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Indice - Istituto Nazionale di Fisica Nucleare Possiamo realizzare una simulazione numerica con il...

Date post: 08-Aug-2020
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Indice Introduzione 2 1 LHCf 3 1.1 Obiettivi scientifici ............................... 3 1.2 Collocazione dei rivelatori ........................... 5 1.3 Caratteristiche, dimensioni e prestazioni dei rivelatori ............ 6 2 Generazione eventi Monte Carlo 7 2.1 La simulazione numerica ed il metodo Monte Carlo ............. 7 2.2 Pythia ...................................... 8 2.2.1 Aspetti fisici generali .......................... 8 2.2.2 La produzione degli eventi ....................... 8 2.2.3 Inizializzazione del generatore di eventi e definizione degli scenari di simulazione .............................. 9 2.2.4 Event Record .............................. 9 2.2.5 Output della generazione di eventi .................. 11 2.3 Luminosit`a integrata e numero di eventi ................... 11 3 Risultati della simulazione e analisi dati 12 3.1 Scopo della simulazione ............................. 12 3.2 Le particelle neutre instabili ed il loro decadimento ............. 14 3.3 Punto di impatto su LHCf ........................... 14 3.4 Dispersione gaussiana .............................. 15 3.5 Angolo di separazione dei due fotoni nel decadimento π 0 γγ ed energia di soglia ..................................... 15 3.6 Gli spettri di masse invarianti ......................... 16 3.7 Risultati dell’analisi ............................... 18 3.7.1 Particelle singole ............................ 18 3.7.2 Coppie di particelle ........................... 20 3.7.3 Tripletti di particelle .......................... 23 Conclusioni 27 Bibliografia 29 1
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Indice

Introduzione 2

1 LHCf 3

1.1 Obiettivi scientifici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31.2 Collocazione dei rivelatori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51.3 Caratteristiche, dimensioni e prestazioni dei rivelatori . . . . . . . . . . . . 6

2 Generazione eventi Monte Carlo 7

2.1 La simulazione numerica ed il metodo Monte Carlo . . . . . . . . . . . . . 72.2 Pythia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8

2.2.1 Aspetti fisici generali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 82.2.2 La produzione degli eventi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 82.2.3 Inizializzazione del generatore di eventi e definizione degli scenari

di simulazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92.2.4 Event Record . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92.2.5 Output della generazione di eventi . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

2.3 Luminosita integrata e numero di eventi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

3 Risultati della simulazione e analisi dati 12

3.1 Scopo della simulazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 123.2 Le particelle neutre instabili ed il loro decadimento . . . . . . . . . . . . . 143.3 Punto di impatto su LHCf . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 143.4 Dispersione gaussiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 153.5 Angolo di separazione dei due fotoni nel decadimento π0 → γγ ed energia

di soglia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 153.6 Gli spettri di masse invarianti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 163.7 Risultati dell’analisi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18

3.7.1 Particelle singole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 183.7.2 Coppie di particelle . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 203.7.3 Tripletti di particelle . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23

Conclusioni 27

Bibliografia 29

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Introduzione

Il Large Hadron Collider, costruito presso il CERN di Ginevra, e il piu grande acceleratoredi particelle del mondo e rappresenta oggi la tecnologia piu sofisticata e all’avanguardiaal servizio della fisica delle particelle (e non solo). Nel 2009 in LHC, dopo oltre 15anni di progettazione e costruzione, sono finalmente iniziate le prime collisioni di provatra protoni. Il 2010 e stato l’anno in cui e partita la fase vera e propria di presa dati.Quando raggiungera la piena energia, LHC permettera di effettuare collisioni tra protonicon 14 TeV nel sistema del centro di massa, un’energia nettamente superiore a quelladegli esperimenti condotti fino ad oggi. Sara quindi possibile esplorare nuove frontieredella fisica ancora non conosciute.

In LHC sono collocati diversi esperimenti, alcuni costituiti da rivelatori molto grandi(come Atlas e CMS), altri piu piccoli; tra essi il piu piccolo e LHCf.

LHCf (Large Hadron Collider forward, vedi figura 1.1) e un esperimento realizzatoper lo studio della fisica delle astroparticelle, che ha lo scopo di effettuare misure sulleparticelle neutre emesse in avanti a seguito delle collisioni protone-protone.

Lo scopo di questa tesi e di capire quali particelle neutre possono essere identificate daLHCf. Per far questo abbiamo realizzato una simulazione numerica (piu precisamente unaFast Simulation) delle collisioni protone-protone e della possibile risposta dei rivelatori diLHCf.

In questa tesi, dopo aver descritto le caratteristiche generali dell’apparato sperimenta-le, presentiamo un’introduzione sui metodi Monte Carlo che hanno permesso di realizzarela simulazione ed in particolare ci concentriamo su Pythia, il programma di generazionedegli eventi utilizzato. Concludiamo con i risultati della simulazione e con un’analisi deidati che nella realta potrebbero essere ottenuti da LHCf, per capire cosa ci possiamoaspettare dall’esperimento e quali particelle riusciremo a rivelare.

L’intero lavoro e stato realizzato nell’ambito della sezione di Firenze dell’INFN, il cuipersonale si e occupato in prima persona della realizzazione di LHCf.

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Capitolo 1

LHCf

1.1 Obiettivi scientifici

Lo scopo di LHCf e di effettuare misure sulle particelle neutre (mesoni e barioni) emessein avanti a seguito delle collisioni protone-protone. L’obiettivo finale dell’esperimento edi fornire dati utili per lo studio dei raggi cosmici ad alta energia.

I raggi cosmici sono particelle subatomiche che provengono dallo spazio. La loroorigine e molto varia (puo’ essere sia galattica che, forse, extragalattica) e la loro energiae distribuita su un’intervallo molto ampio. I raggi cosmici primari (ovvero quelli chesi trovano oltre l’atmosfera) sono costituiti da protoni (95%), nuclei di elio, elettroni ein minima parte da antimateria (antiprotoni e positroni). Quando questi raggiungono ilnostro pianeta interagiscono con l’atmosfera terrestre generando delle cascate di particellesecondarie (raggi cosmici secondari). A causa del ridottissimo flusso di raggi cosmici dialta energia, l’unica possibilita che esiste per studiare le loro caratteristiche e quella dirivelare a terra, con esperimenti molto grandi, gli sciami prodotti dalle interazioni deiraggi cosmici primari con l’atmosfera. Per risalire dalle particelle misurate con questirivelatori alle caratteristiche dei raggi cosmici primari che hanno generato gli sciami, enecessario utilizzare dei modelli che devono essere calibrati con i risultati delle osservazionisperimentali.

