: Vettori di forza e diffusione mio fasciale nel camminare
Il camminare è un’ attività che coinvolge i 6 sentieri principali mio fasciali
che se effettuato correttamente in posizione eretta, dunque allineandosi col
centro di gravità, crea un esercizio fisico costante e armonico con sé stessi e
con l’ambiente poiché attiva le catene antigravitarie, potenziando e rendendo
flessibile l’ apparato locomotore.
Negli stadi precoci dello sviluppo, camminare è omolaterale, un semplice
atto di bilanciamento, cioè di traslazione di peso da un lato all’ altro.
In poco tempo esso si evolverà in un movimento rotatorio contro laterale
(sequenza di sentieri 3 – 4) o trasverso che è molto più efficiente e che
consente un contro – bilanciamento ma anche un aumento di velocità.
Con la crescita possiamo osservare un secondo stadio, in cosiddetto “colpo
di tallone” , nonché l’ azione che riguarda la gamba che, spinta in avanti ma
non ancora caricata del peso del corpo, tocca terra: non c’è ancora la spinta
della gamba, ma già l’ allungamento determina la rotazione all’ indietro dell’
anca dello stesso lato. Si tratta dunque della combinazione delle vie 2 – 3
che al giorno d’ oggi va sparendo visto che questa funzione viene usata
sempre meno nelle moderne società urbane, causando un inevitabile
accorciamento dei muscoli posteriori della coscia e relativi problemi al
ginocchio.
L’ appoggio del tallone a terra provoca una rotazione preparatoria dell’ anca
e sulla stessa si sposta il peso del corpo, facendola diventare “gamba
propulsiva”. La forza di reazione del terreno deve trovare la sua
strada lungo una serie di collegamenti che partono dai piedi alle caviglie
verso altri distretti del corpo: un’ organizzazione articolare tibio – tarsica
costretta o rigida infatti può inibire il flusso delle linee di forze, le quali
invece devono passare attraverso l’ articolazione del ginocchio per salire
lungo la parte superiore della gamba fino all’ articolazione dell’ anca, un
potente organo di rotazione generatore di forza muscolare.
Se la forza è trasmessa lungo un sentiero dall’ azione coordinata del sistema
trocantere – anca, ecco che i muscoli di quest’ ultima si attivano
immediatamente grazie alle forze vettoriali che attraverso la parte anteriore
delle vertebre sacrali seguono “una pista” lungo il trasverso dell’ addome,
che costituisce il fattore stabilizzante e il bacino può così organizzare i sei
sentieri primari in un unico movimento elicoidale, essenziale per ottenere la
potenza necessaria per il sollevamento (mantenimento della postura eretta) e
la spinta in avanti. I muscoli multifidi, invece, più profondi,
non solo ruotano la colonna vertebrale in modo più efficiente ma aiutano
anche a stabilizzare il corpo e ad attivare i muscoli anti – gravitazionali.
Il vettore di forza però non solo si trasmette vertebra per vertebra ma genera
anche una trasmissione attraverso una via mio fasciale di allungamento dalla
colonna alle costole, sollevando così il lato della parte superiore del corpo e
portando spalla e gomito all’ indietro, lasciando però la testa controllata e
bilanciata sul collo, senza esser né inclinata lateralmente né protesa in avanti
o indietro.
Se tutto è a posto, il movimento si esplica come un flusso risonante, privo di
contraccolpi, frizioni o turbolenze: l’ atto corretto del camminare viene
dunque eseguito con agilità, leggerezza e addirittura eleganza.
Se invece ci sono rigidità articolari, lassità muscolari, traumi ecc. lungo il
sentiero, non solo risulterà compromessa la funzione, ma potrebbero anche
crearsi delle turbolenze , movimenti a scatto e deviazioni strutturali nelle
articolazioni con conseguenti danni (ad esempio quando si verifica un salto
della spinta della trasmissione del vettore forza nella colonna, si va a
determinare una diversa densità delle vertebre, cosa che può generare
osteoporosi) .
