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INSIEME AL SERVIZIO DELLA SICUREZZA Un’introduzione alla … · 2012. 1. 16. · P14 | Un...

Date post: 10-Feb-2021
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INSIEME AL SERVIZIO DELLA SICUREZZA Un’introduzione alla NATO
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  • INSIEME AL SERVIZIO DELLA SICUREZZAUn’introduzione alla NATO

  • INSIEME AL SERVIZIO DELLA SICUREZZAUn’introduzione alla NATO

    P04 | IntroduzioneP06 | Adeguarsi al cambiamentoP14 | Un protagonista di primo piano nelle situazioni di crisiP22 | Ampliare i partenariatiP28 | Attuare una politica della porta apertaP30 | Nuove capacità per fronteggiare nuove minacceP32 | Le dinamiche dell’OrganizzazioneP35 | In futuro

  • P04 | Introduzione

    Nel corso di oltre mezzo secolo, tanto l’Alleanza che il resto del mondo si sono trasformati a tal punto, che i fondatori della NATO difficilmente avrebbero po-tuto immaginarlo.

    Dato che il contesto strategico continua ad evolvere, aumenta pure il ritmo di trasformazione della NATO. Ora più che in passato questa si confronta con un’ampia gamma di sfide alla sicurezza e deve proteggere le sue popolazioni in patria e all’estero. Minacce come la proliferazione delle armi di distruzione di massa e il terrorismo non conoscono confini, il che implica che la NATO deve anche essere in grado di dispie-gare e sostenere delle forze a grandi distanze, come avviene in Afghanistan. Contestualmente, sviluppa i mezzi e le

    capacità necessari per essere in grado di rispondere a queste nuove esigenze e partecipa agli sforzi internazionali volti a fronteggiare le numerose sfide.

    Se la natura delle minacce che gli stati membri devono affrontare ed il modo in cui la NATO le affronta sono mutati, i basilari principi della cooperazione all’interno dell’Alleanza rispecchiano fe-delmente quelli del Trattato di Washing-ton. Il principio della difesa collettiva costituisce il fulcro del trattato istitutivo. Continua ad essere un principio unico e immutato che vincola gli stati membri, impegnandoli a proteggersi recipro-camente. La NATO offre una struttura politico-militare per gestire le sfide alla sicurezza, che associa gli interessi e gli

    INSIEME AL SERVIZIO DELLA SICUREZZAUn’introduzione alla NATO

    obiettivi europei a quelli nordamericani nel dar vita a una sicurezza basata sulla comprensione e sulla cooperazione per il bene delle generazioni future.

    L’Alleanza Nord Atlantica

  • Introduzione | P05

    In questa pubblicazione, ogni riferimento alla Repubblica ex jugoslava di Macedonia è contrassegnato da un asterisco (*) che rinvia alla seguente nota: “La Turchia riconosce la Repubblica di Macedonia con il suo nome costituzionale”.

  • Adeguarsi al cambiamento

    P06 | Adeguarsi al cambiamento

    Nel 1949, mentre lo scontro ideologico tra Est ed Ovest assumeva toni sempre più alti, 12 paesi di entrambe le sponde dell’Atlantico dettero vita all’Organizzazione del Trattato Nord Atlantico. Il principale obiettivo era quello di creare un patto di assistenza reciproca per fronteggiare il rischio che l’Unione Sovietica cercasse di estendere il proprio controllo dall’Europa orientale ad altre parti del continente.

    Le origini dell’Alleanza

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  • Adeguarsi al cambiamento | P07

    In quella fase, l’Europa doveva ancora riprendersi dalle devastazioni causate dalla Seconda guerra mondiale. E ciò nonostante che, tra il 1947 e il 1952, il Piano Marshall finanziato dagli Stati Uniti avesse messo a disposizione i mezzi per stabilizzare le economie dell’Europa occidentale. Adottando il prin-cipio della difesa collettiva, la NATO ha svolto un ruolo complementare, contribuendo a mantenere un contesto sicuro per lo sviluppo della democrazia e la crescita economica. Come disse l’allora Presiden-te americano Harry S. Truman, il Piano Marshall e la NATO costituivano «due metà della stessa noce».

    “ Grazie all’Alleanza, l’Europa occidentale e l’America settentrionale hanno conseguito un livello di stabilità senza precedenti ”

    Nei primi anni ‘50, gli avvenimenti internazionali, culminati nello scoppio della Guerra di Corea, sembra-vano avvalorare i timori occidentali riguardo alle ambizioni espansionistiche dell’Unione Sovietica. Di conseguenza, gli stati membri della NATO accrebbero i loro sforzi per sviluppare le strutture militari e civili necessarie per attuare il loro impegno nella difesa comune. La presenza delle forze nordamericane sul suolo europeo, su richiesta dei governi europei, contribuì a scoraggiare l’aggressione dell’Unione Sovietica. In seguito, con il passare del tempo, altri stati scelsero di entrare a far parte dell’Alleanza.

    Grazie all’Alleanza, l’Europa occidentale e l’America settentrionale hanno conseguito un livello di stabilità senza precedenti, ponendo le basi per la cooperazione economica e l’integrazione europea. All’inizio degli anni ‘90, dopo la fine della Guerra Fredda, l’Alleanza ha attivamente contribuito a superare l’antica divisione dell’Europa tra Est ed Ovest, tendendo la mano ad ex nemici ed attuando un approccio coope-rativo della sicurezza.

  • P08 | Adeguarsi al cambiamento

    Durante la Guerra Fredda, il ruolo e lo scopo della NATO erano chiaramente determinati dall’esistente minaccia che l’Unione Sovietica costituiva. Poi, all’ini-zio degli anni ‘90, il Patto di Varsavia venne sciolto e l’Unione Sovietica crollò. Con la scomparsa dei suoi tradizionali avversari, alcuni osservatori ritennero che anche la NATO non avesse più alcuna ragione di esistere e che si sarebbero potute ridurre significati-vamente le future spese e gli investimenti della difesa riguardanti le forze armate.

    La fine della Guerra Fredda

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  • Adeguarsi al cambiamento | P09

    Molti alleati della NATO cominciarono a ridurre le loro spese per la difesa, alcuni anche del 25%. Presto ci si rese però conto che, se la fine della Guerra Fredda aveva eliminato la minaccia di un’invasione militare, aveva anche accresciuto l’instabilità in alcune zone dell’Europa. Numerosi conflitti regionali, spesso alimentati da tensioni etniche, scoppiarono nell’ex Jugoslavia ed in zone dell’ex Unione Sovietica e minacciavano di allargarsi.