LHC potra dare un grande contributo a questa ricerca. Quando l’acceleratore raggiun-gera la sua piena attivita sara possibile realizzare collisioni protone-protone con un’energiadi 14 TeV nel sistema del centro di massa, processo equivalente a quello in cui un protonein moto di energia 1017 eV urta un protone fermo; e chiaro quindi che le misure delleparticelle prodotte a LHC nelle regioni in avanti permetteranno di migliorare in manierasostanziale le conoscienze dei meccanismi di interazione dei raggi cosmici di alta energia(E > 1017 eV ) con l’atmosfera. Osserviamo che questa energia e tre ordini di grandezzasuperiore a quella ottenibile in Tevatron, che e stato l’acceleratore di piu alta energiaprima dell’avvento di LHC. LHCf e stato disegnato proprio per effettuare questo tipo dimisure.

Attualmente abbiamo a disposizione i dati relativi alle collisioni protone-protone a 7TeV nel centro di massa.

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CAPITOLO 1. LHCF 4

Figura 1.1: I due rivelatori di LHCf, ARM1 e ARM2.

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CAPITOLO 1. LHCF 5

1.2 Collocazione dei rivelatori

LHCf comprende due calorimetri indipendenti (ARM1 e ARM2, vedi figura 1.1) collocatia ± 140 m dal punto di interazione 1 (IP 1, situato in corrispondenza di ATLAS), neipressi della regione del TAN (Target Neutral Absorber). In questa zona il singolo tubo avuoto che alloggia i due fasci di protoni si separa in due: i due fasci di particelle carichevengono separatamente immessi nei due tubi dal dipolo D1 (vedi figura 1.2). Le particelleneutre non vengono deviate dal dipolo e proseguono in linea retta il loro percorso. Dietroqueste biforcazioni sono collocati i rivelatori di LHCf. L’intero apparato sperimentale econtenuto in due scatole di alluminio (una per ogni lato di IP1) di dimensioni 92 mm ×620 mm×280 mm che possono essere mosse lungo la direzione verticale, fino a un massimodi 120 mm [1] con un sistema di manipolazione remoto.

Le misure sono limitate dalla distanza tra i due tubi a vuoto e dall’apertura verticaledel tubo singolo nella regione del dipolo D1. Possiamo introdurre la pseudo-rapidita η diuna particella il cui impulso forma un angolo θ con il fascio iniziale di protoni :

η = −ln

[

tan

(

θ

2

)]

.

Quando la velocita della particella tende a quella della luce la pseudo-rapidita tendealla rapidita y :

y =1

2ln

(

E + p‖E − p‖

)

dove E e l’energia e p‖ la componente dell’impulso lungo l’asse del fascio. La rapiditae la variabile cinematica che viene normalmente utilizzata per descrivere le interazioniadroniche. LHCf permette di rivelare particelle che hanno η compreso tra 8.4 e infinito[1].

Figura 1.2: Particolare di LHC in corrispondenza di IP1. Sono segnalati i dipoli e i TAN.

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CAPITOLO 1. LHCF 6

1.3 Caratteristiche, dimensioni e prestazioni dei ri-

velatori

La geometria dei rivelatori di LHCf consiste in due torri separate per ciascun calorimetro(vedi figura 1.3), per permettere una precisa ricostruzione dei π0 tramite la ricostruzionedei due fotoni di decadimento in ognuna delle torri (cfr. sezione 3.5); le sezioni trasversalidelle torri sono di 20 mm × 20 mm e 40 mm × 40 mm per ARM1 e di 25 mm × 25 mme 32 mm × 32 mm per ARM2. Le torri sono formate da 16 strati di tungsteno alternatida scintillatori plastici di 3 mm di spessore. Uno dei due calorimetri (ARM1) utilizza,per la misura del punto di impatto sul calorimetro, delle fibre scintillanti (SciFi), l’altro(ARM2) utilizza invece dei rivelatori a microstrisce di silicio [2].

Figura 1.3: Le torri del rivelatore ARM2.

I calorimetri riescono a rivelare con buona precisione particelle di energie compresetra 100 GeV e qualche TeV, con un risoluzione sull’energia misurata migliore del 5% per ifotoni e di circa il 30% per i neutroni. La risoluzione sulla posizione del punto di impattodelle particelle sul calorimetro e migliore di 200 µm per ARM1 e di circa 40 µm perARM2.

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Capitolo 2

Generazione eventi Monte Carlo

2.1 La simulazione numerica ed il metodo Monte Car-

lo

Nella collisione protone-protone intervengono diversi processi fisici che portano a produrremolte tipologie di particelle nello stato finale. Le modalita di produzione degli stati finalisono varie e ciascuna di queste puo’ avvenire con una certa probabilita.

Possiamo realizzare una simulazione numerica con il metodo Monte Carlo: il calco-latore determina in maniera casuale le varie fasi dei processi fisici possibili, conoscendole distribuzioni di probabilita ad esse associate, permettendo di ottenere un campione dieventi simulati rappresentativo di quello che succede nella realta, e che puo’ essere analiz-zato per determinare, per esempio, quali canali fisici possono essere direttamente misuratidall’esperimento.

Le tecniche Monte Carlo fanno necessariamente uso di numeri casuali. Non e banaleper un calcolatore riuscire a generare dei numeri casuali; dato che i computer possonosvolgere calcoli solamente in maniera deterministica, esistono degli algoritmi, anche estre-mamente complessi, che permettono di ottenere sequenze di numeri il cui comportamentosia il piu vicino possibile a quello di numeri casuali. Non sorprende quindi che in unasimulazione numerica il calcolatore occupi gran parte del tempo nella loro generazione.