La mappa corporea permette allora d’ intervenire terapeuticamente
tracciando i sentieri utili per ripristinare una corretta funzione del
camminare, con l’ obiettivo di riprogrammarli e insegnare al paziente ad
auto correggersi, per mantenere nel tempo l’ efficienza dell’ esercizio fisico
specie – specifico più utile all’ essere umano, rispettandone le variabili
individuali. Solo nel momento
in cui il movimento corretto verrà fatto con consapevolezza esso potrà essere
effettuato spontaneamente nelle attività quotidiane, potenziando non solo l’
organizzazione muscolare ma inducendo anche fiducia nel soggetto.
Riassumendo le basi del camminare efficiente sono:
- Non solo le anche devono muoversi, ma l’ azione deve passare dal
baricentro, con un moto risonante e deve collegarsi direttamente col busto
passando dalla spina dorsale;
- quando la rotazione della spina dorsale è attivata, questo genera energia
cinetica;
- il movimento elicoidale lungo il tronco porta spalle e braccia in un
movimento sincrono;
- i piedi forniscono il moto mentre le gambe si estendono, si flettono e si
piegano secondo una sequenza di contrazione e rilascio.
4.2: I benefici del camminare
- Fornisce una quantità di “movimento risonante” attraverso numerose
articolazioni assiali, attività essenziale per mantenere la flessibilità della
spina dorsale e la postura eretta;
- fornisce il necessario allungamento della muscolatura paravertebrale, il
rafforzamento di tutta la struttura dell’ apparato locomotore, resistenza e
rilassamento;
- consente di sviluppare notevolmente la fiducia;
- alcuni studi3 mostrano gli effetti benefici del camminare se effettuato
almeno 2 volte la settimana per 40 minuti o 3 volte per almeno 20 minuti:
1) costituzione fisica. Una persona di media costituzione può perdere
peso senza cambiare la propria dieta in merito ai grassi bruciati con
questa attività; 2) apparato cardiovascolare.
Camminare a qualsiasi livello d’ impegno e di velocità, rafforza cuore e
polmoni, dunque non solo è possibile accrescere la propria resistenza agli
allenamenti più prolungati e impegnativi, ma si ha anche una riduzione
del rischio d’ infarto e una regolazione della pressione sanguigna; 3)
resistenza muscolare. Aumenta moderatamente, permettendo di allenarsi
per tempi più lunghi;
4) forza muscolare. Aumenta, principalmente nelle fasce posteriori della
gamba, dai polpacci ai glutei, impegnando anche muscoli della schiena e
delle spalle grazie all’ oscillazione delle braccia;
5) altri benefici: favorisce il rafforzamento osseo, riducendo dunque
l’artrite o ancora aumenta le difese immunitarie diminuendo l’
esposizione alle malattie da raffreddamento.
3 � Cfr. studio condotto presso la University of Massachusetts Medical School del dottor James Rippe o ancora studio condotto presso la Appalachian State University in North Carolina dal dottor David Nieman.
“Camminare migliora l’ efficienza di cuore e polmoni, brucia grassi e
calorie, costruisce muscoli e rafforza le ossa. Diversamente dalla corsa, dalla
danza o simili attività, camminare rafforza più muscoli ed ha un effetto
meno aggressivo sulle articolazioni degli arti inferiori e sulla schiena. Non
esistono danni provocati dal camminare, l’ esercizio che ha il più basso tasso
di abbandono rispetto ad ogni altro esercizio”. [ Yanker e Burton, 1990 ]
CAPITOLO 5
IL PARADIGMA DELL’ INTEGRAZIONE PSICOFISICA
L’ essenzialità dell’ uomo è costituita da due entità che si compenetrano, la
psiche e il soma ed è lo stesso individuo, frutto della loro particolare e non
riproponibile interazione che tende a mantenere le “costellazioni
psicofisiche” che l’ hanno reso unico.