    “ preservare la pace e la stabilità in Europa e prevenire l’intensificarsi di tensioni regionali ”

    Si rendevano quindi necessarie nuove forme di cooperazione politica e militare per preservare la pace e la stabilità in Europa e prevenire l’intensificarsi di tensioni regionali. Alla luce di ciò, la NATO ha stabilito delle relazioni istituzionalizzate con gli ex avversari, creando nuovi meccanismi di cooperazione. Ha anche avviato importanti riforme interne per adeguare le proprie strutture e capacità militari, in modo da rendere i paesi membri in grado di affrontare i nuovi compiti, come le operazioni per la gestione delle crisi, per il mantenimento della pace e a sostegno della pace, oltre a garantire la loro perdurante capa-cità a svolgere i loro fondamentali ruoli di difesa. In risposta a queste sfide alla sicurezza, la NATO non solo è rimasta un’Alleanza assai unita con responsabilità nel campo della difesa collettiva, ma è anche diventata il fulcro di un partenariato tra paesi culturalmente diversi che operano fianco a fianco nel più vasto campo della sicurezza.

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    P10 | Adeguarsi al cambiamento

    Il Concetto strategico adottato nel vertice di Washington del 1999 ha definito le future minacce come “multidirezionali e spesso difficili da prevedere” e ha attribuito speciale attenzione alla minaccia posta dalla proliferazione delle armi di distruzione di massa e dai loro vettori. Ha anche precisato che gli interessi di sicurezza dell’Alleanza potrebbero essere colpiti da altri rischi di carattere più generale, come atti di terro-rismo, sabotaggio e crimine organizzato, come pure dall’interruzione dei flussi di risorse vitali.

    Gli eventi hanno rapidamente dimostrato la grande lungimiranza degli alleati. L’11 settembre 2001, dei terroristi hanno utilizzato degli aerei di linea come armi di distruzione di massa contro obiettivi USA. L’atroce brutalità degli attacchi e dei mezzi usati per effettuarli ha dimostrato la vulnerabilità delle società libere e democratiche ad una nuova forma di guerra asimmetrica. Il giorno successivo, in segno di solida-rietà, gli alleati hanno invocato l’articolo 5 del Trattato di Washington, la clausola di difesa collettiva della NATO, a conferma che un attacco contro uno o più stati membri, costituiva un attacco contro tutti.

    L’11 settembre

    La NATO invoca l’articolo 5 per la prima volta nella

    sua storia

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  • Adeguarsi al cambiamento | P11

    L’Alleanza ha poi adottato misure atte a sostenere gli Stati Uniti. Ha reagito rapidamente, dispiegan-do navi nel Mediterraneo orientale ai primi di ottobre per controllare ed individuare navi sospettate di attività terroristiche. Questo dispiegamento continua oggi con il nome di operazione Active Endeavour, ed è ormai esteso all’intero Mediterraneo. Singoli alleati hanno dispiegato forze in Afghanistan a soste-gno dell’operazione guidata dagli USA contro al Qaida, il gruppo terrorista responsabile degli attacchi dell’11 settembre, ed i Talebani, il regime che li protegge. Dall’agosto 2003, l’Alleanza ha assunto la guida della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza, la missione di mantenimento della pace che ne costituisce il proseguimento.

    A quelli dell’11 settembre, hanno fatto seguito altri attacchi sul territorio dell’Alleanza, di minore portata, ma ugualmente carichi di odio. Questi eventi ed altri altrove hanno confermato ai leader della NATO come occorressero numerose realizzazioni di lungo periodo.

    Le parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse in Europa o nell’America settentrionale sarà considerato come un attacco diretto contro tutte le parti e di conseguenza convengono che, se un tale attacco si producesse, ciascuna di esse, nell’esercizio del diritto di legittima difesa, indi-viduale o collettiva, riconosciuto dall’articolo 51 dello Statuto delle Nazioni Unite, assisterà la parte o le parti attaccate, intraprendendo immediatamente, individualmente e di con-certo con le altre parti, l’azione che giudicherà

    necessaria, compreso l’uso della forza armata, per ristabilire e mantenere la sicurezza nella regione dell’Atlantico settentrionale.

    Ogni attacco armato di questo genere e tutte le misure prese in conseguenza di esso saranno immediatamente portate a conoscenza del Consiglio di Sicurezza. Queste misure verranno sospese allorché il Consiglio di Sicu-rezza avrà adottato le misure necessarie per ristabilire e mantenere la pace e la sicurezza inter nazionali.

    L’articolo 5

  • P12 | Adeguarsi al cambiamento

    In primo luogo, le minacce alla comunità transatlantica nel XXI secolo saranno sempre più di natura asimmetrica e spon-sorizzate da gruppi non statuali, piuttosto che portate da eserciti di stati indipendenti. Per contrastarle, le forze armate alleate devono diventare maggiormente dispiega-bili, mobili ed efficienti.

    In secondo luogo, queste nuove minacce possono provenire da oltre l’area euro-atlantica. Per que-sto motivo, la NATO deve divenire un’Alleanza con partner mondiali, in base al convincimento che i rischi vanno fronteggiati ovunque possano avere origine.

    Infine, da sola la NATO non può affrontare questi pericoli. L’Alle-anza transatlantica deve contribu-ire allo sviluppo di soluzioni politi-che, economiche e militari globali collaborando con organizzazioni non governative ed internazionali come le Nazioni Unite, l’Unione Europea, e l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. Solo attraverso un tale

    approccio si potranno affrontare le cause economiche, come pure quelle politiche ed ideologiche dei conflitti.

    In base a tali considerazioni, i leader della NATO hanno avviato una revisione delle attività e delle procedure dell’Alleanza. Ciò ha determinato una serie di iniziative, che comprendono:

    “ contribuire allo sviluppo di soluzioni politiche, economiche e militari globali ”

    la creazione di una Forza di risposta della NATO: una forza tecnologica-mente avanzata, flessibile, dispiegabile, interoperabile e sostenibile che include componenti terrestri, navali, ed aeree

    l’adozione di una Direttiva politica generale intesa a fornire il quadro per le priorità strategiche dell’Alleanza nei prossimi dieci-quindici anni

    l’espansione delle operazioni in Afghanistan sino a coprire l’intero paese, oltre all’assistenza durante la formazione delle forze di sicurezza ed il lavoro di ricostruzione

    assistenza al governo iracheno, attraverso la formazione delle sue forze di sicurezza, oltre al supporto all’Unione Africana ed all’avvio di azioni contro la pirateria

    l’avvio di relazioni istituzionalizzate con i paesi del Medio Oriente attraverso l’Iniziativa per la cooperazione di Istanbul

    In parallelo, la NATO ha anche con-tinuato nel suo processo di integra-zione euro-atlantica, con nuovi inviti ad aderire all’Alleanza ed ai suoi programmi di partenariato, così da estendere i benefici della sicurezza ad un più ampio numero di paesi.