La simulazione che viene effettuata puo’ essere definita una Fast Simulation: solamentela generazione degli eventi e completamente simulata. Abbiamo trascurato quindi glieffetti del trasporto dal punto di interazione al rivelatore (ad esempio le interazioni conil tubo a vuoto) e gli effetti di interazione delle particelle con il calorimetro. Per tenerealmeno parzialmente in conto le caratteristiche dei rivelatori, abbiamo modellizzato larisposta con una semplice dispersione gaussiana (come descritto nella sezione 3.4).

Il vantaggio di una Fast Simulation e di essere molto veloce, soprattutto considerandol’elevato numero di eventi con cui abbiamo a che fare. Puo essere utilizzata come primopasso per lo studio dell’ottimizzazione del rivelatore, ma anche per capire, in fase diprogettazione, quali risultati fisici possiamo aspettarci dall’esperimento. Fornisce inoltredelle importanti indicazioni sulle strategie di analisi dei dati reali.

Esistono diversi software che utilizzano codici Monte Carlo per la simulazione delleinterazioni adroniche (ad es. Pythia, Sybill, QGSJET, DPMJET3, Epos) e del rivelatore(ad es. Fluka, Geant4, Epics) per un esperimento di fisica subnucleare. Quello cheabbiamo utilizzato per la nostra Fast Simulation e Pythia.

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CAPITOLO 2. GENERAZIONE EVENTI MONTE CARLO 8

2.2 Pythia

2.2.1 Aspetti fisici generali

Pythia e un programma di generazione eventi basato su algoritmi Monte Carlo. Laversione da noi utilizzata e PYTHIA 6.4 ed e’ scritta in codice FORTRAN [3].

Come generatore di interazioni adroniche di alta energia, Pythia contiene la simula-zione di diversi aspetti fisici. Seguendo l’evoluzione degli eventi in ordine cronologico,possiamo brevemente riassumerli:

1. Inizialmente due fasci di particelle di una certa energia si scontrano. Nel nostrocaso abbiamo studiato le interazioni protone-protone nelle quali ciascuna particellae caratterizzata da distribuzioni di partoni (quark e gluoni).

2. Due partoni (uno per ciascuno dei due protoni che si scontrano) interagiscono inprocessi duri generando nuovi partoni. E possibile che in questa fase si produ-cano particelle di vita media breve (ad esempio bosoni di gauge) che decadonoimmediatamente nei vari canali possibili.

3. Oltre ai processi duri principali tra due partoni possono avvenire anche interazionisemidure secondarie tra gli altri partoni spettatori. Anche in questa fase si possonogenerare nuove particelle.

4. Molti degli adroni prodotti dalla frammentazione dei protoni sono instabili e deca-dranno con le loro vite medie caratteristiche. Nello stato finale ci troviamo quindiad avere particelle a vita media lunga, che possono essere direttamente osservate neirivelatori. Nel nostro caso, a causa della presenza del dipolo D1, siamo interessatisolo allo studio delle particelle neutre prodotte, essenzialmente fotoni e neutroni.

Pythia determina quindi le varie fasi del processo che porteranno alla formazione diun certo numero di particelle nello stato finale. Il programma si basa principalmente sullateoria del Modello Standard, ma permette anche di trattare i fenomeni aspettati sullabase di altre teorie della fisica fondamentale (ad esempio le Supersimmetrie).

2.2.2 La produzione degli eventi

Un programma FORTRAN che viene sviluppato utilizzando le librerie di Pythia si dividesolitamente in tre fasi:

1. Inizializzazione.

• Si dichiarano le variabili, le funzioni e i common block utilizzati.

• Si selezionano i processi fisici richiesti.

• Si impostano i parametri della simulazione, assegnando gli effettivi valori nume-rici ai parametri che possono essere controllati direttamente dall’utente (peresempio per inibire alcuni decadimenti, o per considerare diversi modelli didistribuzioni di partoni).

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CAPITOLO 2. GENERAZIONE EVENTI MONTE CARLO 9

• Si inizializza il generatore degli eventi. E necessario specificare il sistema diriferimento (ad es. centro di massa o bersaglio fisso), la composizione dei duefasci (o del fascio e del bersaglio), l’energia relativa al sistema di riferimento.Si definiscono gli istogrammi che vengono riempiti per gli eventi generati e ifiles nei quali salvare le informazioni degli eventi.

2. Loop di generazione.

• Si realizza un ciclo di generazione eventi.

• Si effettuano le analisi delle proprieta di interesse (per esempio si cercano ifotoni nello stato finale).

• Si salvano gli eventi e le informazioni di cui abbiamo bisogno.

3. Fase finale.

• Si stampano le tabelle e gli istogrammi realizzati.

• Si salva lo stato del generatore di numeri casuali che puo essere caricato ad ogninuovo utilizzo del programma (altrimenti il programma partirebbe sempre dallostato di default e la simulazione avrebbe ogni volta lo stesso risultato).

2.2.3 Inizializzazione del generatore di eventi e definizione degli

scenari di simulazione

Abbiamo inizializzato il generatore di eventi di Pythia per la collisione protone-protonecon un’energia di 7 TeV nel sistema del centro di massa. Questa configurazione serve ariprodurre le condizioni che attualmente sono presenti in LHC.

Per quanto riguarda i parametri iniziali abbiamo considerato tre set diversi, svolgendouna simulazione per ciascuno di questi. In questo modo abbiamo potuto fare dei confrontisui vari scenari utilizzati.

Il primo set e stato ottimizzato nel 2010 da ATLAS [4], per descrivere gli eventi diminimum bias, ovvero la produzione di particelle a basso impulso trasverso che si generanodalle interazioni “soft” tra i partoni in assenza di interazioni dure che produrrebberoparticelle di alto impulso trasverso.

Il secondo set e’ stato ottimizzato nel 2010 da CMS [5] per studiare gli underlyingevent, ovvero gli insiemi di particelle prodotte a piccolo angolo dalle interazioni “soft” trai partoni spettatori in sovrapposizione con un’interazione dura tra i due partoni primari,responsabili della produzione di particelle ad alto impulso trasverso (vedi figura 2.1).

Il terzo set rappresenta uno scenario complesso ottimizzato per lo studio di modelli daapplicare ai raggi cosmici, descritto nell’articolo di Dova [6].