“Pur essendo corpo e mente due aspetti della stessa entità, non esiste mente
senza ambiente: sono dunque questi i 3 elementi che devono essere presi in
considerazione affinché qualsiasi metodo possa essere efficace” [
Feldenkrais, 1993 ]. Vi
sono infatti fattori perturbanti nell’ ambiente esterno o interno che
determinano disturbi funzionali, caratterizzati inizialmente da alterazioni che
col tempo tendono a trasformarsi in danni di tipo anatomo – strutturale non
sempre reversibili che possono andare a coinvolgere anche la sfera psico –
emotiva del soggetto.
E’ però possibile utilizzare i sentieri primari del movimento come strumento
per connettere corpo e mente.
5.1: Neuroscienze e movimenti somatici
Sin dal passato, il legame tra corpo e psiche ha nutrito l’ interesse di
numerosi bio – scienziati e neurologi: secondo il pensiero di Sherrington ma
anche di contemporanei come Candace Pert, Antonio Damasco e Alan
Berthoz le connessioni neuromuscolari sono tali per cui ogni emozione
viaggia lungo sentieri che sono in grado di esprimerli; in altre parole le
emozioni, i sentimenti non sono astratti e staccati dal corpo, bensì sono
espressioni di quest’ ultimo, sono gesti, posture, comportamenti e modelli d’
azione. Alla base di ogni
modello comportamentale, emozionale, concettuale o fisico c’è dunque un’
espressione a livello del sistema muscolo – scheletrico – fasciale, cosa che
viene identificata col nome di “sentiero comune finale”.
I sentieri sono i principali strumenti di movimento strutturale e funzionale
che il corpo ha per esprimere bisogni, desideri, intenzioni, credenze, pertanto
mentre il SN lavora, muscoli, articolazioni, ossa e tessuto connettivo
cooperano con esso facendo crescere la percezione delle emozioni.
Basti pensare cosa si verifica quando il flusso emozionale determina
scompensi, il corpo cerca di reagire in modo da ripristinare l’ equilibrio; se
non riesce a trovare un modo il sistema si muoverà disordinatamente nel
campo gravitazionale, senza trovare il sentiero che lo conduce all’ equilibrio,
condizione che a lungo andare può danneggiare il sistema corporeo
bersagliando ossa, articolazioni, muscoli, tessuti o addirittura organi e
apparati. Il motivo per
cui spesso l’ equilibrio non viene trovato facilmente può essere dovuto a due
importanti fattori:
- Fattori strutturali: impatti, traumi o eventi che impediscono al sistema di
tornare in equilibrio;
- l’ adattamento del sistema agli stress della vita, portandolo “fuori pista”
rispetto al sentiero che deve seguire.
5.2: Una strategia efficace: la riprogrammazione somatica
Sono numerosi i soggetti afflitti da patologie dolorose con eziologia ignota
che non possono affidarsi a trattamenti applicabili o, se esistono, che
procurano solamente un temporaneo sollievo; sono questi infatti quei
pazienti che, finita la terapia, tornano alle attività quotidiane e sentono
ricomparire il dolore, cosa che determina in loro ansia, preoccupazione e
ancora peggio il pensiero che ci possa essere qualcosa di strutturalmente
sbagliato nella stessa persona che nessuno ha ancora scoperto.
Dal punto di vista psicologico, un’ auto immagine in conflitto può dar libero
corso a una confusione che viene somatizzata in posture tipiche e lo stesso
sistema nervoso contribuisce a consolidarla a livello più profondo,
determinando così una compensazione gratificante, un sollievo temporaneo
che non fa altro che radicare il comportamento deviato: il sistema comincia a
identificarsi con l’ adattamento, perdendo il contatto con la sua vera natura al
punto tale che il desiderio di cambiamento può venire ostacolato.
Ciò spiega il motivo per cui tutti quei trattamenti che si basano sul forzare
un cambiamento raramente hanno successo.