    una struttura militare di comando semplificata

    migliori capacità in settori fondamentali per le moderne operazioni militari, come il trasporto strategico e la sorveglianza aerea del suolo

  • Adeguarsi al cambiamento | P13

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  • Un protagonista di primo piano nelle situazioni di crisi

    P14 | Un protagonista di primo piano nelle situazioni di crisi

    Subito dopo gli attacchi dell’11 settembre, gli Stati Uniti avviarono l’operazione Enduring Freedom, un’operazione antiterrorismo in Afghanistan, che ha posto fine al repressivo regime dei Talebani. Ci si rese però conto che le forze di sicurezza afgane non erano in grado di stabilizzare da sole il proprio paese. Si tenne quindi, nel dicembre 2001, la conferenza di Bonn, da cui emerse la richiesta alle Nazioni Unite (ONU) di approvare la creazione di una forza che avrebbe contribuito alla formazione e all’addestra-mento delle forze di sicurezza. La Risoluzione 1386 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU del 20 dicembre 2001 prevedeva la creazione di una Forza interna-zionale di assistenza alla sicurezza (ISAF) ed il suo dispiegamento a Kabul e nelle aree circostanti. ISAF e l’Autorità provvisoria afgana - il precursore del governo nazionale afgano - negoziarono un Accordo tecnico-militare nel gennaio 2002 che stabiliva detta-gliatamente i compiti di ISAF.

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  • Un protagonista di primo piano nelle situazioni di crisi | P15

    Inizialmente, ISAF non era né una forza della NATO né dell’ONU, ma una coalizione volontaria dispie-gata sotto l’autorità del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Alcuni paesi hanno volontariamente guidato ISAF con rotazioni semestrali (i primi sono stati Regno Unito, Turchia, Germania e Olanda). Queste missioni pur compiendo dei progressi, soffrivano di una mancanza di continuità finché, finalmente, nell’agosto 2003, l’Alleanza non assunse il comando, controllo e coordinamento strategico della missio-ne, consentendo la creazione di un quartier generale permanente di ISAF a Kabul.

    “ ISAF coopera strettamente con il governo nazionale afgano ”

    All’inizio, il mandato di ISAF era limitato alla città di Kabul e alle aree circostanti, ma progressivamente si è esteso sino a coprire l’Afghanistan nella sua interezza. Si è esteso prima a nord, poi a ovest, a sud ed infine ad est del paese la regione più pericolosa e impre-vedibile dell’Afghanistan.

    Il ruolo prioritario di ISAF è quello di assistere il governo afgano ad estendere la propria autorità nel paese e a creare un contesto sicuro. A tale scopo, contribuisce allo sviluppo delle forze di sicu-rezza afgane attraverso la formazione dell’esercito e della polizia; individua le esigenze di ricostruzione delle strutture civili; sostiene il governo nel disarmare i gruppi illegalmente armati ed è impegnata in atti-vità antidroga; e sostiene le atti-vità di assistenza umanitaria.

    Cerca anche di incrementare l’interazione tra entità civili e militari e di sviluppare un approccio più sistematico quanto alla cooperazione sul campo. A conferma di ciò, i Gruppi di ricostruzione provinciale - piccoli gruppi di personale civile e militare sotto la responsabilità di ISAF operano nel paese su progetti civili come costruire scuole ed orfanotrofi, riparare strade,

    distruggere armi, sminamento e così via.

    ISAF coopera strettamente con il governo nazionale afgano. Fra il dicembre 2003 e il gennaio 2004, per esempio, ha assistito le autorità afgane for-nendo sicurezza in occasione della riunione della Loya Jirga costituzionale, il più importante organo assembleare del paese, che ha adottato la costituzione afgana. Nel settembre 2006, la NATO e l’Afghanistan hanno dato vita ad un «Quadro di durevole cooperazione nel par-tenariato» focalizzato sul pro-muovere la riforma della difesa, creare le istituzioni di difesa e l’interoperabilità tra l’Esercito nazionale afgano e i membri della NATO. Vi è inoltre un alto Rappresentante civile della NATO che illustra gli obiettivi politici e militari dell’Alleanza, collaborando direttamente con il governo afgano e con altre organizzazioni internazionali e tenendo i contatti con i paesi vicini.

  • P16 | Un protagonista di primo piano nelle situazioni di crisi

    In seguito alla disintegrazione dell’ex Jugoslavia, la NATO è intervenuta militarmente per arrestare o prevenire il conflitto in Bosnia Erzegovina nel 1995, in Kosovo nel 1999 e nella Repubblica ex jugoslava di Macedonia (*) nel 2001.

    In Bosnia Erzegovina, gli alleati della NATO hanno con-dotto operazioni aeree contro le forze serbo-bosniache nell’agosto-settembre 1995. Quest’azione ha contribuito a modificare il rapporto di forze sul terreno tra le parti contrapposte e a persuadere il comando serbo-bosniaco ad accettare gli accordi di pace negoziati a Dayton (Ohio). I soldati della pace della NATO giunsero in Bosnia Erzego-vina nel dicembre 1995 inquadrati nella Forza di attuazione (IFOR). IFOR venne poi rimpiazzata dalla Forza di stabiliz-zazione (SFOR). SFOR, a sua volta, nel dicembre 2005, terminò con successo il proprio mandato, che venne quindi affidato all’Unione Europea.

    I Balcani

    Per dieci anni la NATO ha guidato un’operazione di mantenimento

    della pace in Bos-nia Erzegovina

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  • Un protagonista di primo piano nelle situazioni di crisi | P17

    “ creare un contesto stabile per il futuro sviluppo del Kosovo ”

    L’intervento militare della NATO in Kosovo avveniva dopo oltre un anno di crescenti violenze e di ripetute violazioni da parte di Belgrado delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU che chiedevano che si ponesse fine alla repressione della po-polazione albanese del Kosovo. Nel marzo 1999, l’Alleanza decise di attuare una campa-gna aerea contro le strutture militari e paramilitari del governo jugoslavo responsabile della repressione. La decisione venne raggiunta dopo che tutte le altre opzioni si erano rivelate impra-ticabili e dopo che i colloqui di pace non erano riusciti a supera-re l’intransigenza di Belgrado.

    La campagna aerea durò 78 giorni e determinò la cessazione di ogni azione militare delle parti in conflitto; il ritiro dal Kosovo dell’esercito jugoslavo, delle forze di polizia e paramilitari serbe; l’accordo per ubicare in Kosovo una presenza militare internazionale; l’accordo sul ritorno incondizionato e sicuro dei rifugiati e dei profughi; e l’assicurazione della buona volontà di tutte le parti ad operare per un accordo politico in Kosovo.