Per ciascuno di questi scenari abbiamo generato 2 × 108 eventi.

2.2.4 Event Record

L’Event Record e la zona di memoria su cui Pyhtia salva le informazioni di un evento. Perpotervi accedere Pythia mette a disposizione tre matrici K, P e V di dimensioni 4000 ×5, dove 4000 e il numero massimo di particelle per ogni evento e 5 il numero dei parametriche deve essere memorizzato per ogni particella. Ad ogni particella e associato un numeroda 1 a N, dove N e’ il numero totale di particelle generate in ogni evento.

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CAPITOLO 2. GENERAZIONE EVENTI MONTE CARLO 10

Figura 2.1: Rappresentazione schematica della collisione protone-protone. E messo inevidenza l’underlying event sovrapposto all’interazione dura tra due partoni dello statoiniziale [8].

Le informazioni contenute in K,P e V sono le seguenti:

• K:

– lo stato della particella (in particolare se e presente nello stato iniziale o se edecaduta).

– il codice KF della particella. Questo codice convenzionale individua il tipo diparticella. E possibile che la convenzione non sia compatibile con quella dialtri programmi a cui si vogliono passare le informazioni di Pythia (ad esempiocon Fluka). In tal caso e necessario includere un algoritmo di conversione deicodici di identificazione.

– il numero associato alla particella dalla quale la particella in questione si eformata (chiamata mamma).

– il numero associato alla prima figlia (se la particella non e decaduta e 0).

– il numero associato all’ultima figlia.

• P:

– px, py, pz, i valori degli impulsi delle particelle nelle direzioni x, y e z in GeV/c.

– E, l’energia della particella in GeV.

– m, la massa in GeV/c2.

• V:

– il vertice di produzione (x, y, z) in mm.

– il tempo di produzione in mm/c.

– la durata della vita della particella in mm/c, se questa e decaduta (altrimentie 0).

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CAPITOLO 2. GENERAZIONE EVENTI MONTE CARLO 11

2.2.5 Output della generazione di eventi

Abbiamo salvato le informazioni sugli eventi su tre diversi files, ciascuno dei quali ha unsuo particolare formato:

• Un file di testo in cui sono presenti i valori delle matrici K,P,V precedentementedescritte (Event Record). Questi dati sono relativi a tutte le particelle (anche quelledecadute). In questo modo non perdiamo alcuna informazione fornita da Pythia, epossiamo ricostruire tutta la storia delle particelle che giungono al rivelatore.

• Un file “gencol”: in questo formato, utilizzato da LHCf, consideriamo solo le parti-celle realmente presenti nello stato finale e memorizziamo il codice della particella(secondo la convenzione di Fluka), l’energia cinetica e i suoi coseni direttori. Questofile serve per l’analisi di LHCf, permettendoci di accedere in modo semplice alleinformazioni essenziali sulle particelle presenti nello stato finale.

• Un file che viene poi letto dal programma PAW [7], su cui realizziamo l’analisi dativera e propria (capitolo 3.1). Esso contiene i dati relativi al tipo di particella, allamadre, ai valori dell’energia totale, dei coseni direttori e della pseudo-rapidita. PAWriconosce solo numeri reali mentre Pythia fornisce i dati della generazione in doppiaprecisione. Per evitare di perdere precisione nel passaggio di dati dal programma disimulazione a PAW abbiamo scritto in due variabili reali diverse le cifre significativedei coseni direttori.

2.3 Luminosita integrata e numero di eventi

La luminosita L di un acceleratore di particelle e definita da

L =R

σTOT

dove R e il numero di collisioni prodotte per unita di tempo (Rate di collisione) e σTOT

e la sezione d’urto totale del processo. Nella collisione protone-protone a 7 TeV di energianel centro di massa σTOT ≃ 100mb [9]. La luminosita di LHC nel suo primo periodo diattivita (quello a cui stiamo riferendo la simulazione) e L = 1029cm−2s−1.

Supponendo che la luminosita non vari in maniera sostanziale nel tempo, il numerototale di collisioni in un intervallo di tempo ∆t e

NTOT = σTOT

Ldt ≃ σTOT L∆t.

Nel nostro caso NTOT = 2 × 108 per ognuno dei tre scenari considerati. L’intervallo ditempo corrispondente alla simulazione e

∆t =NTOT

σL≃ 2 × 104 s.

Quindi la nostra simulazione rappresenta i risultati di quasi 6 ore di attivita di LHC allaluminosita di 1029 cm−2s−1.

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Capitolo 3

Risultati della simulazione e analisi

dati

3.1 Scopo della simulazione

LHCf riesce a rivelare i fotoni ed i neutroni che si generano nelle interazioni pp ad LHCe che colpiscono una delle torri dei calorimetri. Le misure che ci vengono fornite dalrivelatore sono l’energia della particella e la posizione del punto di impatto sul calorimetro.Queste informazioni consentono di ricostruire il quadri-impulso della particella 1 pµ =(E,p).

Si definisce massa invariante di un sistema di quadri-impulso totale pµTOT la quantita

data da

m = (pTOT )µ(pTOT )µ =√

E2TOT − p2

TOT .

L’obiettivo di questa tesi e di determinare, con i dati della simulazione, lo spettroenergetico dei fotoni e dei neutroni che ci si aspetta di misurare con LHCf, e di studiaregli spettri di masse invarianti di varie combinazioni di fotoni e neutroni che arrivano alrivelatore. Per rendere la simulazione piu realistica abbiamo applicato una dispersionegaussiana che simula la risposta del rivelatore per le misure di energia e posizione. Stu-diando i dati conosciuti sulle particelle neutre instabili, i tipi e le probabilita dei lorodecadimenti ne abbiamo individuate cinque che potrebbero essere viste negli spettri dimassa invariante: π0, η, η′, ω, Λ0 (vedi sezione 3.2).

Tutta l’analisi viene svolta considerando solo il rivelatore ARM2. I dati ottenuti conARM1 saranno simili, anche se cambia la geometria. I risultati di quanto descritto sitrovano in sezione 3.7.