E’ meglio dunque guidare gradualmente la persona attraverso un’ esperienza
che permetta l’ assimilazione di nuovi modelli, e che sia intenzionata ad
acquisirli: “non si richiede al soggetto di rinunciare ai vecchi schemi, cosa
che sarebbe impossibile , per lo meno finché non se ne sono elaborati
altri”.[Feldenkrais, 1993]
La strategia che permette di effettuare questo cambiamento viene chiamata
“riprogrammazione somatica” , attraverso la quale all’ individuo viene
presentata una vasta libertà di scelta nella mobilizzazione corporea, mentre
sparisce l’ aspetto coatto insito in un’ unica alternativa: un individuo in
possesso del metodo corretto per eseguire un’ azione rinuncia ben volentieri
a quella che non permette di raggiungere uno scopo e questa nuova capacità
di agire s’ imporrà automaticamente, sostituendo quella vecchia.
La correzione dei movimenti è infatti il miglior mezzo per migliorarsi, in
virtù di numerosi qualità che giocano in suo favore4:
1) Il sistema nervoso è occupato soprattutto dal movimento.
L’ attiva implicazione di tutto il sistema nervoso durante la veglia è
utile per intraprendere un auto – miglioramento, ed è proprio il
movimento a occupare il SN più di ogni altra cosa perché non si può
percepire, sentire o pensare senza una elaborata serie multilaterale di
azioni che il cervello ha istituito per difendere il corpo dalla forza di
gravità; basti pensare come sia necessario usare i sensi, il sentimento e
la forza del pensiero per conoscere posizione del corpo o per
cambiarla rispetto agli altri. Un
miglioramento dell’ azione del corpo riflette quindi un cambiamento
nel controllo centrale, che è l’ unica autorità.
2) E’ più facile distinguere la qualità del movimento.
E’ più semplice riconoscere l’ organizzazione del corpo contro la forza
di gravità che riconoscere le qualità di altri fattori astratti, come ad
esempio la rabbia, l’ ansia, la paura o perfino sul pensiero.
3) La capacità di muoversi è importante per la stima di sé.
La struttura corporea di una persona e la sua abilità a muoversi sono
fondamentali per l’ immagine che quest’ ultima crea attorno a sé e agli
4 � Cft. Moshe Feldenkrais ( 1996) “Conoscersi attraverso il movimento” per l’elenco degli elementi che sostengono la teoria del migliorare sé stessi attraverso il movimento
altri. Ciò accade sin dall’ infanzia: quando
infatti un bambino scopre in sé un’ imperfezione nell’ aspetto che lo
rende diverso dagli altri, egli comincerà a compiere sforzi notevoli per
camuffarlo, alterando così non solo i suoi movimenti ma anche il
comportamento, cosa che andrà a interferire col suo sviluppo naturale.
Attraverso la riprogrammazione somatica è possibile dunque non solo
ripristinare il funzionamento corretto del sistema corporeo, ma anche il
sistema mentale ed emozionale si sincronizzeranno al movimento fisico:
muscoli rilassati, respirazione più piena, positività e fiducia nel soggetto.
CONCLUSIONE
Il movimento è uno strumento fondamentale per la conoscenza di sé
stessi: esso non deve essere necessariamente intenso o doloroso,
come può sembrare essere il messaggio trasmesso da numerose pratiche
sportive diffuse al giorno d’ oggi, ma bensì deve essere efficace,
economico e deve permettere al soggetto non di annullarsi, ma bensì di
realizzarsi. Ciò è possibile
ritrovando quelle forme di movimento, le quali sono già all’ interno di noi
ma che sono state perse: bisogna dunque “ritrovare il sentiero” in modo
tale da permettere l’esecuzione di azioni più facilmente grazie a un’ equa
distribuzione del tono muscolare, così che il paziente non solo le
riconosca come proprie, ma possa anche applicarle nell’ attività
quotidiana. Core Integration ha
creato un sistema ispirato da memorie ancestrali, basato su principi
biomeccanici che offre una cura integrata di sé, che permette non solo di
migliorare il funzionamento giornaliero del corpo ma anche della mente:
è proprio partendo dal movimento corretto che è possibile conoscersi e
cambiare in meglio sé stessi.
BIBLIOGRAFIA
1. ASSOCIAZIONE ITALIANA CORE INTEGRATION, Manuale del
metodo Core Integration tratto da “Instruction from within” di Josef
della Grotte, traduzione italiana di Monica Landi. 2008.