    Il mandato della Forza per il Kosovo (KFOR) guidata dalla NATO trova il suo presupposto sia in un Accordo tecnico-militare firmato dalla NATO e dai comandanti jugoslavi, sia nella Risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU del giu-gno 1999. KFOR ha il compito di dissuadere il rinnovarsi delle

    ostilità, di stabilire un contesto sicuro e di smilitarizzare l’Eser-cito di Liberazione del Kosovo. Inoltre, KFOR sostiene l’azione umanitaria internazionale e collabora con la presenza civile internazionale, la Missione per l’amministrazione provvisoria dell’ONU in Kosovo (UNMIK), per creare un contesto stabile per il futuro sviluppo del Kosovo.

    In seguito alla dichiarazione di indipendenza del 17 febbraio 2008, la NATO ha riaffermato che KFOR rimarrà in Kosovo in base alla Risoluzione 1244 dell’ONU salvo che il Consiglio di Sicurezza dell’ONU non decida altrimenti. Tale posizione è stata inoltre confermata dai leader della NATO nel vertice di Strasburgo / Kehl dell’aprile 2009. Si è inoltre stabilito che l’Alleanza proseguirà nel proprio pieno impegno a supporto delle strutture di sicurezza multi-etnica concordate in Kosovo. Sono stati accolti con favore l’impegno della missione EULEX (European Union Rule of Law Mission in Kosovo) ed i progressi fatti sino ad oggi nell’implementazione degli impegni esistenti rispetto agli standard, in particolar modo quelli relativi all’autorità della legge, alla protezione di minoranze etniche, siti religiosi e storici, ed alla lotta contro crimine e corruzione.

  • P18 | Un protagonista di primo piano nelle situazioni di crisi

    Nell’agosto 2001, il presidente della Repubblica ex jugoslava di Macedonia (*) richiese il soste-gno della NATO per disarmare i gruppi etnici albanesi, la cui azione avrebbe potuto giungere a destabilizzare il paese. La NATO accettò, a condizione che il governo ripristinasse alcuni diritti della minoranza. I rappre-sentanti della comunità etnica albanese del paese ed il governo raggiunsero un accordo politico con la mediazione di inviati spe-ciali delle varie organizzazioni internazionali, inclusa la NATO, e degli Stati Uniti. Ciò costituì il presupposto perché la NATO dispiegasse circa 3.500 uomini in una missione di 30 giorni per attuare un disarmo volontario della popolazione di etnia alba-nese.

    Su richiesta di Skopje, le truppe della NATO rimasero nel paese per fornire protezione agli osservatori dell’Unione Europea e dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa fino alla fine del marzo 2003, quando la missione venne assunta dall’Unione Europea. Queste iniziative hanno contri-buito ad evitare un conflitto civile e a preparare il terreno per la riconciliazione e la ricostruzione del paese.

    KFOR è al momento l’unico dispiegamento di forze alleate su larga scala rimasto nei Balcani, sebbene la NATO mantenga dei quartier generali a Sarajevo e

    Skopje per assistere i rispettivi governi nelle riforme della difesa.

    Per rafforzare la stabilità a lungo termine nei Balcani occidentali, la NATO cerca di integrare i paesi della regione nelle strutture euro-atlantiche. Albania e Croazia e Croazia sono entrate nella NATO il 1° aprile 2009; la Repubblica ex jugoslava di Macedonia (*) è candidata all’adesione alla NATO; e la Bosnia Erzegovina, il Montenegro e la Serbia sono divenuti partner della NATO il 14 dicembre 2006.

    “ Per rafforzare la stabilità a lungo termine nei Balcani occidentali, la NATO cerca di integrare i paesi della regione nelle strutture euro-atlantiche ”

  • Un protagonista di primo piano nelle situazioni di crisi | P19

    Avviata subito dopo gli attacchi dell’11 settembre, l’operazione Active Endeavour è un’operazione di sorveglianza marittima guidata dalle forze navali della NATO per individuare, scoraggiare e proteggersi da attività terroristiche nel Mediterraneo. Le navi della NATO dispiegate nel Mediterraneo orientale cominciarono il pattugliamento dell’area il 6 ottobre 2001. Dato il successo riscosso, all’inizio del 2003, venne estesa allo Stretto di Gibilterra e poi all’intero Mediterraneo un anno più tardi (marzo 2004).

    Benché l’operazione fosse limitata ad attività collegate al terrorismo, ha avuto effetti positivi sulla sicurezza generale del Mediterraneo come, per esempio, le attività commerciali ed economiche.

    Il Mediterraneo

    Il Golfo di AdenLa crescita della pirateria nel Golfo di Aden e nel Corno d’Africa minaccia di compromettere gli sforzi umanitari internazionali in Africa e, più in generale, di intralciare linee di comunicazione marine di importanza fondamentale ed interessi economici nella regione.

    La NATO sta collaborando attivamente all’incremento della sicurezza, conducendo azioni anti-pirateria nella regione: Operation Allied Provider (2008), Operation Allied Protector (2009) e Operation Ocean Shield (in corso). Sta inoltre considerando un possibile ruolo a lungo termine per quanto concerne le operazioni anti pirateria, in maniera pienamente complementare con le Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza ONU pertinenti e con le azioni anti pirateria ad opera di altri attori, compresa l’Unione Europea.

  • P20 | Un protagonista di primo piano nelle situazioni di crisi

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    I rifugiati del Darfur

    La prima missione NATO nel continente africano aveva lo scopo di suppor-tare la Missione dell’Unione Africana in Sudan (AMIS).

    Dal 2003, gli abitanti della provincia del Darfur (Sudan) sono vittime di una terribile guerra civile. La crisi umanitaria causata dal conflitto ha comportato la morte di decine di migliaia di persone e l’esodo di milioni di persone. Su richiesta dell’Unione africana (UA), dal luglio 2005 la NATO ha cominciato a fornire sostegno all’AMIS fino al completamento di questa missione, il 31 dicembre 2007. Quando, nel gennaio 2008, questa divenne una missione mista ONU-UA, la NATO manifestò la propria disponibilità a prendere in considerazione ogni ulteriore richiesta di aiuto.

    Nel giugno 2007, la NATO ha aderito ad una richiesta dell’Unione africana perché fornisse trasporti aerei strategici quale sostegno al dispiegamento delle truppe di quest’ultima in una missione in Somalia (AMISOM). Questo paese è, dal 1991, praticamente privo di governo e ha subito anni di com-battimenti tra signori della guerra rivali, come pure carestie e malattie.

    Sempre su richiesta dell’UA, la NATO fornisce anche un contributo alla creazione di capacità a lungo termine dell’UA per il mantenimento della pace, in particolare alla Forza africana di emergenza.