In questo capitolo utilizziamo come sistema di riferimento quello che ha origine nelvertice della generazione: l’asse z coincide con l’asse del tubo a vuoto mentre gli assi xe y sono paralleli ai lati della base delle torri di ARM2, le cui sezioni trasverse giaccionosu piani paralleli a xy. Prendiamo il verso di z in modo tale che ARM2 si trovi in z > 0(zARM2 = 140 m). In figura 3.1 abbiamo realizzato una rappresentazione schematica dellasezione del rivelatore, indicando gli assi x e y.

Per semplicita supponiamo che tutte le particelle considerate si generino nell’origine,o comunque molto vicino ad essa. Vedremo in seguito che questo non e sempre vero.

1Per le formule di questo capitolo adottiamo come sistema di unita di misura quello in cui c = 1 e

h = 1.

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CAPITOLO 3. RISULTATI DELLA SIMULAZIONE E ANALISI DATI 13

Le grandezze di cui abbiamo bisogno per descrivere completamente il comportamentodelle particelle e che prendiamo dalla simulazione sono l’energia E ed i coseni direttoricosx, cosy, cosz, oltre che il tipo di particella con cui abbiamo a che fare.

Figura 3.1: Sezione trasversale di ARM2. Gli assi X e Y indicati sono quelli descrittinella sezione 3.1. L’origine degli assi e il punto in cui l’asse z interseca il rivelatore.Consideriamo l’asse z uscente dal piano rappresentato.

X Y X Ycm cm cm cm

A 1.0 4.2 a -1.7 0.8B 4.2 4.2 b 0.8 0.8C 1.0 1.0 c -1.7 -1.7D 4.2 1.0 c 0.8 -1.7

Tabella 3.1: Coordinate dei punti indicati in figura 3.1. Questi rappresentano i verticidelle torri di ARM2.

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CAPITOLO 3. RISULTATI DELLA SIMULAZIONE E ANALISI DATI 14

3.2 Le particelle neutre instabili ed il loro decadi-

mento

Riportiamo nelle tabelle 3.2 e 3.3 le informazioni sulle particelle neutre instabili che ciapprestiamo a studiare, e sui loro possibili decadimenti che potremmo osservare con LHCf.Di questi ultimi riportiamo il rapporto di decadimento (BR, Branching Ratio). Notiamoche delle cinque particelle considerate quattro sono mesoni (π0, η, η′, ω) e decadono solo infotoni. L’ultima (Λ0) e’ un barione e potra essere identificata dai neutroni che colpisconoil rivelatore. Tutti i dati sono stati presi da [9].

Notiamo che la particella che ci si aspetta di osservare con la maggiore statistica e ilπ0, che, essendo il mesone neutro piu leggero, viene prodotto con maggiore probabilitanelle interazioni pp.

Particella Massa Vita media Larghezza di dec.MeV/c2 s KeV

π0 134.9766 ± 0.0006 (8.4 ± 0.5) × 10−17

η 547.853 ± 0.024 1.30 ± 0.07η′ 957.78 ± 0.06 194 ± 9ω 782.65 ± 0.12 8490 ± 80Λ0 1115.683 ± 0.006 (2.631 ± 0.020) × 10−10

Tabella 3.2: Le caratteristiche delle particelle neutre instabili studiate. Per quelle chehanno una vita media molto breve e stata riportata la larghezza di decadimento.

Decadimento BRπ0 → γγ (98.823 ± 0.034)%η → γγ (39.31 ± 0.20)%η′ → γγ (2.22 ± 0.08)%

ω → π0γ → γγγ (8.28 ± 0.28)%Λ0 → π0n → γγn (35.8 ± 0.5)%

Tabella 3.3: I decadimenti che ci aspettiamo di osservare.

3.3 Punto di impatto su LHCf

Le particelle neutre non vengono deviate dai dipoli di LHC: dal momento della lorogenerazione viaggeranno in linea retta a velocita costante. Per capire se colpiscono ilrivelatore dobbiamo considerare le coordinate (x, y) che assumono quando arrivano alpiano z = zARM2 = 140 m che contiene la faccia del calorimetro. Siano (r, θ, φ) lecoordinate sferiche di questo punto; dato che la particella si genera nell’origine avremo:

θ = arccos(cosz)

tanφ =cosy

cosx

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CAPITOLO 3. RISULTATI DELLA SIMULAZIONE E ANALISI DATI 15

r =zARM2

| cosθ |x = r sinθ cosφ

y = r sinθ sinφ

Se cosz > 0 (cioe se la particella viene emessa in avanti) e (x, y) e compreso nei limitidella torre piccola o della torre grande (descritti in tabella 3.1), allora possiamo assumereche la particella abbia colpito il rivelatore.

3.4 Dispersione gaussiana

I dati ottenuti come abbiamo descritto fino ad ora (E, x e y) sarebbero quelli misurati dalcalorimetro nel caso in cui il suo funzionamento fosse perfetto. Per simulare in manierasemplice gli effetti casuali dovuti al rivelatore reale applichiamo una dispersione gaussianasia all’energia che al punto di impatto misurato, tenendo conto della risoluzione energeticae della risoluzione spaziale effettiva del rivelatore, misurata in vari test su fascio [2].

Possiamo assumere che l’errore relativo sulla determinazione dell’energia sia ∆EE

= 0.04per i fotoni e ∆E

E= 0.30 per i neutroni. L’errore sulla posizione del punto di impatto e

σx = 100µm per i fotoni e σx = 1mm per i neutroni. Quest’ultimo tipo di errore si riflettesulla misura dei coseni direttori delle particelle che colpiscono il calorimetro.

Per applicare la dispersione gaussiana generiamo quindi un numero casuale (cGauss )distribuito gaussianamente attorno a 0 e con varianza 1. L’energia misurata EG, nel casoin cui l’energia vera sia E, sara data da:

EG = E + cGauss∆E.

Se (x, y) e il punto di impatto allora misureremo (xG, yG) dato da:

xG = x + c′Gaussσx,

yG = y + c′′Gaussσx.

Da queste coordinate determineremo poi i coseni direttori.

3.5 Angolo di separazione dei due fotoni nel decadi-

mento π0 → γγ ed energia di soglia

Vediamo ora di capire quali sono le condizioni cinematiche che permettono di identificareun π0 attraverso la misura diretta dei due fotoni del suo decadimento in LHCf.

