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INFEZIONI PROTESICHE · Anche in caso di estrazione completa del sistema protesico impiantato e...

Date post: 15-Feb-2019
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INFEZIONI PROTESICHE n° 1 - Oobre 2017
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INFEZIONI PROTESICHEn° 1 - Ottobre 2017

Rivista Periodica Trimestrale “INFEZIONI PROTESICHE”

Registrazione Tribunale di Bologna: in attesa del numero di registrazione

Numero 1 - Ottobre 2017

Direttore Responsabile: Pier Luigi Trombetta

Direttore Editoriale e Scientifico: Prof. Rosario Cultrera

Redazione: San Lazzaro di Savena (BO), Via Speranza n. 35

Tel. 051 461932 - e-mail: [email protected]

Sviluppo grafico: Valentina Pagani

Editore: TRX Italy S.r.l., Via Speranza 35, 40068 San Lazzaro di Savena (BO)

Stampato da: Fotolito Felsinea S.r.l., Via Speranza 37, 40068 San Lazzaro di Savena (BO)

INDICE

Lettera del Direttore Responsabile.................................................3L’Editoriale - L’importanza di prevenire le Infezioni Protesiche...4La Prefazione - Prevenire si può......................................................6Intervista al Professor Rosario Cultrera............................................9Intervista al Dottor Mauro Biffi........................................................11Intervista al Professor Stefano Favale...........................................13

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Lettera del Direttore ResponsabilePier Luigi Trombetta

“Fiocco rosa in corsia”E’ nata la prima Rivista italiana sulla prevenzione delle infezioni protesiche

E’ sempre bello assistere alla nascita di una nuova iniziativa editoriale. Perché la comunicazione, oggi come non mai, è di estrema importanza e condiziona certamente la nostra vita. E’ innegabile. Più cose si sanno, meglio si può vivere. Perché le informazioni si raccolgono, da quando ci svegliamo la mattina, e poi si scelgono quelle più utili per noi, in tutti i campi. Dalle cose più banali a quelle di estrema importanza come la nostra salute. Che è una sola. Nel nostro caso le informazioni che la nuova Rivista intende divulgare sono a livello estremamente professionale. Essa si rivolge, tra l’altro, a medici specialisti, a tecnici e operatori sanitari, a farmacisti ospedalieri. Sono quei professionisti che quotidianamente, danno il meglio di sè stessi per tutelare il benessere delle persone, per salvare la loro vita. Ma prevenire è meglio che curare. Citazione che calza quanto mai a pennello per questa nuova Rivista. Perché è - non solo preferibile ma quanto mai doveroso - investire sulla prevenzione delle infezioni protesiche intervenendo con ogni mezzo che l’incessante ricerca biomedica mette a disposizione. I temi di approfondimento specialistico che affronteremo nei prossimi sei numeri sono: la formazione di biofilm batterico sul materiale protesico, principale causa di queste infezioni; il profilo individuale di rischio infettivo ed il suo possibile ruolo in percorsi di Antimicrobial Stewardship; l’importanza di un uso corretto degli antibiotici; come contrastare la dilagante antibiotico - resistenza; la farmaco economia delle infezioni Cied e della loro prevenzione, con review sui principali studi clinici condotti; e infine gli aspetti medico - legali delle infezioni Cied e della loro prevenzione. Dal numero otto in poi tratteremo poi temi relativi ad altri tipi di infezioni protesiche ed alla loro possibile prevenzione, ma anche eventuali ulteriori importanti novità sul tipo di infezioni precedentemente già trattate.Con l’occasione ringrazio l’editore, la TRX Italy, per la preziosa opportunità di poter dirigere la Rivista. E grazie per il vostro tempo che ci dedicherete leggendo gli articoli sui temi di volta in volta trattati.

in termini microbiologici, perchè non infrequentemente sostenute da microrganismi resistenti a più antibiotici, sia in termini di spesa clinica per la necessità di espianto e sostituzione del dispositivo stesso. La prevenzione delle infezioni di CIED riveste un importante ruolo sia in ambito clinico che farmacoeconomico. Si stanno, pertanto, rendendo disponibili innovativi presidi tecnologici rivolti a prevenire le INFEZIONI da impianto di CIED con un indubbio impatto positivo per efficacia antimicrobica e per sostenibilità economica. Dedicheremo quindi i primi numeri della Rivista ad approfondimenti specifici di alcuni aspetti peculiari di questo tipo di infezioni protesiche, attendendo che a breve nuove altre tecnologie dedicate alla prevenzione delle infezioni di altri tipi di protesi vengano realizzate e testate mentre altre sono già disponibili per l’impiego clinico.