    Per garantire il massimo di sinergie e di efficacia, l’assistenza della NATO è allineata e si coordina strettamente con quella offerta da altre organizza-zioni internazionali – in primo luogo le Nazioni Unite e l’Unione Europea – come pure da partner bilaterali.

    Sostegno per l’Unione africana

    Un Iraq stabile riveste un fondamentale interesse strategico per la NATO, che, dal 2004, ha sostenuto il governo iracheno con la Missione di forma-zione della NATO in Iraq (NTM-I). La NATO e l’Iraq hanno concordato anche di proseguire la loro cooperazione a lungo termine e l’hanno formalizzata sottoscrivendo le proposte inserite in un Quadro strutturato di cooperazione.

    La NATO aiuta il paese a divenire autosufficiente quanto alla propria sicurezza, e lo fa addestrando il personale militare iracheno sia in Iraq che altrove; sostenendo lo sviluppo delle istituzioni di sicurezza del paese; e coordinando la fornitura degli equipaggiamenti offerti da singoli paesi membri della NATO; e, più in generale, fornendo sostegno alla riforma della difesa in Iraq.

    La cooperazione con l’Iraq si svolge in conformità alla Risoluzione 1546 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, che ha richiesto un intervento da parte di organizzazioni internazionali e regionali per aiutare a fronteggiare i bisogni del popolo iracheno riguardo alla sicurezza e alla stabilità e quelli che il governo iracheno avrebbe successivamente indicato.

    Assistenza all’Iraq

  • Un protagonista di primo piano nelle situazioni di crisi | P21

    Le altre attività della NATO“ la maggior parte dell’attività dell’Alleanza avviene lontano dai riflettori ”

    Le notizie sulla NATO diffuse dai mezzi di comunicazione inevitabilmente si concentrano sulla diplomazia ad alto livello, sui vertici dell’Alleanza e sulle campagne militari. Invece, la maggior parte dell’attività dell’Alleanza avviene lontano dai riflettori. La NATO è coinvolta, quotidianamente, in una serie di progetti per migliorare il con-testo di sicurezza dell’Europa. Questi includono: contribuire alla riforma delle forze militari dell’Europa orientale, creare programmi per reinserire ex ufficiali nella vita civile, e fornire assistenza nello sminamento e nell’eliminazione delle riserve di munizioni desuete.

    La NATO, inoltre, si occupa del coordinamento degli interventi umanitari. Nel 1999, ha creato un Centro euro-atlantico di coordinamento degli interventi in caso di calamità (EADRCC) attraverso il quale coordina l’emergenza e l’assistenza umanitaria da parte dei paesi NATO e partner sia nel caso di disastri naturali che causati dall’uomo. Per esempio, nel settembre 2005, la NATO forniva

    assistenza alle vittime delle inondazioni causate dall’uragano Katrina negli Stati Uniti. Un mese più tardi, un devastante terre-moto in Pakistan causava circa 73.000 morti e quattro milioni di senzatetto. Il Consiglio Nord Atlantico decideva allora di offrire assistenza attraverso l’EADRCC. In numerose occa-sioni, l’EADRCC ha mobilitato risorse per assistere paesi nell’area euro-atlantica che erano stati colpiti da inondazioni, incendi boschivi o terremoti.

    La NATO dispone di un pro-gramma scientifico che patro-cina la cooperazione pratica su questioni di sicurezza nel campo della scienza civile, dell’am-biente e delle tecnologie. Il Programma Scienza per la pace e la sicurezza (SPS) della NATO cerca di sviluppare raccoman-dazioni e soluzioni concrete per una miriade di problemi, rispondendo così a specifiche necessità dei paesi partecipanti. Partecipano a queste attività scienziati dei paesi membri della NATO, dei paesi partner e del Dialogo Mediterraneo; così facendo, contribuiscono

    efficacemente alla sicurezza globale attraverso una facilitata collaborazione e la creazione di collegamenti e di capacità.

  • Ampliare i partenariati

    P22 | Ampliare i partenariati

    I partner della NATO

    Dalla fine della Guerra Fredda, la NATO ha assunto una serie di iniziative per rafforzare la sicurezza e la stabilità attraverso la creazione di istituzioni per il dialogo, per accrescere la fiducia e la cooperazione. Ha stabilito relazioni con gli ex avversari, come pure con altri stati europei, con paesi vicini nella più vasta regione del Mediterraneo e con paesi del Medio Oriente.

    Un primo passo in questa direzione è stato, nel 1991, l’istituzione del Consiglio di cooperazione nord atlantico. Chiamato successivamente Consiglio di partenariato euro-atlantico, questo è divenuto il principale foro di con-sultazione e di cooperazione tra la NATO e i paesi non membri dell’area euro-atlantica.

    Nel 1994, la NATO ha avviato un’iniziativa nota come Partenariato per la Pace (PfP). Si tratta di un pro-gramma concepito per assistere i paesi partecipanti

    nella ristrutturazione delle loro forze armate, per renderli capaci di svolgere il loro ruolo in una società democra-tica e di partecipare alle operazioni di supporto alla pace guidate dalla NATO. Offre opportunità per la coopera-zione pratica in svariati campi, permettendo ai singoli paesi partner di adeguare la loro partecipazione alle loro specifiche necessità o ai loro interessi di sicurezza. Le attività proposte sono numerose e di varia natura e comprendono settori come la riforma della difesa, la gestione di crisi, la pianificazione civile di emergenza, la cooperazione in campo scientifico, la formazione e l’addestramento, e la distruzione in sicurezza di munizioni e di armi leggere e di piccolo calibro.

    “ la creazione di istituzioni per il dialogo, per accrescere la fiducia e la cooperazione ”

  • Ampliare i partenariati | P23

    “ Russia ed Ucraina sono stati tra i numerosi paesi che sin dal primo giorno si sono impegnati in attività di partenariato con la NATO ”

    Russia ed Ucraina sono stati tra i numerosi paesi che sin dal primo giorno si sono impe-gnati in attività di partenariato con la NATO. Nel 1997, si è provveduto a dotare tale cooperazione di una base più formale con la firma di accordi bilaterali tra questi paesi e la NATO. Il Consiglio congiunto permanente NATO-Russia e la Commissione NATO-Ucraina sono stati istituiti quali strumenti per facilitare regolari consulta-zioni e discussioni su materie di sicurezza e per sviluppare la cooperazione pratica in una ampia gamma di settori.