Consideriamo un π0 che decade in due fotoni γ1 e γ2 di quadri-impulsi rispettivamente(Eγ1

,pγ1) e (Eγ2

,pγ2). I fotoni non hanno massa per cui E = p. Dato che il quadri-impulso

e un invariante relativistico si ha:

m2

π0 = (Eγ1+ Eγ2

)2 − (pγ1+ pγ2

)2 = 2Eγ1Eγ2

− 2pγ1· pγ2

= 2Eγ1Eγ2

(1 − cos(θ)),

dove θ e l’angolo formato dagli impulsi dei due fotoni. Poiche supponiamo il pione decaderenel vertice, affinche entrambi i fotoni colpiscano il rilevatore, θ deve essere molto piccolo.

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CAPITOLO 3. RISULTATI DELLA SIMULAZIONE E ANALISI DATI 16

Infatti la diagonale di ARM2 (dalla figura 3.1 vediamo che e d=83 mm) sottende rispettoal vertice un angolo θd ≃ d

zARM2

≃ 6 × 10−4 rad. Per cui:

m2

π0 = 2Eγ1Eγ2

(1 − cos(θ)) ≃ Eγ1Eγ2

θ2.

L’angolo di separazione minimo tra i due fotoni si ha quando Eγ1= Eγ2

=E

π0

2e

Eπ0 = Emaxπ0 = 3500 GeV , nelle condizioni attuali di LHC. In questo caso:

θmin = 2mπ0

Emaxπ0

≃ 7.7 × 10−5 rad.

A questo angolo corrisponde una distanza sul piano z = zARM2 pari a:

∆x = θminzARM2 ≃ 11 mm.

E quindi possibile in linea di principio che due fotoni provenienti dallo stesso pionevadano a colpire la stessa torre. In realta la probabilita che i due fotoni del decadimentocolpiscano colpiscano la stessa torre e molto piccola, e quindi la maggior parte delle voltesara possibile identificarli in due torri diverse. Lo stesso fatto vale a maggior ragioneper tutte le altre particelle che decadono a due corpi con massa maggiore del pione. Lapeculiare geometria dei rivelatori, costituita non da una ma da due torri separate, serveproprio per rivelare contemporaneamente i due fotoni del π0. Negli spettri di masseinvarianti possiamo quindi considerare solo le coppie di particelle che colpiscono torridiverse per cercare di individuare le madri.

Possiamo infine calcolare l’energia di soglia dei π0 rivelati da LHCf: affinche i due fotonidi decadimento colpiscano entrambi il rivelatore e necessario che l’angolo di separazionesia al piu θd. Quindi

Esoglia = 2mπ0

θd

≃ 450 GeV.

Solamente i π0 con E > 450GeV che decadono in due fotoni possono essere rivelati inLHCf.

3.6 Gli spettri di masse invarianti

Come abbiamo visto le particelle neutre instabili che vogliamo rivelare decadono in unacoppia o tripletto di fotoni oppure in neutrone ed una coppia di fotoni. Andiamo quindi arealizzare i seguenti spettri di masse invarianti, utilizzando i dati della nostra simulazione:

• Lo spettro di tutte le coppie di fotoni che colpiscono il rivelatore nel medesimoevento, ciascuno in una torre diversa. Dato che per i fotoni E = p abbiamo che lamassa invariante delle coppie di fotoni e data da:

m =√

2Eγ1Eγ2

(1 − cos(θ12)),

dove il coseno dell’angolo formato dagli impulsi di due particelle i e j e

cos(θij) = cosx(i)cosx(j) + cosy(i)cosy(j) + cosz(i)cosz(j).

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CAPITOLO 3. RISULTATI DELLA SIMULAZIONE E ANALISI DATI 17

• Lo spettro di tutti i tripletti di fotoni che colpiscono il rivelatore nel medesimoevento, quando questi non colpiscono tutti la stessa torre. La massa invariante e inquesto caso data da:

m =√

2Eγ1Eγ2

(1 − cos(θ12)) + 2Eγ1Eγ3

(1 − cos(θ13)) + 2Eγ2Eγ3

(1 − cos(θ23)).

• Lo spettro di tutte le coppie di fotoni e singoli neutroni che colpiscono il rivelatorenel medesimo evento, quando i due fotoni colpiscono due torri diverse. Questa voltail neutrone e una particella con massa quindi (identifichiamo i fotoni con i numeri1 e 2 e il neutrone con il numero 3):

m =√

2E1E2(1 − cos(θ12)) + 2E1E3 − 2E1p3cos(θ13) + 2E2E3 − 2E2p3cos(θ23) + m2n

dove

p3 =√

E23 − m2

n.

Abbiamo a questo punto in mano tutti gli elementi per vedere cosa ci si aspetta diosservare su LHCf nei tre scenari considerati, per ciascuno dei quali abbiamo una statisticadi 2 × 108 eventi.

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CAPITOLO 3. RISULTATI DELLA SIMULAZIONE E ANALISI DATI 18

3.7 Risultati dell’analisi

Presentiamo in questa sezione i risultati piu significativi della simulazione numerica effet-tuata per i tre scenari, convenzionalmente etichettati come Atlas, CMS e Dova. Ricor-diamo che abbiamo generato 2 × 108 eventi per ognuno dei tre scenari. Tutti i grafici siriferiscono solo alle particelle che colpiscono il rivelatore; gli spettri di masse invariantesono stati realizzati come descritto precedentemente.

3.7.1 Particelle singole

Come abbiamo gia detto le particelle che LHCf rivela direttamente sono fotoni e neutroni.Ne vediamo lo spettro di energia rispettivamente in figura 3.2 e 3.3.

1

10

10 2

10 3

10 4

10 5

500 1000 1500 2000 2500 3000 3500 4000

Figura 3.2: Distribuzione in scala logaritmica dell’energia dei fotoni per i tre modelli, condispersione gaussiana.

L’energia dei fotoni e distribuita sull’intervallo che va da 0 a 3500 GeV, con un piccoin corrispondenza di circa 70 GeV. Mentre per Atlas e CMS l’andamento e praticamenteidentico, Dova prevede un flusso di fotoni significativamente inferiore. Si osservi come siapossibile rivelare fotoni di energia molto alta (> 3 TeV) con buona statistica.