2. AMBROSIO F., Il metodo Feldenkrais, Xenia Edizioni. 2004.
3. GROSSI F. , Come sopravvivere di fronte a un monitor – strategie di
movimento nella vita quotidiana per chi lavora al computer, Felici
Editore. 2003.
4. CANCEDDA M. , Rieducazione vertebrale – metodo Feldenkrais, Il
ginnasio edizioni. 2002.
5. DALLA VALLE M. R. , Conoscersi attraverso il movimento – il
metodo Feldenkrais, Mensile di scienza dell’ uomo Edizioni Riza.
1993.
6. CECILIANI A. , MANFERRARI M. R. , RICCI G. , Scienze e motricità
a cura di Tosi R.
7. MARCHETTI M. , PILLASTRINI P. , Neurofisiologia del movimento:
anatomia biomeccanica, cinesiologia, clinica
8. LANDI M. , Il metodo Feldenkrais da Riabilitazione reumatologica –
approccio multidisciplinare a cura di Bongi S. M. 2007.
9. CANEVARO A. , PEDRINI G. , ZATTONI F., Il corpo come misura
del gioco e dell’ apprendimento- Come fare, Cappelli editori.
10. FELDENKRAIS M. , Conoscersi attraverso il movimento, Ceculuc
libri SRL. 1996.
11. FELDENKRAIS M. , Il corpo e il comportamento maturo- sul sesso, l’
ansia e la forza di gravità, Casa editrice Astrolabio
12. FELDENKRAIS M. , Il metodo Feldenkrais – Conoscere sé stessi
attraverso il movimento, Re edizioni. 1993.
13. FELDENKRAIS M. , Le basi del metodo per la consapevolezza dei
processi psicomotori, Casa Editrice Astrolabio. 1991.
14. ERNILE E. , INVERNICI A. , Gli aspetti del movimento in educazione
fisica, volume II della “Teoria delle attività motorie educative”,
Società stampa sportiva Roma
15. VIRGILI F. , RIVA M., Come apprendiamo, Società stampa sportiva
Roma
16. IKNOIAN T., In forma camminando- I libri del fitness, Gruppo
futura. 1997.
17. HIRTZ P., HOTZ A. , LUDWIG G. con la collaborazione di Bremer A.
e Mascharka M. , Competenza motoria – Sensazione percettivo
motoria CLUEB editori.
18. GORI M. , TANGA M. , L’ apprendimento motorio tra mente e
cervello – Le basi neurofisiologiche dell’ azione.
19. ALON R. , Guida pratica al metodo Feldenkrais – L’ altra medicina /
106, Red edizioni. 1992.
20. ALON R. , Vincere il mal di schiena con il metodo Feldenkrais, Red
edizioni. 1993.
21. BERTHOZ A. , Il senso del movimento, Mc Graw – Hill compagnie.
1998.
22. TOBIAS P. V. , Il bipede barcollante - Corpo, cervello,evoluzione
umana, Einaudi editori. 1992
23. SHARFAMAN S. , Conoscersi è guarire – Le sei lezioni pratiche del
metodo Feldenkrais, Astrolabio editori. 1997.
24. BERTHERAT T. , Guarire con l’ antiginnastica, Mondadori Editori.
1978.
25. CANCEDDA M. , L’ approccio psicomotorio in educazione posturale
– La ginnastica medica. 1996.
26. KENDEL E. R. , SCHWATZ J.H. , JESSEL T. M. , Fondamenti delle
neuroscienze e del comportamento, Casa Editrice ambrosiana. 1999.
27. LOWEN A. , Il linguaggio del corpo, Feltrinelli Editori. 1978.
28. SHILDER P., Immagine di sé e schema corporeo, Franco Angeli.
29. WURM F. , Un corpo per la mente – in teoria e prassi del Metodo
Feldenkrais, AIIMF. 2001.
30. ZEMACH – BERSIN D. & K. , REESE M. , Rilassarsi col metodo
Feldenkrais, Red Edizioni. 1990.