    Poi, dopo che gli attacchi terroristici dell’11 settembre hanno evidenziato l’esigenza di un’azione internazionale con-certata per affrontare le nuove minacce alla sicurezza, gli allea ti e la Russia hanno ulterio-rmente stretto ed approfondito il loro rapporto, dando vita nel 2002 al Consiglio NATO-Russia (NRC). Tale organo, che ha sostituito la forma bilaterale del Consiglio congiunto permanen-te NATO-Russia, è presieduto dal Segretario generale; tutti i paesi vi partecipano su un pia-no di uguaglianza e le decisioni vengono prese attraverso il

    consenso. L’NRC ha identifica-to come fondamentali aree di cooperazione la lotta contro il terrorismo, la gestione delle cri-si e la non proliferazione delle armi di distruzione di massa.

    Il rapporto NATO-Ucraina è andato progressivamente svi-luppandosi nel corso degli anni. Un importante aspetto di questo rapporto è il sostegno dato dalla NATO e da singoli alleati agli sforzi di riforma in corso in Ucraina, particolarmente nel settore della difesa e della sicurezza. Queste riforme sono vitali per lo sviluppo democratico del paese.

    I rapporti con Russia ed Ucraina

  • P24 | Ampliare i partenariati

    Nel 1995, l’iniziativa relativa al PfP ven-ne completata dando vita ad un Dialogo Mediterraneo con sei paesi – Egitto, Israele, Giordania, Mauritania, Marocco e Tunisia – nella più ampia regione del Mediterraneo. Il programma, cui nel 2000 ha aderito anche l’Algeria, è mirato a determinare buone rela-zioni e migliorare la comprensione reciproca con i paesi dell’area mediterranea, come pure a promuovere la sicurezza e la stabilità regionali. Nel 2004, il Dialogo è divenuto un vero e proprio partenariato per promuovere una maggiore cooperazione pratica attra-verso l’assistenza nella riforma della difesa,

    la cooperazione nel campo della sicurezza dei confini, le misure per migliorare l’intero-perabilità, ed altro. Questo partenariato raf-forzato è anche focalizzato sulla lotta contro il terrorismo. Alcuni paesi del Dialogo hanno contribuito con proprie truppe alle operazioni a supporto della pace guidate dalla NATO nei Balcani e partecipano all’operazione Active Endeavour.

    Il Dialogo Mediterraneo“ determinare buone relazioni e migliorare la comprensione reciproca con i paesi dell’area mediterranea ”

    Cooperazione con i paesi del Dialogo

    Mediterraneo durante le

    esercitazioni della NATO

  • Ampliare i partenariati | P25

    “ L’iniziativa mira a promuovere una cooperazione pratica bilaterale con i paesi della regione ”

    L’Iniziativa per la cooperazione di Istanbul

    L’avvio nel 2004 dell’Iniziativa per la cooperazione di Istanbul (ICI) ha mostrato la volontà dell’Alleanza ad aprirsi ai paesi del Medio Oriente non coinvolti nel Dialogo Mediterraneo. L’iniziativa mira a promuovere una cooperazione pratica bilaterale con i paesi della regione interessati a tematiche come la lotta contro il terrorismo, la gestione delle crisi, la pianificazione civile di emergenza e il controllo dei confini. Attualmente, hanno aderito Bahrein, Qatar, Kuwait ed Emirati arabi uniti.

  • P26 | Ampliare i partenariati

    Siccome la natura, la portata e l’origine delle minacce alla sicurezza divengono meno prevedibili, la NATO ha esteso la portata dei suoi partenariati. Ha fatto appello a partner globali per essere aiutata ad affrontare le minacce globali emerse all’inizio del secolo. Tra questi cosiddetti “paesi di contatto”, che non sono né membri né partner dell’Alleanza, possiamo annoverare paesi come il Giappone, la Nuova Zelanda, l’Australia e la Corea del Sud.

    La NATO è impegnata anche in relazioni con altre organizzazioni internazionali che hanno un ruolo complementare nel promuovere la pace e la sicurezza. Nel contesto delle operazioni di gestione delle crisi, la NATO opera con organizzazioni che hanno gli strumenti per garantire una pace sostenibile attraverso lo sviluppo politico, economico e sociale. Queste sono le Nazioni Unite, l’Unione Europea, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, come pure altre istituzioni come EUROCONTROL ed il Comitato internazionale della Croce Rossa.

    La collaborazione con partner globali e con altre organizzazioni internazionali

    Alcuni paesi, chiamati di

    contatto, come la Nuova Zelanda, contribuiscono

    a ISAF

  • Ampliare i partenariati | P27

    “ un ruolo complementare nel promuovere la pace e la sicurezza ”Al di là di questi collegamenti istituzionali, il legame transatlantico tra i membri europei della NATO e gli Stati Uniti rende peculiari i rapporti dell’Alleanza con l’Unione Europea. Questo, come ogni rapporto costruttivo, si è evoluto in risposta alle mutate circostanze esterne. Senza ripercorrere la storia delle relazioni transatlantiche dalla fine della Seconda guerra mondiale, è importante sottoli-neare come i membri europei della NATO dipendessero fortemente dagli Stati Uniti nell’immediato periodo postbellico, sia in termini di sicurezza che di sviluppo economico. Negli anni successivi, l’Europa è diventata più forte e più unita. L’Unione Europea ha cominciato, all’inizio degli anni ’90, a sviluppare una politica estera e di sicurezza comune e ha reso gradualmente l’Europa un protagonista sempre più importante della politica internazionale. Nel dicembre 1999, l’Unione Europea ha deciso di sviluppare le proprie

    capacità per assumere compiti di gestione delle crisi e di effettuare i passi necessari per creare le strutture politiche e militari richieste. Ciò ha spianato la strada perché alcuni anni più tardi l’Unione Europea sostituisse la NATO nei Balcani nell’ambito di due missioni.

    Questo processo è stato facilitato dai dispositivi “Berlin Plus”, che consentono all’Unione Europea di aver accesso ai mezzi e alle capacità della NATO per operazioni guidate dalla UE quando la NATO nel suo insieme non vi è impegnata. È questa, al momento, la base della cooperazione tra Unione Europea e NATO; ed è in base ad essa che è avvenuto il trasferimento alla UE della missione della NATO nella Repubblica ex jugoslava di Macedonia (*), alla fine del marzo 2003, ed in Bosnia Erzegovina, nel dicembre 2004.

  • P28 | Attuare una politica della porta aperta

    A pochi anni di distanza, i membri fondatori dell’Alleanza – Belgio, Canada, Danimarca, Francia, Islanda, Italia, Lussemburgo, Olanda, Norvegia, Portogallo, Regno Unito e Stati Uniti – invitarono ad aderire alla NATO Grecia e Turchia (1952), e poi la Germania (1955). Alcuni decenni più tardi, fu la volta della Spagna (1982).