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CAPITOLO 3. RISULTATI DELLA SIMULAZIONE E ANALISI DATI 19

10 3

10 4

10 5

1000 2000 3000 4000 5000 6000

10

10 2

10 3

10 4

10 5

1000 2000 3000 4000 5000 6000

Figura 3.3: Distribuzione in scala logaritmica dell’energia dei neutroni per il modello diAtlas, con e senza dispersione gaussiana.

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CAPITOLO 3. RISULTATI DELLA SIMULAZIONE E ANALISI DATI 20

Per l’energia dei neutroni mettiamo a confronto i casi in cui si applichi o meno ladispersione gaussiana. Mentre per i fotoni la risoluzione energetica del 4 % lascia lo spettropraticamente invariato, per i neutroni si hanno differenze significative dovute alla minoreprecisione (la risoluzione del rivelatore per l’energia dei neutroni e del 30 %). Vediamoinfatti che l’energia misurata puo abbondantemente superare i 3500 GeV massimi dellospettro reale.

3.7.2 Coppie di particelle

In figura 3.4 presentiamo lo spettro di massa invariante delle coppie di fotoni per tutti etre gli scenari in esame.

1

10

10 2

10 3

10 4

10 5

0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1

Figura 3.4: Distribuzione in scala logaritmica della massa invariante delle coppie di fotoniper i tre modelli, con dispersione gaussiana.

E evidente la presenza di due picchi in corrispondenza di 0.135 GeV/c2 e 0.548 GeV/c2

che si discostano dall’andamento continuo dello spettro. Questi sono dovuti alle coppieprovenienti rispettivamente dai decadimenti di π0 e di η. Non ci sono coppie di massainvariante intorno ai 0.958 GeV/c2 : non e stato possibile rivelare alcun η′.

Nell’ istogramma 3.5 mettiamo a confronto gli spettri di massa invariante delle cop-pie di fotoni senza dispersione e con la risoluzione del 4% per l’energia e con l’erroredi 100 µm sulla posizione (anche quest’ultimo influenza la massa invariante). Notiamoun’allargamento dei picchi, particolarmente accentuato per quello delle η.

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CAPITOLO 3. RISULTATI DELLA SIMULAZIONE E ANALISI DATI 21

1

10

10 2

10 3

10 4

10 5

0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1

1

10

10 2

10 3

10 4

10 5

0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1

Figura 3.5: Distribuzione in scala logaritmica della massa invariante delle coppie di fotoniper il modello di Atlas, con e senza dispersione gaussiana.

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CAPITOLO 3. RISULTATI DELLA SIMULAZIONE E ANALISI DATI 22

Sottraendo lo spettro continuo del combinatorio (cioe quello delle coppie che casual-mente colpiscono le due torri nello stesso evento) a quello della massa invariante possiamodeterminare il numero di π0 e η che colpiscono il calorimetro. Li riportiamo con i lororispettivi errori, per entrambi i tipi di le particelle, nelle tabella 3.4. Supponiamo l’erroresul numero di particelle poissoniano (se arrivano N particelle si ha una fluttuazione di

√N

). Vediamo che il rapporto Nπ0/Nη e simile per CMS e Dova, mentre per Atlas differiscesignificativamente dagli altri due scenari.

Nπ0 ∆Nπ0 Nη ∆Neta Nπ0/Nη ∆(Nπ0/Nη)Atlas 1227 × 102 4 × 102 227 15 540 40CMS 1265 × 102 4 × 102 442 21 286 14Dova 865 × 102 3 × 102 307 18 281 17

Tabella 3.4: Numero di π0 e η rivelati con i rispettivi errori per i tre modelli in 2 × 108

collisioni.

Riportiamo in figura 3.6 lo spettro di energia dei π0.

1

10

10 2

10 3

500 1000 1500 2000 2500 3000 3500 4000

Figura 3.6: Distribuzione in scala logaritmica dell’energia dei pioni neutri per i tre modelli,con la dispersione gaussiana.

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CAPITOLO 3. RISULTATI DELLA SIMULAZIONE E ANALISI DATI 23

Notiamo come l’energia dei pioni non scenda sotto un certo valore; questo corrispon-de all’incirca all’energia di soglia che abbiamo calcolato nella sezione 3.5, considerandol’angolo massimo ammissibile tra i due fotoni dovuto alla geometria delle torri.

A questo proposito possiamo vedere in figura 3.7 la distribuzione dell’angolo di sepa-razione tra fotoni per i π0 e per le η. La distribuzione e piu larga per i π0 che per gli η.

10

10 2

10 3

10 4

0 0.02 0.04 0.06 0.08 0.1 0.12 0.14 0.16 0.18 0.2x 10

-2

Figura 3.7: Distribuzione in scala logaritmica dell’angolo di separazione tra gli impulsi deifotoni di decadimento dei π0 e delle η per il modello di Atlas, con la dispersione gaussiana.

Si osservi che l’angolo minimo per i fotoni (∼ 10−4 rad) e dovuto al vincolo imposto diidentificare i fotoni in ognuna delle due torri.

Riportiamo infine in figura 3.8 la distribuzione delle masse invarianti misurate in fun-zione dell’energia dei pioni. Come ci potevamo aspettare la massa invariante e l’energiadei π0 sono scorrelate. Questo non sara necessariamente vero nell’esperimento reale, datoche il comportamento effettivo di ARM2 si discosta da quello ideale considerato nella si-mulazione: per esempio, si potrebbe venire a creare una correlazione causata dalle perditelaterali e longitudinali del rivelatore.

3.7.3 Tripletti di particelle

Vediamo in figura 3.9 lo spettro di massa invariante dei tripletti di fotoni. Non abbiamorivelato nessun tripletto di massa invariante nelle energie attorno a 0.782 GeV/c2: nessun

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CAPITOLO 3. RISULTATI DELLA SIMULAZIONE E ANALISI DATI 24

0

0.05

0.1

0.15

0.2

0.25

0.3

0.35

0.4

500 1000 1500 2000 2500 3000 3500 4000

Figura 3.8: Distribuzione della massa invariante misurata in funzione dell’energia per ipioni neutri per lo scenario Atlas, con la dispersione gaussiana.