Come Responsabile Editoriale e Scientifico affiderò in ogni numero la redazione degli articoli di approfondimento tematico a riconosciuti esperti dei vari argomenti.

Ridurre l’antibiotico-resistenza, promuovere un uso corretto degli antibiotici, creare percorsi di Antimicrobial-Stewardship sono obiettivi improcrastinabili di ogni Sistema Sanitario efficiente, che miri a ridurre spese evitabili per infezioni correlate all’assistenza. E’, quindi, non solo preferibile ma doveroso investire sulla prevenzione delle infezioni protesiche intervenendo con ogni mezzo che la ricerca biomedica mette a disposizione.

In questo N° 1, con una veste particolare, si vuole dare una panoramica generale sulle Infezioni da CIED attraverso una Prefazione del Prof. Alessandro Capucci e le interviste del nostro Direttore Responsabile, il Giornalista Pier Luigi Trombetta, a due noti Cardiologi e a me stesso come Infettivologo. Gli argomenti introdotti con questo numero costituiranno la base su cui fare approfondimento nei prossimi numeri della Rivista.

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L’Editoriale Il Responsabile Editoriale Professor Rosario Cultrera

L’importanza di prevenire le Infezioni Protesiche

La prevenzione delle Infezioni Protesiche costituisce un obiettivo sanitario ormai improcrastinabile.

Presentiamo un innovativo Progetto Editoriale. Nasce dall’esigenza di contrastare nel modo più efficace possibile le dilaganti “infezioni protesiche”, che stanno interessando varie specialità sia in campo medico che chirurgico con importanti ripercussioni sulle risorse del SSN per il loro trattamento. Tale Rivista si rivolge, dunque, ai Medici Specialisti che utilizzano protesi impiantabili, agli Operatori ed ai Tecnici Sanitari che lavorano nelle Sale di Chirurgia, ai Farmacisti Ospedalieri, alle Direzioni Sanitarie ed Amministrative.

L’uso di protesi biomediche nel trattamento di numerose patologie umane è divenuto sempre più frequente e possibile anche in categorie di soggetti una volta escluse per diverse condizioni morbose che rappresentavano una controindicazione all’impianto di protesi. Tra queste vanno considerati i soggetti che sono sottoposti, ad esempio a trattamenti immunomodulanti o immunosoppressivi per patologie reumatologiche, endocrinologiche, ematologiche, oncologiche, oltre ai pazienti sottoposti a trampianti d’organo. Parallelamente alla sempre maggiore diffusione di impianti bioprotesici è aumentato il rischio infettivo di tali dispositivi e device, soprattutto in queste categorie di pazienti a maggior rischio infettivo. Tali infezioni non raramente sono sostenute da microrganismi con un pattern di antibioticoresistenza che impone trattamenti con nuove molecole di antimicrobici ad elevato costo oltre che esporre il paziente stesso all’espianto, ove possibile, della protesi o del device.

Tratteremo nel tempo la moltitudine di protesi impiantabili soggette ad infezioni che spesso richiedono l’espianto della protesi e trattamenti difficili, talvolta anche di scarso successo.

Abbiamo deciso di iniziare con le infezioni dei Dispositivi Cardiaci Elettronici Impiantabili (CIED) per la gravità che tali infezioni hanno sia

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La Prefazione Professor Alessandro Capucci Ordinario di Malattie Cardiovascolari Università Politecnica delle Marche Direttore della Clinica di Cardiologia Ospedali Riuniti di Ancona

Prevenire si può

Prevenire la formazione del biofilm batterico sui dispositivi cardiaci elettronici impiantabili è l’unico modo per contrastare efficacemente le infezioni che si sviluppano dopo l’impianto di queste protesi.