    La successiva fase di allarga-mento ebbe luogo dopo la fine della Guerra Fredda, allorché alcuni paesi dell’Europa centrale decisero che i loro futuri interessi di sicurezza potevano essere affrontati meglio ade-rendo alla NATO e manifesta-rono quindi la loro intenzione di aderirvi. Tre paesi partner – la Repubblica Ceca, l’Ungheria e la Polonia – sono divenuti membri nel marzo 1999, portando il numero dei paesi

    alleati a 19. Alla fine del marzo 2004, in quella che è stata la più grande fase di allargamento della NATO, altri sette paesi - Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia e Slovenia – sono entrati a far parte dell’Alleanza. Più recentemente, nell’aprile 2009, Albania e Croazia sono diventate membri. Anche la Repubblica ex jugoslava di Macedonia (*) sarà invitata ad aderire all’Organizzazione, non appena verrà risolta la questione del nome del paese.

    La porta della NATO rimane aperta a qualunque paese europeo in grado di farsi carico degli impegni e degli obblighi derivanti dall’essere membro, e di contribuire alla sicurezza nella regione Euro-Atlantica.

    Un processo continuo

    Attuare una politica della porta aperta

  • Attuare una politica della porta aperta | P29

    I sette membri che hanno aderito alla NATO nel 2004 - e così sarà per quelli che verranno dopo di loro hanno benefi-ciato di un Piano d’azione per l’adesione, che è stato avviato nel 1999 per aiutare i paesi partner interessati a prepararsi per l’adesione. Il piano offre agli aspiranti membri consigli pratici ed assistenza mirata. A loro volta, ci si aspetta che gli aspiranti membri conseguano alcuni requisiti fondamentali, tra cui un funzionante sistema politico democratico basato su un’economia di mercato; il trattamento equanime delle minoranze della popolazione; un impegno alla risoluzione pacifica delle controversie con i vicini; la capacità e la volontà di apportare un contributo militare all’Alleanza; ed un impegno ad esercitare il controllo democra-tico sulle proprie forze armate. La partecipazione al piano non offre alcuna garanzia circa la futura adesione, ma aiuta i paesi ad adeguare le loro forze armate e a prepararsi agli obblighi e alle responsabilità che l’adesione all’Alleanza comporta.

    La NATO non è alla ricerca di nuovi membri, ma gli alleati si sono impegnati a valutare le

    richieste di adesione da parte di paesi democratici, che condivi-dono i valori alleati e che potreb-bero contribuire agli scopi fonda-mentali dell’Alleanza. I governi della NATO hanno dichiarato che l’allargamento dell’Alleanza non è un obiettivo in sé, ma un mezzo per estendere ulterior-mente la sicurezza della NATO e per creare un’Europa tutta intera più stabile. Il processo di allargamento contribuisce ad evitare i conflitti, perché la reale prospettiva di aderire funge da incentivo per gli aspiranti mem-bri a risolvere le controversie con i loro vicini e a procedere con le riforme e la democratiz-zazione. Inoltre, i nuovi membri non dovrebbero solo trarre pro-fitto dai benefici dell’adesione, ma dovrebbero anche essere in grado di contribuire alla sicurezza globale di tutti i paesi membri. In altre parole, devono essere al contempo consumatori e fornitori di sicurezza.

    Il Piano d’azione per l’adesione“ al contempo consumatori e fornitori di sicurezza ”

  • P30 | De nouvelles capacités pour faire face à de nouvelles menaces

    Le sfide alla sicurezza che oggi le nostre società hanno di fronte richiedono forze che siano soprattutto equipaggiate e strutturate per affrontare minacce come il terrorismo, la diffusione delle armi di distruzione di massa e l’instabilità derivata da stati in disfacimento o deboli.

    All’inizio degli anni ‘90, la NATO aveva già avviato un riesame delle proprie capacità militari, con l’obiettivo di superare le formazioni statiche della Guerra Fredda e di sostituirle con forze più mobili, necessarie per operazioni di gestione delle crisi. Gli avvenimenti dell’11 settembre hanno accelerato questo processo. Al vertice di Praga (2002), i leader della NATO hanno introdotto importanti riforme che hanno notevolmente rimodellato le capacità militari della NATO. Hanno individuato gli specifici settori da migliorare, hanno creato la Forza di risposta della NATO e hanno semplificato la struttura militare di comando, in uno sforzo per essere maggiormente in grado di rispondere alle diverse minacce alla sicurezza, sia dentro che fuori l’area euro-atlantica.

    “ i leader della NATO hanno introdotto importanti riforme che hanno notevolmente rimodellato le capacità militari della NATO ”

    Nuove capacità per fronteggiare nuove minacce

  • De nouvelles capacités pour faire face à de nouvelles menaces | P31

    A Praga, sono stati identificati otto specifici settori, le cui carenze occorre prioritariamente affrontare. Tra queste: il trasporto strategico aereo e navale; la difesa chimica, biologica, radioattiva e nucleare; e la sorveglianza aerea del suolo. Gli alleati si sono impegnati ad acquisire queste capacità, che sono fondamentali per rendere l’Alleanza in grado di rispondere alle nuove minacce. Dal vertice di Praga, la NATO ha esplorato altre aree che necessitano di essere modernizzate, particolarmente nel campo della difesa contro il terrorismo.

    L’obiettivo della Forza di risposta della NATO (NRF) è quello di poter rispondere rapidamente a vari tipi di situazioni di crisi nel mondo, agendo come un forza d’intervento che può essere rafforzata da ulteriori truppe in un momento successivo. Basata su un nucleo che può essere integrato in base alle neces-sità, è una forza multinazionale composta da componenti terrestri, aeree, marittime e di forze speciali e che può cominciare il dispiegamento con breve preavviso, cinque giorni, e sostenere operazioni per 30 g iorni, o più, se rifornita.

    Elementi della NRF sono già stati dispiegati negli Stati Uniti dopo che, nel settembre 2005, l’ura-gano Katrina ha colpito New Orleans e l’area circostante ed in Pakistan dopo il devastante terremoto dell’8 ottobre 2005.

    Oltre alla sua dispiegabilità e all’alto grado di idoneità al combattimento, la NRF è di fatto la punta avan-zata degli sforzi di trasformazione della NATO. In essa, il personale viene addestrato ad operare in un contesto molto impegnativo, usando le emergenti tecnologie in un contesto multinazionale. Questo tipo di addestramento è un’esperienza che ognuno dei partecipanti acquisisce, divenendo un promotore del cambiamento nelle forze nazionali, come pure nelle formazioni multinazionali.