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CAPITOLO 3. RISULTATI DELLA SIMULAZIONE E ANALISI DATI 25

1

10

10 2

0 0.2 0.4 0.6 0.8 1

Figura 3.9: Distribuzione in scala logaritmica della massa invariante dei tripletti di fotoniper i tre modelli, con la dispersione gaussiana

ω colpisce il rivelatore con la statistica considerata. Lo spettro non presenta nessun altropicco significativo, non possiamo ricavare nessun’altra informazione sulla natura dellemadri dei fotoni.

Riportiamo in figura 3.10 lo spettro dei tripletti fotone-fotone-neutrone, che avremmovoluto usare per studiare i barioni. Con la nostra statistica non riusciamo a notare nessunpicco significativo. Del resto i rivelatori di LHCf si trovano in una zona molto difficiledal punto di vista della cinematica di questo tipo di particelle. L’unica considerazioneche possiamo fare e che non ci aspettiamo di identificare i Λ0 : la loro vita media emolto piu lunga rispetto a quella delle altre particelle considerate, e la lunghezza delpercorso compiuto dalla loro generazione fino al decadimento non e trascurabile rispettoalla distanza tra il vertice di interazione e il calorimetro. Supponiamo per esempio diavere un Λ0 di energia E = 1 TeV . La lunghezza di decadimento e data da

l = βγcτ

dove β = vc≃ 1 e γ = E

mc2≃ 103. Quindi l ≃ 80 m che e confrontabile con zARM2 = 140 m.

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CAPITOLO 3. RISULTATI DELLA SIMULAZIONE E ANALISI DATI 26

1

10

10 2

0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 4

Figura 3.10: Distribuzione in scala logaritmica della massa invariante dei gruppi γγn peri tre modelli, con la dispersione gaussiana

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Conclusioni

In questa tesi abbiamo studiato come e possibile identificare, dalle misure del rivelatoreLHCf, alcune tipologie di particelle (mesoni e barioni) che si formano dalle collisioniprotone-protone nell’acceleratore LHC. In particolare, data la collocazione di LHCf inLHC e la presenza di dipoli che deviano i fasci di particelle cariche, ci siamo concentratisull’individuazione di particelle neutre.

Per far questo abbiamo realizzato una simulazione numerica utilizzando il programmaPythia, un simulatore di interazioni adroniche che sfrutta algoritmi Monte Carlo. Ab-biamo considerato tre diversi scenari di simulazione, due dei quali ottimizzati nel 2010a partire dai risultati sperimentali di Atlas e CMS, e un terzo ottimizzato per i modellidi interazione dei raggi cosmici di alta energia con l’atmosfera terrestre. Abbiamo quin-di simulato, solo a livello di generazione, trascurando i possibili effetti del trasporto dalpunto di impatto al rivelatore e della risposta dei calorimetri, le collisioni protone-protonecon un’energia di 7 TeV nel centro di massa. Abbiamo generato, per ciascun scenario,2 × 108 eventi, che nella realta sarebbero prodotti da LHC in quasi 6 ore di attivita allaluminosita di 1029 cm−2s−1. Per rendere piu realistica la simulazione abbiamo applicatosuccessivamente una semplice dispersione gaussiana, che simula in parte la risposta delrivelatore.

Utilizzando i dati della simulazione abbiamo identificato gli spettri di energia deifotoni e dei neutroni che colpiscono il rivelatore ARM2, uno dei due calorimetri di LHCf,costituito da due torri indipendenti. Abbiamo notato come sia possibile rivelare fotoni dialta energia (> 3 TeV) con una buona statistica, e come la risoluzione del 30% sull’energiadei neutroni ne modifichi in maniera sostanziale lo spettro reale.

Sempre con i risultati della simulazione abbiamo realizzato gli spettri di masse inva-rianti di varie combinazioni di particelle neutre.

Lo studio dello spettro di masse invarianti delle coppie di fotoni che colpiscono ARM2nello stesso evento in torri diverse ci permette di capire se abbiamo la possibilita dirivelare i decadimenti dei mesoni π0, η, η′. Abbiamo visto che riusciamo a identificareun numero significativo di π0 e, seppur in numero inferiore, di η. Abbiamo notato che ilrapporto dei numeri di π0 e di η rivelati varia tra gli scenari di simulazione. Purtroppo lanostra statistica non ci ha consentito di individuare alcun η′. Studiando la distribuzionedi energia dei pioni neutri abbiamo verificato che la geometria del rivelatore permette diindividuare solamente i π0 di energia superiore a circa 450 GeV.

Lo spettro di masse invarianti dei tripletti di fotoni che colpiscono il rivelatore nellostesso evento (non tutti nella stessa torre) potrebbe, in linea di principio, consentire diindividuare il decadimento del mesone ω. Abbiamo visto che la nostra statistica nonpermette l’identificazione di questo tipo di particella.

Abbiamo infine realizzato lo spettro di masse invariati delle coppie di fotoni e deineutroni singoli che colpiscono nello stesso evento ARM2 (con i due fotoni ciascuno in

27

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CAPITOLO 3. RISULTATI DELLA SIMULAZIONE E ANALISI DATI 28

una torre diversa), per cercare di identificare il decadimento del barione Λ0. Anche inquesto caso la nostra statistica non ci ha consentito di individuare la particella cercata.

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Bibliografia

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Ringraziamenti

Arrivati a questo punto mi sembra doveroso ringraziare tutte le persone che hanno resopossibile questo momento cosı importante.

Ringrazio Oscar e i ragazzi della sezione dell’INFN di Firenze, senza i quali questa tesinon avrebbe mai potuto essere realizzata.

Ringrazio tutti gli amici, vicini e lontani, che mi hanno accompagnato, e spero conti-nueranno ad accompagnarmi, in questi ultimi anni di studi universitari.

Ringrazio tutta la mia famiglia, in particolare i miei fratelli Alessandro e Matteo che,nonostante tutto, continuano a sopportarmi, e soprattutto i miei genitori, a cui va lamaggior parte del merito dei traguardi che ho ottenuto e che otterro nella mia vita.

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