Le infezioni da dispositivi cardiaci elettronici impiantabili (CIED), in Italia come in tutto il mondo, rappresentano una patologia grave (tra lo 0,6% e il 2,2% del totale delle infezioni ospedaliere), con elevata mortalità (tra il 19% ed il 42% del totale della mortalità per infezione ospedaliera). Anche in caso di estrazione completa del sistema protesico impiantato e della immediata migliore terapia antibiotica, la mortalità a 12 mesi dall’infezione è del 30% e del 50% a 3 anni dall’infezione. L’eccesso di mortalità nella popolazione con pregressa infezione CIED è dovuto a complicanze infettive tardive e/o recidive fatali.

Le infezioni CIED sono descritte fin dagli anni ‘70 e ‘80 ma le statistiche epidemiologiche di quel periodo sono assolutamente inattendibili, presentando un range tra lo 0,13 ed il 19,9%. Inoltre il progresso tecnologico ha portato negli anni ‘90 alla disponibilità di defibrillatori automatici impiantabili (ICD) per via transvenosa in sede pettorale ed alla terapia di resincronizzazione dello scompenso cardiaco che hanno contribuito all’allungamento delle aspettative di vita in quei pazienti. Pertanto l’estensione dei beneficiari della terapia con CIED è avvenuta in una popolazione con polipatologie associate e di settuagenari/ottuagenari. Tra queste, sono particolarmente minacciose le infezioni del CIED.

Sebbene le tecniche d’impianto si siano sempre più affinate e gli ambienti operatori si conformino alle raccomandazioni stilate nel SNLG17 “Antibioticoprofilassi perioperatoria nell’adulto” del 2008, si sta in realtà assistendo anche in Italia, come nel resto del mondo, a un ulteriore costante aumento delle infezioni CIED.

Attente analisi negli ultimi anni hanno evidenziato che i fattori di rischio per le infezioni CIED coinvolgono tre distinte aree: le caratteristiche cliniche del paziente; la complessità della procedura; la strategia di profilassi dell’infezione. Tra le prime, le affezioni che causano una depressione della risposta immunitaria, come il diabete mellito, l’insufficienza renale cronica, la terapia corticosteroidea a lungo termine, lo scompenso cardiaco, le patologie neoplastiche, facilitano la insorgenza di infezioni da batteri opportunisti. I più comuni agenti coinvolti nelle infezioni da CIED sono gli stafilococchi, che possono contaminare facilmente il sito chirurgico: rappresentano il patogeno causativo nel 70-80% delle infezioni CIED.

Gli stafilococchi sono organismi organizzati in colonie residenti a livello dei bulbi piliferi in biofilm, quindi scarsamente sensibili alla semplice disinfezione cutanea pre-operatoria. Gli stafilococchi sono in grado di aderire in pochi minuti alla superficie dei dispositivi impiantati sottocute (generatore e cateteri) formando il cosiddetto biofilm batterico, entro il quale sono protetti dalla azione battericida della maggior parte degli antibiotici per l’effetto “schermante” del materiale glicoproteico da essi stessi prodotto. La rapidità di formazione del biofilm batterico è tale da richiedere che la profilassi necessiti di un antibiotico a concentrazione battericida per tutta la durata della esposizione del sito chirurgico alla presenza dei batteri. Nel caso di formazione di Biofilm, può instaurarsi 1Voigt, A. et al. (2006) J Am Coll Cardiol 48(3):590-1

2 Voigt, A. et al. (2010) Pacing Clin electrophysiol 33(4):414-9

Greenspon AJ et al. J Am Coll Cardiol. 2011

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una infezione nei giorni seguenti (infezione CIED precoce); oppure può avvenire che esso rimanga silente per mesi/anni grazie all’attività del sistema immunitario. Al calare delle difese del paziente per una qualsiasi condizione di stress organico, l’attività del biofilm può divenire predominante ed esitare in una infezione conclamata (infezioni CIED tardive). Pertanto è ormai evidente che l’unica profilassi efficace per questo dipo di infezioni sia tentare di prevenire la formazione del biofilm batterico nel sito chirurgico.