    Modernizzare le capacità militari

    La Forza di risposta della NATO

    Razionalizzare la struttura di comandoPer adattarsi al contesto di sicurezza del dopo Guerra Fredda, la NATO ha riesaminato la sua struttura militare di comando in funzione di forze più snelle, flessibili e mobili. Ha radicalmente ridotto il numero di quartier generali e, in modo significativo, ha attribuito il compito di guidare gli sforzi di trasformazione della NATO al comando strategico situato negli Stati Uniti, il Comando alleato per la trasformazione (già Comando alleato dell’Atlantico). Il comando strategico situato in Europa è divenuto responsabile per tutte le operazioni della NATO ed è ora noto come Comando alleato per le operazioni.

    L’adeguamento della struttura militare di comando è un processo continuo, che la NATO riesamina regolarmente.

  • Le dinamiche dell’Organizzazione

    P32 | Le dinamiche dell’Organizzazione

    Il durevole successo dell’Alleanza è dipeso anche dal suo pro-cesso decisionale basato sul consenso. Ciò significa che tutte le decisioni devono essere prese all’unanimità. Di conseguenza, sono spesso necessarie delle prolungate consultazioni e discus-sioni prima che un’importante decisione venga presa. Sebbene ad un osservatore esterno questo sistema possa apparire lento e complicato, nondimeno ha due importanti vantaggi. In primo luogo, viene salvaguardata la sovranità e l’indipendenza di ciascun paese membro. In secondo luogo, quando si perviene ad una decisione, questa gode del pieno sostegno di tutti i paesi membri e del loro impegno ad attuarla.

    In alcune occasioni, non vi è accordo, come si è verificato nella primavera 2003, quando i paesi manifestarono valutazioni differenti circa la minaccia rappresentata dal regime di Saddam Hussein in Iraq. Ma se le differenti posizioni nazionali stanno ad indicare che gli alleati non sempre concordano sulle azioni da intraprendere, lo scopo della NATO è proprio quello di facilitare le consultazioni e le discussioni tra loro, così che il consenso possa essere conseguito ogni qualvolta sia possibile.

    Il consenso alla base del processo decisionale

  • Le dinamiche dell’Organizzazione | P33

    I principali protagonisti

    I protagonisti più importanti nella NATO sono gli stessi paesi membri che, in quanto tali, costitu-iscono l’Organizzazione. Sono rappresentati in ogni comitato, a qualsiasi livello. A questo scopo, presso la sede della NATO a Bruxelles, ciascun paese ha un rappresentante permanente con il rango di ambasciatore, affiancato da una delega-zione nazionale composta da personale diploma-tico e da consiglieri della difesa, che partecipano alle riunioni dei rispettivi comitati o assicurano che degli esperti nazionali lo facciano.

    Il principale organo politico decisionale della NATO è il Consiglio Nord Atlantico, che si riuni-sce a livello di ambasciatori almeno una volta alla settimana. Il Consiglio si riunisce regolar-mente anche a livello di ministri degli esteri, di ministri della difesa e, qualche volta, di capi di stato e di governo. Il Consiglio Nord Atlantico, insieme con i due organi che si occupano di difesa il Comitato di pianificazione della difesa e il Gruppo di pianificazione nucleare è al vertice di un complesso sistema di comitati. In tale sistema, il Comitato Militare ha il compito di fornire consulenza militare a questi tre importanti organi e le direttive sulle questioni militari ai comandanti strategici. Di conseguenza, occupa una speciale posizione come più alta autorità militare della NATO.

    La NATO ha un Segretario generale che viene nominato per circa quattro anni. Costui è uno

    statista di rilievo internazionale proveniente da uno dei paesi membri. Il Segretario generale presiede le riunioni del Consiglio Nord Atlantico e di altri importanti organi della NATO e favorisce il conseguimento del consenso tra i membri. Nel gestire l’attività quotidiana dell’Alleanza, è coa-diuvato dal personale internazionale composto da esperti e funzionari di tutti i paesi della NATO.

    La NATO non ha proprie forze armate. La maggior parte delle forze disponibili rimane sotto il pieno comando e controllo nazionale finché non vengono assegnate dai paesi membri per attuare compiti che variano dalla difesa collettiva alle nuove missioni, come il mantenimento della pace. In breve, la NATO è un foro che riunisce paesi che sono preparati ad integrare le loro forze e ad impegnarsi in attività multinazionali per un dato periodo. Le sue strutture politiche e militari forniscono in anticipo la pianificazione richiesta per consentire alle forze nazionali di assolvere questi compiti, come pure le dispo-sizioni organizzative necessarie per il loro comando, controllo, addestramento ed esercita-zioni comuni.

    “ Il principale organo politico decisionale della NATO è il Consiglio Nord Atlantico ”

  • In futuroEssendo in origine un prodotto dell’era del-la Guerra Fredda, con la fine della divisione dell’Europa l’Alleanza ha assunto nuovi e fonda-mentali compiti. Si è aperta all’Europa orientale, accogliendo nuovi membri e creando una rete di partenariati estesi fino all’Asia centrale. Si è anche impegnata in operazioni di gestione delle crisi per estinguere la violenza causata da con-flitti regionali ed etnici in Europa e, più recente-mente, oltre l’area euro-atlantica.

    Il mondo del dopo Guerra Fredda si è palesato come un contesto di sicurezza più complesso, tendenza che sembra destinata a perdurare nel XXI secolo. Il Concetto strategico dell’Alleanza, approvato nel 1999, ha anticipato molte delle minacce e delle sfide insite nel nuovo contesto di sicurezza.

    Dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001, l’Alleanza ha concentrato i suoi sforzi nell’adattarsi alla realtà delle minacce asim-metriche. Adotta un approccio più ampio e più ambizioso alla sicurezza, attraverso l’ulteriore approfondimento ed ampliamento dei suoi partenariati, modernizza le sue forze e fornisce assistenza in aree di crisi che sono nuove per l’Organizzazione. In breve, accelera la propria trasformazione onde sviluppare nuovi rapporti politici e più forti capacità operative per rispon-dere ad un mondo sempre più globalizzato e più difficile, nell’interesse della difesa dei propri membri, nonché della pace e della sicurezza.

    In futuro | P35

  • Divisione Diplomazia pubblica della NATO1110 Bruxelles - BelgioSito web: www.nato.intEmail: [email protected]

    NATO Public Diplomacy Division1110 Brussels - BelgiumWebsite: www.nato.intEmail: [email protected]

    INSIEME AL SERVIZIO DELLA SICUREZZA

    07/2

    010

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    INSIEME AL SERVIZIO DELLA SICUREZZA Un’introduzione alla NATOP04 | Introduzione P06 | Adeguarsi al cambiamentoP14 | Un protagonista di primo piano nelle situazioni di crisi P22 | Ampliare i partenariati P28 | Attuare una politica della porta aperta P30 | Nuove capacità per fronteggiare nuove minacce P32 | Le dinamiche dell’Organizzazione P35 | In futuro


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