Il costo annuale totale per il SSN di questo tipo di infezioni è difficile da calcolare, ma di certo si sa che il trattamento di una singola infezione CIED costa mediamente circa 50.000 euro e che purtroppo la mortalità, anche in seguito al miglior trattamento possibile, è molto elevata.

Emerge quindi la necessità di “difendere” il valore clinico e l’investimento economico fatto dal SSN per le Terapie CIED, contrastando l’insorgere delle infezioni nei soggetti a maggior rischio.

Intervista al professor Rosario Cultrera del Dipartimento Scienze Mediche - U.O.C. Malattie Infettive dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara.

Professore, può spiegarci perchè il biofilm batterico può formarsi sui dispositivi impiantati e perchè la profilassi antibiotica standard non è efficace su di esso?

“La profilassi antibiotica è rivolta ad evitare l’infezione della ferita chirurgica in tutti i suoi strati tissutali, che nel nostro caso sono rappresentati da cute e sottocute. La profilassi antibiotica non deve mai essere prolungata oltre i tempi strettamente chirurgici, per intenderci, deve essere interrotta al termine dell’ultimo punto di sutura della ferita chirurgica. L’uso di antisettici cutanei prima del taglio chirurgico, correttamente usati secondo modalità proprie di ciascun antisettico, riduce il rischio di infezione del sito chirurgico. Le infezioni della tasca di un pacemaker o di un defibrillatore appena impiantato sono favorite da differenti fattori, alcuni inerenti il paziente (diabete, obesità, malattie reumatologiche, impiego di corticosteroidi, ecc.); altri il microrganismo eventualmente responsabile (resistenze all’antibiotico usato in profilassi, penetrazione nella tasca del CIED in tempi successivi all’intervento, formazione di ematoma nella tasca, ecc.). In tali condizioni, il microrganismo inizia a replicarsi formando delle colonie e a formare un biofilm, con tempi e caratteristiche diverse da microrganismo e microrganismo.

Il biofilm è un insieme di colonie batteriche all’interno di una matrice polimerica extracellulare prodotta dagli stessi microrganismi. La costituzione di tale matrice è differente secondo il microrganismo che la produce. Staphylococcus epidermidis è un esempio di battere che ha, mediante le stesse proprietà che gli permettono di aderire e competere con altri microrganismi sulla cute umana, la capacità di adesione alle superfici di device inducendo la formazione di biofilm; oltre che a favorire l’adesione delle piastrine. E’ stato dimostrato, inoltre, che la formazione del biofilm è un processo irreversibile, una volta che è innescato. I batteri responsabili della formazione del biofilm sono anche risultati esprimere fenotipi di resistenza agli antibiotici la cui azione risulta fortemente ridotta per la scarsa capacità di diffondere e penetrare il biofilm”.

MSU-CBE, 2001 P. Dirckx

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Intervista al dottor Mauro Biffi del reparto di Aritmologia Interventistica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria S. Orsola di Bologna.

Dottor Biffi, si può prevenire in qualche modo la formazione del Biofilm batterico sui dispositivi impiantati?

“La chirurgia dei CIED è diversa dalle altre chirurgie; perché, come la protesistica ortopedica, il dispositivo impiantato fornisce una sede di possibile sviluppo di biofilm batterico. I batteri nei biofilm sono protetti dall’azione degli antibiotici, la maggior parte dei quali necessita di concentrazioni non raggiungibili nei tessuti umani per esercitare effetto battericida. Inoltre, circa il 60% degli stafilococchi acquisiti in ambiente ospedaliero, sono insensibili agli antibiotici comunemente usati nella profilassi antibatterica. La novità nella profilassi antibatterica è rappresentata dall’involucro antibatterico riassorbibile TYRX. Che agisce rilasciando minociclina e rifampicina da una matrice riassorbibile in modo da mantenere una concentrazione battericida entro il sito chirurgico per la durata necessaria alla completa cicatrizzazione della ferita; momento in cui non sarà più possibile la colonizzazione della tasca da parte di batteri. Il sinergismo con l’antibiotico iniettato prima della incisione cutanea mira a impedire che si formi Biofilm batterico durante l’inserimento del CIED”.

E’ possibile oggi individuare a priori i pazienti CIED a maggior rischio infettivo per poter offrire loro questo tipo di prevenzione ad alto contenuto tecnologico?

“In letteratura esistono numerose informazioni che permettono di identificare i fattori predisponenti alla infezione di CIED. I più importanti riguardano la tipologia dell’intervento e la gravità del paziente. Le condizioni di maggior rischio sono: il re-intervento precoce (entro 4 settimane dal primo intervento); la situazione di grave insufficienza renale o peggio lo stato dialitico; e la terapia cronica con immunosoppressori. Sul piano pratico, è utile usare uno score a punti che utilizza la somma degli Hazard ratio dei singoli fattori predisponenti come osservato in letteratura: il punteggio finale ottenuto indica il rischio di infezione. Lo score derivato dal University of Pittsburgh Medical Center indica un rischio ~1% per score fino a 3; rischio da 2 a 3.4% per score da 3 a 7; un rischio da

Nella successiva intervista al Dottor Mauro Biffi si parla di un nuovo dispositivo antibatterico a rilascio lento di antibiotici. Perché è così importante il rilascio lento e programmato dei due antibiotici presenti nell’involucro antibatterico riassorbibile TYRX?

“L’azione di un antibiotico dipende dalle caratteristiche della molecola stessa che definiscono la farmacocinetica e la farmacodinamica dell’antibiotico stesso. La farmacodinamica studia il complesso delle fasi che determinano lo svolgimento dell’attività terapeutica del farmaco. L’antibiotico terapia può essere sintetizzata dallo studio dei rapporti tra alcuni aspetti di farmacocinetica degli antibiotici e l’attività antibatterica. La farmacocinetica dei farmaci antimicrobici è fondamentale nella scelta del chemioterapico più efficace nella specifica patologia infettiva nel singolo individuo. Parametri farmacocinetici sono: l’assorbimento, il picco ematico, il tempo che intercorre tra la somministrazione dell’antibiotico e il picco ematico. Dopo l’assorbimento esterno i farmaci, per essere efficaci nel sito d’infezione devono essere ben distribuiti nei tessuti e fluidi corporei. Un altro parametro farmacocinetico è l’emivita plasmatica del farmaco che esprime il tempo massimo per ridurre del 50% la concentrazione ematica di picco.

Sulla base di tutte queste proprietà e considerando la farmacocinetica e la farmacodinamica possiamo distinguere gli antibiotici in concentrazione dipendenti e tempo-dipendenti. Nel caso di antibiotici ad azione locale e topica, è importante avere una concentrazione tale che si raggiunga il tasso di killing pari alla massima concentrazione inibente la crescita di almeno il 90% delle colonie in vitro, o meglio la minima concentrazione battericida (MBC). Ciò indica la minima concentrazione di antibiotico capace di uccidere il 99,9% della popolazione batterica iniziale. Tali caratteristiche definiscono la qualità battericida o batteriostatica di un antibiotico. È importante anche che tali concentrazioni siano mantenute nel tempo per evitare che batteri che raggiungono il device in tempi successivi all’immediato impianto si moltiplichino e formino il biofilm”.

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Intervista al professor Stefano Favale, Direttore U.O.C. Cardiologia Universitaria Policlinico Consorziale di Bari.

Professore, ci può confermare i costi per il trattamento delle infezioni CIED anche in Italia, visto che le Amministrazioni Sanitarie Italiane non considerano paragonabili e confrontabili i dati di letteratura internazionali che fanno sempre riferimento a dati USA? Sarebbe invece molto utile avere idea dei costi di trattamento delle infezioni CIED in Italia per capire quali potrebbero essere i risparmi per il SSN in caso si facesse una prevenzione efficace, almeno nei pazienti ad altissimo rischio infettivo.

“Anche in Italia i costi per il trattamento delle infezioni CIED sono praticamente paragonabili ai dati USA. Posso riferire i dati relativi alla UOC. di Cardiologia Universitaria da me diretta: in un periodo di follow-up di 80 mesi, da gennaio 2011 a settembre 2017, sono stati trattati 248 pazienti con infezione di CIED (35% endocarditi e 65% infezioni di tasca). Abbiamo avuto successo procedurale nell’estrazione dell’intero sistema CIED infetto nel 99.7% dei casi, con 0% di complicanze maggiori e 4,1% di complicanze procedurali minori. La mortalità peri-procedurale è risultata di 1.61% (4 pazienti con endocardite deceduti per shock settico e/o polmonite embolica). La percentuale di re-impianto del dispositivo è risultata dell’85% (nel 25% dei pazienti con down-grading del nuovo sistema). La durata media di degenza è risultata di circa 22 giorni. La percentuale di guarigione totale della malattia infettiva è risultata del 98.39% a due anni.

Per quanto riguarda i costi di trattamento dell’infezione, senza considerare i costi per il reimpianto avvenuto nell’85% dei casi, il costo medio per paziente è risultato di 49.000 Euro, così suddiviso:

35% per la degenza ospedaliera;• 30% per le terapie farmacologiche ed in particolare per la terapia • antibiotica per via endovenosa, con utilizzo di almeno due classi di antibiotici;20% per il percorso diagnostico-terapeutico di preparazione • all’estrazione, in regime di pre-ricovero per la diagnosi infettivologica e la stratificazione del paziente in tre categorie (infezione di tasca, infezione endovascolare, endocardite);10% per la procedura di estrazione (nel nostro Centro, pur usando • l’Ecografia intracardiaca, il costo è limitato dal fatto che non

3.5 a 11% per score da 7 a 15; ed un rischio > 11% per score > 15. Di fatto, un re-intervento precoce ha uno score di 15; mentre lo stato dialitico o la terapia steroidea cronica sono prossimi a 14; sono quindi, anche considerati singolarmente, condizioni di elevatissimo rischio infettivo”.

Molti dei suoi colleghi e la maggior parte delle Commissioni di valutazione HTA in Italia, preferiscono aspettare i risultati di uno studio randomizzato prima di ricorrere all’utilizzo dell’involucro antibatterico riassorbibile TYRX. Lei cosa ne pensa?

“Lo studio randomizzato WRAP-IT, a cui l’Azienda Ospedaliera di Bologna ha partecipato raggiungendo il massimo degli arruolamenti possibili per singolo Centro, rappresenta la pietra miliare per la profilassi antibiotica prolungata nel sito chirurgico nella chirurgia dei CIED. Lo studio considera sia pazienti con un rischio minimo intorno al 2% che con massimo rischio possibile. Quindi consentirà di individuare un cut-off oltre il quale il vantaggio di TYRX sia significativamente apprezzabile. Allo stato attuale, i pazienti a maggior rischio (SCORE >15) dovrebbero probabilmente già ricevere TYRX come standard della profilassi antibiotica. Ciò sulla base dell’esperienza maturata in diversi studi di osservazione di coorte o contro controlli storici propensity-score matched. In questi studi, che hanno coinvolto oltre 3000 pazienti, TYRX ha sempre ridotto le infezioni dal 70 al 90% senza alcun effetto sfavorevole. Il costo per il trattamento delle complicanze anche solo nel 10% di questo sottogruppo, è ampiamente superiore alla spesa per la prevenzione di tutti i pazienti. E’ davvero interessante invece investigare i pazienti con un rischio infettivo dal 3.5 al 11% (SCORE 7-15); in questo caso alcune combinazioni dei fattori di rischio sono a mio giudizio più rischiose di altre: penso che lo studio WRAP-IT chiarirà soprattutto questo sottogruppo a rischio medio - alto. Nel frattempo, valutare, con particolare attenzione, i pazienti diabetici con insufficienza renale lieve o in trattamento anticoagulante che vengono sottoposti ad upgrade”.

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Fattori di Rischio

utilizziamo tecnologie costose tipo i sistemi con potenziamento meccanico o laser);5% per il follow-up precoce.•

In base ai dati di letteratura potremmo prevedere una riduzione dell’80% dei casi di infezione CIED e, quindi, dei costi relativi al loro trattamento, con l’uso preventivo dell’involucro antibatterico riassorbibile. In quasi sette anni solo la UOC di Cardiologia Universitaria di Bari ha speso oltre 12 milioni di Euro per trattare l’infezione CIED di 248 pazienti… e con la stessa cifra il SSN potrebbe garantire questo tipo di profilassi ad oltre 10.000 pazienti”.


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